UNA PIOGGIA INFERNALE

AUTRICE:ARTEMISIA

N.d.A.: Questa storia è frutto di una divagazione mentale dopo la visione dell’episodio “Rine of fire” di AtS.

SPOILER: Ma c’è ancora qualcuno che si priva dell’ebbrezza di rovinarsi la sorpresa?! Ok, sciocchezze a parte, si basa sulla quarta serie di AtS e in particolare, sull’episodio “Rine of fire”. Più alcuni riferimenti alle precedenti tre serie.

DISCLAIMER: Come al solito i protagonisti appartengono agli aventi diritto e ormai, il beneficio del dubbio che scherzassi quando dicevo che scrivevo su consiglio dell’analista, penso vi sia passato… Vi è passato?!

RAITING: G, oneshot

RINGRAZIAMENTI: al webmaster per l’ospitalità, alle persone che mi hanno appoggiato e a tutti i coraggiosi che vorranno leggere questa fanfiction.

 

 

 

 

 

Entrò nell’ascensore, schiacciò il pulsante per il piano terra e fissò il proprio riflesso sulle porte scorrevoli d’acciaio lucido. Sembrava tutto in ordine.

Mostrò i denti, nessun segno di rossetto.

I capelli erano a posto.

Il suo tailleur pantalone di gessato nero, impeccabile… Ma si stringeva le mani con troppo nervosismo ed era pallida. Terribilmente pallida, nonostante avesse abusato col fard per nasconderlo.

 

Voltò la testa al suo fianco. Nell’ascensore c’era solo lei.

Da quando era entrata alla Wolfram&Hart, aveva sempre creduto che quel giorno, in quello che ora era un posto vuoto, al suo fianco nell’ascensore ci sarebbe stato Lindsey.

Lindsey che l’avrebbe presa in giro per il suo eccessivo nervosismo pur essendo, probabilmente, nervoso anche lui. Lindsey che le avrebbe ricordato che avevano vinto e lo avrebbe fatto con quel sorriso di scherno sincero, che non partiva mai dal cuore, ma che era stato proprio il suo cuore ad incrinare e far svanire…

Gli altri dovevano essere già tutti quanti nell’atrio.

… Compreso Gavin Park.

Sorrise con disprezzo. Sarebbe stato lui al suo fianco.

Non Lindsey McDonald e Holland Manners, ma Gavin Park.

Inutile dire che col piacere con cui gli aveva fatto, letteralmente, saltare la testa, il pensiero di Linwood, l’aveva solo risollevata divertendola.

Chissà se un giorno avrebbe potuto fare la stessa cosa con Gavin…

L’ascensore giunse al pian terreno.

 

L’ingresso era sempre stato perfettamente pulito, ma per l’occasione era stato lucidato a specchio, piante comprese. Lo poteva vedere anche stando nel vano dell’ascensore.

Quando ne uscì scorse, come previsto, l’intera Wolfram&Hart schierata in trepidante attesa e Gavin Park, ancora più trepidante, che li capitanava gongolante.

Pezzo di idiota…

Chiuse gli occhi cercando di frenare il suo disgusto.

La stupidità di Park era davvero intollerabile a volte, e le venne incredibilmente facile avvicinarsi prima alla réception per congratularsi delle condizioni degli uffici quel giorno.

Appoggiò le mani sul bordo del bancone e dando una panoramica lenta e soddisfatta

« Ottimo lavoro Parker »

Conosceva il suo nome per una questione puramente pratica.

Il conoscere tutti i nomi di chi lavorava lì dentro, era una dimostrazione evidente dell’avere tutto sempre sotto stretto controllo e non una questione affettiva.

Sebbene fosse stato proprio Parker, in quel suo primo ingresso alla Wolfram&Hart, a dirle dove si trovasse l’ufficio di Holland, altro non era, nella sua considerazione, che un réceptionniste che aveva intuito la sua carriera.

Già, intuito, non saputo.

In un altro ufficio, le persone come Parker sapevano gli avanzamenti di ruolo prima ancora dei diretti interessati. In un altro ufficio… Certamente non alla Wolfram&Hart.

