UN'ANIMA IN PENA



Autrice: Artemisia



Disclaimer: i personaggi di ATS e BTVS non sono miei ma degli aventi diritto. La sottoscritta non scrive a fini di lucro ma su consiglio dell’analista… Scherzo?!

Raiting: AU



Spoilers: scrivendo su una serie mai trasmessa in Italia è normale che ce ne siano, ma tenete presente che l’autrice è completamente folle e, pur non avendo visto neanche un promo, ha già cambiato tutti gli spoiler che ha trovato a suo piacimento.



N.d.A.: Le mie storie costituiscono insieme una sorta di universo parallelo o, se preferite, una specie di alternative season. Molti avvenimenti sono stati cancellati, altri modificati completamente e spesso è stata cambiata anche la cronologia di tali avvenimenti. Ciò che potrete prendere per errore o imprecisione è assolutamente voluto e ha un senso logico che potrà rivelarsi all’interno della stessa storia o in seguito. Il carattere dei personaggi e la loro storia è stata modificata se non a volte completamente inventata. Spesso verranno inserite nelle storie dei flashback come ricordi dei personaggi, ma la “regola” è sempre la stessa: non cercate più riferimenti a BTVS e ATS di quelli che troverete accennati perché, nella maggior parte dei casi, tutto verrà modificato dalla mano psicotica della sottoscritta! Il protagonista pressochè assoluto di questo universo parallelo è Angel e il periodo è quello successivo alla sua partenza da Sunnydale, quindi le storie sono ambientate a Los Angeles. Per il resto avrete notato che l’autrice è piuttosto prolissa e se non siete già crollati dal sonno nel leggere queste note, allora…In bocca al lupo a voi, temerari lettori! Baci, Misia.



UN'ANIMA IN PENA

Mancava circa mezzora al tramonto eppure era già sveglio. La ronda della notte prima era stata molto tranquilla e Doyle non aveva avuto nessuna visione che richiedesse il suo immediato intervento, così appena alle due di notte era rientrato in agenzia. Aveva scelto una serie di manoscritti che riteneva potessero spiegargli alcuni dettagli sul nuovo caso, che Cordelia aveva accettato quello stesso pomeriggio, e aveva preso a consultarli. Quello di cui dovevano occuparsi era un demone e su quei libri Angel aveva cercato di individuarne la tipologia, tuttavia le sue ricerche non erano durate più di un paio d’ore, poi aveva richiuso i manoscritti ed era salito nel suo appartamento. Era stato strano addormentarsi col buio, così com’era stato strano svegliarsi con la luce del sole che premeva ancora dietro le tende per entrare, ma aveva la netta sensazione che quella sarebbe stata una giornata insolita a priori. Si fece una doccia, si vestì e scese giù in agenzia. Il sole era tramontato ma nel cielo vi era ancora una luce diffusa. Da dietro la porta del suo ufficio sentì distintamente



Cordelia e Doyle che, nell’agenzia, discutevano come al solito sull’archiviazione delle cartelle…O meglio, Cordelia discuteva e Doyle ascoltava con attenzione. Non avendo voglia di prendere parte all’ennesimo dibattito sulla classificazione e archiviazione dei casi nello schedario, Angel rimase nel suo ufficio e riprese a consultare i manoscritti che aveva lasciato sulla scrivania la notte prima. Ogni tanto captava degli stralci di conversazione di Doyle e Cordelia: continuavano imperterriti a parlare di schede, cartelle e dello spazio insufficiente dello schedario. Angel si ripromise di acquistare un computer, chissà forse quelle estenuanti dissertazioni si sarebbero concluse. Dopo circa un’ora e mezza sentì la porta d’ingresso aprirsi: Faith era rientrata. La bruna cacciatrice si era inserita bene e in lei Cordelia aveva trovato un valido aiuto nel lavoro di ufficio. Quella stessa mattina, infatti, Faith, su indicazione di Cordelia e con il suo tesserino, si era recata alla biblioteca pubblica a fare ulteriori ricerche. La biblioteca pubblica di L.A. era molto ben fornita nel reparto esoterico, ma ciò che più interessava era l’archivio. Lì, con un po’ di scaltrezza, era possibile visionare le planimetrie della città nella loro interezza: la fitta rete di condotti dell’acquedotto, delle fognature, dell’impianto elettrico della città e altro ancora. Faith era entrata in agenzia con le braccia piene di documenti e uno smagliante sorriso. Doyle e Cordelia la osservarono con ammirazione e smisero di parlare di schedari così Angel, sentito il cessato pericolo, entrò a sua volta in agenzia.



A-“Salve…”



Cordelia e Faith ricambiarono con un sorriso mentre disponevano il materiale raccolto sul piano della scrivania, Doyle, invece, approfittò di quel momento per avvicinarsi ad Angel e, dopo essersi voltato rapidamente a scrutare le due ragazze, gli disse ironico



D-“Non si abbandonano gli amici nel momento del bisogno…Tanto più se stanno combattendo il demone degli…Schedari!”



Doyle l’aveva beccato in pieno. Il vampiro osservò con stupore il mezzo demone che, con un largo quanto sfacciato sorriso, sbattè ripetutamente le palpebre guardandolo fintamente ingenuo. Le visioni di Doyle, si era dimenticato delle visioni di Doyle. Si sentiva di escludere che il mezzo demone avesse percepito la sua presenza nel suo ufficio quindi, non restavano che le visioni come unica spiegazione. Non aveva capito del tutto con quali criteri Doyle avesse le sue visioni, l’unica cosa che sapeva per certo era che, col passare del tempo, si stavano rafforzando e, se questo poteva essere un bene per le persone che aiutavano, in quel momento Angel si persuase che non era altrettanto positivo per la salvaguardia della sua privacy. Angel fissò Doyle contrariato e, compreso il motivo, quest’ultimo scosse il capo negativamente per tranquillizzarlo e aggiunse



D-“Rilassati, la tua privacy è al sicuro! Posso vedere solo ciò che rappresenta un pericolo e, nonostante tu tema queste conversazioni più di qualsiasi demone, non arrivo ancora a tanto…Ho tirato a indovinare e, a quanto pare, ho azzeccato! Piuttosto, sono appena le cinque e mezza…”



Angel lo ascoltava con un’ espressione che esternava tutto il suo disappunto, poi su quelle ultime parole rispose come distratto



A-“Giornata strana…”



D-“C’è altro?”



A-“No… Almeno non credo…”



Si riavvicinarono alla scrivania di Cordelia e Angel



A-“Trovato nulla?”



F-“Parecchia roba. Ho fatto le fotocopie di diverse planimetrie con ingrandimenti sulle zone dove è stato avvistato il demone.”



D-“Grande! Me come hai fatto, è materiale riservato quello, non si può portare via…”



F-“Mi sono sporta sul tavolo, ho fatto scivolare una mano dietro la nuca del custode e gli ho schiantato la faccia sul banco informazioni…Facile, no?!”



Dichiarò Faith con aria ingenua e prima che Doyle e Cordelia potessero avere una qualsiasi reazione, Angel, continuando a fissare le planimetrie, disse con voce bassa da paternale



A-“Faith…”



F-“…Ho finto un calo degli zuccheri con relativo “quasi svenimento”, il tizio si è allontanato e io ho fotocopiato il tutto alla svelta, poi me la sono squagliata lasciando un bigliettino di ringraziamento…Altrettanto facile, no?!”



Doyle la guardò con una smorfia di rimprovero mentre Cordelia, con un espressione finto seria, le disse apparentemente annoiata



C-“E’ inutile che tu ci prenda in giro, ormai abbiamo un’immagine di te che non è più quella della pazza psicopatica assassina, quindi rinunciaci!”



Faith sorrise. Era solita uscirsene con quelle frasi ad effetto ma non lo faceva perché Doyle e Cordelia cambiassero idea sul suo conto, al contrario lo faceva per avere la conferma che loro due non la cambiassero. Quei commenti e quelle espressioni di divertito rimprovero la rassicuravano del fatto che ormai loro due si fidavano di lei come lei si fidava di loro. All’inizio i loro rapporti e la fiducia che potevano provare l’una nei confronti degli altri, e viceversa, non era stato che un pallido riflesso trasmesso da Angel. Angel si fidava di tutti e tre e questo li aveva indotti a fidarsi reciprocamente, col tempo però rapporti, sentimenti e fiducia erano diventati indipendenti ed Angel non fungeva più da contatto. Il fatto che Doyle e Cordelia non credessero alle sue battute che ricordavano verosimilmente il suo passato, le dimostrava che credevano in lei. Faith, falsamente sufficiente, scosse le spalle e rispose a Cordelia



F-“Non so se ci riuscirò, è così divertente! Comunque proverò a fare un tentativo…!”



C-“Ok! Allora, io direi di cominciare ad esaminare il materiale e vedere se riusciamo a capire qualcosa di questo caso, ma anche di pensare a come cenare. Vista la mole di queste scartoffie temo che ne avremo fino a notte fonda...”



D-“Italiano, cinese o messicano?!”



Erano tutti intorno alla scrivania di Cordelia nelle loro abituali posizioni: Angel come al solito appoggiato all’orlo del tavolo, Doyle seduto sull’orlo opposto accanto a Cordelia che era sulla sua poltroncina da ufficio e Faith in piedi. Prima che qualcuno potesse dir nulla circa le proposte di Doyle, la porta si spalancò. La figura che si ergeva sulla soglia diede una rapida occhiata alla compagnia e poi, con tono strafottente e soddisfatto, disse: -“Finalmente!”



Cordelia balzò in piedi agghiacciata, Faith si inginocchiò cercando nei cassetti della scrivania un paletto, dato che Angel l’aveva disarmata, e solo Angel sembrava essere tranquillo, perché anche Doyle, che non conosceva le facce del passato di Sunnydale, aveva capito chi era quella figura esangue il cui pallore era rimarcato dai capelli esageratamente ossigenati…



A-“Spike…Accomodati…”



Il vampiro accennò un sorriso e, tolte le mani dalle tasche del suo trench in pelle lungo fino alle caviglie, richiuse la porta dietro di sè. Si guardò rapidamente intorno, rinfilò le mani in tasca, si strinse nelle spalle e si avvicinò al gruppo con pochi, lunghi e rapidi passi. Lasciandosi cadere pesantemente su una sedia, diede una fugace occhiata a Faith, poi si rivolse ad Angel guardandolo di sottecchi



S-“Se la bionda lo viene a sapere, questa è la volta che ti manda all’Inferno in un portacipria!”



Angel sorrise di sbieco a quella battuta, abbassando leggermente lo sguardo nel vuoto. Conosceva molto bene il modo di fare di Spike e sapeva altrettanto bene come doveva comportarsi con lui. Si girò verso il vampiro biondo e, con aria serafica, gli disse



A-“Ce ne hai messo di tempo…”



Spike smise di sorridere, conosceva quel tono così sicuro. Prendere di sorpresa Angel era un’impresa improba, ma che lui si aspettasse una sua visita era impossibile e anche seccante. Con un tono di voce indagatorio



S-“Sapevi che sarei venuto da te?”



A-“Diciamo che me l’aspettavo…”



S-“Ma bene! Sai anche di cosa devo parlarti?”



