CRONACHE DEL TRAMONTO
Di
Solitaire
Prologo
Ieri
Willow ha trovato i diari che nascondevano il mio segreto. Ha scoperto così che
in tutti questi anni non ho mai raccontato la verità ai miei signori e padroni.
Ma come avrei potuto farlo? La verità può sempre essere pericolosa. Questa
verità sarebbe stata fatale alla persona che più ho amato nella vita.
Quando
incontrai Buffy la prima volta, e ormai sono passati quasi otto anni, credetti
soltanto di avere raggiunto lo scopo della mia esistenza. Sono un Osservatore,
in fondo, e il fine degli Osservatori è di guidare
No,
non tanti. In verità siamo pochi, pochissimi. Ma sempre più della Cacciatrice.
Così,
quando mi dissero che la scelta era caduta su di me, mi sentii pieno
d’orgoglio. Ero stato addestrato una vita intera a questo compito… ero pronto…
Ma forse in me c’era qualcosa di sbagliato fin dall’inizio e appena la vidi
seppi che non avrei mai potuto pensare a lei solo come ad uno strumento. Me ne
innamorai subito. Come ad una figlia? No, come ad una figlia proprio no. Un
uomo di quasi cinquant’anni innamorato di una ragazza di sedici! E a me
doppiamente proibita. Oltre la morale corrente c’era la mia posizione. Una cosa
assolutamente inaccettabile. Ma lei non ha mai provato niente nei miei
confronti, perlomeno niente che avrei voluto. Abbiamo condiviso molte cose. Abbiamo
persino condiviso lo stesso letto, ma mai, mai ha condiviso il mio amore. Per
breve tempo ho sperato… Sperato, mai realmente creduto. Era solo la solitudine,
ad averla portata a me. Non ero io, non potevo essere io. Troppo diversi,
troppi anni a separarci… E’ quello che mi sono sempre detto… Ma potevo
accontentarmi. Così, anche se sapevo che ero solo un momentaneo sollievo alla
sua disperazione, non mi tirai indietro.
Ironia
della sorte, alla fine si legò a qualcuno che aveva oltre duecento anni più di
lei, e non condivideva né la sua natura, né la sua specie. Se il Consiglio
degli Osservatori l’avesse saputo, sarebbero intervenuti immediatamente e i
loro interventi erano spesso… come dire… radicali per tutti i diretti
interessati. Così nascosi la storia. Tutta la storia. I rapporti che inviavo
erano convenzionali, rassicuranti… e rigorosamente falsi.
Più
di una volta avrei voluto cedere e tradirla, ma a quel punto non aveva
importanza. Tanto non potevo tornare indietro. La rete di menzogne che avevo
intessuto in questi anni era la migliore delle assicurazioni. Non solo la sua
vita era di mezzo, ma anche la mia, e mi conosco bene. Non avrei mai dato
spontaneamente il motivo di distruggermi.
Poi,
alcuni mesi fa, Buffy è sparita nel nulla. Ha dovuto scegliere definitivamente
tra il buio e la luce, e ha fatto la scelta sbagliata. Questa è soltanto la mia
convinzione, naturalmente, perché se c’è una cosa che ho imparato è che non
esistono verità assolute, ma unicamente punti di vista. Ma io posso giudicare
solo da questa prospettiva.
Anche
così, però, dovevo proteggerla, e ho detto a tutti che era morta. Prima o poi
la verità sarebbe uscita, ma speravo che questo le avrebbe dato il tempo di
allontanarsi. Di andarsene, lei e il maledetto demone che me l’ha portata via,
possibilmente lontano da qui, possibilmente lontano dalla mia vita.
Possibilmente in salvo.
A
questo sono arrivato. Augurarmi che la cosa che più odio al mondo si salvi, e
tutto questo per lei.
Divertente,
in un certo senso, perché è per lei che lo odio. Tutti hanno sempre frainteso i
motivi di quest’odio. Non a causa di Jenny. Anche per lei, questo si, ma non a
causa sua. Jenny è stata solo un qualcosa in più, e un alibi. Grazie a lei, mi
era consentito odiarlo di fronte a tutti… Ma non ho iniziato a odiarlo con
Jenny.
Ma
Willow ha scoperto tutto. Willow è intelligente, più di chiunque abbia mai
conosciuto. E, diversamente da me, sa qual è il suo dovere, e non si lascerà
fermare dal cuore. C’è stata una penosa scenata e la fine di un’amicizia. Ora è
volata in Inghilterra per riferire al Consiglio.
Non
provo rancore nei suoi confronti. Non provo rancore nei confronti di nessuno di
loro.
Buffy
ha soltanto voluto liberarsi da una rete in cui era imprigionata da prima
ancora che nascesse.
Angel
ha seguito la sua natura, e ha preso quello che voleva.
Willow…
lei ha fatto semplicemente la cosa giusta.
Ora
non mi restano che due alternative. Aspettare l’arrivo dei miei carnefici, o
dimostrare coraggio e provvedere da solo.
Devo
ammettere che non trovo molto allettante nessuna delle due cose, ma credo che
alla fine sceglierò la seconda strada. Possiede una certa drammaticità, e una
certa classe. E poi non voglio lasciare che altri decidano ancora della mia
vita.
Che
altro posso fare? Scappare? Potrei, certo. Ma poi? Non avrei la capacità di
nascondermi a lungo, né di vivere tra la gente normale. E onestamente non me la
sento. Sono molto stanco. Per più di trent’anni ho servito gli Osservatori. Ho
seguito un destino scelto per me da altri, e non ho mai avuto una vera vita.
Ma
non credo di avere agito male. Agire bene o male dipende da cosa si vuole
ottenere. Se il mio scopo era far sopravvivere Buffy, allora ho agito bene. Se
era seguire i principi che mi sono stati insegnati, ho agito nel peggiore dei
modi.
Non
so se lo rifarei, così come non so se mi comporterei in modo diverso. L’eroe
direbbe… ‘ho sbagliato, non sbaglierei più…’ l’amante invece… ‘è stato giusto
così. Lo farei ancora, tutte le volte che occorre’…
Non
lo so. Dipenderebbe dalle circostanze. Non sapevo a cosa mi avrebbe portato
tutto questo, o non ci pensavo. Immagino che se avessi saputo che mi sarei
trovato a decidere se uccidermi o farmi tagliare la gola da qualche sicario… le
circostanze sarebbero cambiate.
Spero
che lei sia felice, anche se mi sembra impossibile.
So
quanto sono plateale, e ridicolo… come il personaggio di un melodramma di
terz’ordine…
E’
questa la cosa che mi fa più rabbia. Nemmeno ora riesco a liberarmi del mio
ruolo… ma non importa.
A
questo punto, rimpiango una cosa sola.
Avrei
voluto vedere le facce dei membri del Consiglio.
Mi
hanno costretto a quest’esistenza, mi hanno gettato in quest’orrore, ma li ho
ricambiati, ingannandoli per anni. Forse, ho fatto loro più di quanto loro non
abbiano fatto a me.
Almeno
in questo, anche se solo in questo, alla fine ho vinto io.
Adesso
farò qualcosa che non faccio da moltissimi anni. Andrò ad ubriacarmi. Poi…
credo che sarò in grado di decidere.
Willow
Là
sono i giardini, i templi e la giustificazione dei templi,
la
giusta musica e le giuste parole,
i
sessantaquattro esagrammi,
i
riti che sono l’unica sapienza
che
agli uomini concede il Firmamento…
…tali cose o la loro memoria sono nei libri
che
custodisco nella torre.
Elogio
dell’Ombra, J. L. Borges
… eravamo arrivati quella mattina dopo un viaggio
fatto in quasi completo e penoso silenzio. Xander non aveva voluto lasciarmi
andare sola. Forse temeva che il peso di quello che stavo per fare sarebbe
stato eccessivo per essere sopportato senza un sostegno, o una spalla su cui
piangere. Gli ero grata, anche considerando che, per venire con me dall’altra
parte del mondo, aveva lasciato i suoi doveri e i suoi impegni sempre più
pressanti. Ma nonostante ciò, Xander non poteva aiutarmi come aveva sempre
fatto in passato. Questa volta ero sola, e avrei dovuto prendermi le mie
responsabilità.
Una
ragazza venne ad accoglierci all’aeroporto e ci portò ad una macchina con un
assurdo volante a destra. Non ci condusse in città, come avevo creduto. Chissà
perché mi ero fatta l’idea che la sede degli Osservatori fosse nel centro di
Londra, magari sotto
Finalmente
arrivammo ad uno splendido edificio circondato da un parco.
La
sede del Consiglio, inizio e fine di tutte le strade.
La
ragazza lasciò la macchina, prese una delle nostre valige, poi ci accompagnò in
un appartamento al secondo piano di quel palazzo, e quasi con aria di scusa mi
disse che io dovevo incontrarmi subito con il Consiglio. Meglio così. Avevo
avuto abbastanza tempo per pensare. Ora volevo solo finire il prima possibile.
Abbracciai
Xander e la seguii per i corridoi…
*
* * * * * * * * * * *
Raggiunsero
un uomo dal volto sorridente e gli occhi di sciacallo. Lo aveva visto anni
prima, quando era venuto in America ad officiare un rito, e non aveva badato a
lei. Da allora gli aveva parlato solo per telefono. Lo conosceva come Quentin.
“Miss Rosenberg, è un vero piacere parlarle di
persona. Ha fatto buon viaggio?”
“Si, grazie… Senta, ora cosa devo fare?”
“Il Primo Giudice e il Consiglio la stanno aspettando.
Venga.”
Traversarono
il palazzo fino ad una porta di legno e ottone.
Quentin
la fece entrare in quello che sembrava un soggiorno arredato elegantemente.
Divani e poltrone. E tappeti. Otto fra uomini e donne, nove con Quentin. I
Giudici, le menti degli Osservatori.
“Miss Rosenberg.” si alzò uno degli uomini “Sono
Derek, il Primo Giudice. Si accomodi, prego, e mi dica perché ha chiesto
quest’incontro.”
Nessun’altra
presentazione. Nessun convenevole. Willow si sedette un po’ a disagio. Le
persone nella stanza sembravano cordiali, ma i loro occhi erano gelidi e
attenti. Dovette schiarirsi la gola un paio di volte prima di riuscire a
parlare.
“Sono qui per parlarvi della Cacciatrice.” disse
infine.
“
“Credo che vi sbagliate.
“Angel?”
Come
dire una cosa simile? Non c’era un modo giusto o sbagliato. Decise infine per
il modo più facile. Parlare e basta, senza preamboli.
“Nelle cronache è conosciuto come Angelus.”
“Angelus era un vampiro particolarmente feroce del
secolo scorso. Era soprannominato la piaga d’Europa. Non si hanno sue notizie da
molti anni, e lo si suppone morto. Vuol farci credere che Elisabeth Summers è
scappata con lui?” disse una dei Giudici, una donna bruna e bella.
“Buffy… si chiama Buffy. Nessuno l’ha mai chiamata
Elisabeth.”
“Carino. Continui, la prego.”
“Angel ha vissuto a Sunnydale negli ultimi otto anni.
Lui e Buffy erano amanti. C’è sempre stato un forte legame tra loro, anche
dopo… dopo che la storia era finita.”
Derek
la guardò “Quale storia? Miss Rosenberg, sarei tentato di credere che lei ci
stia prendendo in giro. Quello che sta affermando non sembra avere molto senso.
Vuole raccontarci coerentemente cosa è successo? Dall’inizio, prego.”
Willow
cominciò il suo racconto e nessuno l’interruppe…
“…alla fine, qualche mese fa, la situazione era
diventata insostenibile e le… le abbiamo detto che doveva eliminare Angel.” Si
passò le mani sul volto. Sembrava facile parlare. Ripensare alla catena di
eventi che si erano susseguiti in quei giorni, era invece molto meno semplice.
Ma quello gli Osservatori non potevano capirlo “La notte di Natale è uscita e
nessuno l’ha più vista. Abbiamo creduto che fosse stata uccisa. Negli ultimi
tempi era diventata strana. Non era più molto… molto attenta.”
“Poco dopo Natale, Giles ci ha riferito che
Uno
degli altri uomini si alzò e le si avvicinò “L’avete creduta morta… Ma
evidentemente non è mai stato trovato il corpo. Non avete avuto il sospetto che
potesse essere viva?”
“Era scomparsa. Dove vivo io molta gente scompare. Non
sempre si ritrovano i cadaveri.”
“E poi?”
“Poi… ho cominciato a notare una diminuzione
nell’attività vampiresca, e Angel non si faceva più vedere. In un modo o
nell’altro avevamo sempre sue notizie… invece ora basta.”
“Avrebbero potuto essersi uccisi a vicenda, no?”
“Per favore, non le sembra una cosa un po’ troppo
romanzesca? No, la scomparsa di tutti e due era… Non so, sbagliata, in un certo
modo. Erano gli esseri più vitali che avessi mai conosciuto. Mi sono convinta
che fossero vivi. Ne ho parlato con Giles. Anche lui sembrava della mia
opinione e disse che ve lo avrebbe riferito.”
“Questo quando è successo?” chiese la donna bionda che
fumava vicino alla finestra. L’unica che mostrasse un qualche segno di
nervosismo fra quella gente così inumanamente controllata.
“Qualche settimana dopo la scomparsa. Non ricordo
esattamente, ma diciamo tre mesi fa.”
“E in tre mesi lei non ha mai pensato di contattarci?”
La
ragazza si guardò le mani, imbarazzata “Perché avrei dovuto?”
“Forse perché era una cosa di estrema importanza?”
replicò la donna con una certa aggressività.
“Helen, basta.” la interruppe Derek “La ragazza doveva
sottostare al suo maestro. Neanche noi abbiamo mai dubitato di Giles. Che
motivo poteva averne lei?”
“Però alla fine qualche sospetto lo ha avuto, visto
che ha chiesto di vederci!” esclamò Helen.
“Mi è sembrato strano che il Consiglio non si
interessasse alla scomparsa di Buffy e non avesse mandato qualcuno a Sunnydale
per indagare. Allora ho cercato i rapporti di Giles e ho scoperto che non vi
aveva mai raccontato la verità.”
“Se fossimo venuti a conoscenza di una storia simile
ci avrebbe visto arrivare subito, glielo assicuro.” disse Derek.
“Una Cacciatrice amante di un vampiro…” mormorò
l’Osservatrice bruna con aria disgustata “Una ben strana perversione da parte
di entrambi.”
Willow
abbassò gli occhi. Buffy era stata la sua migliore amica, più di una sorella.
Poteva tradirla, ma non sopportava che qualcuno potesse giudicarla. Per un
attimo ebbe la tentazione di colpire la donna…
“Voi non li avete mai conosciuti. Io si.” si limitò a
dire.
“Va bene.” esclamò Derek “Ora dobbiamo valutare
attentamente quello che ci ha detto. Può andare a riposarsi. La faremo
chiamare.”
Quentin
la prese gentilmente per un braccio e la accompagnò fuori del salone.
“Si ricorda la strada per raggiungere la sua stanza, o
vuole che le chiami qualcuno?” chiese appena furono fuori.
“No. La ricordo, grazie.” esitò un attimo “Perché ce
n’è una sola?”
“Cosa, scusi?”
“Perché
“Cerca una spiegazione razionale?”
“Io cerco solo una spiegazione. Giudicherò poi se è
razionale.”
“Non la troverà qui. Noi non abbiamo spiegazioni. Noi
conserviamo solo la conoscenza. Buona giornata.”
Era
stata congedata. Quentin rientrò nel salone del Consiglio e Willow si diresse
verso l’appartamento che le era stato assegnato.
*
* *
Xander
la aspettava passeggiando nervosamente nel soggiorno. “Allora? Che ti hanno
detto?”
“Non lo immagini? Loro… non sapevano niente. Niente di
quel che è successo negli ultimi anni. Hanno ricevuto solo i rapporti che
abbiamo trovato.“
“Dio, non volevo proprio crederci. Quel vecchio
bastardo ha voluto proteggere Buffy ad ogni costo. Tutta quella gente che è
morta e avrebbe potuto essere salvata se solo avesse parlato… Adesso che
succederà?”
“Adesso dovranno decidere cosa fare. In realtà non
hanno nessuna scelta. La nuova Cacciatrice non sarà attivata fino a quando ci
sarà Buffy…”
“Mi dispiace Wil. Mi dispiace tanto.” Le posò
gentilmente una mano sulla spalla.
Willow
cominciò a piangere. Non si appoggiò a Xander, non chiese il suo sostegno.
L’odio che provava per se stessa era troppo per meritare conforto. Poteva solo
piangere per quello che aveva fatto.
*
* * * * * * * * * * *
… piansi, piansi e piansi. Credo di non aver mai pianto
tanto in tutta la mia vita. Non quando morì Jenny Calendar, o Cordelia. Oddio,
non piansi tanto neanche quando ritrovai quello che restava di Oz. Allora avevo
pianto per loro, stavolta anche per me stessa. In tutti quegli anni di guerra
avevo visto morire tanta gente, ma non avevo mai firmato la sentenza. Che
macabra ironia, che il mio primo compito da boia fosse uccidere la donna a cui
dovevo la vita cento, mille, infinite volte…
Non
avevo avuto scelta, ma questo non mi faceva stare meglio. Peggio, semmai.
Come
una stupida marionetta, lasciavo che altri tirassero i fili della mia vita.
Buffy, Angel e Giles non lo avevano fatto, scegliendo la loro strada da soli.
Anch’io avrei potuto farlo, ma non ero stata abbastanza forte. Per questo, ora
loro sarebbero morti e io ero dannata. E non potevo fare altro che piangere.
