OTTO

By Silea

 

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Allora Buffy non sapeva ancora che quello era solo l’inizio.

Ma non ci furono fanfare o cupi rullare di tamburi a segnalarlo. Non lo sospettava nemmeno. Eppure essere in un cimitero a seppellire la sua migliore amica avrebbe dovuto almeno farle presagire qualcosa.

Dopo sei anni passati sulla bocca dell’inferno alla fine la fortuna che circondava la scooby gang era finita.

Era stata una cosa improvvisa.

Un giorno Buffy si era alzata solo per venire a sapere da un’isterica Tara che Willow non era rientrata la sera prima. La cacciatrice aveva pensato si trattasse di un rapimento, dell’ennesimo rapimento. Probabilmente lo spostato della settimana aveva deciso che la sua migliore amica sarebbe stato l’ostaggio perfetto da prendere. La pedina di scambio ideale per i suoi malefici piani. Un’idea decisamente troppo utilizzata per sorprenderla più.

Arrabbiata e preoccupata, non sapeva chi potesse esserci dietro al rapimento, Buffy aveva afferrato il proprio paletto, un giacca ed era uscita alla ricerca del responsabile. In casi come questo il tempo era tutto. Passò un attimo a rimpiangere l’assenza di Giles, generalmente in quei momenti era sempre al suo fianco a darle il suo completo appoggio. La prima fermata era stata il bar di Willy, ma dalla visita la cacciatrice non ebbe alcun risultato, tranne le nocche spelate dai vari pestaggi ed alcune centinaia di dollari in danni al locale.

Una volta fuori sulla strada Buffy pensò che forse Spike ne sapeva più di lei su quella storia. Dannazione, quel vampiro ne sapeva sempre più di lei su quanto accadeva nel mondo demoniaco di Sunnydale. Non avendo idee migliori, la cacciatrice decise che valeva la pena andare a fargli una visita.

Raggiunta la cripta Buffy ne sfondò la porta senza neanche rallentare, come al suo solito.

La luce improvvisa del sole causò una bruciatura di una certa importanza al vampiro, che in quel momento stava sulla sua poltrona preferita a guardare la tv. William non la prese bene. Le ringhiò contro e l’assalì, parte del volto bruciato ed una mano seriamente ustionata. Le urlò contro che appena avrebbe potuto avrebbe ammazzato qualsiasi stupido ed idiota essere umano che gli fosse capitato a tiro, cacciatrice ed amici in testa.

Sapendo che non avrebbe ricavato nulla dal vampiro in quello stato, Buffy se ne tornò a casa, ripensando a quanto era accaduto. Due ore, quasi tre a fare domande senza scoprire nulla. Era seccata.

Ritornando Buffy notò un’autopattuglia parcheggiata sul proprio vialetto, e si impensierì, la polizia non le piaceva, troppo spesso l’avevano accusata ingiustamente. Due agenti in divisa erano sulla porta, sembravano avere qualcosa tra le mani, una foto forse, e stavano parlando con Tara. La cacciatrice vide da lontano la strega piegarsi improvvisamente in due ed accasciarsi contro lo stipite portandosi le mani al volto.

Buffy scattò verso casa, scostando rudemente gli ufficiali di polizia, mentre urlava di voler sapere cosa stesse succedendo. Costernati i due agenti le dissero che Willow era morta, vittima di una rapina andata a finire male la sera prima. Il corpo era stato ritrovato qualche ora prima in un vicolo vicino al campus, qualsiasi cosa di valore rubata, soldi, catenina, orologio, tutto. Tutto quello che era rimasto sul cadavere erano i documenti. Doveva aver reagito, dissero i poliziotti, ed il rapinatore l’aveva uccisa con alcuni colpi di arma da fuoco. “Una cosa terribilmente stupida da fare” voleva aggiungere uno dei due, ma non lo disse.

Willow ora era chiusa nella bara color mogano di fronte a lei. Avevano fatto in fretta ad organizzare il funerale. Probabilmente le pompe funebri erano le uniche cose che funzionassero perfettamente a Sunnydale.

La litania si interruppe. Il prete (o il rabbino?) sembrava aver finito la cerimonia.

Irritata, Buffy si scostò i capelli dalla faccia, cercando con una manica della giacca di asciugarsi il sudore dalla fronte più che le lacrime che aveva versato. Era una giornata assolata e stare all’aperto in abiti scuri era una vera tortura. Tutti attorno al feretro stavano soffrendo il caldo e pregavano tra sé per l’arrivo di un alito di vento, che non si fece vedere. Sembrava di essere in una sauna.

“Strano, in genere piove sempre ai funerali.” Pensò Buffy mentre girava lo sguardo per vedere gli altri presenti. Si sentiva a disagio con la camicia bagnata incollata alla schiena e non riusciva a stare ferma.

Erano riuniti tutti lì, con poche eccezioni e qualche aggiunta. Mancava Giles, irraggiungibile in Inghilterra. La cacciatrice aveva provato a rintracciarlo negli ultimi due giorni, del tutto inutilmente. Doveva aver chiamato almeno venti volte. Non le aveva risposto neanche la segreteria. Al momento lo odiava più per l’assenza di oggi che per la stessa partenza. Sarebbe dovuto essere stato lì con loro, per Willow lui era importante. Invece doveva trovarsi in una qualsiasi remota biblioteca a leggere qualcosa vecchio di almeno duemila anni.

Le aggiunte erano i volti nuovi di L.A.. Fred e Gunn, praticamente due sconosciuti, assieme a Wesley. I loro visi non erano particolarmente emozionati, forse turbati all’idea che qualcuno era morto così per caso e che poteva essere toccato ad uno di loro invece che a Willow. Solo Fred sembrava sul punto di dare di stomaco, ma forse quella era la sua espressione abituale. La cacciatrice non ne era sicura.

Buffy non era stata sicura neanche di voler rivedere Wesley. Ma Angel non era potuto venire, sia per l’ora, sia perché era rimasto indietro per pulire il nido di una qualche specie di demone. Perciò il vampiro aveva chiesto ai suoi collaboratori ed amici di starle vicino, di darle una mano, fino al momento in cui non si sarebbe potuto liberare.

 

 

Il prete-rabbino finì la cerimonia e la bara fu calata lentamente nella fossa. Rimase per qualche istante raccolto in preghiera e poi si allontanò salutando con un cenno della testa i presenti.

Tara si avviò per prima verso casa, lasciando gli altri a studiare il feretro senza sapere cosa fare. Era quella che probabilmente stava peggio. Si vedeva che soffriva, gli occhi sembravano morti, ma era un dolore composto e particolarmente privato, difatti la cacciatrice non l’aveva più vista piangere dal momento in cui aveva ricevuto la notizia. Era diventata una presenza silenziosa, quasi spettrale.

Quel giorno stesso erano andate insieme all’obitorio per il riconoscimento. Avevano viaggiato in silenzio, troppo scioccate per credere che tutto quello stesse accadendo veramente.

Per Buffy era stato strano andare all’obitorio per Willow e non con Willow.

Non si era aspettata nemmeno di provare quel senso di angoscia e smarrimento nell’entrare lì dentro. Considerando il numero di visite notturne che vi aveva fatto, aveva creduto che di giorno avrebbe trovato l’obitorio familiare e confortevole come posto.

