TUTTO DACCAPO

AUTRICE:ARTEMISIA

DISCLAIMER: I personaggi di AtS e BtVS non sono miei ma degli aventi diritto. La sottoscritta non scrive a fini di lucro, ma su consiglio dell’analista… Scherzo?!

E-MAIL: strixmisia@hotmail.com

RAITING: AU, G

SPOILERS: Scrivendo su una serie mai trasmessa in Italia è normale che ce ne siano, ma tenete presente che l’autrice è completamente folle e ha cambiato più o meno tutto a suo piacimento.

 

N.d.A.: Questa fanfiction dà il via a una sorta di universo parallelo o se preferite, una specie di serie alternativa.

Molti avvenimenti sono stati cancellati, altri modificati completamente e spesso è stata cambiata anche la cronologia di tali avvenimenti.

Ciò che potrete prendere per errore o imprecisione è assolutamente voluto e ha un senso logico che potrà rivelarsi all’interno della stessa storia o in seguito.

Il carattere dei personaggi e la loro storia sono stati modificati, se non a volte completamente inventati.

Spesso saranno inseriti nelle storie dei flashback come ricordi dei personaggi, ma la “regola” è sempre la stessa: NON cercate più riferimenti a BtVS e AtS di quelli che troverete accennati perché, nella maggior parte dei casi, tutto sarà modificato dalla mano psicotica della sottoscritta!

Il protagonista pressochè assoluto di questo universo parallelo è Angel e il periodo è quello successivo alla sua partenza da Sunnydale, quindi le storie sono ambientate a Los Angeles. Per il resto avrete notato che l’autrice è piuttosto prolissa e se non siete già crollati dal sonno nel leggere queste note, allora… In bocca al lupo a voi, temerari lettori! Baci, Misia.

 

RINGRAZIAMENTI: alla mia amica Jenny, temeraria donzella che lesse in anteprima il mio delirio! Al webmaster per l’ospitalità, alle persone che mi hanno appoggiata e a tutti i coraggiosi che vorranno leggere questa fanfiction.

 

 

 

 

 

L’aveva osservata da lontano, allo scoperto.

Certo che in mezzo a tutto quel caos, anche se si fosse girata, non sarebbe mai riuscita a scorgerlo.

Quanti secoli sarebbero dovuti ancora passare, prima che imparasse definitivamente che non vi era MAI nulla di certo?

Ne aveva passate parecchie per comprenderlo, ma evidentemente non abbastanza per accettarlo. E avrebbe sorriso della propria ingenuità, se non avesse temuto un fraintendimento da parte di lei.

Lo guardava con gli occhi sgranati.

Gliel’aveva detto che se ne sarebbe andato, ma evidentemente non gli aveva creduto. O forse, più semplicemente, non l’aveva oggettivato a pieno se non in quel momento.

Ora che se ne stava andando.

Non aveva idea se avrebbe mosso un passo verso di lui per fermarlo o per parlargli, ma non aveva nessuna intenzione di correre il rischio che una simile eventualità si verificasse.

Non avevano più niente da dirsi, si erano già detti tutto. In certi casi molto più del dovuto.

Voltò le spalle e camminando in mezzo alle autopompe e alle ambulanze, divenne un’ombra indistinta nel fumo che da alcuni focolai sotto le macerie, si sprigionava al contatto dei getti d’acqua.

Raggiunse la macchina che aveva parcheggiato poco distante dal piazzale del liceo e una volta montato su, si diresse con determinazione verso l’uscita di Sunnydale che portava a Los Angeles.

Nel bagagliaio era tutto ciò che volesse ancora portare via dalla villa della via Crawford.

Era comunque rimasto ben poco da portar via, giusto i vestiti.

Aveva rastrellato via i suoi libri e le sue cose con lentezza, sistematicamente, senza dare nell’occhio, senza far capire i suoi intenti prima del tempo. Dandosi in quel modo forse, anche un margine di ripensamento.

Ciò che restava dentro la magione ormai, altro non erano che pochi mobili e una serie di ricordi che non voleva portarsi dietro.

 

Perché gli assassini tornano sul luogo del delitto?

Ogni volta che aveva sentito quella domanda, si era sempre risposto senza esitazione che una mossa del genere, confermava innegabilmente la sostanziale stupidità insita nelle persone.

Adesso che il cartello d’ingresso alla Città degli Angeli si avvicinava sempre di più, si concedeva invece con benevolenza, che fosse dovuto al fatto di non sapere davvero dove andare.

Aveva ben oltre due secoli e sebbene fosse nato e rinato in Irlanda, per certi versi era tutto iniziato là.