Gli rispose Spike cercando di recuperare il suo tono sarcastico per nascondere il nervosismo che stava lentamente prendendo il sopravvento e, alzatosi dalla sedia, cominciò a guardarsi intorno dirigendosi cautamente verso l’ufficio di Angel.



A-“Un’idea ce l’ho ma sono un vampiro, non un veggente…”



Il tono di voce di Angel era calmo e Angel, immobile, continuava a stare appogiato alla scrivania di Cordelia, aveva solo voltato appena la testa in direzione di Spike che, ormai decisamente infastidito, era alle sue spalle. Spike si piantò davanti alla porta dell’ufficio di Angel, fissò Angel, di cui poteva vedere solo un lieve profilo e, come se non ci fosse nessun’altro oltre a loro due



S-“Dove…”



A-“Nel mio appartamento…”



Rispose prontamente Angel scostandosi dalla scrivania, Spike aveva smesso di scherzare ed era diventato più che serio, grave. Ora potevano parlare. Prima di raggiungere Spike si girò verso gli altri guardandoli rassicurante e disse tranquillo



A-“Questa faccenda non è poi così urgente, serata libera quindi…Ci vediamo domani?”



Doyle Cordelia e Faith rimasero per un istante immobili gurdandolo ammutoliti. Qella di Angel era una domanda formale che non ammetteva una risposta negativa così, una volta ripresisi, fecero ripetutamente e automaticamente cenno di si con la testa fissando il pavimento come se non capissero cosa stesse accadendo ma non volessero soffermarsi troppo lì per comprenderlo. Uscirono camminando rigidamente e chiusero la porta. Angel si girò verso Spike con aria interrogativa, come a chiedergli se fosse soddisfatto. Spike fece un cenno secco di approvazione e, voltando le spalle ad Angel, entrò nel suo ufficio.



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Camminavano tutti e tre senza dire una parola, erano così da quando avevano lasciato l’agenzia. A un certo punto Cordelia vide una caffetteria, si riscosse da quel confuso torpore che l’aveva invasa e disse



C-“Entriamo qui… Una tazza di caffè caldo farà bene a tutti e tre.”



D-“Si…Una tazza di caffè ci aiuterà a riordinare le idee…”



Entrarono e si sedettero in una saletta interna dal tavolo appartato, di nuovo in silenzio, fissando tutti e tre il centro del tavolo e consapevoli che quel ripiano non gli avrebbe dato delle risposte, unica cosa di cui avessero davvero bisogno per riordinare le idee. Quando il cameriere arrivò ordinarono senza scegliere, in fretta, ansiosi di sbarazzarsi di quella presenza estranea che interferiva coi loro pensieri. Gli sembrò che il cameriere se ne fosse appena andato così, quando ritornò, lo guardarono malamente come se non avesse fatto che disturbarli per tutto il tempo. Notando che il cameriere recava su un vassoio le loro ordinazioni, i caffè e due fette di torta, una per Faith e una per Cordelia, compresero che doveva essere passato più tempo di quel che avevano percepito e cercarono di esternare un atteggiamento più accomodante ma, non riuscendovi, spostarono i loro sguardi nuovamente sul tavolino. Erano soli, adesso, ma continuavano a stare zitti e a fissare il ripiano. Fu Doyle che, vedendo insolitamente una massiccia fetta di torta al cioccolato davanti a Cordelia, ruppe il silenzio stupito



D-“Anche tu?!”



C-“Al diavolo la linea! Con quello che ho visto ho bisogno di un po’ di conforto!”



F-“Come ti comprendo…”



Disse Faith arando con la forchetta la copertura di panna della sua fetta di torta. Tutte e due tormentavano con le forchettine i dolci davanti a loro senza assestare il colpo di grazia e iniziare a mangiarli. Erano visibilmente sovrappensiero e sobbalzarono appena quando Doyle domandò



D-“Mi parlereste di questo Spike? A grandi linee ho capito chi è ma vorrei saperne di più. Era uno dei vostri peggiori nemici, giusto?”



C-“Già…”



Rispose Cordelia distratta mentre Faith, recuperata la concentrazione, disse a Doyle quel poco che sapeva del vampiro.



F-“Quando arrivai a Sunnydale, Spike se n’era andato da molto. Tornò una volta per neanche quarantotto ore ma non ebbi modo di incontrarlo e, quando mi risvegliai dal coma, era tornato ma non so da quanto fosse di nuovo a Sunnydale. A parte il fatto che conoscesse Angel e che è un vampiro decisamente pericoloso non so un granchè sul suo conto...”



Faith, finito di parlare, volse lo sguardo su Cordelia che, a ragion di logica, doveva essere quella che sapeva di più sul pallido assassino. Anche Doyle la guardava in attesa di un gesto qualsiasi. Cordelia, osservando le loro espressioni, assentì col capo e con un mezzo sorriso disse



C-“Si…Io so qualcosa di più su Spike…”



Rimase in silenzio per pochi secondi poi, stringendo gli occhi come per mettere a fuoco i suoi ricordi, cominciò a raccontare.



C-“Ricordo con esatezza il giorno che sentii parlare di Spike per la prima volta…”



C-“Spike?!? Che razza di nome è Spike?! E soprattutto chi è?!”



Disse Cordelia, raccogliendo le ultime parole di Buffy, mentre faceva il suo ingresso in biblioteca. Ormai, per un motivo che era ignoto anche a lei, andava spesso in biblioteca ad ascoltare le catastrofi di quel gruppo di pazzi. Erano già tutti lì: il sig. Giles, Buffy, la fedelissima Willow e quell’impiastro di Xander. Buffy, con aria scarsamente tollerante, le rispose



B-“…Un vampiro, Cordelia…”



C-“Un altro vampiro? Ma non finiscono mai?!”



Controbattè Cordelia sistemando la sua giacca e la borsetta su una delle sedie che erano intorno al tavolo.



B-“Sembrerebbe di no… Che ci fai qui, Cordelia?”



C-“Sono venuta a sentire se ci sono fini del mondo in previsione per il week-end, in fondo, se non lo sapete voi, non lo sanno di certo al telegiornale e poi… Siete più affascinanti di X-files!”



X-“Il telegiornale?! Tu guardi il telegiornale? E da quando ti interessi di qualcosa che non parla di te, Cordelia?”



C-“Non mi risulta di averti rivolto la parola, Xander. Quando lo farò te ne accorgerai, puoi crederci…”



G-“Ragazzi comprendo le vostre vicissitudini… A dire il vero no, ma… Sono sicuro che… Comunque sia, abbiamo un nuovo vampiro a Sunnydale, e sembra piuttosto pericoloso e, questo, ha la precedenza su ogni cosa. Dobbiamo assolutamente scoprire chi è. Cordelia, visto che sei qui ci darai una mano nelle ricerche…”



Giles l’aveva incastrata un’altra volta ma, in fondo, la cosa non le dispiaceva più di tanto, quella realtà inquietante in cui era finita in mezzo aveva un che di affascinnante dopo tutto. Giles selezionò una serie di manoscritti che ritenne i più utili e li mise sul tavolo cosicchè Cordelia, Buffy e Xander potessero cominciare a consultarli. Willow, al computer, cominciò a cercare informazioni in rete e Giles si mise a consultare i diari degli osservatori. Si era fatta sera e non avevano scoperto ancora nulla sul conto del “nuovo arrivato” quando Angel entrò in biblioteca.



A-“Salve…”



Tutti si girarono di scatto, non si erano accorti del suo arrivo. Dopo un momento di stupore si rilassarono e lo salutarono ritornando alle ricerche. Tutti tranne Buffy che, vedendolo, saltò in piedi e si precipitò davanti a lui con le mani intrecciate dietro la schiena e uno smagliante sorriso.



B-“Ciao Angel!”



A-“Ciao Buffy. Novità…?”



B-“Tu sei una novità! Eri sparito…”



Angel la guardava con dolcezza sorridendole e mentre Buffy gioiva di quella reazione, Xander, che non amava assistere a quelle scene, chiese infastidito al vampiro



X-“Come mai da queste parti, Angel?!”



A-“Sabato sarà S. Vigious.”



G-“S.Vigious! Santo cielo, ma certo! Come ho fatto a non pensarci! Dev’essere per questo, dev’essere per via di S.Vigious!”



C-“Cos’è S.Vigious?”



A-“Vigious condusse una specie di crociata nell’Europa dell’est sterminando gli esseri umani, poi si scontrò con dei cavalieri di un ordine di osservanza templare e morì con tutti i suoi seguaci. A tutt’oggi Vigious viene considerato come un santo liberatore da più della metà dei vampiri che compiono riti e imprese in suo onore nel giorno della sua morte… Ma…E’ forse già successo qualcosa?”



B-“Oh, niente di che!”



G-“Si, invece!”



Disse Giles spazientito per l’atteggiamento noncurante di Buffy, poi guardando Angel continuò



G-“È arrivato un nuovo vampiro. Ieri sera ha cercato deliberatamente Buffy, ha mandato in avanscoperta un altro vampiro e ha osservato Buffy mentre combatteva, il chè, è decisamente insolito. Poi ha detto a Buffy che l’avrebbe uccisa sabato.”



B-“E’ stato originale, devo ammetterlo ma, a questo punto, mi sembra ovvio che si tratti di un fanatico religioso, no?!”



A-“Non credo… Avrebbe rivendicato il motivo e invece voi ignoravate che sabato sarà S.Vigious… Che cosa sapete sul conto di questo vampiro?”



Nel fare quella domanda Angel volse il suo sguardo su Giles aspettando con celata impazienza una risposta da parte dell’osservatore. Da come Giles scuoteva la testa non dovevano sapere molto e, infatti



G-“Nulla, assolutamente nulla. Ho consultato i diari degli osservatori e ora stavo controllando su quello che tu chiami “l’elenco telefonico dei vampiri” ma non c’è nulla neanche qui…”



Osservare il modo di combattere di una cacciatrice, informarla del giorno in cui la ucciderà. Quel modo di fare era insolito per un vampiro eppure ad Angel non suonava nuovo, anzi gli era letteralmente familiare quell’atteggiamento. Lo sapeva, lo aveva sentito dentro di sé ma aveva sperato di sbagliare, era per quello che si era recato lì, per avere una smentita alle sue sensazioni. Ormai non gli restava che sentire quel nome per avere una conferma di ciò che gli aveva già rivelato il suo sangue prima ancora di mettere piede in biblioteca e ascoltare quelle parole.



A-“Come si chiama?”



Chiese Angel, a quel punto, più rassegnato che non titubante anche se gli altri non se ne accorsero. Buffy gli rispose con tranquillità per poi continuare rivolta a Giles con troppa sicurezza nelle sue forze.



B-“Il vampiro che era con lui l’ha chiamato Spike…Ad ogni modo sig.Giles lei la fa troppo tragica secondo me! Non sarà peggio degli altri no? Comunque non certo peggio del Maestro, vero Angel?”



Buffy girandosi vide Angel impietrito con i lineamenti del volto contratti. Smise di scherzare e impallidendo si aggrappò a una manica della giacca di Angel strattonandolo.



