FAMILY

AUTRICE: cArMiLla di Karnestein

Disclaimer: è tutto di Joss, della Mutant Enemy, della UPN e per l'Italia di Mediaset( mad.gif )....tranne Elisewinn( x il nome ringrazio quel genio di Baricco^^)

Timeline: è Au....cmq a cavallo tra XIX e XX secolo

Spoiler: No spoiler

Rating: Nc17 per alcune scene e per una generale atmosfera cupa...specialmente proseguendo nella lettura....Buona lettura....

 

PROLOGO

Londra 1892

 

 

Fin dal principio la luna è eterna ed immobile nel cielo. Silenziosa e indifferente spettatrice delle sorti degli uomini. Se sono felici lei è lì. Se sono tristi lei è sempre lì. Sempre uguale. Sempre eterna. Sempre luna. Ed è così anche quella sera, che certamente non è una sera come le altre.

O forse si.

 

 

Il rumore degli zoccoli dei cavalli sulla strada annunciava l’arrivo di una carrozza. Completamente nera così come i cavalli che la trainano. Splendidamente nera e incomprensibilmente rifulgente nel buio della notte. Un nitrito squarcia il silenzio e la carrozza si ferma stridente su un lato della strada. Ne esce lentamente con fragile alterigia una dama. Nera. Seguita da un giovane. Una coppia senza ombra di dubbio.

-Tesoro, perché mi hai fatto fermare la carrozza in questa strada. Non c’è dannatamente nessuno. E io ho una maledetta voglia di cacciare!-

La dama si volta e punta gli occhi sul suo compagno. Sono violetti. Sono lame.

-Shhhh….Stai a cuccia William… Qualcuno c’è….qualcuno c’è….me lo dicono le stelle e le stelle sanno tutto…. -

Il giovane sta per replicare, ma la donna ha già ripreso con passo sicuro e veloce a camminare verso una stretta stradina secondaria di cui lui non si era neppure accorto. Sbuffa, alza gli occhi al cielo e la segue. Come sempre. Perché questo è ciò per cui è venuto al mondo. Per cui è morto e per cui è rinato. Questo. Seguire Drusilla.

La via è buia e sporca, ma Drusilla sembra, anzi è l’essere più felice del pianeta. - William senti le campane….suonano a festa….suonano per noi…suonano per lei… - Esclama estasiata cominciando a volteggiare sulle note di una musica immaginaria. Ma bellissima. -Amore non capi…-

-Silenzio! Ascolta….cucciolo cattivo! -lo interrompe con dolcezza. Immaginatevelo detto con dolcezza.

Non sentì nulla Spike . Nulla. Fino a che non ascoltò. Un respiro, talmente leggero e fragile da poter pensare che non esista, che sia solo frutto dell’immaginazione. Ma c’è e William ascoltando lo sente.

Qualche passo davanti a lui Drusilla si è fermata. Ha uno sguardo strano. Non il solito sguardo da pazza. Ha lo sguardo di chi ha finalmente trovato quello che cerca e sa che il momento più bello non è quando possiedi una cosa, ma quando la trovi e semplicemente la guardi. Esitando con una sorta di timore Spike si avvicina e vede rannicchiata dietro un cumulo di rifiuti una bambina. Bella. Anche se ha la testa nascosta fra le gambe Spike sa che è bella.

-Dru….tesoro… direi che come antipasto sarebbe l’ideale…. - sogghigna passandosi la lingua sui denti bianchissimi.

La bimba alza la testa velocemente, ma non di scatto. Occhi impauriti. Occhi velati di lacrime. Occhi tristi. Occhi verdi.

-Piano raggio di sole….non piangere. Le stelle mi sussurrano di te da sempre. Sono qui per questo.- Spike ha ancora i suoi occhi blu puntati in quelli verdi della bambina, che però non li notano, attenti come sono a quelli violetti di Drusilla. Un gioco di specchi si potrebbe pensare.

-Vieni qui da me….sei destinata a stare con noi…..vieni con noi….dobbiamo essere una famiglia. Vuoi far parte della nostra famiglia? -Ha un tono di voce strano Drusilla. Infantile e tremolante, come se temesse la risposta della bimba. Quella dal canto suo non risponde, ma si asciuga le lacrime, si scosta una ciocca bionda dal viso e si alza in piedi.

Spike ora può osservarla meglio. Avrà quattro o cinque anni, è molto magra, sicuramente non tocca cibo da giorni, con lunghi capelli biondi e due occhi impassibilmente verdi. La pelle bianca nonostante lo sporco,i vestiti luridi e strappati in più punti. Prova quasi tenerezza, ma il sangue gli urla nelle vene alla vista del collo candido. Scivola nel volto del demone e le si avvicina pericolosamente.

-Fermo! Cucciolo cattivo!- dice Drusilla ponendosi fra il vampiro e la bambina. -Il trono accanto a quello del Re di coppe rimarrebbe vuoto….no no no….- continua a ripetere come una litania. -Lei è nostra e deve stare con noi - è seria Drusilla e non sembra pazza. Spike incredulo guarda la sua venere nera che difende come una madre leonessa il suo cucciolo. - Dru non capisco…..ma se quella bambina è ciò che vuoi faremo come desideri. Te l’ho promesso ogni cosa per la mia principessa. - afferma con serietà Spike. Dovete immaginarlo detto con serietà.

La bambina continua a passare con lo sguardo da Spike a Drusilla, non sa perché, ma sa che è con loro che deve stare. Non sa se è giusto o sbagliato. Sa solo che è così.

Drusilla ha ormai teso da qualche secondo la mano verso di lei, che era rimasta a fissarla senza però vederla, persa come era nei suoi pensieri. Immaginate una bimba di quattro o cinque anni come può apparire persa nei suoi pensieri…..deve essere meravigliosa….semplicemente meravigliosa.

Quella mano marmorea e affusolata ferma a mezz’aria venne prese con delicata fermezza dalla bambina. - Portatemi con voi, non voglio più essere sola - disse piano la piccola. A questo punto Spike sentì con estrema chiarezza qualcosa che non provava da tanto di quel tempo da poter pensare che fosse da sempre. Una stretta al cuore. -Non sarai più sola dolcezza….te lo prometto. E sarò anche William il Sanguinario, ma mantengo dannatamente la parola data, specialmente ad una signora - dichiarò Spike fissandola – Ma ora dimmi…qual è il tuo nome?- La piccola ancora non pienamente convinta dall’aperta dichiarazione di pace di Spike strinse con più forza la mano di Drusilla e le si accoccolò vicino. Dopo un momento o un’eternità mormorò piano – Elizabeth – poi abbassò gli occhi, quasi provasse vergogna nel pronunciare il proprio nome. – Raggio di sole….da ora in poi sarai Buffy, la nostra piccola Buffy.Ti piace?- disse con un gridolino di felicità Drusilla.

-E’ buffo, ma è carino -

Spike sorrise all’udire il nomignolo scelto da Dru per la piccola. - Bene visto che ora sei una di noi che ne dici di andare a casa.- e qui le tese la mano - Ci prenderemo cura di te – Buffy ancora intimorita, ma non più spaventata fa scivolare la sua manina calda in quella gelida del vampiro e annuisce. I tre mano nella mano si incamminano poi tranquillamente verso la carrozza.

CAPITOLO 1

 

 

I cavalli neri velocissimi sfrecciavano per le strade deserte di Londra. Buffy dopo aver scostato con la manina la pesante tenda nera ammirava la città che le scorreva sotto gli occhi. – Magica – pensò….poi più nulla. La stanchezza e gli eventi della giornata la fecero cadere mollemente fra le braccia calde e confortevoli di Morfeo.

- Dru….. – sussurrò piano Spike per non svegliarla – Sai che ho acconsentito a portarla con noi…ma…dico…pensi che il posto di una bambina così piccola e innocente sia con una coppia di vampiri? – Era perplesso Spike, non preoccupato. Dopo una vita a fianco a Drusilla si era abituato alle sue stranezze. Basti pensare che una volta, quando erano nei Caraibi aveva voluto a tutti i costi un pappagallo! Spark era rimasto con loro per due anni poi Dru in un momento di follia più acuta del solito l’aveva mangiato perché le piume le facevano “un irritante solletico”….sue parole testuali!!!! Lei era così, aveva il tipico comportamento dei bambini:desiderano ardentemente un giocattolo, urlano, piangono e battono i piedi per ottenerlo, poi quando finalmente lo hanno fra le mani se ne stancano dopo poco . E lui ama anche questo di lei. Riteneva però, e non a torto, che occuparsi di una bambina piccola fosse più impegnativo che prendersi cura di un dannato pappagallo!

- Dolce William non capisci….non puoi capire…..il nostro posto è con lei….il tuo….Raggio di sole scalda e scioglie il ghiaccio! – spiegò la vampira con gli occhi spalancati e lo sguardo lontano – Ora basta…..lei starà con noi. -

La carrozza si era finalmente fermata con una sterzata talmente forte che una Buffy addormentata capitolò dalla parte opposta direttamente addosso a Spike. – Ti sei fatta male, piccola? – le chiese dolcemente il vampiro passandole una mano fra i capelli. Buffy si scostò bruscamente e si avvicinò a Drusilla. Non si fidava di lui. Il volto mostruoso che aveva indossato prima era ancora impresso negli occhi della bambina. Scosse piano la testa non guardandolo in faccia. Lui alzò le spalle e scese con grazia felina dalla carrozza seguito a ruota da Drusilla e Buffy, ancora attaccata al vestito della vampira.

Quello che le si aprì davanti agli occhi la fece rimanere la bocca aperta. Erano chiaramente fuori città e la campagna illuminata dalla luce tenue della luna si stendeva come un tappeto sulla superficie terrestre. Ma ciò che insinuò la meraviglia in lei fu la vista di una magione. Buffy aveva sempre vissuto in città e mai aveva avuto occasione di ammirare una villa di campagna in tutta la sua grandiosa maestosità. – Bella, eh? – sorrise sornione Spike – Vuole fare una visitina guidata della mia umile dimora, my lady? – disse tendendole le mano. Buffy era orfana dalla nascita, sua madre era morta per metterla al mondo e del padre non sapeva nulla. Aveva vissuto fino a poche settimane prima in un orfanotrofio, ma era fuggita e da quel giorno viveva abbandonata a se stessa. Sola. Ma ora poteva non esserlo più. La vita l’aveva messa sulla strada di quella strana coppia, che per qualche imperscrutabile motivo voleva prendersi cura di lei. Così prese per la seconda volta in quella sera la fredda mano del vampiro, ma non come prima. Questa volta era il simbolo della resa, una resa incondizionata, ma consapevole. - Bene, entriamo. Immagino avrai freddo…. – le disse con una dolcezza tale che stupì per primo se stesso.

- Un po’…. – esalò la piccola cercando di reprimere un brivido birichino che nonostante i suoi sforzi le attraversò il corpo.

Spike aprì con un gesto deciso la pesante porta in legno e nuovamente la meraviglia si impossessò di Buffy. Mai nella sua breve vita aveva avuto davanti agli occhi così tanto lusso!!! Si trovava infatti in un salone molto grande, immenso, si potrebbe pensare dato l’effetto ottico causato dagli specchi sulle pareti. All’orizzonte del salone si stagliavano fiere due rampe di scale in marmo, che portavano al piano superiore. Ma ciò che catturò maggiormente l’attenzione della piccola fu il rifinitissimo lampadario di cristallo, che pendeva dal soffitto. La luce che emanava infatti si diramava in fasci, che si rifrangevano sugli specchi creando un gioco a dir poco spettacolare!

- E’ bellissima…..ma voi chi siete? Io vi ho detto il mio nome, mentre voi non vi siete presentati…- chiese Buffy ancora leggermente intimorita…dopo tutto aveva quattro anni e si trovava con due emeriti sconosciuti!!!

- Io sono William, ma puoi anzi DEVI chiamarmi Spike….per servirti- e le fece un profondo inchino, mentre un sorriso ironico gli increspava il bel volto – e lei è la mia compagna Drusilla –

Drusilla che fino a quel momento si era tenuta fuori dalla conversazione, prese la parola – Raggio di sole le spiegazioni…chi siamo…chi sei….arriveranno…ma non ora. Ora devi spegnerti.- Spike che col tempo aveva imparato a capire almeno la metà di quello che diceva Drusilla spiegò a Buffy che era molto tardi e doveva andare a dormire. – Vieni, ti accompagno di sopra. Potrai dormire nella camera affianco alla nostra, non è molto grande, ma è a misura di mocciosetta!- la prese in giro inclinando lievemente la testa di lato. Buffy pur leggermente offesa non poté far a meno di notare che il suo “salvatore” era veramente bello. Oltre ai profondi occhi blu, che aveva subito notato, aveva lineamenti marcati e piacevolmente spigolosi con zigomi pronunciati e una bocca carnosa a completare il quadro. – In effetti ho molto sonno, ma ho anche tante domande da farvi, signore – e finì la frase con un piccolo sbadiglio, che deformò la sua faccia in modo dannatamente carino.

- Domani ci saranno domande, ci sarà un bel bagno caldo e cibo a volontà…ora però a nanna signorina! - la esortò il biondo.

Buffy, che stava perdendo la sua estenuante battaglia con il sonno, si fece guidare come un automa dal vampiro nella sua nuova cameretta. Era come le aveva detto, non molto grande, ma adatta a lei, nonostante il colore dominante fosse il blu e lei fosse una femminuccia. – Wow!!! Il letto è immenso! – esultò la piccola. – Vorrà dire che non correrai il rischio di cadere e romperti qualcosa! – scherzò Spike, mentre la invitava ad andare sotto le coperte di seta blu. Buffy scivolò nel calduccio del suo nuovo letto e si sentì per la prima volta nella sua vita a casa. – Buonanotte… se hai bisogno di qualcosa…. – lasciò in sospeso il vampiro e si apprestò ad abbandonare la stanza aprendo la porta. Non appena la chiuse sentì una vocina flebile dire – Grazie, William - .