Per
loro, per me, per i giorni quasi dimenticati in cui non avevo avuto paura…
Per
le notti in cui potevo guardare nel buio senza tremare…
Per
i tempi lontanissimi in cui ero stata ignorante e felice…
Allora
successe una cosa strana.
Con
le lacrime se ne andava la vecchia Willow, si scioglieva e scorreva fuori,
perdendosi nel vuoto. Tutto quello che ero stata, la ragazza che giocava con i
computer e accudiva i pesci, la ragazza che amava i gelati e i libri rosa, che
aveva perso la verginità una sera d’autunno e seppellito il suo amante un
mattino di primavera, si rimpiccioliva goccia dopo goccia, fino a ridursi a un
niente e svanire con un ultimo gemito di rimpianto.
Alla
fine, Willow non c’era più. Era rimasta solo l’Osservatrice.
Allora
mi sentii pulita. Guardavo il mondo con occhi nuovi e lo trovavo cambiato. Ora
tutto era bianco o nero. Avevo rinunciato al grigio.
Come
avevo previsto, non ci volle molto. Il tempo di farmi una doccia, cambiarmi e
mangiare qualcosa, e il Consiglio mi fece richiamare.
Entrai
nella sala e i Giudici mi osservarono duramente, ma questa volta io sostenni i
loro sguardi.
“Come può immaginare,” cominciò Derek non appena mi
fui accomodata “quello che ci ha detto ci pone davanti diversi problemi. Il
principale è che non abbiamo una Cacciatrice. Lei conosce bene
“No” risposi “Ha fatto la sua scelta. Non tornerà
indietro.”
“Lo immaginavamo. E d’altro canto, noi non potremmo
riprenderla. Si è dimostrata inaffidabile. Ma è sempre stata un’eccezione fra
le Cacciatrici. La sua età ne è una prova. Pochissime hanno raggiunto i
vent’anni. Nessuna prima di lei era arrivata a ventiquattro. Non abbiamo la
minima esperienza di ciò che può essere, e quanto sia controllabile, a questa
età. L’altro problema è rappresentato da Giles.” Si interruppe solo per un
attimo “Abbiamo preso le nostre decisioni. Innanzi tutto, lei tornerà in
America e prenderà il posto di Osservatore. Quentin la accompagnerà e resterà
con lei almeno per i primi tempi. La cosa più importante è che dobbiamo
rintracciare Buffy Summers.” Gli occhi dell’Osservatore mi guardarono con quel
che pareva pena e imbarazzo “Mi spiace moltissimo. So quanto eravate legate. La
prego di credermi, non avremmo mai voluto arrivare a questo, ma abbiamo bisogno
di una Cacciatrice e finché lei è viva non ce ne sarà un’altra.”
Non
continuò, ma non ce n’era bisogno. Come avevo detto a Xander, la soluzione era
una soltanto. Trovare Buffy e ucciderla.
I
Giudici mi osservavano attenti. Credo si aspettassero una maggiore reazione
emotiva da parte mia e che fossero sollevati di non trovarla. Erano stati
pronti a confortarmi, almeno lo erano stati Derek e la donna bruna di cui non
conoscevo il nome, lo potevo vedere nei loro occhi e nel modo in cui si
tendevano verso di me, ma così era più facile per tutti.
Mi
alzai e stavo per andarmene, quando Derek mi richiamò.
“Willow,” disse, usando il mio nome per la prima volta
“lei e il signor Harris siete nostri graditi ospiti per tutto il tempo che
servirà ai preparativi. Quentin ha diverse cose da sistemare prima di poter
partire, ma a questo punto non c’è molta fretta.”
“No.” concordai appena prima di uscire “No, ormai non
c’è nessuna fretta.”…
Buffy
Sempre
la selva e il duello,
petto
a petto e faccia a faccia.
Visse
uccidendo e fuggendo.
Visse
come se sognasse.
Elogio
dell’Ombra, J. L. Borges
… mi stavo preparando a partire. Da quando avevo
abbandonato la mia vecchia vita questi ultimi due anni erano stati i più
tranquilli. A pensarci bene, erano stati i più tranquilli che avessi mai avuto,
eccetto forse i giorni innocenti dell’infanzia. In quel paese della Bretagna
eravamo riusciti a trovare un rifugio che sembrava sicuro. Douarnenez era un
porto, abbastanza grande perché nessuno facesse caso a due stranieri ma anche
abbastanza piccolo per non soffocarci.
Negli
anni precedenti avevamo sentito fin troppo spesso il fiato dei nostri
inseguitori sul collo, ma da quando eravamo qui nessuno ci aveva disturbati.
Forse ci avevano persi, o forse non si interessavano più a noi, anche se questo
non mi sembrava possibile. Così, non più assillata dalla costante necessità
della fuga, avevo fatto una cosa strana. Avevo ripreso a studiare. Può sembrare
ridicolo, considerando chi sono, ma avevo desiderato farlo da quando il mio…
sacro dovere mi aveva costretta ad abbandonare la scuola. Andavo all’Università
di Rennes, l’antica capitale della Bretagna. Naturalmente non frequentavo
costantemente, ma ad intervalli più o meno regolari mi recavo in quella città,
fermandomi per alcuni giorni. Proprio quello che stavo per fare.
Mentre
mi truccavo, lo specchio rimandava l’immagine di un’adolescente, intoccata dal
tempo. Visto che non tenevo un quadro in soffitta che invecchiava al mio posto,
cominciavo a preoccuparmi, a dubitare della mia umanità. Mi venne da ridere…
Io
non sono umana. Non esistono parole per descrivere quello che sono. Mi hanno
chiamata in tanti modi… Cacciatrice, eroina, mostro… Ma sono solo aggettivi che
non spiegano la mia vera natura…
Neanch’io
sapevo qual era, anche se cominciavo ad avere dei sospetti. Avevo quasi
ventinove anni, e per la metà di essi avevo visto cose da far venire i capelli
bianchi ad Attila l’Unno. Avevo fatto anche di peggio. Non era normale una tale
mancanza di segni esteriori. Come minimo qualche ruga! Oh, avrei dovuto essere
felice. Al primo cenno di invecchiamento, il mio compagno mi avrebbe
sicuramente trasformata. Non credo che avrebbe tollerato una vecchia al suo
fianco. Ero stata pronta anche a questo, pur di stare con lui e riprendere in
mano le redini della mia vita, ma finora non era successo niente. Suppongo che
Angel sapesse cosa io ero realmente, ma non me ne aveva mai parlato. Forse
aspettava che fossi pronta, del che gli ero grata. Non ero affatto sicura di
voler conoscere la verità.
C’era
stato un tempo in cui avrei fatto qualsiasi cosa pur di avere la risposta. Ora
ne avevo paura.
Andai
in camera per prendere il giaccone. Lui dormiva ancora. Gli sfiorai la schiena
con la sciarpa. La reazione fu assolutamente immediata. Si rivoltò con un
ruggito strappandomela di mano. Scoppiai a ridere. Mi piaceva vederlo muoversi
tanto rapidamente.
“Qualche volta ci rimetterai una mano con quei tuoi
stupidi scherzi.” brontolò.
Aveva
ragione, naturalmente. Giocare con qualcosa che ha le zanne e l’indole di un
leopardo può essere pericoloso, ma non potevo fare a meno di stuzzicarlo. E la
cosa era reciproca. Per un po’ mi guardò con aria tempestosa, ma alla fine
sorrise.
“Stai per partire?” chiese.
“Si, penso di stare via tutta la settimana. Credi di
resistere?”
“Ho vissuto parecchio senza le tue attenzioni,
bellezza. Però cerca di stare attenta. Ho una brutta sensazione.”
Mi
preoccupai. Spesso le sue premonizioni erano state fin troppo fondate. Non
erano neanche lontanamente precise come quelle della defunta e non rimpianta
Drusilla, ma insomma, ci aiutavano a sopravvivere.
“Preferisci che resti a casa? Non mi obbliga nessuno
ad andare.”
“No, vai.“ Mi tirò dietro la sciarpa “Forse mi sento
nervoso perché una certa cacciatrice mi sta girando un po’ troppo vicino.”
Sapevo
quel che voleva dire. Se ci fossimo fatti fermare dalla paura non avremmo mai
potuto dirci realmente vivi. La paura non sarebbe mai finita, perché per noi
non sarebbe mai finito il pericolo.
Guidai
per ore, fino a raggiungere Rennes e il piccolo appartamento che avevo sulla
riva del fiume Vilaine. A volte era un sollievo restare sola, senza la costante
presenza di un nemico. E non aveva nessuna importanza che con quel nemico ci
dormivo da anni. Quello che mi aveva detto non era solo uno scherzo. Per il
nostro istinto continuavamo a restare un reciproco pericolo, e questo creava un
sottofondo di paura che era al tempo stesso eccitante e snervante. Ma qui
potevo rilassarmi completamente, e fingere almeno per poco di essere anonima,
comune, lontana da quel mondo di eterna notte che mi aveva adottata. L’altra
gente sognava l’avventura, io una vita normale. Oddio, non è che avrei voluto
essere Jane la brava casalinga di Detroit con cucina unta e marmocchi al
seguito. Dopo una settimana me li sarei mangiati. Come diceva Xander, si può
sognare un’isola deserta, ma da qui ad andarci a vivere… Era solo una specie di
vacanza. Meglio delle Maldive.
Sistemai
alla meglio la roba che mi ero portata, poi mi gettai a letto .
Il
mattino dopo iniziai la routine che avrei seguito per la tutta settimana
successiva, o almeno così avevo programmato. Finché non sognai, e seppi che la
tregua era rotta e la pace finita…
*
* * * * * * * * * * * *
“Si, è lui.” mormorò Willow osservando l’uomo uscire
dalla casa “Sei sicuro di non aver visto anche la ragazza?”
“Nessun altro. Sorveglio la casa da ieri notte. E’
rientrato prima dell’alba, poi nessun segno di vita fino ad ora. Vuoi che lo
seguiamo?”
“Ne sarebbe felice, immagino. E’ uscito a caccia. Gli
faresti trovare la colazione pronta. No, teniamo d’occhio la casa fino al suo
ritorno. Se a quel punto non abbiamo ancora visto Buffy, prendiamo lui. Non
possiamo sorvegliarlo per molto. Se ne accorgerebbe.”
Sospirò
e abbassò il binocolo a visione notturna. Quello era il problema con una preda
tanto elusiva. Non poteva preparare le mosse. Doveva sempre improvvisare. Era
la prima volta che riusciva ad avvicinarli dopo averli persi in Canada quasi
tre anni prima e ad aspettare correva il rischio di farseli sfuggire. Aveva
usato ogni mezzo naturale o soprannaturale per ritrovarli. Grazie ai veggenti
al servizio del Consiglio era riuscita a restringere il territorio di ricerca
alla Francia nord-occidentale, ma la chiaroveggenza poteva solo darle
un’indicazione. Dopo di che era stato un lavoro di deduzione per la sua mente
metodica come una macchina.
All’alba
Willow decise di agire. Ormai era certa che Buffy non ci fosse e aveva
aspettato fin troppo. Peccato che il cielo fosse pesantemente coperto di nubi.
C’era il rischio che Angel tentasse di fuggire all’esterno. Avrebbero dovuto
essere molto veloci.
“Coraggio. Questo è il momento in cui la sua
attenzione e la sua energia sono al minimo.” Tese dei riflettori portatili e
fucili ad aria compressa ai suoi uomini “Cercate di non spararvi addosso. Qui dentro c’è un
cocktail di pentothal e di un leptocuraro che paralizza i muscoli, compresi
quelli toracici. Fa effetto in meno di un minuto. In quel minuto non finitegli
fra le grinfie. Avrebbe tutto il tempo di farvi a pezzi. E tenetegli le luci
puntate addosso. Lo confonderanno.”
“Siamo solo in quattro, contando anche te.” disse uno
degli uomini “Non sarebbe meglio far venire qualcun altro?”
“Dovremmo aspettare un altro giorno, con il rischio di
essere scoperti, e poi non servirebbe a niente. Se non funziona così, potremmo
essere anche in venti, saremmo morti. Un'altra cosa, se dovesse esserci anche
lei, usate le armi da fuoco e tenete conto che è la più pericolosa dei due.”
*
* *
Angel
leggeva seduto per terra, cercando almeno di finire il capitolo prima di andare
a letto, anche se dubitava di poter resistere tanto. Sentì un rumore fuori casa
e fece per alzarsi quando la porta venne spalancata, una luce spaventosamente
intensa lo accecò e qualcosa di pungente lo colpì al petto. Automaticamente si
mutò nella sua forma predatoria. Poteva sentire i suoni e l’odore dei suoi
nemici e normalmente questo sarebbe bastato, ma la luce cortocircuitava
completamente il suo orientamento e sembrava essergli entrata nelle vene,
incendiandogli il sangue e pietrificandogli i muscoli. Cadde in ginocchio e
riuscì solo ad artigliare il pavimento prima di non potersi più muovere. Più
lentamente, anche la coscienza gli si annebbiò fino ad abbandonarlo
completamente.
*
* *
… Buffy camminava in una foresta notturna. Non c’era
… Riaprì gli occhi nel suo letto, e fece appena in
tempo a sporgersi sul pavimento che vomitò fino a non avere più nulla nello
stomaco, e anche allora i conati non cessarono. Cercò di correre nel bagno, ma
le gambe le cedettero e non poté fare altro che raggomitolarsi in terra scossa
dai tremiti e dalla nausea. Alla fine riuscì a tirarsi in piedi e si avviò
barcollando al lavandino. Le sembrava che gli arti si fossero trasformati in
pietra friabile, e ogni movimento minacciasse di spezzarli. Si sciacquò la
bocca e il viso e si stupì quasi di vedersi nello specchio. Quella non era una
sensazione sua, come non era stato suo il sogno. La ripugnanza che aveva
provato nel non potersi muovere, il terrore claustrofobico, assolutamente
sproporzionati all’oggettiva paurosità dell’incubo, non le appartenevano.
Angel.
Gli
era successo qualcosa e lei aveva avvertito le sue impressioni. Non era la
prima volta, ed era sempre scioccante percepire con sensi tanto diversi dai
propri, ma l’effetto non era mai stato così devastante.
Si
vestì rapidamente e prese la rivoltella che possedeva da quando le sue priorità
di nemici erano cambiate. Con i mortali un’arma da fuoco era senz’altro più
efficiente di un paletto di legno o un pugnale. Almeno non doveva avvicinarsi
per conficcarglielo nel petto. Aveva cominciato a cadere un nevischio acquoso
che rendeva la strada viscida. Lei maledisse ogni chilometro che la separava da
casa. Con il tempo favorevole ci metteva meno di tre ore a compiere il
tragitto, ma adesso non sapeva quando sarebbe arrivata, e temeva che sarebbe
stato troppo tardi.
*
* *
Willow
entrò nella casa e si avvicinò ad Angel. Lo toccò cautamente e vedendo che non
si muoveva si azzardò a girarlo sulla schiena. Si sentiva strana. Erano anni
che non lo vedeva di persona, e anche se razionalmente sapeva che non avrebbe
dovuto meravigliarsi, d’istinto era turbata nel trovarlo immutato. Lei era
cambiata fin troppo, e lo sapeva. Si alzò e si mise a girare per l’abitazione.
All’esterno sembrava una delle tante case larghe e basse dai colori pastello
che si trovavano nella zona, ma l’interno era completamente stravolto. Tutte le
pareti erano state abbattute per creare un unica immensa sala. Due scale
d’acciaio salivano fino ad un soppalco. I mobili erano pochi. Angel aveva
sempre avuto la mania degli ampi spazi e sembrava non aver cambiato gusto. In
un angolo troneggiava un enorme complesso di TV, stereo e lettori vari che
Willow immaginò appartenessero a Buffy, visto che il vampiro non aveva mai
mostrato un grande interesse per film o musica. C’erano libri impilati un po’
dovunque, in modo più o meno ordinato. Se non fosse stato per i pesanti strati
di tendaggi che coprivano tutte le finestre, non ci sarebbe stato niente di
strano. Una casa insolita ed elegante, come si potevano trovare nelle grandi
città, abitata da una coppia normale.
Salì
sul soppalco, adibito a camera da letto. Una tuta da ginnastica maschile era
gettata su una sedia. Nel bagno c’erano diversi cosmetici e un grande specchio,
e all’interno di un armadio trovò abiti da donna, una donna piccola e snella.
Su uno dei comodini accanto al letto c’era un libro, ‘L’Uomo Invisibile’ di Wells.
Lo prese incuriosita e come segnapagine trovò una foto di Joyce Summers col
marito. Lo richiuse e lo riappoggiò con attenzione (…tu vivi qui, Buffy. Ma
dove sei ora?…)
D’un
tratto, non riuscì a reprimere la sensazione di violare qualcosa, essere una ladra
che strisciava di nascosto per rubare un’intimità che non le apparteneva.
Non
aveva saputo cosa aspettarsi. Quello che avrebbe voluto era sangue sulle
pareti, o fruste e catene, o qualcosa di inimmaginabile… Non dischi e libri e
abiti stropicciati e fotografie… frammenti di una tranquilla felicità domestica
che negavano tutto quello che aveva voluto credere… che Buffy fosse pazza, e
disperata, e che lei in fondo non le avrebbe portato via niente…
Sarebbe
stato facile, cosi…
(…ma
chi ti ha mai detto che la vita è facile?…)
Scese
rapidamente le scale e si rivolse ai tre uomini, che avevano legato Angel e lo
avevano avvolto strettamente in una tenda tolta alle pareti.