B-“ Non è peggio del Maestro, vero Angel? Non può essere peggio, vero?”



Non si trattava di un fanatico religioso assoldato dal piccolo Eletto per la festività di S.Vigious. No, si trattava di Spike e Spike non aveva mai creduto in quelle assurde buffonate quindi non era altro che una coincidenza. Una dannatissima, stramaledetta coincidenza. Angel osservava il vuoto come se davanti a sè avesse un baratro di ricordi e volesse buttarvisi per negare la realtà. Per caso colse la domanda di Buffy e le rispose con voce meditativa



A-“Non è nè peggio, nè meglio…E’ qualcosa di diverso…Di molto diverso…”



Liberandosi dalla presa di Buffy si diresse verso Giles lasciandola ammutolita in mezzo alla stanza. Con lo sguardo fece una panoramica dei libri che avevano utilizzato per le ricerche. Conosceva quei libri, li aveva anche lui. Alzò gli occhi e fissò Giles incredulo.



A-“Hai detto che non avete trovato nulla… Nemmeno sull’elenco?”



G-“No, te l’ho detto. Non c’è nulla su questo Spike.”



Angel abbassò gli occhi poi, con una mano, girò un consistente numero di pagine dell’ elenco che era di fronte a Giles aperto alla lettera S e lo aprì alla W.



Quasi automaticamente, Angel fece scorrere l’indice sulla pagina e, indicando un punto, fissò Giles negli occhi.



A-“Avete cercato sotto il nome sbagliato.”



Angel indietreggiò e tutti si misero intorno a Giles che teneva l’elenco in mano.



G-“William Il Sanguinario…”



Giles, pronto a fare un mucchio di domande, alzò lo sguardo cercando Angel esattamente come gli altri, ma vide solo le porte della biblioteca richiudersi: Angel se n’era andato.



C-“Dovemmo rifare daccapo tutte le ricerche. Spike aveva un curriculum di un km pur avendo “solo” 114 anni, come ci disse Giles, e la sua caratteristica era di essere un uccisore di cacciatrici.”



F-“Che successe poi quel sabato, la notte di S.Vigious?”



C-“Assolutamente nulla.”



D,F-“Cosa?!?”



C-“Avete capito bene, nulla. Spike decise di non aspettare S.Vigious e irruppe nella scuola con i suoi scagnozzi proprio nel giorno dell’incontro tra genitori e professori …”





Nella scuola era rimasta solo la scooby-gang. Mentre, in biblioteca, Giles, la signorina Calendar e Willow continuavano a fare ricerche sulla notte di S.Vigious, Buffy si apprestava a smantellare il suo allestimento-punizione per l’incontro genitori professori, che era appena terminato e non era affatto andato come sperava. Xander e Cordelia continuavano a becchettarsi invece di aiutarla e lei stava per riportarli all’ordine quando le luci della scuola si spensero.



C-“Oh, fantastico! Ci mancava solo questa! Giles non pretenderà che continuiamo le ricerche al buio, vero?!”



X-“Spiacente Cordelia, ma la biblioteca è illuminata dalle luci di emergenza!”



B-“La volete piantare?! Piuttosto mi chiedo come mai sia saltato l’impianto elettrico…”



In quel momento la vetrata, che occupava interamente la parete dietro di loro, andò sonoramente in frantumi e, in mezzo a quella pioggia di vetri rotti, una voce ironicamente beffarda, che Buffy aveva già sentito, disse



S-“So che dovevamo scontrarci sabato ma, stasera, non c’era niente di bello in TV così non ho saputo resistere alla tentazione…Spero che non ti dispiaccia…”



Spike, prima del previsto. Capeggiava una ventina di vampiri e la guardava con gli occhi luccicanti di un felino al buio, la guardava con gli occhi del vampiro e, sorridendo, scopriva leggermente i canini affilati. Buffy si portò, istintivamente, davanti a Cordelia e Xander allargando le braccia per ripararli: non poteva farcela. Venti vampiri senza contare Spike che era il problema principale e neanche l’ombra di un paletto. Buffy strinse leggermente un braccio a Cordelia e Xander per farli ritornare in sé stessi dallo shock e, sentendo i loro sguardi non esitò a spingerli leggermente indietro ordinando poi,



B-“Correte!”



Spike allargò il suo sorriso per tornare immediatamente serio, sfilò le mani dalle tasche del trench in pelle e, schioccando le dita, indicò ai suoi scagnozzi i corridoi laterali. Aveva posto un assedio. Normalmente non l’avrebbe mai fatto, se la sarebbe sbrigata da solo e da solo, infatti, si sarebbe occupato della cacciatrice e dei suoi amici ma, aveva avuto una strana sensazione da quando aveva messo piede in quella città e non voleva correre il rischio che qualcosa andasse storta. Non era stato solo lui a provare quella sensazione, anche la sua Principessa, aggravata nella sua follia, l’aveva provata e, per un attimo, per un breve istante aveva provato una flebile speranza che aveva deciso subito di accantonare. Si trovavano su una Bocca dell’Inferno, in un centro magnetico di vibrazioni, poteri e varchi temporali e dimensionali, tutto lì, nient’altro.



Mentre i vampiri accerchiavano il liceo, Spike con passi lunghi e lenti, seguiva sicuro la cacciatrice e i suoi amici che scappavano con tutte le loro forze. Appena giunti nella biblioteca Buffy, Cordelia e Xander tentarono, sotto lo sguardo allibito di Giles, Jenny Calendar e Willow, di sbarrare la porta. Nessuno ebbe il tempo né di chiedere, né di spiegare cosa stesse accadendo perché Spike, spingendo con forza le porte della biblioteca, fece letteralmente volare Xander e Cordelia, scaraventandoli a terra. Buffy prese immediatamente dal tavolo uno dei paletti che avevano intagliato in vista di S.Vigious e, messasi in posizione di difesa, fronteggiò Spike. Il vampiro si fermò di colpo perplesso poi, scoppiò in una risata strafottente e, con agile rapidità, raggiunse Buffy sferrandole un calcio alle costole talmente violento da abbatterla contro il muro. Non avevano mai visto una simile velocità in un vampiro. No, Spike non era decisamente un vampiro come gli altri e, quanto non lo fosse, lo stavano sperimentando sulla loro pelle. Buffy era a terra ancora dolorante e Spike le si stava avvicinando lentamente. Giles si frappose tra la sua protetta e il vampiro con una croce di notevoli dimensioni. Spike, con un gesto secco della mano, spezzò di netto il polso della mano di Giles che reggeva la croce facendogliela cadere a terra. Comunque cercassero di contrastarlo, Spike rendeva ogni loro tentativo vano senza compiere alcuno sforzo. Ormai era in piedi di fronte alla cacciatrice e, con sprezzante delusione



S-“Speravo in un incontro migliore… Più combattuto se non altro… Pazienza! Confido nelle capacità di quella che verrà dopo di te!”



Era chino su di lei, le sue mani affusolate, dalle unghie impeccabilmente laccate di nero, stavano per raggiungere Buffy quando si immobilizzò. Lentamente si rialzò mostrando per la prima volta i suoi connotati umani: era bello come un angelo caduto. La sua era una bellezza ombrata di crudeltà e i suoi intensi occhi grigio blu la sottolineavano. Il suo gelido pallore era accentuato dai capelli biondi, quasi bianchi e a contrasto nemmeno le sue labbra sottili, che erano anch’esse esangui. I sensi del vampiro erano tesi come se avesse avvertito qualcosa e questo lo potevano notare perfino loro che erano umani. Aveva sul viso un’espressione di fanciullesca sorpresa velata di follia. Girò con calma la testa accompagnandola con tutto il suo corpo, il suo sguardo era rivolto verso l’ingresso della biblioteca ed era perplesso, pareva non credere a ciò che era di fronte a lui ma, quando cominciò a realizzare, sul suo viso sorse la meraviglia illuminandolo di gioia. Schiuse le labbra in un entusiastico sorriso che allargandosi sempre di più esplose in un’euforica esclamazione



S-“Angelus!”



Quella strana sensazione che gli aveva dato il benvenuto non appena aveva messo piede a Sunnydale. Quella strana sensazione non era la Bocca dell’Inferno, era il suo sangue. Angelus, il suo Sire, la sua famiglia di nuovo davanti a lui, dopo quasi un secolo. Si era ripromesso un’infinità di volte che se si fossero rincontrati gli avrebbe rinfacciato di essere sparito senza dir nulla, lasciandoli coi peggiori presagi al loro destino, ma ora era davanti a lui, con la stessa aria impassibile e fiera. Solo gli occhi tradivano una dolorosa nostalgia, anche loro erano mancati a lui, nello stesso modo in cui lui era mancato a loro. Quante cose aveva da domandargli: le donne, i paesi, le usanze. Dov’era stato, cosa aveva conosciuto e appreso, se gli avrebbe insegnato qualcosa che aveva acquisito in quel viaggio e i ricordi. Ricordi di guerre estranee a loro, di nuove scoperte, di confini ampliati, di mode e costumi, da dove e come era stato attraversato da tutti quegli avvenimenti nel corso del tempo. Ormai incurante della cacciatrice, Spike si mosse a grandi passi verso Angel, allargando le braccia come per abbracciarlo ma, a poco da lui, si bloccò d’improvviso. Il suo viso e tutto il suo essere erano paralizzati dall’orrore. Cominciò ad indietreggiare e, con gli occhi sbarrati, lo fissava incredulo facendo ripetutamente cenno di no col capo. Un’anima, nel corpo del suo Sire, in quel vampiro che aveva fatto di lui un altro vampiro, era un’anima. Negli occhi di Spike l’incrdeulità fece presto largo all’odio. Strinse i denti con una forza tale che sembrò dovesse incrinarli e poi esplose in un urlo feroce e disperato a un tempo.



S-“NOOOO”



A-“Anche noi possiamo cambiare…”



Angel era rimasto fermo a guardarlo da quando era entrato in biblioteca. Negli occhi aveva un barlume di vana speranza. Spike invece camminava per la stanza avanti indietro come una belva in gabbia, guardando dappertutto e non vedendo nulla, pervaso da una rabbia cieca. Continuando a fare cenno di no col capo si rivolse ad Angel rispondendogli



S-“No, non noi… Non TU… TU che eri il mio Sire, TU che hai fatto di me ciò che sono, Tu… Mi hai tradito…”



Su quelle ultime parole Spike aveva mitigato il tono a un punto tale che gli erano uscite di bocca come un debole sussurro, gli occhi erano colmi di disperazione, sconforto, ira. Tutto il suo essere emanava un dolore fortissimo che stordiva Angel più del normale. Più del normale perché a soffrire era Spike, il sangue del suo sangue e soffriva in quel modo a causa sua. Tante, troppe cose da dire che Spike non era disposto ad ascoltare, quasi un secolo di lontananza. Ricordi, esperienze diverse. Eppure qualcosa doveva dirgli, in qualche modo doveva rassicurarlo che non era vero, che non lo aveva tradito, così gli gridò altrettanto disperato



A-“MAI”



S-“SI, invece!”