Si era sbagliata. Nonostante fosse stata lì dentro probabilmente più del giovane dottore che le aveva portate a vedere il cadavere, la cacciatrice aveva trovato solo un posto silenzioso ed asettico, invece di uno pieno di voci e movimento come era abituata.

Il corpo della strega era tremendamente bianco ed immobile, stranamente più di qualsiasi altro cadavere che Buffy avesse visto. Non sembrava neanche più Willow. Il lenzuolo bianco lasciava scoperte le spalle permettendo di vedere le due estremità superiori del taglio a Y dovuto all’autopsia.

Da quando aveva detto al dottore “E’ lei”, Tara non aveva praticamente più parlato, se non per prendere accordi ed avvertire Buffy che domani sarebbe partita. Se ne andava da Sunnydale, non aveva detto dove, né se sarebbe mai tornata. Appena rientrata era andata in camera ed aveva preparato le valigie.

La cacciatrice l’aveva vista imballare le sue cose dalla porta, passando da cassetto a cassetto metodicamente, senza quasi fare rumore. Quando, dopo qualche minuto di lavoro, Buffy le aveva chiesto il perché di una tale gesto Tara si era limitata a dire “Questa città è maledetta”.

Quella frase aveva fatto male alla cacciatrice. Per certi versi più della stessa morte di Willow. Sunnydale non era maledetta le avrebbe voluto urlare in risposta. Quella città era il suo destino. Ma non lo fece. E lì era terminata la conversazione.

Il treno che Tara doveva prendere partiva il mattino dopo, molto presto. La cacciatrice si era offerta di accompagnarla alla stazione. Era la cosa giusta da fare.

Anche Dawn stava soffrendo per la perdita improvvisa. Buffy ne studiò il volto a pochi passi da lei. Distrutta era dire poco. L’adolescente era diventata veramente attaccata a Willow negli ultimi tempi, soprattutto dopo l’estate che avevano passato assieme.

Anche Dawn aveva smesso di parlare da quando aveva saputo, come Tara, ma non di piangere. Stava singhiozzando ininterrottamente da due giorni. Passava il tempo in camera sua a disperarsi. Buffy cominciava a preoccuparsi per questo comportamento, la ragazza sembrava essersi rinchiusa in un mondo solo suo.

Anche Xander, in piedi alla sua destra, sembrava uno spettro. Occhiaie nere, volto pallido e forse già qualche chilo in meno. Anya era vicina a lui, e per una volta non parlava. Sembrava sinceramente commossa.

-Vieni alla veglia?

Chiese Buffy a Xander, mentre gli amici si cominciavano ad allontanare lentamente dalla fossa.

-Solo per poco. Poi devo tornare a lavoro.

Da quanto aveva detto Anya era tutto quello che faceva il ragazzo da quando aveva saputo. Lavorava e dormiva.

Buffy sapeva che per lui era stato come perdere una sorella, con Willow si conoscevano da tutta la vita. Tutto sommato lei era quella che se la stava cavando meglio.

Non sentiva più nulla.

 

 

Wesley, Fred e Gunn andarono al magic shop lasciando gli altri soli alla veglia funebre a casa Summers, come gli era stato proposto di fare dalla cacciatrice stessa. Del resto si sentivano veramente di troppo in quella casa, era stato un gesto gentile quello di Buffy di indicargli un posto dove potessero parlare. Praticamente non conoscevano la defunta e rimanere lì ad osservare gli altri soffrire non li entusiasmava particolarmente.

L’osservatore aprì la porta con le chiavi che gli avevano dato e fece entrare gli altri mentre trovava l’interruttore della luce.

-Secondo te cosa è successo Wesley? Pensi sia stato un comune ladro?

Fu Gunn a rompere il silenzio qualche minuto dopo.

-No, non sulla bocca dell’inferno. –Si passò una mano fra i capelli. –E’ improbabile. Dio, vorrei che Giles fosse qui. Lui ormai è un esperto in Sunnydale.

Lo pensava veramente.

-Cosa può essere successo allora?

Il ragazzo era agitato, camminava su e giù per la stanza. Non poteva credere che una strega così potente si sarebbe lasciata uccidere da uno scippatore qualsiasi. Doveva esserci una spiegazione. Non riusciva ad accettare altre possibilità.

-Forse si tratta di qualche nemico che Buffy e gli altri si sono fatti.

L’ex osservatore rimase pensieroso per qualche minuto. Fred intanto si guardava attorno, particolarmente interessata dai libri esposti nel negozio. Una buona collezione, pensava mentre faceva scorrere le mani sulle copertine.

-Dovrei avere ancora un conoscente nella polizia di Sunnydale, forse lui può dirmi qualcosa, magari le indagini hanno portato a qualcosa.

Dalla faccia scocciata di Gunn, Wesley poteva vedere che non era felice della soluzione. L’osservatore lo ignorò, del resto il ragazzo non era mai felice quando si trattava di cooperare con le autorità.

L’inglese andò dietro il bancone e dopo qualche secondo trovò il telefono. Gli ci volle qualche altro minuto di conversazione prima di riuscire a raggiungere il suo amico detective. Fortunatamente lavorava alla omicidi, in quegli anni era stato promosso.

Gli diede volentieri le poche informazioni che aveva, perché sapeva perfettamente che con quello che avevano non sarebbero mai riusciti a trovare il responsabile. Forse era uno dei pochi poliziotti decenti del distretto, con tutto il fatto che fosse stato corrotto dal concilio e forse non solo da quello.

Wesley riappese la cornetta e riferì quello che aveva saputo dal detective agli altri due.

-Sembra ci sia un testimone, non ha visto il volto ma ha descritto l’assassino. Bianco, media statura, forse un po’ basso, media corporatura capelli castani. Praticamente tutti.

-Andrew.

Tutti e tre si girarono verso la nuova arrivata, apparsa praticamente dal nulla.

-Anya.

Salutò Wesley.

-Cosa ci fate nel mio negozio?

Volle sapere l’ex-demone mentre li guardava, seccata dall’intrusione. Odiava che le riunioni anti-demone del gruppo si tenessero lì dentro. L’arredamento veniva distrutto a cadenza regolare e rimpiazzarlo costava, senza contare che lei era stata un demone.

-Chi è Andrew?

Chiese l’osservatore di rimando, ignorando la domanda.

-E’ il nome di uno dei perdenti che tormentano Buffy. –Rispose Anya. –E’ uguale alla vostra descrizione. Che ci fate nel mio negozio?

-Buffy ci ha dato una chiave. Ha detto che potevamo stare qui per un po’ a parlare mentre voi rimanevate a casa sua.

La bionda sembrò pensare per un attimo prima annuire come se avesse deciso che la cosa non la seccava particolarmente o che la cosa non potesse essere evitata. Wesley non sapeva quale delle due.

-Avete intenzione di comprare qualcosa?

I tre si guardarono un po’ stupiti. Fu Fred a rispondere.

-No. Ma hai dei libri molto interessanti qui.

Forse la ragazza si aspettava qualche informazione da parte di Anya, ma alla sua risposta l’ex-demone lì ignorò completamente cominciando a tirare fuori i libri contabili. Era rimasta indietro con l’inventario.

