IMAGO

Di Solitaire

 

 

Sto morendo?

Sto morendo in un modo inimmaginabilmente atroce, per colpa mia? Per qualcosa che so bene rifarei ancora, e ancora, e ancora…

Di mia mano ho costruito la trappola che ora mi imprigiona, ho sistematicamente sbarrato tutte le vie di fuga, e ora non mi resta che seguire fino in fondo questa strada, bere l’amaro calice… sto impazzendo…

Il dolore mi travolge a ondate, sembra estromettermi dal mio stesso corpo, ogni volta mi spinge più lontano.

Alla fine riuscirà a scacciarmi, e io mi dissolverò nel nulla, lasciando dietro di me solo un guscio vuoto?

Non posso muovermi, non posso più quasi neanche pensare. Di chiaro mi restano solo i ricordi, e allora mi aggrappo ad essi.

Per rivivere le azioni che mi hanno portata a questo momento, per restare me stessa…

 

I

 

Jade camminava nei corridoi dell’ospedale. Non era obbligata a fare di persona il giro di controllo. C’erano le infermiere per quello e se ci fosse stato bisogno di un medico l’avrebbero chiamata subito, ma non aveva mai voluto affidarsi agli altri per ciò che poteva fare da sola.

La notte era silenziosa, e le poche persone che incontrava le facevano a malapena un cenno prima di proseguire.

Perché accetti sempre i turni di notte?” le aveva chiesto Michael, un suo collega “Potresti rifiutarli qualche volta. Potresti riposare un po’. Sono quasi otto mesi che sei qui. Insomma, non devi comportarti come l’ultima arrivata per sempre.”

Ma come fargli capire che lei amava la quiete della notte, almeno quanto detestava la compagnia degli altri? Non aveva neanche tentato di spiegare. Se voleva avrebbe compreso da solo, altrimenti nulla di quello che avrebbe detto sarebbe servito. Per lei non cambiava niente.

Al diavolo, sapeva quel che voleva Michael. L’aveva invitata fuori diverse volte e ad ogni rifiuto pareva farsi più insistente. Sembrava non riuscisse a capire come una ragazza potesse preferire passare le notti lavorando in ospedale piuttosto che rotolandosi nel letto con uno splendido esemplare di maschio californiano come lui.

Non era certo per quello che aveva accettato il posto in questa piccola città. Si era laureata da meno di un anno, e con i suoi voti e le sue referenze aveva ricevuto subito diverse offerte. Ospedali più grandi, più importanti. Ma quando aveva saputo che a Sunnydale cercavano personale, si era sentita attratta come in insetto dalla luce. Aveva lasciato la sua famiglia e si era diretta in California. Appena arrivata aveva capito che non se ne sarebbe più andata.

E’ il clima, si era detta. Per una come lei, originaria di una città come Vancouver, dove gelo e neve la facevano da padroni per otto mesi l’anno, era un paradiso. Si, certo, peccato che lei non andava quasi mai a godersi le belle giornate.

E’ la tranquillità, aveva pensato poi. Non essere assillata dalla folla di una grande città. Solo che in quei paesi la gente era ossessiva e fastidiosa fino all’inverosimile, e lei lo sapeva bene. Tra l’altro nemmeno il lavoro era riposante, l’ospedale non era grande, ma affollato, troppo affollato. Le volte che era stata di turno al pronto soccorso erano state una vera follia.

Tanto valeva accettare il fatto che non sapeva perché si fosse lasciata incantare da quel posto. Forse era l’unica cosa irrazionale che avesse mai fatto in vita sua.

Passando silenziosamente davanti ad una stanza, vide una figura china sul paziente. Che ci faceva li? Non era un membro del personale ospedaliero, non aveva il camice. E non poteva essere un parente. Non era certo orario di visite e quello non era un reparto dove ci fossero malati così gravi da giustificare un’infrazione alle regole.

Jade arrivò alle spalle dello sconosciuto. Lei camminava come un felino, senza neppure accorgersi di quanto fosse silenziosa. Spesso spaventava le persone, ma a volte non riusciva a far rumore neanche volendo.

Si può sapere che sta facendo qui?” esclamò

L’uomo si voltò di colpo, preso di sorpresa.

Solo la paura impedì a Jade di urlare. La paura che la pietrificò, che quasi le fermò il cuore.

Perché quel che si era voltato era qualcosa di indescrivibile. Qualcosa con occhi gialli e brillanti da gatto, e zanne affilate. Qualcosa di tanto più orribile proprio perché simile a un uomo, a come un uomo sarebbe apparso se tutta l’oscurità del suo animo avesse preso volto e corpo.

 

II

 

Fu la sua prontezza di riflessi a salvarle la vita. Il mostro le si slanciò contro, ma invece di scappare Jade afferrò una sedia e lo colpì violentemente, poi corse al campanello dall’allarme e lo suonò cominciando ad urlare.

L’essere fuggì rapidissimo e la ragazza stava per inseguirlo quando sentì il paziente nel letto rantolare e vide il cuscino impregnato di sangue. Per alcuni istanti non seppe che fare. Il suo dovere era per il malato, ma quella cosa… doveva sapere di che si trattava.

(Mi spiace) pensò, e corse fuori dalla stanza.

Aveva tardato solo di pochi secondi, ma l’essere era già molto lontano, e aumentava il suo vantaggio ad ogni passo. Quando Jade uscì correndo dall’ospedale, sotto lo sguardo attonito dei presenti, era quasi scomparso.

Forse non sarebbe mai riuscita a raggiungerlo, ma ora il suo solo pensiero era di trovarlo. Aveva dimenticato la paura provata, il paziente sanguinante… solo quella cosa mai vista prima contava.

Senza accorgersene si trovò in una zona deserta, niente case o costruzioni. Aveva perso di vista il suo obiettivo e si fermò guardandosi attorno. Ma dove era finita? Non aveva pensato che l’ospedale era in periferia e ora lei si trovava vicino alla boscaglia che circondava la città. Il buio era quasi assoluto, eccetto la luce delle stelle e di una mezza Luna e solo adesso la giovane donna si rese conto che ciò che inseguiva era probabilmente molto pericoloso.

Sentì strani suoni provenire da oltre un gruppo di alberi e li seguì, dimenticando subito i timori che aveva appena ricominciato a provare.

Appena al di là della fila di vegetazione vide alcune figure che sembravano impegnate in un combattimento. L’essere che aveva inseguito e altre tre persone. Una di queste pugnalò con un gesto rapidissimo il mostro, che si dissolse in una nube di polvere, sotto gli occhi raggelati di Jade.

(Oddio, oddio…) pensò (non è possibile, cosa sta succedendo…)

… che succede?” gridò, non pensando al rischio che poteva correre. I tre si voltarono a guardarla. Erano adolescenti, una biondina, un ragazzo bruno e una bellissima ragazza che sembrava uscita dal concorso di reginetta del liceo e appariva completamente fuori posto in mezzo alle sterpaglie e ai combattimenti. Nessuno dei tre poteva avere più di sedici o diciassette anni.

Che ci fa qui?” chiese la bionda, in tono quasi minaccioso.

Jade non era un tipo facilmente impressionabile, e lo aveva dimostrato quella sera (vero che lo aveva dimostrato?) e non aveva intenzione di farsi intimorire da una ragazzina.