A Los Angeles.

Là dove non aveva mai ucciso nessuno, era il suo luogo del delitto.

 

Guidandoci attraverso, non potè fare a meno di constatare quanto poco fosse cambiata la città.

Ricchissimi quartieri e periferie alla fame.

Hollywood Boulevard di notte, era forse la sua migliore rappresentazione. Stelle lucenti che venivano calpestate dai tacchi a stiletto ancora più lucenti delle prostitute.

Lo stacco fra i quartieri agiati e non, era piuttosto definito. Non impressionante come quello tra le favelas e Copacabana a Rio de Janeiro ma… notevole.

La macchina sterzò in direzione di alcuni Docks vicini al Los Angeles River e dopo circa trenta minuti, si fermò davanti ad un ampio deposito.

Angel scese dall’auto e dalla tasca dei pantaloni estrasse un piccolo mazzo composto da tre chiavi.

La più lunga e sottile di quelle, aprì un pannello sulla parete di fianco alla gigantesca saracinesca che chiudeva il fabbricato; la prima grossa, corta, cava e dentellata in verticale, venne infilata in una serratura particolare sotto la pulsantiera di combinazione e con un mezzo giro fece sollevare la saracinesca poco sopra la testa del vampiro che ricompiuto il mezzo giro all’inverso, la estrasse dal quadro della pulsantiera. Richiuse il pannello ed entrò nel magazzino.

La seconda chiave grossa, corta, cava e dentellata in orizzontale, venne inserita in un pannello gemello a quello esterno e fece richiudere la saracinesca.

Nonostante il magazzino fosse dotato di luce, l’interruttore rimase intonso. Non aveva bisogno della luce per sapere cosa si trovasse di fronte, lo vedeva benissimo.

Tutta la sua esistenza.

 

Più precisamente, tutto quello che lui e la sua famiglia avevano ritenuto degno di essere conservato nel tempo, imballato e conservato in un’infinità di scatole, casse e bauli che nel 1905, da Dover erano stati inviati a New York.

Da allora più niente era stato aggiunto e quello che era stato toccato, l’avevano toccato gli scaricatori della “Western Silverston&Son”, per trasportarlo in quel deposito solo cinque anni e mezzo prima.

L’idea di dormire là dentro non lo esaltava particolarmente, ma l’Ascensione non gli aveva permesso di dedicarsi alla ricerca di un’altra residenza e a poche ore dall’alba, era decisamente più saggio prendersi il sicuro e pulito, piuttosto che girovagare alla ricerca di un palazzo sudicio e abbandonato.

Senza contare che nell’ultimo secolo gli era passata abbondantemente la mania di fare il sofistico…

Chiuse gli occhi e inspirò profondamente e inutilmente, poi si diresse verso una cassa particolarmente ampia, abbandonata sulla parete laterale destra e la scoperchiò.

E richiuse gli occhi.

Un’infinità di ricordi erano legati a quella dormeuse di caldo ciliegio, tappezzata con un impero di raso blu a strisce larghe, opache e lucide.

Quando lui e Darla l’acquistarono, era rivestita da una seta floreale tono su tono color avorio.

Era uno dei pochi pezzi che li aveva seguiti in ogni loro abitazione. Cambiando utilizzo, locazione, rivestimento ma sempre presente.

Custodiva gli echi di risa, di sibili colmi di rabbia, di gemiti. Era stata impregnata dalle gocce di olio essenziale alla rosa quando risiedeva vicino alla toletta di Darla, dalle lacrime capricciose di Drusilla quando l’avevano spostata nella sua camera, dalle lievi stille di sangue di un William morente, pronto a rinascere in un salotto laterale.

Sulla parte rialzata la sua Regina lasciava guanti e stole, ai piedi la sua Childe poggiava i cappellini, lui lanciava i paltò alla cieca e William vi seminava sbadatamente spartiti e quotidiani.

L’idea di dormire là sopra non lo esaltava, ma dormire per terra avrebbe reso tutto ancora più spoglio e squallido…

 

 

 

Il suo sonno non era stato dei migliori, anzi.

Costellato di ricordi lontani e recenti, il suo riposo era diventato simile a quello di un delfino, in cui almeno una parte del cervello rimane cosciente per poter risalire in superficie. Lui non aveva fatto altro che riflettere.

In modo vago, confuso… affastellato se era possibile.

Affari suoi. Centinaia di anonime camere d’albergo avrebbero potuto ospitarlo, invece lui aveva scelto di pernottare nel suo personale Madame Tussaud.

Non sarebbe riaccaduto.