Completamente stupefatti i tre amici di Los Angels si guardarono, chiedendosi se non stessero trattando con una pazza. Ignorandoli completamente, Anya lavorò in silenzio per qualche minuto fino a quando Wesley non si avvicinò di nuovo al bancone.

-Sei sicura che quello possa essere Andrew?

Anya sbatté irritata la penna su bancone. Odiava essere interrotta mentre segnava le entrate.

-Si, è un ragazzo del tutto insignificante identico alla descrizione.

Gunn e Wesley si scambiarono uno sguardo di intesa. Avevano il colpevole.

-E sai come si chiama o dove possiamo trovarlo?

Ancora più scocciata Anya alzò un attimo gli occhi al cielo prima di rispondere. Delle volte i suoi poteri le mancava più del solito.

-Andrew Wells credo. E sarà in una qualche topaia di Sunnydale assieme ai suoi due strampalati amici Jonathan e Warren. Non mi interessa dove sia, meno lo vedo meglio è. Ed ora lasciatemi in pace che devo finire di fare i conti.

Wesley fece segno agli altri due di uscire assieme a lui. Non avevano ancora voglia di tornare al loro motel quindi camminarono per un po’. Si fermarono ad una tavola calda aperta tutta la notte, dove trovarono un tavolo ed ordinarono qualcosa da mangiare.

-Quindi il killer di Willow è un essere umano.

Wesley annuì convinto.

-A quanto sembra. Avevo ragione, -Sembrava felice di esserlo. -Non è stata una cosa casuale.

Una cameriera dalla faccia annoiata portò quanto avevano ordinato e se ne andò senza dire una parola.

-Cosa possiamo fare allora?

Chiese Fred incerta su cosa potesse accadere ora.

-Di certo non possiamo dirlo alla polizia. Non esistono prove, altrimenti il mio amico le avrebbe menzionate e nessun giudice autorizzerebbe un mandato con una descrizione simile e solo i nostri sospetti.

-Quindi la legge non può fare niente…

Concluse Fred. Gunn aveva un’irritante aria da “lo sapevo già” stampata sulla faccia. L’ex-osservatore si limitò ad annuire ignorando ancora una volta il ragazzo di L.A.

-La legge no, ma Buffy?

Propose dopo qualche istante Gunn. Non vedeva altra soluzione. Chi meglio di lei poteva sistemare quel moccioso? Wesley scosse di nuovo la testa.

-Buffy è una cacciatrice e le cacciatrici non uccidono gli esseri umani.

Gunn aveva una smorfia poco convinta sul volto. Tutto quel potere e non utilizzarlo. Uno spreco. Ma il ragazzo andava sistemato in qualche maniera. Doveva esserci un modo per risolvere il problema.

-Cosa facciamo allora?

Chiese esasperato Gunn. Wesley rispose scuotendo la testa, l’espressione rassegnata.

-Non lo so, proprio non lo so.

 

 

Buffy provò di nuovo a chiamare Giles. Il telefono continuò a squillare fino a quando il segnale cadde. La cacciatrice sbatté la cornetta irritata. Era la decima telefonata che faceva al suo osservatore senza ottenere risposta.

“Vaffanculo Giles.”

Lasciò stare il telefono e andò in cucina. Seduta al bancone trovò Tara intenta a mangiare qualcosa di non propriamente definibile, sembrava un passato di qualcosa. Le si sedette davanti, preoccupata.

-Va tutto bene?

Tara valutò l’idea di scoppiare in un riso isterico alla domanda.

-No.

Buffy annuì e si mise a giocare con la bottiglia dell’acqua davanti a sé. La cacciatrice dubitava di aver mangiato nelle ultime ventiquattro ore, non ricordava esattamente quando era stata l’ultima volta. Non importava, avrebbe potuto farlo domani. Oggi proprio non aveva fame, il solo guardare il piatto di Tara le faceva venire il volta stomaco.

-Sei sicura di voler partire?

-Si.

Buffy annuì, la risposta era decisamente finale e lei non sapeva come fare a farle cambiare idea. In realtà non sapeva se voleva farle cambiare idea. Forse era meglio che Tara partisse. Non avrebbe più avuto loro a ricordarle di Willow ad ogni momento, e loro non avrebbero più avuto lei.

-Stai scappando Tara.

Non riuscì a non sottolinearlo. “Acuta analisi”, considerò la strega. Per un attimo rimase incerta se ribattere sarcasticamente o meno all’osservazione della cacciatrice. Sarebbe potuto essere divertente. Alla fine decise a favore di una semplice costatazione.

-Probabilmente.

La cacciatrice scosse la testa. Non riusciva a riconoscere la bionda. Non sembrava più se stessa. Più che calma era apatica. Buffy non riusciva ad evitare di pensare che ci fosse qualcosa di stonato nella strega, come nella realtà stessa. Tutto sembrava improvvisamente rallentato.

-A che ora parte il treno?

-Le otto e cinque minuti.

Era strano sentire Tara parlare per monosillabi. Non che parlasse tanto quanto Willow “oddio, Willow, perché?” ma era sempre educata e piacevole nelle conversazioni. Il comportamento diede a Buffy l’angosciante sensazione di non conoscerla affatto. Sentendosi improvvisamente a disagio la cacciatrice si alzò dal tavolo, andando in fretta verso la porta.

-Ci vediamo domani mattina allora, io vado a fare la ronda.

Fu una completa perdita di tempo. Qualcuno doveva aver avvertito i vampiri che era meglio evitare la cacciatrice perché Buffy non riuscì a trovarne neanche uno. Perlustrò tutti i cimiteri, le strade ed anche Willy. Era chiuso. Passò alla cripta di Spike, la porta era ancora scardinata, ma lui non c’era. Ancora più irritata di quando era uscita tornò a casa, le luci erano tutte spente. Sembrava quasi che non ci fosse nessuno all’interno.

Salendo al piano superiore si avvicinò alla porta di Dawn. Sua sorella stava ancora piangendo. Forse sarebbe dovuta entrare e parlarle, aiutarla a superare la perdita. Buffy rimase con la mano sulla maniglia per qualche minuto cercando le parole. Non trovandole scosse la testa e se ne andò in camera sua.

Da quella di Tara e Willow non si sentiva provenire assolutamente nessun rumore.

 

 

La mattina dopo Buffy si alzò in ritardo, non vedeva un motivo poi così importante per alzarsi. Poi si ricordò del treno. Infilò gli abiti della sera prima e provò di nuovo a chiamare Giles dal telefono della sua camera. Ancora una volta non rispose nessuno anche se l’apparecchio squillava libero.

Scese le scale di fretta, quasi inciampando sulle due valigie poggiate in corridoio. Buffy si stupì nel notare come tutta la vita di Tara si potesse contenere in appena due borse di media grandezza. Scosse la testa ed entrò in cucina dove trovò la strega intenta a mangiare una ciotola di cereali ed a bere del caffè. Anche la cacciatrice se ne versò una tazza cominciandola a sorseggiare mentre si appoggiava al frigorifero. Dawn era di fronte a lei, impegnata nel girare i suoi cereali con lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi rossi e gonfi, senza mangiare nulla.

-Buongiorno.

Nessuna delle due rispose. Era inquietante quel silenzio, la metteva a disagio. Quasi preferiva il singhiozzare di Dawn a quel vuoto. Le sembrava di essere sola. Buffy parlò di nuovo solo per sentire qualche rumore oltre ai cucchiai nel latte.

