CACCIATRICI



Disclaimer: i personaggi di ATS e BTVS non sono miei ma degli aventi diritto. La sottoscritta non scrive a fini di lucro ma su consiglio dell’analista… Scherzo?!

Raiting: AU

N.d.A.: Le mie storie costituiscono insieme una sorta di universo parallelo o, se preferite, una specie di alternative season. Molti avvenimenti sono stati cancellati, altri modificati completamente e spesso è stata cambiata anche la cronologia di tali avvenimenti. Ciò che potrete prendere per errore o imprecisione è assolutamente voluto e ha un senso logico che potrà rivelarsi all’interno della stessa storia o in seguito. Il carattere dei personaggi e la loro storia è stata modificata se non a volte completamente inventata. Spesso verranno inserite nelle storie dei flashback come ricordi dei personaggi, ma la “regola” è sempre la stessa: non cercate più riferimenti a BTVS e ATS di quelli che troverete accennati perché, nella maggior parte dei casi, tutto verrà modificato dalla mano psicotica della sottoscritta! Il protagonista pressochè assoluto di questo universo parallelo è Angel e il periodo è quello successivo alla sua partenza da Sunnydale, quindi le storie sono ambientate a Los Angeles. Per il resto avrete notato che l’autrice è piuttosto prolissa e se non siete già crollati dal sonno nel leggere queste note, allora…In bocca al lupo a voi, temerari lettori! Baci, Misia.

Note tecniche: i ricordi sono inseriti tra gli asterischi*** mentre le ooo indicano le dissolvenze.





Il sole era tramontato da un bel po’ ed Angel era sceso giù in agenzia cercando di fare più rumore possibile onde evitare, come diceva Cordelia, di “infartare” qualcuno, ma tutti i suoi sforzi erano stati inutili. Quando entrò in agenzia trovò Doyle, Cordelia e Faith come incantati a fissare il ripiano della scrivania di Cordelia. Sul loro viso era un sorriso estatico e ad Angel ci volle poco per capire che, in una simile assortazione, non avrebbero fatto caso al suo ingresso neanche se avesse fracassato tutto per annunciarlo. Si avvicinò anche lui alla scrivania per osservare la meraviglia che li ipnotizzava. Si trattava di un rettangolino di carta azzurra. Angel lo osservò con perplessità, come poteva un semplice rettangolino di carta azzurra…Un rettangolino di carta azzurra…Un assegno! Angel sbarrò gli occhi ed esordì sonoramente indignato

A-“Vi siete fatti pagare?!”

Doyle, Cordelia e Faith saltarono sulle loro sedie. Nonostante Angel si fosse avvicinato non si erano ancora accorti del suo arrivo presi com’erano ad osservare l’assegno. Tutti e tre erano visibilmente preoccupati, Angel non avrebbe certamente sorvolato su una questione simile. Faith, abituata come cacciatrice al motto -la miglior difesa è l’attacco-

F-“Cordelia ha proprio ragione! Dovresti imparare a fare un po’ di rumore quando entri!”

A-“Ho fatto rumore…”

F-“Ah si?!”

A-“Si! Ho fatto molto rumore, ma eravate troppo assorti a contemplare quest’assegno da… Così tanto?!”

Chiese Angel sbalordito tenendo l’assegno in mano e i tre gli sorrisero annuendo. Doyle colse quel momento per spiegarlgi la loro innocenza.

D-“Si! Così tanto! Lui era venuto per ringraziarti, ma tu eri ancora nel mondo dei sogni, gli abbiamo detto che ti avremmo riportato i suoi ringraziamenti e saluti, nient’altro e prima che ce ne accorgessimo se n’è andato via lasciando quell’assegno. Ora, converrai anche tu che sarebbe stato scortese rifiutare, no?”

Lo guardò dritto negli occhi con aria ovvia, poi smorzò la sua convinzione continuando

D-“No, è chiaro dalla tua espressione che non convieni su questo…”

C-“Angel, allegro! Ci hanno pagati! Dopo tanto tempo, finalmente qualcuno ci paga! Non mi sembra vero di vedere dei soldi!”

A-“Devo essere diventato davvero distratto per non aver notato che eri affamata sui gradini di una chiesa…”

D-“Senti, Uomo, si fosse trattato di quel povero impiegato con la moglie maledetta sarei d’accordo con te, ma si trattava di quello col villone a tre piani infestato dalla setta di demoni! Insomma, hai visto anche tu quella villa no?!”

Ok, quell’uomo era ricco, tuttavia non era ugualmente un buon motivo per farsi pagare per l’aiuto dato. Angel li guardava davvero poco convinto, ma gli era sempre più ovvio il fatto di essere il solo a pensarla diversamente e, ora che il ghiaccio era rotto, sarebbe stato impossibile ricondurli all’idea che in fondo le “visioni sportive” di Doyle, con relative forti scommesse, bastavano per il loro fabbisogno.

Cordelia, tentando di rincuorarlo

C-“Angel, pensa a cosa potremo fare con quei soldi…Potremo finalmente comprare un computer! E non un computer così, ma un computer con la C maiuscola!”

D-“Con la stampante, lo scanner, il masterizzatore…”

F-“Magari col lettore DVD e delle grandi casse!”

D-“Oh, si! Delle grandi casse!”

C-“Ma non solo!”

Disse Cordelia togliendo l’assegno di mano ad Angel, ormai rassegnato, e riprendendo il controllo della discussione.

C-“Con tutti questi soldi ci possono uscire anche della carta intestata, dei biglietti da visita…Magari la prossima volta anche uno spot pubblicitario!”

A-“Stai scherzando, vero?!”

D-“E sui biglietti e la carta intestata solo il nome dell’agenzia o anche un logo?”

Angel si girò verso Doyle con gli occhi fuori dalle orbite, come a chiedergli se fosse impazzito. Doyle, ormai stregato dal fascino manageriale di Cordelia, rivolse in risposta allo sguardo di Angel solo un’espressione sorpresa, l’espressione di chi non comprende una situazione o un atteggiamento. Angel si rinsaccò su se stesso appoggiato, come sempre, alla scrivania di Cordelia. Doyle quando lei si infervorava perdeva ogni capacità di ragionare e Faith si divertiva troppo ad assistere a quelle scene per intervenire e rovinarsi in quel modo lo spettacolo: era solo contro tutto l’entusiasmo di Cordelia. Quest’ultima premiò la domanda di Doyle con un affascinante sorriso ed esordì entusiasta

C-“Certo che ci sarà anche un logo! Avevo pensato a una cosa del genere, che ne dite?”

E passò un foglio che Doyle guardò attentamente per mostrarlo poi ad Angel con aria compresa e compiaciuta. Angel non ebbe la stessa reazione, fissò attentamente il foglio per poi corrugare la fronte facendo una smorfia inequivocabile di incomprensione. Faith, che era seduta sulla sua poltroncina come se fosse stata davvero una spettatrice, si alzò inpiedi, si avvicinò e si inserì tra i due per osservare anche lei il logo di Cordelia. Prese il foglio, a sua volta lo fissò attentamente e si rivolse a Cordelia.

F-“Ma che cos’è?!”

C-“Come sarebbe a dire che cos’è?!”

Angel avvicinò un po’ il viso in direzione del disegno e tentò un’identificazione.

A-“Sembrerebbe una sorta di… Campana…”

F-“E che centra una campana?! E se è una campana poi, cosa sono queste cose?”

Angel scosse il capo negativamente e girando contemporaneamente le mani mostrando prima i palmi e poi i dorsi, continuò

A-“Si direbbero delle specie di…Ali! Anche se, una campana con le ali, effetivamen… Oh, cielo…E’ un angelo!”

Angel era a dir poco sgomento dalla sua scoperta mentre Doyle, istintivamente

D-“Un angelo?!…Certo un angelo!”

Aggiunse alla fine con decisione, ma era troppo tardi. Neanche lui ci aveva capito niente anche se all’inizio aveva cercato di camuffare e ora Cordelia lo guardava contrariata con le braccia conserte. Faith perplessa le chiese

F-“Scusa ma perché proprio un angelo? So che l’agenzia è Angel Investigations, ma Angel è un vampiro!”

C-“Ci ho pensato anch’io, ma poi mi sono detta che solo noi lo sappiamo e poi è più carino mettere un angelo invece che un pipistrello, no?!”

A-“Un pipistrello?!”

C-“…Si…”

A-“E quando mai mi sarei tramutato in un pipistrello, di grazia? Ti risulta che dorma a testa in giù?! Che strepiti?!”

C-“Oh Angel, non esagerare! Sai benissimo che intendo!”

A-“No, non lo so…”

D-“Beh, è incredibile che l’agenzia sia cresciuta tanto da poter intraprendere simili discussioni, vero?! Eh, il tempo vola! Siamo partiti che eravamo in due e ora siamo in quattro!”

Faith sorrise, non era la prima volta che assisteva ad una scena del genere. L’atteggiamento di Doyle la sorprendeva, avrebbe potuto affrontare demoni con artigli affilati, vampiri affamati, spettri, magia nera, qualsiasi cosa senza batter ciglio, ma quel tipo di discussioni che nascevano tra Angel e Cordelia lo gettavano nel panico più assoluto e, pur essendo consapevole che anche la più acida di quelle conversazioni non sarebbe mai degenerata in una rottura, tendeva a troncare sul nascere, con i suoi commenti, quel genere di atteggiamento. I commenti di Doyle equivalevano al gong di chiusura del match. Né Angel, né Cordelia avrebbero mai avuta vinta una discussione, perché Doyle le vinceva tutte ottenendo la loro conclusione.

Angel e Cordelia si guardarono prima sconfortati, poi contrariati e si girarono verso Doyle per protestare. Ma quando si voltarono lo guardarono intensamente, in silenzio, con un’ apprensione nei suoi confronti che sapevano immotivata, ma della quale, dopo tante volte, ancora non riuscivano a liberarsi. Doyle era seduto davanti a loro, immobile, lo sguardo vacuo: stava avendo una visione.

Faith era rimasta leggermente sconcertata le prime volte che aveva assistito a una visione di Doyle. Poteva parlare, ridere, camminare e poi bloccarsi di colpo, immobilizzarsi, diventare inespressivo e fissare il vuoto finchè, lentamente, la sua mente non entrava a far parte completamente della visione. Allora, in quei momenti, lo si poteva vedere, talvolta, guardarsi in giro e, chiaramente, ciò che vedeva non era ciò che vedevano gli altri che gli erano intorno. Una volta lo aveva visto addirittura muovere un passo in direzione di chissà cosa, le visioni di Doyle si stavano rafforzando di volta in volta e Faith si chiedeva fino a che punto sarebbero diventate reali per lui e se ne avrebbe potuto risentire.

Si era affezionata a quell’irlandese, sempre così di buon umore, che l’aveva accolta con titubanza e, tuttavia, entusiasmo. Si era affezionata anche a Cordelia che aveva sfoderato una rispettosa diffidenza nei suoi confronti nel primo periodo e, certamente, non poteva darle torto. Fortunatamente, con l’andare del tempo, la diffidenza era caduta lasciando il rispetto. Ogni tanto le sembrava ancora che Cordelia la guardasse con sospetto, ma aveva capito che il suo atteggiamento era dovuto a un’incredibile protettività nei confronti di Doyle ed Angel.

Cordelia si comportava con loro come se fossero stati due bambini incoscienti che prima di tutto andavano salvaguardati da se stessi e se all’inizio la cosa l’aveva fatta sorridere non poco, poi Faith aveva compreso frequentandoli che quell’atteggiamento non era del tutto sbagliato, anzi.

Doyle chiuse gli occhi e prese un respiro molto profondo, quando li riaprì

A-“Stai bene?”

Doyle sorrise socchiudendo gli occhi, fece cenno di si ripetute volte, poi

D-“Sto bene, ma abbiamo del lavoro da fare…”

Angel annuì, si sporse leggermente indietro e, aperto uno dei cassetti della scrivania di Cordelia, prese un paletto dirigendosi poi alla porta seguito da Doyle. Salutarono e uscirono.


ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo


L’aveva guardato negli occhi, speranzosa ancora una volta e ancora una volta era rimasta delusa. Si domandava se lui non scorgesse quella luce nei suoi occhi o se non la volesse scorgere, d’un tratto si chiese se c’era ancora quella luce nei suoi occhi, era passato tanto, troppo tempo e forse quella luce ormai si era spenta per sempre. Un velo di tristezza le oscurò lo sguardo. Quando Doyle sprofondava in quello stato catatonico lei si preoccupava esattamente come Angel e Cordelia ma nel suo cuore si faceva largo anche un’altra emozione. Doyle in quei momenti scorgeva qualcosa. Un’ombra, che era il nemico da attaccare. Un luogo, che era il campo di battaglia. E lei in quei momenti era concentrata esclusivamente su quello che si sarebbe verificato di lì a poco, allo scontro, alla battaglia…Alla caccia. E in quei momenti guardava Angel sempre con la speranza che i suoi occhi le dessero un cenno, che la sua espressione fosse inequivocabile, che il suo tono avesse un’inflessione tale da non poter sbagliare. In quei momenti guardava Angel con la speranza che le permettesse di seguirlo, che le permettesse di essere, ancora una volta, quello che il destino l’aveva fatta diventare: una cacciatrice. Ma Angel, ogni volta, troncava le sue speranze. Lei aveva avuto modo di conoscere il vampiro, di parlarci molte volte, sapeva l’infinità di espressioni che potevano velare i suoi occhi o il suo viso, la miriade di inflessioni che la sua voce poteva assumere per evidenziare anche solo la sfumatura di uno stato d’animo e lo odiava quando troncava le sue speranze. Lo odiava perché il suo sguardo diventava vacuo, il suo viso inespressivo e la sua voce era praticamente atona. Lo odiava perché, in quei frangenti, con quel modo ignorava non solo la sua richiesta, ma anche la sua presenza e avrebbe preferito di gran lunga che lui la guardasse severo e con la voce collerica le ribadesse il concetto che non avrebbe mai potuto combattere finchè il Consiglio le avesse dato la caccia, che quindi non avrebbe potuto combattere mai più.

Proprio lei, che non l’aveva mai voluta spasmodicamente, era costretta a vivere una vita normale. Sorrise amaramente. In un certo senso se l’era cercata. La vita l’aveva presa a calci e lei le aveva restituito fino all’ultimo colpo, non pensando, però, che era un’avversaria più forte e più grande di lei, non pensando che avrebbe trovato il modo e il tempo di vendicarsi e aveva tutto il tempo per vendicarsi, aveva tutto il tempo della sua esistenza…

L’aveva guardato negli occhi, speranzosa ancora una volta e, ancora una volta, aveva dovuto deluderla. Era indescrivibile quella luce nei suoi occhi e, quando Doyle cadeva in trance, si intensificava ancora di più. Poteva percepire chiaramente i sensi di Faith acuirsi, i muscoli tendersi, lo sguardo farsi incredibilmente mobile. In quei momenti il suo udito non aspettava che di sentire un rumore sospetto, i suoi occhi di vedere il nemico e il suo corpo di scattare all’attacco. In quei momenti sapeva che lei non aspettava altro che un cenno da parte sua, un cenno che le negava ogni volta e che le negava nel peggiore dei modi, facendo finta di nulla. Se lei l’avesse odiato non le avrebbe potuto dare tutti i torti…

D-“Se stai pensando che se continui ad ignorarla, Faith comincerà ad odiarti… Beh…Stai pensando giusto…”

Disse Doyle parcheggiando la macchina e guardandolo fisso negli occhi con la sua aria ingenuamente sfrontata. Angel rimase di stucco a quel commento e Doyle gli fece cenno di scendere dalla macchina sorridendo. Quando furono fuori, mentre chiudeva l’auto, Doyle

D-“…Ormai so che quando fai quella faccia ti passa per la mente qualcosa e di solito non è qualcosa di piacevole… Tanto più che, di questi tempi, fai quella faccia quando usciamo per“lavoro” e ogni volta che usciamo per “lavoro” Faith ha un’aria sconsolata. Facendo due più due si ottiene quattro… O devo pensare che ti sei stancato di questo mestiere e non sai come dirmelo?!”

Angel, annuendo con aria grave

A-“Quattro…”

Doyle assentì e fece cenno col capo di muoversi. Cominciarono a camminare osservando i paraggi di quella che Doyle aveva identificato come la zona della visione. Erano tutte e due in silenzio da un po’, Angel camminava con lo sguardo basso senza fare molto caso a ciò che lo circondava, Doyle guardandosi intorno gli aveva mollato un paio di occhiate più volte. Scosse la testa, fece una smorfia e, continuando a camminare

D-“Senti, sarebbe troppo rischioso se lei…”

A-“Si, sarebbe troppo rischioso. L.A. è una grande città, e proprio per questo le voci girano ancora più velocemente. L’underground demoniaco fornisce costantemente scambi d’informazione, anche con il Consiglio, per accaparrarsi un po’ di soldi e di incolumità. Una cacciatrice è difficile che passi inosservata e Faith, tra l’altro, non è mai stata una che passeggiava in un cimitero in attesa che un vampiro risorgesse dalla tomba… Non che ci sia niente di male in questo, è solo che…Faith li andava a scovare, gli tendeva delle trappole, li braccava, lei praticava la caccia vera e propria e una cacciatrice così, si nota ancora di più…”

D-“Effettivamente… Sapeva svolgere bene il suo compito, quindi…”

A-“Si, molto. La prima volta che la vidi combattere rimasi affascinato. Precisa, veloce, agile. Si faceva guidare dal suo incredibile istinto e tuttavia riusciva a rimanere lucida e razionale… Intagliava i paletti con l’impugnatura arquata, invece che diritta, cosicchè aderissero perfettamente all’incavo della mano nella presa… Lei era…Se Spike l’avesse vista avrebbe detto che uno scontro con lei sarebbe stato semplicemente esaltante e avrebbe avuto ragione… Per ogni generazione c’è una cacciatrice, ma ne devono passare parecchie prima di trovare una purosangue simile…”

D-“Tu…Si, insomma, ne hai affrontate tante?…Dico, di cacciatrici…”

Angel si irrigidì un attimo. L’unica persona che gli aveva fatto una domanda simile era stata Buffy, quando era ancora solo la sua allieva e non la sua donna. Ricordava ancora la sua voce mentre gli chiedeva a brucia pelo dopo un allenamento-“Tu hai mai ucciso una cacciatrice?” e ricordava ancora ciò che le aveva detto senza un attimo di esitazione-“Io non ti farò mai del male, Buffy. Lo sai, vero?”. Lei aveva annuito e non aveva più domandato, come se le avesse risposto. Ma in realtà lui l’aveva solo rassicurata, se voleva la sua fiducia, e lui la voleva, non avrebbe mai potuto rispondere a quella domanda.

Rimase in silenzio pochi istanti e, prima che Doyle potesse pentirsi di avergli domandato una cosa del genere, rispose

A-“Era una prerogativa della mia famiglia, scontrarsi con le cacciatrici… Ma quello di noi che è conosciuto per questo è Spike…”

Ad un orecchio estraneo quella risposta non avrebbe detto niente, a chi lo conosceva da sempre tutto. Doyle era più o meno a metà. Avrebbe considerato quella risposta come una delle migliaia di tessere che componevano il puzzle della vita di Angel. Un puzzle di quasi tre secoli, col disegno più complesso che si potesse mai immaginare.

D-“Cosa pensi di fare con Faith?”

Angel scosse il capo negativamente

A-“Non lo so, ma devo trovare una soluzione prima che quella luce si spenga nei suoi occhi…”

D-“Di quale luce parli?”

Angel lo guardò stupito, poi chinò leggermente il capo e disse sorridendogli

A-“Della luce che splende negli occhi di una cacciatrice. Tutte hanno quella luce nello sguardo, può essere più o meno forte, ma tutte ce l’hanno. E più che una luce è come un fuoco, il fuoco dello scontro, della battaglia …Della caccia. Quando tu hai una visione quel fuoco brucia all’inverosimile negli occhi di Faith, perché sa che accadrà qualcosa e l’espressione sconsolata che le vedi quando usciamo verso quel qualcosa è perché sa che non potrà fare niente. Il dover reprimere la propria natura può essere molto frustrante… Io lo so…”

D-“Ti manca la tua vecchia vita…?”

Angel rimase sorpreso a quella domanda. Doyle sembrava più dispiaciuto per lui che non impaurito dalla dichiarazione che aveva appena fatto.

A-“No… Non del tutto almeno…A volte mi manca la mia famiglia, questo si…Non mi manca la parte “pulp” ma… Sarei un bugiardo se ti dicessi che quando sento l’odore del sangue non provo il benchè minimo desiderio…”

Aveva voluto essere sincero fino in fondo con Doyle, ma non aveva potuto trattenersi dal guardarlo intensamente per capire che genere di reazione avesse avuto. Doyle non sperava in una simile dimostrazione di fiducia, capì lo sguardo di Angel e con aria ovvia

D-“E’ normale! E’ come quando un essere umano desidera intensamente una cosa ma non se la può permettere…Si, potrebbe rubarla, ma finirebbe in galera e allora si accorgerebbe che non ne vale la pena più di tanto, così non lo fa…Almeno credo che sia così… Più o meno…”

Non era molto convinto neanche lui mentre lo diceva, ma aveva tirato fuori quella similitudine solo per rassicurarlo, Doyle non avrebbe mai smesso di stupirlo. Sorrise grato annuendo leggermente

A-“Più o meno…Di un po’, io non vedo niente di sospetto qui…”

D-“Neanch’io…”

Disse Doyle fermandosi mentre si guardava intorno e bussava contro un muro

D-“…Però il posto è questo senz’ombra di dubbio. Ho visto chiaramente questo muro graffittato nella mia visione, solo che mancano le due figure buie…Che facciamo? Aspettiamo ancora un po’ e poi torniamo indietro?”

Angel annuì e, dopo un po’

D-“Sai, è una fortuna che ci abbiano pagati! E’ da circa una settimana che Cordelia mi parla ininterrottamente di un vestito che ha visto, se non ci avessero pagati credo che galera o no… Kate ci para già le spalle omettendo una serie di “dettagli”, tra cui la mancanza della nostra licenza, per occuparsi anche di un eventuale taccheggio da parte di Cordelia! Credi che, se facciamo da bravi, a Natale, Kate ci regalerà la licenza…?!”

A-“Doyle…”

Il tono di Angel era il tono di chi raccomanda di non approfittarsi troppo. E’ vero si che era in buona, ma non gli avrebbe permesso di avallare ancora la causa del farsi pagare per l’aiuto dato. Tanto più che ormai era certo che mentre loro erano fuori, Cordelia avesse già stilato un listino prezzi…


C-“Ecco fatto!”

Fece Cordelia sollevando soddisfatta dei fogli.

C-“Mi sembrano dei prezzi ragionevoli e poi sono cifre segnate a grandi linee… Adatteremo meglio il prezzo a seconda della persona e del caso, qui ne ho segnato solo alcuni… Se li avessi dovuti segnare tutti… Ma come abbozzo mi sento abbastanza soddisfatta!”

Sentenziò infine Cordelia riponendo i fogli in una cartella e richiudendola in un cassetto della sua scrivania.

Appoggiò le mani sul tavolo, spinse indietro la sedia, si alzò, prese il soprabito e si volse verso Faith che era rimasta in silenzio per tutto il tempo da quando Angel e Doyle avevano lasciato l’agenzia.

C-“Andiamo a casa?”

Faith a quella domanda diretta si riscosse e alzando lo sguardo disse un confuso

F-“No, io… Io resto ancora un po’…”

C-“Ok!”

Disse Cordelia riappendendo il soprabito e risedendosi nella sua poltroncina, accavallando le gambe e appoggiando lievemente i gomiti ai braccioli con aria serafica. Faith non credeva ai suoi occhi. Ok ne aveva combinato tante, ma da lì a non fidarsi di lasciarla da sola in quell’ ufficio vuoto… Tanto più che credeva che Cordelia avesse vinto gran parte della diffidenza nei suoi confronti e invece…

Cordelia si mosse sulla poltroncina e avvicinandosi al suo viso le disse

C-“Se pensi di poter fronteggiare da sola la testardaggine di Angel ti lascio, ma se pensi di aver bisogno di aiuto ad estenuarlo credimi che non troverai un’alleata migliore di me!”

Concluse Cordelia con un sorriso perfidamente malizioso. Faith la guardò con la meraviglia dei bambini sul volto. Ce l’aveva fatta, aveva vinto la diffidenza di Cordelia e già quella sarebbe stata da sola una grande vittoria. Si sarebbe potuta accontentare solo di quello, ma proprio per quello, ora come non mai, valeva la pena di fare un tentativo e di parlare ad Angel. Sapeva che se Angel le avesse detto di no non sarebbe stato per diffidenza, ma avere dalla sua parte Cordelia e, quasi sicuramente, anche Doyle le faceva sembrare la sua richiesta più realizzabile del dovuto.

Aspettarono in silenzio il rientro di Angel in agenzia, Faith non riusciva a parlare e Cordelia non aveva neanche tentato di traviarla in un discorso, la tensione della bruna cacciatrice era troppa e troppo evidente per farlo. Era molto tardi e ormai stavano per desistere quando la porta si aprì e

D-“Ti giuro, Uomo, che non riesco proprio a capire. Era quello il luogo e…Hey! Ancora qui?!”

C-“Ciao! Com’è andata?”

D-“Com’è andata… Bella domanda! E’ andata che…”

C-“Voi due dovreste riposarvi ogni tanto. Prendervi una pausa… Soprattutto tu Angel, che fai il grosso del lavoro…”

D-“Hey! Anch’io nel mio piccolo…”

Doyle vide Cordelia fissarlo ad occhi spalancati e capì istantaneamente dove volesse andare a parare con quel discorso, così corresse il tono continuando

D-“…Beh, si effettivamente tu non hai mai un attimo di pace Angel…”

Sfortunatamente per loro anche Angel aveva capito dove quel discorso doveva andare a parare. Angel sapeva che Faith, continuando a rimanere così inattiva, avrebbe davvero rischiato di perdere scioltezza e velocità, ma se c’era qualcosa da dire doveva dirglielo lei e nessun altro, così rispose sarcasticamente

A-“Divento pericoloso quando ho un attimo di pace…”

C-“Angel, tu esageri sempre! Volevo dire che forse se tu avessi…”

Faith aveva compreso il tono e lo sguardo di Angel. Era giusto, doveva parlargli lei, glielo doveva. Lui era stato il primo a credere in lei, per un certo periodo l’unico. Il minimo che potesse fare era dirlgi di persona ciò che lui, comunque, sapeva già anche se aveva fatto finta di ignorarlo.