Ho visto… ho visto quella… cosa, che spariva. Cos’era? Cosa avete fatto?”

Questo non è posto dove fare una passeggiata, signora.” disse il ragazzo.

Non stavo passeggiando.” replicò Jade cercando di ritrovare la calma “Quell’essere era in ospedale. Ha ferito un mio paziente, forse lo ha ucciso. Sono riuscita a farlo scappare e l’ho inseguito fin qui… “ Con un certo fastidio si rese conto che stava cercando di giustificare la sua presenza. Era una cosa che non faceva mai con nessuno, ma questi ragazzi erano strani. Non si comportavano con l’artificiosa arroganza o con la timidezza che gli adolescenti mostrano verso gli adulti. Avevano invece una sicurezza anormale, e la determinazione di un’età avanzata.

Ed è ancora viva?” esclamò il giovane in tono ammirato, rivolto alle compagne “E’ una di quelli fortunati.”

Vada a casa.” disse la biondina “Si sbrighi. Non sono affari suoi.”

Con questo i tre sembrarono perdere ogni interesse nei suoi riguardi e cominciarono a parlottare a bassa voce fra loro, ma Jade rimase ferma a guardarli.

E questa? Ha perso la strada?” mormorò una voce proprio dietro di lei. Jade si voltò ansimando e quasi sbatté contro l’uomo comparso alle sue spalle, silenzioso come un’ombra. Un giovane, circa della sua età, con un viso splendido e freddi occhi neri che la studiavano come se lei fosse una specie di bizzarro e sgradevole animale.

Posto sbagliato, momento sbagliato.” disse la bionda “E quello che stava scappando?”

Non è andato lontano.” rispose lui, sorridendo alla ragazza e lanciandole una cosa simile ad un legno appuntito. Lei lo prese al volo, restituendo il sorriso. I loro erano volti di persone per cui il resto del mondo ha cessato d’esistere. Senza più curarsi di Jade, il giovane si diresse verso la ragazza bionda, le passò un braccio intorno alla vita e insieme cominciarono ad allontanarsi. Gli altri si presero per mano e li seguirono a qualche passo di distanza.

Aspettate.” gridò Jade “Voglio sapere cosa è successo.”

La reginetta di bellezza scosse la testa e tornò indietro. Gli altri si fermarono ad aspettarla, il suo compagno con aria impaziente, gli altri due sempre strettamente abbracciati e indifferenti a tutto tranne che a se stessi.

Senta cara,” disse la ragazza “Le abbiamo già detto cosa fare. Torni a casa e non ci pensi.”

Cordelia!” esclamò il suo amico “Andiamo, domani abbiamo l’interrogazione e voglio dormire un po’.”

Arrivo.” gli rispose, poi si rivolse ancora a Jade “Lo dico per lei, non si faccia domande.”

Le sorrise, e corse a raggiungere gli altri. In pochi istanti erano svaniti tutti nell’oscurità, come se non fossero mai esistiti. Ma ora l’erba era calpestata, e macchiata di sangue.

 

III

 

Jade era arrivata al liceo. Dell’avventura di tre notti prima, le era rimasto solo un nome, Cordelia, e il vago accenno alla scuola. E i suoi ricordi, naturalmente. Quelli erano impressi a fuoco dentro di lei.

Girò un po’, guardandosi attorno. Non vedeva nessuno dei ragazzi che aveva incontrato, ma c’erano così tanti giovani che non si aspettava certo di trovarli subito.

Meglio chiedere. Cordelia non era un nome comune e difficilmente più di una persona lo portava. Cercò attentamente. I ragazzi riuscivano ad essere più omertosi della mafia, quando volevano, e se si fosse rivolta alla persona sbagliata, o nel modo sbagliato, non avrebbe ottenuto nulla.

Finalmente trovò i tipi che poteva conoscere una miss liceo. Un gruppetto di ragazze intente a pendere dalle labbra di una biondina che parlava con un gran agitare di mani e risatine fasulle.

Tipica troietta di provincia. Moderatamente ricca, moderatamente bella, moderatamente sveglia. Classico animale subalterno, in sostituzione del capo branco, dispotica con i deboli e pronta a chinare la testa di fronte a chiunque sentisse gerarchicamente superiore. La preda ideale per Jade, che la avvicinò.

Ciao,” disse “sto cercando Cordelia. Sai dove posso trovarla?”

Harmony la guardò e vide una donna più bella e decisa di quanto lei non avrebbe mai potuto sperare di essere. L’occhiata altezzosa si trasformò subito in un sorriso

Buongiorno.” le rispose educatamente “Cordelia? Si, credo di si. Ora non ha lezione, forse può trovarla in biblioteca, passa lì quasi tutto il suo tempo libero.

Grazie.” mormorò Jade allontanandosi.

Trovò rapidamente la biblioteca ed entrò tirando un sospiro. Un bell’uomo di mezza età le si avvicinò sorridendo.

Salve.” la salutò, con uno spiccato accento inglese “Posso fare qualcosa per lei?”

Ma guarda un po’.” disse una voce ironica, prima che lei potesse rispondere “La nostra fortunata signora.”

In un angolo, vicino ad un computer c’era il più giovane dei due ragazzi che aveva incontrato e Cordelia. Gli altri due mancavano, ma in compenso era presenta un’altra ragazza, con i capelli rossi e l’aspetto di topolino sperduto.

La conosci, Xander?” chiese l’uomo, probabilmente il bibliotecario.

Come no? E’ la tizia che ci ha visti l’altra sera.

Ah. Capisco. Allora immagino di sapere cosa vuole.”

Risposte.” replicò Jade, con un certo nervosismo. Questa volta non avrebbe permesso che parlassero di lei come se non fosse presente. L’uomo sembrava a disagio, e la ragazza decise di prendere in mano la conversazione.

Sono Jade Siebert. Ho visto qualcosa… di strano. Volevo parlare con i ragazzi, ma a quanto pare anche lei è immischiato. Tanto meglio, forse una persona adulta non giocherà a fare il misterioso.

L’uomo sembrò cedere. Le fece un cenno verso una poltrona e si sedette a sua volta, guardandola tristemente.

Mi chiamo Rupert Giles. Loro sono Willow, Cordelia e Xander.” Le sorrise, un po’ tristemente “Io la capisco, sa? I ragazzi mi hanno raccontato cosa è successo. Mi dica, lei non è di Sunnydale, vero?”

No, sono canadese. Di Vancouver.”

Lo immaginavo. La gente di qui non si stupisce facilmente. Posso chiederle come è finita in quel campo?

Sono medico all’ospedale cittadino. Tre notti fa un essere, non so come altro chiamarlo, ha aggredito un paziente. Io l’ho inseguito e ho visto una ragazza disintegrarlo. Ho quasi creduto di avere avuto un’allucinazione, ma poi all’ospedale ho scoperto che il paziente era morto, e questo non era certo un sogno. Morto dissanguato, e sgozzato. Un quattordicenne ricoverato per togliersi l’appendice. Insolito, vero? Io sono curiosa e mi sono chiesta se non fosse capitato altre volte. Così ho cercato negli archivi dell’ospedale e ho trovato tante cose strane. Innanzi tutto un’incidenza di mortalità da far invidia al Bronx, soprattutto fra chi è tra i dieci e i trent’anni. Poi un numero insolitamente alto di ricoverati per… diciamo aggressioni animali. Questo in sintesi. Ci sono altre bizzarrie, ma credo che può bastare, vero? Mi ricordavo il nome di Cordelia e, beh, non c’è voluto molto per trovarla. Ora vorrei sapere cosa succede in questo posto.