 

L’uomo dietro al bancone, sorrise orgogliosamente e chinando leggermente la testa « Grazie, signorina Morgan. Nonostante il trambusto, siamo riusciti a rientrare nei tempi e… » indicando delle porte alle sue spalle « dietro ci sono due squadre di pulizia pronte all’occorrenza. Ma da un paio d’ore a questa parte, non ci sono stati più disordini di alcun tipo »

Lilah si girò verso le vetrate dell’ingresso.

 

…Da un paio d’ore a questa parte, non ci sono stati più disordini di alcun tipo…

 

Stando dove stava lei, e cioè nel suo comodo ufficio al penultimo piano, aveva avuto modo di vedere solo quell’incredibile pioggia. Come aveva avuto modo di sentire solo il suo incredibile sfrigolio e nient’altro.

Ma dovevano essercene stati di disordini, eccome.

La sorpresa e il terrore dovevano essere stati terribili, era logico.

E in quelle due ultime ore, tutte le persone in giro per la città o erano riuscite a rifugiarsi o erano morte. Per quello non c’erano più stati disordini di alcun tipo. E anche questo era logico.

Così come era logico, ormai, che anche le squadre delle pulizie sapessero esattamente per chi lavorassero. Ed era altrettanto logico il perché non fuggissero spaventati.

Era inutile e in quel momento, l’edificio della Wolfram&Hart era l’unico davvero sicuro a L.A. con quello che stava accadendo.

Si rivolse di nuovo al banco e dando un’occhiata sfuggente « Molto bene Parker ».

Senza aspettare una risposta dall’uomo, si diresse stancamente verso Gavin Park e il resto dei suoi colleghi.

Quasi giunta davanti a loro, sentì il rumore di una macchina.

Una smisurata limousine nera, si era fermata di fronte all’ingresso.

L’autista era sceso e reggendo in una mano un gigantesco ombrello, si apprestava ad aprire lo sportello al suo eminente passeggero.

All’interno dell’edificio, gli stati d’animo cambiarono.

La moltitudine festante si pietrificò, mentre il nervosismo di Lilah si placò lasciando spazio a una serena sicurezza. Come se in fondo si fosse sempre aspettata quel momento.

 

« Il Socio Major… »

Esalò Park sull’orlo di uno svenimento, sotto lo sguardo compassionevole di Lilah.

Intanto l’autista stava scortando il loro ospite d’onore, reggendo l’ombrello in un modo per cui era impossibile capire quali fossero le fattezze del Socio Major.

Quest’ultimo fece il suo ingresso nell’atrio e congedato l’autista con un gesto della mano, si voltò mostrandosi agli occhi di quella gente.

Era vestito completamente di nero e il suo volto era umano.

Quest’ultimo particolare sorprese e allo stesso tempo, rasserenò notevolmente i presenti. Talmente tanto che il Socio Major sorrise divertito.

« Ragazzi… Che pioggia infernale! »

A quella macabra battuta, tutti risero annullando completamente l’imbarazzato silenzio che si era venuto a creare. La loro era una risata sincera indotta dal rilassamento, non di piaggeria… almeno per il momento.

Il socio anziano smise di sorridere e sbrigativamente « Grazie per il benvenuto collettivo. Siete liberi, a parte Lilah Morgan, di tornare tutti al vostro lavoro »

Detto questo puntò i suoi occhi su Lilah, l’unica persona che non avesse ancora degnato di uno sguardo.

La folla cercò di dileguarsi il più in fretta possibile e quasi istantaneamente, tutti furono inghiottiti dagli ascensori o dalle porte che davano alle scale.

Lentamente si avvicinò alla donna e una volta davanti a lei, si girò con aria eloquente al suo lato « Ti prego Gavin, non sentirti escluso da quel “tutti”... »

Ripresosi immediatamente, anche Park si diede alla più veloce delle ritirate e una volta soli

« Bene, bene, bene… Lilah Morgan »

« Socio Major… »

Le sorrise superbo e compiaciuto.

« Sarebbe ridicolo non darsi del tu, ti pare? »

Per un istante si guardarono fissamente negli occhi, poi Lilah assentì.