Un urlo. Niente più sconforto, niente più disperazione, niente più dolore solo collera, collera e… Odio. Angel abbassò gli occhi abbattuto dalla dolorosa certezza che avrebbe dovuto lottare con Spike. Lottare con lui certo, ma non ucciderlo. Non avrebbe potuto, non ci sarebbe riuscito, non dopo… No, non avrebbe distrutto così la sua famiglia, piuttosto si sarebbe lasciato distruggere da essa ma… Cosa ne sarebbe stato della cacciatrice e degli altri se si fosse lasciato uccidere? La risposta era una sola: sarebbero stati massacrati. Mentre Spike continuava a non trovare pace, anzi, la sua rabbia cresceva di minuto in minuto, Angel rialzò gli occhi. Non c’era nulla che potesse dire o fare per impedire ciò che sarebbe accaduto, con voce calma



A-“In questo momento non vedi altro e non vuoi altro se non che ci facciamo a pezzi… Non è così…?”



A quelle parole, Spike si fermò di colpo e lo guardò esterrefatto



S-“Credevi davvero che dopo questo saremmo usciti tutti e due da qui… Interi?!”



Quasi un secolo di separazione, lustri e lustri a chiedersi dove fosse andato, a domandarsi se l’avrebbe più rivisto, ad inveire contro tutto e tutti per la sua assenza quando avrebbe avuto bisogno di parlargli, a consolarsi reciprocamente con la sua Principessa per quella solitudine che li aveva avvolti dopo la sua sparizione e per cosa? Per ritrovarsi di fronte qualcuno di cui conosceva, ormai, solo le sembianze? Ed erano proprio quelle sembianze che lo confondevano, che gli avevano impedito di attaccarlo immediatamente, come avrebbe fatto d’istinto, quando aveva sentito quell’anima. Angelus che gli aveva donato col suo sangue l’immortalità, che aveva sostenuto le sue speranze e condiviso le sue vendette, che lo aveva guidato e seguito. Angelus, il suo Sire, suo Fratello, la sua famiglia, il suo sangue e ora più nulla. Solo un viso che rievoca ricordi e un’anima che li nega. Sentiva quell’anima in Angelus così fortemente che passava da parte a parte anche lui stesso, assordante come un urlo, alienante come un ronzio. Vedeva quell’anima come la negazione di tutto, della sua scelta, dell’immortalità che aveva ricevuto e di quella che aveva donato. La negazione di tutto, di se stesso come vampiro e quindi anche di lui e della sua Principessa. Rinnegati, abbandonati, traditi. Vendicarsi, ucciderlo, farlo a pezzi e… E poi alzare lo sguardo e vedere quel viso, rimanere confuso, disorientato. Vendicarsi? Ucciderlo? Farlo a pezzi? No, non poteva, non ci sarebbe riuscito, piuttosto si sarebbe lasciato fare a pezzi lui ma, chi si sarebbe preso cura della sua Principessa poi? La risposta era una sola: nessuno. L’anima, doveva vedere solo quell’anima, sentire solo quell’anima, pensare solo a quell’anima perché di lui, ormai, non c’era che quello. Buffy e gli altri, rannicchiati in un angolo della biblioteca, non avevano smesso un attimo di guardarli e ascoltarli, ma era come se non avessero visto né ascoltato niente. Non avevano visto né sentito il dolore e la disperazione dei due vampiri: Angel sembrava calmo, aveva alzato la voce solo una volta ma era rimasto impassibile e di Spike, che era emotivamente il più esposto, non avevano percepito che la rabbia. Non erano in grado di cogliere quella miriade di sfumature emotive che dipingevano i volti dei due vampiri e ora erano fermi a fissarsi senza dire più nulla come se si stessero studiando, era comunque impossibile capire cosa passasse per le loro menti, ma era ovvio che da un momento all’altro si sarebbero attaccati.



Cominciarono a camminare, in circoli concentrici per la stanza, guardandosi fissamente. Non avevano bisogno di studiarsi si conoscevano troppo bene, si avvicinavano lentamente, con cautela, rinviando il momento dell’attacco, poi si fermarono l’uno davanti all’altro.



Aspettare, temporeggiare ancora, no, impossibile. Troppo snervante sostenere ancora quell’anima e ora che erano così vicini era quasi opprimente. Spike abbassò il capo come stordito, lo rialzò e riprese i connotati dell’assassino. Ora si sarebbero scontrati.



Spike si scagliò su Angel con il braccio sinistro proteso in avanti, la mano tesa, aperta come se fosse una lama per colpirlo di traverso al viso, Angel lo attaccava in egual modo con la destra poi si attaccavano col braccio opposto, in scambi così veloci che si distinguevano a fatica. Si paravano coi polsi, bloccando i colpi l’uno dell’altro e rimanendo immobili, per il primo momento, nelle loro posizioni evitando che l’altro avanzasse quando, Spike si mosse di lato ed Angel si allontanò d’istinto per non rimanere scoperto al fianco, evitando di striscio un calcio e chinandosi immediatamente a terra stendendo una gamba per atterrare Spike che, saltando indietro, ritornò un istante in posizione di difesa per poi riattaccare più veentemente di prima. Le loro tecniche erano similari. Agili, precisi, veloci, sembravano coordinati al secondo e più il tempo passava più lo scontro diventava violento. Spike avanzò col braccio destro, Angel gli afferrò l’avambraccio torcendoglielo in modo da disarticolare il gomito mentre Spike, afferatolo con la mano sinistra per la clavicola destra, gli fece fuoriuscire l’osso della spalla. Si lasciarono con uno spintone e con rapidità, senza una smorfia o un lamento, Angel, dando una gomitata indietro, rimise apposto la spalla mentre Spike, contemporaneamente, afferratosi con decisione il polso destro torse l’avanbraccio riarticolando il gomito. I mortali assistevano a quell’incontro senza emettere un fiato, impressionati dalla freddezza dei due vampiri. Nella biblioteca echeggiavano solo i rumori sordi di ossa che, disarticolate, venivano riarticolate o di costole spezzate che venivano riparate con gli avanbracci in attesa che si rinsaldassero da sole, più il leggero frusciare del trench in pelle che indossava Spike. Dotati di una forza eccezionale, anche per essere dei vampiri, parevano instancabili. Con velocità mai vista si scansavano evitando l’uno gli attacchi dell’altro. I mortali avevano la sensazione, quando vedevano quelle mani aperte fendere l’aria, che avrebbero potuto affondare nella carne con più agevolezza di un coltello, e avevano ragione: Spike, sull’ultimo affondo, sfiorò il viso di Angel colpendolo in modo così lieve da far rimarginare il taglio all’istante, ma lasciando, poco sotto l’occhio del vampiro, una lacrima di sangue solcargli lo zigomo. Angel allora bloccò fermamente le mani di Spike, erano faccia a faccia, più vicini di quanto non fosse capitato prima e più di quello che avrebbero voluto. Si spinsero con una forza tale che si scaraventarono vicendevolmente sulle pareti opposte della biblioteca.



L’aveva guardato negli occhi, sembrava ancora lui ma continuava a sentire quell’anima. No, non era lui, lui non avrebbe accettato un’anima senza ribellarsi, lui non l’avrebbe mai attaccato, lui avrebbe preferito morire piuttosto che… A quell’idea Spike si accasciò al muro su cui era stato scaraventato e si aggrappò alla parete liscia con le dita nascondendo di lato il viso, di nuovo umano, e mormorando



S-“Ho creduto che fosse un delirio… Ho voluto credere che fosse stato solo un suo picco di follia, perché era assurdo anche solo pensare che potesse essere vero…”



Angel sbarrò gli occhi rialzandosi da terra e avvicinandosi lentamente, sperando di sbagliarsi, che Spike non alludesse a ciò che pensava. Spike fece scivolare giù le dita dalla parete e il suo tono divenne duro, mentre tirandosi in piedi continuava



S-“Il sangue, la vita, l’amore…”



No, non poteva essere, non era vero. Stavolta fu Angel a scuotere il capo facendo cenno di no, guardandolo fissamente. Spike, gli occhi come due lame di ghiaccio grigio blu, e la voce bassa dell’odio più profondo



S-“Darla, non avrebbe mai mosso un dito contro di te…”



Svuotato. Non solo stava fronteggiando Spike, ma ora il nome di Darla ritornava ad echeggergli nelle orecchie. Spike mutò di nuovo il suo volto, gli occhi lucidi da una patina di lacrime che per un vampiro erano difficili da spendere e la voce che sarebbe uscita rotta se avesse parlato, ma non voleva parlare. Voleva urlare. Voleva urlargli in faccia ciò che pensava di lui e, scagliandoglisi contro



S-“Ingrato… Assassino… Vigliacco… TRADITORE!”



Sentite quelle parole, Angel si riprese istantaneamente e, mostrando le fattezze del vampiro, bloccò Spike per le mani, gli girò le dita indietro spezzandogliele e, a denti stretti



A-“Tu non sai niente…”



Continuò ad esercitare pesantemente la pressione sulle mani di Spike, spezzandogli anche i polsi, e ripetè urlando



A-“TU NON SAI NIENTE!”



Lasciò la presa e sferrò, con il dorso della mano, uno schiaffo micidiale a Spike catapultandolo contro la colonna portante delle impalcature in legno che avevano montato per ridipingere la biblioteca, con notevole disappunto di Giles. La forza del colpo fu tale da spezzare la colonna e far crollare l’impalcatura seppellendo il vampiro.



Spike giaceva a terra, una parte della colonna l’aveva trapassato sfondandogli la cassa toracica ma risparmiando il cuore. Angel, col viso di nuovo umano, guardò Spike come ipnotizzato dall’orrore. Era immobile, a terra, Angel si diresse verso di lui, l’aveva quasi raggiunto quando il vetro della finestra, che stava alle spalle di Spike, si frantumò. Una ragazza dalla figura esile era china su Spike a verificarne le condizioni, poi si alzò e si voltò verso Angel. I lunghi capelli castani che le coprivano il viso si scostarono mostrando un viso cereo e affilato sul quale campeggiavano due occhi di un azzuro profondo e una bocca finissima rosa tenue. Angel spalancò gli occhi sgomento. La ragazza alzò la mano verso di lui come a sconsigliargli un qualsiasi movimento e con voce inquietante gli disse



D-“Non ti azzardare…”



Prese tra le sue braccia minute il corpo trafitto e privo di sensi di Spike e velocemente come era irrotta se ne andò. Angel continuava a fissare il punto dove era scomparsa e quasi afono esalò il suo nome



A-“Drusilla…”



C-“… Angel se ne andò dalla biblioteca subito dopo Drusilla…”



F-“E voi?”



C-“Noi eravamo shockati a morte! Spike era davvero un pessimo cliente, ed era un Child di Angel! Così, come scoprimmo in seguito, anche Drusilla. Poi era la prima volta che vedevamo il lato oscuro di Angel, a parte Buffy. Perché dico, tu lo vedi e sai che è un vampiro. Sai che non respira e che il suo cuore non batte, ma non realizzi finchè non lo vedi…“Cambiare”…”



D-“Si è vero. Non ci pensi…”



F-“E i venti vampiri che avevano assediato la scuola?”



C-“Angel li uccise tutti, quando uscimmo non vedemmo che polvere.”