 

Uscì dal deposito e dopo averlo richiuso, salì in macchina.

Un giro per la città lo avrebbe calmato, gli avrebbe fatto bene. Forse avrebbe addirittura riordinato le idee sconnesse che gli rimbalzavano per la testa.

Continuava a ripetersi questo da circa un’ora, quando all’improvviso si ritrovò nello spiazzo del Hemery High.

Un altro, compresa una parte di se stesso, avrebbe girato la macchina e se ne sarebbe andato via alla velocità della luce, invece lui parcheggiò e con calma raggiunse la scalinata centrale accomodandovisi.

 

Seduto nel buio della notte, su quegli stessi gradini dove Buffy, immersa nella luce del sole, rideva ignorando ancora di essere la prescelta, il vampiro cominciò a realizzare ciò che gli aleggiava in testa dalla notte prima, quando aveva deciso di rintanarsi in quel mausoleo.

Era di nuovo ai box di partenza.

E tutt’a un tratto si sentì stanco.

Stanco di dover ricominciare tutto daccapo. Stanco all’idea di dover cercare una nuova residenza, un nuovo canale di contatti pratici, utili. Sconcertato solo dalla possibilità di potersi annullare ancora e ci voleva poco.

Bastava fermarsi quel tanto di più a riflettere, a raccogliere le idee, per ritrovarsi da un secolo all’altro a vagabondare senza meta.

Fermarsi non aveva senso poi. Il tempo, come se fosse un tapis roulant, ti mandava avanti lo stesso e con tutta la strada che gli si stendeva di fronte, anche se riluttante, sapeva perfettamente che non poteva far altro che proseguire.

Quell’immensa dilatazione temporale che era l’eternità, non gli permetteva di fermarsi in nessun luogo, in nessuna condizione, a nessuna condizione.

 

Far parte di una famiglia o di un clan, attutiva e facilitava tutti i tipi di cambiamento. Era come fare il cambio di stagione per il guardaroba, solo che invece di essere mesi, si trattava di epoche intere.

Da soli era diverso.

Non impossibile ma pesante, evidente. A volte in maniera quasi scoraggiante.

Tuttavia ci si poteva abituare. Ci si poteva abituare pressappoco a tutto…

Ad ogni modo, non era la solitudine ad inquietarlo. Era il vuoto che l’accompagnava.

Il vuoto lasciato dalla sua famiglia, quella con cui aveva condiviso vendette e speranze, quella che gli aveva donato e permesso di donare l’immortalità.

Perfino il vuoto lasciato da Buffy, dal suo osservatore e dai suoi amici che l’avevano temuto, rispettato, odiato, benvoluto, accettato e rifiutato.

Era quel vuoto a gettargli inquietudine e a stordirlo.

Come se non avesse più equilibrio, a un passo dall’oblio che lo corteggiava dal profondo del suo baratro.

Seduto sui gradini del liceo, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa abbandonata, Angel cominciò a cercare delle soluzioni razionali a qualcosa che non lo era. La sua esistenza.

 

 

 

Un’altra sera, un’altra volta.

Erano due settimane che passava le sue serate facendo quel tragitto e finendo in quel posto ad aspettare fino all’alba per niente. La cosa cominciava ad essere veramente seccante…

Forse aveva sbagliato qualcosa, forse erano stati solo… anni di visioni e sogni a caso.

… Soprattutto l’ultima.

Sì certo, come no…

 

Ancora non aveva idea del perché avessero scelto lui per svolgere un compito simile.

Ok, la sua razza era predisposta ad avere visioni sia di natura concreta che anagogica e questo lo rendeva particolarmente adatto al ruolo probabilmente, ma… E se non fossero andati d’accordo?

Scosse la testa.

No, perché non sarebbero dovuti andare d’accordo, dopo tutto lui aveva un’aria tranquilla.

Non era quello che si poteva definire un trascinatore, almeno non nell’ultimo secolo, ma nel complesso sembrava simpatico.

Sembrava… Ma come faceva a dirlo?

Non è che l’avesse visto poi così bene, anzi, l’aveva sempre visto annebbiato.

Il suo viso, quei flashback sulla sua vita… Gli era sempre apparso tutto annebbiato, come se non avesse messo a fuoco l’obiettivo della macchina fotografica.

Poi non è che sapesse tanto sul suo conto, sapeva il necessario.

Sapeva quello che era stato e non l’aveva spaventato. Sapeva quello che era diventato e non l’aveva sorpreso. Quello che sarebbe successo però, l’avrebbe visto lui per poi guidarlo e questo l’aveva fatto entrare in panico.

