L.A. - LA CITTA' DEGLI ANGELI


Percorsi- Prologo


RAITING: AU

NOTE TECNICHE: i ricordi sono inseriti tra gli asterischi *** mentre le ooo indicano le dissolvenze.



Me lo ricordo ancora.

Come se fosse stato ieri. Come se fosse adesso.

E invece è passato tanto di quel tempo…

Era vestita di bianco. Ed era così bionda e bella e… sembrava una visione.

Lei voleva che la seguissi e io volevo seguirla. Avevo bisogno di lei.

Bisogno di baci, di mani che si sfiorano, di corpi che si stringono, di… sollievo.

Avevo bisogno di non pensare. O almeno di rimandare quell’inevitabilità.

Di non pensare alla decisione che avevo preso più per la speranza di essere fermato, che per il desiderio di andarmene.

Di non pensare alla vergogna che avrei potuto provare, se fossi stato così patetico da tornare sui miei passi.

Di non pensare all’espressione di disprezzo che avrebbe avuto Lui, guardandomi stare sulla soglia.

Si.

Avevo un bisogno disperato di lei.

Erano così belle le sue labbra e sembravano così morbide…

Quando chiusi gli occhi, pensai che avrei sentito la sua bocca sulla mia, invece sentii i suoi denti nel mio collo.

Non faceva male.

Comunque non ne faceva più di altre cose.

Certo avrei potuto gridare ma… Lei mi avrebbe fatto smettere di pensare. E sarebbe potuta sembrare una scelta, se la realtà non fosse stata che, anche gridando, nessuno sarebbe accorso e avrebbe fronteggiato una creatura della notte per uno come me…


L’uomo si appoggiò allo schienale della poltrona su cui era seduto e con lo sguardo oltrepassò la vetrata che gli era davanti. Valutando un panorama differente da quello che gli si presentava di fronte. Valutando un panorama più… lontano.


Al mio tempo, quello ‘umano’, sarebbe stato impensabile poter ammirare un panorama da una finestra che fosse più in alto di un terzo piano, seduto su una sedia che non fosse di legno, alla luce di qualcosa che non fosse una candela o una lampada ad olio.

Si. Sarebbe stato impensabile per chiunque.

Me compreso.

Almeno fino a quella sera…

La notte dopo invece, ero già teso ad immaginare il più improponibile dei futuri, solo perché avrei avuto la possibilità di vederlo.

Solo…

Sembra semplice detto così, invece uno deve arrivarci e questo fa si che non sia tutto poi così semplice.

Molti di quei pensieri si sono concretizzati, alcuni non ancora ma altro non è che una questione di tempo.

Tempo e scelte.

Col tempo sono arrivato qui. All’attico di un grattacielo, seduto su di una poltrona di poliuretano, alla tenue luce di un neon.

In attesa di ufficializzare un’altra scelta…



Osservava assorta, attraverso il vetro di quello specchio finto, i due uomini che sedevano nel suo ufficio.

Aveva indosso un completo doppio petto grigio perla, semplicemente impeccabile.

Come sempre.

Perché Lilah era sempre impeccabile, sempre adeguata, sempre perfetta.

Vesti male e noteranno il vestito, vesti bene e noteranno la donna…

Coco Chanel aveva assolutamente ragione, ma lei, Lilah, non si vestiva certamente a quel modo per essere notata, anzi.

L’eleganza nel suo lavoro e al suo livello, era importante quanto, se non a volte più della conoscenza del codice giuridico.

Era alta, bella, elegante ma se non apriva bocca, era alquanto difficile che qualcuno potesse imprimerla nella memoria.

E anche questo, nel suo lavoro e al suo livello, era importante.

Una costante, discreta presenza impossibile da identificare, perfino facendo mente locale talvolta.

La Wolfram&Hart non sceglieva senz’altro a caso i suoi dipendenti e Lilah Morgan era indubbiamente una delle punte di diamante del loro albo. Col passare degli anni, l’unica.

In parte anche per colpa dei due uomini seduti nel suo ufficio…


Non si guardano e non si parlano.

Ormai fra loro è un muro che, nonostante tentino di ignorarlo, non saranno mai in grado di abbattere.

Troppe scelte diverse e alcune, decisamente sbagliate…

Non è vero Wes?


Pensò puntando il suo sguardo sull’ex osservatore.


Ti è costato caro avere quello scrupolo… Semplicemente l’ostracismo più assoluto.

Eppure ti ha fatto un mondo di bene Wes.

Forse non te ne rendi ancora conto, ma tutta quell’amarezza, quel rancore ti hanno fatto un mondo di bene. Risvegliandoti da quel torpore favolistico in cui vivevi pacifico e tranquillo, a dispetto della realtà di cui eri a conoscenza.