Nessuno l’aveva mai ringraziato. E lui non aveva mai fatto qualcosa per esserlo. Era strano.Si sentiva bene però, era innegabile. Quella bambina era speciale, aveva ragione Dru. – Come sempre! Quella vede tutto maledettamente prima degli altri! – gli gridò la sua stessa voce nella testa. Si ritrovò a scuotere la testa pensando a quanto la sua vita, non vita pardon, era cambiata in una dannata sera. Ma non sapeva quanto ancora sarebbe cambiata nei giorni, nei mesi, negli anni successivi…..

 

Spike scese la scale con passo ciondolante raggiungendo Dru al piano inferiore. – Tesoro…..devo ricordarti che questa sera non abbiamo mangiato niente….avrei un certo languorino….le buone azioni mi mettono sempre un dannato appetito! – si lamentò il biondo cingendo con un braccio la vita della sua vampira. – E ora non possiamo uscire…l’alba è troppo vicina. Io però un’ideina ce l’avrei… - le sussurrò criptico all’orecchio.

- William William! Ti ho già detto che Buffy non si tocca…. - lo rimproverò Drusilla con un buffetto sulla spalla che rapidamente si tramutò in una lasciva carezza.

- Ti sbagli….non ho la minima intenzione di toccare la piccola…..Troppo ossuta per i miei gusti! – la rassicurò cominciando a tracciare disegni astratti sul suo viso con il dito. – Ho voglia ..… - e qui arricciò la lingua dietro i denti bianchissimi -….del sangue della mia sire…. Posso? – domandò retorico con una voce infantile inarcando sensualmente il sopracciglio e cominciando a passare la lingua sul collo niveo della vampira. – Oh… - gemette non riuscendo a trattenersi – No non puoi… - Spike alzò il capo dal suo collo e la osservò lievemente accigliato – DEVI! – gli ordinò perentoria.

 

Contemporaneamente al piano di sopra la nostra piccola orfanella proprio non riusciva a prendere sonno. Continuava a girarsi e rigirarsi nel suo nuovo letto alla disperata ricerca di una posizione più comoda….ma niente. Eppure era la superficie migliore sulla quale avesse mai avuto occasione di dormire!!!

Si tirò su a sedere sul letto, appoggiò i piedini nudi a terra e pensò di andare a vedere dov’erano Spike e Drusilla, forse uno dei due l’avrebbe aiutata ad addormentarsi…..

Silenziosa aprì un poco la porta che Spike le aveva detto essere quella della loro stanza, ma era vuota e il grande letto matrimoniale con lenzuola di seta nera era fatto. Richiuse piano la porta e si diresse verso le scale. – Forse non hanno ancora sonno e si sono trattenuti nel salone – pensò svogliatamente.

Quando si trovò in cima alla scale rimase letteralmente shockata, ma fu incapace di distogliere lo sguardo da quell’immagine raccapricciante….

 

I due erano chiusi in uno stretto abbraccio : le mani del biondo saldamente posizionate sul fondoschiena della donna, i volti di entrambi trasfigurati in quelli del demone e i canini profondamente immersi nei rispettivi colli.

La coppia di vampiri non si accorse di avere un’inopportuna spettatrice. Il piacere intenso che stavano provando nel nutrirsi l’uno dell’altra aveva annebbiato le loro menti.

C’è una grande differenza fra bere da un vampiro e bere da un umano. Soprattutto se il vampiro in questione è il tuo sire, un childe o comunque un componente della famiglia. Va al di là dell’atto meramente fisico del nutrimento o del piacere di uccidere. E’ una dichiarazione di possesso, di lealtà, di reciproca dipendenza. Non necessariamente d’amore, anzi quasi mai d’amore.

Bè forse nel nostro caso si.

Certo non il sentimento che gli uomini intendono per amore. Ma forse per questo meno intenso, meno sconvolgente, meno profondo….meno amore?

 

Fu Drusilla la prima ad alzare la testa e scorgere come un puntino sfocato una Buffy immobile appoggiata al corrimano, con gli occhi verdi resi ancora più grandi per il forte stupore.

Ritornò immediatamente al suo volto umano. Sembrava di nuovo una bellissima e normalissima donna dai lunghi capelli corvini, gli occhi violetti e la pelle bianchissima, non fosse stato per un rivolo di sangue che colando da un lato della bocca rivelava la sua natura demoniaca.

- Chi….COSA siete? – gridò la piccola disgustata da quello a cui aveva appena assistito.

Non attese però la risposta alla sua quanto mai lecita domanda.

Corre via infatti Buffy, fugge, non capisce e per questo ha paura, si rinchiude nella sua stanza e si lascia scivolare contro il muro per poi nascondere la testa fra le ginocchia e…. piangere.

 

 

Alla vista della bambina così scossa, Spike provò di nuovo quella fitta che, dopo appena una sera era già familiare al suo cuore fermo.

Salì spedito le scale e a colpo sicuro entrò nella stanza di Buffy. Stava piangendo. Silenziosamente e ininterrottamente.

Non sapeva come gestire la situazione Spike. Non aveva mai consolato nessuno prima d’ora. Non aveva mai dovuto fornire spiegazioni sulla sua natura a qualcuno. Tutto era nuovo e difficile da affrontare.

Si avvicinò con cautela alla piccola, le si sedette vicino e mosse la mano verso di lei per tentare di darle una qualche forma di conforto. Sapeva che gli uomini quando sono tristi apprezzano il contatto.

- Non mi toccare!!! Mi fai schifo….tu….tu…. – lo investì Buffy alzandosi di scatto e rifugiandosi all’altro capo della stanza.

Spike colto di sorpresa si trovò sospeso a cercare nella sua testa le parole giuste per darle una qualche spiegazione. Non le trovò. Forse non esistevano?

 

– Sei…..sei….un mostro? – domandò Buffy rompendo un silenzio diventato terribilmente pesante.

Temeva cosa le avrebbe risposto. Non voleva che i suoi due salvatori fossero due mostri. Le stavano simpatici. Non voleva tornare in mezzo a una strada. Non voleva essere di nuovo sola.

 

Spike fu colto in contropiede dalla domanda.

Era un mostro?

Si. Uccideva le persone per nutrirsi.

No. Non aveva la benché minima intenzione di fare del male a quell’esserino adorabile in lacrime davanti a lui.

- Io e Dru siamo vampiri Buffy. – dopo tante seghe mentali sul cosa dirle se ne era uscito fuori con una banalità colossale. Ma in alcuni casi la banalità coincide con la verità. Forse questo è uno di quei casi.

- Vampiri? – la piccola era in stato confusionale. Era frastornata. Aveva sentito parlare di vampiri prima. Spesso aveva sentito quel nome associato a eventi macabri accaduti in città. Sempre sussurrato, mai espresso chiaramente ad alta voce. Quasi fosse un tabù.

Erano figli di Satana. Esseri demoniaci. Perché allora volevano aiutarla? Perché Drusilla era venuta a cercarla? E soprattutto perché vedeva che gli occhi blu del VAMPIRO di fronte a lei erano pieni di reale dolore per quello che le stava facendo passare. Perché?

 

Spike capendo che ora il sentimento che albergava nella piccola non era più la rabbia cieca, ma la confusione, fece qualche passo e fermatosi dritto davanti a lei si inginocchiò per poterla guardare dritta negli occhi mentre le parlava.

- Ascoltami. Noi non siamo umani, ma questo non ci impedisce di provare sentimenti. Non siamo estranei alle emozioni. Io e Drusilla ci amiamo. Davvero, in un modo in cui probabilmente gli uomini non possono amare. Ci prendiamo cura l’uno dell’altra….bè veramente sono io che mi prendo cura di lei!... Lei mi fa solo impazzire!!! – a questa affermazione Buffy non poté trattenersi dal sorridere leggermente mentre lacrime le bagnavano ancora il viso – E’ anche vero però che non ho mai provato nessun tipo di sentimento per nessun mortale. Mi sono semplicemente indifferenti.

Tu però, hai qualcosa. E non lo dico perché lo ha detto Dru. Lo dico perché vedo….e sento….cose da quando ti ho incontrata che non avevo mai provato prima – Buffy distolse lo sguardo non riuscendo più a sostenere gli occhi del vampiro fissi nei suoi – Ehi guardami! Non ti sto chiedendo niente…. se vuoi andartene sei libera di farlo. Né io né Dru ti fermeremo. Ma se vuoi provare a far parte della nostra famiglia…..bè….ci faresti semplicemente felici. – ora era il turno di Spike di distogliere lo sguardo. Era imbarazzato. Se non sapeva che fosse impossibile, avrebbe giurato di essere arrossito.

- Tu…tu… pensi di volermi bene davvero Spike? – balbettò la piccola.

- Se volere bene a qualcuno significa volersi prendere cura di lui e desiderare che sia felice….io non penso… io so di volerti bene. – confessò serio il vampiro.

- Allora non sei un mostro….voglio dire….se mi vuoi bene,allora non puoi essere un mostro…anche se non sei un uomo. Non significa niente. All’orfanotrofio non mi volevano bene…. mi trattavano male, mi davano poco da mangiare e mi picchiavano per delle sciocchezze….ed erano uomini - fece una piccola pausa - Perché loro non li chiamano mostri? – domandò poi innocentemente tornando a fissarlo.

- Non lo so piccola…non lo so….è così che funziona il mondo. Non dico che funzioni bene. Ma è così che funziona – sorrise tristemente Spike – ora dormi passerotto, questa non è un’ora per bambini. – concluse alzandosi in piedi e voltandosi pronto per lasciare la stanza.

 

 

- Spike… - disse in un sussurro Buffy che intanto si era seduta sul letto. Sentendosi chiamare si girò immediatamente.

- Potresti semplicemente abbracciarmi? – gli chiese con una voce piccola piccola per il timore di una risposta negativa.

- Certo. –

Si distese sul letto, la prese fra le braccia, mentre lei appoggiava la testolina sul porto sicuro che era il suo petto. Questa volta si addormentò subito Buffy. Spike no. Non voleva prendere sonno. Dormendo non avrebbe potuto accarezzarle i capelli,guardarla sorridere mentre era persa nel mondo dei sogni, ascoltare semplicemente nel silenzio il battito del suo cuoricino vivo e pulsante.

 

Quella sera Spike aveva stipulato due patti di fedeltà silenziosi.

Con Dru la firma era stata il sangue. Con Buffy un abbraccio.

La famiglia si era formata.

 

CAPITOLO 2

 

Dublino 1903

 

 

Come una notte di qualche anno prima una carrozza splendidamente nera sfreccia veloce per le stradine.

 

Si potrebbe pensare sia la stessa notte. Si potrebbe pensare che il tempo semplicemente non trascorri, ma giri in cerchio come un cane che tenta invano di toccarsi la coda senza tuttavia riuscirci mai.

Ho detto si potrebbe pensare, non che sia così!

Che non si tratti della stessa notte è dimostrato da due non trascurabili differenze.

Non certo la coppia di vampiri che siede all’interno della carrozza mollemente adagiata contro il sedile in pelle inevitabilmente nera. No. Se fossero loro il nostro strumento di misura non saremmo in torto a ritenere che il tempo sia solo un grosso cane stupido!

Infatti sono sempre splendidamente e immutabilmente identici a come li avevamo incontrati qualche anno addietro. E a come li rincontreremo in futuro. Questa è una delle poche certezze che posso darvi.

 

No no le differenza a cui mi riferisco sono altre. In primis ci troviamo in un’altra città.

Siamo a Dublino. Bè non che ci siano molte differenze! Oddio ora sia inglesi che irlandesi mi uccidono!!! Dopo tutto non è la capitale di un’isola come Londra. Non capisco perché gli uomini si aggrappino ad ogni più piccola diversità per farsi la guerra e non prestino invece la benché minima attenzione alle cose che li accomunano!

Ma veniamo alla seconda differenza, che ai fini della nostra storia è molto più rivelante.

Seduta al capo opposto della carrozza, con la mano impegnata a spostare di lato la tenda nera per ammirare il panorama, non c’è più una bambina come in quella notte. Neanche una donna intendiamoci. C’è una ragazzina di sedici anni.

Bella.

Era diventata bella come avevamo sempre saputo.

 

- Uffa….perché abbiamo lasciato Londra così in fretta? E siamo venuti in Irlanda? Dico in Irlanda…..portatemi dappertutto, ma non in Irlanda. Sono…anzi SIAMO inglesi! Ve lo siete forse dimenticati, piccioncini? – sbuffò insofferente Buffy incrociando le braccia al petto aspettando impaziente una risposta.

Spike preso com’era a torturare l’incavo della spalla di Drusilla con la bocca, la staccò svogliatamente dal suo banchetto personale per rispondere a quella domanda, che gli avrà fatto mille dannate volte dall’inizio del viaggio cinque giorni prima!

- Senti piccola…. -

- Non chiamarmi PICCOLA! Ho sedici anni maledizione! – lo interruppe bruscamente Buffy.

- Ok briciola…. – continuò imperterrito il vampiro inclinando la testa di lato e fissandola dritta negli occhi.

- E neanche BRICIOLA! Nessun dannato vezzeggiativo! –

- E come dovrei chiamarti….tesoro…dolcezza…..mia riccioli d’oro… – la prese in giro avvicinandosi a lei e accarezzandole i capelli con la mano.

- Ho un nome sai…chiamami Buffy. B-U-F-F-Y. Capito zuccone?- gli disse meno arrabbiata e più divertita dallo scambio di battute.

- Bè tecnicamente non ti chiami neppure Buffy. Quindi ti devo chiamare…. Elizabeth? – le domandò con un sorriso fintamente innocente e inarcando il sopracciglio come era solito fare per sottolineare quello che diceva.

- No no no no! Tutto, ma non ELIZABETH!!! Lo odio!Lo sai! – ribatté esasperata la ragazzina.

- Tutto quello che vuoi…..piccola! – e si stampò in faccia un sorriso da schiaffi.

- Dio!!! Sei insopportabile!!! ….Chiamami come ti pare! – concluse Buffy la conversazione tornando a guardare fuori dalla finestrina.