Mentre si tormentava con un mucchio di domande e di dubbi, a un tratto decise di smettere.

Che senso aveva in fondo?

Quello che sarebbe stato l’avrebbero scoperto piano piano e poi, sicuramente, si era fatto una gita a vuoto anche quella sera. Sicuramente quello stramaledetto spiazzo era deserto anche…

Si fermò di botto.

Non gli sembrava vero e dopo essersi paralizzato un attimo per lo stupore, si avviò con passo sicuro alla sua meta. Una volta raggiunta esordì « Ehi, Uomo! Spero vivamente che non dovessi venire a prendere nessuno, perché l’uscita è suonata da un pezzo »

 

Angel rialzò il capo perplesso e vide davanti a sé un uomo dagli occhi di un azzurro limpidissimo, che sorrideva quasi da ridergli in faccia.

Era vestito semplice, jeans neri, camicia blu dal cui colletto sbottonato si intravedeva una maglietta bianca e sopra una giacca in pelle nera.

Era irlandese come lui, lo aveva capito dall’accento.

Aveva un volto dai lineamenti regolari, un’aria un po’ svagata e a tratti intensamente attenta, capelli neri e un incarnato umanamente pallido.

Umano, umano però non doveva essere.

Percepiva qualcosa di inumano in lui e sebbene sembrasse innocuo, questo lo mise in guardia.

 

Vedendo che la perplessità stava diventando ostilità, l’uomo si fece avanti con la mano tesa e gli disse « Ciao Angel, io sono Doyle e sono la risposta alle tue domande. Certo che se tu non sei Angel, io sono sempre Doyle ma non sono la risposta alle tue domande… Ma credo proprio che tu sia Angel. Sbaglio?! »

Il vampiro rimase sopraffatto da quel comportamento e gli sorrise involontariamente, di impulso.

Gli strinse la mano e fece cenno con la testa, confermando.

Rotto il ghiaccio, Doyle alzò le mani e indicando alle sue spalle « Facciamo due passi? »

Angel annuì e prese a seguirlo in silenzio, con calma.

 

 

Avevano abbandonato lo spiazzo del liceo e stavano camminando in una strada affollata che rasentava la linea di confine tra due quartieri, quando Doyle si fermò in un banchetto per prendersi dei pop-corn caldi.

Si girò verso il vampiro offrendogli il sacchetto, che rifiutò gentilmente con un gesto della mano.

Intanto che spilluzzicava i pop-corn « Adoro i pop-corn! Sei sicuro di non volerne? Sai, un’altra sera a vuoto e saresti stato tu a trovarmi angosciato sui gradini di quel liceo. Ho passato almeno due settimane là ad aspettarti, ormai credevo che non venissi più. Mi stavo davvero rassegnando e invece… »

Prese a parlare a raffica, di tutto e di niente. Il suo era un fiume inarrestabile di parole.

In quel dilagare di chiacchiere, Angel era rimasto in silenzio cercando di capire con chi avesse a che fare, poi pensò che per Doyle doveva essere talmente ovvio il loro incontro da non doverlo spiegare e cogliendo un suo silenzio « Chi sei? »

L’altro sorrise fermandosi di colpo.

Prima o poi il vampiro avrebbe dovuto parlargli. Se non altro per dirgli di stare zitto.

Con sguardo ironicamente intelligente « Allora parli… »

Angel abbassò lo sguardo sorridendo di sbieco, aveva sottovalutato la persona che si trovava accanto.

Doyle colse quel gesto per ciò che significava senza risentirsi. Al contrario suo, era ovvio che l’altro non avesse avuto né sogni, né tanto meno visioni sul suo conto e che non sapesse assolutamente nulla di nulla.

Fantastico.

Alzò gli occhi al cielo di nascosto, ringraziando mentalmente chi l’aveva messo in quella condizione e ritornando a camminare, riprese a parlargli sgranocchiando i pop-corn.

« Il mio nome lo sai già e dall’accento avrai capito che sono irlandese come te. Non sono del tutto umano, ma credo che questo l’avessi già percepito. Mia madre era un demone Bracken »

« Credevo che i Bracken appartenessero ad un’altra dimensione »

« Infatti lo sono. L’origine proviene da una dimensione parallela a questa. Durante uno sbalzo spazio temporale mia madre venne catapultata qui, o meglio, in Irlanda. Conobbe mio padre, si innamorarono, si sposarono e… Eccomi qui! Romantico, eh?! Non fare quella faccia! Guarda che i Bracken non hanno costantemente i chiodi blu che gli spuntano dal viso. Solo quando l’occasione lo richiede. Ho passato le mie buche a scuola in preda al panico puro, quando ero piccolo… Che poi, mia madre era uno zucchero ma, ecco… diciamo che è vero che l’apparenza inganna. Ho anche due sorelle, ma loro sono completamente umane. Io, invece, ho il potere di avere delle visioni che in prevalenza sono del futuro ma dipende dall’intensità dell’avvenimento, possono essere anche del passato. Insomma, per farla breve… Sono un mezzo demone, nonché tua nuova guida. So chi sei e la cosa non mi terrorizza »

 

Ma che bravo. Nuova guida… come se ne avesse avuta un’altra in precedenza.