-Pronte per uscire?

Tara si alzò andando in corridoio a prendere le valigie senza dire una parola per chiedere aiuto, nonostante avessero l’aria di essere pesanti. Le caricò in macchina, prima di sedersi sul sedile posteriore senza degnare di un ultimo sguardo la casa dove aveva vissuto. Dawn si alzò e la seguì fuori, lo sguardo fisso a terra, abbandonando cereali e cucchiaio nella ciotola.

Uscendo, Buffy chiuse la porta dietro di sé.

Arrivarono alla stazione in orario, posteggiarono e dopo aver ritirato il biglietto andarono ai binari. Questa volta Buffy aiutò Tara a caricare i bagagli sul treno. Poi non rimase che aspettare che il convoglio partisse.

Improvvisamente Dawn si lanciò nelle braccia di Tara cominciando di nuovo a piangere. Puramente di riflesso la strega rispose all’abbraccio. Buffy osservò la scena in silenzio, i singhiozzi della sorella le cominciavano ad essere inquietantemente familiari, quasi rassicuranti.

Pensò che in tre giorni aveva perso la sua migliore amica, un’amica, sua sorella non faceva altro che piangere, il suo migliore amico non faceva che lavorare, il suo mentore era irraggiungibile e il suo primo amore, forse l’unico, era troppo impegnato a giocare nelle fogne per venire a parlarle.

Tre giorni davvero stupendi.

-Quando tornerai Tara?

Chiese tra i singhiozzi Dawn. La strega non rispose, limitandosi ad accarezzare i capelli alla ragazza. Era un gesto gentile, di addio. Passò il controllore avvertendole che sarebbero dovute scendere, il treno stava per partire.

Buffy guidò Dawn fino alla banchina. Sembrava una marionetta a cui avevano tagliato i fili. In fondo capiva Tara, la strega non aveva molto altro che Willow a Sunnydale. “E’ meglio per tutti”, decise quando la vide affacciata al finestrino, con uno sguardo triste sul volto.

Tara sapeva che non sarebbe tornata mai più, esattamente come lo sapeva Buffy. Nessuna delle due si prese la briga di commentare o riconoscere la cosa. La strega aveva scelto di andarsene da un posto in cui non aveva più nulla. Non c’era molto da dire.

-Addio.

La cacciatrice annuì, mentre Dawn le stava di fianco apparentemente troppo sconvolta per parlare, il corpo scosso dai singhiozzi.

-Buona fortuna.

Il treno partì qualche secondo dopo. Un minuto e Tara non poteva più essere distinta a causa della lontananza. Le due sorelle rimasero lì immobili per qualche altro momento. “E così si è chiuso un altro capitolo.”

-Dai andiamo a casa Dawn.

Buffy poggiò la mano sulla spalla per guidarla alla macchina ma la ragazza scosse debolmente la testa.

-No, voglio rimanere un po’ qui, da sola. Fare quattro passi fino a casa.

Disse fra i singhiozzi. Buffy la fissò per qualche secondo e poi annuì. Probabilmente Dawn sentiva il bisogno di stare un po’ sola. Perlomeno la cacciatrice era felice che la sorella avesse finalmente parlato e preso una decisione di qualche genere. La salutò e se ne andò a casa. Non era preoccupata. Era giorno e non c’era alcun pericolo.

 

 

Buffy rimise a posto la cornetta per l’ennesima volta. Da quando era rientrata a casa tre ore prima aveva provato a chiamare Giles almeno quindici volte. Sempre senza successo. Vide l’immagine di Willow comparire per un attimo alla televisione, la giornalista girò foglio e ricominciò a parlare. Afferrando in fretta il telecomando Buffy rialzò il volume.

Ancora aperte le indagini per l’omicidio di tre giorni fa di una studentessa universitaria. La polizia chiede l’aiuto dei cittadini nell’individuare il colpevole dell’omicidio ed invita qualsiasi testimone a presentarsi al distretto. L’identikit che gli investigatori sono riusciti a stilare è quello di un bianco, statura medio bassa, corporatura normale, capelli castani, piuttosto giovane, probabilmente sotto i trent’anni. Chiunque abbia notizie è pregato di comunicarlo urgentemente… Ed ora per la pagina sportiva incredibile vittoria…

Scuotendo la testa la cacciatrice si alzò dalla poltroncina per andarsene in cucina. Sarebbe servito un miracolo perché trovassero il responsabile.

Buffy si accorse che per la prima volta dopo la morte di Willow aveva attualmente fame. Non moltissima ma l’idea di mangiare non la disgustava più. Quasi sorrise alla scoperta. Decise di cominciare a preparare il pranzo. Quando Dawn fosse rientrata avrebbero mangiato qualcosa assieme e avrebbero parlato di quanto era successo. Non l’avrebbe lasciata sola in questo.

Buffy stava guardando cosa c’era in frigo da preparare quando il telefono squillò. “Probabilmente è Giles”, pensò mentre si allungava per rispondere, “era ora che si degnasse di richiamare.”

-Casa Summers.

-Parlo con Elisabeth Anne Summers?

Era una voce ufficiale dalla cadenza americana. Decisamente non Giles.

-Si, sono io. Con chi parlo?

-Sono il detective Garner. –Probabilmente era riguardo il caso di Willow. –Lei ha una sorella di nome Dawn, vero?

La domanda la stupì.

-Esatto detective.

-Sa dove si trova in questo momento?

Buffy cominciava a preoccuparsi, perché non le diceva cosa voleva? La bionda ci mise un attimo a rispondere, non capiva cosa c’entrasse questo con l’omic.. il caso di Willow. Il caso Willow. Inutile passare il tempo a pensare a qualcosa per cui non poteva fare nulla. La cacciatrice avrebbe preferito che si fosse trattato di un essere soprannaturale.

-No, dovrebbe tornare tra poco, ma non la vedo da questa mattina quando eravamo alla stazione ferroviaria. Siamo andati ad accompagnare un’amica. Perché?

L’uomo non rispose.

-Questa mattina indossava per caso jeans scoloriti, una maglietta rosa, portava i capelli castani medio lunghi ed aveva una catenina in oro?

Buffy cominciava ad avere paura. Possibile che Dawn si fosse cacciata nei guai?

-Si, perché agente?

Sentì un sospiro dall’altro parte.

-Signorina, è successo un incidente alla stazione stamattina. Stava per arrivare un treno merci diretto per Los Angeles. C’erano molte persone sulla banchina, tra cui sua sorella, abbastanza vicina alla riga di sicurezza. C’è stato un improvviso movimento della folla, senza alcuna apparente motivazione, che ha causato caos per un secondo…sua sorella vi è rimasta coinvolta. –Fece un attimo di pausa. –Temo di doverle comunicare che sua sorella è deceduta.

-Come è successo?

Il detective si schiarì la gola, cercando di trovare un modo gentile per descrivere una scena quanto mai orribile. Odiava cosa facesse un treno ad un essere umano e per fortuna aveva dovuto vedere poche di quelle scene nella sua carriera.

-Crediamo abbia perso l’equilibrio… vede, si trovava molto vicina alla linea di sicurezza… e il treno andava molto veloce… non c’è un modo semplice per dirglielo… sua sorella è stata investita dopo che è scivolata sui binari.