Spike forte della vittoria e non volendo che lei avesse l’ultima parola si avvicinò al suo orecchio, mentre lei continuava a fare come se non ci fosse, e le sussurrò a voce chiaramente udibile – L’avrei fatto comunque! – poi ritornò al suo posto a fianco a Drusilla lasciando Buffy a cuocere nel suo brodo.

 

- Comunque….tornando alla domanda che avevi fatto…te lo avrò ripetuto un miliardo di volte! Stiamo scappando! Eravamo a Londra da troppo tempo! E io e Dru non siamo stati come dire… molto discreti nelle nostre cene… - le rispose guardandola, mentre lei continuava a fare l’offesa e a non prestargli attenzione.

 

- Siii…. Miss Edith me lo aveva sussurrato quando le campane suonavano – prese parola Drusilla – Una scia di sangue ci segue e i cani cattivi sentono l’odore caldo e metallico. -

Buffy ritenne opportuno ascoltare la vampira, d’altronde non era colpa sua se Spike era odioso! Ma dato che lei non era esperta in Drusillogia come lo era invece il biondo si trovò costretta a rivolgere di nuovo la parola a Spike.

 

- Eh? – gli disse con uno sguardo confuso.

- I cittadini di Londra avevano cominciato ad avere più di qualche sospetto nei nostri confronti. Siamo dovuti scappare, capisci….eravamo in pericolo…le folle non vedono l’ora di trovare un buon appiglio per scaricare la loro rabbia e frustrazione. E poi neanche tu eri al sicuro. Nessuno sa della tua esistenza. Pensa cosa avrebbero potuto farti scoprendo una ragazzina nella casa di due demoni! – le disse stringendo i pugni al pensiero che le venisse torto anche solo un capello.

 

Sembrava soddisfatta della risposta, ma aveva ancora una domanda da porgli.

Le sembrava di aver passato tutta la vita a fargli domande a cui lui era chiamato a rispondere. Sin da quando era piccola. Era sempre stato così.

Lui era la risposta alle sue domande.

- Dove andremo? -

 

- Oh….le cose stanno per cambiare…. Il teatro dei burattini avrà nuovi protagonisti…e raggio di sole risplenderà e si sporcherà….così è scritto. Così sarà. – annunciò Drusilla con lo sguardo più perso e più pazzo del normale. Non credevo di poter scrivere “normale” e “Drusilla” nella stessa frase!

Spike questa volta confuso quanto Buffy dai vaneggiamenti della sua amata impiegò qualche secondo più del necessario prima di risponderle. – Ecco subito spiegato perché in Irlanda. E’ l’unico luogo dove io e Dru abbiamo un qualche tipo di conoscenza. Siamo tipi solitari anche per lo standard vampiresco!- esclamò orgoglioso, mentre Buffy ruotava gli occhi fintamente infastidita.

 

- La piccola bambina perduta incontrerà di nuovo il suo angelo decaduto! – urlò eccitata Drusilla guardando Spike felice. Buffy che come suo solito non comprendeva una parola di quello che diceva la vampira, si ritrovò di nuovo ad indossare un’espressione ebete rivolta a Spike.

- Si riferisce ad Angelus. E’ il suo sire, nonché maestro di Dublino…..e l’unico che ci può ospitare – terminò strascicando le ultime parole come se pronunciarle gli costasse una fatica inenarrabile.

- Non ti sta molto simpatico, vero Spikey? – lo prese in giro lei.

- Già….e NON chiamarmi Spikey per nessun motivo! – la rimbeccò lui irritato.

- Basta voi due a litigare per i nomi! – si intromise Drusilla troncando sul nascere un nuovo battibecco tra Spike e Buffy. In certi momenti sembrava lei l’unica sana di mente!

- Va bene – dissero contemporaneamente i due a voce bassa e abbassando gli occhi come due bambini colti dai genitori a compiere una marachella.

E con questo singolare quadretto familiare si concluse la corsa in carrozza.

Spike da buon cavaliere, le sue origini aristocratiche in alcune occasioni erano evidenti, fece scendere per prime le sue signore.

Drusilla poi Buffy e infine Spike misero piede in territorio irlandese.

 

I due vampiri, per niente spaesati a differenza di Buffy dal trovarsi in una città sconosciuta, cominciarono a camminare sicuri verso quella che doveva essere la loro meta.

Il palazzo di Angelus. Maestro di Dublino. Sire di Drusilla. E ci avrebbe scommesso rivale del suo Spike.

Buffy era immersa in questi pensieri, mentre trotterellava pochi passi indietro rispetto alla coppia.

 

Talmente immersa da non notare una figura impeccabilmente vestita che nell’ombra la osservava ininterrottamente, staccando però lo sguardo da lei a intervalli regolari per pulire gli occhiali.

- Ehi! Voi due aspettatemi! – urlò Buffy dietro la coppia di vampiri, innervosita dal fatto che la stessero più o meno volutamente escludendo.

I due si fermarono leggermente infastiditi.

– Tutta questa fretta da dove salta fuori? Così ansioso di rivedere Angelus, Spikey? – sbottò la ragazzina calcando volutamente la voce su Spikey.

- Dio donna! Sei maledettamente insopportabile! Tutta questa fretta salta fuori salta fuori dal fatto che tra una dannata ora è maledettamente l’alba!!!! – le disse voltandosi a guardarla, mentre imitava la sua voce per prenderla in giro.

 

“Donna?....da quando in qua Spike mi apostrofa donna? Piccola, briciola, dolcezza, principessa, passerotto, riccioli d’oro….ma donna???? Mah ….….” pensò stupita la bionda del nuovo appellativo.

In quel momento Buffy non prestò all’accaduto la dovuta attenzione. Se avesse avuto minime nozioni di psicologia, scienza che si stava sviluppando proprio in quegli anni, avrebbe catalogato l’evento come lapsus freudiano.

 

Intanto dal suo nascondiglio nell’ombra il nostro uomo impeccabilmente vestito continuava ad osservare Buffy.

Era indubbiamente lei. Rispondeva a tutte le caratteristiche fisiche che Lord Travers gli aveva fornito nella sua descrizione. Lunghi capelli biondi, occhi verdi, fisico asciutto, non molto alta.

Era lei.

Ma cosa ci faceva con due vampiri? E non due vampiri qualunque, ma Spike e Drusilla? Probabilmente i vincitori del concorso “ La coppia più letale dell’anno”….se fosse esistito!!!

Interruppe il contatto visivo con la ragazza.

Doveva pulirsi gli occhiali, lo faceva sempre quando era nervoso, quando qualcosa non andava come previsto e stravolgeva la sua vita pianificata.

 

 

Quello era un imprevisto. Un imprevisto che proprio non ci voleva.

 

 

Inconsapevoli di essere pedinati i nostri tre protagonisti avevano ormai raggiunto la loro meta.

Il palazzo di Angelus.

A differenza della magione londinese di Spike e Drusilla, non si trovava fuori città bensì in pieno centro. Sotto gli occhi di tutti. Particolare che la dice lunga sul suo principale abitante.

Buffy, ancora disorientata dal trovarsi in una città sconosciuta, si trovò con il nasò all’insù persa nella contemplazione della facciata principale di quella dimora principesca.

Era un palazzo visibilmente antico, in stile gotico.

La ragazza non si soffermò sui particolari. Non riusciva a distinguere separatamente le guglie lavorate, il portone in legno massiccio, le finestrelle rotonde esageratamente decorate.

Stranamente la meraviglia in questo caso non fu lieta compagna solo di Buffy, anche Spike e Drusilla sembravano sinceramente in ammirazione dell’altissima costruzione, che si stagliava fiera sulle altre. Potente. Come il suo padrone.

 

Il primo a scuotersi da quel torpore fu il biondo vampiro. Spike era in realtà più che in contemplazione del palazzo era immerso nelle sue riflessioni.

Doveva parlare seriamente con Angelus. Con calma e razionalità. Come non aveva mai fatto.

Avrebbe dovuto. Per Buffy.

 

Temeva infatti che il grande Maestro di Dublino non acconsentisse ad avere all’interno della sua dimora una giovane umana.

A meno che non si trattasse di concubine destinate ad allietare le giornate del padrone con la loro carne e il loro sangue, la popolazione della corte di Angelus era costituita esclusivamente da vampiri, con l’eccezione di qualche demone non repellente.

Spike rabbrividì al pensiero della sua piccola e innocente Buffy in veste di concubina di Angelus.

Un nodo gli chiudeva la bocca dello stomaco. Non l’avrebbe permesso. Sarebbe sceso a compromessi col suo eterno rivale. Non voleva venisse sporcata da quel diavolo dal volto di angelo.

Per quanto il suo orgoglio si stesse ribellando, avrebbe trattato con lui.

 

- Buffy, io e Dru siamo attesi da Angelus. Tu aspettaci qui fuori. Non ti muovere mi raccomando. Ti vengo a chiamare io quando avrò sistemato tutto e potrai entrare. Ok? – le chiese titubante conscio di quanto Buffy odiasse attendere. Per certi versi era ancora una bambina…..sorrise nella sua testa. Per altri no. Il pensiero si affacciò nel suo cervello non voluto, non previsto, ma non per questo meno vero.

 

Un secondo e fu dolorosamente consapevole di quanto fosse cresciuta, di come il suo corpo non fosse più quello acerbo e androgino di una bambina, bensì quello di una ragazzina ancora innocente, con la sensualità tipica derivante dalla inconsapevolezza di averla. La sensualità.

 

Un secondo e non riuscì a fermare i suoi occhi dal percorrere avidi quella figura snella, quei capelli che avevano rubato il colore al sole, quegli occhi….Dio! Quegli occhi così….verdi! Quel nasino piacevolmente non perfetto, quelle labbra naturalmente rosee.

 

Un secondo e ne fu consapevole. Un secondo per accorgersi che era cresciuta. Che non era più un’adorabile bambina. Ma una ragazza, bella e desiderabile.

- Va bene, vi aspetto qui fuori – la voce di Buffy lo destò improvvisamente dalla sua contemplazione. Scacciò con forza quei pensieri, che sapeva non avrebbero portato niente di buono.

 

Drusilla intanto, attenta spettatrice delle diversi espressioni che si alternavano sul volto di Spike, aveva inevitabilmente capito cosa si agitava nella testa del biondo. Anzi aveva capito che lui finalmente se ne era reso conto. Lei lo sapeva già da tanto tanto tempo. Forse da quella notte. Forse da prima. Forse da sempre.

Nonostante vedesse in un modo nebuloso e contorto il futuro e fosse consapevole di ciò che esso riservasse per lei prese Spike per mano e lo trascinò dolcemente al di là della porta d’ingresso. Verso Angelus. Lontano da Buffy.

 

Quella era un’occasione che proprio non poteva lasciarsi scappare. Elizabeth Summers era sola, finalmente.

L’uomo con gli occhiali uscì dal suo nascondiglio e si diresse impettito verso la ragazza, che non si era ancora mossa da quando la coppia di vampiri era sparita inghiottita dall’immensità del palazzo.

Si fermò solo quando le fu di fronte e parlò.

- Elizabeth Summers? –aveva un accento chiaramente inglese.

Buffy sentendo il suo nome completo prestò tutta la propria attenzione all’uomo. Chi diavolo era? E Come sapeva chi era? Era sicurissima di non averlo mai visto.

Sui cinquanta anni, capelli grigi, impeccabilmente vestito, colletto impomatato, occhiali sul naso che nascondevano due occhi chiari, forse belli. Non avrebbe saputo dirlo.

- Si…. E lei è? – chiese Buffy, leggermente in soggezione a causa dell’uomo.

- Rupert Giles. Il tuo osservatore –

 

Buffy rise. Veramente. Proprio rise e di gusto.

 

- Il mio cosa? E’ un modo carino per definire i guardoni? Guardi mi sembra un filino anziano per me! – esclamò sarcastica per stemperare la situazione.

- Hai frainteso. Solo tu puoi combatterli. –rispose semplicemente serio Giles, affatto toccato dalle pesanti allusioni della giovane bionda.

- Chi? – e la sua bocca rimase sospesa in quella che doveva essere una o di stupore e totale confusione.

- I vampiri..

In ogni generazione c’è una prescelta, che si erge sola contro i vampiri, i demoni e le forze delle tenebre. Lei è la cacciatrice…..Tu. – parlò come se stesse recitando una poesia a memoria.

Solo che la poesia non c’entrava.

 

Non è necessario dire che la o sulla bocca di Buffy rimase dov’era.

 

 

 

Nello stesso arco di tempo Drusilla e Spike erano già entrati nel palazzo ed erano stati condotti nella sala delle udienze di Angelus.

Sembrava di essere stati catapultati indietro nel tempo. Nel Medio Evo. In un castello. E quel vampiro straordinariamente bello seduto su un trono d’oro con cuscini porpora ne era il re.

Drusilla non riusciva a trattenere l’eccitazione. Non voleva trattenerla. Tanto poteva agire come più le piaceva. Nessuno l’avrebbe rimproverata di nulla.

Era pazza, no? Ha i suoi vantaggi.

Scostò con delicata fermezza la mano da quella di Spike e si buttò letteralmente fra le braccia del suo amato sire.

- Dru….vedo che ti è mancato il tuo paparino? – disse il vampiro più anziano con una voce così suadente da ferire.

Mentre continuava a stringere le braccia attorno alla vita della vampira e a muovere le lunghe dita sulla sua schiena fece l’occhiolino a Spike, ancora fermo dove lo aveva lasciato Dru prima di correre da Angelus.

 

Neanche un secondo in sua presenza, neanche una parola e lo aveva già innervosito oltre misura. Dio come lo odiava!

 

Angelus sciolse delicatamente l’abbraccio con la sua childe per andare verso l’altro vampiro maschio e stampargli un freddo bacio in fronte.

- ….William….non mi saluti?- gli domandò sarcastico facendo qualche passo lontano dall’altro.

- Angelus – disse facendo un cenno col capo.