“Andiamo, portiamolo via. L’effetto dell’anestetico dura
poco. Robert, tu resta e sorveglia la casa. Buffy abita qui. Potrebbe tornare
in ogni momento. Mi raccomando, sta attento e se la vedi non lasciare che ti si
avvicini. Non hai idea di quanto sia forte e veloce.”
“Lui lo abbiamo preso, no?” replicò l’uomo.
“Lui ha dei punti deboli, lei no.” rispose Willow
seccamente.
*
* *
Buffy
aveva raggiunto Douarnenez nel primo pomeriggio.
Non
era tornata subito a casa. Se i loro inseguitori li avevano trovati ed erano
riusciti a catturare Angel, sicuramente sorvegliavano l’abitazione.
Abbandonò
la macchina e si mosse a piedi. Così andava meglio. Tutti i sensi erano
concentrati sull’ambiente esterno, senza essere distratti dalla funzione
semiautomatica della guida. Era più rapida, anche. E certo più silenziosa.
La
casa era sulla riva, una scogliera piatta e massiccia che non offriva molte
possibilità di nascondersi. Ma se ci fosse stato qualcuno nei dintorni
l’avrebbe visto, e poi aveva quello che chiamava ‘senso di ragno’.
Si
avvicinò strisciando sulla pietra. Un uomo era fermo nel giardino, nascosto fra
le piante, e osservava la strada con un binocolo. Se non fosse arrivata
preparata al peggio, non sarebbe mai riuscita a vederlo.
Sentì
la rabbia pervaderla. Fino a quel momento aveva provato solo paura. Entrò in
mare e si avvicinò nuotando. Uscì dall’acqua sulla parte posteriore della casa,
raggiunse la sentinella alle spalle e la colpì alla nuca. L’uomo si afflosciò a
terra come fulminato.
All’interno
dell’abitazione sembrava tutto in ordine, senza indizi di lotta, ma poi vide
dei solchi paralleli sul parquet. Segni di artigli. Ed ora fiutava un
lievissimo odore chimico. Seguendolo trovò un oggetto che riconobbe subito. La
siringa di un fucile anestetizzante. Nessuna traccia di ceneri, ma era certa
che fosse vivo. Era ancora ‘presente’. Uscì nel giardino e cercò accuratamente
a terra. Si, c’erano tracce di pneumatici e non erano della macchina di Angel.
*
* *
Riprese
conoscenza e cominciò a sentire svanire la paralisi in ordine inverso a come lo
aveva colpito. Gli occhi non funzionavano ancora. Tentò di muoversi ma si
accorse di essere legato. Polsi, caviglie e qualcosa attraverso il petto che
gli impediva di alzarsi. Scosse freneticamente i lacci, sentendo il panico
sommergere la ragione.
“Non ti agitare. Non puoi liberarti e ti farai
soltanto male.”
Si
calmò subito a sentire quella voce conosciuta “Willow?”
“Si. Ciao, Angel.”
“Cosa mi hai fatto? Non ci vedo.”
“Può essere un effetto residuo del sedativo. E forse
anche delle lampade ai vapori di sodio che abbiamo usato per stordirti.
Dovrebbe passare presto.”
“Vuoi dirmi perché sono ancora vivo?”
“Ci sono due uomini che si occuperanno di te, ma prima
dobbiamo sapere dov’è Buffy. Non sono in grado di aiutarti, ma posso ancora
fare qualcosa per lei. Dimmi dove si trova.”
“Io dovrei dirtelo? Così che puoi riportarla fra le
amorevoli braccia del Consiglio? Sei diventata spiritosa, Wil.”
“Credi che per lei sia meglio adesso?”
“Una domanda davvero stupida, dal mio punto di vista.
Parliamo un po’, invece. Dimmi, come stanno gli altri? Xander, Giles?”
Willow
esitò prima di rispondere “Xander sta bene. Giles… è morto. Si è sparato. Non
aveva mai raccontato niente su te e Buffy al Consiglio e quando… quando la
verità è stata scoperta si è suicidato.”
La
titubanza nel parlare, il fremito della sua voce, erano espliciti come una
confessione.
“Sei stata tu, vero? Tu hai informato gli Osservatori.
Sei grande, Wil. Sei riuscita a fare più danni di me. Dimmi tesoro, come ci si
sente ad aver fatto fuori il vecchio papà?”
“Sei disgustoso.”
“Io? Io non ho mai toccato Giles. Mi divertiva quel
somaro. Sei stata tu a mettergli in mano la pistola carica.”
Willow
si passò le mani fra i capelli. Non stava andando per niente bene. Angel aveva preso
il controllo della conversazione e stava riuscendo ad innervosirla. Era un
esperto in giochetti mentali, e conosceva fin troppo bene i punti deboli delle
persone. Fece un profondo respiro e cercò di calmarsi.
“Ti prego, Angel. So che ci tieni a lei. Dimmi dov’è.
Il Consiglio la vuole morta. Io la voglio salvare.”
“Non dovresti mentire con me. Me ne accorgo. Ti si
alza la temperatura, aumenta il battito cardiaco e anche il tuo cervello fa
cose strane. Tu vuoi ucciderla. Vergogna Wil. Tradire così la tua migliore
amica! Non è per niente una cosa da brava ragazza. Potresti anche cominciare a
piacermi.”
“Dobbiamo avere la nuova Cacciatrice. Non esiste altra
alternativa. Perché non l’hai trasformata? Così l’Erede sarebbe stata attivata
e voi due avreste potuto andarvene all’inferno.”
“Perché? Ma Wil, tu sai cos’è una cacciatrice? Non chi
è, ma cos’è? Lo sa il Consiglio?” La vista cominciava a schiarirglisi, e vide
Willow fissarlo con occhi perplessi. Anche se non era molto bravo a giudicare
l’età degli umani, si accorse che il tempo non era stato indulgente con lei.
Era coetanea di Buffy, ma sembrava più vecchia di vent’anni.
“Non lo sapete.” scoppiò a ridere “Non sapete niente.
E neanche ve ne importa. Siete bambini che giocano con il fuoco senza rendersi
conto di potersi bruciare.”
“Immagino che non me lo dirai tu.”
“Pretendi che sia io a insegnarti il tuo mestiere,
Osservatrice? Io sono solo un animale, ricordi? Ma voi siete degli idioti.
Avete trasformato l’ignoranza in arte. Vi gonfiate d’orgoglio per risposte che
vi siete dati da migliaia di anni e non sono altro che superstizioni. Non ci
siamo, Wil, non basta. Oltre alle risposte dovete imparare a fare domande. Le
tradizioni saranno la vostra fine.”
La
donna chiuse gli occhi, cercando di non pensare a quante volte si era detta la
stessa cosa.
(…che
cosa sai, Angel? Che cosa hai sempre saputo e non ci hai mai detto? Per quanti
anni hai giocato con noi, aggrovigliando i fili delle nostre vite fino a farne
una massa inestricabile?… Ti sei divertito a vederci correre in tondo, andando
a sbattere la testa contro ostacoli che non vedevamo, inseguendo risposte che
non conoscevamo?… Peggio, inseguendo domande che non sapevamo esistessero… E la
soluzione così vicina, a portata di mano, se solo… se solo avessimo chiesto… E
tu lì a guardarci… Eri sicuro che sarebbe andata avanti così, vero?… La colpa è
nostra… così sicuri di noi… così… comprensivi, così pronti a compatire la
povera creatura infelice… ma mai, mai disposti a chiedere… Ignoranti! Mille
volte ignoranti, mille volte presuntuosi… credere che nessuno avesse qualcosa
da insegnarci… Che occasione sprecata… che grande occasione…)
Non
doveva ascoltarlo.
“Dimmi dov’è Buffy. Sarà più facile per tutti.”
Nel
momento stesso in cui parlava, Willow si rese conto di quanto suonasse ridicola
una simile frase ad effetto.
“Sono curioso di sapere quale sarà la tua prossima
mossa. Mi torturerai? Anche se ne avresti lo stomaco, del che dubito, credi di
poter far di peggio di quel secolo in cui sono stato un cane al guinzaglio?”
Willow
si allontanò senza rispondere. Angel aveva ragione su tutta la linea. Non si
era mai aspettata che collaborasse, ma aveva voluto provare. Forse voleva
soltanto parlargli. Ormai non le era rimasto nessuno, non vedeva quasi più
neanche Xander...
Tutta
la gente con cui aveva rapporti ora o le davano ordini o obbedivano ai suoi.
Per quanto fosse stata penosa e sgradevole, almeno con Angel aveva avuto una
conversazione, e suo malgrado, si accorse di non potere fare a meno di provare
una riluttante ammirazione per una creatura tanto decisa a vivere solo secondo
le proprie regole.
*
* *
Buffy
si avvicinò alla sentinella che aveva abbattuto. Era stata attenta a dosare la
forza nel colpirlo, ed era ancora vivo. Lo trascinò ad una delle pozze che il
mare formava sulla riva e lo sdraiò bocconi con la faccia nell’acqua
ghiacciata, mettendoglisi a cavalcioni sulla schiena. L’uomo riprese conoscenza
e cercò inutilmente di sollevarsi e respirare. Dopo qualche secondo Buffy lo
afferrò per i capelli e gli rialzò la testa, permettendogli di prendere fiato.
“Dove lo avete portato?” domandò.
L’uomo
gemette, ma non disse una parola e la ragazza gli rituffò la testa nell’acqua.
Stavolta lo tenne sotto a lungo.
“Dove?” chiese ancora, risollevandolo.
Lui
strinse le labbra.
Buffy
afferrò la clavicola destra dell’uomo con una mano e la spezzò, soffocandogli
l’urlo nell’acqua della pozza.
Si
accovacciò sopra di lui, avvicinandogli la bocca all’orecchio.
“Allora?” sussurrò.
“Il tuo mostro è morto, puttana!” esclamò
l’Osservatore, annaspando.
Le
parole non le fecero nessun effetto. L’uomo sapeva chi era lei, e sapeva che
non ne sarebbe uscito vivo. Aveva cercato di farle perdere il controllo e farsi
uccidere prima di cedere, ma non poteva funzionare. Buffy sentiva che Angel era
vivo, qualunque cosa le avesse detto, e l’insulto non aveva valore perché non
aveva valore chi lo aveva pronunciato. Quello che importava è che non le aveva
ancora risposto.
Gli
ruppe l’altra clavicola, poi sistematicamente le ossa delle mani, senza più
perdere tempo a fargli domande.
“La strada per Crozon.” gridò alla fine il prigioniero
“Una casa rosa sulla strada del mare…”
C’erano
diverse case rosa, ma almeno ora sapeva dove dirigersi, e questo bastava. Appoggiò
la mano sinistra sul collo dell’Osservatore e con la destra gli girò
bruscamente la testa, spezzandogli le vertebre.
Non
le venne neanche in mente che potesse aver mentito. Le menzogne alterano in
modo inequivocabile i segnali delle persone, e non c’era stata nessuna di
queste alterazioni.
Si
mosse subito lungo la strada che le aveva indicato, e arrivò ad una casa a non
più di sei chilometri dalla sua. Non era difficile nascondersi in quel luogo.
Le case sorgevano isolate, e tra l’una e l’altra si stendeva la desolazione
della Finistère. Si avvicinò il massimo che le concedeva la prudenza, e avvertì
una stretta alla bocca dello stomaco. Sentiva la presenza di un vampiro, e la
sensazione di soffocamento provata nel sogno. L'aveva trovato.
*
* *
(BuffyBuffyBuffyèarrivata)
Era
fuori, sentiva la sua presenza. Ora sarebbe stato difficile controllarsi. I
lacci sembravano penetrargli nella pelle… il soffitto incombeva su di lui per
schiacciarlo… Chiuse gli occhi un attimo, cercando di soffocare la paura…
*
* *
Buffy
si avvicinò con cautela. Doveva capire quanta gente c’era all’interno.
Era
così faticoso… l’angoscia trasmessa dal compagno la spingeva a precipitarsi
dentro senza badare a nient’altro, e poteva esserci un intero plotone ad
aspettarla. Ma aveva un vantaggio, sui suoi nemici. Non sapevano quello che era
in grado di fare. L’ultima volta che l’avevano vista era stato quasi cinque
anni prima. Allora era sul punto di rottura, forse della pazzia. Ora sapeva
usare facoltà che non aveva neppure sospettato di avere. Era diventata
realmente
Gli
esseri viventi creavano onde e distorsioni caratteristiche nella trama della
realtà, quella che lei chiamava, in mancanza di un termine migliore o più
originale, etere. I vampiri erano particolarmente intensi e li percepiva
automaticamente, ma con il passare degli anni aveva imparato a sentire anche le
altre creature. E percepiva solo tre uomini, all’interno…
*
* *
Willow
gli si avvicinò nuovamente.
“Ho tentato diverse volte di ripristinare la maledizione
e renderti l’anima. Non ha mai funzionato. Perché?”
“Non c’era niente da restituire.”
“Che vuoi dire?”
Angel
sembrò valutare quanto gli convenisse rispondere “Tu credi che la magia sia
solo una questione di qualche cantilena e candele accese? Quello che conta è la
forza di chi la esegue, su cosa è applicata e dove. Una faccenda di fulcri,
come una leva. La vecchia maga che si era inventata la maledizione avrebbe
potuto dirtelo. O forse no. Non so quanto realmente sapesse. Era un’istintiva,
credo. Quello che aveva fatto davvero era impormi la sua volontà, ed era come
avere in testa una vocina che mi diceva in continuazione quanto cattivo fossi
stato e che brutti pensieri avessi e cominciava a stringere ogni volta che
guardavo un essere umano… E’ difficile da spiegare… Una specie di catena
mentale molto corta.”
(…grande.
Un’altra certezza che se ne va in fumo…) “Ho sbagliato tutto, quindi?”
“Anche a saperlo non sarebbe cambiato niente. Per fare
una cosa del genere serve, come dire, una certa collaborazione da parte della
vittima. Un secolo fa ero molto più giovane, e inesperto. La strega mi aveva
lanciato l’esca e come uno stupido avevo abboccato. Adesso ho allontanato la
resistenza dal fulcro e la leva è talmente svantaggiosa da non essere più
applicabile.”
“Quindi anche Jenny Calendar non aveva possibilità di
riuscirci. Allora perché l’hai uccisa?”
“Aveva tentato, comunque. Diciamo che era il momento
sbagliato per incrociare la mia strada.”
Willow
lo guardò con rabbia. Non sapeva cosa aspettarsi, se una specie di
giustificazione o che altro. Ma la sua totale indifferenza mentre parlava
dell’amica morta la incollerì. Desiderò fargli provare anche solo una piccola
parte di quello che lei aveva patito. Gli si avvicinò fino a guardarlo
direttamente negli occhi e quasi gentilmente gli passò una mano fra i capelli.
“Che ne diresti se invece di ucciderti ti spedissi in
regalo al Consiglio? Pensaci bene, tesoro, nel giro di un paio di giorni
potresti ritrovarti vivo nelle loro mani. Credi che ti piacerebbe?”
Vide
con soddisfazione una luce di paura accendersi nei suoi occhi. Finalmente era
riuscita a incrinare la corazza.
“Io ho diritto di voto in questo tuo progetto?”
Tutti
si voltarono a quest’ultima voce. Buffy era sulla porta, la rivoltella tenuta a
due mani puntata su di loro.
“Buffy…” mormorò Willow.
L’arma
si spostò subito su di lei “Liberatelo!” esclamò Buffy “E in fretta.”
“No, state fermi.” ordinò l’Osservatrice ai suoi
uomini “Buffy, dobbiamo parlare…”
“Ho detto di liberarlo!” La voce di Buffy cominciò a
stridere. La ronzante sensazione di panico trasmessa da Angel si stava
trasformando in una rabbia quasi accecante. Un odio nero, freddo e abissale che
aspettava solo di esplodere, così diverso da quello rovente e repentineo di
lei.
“CI UCCIDERA’ TUTTI SE SI LIBERA!” urlò Willow appena
vide uno degli uomini accennare a muoversi.
“SE NON LO LIBERATE SPARO NEL MUCCHIO POI FACCIO DA
SOLA!” gridò Buffy, cercando faticosamente di restare se stessa. Le emozioni di
Angel stavano imprimendosi alla sua personalità, sostituendola.
L’uomo
sembrò decidersi e cominciò a slegare Angel. Willow sapeva di essere morta.
Disperata, corse verso la porta, spingendo Buffy e fuggendo fuori. La
cacciatrice esitò un attimo di troppo, e la donna scomparve nella notte.
Angel
si alzò stiracchiandosi, e non aveva più niente di umano. I due uomini si
allontanarono precipitosamente, ma lui si muoveva a velocità più che doppia
rispetto alla loro, e percorsero solo pochi metri prima che li raggiungesse.
*
* * * * * * * * * * * *
… vidi Angel fare letteralmente a pezzi i due uomini
che lo avevano tenuto prigioniero.