D-“Mi chiedo cosa possa volere Spike ora…”



oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo



A-“Burbon, Whisky o… Sangue?”



Sprofondato nel divano del salotto di Angel, Spike, a viso basso, sollevò lo sguardo



S-“Americano?”



Angel con tono sdegnoso rispose



A-“Irlandese! Comunque da qualche parte forse ho una bottiglia di Jack Daniels…”



S-“Quello irlandese andrà benissimo, grazie.”



In due bicchieri rotondi bassi e larghi di finissimo cristallo risplendeva il giallo paglierino del whisky. Spike prese il bicchiere in mano fissandone il contenuto con disattenzione.



Doveva essere completamente impazzito per essere in quel posto, in quel momento della sua esistenza. Chissà che diavolo gli era saltato in mente di andare là, certo dopo la scena che aveva fatto non poteva certo prendere i piedi e andarsene. Oppure poteva? Si che poteva, nessuno glielo impediva, ma andarsene in quel momento sarebbe stato uno sbaglio più grosso di quello che era stato recarsi lì. Lo stava osservando, poteva sentire chiaramente su di sé gli occhi di Angelus, Angel o come accidenti si facesse chiamare ora. Perché non pensava al suo whisky invece di fissarlo a quel modo?! E quella calma, quell’aria serafica che gli poteva leggere in faccia, certamente non lo aiutava a riprendere un minimo di controllo o a mettere apposto le idee. Una volta ammirava quella calma e lo divertiva molto vedere i suoi interlocutori perdere le staffe e impazzire dal nervosismo al cospetto di tutta quell’austera serenità, adesso era lui l’interlocutore che perdeva le staffe e la cosa non lo divertiva per niente, anzi. Ma come faceva a mantenere quell’autocontrollo di fronte a lui con tutto quello che era successo tra loro?! Quasi un secolo di lontananza, poi quell’incontro-scontro, l’averlo quasi ucciso per salvare Drusilla e…Drusilla… Certamente non si era dimostrato più savio di lei a presentarglisi davanti dopo tutto quello che era accaduto, eppure rivolgersi a lui gli era sembrata la cosa più normale. Sarebbe stata anche la cosa più istintiva se non si fosse bloccato da solo, andare da lui era la prima cosa che gli era venuta in mente, ma poi i tentennamenti e l’autoconvinzione che era tutto perfettamente risolvibile e sotto controllo l’avevano distolto da quell’intento. Adesso però non poteva più autoconvincersi di nulla, aveva bisogno di una spiegazione, quella che da solo non era riuscito a trovare. Aveva bisogno di aiuto, un aiuto che sapeva, nonostante tutto, avrebbe potuto trovare solo in Angelus…Angel… Tanto valeva che ci facesse l’abitudine o, a seconda dei punti di vista, ci si rassegnasse a quel abbreviativo. Bene, era riuscito a riprendere un po’ di logicità, ora non gli restava che capire da che parte dovesse cominciare a spiegargli il motivo della sua presenza e, anche quella, non era una cosa facile.



Spike stava zitto da un bel po’ e non dava cenni di voler parlare, il fatto che si fosse recato da lui lo aveva felicemente sorpreso. Quando aveva saputo cos’era successo aveva avuto l’impulso di andare da lui, ma poi aveva tentennato. Quasi un secolo di lontananza, poi quell’incontro-scontro, la faccenda di Drusilla…se si fosse presentato in quel momento, Spike avrebbe pensato più a uno sfregio che ad un appoggio, così si era distolto dal suo intento. Continuava a stare zitto, ma ora sembrava aver recuperato la calma, si azzardò ad accennare quello che credeva il motivo della sua venuta per cercare di venirgli incontro



A-“Si tratta del chip?”



Spike si risvegliò di botto dai suoi tentativi mentali di inizio discorso. Forse avrebbe potuto anche sorvolare sul fatto che, nonostante lo sapesse, l’avesse lasciato friggere dall’imbarazzo di spiegargli l’accaduto seduto su quel divano, ma certamente non avrebbe chiuso nemmeno un occhio su come lo fosse venuto a sapere. In tutto quel periodo era stato incredibilmente discreto, nel loro ambiente nessuno aveva sospettato nulla, perfino quel chiacchierone di Willy era all’oscuro di tutto e allora? Come faceva a saperlo? Aveva più che il sospetto la certezza che fosse stato qualcuno della gang di Sunnydale, così con aria seccata disse



S-“Visto il grande “amore” che vi ha sempre legati mi sento di escludere che sia stato Xander a dirtelo. Quindi, chi è stato? È stata la Cacciatrice, per caso?”



Il viso di Angel si rabbuiò impercettibilmente. Non avrebbe mai potuto essere Buffy ad informarlo. Non si parlavano dalla sera che lui aveva lasciato Sunnydale e non la vedeva da quella mattina in cui, con la gemma di Amara al dito, vedendo Riley al suo fianco aveva scoperto di non essere poi così indispensabile per lei. Tra l’altro Buffy, da quando aveva lasciato Sunnydale quella sera, non aveva idea di dove fosse andato o di come raggiungerlo. No, non era stata Buffy ad informarlo.



Nessuno avrebbe potuto notare quell’ombra di tristezza sul viso di Angel. Nessuno tranne Spike che abbassò lo sguardo con disagio storcendo la bocca di lato. Evocargli spiacevoli ricordi era l’ultima cosa che voleva fare. Angel rispose laconico alla sua domanda



A-“E’ stato Giles…”



S-“Giles?! E da quando ti senti con…”



Il moto di sorpresa di Spike venne stroncato da un rapido giro di mille pensieri che gli diede la risposta



S-“…Certo, da quando te ne sei andato, è ovvio. Avrei dovuto capirlo da quell’incantesimo sumero che hanno fatto per sconfiggere quella specie di ibrido creato dall’Iniziativa. La biblioteca di Giles è molto ben assortita tuttavia non include simili gemme. Era tuo quel libro vero? Gliel’hai dato tu, non hai mai smesso di vegliarla…”



Angel annuì con un leggero cenno del capo. Ecco un’altra cosa a cui avrebbe dovuto fare l’abitudine o rassegnarsi insieme all’abbreviativo: Buffy Summers. Che gli piacesse o meno, Angel aveva dimostrato, maledizione o no, di tenere a quella ragazzetta da spot dello shampoo, se avesse saputo che forse anche…



A-“E’ stata l’Iniziativa?”



Spike si riscosse, capì che quello stava a significare la conclusione di quel discorso. Conosceva molto bene Angel e sapeva che, se Angel non voleva parlare di qualcosa, non c’era verso di fargli cambiare idea. Recuperò tutto il suo sarcasmo e, scuotendo il capo enfaticamente



S-“No è stata Elizabeth Arden, ha deciso di rifarmi il look al carattere! Secondo te?!”



A-“Come sono riusciti a prenderti?”



S-“Caliamo un velo pietoso. Non è questo il punto. Il punto è che io sono ancora con questo coso nel cervello che mi impedisce di fare la minima cosa. Sono diventato l’ombra di me stesso, te ne rendi conto?!”



A-“Più o meno…Ma cosa vuoi da me, l’indirizzo di un buon neurochirurgo?!”



S-“Da quando sei ritornato tanto ilare? Ho bisogno di capire cosa mi accade. Se dipende da me o da questo maledetto aggeggio. In tal caso gradirò molto l’indirizzo del buon neurochirurgo. Ma prima devo sapere…”



Spike tornò ad essere grave e fissò intensamente negli occhi Angel. Spike sapeva perfettamente come funzionava il chip che gli avevano impiantato, l’aveva imparato a sue spese. Quell’impossibilità a regire d’istinto doveva averlo esasperato non poco visto che l’essere impulsivo era sempre stata la sua caratteristica principale. Dopo un primo, comprensibile, momento di defaiance avrebbe potuto trovare una facile soluzione al suo problema, non gli sarebbe stato difficile “convincere” qualcuno a levargli quel chip, eppure non lo aveva fatto. Incertezze, ripensamenti, forse rimorsi. Potevano essere centinaia i motivi che gli avevano fatto sorgere quel dubbio…



A-“Vuoi sapere se quel chip può averti restituito l’anima?”



Spike fece un lento cenno di si con la testa, senza distogliere lo sguardo da Angel, aspettando il suo responso.



A-“Niente e nessuno, tantomeno un chip, possono restituirti l’anima…”



Spike si appoggiò al divano come alleggerito da un peso. La sua testa ricadde all’indietro e le sue membra si rilassarono. Si sentiva sollevato, sereno, ma aveva gioito troppo presto…



A-“…Per il semplice motivo che la tua anima non ti è mai stata tolta.”



Spike si risedette di colpo fissando Angel attonito. Un’anima. In lui, in lui che ormai era un vampiro da più di un secolo. Un’anima. Dove? Nella sua mente che, al contrario del suo cuore che non batteva più, non aveva mai smesso di pensare? O proprio in quel cuore fermo che fisicamente ormai faceva solo atto di presenza nel suo corpo? Un’anima. In lui, in lui che aveva abbracciato con gioia l’eternità della notte, ripudiando la mortalità del giorno. Angel osservava con attenzione Spike, era sconvolto, sgomento, come chi d’un tratto non comprende più la propria esistenza, come lui dopo che era stato maledetto. Spike avrebbe negato, rifiutato tutto come aveva tentato di fare lui all’inizio, ma Spike non sarebbe stato solo come lo era stato lui, non lo avrebbe abbandonato neanche se lui l’avesse aggredito ripetutamente e ora, nel suo viso rivedeva quella che doveva essere stata la sua espressione dopo la maledizione. Spike si riscosse con violenza dal suo torpore



S-“No. Ci deve essere un’altra spiegazione per forza.”



A-“A cosa? Al fatto che non vuoi più spegnere una vita per continuare a far brillare la tua? Al perché non riesci ad assistere come uno spettatore a teatro mentre quei ragazzini rischiano stupidamente la vita contro demoni più forti di loro per salvarla a delle persone che non li ringrazieranno mai? Al motivo per cui, nonostante tutto, provi ancora l’istinto di fidarti e di affezionarti a qualcuno anche se ti sei sentito tradito dalle persone a cui tenevi di più? Non c’è un’altra spiegazione e certamente non è il chip. Sei tu. E puoi chiamarla anima, spirito, coscienza ma rimane sempre quella scintilla che fa di te ciò che sei stato e, che ti piaccia o meno, che sei ancora. Sei tu. Tu e basta, tu e nient’altro.”



S-“Io sono un vampiro, un demone…”



A-“E’ una nuova realtà e non è facile da accettare. Siamo vampiri da tempo, ma alcune convinzioni umane sono rimaste in noi nonostante le conoscenze acquisite. l’anima non è l’accezione di un qualcosa di religioso. Non è la fede, è la vita.”



S-“Io sono morto…”



A-“Tu parli, tu vedi, tu ascolti, senti, percepisci. Tu pensi. Tu ti muovi. Tu provi dei sentimenti. Finchè potrai fare tutto questo sarai vivo, quando non avrai più un corpo che ti permetta di esprimere o recepire tutto questo, allora sarai morto… Spike puoi chiamarla anima e cercare di fuggire da lei, ma quell’anima sei tu e non esiste un posto al mondo o una dimensione abbastanza lontana perché tu riesca a fuggire da te stesso.”