- Bene bene….i miei due bambini preferiti hanno fatto ritorno a casa. Qual buon vento? –

 

Drusilla che era stata lasciata un po’ in disparte trotterellò felice verso i due vampiri e si mise ad accarezzare come fosse il pelo fulvo di qualche bellissimo gatto, il braccio del bruno.

- Si…. È vero….un buon vento ci ha trasportato come foglie….eravamo persi, ora ci ritroveremo. La piccola principessa nera ha bisogno del suo angelo. E anche lui ha bisogno di lei perché avrà le ali spezzate, sta per volare troppo vicino al sole. E cadrà. – pronunciò il suo oracolo mascherandolo dietro parole prive di senso. O almeno prive del senso comune.

 

- Abbiamo rischiato di essere uccisi dalla popolazione londinese, nutrivano molti sospetti e siccome conoscevano il nostro nascondiglio l’unica soluzione era la fuga. – ammise Spike fissando i suoi occhi blu in quelli scuri dell’altro vampiro.

- Sono immensamente felici di riavermi con me – e qui fece scivolare un dito a sfiorare la bocca di Dru continuando a fissare Spike con uno sguardo di aperta sfida - Francamente non ho mai ben capito come mai ve ne siate voluti andare.... Ma suvvia voglio essere magnanimo! Il passato è passato! – sentenziò.

- Bene era quello che volevo sentire. Ho una cosa da dirti però prima che tu ci riprenda con te.- buttò là Spike attendendo l’inevitabile domanda inquisitoria dell’altro.

- Cosa c’è William? Dì al vecchio Angelus… - continuava ad essere sarcastico, a punzecchiarlo. Non era dannatamente cambiato di una virgola. Purtroppo.

- Chiamami Spike – gli ordinò serio. Era lui ora a sfidarlo apertamente.

- Se ti fa sentire più virile…. – lo prese in giro sporgendo in avanti il labbro inferiore.

Il silenzio calò poi sulla stanza, sui tre. Un silenzio che odorava d’attesa.

 

- Non siamo soli. – le tre parole uscirono dalla bocca di Spike e trasportate dall’aria giunsero fino alle orecchie iper sensibili di Angelus.

- Non vedo quale sia il problema. Mi fa sempre piacere avere qualche nuovo vampiro da iniziare alla mia crudele arte….E poi un posto in più lo troviamo –

- Non è un vampiro. E’ umana. E’ una ragazza. E sta con noi. – ammise Spike, provando uno strano sentimento che non si permise di chiamare vergogna.

 

Angelus rise. Veramente. Rise di gusto.

 

- William William….. non vedo il problema? Mi congratulo con te, ti sei preso una bella ragazzina da addestrare ai tuoi gusti per poi trasformarla…..veramente sopraffino. Mi stupisci. – un sorriso sornione gli increspò il bel volto – Quando hai intenzione di farle il dono tenebroso? Mi raccomando non quando è ancora troppo piccola….non finiscono mai bene queste cose…..fidati! – concluse con lo stesso identico sorriso sulle labbra.

 

Spike che era rimasto a “non vedo il problema?” fece un rapido tour nella sua memoria per capire che Angelus aveva dannatamente frainteso tutta quanta la situazione!!!

- No no…. evidentemente mi sono spiegato male. Non ho nessunissima intenzione di renderla un vampiro… – l’immagine di Buffy vecchia o peggio morta fecero vacillare clamorosamente la sua convinzione.

Angelus preso in contropiede assunse un’espressione perplessa – E allora perché te la porti dietro? – chiese schietto senza mezzi termini.

 

- Sta con noi da quando è piccola e le voglio molto bene. Se vuoi noi prendi anche lei. O il pacchetto completo o niente. – propose serio il biondo.

 

Drusilla ancora teneramente abbracciata al suo amato sire cominciò a ridere senza controllo.

Rideva. Rideva. Rideva. Rideva.

Sembrava non voler smettere mai e nessuno sapeva il maledetto perché.

Ma chi l’ha detto che ci deve essere sempre un perché a tutto?

Lei di perché non ne aveva ed era felice.

 

Angelus letteralmente incantato ad ammirare la sua childe persa nei meandri più oscuri di un’allegria non condivisa era incapace di distogliere lo sguardo dallo scintillio di infantile contentezza, che i suoi occhi violetti avevano assunto.

Gli era mancata. E la rivoleva.

 

- Vediamo…tu vorresti che io… il grande Angelus, flagello d’Europa e illustrissimo Maestro di Dublino spalanchi le porte della mia casa ad una giovane umana, che non hai “nessunissima intenzione di rendere un vampiro”, citando le tue esatte parole? – chiese retorico mentre l’aria era ancora satura delle risa sfrenate di Drusilla.

 

Spike non fece alcun segno. Rimase impassibile continuando a tenergli testa con lo sguardo.

- Non ti aspetterai di non dover pagar nulla per questo, vero piccolo William? – gli disse ironico avvicinandosi a Drusilla, bellissima così sconvolta dopo l’estasi del riso. Aveva l’incomparabile lucentezza di una donna dopo un amplesso con l’uomo che ama.

Le prese il mento fra due dita e le alzò il viso in modo che potesse guardarlo negli occhi mentre appoggiava le labbra sulle sue.

In un lampo il bacio passò da fuggevole carezza a passione liquida. Angelus irruente non chiese il permesso per far entrare la sua lingua ad esplorare la caverna di freddo piacere, qual era la bocca della vampira.

Aveva ancora lo stesso sapore di lavanda di quando l’aveva assaggiata quella prima volta secoli indietro. All’epoca era ancora un’innocente fanciulla rinnegata dalla famiglia. Sorrise mentalmente.

A malincuore interruppe il bacio per tornare a posare il suo sguardo su Spike, che aveva assistito alla scena e tuonava dentro di sé per andarsene e portare via da Angelus la sua Dru.

Non poteva però, in nessun modo.

 

- Ti propongo le mie condizioni Spike – cominciò a spiegare volutamente assumendo un accento sarcastico su Spike – non ho una camera in più per lei, ma ho già trovato la soluzione. Dru starà con me….è così tanto tempo che non ci vediamo. Un’eternità. Dobbiamo recuperare il tempo perduto, vero piccola? – le domandò tenero come un padre e nel contempo sensuale come un amante.

La vampira si limitò ad annuire estasiata. E Spike a stringere i pugni così forte da farsi male.

- Per quanto riguarda te invece starai in una camera nella zona padronale insieme con la piccola umana. Sempre che tu non la voglia far dormire con i servi…… - concluse Angelus inarcando il sopracciglio.

 

Spike ebbe bisogno di rifletterci su che un momento prima di accettare.

Nonostante la gelosia accecante che provava al pensiero di Angelus e Drusilla di nuovo insieme. Sapeva che quei due erano indissolubilmente legati….. ed era abbastanza uomo da ammetterlo.

 

Alle conseguenze di avere Buffy nel suo letto non aveva volutamente pensato.

 

Si congedò poi velocemente dal bruno vampiro, per andare a richiamare Buffy, che era ancora fuori ad aspettarlo e metterla al corrente delle novità. Inoltre non voleva fare il terzo incomodo per i due piccioncini ritrovati!!!

 

 

Non appena mise di nuovo piede all’aria aperta percepì che qualcosa non andava.

Buffy stava parlando con un uomo. Dio! Era uno di quei bellimbusti impomatati che odiava!

Affrettò il passo e le fu immediatamente accanto.

- Questo signore ti sta importunando tesoro? – le chiese più rivolto a lui che a lei.

Buffy sorrise alla vista di Spike. Ora ci avrebbe pensato lui a risolvere la situazione.

- No, non sto importunando nessuno…. Spike –

- Si invece….fa discorsi strani su prescelte, cacciatrici, osservatori…. – disse la bionda confusa rivolta al vampiro.

Spike si accigliò. Fece due più due. Osservatore più giovane ragazza uguale cacciatrice. O mio Dio Buffy era una cacciatrice!!!!!!! Bloody hell!!!!!

 

- Solitamente non discorro con i vampiri, ma mi permetto di fare un’eccezione. Il mio nome è Rupert Giles, osservatore della signorina Summers. Mi trovo qui appunto per portarla con me e allenarla per ciò per cui è nata. In ogni gene…..-

- La prego non ricominci con quella solfa…..sacra missione….si erge contro i demoni….bla bla bla…..ho afferrato il concetto dopo la decima volta che l’ha ripetuto. – lo interruppe secca Buffy con un’espressione di pura disperazione in volto.

Spike che di tutta la frase aveva afferrato solo “portarla con me” si rese conto della gravità della cosa.

 

- Lei non va da nessuna parte – disse puntandogli in volto due gemme blu fredde come un abisso.

- Non mi sembra che il posto di una cacciatrice sia con un vampiro….e del suo calibro…. – continuò Giles cominciando a balbettare.

- A me sembra piuttosto che questo non sia il tuo posto – ribatté il biondo ponendosi fra la ragazza e il signore con fare protettivo. Avanzò poi di qualche passo facendo indietreggiare un Giles tremante.

- Oggi mi sento inspiegabilmente generoso…..ti do una possibilità. Sparisci. Non farti mai più vedere. E soprattutto non avvicinarti per nessun motivo a Buffy. Altrimenti….non so se sarò di nuovo così generoso…. – lo minacciò afferrandogli un braccio e mostrando i canini.

 

Se qualche fortuito passante avesse potuto osservare la scena avrebbe creduto fosse una fotografia.

I due infatti erano sospesi. La mano di Spike ancora lì, sul braccio di Giles e quest’ultimo immobile senza alcun segnale che indicasse l’intenzione di fare un movimento.

La cornice di questa particolare foto era il silenzio.

 

Silenzio spezzato soltanto dal rumore sordo che le scarpe dell’osservatore produssero mentre il loro possessore si allontanava mesto da quella strana coppia.

Spike prese Buffy per mano e la guidò dolcemente all’interno della dimora di Angelus.

Quella notte sapeva avrebbe voluto delle spiegazioni e lui gliele avrebbe date. Come sempre. Anche se aveva paura di non saper gestire la situazione. Buffy era una cacciatrice.

 

I due ormai già dietro il portone in legno massiccio non poterono ovviamente vedere l’uomo impeccabilmente vestito che sorrideva tra sé.

- Non hai idea di chi ti sei messo contro. – le parole appena sussurrate si dispersero nell’aria umida di quella notte irlandese, senza che nessuno avesse avuto modo di udirle.

CAPITOLO 3

 

Buffy come un automa si lasciò condurre da Spike all’interno dell’imponente costruzione.

Era confusa. Molto. Come non era stata mai.

E dilaniata. Dentro. Un conflitto interiore.

Percepiva nitidamente il potere crescere dentro di lei. E parallelamente con esso cresceva la sensazione puramente istintiva di trovarsi in presenza di ciò che doveva combattere.

Vampiri.

Qual ironia più sublime di questa? Nata per uccidere coloro che l’avevano salvata.

 

- Piccola, non avere paura. Qui sei al sicuro, quell’uomo non ti disturberà più. Penso di averlo convinto, che dici? – esordì Spike sentendo fin dentro le viscere l’angoscia di lei. Sapeva che quelle stringate parole non avrebbero sortito l’effetto consolatorio sperato, ma erano meglio che niente.

 

- …..Spike…..cosa si suppone che debba fare, ora che sono la cacciatrice? …..E tu cosa farai? – chiese teneramente titubante. Gli sembrò di rivedere per un attimo quella piccola bambina sperduta in un sudicio vicolo di Londra. Il pensiero gli scaldò il cuore, ma poi la gravità di ciò che Buffy chiedeva lo riportarono bruscamente alla realtà.

Già due eccellenti domande……

 

- Shhh……parla piano. Per prima cosa non dire a nessuno chi sei veramente. Sarebbe un dannato suicidio! Per me non cambia nulla amore, rimani sempre la mia piccola Buffy. E se tu non provi l’irrefrenabile bisogno di piantarmi un paletto nel cuore, penso che potremmo continuare ad andare d’accordo come sempre, no? – spiegò Spike con una voce più sicura di quanto non fosse lui stesso.

 

- Uhmmm….. – fece finta di pensarci su – vediamo….l’istinto di piantarti un paletto nel cuore ce l’ho da sempre. Ma vedrò di trattenermi……ho ancora dubbi però…. – da ironico il tono della ragazza si fece immediatamente serio.

- Dimmi –

- Se una cacciatrice ha un osservatore, ci dovrà essere un motivo, non credi? – chiese pensierosa.

- Certo….le cacciatrici per sviluppare le loro innate capacità devono essere allenate….Pensi che avresti potuto avere un osservatore migliore di William il Sanguinario, dolcezza? – esclamò con un orgoglio così marcato da sfiorare la vanità. Ma per Dio lui adora maledettamente vantarsi!!!

 

Buffy attaccò a ridere. Una risata cristallina. Pura. Diversa da quella sconnessa di Drusilla.

- Wow….la cacciatrice allenata da un vampiro. Non lo trovi poetico? -

- Oh si amore, ma d’altronde dopo averne uccise due, ho voglia di provare qualcosa di diverso con la terza. Non amo ripetermi. – concluse il biondo.

Non aveva idea di quanto sarebbe stata profetica quella frase.

 

Si erano chiariti. Le cose non erano cambiate. Bè non radicalmente almeno.

Erano in un’altra città. Buffy era la cacciatrice. Spike sarebbe stato il suo osservatore.

Ok erano cambiate. Ma erano comunque insieme. E questo bastava.

 

Intanto che parlavano avevano attraversato corridoi, salette e stanze. Spike non accennava a fermarsi, quando Buffy sbadigliò rumorosamente.

- Ho sonno….andiamo a dormire ti prego – lo supplicò con gli occhi resi più lucidi per la stanchezza. Erano come giada.

Di nuovo quelle strane pulsioni nei confronti della sua piccola Buffy lo stordirono. Aveva voglia di baciarla. Di divorarla. Di sprofondare in lei, nel suo calore. Di esplodere in lei.

- Ehi….Spike…hai sentito…ho sonno. – ripeté l’oggetto del suo desiderio totalmente ignaro, fortunatamente, di quello che stava succedendo in lui.