Suppongo
che un etologo l’avrebbe trovata una scena interessante, se fosse riuscito a
non vomitare! In quanto a me, non provavo niente, se non sollievo per il fatto
che lui era salvo. Mi sarei comportata anch’io in quel modo. Forse un po’ meno
efficientemente. In fondo, io non sono naturalmente così ben dotata di zanne e
artigli. Ma se fossi arrivata troppo tardi, se lo avessi trovato morto o anche
solo ferito… un coltello è un buon sostituto. Potevo capire la sua reazione. Lo
avevano drogato e immobilizzato. Avevo condiviso quel che aveva provato e ora
non mi azzardavo neanche ad intervenire. E in fondo, sentivo anche una certa
soddisfazione. Mio Dio, negli ultimi anni ci avevano braccati senza un attimo
di respiro, e perché poi? Volevamo soltanto essere lasciati in pace. Angel
faceva delle vittime, certo, ma non al punto di giustificare un tale
accanimento. Né lui né tutti i vampiri del mondo causavano tanti morti quanto
rapinatori, tossici in cerca di una dose, ubriachi al volante o politici. Non
erano certo stati i demoni a causare guerre in cui i morti non si contavano a
migliaia, ma a milioni. Non erano stati loro a rapire una ragazza di undici
anni, violentarla in sei, romperle tutte le ossa e gettarla sul ciglio di una
strada, a Sunnydale, poco prima che me ne andassi. Eppure mi avevano vietato di
trovare quelle… bestie ed eliminarle.
Immagino
che Angel possa essere definito malvagio. Si diverte a giocare con le sue
prede. Un lato del suo carattere che dubito di poter cambiare. Avevo una gatta
da bambina. La creatura più dolce e affettuosa del mondo. Un giorno mi portò un
uccellino. Gli aveva rotto le ali e strappato le piume, ma era ancora vivo.
Natura!
Anch’io
ho lo stesso istinto. Devo cacciare. Se non lo faccio per un paio di notti, mi
sento impazzire, il cuore comincia a battere troppo forte, l’aria non è più
sufficiente, le mani tremano… Allora devo uscire, trovare, inseguire e alla
fine colpire. Ne ho bisogno. Mi piace. Qualche volta, spesso a dir la verità,
ho fatto durare il piacere più del necessario.
E
gli uomini bollono vive le aragoste. E inchiodano le oche a tavole di legno per
ottenere il fois gras. Natura! Accettala. Tanto non puoi sperare di sfuggirle.
Ma non puoi usare due pesi e due misure. O siamo innocenti tutti o non lo è
nessuno.
Non
sarà una bella cosa, ma così va il mondo. Nessuno vive senza la morte di
qualcun altro, tranne le piante. C’è una storiella che chiarisce molto bene i
rapporti fra le creature della Terra: “Aiuto” dice un filo d’erba al vicino “Siamo spacciati, è arrivato un
coniglio.”
Certo,
è più facile essere dalla parte di chi mangia piuttosto che da quella di chi è
mangiato, ma prima o poi tocca a tutti. Però gli Osservatori ne hanno fatto una
faccenda personale, e questo non va. Non me la sentivo di sacrificarmi per
tenere in vita un ordine che non aveva più ragione d’esistere da quando
l’umanità aveva smesso di essere in pericolo per diventare essa stessa la
peggiore delle minacce.
Avevano
fatto scendere in campo quella che era stata la mia migliore amica. Mi sentivo
vagamente felice del fatto che fosse scappata, ma se non mi avesse sorpresa con
la sua presenza, non credo proprio che l’avrei lasciata andare. Era un’avversaria
pericolosa. Ci conosceva troppo bene. Ci era arrivata troppo vicino.
Aspettai
che Angel avesse finito e si fosse calmato, poi uscimmo sotto la neve pulita.
Si scioglieva sul suo volto e sulle sue mani, e scorreva in rivoli gelidi,
rossi del sangue che trascinavano via. I due idioti che ora decoravano le
pareti, insieme a quello che avevo lasciato a casa nostra, erano mastini degli
Osservatori, il che significava che non avevano documenti, un’identità… niente
insomma. Nessuno li avrebbe cercati e nessuno avrebbe mai saputo chi fossero.
Ci sarebbero state molte domande, e nessuna risposta. Il vantaggio di
combattere un nemico paranoico. Esisteva da migliaia di anni, ma scivolava
nella storia come olio nell’acqua, senza mescolarsi al resto del mondo. Evviva
la pazzia!
Fuori
c’era la macchina usata dai Big Jim. Angel era ancora troppo nervoso per
mettersi al volante, quindi guidai io. Passammo in quella che era stata la
nostra casa negli ultimi due anni, prendemmo tutto quel che potevamo e ce ne
andammo. Prima dell’alba eravamo molto lontani.
Anche
questa volta eravamo riusciti a sopravvivere…
Angel
Vissi
stregato, prigioniero di un corpo
e
di un’umile anima.
Conobbi
la memoria,
moneta
che non è mai la medesima.
Conobbi
il timore e la speranza,
questi
due volti dell’incerto futuro…
…Domani sarò tigre fra le tigri
e
dirò
Elogio
dell’ombra, J. L. Borges
… avevo sentito la presenza di Buffy molto prima che facesse
irruzione nella stanza. L’avevo sentita, e in quel momento avevo saputo che
l’attesa era quasi finita e presto sarei stato libero.
Quando
mi ero svegliato in quella fetida stanza, il sangue che sembrava essersi trasformato
in metallo incandescente per la droga che mi avevano iniettato, accecato dalla
luce e immobilizzato, il mio primo istinto era stato quello di cercare di
liberarmi, a costo di rompermi tutte le ossa. Ma riuscii a controllarmi. Willow
sapeva quello che aveva detto. I lacci che mi trattenevano erano più forti di
quanto non avrei mai potuto sperare di essere, e allora inutile sprecare
energie. Usa le tue emozioni, non lasciare che siano loro ad usare te. Gran
parte di quelli come me non è in grado di mettere due pensieri in fila, e in
genere non arrivano a vedere il primo anno di vita, eliminati da qualche
cacciatore o da un proprio simile. Poco male. La selezione naturale deve fare
il suo corso. Io però sono diverso. Sono sempre stato capace di dominarmi,
centellinando le emozioni quando necessario, e lasciandole sfogare quando
possibile. E poi, ho avuto un intero secolo per fare esperienza di
autocontrollo.
Così,
rinchiusi nel profondo la rabbia dal sapore di ferro e la lasciai crescere,
repressa e sorvegliata, nell’attesa di lasciarla andare quando sarebbe arrivato
il momento. Riuscii anche ad avere una conversazione coerente con Willow.
Sentii una stretta allo stomaco quando mi disse cosa era successo a Giles. Non
poteva dirsi esattamente dispiacere, questo no, ma a modo suo il vecchio idiota
era stato importante per me, e se quello che avevo saputo era vero, gli ero
debitore per avere protetto Buffy. Dovevo ricordarmi di portare un mazzo di
fiori sulla sua tomba, se mai fossi tornato a Sunnydale. Cosa che in quel
momento sembrava poco probabile, anche se contavo sul legame mentale fra me e
mia moglie, così come contavo sul fatto che Willow non ne sospettasse
l’esistenza. Gli Osservatori sapevano bene come ucciderci, ma avevo i miei
dubbi che si fossero mai interessati alle nostre relazioni personali.
Era
stupefacente il numero di cose a cui non si erano mai interessati.
Giles
era sempre stato attento a non darmi troppe informazioni, non farmi scoprire
cosa sapessero. Non si era mai preoccupato di nascondermi quello che… non
sapevano. E ora Willow non si era neppure accorta di avermi dato la conferma
della sua debolezza, della debolezza intrinseca di tutto il Consiglio.
La
sola cosa che dovevo fare adesso era aspettare. Cercando di non farmi uccidere.
Finalmente
Buffy arrivò.
Per
un attimo provai collera anche verso di lei, quando la vidi esitare di fronte a
Willow, e permetterle così di andarsene. Quella cagna mi aveva preso di
sorpresa! Ci avrebbe preso entrambi se non fosse stato per una delle incredibili
casualità della vita. Ma durò poco. Non potevo condividere i sentimenti di
Buffy per la ragazza, ma potevo almeno cercare di capirli, e la sua presenza
aveva stupito anche me. Poi fui libero e smisi di pensare razionalmente. Avevo
di meglio da fare. Essere me stesso.
Niente
ebbe più importanza, se non le mie prede, mentre tutto quello che stava intorno
a loro perse consistenza. Visione di caccia, si chiama. Una volta ho letto che
anche altri predatori la possiedono. I felini, e i rapaci. Forse anche le
cacciatrici. Un giorno o l’altro lo chiederò a Buffy.
Non
è esatto dire che non vedevo e non sentivo, ma tutto si era sfuocato in una
specie di galleria nebulosa, i suoni ovattati come se venissero da sott’acqua…
Ma non i due uomini. Ah, quelli no. Loro brillavano nitidi e reali, pieni di
spessore. Sentivo l’odore della loro paura. Sentivo i battiti dei loro cuori,
lo scorrere dei muscoli mentre si muovevano…
Era
musica, ed era inebriante. Cercarono di fuggire, ma era come se si muovessero
al rallentatore.
Ne
colpii uno al volto, sentii la sua carne flaccida cedere, i suoi occhi
sgonfiarsi al passaggio degli artigli. Ora questo non avrebbe più potuto
scappare, intanto che fermavo l’altro.
Quando
ebbi finito, e il mondo tornò nitido, permisi a Buffy di toccarmi e prendermi
per mano e ce ne andammo. Ora avevo solo una gran voglia di dormire. Di
ripulirmi, anche, per togliermi di dosso l’odore disgustoso della prigionia, ma
di dormire, soprattutto. Solo che non potevamo permetterci di riposare.
Avevamo
avuto due anni di tranquillità, anni in cui avevamo potuto soddisfare le nostre
esigenze in un dolce anonimato. Era stata una novità per me. Non ricordo una
simile pace nella mia vita, e io non dimentico quasi mai. Avevo sognato, e mi
era piaciuto, ma il sogno era finito ed ero stato riportato alla realtà.
Anche
questo mi piaceva…
*
* * * * * * * * * * * * * * * *
Erano
arrivati all’appartamento di Buffy a Rennes. Non avrebbero potuto fermarsi
molto, ma almeno il tempo di riposarsi e decidere cosa fare.
Angel
rimase a lungo sotto la doccia, come se volesse lavare via il ricordo residuo
di quello che era successo. Poi andò a letto e si addormentò immediatamente.
Buffy lo lasciò solo. Sapeva che non gli avrebbe fatto nessun piacere averla
vicina in quel momento, e che avrebbe dormito tutto il giorno. Lei poteva
restare sveglia diversi giorni di seguito, ma lui dipendeva dal sonno anche più
di un essere umano.
L’avere
visto Willow l’aveva disorientata. Non aveva mai pensato a lei, o a Xander,
come a nemici. Anche gli ultimi tempi che aveva passato con loro, incapace di
capirli, non aveva mai pensato che potessero farle del male, o lei a loro.
Quando
si svegliò, in tarda serata, la trovò raggomitolata sul divano con lo sguardo
fisso nel vuoto.
“Era la mia migliore amica… io l’amavo. Come ha potuto
farmi una cosa simile?”
C’era
una delusione quasi infantile nella sua voce, come se dopo tanto tempo le fosse
ancora possibile sentirsi tradita dal comportamento degli altri.
“Se vogliono sopravvivere, gli Osservatori hanno bisogno
di una cacciatrice, e finché tu sei viva questo non è possibile.”
Buffy
non si lasciò ingannare dal tono sommesso delle sue parole.
Era
furibondo, e questa volta non sarebbe passata. Non avrebbe mai dimenticato la
paura e il senso di impotenza provati.
Angel
non odiava gli esseri umani. Non provava quasi mai niente nei loro riguardi. A
volte rabbia, o divertimento, o qualche altra emozione superficiale e
momentanea, che sorgeva rapidamente e altrettanto rapidamente se ne andava. I
veri sentimenti li riservava ai suoi simili, o a lei. Questa volta era diverso.
Appena libero aveva sfogato la furia repressa sui due Osservatori, ma non era
bastato.
Avrebbe
continuato a pensare, e odiato se stesso per essere caduto in trappola, e paura
e odio avrebbero generato qualcos’altro, che sarebbe cresciuto, avrebbe preso
forma, e messo radici nella sua mente, e cercato il bersaglio su cui essere
diretto, per ritrovare la pace.
Intanto
non avrebbe più mostrato rabbia, o dolore.
Lei
invece non era in grado di mantenere quell’apparente indifferenza
“Certo, dimenticavo. Io sono
Angel
abbassò gli occhi. Da tempo pensava di parlarle, ma non aveva mai trovato l’occasione
giusta, o il coraggio per farlo. Ora però non era più il momento di tacere.
“Non è così. Buffy… so cosa ti hanno raccontato, ma tu
non sei sola. Davvero non hai mai pensato che non può esistere qualcosa solo al
mondo? L’unicità è… la più impossibile delle condizioni. Voi siete in molti,
anche se solo uno alla volta è attivo. E’ una questione di territorialità.”
Buffy
sentì un brivido, e una curiosa sensazione di irrealtà, come se non fosse del
tutto presente.
“Che vuoi dire?”
“E’ un po’ come il fatto che noi non possiamo entrare
nelle case degli umani. Il proprietario mette dei sigilli che impediscono
l’accesso al territorio. Il territorio di un cacciatore si estende su tutto il
pianeta e i sigilli inibiscono i suoi simili. E non possono essere rimossi con
un invito. Tu… tu potresti impedire la chiamata per molto, moltissimo tempo.”
“Quanto tempo? Quanto vivrò io?”
Si,
non era lei a fare domande. Era la sua voce, indipendente dalla volontà, a
chiedere. Lei… lei non voleva sapere.
(No,
ti prego. Non dirmelo. Non voglio…)
“Fino a quando sarai uccisa o ti toglierai la vita.
Non un giorno prima.”
Buffy
sorrise nervosamente “Nessuna possibilità di un pensionamento per limite
d’età?”
“Buffy…”
Per
una volta Angel sembrava spaventosamente serio.
La
ragazza lo fissava. Tutti quei piccoli indizi raccolti durante gli anni,
frammenti di un disegno coerente e unitario (e spaventoso, oh quanto
spaventoso…), volontariamente separati e tenuti divisi, volutamente ignorati
(non pensarci, non pensare mai quale cosa mostruosa rivelano…) cominciarono ad
affiorare, a fondersi l’uno nell’altro…
“Buffy, ti prego. Guardati. Quale età?”
Un
altro pezzo, e un altro ancora, a comporre l’immagine da lei sempre temuta, che
artigliava la sua mente distruggendo le barriere tanto faticosamente erette per
tenerla lontana…
“Angel, cosa sono io?” Non riusciva più a vedere. Non
si era accorta che gli occhi le si erano riempiti di lacrime.
“Un demone.”
(Lo
sapevo losapevo losapevolosapevo…)
Era
solo una conferma delle sue paure. Ma averlo sentito spezzò qualcosa dentro di
lei, come se avesse oltrepassato un confine e ora non potesse più tornare
indietro.
La
vista le si schiarì quando finalmente le lacrime traboccarono.
Angel
la guardava piangere silenziosamente. Sentiva qualcosa di nuovo e strano per
lui. Nessuno poteva dirgli che era pena. Che per la prima volta il suo totale
egocentrismo era incrinato dal dolore di un altro. Sapeva solo di soffrire e la
cosa lo fece infuriare. Afferrò la ragazza per le braccia scuotendola
rabbiosamente.
“Che ti succede? Ti sembra così invidiabile la
condizione umana per piangere tanto a non averla? Sai che significa essere
umani? Vuol dire invecchiare, diventare rovine tremanti, dipendenti dalla pietà
altrui. Carcasse in un letto d’ospedale, con un tubo che respira al tuo posto e
una macchina che pompa il tuo cuore. Relitti senza più forza né bellezza,
ciechi e sordi. Tu non morirai mai se non in battaglia o per tua mano. Perché
piangi? Dovresti ridere.”
“No… no, ti prego. Non è vero…” La ragazza lo spinse lontano
da se e corse fuori di casa. Sentiva il desiderio quasi irrefrenabile di
colpirlo ed era certa che se fosse rimasta lo avrebbe ucciso.
“Era meglio credere di essere una specie di angelo
custode per tutti gli indifesi del mondo? Hai accettato me. Perché non vuoi
fare lo stesso con te stessa?” le gridò dietro Angel prima di restare solo.
Rientrò
molto tardi, quasi all’alba. Angel non l’aveva seguita. Non avrebbe saputo che
dirle né come avrebbe reagito, ed entrambi erano abituati ad affrontare i propri
incubi da soli. Buffy aveva solo due possibilità. Accettare la verità o,
incapace di sopportarla, trovare una via di fuga nella morte. Comunque, doveva
essere una sua scelta.
Quando
la vide, capì che sarebbe stata abbastanza forte, o abbastanza testarda, da
vivere.
“Non è una cosa facile. Scoprire di essere… qualunque
cosa io sia.” mormorò la cacciatrice, sedendosi per terra.
“E cosa credi di essere? La reincarnazione del diavolo
biblico? Una specie di animale pericoloso? Credi di essere diversa da ieri, o
da un anno fa, o dal giorno della tua nascita? Quello che sei ora lo sei sempre
stata. Che importanza ha il nome che ti danno? Se avessi usato un altro
termine? Se avessi detto… forma di vita potenzialmente immortale… ti saresti
sentita meglio? E’ solo una parola, Buffy. Una definizione di comodo.”
Buffy
si coprì la bocca con le mani. Non era più tempo di nascondersi dietro la
propria presunzione, e aveva pianto abbastanza. Questa era la realtà, niente
l’avrebbe cambiata. Poteva solo farsene una ragione.
“Come… come è iniziato tutto?” chiese alla fine “Gli
Osservatori, questa storia… Quando è iniziato?”
“Questo non lo so.” rispose Angel “Sappiamo a malapena
cosa siamo noi, tutto quello che so di te l’ho detto. Il resto…” si strinse nelle
spalle con una smorfia.
“Ricordi quando eri umano?”
“Ricordo ogni giorno della mia vita.”
“E non hai mai rimpianti?”