Bloccò Cordelia fissando Angel negli occhi seriamente

F-“Grazie Cordelia, ma credo che spetti a me…”

Poi abbassò lo sguardo con aria grave. Stava rischiando molto, tutto e se le avesse detto di no, sicuramente avrebbe provato per l’ennesima volta ad adattarsi a vivere una vita normale, ma doveva provare, doveva fare un tentativo. L’unico timore per cui non aveva tentato neanche un accenno prima era che dopo non le venisse data più nessuna chance e, se già non era stato facile abituarsi all’idea di una vita normale sapendo di avere il loro appoggio, sarebbe stato impossibile abituarsi a una vita normale da sola. Non sarebbe ricrollata nell’abisso, o almeno, non in quello. Certamente non avrebbe mai più usato le sue facoltà contro nessun essere umano, ma probabilmente non le avrebbe usate nemmeno contro i demoni, probabilmente sarebbe crollata in quell’ abisso, quello dell’apatia, dell’indifferenza. Si sarebbe lasciata scivolare la vita addosso, sarebbe caduta davanti alla morte e in tutte e due i casi non avrebbe avuto nessuna reazione o emozione. Ma col passare del tempo si era convinta che un quadro così catastrofico non potesse realizzarsi. Nella peggiore delle ipotesi Angel le avrebbe detto di no, ma nessuno di loro l’avrebbe abbandonata mai, per nessun motivo. Questo l’aveva resa forte come non mai, come lo era stata solo quando al suo fianco c’era ancora Emily, la sua osservatrice. L’unico dubbio che poteva avere ora era come avrebbe potuto fronteggiare il no di Angel e se sarebbe riuscita a farsene una ragione e a vivere “normalmente”. Quando rialzò lo sguardo i suoi occhi si puntarono su Angel

F-“ Angel, io… Io posso anche cercare di camuffare la mia identità, ma resto sempre una cacciatrice. E’ tutto quello che so fare e che sono, è tutta la mia vita. La mia abilità è nel combattere, è nel mettermi in gioco e stando così ferma perderò anche quello. So che il Consiglio aspetta solo una mossa falsa da parte mia ma…”

La interruppe bruscamente.

A-“Finchè non si troverà una soluzione adatta a tutta questa situazione ti dovrai attenere al massimo riserbo, Faith…”

Le spalle di Faith ricaddero su se stesse, strinse le labbra e riabbassò gli occhi tenendo la testa alta. Ci aveva provato, almeno adesso glielo aveva detto. Almeno adesso non si sarebbe fatta altre illusioni, adesso…

A-“Tuttavia, giusto per non rimanere inattiva e perdere le tue caratteristiche di cacciatrice potresti allenarti nella palestra dove Cordelia si esercita con la balestra… La palestra di Gunn è un posto sicuro e lui è fidato, potrai stare tranquilla…”

Faith sbarrò gli occhi su Angel e il suo viso si illuminò di gioia. Non riusciva a credere che Angel le permettesse di…

A-“Sia ben chiaro che tu non toccherai quella balestra nemmeno per sbaglio e tantomeno i paletti. Ti allenerai nel combattimento corpo a corpo e perfezionerai le tecniche di offesa e difesa, come una ragazza normale. Il che significa che se mai ti dovessi allenare con qualcuno eviterai di fargli fare un volo… Siamo intesi?”

F-“Si, si!!”

Come inizio andava benissimo. Faith era al settimo cielo e i suoi occhi brillavano come stelle. Doyle rimase folgorato da quella luce, la luce che solo poco prima gli aveva descritto Angel, ora capiva appieno tutto. Sorrise con aria fiera e soddisfatta verso Angel.

D-“La palestra di Gunn… Grande idea, Uomo… Grande idea…”


Faith era semplicemente entusiasta, talmente entusiasta che… Non aveva neanche chiesto chi diavolo fosse Gunn. La sorpresa che Angel le permettesse almeno di allenarsi era stata talmente grande da annebbiare tutto il resto. Molto male. Si era distratta. Aveva perso un particolare importante. Di Angel, Doyle e Cordelia, Faith poteva fidarsi, difatti non era questo il punto. Il punto era che una cacciatrice distratta è una cacciatrice morta… “Una cacciatrice cauta, è una cacciatrice viva.”… Wesley glielo diceva sempre. Wesley, il suo osservatore, o meglio, quello che aveva tentato di esserlo e lei l’aveva accuratamente allontanato sfruttando sia le buone che le cattive maniere ed affermazioni e invece Wesley ci avrebbe tenuto davvero a seguirla. Troppo tardi. Faith scosse la testa scacciando i pensieri.

Era pomeriggio inoltrato, tra poco il sole sarebbe tramontato e Angel sarebbe sceso in agenzia, dopodiche, dopo una settimana di lacerante attesa, l’avrebbe finalmente accompagnata alla famosa palestra di Gunn… Gunn…

F-“Chi è Gunn?”

Domandò Faith, sprofondata su una poltroncina in lontananza, rivolta verso Doyle e Cordelia. Doyle, seduto sulla scrivania, e Cordelia, accomodata nella sua poltroncina da ufficio, si riscossero dalla loro conversazione e la guardarono leggermente sorpresi. Fu allora che Faith si accorse di aver salutato, aver domandato di Angel ed essersi chiusa nei suoi pensieri per chissà quanto tempo. Stava precipitando nel disagio più assoluto quando Doyle mutò la sua espressione e le sorrise, ma prima che potesse anche solo aprire bocca

C-“Gunn è un ragazzo che è nato e cresciuto in questo quartiere. Suo padre gestiva una palestra di box che lui ha trasformato alla meglio in una palestra generica in cui si praticano più o meno tutte le tecniche di combattimento… Ampi spazi, niente di eccezionale… Le pareti avrebbero bisogno di essere ripitturate e anche alcuni sacchi hanno visto giorni migliori, ma nel complesso è praticabile e, soprattutto, è pulita. Tra l’altro alcuni dei più giovani sanno dell’esistenza dei demoni, per quello si allenano costantemente…”

F-“Cosa?! Che ne sanno loro dei demoni?! Voglio dire… Perché lo sanno!”

C-“A parte la madre che è morta di morte naturale quando era piccolo, la famiglia di Gunn è stata uccisa dai demoni. Il padre non so da che demone e la sorella da dei vampiri neanche due anni fa… L’ha impalettata lui stesso…”

Faith mimò con le labbra un muto -wow- e Cordelia

C-“Puoi anche dirlo forte! E gli altri sono a conoscenza di questa realtà più o meno per lo stesso motivo…Chi ha perso un amico, chi un parente. Avevano fondato una banda di ammazzademoni, ma le perdite erano piuttosto massicce tra le loro file… Credo che avrebbero provato a far fuori anche Angel se non gli avesse salvato la vita durante uno scontro con dei... dei…?!”

D-“Greeglock…”

C-“Grazie, si, dei Greeglock!”

F-“Quindi loro sanno anche di Angel…”

D-“Si, fortunatamente hanno capito al volo che eravamo tutti dalla stessa parte… Non dico che siano grati ad Angel ma quasi…Da quando c’è la “Angel Investigations” questo non è più un quartiere a “rischio”, infatti non ci sono state più morti…

Strane …”

Faith guardò l’orologio sulla parete e sbirciò leggermente la finestra già oscurata dalla veneziana, con aria scontenta.

F-“Il sole ormai è tramontato…”

D-“Sta calma! Vedrai che adesso scende…”

Faith in ufficio non faceva che passeggiare avanti e indietro per tutta l’agenzia, sedersi per poi scattare come una molla in piedi, osservare tutto come se non l’avesse mai visto.

F-“Gunn e gli altri sapranno di me? Cioè, che sono una cacciatrice?”

D-“Non credo, sai com’è fatto Angel…Non escludo anzi che possa presentarti come Dana, invece che Faith…”

F-“Quindi, col mio finto nome da finta ragazza normale…”

C-“Non storcere il naso a quel modo! Ti ricordo che sei stata tu a scegliere Dana Gordon come tuo nome di copertura in questi tempi bui! E poi, secondo me, è carino!”

Faith storse la bocca con aria molto poco convinta, adesso perfino il tanto insopportbile secondo nome di Mildred le piaceva da matti, solo perché era davvero suo.

F-“Quindi non sapranno che io sono una cacciatrice…”

A-“Non è necessario che lo sappiano, ma sanno che il tuo nome è Faith.”

Angel era finalmente sceso in ufficio, silenzioso come sempre. Cordelia aveva leggermente sobbalzato e gli aveva mollato un’occhiataccia alla quale Angel aveva lievemente sorriso. Guardò Faith

A-“Non terrai per sempre l’anonimato, prima o poi tornerai ad essere una cacciatrice a tutti gli effetti e non credo che rimarebbero bene nel sapere che abbiamo taciuto anche il tuo vero nome oltre che la tua identità. Voglio che si fidino di me…”

D-“Ti dispiacerebbe perdere la loro fiducia, vero?”

Chiese Doyle preoccupato, Angel lo fissò

A-“Doyle che la gente non si fidi di me è assolutamente nella norma, che si fidi di me non lo è… Comunque si, credo che mi dispiacerebbe… Ma sono certo che mi dispiacerebbe ancora di più se, per diffidenza, tentassero di tenermi d’occhio e mi finissero in mezzo ai piedi quando non è proprio il caso… Quindi, onde evitare che ciò avvenga, un minimo di verità va detta…”

Doyle rimase un attimo interdetto, poi

D-“Hai ragione! Non l’avevo vista sotto questo aspetto…”

Angel si volse nuovamente verso Faith

A-“Vedo che hai chiesto di Gunn, finalmente …”

Faith raddrizzò la schiena come se si fosse messa sull’attenti durante un’ispezione militare e strinse le labbra. Angel le aveva “velatamente” fatto notare la sua distrazione. Il vampiro sorrise dolcemente a quella reazione e le domandò retoricamente

A-“Andiamo?”

Faith prese immediatamente il suo borsone e lo guardò sorridente come non mai e lui ammirò di nuovo quella luce nei suoi occhi.


ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo


L’agenzia si trovava in un quartiere semi tranquillo al confine coi bassi fondi. Era un posto dove la gente affrontava le cose senza porsi domande su di esse, pensando ai fatti propri, ma se ci si sapeva inserire sapeva essere anche socievole. Nessuno aveva idea di chi realmente fossero Angel e Doyle, ma gli bastava aver visto che col loro arrivo nel quartiere le cose erano di gran lunga migliorate per essere gentili con loro, Cordelia e, nonostante fosse l’ultima arrivata, Faith. Molti dei ragazzi del quartiere si allenavano nella palestra di Gunn e quasi tutti erano a conoscenza dell’esistenza demoniaca tra le fila umane, però non ne parlavano mai. Un po’ perché con quello che accadeva non avevano bisogno di ricordarselo parlandone e un po’ perché le loro famiglie, o ciò che rimaneva di esse, conducevano una vita già abbastanza dura per volere affrontare anche quel peso.

Dietro l’agenzia era una fitta ed intricata rete di vicoli che portava alla palestra di Gunn, Angel camminava seguito da Faith che era quasi al suo fianco. Erano tutti e due in silenzio da quando erano usciti, Angel

A-“Siamo quasi arrivati…Ricordati di non farti prendere la mano mentre ti alleni…”

F-“Vuol dire che non ti allenerai con me?”

A-“No, non davanti a loro almeno… Sanno che stasera arriverà una ragazza di nome Faith e basta. Se ti allenassi con me intuirebbero, pur non sapendo che esistono le cacciatrici, che sei qualcosa di più di una ragazza normale e non è il caso…Magari una di queste notti, sul tardi, quando gli altri saranno andati via…”

Faith annuì fieramente sicura, quella notte, quando fosse venuta, non si sarebbe fatta trovare fuori forma, avrebbe attaccato al meglio delle sue possibilità. L’avrebbe stupito e per stupirlo avrebbe dovuto metterlo in difficoltà, come impresa non era facile, ma era una buona meta da porsi.

Poco dopo si ritrovarono davanti a una palazzina di due piani, dal perimetro ampio.

A-“Questa è la palestra di Gunn.”

Faith annuì ed entrarono. Al primo piano era la casa dove ormai abitava soltanto Gunn e alcuni suoi amici le cui famiglie avevano avuto una sorte simile a quella della sua, al piano terra era la palestra di box e nel seminterrato era la palestra vera e propria dove ci si allenava per sopravvivere. Faith si guardò intorno nella palestra del pian terreno, quella di pugilato. Un tempo, forse negli anni sessanta, quella palestra doveva aver vissuto tempi davvero d’oro. In una parete vi erano delle mensole piene di foto e trofei. Di quei tempi felici erano rimasti solo quelli e lo stabile. Ad occhio e croce si poteva capire che le entrate bastassero giusto per mantenere la palazzina in condizioni decenti.

Faith pensò che se quel ragazzo, Gunn, continuava a tenere quel posto era esclusivamente per una questione affettiva e non certo di lucro. Le persone che si allenavano avevano una certa età, probabilmente erano vecchie glorie di quella palestra o amici del padre di Gunn che continuavano a frequentare quel posto come per pagare un debito affettivo e salvaguardare il figlio del loro amico morto.

Angel e Faith erano fermi di fronte all’ingresso quando un ragazzo gli si fece incontro. Era un ragazzo alto, di colore, incredibilmente massiccio, con la testa rasata e un’espressione che tendeva più a sottolineare che a nascondere la sua diffidenza verso il mondo, umano o meno che fosse. Sorrise di sbieco ad Angel chinando il capo di lato in cenno di saluto, poi si rivolse a lei tendendole la mano

G-“Ciao, tu devi essere Faith, io sono Gunn…Vieni con me, noi ci alleniamo giù…”

Disse quelle ultime parole guardandosi intorno con cautela, come se parlare della palestra nel seminterrato equivalesse a parlare di demoni e, probabilmente, era così da quelle parti, fra quelle persone.

Scorse in fondo, restando in disparte rispetto alla zona dove gli altri si allenavano, il montacarichi che, sicuramente, li avrebbe portati giù. Fece per seguire Gunn quando Angel

A-“Io vado, ci vediamo più tardi in agenzia o vuoi che venga a prenderti, la strada è piuttosto complicata e…”

F-“Hey, hey, hey!!!”

Lo interruppe Faith picchiettandogli la spalla con una mano e un’aria tra lo sbalordito, lo scherzoso e il seccato

F-“Sarò anche arrugginita, ma ho sempre il mio bravo senso dell’orientamento! Tornerò da sola, non serve che mi faccia da balia!”

Spavalda come una volta, come sempre. Angel sorrise alzando le mani e abbassando lievemente la testa in segno di resa. La salutò e si diresse verso l’uscita mentre Faith raggiungeva Gunn e sentì

G-“Stai iniziando o sai già come si combatte?”

F-“No, so già combattere…”

G-“Ah, si?”

Gunn sembrava insospettito e Faith con aria innocente e “normale” chiuse il discorso dicendo

F-“Si, insegnavo arti marziali a Boston.”

Angel sorrise di nuovo mentre lei da lontano gli faceva spallucce. La risposta era buona, Faith sembrava più grande della sua età e poi era così sicura…

Faith e Gunn scesero giù con il montacarichi che per chiusura aveva una grata estensibile in ferro. La palestra del seminterrato era ampissima come spazi, di primo acchito sarebbe sembrata un garage sotterraneo, ed era come suddivisa in zone per via di alcune colonne portanti sparse un po’ ovunque. Alcune delle colonne erano rivestite con della pesante imbottitura, altre avevano attaccati degli attrezzi piuttosto vecchi ma ancora funzionanti. Il pavimento era in linoleum grigio fumo, coperto in alcuni punti da dei materassi da allenamento e in altri con delle stuoie fissate saldamente a terra. Le pareti erano di un colore tra il verdolino pallido e il grigio tenue dove campeggiavano delle macchie di umidità non indifferenti, oltre all’odore di umidità però non si sentiva altro, Cordelia aveva ragione, era una palestra pulita. Attaccate alle pareti erano delle spalliere e due armadi in ferro agli antipodi della palestra. Uno molto grande era vicino a dove si stavano allenando alcuni altri ragazzi e l’altro, mediamente grande, era sul lato opposto della palestra in una zona appartata e tranquilla. In quegli armadi dovevano esserci delle armi tra cui delle balestre, poiché alcune imbottiture delle colonne erano lacerate e tagli di quel genere poteva provocarli solo un paletto. Nel complesso la palestra poteva non sembrare un granchè, ma per Faith era assolutamente perfetta. Spartana forse, ma decisamente pratica e adatta allo scopo. Gunn si voltò verso i ragazzi che si stavano allenando e disse

G-“Ragazzi, questa è Faith…”

Ci fu un coro disarticolato di saluti al quale lei rispose alzando una mano e facendo un mezzo sorriso. Poi con calma si diresse verso la zona appartata dove c’era l’armadio in ferro mediamente grande, le ricordava un po’ quello che c’era nella biblioteca del Sunnydale High.

G-“Quella è la parte dove si allenano ogni tanto Angel e Cordelia, alcune volte viene anche Doyle…”

F-“Immaginavo…”

Disse Faith voltandosi lievemente.

G-“Se hai bisogno di qualcosa caccia un grido.”

F-“Lo farò!”

Rispose Faith sorridendo e lasciando cadere ai piedi di una colonna il suo borsone mentre Gunn se ne andava.

Si sedette per terra, aprì la sacca e tirò fuori delle bende per fasciarsi i polsi, volse lo sguardo e sorrise seducentemente crudele verso il sacco che pendeva dal soffitto e che aveva già scelto come sua vittima.


D-“Hai intenzione di entrare nel Guinnes dei primati o più semplicemente di perdere la vista ?!”

Cordelia, continuando a battere al computer

C-“Non voglio entrare nel Guinnes dei primati, voglio solo finire di trasferire i casi di queste cartelle nel nostro nuovo computer e bruciare una volta per tutte quell’ingombrante cartaccia! Per quanto riguarda la vista sono abituata a stare al computer… Al liceo ero una delle migliori del mio corso, non ai livelli di Willow Rosemberg, ma ero abbastanza efficiente…”

D-“Willow Rosemberg… Willow… E’ la strega di cui mi hai parlato, giusto? ”

C-“Si, proprio lei!”

Doyle sorrise e sollevando leggermente un mazzetto di cartelle che era poggiato sulla scrivania di Cordelia

D-“Ad ogni modo non credo che Angel voglia disfarsi di tutta quest’ingombrante cartaccia! E’ vero si che, per avere l’età che ha, è al passo coi tempi, ma suppongo che prediliga ancora il supporto cartaceo!”

Cordelia fece una smorfia e scuotendo le spalle disse

C-“Angel può fare come preferisce, ma io non voglio più saperne! Voglio trasferire tutta questa roba qui dentro il più presto possibile, anzi… Mi passeresti un altro po’ di cartelle, perfavore? Ho quasi finito di trascrivere l’ultima…”

Doyle si mosse verso lo schedario e, dopo un po’

C-“Doyle?!… Doyle ti sei incantato?!”

Cordelia ruotò sulla poltroncina su cui era seduta e vide Doyle fermo davanti allo schedario con lo sguardo fisso. Rimase in silenzio e dopo pochissimi istanti Doyle scosse la testa con forza, prese una bracciata di cartelle e, dandole ancora le spalle, disse a Cordelia

D-“Scusa, mi ero distratto un attimo… Stavi dicendo?!”

Ma quando si voltò vide Cordelia seduta sulla poltroncina con le gambe accavallate e le braccia conserte, lo guardava con un sopracciglio alzato ed era chiaro che volesse delle spiegazioni. Doyle abbassò le spalle e chiese sconsolato

D-“Ero così da molto?”

C-“No, pochi istanti. Con un po’ di fortuna non me ne sarei accorta..”

Doyle sembrò come rincuorato ma

C-“…Con un po’ di fortuna e se fosse stata la prima volta…Ma dura da circa tre settimane. Da quando tu ed Angel siete rientrati a vuoto da quella ronda… Sono stata paziente e ho cercato di essere discreta, ma …C’è già Angel fin troppo cucito e tu sei il primo a dire che non gli fa bene tenersi tutto dentro, quindi, me lo dici tu cosa c’è o te lo devo tirare fuori io con le tenaglie?!”

Doyle rimase interdetto dalle parole di Cordelia. Era innegabile che il fatto che lei avesse fatto caso a lui e a ciò che gli era accaduto in quelle settimane lo rendesse felice, solo avrebbe preferito che una cosa del genere fosse accaduta in un frangente meno confuso di quello. Alzò le spalle e scosse il capo negativamente, mentre si sedeva in un angolo della scrivania davanti a Cordelia

D-“Non lo so…Cioè, non lo so esattamente…Continuo a vedere sempre lo stesso posto ed è sempre la stessa scena: due figure buie e una delle due solleva il braccio verso l’altra, contro l’altra… E sembra che in mano stringa qualcosa, non so… Forse è un pugnale, ma non ne sono sicuro è…E’ tutto così buio, confuso. Ci siamo tornati un’altra volta con Angel, ma non è successo nulla neanche allora. Ci sono tornato io da solo ma…”

C-“Cos’hai fatto da solo?! Ma sei impazzito?! E quante volte sei andato?”

D-“Tutte le sere… Prima di tornare a casa…”

Rispose Doyle con tono sottomesso, Cordelia esplose

C-“Tutte le sere?!”

D-“Si, tutte le sere, ma non è accaduto niente, non accade niente lì! Eppure io continuo a vedere che succede qualcosa, quindi dev’essere importante, ma non accade niente e io non riesco a vedere nulla oltre a quella stramaledetta strada e quelle due figure buie e confuse…Se solo…”

Doyle si fermò di colpo e fissò il pavimento con aria dispiaciuta. Cordelia non aveva mai visto Doyle così abbattuto, si sporse in avanti e gli strinse una mano

C-“Per quanto pensavi di tenerti ancora per te questa angoscia?”

Doyle sorrise imbarazzato e le strinse la mano a sua volta, guardandola negli occhi. Cordelia gli strinse la mano più forte senza rendersene quasi conto e quando lo fece la lasciò allontanandosi leggermente con sorpresa di Doyle, quando

A-“Quella di Cordelia è un’ottima domanda…”

Fece Angel entrando in agenzia.

D-“Finchè non fossi riuscito a vedere almeno il viso di una delle due figure…”

Rispose Doyle con il tono di uno che è in incontrovertibile difetto.

A-“Le tue visioni si stanno rafforzando di giorno in giorno Doyle, quando sarà il momento te lo diranno…Per ora cerca di aver fiducia nelle tue visioni come ne abbiamo noi…”

Doyle gli sorrise riconoscente per quelle parole, poi Angel aggiunse

A-“…E soprattutto evita di correre inutili e stupidi rischi…”

Doyle tramutò il sorriso in una smorfia e annuì pesantemente col capo mentre Angel, guardatosi intorno

A-“Faith è in palestra?”

C-“E dove altro se no?!”

A-“E’ da un po’ che tu non vai ad allenarti…”

C-“Lo so, ma il lavoro è tanto, dovresti saperlo come e meglio di me! … E poi voglio finire di trascrivere le cartelle nel pc…”

A-“A che punto sei?”

D-“E’ a più della metà! Contando che abbiamo preso il pc ieri mattina e tenendo presente anche la mole di lavoro, direi che Cordelia è un fulmine di guerra alla tastiera!”

A-“Ignoravo che fossi così brava…”

C-“Era inutile che mi cimentassi…Ai tempi di Sunnydale c’era Willow e accanto a Willow anche Bill Gates sarebbe sembrato un bambino alle prime armi!”

A-“Comunque, sarà meglio che tu riprenda ad allenarti il più presto possibile… Non vorrei che tu perdessi quel poco che hai già imparato e che, per quanto poco, è utile in difesa…”

C-“Appena avrò finito questo, promesso! In fondo mi manca… Roba da non credere, eh?! …Piuttosto…Perché non segui mai Faith?”

A-“Quello che dici non è esatto…”

C-“Oh! Hai ragione, scusami! Dimenticavo che in tre settimane che si allena sei andato lì ben tre volte!”

Disse Cordelia enfatizzando ogni cenno e ogni parola per poi finire col guardarlo a viso basso e sguardo alto. Uno sguardo che era tutto un programma.

Doyle annuì col capo seguendo la pantomima di Cordelia e poi si rivolse a Angel

D-“Ha ragione, Uomo. Sei andato lì solo una volta alla settimana e il lavoro non era poi così tanto…Potevi seguirla di più… Potresti seguirla di più…”

Angel si appoggiò al lato opposto dov’era Doyle sulla scrivania di Cordelia e tranquillamente

A-“Faith non ha bisogno che io la segua, ha bisogno di sapere che io ci sono e, per questo, una volta alla settimana è più che sufficiente… Poi Faith è una cacciatrice e non necessita di essere seguita costantemente…”

Cordelia corrugò la fronte a quell’ultima frase di Angel e

C-“Ma quando è rimasta sola è…”

A-“E’ passata dall’altra parte, ma non si è abbattuta. Era sola, è vero, ma era ancora nel pieno delle proprie forze… Lei, avrebbe guidato le tenebre, non si sarebbe fatta sconfiggere da loro. Il punto di forza di Faith è se stessa. Il cambiamento che ha avuto la sua vita l’ha disarmata non poco. E’ come se avesse perduto il controllo di se stessa e ora deve recuperarlo, ma deve recuperarlo da sola. Se io la seguissi più di quello che faccio perderebbe fiducia in sé, così come se non la seguissi affatto. Per quello dico che una volta alla settimana è più che sufficiente e devo dire che, se continua così, non passerà molto tempo che sarà di nuovo in piena forma.”

C-“Io ricordo, però, che tu seguivi Buffy costantemente…”

Angel annuì seriamente e poi disse

A-“Ogni cacciatrice è diversa… Diversa da quella che l’ha preceduta, diversa da quella che la seguirà… E ogni cacciatrice ha una particolarità, un punto di forza. Le prescelte possono essere il nemico più insidioso da dover affrontare, se sono delle purosangue è più che possibile che possano essere l’ultimo nemico da dover affrontare, ma anche loro sono vulnerabili. La loro tecnica può non essere perfetta nonostante la loro forza sia eccezionale, la loro velocità di ragionamento può non essere ottimale e se sai come condurre lo scontro, puoi far diventare il loro punto di forza, il loro punto debole. Buffy è un’ottima cacciatrice. Una cacciatrice atipica, con una famiglia e degli amici. Loro sono la sua particolarità, il suo punto di forza. Faith è diversa, il suo punto di forza è se stessa. Buffy ha bisogno di essere seguita, perché l’essere seguita le dà forza. Se si sentisse sola, morirebbe sicuramente.”

Cordelia sostenne lo sguardo di Angel con altrettanta serietà per tutto il discorso e poi annuì gravemente. Non ci aveva mai fatto caso eppure era così semplice e vero… Il fatto che una fosse una prescelta non voleva dire che fosse per forza una fuoriclasse e così era anche per i vampiri. Non dovevano essere molti i vampiri che potevano essere capaci di condurre lo scontro con una cacciatrice in quel modo. Di tutti quelli che aveva visto reputava capace Spike di una cosa simile, ma aveva la certezza per Angel. Lui sapeva di ciò che parlava perché l’aveva fatto e lei, tempo addietro, aveva anche avuto modo di assistere…


*******************************************************


Dalla rottura della maledizione, la pagina dei necrologi di Sunnydale si era riempita in modo inquietante. Ogni notte arrivavano nella camera mortuaria dell’ospedale almeno tre vittime e Buffy e la scooby-gang non sapevano più cosa fare.