Ci fu qualche istante di silenzio.

-Non è possibile.

-Mi dispiace signora… le mie più sentite condoglianze per la sua tragica perdita. –ci fu una pausa di qualche secondo mentre il detective cercava le parole adatte per formulare la prossima domanda. Non avrebbe voluto, ma doveva. Buffy era ancora in ascolto troppo scioccata per sentire qualcosa. –Signorina sua sorella aveva motivo di depressione?

Questo fece arrabbiare Buffy.

-Che cazzo crede che si è suicidata? No, non aveva motivo di depressione. -Willow a parte. Tara a parte. Buffy chiuse la mente a quei pensieri, rifiutandosi semplicemente di credere.

-Mi dispiace insinuarlo, ma semplicemente è difficile inciampare su quella banchina… ed è improbabile che accada proprio nel momento in cui sta passando un treno…

Buffy non ricordava molto di più di quella conversazione. Non sarebbe dovuta andare all’obitorio per l’identificazione. L’avrebbero fatta attraverso le impronte dentali.

 

 

Trovarlo era stato facile, molto facile. Era bastato chiedere in giro ad alcuni suoi vecchi amici delle scuole superiori. Sembrava fosse un patito di Dungeons and Dragons. Abbastanza patito da venire ogni settimana a giocare in fumetteria, senza mai mancare un appuntamento, sempre da solo.

-Non so se questa è una buona idea.

Disse uno dei due uomini nascosti nel vicolo di fianco al negozio.

-Siamo gli unici a poter far qualcosa.

Rispose tranquillamente l’altro.

-Ma è omicidio!

Alzò la voce il primo. Era nervoso ed aveva paura. Cosa sarebbe successo se fosse passata la polizia?

-Nah, è legittima difesa. –Ribatté l’altro. –Lui è un assassino. Io gli impedisco solo di farlo di nuovo.

-Ma non puoi!

Era sbagliato. Era sicuro che fosse sbagliato. Perché si era fatto convincere?

-E cosa succede se lo fa ancora? Lo ha fatto una volta, può rifarlo. E poi se sei qui…

Lasciò in sospeso il resto della frase.

-Io non lo ammazzo.

Ribadì il primo.

-Ci penso io sta tranquillo. Non ti dovrai sporcare le mani.

Rispose l’altro arrabbiato.

-No, non lo puoi fare… -l’uomo smise di protestare quando vide la loro futura vittima uscire dal negozio come se non avesse mai fatto nulla di sbagliato. Forse quello che stavano per fare poteva essere giustificato. Il fine giustifica i mezzi, no? Quello che stavano per uccidere era una persona malvagia giusto? Quindi doveva morire. Era stata quella l’argomentazione che il suo amico aveva usato per convincerlo. Ed aveva ragione.

Il ragazzo uscì dalla fumetteria completamente ignaro che lo stessero aspettando. Qualche secondo e passò di fronte al vicolo dove erano appostati i due. Senza far rumore Gunn lo afferrò e lo tirò nella stradina laterale, impedendogli di urlare con una mano. Wesley si appiattì ancora di più contro il muro, rendendosi invisibile alla vittima. L’ex-osservatore non voleva avere problemi in caso qualcosa fosse andato storto.

-Collabora e ti lascerò andare.

Andrew annuì frenetico, totalmente terrorizzato dall’aggressione, mentre con disinvoltura Gunn gli toglieva il portafogli e lo lanciava a Wesley. L’inglese cercò i documenti per qualche secondo prima di riuscire a trovarli. Li lesse alla luce di un lampione.

-E’ lui.

Gunn annuì, stringendo meglio la presa sulla sua vittima, mentre avvicinava la testa per sussurragli in un orecchio.

-Non avrai mica creduto di poterla passare liscia per quello che hai fatto a Willow, vero Andrew?

Il ragazzo scosse la testa frenetico cercando di liberarsi, completamente terrorizzato ora che capiva che quella non era solo una rapina, ma l’aggressore lo teneva ben stretto. Non riusciva a capire cosa volessero da lui qui due. Non aveva fatto niente, non a Willow. Tentò di colpire l’aggressore con una gomitata senza riuscirci. I suoi gesti diventavano sempre più scomposti mentre l’aria cominciava a mancargli e la paura ad aumentare.

-Ormai è troppo tardi Andy. Ci avresti dovuto pensare prima di uccidere qualcuno.

Andrew cominciò a scuotere la testa ancora più violentemente cercando di liberarsi. Non poteva crederci. Lui non aveva fatto niente. Uccidere qualcuno? Lui non aveva mai ucciso. Mai! Cosa cavolo voleva quel pazzo da lui? Cercò di urlare senza successo. Si sentì solo qualche mugolio del tutto incomprensibile. Scuoteva la testa mentre cominciava a piangere, le pupille completamente dilatate. Non voleva morire.

-Addio Andrew.

Con un movimento esperto, Gunn gli tagliò la gola lasciandolo cadere a terra agonizzante. Lo osservò contorcersi per qualche secondo al suolo e poi immobilizzarsi.

-E’ tutto finito.

L’ex-osservatore annuì. Era stato rapido. E molto meno difficile di quanto credesse. Non si sentiva diverso da cinque minuti fa.

-Sai come farlo sembrare un attacco di vampiri?

Wesley annuì di nuovo. Era una cosa semplice da fare, bastava far sparire un po’ di sangue, aggiungere lacerazioni diseguali sulla gola. Sarebbe sembrata l’opera di un vampiro attento a non lasciare troppe tracce.

-Dai diamoci una mossa. –Gunn si guardò la maglietta alla luce intermittente di un lampione. Era macchiata di sangue. –Dannazione mi sono sporcato. Ora mi toccherà buttare la t-shirt. Dammi una mano a sistemare il cadavere, che me ne voglio andare in fretta in albergo così mi posso cambiare.

 

 

Anche questa volta c’era il sole.

Splendeva. Un’altra bellissima giornata.

Buffy era ad un altro funerale. Quello di Dawn.

Erano passati solo due giorni dall’ultima volta che era stata qui a seppellire qualcuno. Si trovavano a circa duecento metri dal punto in cui si trovava il feretro di Willow.

Oggi Buffy non sentiva neanche il caldo. Quello che stava facendo sudare copiosamente tutti gli altri, ministro compreso. Non sentiva più nulla. Il resto del mondo era così lontano ed insignificante. Vedeva le cose ma non le capiva realmente. Erano senza importanza.

Aveva passato gli ultimi due giorni sul divano, in stato quasi catatonico, guardando la tv. Quando Wesley era venuto a casa sua, preoccupato perché nessuno rispondeva al telefono, l’aveva trovata così. L’ex-osservatore era rimasto scioccato alla vista. La cacciatrice era rimasta seduta sul divano, perfettamente calma mentre gli raccontava cosa era successo con voce atona.

Quando aveva visto Buffy in quello stato semi vegetativo, quasi del tutto separata dalla realtà, Wesley si era fatto carico personalmente di sovrintendere alla preparazione del funerale e a tutto il resto, lasciandole il tempo di venire a termine con il suo dolore. Ma si era preoccupato quando il mattino dopo la cacciatrice non dava ancora cenno di muoversi.