Giles capì che la donna non avrebbe accettato un rifiuto. Dopo quel che aveva fatto, non sarebbe certo stato lui a impressionarla. Un’altra persona da portare a conoscenza del loro segreto. Ormai cominciavano ad essere in troppi. Qualche volta gli veniva da pensare che poter tenere nascosta tutta la storia fosse solo una sua illusione.

Le cose qui sono… complicate. Non posso spiegarle subito. Devo prima parlare con altre persone e adesso la biblioteca è aperta, arrivano gli studenti per i libri e noi abbiamo bisogno di tranquillità. Vorrei che tornasse qui questa sera e potremmo parlare, insieme a tutti i diretti interessati.

Questa sera? E si farà trovare o sparirà in una nuvola di polvere? Le dico subito che le vostre allusioni e le frasette stile agente segreto non fanno altro che incuriosirmi ulteriormente.

Le prometto che avrà una spiegazione. Non posso assicurarle che le piacerà, però.

Jade capì che per ora non avrebbe ottenuto altro.

Va bene.” disse “Mi faccio sostituire all’ospedale e questa sera sono qui. Signor Giles, sono una persona ostinata, e per quanto mi riguarda i segreti servono solo per essere scoperti.

Questo l’ho capito.” mormorò l’inglese, guardando Jade uscire dalla biblioteca.

 

IV

 

Per le nove era tornata.  All’interno c’erano tutte le persone che aveva già incontrato, e una donna snella dai grandi occhi scuri, e tutti la fissavano. Le sembrò quasi di essere sotto processo, ma questo non fece che accrescere la sua decisione.

Dottoressa Siebert,” disse Giles “Non posso dire che è un piacere rivederla. Anzi, speravo che avesse cambiato idea.”

Mi spiace, ma spero capisca che non posso fare altro.”

Si, certo. Va bene.” Con un certo imbarazzo indicò i presenti “Conosce già Cordelia, Willow e Xander. Lei è Jenny Calendar e loro sono Buffy ed Angel. Credo che li abbia già visti.”

Era evidente che Giles cercava di prendere tempo, ma Jade non era impaziente. Al momento tutta la sua attenzione era concentrata sui presenti. Capiva le persone per istinto, era in grado di sapere cosa fossero e come agivano solo guardandole. Forse erano gli atteggiamenti, o gli sguardi o qualcosa che era in grado di analizzare inconsciamente e arrivare a conclusioni che agli altri sfuggivano. Era qualcosa che andava oltre l’intuizione, ma si era sempre rifiutata di credere alle percezioni extrasensoriali, e soprattutto non voleva pensare che lei potesse avere a che fare con una cosa simile. Lo odiava, come odiava tutto quel che non aveva sotto controllo, anche se spesso era molto utile. Nel suo lavoro, ma anche in momenti, come adesso. E quello che sentiva in questa gente la turbava.

Il gentile bibliotecario chiudeva dentro di se una violenza e una rabbia che spaventavano anche lui, ed era imprigionato fra un ruolo che odiava e le passioni che provava.

La donna nascondeva qualcosa e non era loro amica,

Xander, sotto la sua giovialità e la sua allegria, sarebbe stato capace di qualunque cosa pur di ottenere quel che voleva e sarebbe passato con la forza di un camion su chiunque si fosse trovato sulla sua strada.

Sentì una speciale affinità con la ragazzina dai capelli rossi. Sapeva che era spinta solo dalla sete di sapere, come lei d’altra parte, e che come lei avrebbe dato la vita, l’anima e il cuore per esso.

Cordelia era molto più complessa, intelligente e sensibile di quanto volesse apparire, intrappolata com’era nel suo ruolo di bella della festa, e sentiva la solitudine chiudersi intorno a lei anche quando era circondata da amici, e forse non sapeva neanche quale forza nascondeva.

Buffy e Angel le facevano venire i brividi. Stavano vicini, le loro mani si toccavano distrattamente, come se fossero incapaci di distaccarsi per più di qualche secondo e i loro occhi continuavano ad incontrarsi, distogliendo la loro attenzione dagli altri. Jade aveva già visto quell’espressione. Sulle facce dei malati terminali, quando viene somministrata la morfina e il dolore insopportabile comincia a svanire. La stessa espressione di fame saziata, e avidità, e paura che l’effetto svanisse… Amore? Forse, ma certo non il genere d’amore di cui si legge nelle fiabe. Non il genere d’amore che Jade avrebbe voluto provare.

La ragazza sembrava un essere in fase di formazione. Una creatura di pura energia, per ora ancora embrionale, e controllata, ma Jade era sicura che non sarebbe rimasta così a lungo.

Il più inquietante era Angel. Nei suoi occhi non c’era nulla di riconoscibile. Era come guardare gli occhi di un serpente o di uno scorpione. Non vuoti, tutt’altro che vuoti, ma qualunque cosa vi affiorasse era incomprensibile. Il solo termine che le venne in mente per descriverlo era “estraneo”.

Immagino che lei non creda nel soprannaturale.” disse Giles, interrompendo le sue riflessioni.

No,” rispose lei “direi proprio di no.”

Allora temo che dovrà ricredersi.”

Cominciò a raccontare, partendo dalla singolarità del paese dove si trovavano e proseguendo parlando delle creature con cui condividevano il mondo e il lavoro che erano stati chiamati a compiere.

Voi volete farmi credere a delle favole.” mormorò Jade alla fine.

Senza una parola Buffy la prese per un braccio, la portò vicino ad Angel, che era rimasto immobile appoggiato ad un muro, e le mise a forza la mano sul petto del giovane. Jade sentì… niente. Non il battito del cuore, o il dilatarsi del torace nel respiro. Freneticamente, gli prese il polso, cercando sotto la pelle gelida le tracce della vita come lei la conosceva, ma trovò solo un sommesso pulsare ritmico e lento che non assomigliava certo ad un suono cardiaco e il lieve fremito involontario dei muscoli. Lo guardò negli occhi bui e si sentì mancare il respiro. Fece qualche passo indietro e sarebbe caduta se Xander non l’avesse sorretta.

Ehi ehi ehi dottore, non ci muoia qui. Lo sa quanto è difficile sbarazzarsi dei cadaveri?” disse accompagnandola ad una sedia. “Le donne! Fai di tutto per essere gentile con loro, e poi cadono sempre ai piedi di quelli senza cuore.

Il goffo tentativo di sdrammatizzare del ragazzo non ottenne nulla. Jade aveva le vertigini. Quello che le avevano raccontato sembrava assurdo, era assurdo, ma non poteva ignorare quel che aveva visto e soprattutto ora non poteva ignorare Angel. Era una donna adattabile, e se il mondo si rivelava diverso da come aveva sempre creduto, la sola cosa da fare era cercare di impararne il più possibile.

Già cominciava a pensare a cosa avrebbe chiesto, a cosa avrebbe fatto.