Buffy era rimasta molto provata dallo scontro con Angelus quando avevano fermato il Giudice e nonostante non l’avesse più visto direttamente, il vampiro continuava a disseminare segni opprimenti della sua presenza intorno a lei.

Il fondo era stato toccato, o almeno così speravano, con una compagna di classe di Buffy che era stata vampirizzata, Theresa. Nel mezzo del combattimento la neovampira le aveva portato i saluti di Angelus sconvolgendola al punto che si era salvata dalla morte per miracolo.

Per un paio di notti di fila fu pace assoluta e la scooby-gang colse quella tregua per trascinare Buffy al Bronze, dopo tutto quello che era accaduto doveva assolutamente distrarsi.

Quando entrarono la musica era come al solito a tutto volume e il locale era pieno. Willow, Oz, Cordelia e Xander presero un tavolo appartato e si sedettero completamente immersi nei loro discorsi mentre Buffy, appoggiata al bancone, aspettava di fare l’ordinazione al barman.

Si guardava in torno con aria distratta, come se qualcosa non le quadrasse. Il locale era pieno, la musica era a tutto volume, era tutto come al solito e continuava a non capire cosa stonasse, ma qualcosa c’era.

La gang, dal tavolo, la osservò per un attimo poi tornò a parlare e uno degli argomenti era anche lei. Erano preoccupati per Buffy, per le sue reazioni, per ciò che stava accadendo e perché tutto sommato Angelus, Drusilla e Spike non li avessero ancora colpiti direttamente com’erano in grado di fare.

Si interruppero quando videro Buffy lasciare di colpo il bancone e guardarsi intorno freneticamente.

Girava su se stessa guardando i ragazzi seduti ai tavoli, avvicinandosi a loro e poi allontanadosi istantaneamente scuotendo la testa disperatamente, tenendosela tra le mani.

La gang si scambiò una rapida occhiata. Dovevano accorrerla, alla fine Buffy aveva avuto una crisi di nervi e visti i fatti recenti la cosa non li stupiva.

Ma quando si alzarono di scatto trovarono Spike e Drusilla, come sbucati dal nulla, in piedi davanti a loro, che li fissavano inespressivi. Furono colti dal panico.

Cominciarono a guardare in giro alla ricerca di una via di salvezza per tutti. Spike e Drusilla in quel luogo, con tutte quelle persone, dovevano fare qualcosa, dovevano salvarle in qualche modo, dovevano… In una frazione di secondo compresero la disperazione di Buffy. Nessuno parlava e nessuno si muoveva nel locale a parte loro. Erano tutti morti e messi in posa.

Si sedettero di botto, come inebetiti mentre fissavano, boccheggiando, i due vampiri di fronte a loro che adesso li guardavano sorridendo con inquietante affetto.

Buffy vide i due vampiri di fronte ai suoi amici, mosse un passo verso di loro per soccorrerli ma la musica cessò e sentì al suo posto una voce che la paralizzò

all’istante.

A-“Serata morta, eh?! Mi spiace, per una volta che non sei di ronda… Sapevo che saresti venuta qui… Ti conosco bene…”

Angelus. La guardava sorridendo di sbieco con arroganza. Quelle notti di tregua non erano state che una trappola per portarla al Bronze.

Buffy guardò inorridita lo spettacolo che la circondava e che era stato messo su per lei. Quella gente era morta per lei.

La gang lesse l’espressione sul volto di Buffy, non sarebbe riuscita a tenere testa ad Angelus. Avrebbero voluto soccorrerla, ma Spike e Drusilla si strinsero tra loro spegnendo ogni possibilità di reagire.

Drusilla con il suo fare infantile alzò l’indice di una mano verso di loro facendo cenno di no e quando Willow fece per parlare, Drusilla si avvicinò l’indice alle labbra e la zittì. Spike si limitava a ghignare godendosi la scena.

Buffy vide tutto e giratasi verso Angelus

B-“Che faranno?”

A-“Nulla… Hai ricevuto i miei saluti?”

Buffy impallidì, guardandolo con gli occhi sbarrati, e lui allargò il suo sorriso.

B-“Che intenzioni hai…”

A-“Sta tranquilla… Non muoverei un dito contro di te… Voglio solo sdebitarmi…”

B-“Finirai di uccidere tutti quelli che ti passano vicino?!”

Angelus ridacchiò

A-“No…Visto che tu, in un certo senso, mi hai restituito la vita… Io te ne offrirò un’altra…”

B-“E diventare così una squallida assassina?! No, grazie!”

A-“Perché, cosa pensi di essere adesso?… Si, lo so… I vampiri possono avere le sembianze, i gesti, perfino i ricordi di un essere umano, ma non sono esseri umani… E così che vi insegnano, giusto?”

Si, erano le stesse parole che aveva utilizzato Giles quando gli aveva parlato di lui. Buffy lo guardava sempre più paralizzata mentre Angelus le parlava con voce suadente e le girava intorno avvicinandosi sempre di più, con calma.

A-“Dimmi, Buffy… Quante volte hai dovuto reprimere l’impulso di sfruttare la tua forza quando un essere umano ti faceva un torto… Tante vero? Si, tante… Una cacciatrice è un’assassina naturale esattamente come lo siamo noi, solo che tu sei incatenata alla tua coscienza, ai rimorsi, alle imposizioni dettate da qualcuno che non dovrà mai sopportare ciò che sopporti tu. La vita di una cacciatrice può essere così ingiusta Buffy… Salvi costantemente dalla morte delle persone che, non solo non sapranno mai chi sei e non ti ringrazieranno per quello che fai, ma che ti potranno ferire nei sentimenti, rubare quel poco che ti è rimasto di una vita normale perché tu, la loro salvatrice, non gli rappresenti nulla… Che cos’hai a parte un destino che non ti sei scelta…”

Buffy stava cedendo alle parole di Angelus, era chiaro dai suoi occhi e Willow gridò non curante della propria vita

Willow-“Buffy ha noi, la sua famiglia e Giles!”

Drusilla mosse un passo in avanti e Willow indietreggiò ammutolita tra le braccia di Oz che guardava fissamente la vampira sorridere soddisfatta. Buffy si riebbe nel sentire la voce di Willow e ripreso coraggio disse con tono di sfida

B-“Willow ha ragione! Io ho i miei amici, ho Giles, ho mia madre …”

Angelus piegò la testa di lato e per un attimo sembrò che la guardasse con compassione, poi sorrise di scherno

A-“Sei persone… Sicuramente sono un piccolo tesoro… Sei sicura che non ti abbandoneranno mai? Credi che se tu non riuscissi ad arrivare in tempo e accadesse qualcosa a uno di loro, gli altri non ti odierebbero? Si, lo farebbero. Perché in te vedono l’infallibile prescelta prima che l’umana, Buffy… Giles, il tuo osservatore. Colui che al riparo nella sua biblioteca ti manda allo sbaraglio a combattere il male… E tua madre, la quale non sa chi sei… o meglio, non lo vuol sapere…”

B-“Che vuoi dire…”

A-“Quante volte sei tornata a casa coi vestiti sporchi di sangue, laceri, infangati… Tua madre ti ha mai fatto domande? No. Perché è la prima ad aver timore di ciò che sei e preferisce non vedere… Gli esseri umani dimenticano in fretta, Buffy. E sanno essere così ingrati, crudeli. La morte sociale può essere peggiore di quella fisica… Una cacciatrice non muore per i pugni o i calci che non ha sferrato, muore perché è stanca di combattere. Perché non ha nulla oltre alla sua missione. Perché è sola, e si lascia uccidere… Tu sei sola, nessuno può condividere il tuo fardello. Io ero al tuo fianco, ma ora… Pensa Buffy… Pensa come sarebbe bello non dover più combattere… A cosa serve poter ammirare un tramonto quando sai che appena il sole sparirà

dall’orizzonte dovrai combattere… Respirare la polvere della terra su cui ti scaraventano i nemici… O il battito di un cuore che si spacca al dolore della solitudine…”

Buffy era come stordita dalle parole di Angelus, dentro la sua mente negava la verità delle sue parole, ma nel profondo del suo cuore piangeva riconoscendola.

Angelus, dietro di lei, le strinse languidamente le spalle e le sussurrò all’ orecchio

A-“E’ così facile Buffy… Così facile… E’ solo un attimo. Poi la calma, la serenità… E ci vuole così poco… Un lieve dolore per non provar più dolore…”

Angelus mostrò il volto del vampiro e, smesso di sussurrarle all’orecchio, posò sul suo collo le labbra e poi premette lievemente i canini, abbastanza da segnarle la pelle, ma non da farla sanguinare. Si staccò lentamente e riavvicinandosi al suo orecchio le disse soavemente

A-“Non è così terribile vero? Anzi… E’ quasi liberatorio, dolce, confortante…”

Avrebbe potuto morderla, lei non avrebbe reagito, ma non era questo quello che voleva. Si staccò da lei con fare deciso, Spike e Drusilla lo aspettavano sulla soglia, lui fece due passi e si girò verso di lei tagliente come una lama

A-“Ma devi essere tu a chiedermelo… Quando vorrai, mi troverai…”

Raggiunse i suoi Childs e uscì dal Bronze lasciando Buffy tremante e con gli occhi sbarrati in un totale stato di shock …


*******************************************************



La riunione al Magic-Box era finita. Un altro, l’ennesimo, punto della situazione era stato fatto.

Uno strano sogno riguardo a una “Mistica Chiave” che avrebbe dovuto custodire e di cui non sapeva assolutamente niente. Ad ogni modo non ce n’erano stati altri… Gli sporadici pattugliamenti di ciò che restava dell’Iniziativa, nonostante Riley avesse stragiurato che il Governo aveva smantellato il progetto Iniziativa e che erano ancora lì solo in attesa che gli venisse affidato un altro incarico… Sua madre aveva dato alcuni cenni di squilibrio provocando in lei una preoccupazione in più e in tutto questo aveva anche una sorellina che non faceva altro che romperle le scatole. E sopra tutto questo c’era l’insopportabile presenza di Spike che da saltuaria stava diventando troppo costante per i suoi gusti.

Lo chiamavano per sapere il suo parere quasi per tutto…Come un tempo facevano con Angel… Fidandosi di lui e dimenticandosi che se avesse potuto non avrebbe esitato un istante a farli fuori tutti. Dimenticandosi ciò che aveva fatto in passato…Come un tempo non avevano fatto con Angel…

Sarebbe dovuta rientrare a casa e invece, senza sapere neanche come, si era ritrovata di fronte al bar di Willy. Alzò gli occhi verso l’insegna al neon e poi fissò la porta con serietà…No, non era una buona idea… O almeno, pensò che così avrebbero detto Giles e gli altri. Esitò, poi si disse che chi, come loro, trovava ragionevole fidarsi di Spike non aveva proprio un bel niente da dirle ed entrò. Avanzò verso il bancone e Willy, appena la vide, l’accolse con quello che era, più che un caloroso saluto, un sonoro avvertimento per i suoi clienti “speciali”

Willy-“LA CACCIATRICE!”

A quell’esclamazione, tutti i vampiri del locale si ritirarono in buon ordine lasciando il locale semivuoto. Willy, abbassando il tono, riprese

Willy-“La cacciatrice nel mio umile locale! Cosa posso offrirti?”

Buffy si appoggiò con le braccia conserte al bancone, in faccia aveva il sorriso a labbra serrate più fasullo di cui era capace.

B-“Delle informazioni, Willy!”

Willy-“Non preferiresti un gingerale?!”

Buffy smise di sorridere e l’afferrò per il bavero scandendo

B-“Angel…”

Il barista arrancò

Willy-“Non conosco questo cocktail, mi dispiace…”

Buffy lo strattonò nuovamente e con più forza.

B-“Dove si trova…”

Willy-“Oh, andiamo! Eri la sua ragazza e non sai dov’è andato?!”

Buffy, senza mollare la presa, sospirò e

B-“Che vuoi farci?! Ho perso il suo numero di telefono!”

Willy-“Se non te l’ha detto ci dev’essere un motivo… Spiacente ma non voglio correre il rischio che mi ammazzi…”

B-“Potrei sempre farlo io…”

Willy-“ Le cacciatrici non uccidono gli esseri umani…”

B-“No, ma possono procurargli danni permanenti…”

Disse Buffy trascinandolo sopra il bancone e torcendogli un braccio all’indietro con la seria intenzione di spezzarglielo.

Willy-“Ahi! Ok, ok,! Ferma, va bene! Dicono che si sia trasferito a Los Angeles e che lavori con un mezzo demone in un agenzia investigativa che si chiama come…”

S-“Ciao Willy… Smarrito la strada per il Bronze, Cacciatrice?!”

Spike. L’ultima persona al mondo che avesse bisogno di vedere in quel momento. Nel sentire la sua voce aveva lasciato Willy immediatamente, rispingendolo dietro al bancone. Si girò verso Spike, ma senza fissarlo negli occhi, e non vide che Spike guardava Willy in modo eloquente. Buffy si rivolse di nuovo a Willy per sapere il nome dell’agenzia, tanto Spike l’aveva colta in pieno ormai.

B-“Come…?”

Willy-“Come, cosa?!”

Disse Willy non staccando gli occhi dal bancone dov’era stato sdraiato pochi secondi prima e che adesso stava ripulendo con uno strofinaccio.

B-“Come si chiama l’agenzia!”

Willy scosse la testa scacciando la sua domanda come se fosse stata una mosca fastidiosa e si rivolse alla figura che si era appena seduta sullo sgabello affianco a lei.

Willy-“Il solito Spike?!”

Il vampiro biondo annuì tirando fuori, dalla tasca interna del suo trench in pelle, un pacchetto di sigarette e uno zippo che posò sul bancone. Buffy inviperita verso Willy

B-“Cos’è? Non parli perché c’è lui? Hai paura di Spike? Non dici quel nome perché c’è lui?!”

Willy, poggiando davanti a Spike un bicchiere di whisky

Willy-“Non dico quel nome perché non lo so, non me l’hanno detto…”

Buffy sorrise con disgusto e Spike

S-“Perché non provi a credere alle persone per una volta…Potrebbero davvero non averglielo detto…”

Si mise una sigaretta in bocca

S-“Alcuni demoni non parlano molto… Dovresti saperlo…”

Una frecciata, personale, precisa e diretta sul modo che aveva di fare Angel. Una frecciata che era andata a segno. Spike accese la sigaretta e tirò una boccata profonda

B-“E tu non saresti così gentile, vero…?!”

La cacciatrice doveva avere un dannato bisogno per piegarsi a domandargli dove si trovasse Angel, ma non era affar suo. Espulse il fumo davanti a sé, fissando il bancone come se stesse meditando il dafarsi, ma il ghigno che le rivolse quando si girò verso di lei le fece intendere chiaramente che non ci aveva neanche lontanamente pensato. Difatti la sua risposta fu la ripetizione di quell’ insinuante

S-“…Dovresti saperlo…”

Vide, con soddisfazione, la cacciatrice stringere i pugni e guardarlo piena di odio.

B-“Crepa, Spike…”

Disse Buffy lasciando il bar di Willy, mentre la voce di Spike la seguiva tranquillamente divertita rispondendole

S-“Già fatto, bambina… Già fatto…”

Non avrebbe mai potuto colpirla. Non avrebbe neppure potuto sfiorarla con un dito con quell’intenzione e non per il chip, se ne sarebbe infischiato. Il dolore avrebbe potuto spappolargli il cervello fino a renderlo pazzo o un vegetale, ma ne sarebbe valsa la pena. Ciò che lo aveva fermato allora e che lo fermava adesso era un patto di sangue. Un patto di sangue che aveva fatto con Angel quando la maledizione si era spezzata. Un patto di sangue che gli impediva di toccare la cacciatrice e i suoi amici. Un patto di sangue dal quale solo Angel avrebbe potuto scioglierlo e che una volta, quando aveva toccato il fondo della rabbia e della disperazione, aveva pensato di poter rompere…


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Non c’era più nulla che rimanesse della sua famiglia, nulla. E ai suoi tempi, con tutto ciò che avevano affrontato, non avrebbe mai neanche sospettato che una ragazzetta da spot dello shampoo come Buffy Summers fosse in grado di distruggere la sua famiglia. Ricordava tutto. Angelus che estraeva la spada da Achatla, che combatteva con la cacciatrice… Angelus ne aveva incontrate altre di cacciatrici e ben più forti di lei, il fatto che non l’avesse ancora uccisa significava solo che non ne aveva l’intenzione.

A un certo punto aveva sentito quell’opprimente sensazione che aveva già percepito quando aveva rincontrato Angelus dopo quasi un secolo. Aveva sentito quell’opprimente sensazione diventare sempre più forte e poi rivelarsi in un fascio di luce e colpire Angelus illuminandogli gli occhi in modo inquietante e facendolo crollare in ginocchio a terra. L’avevano perduto, di nuovo.

Spike e Drusilla, a quella vista, si erano stretti in un disperato abbraccio con gli occhi pieni di orrore. Erano soli, di nuovo.

Se ne andarono prima che Angel riprendesse del tutto i sensi, prima di doverlo affrontare un’altra volta. Non ci sarebbero stati più scontri tra loro, mai più…

Ricordava Drusilla in macchina colta da convulsioni per una visione, una visione di Angelus inghiottito dal vortice di Achatla, inghiottito dall’Inferno per mano della cacciatrice. L’avevano perduto, per sempre.

Se solo avessero immaginato non l’avrebbero mai lasciato solo, anche a costo di essere uccisi per mano sua. La macchina, come allora, sbandò andando fuori strada, inchiodando.

Camminava con passi lunghi, veloci e precisi, cercando la causa del suo dolore, cercando la cacciatrice. Al Bronze trovò solo due dei suoi amici, la rossa e il perdente, che sfortunatamente lo videro. La cosa si sarebbe fatta più lunga, ma di tempo a sua disposizione ne aveva, eccome. Si lasciò seguire fino alla vecchia fabbrica dove lui e Drusilla avevano abitato nella loro permanenza a Sunnydale, prima di trasferirsi nella villa di Angelus. Fece in modo che entrassero e poi li imprigionò là dentro.

Willow e Xander batterono ripetutamente i pugni sulla porta di ferro, chiedendo di uscire, ma lui aveva ben altro da fare e andandosene

S-“Spiacente bambini, ma devo giocare con qualcun’altro…”

Oh si, aveva qualcun altro con cui giocare. Una bambinetta capricciosa ed egoista alla quale avevano lasciato fin troppo spazio. Una bambinetta che aveva distrutto, con Angelus e Darla, la sua famiglia e che da soli, lui e Drusilla, non avevano avuto la forza di tenere in piedi. La solitudine era diventata così lancinante che la propria presenza affianco all’altro non leniva più niente, non faceva alcuna differenza, anzi amplificava il dolore dei ricordi, così tutto si era spento. Le speranze, i sogni e quell’amore infantile e adulto a un tempo.

Non riuscivano a illudersi più di nulla, la fine di Angelus li aveva resi dolorosamente adulti e si erano lasciati senza dirsi niente. Con una carezza, uno sguardo e, allora come più di un secolo prima, gli occhi divennero lucidi tanto da appanargli la vista nell’accarezzare il volto della sua Principessa…

Girò a lungo per i cimiteri e la trovò nel terzo dei dodici che costellavano Sunnydale, quello vicino alla villa di Angelus. La cosa aveva una certa ironia, pensò.

Tutto poteva immaginare, quando la vide, ma non che lei si stesse avviando proprio alla villa di Angelus, né tanto meno il perché dovesse farlo.

S-“Ci si rivede, Cacciatrice…”

Buffy si irrigidì, conosceva fin troppo bene quella voce e sperava di non doverla udire mai più. Si voltò a sincerarsi di non aver sbagliato. No, non aveva sbagliato, si trattava proprio di Spike. Vestito di nero, con il suo inseparabile trench in pelle e il volto dell’assassino, il capo chinato di lato a osservarla.

Doveva essersi soffermata troppo sul trench perché, allargandone i lembi pur continuando a tenere le mani in tasca, Spike

S-“Ti piace?! Era di una cacciatrice, la seconda che ho ucciso… A te non porterò via nulla, detesto come ti vesti… Così sgargiante, evidente…”

B-“Sempre sicuro di te…”

Spike scosse le spalle con aria indifferente, la fissò serio e poi sorrise crudele

S-“Tutto questo ha una certa coerenza in fondo…”

Buffy corrugò la fronte non capendo le sue parole

S-“Era il millenovecentosettantasette quando uccisi la proprietaria di questo trench… Se è vero che c’è una cacciatrice per ogni generazione, beh… Allora potrei aver ucciso quella prima di te…”

No, non poteva essere vero. Kendra era giunta a pochi mesi dalla sua momentanea morte e lo stesso aveva fatto Faith per Kendra. Pochi mesi in tutte e due i casi e in questo invece si trattava di anni… Eppure… No, non poteva, non doveva essere vero.

B-“Io sono dell’ottantuno…”

Ottima reazione. Era entrata in panico. La situazione stava prendendo una piega divertente. Tra l’altro il destino era sempre stato piuttosto vago invece che preciso per ciò che riguardava le cacciatrici…

Che lui sapesse, nei secoli addietro, una aveva addirittura marcato visita lasciando scoperta la propria generazione e il fatto che ora, all’interno della stessa, ce ne fosse più di una dimostrava appunto quanto fosse fallibile il destino con le prescelte.

E poi, se le cose erano andate così per davvero e non solo per ipotesi, tanto valeva che lo sapesse. Che sentisse, nel guardarlo, cosa si provava a trovarsi di fronte la causa prima della devastazione della propria vita. Che sentisse ciò che sentiva lui a guardarla. Insistette

S-“E con questo?! Il destino non è preciso al millesimo. Sai… Si potrebbe dire allora che parte della tua popolarità nel mondo demoniaco la devi a me… Se non avessi ucciso Nikki, tu forse non saresti stata attivata probabilmente… No, probabilmente no… Nikki era piuttosto bravina, sarebbe durata a lungo se non avesse avuto la sfortuna di incontrarmi… Ops! Dimenticavo che l’ho cercata io!”

Buffy fece cenno di no con la testa e sussurò

B-“Basta…”

S-“L’ho cercata quasi per una settimana e poi… Ci crederesti?! L’ho incontrata sulla metropolitana! Dovevi vedere le facce di quelli che erano nello scomparto quando l’ho attaccata… E poi dicono che da quelle parti non notano nulla… Ah, già, naturalmente eravamo a New-York e…”

B-“Smetti…”

S-“Era davvero un’ottima cacciatrice… Aveva circa diciasette anni… Si, sarebbe durata a lungo e sicuramente avrebbe coperto anche parte della tua generazione…”

B-“Sta zitto!”

Urlò Buffy tappandosi con le mani le orecchie e prima di chiudere gli occhi vide la pura soddisfazione sul volto di Spike. Una soddisfazione che non avrebbe voluto dargli, ma sapere che doveva a lui la sua vita d’inferno l’aveva sconvolta. Forse non era vero ciò che le aveva detto, ma se lo fosse stato…

E intanto era rimasta lì ferma a pensare tutto quello per chissà quanto tempo, ma Spike non l’aveva attaccata. Strano.

Aprì gli occhi e tolse le mani da sopra le orecchie, alzando la testa. Spike aveva il suo volto umano ed era letteralmente sconvolto. Il vampiro accennò ad aprire la bocca un paio di volte ma senza trovare alla fine la forza, poi esalò

S-“Angelus…”

Fu allora che notò che il biondo assassino guardava alle sue spalle e fu allora che vide Angel alle sue spalle.

Spike abbassò lo sguardo e strinse gli occhi.

Il patto di sangue. Il patto di sangue che aveva fatto con suo Fratello e che per alcuni momenti di follia aveva pensato di poter spezzare. Il patto di sangue che aveva fatto con suo Fratello che era riuscito a tornare dall’Inferno.

Credeva che tutto fosse finito, distrutto. Ma quando vide Angelus di fronte a sé capì che c’era ancora qualcosa dentro di sé che era rimasta in piedi, perché sentì quel poco che era rimasto in piedi dentro di sé crollare.

Forse non era Angelus che era riuscito a ritornare dall’Inferno, forse era lui che vi era caduto dentro.

Spike alzò lo sguardo e come per rassicurare il vampiro bruno che non avrebbe mai più tentato di intaccare quel patto di sangue

S-“La rossa e il perdente sono rinchiusi nella vecchia fabbrica…”

Angel capì il gesto di Spike e annuì sapendo che non avrebbe spezzato il loro patto. Ma strinse gli occhi a sua volta quando vide Spike rivolgersi a Buffy e dirle

S-“Non so per mano di chi, ma non sarà la mia… E non so neanche quando sarà, ma un giorno tu morirai e io sarò lì a guardare…”

Angel sapeva che Spike avrebbe rispettato il loro patto, ma anche la promessa fatta a se stesso. Non aveva mai mancato alla parola data e se per un attimo aveva creduto di poterlo fare, doveva essere stato solo per disperazione.

Spike voltò le spalle andandosene…


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Quel patto di sangue sarebbe rimasto valido anche dopo la loro morte.

No, non avrebbe mai potuto colpirla, non avrebbe neppure potuto sfiorarla con un dito con quell’intenzione, ma poteva ferirla anche senza toccarla e ferirla profondamente.



Ordinò a Willy un altro whisky. Quella cacciatrice era la peggiore piaga che avesse colpito lui e la sua famiglia.

Willy poggiò il bicchiere colmo davanti a Spike che ci fece appena caso, ancora immerso nei suoi pensieri e ricordi.

La sua famiglia ne aveva incontrate di cacciatrici e le aveva sconfitte, bevute, uccise senza alcuna difficoltà. Di tutte quelle cacciatrici, finchè la sua famiglia era stata unita, l’ultima l’aveva uccisa lui. Fissò il whisky dentro il suo bicchiere.

Era il ‘900… Quale modo migliore di iniziare un secolo che bere il sangue di una cacciatrice?!


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Erano arrivati in Cina nel pieno della rivolta dei Boxer. Darla sosteneva che durante i conflitti e i disastri naturali uccidere diventava “noiosamente” facile, e aveva ragione. Il caos, imperatore inspodestabile che accompagna questi avvenimenti, confonde la mente delle persone e guida la loro volontà in modo confuso.

La gente gli sbatteva contro, quasi senza vederli eppure implorandogli aiuto. A loro. Volti che non avevano mai visto prima. Ma niente aveva più senso in quei momenti. Perché non fidarsi di alcuni sconosciuti quando i vicini di una vita, rispettabili e gentili, magari avevano appena depredato e dato fuoco alle loro case?