Così aveva chiamato Angel per spiegargli la situazione. Il vampiro gli aveva spiegato che non poteva assolutamente lasciare L.A. ora che sembrava che la Wolfram & Hart stesse preparando qualcosa di importante.

Gli aveva consigliato di chiamare Giles, dicendogli che di certo lui sarebbe stato in grado di far riemergere Buffy da quel torpore. Wesley lo aveva fatto. Probabilmente aveva chiamato almeno venti volte durante la mattinata.

Inutilmente.

Giles non c’era o se c’era non rispondeva.

Così aveva provato a parlare lui a Buffy, a scuoterla dal suo stato vegetativo, senza riuscire minimamente. Gunn e Fred erano andati ad avvertire Xander di quanto era successo. Il ragazzo aveva detto loro di non poter abbandonare il turno. Wesley ebbe anche il dubbio onore di comunicare la tragedia a Spike, quando il vampiro era passato a casa Summers.

Qualsiasi tentativo di far reagire Buffy andò a vuoto. La cacciatrice si mosse solo quando Wesley le comunicò che era ora di andare alla cerimonia funebre. Si era alzata ed era uscita dalla porta senza dire una parola. Scuotendo la testa i tre di L.A. l’avevano seguita.

Anche Xander era presente al funerale assieme ad Anya, gli abiti ormai cascanti dalle spalle, profonde occhiaie nere e gli occhi gonfi di pianto. Gli unici altri presenti erano Gunn e Fred. Sembrava che Dawn non avesse molti amici.

Senza Tara, Willow o Giles erano in sei a quel funerale, più il sacerdote.

Una cosa piccola, familiare. A Buffy veniva da ridere al termine. Familiare. Oggi stava seppellendo tutto quello che rimaneva della sua famiglia. Niente madre, niente padre, niente sorella. Neanche più la sua migliore amica.

La cerimonia fu breve. Quando il prete finì Xander ed Anya si allontanarono in silenzio. Il ragazzo doveva tornare a lavoro, aveva detto prima del funerale a Gunn, e non sarebbe rimasto oltre la cerimonia. La cacciatrice non parlava con lui dal funerale di Willow.

-Vieni Buffy ti accompagno a casa.

Si offrì Wesley. Senza parlare la cacciatrice annuì. Sarebbe stato meglio tornare a casa. Non che le importasse molto in fondo.

-Gunn, Fred se voi intanto volete andare…

I due annuirono e se ne andarono sollevati di non dover di nuovo vedere quello spettacolo pietoso. Stare in quella casa anche solo per poche ore era già troppo.

Con estrema gentilezza Wesley accompagnò Buffy a casa. Si sentiva vagamente responsabile per la ragazza e del tutto incapace di fare qualcosa di giusto. C’era solo una parola che la poteva descrivere, “annichilita”. Lo metteva a disagio pensare che l’insofferente ed iperattiva adolescente che aveva conosciuto poteva essersi ridotta così in meno di una settimana. Al primo funerale era stata comprensibilmente silenziosa e giù di tono ma oramai era completamente noncurante.

Appena entrato Wesley si accorse di quanto in realtà la sofferenza della cacciatrice si manifestasse nella casa. Strano che non se ne fosse accorto prima. Le tende erano tutte tirate, la televisione in salotto accesa ad un volume molto alto, per impedire di sentire il silenzio, in cucina tutto era apparecchiato per quella che doveva essere stata la colazione di due o tre giorni fa. Non l’aveva notato prima.

Disgustato dalla visione Wes fece sedere Buffy sul divano, mentre decideva il da farsi.

-Ti preparo un caffè caldo e ti porto qualcosa da mangiare, ok?

La cacciatrice si limitò ad annuire mentre si girava per guardare la tv. Velocemente Wesley buttò i rimasugli di latte, cereali e caffè nel lavandino e diede una pulita alla cucina mentre scaldava in forno delle ciambelle pre-cotte e metteva a fare un’altra caraffa. Provò a richiamare Giles, ancora senza successo. Anche Angel era irraggiungibile, Cordelia gli disse che stava seguendo una qualche pista.

Meno di dieci minuti dopo tornava in salone con i dolci su un piattino ed una tazza di caffè in mano. Ritrovò Buffy seduta nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciata, stava guardando il telegiornale. Sembrava una marionetta a cui avessero tagliato i fili. Non aveva espressione sul volto e gli stessi occhi erano quasi fissi. Wesley scosse la testa, dubitava che la cacciatrice stesse realmente vedendo cosa trasmettevano. Le passò la tazza ed una ciambella mentre lui le si accomodava di fianco, cominciando a mangiarne un’altra. I funerali gli avevano fatto sempre venire fame.

Dopo qualche minuto provò a rompere il silenzio, cercando di far reagire in qualche modo la ragazza.

-Buffy… senti… mi dispiace…

Fu improvviso. Il movimento repentino lo colse completamente di sorpresa. La mano della cacciatrice si alzò imperiosa per chiedergli di fare silenzio. Gli occhi si centrarono sulla tv, sembrava che la ragazza avesse notato qualcosa di interessante sullo schermo.

Un attimo ed era un’altra persona. Wes guardò la televisione cercando di capire cosa potesse essere riuscito a tirare fuori Buffy dal suo auto imposto esilio. Di fianco all’annunciatrice era apparsa la foto di un Andrew, con sotto la scritta “vittima”.

Wesley si irrigidì. Non aveva più pensato alla cosa da quando aveva dovuto impegnarsi ad organizzare i funerali di Dawn. Si era chiesto quando avrebbero ritrovato il cadavere, ed aveva sperato fosse stato più tardi possibile. Magari dopo che lui fosse rientrato a L.A.

“Ieri, vicino al cimitero di Seamurson è stato ritrovato il cadavere di un giovane di media statura, capelli castani, privo di documenti di identità, apparentemente ucciso da qualche tipo di animale rabbioso probabilmente due o te giorni fa. Chiunque abbia notizie sull’identità della vittima è pregato di avvertire la polizia al numero…”.

-Andrew, - Mormorò la cacciatrice. Uno strano lampo le attraversò lo sguardo. Del tutto autonomamente la sua mente fece i collegamenti “la descrizione coincide…”. Si rimproverò di non aver capito prima. Ma ovviamente qualcuno l’aveva preceduta. –E’ stato Andrew ad uccidere Willow.

Lo disse quasi sussurrando. Fu la prima cosa ad avere senso da quattro giorni a quella parte. Buffy ci si aggrappò disperatamente. Non voleva perdere il contatto con la realtà, non ora che improvvisamente era tornata ad avere un significato.

Fu difficile rimanere aggrappata alla cosa.

“…ucciso da qualche tipo di animale rabbioso probabilmente due o te giorni fa…” Ora aveva un Dovere da compiere. “…animale rabbioso…” Vampiri. Doveva uccidere il killer. Doveva. Era un motivo sufficiente per uscire dalla letargia.

Wesley stava trattenendo il fiato, completamente terrorizzato, il volto ormai biancastro. Perché Buffy non reagiva alla notizia? Sedeva quasi immobile a fianco a lui ma improvvisamente l’ex-osservatore ne aveva paura. Era cambiata rispetto a poco fa. Che avesse capito che quella non era opera di vampiri? Che potesse leggere sul suo volto le prove della sua colpevolezza?

-So chi è stato.