Ci ho creduto Wes. O forse ci ho sperato.

Comunque sia, l’ho fatto davvero.

Ed è stato bello.

Almeno finchè il piccolo Nembo Kid non è tornato da ‘Nightmaerland’, il vecchio Jorel è riemerso dalle profondità marine come Venere e Tu non sei tornato a sospirare dietro a Olivia Oil, ritraslocando nell’albero di Whinny Pooh.

Oh rabbia…


Abbassò lo sguardo, fissandolo nel vuoto. Era assolutamente inutile perdersi in quei pensieri.

Ancora di più visto che si doveva parlare d’affari.

Prese la sua agenda personale dal ripiano che le era davanti. Nella pagina di quel giorno, segnato nella fascia pomeridiana era scritto ‘se non puoi batterli, fatteli amici’.

Aveva riassunto in quel modo la sua riunione coi Soci Anziani e quindi, anche ciò che avrebbe dovuto contrattare da un momento all’altro.

Inarcò un sopracciglio poco persuasa.

Non era esattamente d’accordo con quella politica, soprattutto alla luce del suo breve soggiorno all’Hyperion…


Si che si possono battere. Specialmente dopo la sfilza di cadute che hanno subito negli ultimi tempi.

Ma sarà divertente mandare Fred e Gunn in missioni suicide e avere Lorne come intrattenimento per le cene della compagnia.

Quanto ad Angel e Wesley, anche distrutti psicologicamente, sono sempre più forti di tanti e tanti altri.

La contropartita è buona.

Solidi valori e pulite convinzioni contro il ragazzo prodigio e quella puttana che mi ha ammazzata.

E non me ne importa nulla dei ‘dettagli’.

Cordelia o chi per lei, è sua l’ultima faccia che ho visto prima di morire.

Per quanto mi riguarda, rimarrà in coma fino a putrefarsi per le piaghe da decubito.


Poggiò l’agenda sul ripiano e uscì dalla stanza, dirigendosi con passo sicuro verso il suo ufficio.

Era tempo di parlare d’affari...



Ci sono dei momenti in cui mi sembra di aver sbagliato tutto nella vita.

Come se non avessi mai fatto qualcosa di buono e so che non è così. Ma la somma dei fallimenti mi appare talmente enorme a volte, da surclassare anche i successi più esaltanti.

Quando quel giorno mi fermai a fare colazione con Cordelia a casa di Angel, non avrei mai immaginato che saremmo arrivati a tutto questo.

Era stato bello allora.

Riavere un posto dove stare, un ruolo da ricoprire, poter essere un ascoltatore ma anche un ascoltato.

Ero a casa.

E ripensandoci a tuttora nessuna casa, neanche la mia, è mai stata tanto accogliente come la casa di Angel quella mattina.

No…

Quel giorno, seduto a tavola mentre chiedevo se ci fosse del pane tostato, non avrei mai immaginato che saremmo arrivati a tutto questo.

Che mi sarei ritrovato a sedere in un ufficio della Wolfram&Hart. Che mi sarei ritrovato a sedere nell’ufficio di Lilah.


Scosse le spalle sorridendo di sbieco, con scherno.


Allora non sapevo neanche cosa fosse la Wolfram&Hart e tanto meno chi fosse Lilah.

Lilah…

Quella che sulla carta aveva tutte le caratteristiche per diventare la mia peggior nemica, è diventata la mia miglior amante.

Lilah. Che tra poco varcherà la soglia col suo corpo morto.

Non ho mai pensato una cosa del genere di Angel e in realtà, non lo penso neanche di lei. Solo che in mente non mi viene un’altra definizione.

Ed è così strano pensare che essendo morta, adesso viva non perché è un vampiro, ma perché è una dipendente della Wolfram&Hart…

Lilah morta.

Uccisa da Cordelia. Uccisa da quell’essere che ‘vestiva’ Cordelia.

Cordelia che era già persa, senza che noi lo sapessimo o ce ne accorgessimo. Cordelia in coma da qualche parte, ‘protetta’ dalla Wolfram&Hart.

Lei come Connor…

No. Non voglio pensare a lui.

Non voglio pensare a ciò che è stato l’inizio della fine.

Non adesso che Lilah sta per varcare la soglia e farci una proposta che nel profondo di noi stessi conosciamo già.

E a cui diremo di si.

Per Cordelia, per Connor.

Perché non c’è più un senso a combattere quelli che, ormai, sono solo degli inutili mulini a vento.

E lo sappiamo entrambi.

Ci siamo solo noi due qui. Lilah ha voluto parlare solo con noi due.