- Si piccola, tra poco andiamo a dormire….prima però devi presentarti ad Angelus. E’ grazie a lui se puoi stare qui. Sii gentile mi raccomando. – era riuscito a formulare una frase di senso compiuto.

 

Entrarono nella grande sala delle udienze di Angelus. Spike per primo e Buffy immediatamente dietro.

Il bruno vampiro era adagiato sui cuscini porpora del suo trono dorato come prima. Solo che ora c’era Drusilla comodamente seduta sulle sue gambe intenta a strofinare il fondoschiena sul membro del suo paparino.

 

Non appena si accorsero di essere osservati entrambi si alzarono svogliatamente. Avevano comunque tempo per loro. Un’eternità.

 

Angelus fece qualche passo in direzione dei due e finalmente poté osservare la giovane che Spike si ostinava a portarsi dietro.

Non aveva tutti i torti. Era veramente bella. Proprio non capiva perché non l’avesse ancora trasformata.

Rimase estasiato a fissarla in silenzio per qualche attimo.

Buffy dal canto suo fece lo stesso. Quel vampiro era dannatamente bello. Molto diverso da Spike.

Alto, con due larghe spalle e un torace ampio e tonico. I lunghi capelli castani lasciati sciolti gli cadevano liberamente sulle spalle. E i suoi occhi erano due profondità nere insondabili.

 

Al biondo vampiro non sfuggì lo scambio di sguardi dei due. E non gli piacque.

 

- Signorina, il mio nome è Angelus, grande Maestro di Dublino. Deliziato di fare la sua conoscenza- disse inchinandosi e sfiorandole una mano con le belle labbra.

- Buffy Summers. Piacere mio, e non mi dia del lei, la prego. – mormorò Buffy.

- Solo se tu farai lo stesso Buff – le disse con un fare seducente che la ragazzina nella sua innocenza non colse.

- Va bene Angelus. Mi dispiace molto non poter essere di compagnia, ma sono molto stanca e vorrei congedarmi, se è possibile – mormorò la ragazza con gli occhi ancora incatenati a quelli del moro.

- Certo, vai pure. Segui Spike, sa dov’è la tua camera. –

 

Mentre i due biondi uscivano dalla sala delle udienze, i due bruni senza perdere tempo riprendevano da dove erano stati interrotti.

 

A Buffy pareva di essere in un campo minato. Ogni secondo i suoi sensi le inviavano segnali di pericolo. Quell’abitazione era stracolma di demoni e vampiri di ogni sorta. E lei era la cacciatrice. Decisamente il suo habitat naturale!!!

 

Distratta com’era non si accorse neppure che erano ormai arrivati. Avevano salito un’imponente scalinata e ora si trovavano di fronte ad una bella porta in noce. Spike la aprì e si mise da parte per far entrare Buffy. Un vero gentiluomo.

 

La camera destinata a loro era veramente grande.

Il colore preponderante era il rosso. Rosso sangue. Rosso passione.

Il grande letto a baldacchino con lenzuola in seta chiaramente rosse dominava dal centro l’intera stanza. Il resto dell’arredamento era costituito da un cassettone, spartano, ma funzionale e da uno specchio ovale con rifiniture in oro.

La grande porta-finestra che dava su un terrazzino era coperta da pesanti tendaggi rossi.

 

Buffy che per l’eccitazione aveva dimenticato la stanchezza, correva da un capo all’altro della stanza guardando meravigliata ogni oggetto.

Aprì poi un’altra porta identica a quella d’ingresso e si ritrovò in un meraviglioso bagno. Era in pregiato marmo bianco. La sua purezza e lucentezza creava uno stridente contrasto con la camera con cui comunicava.

 

- E’ di tuo gradimento amore? – sorrise Spike ammirandola.

- E’…..WOW –

- Vedo che ti ha lasciato senza parole – la prese in giro il biondo.

 

Buffy continuò a guardarsi intorno estasiata per un po’, quando la sua attenzione fu catturata dallo struscio dei vestiti, che Spike si stava togliendo. Si riscosse. Oh Dio! Sentiva chiaramente le guance avvampare. Era in imbarazzo.

- Che….che stai facendo? – sussurrò deglutendo per cercare di sciogliere il nodo che le chiudeva la gola.

Uno Spike ormai in mutande la stuzzicò con un sarcastico – Secondo te? – accompagnato da un mezzo sorrisetto e dalla sua inimitabile faccia da schiaffi.

 

- Ok…domanda stupida….ma non dormi con Dru? Credevo fosse mia questa stanza? -

- Mi dispiace amore, ma ti toccherà dividerla con questo vampiro cattivo! Comunque Dru è con Angelus. – concluse con un tono di voce risentito nell’ultima frase.

- Geloso? – chiese ritrovandosi gelosa perché lui era geloso di Dru.

- E’ tardi vieni a letto piccola – disse evitando di rispondere alla domanda.

 

- Girati per favore, mi devo cambiare – sussurrò nel silenzio.

 

Poteva sentire tutti i vestiti di Buffy che scivolavano a poco a poco via dal suo corpo. Poteva immaginare la biancheria candida che aderiva perfettamente alle sue forme.

Come dotati di volontà propria i suoi occhi blu si aprirono e guardarono dallo specchio “la piccola” indossare una leggera vestaglia rosa.

Era così bella illuminata dalla luce malata e soffusa della luna.

Così bella.

 

Questa volta era il suo turno di deglutire per sciogliere il nodo che gli attanagliava la gola.

Premurosamente la ragazza chiuse le tende per evitare di trovare al risveglio un mucchietto di polvere e quando salì sul letto lui aveva rapidamente già richiuso gli occhi.

Ora erano vicini nel grande letto. Spike poteva sentire che c’era qualcosa che non andava.

- Che c’è piccola? -

Buffy pensò da quando aveva una voce così bassa e sensuale.

- Niente….solo è passato tanto tempo da quando abbiamo dormito insieme – mormorò piano con gli occhi bassi.

- Già….tanto tempo. –

Ne era passato veramente tanto. Prova ne era che non era più nel letto con una bambina, ma con una ragazza. Una ragazza che gli rimescolava il sangue nelle vene.

 

Buffy si era rifugiata nella sua parte di letto, il più lontano possibile da Spike e gli dava le spalle.

Aveva avuto la visione del suo torace muscoloso e asciutto. Dei suoi addominali scolpiti. Poi le lenzuola le avevano impedito di vedere altro.

Non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che lui fosse a pochi centimetri da lei completamente nudo, fatta eccezione per un misero paio di mutande. Mutande che indossava solo per rispetto a lei. Più di una volta le aveva detto che amava dormire come mamma lo aveva fatto…. E mamma lo aveva fatto davvero bene!

 

Dal canto suo Spike non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo sedere. Era da far girare la testa. E le gambe magre, ma toniche. E la pelle dorata, morbida e setosa.

Stava inavvertitamente muovendo una mano per toccarla. La ritrasse immediatamente, sentendosi colpevole. Era una ragazzina. Perché diavolo si sentiva così? Così maledettamente eccitato?

- No….no…stai buono tu – disse mentalmente rivolto al suo cazzo, che si stagliava fiero e duro come mai.

 

Buffy ignara di tutto era riuscita ad addormentarsi e ora continuava a muoversi lentamente nel sonno.

 

Sarebbe stata una lunga notte.

 

Con il suo amico che scalpitava e la bionda che continuava a girarsi e a emanare piccoli sospiri nel sonno, Spike sentiva che sarebbe riuscito molto difficilmente a chiudere occhio.

 

Buffy sbatté più volte le palpebre. Era sveglia.

C’era qualcosa di strano. No…non strano, diverso. Persino piacevole.

Aveva il braccio di Spike che la stringeva possessivamente intorno alla vita.

Era freddo. Gelido. In netto contrasto con la pelle calda della sua pancia.

 

Avrebbe voluto alzarsi, ma le dispiaceva svegliare il vampiro.

Dormiva così beatamente. Aveva l’occasione di osservarlo attentamente senza doversi poi sorbire le sue battutine sarcastiche. Sorrise al pensiero.

Sembrava un angelo. Così innocente con i capelli biondi spettinati che gli ricadevano sul viso sereno. Aveva un’espressione buffa in faccia. Oddio….faceva anche dei rumorini strani. Stava facendo….stava facendo le fusa!!! Anzi….per essere precisi LE stava facendo le fusa!

 

Il bello addormentato aprì gli occhi di scatto per trovarsi con il viso di Buffy a pochi centimetri dal suo.

Come faceva ad essere così bella anche appena sveglia? E per Dio…neanche se ne accorgeva di essere sexy così scomposta e ancora un po’ intontita dal sonno.

 

Senza pensarci guidato più dall’istinto che dalla ragione l’attirò a sé facendole cadere nel suo abbraccio. Inaspettatamente la ragazza non si scostò, anzi si accoccolò contro il suo torace solido e cominciò a tracciare su esso disegni senza senso, che fecero rabbrividire il vampiro.

Rimase un attimo impacciato, in parte per la sorpresa e in parte per il calore che quelle manine trasmettevano al suo corpo.

Ripresosi non poté far altro che intrappolarla in un bacio. Non i soliti bacini a fior di labbra che erano soliti scambiarsi sin da quando era piccola.

Ora non la stava baciando. La stava divorando. In un certo qual modo stava facendo l’amore con la sua bocca. E a lei piaceva. E anche molto a giudicare dal trasporto con cui stava rispondendo al bacio.

Grazie all’appena acquisita forza di cacciatrice la sua lingua riuscì a lottare per il predominio con quella invadente di Spike. Nessuno dei due uscì vincitore dall’eccitante gara.

Il vampiro capendo le sue esigenze interruppe il bacio per permetterle di respirare.

Occhi negli occhi. Indissolubilmente legati dalla catena della passione che li aveva ormai avvinti.

 

Non sapendo bene cosa fare Buffy aveva cominciato a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore.

Questo piccolo innocente gesto e Spike andò letteralmente fuori di testa.

La riprese tra le braccia e, dopo essersi nuovamente impossessato delle sue labbra soffici, scese con la bocca a baciare il collo, le spalle, di nuovo le labbra.

Impaziente le tolse con dolcezza, ma nello stesso tempo decisione la leggera vestaglia che indossava.

 

Si concesse un attimo per ammirarla.

Non l’aveva mai vista così bella.

Adagiata su quel letto così grande sembrava ancora più piccola.

Era completamente nuda, fatta eccezione per le mutandine bianche che a malapena riuscivano a coprire la femminilità, già abbondantemente bagnata.

Pur odiando l’idea di separarsi da lei, doveva farlo per togliersi a sua volta i vestiti, diventati un’insopportabile barriera.

 

Buffy arrossì violentemente alla vista del sesso rampante del vampiro che aveva cominciato a fare capolino dagli slip che si stava sfilando con inaudita foga.

Ormai nudo Spike tornò a dedicarsi alla ragazza.

Fece scivolare il suo corpo solido e freddo su quello morbido e caldo di lei. E, dopo averle tolto con velocità sorprendente le mutandine, le dischiuse le gambe con decisione e si posizionò alla sua entrata.

 

- Ti prego…. – esalò senza fiato per la frustrazione.

 

- Ai tuoi ordini passerotto – le sussurrò all’orecchio con una voce così calda che credeva di poter venire solo per quella.

 

Con una spinta lunga e decisa finalmente entrò in lei.

Dio era così giusto. Entrambi avrebbero voluto non finisse mai.

Spike iniziò a muoversi più velocemente dentro di lei colpendo i punti più sensibili.

Buffy ormai ridotta ad un fascio di nervi non poté resistere all’orgasmo che incontenibile si abbatté su di lei.

- Spiiiiiiiike – l’unica parola che il suo cervello in quel momento era in grado di formulare.

Vedendo la sua bionda scossa dal piacere e sentendo i muscoli interni della sua femminilità che si contraevano contro il suo cazzo intrappolandolo in una morsa dalla quale non voleva affatto scappare, Spike non resistette e venne prepotentemente dentro di lei, riempiendola della sua fredda essenza.

- Ti amo Buffy –

 

 

Si tirò su a sedere sul letto di scatto. Aveva gli occhi spalancati e un’espressione incredula e spaventata. Si voltò lentamente alla sua destra per vedere il biondo vampiro profondamente addormentato. Era così tenero.

 

- Oh Dio no…..– scosse la testa per enfatizzare ciò che stava dicendo.

 

- Per favore no –

Aveva appena sognato di fare l’amore con Spike…..oh mio Dio!!!

Doveva uscire immediatamente da quel letto, da quella stanza, da quel palazzo. Andare lontano da lui il più possibile.

Intanto che il suo cervellino, ancora in corto circuito per il sogno bollente, veniva invaso da continue ondate di riflessioni Buffy si era alzata dal comodo giaciglio e aveva cominciato a vestirsi frettolosamente.

 

Con passo felpato uscì discretamente e si apprestò a fare il meno rumore possibile per arrivare al portone d’ingresso senza incontrare nessuno. Di dare spiegazioni proprio non ne aveva voglia.

Piuttosto avrebbe lei pagato per avere uno straccio di spiegazione.

- Perché diavolo ho sognato di fare sesso con Spike? – questa la domanda che come una litania la sua vocina interiore continuava a urlarle incessantemente nella testa.

 

Fortunatamente in giro per la principesca dimora non si vedeva nessuno. Tutti erano infatti occupati a spassarsela nelle proprie stanze.

Senza difficoltà la ragazza raggiunse l’atrio e spinse con forza il pesante portone in legno.

 

L’aria fredda e pura come solo di notte può essere la stordì e l’avvolse in un manto di velluto nero.

La Madre Notte accolse la sua nuova figlia.

 

Aveva bisogno di camminare. Di schiarirsi le idee. Poco le importava se era buio e se si trovava in una città completamente estranea.

Senza una meta precisa Buffy vagò errante per la capitale irlandese. Ugualmente la sua anima vagava alla ricerca disperata di una risposta alla domanda che la già citata vocina interiore non aveva smesso di urlare.

Non si accorse di quanto tempo scorresse, sentiva solo lo scorrere straripante dei pensieri.