Guida di cosa poi? Della città?!

« Guida? »

Appunto…

« Sì. C’è chi pensa che tu non sia nato per meditare sui gradini di un liceo »

« Chi lo pensa? »

« Gli Oracoli. E prima che tu me lo chieda, sappi che anch’io non ho idee precise di chi siano, ma so esattamente cosa vogliono »

« E cosa vorrebbero? »

Era una fortuna che non avesse sguainato le zanne e lo avesse già fatto fuori. Al posto suo, lui l’avrebbe fatto…

« Equilibrio. Ti si chiede di rimanere in gioco per non sguarnire una parte »

Il vampiro corrugò la fronte « Spiegati meglio… »

« Vedrò di farla semplice… Se non esistessero le persone magre, uno non saprebbe cosa sono le persone grasse, giusto? E così è per tutto. Giusto e ingiusto… beh, forse quello è già più soggettivo… Bianco e nero, insomma opposti. Opposti che contrastandosi in parti uguali creano uno stabile equilibrio. È l’unica cosa che accomuna l’universo di dimensioni che ci circonda e di cui facciamo parte. Equilibrio. Non è a difendere i ‘buoni’ o sconfiggere i ‘cattivi’ e allo stesso tempo è anche questo. Mantenere l’equilibrio, facendo attenzione che non mutino le proporzioni degli opposti. E se ritorni a sederti su quei gradini, c’è chi pensa che le proporzioni muteranno »

« Perché io? »

« Non so, forse sei un cliente Master Card e ti hanno sorteggiato… Ma personalmente, credo che sia perché nessuno ha un percorso come il tuo. Sei un vampiro e sei nel mezzo. Non puoi vivere come un uomo e non vuoi vivere come gli appartenenti alla tua genia, ma conosci entrambe le nature. Cammini su un filo che si stende sulla linea dell’orizzonte, fra luce ed ombra. Non tutti hanno questo coraggio… o questa follia. Se deciderai di rimanere in gioco, io cercherò con le mie visioni di far diventare quel filo su cui cammini una guida, perché è questo quello che sono io stesso, una guida »

« Perché tu? »

« Perché anch’io ho del potenziale da esprimere! O forse perché essendo un mezzo demone sono nel mezzo come te… Allora? Senza di me sarai come cieco e senza di te, io sarò soprannaturalmente disoccupato. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro, anche perché non credo che le chances che ti si prospettano siano tantissime. O rimani in gioco, o fai il figliol prodigo e ritorni al tuo clan o torni su quei gradini e… Senti. So che sei abituato a giocare in singolo, ma un centravanti di sfondamento, anche se un talento naturale, non realizza un granché senza una squadra »

Angel lo guardò intensamente.

Non aveva torto a dire che le sue possibilità di scelta erano contate e lui gli stava offrendo una valida alternativa. Un’alternativa di cui non aveva mai preso in considerazione neanche l’esistenza, ma della quale, a quanto pareva, aveva già fatto parte.

Il vuoto stava cominciando a colmarsi di curiosità, di interesse e anche se un altro avrebbe girato le spalle e sarebbe andato via alla velocità della luce, lui rimase fermo.

Allibito solo dal fatto che fosse riuscito a dissuaderlo.

 

Mentre stava per dire a Doyle cosa pensasse di tutta la questione, un uomo alto e largo come un armadio si piantò di fronte a loro.

Doveva trattarsi di un Ragham. Un’altra di quelle razze che avevano la facoltà di mutare in forma umana, lo si capiva dalla stazza e dall’odore.

« Doyle »

« Ehi! Sto parlando di cose serie non lo vedi? »

« I Lakers hanno perso »

« E quindi? Ho specificato che il mio era un consiglio dettato dall’intuito e non da una visione. Non ho nessuna responsabilità »

« Hai una vaga idea di quanto ho perso? »

« Certo che ce l’ho. Hai dato a me la tua giocata »

« E ora? Cosa dovrei fare? »

« Piglia quei miserabili dollari che ti sono rimasti e puntali su Barbablù nella terza corsa e su Trottola nella quinta al cinodromo della cinquantasettesima »

« Cos’è, un’altra intuizione? »

« No, stavolta vai a colpo sicuro. E ora smamma » gli intimò con un cenno del capo e quello se ne andò mugugnando sulla soffiata che gli aveva dato.