No, non c’era niente che avesse più senso in quei momenti.

La folla reagiva nei modi più disparati, correndo, picchiando, rubando, ma le singole persone erano quasi sempre inerti. Inerti in piedi davanti alla propria casa che andava a fuoco. Inerti davanti ai corpi dei loro cari travolti e fatti a pezzi dalla folla. Inerti seduti sul ciglio di una strada ad aspettare la morte singhiozzando o in silenzio, ma sperando che venga perché ciò che è stato distrutto è molto più di quanto non si riuscirà mai a ricostruire.

Si, nutrirsi in quei frangenti era come cogliere la frutta dagli alberi, ma tutto era privo di senso e di soddisfazione, tutto era “noiosamente” facile. Ed era impossibile distinguere i poveri dai ricchi o i timidi dagli arroganti, la disperazione uniformava tutto appiattendolo.

Passeggiavano in mezzo alle strade e la loro calma contrastava con la frenesia generale.

Nell’aria un bouquet di odori. L’odore della paura, della disperazione, l’odore del sangue, di corpi bruciati, della morte.

Nelle orecchie una sinfonia di rumori. Il rumore del fuoco che scoppietta incenerendo ogni cosa, il rumore in lontanaza di fucili che sparano per sedare la folla, il rumore di grida adulte mista a pianti infantili e a domande urlate che non troveranno mai una risposta.

Negli occhi uno spettacolo. Lo spettacolo della storia che calpesta la vita per nascere ed essere ricordata il più enfaticamente possibile.

Tumulti. Grandi o piccoli, veri o falsi. Tumulti che porteranno una tregua di pochi secoli e che si ripeteranno, per gli stessi motivi forse, adeguandosi però al mutare del tempo e dei costumi, per poi sedarsi e risvegliarsi all’infinito.

Quei frangenti non sono esaltanti come un profano potrebbe credere. No, non lo sono. Sono avvilenti e irritanti. Mostrano la caducità delle cose e la loro fatiscenza.

Quanto sia facile decomporre un corpo vivo o inerte che sia. E da fastidio. Irrita.

Nausea.

Per un corpo che esiste e si aggrappa a un demoniaco filo di vita, uno spettacolo del genere rivolta e stizzisce. Ci sarebbe stato solo da andarsene se Darla non si fosse fermata di colpo dicendo

Darla-“La cacciatrice è qui…”

Darla le aveva sempre sentite a distanza, anche solo entrando in una città avrebbe potuto stabilire se ce n’era una e nessuno avrebbe mai creduto che si fosse sbagliata, perché non era mai accaduto che si fosse sbagliata. Come facesse era ignoto a tutti loro, compresa lei stessa, ma vi riusciva.

Anche stavolta l’aveva sentita com’erano arrivati in città e ora era lì. In quel momento, in quel luogo.

Toccava a lui, toccava a Spike. Darla ed Angelus glielo dissero a sguardi, era pronto, poteva farcela.

Spike sollevò il mento, l’esaltazione era contenibile a stento come il suo sorriso e il luccichìo dei suoi occhi. Toccava a lui, finalmente.

Darla alzò lapidariamente il braccio, indicandogli il tempio sacro con l’indice. Se si fosse trovato in difficoltà l’avrebbero sentito e sarebbero accorsi, ma ora spettava solo a lui entrare.

Il tempio era costituito da un’unica grande sala. All’interno il tempio era abbastanza integro rispetto all’esterno che dava l’idea fosse mezzo distrutto.

Il tempio di suo doveva essere normalmente sobrio mentre ora risultava spoglio.

La rivolta non aveva risparmiato il luogo di culto e l’aveva depredato di tutto ciò che avesse un valore anche minimo, prendendosi un risarcimento materiale per la delusione spirituale alle proprie preghiere.

Avevano preso tutto e ciò che non avevano preso l’avevano distrutto. Sul pavimento si potevano scorgere residui di statue che erano state frantumate, porcellane squisite di cui non rimanevano che cocci inidentificabili, bracieri rovesciati i cui fuochi lambivano debolmente le pareti defraudate dai drappi che le ricoprivano e di cui rimanevano solo alcuni brandelli alla base del soffitto. E l’aria satura dall’odore di incenso. Profondo, penetrante, intenso.

L’unica cosa rimasta integra era una gigantesca statua di Buddah che si ergeva imponente dal fondo della sala dominandola.

Ai suoi piedi era inginocchiata una ragazza con i capelli neri raccolti a crocchia sulla testa, vestita con una blusa e un pantalone semplici, dalla stoffa resistente. Non dimostrava più di quindici anni, ma poteva anche sbagliarsi, gli orientali a volte avevano un’età indefinibile per via dei loro tratti somatici.

Era alle sue spalle e la ragazza continuava assorta a neniare sommessamente nella sua lingua madre.

Erano mesi che vagavano per la Cina e aveva avuto modo di impararne la lingua, quella ragazza stava pregando.

Se era davvero una cacciatrice, con la forza di cui disponeva, avrebbe dovuto combattere invece di pregare, sarebbe stato più saggio. Spike rise malignamente della scena a cui assisteva.

La ragazza, sentitolo, si girò di scatto verso di lui che la distanziava di pochi passi. Rapidamente si alzò afferrando la spada che aveva deposto ai piedi della statua, muovendola come un soffio sul suo zigomo, ferendolo, facendolo sobbalzare per la rapidità di quel gesto.

Spike, con le dita, si asciugò il sangue che era sullo zigomo, mostrandole che la ferita era già rimarginata, sorridendo divertito.

Ad ogni modo non si sarebbe fatto cogliere impreparato da quella ragazzina una seconda volta. Così si promise, così fu.

Anni di frequentazione nei bassifondi, prima per fare pratica e poi per divertirsi, erano stati utili nell’istruirlo allo scontro anche e soprattutto se l’avversario era armato.

La cacciatrice lo attaccò affondando con la spada, lui schivò l’affondo, afferrandole il polso. Girandoglielo in un modo per cui lei non potè fare altro che aprire la mano e perdere la spada.

Era disarmata ma non era decisamente propensa all’arrendersi. Tanto meglio, lo scontro sarebbe risultato più interessante.

Il combattimento era serrato, agguerrito… e impari.

La cacciatrice continuava a impiegare le proprie energie attaccandolo con veemenza, ma imprecisione. Non si era mai trovata a fronteggiare un vampiro così veloce e nella maggiorparte dei suoi attacchi riusciva solo a sfiorarlo appena, ma non voleva demordere.

Viceversa Spike continuava a colpirla andando a segno ogni volta e ogni volta in modo più forte, violento, pesante. Ciò nonostante la giovane orientale era ancora in piedi, seppur stremata.

Il vampiro biondo fu felice che la sua nemica fosse tanto valida, alla fine la soddisfazione sarebbe stata maggiore, ma non poteva perdere tutta la notte a starle appresso, anche se avesse voluto.

Con rapida agilità, cominciò a ruotare su se stesso avanzando verso di lei e colpendola prima al viso e poi alle caviglie a giri alterni per una, due, tre volte. Senza darle tregua. Stordendola al punto da farle perdere l’equilibrio.

Prima che cadesse a terra la riafferrò per un polso e la strattonò avvicinandola a sé, stringendola di spalle in una morsa dalla quale lei non riuscì a liberarsi.

Mutò il volto e affondò i denti nella carne del suo collo.

Il sapore del suo sangue era inebriante. Non differente da quello di un semplice umano. Era caldo, denso, con quel retrogusto così particolare. Intriso di adrenalina e paura e disperazione.

Ma in sé racchiudeva il gusto della vittoria. Della supremazia ottenuta su l’unico reale pericolo alla sua esistenza, alla sua immortalità, al vedere realizzati i sogni, le aspettative e le speranze di un futuro che poteva scorgere in lontananza. E racchiudeva anche l’orgoglio che avrebbe portato alla sua famiglia rendendola superiore al cospetto della loro stessa genia.

Attraverso la propria bocca la sentì irrigidire, ribellarsi e poi capitolare. Scostò il viso dal collo, la liberò dalla sua stretta e la vide cadere a terra riversa.

A pochi passi da lei era la spada, sulla lama era inciso quello che doveva essere il nome della cacciatrice.

Si rivolse al corpo esanime della ragazza, chinandosi leggermente e impugnando le proprie mani in segno di saluto, ringraziandola nella sua lingua, chiamandola per nome.

Sentiva ancora sulle labbra il gusto del sangue. Sorrise. Non avrebbe passato la lingua sulle labbra per cancellarne i residui.

Quando uscì dal tempio la sua famiglia sorrideva già piena di fierezza.

Come aveva sentito la sua vita, Darla doveva aver sentito anche la morte della cacciatrice. Il vederlo impugnare la sua spada con, in più, le sue labbra esangui insolitamente colorate, non erano che delle conferme.

Drusilla corse da Spike buttandogli le braccia al collo, baciandolo profondamente e quando si staccò gli disse solo

Dru-“Buono.”

Con il sorriso di una bambina che ha tutto ciò che desidera mentre Angelus e Darla si avvicinavano per festeggiarlo…


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Xin Rong…Un’ avversaria di tutto rispetto, lei come quella americana che avrebbe ucciso settantasette anni dopo nella metropolitana newyorkese e di cui portava ancora il trench in pelle come trofeo.

Ottime combattenti, nemiche stimabili. Due motivi di orgoglio. E queste erano solo quelle che aveva fronteggiato lui.

Aveva sentito gli aneddoti di quelle fronteggiate da Darla e di quelle di Angelus e certamente non erano da meno. Per non parlare di quella sconfitta dalla sua Principessa…

Tutte vittorie di cui essere fieri, vittorie non facili, ma proprio per questo di estrema soddisfazione.

No, in quei tempi lontani non avrebbe minimamente sospettato che una ragazzetta da spot dello shampoo come Buffy Summers avrebbe potuto fare a pezzi la sua famiglia. Trangugiò il whisky in un colpo solo, lasciò i soldi sul bancone del bar e uscì scuotendo la testa negativamente.



Grazie all’intempestivo arrivo di Spike nel locale di Willy, aveva dovuto passare tutta la notte a pestare vampiri, ma alla fine non solo aveva saputo il nome dell’agenzia di Angel, ma anche l’indirizzo.

Era rimasta colpita dal fatto che tutti lo conoscessero almeno di nome e l’aveva fatta rabbrividire il fatto che lo conoscessero col nome di Angelus.

Tra l’altro ogni vampiro a cui aveva chiesto informazioni sul suo conto si era sentito in dovere di commentare.

Le osservazioni erano state parecchie, ma il filo conduttore era uguale per tutte e cioè che cercare Angelus, per una cacciatrice, equivaleva al suicidio.

Non aveva voluto farci caso più di tanto, sicuramente ciò che sapevano sul conto di Angel era solo il suo passato.

Il dubbio che avessero ragione la sfiorò un istante per il fatto che sembrava che Angel e Spike si stessero risentendo…

Il dubbio venne cancellato dalla lettura accurata del Los Angeles Times.

Nessuna notizia di omicidi a catena campeggiava nelle pagine di cronaca. Tirò un sospiro di sollievo e si diede della sciocca per aver dubitato anche un solo istante di lui.

Ignorava che Angel fosse così famoso tra i suoi simili, ma la cosa le aveva fatto indubitabilmente comodo nel scoprire dove trovarlo.

La intristì pensare che per tutto quel tempo Angel fosse stato a L.A., che fosse stato così vicino quando lo pensava tanto lontano… Se l’avesse saputo prima, forse… Ormai era inutile pensarci.

Era stata brava. Durante la riunione mattutina al Magic Box era sbottata tutt’a un tratto dicendo che non potevano sovraccaricarla di problemi e responsabilità a quel modo. Che si era la cacciatrice, ma era anche un essere umano e ogni tanto aveva bisogno di un attimo di tregua da quel mondo di tenebre, mostri e apocalissi.

Li aveva incalzati tutti e tanto, forse troppo, ma sembrava avesse funzionato perché quando disse che quella sera l’avrebbe dedicata solo a se stessa e che nessuno si azzardasse a cercarla per nessun motivo, tutti avevano annuito silenziosamente a viso basso. Aveva scrutato i loro volti con attenzione, si nessuno l’avrebbe disturbata.

Solo Riley sembrava ritenersi fuori dalle direttive ma dopo un’occhiata eloquente anche lui era rientrato nei ranghi.

Aveva assentito soddisfatta ed era uscita dal Magic Box con fare sostenuto.

Una volta fuori da lì il suo atteggiamento, però, era cambiato completamente. Aveva preso un respiro profondo e aveva alzato gli occhi al cielo.

Era di un azzuro meraviglioso, cosparso da nuvole grandi, soffici e bianchissime. Un cielo così bello da non sembrare vero, un cielo che metteva di buon umore e lei era di buon umore.

Era libera, indipendente e aveva davanti una giornata tutta e solo per sé.

Adesso passeggiava serafica in quello che era stato il suo centro commerciale preferito quando ancora abitava a L.A..

Il centro commerciale era uguale a come se lo ricordava, peccato che il proprietario del negozio di dolci non si ricordasse più di lei, ma in fondo era normale. Erano passati anni e lei era cambiata. Era cambiata davvero tanto.

Scartò il suo lecca lecca, come faceva quand’era al ginnasio, e cominciò a scrutare con attenzione tutte le vetrine, anche quelle di bricolage. Il tramonto era lontano ancora.

Da principio, avrebbe dovuto prendere l’autobus per L.A. a pomeriggio inoltrato, in modo da arrivare che fosse già buio e poi recarsi all’agenzia di Angel per parlargli., ma poi aveva cambiato idea. Era meglio partire subito, senza aspettare il tramonto. Senza aspettare che qualcuno o qualcosa rovinasse i suoi piani.

La situazione non era estrema ed effettivamente non c’era nulla di realmente concreto che la potesse spingere motivatamente a L.A.. C’era solo un sentore di strano nell’aria che forse si sarebbe dissolto nel giro di pochi giorni, ma se così non fosse stato, parlandone con Angel, si poteva prevenire il peggio ed Angel era sicuramente un più che valido alleato nel farlo.

In definitiva, però, si era semplicemente sentita soffocare da una serie di avvenimenti e voleva solo sentirsi dire di stare tranquilla e che sarebbe andato tutto bene e nessuno era rassicurante e convincente nel dirlo come Angel…

Dopodiche sarebbe tornata a Sunnydale, forse in tempo anche per una ronda o, nella peggiore delle ipotesi, all’alba, ma sempre prima che qualcuno potesse sospettare qualcosa. Perché non aveva nessuna voglia di dare spiegazioni, né di affrontare una snervante discussione con Riley.

Si. Era un’impresa che le poteva riuscire. Ed era partita così, di punto in bianco, incrollabilmente convinta.

Alcune ore dopo del suo lecca lecca non rimaneva che la stecchetta di plastica che continuava a reggere con la mano e che non smetteva di mordicchiare svogliatamente. Angel. Chissà cosa avrebbe detto nel vederla, in fondo era passato un anno dall’ultima volta che si erano visti…

Sorrise divertita. L’idea di Angel che gestiva un’agenzia investigativa era oltre modo buffa. Angel, così restio a parlare e a interagire con gli altri che ora lo faceva per “mestiere”.

Sghignazzò scuotendo appena le spalle. L’idea era molto più che buffa e la sua immaginazione corse a creare nella sua mente diverse scene coi personaggi più disparati che si paravano di fronte al suo vampiro esponendo i casi più assurdi nei modi più allucinanti. E lui lì, dietro alla sua scrivania…

Chissà se Angel aveva una scrivania. Sicuramente sì. Era da lui averne una…

E lui lì, dietro alla sua scrivania che li ascoltava silenzioso, immobile, distaccato. Magari, ogni tanto, concedeva un’alzata di sopracciglio, ma solo per avvenimenti eccezionali…

Sorrise teneramente. Poi corrugò la fronte. Magari ad interagire con gli altri era il mezzo demone.

Non aveva neanche chiesto come si chiamasse. Non che la cosa le importasse più di tanto, ma adesso l’avrebbe aiutata a costruirsi un’idea di lui il nome. Che nome poteva avere un mezzo demone? Sicuramente un nome assurdo. Un nome come Ciryll, Glover, Malcom o Orwill…Orwill?! Si, perché no! Ora che sapeva il nome, beh più o meno, poteva dedicarsi al suo aspetto.

Un mezzo demone…Cosa stava a significare quel mezzo?! Giles l’avrebbe sicuramente saputa illuminare a riguardo. Forse era metà umano e metà demone come sembianze.

Tutt’a un tratto Buffy si immaginò Angel, sempre impassibile, che discuteva tranquillamente con Orwill che aveva il corpo umano e la testa simile ad uno di quei demoni giapponesi, cinesi o comunque fosse orientali.

Uno di quelli con le bocche larghissime da cui si vedevano spuntare un mucchio di zanne e che sbavavano peggio che dei mastini. Ne aveva visto uno simile in un film che parlava di un grosso guaio da qualche parte…

Buffy arricciò il naso e storse la bocca in un’espressione di puro disgusto. Solo Angel avrebbe potuto dialogare amabilmente con un personaggio simile senza far caso a tutto il resto.

Ad ogni modo, anche se fosse stato davvero sbavante, Orwill era il benvenuto se con la sua presenza evitava la necessità di una bomba sexy come segretaria.

Si fermò di colpo. Il fatto che non avesse una bomba sexy per segretaria non escludeva comunque l’ipotesi che Angel avesse qualcuno, anzi, qualcunA.

Una ragazza, una vampira o anche un ectoplasma, ma che stesse con lui.

Per la prima volta da quando era entrata la notte prima nel locale di Willy le venne in mente quello che avrebbe dovuto essere il primo e più ovvio dei pensieri.

In un anno Angel si era rifatto una vita. In una città che era stata la sua, ma di cui non sapeva più nulla. Frequentando persone che lei non conosceva. Parlando di cose che lei ignorava e facendo un lavoro di cui era pressochè all’oscuro.

In quel momento la sua incrollabile convinzione si sbriciolò su una mattonella del pavimento del centro commerciale in cui aveva puntato lo sguardo.

Era partita da Sunnydale molto sicura di sé, ma ora, mentre raggiungeva incerta la metropolitana, si chiedeva soltanto se fosse impazzita o meno.

Aveva una gran voglia di telefonare a Willow per chiederle cosa fare. Peccato che non avesse detto niente neanche a lei della sua partenza e ora come avrebbe potuto spiegarle…

Si sedette sconsolata in una poltroncina, nel vagone vuoto che rimaneva in sosta in attesa che si riempisse di passeggeri e di cui ignorava il percorso.

Poggiò la fronte alla sbarra in ferro che aveva affianco, dove si aggrappavano i passeggeri in piedi.

No, non avrebbe potuto spiegarle. Non avrebbe potuto spiegarle la sua andata a L.A. e soprattutto il perché della sua andata.

No, era meglio lasciare le cose come stavano. Nessuno sapeva che fosse là e nessuno l’avrebbe saputo.

D’un tratto le venne un flash. Spike. Spike era l’unico che avrebbe potuto capire dalla sua assenza che si trovava a L.A..

Poteva solo sperare che per quella sera Spike rimanesse “sepolto” nella sua cripta o, per lo meno, che girasse alla larga dal Magic-Box… O poteva prendere il primo autobus per tornare a Sunnydale ed evitare un mucchio di guai…

Si alzò in piedi di scatto, ma, in quell’istante, le porte si chiusero e la metropolitana partì. Trascinandola in un posto che non sapeva, di una città che non le apparteneva più, per un motivo che non sapeva se fosse ancora valido o no.


D-“…Eppure prima o poi significherà qualcosa quella visione!”

C-“Pietà, ti prego, smettila! Ormai non parli d’ altro! Comincio a rimpiangere il periodo in cui ti tenevi tutto per te!”

D-“Grazie mille! Quando tu per dieci giorni di fila mi hai parlato di quel vestito, incapace di intavolare un’altra discussione, io però non ho detto niente!”

Cordelia, con aria scandalizzata, spalancò la bocca e Doyle chiuse la sua in una smorfia rendendosi conto che forse la sua controbattuta non era stata delle migliori.

D-“Volevo dire…”

C-“No! No! No!”

Fece Cordelia agitando le mani e scomparendo nell’ufficio di Angel, lasciando un Doyle sconsolato a fissarla.

A-“Adesso le passa… Certo che se vuoi conquistarla, di questo passo ci metterai il doppio dei miei anni, però…”

Doyle si voltò di scatto e disse contrariato

D-“Uomo, come tua guida mi permetto di ricordarti che il tuo compito è quello di confortare le persone e NON di abbatterle nei momenti di nera disperazione!”

Angel annuì poco convinto e, dopo pochi istanti, Cordelia rientrò nell’ufficio con una tazza fumante di caffè.

Doyle era ancora in piedi di fianco alla scrivania mentre Angel, come al solito, vi era appoggiato e dava le spalle alla porta d’ingresso.

Cordelia, ogni tanto, si ritrovava a pensare che fosse stato un gesto inutile allestire quell’ufficio al vampiro visto che non lo utilizzava praticamente mai e anche la scrivania era stata una spesa inutile, dato che Angel era costantemente “appollaiato” sulla sua. Ma poi si diceva che quell’ufficio serviva comunque per una questione di immagine e lasciava perdere.

Si risedette nella sua poltroncina, poggiò la tazza di caffè sulla scrivania continuando a tenerla tra le mani e, alzando lo sguardo su Angel, chiese moderatamente infastidita

C-“Dovremo salire su nel tuo appartamento ogni volta per avere una tazza di caffè?!”

A-“No…C’è anche la caffetteria all’angolo…”

Rispose Angel con sfrontata naturalezza. Cordelia scosse le spalle cercando di non dargli peso e, falsamente sbadata

C-“Di che stavamo parlando?!”

A-“Non ricordo… Evidentemente non era importante…”

Le rispose Angel mollando a Doyle un’occhiata di striscio.

D-“Allora di che parliamo?”

Doyle, con prontezza, aveva afferrato l’ appiglio.

Angel sorrise lievemente e guardò un attimo Cordelia, sembrava disposta a seppellire l’ascia di guerra e a imbastire un’altra conversazione. Probabilmente avrebbe vertito su un nuovo caso. Quando era arrabbiata Cordelia perdeva ogni volontà di essere frivola, ma quel suo eccessivo buonismo nei confronti di Doyle nascondeva qualcosa di positivamente “losco”, Angel ne era convinto.

Preso da quei pensieri, il vampiro tornò alla realtà avvertendo con forza un’impossibile sensazione che lo fece irrigidire e drizzare la schiena mentre Cordelia, ignara di tutto

C-“Non so, potremmo parlare di…”

A-“Buffy…”

Cordelia aveva sempre avuto molta cura per i particolari. Sia che si trattasse di un accessorio nel vestire, sia che si trattasse di un’inflessione di voce nel parlare e questo, di base, le era stato oltre modo utile con Angel.

Il vampiro aveva delle reazioni al di sotto della norma e percepire e comprendere le minimali inflessioni della voce o le lievi sfumature d’espressione nel viso, a volte, era l’unico modo per poter comunicare con lui.

Nell’arco di un anno sia lei che Doyle avevano acuito la loro attenzione in tal senso, perdere un battito di ciglia avrebbe potuto costituire la perdita del legame che li univa a lui e l’inflessione della voce che avevano appena udito non prometteva niente di buono.

Cordelia lo guardò all’istante, il volto di Angel era completamente inespressivo e lo sguardo era fisso nel vuoto.

Doyle, invece, appena sentito quel nome si era voltato immediatamente verso la soglia.

Aveva sempre saputo della sua esistenza, ma neanche in quei pochi flashback che aveva avuto sulla vita di Angel, prima di incontrarlo, era mai riuscito a vederla chiaramente ed era molto curioso.

La ragazza che era sulla soglia sembrava piuttosto a disagio. Si gingillava con la maniglia della porta e le si leggeva chiaramente in faccia che qualunque cosa avesse pensato recandosi là ora non la pensava più e volesse solo sparire. Era magra, quasi esile. Aveva lunghi e lisci capelli biondi e degli occhi che, come se il resto non esistesse, erano puntati esclusivamente su Angel.

Angel che dopo un istante si era voltato subito verso di lei, rimanendo ancora leggermente appoggiato sulla scrivania di Cordelia che la osservava cupa rimanendo parzialmente nascosta dietro a un lembo della camicia del vampiro.

B-“E’ permesso?”

Chiese Buffy, titubante, cercando di capire di che natura fosse la reazione di Angel nel vederla dopo tanto tempo e non riuscendo a tradurla.

A-“Entra… Tu non hai bisogno dell’invito…”

Buffy richiuse la porta alle sue spalle e vi si appoggiò. Angel continuava a fissarla. L’ultima volta che l’aveva vista era stato quando si era recato a Sunnydale con la gemma di Amara al dito, senza che lei lo sapesse.

Era cambiata molto da allora, o forse anche quel giorno era già diversa, ma l’entusiasmo di vederla alla luce del sole come quella prima volta, gli aveva impedito di notarlo…

Era incredibilmente magra. Non era mai stata grassa, ma delle sue forme adolescenziali non era rimasto praticamente nulla. E il viso. Così teso, duro.

I suoi grandi occhi risaltavano ancora di più sul suo viso adesso e neanche in loro vi era più nulla dell’adolescente che aveva protetto.

In quel momento Angel si rese conto di come avesse lasciato che il tempo scorresse fra loro. Di come si fosse fatto bastare la certezza che se mai fosse successo qualcosa di grave Giles l’avrebbe chiamato. E in ogni caso, anche se Giles avesse mancato al loro accordo, c’era Spike e di lui poteva essere certo.

Nella stanza il silenzio era già carico di tensione, non era il caso quindi di peggiorare la situazione allungandolo oltre.

A-“Cosa posso fare per te?”

Le domandò scostandosi dalla scrivania per avvicinarsi a lei e mostrandole la presenza di Cordelia che la fissava con un certo disappunto.

B-“Cordelia?! Tu cosa ci fai qui?!”

C-“Ciao Buffy…Io ci lavoro qui e tu?”

B-“Lavori con Angel?!”

C-“Esattamente… Allora? Come mai qui a L.A.?”

Cordelia Chase. La reginetta della scuola, il capo delle cheerleaders nonchè la più grande snob di tutta Sunnydale che lavorava con Angel. Buffy era completamente disorientata ora.

Si era sentita a disagio nell’entrare in quell’agenzia, nell’entrare in quella vita che Angel si era ricostruito. Ma si era fatta coraggio ed era entrata pur sentendosi di troppo, pensando di appartenere a un capitolo chiuso. Il capitolo di Sunnydale. Ed ora scopriva che nella nuova vita di Angel c’era un paragrafo di quel vecchio capitolo. C’era Cordelia.