 

Un formicolio alla base del collo la fece tornare alla realtà materiale dell’ambiente che la circondava.

Era in una stradina tenebrosa e isolata, che terminava con un alto muro in pietra.

Un vicolo cieco.

 

Il formicolio non si attenuava, anzi col passare dei secondi andava aumentando sempre più.

Buffy cominciò a sudare goccioline fredde. Il suo corpo si tese istintivamente e si assettò in modalità lotta.

 

Un vampiro le stava venendo incontro con inequivocabili intenzioni. Pensava di aver trovato una facile cena.

La bionda si concesse il lusso di osservarlo mentre si avvicinava.

Non era affatto come i suoi simili che aveva avuto modo di conoscere.

Spike, Drusilla, Angelus erano sì assassini, ma avevano conservato quella prerogativa di cui gli uomini si vantano…..l’intelligenza.

L’essere che le era ora di fronte a pochi metri, sembrava più vicino al mondo ferino che a quello umano.

Il volto già orribilmente trasfigurato in quello della caccia e gli occhi ambrati dai quali non traspariva nulla se non la sete di sangue lo rendevano agli occhi di Buffy ripugnante.

 

Il vampiro fu il primo ad attaccare afferrandola con sicurezza per le spalle convinto di avere a che fare con una semplice e inerme fanciulla.

Buffy, facilitata dal fatto che il suo avversario l’aveva sottovalutata, si liberò con sorprendente facilità della tenue presa.

 

In quel preciso momento smise di essere Buffy e divenne la Cacciatrice.

Il suo esile corpo, ormai inarrestabile macchina da guerra, mise a segno una raffica di pugni che resero tumefatto il già orrido volto del demone.

 

La giovane, con l’adrenalina che le scorreva a fiotti nelle vene, non riusciva a fermarsi dal pestare a sangue l’ormai sconfitto vampiro.

 

L’esaltazione e l’inesperienza non le fecero notare che alle sue spalle, sul muro che chiudeva il vicolo erano appollaiati altri tre vampiri.

In una manciata di secondi la situazione si ribaltò.

 

Era circondata.

 

Nessuna via d’uscita.

 

Nessun paletto.

 

In trappola.

 

I quattro demoni ingaggiarono una lotta senza quartiere sferrando un attacco simultaneo ad una Buffy, che confusa e spaventata, non riuscì a reggere.

 

Finì inevitabilmente a terra.

 

Quello che all’interno dal manipolo di vampiri sembrava il più anziano si sedette a cavalcioni su di lei. Le accarezzò le braccia, con conseguente estremo disgusto della ragazza. Chinò il capo sul suo collo.

Tutto con lentezza esasperante. Un secondo durava secoli nella mente di Buffy.

 

La cacciatrice, ormai inerte sotto l’essere, credette di sognare nuovamente quando esso finì in polvere e vide dietro di essa Spike come un’apparizione.

Si alzò lentamente, ancora scossa per il quasi morso, e guardò il biondo impalettare con apparente facilità altri due vampiri.

Nonostante la calma olimpica dei suoi movimenti, Buffy poteva scorgere lampi di rabbia dei suoi occhi cobalto.

 

Ne rimaneva solo uno. Quello che lei aveva pestato a sangue poco prima. Era a terra e strisciava all’indietro come un animale supplicando Spike di lasciarlo andare.

 

- Nessuno vive se osa toccare il mio passerotto – pronunciò la sua sentenza di morte mentre con le forti mani spezzava il collo del vampiro.

Adorava sentire quando uccideva, per questo usava raramente armi.

 

Si tolse la polvere dai vestiti e si voltò con sguardo glaciale verso Buffy.

 

- Cosa DIAVOLO ti è saltato in mente di uscire a quest’ora della notte? - le urlò portandosi vicino a lei.

- Non riuscivo a prendere sonno e avevo voglia di una boccata d’aria – rispose a tono – e poi non devo dare giustificazioni a nessuno. Tanto meno a te! –

- Certo….certo….Vai pure a farti ammazzare quando vuoi! –

 

I due continuavano a gridarsi contro accusandosi a vicenda quando tutto ciò che avrebbero voluto dire era “Grazie a Dio sei viva” e “Grazie. Mi hai salvato….di nuovo”.

 

 

CAPITOLO 4

 

Il primo a disconnettersi dalla modalità incazzatura fu Spike. Anche perché non era realmente incazzato. Terrorizzato piuttosto. Ecco, terrorizzato.

 

Si era svegliato a notte fonda con uno strano presentimento. Voltatosi a sinistra mezzo addormentato, aveva visto il letto vuoto.

Era andato fuori di testa dalla preoccupazione.

Sentiva che non solo non era nella loro camera, ma neanche nel palazzo. Era fuori, di notte, da sola, in una città che non conosceva.

Si era precipitato all’aperto per trovarla, ma non aveva idea di dove potesse essere andata.

 

Immobilizzò il suo corpo, chiuse gli occhi e lasciò che la notte, fida messaggera, gli recapitasse l’inconfondibile profumo di vaniglia di Buffy.

Seguì quello ed ecco fatto il gioco.

 

- Scusa, non volevo essere brusco….ero solo preoccupato….e a quanto pare a buon diritto. – spezzò il silenzio creatosi dopo il battibecco assumendo un tono di voce più pacato, persino dolce.

- No scusami tu….sono solo un po’ scombussolata per quello che è successo. Stavo pensando che.. – la ragazza aveva abbassato lo sguardo e aveva cominciato a torturarsi il labbro inferiore – No…niente… - concluse cercando di guardarlo.

- E questo niente cos’è, tesoro? – chiese non lasciandosi scappare il nervosismo di Buffy. Adorava quando faceva quella cosa con il labbro. Gli veniva voglia di mangiarlo.

- Solo che….stanotte….ho rischiato….intendo… - balbettò incapace di parlare chiaro – insomma Spike se non fossi arrivato tu sarei sicuramente morta. Sara così sempre? – riuscì finalmente ad esprimere la sua paura.

 

Al vampiro si strinse il cuore di fronte alla manifesta fragilità di Buffy. Fece qualche passo verso di lei e le sfiorò con le lunghe dita un braccio.

La ragazza rabbrividì. Il suo tocco era identico a quello del suo sogno.

- Io credo che l’incidente di stasera, chiamiamolo così, mi abbia solo aperto gli occhi sul fatto che devi iniziare subito ad allenarti. Hai il potere, ma non sai come usarlo. Ed è maledettamente pericoloso, piccola. Come un bambino piccolo con un coltello in mano. -

 

- Ti prego insegnami ad usarlo Spike…. – aveva un’aria così tenera, ma decisa allo stesso tempo.

- Tutto quello che vuoi, amore. Ora però rientriamo, sento che sta arrivando l’alba. – disse accigliato.

- E il mio allenamento? – esclamò delusa la bionda.

- Lo vuoi fare ORA e QUI….non penso di esserti molto utile come mucchietto di polvere! – ribatté pungente alzando gli occhi al cielo per l’impazienza della ragazza.

Buffy sbuffò contrariata, ma poi seguì docilmente il vampiro fino alla residenza di Angelus.

 

Varcata la soglia un’idea balenò nella testa della ragazza.

- Spike che dici possiamo usare il salone di Angelus per combattere? Ci sono le tende pesanti e non rischieresti di bruciarti…. – lo guardò con quell’espressione da cucciolotto triste, che faceva sempre capitolare il biondo.

- Va bene tesoro….se vuoi proprio finire con il sedere a terra…Chi sono io per non accontentarti? -

Si meritò per questo un’occhiata storta da parte di Buffy.

 

Fuori il sole, ancora insonnolito, stava cercando di fare capolino all’orizzonte ingaggiando l’eterna battaglia con la notte.

Nel salone di un lussuoso palazzo di Dublino una cacciatrice e un vampiro, metafora del sole e della notte, si apprestavano anche loro a combattere quell’eterna battaglia.

 

Prima era così impaziente di cominciare l’allenamento, ora invece, mentre stava raccogliendo i capelli in una coda, mille dubbi l’avevano sorpresa.

Sarebbe stata a stretto contatto con quel vampiro, che le stava scombussolando i sensi. I loro corpi si sarebbero continuamente sfiorati e lei aveva paura della reazione del suo. Cosa avrebbe fatto se lui se ne fosse accorto?

Spike, al lato opposto del salone, stava avendo pensieri simili mentre lanciava lontano la camicia rossa rivelando il torace bianco e scolpito, che aveva sognato di toccare, accarezzare, baciare.

 

- Niente armi. Per oggi è meglio un semplice corpo a corpo. Anche se potrà sembrarti un controsenso è più facile combattere senza armi, un elemento in meno da controllare. E poi è proprio il corpo l’arma più le letale. Non le spade, i bastoni, le asce….ma il corpo. – le spiegò con un tono di voce che Buffy non aveva mai avuto occasione di ascoltare. Era serio, attento e sinceramente interessato che lei imparasse tutto ciò che aveva da insegnarle.

 

Spike si diresse verso di lei senza fretta, cosicché la ragazza ebbe modo di osservare i muscoli che si delineavano sulle braccia, le costole e le spalle mentre le offriva la sua classica camminata ciondolante.

 

Non fu tanto la vista della pelle nuda e marmorea del vampiro a sconvolgerla, quanto la propria reazione.

Aveva capito di essere attratta da lui, ma non credeva le bastasse guardarlo per sentire lo stomaco ribaltarsi e il calore crescere lento e inesorabile nel suo corpo.

Evidentemente si sbagliava.

 

Il biondo era ora fermo di fronte a lei, in posizione. Buffy lo imitò, indietreggiando di un passo.

 

- Combatti come senti, lascia che il corpo ti guidi. Alla fine ti dirò dove hai sbagliato così potrai correggerti e migliorare. – premise prima di sferrare il suo attacco.

Fu però anticipato da Buffy, che seguendo il precetto del suo maestro, gli era saltata addosso come una furia. Riuscì a mettere a segno un pugno prima che lui se la scrollasse di dosso. Il calcio rotante diretto alla testa del vampiro fu invece schivato e si rivelò controproducente. Spike infatti le afferrò la caviglia mentre aveva la gamba a mezz’aria e data una leggera torsione la fece finire al tappeto.

 

- Te lo avevo detto che saresti finita con il sedere a terra…..solo credevo ci avrei messo più tempo. - la prese in giro inarcando il sopracciglio sfregiato e preparandosi alla reazione della bionda.

Sapeva quanto era orgogliosa.

 

Buffy fu attraversata da un lampo di irritazione che si trasformò in tempesta di rabbia.

Smise di pensare al torace nudo e scolpito del vampiro e si concentrò sullo scontro.

Scagliò un’offensiva micidiale, che mise seriamente in difficoltà Spike per una manciata di minuti.

Era brava,ammise e imparava in fretta imitando le sue mosse.

Alla fine però l’esperienza del biondo fece la differenza: Buffy, infervorata dal combattimento, aveva disperso a vuoto molte energie e un suo pugno fu lento quel tanto che bastava da permettere a Spike di bloccarlo e farle perdere l’equilibrio. Attutì però la sua caduta, afferandola per la vita e girandosi di modo che il suo corpo si frapponesse fra quello della cacciatrice e il duro pavimento.

 

Ora lui era disteso a terra e lei sopra di lui, col fiato corto per l’estenuante battaglia.

Entrambi erano immobili. Sospesi in quel momento. La paura di spezzare la magia, di compiere un gesto fuori luogo li paralizzava. Letteralmente.

Fu Spike il primo a tirarsi su a sedere, conscio che quello che provava per la sua piccola Buffy era inappropriato e sperava sarebbe passato con la stessa fulmineità con cui si era abbattuto su di lui.

 

Buffy, ora anche lei in piedi, sentiva il rossore imporporare le sue guance. Che lui abbia notato qualcosa? Credeva che il cuore le stesse per saltare fuori dal petto quando, nella caduta, il loro corpi si erano avvinti combaciando alla perfezione.

 

- Non sei andata malaccio….Diciamo che sei promossa. Un solo appunto però….evita di sferrare troppi colpi in poco tempo. Diventi esausta e di conseguenza la tua velocità diminuisce. Viene prima la velocità della forza nella scala di un buon combattente. – la riprese con quel tono da insegnante, che stava già imparando ad amare.

Mentre pronunciava queste parole in realtà la mente di Spike era persa in ben altre elucubrazioni.

Era stato acutamente consapevole della reazione del corpo di Buffy: aveva avuto la meravigliosa sensazione del cuore della ragazza pulsare impazzito contro il suo fermo e aveva annusato l’odore aspro dolce dell’eccitazione di lei.

 

Ora che sapeva che non era indifferente a Buffy, cosa sarebbe successo?

 

Al piano di sopra intanto una coppia di affascinanti di vampiri bruni era comodamente distesa nel grande letto con lenzuola di seta nere. Ancora ansanti dopo l’amore.

Benché non avessero necessità di respirare, quel gesto li faceva sentire reali.

- Piccola se ora mi dicessi che le stelle ti parlano, saprei il motivo… – le sussurrò con la voce carica di maschia soddisfazione.

Drusilla rise contenuta e le vibrazioni della risata si infransero contro il petto glabro di Angelus, inviando una scarica di elettricità al suo corpo ormai sazio di piacere.

 

Così improvvisa come era arrivata l’allegria della dama nera se ne andò lasciando posto a un silenzio irreale. Puzzava di morte.

Gli occhi violetti si torsero all’indietro fino a sparire dietro le palpebre. Non aveva niente di umano ora. Era però bella e attraente nella sua grottesca inumanità.

- Fuoco, luce, fuoco……dappertutto….brucia…tutto….il fuoco brucia tutto…. – ripeteva incessantemente con quella voce spiritata, che abbiamo già avuto modo di incontrare.

Si strinse ancora di più contro il petto del suo sire. Pareva quali volesse entrargli dentro.

- Cenere. Cenere. Solo cenere. Cenere alla cenere, polvere alla polvere. – concluse con rassegnata tristezza e il violetto dei suoi occhi tornò a risplendere.