“Ricordo che non ero mai soddisfatto, mai felice.
Sempre alla ricerca di qualcosa senza mai trovarla. Non sapevo che era la mia
vera natura che premeva per uscire. Quello… l’ho capito solo quando ho
incontrato Darla… No, non mi manca quello che non sono mai stato. Buffy… non si
diventa come me, lo si è nasce.”
“Che vuoi dire?”
“Ti sei mai chiesta perché non trasformiamo tutti
quelli che prendiamo? Se davvero volessimo distruggere la razza umana sarebbe
il modo migliore, non credi? Ma non funziona così. Possiamo trasformare solo
quelli della nostra specie. Noi siamo pochi, e finché non incontriamo un nostro
simile che ci risveglia con il suo sangue, viviamo come gli altri, o almeno
tentiamo di farlo. Credo che un giorno, mentre cercano di decifrare il loro
codice genetico, gli uomini resteranno sorpresi di scoprire cosa si nasconde
fra loro. O forse mi sbaglio. Devono avere già trovato che qualcuno non è…
proprio regolare. Ma credo che si limitano a considerarlo un campione
contaminato, o errato, o aberrante…”
Buffy
sospirò. Pensò che avrebbe dovuto sentirsi sorpresa da ciò che aveva sentito,
ma non era così. Sapeva già che Angel non era quello che aveva creduto un
tempo, e sapeva che doveva esserci altro, ma in quegli anni aveva preferito non
cercare troppe risposte, accontentandosi di ritrovare la tranquillità (Me lo
sentivo, che la verità su cosa è lui era indissolubilmente legata a cosa sono
io)
“Allora siamo uguali, non è vero?” gli chiese
“Credo… che siamo davvero molto simili. Più di quanto
non sia possibile per il solo caso. Forse l’origine è comune. Ma non lo so. E’
solo una mia idea.”
“Siamo come i cuculi…” mormorò Buffy “Perché non me ne
hai mai parlato? Dovevi aspettare tanto a dirmelo?”
Angel
sembrava impacciato.
“Non sapevo come avresti reagito. Io… non riesco
sempre a capirti.”
Buffy
sorrise della sua confusione. Spesso trovava Angel imprevedibile, ma a volte
dimenticava che la cosa era reciproca, e che per il vampiro l’aliena era lei.
“E adesso che facciamo? Non ci lasceranno mai in pace
e io non voglio più scappare.“
Angel
si sedette dietro di lei, abbracciandola e appoggiandole la testa sulla spalla “C’è sempre un’altra soluzione.”
La
ragazza si voltò e vide che la guardava con il suo sorriso più innocente,
quello che prometteva l’inferno a qualunque sventurato si fosse trovato sulla
sua strada. Lo sapeva bene, perché una volta la sventurata era stata lei.
Le
accarezzò i capelli avvolgendosi una ciocca intorno a un dito “Voglio ucciderli
tutti.” le mormorò in un orecchio “Voglio distruggere il Consiglio.”
*
* *
Willow
sedeva nel suo appartamento, fissando svogliatamente la tazza di caffè. Aveva
riferito del suo fallimento e della morte dei suoi uomini, ed ora aspettava le
decisioni dei Giudici. Non temeva realmente Derek e gli altri, ma l’umiliazione
e il senso di sconfitta che la pervadevano erano insopportabilmente pesanti. E
cominciava a provare una paura torbida e ancora non ben definita che le
stringeva lo stomaco.
Sentì
bussare alla porta e quando andò ad aprire vide Michaela, una dei Giudici.
“Posso entrare?” chiese.
Era
una donna alta e bruna, bella come un’attrice. La prima volta che l’aveva
vista, Willow l’aveva trovata decisamente antipatica, ma col tempo si era
rivelata la persona più simile ad un’amica che avesse nel Consiglio. In un
certo senso le ricordava Cordelia, anche se la ragazza di Sunnydale non aveva
mai posseduto la durezza spietata dell’Osservatrice.
“Prego, accomodati pure.”
Michaela
si sedette e accettò il caffè, ma sembrava non decidersi a parlare, e Willow
cominciò a innervosirsi.
“Avete già deciso cosa fare di me?” chiese alla fine.
“Willow, sta tranquilla, che vuoi che ti succeda?
Siamo tutti umani e l’errore fa parte del gioco.”
“Il gioco… I vampiri chiamano così la vita, lo sai?
Hanno ragione. E’ un gioco, senza altro scopo che continuare a giocare… Se
avessi avuto il coraggio di ucciderlo subito, Buffy si sarebbe trovata sola.
Dei due è lui la mente razionale. Lei agisce sempre d’impulso, prima o poi
avrebbe fatto un errore. Solo che stavolta l’errore l’ho fatto io. Ho voluto a
tutti i costi parlargli e Buffy si è mossa più velocemente di quanto
immaginassi. Come se avesse saputo subito quello che era successo.”
Troppo
velocemente, e con troppa sicurezza.
In
un modo o nell’altro, una qualche forma di comunicazione era passata fra lei e
il compagno. Willow aveva continuato a pensarci, e le erano tornati alla mente alcuni
episodi cui aveva assistito a Sunnydale. Come sembravano spesso capaci di
percepire la presenza l’una dell’altro, o sapere se si trovavano in pericolo,
ed era arrivata alla conclusione che i due fossero in costante contatto.
Aveva
dimenticato… Altro errore…
Ci
mancava pure avere a che fare con avversari dotati di facoltà telepatiche, come
se non fossero fin troppo ben forniti di capacità offensive.
Se
solo lo avesse saputo prima, avrebbe potuto trovare una soluzione. Avrebbe
potuto addirittura sfruttare la cosa, usando Angel come esca.
Ma
in realtà, non sapeva quasi niente di loro. Niente di concreto, almeno.
(Come
fai a combattere qualcosa che non conosci?)
Michaela
interruppe i suoi pensieri.
“Willow, nessuno ha intenzione di recriminare il tuo
operato, Dio solo sa quanto tu ti sia sempre data da fare. Non è per questo che
sono qui. Devo… Mi dispiace, devo darti una brutta notizia.”
Willow
chiuse gli occhi. Da anni non aveva più notizie dei suoi genitori, e gli
Osservatori non le avrebbero comunque riferito nulla riguardo a loro, anche se
avessero saputo qualcosa.
Michela
poteva riferirsi ad una sola persona.
“Xander. E’ successo qualcosa a Xander, vero?”
“E’ morto, quasi una settimana fa. Sembra che in città
sia arrivato un nuovo vampiro, un giovane piuttosto aggressivo. Xander ha
tentato di fermarlo e ha avuto la peggio.”
*
* *
Dal
momento in cui avevano messo piede in Scozia, Buffy non aveva smesso di
stupirsi per l’incredibile bellezza di quella terra.
Si
erano fermati a passare il giorno in una delle costruzioni abbandonate che
costellavano il paese, ma Buffy era riuscita a dormire ben poco, preferendo
passeggiare nei dintorni, ed ora osservava il paesaggio al tramonto. Se fosse
vissuta mille anni, non sarebbe riuscita a saziarsi della straordinaria varietà
di colori, profumi e immagini che si susseguivano come in un caleidoscopio.
Della corsa irrefrenabile delle nubi che mutavano l’aspetto del cielo ad ogni
sguardo. Del suono delle sorgenti che sembravano moltiplicarsi ad ogni istante.
Si accorse di piangere, per una volta di gioia e meraviglia.
“Questi sono i Monti Grampiani, e non sono ancora
niente.” disse Angel seduto all’ombra della costruzione “Vedrai quando
arriveremo ai Territori. La prima volta che ci sono stato, non riuscivo a fare
altro che fissarmi intorno. Restavo fuori anche di giorno.”
Non
dissero più nulla, accontentandosi di restare lì immobili, nella pace e nel
silenzio, fino a quando il Sole non sparì sotto l’orizzonte e poterono
ripartire.
“Cosa ti preoccupa?” chiese Angel, dopo che per
chilometri la compagna non aveva parlato.
“Questa donna che potrebbe aiutarci a trovare il
Consiglio… I tuoi Anziani sono noti per essere piuttosto intrattabili. Non
credo che le farà piacere vedere una cacciatrice in casa sua.”
“Forse no, ma Da’ana è una specie di… studiosa… e ha
fama di essere un’originale, interessata solo al sapere. Quello che sa lei
sugli Osservatori forse non lo conoscono nemmeno loro. Potrebbe sorprenderti.
Neanch’io so bene cosa aspettarmi. E’ molto anziana e a volte a quell’età sono
un po’ strani.”
“Quanti anni ha?”
“Ha superato i duemilacinquecento, ma non lo so
precisamente.”
Buffy
chiuse gli occhi (Questo non è possibile. E’ uno scherzo).
L’idea
di incontrare qualcuno più vecchio della storia occidentale era semplicemente
sconvolgente “Tu la conosci?”
“E’ la più vecchia del mio clan, anche se non
appartiene al mio Ordine. L’ho vista una volta sola, ma ero molto giovane, più
di quanto sei tu adesso. Una come lei non si sarebbe certo degnata di parlarmi
e io non avevo nessuna voglia di finirle tra i piedi. Ero stato trasformato da
meno di due anni ed ero al seguito di Darla. Avevo il mio bel daffare per non
farmi notare troppo ed evitare che qualcuno sfogasse il suo malumore su di me.”
“Magnifico. Voialtri dovete avere una giovinezza
davvero divertente.”
“Impari a cavartela presto da solo, ammesso che
sopravvivi. Comunque, Da’ana ha avuto lo stesso sire del Maestro, in un certo
senso è sua sorella, quindi potresti definirla una mia lontana prozia.”
“Immagino che questo non ti darà molto vantaggio.”
“Tutt’altro. Potrebbe dare a lei un buon motivo per
ritenersi offesa dal mio comportamento e volere la mia pelle. Letteralmente.
Inoltre, ci potrebbero essere contrasti territoriali, se si mettesse in testa
che voglia spodestarla. Con la morte del Maestro e di Darla sono attualmente a
capo del mio Ordine, per quello che vale, e lei potrebbe ritenermi una minaccia
per il suo dominio.”
Buffy
sospirò. Nessuna creatura vivente può sopravvivere senza instaurare relazioni
con i propri simili e l’ambiente e da tempo sapeva che i vampiri erano dotati
di una società complessa, diversamente da quel che aveva creduto all’inizio, ma
ancora non riusciva a raccapezzarsi con gli intricati rapporti di obblighi,
favori e parentele che sembravano regolare questa società. Sapeva che un clan
indicava tutti quelli dello stesso sangue e non aveva una grande rilevanza. Più
importanti erano gli Ordini, che da un punto di vista umano avrebbero potuto
definirsi casati, solo che oltre alla discendenza diretta c’entrava anche il
favore del sire per esserne compresi. Angel era dell’Ordine del Maestro perché
era stato il favorito di Darla, che a sua volta era la prediletta dell’Anziano.
Non avevano nessuna legge scritta, e anche le tradizioni non avevano valore
d’obbligo. Per complicare ulteriormente le cose, non erano esseri realmente
sociali, e anche se formavano comunità, molti di loro, come Angel e Spike,
preferivano vivere soli o al massimo con uno o due compagni.
“Cioè avrebbe ogni diritto di ucciderti, ma tutto
dipende se questo diritto se lo vuol prendere o meno?”
“Esatto.”
“Tante complicazione per dire che alla fine farà
esattamente ciò che vuole.”
“Come tutti, amor mio. Solo che noi non ci sentiamo in
dovere di giustificarci.” replicò lui con un sorriso.
Erano
intanto giunti al Glen More, il Canale di Caledonia risplendente delle acque
del Loch Ness. Angel fermò la macchina e scese.
“Guarda.” disse “Oltre il lago cominciano le Highlands
nord-occidentali. I Territori sono fra il monte Morven e le coste orientali.”
Buffy
lo seguì rabbrividendo dal freddo. Invidiava il compagno che, pur indossando
solo jeans e un maglione, sembrava perfettamente a suo agio nell’aria
ghiacciata.
“Esiste veramente il mostro?” chiese. La cosa non
l’avrebbe certo stupita.
“Oh si.” rispose il vampiro ridacchiando “L’essere
preistorico. E’ una specie di gamberetto lungo qualche centimetro. Ma non credo
che la verità attiri molto i turisti. Un dinosauro è sicuramente più
interessante.”
Il
paesaggio sotto le stelle d’inverno era tale da mozzare il fiato. Le acque del
lago, parzialmente gelate, riflettevano le luci siderali, e, sulle rive, le
rovine del castello di Urquhart apparivano come le propaggini di un regno di
fiaba. Angel pareva incantato dallo spettacolo. La sua vita era stata
un’infinita serie di inaudite violenze, sia subite che perpetrate, e a Buffy
sembrava assurdo che potesse ancora meravigliarsi per una cosa come la
bellezza.
“Vorrei poter credere che questo sia un semplice
viaggio,” mormorò la ragazza “che in fondo alla strada non ci aspetta ancora un
altro pericolo. Quando ero normale non sono mai andata da nessuna parte, e dopo
la sola idea di viaggiare per piacere è diventata inconcepibile.”
“Tu sei normale, come lo sono io. E qualunque cosa succederà
domani, ora siamo qui e questo nessuno può togliercelo. La possibilità di
morire non cambia questo momento, non cambia il fatto che lo stai vivendo. In
realtà la sola cosa che cambia è che non riuscirai a goderti il presente se ti
lasci opprimere dal pensiero del futuro.”
(Molto
semplice) pensò Buffy (Si apprezza meglio quello che si è sempre sul punto di
perdere. Ma io riuscirò mai a razionalizzare tanto le cose?)
Risalirono
in macchina e partirono. Prima dell’alba avrebbero dovuto fermarsi ancora per
cacciare e trovare un rifugio diurno, ma non più tardi della notte seguente
sarebbero arrivati ai Territori e a qualunque accoglienza Da’ana avrebbe deciso
di riservare loro.
*
* *
Willow
si era fermata davanti ad una tomba recente. Era a Sunnydale per obbedire ad un
ordine e desiderava andarsene al più presto, ma non aveva potuto fare a meno di
recarsi al cimitero. Era una lapide liscia, senza nessuna croce. Per qualche
motivo, ne fu felice.
Aveva
sempre saputo che sarebbe finita così, era solo questione di tempo. Xander
aveva tentato di fare il lavoro di un cacciatore, ma era solo un essere umano,
e non aveva mai avuto alcuna speranza
(…mi
spiace, non ho potuto venire al tuo funerale. Avevo troppo da fare, e anche
adesso sono qui solo di passaggio…)
”Smettila Wil, smettila con questa caccia. Torna a
casa.” le aveva detto quando si erano visti l’ultima volta, qualche mese prima.
“Non posso, Xander…”
“Se ne sono andati perché non vogliono avere più
niente a che fare con noi. Lasciali stare.”
“Proprio tu dici una cosa simile?”
“Quante volte ho detto che dovevamo eliminare Angel,
finché ne avevamo l’occasione? Mi avete mai ascoltato? Adesso è tardi. E’
finita Wil, siamo gli ultimi rimasti. Cerchiamo di farcene una ragione.”
“Si, lo so… Lo so, è stata colpa nostra, va bene?”
“No, Wil… no. Non è questo che intendo… Ascoltami
almeno ora, ti prego. Sono l’unico che li ha sempre capiti, questo devi
ammetterlo… Non attirare la loro attenzione su di te.”
“E per la nuova cacciatrice? Che facciamo, secondo
te?”
“Ma tu credi davvero che cambierebbe qualcosa?”
Dopo
di quel giorno, si erano tenuti in contatto solo tramite qualche mail. Xander
non aveva mai accennato a problemi, e non le aveva più chiesto nulla.
In
quegli anni erano stati amici, alleati, occasionali amanti. Ora era morto senza
che potesse rivederlo, e si sentì sorpresa di quanto poco dolore provasse.
(…anch’io
sono morta. Tanti anni fa, quando questo gioco si è trasformato in un incubo e
noi non siamo più riusciti a svegliarci…)
“Adesso che faremo?” aveva chiesto a Michaela.
“Abbiamo deciso di abbandonare Sunnydale. Ormai è
persa. Devi andare a recuperarne gli archivi, poi tornerai in Inghilterra. Le
priorità non sono cambiate. Dobbiamo trovare Buffy e tu ci servi qui.”
Una
resa. Era stata una resa su tutti i fronti, la loro. Ricordava come era stata
la vita a Sunnydale prima degli anni della Cacciatrice, quando ogni risveglio
sembrava un miracolo e un silenzioso accordo nascondeva alla memoria chi spariva
ogni notte. Non era stato facile crescere all’inferno e ora tutto sarebbe
ricominciato.
Si
fece degli strappi nei vestiti e a voce bassa cominciò a recitare il kaddish,
la preghiera per i defunti. Almeno questo lo doveva a Xander.
Sapeva
che non sarebbe più tornata.
*
* *
Il
dominio di Da’ana, i Territori, era davvero un luogo di bellezza
indescrivibile. Un susseguirsi di foreste, brughiere e altopiani, con il Mare
del Nord che si frangeva su scogliere di granito e cieli multicolori che ogni
giorno offrivano un incredibile numero di arcobaleni.
Da’ana
viveva in quello che Buffy poteva definire solo come un castello. Sembrava che
in quel paese i castelli fossero più numerosi delle ville in California, come
se durante la loro storia millenaria il popolo della Scozia non avesse fatto
altro che edificare palazzi per poi lasciarli rovinare ad arte e rendere più
suggestivo il paesaggio. Questo comunque era tutt’altro che una rovina.