 

V

 

Giles osservava la giovane donna intenta a sfogliare i suoi testi. Da quando Jade era venuta a conoscenza della verità, passava tutto il suo tempo libero in biblioteca, mangiando panini e dormendo poche ore sulle sedie e, talvolta, dimenticandosi di fare sia l’una che l’altra cosa.

Era spinta da una smania di sapere che superava anche quella di Willow e che all’Osservatore sembrava francamente preoccupante. Assorbiva qualunque cosa e faceva domande a cui né lui né altri avevano risposte.

Dove l’avrebbe condotta quella strada, Giles non riusciva ad immaginarlo. Quando si era presentata da lui chiedendo, o meglio esigendo, una spiegazione, Giles si era rassegnato, pensando che in fondo un medico dalla loro parte poteva sempre essere utile, ma a volte si pentiva di averle parlato.

Ora si sentiva responsabile anche di lei, di quella ragazza dalla mente tagliente come un rasoio e l’insoddisfazione nello sguardo.

Soprattutto adesso. Jade era arrivata alla conclusione che gli archivi degli Osservatori non avevano tutte le risposte che cercava e aveva deciso di provvedere da sola.

Credi che Buffy e Angel mi permetteranno di esaminarli?” gli aveva chiesto qualche sera prima “Potrei scoprire cose molto interessanti sul loro conto.”

Giles era rimasto stupefatto. La ragazza aveva negli occhi una luce famelica che lo spaventava.

Non lo so. Perché non lo chiedi a loro?” era la sola risposta che aveva potuto darle.

Jade lo aveva fatto. Buffy si era rifiutata con decisione, ma stranamente Angel aveva accettato senza discutere, mettendo come sola condizione che fosse lui a decidere quanto tempo dedicarle e quando.

Giles ne era rimasto stupito, ma non era la prima volta che il vampiro si comportava in modo imprevedibile. Forse per lui era tutto un gioco con cui far passare una parte della sua solitaria eternità, o forse gli fregava così poco delle persone che lo circondavano, eccetto Buffy, che qualunque cosa facessero gli umani era indifferente, purché non gli dessero troppo fastidio.

Ma se gli avesse dato fastidio? Già l’Osservatore viveva nella paura che un giorno o l’altro uno dei ragazzi, probabilmente Xander, oltrepassasse il limite di tolleranza di Angel, trattandolo con troppa confidenza, e loro si potevano considerare amici. Ma cosa avrebbe fatto a questa donna quasi estranea se lo avesse esasperato? Avrebbe potuto ucciderla quasi senza accorgersene. Certo, poi avrebbe avuto crisi di coscienza e rimorsi, ma questo sarebbe servito a poco. Meglio non pensarci. Era affezionato a Angel e non voleva veder incrinare la loro precaria alleanza. Già, meglio proprio non pensarci. In fin dei conti non era mai successo niente finora… Per fortuna Buffy non aveva accettato, altrimenti le preoccupazioni sarebbero raddoppiate. E per fortuna Jade, presa dal suo nuovo interesse, non aveva insistito con la cacciatrice. Per ora almeno.

 

Jade guardò in tralice Giles e trattenne l’impulso di gettare all’aria quella marea di libri.

In quei diari c’era scritto molto, ma in un linguaggio così oscuro e contorto da far pensare che gran parte fosse descritto per allegorie, e poi profezie e miti e leggende. Inutile, era tutto inutile. Non quello che lei voleva, quello di cui aveva bisogno. Buona parte di quei testi era di sublime bellezza poetica , ma a parte quello…

Non bastava. Non bastava affatto! Ma come era possibile che quella gente non si fosse mai fatta domande? Per lei era semplicemente incomprensibile!

Com’era possibile che non vedessero la complessità del mondo in cui vivevano e che chiedeva solo di essere ordinata in una struttura comprensibile, una sequenza di note che poteva essere risolta in una sinfonia e non in un frastuono?

Erano le sfide che contavano. Gli enigmi che chiedevano una soluzione. E che senso aveva dire che non si potevano trovare, se prima non ci si provava?

Ora comunque aveva le basi e poteva proseguire da sola. Era un peccato che Buffy si fosse ostinatamente rifiutata di collaborare. Lei aveva cercato di spiegarle che non le avrebbe fatto alcun male, ma la ragazza non aveva voluto sentire ragione. Invece Angel aveva accettato di aiutarla, anche se non aveva fatto nulla per convincere la cacciatrice, e intanto come inizio poteva bastare.

Le avrebbe fatto imboccare un sentiero nuovo. Non sapeva dove l’avrebbe portata, ma di sicuro l’avrebbe seguito fino in fondo.

 

VI

 

Ho potuto avere un campione di sangue da Angel e ho trovato qualcosa di assolutamente peculiare. Oddio, non che tutto il resto fosse normale amministrazione. Sono solo due settimane lo studio e già mi sono ritrovata a spazzar via principi della biologia che mi avevano insegnato a considerare quasi degli assiomi.

Il sangue degli esseri viventi è formato da cellule arrivate alla fine della propria vita, incapaci di riprodursi e di durata limitata. Nei mammiferi i globuli rossi non hanno neanche il nucleo. Il sangue di Angel è diverso, le cellule sono nucleate, e hanno mantenuto la capacità latente di duplicarsi, che si riattiva a determinate condizioni, e sono riuscita a farle crescere in coltura.

In un certo senso la cosa è rassicurante. Significa che comunque esiste una base tangibile per tutto questo. Nessun fantasma, ma una realtà fisica. Avevo ragione, alla fine.

Non so come funzioni, però la cosa non mi scoraggia, tutt’altro. In fondo, non sappiamo neanche esattamente come funziona la metamorfosi negli insetti. Nel nostro caso forse è il sangue che provoca attivamente la trasformazione? O si limita a catalizzare un mutamento potenzialmente già presente? Ogni domanda ne provoca altre mille e mi chiedo se avrò il tempo di rispondere a tutte.

Intanto, ho deciso di provare a iniettare il sangue in alcune cavie. Mi rendo conto che è un sistema decisamente empirico, ma che altro posso fare?

 

Le cavie sono tutte morte. Ho provato con topi, conigli, cani, scimmie, ma nessuna è riuscita a sopravvivere. Tutte morte per arresto cardiaco. Nessun segno di altre alterazioni. Il cuore si è solo fermato, punto.

Non credevo veramente che ci sarebbero stati dei risultati, ma non posso certo mettermi a dar retta a delle sensazioni.

Non avrebbe senso sacrificare altri animali quando probabilmente la sola specie suscettibile di metamorfosi è la nostra, quindi quello che devo fare ora è chiaro. Ma se devo essere onesta con me stessa è sempre stato chiaro. In fondo ho sempre saputo che sarei arrivata a questo, e non facevo altro che rimandare una decisione già presa, una scelta già fatta.

Sperimentare su un essere umano, e sono io l’unica candidata possibile.

Mai sperimentare su se stessi… il più grave peccato che uno scienziato può commettere, forse la regola più spesso infranta.

 

Ho deciso di tenere due diverse relazioni.

Una sarà il resoconto tecnico di quest’esperimento. Ho intenzione di monitorare a intervalli brevi il mio stato fisico nel suo progredire e farne un rapporto dettagliato. Spero solo di riuscirci. Non servirà a nessuno altro, nessuno lo leggerà e non posso certo presentarlo ad un congresso. Ma serve a me, e questo basta.