Buffy boccheggiò fissando il pavimento. Tutti i discorsi che aveva in mente erano in fumo.

Stava cercando di riordinare le idee per rispondere alla domanda di Cordelia quando qualcuno con gran forza aprì la porta facendole sbattere la testa sullo stipite.

F-“Ciao! Sono passata a vedere se…”

B-“Faith?!”

Disse Buffy, continuando a tenersi una mano sulla nuca, come se non avesse ancora realizzato esattamente. Faith, assolutamente conscia di chi si trovava di fronte invece, scosse il capo negativamente, guardandola sbigottita.

F-“B …”

B-“FAITH!”

Gridò Buffy ormai risvegliatasi dalla sorpresa e tutta la confusione di pochi attimi prima ora non era che rabbia.

A dividerle era solo una minima parte della porta che Faith, con forza, spinse contro Buffy per allontanarla e correre via.

Prima che si potesse gettare all’inseguimento di Faith, Angel respinse indietro Buffy frapponendosi sulla soglia. Si mosse poi per raggiungerla, ma Buffy, afferratolo per un braccio, lo bloccò.

Poteva anche sopportare che Cordelia facesse parte della nuova vita di Angel, ma non che ne facesse parte Faith. Non con tutto quello che aveva combinato. Non dopo che lei ne era stata estromessa.

B-“Faith…E così in tutto questo tempo, Faith è stata qui…Tutto il mondo la cercava e lei invece era qui! Tranquilla, al sicuro…”

A-“Si.”

La risposta fredda e sicura la spiazzò per un istante poi la rabbia montò ancora di più.

B-“Con tutto quello che ha combinato il suo posto dovrebbe essere in galera!”

A-“Spiacente deluderti, ma non ci finirà mai, non esistono prove.”

Buffy sbarrò gli occhi e sgomenta

B-“Che cosa hai fatto…”

A-“Ben poca cosa. Il più era già stato insabbiato dal sindaco Wilkins.”

Incredibilmente distaccato e pieno di soddisfazione. Così le era sembrato Angel nel risponderle. Credeva davvero di aver vinto? Loro appartenevano a un mondo che gli esseri umani ignoravano.

Faith era scampata alla legge degli esseri umani? Non importava. Questo non la dava comunque per salva. Carica di veleno, Buffy strinse la sua presa su Angel

B-“Puoi nasconderla alla legge, ma non potrai nasconderla al Consiglio…”

A quelle parole gli occhi di Angel si svuotarono da qualsiasi emozione e il suo tono di voce si abbassò

A-“E’ per questo che sei qui, quindi…Ti manda il Consiglio…”

B-“Non sono qui a nome del Consiglio. Sono una cacciatrice, non un’assassina!”

Angel guardò fuori dalla porta, senza dare peso alle parole di Buffy come se ormai non avessero più alcuna importanza.

Avrebbe solo voluto raggiungere Faith prima che fosse troppo tardi, ma lei aveva già un bel anticipo su di lui…

Buffy lo strattonò per il braccio.

B-“Cos’è? Hai fretta di raggiungere la tua nuova cacciatrice Angel? O dovrei chiamarti

Angelus?”

A quelle parole, Angel si girò verso Buffy con un’aria che lei non gli aveva mai visto. Istintivamente Buffy allentò la presa su di lui.

Angel abbassò lo sguardo sulla mano che Buffy teneva ancora debolmente sul suo braccio poi rialzò lo sguardo e puntò i suoi occhi su quelli di lei.

Buffy, a quello sguardo, rilasciò immediatamente il braccio ad Angel deglutendo smarrita a quella reazione del vampiro.

A-“Cosa vuoi, Buffy …”

Il tono di voce di Angel si abbassò ancora. Buffy era sconvolta, nemmeno come Angelus l’aveva mai trattata a quel modo. Completamente disarmata

B-“…Io…Io non voglio nulla…”

A-“Allora non c’è motivo perché tu rimanga. Torna dal tuo ragazzo normale.”

Detto questo Angel uscì dall’agenzia alla ricerca di Faith, sperando che non fosse tardi. L’accenno di Angel, al “ragazzo normale” di Buffy, aveva catalizzato l’attenzione di Doyle e Cordelia suscitando in loro gli stessi ricordi ma reazioni completamente opposte.

Entrambi stavano fissando Buffy, ma con espressioni nettamente contrastanti.

Doyle la guardava con biasimo, chiedendosi come fosse stata capace di provocare ad Angel un simile dispiacere.

Cordelia no. Cordelia la fissava seriamente, cupamente, dal basso.

Lei non aveva bisogno di domandarsi nulla. Lei conosceva Buffy e le bastava il ricordo dell’atteggiamento di Angel nelle tre settimane successive a quella sua andata a Sunnydale.

Era uscito con la gemma di Amara al dito, pieno di speranze. Era rientrato senza il gioiello completamente insensibile.

Buffy tuttavia non si accorse dei loro sguardi, era ancora inebetita per come Angel l’aveva trattata. Angel non le aveva mai parlato così. Totalmente assorta

B-“…La ama?”

Cordelia buttò lievemente il capo all’indietro con un sorriso di scherno a quella domanda.

C-“E’ roba da non credere che proprio tu non abbia capito nulla di Angel. E’ folle!”

Buffy si girò inviperita verso Cordelia

B-“Non ho chiesto di essere giudicata, ho chiesto se la ama.”

C-“Sai, non credevo mai che saresti riuscita a rifarti una vita senza Angel, evidentemente hai una ripresa migliore di quel che credevo…Comunque no, la protegge e le si è affezionato ma…”

B-“Anche tu a quanto pare…”

C-“Già! Chi l’avrebbe detto, eh? Da principio, ti dirò, non mi fidavo per niente di lei, ma Angel si e questo, PER ME, era più che sufficiente. Poi ho cambiato idea…”

B-“E come mai?!”

C-“Oh, nulla… “Qualcuno” mi ha fatto capire che ci sono più probabilità che una persona cambi se gliene viene data la possibilità…”

B-“Quale possibilità? Quella di non fallire un’altra volta nel tentare di farlo fuori?! L’ha quasi ucciso!”

C-“Anche tu, se non ricordo male…”

Cordelia era assolutamente gelida. Nella voce, nello sguardo, in tutto. E il suo volto aveva una rigidità che non dava adito a dubbi di nessun genere.

Buffy strinse i denti accusando il colpo senza reagire in alcun modo, perché anche se ne avesse avuto la forza, non avrebbe ugualmente potuto.

Aggrappandosi alla maniglia della porta, voltò le spalle dirigendosi lentamente fuori dalla “Angel Investigations” mentre la voce di Cordelia l’accompagnava, ora, gioiosamente dicendo

C-“Mi raccomando salutami tutti!”

Quando la porta si chiuse il sorriso fasullo di Cordelia si cristallizzò sul suo viso palesandosi ancora di più di quanto non lo fosse stato prima.

Si voltò verso Doyle, stavolta con un triste sorriso. Sembrava stremata dalla rabbia. Aveva colpito duramente la cacciatrice, ma la maggiorparte del livore era imploso dentro di lei e quella tensione, quella rigidità la si poteva ancora scorgere nei tendini lievementi esposti del suo collo, nella postura delle spalle.

Fissò la tazza di caffè che non aveva mai smesso di tenere fra le proprie mani

C-“Il mio caffè è diventato freddo ormai e non ho voglia di salire su nell’appartamento di Angel…”

Sembrava una bambina piccola mentre cercava di attribuire alla temperatura del caffè il suo stato d’animo. Doyle le sorrise con tenerezza.

D-“Vieni…Ti accompagno alla caffetteria all’angolo…”

Cordelia si alzò dalla sua poltroncina e Doyle presole il soprabito glielo poggiò sulle spalle. Uscirono dall’agenzia, restando in silenzio.


Buffy ritornò alla stazione. Aveva camminato fin lì quasi senza accorgersene.

La sua attenzione era tutta rivolta agli avvenimenti che erano accaduti pochi istanti prima, dentro all’agenzia di Angel. Quello che era appena successo era talmente incredibile e assurdo da non poter essere vero, eppure lo era.

La nuova vita di Angel era costellata da vecchi incubi.

Cordelia certo, con la sua arroganza e presunzione. Come si era potuta permettere di parlare di cose di cui non sapeva un bel niente?!

Ma soprattutto Faith…

Per non parlare del fatto che non riusciva a spiegarsi come Angel avesse potuto sapere dell’esistenza di Riley.

Che lei sapesse aveva tagliato i ponti con tutti a Sunnydale, quindi…Spike.

La risposta le era piombata addosso come un fulmine.

Non poteva essere stato che quel verme di Spike ad avvertire Angel.

Tempo addietro Spike era irrotto al Magic-Box accusando Xander di avergli fatto un incantesimo amoroso che lo portava ad avere un’ossessione nei confronti della cacciatrice.

Non gli avrebbe minimamente creduto se non avesse detto che era stato Angel ad aiutarlo a sciogliere il sortilegio.

Al momento, la vista di Spike che torceva un braccio a Xander, spezzandoglielo, per poi sostenersi a fatica sul bancone per il dolore lancinante alla testa, aveva fatto passare, in un certo senso, in secondo piano l’intervento di Angel.

Più volte quel riferimento ad Angel le era tornato alla mente come qualcosa da chiarire. Si era domandata spesso perché Angel avesse aiutato Spike e che legame si fosse instaurato tra loro, ma le sue domande erano state sempre sostituite da qualche improvviso contrattempo o attutite da ronde, riunioni e ricerche.

Ora le veniva in mente che era stato in quell’ occasione che, sicuramente, Spike aveva parlato di Riley ad Angel, magari facendolo passare come un ringraziamento per il suo aiuto!

Tornata a Sunnydale sarebbe andata nella sua cripta a prenderlo a calci…

Perché era colpa sua. Colpa di Spike se Angel sapeva di Riley e se lei ora stava con lui…


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Aveva finito la ronda e stava per uscire dal cimitero quando vide un cane.

Era nero, dal pelo lucido, testa alta, diffidente. La fissava per capire quanto gli si volesse avvicinare e allontanarsi di conseguenza.

Era davvero bello quel cane eppure era senza collare, dovevano averlo abbandonato e ora era un randagio senza casa e senza qualcuno che si prendesse cura di lui.

Buffy si piegò sulle ginocchia e gli tese una mano richiamandolo a sé.

Il cane continuava ad osservarla senza muovere un passo e dava l’impressione di non voler cambiare idea, ma Buffy rimaneva immobile aspettandolo, tendendogli ancora la mano.

Lentamente il cane cominciò ad avvicinarsi con cautela, guardingo, finchè non si trovò di fronte a Buffy. Le diede un’altra occhiata e avvicinò il muso alla sua mano per poterne sentire l’odore, Buffy allora fece per accarezzarlo, ma il cane compì un balzo indietro riallontanandosi. Doveva essere stato maltrattato e parecchio perché temesse anche una carezza. Ritese la mano senza muoversi, aspettando che il cane si riavvicinasse e lui si riaccostò. Buffy lasciò che sentisse l’odore della sua mano e solo quando, dopo un po’, il cane cominciò a strusciare il suo muso contro il palmo che lei tentò di riaccarezzarlo.

Gli passò la mano sulla testa in una dolce e confortante carezza, il cane la guardò come se cercasse di capire se poteva fidarsi e lei gli sorrise teneramente. Prese a coccolarlo e il cane non si ritraeva più, anzi, seguiva ogni suo gesto. Chissà da quando una mano non l’accarezzava invece di picchiarlo.

Cominciarono a giocare e Buffy, per la prima volta dopo due mesi, sorrideva e rideva di nuovo spensierata. Giocavano, scherzavano, si inseguivano e anche il cane, dopo chissà quanto tempo sembrava di nuovo felice.

Iniziò a stuzzicarlo, così per gioco, mettendogli a tratti una mano sul muso e spingendolo via. Il cane reagiva con forza crescente, continuando a giocare, quando a un certo punto le morse una mano.

Sentì i denti che, senza farle male, affondavano con forza nella sua carne… Un morso…

Buffy ritrasse la mano e lo colpì sul muso, stavolta senza giocare. Anche lei non gli aveva fatto male, ma lo aveva respinto.

Il cane indietreggiò rannicchiandosi, tenendo la testa bassa e guardandola con occhi feriti. Non aveva voluto farle male, lei l’aveva provocato e lui l’aveva morsa com’era nel suo istinto senza ferirla però come avrebbe potuto. Era stata lei a portarlo a quel gesto, era stata lei che lo aveva voluto, la fissò lungamente.

Era seduta a terra, spaventata dal dolore di quegli occhi che la guardavano dentro.

B-“Ti prego perdonami, io non volevo…”

Il cane continuava a fissarla, aveva perso ogni fiducia in lei e Buffy ne era disperatamente consapevole.

Improvvisamente comprese ciò che era successo e cominciarono a scenderle sul viso le lacrime che in tutto quel tempo aveva nascosto dentro di sé senza mai tirarle fuori. Fece un altro tentativo

B-“Ti prego…”

Questa volta si mosse verso di lui con una mano e a quel gesto il cane indietreggiò ancora.

L’aveva illuso per poi tradirlo, aveva tradito quella fiducia che aveva riposto in lei, aveva tradito quella flebile speranza di essere ancora felice. La guardò ancora una volta con quegli occhi scuri pieni di amarezza, era di nuovo solo, senza niente e nessuno, in un mondo che non lo voleva. Le voltò le spalle e se ne andò mentre Buffy lo implorava di perdonarla, di tornare indietro, ma ormai era scomparso nel buio.

I singhiozzi di Buffy divennero convulsi mentre con la voce strozzata ripeteva

B-“Ti prego non lasciarmi sola, ti prego torna indietro… Non lasciarmi sola, non lasciarmi, ti prego… Tipregotipregotipregotiprego… Torna indietro…”

Ripetè quelle parole all’infinito, finchè la voce non le morì in gola e fu in quel silenzio che finalmente trovò la forza di gridare ciò che non aveva nemmeno sussurrato in tutto quel periodo.

B-“…ANGEL…”

Quell’urlo le uscì fuori insieme alla sua anima. Ricominciò a piangere più convulsamente di prima finchè non si ritrovò, completamente svuotata, a camminare come in trance per uscire fuori dal cimitero e tornare a casa.

Non sentiva più nulla, era come sorda a tutto quello che la circondava e le ci vollero alcuni secondi per capire come fosse finita a terra. Un vampiro.

L’aveva attaccata e lei non si era accorta di nulla.

Meccanicamente si alzò inpiedi, estrasse il paletto, si mise in posizione di difesa e poi cominciò a combattere.

Non c’era passione, non c‘era volontà, pensiero nei suoi gesti e non era nemmeno l’istinto a guidarla. Le sue mosse erano automatiche, le aveva ripetute tante di quelle volte che erano parte del suo modo di essere.

Alzò il braccio con cui impugnava il paletto per conficcarlo nel cuore del vampiro e ridurlo in cenere, ma prima di attuare il suo scopo si sentì afferrare il polso, girarlo contro di sé e vide il paletto penetrare nel suo addome. Sbarrò gli occhi incredula mentre il suo assassino rideva soddisfatto e compiaciuto.

Troppo soddisfatto e compiaciuto di sé, tanto che quando sentì il paletto nel proprio cuore era troppo tardi.

Buffy si lasciò cadere a terra e si appoggiò con la schiena contro una lapide. L’aveva salvata uno scatto di difesa indotto dal terrore ed era solo il terrore che adesso sentiva. Un vampiro da quattro soldi l’aveva aggradita e per poco non l’aveva uccisa. Mentre era ancora a terra e cercava di capire cosa fosse successo e come, sentì una voce familiare e tagliente

S-“Fa male…?!”

Buffy guardò la figura in piedi davanti a lei e, cercando di recuperare un po’ di forza, tirò fuori tutta l’arroganza di cui era capace.

B-“Vuoi terminare l’opera, Spike?!”

S-“Non posso… Non posso toccare né te, né i tuoi amici… Sono ancora legato dal patto con Angelus, lo sai… Questo patto varrà finchè lui non mi scioglierà… E, francamente, dubito che ciò possa avvenire…”

B-“Perché sei tornato qui, allora…”

Disse Buffy continuando a premere con forza una mano sull’addome. Spike, sorridendo di scherno, si piegò di fronte a lei e disse

S-“Sono qui per mantenere una promessa… Non ricordi?! Forse non sarà per mano mia, ma quando morirai io sarò lì a guardare… Bene, eccomi qui…”

Spike si rialzò e si sedette su una lapide di fronte a lei guardandola con la testa china da un lato, come se fosse stata un oggetto curioso, divertente.

Buffy fece forza sulla lapide dov’era appoggiata e si rialzò in piedi, sedendosi anche lei come Spike e disse

B-“Ti è andata male Spike. Come vedi sono ancora in piedi, viva e vegeta.”

S-“Oh, si… Vedo… Più vegeta che viva, però…”

B-“Che vuoi dire…?”

S-“Che agli esseri umani basta un respiro e un cuore che batte per stabilire se uno è vivo… Ma vivere è una cosa diversa. Non basta solo respirare e avere un battito cardiaco per vivere… Vivere è rimanere svegli tutta una notte solo perché l’aria ha un profumo particolare rispetto al solito e non vuoi perderne neanche un’oncia perché pensi che non ti capiterà più una notte così. Vivere è camminare sotto la pioggia e farti bagnare anche se hai un ombrello perché vuoi sentire le gocce sulla tua pelle attraverso i vestiti. È sfidare il mare in tempesta per vedere se si è più forti di lui. E’ schiacciare il piede sull’acceleratore per vedere quanto puoi essere veloce. E’ fare l’amore finchè non si cade stremati. E’ vedere una città per la prima volta e sentirla dentro di te come se ci abitassi da sempre. E’ gettarti nella mischia e combattere quando nessuno crede che ce la farai e vincere. E’ scoprire che riesci ancora a sorprenderti. E’ continuare a gridare che sei vivo soprattutto quando uno cade. E’ dire quello che pensi, fare quello che vuoi e non dover rimpiangere nulla.”

Spike aveva pronunciato quelle parole con una forza, una rabbia contenuta e allo stesso tempo esaltante.

L’esperienza di chi ha passato sulla propria pelle determinate cose, ma le ha viste passare anche sulla pelle di chi ama e non può più condividerle.

La rabbia e la forza di chi è sopravvissuto a qualcosa. La voglia di reagire contro il mondo che si abbatte su di lui.

Il fuoco che ardeva nei suoi occhi era impressionante.

Sorrise abbassando lo sguardo con autoironia, come se pensasse di aver buttato quelle parole al vento. Rialzò lo sguardo su Buffy con quella calma contraddittoria che lo distingueva insieme a quell’irrefrenabile impulsività. Una calma da cui traspariva tutta l’essenza del suo essere inglese. Con aria ovvia

S-“Poche persone vivono. Talmente poche che non si può tener conto di loro come una percentuale e il resto… Beh… Una metà sopravvive, l’altra metà vegeta…”

B-“E io, secondo le tue teorie, vegeterei?!”

S-“No, effettivamente no… E’ da un po’ che ti osservo…”

Buffy sbarrò gli occhi. Era da un po’ che la osservava… Un po’ quanto? E come mai non se ne era accorta? Spike sorrise di sbieco

S-“Non te ne sei accorta perché non te ne importava accorgertene, così come quel vampiro ti ha colpita perché non te ne importava che lo facesse… Ormai non hai che il tuo sacro dovere…”

Disse Spike agitando le mani su quelle ultime parole, prendendola in giro. Buffy con rabbia

B-“Io ho…”

S-“I tuoi amici, il tuo osservatore e tua madre… Il tuo piccolo tesoro di sei persone, lo so… C’ero anch’io quella sera al Bronze…”

Buffy strinse le labbra ricordando come Angelus avesse denigrato tutto quello che aveva.

S-“Ogni cacciatrice ha la sua particolarità, il suo punto di forza. Esse possono essere il nemico più insidioso da dover affrontare, se sono delle purosangue è più che possibile che possano essere l’ultimo nemico da dover affrontare, ma anche loro sono vulnerabili… E se sai come condurre lo scontro, puoi far diventare il loro punto di forza, il loro punto debole…”

B-“Un’altra delle tue teorie?!”

S-“No… Questa è farina del sacco di Angelus e, puoi credermi, lui sapeva benissimo di ciò che parlava… Il tuo punto di forza sono i tuoi amici, di conseguenza il tuo punto debole è la solitudine… Se l’era giocata bene… Quella sera sei crollata…”

B-“Si, ma non cado mai in un tranello due volte di fila, tanto più se uno è così scemo da rivelarmi il suo gioco. Quindi ora dimmi che vuoi Spike…”

S-“Voglio vedere cosa farai adesso che sei realmente sola.”

Fece Spike con naturalezza e i suoi occhi grigio blu sembrarono schiarirsi, diventare limpidi, inespressivi, vuoti.

Come due laghi d’acqua, come due cristalli di ghiaccio. Semplici, innocenti, disarmanti, raggelanti. Come la morte. Sembrava anche più pallido.

Buffy sentì un improvviso freddo scorrerle nelle vene. E strinse le mani più forte sulla ferita all’addome come se da quella ferita la vita potesse uscire dal suo corpo e abbandonarla.

Con quegli occhi Spike continuò a parlarle spiegandole con semplicità

S-“Allora non eri sola, eppure saresti crollata, abilità di Angelus, certo, ma… Ora sei davvero sola. Tu non stai vegetando. Tu stai sopravvivendo all’immagine che ti sei costruita di te stessa… E non durerai a lungo perché cominci a capire che tutto quello che fai è una farsa. E cominci a vedere che pur essendo una farsa i tuoi amici, il tuo osservatore e tua madre ci credono. E allora pensi che non vorresti essere una così brava attrice, che vorresti ti scoprissero… E poi ti domandi com’è possibile che non l’abbiano ancora fatto… E capisci che non è ancora accaduto perché…”

B-“Perché non lo vogliono scoprire?!”

Domandò Buffy fintamente annoiata. Spike scosse la testa e con naturalezza

S-“No. Non ti scoprono perché non sono in grado di scoprirlo…”

Buffy impietrì cancellando il sorriso di scherno sul proprio volto.

S-“Loro possono intuire che c’è qualcosa che non va, ma poi penseranno sempre di essersi sbagliati e questo perché non sono in grado di capire appieno il tuo stato d’animo. Perché loro ti danno una mano ma non conoscono le tenebre come credono, non vi sono dentro fino in fondo. Possono staccarsi da questa realtà quando vogliono. Tu no. Non puoi. Loro costituiscono la tua ancora di salvezza che ti riporta alla comune realtà umana, ma in verità sono loro legati a te e non tu a loro, puoi mollare la presa in qualsiasi istante… Allora tu non eri sola perché, anche se potrebbe sembrare assurdo, Angelus sapeva la verità e condividevate le tenebre fino in fondo, sia che lui fosse con te, sia che lui fosse contro di te. Ora non più, se n’è andato. Ora sei davvero sola e voglio vedere cosa farai… Si, per stasera sei salva, ma per quanto ancora… Sei sola, nessuno condivide tutto questo con te, nessuno è al tuo fianco e sai perfettamente che lui non tornerà…”

Gli occhi di Buffy fissavano il vuoto mentre quelli di Spike tornarono ad essere ironici. Le voltò le spalle e mentre se ne andava

S-“I prossimi giorni saranno interessanti e se c’è qualcosa che un vampiro non conosce è la fretta…”

Alzò un braccio in segno di saluto

S-“Ci vediamo Cacciatrice…”

Buffy guardò il cielo, era quasi l’alba. Tornò a casa, si medicò la ferita che grazie alle sue straordinarie capacità di ripresa aveva smesso di sanguinare e senza fermarsi a dormire si diresse al campus come apatica a tutto ciò che la cricondava.

Tutt’a un tratto sbattè contro qualcuno violentemente e i libri le cascarono a terra. Si chinò per raccoglierli e vide due mani di fronte a lei che l’aiutavano e una voce dirle

R-“Scusa Buffy, non so dove avevo la testa… Ti ricordi di me?! Sono Riley, Riley Finn, l’assistente della professoressa Walsh…”

Buffy gli sorrise per cortesia… Riley Finn… Si, era quel ragazzo che la guardava sempre sorridendo, quello che si era offerto di aiutarla qualsiasi cosa avesse avuto bisogno…

Lui continuava a parlare, ma Buffy nelle orecchie aveva ancora la voce di Spike.

Ora sei davvero sola… Nessuno è al tuo fianco… Lui non tornerà…

All’improvviso Buffy si voltò verso quel ragazzo a guardarlo come se non avesse capito il senso delle sue parole. Riley sorrise e aiutandola ad alzarsi le disse

R-“Ti ho chiesto se ti va di uscire con me…”

Sola… Per stasera sei salva, ma per quanto ancora… Lui non tornerà…

Buffy fece una smorfia storcendo la bocca con durezza e mentre Riley stava per tirarsi indietro, Buffy tirò fuori il suo sorriso più smagliante e disse fin troppo entusiasta

B-“Certo che mi va! A che ora passi a prendermi?!”

Riley la guardò stupito poi sorrise incredulo e le disse

R-“Alle nove?”

Buffy scosse la testa e disse

B-“Perfetto!”

Il ragazzo se ne andò felice, voltandosi ogni tanto a sorriderle. Lei rispondeva ai suoi sorrisi e lo guardava allontanarsi.

Si allontanava lungo un corridoio del campus. Un corridoio del campus assolato. E sarebbe tornato da lei alle nove… Lui sarebbe tornato…


*******************************************************


Buffy si sedette affianco al finestrino sull’autobus che l’avrebbe riportata a Sunnydale. Che l’avrebbe riportata da Riley allontanandola da Angel forse definitivamente.

Tornava a Sunnydale. Tornava ad occuparsi dei problemi che gravavano sulla Bocca dell’Inferno e invece che darle una tregua, un sollievo, quell’andata a L.A. l’aveva solo avvilita ulteriormente.

E mentre pensava a tutto questo, Angel stava certamente smontando L.A. alla disperata ricerca di Faith.

Di Faith che adesso era la sua cacciatrice… La sua cacciatrice…

Buffy serrò i denti domandandosi quanto fosse sua.

Tutti, da principio, trovavano Faith simpatica, divertente, in gamba e nessuno sembrava capire che razza di calamità fosse realmente.

E quando Faith si era risvegliata dal coma, nessuno sembrava capire che avrebbe potuto tornare ad essere una fonte di guai inesauribile.

Si era risvegliata dal coma ed era scomparsa nel nulla come dal nulla era apparsa la prima volta.

Le venne in mente il panico che aveva provato la sera che andò in ospedale a trovarla, trovò la sua stanza vuota e l’infermiera le disse che si era risvegliata dal coma e se n’era andata.

La notizia aveva destato sorpresa e perplesità presso la gang, ma nient’altro. Come se il fatto che Faith fosse a piede libero non costituisse alcun pericolo.