Gunn e Fred sono assenti…

Mi sono preso una pallottola per Gunn e ho perso un sacco di tempo a struggermi per Fred, il ‘grande’ amore della mia vita.


Un amaro moto di risa lo scosse appena.


Madre di Dio, non me ne importa niente…

Eppure dovrebbe.

Se mi sono preso una pallottola per Gunn, vuol dire che qualcosa DOVEVA importarmene. Se consideravo Fred come il ‘grande’ amore della mia vita, DOVEVA importarmene.

Invece no.

Ha ragione Lilah…

Perché dovrebbe perdere il suo tempo a parlare con delle persone che non le rappresentano nulla o non sopporta?

Tanto se io ed Angel accettiamo, e accetteremo, anche loro lo faranno.

Per Cordelia. Per Connor.

Perché hanno già sperimentato l’estate scorsa, quanto fosse difficile affrontare questa realtà loro due da soli.

E lo sanno entrambi.

Manca anche Lorne… Ma continua a non cambiare nulla lo stesso.



Lo scatto della serratura fu netto e nonostante fosse perfettamente udibile, nessuno dei due si voltò.

Era Lilah, era ovvio.

Si certo, poteva anche essere una segretaria zelante che veniva a domandare se desiderassero del caffè o altro, ma quel profumo…

Lilah portava solo quattro gocce di quello che era più che un profumo, un’acqua aromatica. Due nel collo e due nei polsi. Appena percepibili a breve distanza, ma perfettamente individuabili all’olfatto di un vampiro e di quello che era stato il suo amante.

La donna si sedette alla scrivania e i tre si osservarono fra loro, esaminandosi seri e inespressivi.

Sembrava che al mondo non ci fosse più nulla, se non quell’ufficio sospeso nel vuoto…


ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo


Il vampiro bruno sorrise amaramente, guardando attraverso il finestrino della limousine nera, una normalissima e tipica casa americana.

Suo figlio era al sicuro e al momento, era l’unica cosa che contasse davvero per lui.

Fece cenno all’autista di andare e si accomodò sul sedile, continuando a guardare il paesaggio, senza vederlo realmente.


D-“Come siamo arrivati a tutto questo, Uomo? Sono riuscito a stare zitto per tutto questo tempo, ma adesso…”

Il mezzo demone si interruppe, rinsaccandosi sul sedile opposto a quello del vampiro. Facendo cenno di no con la testa.

D-“No. Non è vero. Non sono riuscito a stare zitto. Ho gridato. Ho gridato talmente tanto da squarciarmi le corde vocali. Ammesso e concesso che in questa condizione, possa realmente squarciarmi le corde vocali… La verità è che non riuscivo a rassegnarmi all’idea che nessuno di voi potesse sentirmi.”

Rimase in silenzio per alcuni istanti, con lo sguardo perso nel vuoto, poi

D-“Ho gridato quando hai preso quell’assurda decisione di trasferirvi tutti all’Hyperion, perché sareste stati esposti e vulnerabili. Era troppo vasto come spazio da coprire e infatti… Ho gridato quando quella sera hai fatto l’amore con la donna sbagliata, lasciando andare quella che amavi davvero. Per poi aggrapparti disperatamente a quel che restava, per la paura di perdere ancora ciò che avevi. Convincendoti e peggio, facendoti convincere da persone che non sapevano nulla, su chi avresti dovuto amare realmente…”

Ancora un silenzio.

D-“Ma chi sono io per dire tutto questo… In fondo, pare che sia stato proprio io il primo a sbagliare tutto. Ma a chi avrei potuto affidarti se non a lei? Non mi fidavo di nessun’altro e non avevo idea di chi avrebbero potuto mandarti, se non avessi agito così. E comunque, che che ne dicano gli altri, Principessa è stata brava e se l’è cavata bene. Almeno finchè è rimasta lei…”

Volgendo anche lui lo sguardo fuori dal finestrino

D-“L’ultima volta che ho gridato, è stato per cercare di aiutare Wesley. Era così solo e disperato e… Mi piace Wesley, nonostante sia inglese e credo che saremmo andati d’accordo. Certamente più che con Gunn o Fred. Non mi piacciono quei due. Oh, bada bene, è solo un’opinione personale nient’altro ma…

Non ho più gridato dopo la sera che hanno tagliato la gola a Wesley. Mi sono rassegnato all’idea che non avreste mai potuto sentirmi, che nemmeno Lorne avrebbe potuto e così mi sono rannicchiato in un angolo, stando in silenzio a guardare e a disperarmi.”