L’altra sarà più personale. Scriverò quello che provo, quello… che sta succedendo dal mio punto di vista soggettivo. Una specie di diario, se così posso dire. Non so bene perché, ma credo di doverlo fare.

Di una sola cosa sono certa. Non potrò più tornare indietro e non ho idea di cosa sarò alla fine, quindi voglio preservare il più possibile quello che sono ora.

C’è un’ultima cosa.

Mi spoglio completamente, e osservo allo specchio ogni centimetro del mio corpo. Una Jade diversa ricambia lo sguardo. Non credo di essermi mai guardata così, con tanta attenzione. La prima e l’ultima volta. La mia immagine, me stessa.

Poi afferro un vaso e lo scaglio contro la superficie riflettente, mandandola in frantumi. E ora sono al centro di un’infinita serie di occhi e volti che da ogni frammento mi fissano con attenzione.

Non provo nulla, proprio nulla. Eppure credevo… Ma non è così. E’ solo vetro. Non sono io.

 

VII

 

Ci siamo. Mi sono estratta 500 cc di sangue e ora inietto direttamente nella vena radiale del gomito 50 cm³ di sangue alieno. Non è certo il sistema classico, ma l’idea di berlo mi appare decisamente ripugnante. Aspetto che la bottiglia della flebo sia vuota, poi tolgo l’ago e vado con cautela alla scrivania. Ho compiuto tutta l’operazione con la massima lentezza, per evitare che lo shock da abbassamento repentino di pressione mi facesse perdere i sensi. Nelle emorragie è soprattutto questo a causare il collasso. Comunque tengo pronta della caffeina da usare come stimolante nel caso mi servisse. 

Ora devo solo aspettare.

 

Sta succedendo qualcosa. Comincio ad aver freddo e mi sento la testa leggera, un po’ come una leggera ubriacatura, però continuo a pensare lucidamente. Sono anche indolenzita, ma non è spiacevole. E’ quasi la stessa sensazione che si prova quando si va in palestra dopo molto tempo di inattività. Giunture doloranti e muscoli che tremano.

Non credo che me la caverò con così poco…

 

Sento freddo, un freddo incredibile. Non riesco a smettere di tremare. Febbre alta e battito cardiaco accelerato. Sembra strano, visto che i vampiri sono eterotermi con una frequenza cardiaca così bassa da sembrare quasi inesistente, ma qualsiasi alterazione in un organismo può provocare effetti inaspettati e non mi illudo certo di essere in grado di prevederli. Quello che prima era solo indolenzimento si è trasformato in vero e proprio dolore, soprattutto a livello delle articolazioni e delle ghiandole linfatiche, e la cosa peggiore è che sta aumentando di minuto in minuto…

 

Ora comincio a perdere la lucidità, mi sembra che i pensieri rallentino, raggelati dal freddo micidiale. Mi ricordo una volta in inverno, in Canada… no, sto divagando, ma diventa sempre più difficile restare coerenti, e sento così male…

Mi inietto una forte dose di caffeina e in pochi minuti il torpore svanisce. La mente si è schiarita ma in compenso il dolore aumenta di colpo, un dolore pulsante che seguendo il ritmo del cuore sembra diffondersi in ogni cellula del mio corpo… 

 

E’ la cosa peggiore che abbia mai provato. Come il dolore di un dente scoperto quando viene toccato da un ago di metallo, moltiplicato e applicato su ogni singolo nervo del corpo. Vuole che mi addormenti, che mi lasci andare. Sarebbe troppo facile, non cedo così facilmente.

Uso altri stimolanti, il mio aiuto chimico. Forse alterano il processo, lo rendono più difficile e doloroso, ma senza non riuscirei a stare sveglia. Sembra quasi che manca l’aria e non riesco a respirare a fondo…

 

Sto morendo?

Sto morendo in un modo inimmaginabilmente atroce, per colpa mia? Per qualcosa che so bene rifarei ancora, e ancora, e ancora…

Di mia mano ho costruito la trappola che ora mi imprigiona, ho sistematicamente sbarrato tutte le vie di fuga, e ora non mi resta che seguire fino in fondo questa strada, bere l’amaro calice… sto impazzendo…

Il dolore mi travolge a ondate, sembra estromettermi dal mio stesso corpo, ogni volta mi spinge più lontano.

Alla fine riuscirà a scacciarmi, e io mi dissolverò nel nulla, lasciando dietro di me solo un guscio vuoto?

Non posso muovermi, non posso più quasi neanche pensare. Di chiaro mi restano solo i ricordi…

 

Ed ora sono al punto di partenza.

Sono ancora qui, ma è possibile che la sofferenza stia diminuendo? Forse si, o forse mi sto assuefacendo. No, non è possibile abituarsi ad una cosa simile. Sta veramente passando, e anche il freddo. Defluiscono da me rapidamente, come se si fosse aperta una diga, partendo dalla periferia e procedendo verso il centro del corpo e lasciandomi un senso di intorpidito benessere.

Riesco ad alzarmi dal pavimento e vado alla scrivania. Comincio a scrivere. Mi aiuta, come mi ha aiutato ricordare. Mi schiarisce il cervello.

Controllo le mie condizioni.

La mia frequenza cardiaca è di trentacinque battiti al minuto. La metà circa di quella umana, ma ancora quattro volte superiore a quella di Angel. Sembra passata un’eternità da quando ho iniziato, ma in realtà sono solo nove ore, e non credo proprio che sia finita…

 

Ho cominciato a vedere i suoni. Si chiama sinestesi. Conosco questa particolare alterazione della percezione in cui uno stimolo sensoriale evoca la percezione di un senso diverso. Un odore come un suono, o un tocco come un colore… e i suoni come immagini. Non avevo mai conosciuto nessuno che ne soffrisse, e non avrei mai pensato di sperimentarlo io stessa. Ma ad un tratto, i rintocchi dell’orologio a pendolo hanno evocato grandi sfere color piombo che galleggiano nell’aria come immani bolle di sapone, una dietro l’altra, lente, per svanire nelle ombre. In preda alla paura e alla sorpresa urto il tavolo, facendo cadere una provetta e il suono del vetro infranto è un reticolato bianco-azzurro intricato come un cristallo di neve, infinitamente bello e spaventoso.

O Dio, è questo che mi aspetta? La confusione e il caos? Mi perderò in un mondo senza senso e senza logica? Un mondo di bellezza e follia?

Mi rannicchio in un angolo, pregando come non faccio da anni che questo non sia il prezzo della mia scelta.

L’abbaiare di un cane mi appare come una serie di flash tinti di sangue…

 

La crisi di sinestesi è finita. Credo fosse solo un effetto collaterale della riorganizzazione che sta subendo il mio cervello. E ho perso i colori. Ad ogni ora, forse ad ogni minuto, perdo qualcosa, e acquisto in cambio qualcosa. Ricordo ancora ciò che mi lascio dietro, ma ne sta svanendo la consapevolezza. So cosa sono i colori, so che potevo vederli, così come so che non ero in grado di valutare le distanze con la precisione matematica di adesso. Però non so quasi più che si prova ad essere come prima, e lo so sempre meno, ad ogni secondo che passa. E’ difficile da spiegare. Ora il mondo mi appare in due forme diverse. E’ come lo sdoppiamento di un’immagine televisiva, con il doppio che si fa sempre più concreto e va a sostituire l’originale.