 

Angel si girò interdetto verso Doyle, che lo fissava come in attesa di una risposta.

« Era un Ragham… »

« Sì. Io sono un bookmaker. Che ci vuoi fare? È difficile trovare un lavoro come si deve, così ho deciso di impiegare le mie qualità in qualcosa di pratico ed entro certi limiti, remunerativo. In attesa di poterle impiegare in qualcosa di più… nobile. Perché io? Solo gli Oracoli possono saperlo e ti avverto che se hai delle rimostranze da fare, non esistono uffici reclamo di nessun tipo. Mi rendo conto che una guida che fa il bookmaker non è normale, ma non lo è neanche un pupillo che come vampiro era il paladino di una cacciatrice »

A quell’ultima affermazione, il vampiro aggrottò la fronte e con tono diffidente « Quanto sai di me? »

« Infinitamente meno di quanto credi. E non tenterò di indagare oltre, se non sarai tu a volermene parlare. Allora? Cosa facciamo? »

La risposta era buona… e soprattutto convincente.

Rimase in silenzio per pochi altri istanti, dopodiché rispose « Devi dirmelo tu. Sei tu la mia guida, no? »

 

Non poteva credere alle proprie orecchie.

Ce l’aveva fatta, l’aveva convinto.

Riprendendo a camminare e camuffando quello che sarebbe stato un gigantesco sorriso « Bene! Per prima cosa andremo a prendere i tuoi effetti personali, dopodiché andremo all’agenzia »

« Quale agenzia? »

« Ah già. In due settimane che stavo seduto sui gradini di quel liceo ad aspettarti, ho pensato a un modo di svolgere il nostro lavoro in modo agevole e senza dare troppo nell’occhio. Il risultato è stato quello di creare un’agenzia investigativa »

« Una cosa?! »

« Uomo, fidati! È il sistema migliore. Poi vedrai, sia l’agenzia che il tuo appartamento sono confortevoli. Niente di che, ma sempre meglio delle fogne dove alloggiano molti dei tuoi simili… »

Doyle ancora non lo sapeva, ma si era conquistato la simpatia di Angel con il suo modo di fare.

 

 

« Non potevi dirmi che eri in macchina? »

« Sei tu che hai detto di fare due passi… »

« Molto divertente. Esilarante direi… Ah, è lì, parcheggia »

Il palazzo di fronte a loro, era a sei piani, non esattamente nuovo, ma molto decente. Era situato in un quartiere vasto e semi tranquillo, al limite con una zona che veniva considerata piuttosto strana.

Il mezzo demone si avvicinò ad una porta massiccia di legno, la cui metà superiore aveva un vetro oscurato, e la spalancò.

L’agenzia era composta da due stanze, la prima si estendeva in lunghezza ed aveva ampi soffitti.

Le pareti erano di un bianco sterile e sulla destra aveva tre file di mensole ancora vuote, dove il vampiro avrebbe potuto collocare giusto il minimo indispensabile dei suoi libri, sulla sinistra in alto invece, erano situate due ampie finestre, coperte con due veneziane altrettanto ampie.

L’arredamento era minimale.

Due poltroncine vicino all’ingresso, mentre sul fondo era una scrivania di legno scuro, con altre due poltroncine davanti e quella canonica dietro il tavolo che però aveva i braccioli. Sotto le finestre sulla sinistra, era uno scaffale basso e largo e più indietro, oltre la scrivania ma sempre sulla sinistra, era uno schedario in ferro verde militare a quattro scomparti.

Doyle dalla soglia scese i due gradini di dislivello e facendo strada al vampiro, cominciò ad illustrargli il locale

« Questa sarà l’agenzia… mentre questa porta, dà su quello che diventerà il tuo ufficio… »

La seconda stanza era decisamente più piccola ed era arredata con uno sfatto ma comodissimo divano di pelle nera, una scrivania identica alla precedente, due poltroncine davanti e una poltrona grande dietro il tavolo, anch’essa in pelle nera che con il suo schienale, nascondeva parzialmente un’altra porta

« Questa porta infine, è l’accesso al tuo appartamento al primo piano. Così puoi anche evitare i rapporti coi vicini non passando dal portone comune. Che ne pensi? »

 

Piccolo.