Spike si rinsaccò in avanti con la testa abbandonata a se stessa, penzoloni. Lo shock era troppo anche per lui. Con un filo di voce



S-“Come…”



Voleva chiedergli come fosse stato possibile che avesse avuto un’anima e non se ne fosse accorto, ma non ebbe la forza di terminare la sua domanda. Angel comprese ugualmente e, sedendosi sul bordo del divano per avvicinarsi a Spike, cominciò a spiegargli quella nuova reltà.



A-“Quando diventiamo vampiri i nostri sensi si acuiscono, le nostre percezioni cambiano rafforzandosi, diventano complete e gli istinti prendono il sopravvento anche sui nostri sentimenti che, comunque, continuano ad esistere in noi. Ma le priorità cambiano, la scala dei valori si modifica e ci concediamo qualsiasi cosa. Il volere qualcosa o qualcuno è un motivo abbastanza valido da giustificarci ogni azione e privarci di un qualsiasi rimorso. Siamo come dei bambini che non hanno ancora obblighi sociali, solo più sviluppati: nel fisico, nell’intelletto e nelle conoscenze, il che ci rende infinitamente più sottili e crudeli …”



S-“E’ per questo che non provo nessun rimorso di ciò che ho fatto…?”



La voce di Spike era flebile e intrisa dalla confusione, mentre i suoi occhi erano cerchiati dallo sconforto più assoluto. Angel conosceva quella sensazione, sapeva ciò che stava passando Spike. A suo tempo, anche lui aveva cercato di negare l’evidenza, ma era stato tutto vano. Una notte aveva, addirittura, scelto la sua vittima e l’aveva seguita come al solito, poi al momento di palesare la sua presenza si era lasciato scivolare a terra sul muro di un vicolo non sapendo più cosa fare. Non aveva più nessuna certezza a parte quella di essere un paria: non poteva più vivere come un uomo e certamente non più come un vampiro. Quella notte, per la seconda volta in vita sua, sentì un dolore così forte dentro di sè da farlo tremare. Certamente non avrebbe lasciato che anche Spike passasse quel tormento.



A-“Spike, la gente pensa a noi come a dei mostri, non dovremmo essere i primi a sostenerli. L’amore e l’odio portano a fare qualsiasi cosa. L’amore è sorretto dalla speranza e dai sogni, l’odio dalla rabbia e dal rancore. I tuoi sogni e le tue speranze erano custoditi nell’infantile follia di Drusilla, così la rabbia e il rancore hanno avuto terreno facile. Tutti i vampiri hanno un’anima. La maggiorparte non se ne accorgerà mai e i restanti, probabilmente, lo sapranno quando avranno colmato secoli e secoli di tempo col loro passaggio. Quello che ci ferisce, quindi, non è l’anima, ma la nostra scelta. Noi abbiamo voluto diventare ciò che siamo, perdere l’anima sembrava un giusto pegno per avere la possibilità di realizzare nel tempo i sogni e le speranze che ci erano state negate in vita, ma per lo più abbiamo sfogato la rabbia e il rancore e scoprire che in tutto quel tempo, in tutte quelle azioni avevamo avuto costantemente la nostra anima ci fa sentire degli assassini, dei mostri. Non più diversi dalle persone di cui ci sentivamo superiori, dalle persone di cui ci siamo vendicati per averci indotti a quella scelta, per averci “uccisi”…”



Non aveva mai saputo il motivo per cui Angel aveva scelto di diventare un vampiro. Una scelta del genere non sarebbe stata presa alla leggera da nessuno, tantomeno da Angel che faceva attenzione anche alle piccolezze. Doveva essere stato qualcosa di veramente grave ed Angel non ne parlava mai. Solo a volte, leggendo fra le righe, si poteva intuire qualcosa di ciò che era stato, ma niente di più.



A-“In questo momento non devi ricordare quello che hai fatto, ma quello che sei stato per poterti chiarire.”



Quello che era stato. Cominciò a rimestare nella sua mente i ricordi della sua vita mortale. Istintivamente ricordò le foto della sua nascita. Era nato nell’861 e la dagherrotipia, ormai sorpassata, aveva lasciato spazio alla fotografia, ma le immagini continuavano ancora ad essere stampate su cartoncino. Ricordava in particolare una foto. Sua madre seduta in una poltrona con suo padre in piedi dietro lo schienale, sua sorella Eleonor di fianco al bracciolo e lui, in braccio a sua madre, avvolto in un voluminoso porte-enfant di pizzo san gallo bianco da cui sbucava solo la testa. Era magro anche da bambino, e del suo viso si notavano i grandi occhi grigio blu piuttosto che le guance che, per essere un neonato, davano davvero poca soddisfazione. Sua madre, le sue nonne, nonché la sua nanny Eglantyle, l’avevano ipernutrito come si fa con un tacchino natalizio e a lui certamente l’appetito non mancava, la delusione fu grande quando ammisero che la sua era un’irrimediabile costituzione. Quanto era stato viziato, tanto, tantissimo, secondo sua sorella Eleonor troppo. Il profondo affetto che provava per i suoi genitori era incalcolabile. L’amore e l’orgoglio con cui aveva appreso gli interessi del padre; il rimorso che aveva provato l’unica volta che aveva mentito a sua madre, tanto da non riuscire a dormire e da svegliarla nel cuore della notte per confessarsi; quei rari ma sentitissimi abbracci con sua sorella quando non si facevano i dispetti. Tutto nella sua memoria era nitido, come fosse accaduto poche ore prima, anche l’ingiustizia di quell’amore che lui aveva donato e che era stato vilipeso. Ricordò la sua rinascita. La sua famiglia immortale certamente non l’aveva accudito meno di quella mortale. Drusilla e il suo amore infantile e adulto a un tempo, in cui tutte le cose serie diventavano dei giochi e viceversa. Darla, la più cara amica che avesse mai avuto. Quanto si arrabbiava quando la chiamava scherzosamente Nonna… Darla, ancora non riusciva a capacitarsene…Angelus. Gli aveva insegnato tutte quelle cose grazie alle quali era ancora vivo. Erano infinitamente diversi, in molti se non in tutti i punti di vista, eppure la saldezza del loro legame non era dovuta solo dal sangue, ma dalla stima e dal rispetto reciproci. Avevano opinioni differenti su ogni cosa, tuttavia non avevano mai litigato, anzi facevano vicendevolmente tesoro dei loro giudizi. Quante volte Drusilla, Angelus e Darla avevano passato serate intere ad ascoltarlo suonare il piano e lui non avrebbe mai smesso per loro. Le conversazioni, le uscite, i viaggi. Non un istante aveva dimenticato e quell’orgoglio, l’orgoglio con cui l’avevano guardato quando aveva ucciso la sua prima cacciatrice. Darla gli aveva scompigliato i capelli chiamandolo “Il mio nipotino prediletto!”, Drusilla era al suo fianco con sguardo e sorriso fieri ed Angelus l’aveva addirittura sollevato da terra con un abbraccio. Da vampiro, come da umano, la sua famiglia era tutto e il dolore di quando si spaccò fu altrettanto incalcolabile. Pensò a quegli ultimi tempi. Della gratitudine che provava per Willow e Tara per la loro gentilezza, le uniche che si fidassero di lui e lo rispettassero per quello che era stato e che era. Già, quello che era stato e che era. Non si trattava di essere un essere umano o un vampiro, di essere William o Spike. Lui era entrambe le cose con tutto ciò che significavano. E se poteva aver avuto dei dubbi in proposito ora non c’erano più. Se lui nella sua interezza era la sua stessa anima, allora poteva dire che…



Si aveva un’anima, l’aveva solo ignorata ma era sempre stata lì ad attenderlo.



Spike era rimasto diverso tempo seduto immobile sul divano a fissare il vuoto e le espressioni che aveva assunto il suo volto erano state innumerevoli. Adesso finalmente aveva rialzato il suo sguardo e, nei suoi occhi, era una calma e serena sicurezza.



A-“Bentrovato…”



Per la prima volta, da quando si conoscevano, Spike sorrise senza sarcasmo. Il vampiro biondo scosse la testa con ancora un’ombra di sorriso, gli occhi limpidi come mai glieli aveva visti. Era seduto anche lui sul bordo del divano ora, con i gomiti appoggiati alle ginocchia, si teneva e si lasciava le mani. Ormai sicuro di quella nuova condizione chiese perplesso



S-“Ma perché solo ora? Perché non prima?”



A-“Perché il chip ti ha inibito l’istinto. Non potendo compiere le azioni hai dovuto meditare su di esse. È per questo che eri così confuso.”



S-“Se non mi avessero impiantato il chip, quindi, avrei potuto non accorgermene mai… E’ incredibile, assurdo!”



A-“Se non mi avessero maledetto, dubito che anch’io avrei mai scoperto la mia anima…”



S-“Già, la tua maledizione… Se non ti hanno restituito l’anima, allora cosa?”



A-“Nulla.”



Il volto di Spike si pietrificò a quell’affermazione di Angel, pronunciata con glaciale non curanza.



A-“I Calderash utilizzarono un globo di Teshula per maledirmi. in quel globo è imprigionata parte dei miei sentimenti. Sentimenti come l’amore, la comprensione, la tolleranza, la compassione…Il globo si impone schiacciando i sentimenti, come dire, “negativi” e gli istinti. Nel momento in cui raggiungessi un minimo di serenità e fossi dimentico di tutto ciò che ho fatto, il globo si annullerebbe col suo contenuto… Diventerei un assassino puro guidato dagli istinti e praticamente privo di sentimenti. Ma tu questo lo sai, è già accaduto ed è impossibile che tu non l’abbia notato…”



L’aveva notato, era innegabile che l’avesse fatto, o come aveva detto Angel, era impossibile che non lo facesse. Quando l’aveva rivisto, era stato felice che Angelus fosse tornato all’antico splendore, ma col passare del tempo era diventato difficile non notare quelle sfumature di carattere che erano sempre più evidenti…