Alla fine perderò anche i ricordi? O resteranno, simili ai ricordi di qualcosa che ho letto, ma che non è mai accaduto a me?

 

Mi da fastidio la luce, e i rumori che vengono da fuori. Sono troppi, e troppo alti. Ma come ho fatto a non accorgermene fino ad ora? E gli odori. Benzina e gas di scarico dalla strada, eparina e benzoato di sodio dal mio tavolo. Disgustoso. E poi altri che invece non sono affatto disgustosi, l’odore delle piante, della pioggia che batte sui vetri, e del sangue… Ma sono troppo mescolati fra loro, mi si rivolta lo stomaco.

Vado a chiudere le imposte e così facendo mi ferisco con un chiodo sporgente. E’ solo un piccolo taglio, una cosa senza importanza, ma mi fa stranamente male.

Ma certo, che stupida sono stata a non pensarci. Un sistema nervoso e sensoriale tanto sofisticato deve essere necessariamente altrettanto sensibile. Un punto di forza e di debolezza insieme. Funzionano sempre così le cose in natura, ma spero che si sviluppi un adeguato livello di resistenza, o corro il rischio d’impazzire ad ogni suono di clacson…

 

Sento un suono, ritmico e splendido.

Più di uno. Si sovrappongono creando un’armonia che mi attrae, irresistibile…

Posso separarlo da tutti gli altri suoni, e lo seguo, fino alla gabbia dove tengo tre topi bianchi.

Sono loro, da loro viene questa musica, dai loro cuori che cantano, dal loro sangue che scorre con il suono della marea.

Sono bellissimi, sono vivi, non riesco a smettere di guardarli, sento il calore che emanano…

Urto la gabbia, facendola cadere, e gli animali escono e fuggono per casa. Quasi senza pensarci li seguo. Cercano di nascondersi, ma posso sentirli, i loro passi, i loro battiti. Sono come una calamità, ed io un pezzo di ferro, devo inseguirli. Sposto un armadio che solo fino a ieri mi sembrava troppo pesante senza alcuna fatica. Quasi non me ne sono accorta. E’ fantastico. Ma ci penserò più tardi. I topi che si nascondevano sotto il mobile fuggono spaventati. Il tempo sembra dilatarsi, e li vedo muoversi lentamente, e facilmente ne prendo uno. So cosa sto per fare, e non voglio. No, non è vero. E’ solo un pensiero residuo di quello che ero che mi fa sentire in colpa, gli ultimi strati di una vernice che si sta scrostando. Le due me stessa si combattono, ma non c’è dubbio su chi sarà la vincitrice. Porto l’animale alla bocca, sento il sapore della sua paura e della sua vita mescolarsi alle mie lacrime. Credevo fosse rimorso, ma è gioia…

 

Mi sento stanca. Una debolezza che cresce di attimo in attimo, prosciugandomi di forza ed energia. So cos’è, Angel mi aveva raccontato quello che si prova all’arrivo del mattino. Guardo fuori. Il cielo si fa sempre più chiaro. Il Sole sta per giungere con una musica dissonante che travolge le mie difese. Non voglio certo star qui ad aspettare il suo sorgere. Chiudo le imposte e vado a sdraiarmi sul letto. Anche così però, sono certa dell’esatto momento in cui il Sole oltrepassa la linea dell’orizzonte.

La mia prima alba… è il momento di dormire…

 

VIII

 

Il suono del campanello mi sveglia. Ma chi può essere? Vattene, ho sonno…Ma no, continua. Mi alzo e vado ad aprire la porta, tenendomi lontana dalla luce del Sole. Non è difficile, mi respinge come un cattivo odore.

E’ Michael, il mio collega… Ma che vuoi? Vattene, stammi lontano…

Che… che cosa fai qui?” gli chiedo, cercando di liberarmi dalla sonnolenza.

Ciao, Jade. All’ospedale mi hanno detto che non stavi bene e ti eri presa qualche giorno.

Si certo. Proprio qualche giorno.

Si, è vero. Non sto bene.”

Non mi sembra che stai male. Solo un po’ stanca, forse, ma bella come al solito.

Ma che razza di discorso cretino sta facendo? Crede di essere l’attore di una soap opera?

Michael, per favore. Non sono… non è il momento questo. Vorrei star sola.”

Cazzate, Jade. Tu sei sempre da sola. Mi fai entrare? E’ stupido stare qui a parlare sulla porta.

Prima che possa dire qualcosa, è entrato in casa … no idiota… va via…

Invece si siede sul divano e mi sorride, come se si aspettasse che mi sieda vicino a lui. Preferisco stargli lontana, e mi metto sulla poltrona più distante.

E’ un bel pezzo che non ti si vede più fuori dai turni.”

No, è vero. Sto… dietro ad una ricerca personale. Non ho molto tempo.”

Lavori troppo, Jade. Te lo sempre detto.”

Parla, ma quello che dice non ha vero significato. Lui si, però. Sta diventando sempre più… intenso… su uno sfondo quasi bidimensionale. E’ come il centro di convergenza di tutto l’ambiente. Non riesco a toglierli gli occhi di dosso…

Mi sei mancata, lo sai?”

La luce sembra concentrarsi intorno a lui, lasciando il resto della casa offuscata. Voglio andare da lui, voglio prenderlo, voglio la luce…

Una sua domanda si fa strada in me.

Cosa? Cosa hai detto?” gli chiedo.

Posso avere qualcosa da bere?”

Si, certo. Te lo porto subito.”

prendiloprendiloprendilo…

No, non devo pensarci. Non devo guardarlo. Vado in cucina, verso del vino e glielo porto.

Mentre glielo porgo, la sua mano sfiora la mia e sento una specie di corrente elettrica percorrermi i nervi … è così caldo… così vivo…

Mi prende il braccio e si alza.

no, Micheal, non farlo…

Mi alza il viso e mi bacia, la sua lingua cerca la mia, ho quasi le vertigini, quello che voglio è qui, alla mia portata…

Ti spiace che ti ho baciata?”

No, non mi spiace.”

Ma perché hai fatto una cosa simile? IDIOTA!

Gli accarezzo le braccia, e lui urla, improvvisamente. Le mie unghie sono diventate artigli uncinati come quelli dei gatti, che aprono la sua pelle con il rumore della seta strappata. Lui mi guarda in faccia, e la collera svanisce dai suoi occhi per lasciare il posto ad un terrore infinito.

si, giusto, mi piace…

Cerca di respingermi, ma io lo trattengo. E’ talmente facile, anche se lui è tanto più alto e robusto di me.

avanti, fammi vedere se riesci a scappare…

Provo a passare ancora la mano sul suo torace, facendo a pezzi la maglietta e la sua carne. Incredibile quanto è semplice, come un bisturi sulla buccia di un’arancia.