Scosse debolmente le spalle, con sulla faccia un triste sorriso

D-“Suona buffo, vero?! Io in silenzio, rannicchiato in un angolo… Avrei dato la mia vita e non so che altro per potervi aiutare, per potervi parlare. E lo farei ancora, se solo potessi…”

Chinando la testa e guardandolo con nostalgia

D-“Mi siete mancati, sai Uomo? E continuate a mancarmi ancora. Il trapasso è una cosa strana, ma non fa male. A voler essere sincero, mi ha fatto più male vedervi tutti e due davanti a quel video, che non lanciarmi su quell’assurda macchina… Non avrei mai voluto che steste così male per me. Avrei voluto dirvi che sarebbe andato tutto bene e avrei voluto abbracciarvi. Come non avevo mai fatto neanche quando potevo farlo, ma non ci sono riuscito. Sono rimasto come un idiota seduto al fianco di Cordelia. A vedermi fare lo scemo davanti alla telecamera e a piangere…”

Esalò quasi senza voce.

Il vampiro strinse i pugni e serrò la mascella, fece per voltarsi e rinunciò prima di tentare davvero. Tentò altre due volte, dopo di che rimase fermo irrigidendosi, serrando gli occhi.

Con una flebile speranza nella voce

D-“Uomo? Uomo, puoi sentir…”

A-“Portami a Sunnydale.”

Disse infine lapidario, voltandosi dalla sua parte e fissandolo con due occhi gelidi che lo trapassarono.


Aveva fatto la sua scelta e ogni tergiversamento, per qualsiasi motivo era inutile, ormai.


Il mezzo demone realizzò con una frazione di secondo di ritardo, ma si voltò appena in tempo per vedere dal finestrino comunicante, il cenno d’assenso dell’autista.

Scosse la testa con un sorriso sarcastico sulle labbra.

Non c’era niente da fare. A distanza di anni, continuava ancora ingenuamente a sperarci…



Il silenzio e l’immobilità regnarono per tutto il resto del tragitto. Quando la limousine giunse a destinazione, il vampiro continuò a rimanere fermo dentro la macchina e a guardare fuori del finestrino come aveva fatto per tutto il tempo.

D-“Capolinea… Sono venuto a salutarti, Uomo. In realtà non potrei neanche essere qua, ma io non sono mai stato un tipo ligio alle regole, lo sai… A quanto pare un messaggero prescelto dai PTB, anche se puro spirito, non può stare al fianco di qualcuno che non sia un cavaliere della luce e tu, entrando alla Wolfram&Hart, hai perso questo privilegio.”


Il vampiro portò lentamente la mano sulla maniglia della portiera e la strinse forte, ma senza farla scattare.


D-“Volevo solo dirti, anche se non puoi sentirmi, che per me resterai sempre e comunque un cavaliere della luce. Non so dove mi manderanno, né dove andrai o cosa farai tu e dubito che mi permetteranno ancora di avvicinarti, ma sappi che qualunque cosa tu faccia, io sarò sempre al tuo fianco.”

Rimase in silenzio a guardarlo, insistentemente, ancora una volta in attesa di chissà cosa.

Il vampiro con l’anima, il suo protetto o più semplicemente Angel, quello che aveva rischiato pericolosamente di diventare il suo più caro amico, era fermo davanti a lui. Con lo sguardo basso e la mano ancora ferma sulla maniglia.

Lo vide socchiudere appena le labbra, voltare appena il capo dalla sua parte e continuando a fissare il nulla, dare congedo all’autista con un minimale

A-“Va pure.”


Era sceso dalla macchina. Era uscito dalla sua esistenza una volta per tutte.


Rimase in silenzio ad osservare il sentiero che si apriva oltre le cancellate di fronte a lui.

Fermo, immobile.

A-“Come siamo arrivati a tutto questo, Doyle? Semplicemente nel modo più banale che sia dato immaginare. Ognuno di noi ha intrapreso un percorso pensando che fosse l’unico da poter scegliere, senza capire stoltamente che lo stavamo costruendo noi stessi passo passo. Vorrei essere riuscito a sentirti prima, ma ormai non ha più importanza. Così come vorrei potermi cullare nell’idea che sarai con me qualunque scelta io compia, ma sono convinto che nel prossimo futuro cambierai idea. Forse prendendo anche le distanze e domandandoti per chi diavolo ti sei sacrificato. Ma neanche questo, ha più importanza ormai. Nessuna…”

Mise una mano in tasca e tirato fuori l'amuleto che gli aveva dato Lilah, cominciò a giocarci rigirandolo fra le dita e osservandolo attentamente.

La scala dei valori era mutata. Ciò che aveva valore adesso, era all’opposto di ciò che ne aveva prima.


E non conta niente altro.


Si ripetè un’ultima volta, varcando infine i cancelli del cimitero di Restfield, alla ricerca della cacciatrice.