Nessuno sembrava condividere il suo panico. Solo Spike lo aveva percepito e ne aveva riso.

L’aveva guardata strafottente come al solito e le aveva detto -“Cos’è che ti secca Cacciatrice? La “minaccia” di una ragazzina appena uscita dal coma che non ha niente, o il fatto che la ragazzina appena uscita dal coma, andandosene, ti abbia tolto la tua buona azione settimanale senza interpellarti?! Su col morale! Tu salvi il mondo, sono certo che le dame di carità non ti sbatteranno fuori dal circolo per così poco!”…

Perfino Spike, che non aveva mai avuto a che fare con lei direttamente, difendeva Faith… Come faceva Angel…

Angel che difendeva Faith ancora adesso, come sempre, e che la cercava mentre lei tornava da sola alle preoccupazioni di Sunnydale…


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Aveva cominciato a cercarla dal quartiere dove l’aveva trovata quando Kate gli aveva parlato di una “belva” in fuga e aveva capito subito che non poteva trattarsi d’altri che di Faith, ma di lei non c’era neanche l’ombra lì, né da nessun altra parte.

Aveva girato tutti i quartieri semi disabitati. Controllato l’aereoporto, i porti fluviali dei Docks, la stazione dei treni e, per ultime, le stazioni degli autobus.

Le aveva perlustrate per ultime perché non voleva incappare nel rischio di imbattersi in Buffy una seconda volta mentre forse avrebbe dovuto controllarle per prime.

Forse Faith aveva preso il primo autobus che aveva trovato in partenza, senza verificarne neanche la destinazione, e ora era chissà dove.

E tutto perché non aveva voluto correre il rischio di incontrare Buffy.

Stupido. Stupido, incosciente ed egoista.

Ma non poteva sopportare l’idea che Buffy fosse entrata così dentro ai meccanismi del Consiglio, forse ora stava facendo rapporto a Travers…

Angel strinse i denti con rabbia. Che bel tutore che era stato. Tutto quello che era successo tra loro non era certo quello che aveva avuto in mente quando gliel’avevano affidata.

Avrebbe dovuto guidarla nelle tenebre e invece l’aveva solo difesa da esse.

Avrebbe dovuto mostrarle che nella violenza del buio si nascondeva la luce della conoscenza.

Avrebbe dovuto insegnarle che tra le diverse genie demoniache vi erano determinanti differenze.

Avrebbe dovuto spiegarle che la realtà umana e quella demoniaca potevano convivere sulla Terra, a volte, anche in modo pacifico.

Ma non aveva mai trovato il momento adatto.

Buffy odiava le tenebre e rimpiangeva il sogno di una vita normale che esse le avevano negato. Imporle delle lezioni di vita su di esse avrebbe significato allontanarvela ancora di più.

No, non aveva mai trovato il momento adatto e ora non l’avrebbe più trovato.

Scosse la testa. Doveva assolutamente trovare Faith che sembrava essere svanita nel nulla. Scomparsa. Inghiottita dal buio. Persa.

Nel momento peggiore, nel modo più assurdo.

Quando aveva davvero più bisogno di qualcuno affianco, quando aveva davvero più bisogno di aiuto.

E il cielo intanto cominciava a schiarirsi. E lui cominciava ad odiare il sole che, coi suoi raggi, iniziava ad aprirsi un varco nelle tenebre costringendolo a rinchiudersi al sicuro da qualche parte.

Costringendolo a interrompere le ricerche mentre Faith era sempre più sola, più persa e più lontana.


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C-“E’ quasi l’alba ed Angel non si vede…”

Cordelia fissava duramente il chiarore che trapelava dalle veneziane alle finestre e alla porta d’ingresso. Non sapeva se attribuire il ritardo di Angel alla sparizione di Faith o alla visita di Buffy e a quel punto, a pochi minuti dall’alba, importava poco il motivo. L’unica cosa che importava era che Angel era pericolosamente in giro.

D-“Sta tranquilla, sicuramente sta per rientrare…”

C-“Ah si? E chi ti da la certezza?”

Gli disse Cordelia distogliendo lo sguardo dalle finestre e dalla porta, girandosi verso di lui con stizza. Ma quando guardò Doyle negli occhi, si rese conto che era preoccupato quanto lei e che non aveva nessuna certezza che Angel sarebbe rientrato da un momento all’altro. L’aveva detto solo per tranquillizzarla.

Cordelia scosse la testa e, con un sorriso

C-“Hai ragione Doyle, scusami. Sicuramente sta per rientrare…”

I minuti passavano e ormai la luce era tale che solo il sole mancava per affermare che fosse giorno.

Doyle e Cordelia non sapevano più cosa dirsi, per calmarsi vicendevolmente, e avevano perfino smesso di guardarsi. Continuavano a fissare il chiarore, che filtrava ovunque, come se li schiacciasse al centro della stanza, impedendogli di muoversi e di pensare a una soluzione.

In quel momento entrò Angel e rapidamente si barricarono chiudendo tutte le veneziane e lasciando, come luce, solo quella artificiale.

Chiusa l’ultima veneziana Cordelia si appoggiò ad essa, poi si girò verso Angel furibonda

C-“Tu…Tu…Lasciamo perdere!”

Fece alla fine tendendo le braccia in avanti. Doyle invece non aveva smesso un istante di fissare Angel con preoccupazione.

D-“Nessuna traccia, vero…?”

A-“No, e ogni minuto che passa diventa più difficile trovarla… Se solo non avessi gettato via Amara, adesso potrei continuare a cercarla invece di rinchiudermi qui…”

C-“Angel…”

A-“A quest’ora potrebbe anche aver lasciato il paese o, peggio, potrebbe essere finita nelle mani del Consiglio…E proprio ora. Ora che si stava ricostruendo. Ora che non è più quello che era e non è ancora quello che sarà. Ora che è indifesa e si lascierà colpire. Ora che è sola.”

C-“Faith non è sola, non ancora… O comunque, non per molto.”

D-“Cordelia ha ragione, Uomo. Continueremo noi a cercarla…Ci vediamo al tramonto.”

Angel assentì gravemente col capo e quando furono sulla soglia alzò il capo e, puntando gli occhi nei loro, gli disse

A-“State attenti…Non siete i soli a cercarla…”

Cordelia e Doyle annuirono uscendo. Una volta in strada

D-“Cominciamo dalla palestra?”

Cordelia fece cenno di si col capo, anche se non era molto convinta e neanche Doyle lo era, ma da qualche parte dovevano pur cominciare.

Come temevano, alla palestra, Faith non si era vista , tra l’altro era già passato Angel la notte prima.

Erano trascorse delle ore, ma non avevano cavato un ragno dal buco, tanto più che erano impossibilitati a chiedere informazioni.

Se anche il Consiglio la cercava, chiedere informazioni nell’underground demoniaco risultava troppo azzardato e pericoloso. Qualcuno avrebbe potuto fare il doppio gioco e inoltre avrebbero sbugiardato la copertura di Faith.

Dovevano cavarsela da soli, ma non sapevano più dove cercarla ed erano a corto di idee. Camminavano in silenzio già da un po’, quando Doyle

D-“…E così quella era Buffy…”

C-“…Si…”

D-“Valeva la pena di gettare Amara ai pesci per lei, secondo te?!”

C-“Non oso immaginare il dolore che deve aver provato Angel nel vedere Buffy con un altro. Mi chiedo come… Hey! Ma mi ascolti?!”

Disse Cordelia seccata verso Doyle che guardava attentamente una vetrina. Tornò indietro e strattonandolo per un braccio

C-“Ti sembra il momento di guardare le vetrine?! Do…”

Sguardo vacuo, inespressivo. Una visione.

Cordelia sperava solo che Doyle riuscisse a vedere dove si trovasse Faith.

Passarono alcuni minuti. Quando si riprese, Doyle guardò un attimo il cielo e disse avviandosi

D-“Dobbiamo tornare in agenzia, il sole sta tramontando…”

C-“Hai visto per caso dove si trova Faith?”

D-“No, purtroppo, ma finalmente ho visto il volto dell’ombra nella mia visione…”

Doyle e Cordelia rientrarono all’agenzia e trovarono Angel che misurava a grandi passi l’ufficio in attesa che il sole sparisse completamente dall’orizzonte.

A-“Non l’avete trovata vero?”

D-“No, ma ho un elemento nuovo della visione. Sono riuscito finalmente a distinguere una delle due ombre, solo che non so se lei è la vittima o l’aggressore… Ad ogni modo sento che è molto vicino come pericolo, forse anche stanotte…”

In quell’istante la porta dell’agenzia si aprì rivelando la figura di Kate che, dopo una rapida occhiata

K-“Dall’espressione delle vostre facce deduco che non è un bel momento…”

Kate aveva ragione. Troppe cose e tutte insieme da risolvere in quello che era il momento meno opportuno.

A-“Che è successo, Kate…”

K-“Stamane, al distretto, qualcuno è venuto a chiedere di una ragazza. Sembrava la descrizione spiccicata della tua protetta. La fortuna ha voluto che si rivolgesse a me e io non ho detto nulla, ma ho creduto che fosse importante dirtelo…”

A quelle parole Angel si risvegliò dal torpore e, con sguardo attento, si rivolse a Kate

A-“Qualcuno chi?”

K-“Una ragazza mulatta. Mediamente alta, capelli raccolti e cerchi alle orecchie…”

D-“E’ la ragazza della mia visione!”

A-“E’ Kendra!”

D-“Chi è Kendra?”

A-“L’aggressore!”


Angel uscì rapidamente dall’agenzia lasciando la porta socchiusa.

Kate fissò la porta lasciata aperta a metà e, scuotendo le spalle, esordì sarcasticamente

K-“…Oh figurati! È sempre un piacere poter dare una mano! Beh, io torno all’inspiegabile catena di suicidi a cui stiamo indagando. Ci si vede…”

E uscì anche lei.

Doyle si rivolse con lo sguardo a Cordelia, andato via Angel lei era l’unica in grado di dargli una risposta. Cordelia lo fissò e rispose

C-“Kendra è una cacciatrice…In teoria dovrebbe essercene una per ogni generazione, ma…Buffy morì per alcuni minuti e venne salvata da Angel, quei pochi minuti di decesso attivarono Kendra come cacciatrice.”

D-“Ma… e Faith allora?”

C-“La stessa cosa. Durante lo scontro con un demone Kendra rimase morta per un po’ dando il modo di attivare Faith. Se Angel e Faith avevano ragione nel dire che il Consiglio poteva mandare anche una cacciatrice per scovarla, allora abbiamo preso un abbaglio…Non si trattava di Buffy, ma di Kendra…”


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Al buio di un quartiere malfamato, una ragazza mulatta camminava in mezzo alla strada con aria sicura. Girava lo sguardo da una parte all’altra con calma, con attenzione.

Stava cercando qualcuno e sapeva che l’avrebbe trovato, era solo questione di tempo. Mentre camminava, si girò di colpo sferrando un calcio che scaraventò la figura alle sue spalle sul muro di un vicolo.

Con passo sicuro la ragazza si avvicinò. Le aveva fatto male, si appoggiava alla parete riparandosi la cassa toracica con l’avanbraccio, ma la fissava a testa alta.

Kendra-“Credevi davvero di potermi prendere di sorpresa, Faith?”

F-“Non volevo attaccarti Kendra, guardami, sono disarmata.”

Kendra-“Allora cosa volevi fare?”

Già, cosa voleva fare? Parlarle? Chiederle di lasciarla andare?

Ridicolo e oltre modo patetico. Anche il solo pensarlo.

Tra l’altro lo sguardo e l’espressione di Kendra non lasciavano molto margine di risposta a una richiesta simile, anche se fosse stata così folle o penosa da formularla e lei non era né abbastanza folle né penosa da farlo. Voleva lo scontro? Lo avrebbe avuto.

Sarebbe stato interessante vedere chi di loro due sarebbe rimasta in piedi e in che condizioni.

Sarebbe stato interessante scontrarsi con una “collega”, una sua pari.

E certamente stavolta non si sarebbe lasciata fracassare di colpi senza reagire.

No, decisamente, no.

Continuava a fissare la sua avversaria negli occhi. Non aveva bisogno di guardarsi freneticamente intorno per sapere come muoversi. Lo vedeva nel contorno, non precisamente, ma quel tanto che le bastava per decidere in che modo attaccare.

In più bazzicava quel quartiere da quando era scappata dall’agenzia quando aveva visto Buffy…

Dannazione! Davvero era scappata di fronte a B.?! Beh, non sarebbe accaduto una seconda volta.

Anzi, che la venisse a cercare anche lei. L’avrebbe lasciata per terra come aveva fatto con lei. Allo stesso modo. Poi avrebbe visto se B. era in grado di sopravvivere a un trauma cranico piuttosto esteso, un’emorragia interna e mesi e mesi di coma…Ma ora doveva pensare esclusivamente a Kendra.

Non ci sarebbe voluto molto.

Non aveva che da restituire il calcio a Kendra e scaraventarla sul muro di mattoni di fronte a lei. Sfondare la cassa di legno che le era affianco, ricavarne un pezzo di legno appuntito e…

Il muro di mattoni, un pezzo di legno appuntito, di notte, in un quartiere praticamente deserto…Finch.

Faith chiuse gli occhi e nel buio rivide gli occhi sbarrati di Finch a fissarla.

Rivide il sangue che usciva dalla bocca e colava giù sul mento fino al colletto impregnandolo. La chiazza sui vestiti che si espandeva. Lo stupore, nel viso, di quell’uomo che non aveva capito esattamente cosa gli fosse accaduto. Che, probabilmente, aveva capito che sarebbe morto guardando la sua espressione.

Non aveva idea di che faccia avesse fatto. Ricordava solo che lo guardava senza sapere come agire. Che doveva aver continuato a respirare anche se non sentiva più l’aria dentro i propri polmoni.

Che in lontananza era la voce di B. a dirle qualcosa, ma cosa? Ancora adesso non riusciva a capire cosa le avesse detto.

Aveva le mani sporche di sangue. Anche i polsi lo erano.

Accumuli si erano depositati nell’attaccatura delle unghie e sotto. Li vedeva, li sentiva. E ora che il sangue si stava asciugando le tirava la pelle. Il colore perdeva lucidità e chiarezza, opacizzandosi e scurendosi, increspandosi sui polsi se provava a tenderli. Anche la sua maglietta era sporca. No, intrisa. Una macchia larga sull’addome che gliel’aveva fatta appiccicare alla pelle. E quell’odore…

Era abituata alla cenere. Quella dei corpi dei vampiri che uccideva. Cenere che si disperdeva nell’aria, che a volte si depositava sui vestiti ma che bastava un colpo con la mano a levare.

Oppure alla melma viscida e vischiosa, a volte dall’odore repellente, di chissà quale demone.

Certamente non piacevole, ma certamente diverso.

Diverso dal sangue umano e dal suo odore, diverso come consistenza e come sensazione e… come occhi.

Nessuna creatura delle tenebre rimaneva abbastanza tempo intera da poterne ricordare gli occhi e l’espressione.

Quando Finch aveva chiuso gli occhi, con lui, li aveva chiusi il mondo intero lasciandola al di fuori, esclusa, sola.

Ancora la voce di B. in lontananza che diceva qualcosa, ma cosa fosse non importava più, aveva ripreso a connettere…

K-“Allora? Che cosa volevi fare?”

Le ripetè Kendra. Già, che cosa voleva fare? Che cosa aveva creduto di poter fare?

Perché dopo tutto quello che aveva passato e che aveva fatto ci era voluto così poco a liberare l’assassina?

Aveva sempre creduto di conoscersi, di sapersi controllare, di intendere i suoi limiti e sfruttarli come proprio punto di forza.

Se anche non ci fosse stato nessuno, poteva contare su se stessa e questa era sempre stata una certezza. Una certezza che ora però le veniva a mancare. Lei non era come B., poteva anche fare a meno di un appoggio e ora che ce l’aveva non aveva più alcun senso, dato che si era voltata le spalle da sola.

Non aveva senso niente e Kendra le chiedeva che cosa aveva intenzione di fare? La risposta era semplice. Niente.

Scosse le spalle e la testa guardando in basso con gli occhi socchiusi e un sorriso di sbieco. Autoironico, amaro e duro.

Poggiò completamente le spalle contro il muro prese un respiro profondo e mentre espirava, lentamente si lasciò scivolare a terra.

Adesso era innocua. Non avrebbe potuto davvero fare del male a niente e a nessuno. Se l’avesse detto forse il Consiglio l’avrebbe lasciata vivere, ma non valeva la pena di vivere così. Priva di qualsiasi reazione o emozione. Priva di qualsiasi certezza in se stessa.

Che cosa avrebbe voluto fare?

Adesso che sapeva cosa sarebbe accaduto, avrebbe voluto mettere in guardia Kendra da tutto quello che le sarebbe aspettato dopo.

La confusione, lo smarrimento, la paura e l’assurdità di quella vita a cui erano destinate.

Diffidare di se stessa e di dove poteva spingersi, di quanto oltre.

Avrebbe voluto mettere in guardia Kendra da tutto quello, ma non aveva nemmeno le forze per guardarla ormai.

Meglio così. Almeno non le avrebbe regalato la persecuzione dei suoi occhi nel sonno.

Kendra rimase disorientata a vedere l’abbattimento di Faith.

Le avevano dato delle istruzioni ben precise, eppure non sapeva cosa fare, in che modo agire.

Una cacciatrice che sfugge al controllo non è diversa da un demone…

Non avrebbe saputo quantificare tutte le volte che gliel’avevano ripetuto.

Sfuggita al controllo…

Tutt’a un tratto si sentì come circondata da mura altissime che si richiudevano su di lei.

Si sentì confusa, smarrita, prigioniera e non capiva perché si sentiva così, perché aveva perso la lucidità.

Stava sfuggendo al controllo anche lei? Anche per lei il Consiglio avrebbe mandato una cacciatrice? Avrebbe mandato Buffy o ne avrebbe attivate altre?

No, forse no. In fondo loro due erano state attivate per errore…

Kendra non l’aveva ancora colpita e questo la sorprese. Alzò lo sguardo per guardarla e la vide smarrita.

Era già smarrita senza averla neanche uccisa. Povera Kendra, chissà cos’avrebbe passato dopo…

Faith, l’aveva guardata, i suoi occhi erano come due abissi in cui si rifletteva, ma sentiva di poterci anche affogare.

Troppo confusa, troppo smarrita e spaventata, troppo poco lucida e troppo, troppo spaventata.

Se le avesse chiuso quegli occhi forse quella confusione sarebbe svanita.

Troppo confusa, troppo smarrita e spaventata, troppo poco convinta e troppo troppo consapevole di ciò che aveva letto negli occhi di Faith.

Se le avesse chiuso gli occhi avrebbe fatto il suo dovere e sarebbe tornata in un ordine logico di idee.

Troppo confusa, troppo smarrita e spaventata, troppo sola e troppo troppo tardi per potersi tirare indietro ormai.

Estrasse il paletto dalla manica del giubbino e lo impugnò saldamente. Lo sollevò sopra la testa pronto a farlo ricadere su Faith e, con gli occhi disperati e il viso contratto

Kendra-“ Non…Non è niente di personale…Lo sai, vero…?”

F-“Lo so…”

Le sussurrò Faith con un sorriso tristissimo. Niente è più personale della morte, ma nulla era meno personale di quello che stava accadendo.

Proprio quando Kendra stava per far ricadere il paletto sul cuore di Faith, si sentì afferrare il polso e allontanare, sbattendo sul muro opposto.

Ancora stordita guardò l’ombra che l’aveva scaraventata via e, ancora più sconvolta, disse scuotendo il capo

Kendra-“Angel…”


Faith e Kendra erano a terra, appoggiate alle pareti opposte dello stesso vicolo. Confuse, disorientate, perse.

Anche il più inetto dei demoni le avrebbe potute far fuori, con estrema facilità, in quel momento.

Delle cacciatrici che aveva avuto modo di conoscere, sembrava rimanesse ben poco ora. Diede una rapida occhiata a Faith.

Era a terra, distrutta più psicologicamente che fisicamente, eppure la sua forza scorreva ancora tenacemente nelle sue vene e quella luce brillava, seppur fievolmente, nei suoi occhi. Gli sorrideva debolmente e Angel ammirò quel sorriso. Non aveva mai incontrato una simile cacciatrice.

Si voltò verso Kendra, era annientata e lo guardava ancora sconvolta, come in cerca di una risposta. Si chinò di fronte a lei

A-“L’avresti davvero uccisa? Kendra, guardala. È Faith, è un essere umano, non è un demone. Non andrà in polvere o si discioglierà in una pozzanghera se la impaletti…E’ una cacciatrice, come te. Se tu ora la uccidi non assolvi il tuo compito di cacciatrice, ma esegui un incarico da assassina, qualunque cosa ti abbia detto il Consiglio, e tu non sei un’assassina…”

Angel aveva ragione. Faith era un essere umano e, uccidendola, sarebbe diventata un’assassina, nient’altro.

Ma era cresciuta in seno al Consiglio e non aveva avuto altro nella sua vita. Eseguire gli ordini che le venivano impartiti, senza farsi domande, era l’unico modo che conosceva per tirare avanti.

Kendra era un’altra cacciatrice che doveva fare i conti col suo destino.

Un’altra ragazza che cercava di soppravvivere al peso delle responsabilità che le avevano dato obbligatamente.

Il suo punto di forza era il Consiglio e, proprio per questo, tra Buffy e Faith, lei era quella più a rischio.

Ignorava che il Consiglio non l’avrebbe spalleggiata con altrettanta convinzione, ma non era una stupida.

Ogni cosa che non le quadrava, era una sicurezza in meno che aveva nei confronti del Consiglio, ma era anche un punto scoperto in più.

Kendra aveva imparato ad estraniarsi da tutto, a non farsi domande, a compiere esclusivamente il suo dovere. Ma non abbastanza da poter negare anche l’evidenza di alcuni fatti.

Quella sera, la faccenda di Faith, doveva aver intaccato le certezze della sua esistenza in modo considerevole.

Angel si trovava in mezzo a due cacciatrici, psicologicamente, più distrutte che integre. Si sentì peggio lì che non quando si riprese e si trovò in mezzo a una Faith in stato comatoso e una Buffy quasi dissanguata.

Una volta aveva detto che il Consiglio era composto da selvaggi, ora, guardando le due ragazze, si sentiva di chiedere profondamente scusa ai selvaggi.

Con dolcezza si rivolse a Kendra

A-“Tutto questo va al di là di qualsiasi dovere, sacro o meno che sia, Kendra …”

Con l’educazione che aveva avuto crescendo nel Consiglio, Kendra non avrebbe mai pensato di potersi fidare di un vampiro, ma Angel non era un vampiro come gli altri, né nel male, né nel bene…


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L’avevano mandata a Sunnydale per nulla. La cacciatrice che doveva sostituire non solo era viva, ma era circondata da un gruppetto di aiutanti. Kendra trovava questo veramente assurdo.

Una cacciatrice doveva essere sola per poter svolgere bene il suo compito. Ed era per quello che, in attesa di essere trasferita, faceva la ronda lontano dagli altri.

Si era spinta verso i cimiteri più lontani dal centro e, dopo, era finita nella zona industriale. Davanti ad una delle vecchie fabbriche si fermò, sentiva che c’era qualcosa di strano nei dintorni e decise di entrare.

L’aveva sentito da quando l’aveva rivista nella biblioteca del Sunnydale High e aveva preso Spike, privo di sensi, tra le braccia sparendo poi nella notte.

L’aveva sentito allora che qualcosa non andava, ma lo shock di rivederla era stato più forte di qualsiasi altra cosa.

Da alcune settimane, quella sensazione che aveva si era accentuata e, ormai, ne era certo, Drusilla stava male.

Ecco perché erano giunti a Sunnydale. Sicuramente, Spike stava cercando una cura per lei. E, sicuramente, era stato Spike a mandare i tre Tarakha per Buffy.

Per distrarli. Perché non lo potessero intralciare nella ricerca della cura per Drusilla.

Non sapeva esattamente che cosa aveva Drusilla, ma sentiva, dentro di sé, come un lamento. Il singhiozzare infantile che aveva Drusilla, di solito quando stava male, aveva fatto un brutto sogno o faceva i capricci.

Dopo lo scontro che avevano avuto lui e Spike nella biblioteca, si erano evitati accuratamente, rimanendo addirittura nelle zone opposte della città.

Ma Drusilla era sangue del suo sangue, come Spike, e stava male, aveva bisogno d’aiuto.

Si era spinto nella zona industriale perché sentiva che li avrebbe trovati lì. Voleva vedere Drusilla, sapere le sue condizioni e, se possibile, aiutarla in qualche modo.

Era da un po’ che camminava in mezzo a vecchi capannoni e fabbriche in disuso, non doveva essere molto distante. A un certo punto sentì qualcosa che non avrebbe dovuto sentire. Una cacciatrice.

Non si trattava di Buffy, lei era molto abitudinaria e non toccava mai quella zona, quindi doveva essere quella nuova.

La nuova cacciatrice a due passi da Spike e da Drusilla che stava male.

Angel scosse la testa, decisamente non era una bella situazione.

Non aveva mai avuto le capacità che aveva Darla in proposito, poteva distinguere una ragazza normale da una prescelta ma niente di più. Darla, col suo sangue, gli aveva donato uno stralcio di quel potere e aveva preso a scorrere anche in lui. Come una goccia nell’oceano, ma scorreva.

La percezione che aveva della cacciatrice era piuttosto forte, era ovvio, quindi, che si trovasse all’interno della fabbrica che gli era davanti…

Si muoveva dentro la fabbrica con circospezione, la luce era scarsa e molto debole.

Una voce, che proveniva dal buio, la fece sussultare.

A-“Tu devi essere Kendra…”

Angel emerse dal buio mostrandosi alla luce. Kendra si pietrificò alla sua vista.

Aveva passato giornate intere a studiare le cronache del passato e a leggere com’era nei doveri di una cacciatrice.

In mezzo a demoni di varie specie e a vampiri di poco conto, aveva trovato una figura affascinante quanto inquietante.

Quella figura l’aveva ossessionata.

Innocentemente bello e crudele, pericoloso. Talmente pericoloso che il Consiglio aveva, addirittura, deciso di evitarlo dopo decenni di tentativi, andati in fumo, per eliminarlo. Kendra aveva letto ogni cosa su quello che veniva definito, dagli osservatori dell’epoca, come “Il terrore d’Europa”.

Aveva ricostruito avvenimenti, itinerari e trovato perfino un ritratto. Non avrebbe potuto scordare il suo volto né per la sua bellezza, né per tutto ciò che simboleggiava. Era diventato lo scopo della sua esistenza allenarsi, migliorarsi fino all’inverosimile per incontrarlo un giorno, anche se di lui si era persa ogni traccia. E ora si trovava di fronte a lei.