Con un gesto di inconsueta tenerezza, che solo Drusilla era capace di fargli provare, Angelus cominciò a cullarle dolcemente il capo mormorandole all’orecchio parole senza senso, che ebbero però l’effetto sperato di calmarla.

Tuttavia, anche nel momento in cui Morfeo la accolse nel suo morbido abbraccio, le labbra della vampira continuavano a sussurrare una sola parola.

 

 

Cenere.

 

 

 

 

 

 

*****************

 

 

 

 

I giorni e soprattutto le notti passavano veloci nel palazzo del Maestro di Dublino.

Angelus e Drusilla presi dalla ritrovata intimità. Spike e Buffy dalle sessioni di allenamento.

 

In poche settimane la ragazza aveva compiuto notevoli miglioramenti grazie alla guida esperta del pluricentenario vampiro. Tuttavia da quella fatidica sera in cui la missione le si era rivelata sotto le spoglie di un cinquantenne inglese, Buffy non aveva più combattuto contro un vampiro. Eccezion fatta per Spike, naturalmente. E proprio a causa sua, per essere precisi.

Il biondo aveva troppa paura che le potesse succedere qualcosa e preferiva che prima di affrontare i suoi doveri di cacciatrice fosse perfettamente preparata.

 

L’idilliaco quadretto era sbavato soltanto dalle farneticazioni di Drusilla, che si facevano sempre più ripetute e sconnesse. Per lo più incentrate sul fuoco, le stelle e la cenere. Quella la parola che la sua bocca articolava più spesso.

Nessuno sapeva, e neanche era interessato a darsi una spiegazione.

D’altronde era pazza, no?

Sarebbe da pazzi prestare ascolto ad una pazza.

 

Solo in presenza del suo sire lo spirito inquieto della vampira si acquietava un poco per poi agitarsi più convulso di prima al comparire di Buffy.

Alla vista della bionda Drusilla si faceva improvvisamente cupa e spesso si abbandonava ad inusitate manifestazioni di affetto accarezzandole il viso e passandole le dinoccolate dita fra i serici capelli.

Tutto questo avveniva con una Buffy sorpresa, ma contenta per le insolite attenzioni di colei che l’aveva tolta di in mezzo alla strada. Letteralmente.

Sempre però, quando accadeva, la vampira prima di abbandonare la ragazza le sussurrava nell’orecchio con una voce così flebile, che nessun altro avrebbe potuto ascoltare

– Per il sacrificio della Notte….. il Sole potrà risplendere –

 

La ragazza per i primi tempi aveva cercato di dare un senso alla criptica frase, ma senza soddisfacenti risultati. Poi aveva cominciato a non farci più caso. E alla fine se ne era sinceramente dimenticata.

Il suo cervello era troppo occupato sul “Fronte Spike”.

 

 

La notte era sempre più difficile stargli accanto e non poterlo toccare, accarezzare. Non so cosa avrebbe dato perché la bocca maligna, ma generosa del vampiro si posasse sulla sua.

Per non parlare dei loro combattimenti quotidiani: il petto regolarmente nudo e scolpito. I corpi sfiancati che emanavano scariche di elettricità ogni qual volta si trovavano vicini.

Era una tortura. Una dolce tortura.

 

Spike dal canto suo aveva gli stessi pensieri della giovane biondina, ma riusciva a distrarsi grazie al suo nuovo ruolo di osservatore, per così dire. Certo nelle ore in cui combattevano era ancora più duro tenere a freno la sua passione, perché doveva lasciar emergere l’istinto. E il suo istinto urlava un solo nome.

Buffy.

 

Nelle ore diurne quando non si allenava, Buffy scorrazzava nella reggia errabonda. Ma il luogo in cui trascorreva la maggioranza del suo tempo era la grande biblioteca, dove Angelus si dilettava ad istruirla alla lettura dei classici e allo studio delle lingue antiche. Latino, greco, ebraico, sanscrito.

Buffy amava quei momenti tanto quasi quanto quelli che trascorreva con l’altro vampiro. E anche il Flagello d’Europa pareva sinceramente interessato a lei. Una mortale.

Drusilla e Spike erano un po’ infastiditi dalla cosa, ma Angelus non sembrava avere secondi fini. Una volta tanto.

 

Così sia la mente che il corpo di Buffy facevano progressi sotto le ali sapienti dei suoi due angeli oscuri.

 

Uno di quei giorni, mentre il sole splendeva incastonato nel manto celeste, la cacciatrice era assorta nella lettura di “Carmilla”. Le piacevano le storie di vampiri quasi quanto le piaceva viverci insieme. E stava divorando quel libricino di poche, ma illuminanti pagine, quando un colpo alla porta della biblioteca la riscosse.

 

- Avanti - disse distrattamente.

Il battente si aprì rapido rivelando la figura non elevata, ma imponente di Spike.

La raggiunse alla scrivania in mogano e inclinò il capo per scorgere il titolo del libro.

- Carmilla…..Carmilla…..mi è familiare questo nome – borbottò Spike pensieroso chiudendo gli occhi per concentrarsi – Ah già….quando io e Dru la incontrammo a Praga si faceva chiamare Mircalla….molto affascinante….predilige le donne però. – smise un attimo di parlare per poi concludere – Uhmm….saresti il suo tipo passerotto - e le scoccò una maliziosa occhiata.

Buffy era rimasta a bocca aperta per lo stupore tutto il tempo.

- Vuoi dire che Carmilla esiste veramente? E non è il frutto della mente di questo Sheridan le Fanu? – domandò stupita.

- Carmilla è reale quanto lo sono io….. Sarà in giro per il mondo a sedurre qualche fanciulla innocente. –

Una Buffy sempre più sorpresa chiese – Non vorrai dire che quindi anche Dracula è reale? –

Il biondo, improvvisamente irritato, sbottò – Dannatamente si! E mi deve anche dei soldi quello zingaro da strapazzo! –

La cacciatrice chiuse il libro, salì su di una scaletta e lo ripose su un alto scaffale.

Spike ebbe così la visione perfetta del suo fondoschiena, che ondeggiava ritmicamente mentre tornava a terra di piolo in piolo.

Buffy si voltò verso di lui sorridendo – Allora, cosa sei venuto a fare qui? –

 

Per un pelo non lo beccava a fissarla bramoso. - Cattivo Spike – si rimproverò mentalmente cercando di ricordare perché diavolo era lì….ah già…

- E’ l’ora dell’allenamento piccola….e oggi saliamo di livello. – sentenziò assumendo il tono da insegnante.

 

 

 

 

Dopo circa due ore di estenuante corpo a corpo Spike pensò potesse bastare. Le segnalò una pausa.

Buffy ansante da un lato, il vampiro senza respiro dall’altro.

Non avresti immaginato avesse combattuto se non fosse stato per le gocce di sudore che gli imperlavano la pelle, rendendola translucida. Chiaramente non umana.

Pareva una statua. La statua di un dio.

 

- E’ ora di provare le armi. E’ ok? – domandò retorico.

- Sicuro. – rispose la bionda, attratta come le api al miele dai suoi magnetici occhi blu.

Spike la lasciò momentaneamente sola nell’immenso salone. Quando ritornò teneva nelle mani due lunghe spade.

Buffy contemplò ammirata i bicipiti del vampiro tesi per reggere le due armi bianchi e poi il guizzo fulmineo che ebbe il sinistro quando gliene lanciò una.

Fortuna che aveva i riflessi da cacciatrice, altrimenti, distratta com’era, la nobile arma sarebbe indecorosamente finita a terra.

 

- Stai attenta….non affondare la spada. Potremmo farci male. Vince chi manda l’altro al tappeto. – Buffy ora lo ascoltava attenta pensando che in quella veste sembrava un antico cavaliere – Ah tesoro…..Considerala una battaglia non un allenamento. Intesi? – inarcò il sopracciglio per enfatizzare le sue parole.

La ragazza si limitò ad annuire e a mettersi in posizione. Lui la imitò.

 

Buffy capì in un attimo la differenza tra allenamento e combattimento. Lui non le voleva insegnare niente ora. Voleva vincere.

E anche lei.

 

Ingaggiarono una torva e silenziosa battaglia.

Ad un casuale spettatore poteva sembrare che stessero ballando sulle note stridenti delle spade che si colpivano incessantemente. Le scintille che i due ferri emanavano incontrandosi erano nulla rispetto a quelle che irradiavano i loro corpi.

La cacciatrice ebbe la meglio per un po’, ad un certo punto era quasi riuscita a disarmarlo. Ma alla fine il biondo riuscì, con un difficile colpo da dietro, a farle volare la spada all’altro capo della stanza.

Il rumore che l’arma fece infrangendosi contro il marmo del pavimento fu lo squillo di vittoria del vampiro.

 

Trovandosi alle sue spalle fu facile per Spike sbilanciarla e farla cadere. Tuttavia, la sua natura di gentiluomo lo portò ad afferrarla prima che toccasse dolorosamente il suolo.

 

L’attirò contro il proprio petto.

 

Non aveva pensato alle conseguenze.

 

Buffy voltando esitante il capo incontrò lo sguardo di Spike, stupito quanto il suo per il gesto avventato che aveva appena compiuto.

La ragazza non voleva sciogliersi dall’abbraccio e non fece nulla per allontanarsi.

Inspirò profondamente l’odore di muschio del vampiro sempre mantenendo il silenzioso contatto con i tempestosi occhi del biondo.

Sentiva le piccole goccioline di sudore che le colavano birichine lungo tutto il corpo e quelle di lui cristallizzate dal gelo.

Sentiva il proprio cuore che, sfuggito al controllo della razionalità, batteva furiosamente contro quello fermo del vampiro, come a volerlo rivitalizzare.

Sentiva i muscoli lisci del torace, che aveva avuto modo di ammirare, premuti contro i propri seni morbidi e sentiva la durezza dei propri capezzoli.

Ma soprattutto sentiva che lui sapeva tutto quello che le stava passando per la mente.

E se ne compiaceva a giudicare dal lampo di lussuria che gli aveva attraversato lo sguardo.

 

Spike non si mosse, rimase semplicemente fermo in attesa che fosse Buffy a compiere la prima mossa.

 

Gli occhi della bionda, per loro volontà, scivolarono sulla bocca scolpita del vampiro ammirando i denti bianchissimi che si intravedevano fra le labbra.

 

Buffy si ritrovò a pensare che quella bocca aveva portato via la vita a persone innocenti.

 

Quella bocca aveva assaporato per secoli il sapore del sangue.

 

Quella bocca era il viatico per la morte.

 

Quella bocca chiedeva solo di essere baciata dalla sua.

 

 

 

************

 

 

 

Alla fine la bionda smise definitivamente di pensare.

Schiantò le labbra contro quelle fredde del vampiro, incapace di resistere.

Doveva assaggiarle.

La bocca di Spike aveva un particolare sapore. Un caleidoscopio di sensazioni diverse.

Percepiva distintamente l’odore di tabacco misto al vino rosso, che aveva bevuto prima, e qualcos’altro sotto.

Latente, oscuro, dolce: il retrogusto debole del sangue.

Non si era nutrito di recente, quindi doveva essere qualcosa che ormai era insito nel suo stesso essere.

Con suo stupore non le dispiacque affatto. Anzi quel sentore vagamente metallico la rese più famelica della caverna gelida, qual era la bocca esperta del vampiro.

 

Nel momento in cui Spike sentì le labbra soffici e carnose di Buffy contro le sue, relegò definitivamente in un angolo recondito della sua mente tutti i dubbi e le paure che aveva sui suoi sentimenti per la piccola.

Con delicatezza aprì esitante la bocca. Non voleva turbarla. La portò a dischiudere le labbra consentendo alle loro lingue di incontrarsi in una lunga languida carezza.

Assaporò dopo secoli il piacevole calore umano e anche qualcosa di inesplorato e agrodolce, che doveva essere la pura essenza di Buffy.

Deliziosa.

Il bacio si protrasse a lungo, entrambi incapaci di spezzare quell’unione.

Fu Spike a scostarsi, precedendo la vitale necessità di lei di respirare, ma rimanendole comunque vicino e appoggiando la fronte contro quella della ragazza.

Gli occhi nuovamente incatenati.

 

Questa volta fu il turno del biondo di impossessarsi della bocca di Buffy. Vedendo che lei non si ritirava, ma anzi lo ricambiava ampiamente, il vampiro osò attirarla stretta a sé di modo che fra loro non ci fosse più niente se non gli irritanti vestiti. Un attimo dopo sentì le braccia della ragazza che gli cingevano possessive, ma incerte il collo.

 

Spike capì che Buffy lo voleva, ma era troppo sconvolta dalla valanga di nuove sensazione che la stava investendo. Decise quindi di prendere in mano la situazione.

 

Ancora godendosi il calore della sua bocca, si strofinò come un gatto contro di lei, facendole sentire distintamente la sua eccitazione pulsante contro la coscia.

Era un chiaro messaggio.

- Oh mi fermi ora o è così che andrà a finire. –

 

Buffy non lo fermò.

 

Mosse invece in avanti il bacino che andò a scontrarsi con quello di Spike. Dalla gola del vampiro proruppe un gemito sommesso.

 

Il biondo, con il briciolo di auto controllo che gli restava, la piegò all’indietro e la depose delicatamente sul pavimento. Buffy ansimò in cerca d’aria per poi riallacciare la sua bocca a quella di lui. Spike però con dolcezza, ma decisione si staccò da lei.

- Cosa? – chiese la biondina con una vocina piccola piccola, temendo che non la volesse più.

Il vampiro non rispose. Si limitò a far scorrere la lingua gelida ed esperta sulla giugulare di Buffy e a suggere come un neonato le goccioline di sudore salato che le imperlavano il collo candido.

Continuò a disegnare con la lingua il contorno del suo top nero: le spalle, la clavicola, la pelle esposta sopra la scollatura.

Nel frattempo le sue mani affusolate si erano insinuate sotto il cotone del sottile indumento per sfilarglielo dalla testa.

 

Smise di fare quello che stava facendo.

E si concesse un momento per contemplare la sua bellezza.