Immensamente piccolo per i suoi soliti standard eppure stranamente confortevole, anzi, assolutamente perfetto. Probabilmente l’appartamento non sarebbe stato più grande, tutt’altro, ma andava benissimo così.

Intento a guardarsi intorno, Angel disse solo uno sbadato « Niente male… »

« Sono debole di cuore e se ti entusiasmi così, potrei risentirne seriamente » ribatté Doyle con ironia. Il vampiro si accorse della sua mancanza e con disagio « Credimi, apprezzo quello che fai molto più di quello che riesco ad esternare »

In quel momento, Doyle si rese conto di quanto fosse importante la faccenda che gli avevano affidato.

Non solo per ciò che poteva essere o rappresentare Angel, ma anche di quanto fosse rilevante il suo stesso ruolo, cosa che non aveva realizzato appieno fino ad allora.

Avere a che fare col vampiro non sarebbe stato semplice, lo aveva capito dal primo istante, ma neanche impossibile. Cercando di sdrammatizzare « Eviterò di farti sentire in difetto in futuro. Tanto non ho nemmeno il bene di vederti arrossire… »

 

 

 

Nelle due settimane successive, l’agenzia cominciò a prendere corpo.

Per la stanza erano sparpagliati tre scatoloni di manoscritti e trattati che Angel, sopra una scaletta, stava sistemando sulle mensole.

Non permetteva a nessuno di catalogare i suoi libri, perché aveva un metodo tutto suo e non ci avrebbe capito più nulla se un altro vi avesse messo mano.

 

Canzonandolo per la sua precisione maniacale « Va bene essere ordinati ma questo rasenta l’ossessione, secondo me. Dico, stai ordinando i libri in ordine alfabetico per argomento e all’interno di ogni argomento per autore! »

Senza staccare gli occhi dalle costole delle copertine « Tu devi essere un disordinato cronico. L’ho capito appena ti ho visto… In un certo senso, da questo punto di vista, un po’ mi ricordi William. Curatissimo per certe cose, come il proprio aspetto e affini, trascurato per altre… »

« Ehi, Uomo! Questo è il primo nome che mi fai da quando ci conosciamo. Lo sapevo che dovevi pur aver interagito con qualcuno in questi secoli! Chi era William? »

« È ancora »

« Un vampiro? »

« Sì »

« L’hai vampirizzato tu? »

« … Sì »

« L’hai vampirizzato tu, e io te lo ricordo… mhmm… Colgo quest’occasione per dichiarare che la mia dentatura mi va bene così com’è. Disposizione, grandezza… lunghezza. Soprattutto quella dei canini… Sì »

In quei giorni Angel e Doyle avevano iniziato a conoscersi, ma mentre Doyle era piuttosto loquace, il vampiro era molto restio a parlare di sé e il mezzo demone ignorava che quei brevi dialoghi che aveva con lui, fossero molto più di quanto non avessero avuto tanti altri.

Tuttavia aveva capito dal primo istante che difficilmente il suo protetto gli avrebbe permesso di condividere i suoi ricordi, ma se si aspettava che lui gli avrebbe concesso di perdervisi, sbagliava di grosso e con quella battuta aveva cercato di riportarlo con i piedi a terra.

Nel fare quel nome, il suo viso si era velato di tristezza…

 

In quella battuta, non c’era cattiveria né disprezzo, solo voglia di scherzare, di sdrammatizzare.

Un invito a non intristirsi in ricordi ormai lontani.

« Tu riesci sempre a scherzare su tutto… » affermò rivelando nel suo tono un fondo di preoccupazione.

« Te l’ho detto dalla prima sera. So chi sei e la cosa non mi terrorizza. Non so perché, forse sono davvero un irresponsabile ma è così e… Sì. Io scherzo sempre e scherzo su tutto. È più forte di me, preferisco sdrammatizzare. Sono di indole positiva e una volta, credevo fermamente di avere un buon umore contagioso… »

« Poi cos’è successo? »

« Ho incontrato te »

Angel sgranò gli occhi con stupore mentre guardava Doyle che lo fissava con aria ovvia.

Sorrise scuotendo lievemente le spalle e tornò a sistemare i suoi libri.

 

Una risata.

Era riuscito a farlo ridere.

La risata senza dubbio più sommessa che avesse visto in vita sua.

Una risata inesistente per chiunque altro, ma per come aveva avuto modo di conoscerlo, decisamente palese per Angel… Peccato solo che non avesse avuto neanche il tempo di autocompiacersi di quel risultato.