L’interno era splendido, con gli ampi spazi che sembravano caratterizzare tutte
le abitazioni dei vampiri, e all’esterno Buffy era riuscita a intravedere anche
una parabola satellitare.
(Il
fatto che una abbia duemilacinquecentoenonsoquanti anni non significa che
voglia vivere come una primitiva) pensò, cercando di trovare qualcosa di
confortevole nella sua attuale situazione.
Arrivati
a Helmsdale, la città più vicina ai Territori, Angel era riuscito subito a
contattare l’Anziana. Avrebbe voluto incontrare Da’ana da solo, almeno in un
primo tempo, ma Buffy si era rifiutata. Erano arrivati insieme e insieme
avrebbero proseguito sino alla fine, qualunque cosa li aspettasse, e in fondo
era soprattutto a causa sua che lui era minacciato dalla sua stessa gente. Lei
aveva da temere solo una morte rapida, senza niente di personale, ma preferiva
non pensare a cosa avrebbero potuto fare a Angel. Anche se non li considerava
più forze del male nel senso letterale del termine, era consapevole che i
vampiri riuscivano ad essere inimmaginabilmente crudeli quando volevano.
Finora
nessuno l’aveva provocata, anzi, erano stati trattati con una specie di cauta
cortesia che l’aveva stupita.
Ora
vedeva il suo compagno inginocchiato al centro della sala dove si trovavano, in
attesa che Da’ana si degnasse di incontrarli. Lei era in piedi in un angolo,
cercando di rimanere immobile e di non guardare troppo la decina di vampiri
presenti. Angel l’aveva avvertita di restare ferma e non prendere nessuna
iniziativa e al momento non aveva nessuna voglia di disobbedirgli. Queste non
erano creature tolleranti. Qualsiasi infrazione dell’etichetta poteva essere
considerata una provocazione inaccettabile.
Quando
Da’ana arrivò, rimase stupita del suo aspetto. Aveva creduto di vedere qualcosa
di simile al Maestro, ma la cosiddetta Anziana sembrava una ragazza dell’età di
Angel, alta a snella, con capelli scuri tagliati cortissimi ed enormi occhi
neri. Gambe e avambracci erano coperti da intricati tatuaggi e portava una
serie di orecchini d’argento. Indossava un abito corto e senza maniche di un
turchese elettrico, e la cosa le sembrò strana. Sapeva che i vampiri si
vestivano di scuro non tanto per gusto personale, quanto perché come molte
creature notturne erano fondamentalmente daltonici. Percepivano pochissimo i
colori, se non quelli primari, e preferivano indossare tinte mimetiche.
Nessuno
avrebbe mai potuto definirla bella in senso classico, ma certo era una figura
spettacolare. Parlò un po’ con Angel, con una voce ipnotica come il canto di
una sirena, poi si diresse verso di lei, osservandola attentamente.
Buffy
si sentì morire. Nessun vampiro, neanche il Maestro o Angel al culmine della
sua furia, l’aveva mai spaventata tanto.
*
* * * * * * * * * * * * * * * *
… da più di mezz’ora ero inginocchiato su quel
maledetto pavimento, e cominciavo ad averne abbastanza. Ma Da’ana avrebbe
potuto farmi aspettare anche tutto il giorno se ne avesse avuto voglia, e non
avrei potuto farci niente.
In
realtà, neanch’io sapevo molto bene come comportarmi. Questa donna era una vera
e propria regina, e anche più di questo, ed io ero venuto qui a chiedere il suo
aiuto, come un supplice e certo non come un suo pari.
Se
mi fossi mostrato arrogante avrebbe potuto pensare che volessi sfidarla.
D’altro canto, se fossi stato troppo docile avrebbe potuto ritenerlo un atto di
debolezza di cui approfittarne. In ogni caso dovevo considerare la possibilità
tutt’altro che remota che volesse semplicemente uccidermi per quello che avevo
fatto.
Il
mio comportamento non era certo stato esemplare. La mia gente non riconosce
crimini, ma dovevo essere stato il più vicino a creare un precedente. Avevo
assassinato la mia signora e contribuito a distruggere il capo del nostro
Ordine. La cosa sarebbe stata lecita, solo che per quanto ne sapevano io lo
avevo fatto per amore di una nemica, e anche dopo la mia guarigione, invece di
cercare di uccidere questa nemica, avevo continuato ad amarla fino ad andare a
vivere con lei. Ed ora l’avevo anche portata qui. Obiettivamente, dovevo
ammettere di avere oltrepassato ogni limite di tolleranza.
Quello
che speravo era che la curiosità insaziabile di Da’ana avesse la meglio sul suo
senso della decenza, permettendomi di parlare, e che fosse intelligente e
spregiudicata come avevo sentito dire.
Finalmente
arrivò. Non mi aveva fatto aspettare molto e mostrava il suo aspetto umano. La
cosa poteva essere interpretata come un buon segno.
“Hai avuto coraggio a venire qui.” disse, facendomi
alzare con un gesto “Che cosa vuoi?”
Nessuna
cerimonia. Anche questo era incoraggiante. Avevo sempre odiato i formalismi, ma
non sapevo come la pensava Da’ana a questo proposito. Spesso gli Anziani sono
cerimoniosi fino al fanatismo.
“Ho intenzione di trovare il Consiglio degli
Osservatori. Voglio distruggerli. Tu sei l’unica che può aiutarmi.”
Lei
si sedette sul bordo della scrivania, e mi guardò apparentemente divertita “Il
Consiglio esiste da migliaia di anni, esiste da prima di me. E devo sentire che
un bambino vuole distruggerlo? Mi sembra un po’ presuntuoso da parte tua.”
“Il fatto che esiste da tanto non significa che deve continuare
ad esistere in futuro, non trovi?”
“Anche questo è vero. Ma vedi, io e i miei viviamo in
pace. Cacciamo gli animali e i reietti delle città. Così non entriamo in
contrasto con gli umani e gli Osservatori non fanno caso a noi. Perché dovrei
spezzare quest’equilibrio?”
“Noi non sappiamo contro quale forza andiamo a
combattere. Non sappiamo neanche dove si trova. Tu li studi da secoli. Puoi
dirci quello che abbiamo bisogno di sapere. E hai il potere che ci serve. O la
tua tranquillità ha un valore così grande che non vuoi contrattaccare un nemico
votato alla nostra distruzione?”
“Non giocare con me, ragazzino.”
Capii
di avere fatto un passo falso. Manipolare Da’ana era al di sopra delle mie
possibilità, ed era stata un’idiozia il solo pensarlo. Per un attimo credetti
di aver commesso un errore fatale, ma la donna non sembrò irritata e continuò a
parlare con assoluta calma.
“Io ti conosco bene, Angelus o Angel o comunque ti fai
chiamare ora. Sei quasi una leggenda, lo sai? Ma certo che lo sai, è inutile
che te lo dica io. Se vuoi eliminare gli Osservatori è solo per motivi
personali, quindi non cercare di apparire diverso di quanto sei parlando del
bene della nostra gente. Comunque, ogni motivo è valido, se serve a raggiungere
lo scopo. Ma hai pensato che se anche dovessi aiutarti, noi non possiamo
entrare nella sede del Consiglio? O forse hai a disposizione l’aeronautica
militare? Non servirebbe, sai?”
“Io ho la chiave d’entrata.”
Da’ana
sorrise e si volse verso la mia compagna.
Fino
a quel momento i presenti le avevano lanciato solo qualche diffidente occhiata,
come se fosse una specie di pericoloso animale di mia proprietà, ma ora che la
loro signora le si avvicinò, sentii la tensione crescere nella sala.
Avevo
raccomandato a Buffy di restare immobile, senza parlare e senza reagire ad
eventuali provocazioni. Ora mi sorpresi a sperare che non si facesse vincere
dai suoi istinti predatori. Sapevo quello che provava. Ricordavo bene cosa
significa trovarsi soli in mezzo a gente che ti considera una belva rabbiosa.
La vedevo tremare, forse di paura o forse di una qualche strana e indecifrabile
emozione, mentre l’Anziana le girava intorno senza trasmettere nulla, se non
una blanda curiosità, e sentivo il desiderio irresistibile di andarle vicino,
di toccarla, di stare al suo fianco, ma non avrei fatto altro che peggiorare la
situazione.
Finalmente
Da’ana sollevò il mento di Buffy con una mano e le diede un lieve bacio sulla
fronte.
Aveva
accettato…
Da’ana
…ai miei anni ogni impresa è un’avventura
il
cui confine è la notte…
… il compito cui attendo è illimitato
e
dovrà accompagnarmi fino all’ultimo attimo,
non
meno misterioso dell’universo
e
di me…
Elogio
dell’ombra, J. L. Borges
… Angel mi disse quello che voleva, e rimasi
sbalordita.
Quando
mi aveva contattata, la prima cosa a cui avevo pensato è che desiderasse un
rifugio per se e sua moglie, un luogo dove nascondersi da un mondo che sembrava
deciso ad avere le loro vite.
Lo
conoscevo. Di persona e di fama. E conoscevo la reputazione di quella
cacciatrice. Sapevo cosa avevano fatto, abbandonando i copioni scritti per loro
e scegliendo una libertà che si era trasformata in un incubo.
Ma
naturalmente, non poteva limitarsi solo a quello. Angel non era stupido. Sapeva
sicuramente che li avrei considerati un potenziale pericolo. La fonte di un
possibile stravolgimento nella mia vita e in quella della mia gente. Se aveva
valutato il rischio, e aveva deciso di correrlo, doveva avere un buon motivo, e
una buona proposta da farmi, in cambio di quello che voleva. Qualcosa che
valeva la pena ascoltare.
Così,
accettai di incontrarlo e quando arrivò ebbi la prima sorpresa. La sua compagna
lo aveva seguito. Questo richiedeva molto coraggio, o molta disperazione. O
forse una volontà superiore alla paura. Speravo che fosse così. Speravo che non
fosse solo il reciproco bisogno di difesa a tenerli uniti.
Desideravo
parlargli, sapere quali motivi avevano determinato il loro comportamento, e
soprattutto desideravo parlare alla donna.
Non
avevo mai conosciuto una cacciatrice, almeno non una cacciatrice viva, e questa
era un’occasione da non perdere. Una razza talmente incapace di tollerare la
presenza di un proprio simile da essere stata costretta ad evolvere un simile
meccanismo di autodifesa, meritava di essere conosciuta.
Sapevo
che dovevano essersi fatti un’idea iconografica del potere e preferii non
deluderli. Così allestii uno scenario ufficiale per il nostro incontro,
un’attesa sufficiente a renderli insicuri e la mia gente che li sorvegliava.
Come se servissero tante complicazione per parlare. Ma era meglio chiarire i
ruoli fin dall'inizio. Angel era conosciuto per essere alquanto bellicoso e non
avevo nessun desiderio che una giovane testa calda disturbasse la pace della
mia casa, e una cacciatrice è sempre una creatura da trattare con cautela, e io
avevo gente da proteggere. Se si fossero mostrati quello che speravo e non
quello che temevo, c’era sempre il tempo di cambiare atteggiamento.
Andai
a parlare con Angel e scoprii che avevo appena iniziato a meravigliarmi.
La
sua richiesta non aveva precedenti. Nessuno aveva mai pensato di distruggere
gli Osservatori, quel nemico che da millenni portava avanti una guerra mai
dichiarata che ormai si era trasformata in una tradizione rituale. Tentò
persino di manovrarmi. Sapevo che era un manipolatore, uno che gioca con le
parole, ma il suo fu un tentativo molto goffo. O la sua fama era esagerata, o
l’intelligenza di quelli con cui aveva a che fare di solito bassa in modo
avvilente. O forse era troppo nervoso per essere lucido. Comunque, ancor prima
che finisse avevo deciso di accettare, lanciare il sasso e vedere quante onde
si formavano nelle acque del tempo.
Finalmente
mi trovai faccia a faccia con la cacciatrice.
Era
facile capire quello che provava, non mascherava nulla delle sue emozioni. Era
stanca, e aveva paura. Paura di me e paura per il compagno. Non per lei, anche
se forse non se ne rendeva conto. Affascinante. Tanto potere in qualcosa di
così giovane poteva essere pericoloso, ma non lo sarebbe stato. Non aveva più volontà
di combattere.
Il
ragazzo era diverso. Era diversa la sua paura. Era venuto a chiedere aiuto, ma
dentro di lui c’era il desiderio che fossi sua nemica, la smania di
schiacciarmi. Mi chiesi se esisteva qualcosa al mondo in grado di placare la
sua aggressività. Probabilmente no. Non lo invidiavo, ma questo rendeva solo
più impressionante l’autocontrollo che dimostrava. Era stato capace di
sopravvivere a se stesso. Poteva essere capace di molte cose.
Avevo
saputo quello che mi serviva e non c’erano altri motivi per allarmarli ancora,
quindi terminai il gioco. Ora potevamo davvero parlare…
*
* * * * * * * * * * * * * * * *
Buffy
girava sola nella sala che costituiva gran parte del piano terra della dimora.
Angel era uscito per i suoi vagabondaggi notturni, ma lei non aveva voluto
seguirlo. Temeva che se fosse rimasta troppo sotto la sua protezione i suoi
ospiti avrebbero potuto farsi l’idea che avesse paura, o fosse una debole, e
quelle non erano mai cose da mostrare a dei vampiri.
Avevano
passato gli ultimi giorni parlando con la padrona di casa, imparando quel che
aveva da insegnare e programmando le loro mosse. Ora erano quasi pronti.
Sarebbero andati in Inghilterra, e poi? Non riusciva a pensare a quel che
sarebbe successo dopo.
Sentì
la presenza di Da’ana dietro di se, quella corazza gelida che rappresentava
l’aura dell’Anziana, e che lei poteva percepire solo come un vuoto insondabile.
Il
vampiro la guardava con i suoi occhi fosforescenti, poi le porse una delle due
tazze di caffè che teneva in mano.
“Sei pensierosa, e niente di piacevole, mi sembra.”
Buffy
continuava a temerla, non perché fosse minacciosa, ma proprio per la mancanza
di qualunque minaccia, per la sua sicurezza assoluta. Era come trovarsi di
fronte una forza che aveva il perfetto controllo del suo ambiente, e non aveva
alcun bisogno di dimostrarlo.
All’inizio
aveva trovato strano l’atteggiamento di Da’ana nei suoi riguardi. Da tempo
sapeva che i vampiri non vivevano nel terrore delle cacciatrici. La maggior
parte di loro le considerava con lo stesso incuriosito fascino con cui gli
esseri umani considerano gli squali bianchi, o le tigri. Qualcosa che può
capitare di incontrare, ma talmente raro da non condizionare la vita. Un essere
che uccide, ma da tenere davvero in considerazione solo se si vive nel suo
territorio. Come era stato a Sunnydale.
I
vampiri avevano esistenze difficili, e precarie. Non sprecavano tempo a temere
una cosa tanto improbabile.
Eppure
non si era aspettata di sicuro una simile mancanza di paura da parte dell’altra
donna.
“Non so cosa può pensare Da’ana.” le aveva detto Angel
quando gli aveva parlato “Ma non sottovalutarla. E non abbassare mai la guardia
con lei. E’ pericolosa.”
Che
fosse pericolosa lo immaginava. Non si sopravve tutto quel tempo se non si è
più che bravi a difendersi. Anche se aveva l’impressione di Da’ana avesse
l’abitudine di eliminare i pericoli, prima di trovarsi nella situazione di
doversi difendere.
Lei
comunque non aveva nessuna intenzione di essere considerata un pericolo.
“Avrei dovuto essere il braccio degli Osservatori,”
disse “era il mio destino. E invece sono sul punto di distruggerli. Che
succederà se all’ultimo momento non sarò in grado di farlo?”
Da’ana
si sedette al tavolo sorseggiando il suo caffè e guardando attentamente la
cacciatrice. La ragazza ebbe la sgradevole sensazione di essere studiata come
un topo da laboratorio. Cercò di non pensarci e le si sedette di fronte.
“Ti preoccupi troppo del futuro.” disse infine il
vampiro.
“Me lo ha detto anche Angel. Vuoi dire che dovrei
restarmene passiva mentre le cose accadono?”
“Voglio dire esattamente il contrario. E non credo
proprio che Angel ti avrebbe suggerito una cosa simile. Non è davvero il tipo
di persona che attende fatalisticamente gli eventi senza tentare di
influenzarli. Ha persino tentato di influenzare me. E forse ci è riuscito,
visto che comunque ho fatto quello che voleva.”
“Allora che vuoi dire?”
“Voglio dire che il futuro non esiste. Nessun futuro.
C’è solo un presente eterno che noi tutti determiniamo anche con il solo fatto
di esistere. Quella cosa che chiami futuro la costruiamo sommando ogni istante
di presente. Non dico che tu da sola farai il tuo futuro, perché incontrerai
altre vite ognuna delle quali agisce in libertà come te, e molte incideranno
sulle tue scelte, ma non c’è nulla di predeterminato. Se però ti soffermi
troppo sul destino, allora contribuirai a farlo accadere, non perché è in
agguato ad attenderti, ma perché inconsciamente sceglierai quelle strade che ti
porteranno esattamente a ciò che temi. Lì sta il pericolo. Per questo di dico
di non preoccuparti. Agisci piuttosto, e pensa.”
“Non riesco a non aver paura. La mia vita è cambiata
troppo, e in troppo poco tempo. Credevo che tutto sarebbe finito quando me ne
sono andata con Angel, invece non è stato che l’inizio.”