Ora sanguina, ed è questo che voglio. Lo trascino verso di me, cerco di morderlo al collo, ma lui si divincola e non riesco bene… e grida… quanto grida

Gli chiudo la bocca con una mano e cerco ancora la sua gola, però riesce quasi a liberarsi e urla ancora, orribili suoni sgraziati che mi feriscono e mi fanno diventare sempre più frenetica e furiosa. Lo getto in terra, mettendomi sopra di lui.

zitto… sta zitto…

Ti ho detto di stare zitto…” urlo, e quasi senza rendermene conto gli afferro i capelli e gli sbatto la testa sul pavimento, ancora e ancora. Finalmente le sue grida stridenti cessano e si affloscia a terra. Anche se si muove ancora non riesce più a contrastarmi, e posso affondare i denti nel suo collo.

Michael emette strani gemiti gorgoglianti, mentre la sua vita passa in me, cerca di divincolarsi, sempre più debolmente.  Sento la gioia crescere dentro come un’onda anomala, che travolge tutto, cancella tutto, fino a che tutto quel che resta di me è gioia, e mi porta in alto, sempre più in alto. Oddio, non credevo fosse possibile provare una cosa simile, meglio dell’amore, meglio dell’odio. Ancora più in alto, a raggiungere altezze siderali, a raggiungere intensità insopportabili, fino a che lui non muore con un sospiro e l’onda finalmente si frange, lasciandomi finalmente… viva.

 

E’ sera, ormai, e sono seduta per terra, vicino al corpo di Michael, accarezzandogli i capelli. Sono così stanca, e appagata. Lo amo per quello che mi ha dato, per quello che mi ha fatto provare. Non avrei mai immaginato che le emozioni potessero essere così forti, e pure. Capisco ora perché Angel ha definito lo stato umano “offuscato”. Tutto quello che avevo sperimentato prima di oggi era talmente debole, e scolorito, abbozzato. E’ questo che prova una farfalla quando lascia il suo stato di bruco?

C’è qualcuno.

Mi giro, e vedo una figura stagliarsi sulla porta.

 

IX

 

Ciao, Jade.” disse la voce dall’ingresso “Sei cambiata, dall’ultima volta che ci siamo visti.”

Angel entrò in casa. Sembrava  calmissimo, ma la sua voce fece venire i brividi a Jade “Fammi indovinare. Il mio sangue, quello che hai voluto per le tue analisi. Direi che ne hai fatto un uso diverso.”

Le si fermò davanti, guardandola attentamente  Affascinante. La scienza apre nuove frontiere all’evoluzione.

Senza il minimo preavviso la colpì pesantemente con il dorso della mano, scagliandola a terra “Adesso sai che succede? E’ ora di scuola.”

La raggiunse, tirandola in piedi e colpendola di nuovo. Jade cercava di scappare, ma Angel riusciva a raggiungerla con facilità. Avanzava verso di lei, proiettando ondate di una collera nera e fredda, la picchiava, non tanto forte da ferirla seriamente, ma abbastanza da causarle dolore e un panico sempre più accecante, poi aspettava che si rialzasse e fuggisse per ricominciare da capo. Sembrava intenzionato a proseguire il gioco a lungo, e Jade era talmente terrorizzata da non riuscire a pensare. Fino a quel momento la sola paura che aveva creduto di poter provare erano quei timori limitati e astratti che assillano tutti gli uomini. Paura di fallire, paura dell’opinione altrui, paura di un superiore, un insegnante, un’autorità… Ma questa era una paura elementare e travolgente, paura per la propria vita. E fece crescere rabbia e furia, e l’impulso di colpire il suo tormentatore.

Questa volta, quando vide Angel avvicinarsi, gli si lanciò contro. L’uomo le afferrò i polsi, tenendola lontana da se, e la fece retrocedere fino a rovesciarla su un tavolo, poi le si mise a cavalcioni, schiacciandole lo sterno con un ginocchio. Jade tentò disperatamente di divincolarsi, ma sua nuova forza, quella forza che l’aveva tanto meravigliata, era inutile. Angel sembrava non accorgersi neanche dei suoi sforzi. Vide gli occhi sopra di lei cangiare dal castano all’oro e l’attraente volto umano fluttuare più volte in qualcosa di ripugnante, come se Angel stesso non sapesse quale forma assumere.

Stai ferma.” le ringhiò “Non azzardarti a muoverti.”

Jade capì che le avrebbe spezzato i polsi se avesse continuato a stringere e alla fine smise di lottare. Appena la vide immobile Angel la lasciò andare e andò a sedersi all’estremità opposta della sala, continuando a fissarla.

Come hai osato? Come hai potuto anche solo pensare di farlo?

Jade non capiva il motivo di tanta furia, ma non aveva il coraggio di parlare o muoversi.

Allora?” chiese Angel “Vuoi rispondere?”

Scusami… ti prego, scusami… “ era la sola cosa che le venne in mente di dire, anche se non sapeva perché e di cosa scusarsi, ma avrebbe detto di tutto per non essere colpita ancora.

Non scusarti. Non farlo mai. Quando fai qualcosa è perché lo vuoi, quindi non cercare di tornare sui tuoi passi. Non ti chiedo scuse. Voglio sapere perché mi hai fatto una cosa simile.

Non… non capisco. Io non ti ho fatto niente… “ mormorò lei.

Mi hai usato. Hai usato me per ottenere quello che volevi. La scelta deve essere solo mia, ma tu l’hai forzata facendo questa… cosa oscena.

Io non volevo fare del male a nessuno. Solo… volevo solo sapere. Ma nessuno doveva andarci di mezzo. Solo io. Per questo l’ho fatto su di me… Solo la mia vita…

La tua vita? Non mi interessa la tua vita, quello che decidi di fare di te stessa sono affari tuoi. Ma qui non si tratta più solo di te. Quello che hai fatto riguarda me, credi di riuscire a capirlo? Il vincolo che hai creato fra noi non è una cosa che posso ignorare.

Io… non ci ho pensato… “

No? Peccato, perché adesso dovrai imparare a valutare le tue azioni nel modo peggiore.

Cosa… cosa vuoi farmi?”

Ucciderti mi era sembrata una buona idea.”

Quasi senza rendersene conto Jade si era lanciata contro Angel tentando di aggredirlo, ma prima di poterlo toccare lui, senza alzarsi dalla sedia, le diede una violenta spinta con un piede, scagliandola contro un muro.

Le si avvicinò e le sferrò un calcio nell’addome, facendola rannicchiarsi su se stessa piangendo.

Lui le si accovacciò vicino, guardandola spassionatamente.

Prima regola di buon comportamento. Quando ti parla uno più anziano, a meno di non essere assolutamente sicura di riuscire a far valere il tuo punto di vista,  fa quello che ti dice. Soprattutto se il più anziano sono io. Ti avevo dato il permesso di alzarti? Allora?”

Jade scosse la testa.

Bene. L’educazione è sempre apprezzabile. Credevi che una volta cambiata le cose finissero e come per magia avresti saputo cosa fare e come gestire la tua nuova vita? Sbagliavi. Tu non sai niente. Non come comportarti con gli altri né con te stessa. Ora hai solo due istinti. Quello di nutrirti, ma questo già lo sai, e quello di attaccare ogni cosa ti si avvicini. Tutto il resto lo devi imparare. Dovrei essere io ad insegnarti, ma mi rifiuto di prendermi la tua responsabilità. Non ti ho voluta. Hai fatto tutto da sola, quindi continuerai così.” guardò il cadavere riverso sul tappeto “Sei già a buon punto, vedo. Hai perso in fretta la verginità. E senza neanche muoverti da casa.”