Gli occhi le scintillarono e la sua bocca si piegò in un sorriso di pura soddisfazione mentre pronunciava il suo nome

K-“Angelus…”

Angel la guardò incuriosito.

K-“So chi sei, so tutto su di te… Pensavano, ingenuamente, che tu fossi morto ma io lo sapevo che non era così. Sapevo che un giorno ti avrei incontrato e quel giorno è arrivato… Ti ridurrò in polvere, maledetto assassino…”

A-“Sono onorato …”

Rispose Angel sarcasticamente. No, non era decisamente una bella situazione.

Kendra iniziò ad attaccarlo furiosamente, Angel si limitava a difendersi cercando, con calma, di spiegarle che non era come lei credeva

A-“Senti… Il fatto che nessuno abbia più sentito parlare di me, non ti suggerisce nulla?”

K-“Si, che ti sei nascosto, nell’ombra, in attesa del momento giusto per riattaccare…”

A-“Nascosto?!… Allora non sai un bel nulla di ciò che ero…”

K-“Che eri? Divertente questa, come se fossi cambiato… Pensi che io ci caschi? So che ami giocare con le tue vittime…”

A-“…E va bene, visto che non mi ascolti, avrai ciò che desideri…”

Detto questo, la chiuse in una gabbia e, tirando la catena che la reggeva, la sospese in aria. Kendra, aggrappata alle sbarre, con freddezza

K-“Che intenzioni hai…”

A-“Per quello che mi riguarda, puoi morire di vecchiaia… Non voglio ucciderti, voglio solo parlarti e spiegarti ma, per poterlo fare, devo aspettare che ti calmi… Per quello ti ho chiusa là dentro… Ignoravo d’ essere ancora una tale leggenda…”

S-“Si, invece…”

A-“Spike…”

Il combattimento e la discussione con Kendra, lo avevano distratto il tanto che bastava per non sentire Spike avvicinarsi.

Il biondo assassino aveva sulle labbra un sorriso sereno, ma nei suoi occhi si poteva leggere, ancora, il risentimento nei suoi confronti. Con ironia

S-“Sei stato gentile a venire qui, ci hai evitato il disturbo di venire a cercarti…”

A-“Cosa vuoi…”

S-“Il tuo sangue! Se la memoria non mi inganna, era leggermente dolce con una punta metallica…”

Prima che Angel potesse capire appieno le parole di Spike, Drusilla rivelò la sua presenza dall’ombra.

Aveva la testa reclinata da un lato e lo guardava con i suoi grandi occhi azzurri.

La sua espressione era un misto di timore e rabbia. Un broncio infantile con le labbra strette e il viso leggermente abbassato. Si avvicinava, lentamente, con le mani dietro la schiena.

Angel provava un dispiacere lancinante nel guardarla, Drusilla era diventata pazza a causa sua. Immobile, la osservò avvicinarsi, sempre di più, fino a sentire la testa di lei nascondersi nel suo petto.

Drusilla alzò la testa e guardò Angel, sembrava una bambina bisognosa di aiuto.

Dru-“Sto male, sai?”

Angel annuì col capo, gli occhi colmi di dolore.

Dru-“Sono debole… Mi manca la percezione delle cose… Il mio dono sta svanendo…”

Mentre parlava, Drusilla si voltò andando alle spalle di Angel, appoggiandosi alla sua schiena.

Dru-“… Una volta mi avresti aiutata, mi avresti protetta, ma ora… Non posso rischiare.”

Detto questo Drusilla strinse i polsi di Angel e lo incatenò.

La compassione che Angel provava per Drusilla gli aveva fatto abbassare la guardia, tentò di liberarsi, ma inutilmente.

Dru-“Sono catene forgiate con rituali particolari, neanche tu puoi spezzarle.”

Quel suo fare infantile svanì di colpo. Il mutare repentino del carattere e dell’atteggiamento era una delle particolarità di Drusilla.

Dolce e crudele, pazza e a volte gelidamente lucida. Drusilla era tutto e il suo contrario.

Gli gettò in faccia della polvere ed Angel cadde in un profondo sonno, preso in braccio da Spike che gli si era avvicinato lentamente alle spalle. Drusilla guardò corrucciata il corpo addormentato di Angel e Spike con tenera apprensione le domandò

S-“Cosa c’è Principessa? La tua polvere dell’oblìo ha funzionato e stanotte, prima dell’alba, sarai di nuovo in forze. Non sei felice?”

D-“Un tempo mi avrebbe offerto il suo sangue spontaneamente…”

Gli spiegò Drusilla con profonda amarezza.

Spike serrò gli occhi e i denti e, istintivamente, strinse più forte il corpo di Angel che teneva tra le braccia, poi lo guardò con la malinconia, profonda, di chi ha perso ciò che ha di più caro al mondo. Le rispose con voce flebile

S-“Il nostro Sire è morto Dru. Non esiste più, ma nel suo ricordo, dal suo sangue, tu puoi rinascere di nuovo forte e recuperare il tuo dono. Solo a questo dobbiamo e possiamo pensare ormai… Andiamo, l’altare è pronto e non abbiamo molto tempo…”

Alzò lo sguardo verso la gabbia dove Angel aveva rinchiuso Kendra e, recuperando il suo sarcasmo

S-“Ma guarda, guarda… Un’altra cacciatrice… Spiacente ma al momento ho da fare, magari una di queste notti, se ti sarai stancata di fare la rarità in gabbia, sarà divertente scontrarci… Buonanotte, ragazzina!”

Spike e Drusilla lasciarono la fabbrica con Angel privo di sensi.

Kendra cominciò a prendere a calci la porta della gabbia in cui Angel l’aveva rinchiusa. Dopo svariati tentativi, finalmente riuscì a sfondare la porta e saltò giù dalla gabbia.

Aveva assistito a tutta la scena senza fiatare ed era piuttosto confusa.

Aveva letto che al fianco di Angelus erano tre vampiri: Darla, Drusilla e William il Sanguinario.

Aveva sentito distintamente il nome di Drusilla, non le quadrava il nome di Spike, ma pensò che, sicuramente, era un nomignolo “affetuoso” del Sanguinario, il cui hobby preferito era inchiodare le proprie vittime. Ma c’era dell’altro che non le tornava…

Perché avevano catturato Angelus? E quei discorsi sul fatto che il loro Sire non fosse più tale, cosa significavano?

Si chiese con riluttanza se un vampiro potesse davvero cambiare o se si trattasse di una trappola e basta, comunque stessero le cose doveva trovarli. Era troppo tardi per chiedere l’aiuto degli altri e doveva muoversi.

In una delle sue ronde solitarie, aveva notato una chiesa in disarmo. L’idea che potessero essere là le era venuta sentendo parlare di un altare e aveva avuto ragione, erano alla chiesa.

Con circospezione, Kendra entrò nella chiesa e vide che il rituale era già iniziato. Approfittando dello smarrimento di Spike aveva preso Drusilla, china sul collo di Angel, per i capelli trascinandola via e spingendola addosso a Spike che si era mosso per intervenire. Entrambi finirono contro l’organo a parete che crollò con le sue canne su di loro, seppellendoli.

Sciolse Angel poi rovesciò i candelabri che erano nella chiesa. Le fiamme delle candele cominciarono a diffondersi ovunque, anche in direzione di Drusilla e di Spike.

Kendra caricò Angel, privo di sensi, sulle spalle portandolo via. Il vampiro riprese conoscenza dopo quasi un’ora. Era appoggiato ad uno dei cipressi del cimitero che era a ridosso della zona industriale.

Kendra era china su di lui che lo fissava preoccupata, ignorando, al contrario di Angel, che Spike e Drusilla fossero scampati alla morte.

K-“Stai bene?”

A-“Perché mi hai salvato…”

K-“Che sia maledetta se lo so...”

A-“Volevi avere il “privilegio” di uccidermi tu…?”

Angel aveva un’aria stremata che contrastava col suo sguardo e la sua voce ironici.

K-“No… Semplicemente mi è venuto il dubbio che dicessi la verità e, essendomi calmata, volevo sentire cosa avevi da dirmi…”

A-“Nulla che tu ora non sappia su di me… Da quanto tempo era che non ti ponevi più dubbi sul tuo ruolo di cacciatrice e sulla realtà che affronti …?”

Kendra abbassò lo sguardo. Non si era mai posta dei dubbi, fino ad allora, su ciò che era e ciò che faceva. Angel scosse il capo lievemente

A-“Non sono le certezze incrollabili che salvano una cacciatrice dalla morte, ma i dubbi

e… la possibilità di cambiare idea, su ogni cosa, autonomamente. Quest’ultima, soprattutto, trascende da ogni dovere, sacro o meno che sia…”

Kendra lo guardò completamente assorta. Aveva appena salvato la vita al vampiro che si era imposta sempre di uccidere e ora lo ascoltava anche in religioso silenzio, sapendo che ciò che le diceva non era altro che la verità. Scosse la testa, sorridendo con indulgenza di se stessa…


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Kendrà fissò Angel negli occhi come allora e, come allora, sorrise di se stessa, ma con meno indulgenza. Scosse la testa e si rialzò in piedi.

Prima di imboccare l’uscita del vicolo si fermò. Anche Angel si era rialzato mentre Faith era ancora seduta per terra. Kendra, dando loro le spalle

Kendra-“Ciò che è successo stasera, non sarà facile da spiegare…”

Abbassò leggermente le spalle liberandole dalla tensione muscolare e, dopo alcuni istanti

Kendra-“…E quindi non lo farò. Non spiegherò nulla di quanto è accaduto. Continuerò, vanamente, le mie ricerche sulle spiagge del Messico…In fondo ho sempre desiderato una vacanza…Tra un mesetto mi stancherò e chiederò un altro incarico…Sono una cacciatrice e il mio compito e di occuparmi di demoni e di niente e nessun altro…”

Faith rimase un attimo attonita. Non poteva credere che Kendra avesse preso una simile risoluzione. Angel

A-“Kendra, sei sicura di non aver bisogno…”

Kendra si voltò a guardarlo e gli sorrise. Con sicurezza

Kendra-“No, grazie Angel. Starò bene. E non preoccuparti…Non ho nessuna intenzione di crollare. Almeno finchè non mi sarò chiarita alcune cose…Per quanto mi riguarda le prescelte sono ancora tre.”

Angel annuì confortato, poi, come se fosse sovrapensiero

A-“Sei stata indirizzata qui?”

Kendra-“Solo dal mio istinto…”

Angel strinse gli occhi e trattenne, a stento, un sorriso.

Questo voleva dire che, la visita di Buffy non era stata altro che una coincidenza e che, non era stata inghiottita dalle ideologie del Consiglio.

Questo voleva dire che non aveva sbagliato poi così tanto con lei e…questo voleva dire anche che l’aveva aggredita senza motivo…

Angel si appoggiò, pesantemente, al muro mentre Kendra cominciò ad avviarsi fuori dal vicolo. Prima di sparire nel buio, salutò con un gesto della mano e gridò

Kendra-“ Vi manderò una cartolina da Città del Messico…”

Angel e Faith rimasero per alcuni minuti fermi. Angel appoggiato al muro e Faith sempre seduta, per terra, con le spalle appoggiate sul muro opposto. Un muro interamente graffitato. Il muro graffittato che aveva visto Doyle, nella sua visione, tre settimane prima.

Angel sghignazzò silenziosamente e Faith

F-“Fa ridere anche me, ne ho bisogno…”

A-“Il muro su cui sei appoggiata è il muro della visione di Doyle…Tu e Kendra eravate le famigerate figure buie…”

F-“Cioè, potevamo sapere quello che sarebbe successo da tre settimane?! Avrei voglia di scambiare due chiacchiere con gli Oracoli…”

Disse Faith, minacciosa, rialzandosi da terra e Angel, ancora appoggiato al muro

A-“Spiacente, ma come mi disse Doyle una volta, non esistono uffici reclamo di nessun tipo…”

Smise di scherzare e si fece serio. Guardò un attimo a terra, rialzò gli occhi e domandò

A-“Come ti senti?”

F-“Cinque su cinque… C’è da chiederlo?!”

Rispose Faith, con ironia, prima di diventare seria, a sua volta, e dire

F-“Anch’io non ho nessuna intenzione di crollare prima di essermi chiarita alcune cose… E, se dipende da me, beh… le prescelte continueranno ad essere tre.”

Angel annuì col capo. Si scostò dalla parete e, insieme a Faith, cominciarono a camminare uscendo dal vicolo. Faith con la fronte corrugata

F-“Se la cacciatrice alle mie costole era Kendra, vuol dire che ho lividato B per niente…”

Angel annuì con una smorfia e

A-“Si, ma…Credimi, poteva andare peggio…”

Faith non sapeva ciò che fosse accaduto in agenzia, tuttavia quando sentì quella risposta e vide l’espressione di Angel, chiese sospettosa

F-“Di un po’… E tu come stai?”

Angel si voltò verso di lei

A-“Su cinque?!”

Faith fece cenno di si sorridendo ed Angel, riprendendo a guardare davanti a sé

A-“Diciamo due per eccesso…”


Quando Angel e Faith rientrarono in agenzia, Doyle e Cordelia balzarono in piedi, dalle loro posizioni, e rimasero a fissarli per alcuni istanti, trattenendo il fiato. Realizzato che era andato tutto bene, chiusero gli occhi, espirarono e, con calma, Doyle si risedette sul bordo della scrivania e Cordelia sulla sua poltroncina.

Cordelia, appoggiata alla sua scrivania, disse fissando il ripiano

C-“Menomale che hai trovato Faith prima di Kendra…”

A-“Ti sbagli di grosso…”

Disse Angel appoggiandosi sul bordo della scrivania di Cordelia, sul lato opposto a quello di Doyle.

D-“Dov’è ora questa Kendra?”

A-“Diretta a Città del Messico per una vacanza… Da quel che ho capito…”

C-“Ma come diavolo hai fatto a convincere Kendra a lasciare in pace Faith?!”

A-“Con i miei occhi nocciola…No?!”

Le rispose umoristicamente malizioso.

Cordelia arrossì come un’aragosta. Le era capitato, a volte, in alcune situazioni, di menzionare gli occhi di Angel come arma persuasiva verso il gentil sesso, ma non pensava che Angel l’avesse mai sentita dire quella frase.

Angel sorrise e Cordelia gli si avvicinò dandogli una spinta con l’anca e appoggiandosi, anche lei, alla scrivania. Angel scosse la testa divertito e disse

A-“E se ci prendessimo anche noi una vacanza…?”

Cordelia lo afferrò per le braccia e, con tono minaccioso

C-“Stai scherzando o dici davvero?!”

Angel fece cenno solennemente di no sullo scherzando e solennemente cenno di si sul davvero. Doyle esordì

D-“Buona la seconda! Hey, Uomo…Sicuro di star bene?!”

A-“Mi avvilisco facilmente, un’altra obiezione e cambio idea…”

F-“Obiettare?! Nessuno qui si sognerebbe mai di obiettare, giusto?!”

Disse Faith guardando Doyle e Cordelia con gli occhi fuori dalle orbite.

C-“Assolutamente!”

D-“Mai!”

Mentre gli altri confabulavano su quanto sarebbe stato bello, per una volta, raccogliere materiale in un’agenzia di viaggi invece che negli archivi della biblioteca pubblica, Angel, dal vetro della porta, notò che il cielo stava schiarendo, prossimo all’alba. Era troppo tardi per dirigersi a Sunnydale.

Il pomeriggio dopo, appena calato il sole, Angel scese in agenzia pronto per uscire. Doyle, Cordelia e Faith, alzando gli sguardi da numerosi depliant di viaggio, lo guardarono incuriositi. Cordelia

C-“Come mai esci così presto?”

A-“Vado a scusarmi con un paio di occhi azzurri…”

E chiuse la porta dietro di sè. Mentre Doyle si rivolgeva a Cordelia e Faith chiedendo esterrefatto

D-“Scusarsi?! E di cosa?!”

C-“Non chiederlo a me!”


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Appena arrivato a Sunnydale, Angel si diresse alla vecchia villa Decò e lì parcheggiò la macchina.

Malgrado fosse presto, andò al cimitero per vedere se Buffy era già di ronda e non trovandola si diresse al Magic-Box, lì l’avrebbe sicuramente trovata.

Mentre percorreva le strade buie, che dal cimitero portavano al negozio, venne attaccato da una squadra di militari che, sicuramente, facevano capo all’Iniziativa di cui gli avevano parlato Giles e Spike.

Li mise k.o. uno ad uno con facilità, quando pensò di aver finito giunse un’altra squadra in soccorso. Liquidò in fretta anche quelli, l’ultimo lo prese per il bavero e lo scaraventò al muro in modo tale da voltargli il viso.

Angel si irrigidì a quella vista e indietreggiò: era Riley.

Indietreggiò ancora, poi voltò le spalle e sparì nel buio mentre Riley, ancora intontito a terra, non capì perché quell’ “ostile” l’avesse lasciato andare, ma doveva avvertire Buffy e gli altri di quel nuovo pericolo.


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Dentro al Magic-Box, Giles consultava come al solito i suoi libri. Willow e Tara invece stavano facendo l’inventario dei nuovi arrivi e discutevano degli incantesimi che si potevano fare con quegli oggetti.

Mancava ormai poco alla chiusura, quando la porta si aprì facendo suonare il campanello che vi era attaccato. Non alzarono neanche lo sguardo, da un momento all’altro Xander e Anya sarebbero dovuti rientrare dal cinema, ma non era né di Xander né di Anya la voce che chiese

A-“E’ permesso…?”

Willow rialzò subito la testa, conosceva quella voce e, infatti, sulla soglia vide Angel che le sorrideva. Prima che Giles potesse dir niente

Willow-“Angel! Certo, accomodati!”

Scattò in piedi radiosa e corse ad abbracciare Angel con grande affetto e, con sorpresa del vampiro, alcun imbarazzo.

Willow-“Angel! Era ora… Ma che fine hai fatto?”

Gli chiese Willow dolcemente corrucciata.

Si era sempre trovata a suo agio a parlare con Angel. Lui l’ascoltava con grande attenzione e rispetto, anche quando si faceva venire le paturnie per nulla.

Dopo i primi mesi dalla sua partenza, quando erano al Bronze, si guardava, a volte, in giro pensando che, da un momento all’altro, sarebbe sbucato dal nulla come suo solito, ma non era mai accaduto. Tutt’ora le capitava ogni tanto di guardarsi intorno, nonostante fosse passato un anno dalla sua partenza e nonostante ci fosse Riley al fianco di Buffy, ormai.

Angel sapeva di meritarsi, per certi versi, quella scherzosa sgridata.

Willow era sempre stata gentile nei suoi confronti, non l’aveva mai accusato e gli aveva restituito i propri sentimenti, quando la maledizione si era spezzata, a costo della sua vita. Lanciare una maledizione gitana, per una strega alle prime armi com’era lei allora, doveva averle levato ogni forza per giorni interi.

I suoi occhi ora, seppur sempre brillanti, racchiudevano in sé una grande sicurezza che, a quel tempo, riusciva a fare capolino sporadicamente solo per brevi istanti.

Si chiese cosa l’avesse resa così sicura di sé.

Aveva continuato a sentire Giles di nascosto ma parlavano esclusivamente di demoni, incantesimi e problemi. Nient’altro.

A-“E’ bello rivederti Willow, come stai?”

Willow-“Benissimo! Anzi, vieni!”

Prese per mano Angel e si voltò in direzione di Tara per presentargliela. Angel era sempre andato d’accordo con Oz e sperava che si verificasse la stessa cosa con Tara.

In mezzo agli scatoloni dei nuovi arrivi, era rannicchiata una ragazza dai capelli castano biondi e dei grandi occhi celesti.

Teneva la testa lievemente abbassata, alzando solo lo sguardo. E le spalle erano impercettibilmente ricurve come in posizione di difesa, da lei scaturiva una meravigliosa aura. Quella ragazza non poteva essere che Tara, la strega naturale di cui gli aveva accennato Spike.

In quel momento Angel capì che la sicurezza di Willow, nasceva dalla profonda insicurezza di Tara.

Willow le aveva parlato molto di Angel e lei, a seconda degli anedotti che le raccontava, cercava sempre di immaginarselo in questa o quella situazione, nei suoi atteggiamenti e nel suo aspetto.

Aveva cercato di immaginarlo svariate volte, ma ora sapeva con quanto poco successo avesse cercato di avvicinarsi alla realtà. Angel sembrava una creatura scesa dal cielo. Un’aria solenne, sicura, velata di una dolce malinconia.

Angel era completamente diverso da Spike e, al contempo, era molto simile. Non sapeva, esattamente, neanche lei in cosa, eppure era così. E la sua era una sensazione che travalicava, come spiegazione, il legame di sangue che intercorreva tra i due vampiri. Pensò che vederli insieme sarebbe stato curioso ma affascinante.

Dovevano averne viste e passate un sacco i due vampiri, lei avrebbe avuto anche la curiosità di sapere, ma le mancava il coraggio di domandare e si sorprendeva di continuo a quell’assenza di interesse da parte degli altri.

Anche Willow non domandava mai. Il suo silenzio, però, non era dettato né dalla timidezza né dal disinteresse. Era imposto dal timore di domandare qualcosa che potesse destare tristi ricordi. Quando chiedeva informazioni su qualcosa, di solito, si trattava sempre di incantesimi e affini, e mai di sua iniziativa, ma vinta dalla curiosità che le infondeva Spike.

Tara non aveva mai compreso il timore di Willow fino a quel giorno. Fino a che non aveva visto Angel.

Eppure, era in quei momenti che avrebbe voluto essere più sicura e decisa.

Per poter domandare senza sembrare sciocca o invadente. Per poter sapere ciò che riusciva, lievemente, a percepire dentro di loro.

Come quell’ amarezza che accompagnava Angel e che sentiva sempre più distintamente man mano che Willow lo conduceva davanti a lei.

Tese la mano verso di lui con molto imbarazzo. Angel le era piaciuto a prima vista e non voleva che il vampiro pensasse il contrario. Se Spike fosse stato presente l’avrebbe presa in giro per la sua eccessiva timidezza, come sempre, ma l’avrebbe anche presentata ad Angel in modo che comprendesse, completamente, la sua natura.

Angel le sorrise dolcemente. Aveva inteso che la sua non era paura ma timidezza e questo sollevò Tara.

Willow-“Angel, lei è Tara…La mia ragazza.”

A-“Lieto di conoscerti, Tara. Magnifica aura, complimenti…”

T-“Grazie…Anch’io sono felice di conoscerti. Ho sentito molto parlare di te… E bene.”

Si affrettò ad aggiungere Tara per non creare malintesi ed Angel, a quella specificazione, fece una faccia che era la realizzazione concreta del sollievo.

G-“Sono davvero felice che tu sia qui. Era da un po’ che speravo di poterti parlare…”

Giles era riuscito finalmente ad inserirsi.

Angel si voltò, istantaneamente, verso di lui. Il suo tono di voce e la sua espressione dichiaravano che c’era qualcosa che non andava.

Si chiese perché, allora, non l’avesse chiamato se c’era qualche problema, ma Willow li interruppe ancora prima che potessero iniziare, sbottando scandalizzata verso l’osservatore

Willow-“Sig. Giles non vorrà sopraffarlo subito con le sue chiacchiere, vero?! Cercavi Buffy, vero Angel?”

Chiese Willow sorridente e speranzosa.

Aveva accettato Riley perché era amica di Buffy e perché, nei primi due mesi che Angel se n’era andato, l’aveva vista così sola che aveva addirittura temuto per la sua vita, ma Riley non le piaceva.

C’era qualcosa a pelle che non la convinceva, nonostante fosse generalmente considerato come un bravo ragazzo.

Forse era solo per il fatto che era un militare e i militari non le erano mai piaciuti e, certamente, la faccenda del progetto Iniziativa, non le aveva fatto cambiare idea. Avevano influito molto anche alcune rivelazioni di Spike. Di preciso però non sapeva cosa non andasse in Riley, ma sapeva, per certo, che non le sarebbe mai andato a genio quanto Angel.

La sua trepidazione, nell’avere una risposta da Angel, venne attutita dal rumoroso cicaleccio di Xander ed Anya che stavano rientrando dal cinema.

Anya-“Che film orrendo! Potevamo restare a casa a divertirci sotto le lenzuola piuttosto che andare al cinema!”

X-“Ciò che mi piace di te è il pudore che dimostri nel parlare di determinate cose!!!”

Anya-“Cosa vuoi dire?!…Angel!”

A-“Ciao Anya…Xander…”

X-“Angel…”

Tara si sentì a disagio per quel gelo improvviso, ma doveva essere normale, per gli altri, quel comportamento tra Angel e Xander, perché tutti erano assolutamente tranquilli. Willow le aveva anche accennato al fatto che non intercorresse una grande simpatia fra loro e, lei stessa, aveva visto quale fosse l’intolleranza di Xander per i vampiri per l’atteggiamento che aveva con Spike, ma questo era molto diverso.

Spike rideva del disprezzo di Xander e, ogni volta che Xander tentava di dirgli qualcosa, lo faceva sentire perennemente in difetto. Con Angel avrebbe giurato che le cose stavano diversamente e avrebbe avuto ragione.

Angel guardò la steccatura che Xander aveva al braccio e represse un sorriso pensando a quale, o meglio, a chi ne era stato la causa.

X-“Come mai da queste parti?”

Domandò Xander poco tollerante e falsamente indifferente.

In realtà al ragazzo non interessava sapere il motivo per cui il vampiro fosse tornato là, ma quanto tempo si sarebbe trattenuto. Sperava ardentemente che non sarebbe stato molto, ma non ebbe modo di essere rassicurato in tal senso perché, un secondo dopo, fece irruzione, come un pazzo, Riley nel negozio.

R-“C’è un nuovo pericolo. Un ostile eccezionalmente forte è arrivato…Tu qui?!”

E, visto Angel, Riley sfoderò una pistola facendosi largo tra Anya e Xander mentre Willow, sbarrati gli occhi, si frappose fra lui ed Angel e, indispettita, gli disse

Willow-“Ma di che parli?! Quale ostile?! È Angel!”

Riley, sentito quel nome, si infuriò ancora di più. Xander gli aveva parlato a lungo di Angel e non bene. Con tono imperioso si rivolse a Willow

R-“Non sarebbe ostile? Ha lasciato per terra quindici uomini!”

Quell’atteggiamento di Riley nei confronti di Willow non piacque per niente ad Angel che, posata gentilmente una mano sulla spalla della strega, la invitò a scostarsi e, avvicinandosi a Riley, gli disse guardandolo algidamente

A-“Quattordici. Tu sei in piedi…Nella confusione non mi ricordo se ti ho ringraziato

del benvenuto…”

R-“Cos’è? Hai forse riperso la tua anima?”

Non troppo forte, stupido e decisamente volgare nelle sue insinuazioni. Era questo il ragazzo normale che Joyce voleva per Buffy? Allora lui, senza dubbio, non andava bene e non solo perché era un vampiro.