Istinto di conservazione, di protezione della specie e di possesso, così poteva definire i modi di agire che Angelus riservava per se stesso, per lui e Drusilla e per la cacciatrice. Non c’era il benchè minimo affetto nei suoi gesti, nelle sue parole o nel suo sguardo. Da principio aveva attribuito quegli atteggiamenti di Angelus ad un desiderio di rivalsa e la cosa era ampiamente comprensibile visto che era stato costretto da quell’anima per quasi un secolo. Ora che se n’era liberato era normalissimo e giustificabile che volesse rifarsi del tempo perduto, eppure c’era qualcosa che non andava. I giorni e le settimane passavano e quella spietata freddezza aumentava invece di attenuarsi, così quelle che al momento erano state solo lievi sfumature avevano preso connotazioni precise e quello che doveva essere un atteggiamento momentaneo si era rivelato invece essere la sua indole. Tutto quello che era sempre stato, che aveva conosciuto era molto diverso e decisamente distante da ciò che si stava rivelando ai suoi occhi col passare dei giorni. Avrebbe potuto sorvolare su tutto, ma era quel modo di rapportarsi con loro che aveva attirato la sua attenzione e gli aveva permesso di notare tutto il resto. Nessun affetto, nessuna confidenza. Come se quella maledetta anima si fosse portata via con sé ogni emozione, ogni affetto. Angelus era il suo Sire ma si era rapportato con lui sempre alla pari ed ora non era più così certo che, andando avanti, sarebbe stato ancora così. Ma non era stato solo lui ad accorgersene, anche Drusilla aveva avvertito quella sensazione, non gliene aveva parlato ma lo capiva dal suo comportamento. Così fragile, vulnerabile, Angelus avrebbe potuto massacrare Drusilla in un battito d’ali e di questo Drusilla, nella sua follia, ne era stata sempre lucidamente consapevole, ma non aveva mai avuto motivo di temere: Angelus si era sempre preso cura di lei amorevolmente e non aveva smesso di vegliarla nemmeno con l’arrivo di Spike anche se lo faceva con discrezione. Angelus era sempre stato un punto di riferimento per Drusilla e, sebbene fossero stati amanti, col tempo era diventato come un fratello maggiore per lei, un fratello del quale si fidava ciecamente, un fratello a cui si confidava completamente. Ora era diverso. C’erano giorni in cui Drusilla temeva anche solo di inoltrarsi nella stessa parte della casa dove si trovava Angelus e si avvicinava a lui esclusivamente quando anche Spike era presente e avrebbe potuto eventualmente correre in suo aiuto, non sosteneva il suo sguardo e gli parlava solo se interpellata. Per Spike era diverso, non era né fragile né vulnerabile ed era estremamente razionale la sua mente, non era sicuro di poter affrontare uno scontro con Angelus, perché non era più sicuro di conoscerlo come prima, ma certamente non si sarebbe tirato indietro e altrettanto certamente Angelus non l’avrebbe mai attaccato, se non ne avesse avuto motivo.



Un pomeriggio, nella vecchia villa Decò dove si erano trasferiti anche lui e Drusilla dalla fabbrica su invito di Angelus, stavano aspettando l’arrivo della sera che sembrava non dovesse giungere mai. Drusilla si era rinchiusa nella sua stanza a giocare con le sue bambole, le cullava per cercare di tranquillizzarsi e non era un buon segno, Spike invece stava girovagando per la casa senza meta. Nel salone vi era una diffusa penombra rosata causata dalla luce del sole che premeva contro i pesanti tendaggi di velluto. Angelus si muoveva avanti e indietro per il salone col nervosismo di una fiera e Spike aveva esitato nel fare il proprio ingresso nel salone, rimanendo in disparte appena dietro la soglia ad osservarlo. D’un tratto Angelus si era fermato irrigidendosi, aveva percepito la presenza di Spike e si era diretto con calma verso una poltrona accomodandovisi. Quell’atteggiamento significava una cosa sola e cioè che si era messo sulla difensiva. Un tempo percependo la sua presenza, Angelus l’avrebbe accolto sorridente dichiarando che rimanere ancora rinchiuso lo avrebbe fatto impazzire, ma ora aveva agito come se gli avesse mostrato un suo punto debole e la cosa l’avesse disturbato. In quel momento si rese conto che se Angelus si fosse sentito minacciato non avrebbe esitato a colpirlo. Doveva fare qualcosa, rimanere lì fermo ad osservarlo, adesso che lo aveva sentito, non era opportuno. Per una frazione di secondo era anche stato tentato di andarsene, ma non lo aveva fatto. Angelus gli aveva insegnato fin troppo bene la valenza di una battuta in ritirata, se se ne fosse andato gli avrebbe rivelato un lieve timore nei suoi confronti di cui non era il caso metterlo a parte. C’era già Drusilla spaventata e non gli avrebbe permesso di usurpare anche il suo spazio. Con non chalance entrò nel salone e si sedette nella poltrona di fronte a lui. Angelus lo fissava attentamente inespressivo, come una tigre nell’erba, paziente, immobile, pronta a cogliere il primo lieve passo falso per scattare all’attacco. Spike sosteneva quello sguardo fintamente ignaro e tranquillo. Continuarono a fissarsi restando immobili, evitando per quanto possibile di sbattere anche le palpebre e reggendo costantemente lo sguardo. Se Spike l’avesse abbassato lo avrebbe invitato all’attacco, se Angelus l’avesse abbassato lo avrebbe scusato, per come la vedeva lui, di averlo spiato. Rimasero in quel modo per circa un’ora quando, con aria altrettanto fintamente annoiata e ingenua, Spike gli disse



S-“Esasperante questa attesa della sera, ti pare?”



Angelus mutò il suo atteggiamento e, come smontato da quella domanda, rispose vagamente seccato alzandosi e lasciando il salone



A-“Intollerabile…”



Quando non percepì più la sua presenza Spike chiuse gravemente gli occhi: non si sarebbe mai più messo in una simile condizione…



In tutto quel periodo in cui Angelus tornò, episodi del genere non si verificarono che per una o due volte, eppure mai, nemmeno per un istante, lui e Drusilla avevano pensato di andarsene. Lui, ormai, si occupava di loro in modo diverso da come loro si occupavano di lui, ma erano di nuovo una famiglia e questo era tutto ciò che volevano dopo quella lunga solitudine. Solo quando pensarono che gli avessero restituito l’anima un’altra volta se ne andarono. Per non doversi affrontare, per non vedere la loro famiglia spaccarsi nuovamente…Restituito l’anima… Dall’espressione che gli vedeva sul volto Angel ricavò la sua risposta, quando Spike alzò il viso come se avesse avuto una rivelazione e gli disse



S-“Quindi quello che percepii quella sera, la sera che ci scontrammo al liceo, non era la tua anima ma…”



A-“…Il globo di Teshula, si…”



Quell’impregnante sensazione di angoscia, di oppressione, di soffocamento Spike se la ricordava fin troppo bene, per poco non l’aveva fatto impazzire e lui non era stato maledetto, percepiva solo il riflesso di ciò che doveva subire Angel. Lo aveva percepito per via del loro legame di sangue ed era stato terribile. Soltanto Angel, con il suo autocontrollo, avrebbe potuto sopportare una condanna simile, per quasi un secolo, restando lucido. Quello scontro gli era costato caro e Spike si sentì malissimo all’idea di averlo attaccato, per di più, in una simile condizione. Ma, di quella sera, non era solo il loro scontro che lo faceva star male, c’era altro, c’era Darla. Spike alzò lo sguardo su Angel senza dire una parola, ma lui comprese ugualmente. Avrebbero potuto restare zitti tutta la sera a fissarsi che avrebbero ottenuto le stesse conseguenze. Il loro sangue, la loro amicizia e la conoscenza reciproca del carattere gli consentiva anche di non parlare, ma Angel sapeva che Spike non si sarebbe accontentato di leggere la verità nei suoi occhi, l’avrebbe voluta ascoltare. Così rispose a quella domanda che Spike non aveva proferito, ma di cui ormai pretendeva una risposta.



A-“Credi davvero che l’avrei uccisa? Che ne sarei stato capace? E’ stato un incidente… L’ho vista diventare cenere tra le mie braccia… Ho visto i suoi occhi di smeraldo dissolversi nel nulla…L’unica cosa che mi resta è chiedermi se avrei potuto fare in modo che andasse diversamente e la sua voce che invocava il mio nome… Una parte di me è morta con lei quel giorno e il resto è imprigionato nel globo di Teshula…”



Difficilmente avrebbe potuto sentirsi peggio in quel momento ed Angel non gli aveva certo voluto addolcire la pillola. Il rimorso che provava nel ricordarsi le parole che aveva urlato ad Angel quella sera che l’aveva rivisto, dopo quasi un secolo, era aggravato ora dalla consapevolezza di averlo ferito profondamente. Gli aveva dato dell’ingrato, dell’assassino, del vigliacco e del traditore. A lui, al suo Sire. Quello che chiamava Fratello e che era stato l’unico ad accoglierlo in quel momento di confusione.



S-“Non avrei dovuto dubitare, ma dovevi vedere in che stato era Drusilla…”



A-“Che cosa vide Dru…?”



Domandò Angel con dispiacere. Nessuno meglio di lui conosceva la forza delle visioni di Drusilla e l’effetto devastante che avevano su di lei e sulla sua mente. A seconda di ciò che era riuscita a vedere poteva averne risentito per giorni interi. Spike scosse il capo ricordando quel giorno e cominciò a raccontare



S-“Eravamo a New York, stavamo passeggiando per Central Park quando Drusilla si buttò in ginocchio a terra, piangendo e urlando. Io mi sentii completamente stordito e quando recuperai un po’ di lucidità, Dru era ancora a terra che si graffiava gli occhi come per impedirsi di vedere oltre e diceva -L’ha uccisa, è morta- all’infinito. L’afferrai per i polsi per evitare che continuasse a farsi male. Non avevo bisogno di chiederle chi fosse morta, le mie percezioni sono sempre state flebili, lo sai, ma sapevo con certezza che si trattava di Darla, l’avevo sentito chiaramente. Le chiesi chi fosse stato ad ucciderla e lei mi disse singhiozzando -E’ stato l’Angelo, il nostro Angelo- dopo non disse più nulla, rimase zitta per giorni e lasciai che si prendesse il suo tempo: anch’io non ero in vena di parlare…”



A-“Deve odiarmi profondamente…”



S-“Anche mettendoci tutto l’impegno possibile, Drusilla non riuscirà mai ad odiarti davvero, fino in fondo…O almeno non le durerà mai a lungo…”



A-“Hai idea di dove si trovi adesso?”



Spike scosse il capo negativamente, con gli occhi bassi poi, rialzandoli, chiese con un sottofondo di speranza



S-“Secondo te Dru si accorgerà mai di avere un’anima?”



A-“Trattandosi di Dru potrebbe anche saperlo da sempre e non averne accennato. Sai meglio di me che con Dru tutto dipende da come interpreta le cose…”



S-“Altrochè!”



Disse Spike sorridendo divertito e, ritornando serio, continuò



S-“Angel…”



Il vampiro bruno sgranò leggermente gli occhi, doveva essere costato molto a Spike chiamarlo in quel modo.



S-“Mi spiace… Non era vero, non è mai stato vero…Quello che ti dissi quella sera… Non sei mai stato nè un ingrato nè tantomeno un vigliacco… E ora so anche che non ci hai mai traditi…”



A-“Eri pieno di rabbia e avevi anche un mucchio di buoni motivi per esserlo…Will.”



S-“Erano quasi centant’anni che non mi chiamavi Will …”



Si sorrisero. Da quando era diventato un vampiro aveva assunto il nome di Spike e nessuno aveva il permesso di chiamarlo col suo nome umano…Nessuno tranne Angel.