Per un attimo, nella voce di Angel sembrò vibrare un riluttante rispetto e una disperata nostalgia.

Non mi ucciderai allora?” chiese Jade sollevandosi con cautela.

Nemmeno io sono caduto così in basso da uccidere tanto facilmente una mia figlia. Se lo avessi fatto per l’immortalità o per essere sempre giovane… Però non è così. Credi che non sappia quello che provavi? Sempre fuori fase rispetto al mondo, sempre sbagliata. Cercavi di capire cosa non andava in te e trovare qualcosa che avesse significato, però ogni strada presa non ti portava a niente, se non una nuova delusione. E alla fine hai solo cercato di annullarti e non sentire più niente. Tu usavi il lavoro, vero? Un sistema come un altro. Per alcuni è la droga, o il pericolo, qualche volta il suicidio. Per me era l’alcol e il sesso. Ma non funzionavano. Non funziona mai niente. E’ sempre così per tutti noi. Osservi quelli intorno a te, affaccendati come formiche, con un loro posto e un loro scopo e a un certo punto li odi per questo e ti viene voglia di calpestare il formicaio solo per vedere cosa faranno allora gli insetti, solo per vederli dibattersi in preda al panico, quello che tu provi da una vita. Ti fa paura questo pensiero? E’ solo perché ti hanno insegnato ad avere paura di te stessa. Sei una tigre nata in mezzo alle pecore, non è nascondendo le strisce che puoi cambiare. Sapevo che avresti fatto di tutto pur di uscire dal tuo inferno privato. Eri disposta a giocarti la vita, ma perché no? La tua vita non ha mai avuto alcun valore per te, non avresti perso molto.

Ma allora, perché mi fai questo?”

Ho detto che sapevo, e che ti capivo. Questo non mi toglie la voglia di strapparti il cuore.

Jade si rese conto che stava ancora pensando come un essere umano. A porta a B che porta a C… in una bella sequenza lineare, e tutto infarcito di giustificazioni e tentativi di coerenza. Ma il comportamento è determinato in buona parte dalle proprie esperienze, e da come ci si rapporta al mondo e la sola cosa che lei avesse erano venticinque anni di vita umana, ancora il suo solo termine di paragone. Per lui non era così, e presto non sarebbe stato così neanche per lei.

Se mi fossi accorto di essere usato per la tua vanità, saresti morta in un modo che non puoi neanche immaginare. Invece preferisco vedere come te la caverai senza nessuno.” continuò Angel, alzandosi e dirigendosi alla porta “Ma non credere che sia un favore. Ricordati che sei come una bambina di cinque anni sola in una foresta, nessuno avrà comprensione dei tuoi errori infantili, qualsiasi sbaglio sarà probabilmente l’ultimo. E’ molto difficile che trovi ancora qualcuno paziente come me. Ma credo che tu abbia una possibilità. Se riuscirai a controllarti e ad evitare di finire tra i piedi di gente con la luna storta, forse ce la farai, e forse riuscirai a fare anche qualcosa di buono. Ma tutto dipende da te. Ti do solo due consigli. Sta lontana dalle grandi città e spostati spesso. Ora vattene da qui. Se fra un paio di giorni sei ancora a Sunnydale , mi limiterò a dire a Buffy dove trovarti. Fra qualche secolo, se sei ancora viva, forse potremmo riparlarne. Fino ad allora stammi lontana.”

L’attimo dopo, Jade era sola.

 

X

 

Oggi è il mio compleanno, in un certo senso.

Un anno esatto da quando sono cambiata. Ci sono stati momenti in cui proprio non credevo che sarei riuscita ad arrivarci. Per mesi non ho fatto altro che fuggire, di città in città, con il terrore di quel che avrei potuto trovare. Poi la paura è sparita, non so nemmeno io come. Ad un certo punto non c’era più. Adesso vivo in questa città del Maine, sulle rive dell’Atlantico, e da mesi non sento il desiderio di andarmene.

 

oltre la finestra il mare riflette le ultime luci del giorno che muore alle sue spalle…

 

Dopo essere stata cacciata da Sunnydale, avrei voluto tornare a Vancouver, dai miei genitori e dalle mie sorelle, ma poi ho preferito evitarlo. So quello che sarebbe successo. Non sono mai stata molto legata alla mia famiglia e non credo si stupiranno di non avere più mie notizie. Meglio così. Finchè siamo lontani, non c’è niente che mi spinge a fargli del male. Ma se dovessi trovarmi là…

In realtà non so neanche se devo ancora considerali miei parenti. A volte ho dei dubbi su cosa sono diventata.

Giles e i suoi libri dicono che sono un demone subentrato in questo corpo, Angel mi ha detto che è solo una favola. Io non mi sento un’altra. Ricordo ogni cosa della mia vita. So che il primo giorno di scuola ho picchiato un mio compagno che mi tirava i capelli, so che a otto anni mi avevano regalato un gattino bianco e nero, che andavo in campeggio con mio padre… So che ero io, non un’altra. Però è anche vero che se questo nuovo io ha ereditato i ricordi del precedente inquilino di questo corpo, non potrei accorgermi di essere diversa, perché i ricordi solo la sola cosa che mi rende possibile credere nel mio passato, quindi valuto anche questa possibilità. Non mi preoccupo più di tanto. Prima o poi lo scoprirò, solo che ora non devo più affrettarmi per timore di non avere tempo.

La sensazione di rincorrere qualcosa che mi sfuggiva sempre appena prima di essere afferrata, un soffio oltre il limite delle mie dita, quella sensazione non c’è più. Ora sono finalmente libera dall’assillo dei termini.

 

il cielo ha il colore delle viole…

 

Ogni tanto penso alla gente di Sunnydale. Le nostre vite si sono incrociate per poco, abbastanza per farle diventare le persone più importanti della mia vita.

Mi chiedo che fanno ora, dopo un anno. Dal primo momento che li ho visti, ho pensato che nascondevano troppe cose, non solo al mondo, ma soprattutto a se stessi. Credo che a furia di mentirsi, ormai si vedevano come l’immagine artificiale che avevano inventato, e avevano dimenticato il loro vero io. Il giorno che se lo troveranno davanti forse non sapranno riconoscersi. So che significa.

Per tanto tempo mi sono illusa di essere qualcosa che in realtà esisteva solo nella mia immaginazione. Più importante di quello nello specchio, ho perso il riflesso che mostravo a tutti per nascondermi. Ora non ho più illusioni…

 

all’est si accendono le prime stelle…

 

Il primo anno. Ce l’ho fatta. Dovrei essere soddisfatta, ma mi ci è voluto un po’ troppo per cominciare a vivere e non solo a sopravvivere. Non basta. Posso migliorare.

Continuo a sentire l’ultima cosa che mi ha detto, prima di andarsene. Una sfida, un appuntamento, una promessa… qualunque cosa fosse, io ci sarò, tra qualche secolo, non temere.

 

il Sole si immerge dietro l’orizzonte e pensieri e oziose riflessioni lasciano posto all’esaltante senso di libertà che si risveglia ogni notte, irresistibile come il bisogno d’ossigeno. E’ ora di uscire…

 

FINE