Disse la cacciatrice voltandosi verso l’osservatore, che non poté fare a meno di notare la differenza rispetto a pochi minuti prima. Gli occhi erano diventati focalizzati, concentrati su un obbiettivo, perdendo quell’aria di vacuità che avevano avuto per tutto il giorno, anche se erano vuoti, senza alcuna emozione. Wesley temette di star per avere un infarto. “…ha capito… ha capito tutto…” cominciò a sudare freddo e dovette posare le mani sui pantaloni per farle smettere di tremare. Quelli che vedeva di fronte a lui erano occhi da predatore, senza alcuna pietà. Era terrorizzato. Non era la stessa cacciatrice che aveva conosciuto. Non più.

Ebbe un’improvvisa voglia di scappare, ma le sue gambe non gli rispondevano.

-Chi?

Osò chiedere in un sussurro strangolato. Non avrebbe retto per molto lo stallo, sentiva il suo cuore battere all’impazzata. “non può essere… non può farlo… io non ho fatto niente… non c’entro niente…”.

-Non ti preoccupare ci penso io. Tu rimani qui ad aspettarmi. Un certo vampiro ha esagerato questa volta.

Buffy si alzò dal divano, prese un paletto e la giacca ed uscì dalla porta.

Stremato ed in un completo bagno di sudore Wesley si accasciò contro il divano, svenuto.

 

 

La porta era ancora scardinata, ma questa volta Spike c’era.

Buffy non poteva ancora credere che il chip si fosse rotto, ma era sottilmente felice del fatto che il vampiro invece di uccidere un essere umano qualsiasi avesse ucciso l’assassino di Willow. Era una cosa dolce da fare. Ma decisamente sbagliata. Ed ora era lei doveva fare il suo Dovere.

Spike non avrebbe dovuto uccidere essere umani.

Lo trovò sulla poltrona. Stava piangendo.

-Perché Buffy? Perché proprio Dawn?

Era una delle poche mortali che il vampiro apprezzasse veramente. Wesley glielo aveva detto senza preamboli, quando lui era venuto per vedere come se la stessero cavando con la perdita di Willow e Tara. La cosa lo aveva sconvolto.

-Non lo so Spike.

Buffy rimase a guardarlo per qualche secondo. Sembrava veramente disperato. Forse lo era. Ma non poteva perdonargli quello che aveva fatto anche se era stato a fin di bene. Quasi le dispiaceva di doverlo fare.

Ma aveva un Dovere da compiere.

Ed il Dovere era tutto quello che le era rimasto ora.

-L’altra sera non c’eri.

Disse Buffy a Spike. Il vampiro scosse la testa asciugandosi le lacrime.

-No, ero uscito.

Non aggiunge altro. Buffy ebbe in quel momento la certezza che Spike aveva ucciso Andrew. Perché altrimenti non avrebbe dovuto dirle dove fosse stato due notti fa?

Il suo Dovere era chiaro.

Trovava rassicurante avere di nuovo uno scopo.

Il vampiro si asciugò le ultime lacrime e si voltò a guardarla sforzandosi di parlare.

-Hai fatto bene a passare. Ti devo parlare. Sarei passato da te dopo essere stato alla tomba di Dawn.

-So quello che hai fatto Spike.

Ribatté con voce atona Buffy mentre si avvicinava alla poltrona. Il vampiro la guardò con occhi tristi.

-Di che stai parlando? Non ti capisco.

Le chiese. Tutto quello che gli rispose Buffy mentre gli piantava il paletto nel cuore fu: -Mi dispiace Spike.

Non era vero, aveva un Dovere da compiere.

Il Suo Sacro Dovere.

E nessuno glielo avrebbe potuto togliere.

Lui non ebbe tempo di reagire. La maledisse mentre si trasformava in cenere.

La cacciatrice rimase a guardare per qualche minuto la polvere.

Poi se ne andò, il vuoto dentro di sé di nuovo profondo.

Ma ora aveva uno scopo.

Un Dovere.

 

 

-Benvenuti vi posso aiut.. ah, siete voi, fate come vi pare.

Gunn e Fred rimasero di nuovo sconvolti dall’atteggiamento di Anya. Metà frase entusiasta e metà completamente annoiata. “Come ci riesce?” si domandò la ragazza. I due si avvicinarono al bancone completamente ignorati dall’ex-demone.

Dopo qualche secondo di imbarazzato silenzio Fred parlò.

-Io… io vorrei comprare un libro…

Improvvisamente l’ex-demone alzò gli occhi dal registratore di cassa con uno sguardo di acuto interesse ed un sorriso falsissimo sulle labbra.

-Ma certo, come vi posso essere di aiuto?

Di nuovo la voce allegra e spensierata. “Ha due personalità.” Decise Fred.

-Cercavo il libro di Fregedw, ho visto che ne hai una copia sugli scaffali…

-Ah, si certo, in realtà ne ho diversi. Te ne vado a prendere uno di sotto, ok?

Fred si limitò ad annuire, ancora intimorita dalla vitalità dell’ex-demone, già scomparsa nel magazzino. Quella ragazza era strana. Se non fosse stato per il fatto che quel libro era pressoché introvabile in America avrebbe evitato volentieri di rimettere piede nel magic shop. Lo stesso Gunn non era stato entusiasta dell’idea. Anya lo metteva a disagio.

L’irruzione fu improvvisa. Ancora soprappensiero Fred si girò verso il rumore. I vampiri entrarono nel negozio di corsa, dirigendosi subito verso di loro senza il minimo avvertimento o parola.

Prima ancora che i due umani potessero reagire almeno quattro vampiri li avevano atterrati ed immobilizzati. Gunn cercò di ribellarsi ma un calcio alle costole lo fece desistere.

-Ma che carini gli amici della cacciatrice. -esordì il più grosso del gruppo, l’unico rimasto in piedi. –Salutatemela quando la rivedrete, ok?

Fred e Gunn lo guardarono in silenzio dalla loro scomoda posizione sul pavimento. “E’ un errore”, voleva urlare il ragazzo ma la mano di uno dei vampiri che lo trattenevano gli bloccava la trachea e lui non riusciva a fare altro che rantolare. Ignorandolo, il capo fece un cenno non curante ai suoi compari.

Fin troppo contenti di eseguire gli ordini i vampiri finirono in fretta i due umani prima che riuscissero a ribellarsi. Meno di un minuto dal loro ingresso ed era tutto finito. I demoni si alzarono, pulendosi lentamente le labbra, gustandosi le ultime gocce di sangue, lasciando a terra i corpi delle loro vittime.

Il capo della banda annuì, soddisfatto che i suoi avessero fatto in fretta e senza troppo rumore.

-Andiamo. –Il gruppo uscì dal negozio in fretta, ma senza correre. Camminarono per qualche minuto, esilarati da quanto fosse stato semplice fare quello spuntino. Il loro stesso capo, generalmente imperturbabile, aveva un ghigno felice sulla faccia. Salirono su un paio di auto parcheggiate poco distante dal magic shop. –Perfetto, ed ora possiamo abbandonare questa ridente cittadina. Spero che alla cacciatrice piaccia il mio regalo di addio.