Si appoggiò pesantemente alla scrivania senza chiudere gli occhi « Una ragazza… e dei vampiri. L’hanno puntata nel locale, l’attaccheranno appena possibile… »

Angel si voltò di scatto nel sentire quell’inusuale tono di voce da parte di Doyle, era quasi irreale e il suo sguardo era assente.

Quella era la prima visione di Doyle che coinvolgesse anche lui.

Attese qualche istante perché il mezzo demone si riprendesse, dopodiché gli disse « Portami là »

I box di partenza si erano aperti, era in corsa.

 

 

 

Era un bar piuttosto grazioso, in quello che si poteva definire il quartiere degli artisti e dei teatri d’avanguardia a L.A., ma non era niente di più.

Solo un ritrovo per comparse e attori alternativi dopo il lavoro e lei non era una comparsa, né un’attrice alternativa. Era disoccupata e aveva l’impressione che sarebbe rimasta tale.

Si guardò intorno un’altra volta.

Non c’era l’ombra di un agente e in fondo era abbastanza ovvio che non ci fosse, tutti i presenti l’avevano già. Come avevano già una parte in uno spettacolo da qualche parte.

Era inutile restare ancora lì, da sola oltretutto.

Tina aveva ottenuto di fare gli straordinari alla tavola calda doveva aveva trovato fortunosamente lavoro e se Denise non si era ancora fatta viva come d’accordo, significava che il provino era andato peggio del previsto, ed ora era nella propria stanza a piangere a dirotto.

Così uscì dal locale e si diresse verso quel buco miserabile che era diventato casa sua da una settimana.

Del tutto ignara di avere compagnia…

 

 

Quando arrivarono videro con sorpresa che la ragazza in questione, non solo aveva l’aria di sapere con chi aveva a che fare e non ne fosse turbata, ma anche che non si difendeva tanto male.

Tuttavia non era il caso di rimanere lì ad osservare chi sarebbe uscito vincitore dallo scontro, anche perché i vampiri erano due.

 

Angel afferrò il primo per le spalle, lo fece piroettare su se stesso e quando l’ebbe davanti, lo impalettò con un colpo deciso.

Il secondo, vista la scena, decise che la ragazza non valeva così tanto e che tutto sommato non aveva poi molta fame, così la gettò in un vicolo adiacente tra i bidoni della spazzatura e tentò di scappare… inutilmente.

Quando Angel si avvicinò, Doyle stava finendo di scostare la piramide di bidoni che aveva sommerso la ragazza.

Una volta liberata, il vampiro si piegò per terra « Come ti senti? Va tutto… Cordelia?! »

« Angel?! » ribatté altrettanto scioccata.

 

« Ehm, ehm.. Io sono Doyle, piacere »

S’introdusse il mezzo demone con una mano tesa verso di lei, terribilmente divertito dalla scena.

Le persone di conoscenza del vampiro, erano salite a quota due nel giro di poche ore. Dubitava che sarebbe continuata ad andare così liscia, ma la ragazza… Cordelia aveva detto?… era davvero incantevole.

« Doyle, sì. È grazie a lui che sei viva. Ha visto che eri in pericolo… Perché non sei a Sunnydale? »

« Oh, grazie Doyle! Molto piacere di conoscerti, allora! Non sono a Sunnydale perché sono qui, mi sembra ovvio. Ma tu che ci fai a L.A.? E come sarebbe a dire che Doyle ha visto che ero in pericolo? »

« Doyle è un mezzo demone pacifico che ha delle visioni del futuro. Io mi sono trasferito qui e insieme abbiamo messo su un’agenzia investigativa. Ma tu devi ancora dirmi che ci fai qua »

« Un–mezzo–demone-pacifico… Beati i tempi in cui di soprannaturale c’era solo Babbo Natale nella mia vita. Sono qui perché voglio diventare un’attrice, che domande. Sono arrivata da una settimana e non posso credere di aver già trovato lavoro! » terminò con un sorriso soddisfatto.

Titubante « Hai trovato lavoro? Dove? »

« Hai detto che hai aperto un’agenzia investigativa, no? E ti servirà quindi una segretaria, no? Beh, la tua ricerca è finita! » concluse Cordelia rialzandosi da terra e cominciando a camminare fuori dal vicolo.

Il mezzo demone, in piedi, la fissava estasiato e rivolto verso il vampiro che era ancora piegato a terra « È fantastica! »

Angel non sapeva se essere più sconcertato dalla repentina assunzione di Cordelia, imposta da Cordelia stessa, o dal commento di Doyle.

Erano entrambi fermi nel vicolo a guardarla, quando Cordelia si girò e con un sorriso e uno sguardo da gatta, domandò « Allora? Da che parte è l’agenzia? »