Perfettamente consapevole del proprio disagio che stava tornando a galla, fece buon viso a cattivo gioco e come una perfetta padrona di casa, gli indicò un ascensore dicendo « Vieni, ti mostro il tuo ufficio »

 

Il fatto che lui avesse accondisceso facilmente alla proposta, fece aumentare la sua tensione e mentre camminavano verso l’ascensore, per la prima volta si rese conto che non aveva davvero idea di chi si trovasse davanti e fino a che punto, o meglio, quanto oltre li avrebbe portati.

Lo avrebbe detto e negato con tutte le sue forze ma, forse, avrebbe preferito essere un gradino più in basso nella scala gerarchica. Dietro a Holland e accanto a Lindsey.

Invece che esposta e vulnerabile in prima linea con accanto quell’incapace di Park…

« Eh… È stata una grave perdita quella di Holland, ma è impossibile negare che se la sia andata a cercare… Quanto a Lindsey, se è ancora vivo e ha finito di leccarsi le ferite… beh… potrebbe avere ancora un posto qui dentro. Ma che torni o meno, io terrei lo stesso Gavin Park. È vero sì che i pedoni sono i pezzi più spendibili, ma è sempre bene tenerne alcuni da parte. In questo modo uno non è costretto a sacrificare i pezzi più importanti. Non credi anche tu? » Concluse guardandola freddo ed allusivo.

Era totalmente impreparata a quell’atteggiamento. L’unica cosa che comprendeva adesso, era che le aveva appena mostrato la punta di un iceberg. Un ottavo in superficie e sette sott’acqua che non era sicura di voler esplorare.

Le porte dell’ascensore si aprirono.

« Non hai una visione d’insieme e fortunatamente, forse, non riuscirai mai ad averla. Ma adesso hai una chiara idea di come saranno le cose e puoi scegliere. Non è troppo tardi… »

No. Forse non era troppo tardi, ma sarebbe stato decisamente troppo stupido a quel punto e francamente, non si vedeva bene nei panni della redenta. Entrò senza esitazione, seguita dal Socio Major.

Le porte dell’ascensore si richiusero.

 

« È umano essere nervosi in un momento simile… »

Quell’inizio di finta paternale, fu un tocca sana per lei che ripreso il suo abituale contegno, si girò verso di lui e determinata « Parliamo di me o parliamo d’affari? »

L’altro sorrise con approvazione a quella sua repentina e spontanea ripresa di spirito. Annuendo

« Parliamo d’affari »

Lilah iniziò sollecitamente « Molto bene. In attesa del tuo arrivo mi sono presa la libertà di prendere un’iniziativa che spero gradirai, ma ne parleremo dopo. Ora, che intenzioni hai? »

« Le mie intenzioni sono svariate, dipende da cosa ti riferisci »

« Mi riferisco ai paladini del bene »

« Erano l’ultimo dei miei pensieri »

« Invece sono stati il primo dei miei. Andiamo con ordine… Il lettore di anime? »

« Alla fine di questa cagnara, avrà ben poco da leggere e quello che leggerà, non credo potrà piacergli. Siamo caritatevoli e risparmiamogli quest’inutile frustrazione »

« La messaggera dei PTB? »

« Mi avrebbe preoccupato molto il primo messaggero. Fortuna ha voluto che si sia sacrificato spontaneamente per il bene del mondo… Comunque, sempre meglio non correre rischi »

« Va bene… Quella sottospecie di Rambo? »

« Non ha alcuna ragion d’essere »

« La fragile fanciulla…? »

Sbottò in una lieve risata, poi « Sbizzarrisciti pure. Ti dirò, premere un grilletto non è poi tanto differente dallo schiacciare un bottone ma forse, questo è ancora qualcosa di troppo personale per te »

 

Sì, forse lo era.

O forse no, non lo era.

Ma Wesley non gliel’avrebbe mai perdonata una cosa simile…

 

Proseguì sorvolando i propri pensieri « La- »

Le porte dell’ascensore si aprirono su un’anticamera molto ampia dove, da un lato, era una segretaria che li salutò con deferenza. Lilah si zittì momentaneamente.

Lì, all’ultimo piano, le pareti erano sostituite da immense vetrate che mostravano un panorama inverosimile.

Il Socio Major lo osservò con lieve indifferenza e Lilah, aperta una porta, lo invitò a seguirla attraverso un lungo corridoio. Quando furono lontani da orecchie indiscrete « La cacciatrice? »

« È in prigione, no? »

« Vuoi lasciarcela? »

« Faith è il mio cruccio. Sarebbe stata una leader eccellente, come del resto aveva già dimostrato in passato di essere. Se solo qualcuno non si fosse preso la briga di redimerla… »

Le ultime parole sembravano impregnate di rancore.