 

 

Scotty imprecò mentre pescava gli ultimi spiccioli dalle sue tasche per riuscire a pagarsi la birra. “devo assolutamente trovare qualche altra gallinella da spolpare…” Era di nuovo la verde e la roba che si era comprato qualche giorno fa era praticamente finita. “…speriamo solo che non sia di nuovo una straniera… quell’ultima stronza di una roscia mi ha irritato con quella sua strana lingua del cazzo. Mai sentita prima. Non stava zitta…” ridacchiò tra sé mentre si allontanava dal negozio di liquori “…bang…almeno dopo non ha fatto più casino…”.

Gli occhi sospettosi del commesso lo seguirono fino all’uscita, l’uomo sapeva che quel ragazzo frequentava brutti giri e non si fidava di lui. Probabilmente rubava o peggio.

 

 

Wesley si buttò sul letto distrutto.

Cinque giorni. Cinque morti.

Faceva quasi ridere.

“Questa città è maledetta.” Si ritrovò a pensare.

In solo cinque giorni, aveva partecipato a quattro funerali.

Era stato l’unico a presenziare alle cerimonie di oggi. Due bare affiancate sotto il cielo nuvoloso, con un fastidioso vento ad alzare polvere e foglie.

Aveva chiamato Angel poco dopo essere stato certo dell’orrore. Era stata una telefonata strozzata dal dolore. Il vampiro aveva ricevuto la notizia rimanendo ancora più silenzioso del solito. Non era venuto. Era venuto a sapere che il demone di qualche giorno prima aveva deposto delle uova in un qualche nido segreto. Dovevano essere distrutte prima della schiusura per evitare un’invasione della città.

Wesley aveva detto al vampiro che non sapeva quando sarebbe tornato a L.A., che avrebbe richiamato appena avesse avuto novità. Angel, stranamente freddo, si era limitato ad assentire e poi aveva attaccato.

Nessuno di quelli che vivevano a Sunnydale era venuto al funerale di Fred e Gunn. Xander era rimasto a casa a consolare Anya dall’orrore che aveva provato nel vedere i due cadaveri. “Come se fossero stati i primi…” pensò sprezzante Wesley. “Dovrebbe ringraziare la sua dannata fortuna aveva piuttosto”. Cinque minuti di assenza per andare a prendere un maledettissimo libro ed era ancora in vita.

Quando ci pensava la cosa lo mandava in bestia.

Cosa aveva fatto meglio di Gunn e Fred per avere salva la vita? Era una dannatissima ex-demone, colpevole dell’omicidio di migliaia di persone. Sarebbe già dovuta essere morta e sepolta, altro che sopravvivere.

Buffy era stata a caccia.

Gli aveva detto che avrebbe trovato il responsabile. Da quando era tornata dopo aver ucciso chiunque avesse ritenuto responsabile della morte di Andrew, se possibile gli metteva ancora più paura. Ormai era una macchina per uccidere.

In quegli occhi non c’era più altro.

Alla vista dei cadaveri si era limitata a controllare che fossero stati uccisi dai vampiri ma non trasformati e poi aveva preso un paletto ed era andata a caccia.

Sembrava che la caccia fosse la sua unica risposta ormai.

Wesley voleva avere buone notizie. Ne aveva bisogno. Sperava intensamente che Buffy trovasse i colpevoli, nonostante la situazione stessa della cacciatrice lo preoccupasse veramente. Sembrava del tutto priva di emozioni e la cosa lo terrorizzava. Era imprevedibile. A questo punto somigliava scarsamente ad un essere umano se non per l’aspetto.

Wesley aveva tentato di rintracciare ancora una volta Giles per aggiornarlo su quanto era successo a Sunnydale e a Buffy stessa, ma l’osservatore era ancora irraggiungibile. Si sentiva inutile e soverchiato ed odiava la sensazione, non sapendo cosa fare per aiutare la cacciatrice né riuscendo a contenere il suo dolore. Aveva passato inutilmente la giornata a piangere per Gunn e Fred.

Si passò la mano sugli occhi che gli bruciavano. Non aveva dormito quella notte. Aveva dovuto organizzare un altro funerale.

-Che scenetta commovente.

La voce sarcastica lo fece sussultare.

Aprì gli occhi di scatto e trovò il suo peggiore incubo seduta comodamente sul bordo del letto.

-F..Faith?

La cacciatrice sorrise.

-Esatto.

Spaventato Wesley cercò di allontanarsi da lei, ritirandosi verso la spalliera del letto.

-Ma come? Tu… tu dovresti essere in galera…

Faith sorrise ancora godendosi l’evidente paura dell’uomo. Il respiro affannoso, il tremore delle mani, l’odore acre del sudore.

-Inutile che stia qui a spiegartelo. Tanto stai per morire e non ti servirà saperlo. –La cacciatrice scosse la testa, divertita, estraendo una pistola ed avvitando il silenziatore. Gli occhi di Wesley si spalancarono terrorizzati. –Non avrai mica creduto che mi fossi dimenticata di quello che mi hai fatto, vero? O di quello che hai tentato di fare… ah, non ti preoccupare, considerando quanto è successo ultimamente dubito che qualcuno si accorga della tua assenza in fretta.

Dopo aver premuto il grilletto, Faith cominciò a cancellare meticolosamente qualsiasi traccia della propria presenza o dell’omicidio. Dalla prima volta che aveva commesso un omicidio aveva fatto esperienza. Questa sera era venuta preparata, nulla di accidentale. Si era portata con sé tutto l’occorrente, varechina, sacco per cadaveri, stracci per pulire. Aveva già lasciato il saldo per la camera di Wesley, questa notte inclusa, in portineria quando l’addetto si era allontanato per un minuto. Prima di salire si era assicurata che l’impiegato annotasse l’entrata sul libro di fronte a sé e non intascasse la cifra.

Dopo aver pulito, fece le valige di Wesley e lasciò la chiave della camera sul comodino. Afferrò zaino, sacco e bagagli e caricò tutto nell’auto dell’ex-osservatore. Si allontanò a velocità moderata dal motel dopo aver controllato che stop e luci funzionassero perfettamente. Le ci sarebbe voluto il resto della notte per arrivare a destinazione e disfarsi definitivamente di cadavere ed auto, ma quello non era il genere di lavoro su cui si potesse risparmiare tempo se si volevano evitare ripercussioni.

 

 

Il cadavere era seduto alla sua scrivania. Era stato un vicino di casa a chiamare la polizia a causa dell’insopportabile odore e dell’insistente squillare del telefono per giorni. Di fronte a quello spettacolo l’agente Willis si portò la mano alla bocca nauseato dalla vista e dall’odore. Vent’anni in quel campo ed ancora non riusciva ad abituarsi.

Dovevano essere passati giorni dalla morte.

Vicino alla mano destra c’era un pacchetto di nitroglicerina. Willis riconobbe le stesse pasticche che suo padre prendeva per il cuore negli ultimi anni. Scosse la testa.

-Probabilmente questo povero diavolo è morto di infarto.

Il suo collega lo raggiunse con un portafoglio aperto in mano.

-L’ho trovato nel salotto. –Guardò la foto della patente e il corpo. C’era somiglianza. –Probabilmente questo è Rupert Giles.

Willis rimase un attimo in silenzio ad osservare la scena.

-Poveretto. Morire così da solo.

-Già. –Fece Gerald. Si voltò verso il collega. –Chiamo il coroner.

-Ok, -Assentì Wills. –Ma andiamocene da qui, lo aspetteremo fuori.