Tutt’a un tratto Angel lo fissò perplesso e Spike non capiva perché, avendo un secolo e passa d’ anni ed essendo seduto sul divano in un salotto con davanti Angel, si sentisse come un seienne seduto nel banco in un’aula con davanti il professore, quando lo guardava a quel modo. Si sentiva terribilmente a disagio, aveva cercato di far finta di nulla, ma sapeva che non l’avrebbe mollato finchè non avesse vuotato il sacco: Angel lo conosceva bene per cascarci e, a quel punto, certamente non avrebbe lasciato perdere. Perché, se era vero che se Angel non voleva parlare di una cosa non c’era niente da fare, era vero anche che se voleva parlare di qualcosa niente poteva farlo desistere. Angel lo guardò con pieno stupore poi, si appoggiò sullo schienale del divano. Spike non sapeva nè che dire nè che fare, quando Angel



A-“Da quanto dura…”



Desolato. Non c’era altro modo per descrivere come si sentisse in quel momento. Spike guardava le proprie mani intrecciarsi e strecciarsi.



S-“…Non so nemmeno io com’è successo… Ecco, più che altro si direbbe una stupida fissa e basta… Mi sembra tutto irreale a volte… Non faccio altro che pensarci, che poi non è che la pensi in chissà che modo, è come se avessi la sua faccia marchiata nel cervello, ecco e, se devo essere sincero, a volte la cosa mi nausea, ma non ho idea di come sia potuto succedere…So solo che accade…”



A-“E di chi si trat…Buffy…”



Gli occhi di Angel erano fuori dalle orbite mentre quelli di Spike erano sbarrati e lo fissavano con orrore. Neanche un seienne si sarebbe comportato a quel modo…



A-“…Non è possibile…”



S-“Angel, è solo una fissa! Solo una stupida, ridicola fissa! Probabilmente per non pensare al chip ma…”



A-“Non posso crederci!”



S-“Non è niente!”



A-“Non mi dirai davvero…”



S-“Non è niente, dico sul serio, niente!”



A-“Non mi dirai davvero che non te ne sei accorto?!”



Ognuno dei due aveva continuato per conto proprio quell’incredibile discussione. Mentre Angel, shockato, continuava a non farsi una ragione di come Spike non si fosse reso conto di nulla e non aveva sentito neanche una parola delle sue esagitate e imbarazzate giustificazioni, il biondo vampiro invece aveva colto quell’ultima allucinata domanda e si era improvvisamente bloccato corrugando la fronte. Rimase così per alcuni istanti sotto lo sguardo allibito di Angel, dopodiche, chiese



S-“Accorto di che?”



A-“Dell’incantesimo che ti hanno fatto!”



S-“Incantesimo??!?”



A-“Si. Quando le nostre guardie si sono abbassate ho cominciato a percepirlo. Adesso lo sento distintamente… Visto che ti sembra tanto irreale potrebbe essere questo ma, se così non fosse, il tuo problema non sarei, comunque, più io…”



S-“Ah…Deduco che anche tu hai conosciuto“Capitan America”…”



Spike aveva provato disprezzo per quel ragazzetto non appena l’aveva visto. L’arroganza, di solito, non era una caratteristica che infastidiva Spike, anzi, ma uno doveva potersela permettere e, quell’ignobile soldatino, era davvero troppo stupido per potersi concedere un simile lusso. No, non gli era proprio mai piaciuto e, se non piaceva a lui, poteva farsi una chiara idea di quanto poco potesse andare a genio ad Angel, non solo in singolo ma, soprattutto, al fianco della sua cacciatrice. Angel, con disturbata sufficienza, sbrigò la questione velocemente per poi ritornare alla faccenda dell’incantesimo.



A-“…L’ho visto e mi è bastato…Ma vediamo di verificare in cosa consiste questo incantesimo…Ad occhio e croce direi che è fatto maluccio…”



Angel tese le mani verso Spike e chiuse gli occhi cercando di percepire quale fosse la natura del sortilegio poi, sempre ad occhi chiusi, fece una smorfia come per soffocare un sorriso e, riaprendo gli occhi



A-“Si…Si tratta proprio di un sortilegio amoroso… Vieni, il libro che mi serve per togliertelo è giù in ufficio…”



Angel si era diretto speditamente verso le scale interne che dal suo appartamento conducevano all’agenzia. Spike lo seguiva con una corta incollatura e quasi gli finì addosso quando Angel si fermò di colpo e, con aria ironica, si voltò verso di lui per dirgli



A-“A meno che tu non voglia tenertelo…!”



Spike lo guardò di traverso e, urtatolo con la propria spalla sulla sua come per intimargli di non scherzare, si avviò giù all’ufficio scendendo la rampa di gran carriera mentre Angel lo raggiungeva con calma sorridendo divertito.



Le pareti dell’agenzia erano foderate quasi interamente da varie mensole che ospitavano i libri di Angel. Ad un occhio estraneo, quei libri, sarebbero sembrati moltissimi ma, in realtà, Spike sapeva che quelli non erano neanche un quarto dei libri che Angel aveva e che chissà dove custodiva.



Angel richiuse gli occhi e tese un mano verso le mensole poi li riaprì e si diresse con precisione a prelevare un manoscritto da una mensola. Spike sorrise nostalgico, quel modo di fare era tipico di Drusilla. Angel, invece, ricordava che preferiva sfogliare i libri uno per volta perché, oltre ad essere uno dei suoi passatempi preferiti, sosteneva che talvolta si incappava fortunosamente in qualcosa di interessante che altrimenti non si sarebbe notato. Lo schernì affetuosamente



S-“Di grande effetto!”



Angel gli lanciò una rapida occhiata di striscio e, continuando a sfogliare il manoscritto



A-“Normalmente controllo i libri uno ad uno, lo preferisco, lo sai, ma suppongo che tu abbia una certa fretta…O sbaglio? ”



S-“No, non sbagli… Hai detto che è un incantesimo fatto male, come lo sai?”



A-“Se fosse stato un incantesimo fatto bene non l’avrei dovuto percepire e tu non avresti dovuto provare quel senso di irrealtà che avevi…”



S-“Interessante…Sei anche in grado di dirmi chi è il bastardo che si è divertito a fare Cupido part-time?”



A-“No, spiacente. Ma pensaci un attimo…Chi ha fatto questo incantesimo doveva avere uno scopo, quale?”



S-“Quello di farmi fare la figura dell’idiota…”



A-“Buffy l’ha capito?”



S-“Non ne ha la certezza, ma penso che a breve mi farà levare l’accesso a casa sua e anche al Magic-Box e Xander che, da quando sei andato via, ha riversato tutte le sue “simpatie” su di me, non perderà di certo l’occasione per darle man forte. Faranno muro e riusciranno alla fine ad ottenere quello che vogliono…E io verrò trattato come un appestato…”



A-“Conosco bene l’iter…”



S-“Immagino…La cosa più irritante però, è la spocchia di Capitan America. So che farai fatica a credermi ma ti assicuro che è mille volte più insopportabile di quel fesso di Xander! Si da arie da grande difensore quando, se non avessi questo chip che mi spappola il cervello dal dolore solo se do un pizzico, l’avrei già attaccato al muro come la carta da parati…Comunque, anche senza poterlo toccare, nel mio piccolo ho già avuto modo di fargli fare delle misere figure…”



Dichiarò Spike con notevole soddisfazione. Angel lo guardò piacevolmente sorpreso, non aveva bisogno di domandargli i particolari, anche se ascoltarli non gli sarebbe dispiaciuto, conosceva molto bene qual era l’atteggiamento di Spike nei confronti di un certo tipo di persone e poteva farsi un’idea piuttosto dettagliata di come fossero andate le cose.



S-“Contando anche Capitan America saliamo a quota tre…Giles è sempre immerso nei suoi libri, sai all’inizio pensavo che lo facesse per una questione di comodo, ma ora, conoscendolo, mi sono reso conto che è proprio il suo modo di essere e nient’altro… Dicevo, Giles è sempre immerso nei suoi libri e Willow e Tara non riusciranno mai a farsi valere, sono troppo poco aggressive… ”



A-“Chi è Tara?”



A quella domanda, sul viso di Spike comparvero un sorriso e uno sguardo ironicamente maliziosi.



S-“Sai le cose serie ma ti mancano i pettegolezzi! Tara è una strega, nonché la ragazza di Willow, sono anche una bella coppia ti dirò!”



Angel ebbe un moto di sorpresa. Sorridendo ripensò a quando Willow, dopo aver conosciuto la Willow vampira della dimensione parallela, aveva detto che le sembrava leggermente lesbica e chiedeva se simili tendenze potevano appartenere al suo lato umano. Ricordò di essere stato fulminato da mille sguardi quando, distrattamente, stava dando a Willow la conferma dei suoi dubbi. Poi pensò ad Oz e smise di sorridere. Non poteva avvisarlo, visto che si trovava in un monastero nel Tibet, e sperò solo che passasse prima a L.A. che a Sunnydale qualora avesse deciso di tornare. Si rivolse di nuovo a Spike.



A-“Tara è una strega…?”



S-“Si, e credimi che è valida quanto Willow, Tara è una strega naturale …No, Angel. So cosa stai pensando, ma non può essere stata Tara, ne sono certo. Né Tara, né Willow. E’ vero si che sono due inguaribili romantiche, ma sapevano benissimo che, con la simpatia che è sempre intercorsa tra me e la cacciatrice, più che dalle frecce di Cupido saremmo stati colpiti da pugni e paletti. No, non l’avrebbero fatto neanche per sbaglio, conoscevano fin troppo bene quali sarebbero potute essere le conseguen…”



Spike ed Angel si guardarono come illuminati. Certo. Chi aveva fatto l’incantesimo sapeva esattamente quali sarebbero state le conseguenze, l’aveva fatto proprio per quello. Spike proferì il nome del colpevole a denti stretti



S-“Xander… Ma certo, con Anya al Magic-Box trovare incantesimo e ingredienti deve essere stato un gioco da ragazzi… Perfino per lui…”



In quel momento Spike ebbe come un mancamento e cadde pesantemente per terra. Angel si chinò su di lui



A-“Come va, ti senti bene?”



S-“Si…Non so…A un tratto mi è girata la testa e mi sono sentito come svuotato…”



A-“Prova del nove…”



S-“Che vuoi dire?”



A-“Alcuni incantesimi possono essere sciolti scoprendone l’autore. Questo deve essere uno di quelli…”



S-“Quindi ora sono libero?”



Chiese Spike rialzandosi in piedi ed Angel aiutandolo gli rispose



A-“Direi di si, non sento più nulla…”



S-“Beh…Grazie di tutto, allora! Scusa ma, ho scoperto ora che, è da un po’ che non provo l’ebbrezza di un bel malditesta!”



Spike si diresse rapidamente verso la porta e, afferrata la maniglia, prima di aprirla si girò verso Angel con un sorriso



S-“Ci si vede…Fratello…”



Detto questo si voltò e uscì dall’agenzia travolgendo Doyle, Cordelia e Faith che, alla fine, si erano decisi a tornare per capire cosa stesse accadendo. Dopo aver osservato un attimo interdetti il biondo vampiro che montava in macchina e spariva sgommando nella notte, fecero timidamente capolino dentro all’agenzia. Angel era seduto, come al solito, sul bordo della scrivania di Cordelia. Sembrava sereno e molto divertito, fece spallucce e, con una finta aria ingenua, rispose alla domanda sulla scelta del ristorante che avevano fatto ore prima



A-“Messicano?”