“Eri una Prescelta, ed ora cammini nella polvere della
realtà. Certo, ti capisco. Sono stata una dea, sono stata molte dee. La verità
è meno suggestiva. Ma a lungo andare la divinità stanca, e vorrei credere che il
nostro mondo non ha bisogno di un salvatore. Alla fine la tua eredità è stata
solo timore e insicurezza, ma ognuno teme qualcosa. Tu il futuro, Angel se
stesso.”
“E tu, cosa temi?”
“Molte cose. Dipende dalle circostanze.”
Buffy
si sentì vagamente incoraggiata.
“Posso chiederti una cosa?”
“Certo.”
“Perché non ci hai uccisi? Io sono tua nemica
naturale, e Angel è un rinnegato.”
“L’avevo preso in considerazione. Ma tu non mi hai
fatto nulla di male. In quanto ad Angel, dovrebbe importarmi con chi va a letto?
Al massimo posso pensare che ha gusti pericolosi in fatto di donne. Voi due
siete stati una piacevole sorpresa. La cosa più interessante che ho visto in
molti anni. Non vi avrei fatto del male, a meno di non essere assolutamente
costretta. Trovo piuttosto incoraggiante il fatto che due, come dici tu, nemici
naturali, siano abbastanza intelligenti da riuscire a ignorare i loro istinti.
Soprattutto visto che siete tanto giovani.”
“Non mi sento giovane da parecchio, e Angel ha più di
duecentocinquant’anni.”
“Io ne ho duemilaseicentotrentasette. Credo di avere
il diritto di chiamare giovane chi voglio.”
Buffy
non si sentì in grado di darle torto “Perché non sei uscita?” chiese “Tra poche
ore è l’alba.”
“Ho visto che restavi e volevo parlare con te da sola.”
“Fino a pochi anni fa non saresti riuscita a farlo.
Avrei subito tentato di ucciderti.”
Da’ana
appoggiò il mento sulle mani intrecciate “Lo immagino. E avresti avuto una
bella sorpresa. Ho eliminato moltissime cacciatrici nella mia vita. Forse più
di chiunque altro della mia razza. C’è stato un periodo della mia vita in cui
andavo io a cercarle. Diciamo che ero una… appassionata di caccia grossa.”
“Non trovo molto confortante il pensiero.” mormorò
Buffy.
“Perché? Non credi che la cosa dovrebbe essere reciproca?
Quanti vampiri hai ucciso tu? E poi anche tuo marito è un esperto in questo
campo, eppure non mi sembra che la cosa ti impedisca di fare ben altro che
parlargli.”
“Con lui è diverso.”
“Oh certo. Immagino che sia un formidabile baciatore.”
Buffy
la guardò sorpresa da quell’affermazione, poi scoppiò a ridere.
“Io non so proprio cosa pensare di te. Quando ho
saputo la tua età credevo che avrei trovato… non so, una specie di… “
“Di sacerdotessa oracolare o una pazza invasata con
una tunica?” continuò Da’ana alzandosi e prendendo le tazze vuote “Posso
interpretare quella parte, se vuoi, ma mi sentirei ridicola. Ti dico una cosa,
bambina. Con tutti i miei anni, mi sento pronta per vederne ancora altrettanti,
e sai, l’idea di baciare un bel ragazzo continua a sembrarmi piacevole. E,
Buffy… non esistono nemici naturali. Solo… naturali necessità.”
*
* *
Aveva
avvertito Derek per l’ultima volta. Per l’ultima volta aveva ricevuto un
rifiuto. Ora basta. Da quel momento in poi avrebbe taciuto.
Ma
sapeva già che non sarebbe stato così.
Da
quando era tornata dalla Francia accompagnata dal suo fallimento, aveva cercato
di convincere il Consiglio di un pericolo indeterminato ma per lei fin troppo
reale. Ogni volta non era stata creduta e ogni volta si era detta che non
avrebbe più parlato, ma aveva finito solo per riprovarci, ancora e ancora.
“Willow, che vuoi che succeda?” le aveva detto Derek
con la sua infinita pazienza quella sera.
“Se solo lo sapessi saprei anche come evitarlo, non
credi?”
Ma
non lo sapeva con certezza. Sapeva solo che negli occhi di Angel aveva visto
qualcosa che l’aveva terrorizzata, un riflesso della sua anima nera, e in quel
momento aveva saputo che tutti loro stavano vivendo giorni presi a prestito.
Ma
il Consiglio si fidava dei veggenti al suo servizio ed essi non avevano visto
nulla. Willow si fidava di se stessa e i veggenti non potevano prevedere un
futuro non ancora in essere ma solo percepire, con difficoltà e imprecisione,
il presente. E nel presente lei sentiva l’odore elettrico della tempesta.
*
* *
La
sede del Consiglio di ergeva in totale solitudine nella campagna.
Quando
Da’ana aveva detto quanto pochi fossero i loro nemici, e quanto vulnerabili,
Angel non aveva quasi voluto crederle.
I
Giudici, i capi degli Osservatori, erano solo nove e raramente si spostavano
dalla sede. Avevano il potere assoluto su tutti gli altri ed erano gli unici ad
avere la piena conoscenza. Gli altri, i semplici Osservatori come Giles, che
anche nei momenti di massimo fulgore dell’ordine non avevano mai superato la
cinquantina, potevano anche essere dispersi per il mondo, ma la maggior parte
sarebbe stata qui. Poi c’era un gran numero di persone che lavoravano per loro,
ma essi non contavano. Erano solo strumenti e una volta tagliata la testa non
sarebbero stati più nulla.
Si
sentiva vagamente deluso. Alla fine forse non sarebbe neanche stata una guerra
che valeva la pena combattere.
Ora
camminava nel buio, girando intorno alla casa, come aveva fatto tutte le notti
da quando erano arrivati, tenendo la mente e i sensi focalizzati su di essa,
sulle vite che sentiva palpitare all’interno. Dovevano solo attendere che
Da’ana infrangesse le ultime barriere prima di agire, e la sua tensione
cresceva attimo dopo attimo, vibrando dentro di lui come la nota di un
diapason.
Si
sedette a osservare attentamente la costruzione, assaporando ogni istante di
attesa.
(Non
importa. Se non sarà una guerra mi accontenterò di una caccia. In un modo o
nell’altro alla fine scriverò io l’ultimo capitolo della vostra storia.)
Rimase
immobile fino a quando l’alba incombente non lo scosse e lo costrinse a
rientrare.
*
* *
Nascosta
dal Sole di mezzogiorno che non poteva scaldare la sua pelle, Da’ana chiuse gli
occhi, e l’immagine della casa degli Osservatori le apparve subito,
stagliandosi in quella pianura della sua mente dove
Non
aveva bisogno di vederla con gli occhi corporei. Era sempre li, da millenni,
non aveva importanza quanto fosse cambiata nel mondo fisico. La prima era stata
poco più di una capanna in una palude, una capanna che nel corso delle ere era
diventata un castello, una palafitta, una cattedrale, la modesta casa di una
semplice contadina. Nient’altro che riflessi tridimensionali della realtà
immutabile. I suoi compagni si erano aspettati eserciti e mura. Pensavano in
modo troppo letterale. Questa era
Le
variopinte ali di farfalla che sostenevano il suo pensiero sfiorarono
*
* *
L’ultimo
giorno. Questo era l’ultimo giorno della sua vita. Non quando era fuggita per
perdersi nelle tenebre, non quando aveva saputo la verità sulla sua natura, ma
questo, il confine che divideva tutto ciò che era stata da quello che sarebbe
diventata in un inimmaginabile futuro. Avrebbe dovuto riposarsi, in attesa
della notte, ma sarebbe stato inutile. Il suo cuore pompava adrenalina e i suoi
sensi tanto intensificati che poteva sentire le particelle di polvere dell’aria
sfiorarle la pelle.
“Hai paura?” le chiese Angel.
“Ho paura, ancora. Come sempre.” mormorò lei
allontanandosi dalla finestra e riaccostando le tende, chiudendo fuori lo
splendore del pomeriggio.
“Perché?”
“Ho sempre creduto di avere una vita a termine, che
non avrei nemmeno visto i miei vent’anni. Era… confortante, in un certo senso.
Mi risparmiava la fatica di costruirmi una vera esistenza. Tanto a che sarebbe
servito?… E poi mi dava la giusta carica. Che diritto avevate voi di aspettarvi
una vita eterna, quando io… IO… sarei morta? Ci sono arrivata, ai vent’anni.
Allora pensavo… E’ solo un caso. Domani sarà il giorno giusto, e morirò… Non è
mai accaduto. Mai arrivato, il momento giusto. I vent’anni sono passati. Sono
passati i venticinque… sono quasi trenta... E ora? Non riesco più ad immaginare
cosa mi aspetta…”
“Non cercare di immaginarlo. Non hai bisogno di
contare gli anni che ti restano.”
Buffy
scosse la testa. Gli uomini pensano sempre agli anni che restano alla vita,
alla giovinezza, alla forza… Qual è la prospettiva di un’immortale?
“Tu sai quello che sei da più di duecento anni. Io da
pochi mesi. Ti prego, lasciami il tempo di abituarmi.”
Angel
le prese un polso, avvicinandola e alzandole il volto per baciarla e lei si
ritrovò a rispondere con forza, mentre dita gelide le accarezzavano la schiena
e il seno sotto la camicia, provocando una scossa che corse lungo i suoi nervi
cancellando ogni pensiero razionale. (Dio, come è possibile che dopo tanti anni
continui a farmi un simile effetto?) Si liberò rapidamente dei vestiti e si
lasciò cadere sul letto, trascinandolo sopra di se.
Lo
guardò mentre la teneva immobilizzata per i polsi, con una stretta quasi
dolorosa, lo guardò mentre il suo volto cambiava (Si, sei tu che voglio. Posso
amare il tuo aspetto umano, ma è questo quello che ho sempre desiderato),
facendole provare un brivido che sommerse finalmente il terrore del futuro.
Angel
sorrise, e si abbassò mordendole l’interno della coscia, leccando la ferita e
risalendo lungo il corpo… gambe, addome, torace… continuando a morderla (E
questo? Ti fa paura?)
Lei
cominciò a tremare e strinse le labbra per non urlare. Era la cosa che più la
terrorizzava, che andava contro tutti i suoi istinti, contro la sua natura (No,
ti prego, smettila, non posso permetterlo è orribile è…)
… morsi lievi che scalfivano appena la pelle, facendo
uscire poco sangue, ma che diventavano sempre più profondi (Ma non vuoi che
smetta, vero?)
… e quando lui appoggiò la bocca sotto la sua
clavicola, si sentì fluttuare sull’orlo del panico. (…spaventosobellissimo
sbagliato è quello che voglio no ho troppa…) Questa volta morse a fondo, e lei
si sentì scagliare in un baratro paralizzante e irragionevole (…paura paura
rabbia colpiscicolpiscidistruggi questa cosa orrenda colpisci vigliacca… NO!!!)
ma riuscì a riemergere, riconquistando la sua lucidità. Prese Angel per le
braccia e lo scostò bruscamente, mentre il suo sangue formava una pozza
nell’incavo della spalla, tenendolo distante ma impedendogli al tempo stesso di
andarsene.
Il
desiderio affiorò negli occhi di Angel, ma ora non poteva muoversi, e non
poteva placare la smania che la vista e l’odore del sangue facevano crescere
(…e’ un gioco solo un gioco pensapensapensa è Buffy nonsangue nonpreda noncibo
Buffy…)
Adesso
era lui a tremare. Cercò di liberarsi, ma lei non lo lasciò e decise che era il
momento di andare oltre. Piegò il collo e costrinse Angel ad avvicinarsi, non tanto
da raggiungerla (…e ora?)
Ed
era il loro gioco preferito, portare l’altro al limite, ogni volta un po’ più
avanti fino quasi a oltrepassarlo, il gioco del controllo, e scoprire ogni
volta chi perdeva.
Come
sempre, per Buffy ci fu un attimo di puro terrore in cui non sapeva se lui
avrebbe perso i freni, se avrebbe cercato di ucciderla (Fallo. Fallo se ne hai
il coraggio) Negli occhi del compagno vide crescere rabbia ed esasperazione, e
anche questo era follemente eccitante (Non oserai mai. Sei mio. Mi appartieni)
“E’ la paura che ti piace.” soffiò lui.
“Anche a te, e nessuna ti fa paura quanto me.” sorrise
la ragazza, e gli forzò il braccio ancora imprigionato nella morsa ad una delle
scie di luce solare che sfuggivano alle tende chiazzando il muro. Lui
resistette per poco, ma appena le dita sfiorarono la luce caustica si ritrasse
con un grido, poi si mise a ridere e la strinse a se, questa volta solo con
amore e dolcezza.
(E’
così la vita. Fa male e spaventa, ma è la sola cosa che abbiamo ed è splendida.
E non ci rinuncerò per la tremante ombra del futuro. Hai ragione, amore mio,
non importa cosa ci sarà domani. Ora siamo qui, e siamo vivi)
*
* *
Per
Buffy era stato semplice introdursi nella sede del Consiglio. Aveva sfondato
una finestra ed era entrata. Non le importava nulla che si sarebbero accorti
subito della sua presenza. A quel punto era troppo tardi.
Sentì
delle voci provenire dai piani superiori. Bene, i giochi stavano per iniziare.
Nel
momento stesso in cui aveva messo piede all’interno, la natura stessa di quel
luogo, costruito per quelli come lei, aveva fatto si che ne entrasse in
possesso, imprimendo i suoi sigilli. Si diresse alla porta principale e la
aprì, pronunciando le parole d’invito che spezzarono l’ultimo divieto,
permettendo alla morte di entrare.
Il
potere di Da’ana che fino al quel momento aveva nascosto tutti loro alla vista
dei Guardiani si dissolse, e un urlo di disperato orrore risuonò nella casa.
*
* *
Seguendo
il suono dei vetri frantumati, Derek si diresse verso l’atrio insieme i suoi
collaboratori, quando sentì il grido spaventoso dai veggenti. In quell’attimo
ricordò gli avvertimenti inascoltati di Willow. La cercò e quando i loro
sguardi si incontrarono vide un muto disprezzo negli occhi della donna.
(…perdonami.
Avrei dovuto ascoltarti. Perdonatemi tutti…)
Figure
silenziose e scure si muovevano nelle ombre del palazzo.
“Fuggite” disse il Giudice “Cercate di andarvene.”
Gli
altri si erano mossi subito, disperdendosi in ogni direzione. Derek li guardò
chiedendosi se qualcuno sarebbe sopravvissuto alla notte, poi anche lui corse
via.
Sentì
pianti e gemiti intasare l’aria, e ad ognuno di essi dimenticava parte della
sua umanità, fino a restare solo un animale terrorizzato in cerca di salvezza.
In qualche modo riuscì a raggiungere il suo ufficio. Era il posto più
inaccessibile di tutto il palazzo, se avesse potuto resistere fino al sorgere
del Sole sarebbe stato in salvo, e forse sarebbe riuscito ad avvertire i pochi
Osservatori fuori sede di quello che era successo.
Si
avvicinò al computer, poi al telefono. Non funzionavano, non funzionava nulla.
Erano isolati dal resto del mondo e impossibilitati a comunicare. I loro
assalitori erano più cauti, e più preparati, di quanto si aspettasse. Strano
che avessero lasciato in funzione le luci, che erano un vantaggio solo per gli
umani, ma forse volevano prolungare la loro agonia, o vederli scappare, come
gatti che giocano con i topi.
Uno
degli aspetti più inquietanti dell’indole dei vampiri era che sembravano sempre
agire per piacere, qualunque cosa facessero, senza sacrificare la soddisfazione
personale all’efficienza.
Sospirò,
quando sentì una voce provenire dall’alto.
“Buonasera.”
Alzò
gli occhi e vide un giovane osservarlo dal soppalco. Torpidamente, si chiese
come avesse fatto ad entrare. C’era un piccolo lucernario sul soffitto, ma dava
direttamente sui tetti e comunque sembrava troppo stretto.
Gli
venne quasi da ridere. Era chiuso in una stanza con una belva e perdeva tempo
facendosi domande accademiche. Si mosse verso la scrivania sopra la quale c’era
una balestra armata.
Il
ragazzo stava scendendo lentamente le scale. Derek era attonito. In tutti i
suoi anni alla guida del Consiglio non aveva mai visto così da vicino un
vampiro in forma umana. Non aveva niente di spaventoso, eccetto gli occhi che
sotto certe angolazioni sembravano riflettere la luce.
(…Padre
nostro che sei nei cieli…)
“Suppongo che tu sia il capo del branco. Io sono
Angel. Il marito della cacciatrice, giusto per intenderci.”
(…sia
fatta la tua volontà…)
Alzò
la balestra, ma prima di poter far fuoco Angel gliel’aveva tolta di mano,
spezzandole l’arco e rendendola inservibile. Derek rimase interdetto. Non era
quasi riuscito a vederlo muoversi. Sapeva solo che l’istante prima era sulle
scale ed ora proprio davanti a lui.
(…rimetti
a noi i nostri debiti…)
“No, ti prego. Niente stupidaggini.” disse il vampiro
sorridendo “Ora ti dico come stanno le cose. Tu sei morto, solo che ancora non
te ne accorgi. Il solo dubbio è su come prenderai atto di questa tua nuova
condizione. Molto dipende da quanto mi farai innervosire. Al momento mi sto
divertendo e sono piuttosto di buon umore, ma ti avverto che sono lunatico.” Si
sedette sulla scrivania e cominciò a giocherellare con un tagliacarte “Ho
bisogno di sapere dove voi tenete gli archivi. Mi hanno detto che sono solo
qui, ma preferisco sincerarmene di persona, e tu sei sicuramente l’uomo giusto
per dirmelo.” Il suo volto sembrava quello di un adolescente alla vista della
macchina nuova “Con comodo, naturalmente. Possiamo prenderci tutta la notte.