Risoluta « Non è detto. Il vedersi di nuovo sola, senza punti di riferimento, potrebbe abbatterla facendola tornare a più miti consigli. Certo, è una mina vagante ma… »

« Hai carta bianca »

Lilah assentì col capo. Se riportata agli antichi splendori, Faith poteva giocare un ruolo importante in tutta quella faccenda. Lo sapevano entrambi.

 

Erano quasi giunti alla fine del corridoio e prima che lui si potesse dileguare nel suo nuovo ufficio, voleva sapere. Rallentò il passo al punto che l’altro si fermò a guardarla per nulla incuriosito.

Sapeva ciò che gli avrebbe chiesto, infatti

« Wesley »

« Sarebbe un buon acquisto. Ma questo spetta a te e solo a te, Lilah. Vedi di essere convincente. In caso contrario, sarebbe crudele lasciarlo solo, non credi? »

« Farò il possibile »

Non le uscì fuori altro. Non era in grado di dire altro, anche se…

Lasciarlo solo… Perché solo? E…

« Del resto mi occuperò personalmente. Qual è l’iniziativa che hai preso e di cui mi hai accennato prima? »

« È nel tuo ufficio »

« Ti sei mossa bene fino ad ora… O devo rimanere deluso nel trovare un inutile, quanto squallido, cesto di frutta e fiori sulla scrivania? »

« Niente cesti di frutta e fiori »

« Molto bene allora. Visto che la fine del mondo è in corso, chiamami quando avrai risolto le faccende Faith e Wyndam Pryce »

Detto questo si voltò, ma prima di aprire la porta, si girò nuovamente verso Lilah

« Ah… Naturalmente senza fretta »

« Naturalmente »

Si sorrisero e mentre Lilah ripercorreva il corridoio pensando al da farsi, il Socio Major entrò nel suo ufficio, richiudendo la porta alle proprie spalle.

 

 

Poggiato con la schiena alla porta, si diede una rapida occhiata intorno e decise che il suo nuovo ufficio gli piaceva, ma ciò che gli piaceva di più era la donna avvolta in un lungo e fasciante abito nero, senza spalline, che gli si stava avvicinando sorridente con due calici di champagne.

Porgendogliene uno « Bentornato »

« Mi hai tolto le parole di bocca… »

Si sorrisero e brindarono, poi lei si diresse verso le vetrate della stanza e guardando fuori

« È magnifico, non trovi? »

Affiancandola e tenendo lo sguardo puntato sul panorama « Molto suggestivo, direi. Anche se un po’ troppo teatrale, forse »

Rise sommessamente tenendo lo sguardo anche lei al panorama « Hai preso risoluzioni su tutto, tranne che sul ragazzo… Che hai in mente di fare con lui? »

« Non lo so. Ha dimostrato di saper essere un gran bastardo, privo di ogni remora »

« Chissà da chi ha preso… »

« Sarebbe una bella gara… Ad ogni modo, ultimamente, ha rivelato una sconcertante umanità »

« Fine delle gare »

Lui sorrise di sbieco, duramente e più che un sorriso, sembrò una smorfia ma sorvolò.

« È solo questo o c’è un altro motivo che ti urta? »

Stavolta sorrise sinceramente « No. Per quello devo essergli grato. A sapere che un attimo di pura disperazione aveva la stessa valenza… »

« Tuttavia te ne sbarazzerai lo stesso, per precauzione »

« Ti dispiace? »

La donna scrollò le spalle indifferente « Neanche lo conosco »

« Cuore di mamma! » sorrise sarcastico

« Ha parlato paparino… » rispose lei ironica.

 

Gli piaceva il suo modo di fare.

Gli era sempre piaciuto.

… E la cosa era reciproca.

Con sensualità, la spinse contro la finestra e cominciò a slacciarle il vestito mentre le baciava le spalle.

Alzò brevemente lo sguardo verso il panorama esterno e prima di tornare a baciarla, sorrise.

La pioggia di fuoco non dava alcun segno di voler cessare.