Chinò leggermente la testa di lato e con un sorriso appena accennato gli rispose

A-“Augurati di no…”

Xander sicuramente gli aveva parlato di lui, ma doveva aver tralasciato alcuni “dettagli”, viceversa il soldatino di piombo non avrebbe dovuto essere così borioso o forse era solo più stupido di quanto non si fosse già rivelato.

A quella sottile insinuazione di Angel, Riley levò la sicura alla sua pistola.

Si, era decisamente più stupido di quanto non si fosse già rivelato.

Angel fissò la pistola e, esterrefatto

A-“Cosa pensi di fare con quella?!”

R-“Secondo te?!”

Angel lo guardò con aria fintamente impressionata, poi si voltò verso Giles annoiato e

A-“Ti spiace Rupert?”

G-“…No… ma cosa…”

Prima che Giles potesse finire la frase, Angel si girò di scatto verso Riley con il volto del vampiro e lui, impreparato a quel gesto, gli scaricò d’impulso tutti e sei i colpi addosso.

La gang rimase stordita dal rumore della raffica di proiettili, dalla reazione esagerata di Riley, ma soprattutto da Angel.

Non solo per l’imperturbabilità che aveva avuto nell’essere sparato, ma anche per quell’atteggiamento insolitamente strafottente che non gli avevano mai visto e che li sbalordì ulteriormente quando Angel, col volto di nuovo umano, si avvicinò a Riley calmo, sereno e con un sorrisino da far imbestialire chiunque.

A-“Noto che non hai imparato un granchè stando al fianco della cacciatrice…Io sono

un vampiro, non puoi eliminarmi con una semplice pistola…ragazzo…”

Tara sorrise d’istinto, non tanto per la scena in sé, ma per il fatto che non si era sbagliata.

Angel e Spike avevano molto in comune e questo si era palesato soprattutto dall’ultima battuta di Angel.

Si girò verso Willow e vide che lei reprimeva, a stento, un gongolamento di gioia.

Riley era troppo arrogante per i suoi gusti e una ridimensionata non poteva fargli che bene, oltre a ciò, era comunque stupita per l’atteggiamento del vampiro bruno.

Buffy entrò di corsa nel Magic-Box, allarmata dal rumore di spari.

B-“Cos’è successo? State… Angel…”

Era come smarrita, non importava più chi avesse sparato o perché, Angel era lì e Buffy abbassò lo sguardo confusa.

Angel la guardò e notò un tagliò profondo sul sopracciglio sinistro.

Guardò la ferita prima con sorpresa, poi con preoccupazione, infine si voltò da Riley e lo scrutò da capo a piedi con disprezzo. Non era stato in grado di difenderla. Il messaggio negli occhi di Angel era piuttosto chiaro.

Riley strinse le labbra con rabbia. Non solo, pochi istanti prima, aveva fatto la figura dell’idiota, ora ci passava anche come inetto nel confronto con quello che non era solo un ostile, ma l’ex compagno di Buffy, cosa che lo irritava ancora di più.

Agli occhi di tutti era innegabile però il fatto che, finchè Angel era stato a Sunnydale, Buffy non avesse mai lamentato neanche un’unghia spezzata, un taglio profondo sull’arcata sopraccigliare poi era da escludere. Angel non avrebbe mai permesso che accadesse una cosa simile.

Angel tornò a guardare Buffy e gentilmente

A-“Ciao Buffy…Volevo parlarti…”

R-“Cosa volevi?!”

Il soldatino di piombo aveva un’ottima ripresa nel riacquisire la spocchia, questo doveva ammetterlo. Lo guardò gelidamente con la coda dell’occhio e laconicamente

A-“…Parlarle…”

B-“Va bene…”

Disse Buffy rialzando lo sguardo e fissandolo negli occhi.

R-“Si, sono proprio curioso di sentire che cosa vuoi!”

B-“Usciamo da qui, Angel…”

Riley rimase pietrificato dalle parole di Buffy, non poteva credere che avesse spalleggiato il suo ex vampiro, accantonandolo a quel modo.

Buffy si voltò verso la porta e fece per uscire, Angel si mosse per seguirla ma, prima che giungesse sulla soglia, Willow avanzò di un passo e, con aria preoccupata e voce dispiaciuta

Willow-“Angel… Ci si rivede, vero?”

Angel si rivolse a lei con un tenero sorriso, Willow era sempre stata molto cara con lui.

A-“Ciao Willow…E’ stato un piacere Tara…Scusate lo spettaccolo…”

Ed uscì dal Magic-Box subito dopo Buffy.


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B-“Non pensavo di rivederti…”

Disse Buffy sedendosi, con un balzo, su un muretto che era di fronte al Magic-Box.

A-“Volevo scusarmi…Non avrei dovuto parlarti a quel modo…”

Le rispose Angel, avvicinandosi a lei, tenendo bassa la testa con imbarazzo.

Buffy non sospettava neanche tutto quello che era passato per la testa di Angel la notte prima e che fosse lì più per quello che aveva pensato, che per quello che era successo. Ignara rispose

B-“No, Angel, avevi ragione. Non avevo alcun diritto di comportarmi a quel modo… Sono entrata in agenzia e ho cominciato a dirne di tutti i colori e sono uscita senza neanche salutare! Chissà cosa avrà pensato il tuo amico di me…”

A-“Chi, Doyle? Non preoccuparti…”

B-“Si chiama Doyle, quindi…”

Fece Buffy sorridendo divertita al nulla.

A-“Si, perché?”

Buffy scosse le spalle come a intendere che non era niente di chè. Quella era la fine di Orwill e delle sue terrificanti sembianze. Sempre che Doyle fosse il famoso mezzo demone. Non aveva notato niente di demoniaco in lui, ma non vi aveva badato molto. La sua attenzione era stata catturata da Cordelia…

B-“Cordelia non è cambiata tanto…”

Disse Buffy con aria pensierosa.

A-“Non ci sarebbe l’agenzia senza di lei…”

La voce di Angel racchiudeva in sé molto attaccamento e sorrideva con lo sguardo nel vuoto mentre pensava ai suoi amici a L.A..

Buffy rimase colpita da quello sguardo, affetuosamente, nostalgico.

Non era mai capitata una situazione in cui la scooby-gang fosse stata lontana da loro, ma anche se si fosse verificata, era certa che, Angel non avrebbe mai avuto un simile sguardo.

Erano molte le cose che non sapeva su Angel, ma quello sguardo la fece sentire tagliata fuori dalla sua vita come mai si era sentita prima.

Angel le sorrise e lei gli sorrise di rimando, con disagio, senza riuscire a trovare qualcos’altro da dire, temendo di trovarlo per avere altre conferme della sua definitiva esclusione e, tuttavia, sapendo che se fosse rimasta zitta lui non si sarebbe fermato oltre. Infatti

A-“Sarà meglio che vada ora…Ho già creato troppo trambusto…”

B-“Non preoccuparti…”

Rispose lei fissando il marciapiede con un triste sorriso.

A-“Se avessi bisogno non esitare…”

B-“Ok…”

Annuì Buffy guardandolo negli occhi. Si voltò per rientrare al Magic-Box, quando Angel

A-“…Ah, Buffy?…”

Buffy si voltò immediatamente, in attesa di qualcosa che non avrebbe saputo dire, ma

A-“Salutami Chyscia…”

Rimase delusa, ma cercò di non farlo vedere. Rifissò per un attimo il marciapiede con un sorriso di scherno per se stessa, poi rialzò lo sguardo e disse un contenuto

B-“Non mancherò.”

Angel voltò le spalle e tornò alla sua vita. Buffy appoggiò la fronte sullo stipite della porta, si fece coraggio e tornò al Magic-Box.


Stava camminando nel cimitero per rientrare alla villa e andarsene, quando

S-“Ma che bravo! Te ne andavi senza salutarmi?!… Fratello che faccia…”

A-“Ciao, Spike…”

S-“Carine queste “asole”…Capitan America?”

Disse Spike giocherellando con i fori di proiettile che erano sul cappotto di Angel, poi

S-“Ti va di NON parlarne bevendo qualcosa?!”

Angel sorrise e annuì con la testa.

L’idea di andare al Bronze non lo sfiorò nemmeno per sbaglio, non era serata da scooby-gang e soprattutto non c’era il presupposto di poter sopportare Xander, così si diresse spedito verso il locale di Willy, seguito silenziosamente da Angel.

Il bar di Willy era un locale frequentato da demoni con qualche “umana” eccezione che cercava o guai o esperienze forti e, di solito, non veniva mai delusa né nel primo, né nel secondo caso. Naturalmente all’interno del locale vi erano delle regole.

La prima era non sporcare di sangue nulla, che si riferiva a niente risse e il lavoro sporco fuori dalle porte del bar, non certo all’eventualità che a un vampiro scivolasse di mano il bicchiere, cosa, tra l’altro, fortemente improbabile.

La seconda era ognuno per sé e, per chi ci credeva o ce l’aveva, Dio per tutti.

Era un posto tranquillo dove, di norma, tutti si facevano gli affari loro e Willy, il proprietario, si faceva gli affari di tutti, anche se con molta discrezione.

Le caratteristiche di Willy erano l’essere un chiacchierone e un pavido. Caratteristiche decisamente antitetiche per uno che aveva deciso di frequentare quel mondo al quale non apparteneva per razza e che il resto della sua gente ignorava.

Quando Angel e Spike entrarono ci fu un sussulto generale da parte della clientela, soprattutto perché i due, un po’ per abitudine e un po’ per istinto, si erano bloccati sulla soglia, immobili, guardandosi attentamente intorno con un’aria, inquietantemente, poco socievole.

I vampiri più anziani, a Sunnydale, arrivavano a poco più di metà secolo ma, sia loro che quelli risorti da un mese, sapevano esattamente chi fossero Angelus e Spike, come sapevano esattamente che quei due non portavano mai niente di buono con loro.

I due vampiri entrarono pigramente, lasciando libero l’ingresso per la moltitudine dei loro simili che abbandonarono i loro bicchieri e il locale boffonchiando sommessamente.

Spike adocchiò, in fondo alla sala, un tavolino attaccato alla parete con un divanetto monoposto da un lato e un altro nel lato opposto. Comodo, appartato e…occupato. Spike guardò con aria interdetta gli occupanti i quali lasciarono velocemente il posto, poi disse con sufficienza, senza neanche volgere il capo dalla sua parte

S-“Willy…”

Willy-“Certo Spike! Subito! Angel è un… Piacere rivederti! Si!”

Willy ripulì velocemente il tavolino e, quando Angel e Spike furono seduti

Willy-“Cosa posso portare ai miei amici?”

I due guardarono il ripiano di fronte a loro con aria poco convinta. I miei amici. Tutti erano amici di Willy e nessuno lo era.

Spike volse, leggermente, lo sguardo nella sua direzione

S-“Una bottiglia di whisky e due bicchieri.”

Willy-“Certo, per voi quello migliore!”

S-“Lo sappiamo Willy…”

Disse Spike e mentre gli sorrideva mutava il suo volto mostrando i canini. Una “velata” minaccia. Discreta, efficace e che pietrificò Willy per un istante.

Angel sorrise scuotendo la testa.

A-“Ti sei fatto conoscere anche qui, noto…”

S-“Vecchio mio, se i nostri confratelli demoniaci sapessero che il tuo abbreviativo

nasconde dietro qualcosa di più di una scelta di gusto e che nella mia testa c’è qualcosa che mamma non mi ha fatto…Beh…Ho idea che saremmo usciti poco elegantemente dalla scena… E non mi riferisco solo a questo bar… Sono i lati negativi di aver pestato i piedi un po’ qui e un po’ là, ma sempre e costantemente a tutti…”

Spike aveva ragione da vendere. Se qualcuno avesse saputo della sua maledizione e del chip di Spike le taglie sulle loro teste si sarebbero sprecate.

Non avrebbero avuto problemi ad affrontare un attacco in massa, ma tutto si giocava sulla mole della massa in questione. I loro “piccoli inconvenienti” non li handicappavano più di tanto e, certamente, non con i demoni, ma questo lo sapevano solo loro. A seconda delle adesioni al linciaggio e alla tenacia, prima o poi sarebbero potuti crollare.

Fortunatamente erano sempre stati molto discreti nei loro affari personali, la

scooby-gang di Sunnydale odiava dover avere contatti con la dimensione demoniaca e i suoi appartenenti e il gruppo di L.A. si sarebbe fatto fucilare prima di fiatare.

A-“Come hai fatto…”

S-“Sai che non ho problemi coi demoni e per gli umani… La copertura è costata un paio di malditesta a me e un paio di occhi neri a Willy, per il resto niente di che… In quanto alla mia presenza accanto agli scoobyes…Sai, com’è… Sono sempre passato per essere un tipo eccentrico e poi prima c’eri tu, potevano scambiarla per una tara ereditaria o per un lascito spirituale!”

Sorrisero. Furono serviti e finalmente rimasero soli. Sul tavolo una bottiglia di whisky, due bicchieri e un lume che illuminava i volti dei due vampiri.

Notando un’ombra violacea ai lati del naso di Spike

A-“Che hai fatto al naso?”

S-“E’ stata quella fragile creatura della Cacciatrice l’altra notte. Appena rientrata da L.A. … O almeno credo che fosse a L.A.. Ieri sera nessuno l’ha vista e l’altro giorno ha pestato mezza popolazione notturna per sapere dov’eri, poi tu sei qui… Comunque… E’ venuta …pardon… è irrotta nella mia cripta e mi ha mollato un cazzotto a tradimento…”

A-“Per quale motivo?”

S-“Come sei formale, Angel! Poteva anche non avercelo!”

A-“Ho visto il suo sopracciglio…”

Spike spalancò gli occhi con aria indignata.

S-“Mi offendi! Sai che non posso, anche se vorrei, e sai che non è per il chip che non posso…Ha fatto tutto da sé. Io non volevo bissare il cazzotto e mi sono scansato, lei si è sbilanciata e ha sbattuto di brutto sullo spigolo del mobile tv. Ho anche cercato di aiutarla a rialzarsi, pensa che bravo, ma sai quanto è acida…”

A-“…Ho visto il braccio di Xander…”

S-“Già! Frattura scomposta in tre punti. Non hai idea della trafila di gessi e steccature che si è dovuto fare… Gli cambieranno la fasciatura a giorni: è stato il malditesta più bello della mia vita!”

A-“Gli altri che hanno detto?”

S-“Non lo ammetteranno mai ma, se non li avessi battuti sul tempo, avrebbero torto loro il braccio a Xander… In primis la fragile biondina, dovevi vederla!”

A-“…Immagino…”

S-“Avanti sputa! Perché sei qui? La bionda è venuta a L.A., ho ragione? Quindi, che è successo?”

A-“Sai che Faith ormai fa parte dell’agenzia…”

S-“Si…Ohooo…”

A-“Esattamente…”

S-“Aspetta un attimo. Lei è venuta da te sicuramente per tutt’altro motivo, non sapeva neanche che Faith fosse a L.A. …”

A-“Ora lo so anch’io…Il Consiglio ha demandato l’incarico a Kendra.”

S-“Kendra?!”

Spike ebbe un attimo di stupore, eppure non si pose per un istante il dubbio che le cose fossero precipitate e che Kendra avesse fatto rapporto al Consiglio, ma solo perché di mezzo c’era Angel e, era certo che, Kendra non si sarebbe messa contro di lui. In caso contrario, Kendra avrebbe sicuramente seguito la prassi.

Spike assunse un’aria disgustata. I metodi del Consiglio erano a dir poco disumani.

Le cacciatrici non erano che delle ragazzine, certamente non facevano una gran vita ed ora gliela miglioravano ulteriormente mettendole le une contro le altre. Si buttò all’indietro sullo schienale del divanetto

S-“E poi saremmo noi i mostri…”

A-“Che vuoi farci…”

S-“Oh, niente…”

Rispose Spike estraendo una sigaretta dal pacchetto. La mise in bocca, l’accese e

S-“…Il gioco dura da così tanto tempo che, anche volendo, non potremmo cambiare le

regole…”

Espulse il fumo e con la mano sinistra, in cui teneva la sigaretta, poggiata sul tavolino indicò lievemente il cappotto di Angel e chiese

S-“Ma, piuttosto… E quei buchi nel cappotto come te li sei fatti? Non mi dirai che sono state le tarme, vero?!”

A-“Mi avevi detto che l’Iniziativa aveva chiuso i battenti…”

S-“Infatti. L’Iniziativa come sede non esiste più ma, ogni tanto, quei mastini spuntano dal nulla…Regalino loro?”

A-“Non proprio…”

Angel gli raccontò dell’incontro con Riley e della scena che era accaduta al Magic-Box. Spike sbottò stizzito

S-“Che io sia dannato! Passo praticamente tutte le mie sere là e, per un giorno che mi prendo di ferie, mi perdo una scena simile?! Non è giusto!”

Poi riprese il suo solito sorrisetto ironico e, con sguardo malizioso

S-“Di un po’… Non mi dirai che non ti ha dato nemmeno un pizzico di soddisfazione, vedere quel bamboccio fare una simile figuraccia…”

Angel cercò di assumere un contegno indifferente, ma Spike

S-“Andiamo, Angel! Va bene essere buoni, ma non santi…!”

Angel sollevò un sopracciglio e mostrò un sorrisino colpevole. In fondo non era poi così dispiaciuto di aver fatto fare quella figura al soldatino di piombo…

S-“Ma quante complicazioni però. Se Giles le avesse detto che ti sentiva di nascosto… Lei sarebbe diventata una belva, ma le sarebbe anche passata e, l’altro ieri, non avrebbe pestato Willy e più di mezza comunità demoniaca per sapere dov’eri e chiederti aiuto…”

Angel sobbalzò. In tutto quel trambusto aveva perso di vista il particolare più importante: il perché Buffy fosse venuta da lui.

Sapendo che non era venuta per conto del Consiglio si era rilassato e non aveva pensato che se non era lì per Faith, non poteva essere che per bisogno di aiuto.

A-“Buffy era venuta per chiedermi aiuto?”

S-“Vuoi dire che non ti ha detto nulla?! Ma cos’è?! Vivo in una soap opera dove tutti amano complicarsi la vita?!”

A-“Dimmi quello che non so…”

Spike smise di scherzare.

S-“Non c’è niente di più di quello che ti ho accennato per telefono giorni fa e se c’è di più, non me ne hanno reso partecipe. Ad ogni modo non penso… Credo che la bionda, più che aiuto, cercasse appoggio quando è venuta da te.”

A-“Ma quanto sono bravo…”

S-“Angel, non potevi saperlo... Comunque sta per arrivare un altro ospite…”

A-“Benvenuto o sgradito?”

S-“Ah, non ne ho idea. Ma suppongo che sia sgradito…”

A-“Credi che venga per Chyscia…”

S-“Non vedo altro motivo…”

Fissò un attimo il vuoto e, vagamente nostalgico

S-“Anche nei tuoi ricordi Drusilla non riusciva a vederla?”

Angel annuì sorridendo.

A-“Drusilla ha sempre avuto un dono particolare e molto forte. Nei nostri ricordi lei non riesce a vederla perché sa che non esiste, che non è ancora reale…Almeno credo che sia per questo…”

Spike scosse la testa sorridendo con sottile tenerezza.

S-“E’ buffo…Il giorno prima non esisteva e il giorno dopo era stata come inserita in tutti i miei ricordi…Ed ora è come se ci fosse sempre stata davvero…”

Fece una breve pausa poi, con aria grave

S-“Gli altri ignorano che Dawn sia Cha- Myscia…”

A-“Forse è un bene…Sei sicuro dell’arrivo di questo “ospite”?”

S-“Si. Le mie percezioni sono sempre state deboli rispetto alle vostre, lo sai, ma evidentemente lo stare su una Bocca dell’Inferno le rafforza…E per l’arrivo di Dawn ho avuto ragione…C’è una cosa però che non mi quadra…”

A-“Cosa?”

S-“Nei miei ricordi, io ho capito chi era per come la chiamavi, ma tu come lo sapevi…”

A-“Appena l’ho vista ho sentito e saputo chi era, ma il perché ci sia riuscito lo ignoro. So che ci deve essere un motivo, ma ancora non lo comprendo…”

Spike assentì. La voce e l’espressione di Angel, mostravano chiaramente che quella non era una delle sue solite risposte reticenti che lo facevano impazzire, ma qualcosa che non gli tornava. Qualcosa che Spike sperava vivamente, pur essendo per nulla convinto, non trasformasse un eventuale problema in sicura catastrofe.

S-“Appena arriva il nostro ospite, ti avviso…”

A-“Grazie, Spike…”

Quando uscirono dal locale, l’alba era ormai prossima ed Angel, guardando il cielo, fece una smorfia.

S-“Non ti sei ancora deciso a scurire i vetri della macchina, eh?!”

Disse Spike, canzonandolo, e aggiunse

S-“Allora caro mio ti tocca restare qui. A meno che tu non voglia prenderti un’“ustione” irrimediabile…”

A-“Tornerò alla villa… Perché non ti trasferisci lì? Tanto io, ormai, sono a L.A. …”

S-“Grazie Angel, ma potresti voler tornare un giorno. Poi ho adocchiato proprio la casa accanto alla tua, quella anni ’50. Mi chiedo perché le abbiano abbandonate…”

A-“Perché il cimitero non è un gran vicino di casa… Quando ti trasferisci nella villa anni ’50?”

S-“A breve, sto ultimando i lavori… Appena allaccio la luce, lascio la cripta!”

Arrivarono al cimitero e, davanti alla cripta di Spike, si salutarono.


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D-“E’ mai possibile che ogni volta che c’è di mezzo questa Buffy, si sappia quando esce ma non quando rientra?!”

C-“Non esagerare! In generale non sappiamo mai quando Angel rientra… Poi il sole è tramontato da un pezzo e vedrai che Angel rientrerà a momenti. Sono sicura che non è successo nulla…”

In quel momento varcò la soglia Angel, Cordelia lo indicò con la mano come a dire “visto?” quando, la sua aria sicura, si stravolse alla vista dei fori di proiettile che spiccavano sul cappotto del vampiro. Doyle, palesemente seccato, si avvicinò ad Angel

D-“Si, si…Vedo… Non è successo nulla…”

C-“Beh, non mi risulta che tu abbia avuto delle visioni a riguardo!”

D-“E…di grazia…come ti saresti “bucato” il cappotto?”

A-“…Tarme…”

D-“Tarme…Uno, due, tre…Sei tarme calibro quaranta, però! D’ora in poi ti consiglio di girare armato di canfora o, più semplicemente, di girare al largo da alcuni posti…”

Angel fissò lo sguardo su Doyle senza dir nulla. Non si meritava anche quel rimprovero. Doyle gli fece un sorriso di sbieco e disse

D-“Ok…Siediti e fatti illustrare le novità da Cordelia, io vado a farti una tazza di

tè…Lapsang Souchong?”

Angel fece cenno di si con la testa e, levatosi il cappotto, si appoggiò, come da copione, alla scrivania di Cordelia per ascoltare le novità delle ultime 24 ore.

Con sorpresa, scoprì che i fogli sul tavolo non erano le solite planimetrie per studiare i luoghi di avvistamento dei demoni, ma depliant di viaggio.

Ancora con gli occhi spalancati per la sorpresa, Angel venne preso prigioniero dai progetti di Cordelia che, cominciando a ripescare i depliant dal tavolo

C-“Bene! Visto che Kendra è diretta al Messico, mi sembra il minimo evitare di andare lì anche noi. Sarebbe stato bello andare in Europa, ma tu l’aereo non lo puoi prendere e per nave la cosa diventa, decisamente, troppo lunga. Converrai anche tu che l’agenzia non può restare chiusa a lungo, no?!”

Prima che Angel potesse assentire

C-“Lo supponevo. Ma è stato proprio parlando del fatto che non potevi andare in aereo e che sarebbe stata più sicura la nave che ci è venuta l’idea! Così, siccome racchiudeva bene o male le esigenze di tutti e quattro, abbiamo deciso di optare per una bella crociera! Sette giorni di sole, mare, piscina e divertimenti al largo di S.Juan! A un prezzo ridicolo tra l’altro. È una nuova compagnia che sta facendo prezzi bassissimi per promuoversi. E’ vero che passerai la gran parte del tempo chiuso in cabina, ma sarà una cabina di prima classe! Con il bagno, la vasca livello terra e un salottino! Poi di notte ci sono un sacco di intrattenimenti! C’è la discoteca, il piano bar, la sala da gioco…Allora? Che ne pensi? Va bene?”

Quando aveva proposto una vacanza, non pensava di dare il via a una cosa del genere, pensava solo a un week-end dove ognuno avrebbe fatto ciò che voleva.

Cordelia si era, veramente, allargata troppo questa volta e glielo avrebbe detto.

Ma quando aprì bocca, una tazza di tè fumante gli venne messa sotto il naso e sentì la voce di Doyle

D-“Due zollette di zucchero… Va bene?”

Lo sguardo di Doyle era uno sguardo disperato e, chiaramente, non era disperato perché pensava di aver sbagliato il quantitativo di zucchero. Era disperato perché sentiva che stava per nascere una di quelle discussioni estenuanti con Cordelia che non poteva sopportare.

Angel lo guardò. Stavolta non gli aveva dato nemmeno modo di dire una sillaba. Prima o poi avrebbe dovuto fare un discorso anche con Doyle…

Il mezzo demone continuava a fissarlo disperato, Cordelia sembrava quasi seccata perché non aveva ancora ricevuto una risposta e Faith era molto curiosa di sapere come sarebbe andata a finire. Dopo l’ennesima panoramica delle loro facce, Angel disse un rassegnato

A-“Va bene…”

Che racchiudeva in sè l’ok e per lo zucchero e per la crociera.

Mentre Doyle, sollevato, ascoltava le idee di Cordelia su quale tipo di bagagli dovessero portarsi, Faith si avvicinò ad Angel e gli chiese

F-“E adesso come ti senti? Sempre a quota due andando in eccesso?!”

A-“No. Sono precipitato vertiginosamente a uno…”

Faith scoppiò in una risatina alquanto divertita e, datagli una pacca sulla spalla, gli disse strizzando un occhio

F-“Coraggio, Angel… Forse troveremo qualcuno da aiutare anche in nave!”

Angel sorrise fingendo un po’ di rimprovero e la vide avvicinarsi a Doyle e Cordelia. Un tempo era una prerogativa della sua famiglia scontrarsi con le cacciatrici…

Darla le sentiva appena arrivavano in una città, Spike era famoso per averne uccise due, pure Drusilla ne aveva uccisa una e lui…Anche lui aveva fatto la sua parte, eccome.

E a quel tempo, quando non era che un macabro passatempo scovarle e ucciderle, quando ancora era “Il terrore d’Europa”, non avrebbe mai pensato che si sarebbe preso cura delle cacciatrici.