Fino all’alba non ho altri impegni.”
(…e
liberaci dal male…)
*
* *
Quentin
si fermò appoggiandosi al muro. Sentiva i polmoni scoppiargli. Era vecchio,
troppo vecchio per poter scappare a lungo, ed era così strano che finora
nessuno dei mostri che avevano invaso la sua casa si fosse accorto di lui.
Qualcosa
gli premette nella schiena, la canna di una rivoltella.
“Ciao, Quentin. Ti ricordi di me?” sibilò una voce al
suo orecchio.
Si
voltò e vide una bella ragazza con felini occhi verdi che lo fissavano pieni
d’odio.
“Buffy Summers?!?” ansimò lui. Quando l’aveva vista
l’ultima volta aveva lunghi capelli biondi, mentre ora erano corti e castani.
Ed erano passati più di dieci anni, mentre questa donna sembrava a malapena una
ventenne. Ma non avrebbe mai potuto dimenticare quello sguardo da predatore.
“Ma che bravo, ti ricordi! E io credevo che voialtri
non faceste caso all’aspetto dei vostri animali domestici. Passiamo alla
prossima domanda. Ti ricordi il mio diciottesimo compleanno? Quando tu e quell’altro
tuo allegro compare mi avete iniettato quella merda chimica nelle vene per
farmi diventare… normale… poi mi avete fatto dare la caccia da un vampiro
psicopatico?”
L’Osservatore
deglutì a fatica “Buffy…”
“Sai, è stato davvero istruttivo, soprattutto la parte
dove mia madre veniva quasi uccisa.”
Lui
chiuse gli occhi.
“Non ti ho mai detto quanto mi sono divertita quella
volta. Così tanto che ora voglio ricambiarti il favore e farti provare il
gioco. Voglio essere leale, esattamente alle tue condizioni. Guarda, questa la
metto via.” Si infilò la pistola nella cintura dei jeans “Nessuno degli altri
ti toccherà e se riuscirai a sopravvivere a questa notte sarai libero. Devi
solo trovare il modo di affrontarmi e sconfiggermi. Credo di doverti avvisare,
posso trovarti in qualsiasi posto tu ti nasconda, quindi non ti conviene farlo.
Ora vuoi un buon consiglio? Scappa!”
E
Quentin cominciò a correre.
*
* *
Quando
Derek aveva ordinato di fuggire, Willow aveva istintivamente cercato Michaela.
Era il solo legame che le restava, e pensava di volere passare gli ultimi
istanti della sua vita con lei. Ma l’Osservatrice incrociò il suo sguardo senza
guardarla realmente, e corse verso una porta posteriore. Lo sbaglio che stavano
facendo molti. Quasi nessuno degli altri Osservatori aveva mai visto un
vampiro, se non quelli che a volte venivano tenuti prigionieri, e questi erano
un’altra cosa. Non avevano idea di cosa dovevano combattere. Sarebbero caduti
come pecore davanti ai lupi.
Quasi
provò rabbia nel vedere che sottovalutavano i loro avversari al punto di
credere che avrebbero lasciato libere le via d’uscita. Ma in fondo, non faceva
differenza verso dove scappavano. Nessuno di loro avrebbe visto l’alba.
Buffy
e Angel non si sarebbero mai mossi, e non sarebbero mai arrivati fin lì, se non
avessero studiato bene il loro piano.
Era
sicura che fossero stati loro, a programmare l’attacco. Non li aveva visti, ma
era certa che fossero vicini.
Corse
via, quasi svogliatamente, e andò a rifugiarsi in biblioteca. Era vero, non c’erano
posti sicuri, ma non poteva limitarsi ad aspettare immobile in un atrio. Per
una volta aveva deciso d’agire d’impulso e quello era il luogo dove aveva
trascorso gli unici momenti felici degli ultimi anni.
Si
raggomitolò per terra, abbracciandosi le ginocchia. Le parole di Angel le
risuonavano nella mente. Le tradizioni erano state la loro rovina. Non avevano
voluto credere che un nemico che per millenni si era comportato in modo
prevedibile avrebbe potuto cambiare. Ora avrebbero scontato la loro cecità. Non
ci sarebbe stata l’opportunità di imparare dagli errori.
Sentì
un suono e si alzò per indagare. Non aveva paura, ormai non sarebbe servito a
niente aver paura. Fra gli scaffali, intenta a sfogliare uno dei libri, c’era
una strana ragazza.
“Sei venuta qui a morire, Osservatrice?” disse la
sconosciuta con una voce splendida come una musica “In compagnia dei libri?”
Appoggiò con attenzione il volume che teneva in mano su un tavolo e ne prese un
altro, sfiorandolo come se fosse di cristallo “Ti capisco, sai? I libri sono
importanti.”
“Tu… tu chi sei?” chiese Willow.
“Da’ana. Sono il tuo nemico. Quella che ti ucciderà.”
Willow
osservò gli occhi abissali della donna e vide una verità senza ombra di
compiacimento. Stranamente non le importò. Adesso o tra poco non faceva
differenza. Questa notte qualcuno avrebbe avuto la sua vita, e non voleva
morire per mano di Buffy o Angel, che aveva amato.
“Non cerchi di scappare?”
“Ci riuscirei?”
“No. Come ti chiami?”
“Willow.”
“Un nome davvero strano. Un albero che si piega al
vento. Ma tu non ti pieghi, vero? Tu resisti senza compromessi. E non mi
pregherai. Bene. L’orgoglio non fa mai male. Non ho intenzione di farti
soffrire. Vorrei poter avere il tempo di parlare con te. Qui conservate così
tanto sapere, tante conoscenze, ed è tutto inutile. Non capisco… Iniziate bene,
ma poi sbagliate sempre strada. Dovunque parlate di destino, vi considerate
degli eletti, mura che si ergono stoicamente contro l’avanzare delle tenebre, e
perdete di vista la realtà. Vi affascina tanto l’idea di avere un sentiero
tracciato da seguire? O siete spaventati al pensiero di essere soli?” Lasciò il
libro e si avvicinò a Willow, carezzandole il viso con il dorso delle dita “La
solitudine è libertà, e la libertà significa dover essere responsabili di se
stessi. Nessuno che giustifica le nostre azioni. Questo può essere spaventoso,
vero? Lo so anch’io, ma non ho mai voluto barattare la mia libertà con una
confortante illusione, e la paura…”
Sfilò
gentilmente la croce che da anni Willow portava al collo, e la prese in mano.
Non successe nulla.
“… la paura fa strane cose, quando ti aspetti che
accadano. Io non ho paura.”
Willow
si tirò indietro. Quel gesto l’aveva spaventata, più di qualsiasi cosa avesse
mai visto fare ad un vampiro.
“Che cosa siete? E cosa è lei?”
Da’ana
sospirò, come se la domanda l’avesse delusa, in qualche modo.
“Niente di molto diverso da quello che sei tu, o
chiunque altro. Esseri viventi.”
La
risposta a tutte le domande che Willow si era fatta…
(…la
soluzione più semplice…)
… era sempre stata davanti ai loro occhi, e invece
avevano finito per arrampicarsi sugli specchi, trovando le spiegazioni più
fantasiose per qualcosa che di fantastico non aveva niente.
“Tutto qui?” chiese.
Da’ana
si strinse nelle spalle.
“Tutto qui.”
Capiva
perché Angel aveva riso di lei. Al suo posto, avrebbe fatto lo stesso.
“Perché non ce ne siamo mai accorti?”
“Questo dovresti chiederlo a te stessa.”
“Non ho più tempo.”
“Forse… non soddisfa la vostra vanità. Vi fa sentire
meglio credervi qualcosa di speciale.”
“E’ così sbagliato?”
“Non capisci. Non è una questione di giusto o
sbagliato. Questo è l’errore che fate sempre. Credete che esista un… ordine di
correttezza… nelle cose… negli esseri viventi. E voi siete il metro di
paragone. Se non sei umano sei sbagliato. Allora quasi tutto il mondo è
sbagliato. Voi cercate un limite al mondo. Lo classificate, dividendolo in
settori. Ponete limiti anche a voi stessi. Arrivate fino ad un certo punto, e
rifiutate di andare avanti. La questione è se sia possibile o no. Conosco un
solo modo per uscire dalla corsa.”
“Sparire…”
Da’ana
annui.
“Non è facile… accettare di essere solo uno dei
tanti…” mormorò Willow.
“Non è facile accettare di avere meno di altri. Il
pensiero che altri possiedono quello che avete sempre desiderato…
l’immortalità… deve essere tanto intollerabile che solo convincendovi che chi
lo possiede non può essere altro che un mostro, qualcosa di innaturale…
riuscite a sopportarlo. Potrebbe essere questa, la risposta giusta?”
“Temo… temo di si. Invidia.”
Willow
cominciò a ridacchiare…
Le
venne in mente la spiegazione datale da Giles anni prima e le sembrò così
inadeguata, così banale… Certo, il mondo non era mai stato un paradiso, ma
sicuramente non era mai stato un inferno. E aveva perso tutti quegli anni senza
accorgersene…
Era
così triste, morire solo per invidia. Morire per disattenzione.
La
risata di Willow si trasformò in un pianto isterico e la donna la strinse fra le
braccia come se volesse rassicurarla.
“No, non temere.” disse quasi con rincrescimento “Mi
prenderò cura io dei tuoi libri e ti ricorderò sempre, ricorderò tutti voi. E
vivere nella memoria non è forse un po’ come essere immortali?”
Willow
sentì il lieve dolore del suo morso, poi una debolezza sempre più dolce e
profonda. Appoggiò la testa sul petto di Da’ana, mentre le lacrime le
attraversavano il viso. E fino all’ultimo non seppe se piangeva per la vita che
la abbandonava o per tutto ciò che non avrebbe più avuto occasione di
conoscere.
*
* * * * * * * * * *
… strinsi il corpo dell’Osservatrice e presi la sua
vita. Non avrei voluto farlo, la sua mente brillava come un faro e qualcosa in
me smaniava di scaldarsi a quella luce, ma questa donna era pericolosa, senza
possibilità di redenzione.
Perché
doveva sempre essere così? La natura gioca tanto crudelmente con i suoi figli.
Non siamo famosi per la nostra razionalità. Gran parte di noi pensa solo a ciò
che può uccidere, o ciò da cui può essere ucciso. Le cacciatrici non sono
diverse. Chi è più portato alla meditazione sono gli umani, ma ad essi mancano
le capacità. Lenti di mente, di corpo, di sensi… Forse è il motivo per cui sono
così speculativi. In noi l’azione segue subito il pensiero senza passare attraverso
il tramite della riflessione e della pazienza. Ma questa donna che era nata
senza le limitazioni dei suoi simili si era volontariamente legata con la loro
stessa catena. Non potevo lasciarla in vita, ma le avevo detto che non
desideravo il suo dolore e cercai di mantenere la promessa. Sentii la gioia di
uccidere pervadermi e non provai neppure a reprimerla. Non era questo che
dovevo temere. Lasciai andare quel corpo vuoto e me ne andai.
Tutto
era finito. Era stato così facile, un nemico così temuto e così indifeso.
Millenni sprecati in un gioco da bambini.
Ora
avevamo dato una scossa allo scorrere degli eventi, ma né io né nessun altro
potevamo prevedere quali strade si erano aperte e quali invece erano state
cancellate. Di una cosa ero certa. Le conseguenze si sarebbero propagate
lontano. Molto lontano.
Buffy
e Angel arrivarono da direzioni diverse. C’era la luce della soddisfazione nei
loro occhi. Vecchi conti in sospeso erano stati chiusi, vecchie vendette
portate a termine…
Credevano
di aver assistito solo alla fine di un incubo personale questa notte, ma vidi
la verità in embrione dentro di loro.
Non
lo sapevano ancora, ma avevano tutto il tempo di imparare…
Epilogo
Dicono
che la vendetta non da soddisfazione.
Guardavo
il corpo del vecchio ai miei piedi, e non potevo fare a meno di pensare che chi
lo aveva detto si sbagliava. O era un ipocrita. O semplicemente non sapeva di
cosa parlava.
Lo
avevo inseguito per ore. Non che fosse tanto abile da sfuggirmi, ma ero io a
non volere finire. Era incredibile… non sapeva neppure difendere la sua vita.
Aveva ucciso… credo più di quando non avessi mai fatto io… eppure sempre
tramite altri. Mari di sangue versati, e non una sola goccia a sporcargli le
mani.
Verso
la fine, era sembrato addirittura sorpreso. Un buon vecchio nonno che si chiede
perché la nipotina gli si rivolta contro.
Meglio
così, in un certo senso.
Lo
odiavo. Quasi non avevo saputo quanto lo odiavo. Avevo dimenticato che stavo
odiandolo, e l’odio aveva avuto anni per crescere, e aspettare il momento in
cui rendermi consapevole della sua esistenza
Odiavo
quello che mi aveva fatto, ma non mi importava nulla di quello che era lui. ‘Lui’… non mi importava. Non mi
importava che capisse quello che significa essere cacciati, e spaventati.
Capire…
avrebbe potuto forse attenuare la sua sofferenza, e io volevo farlo soffrire…
Volevo vederlo morire per mia mano.
Lo
volevo, e lo avevo fatto.
Niente
mi avrebbe restituito gli anni di non vita che avevo vissuto. I balli non
fatti, le musiche non ascoltate, le banalità che non mi erano successe, le
stupidaggini che non avevo potuto commettere… Perché quest’uomo e i suoi simili
si erano presi il diritto sulla mia vita, e perché io e le mie simili glielo
avevamo concesso.
Se
solo lo avessi capito anni prima, se solo avessi capito che avrei potuto essere
libera nel momento stesso in cui lo decidevo, mi sarei risparmiata anni di
vuoto.
Ma
ognuno è responsabile delle sue azioni, io come lui. Nessuna volontà superiore
a guidarci. Solo noi stessi.
Dovevamo
affrontare entrambi le conseguenze di quello che avevamo fatto.
Io
il rimpianto per la mia debolezza.
Quentin...
aveva dovuto affrontare me.
Ora
mi sentivo… bene.
Scavalcai
il corpo e raggiunsi gli altri.
Avevamo
avuto la nostra guerra, e avevamo vinto. C’erano ancora Osservatori, perché
alcuni di essi erano sparsi per il mondo, ma il colpo inflitto alla loro
organizzazione era stato mortale, quasi sicuramente definitivo. Avevano perso i
loro capi, e le loro famiglie, e i loro archivi erano nelle mani di Da’ana, che
li guardava con gli occhi di una donna innamorata.
Ero
libera. La prima realmente libera da quel giorno perso in un passato
immemorabile in cui eravamo state asservite al bisogno degli Osservatori.
Libera…
Ripetei la parola ad alta voce, assaporando il suono di ogni sillaba,
facendomele scivolare sulla lingua, e poco per volta il concetto mi pervase. E
se Da’ana aveva ragione, e l’unico destino è quello che determiniamo noi con
l’azione ed il pensiero, allora la mia libertà era infinita come quella di
tutti gli altri figli della Terra, e presto il ricordo di quegli anni in cui
ero vissuta come una schiava fuggiasca sarebbe svanito come le immagini di un
sogno al risveglio.
Adattamento
e volontà erano gli dei di Da’ana. Erano dei spietati. Non promettevano pace,
amore o felicità, né in questo mondo, né in nessun altro. Non promettevano
neppure la vita. Ma non mi negavano nulla. Si limitavano a dire ‘queste sono le
condizioni. Fa del tuo meglio.’
Eppure
mi accorgevo che mi piacevano, che li trovavo infinitamente più confortanti
delle onnipresenti forze che avevo creduto di avere servito un tempo.
Riuscii
a piangere un po’ per Willow… Per quello che c’era stato fra noi, non per come
era andata a finire. Avremmo potuto entrambe prendere strade diverse, ma
avevamo fatto le nostre scelte, ed io non avevo rimpianti. Mi chiesi se potevo
dire lo stesso di lei.
Mi
accorsi che l’idea del futuro non mi appariva più tanto spaventosa.
Le
cose sarebbero cambiate ancora, prima o poi. E in modo imprevedibile.
Tutte
le volte che avevo creduto di aver raggiunto una situazione definitiva, ero
stata disillusa nel modo peggiore. Ma la colpa era stata solo mia. Mi ero
sempre aspettata la pace… no, non la pace… ma una stabilità che confondevo con
la pace. E naturalmente il mondo non esiste per accontentare me. Così mi aveva
travolto di sorpresa.
Non
volevo più ripetere quell’errore. Qualunque cosa sarebbe successa, l’avrei
affrontata al momento giusto.
Per
ora mi bastava pensare a quello che avremmo fatto.
Da’ana
ci aveva offerto ospitalità nei Territori. Credo che la sua mente speculativa
fosse eccitata dalla possibilità di avere a disposizione una cacciatrice da
studiare. Stranamente, la cosa mi allettava molto, almeno per un po’.
Angel
sembrava titubante. Forse lo disturbava l’idea di dover sottostare ad una
volontà diversa dalla sua, ma ero sicura di riuscire a convincerlo rapidamente.
Anche per lui era arrivato il momento di tornare a casa. In quanto a me,
desideravo conoscere qualcosa sul popolo di mio marito, e poi dovevo imparare
tutto su me stessa. Questo sarebbe stato un lavoro difficile, e lungo.
Ma
avevo tempo. Tutto il tempo del mondo.
Per
la prima volta la cosa non mi appariva come una condanna. Tutt’altro.
Fine