Era praticamente perfetta.

Poi si chinò, mentre Buffy lo osservava intimidita, e con un gesto deciso le tolse l’elastico dai capelli.

La massa bionda e setosa, finalmente libera, ricadeva ora sul pavimento marmoreo e le incorniciava il bel viso.

Adesso era perfetta.

 

Con il suo corpo andò a ricoprire quello di lei e dopo aver dardeggiato la lingua all’interno del suo orecchio accarezzando le terminazioni nervose che sapeva le avrebbero mandato scariche di piacere lungo tutto il corpo, le sussurrò

 

– Ti farò l’amore, bambina –

 

Buffy, con i sensi drogati, si limitò ad annuire furiosamente e ad esalare – Non qui….andiamo a letto, per favore… - la voce le uscì roca e lievemente spaventata.

 

Spike, in assoluto silenzio, la prese in braccio e la portò in quella che ora sarebbe diventata davvero la loro camera.

 

La adagiò sulle letto e subito la raggiunse.

Come una calamita i seni bianchi, che aveva precedentemente scoperto, lo attiravano.

Appoggiò la bocca su di essi e cominciò a succhiarli a turno, evitando di proposito i capezzoli rosei che si ergevano desiderosi di attenzioni.

- Spi…iike…. – gemette piano.

Imperterrito continuò a saettare con la lingua sui due monticelli candidi.

- Ti prego…. – esalò eccitata e imparando subito cosa fosse la frustrazione.

- Dì cosa vuoi e il tuo Spikey eseguirà…..altrimenti… – e lasciò in sospeso.

 

Nonostante fosse eccitato oltre ogni dire, sembrava avere un perfetto controllo del suo corpo, e lei intuiva che se non avesse detto ciò che voleva sentire, lui avrebbe prestato fede alla sua parola.

 

- Io….io… - deglutì – voglio sentire la tua bocca sui miei capezzoli -

 

Sorrise diabolico e obbedì.

 

Con la punta della lingua cominciò a picchiettare delicato, facendole diventare i capezzoli due sassolini duri. Poi li prese in bocca e li aspirò. Sembrava quasi li stesse per staccare dalla forza con cui lo fece.

Smise solo quando lei si contorse tremante bisognosa di qualcosa di più.

 

Allora si spostò giù, verso il ventre piatto della ragazza, continuando a leccare il sudore salato, che per l’eccitazione era aumentato. Con un movimento deciso le tolse i pantaloni della tuta e pochi secondi dopo anche le sue mutandine bianche erano un lontano ricordo.

- Apri le gambe per me, passerotto – le disse con quella voce sensuale che amava – il tuo Spikey ha fame –

 

Buffy obbediente dischiuse le cosce. Spike si passò la lingua sulle labbra e si sistemò in mezzo alle sue gambe, pronto a banchettare.

Rimase un attimo stordito dal potente aroma femminile, che per notti intere aveva inalato sotto la vestaglia che portava per dormire. Lo mandava fuori di testa.

Buffy dal canto suo era ridotta ad un tremante femmineo bisogno.

Nessuno le aveva mai fatto quello.

E ora lui le stava per fare quello.

E lei non desiderava altro se non sentire la bocca fredda del vampiro sulla parte più intima di lei.

 

Senza affrettare i tempi Spike si avvicinò poco a poco e anche quando fu praticamente a contatto con la femminilità della ragazza, non cominciò a leccare come avrebbe fatto chiunque.

No.

 

Il grido acuto di Buffy sconvolse il silenzio della stanza.

 

Spike le stava soffiando con regolarità il suo gelido respiro sul clitoride gonfio e desideroso di attenzioni.

Dopo un’altra manciata di secondi in cui lui non accennava a smettere, la bionda credette avesse il potere di farla venire senza neanche toccarla.

 

- Ti…prego… - esalò bisognosa.

Spike non le chiese come prima di dirgli cosa volesse.

Ora non era più un gioco.

Solo voglia di lei.

 

La bionda perse definitivamente la capacità di parlare quando lui le succhiò in bocca l’intera clitoride, come prima aveva fatto per i capezzoli, e la imprigionò tra le piacevoli inferiate che erano i suoi letali denti.

 

Un altro grido proruppe impetuoso dalla gola di Buffy come colonna sonora di quel momento tanto atteso, voluto e finalmente arrivato.

 

Compiaciuto il vampiro cominciò a far rotolare la carne tenera fra i denti per poi allentare la presa e infilare la rosea lingua nel vergine canale della ragazza.

 

Di nuovo un grido. E gemiti lo seguirono in un eccitante processione di un crescendo di piacere.

 

Sollevò i fianchi contro la bocca di Spike per accogliere più in profondità la fonte del suo godimento.

Il gelo della sua lingua era al contempo stuzzicante e lenitivo per il calore bruciante del proprio interno. Se riusciva a farla stare così bene ora, cosa avrebbe provato quando fosse entrato in lei?

Il solo pensiero la rese più bagnata di quanto non fosse già per le intime carezze di lui.

 

Gemette di nuovo. Incapace a questo punto anche di pensare chiaramente.

La lingua di Spike era penetrata ancora più in profondità e andava a toccare quelle che sapeva essere le aeree più sensibili e ricettive.

Buffy spinse con più forza i fianchi contro di lui e contemporaneamente passò una mano fra i riccioli biondi del vampiro portandolo ancora più stretto alla sua intimità.

 

Una sensazione nuova, strana, latente e dolce le stava pian piano salendo in corpo.

Una sensazione che si faceva a poco a poco più intensa.

Una sensazione che un momento pareva lontana, il momento dopo vicina.

Arrivò a credere di poter morire se non la conosceva subito.

 

- Sp…ii..ke….sto per… morire....– la voce le uscì faticosa e incredibilmente calda.

 

Il biondo rise sinceramente, eccitato dalla serietà e dal timore con cui la ragazza aveva pronunciato la frase.

 

- Non stai morendo, amore. Stai venendo. –

 

Le vibrazioni della risata contro la sua femminilità, già ampiamente eccitata, portarono Buffy oltre il limite.

Non totalmente convinta dalle sue parole, credette di stare morendo per lunghi momenti e di tornare alla vita quando, di nuovo padrona del suo corpo, fu in grado di rispondere a Spike che esigeva la sua bocca.

Un bacio strano, in cui fece l’esperienza di assaggiare il proprio aroma misto a quello del vampiro, mentre affondava la lingua in lui.

 

Spike eccitato al di là di ciò che aveva mai provato, dubitò di riuscire a trattenersi ancora a lungo prima di prenderla. E non ne vedeva neanche il motivo.

 

Con suo stupore fu la stessa Buffy a fornirgli un tacito invito, mentre impegnata a mulinare la lingua contro la sua, dischiuse le cosce.

Alla sensazione del suo calore così vicino, il suo cazzo fremette impazzito.

Cercò di controllarsi. Non voleva farle male. Voleva che ne godesse. E soprattutto che non lo rimpiangesse anche se poteva trattarsi della loro unica volta.

 

La ragazza, intuendo che il momento era giunto, si irrigidì un poco.

 

- Mi…farai….male..? – riuscì a dire, tremando al pensiero che lui la trovasse patetica.

 

- Shh…. – le mormorò piano spostandole una ciocca di capelli, che, birichina, le era finita sul volto - ….un po’…all’inizio, ma poi passa te lo prometto. Ti fidi di me? – concluse serio guardandola negli occhi con uno sguardo, che non riesco a definire con altra parola se non disarmante.

 

- Si – rispose lei altrettanto seria e con gli occhi, ora di un verde più scuro e profondo per il desiderio. E a conferma delle sue parole si tese in avanti a cercare la sua virilità bisognosa.

Spike, felice, le posò le mani sui fianchi e si spinse dentro Buffy, sentendo l’imene lacerarsi e il suo corpo opporre una lieve resistenza all’invasione.

La bionda si morse il labbro inferiore per non manifestare il suo dolore.

- Shhh….ora passa…. – sussurrò trattenendosi a stento dal cominciare a muoversi dentro di lei. Così stretta. Così calda.

 

Finalmente sentì il suo nucleo interno cedere intorno a lui fino ad accoglierlo. L’improvvisa sensazione lo colse così impreparato che pensò di poter esplodere in lei solo per quello.

Ripreso il controllo di sé, si ritirò lentamente per poi entrare in lei più in profondità.

Continuò a farlo. Incessantemente.

 

Ogni volta più in profondità.

 

Ogni volta più dentro di lei.

 

Più vicino a lei.

 

Sempre più vicino.

 

Fino a che furono così vicini da confondersi l’uno nell’altra.

 

Così vicini da essere un’unica entità.

 

Così vicini che in quel magico momento, dopo un eternità, finalmente il sole e la notte non solo si incontrarono, ma unirono in un tripudio rutilante di luce e oscurità.

 

 

 

****************

 

 

 

Londra Contemporaneamente

 

Ad una lunga tavolata sedevano su dodici sedie altrettanti bellimbusti impomatati.

Tutti uguali.

Dodici riproduzioni dell’uomo che al capo del tavolo stava in piedi con lo sguardo vigile e attento di chi ha il potere e teme di perderlo.

 

Quentin Travers era un sessantenne stempiato, bianco, con il volto da statista e il cuore duro per natura e per volontà.

 

Il silenzio regnava sovrano. Tutti in attesa che il grande capo parlasse.

Finalmente lo fece.

 

- Siamo il Consiglio e la cacciatrice è il nostro strumento. Ora questa cacciatrice, tale Elizabeth Summers non è mai stata sotto il nostro controllo. Vive nella dimora del Maestro di Dublino, il malvagio Angelus, e non combatte i vampiri, ma ci socializza. – sputò fuori schifato con il tono viscido di chi deve dire qualcosa e ci gira intorno. – Ora… il nostro caro Rupert ha fallito nel suo tentavo di condurla sulla retta via. – la voce assunse un accento sarcastico e appena polemico. - E per quanto mi riguarda ritengo che la situazione sia veramente grave.

Il Consiglio necessita di una cacciatrice, volente o nolente. -

 

Pausa.

 

- Deve intervenire immediatamente la Squadra speciale. Che la prendano viva o morta non mi interessa. -

 

Un mormorio indistinto invase la sala.

 

           

CAPITOLO 5

 

 

Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo.

Indietro a quella notte di anni prima in cui aveva stretto tra le braccia un piccolo angelo biondo per consolarlo.

Anche adesso, come allora, quell’angelo biondo, ora cresciuto, riposava quieto e sereno sul suo petto. E come allora lui non riusciva semplicemente ad addormentarsi.

Era stata indubbiamente la notte migliore della sua vita.

E ne era terrorizzato.

 

Aveva solo un rimpianto.

 

Un insignificante tarlo, che imperterrito ed instancabile, continuava a rodergli il cervello.

Sorrise al pensiero che proprio lui, William il Sanguinario, uno che era costantemente pieno di rimorsi, potesse avere un rimpianto.

 

Non le aveva detto che l’amava.

 

Neanche quando ormai sprofondato dentro di lei, tutto il suo essere gridava quelle due stupide parole, era riuscito a dirgliele.

Forse temeva in un rifiuto.

Forse non le sentiva veramente.

Forse non era il momento.

Volendo avrebbe trovato una sfilza infinita di spiegazioni logiche e plausibili, ma non gli avrebbero impedito di ritenere che se avesse pronunciato quelle cinque lettere, allora tutto sarebbe stato perfetto.

Giusto.

 

- Ti amo –

 

La voce bella e un po’ tremolante di Spike compose finalmente la frase che avrebbe desiderato lei potesse udire. Ma rimasero solo parole vane al vento, perse nell’etere, alla ricerca disperata di un destinatario da rendere felice.

Buffy però nel mondo dei sogni, non ebbe la possibilità di rallegrarsi per quella dichiarazione in ritardo.

E al momento del risveglio tutto forse sarebbe stato diverso….chissà….

 

 

 

 

*************************

 

 

 

 

 

 

Alexander LaVelle Harris era un ragazzone.

 

Uno come tanti. Uno di quelli, che incontri senza ricordare.

Non bello, ma nemmeno brutto. Non antipatico, ma nemmeno simpatico.

Un ragazzo normale bruno con gli occhi scuri.

E un tempo, probabilmente, lo era stato veramente. Un ragazzone, dico.

Ma la sua vita era cambiata definitivamente in una notte di fine Settembre, quando ritornando a casa dalla sua Anya e dalle sue due bambine, era stato accolto solo dal freddo silenzio.

 

 

- Tesoro…tesoro…sono tornato! – nessuna risposta.

Molto strano. La moglie non gli era corsa in contro abbracciandolo e chiedendogli come era andata al lavoro e Katie e Helena non gli avevano afferrato il lembi della camicia per attirare la sua attenzione.

 

Solo silenzio.

 

Si diresse con passo incerto,ma veloce nella camera matrimoniale. Sapeva che le bimbe adoravano stare nel lettone con la mamma.

Quando entrò le vide. Tutte e tre le sue donne.

Anya era al centro e abbracciava le figlie, stringendosele al seno.

Sorrise alla tenera scena.

Le amava.

Tanto.

Ma il sorriso scomparì presto dal volto di Xander. Scomparì veloce come era venuto quando si accorse che avevano gli occhi sbarrati, fissi sul soffitto, ed erano rigide.

Sconvolto si avvicinò per toccare.

Erano fredde.

Erano morte.

 

 

Dopo c’era stato l’incontro con Quentin. L’uomo che gli aveva ridato un motivo per continuare a vivere. Erano stati i vampiri a ridurre così la sua famiglia. Da quel giorno l’unico sentimento che lo spinse a compiere ogni gesto, anche il più insignificante, fu la vendetta.

 

Xander Harris non fu più un ragazzone.

Divenne un soldato.

Il migliore nel suo campo.

Non aveva paura di morire, poiché ormai non aveva più niente da perdere. Tutto ciò a cui teneva gli era stato portato via per sempre dai quei luridi succhiasangue, che ora sterminava.

Dopo tutto la sua vita non era così male.

Travers lo pagava per qualcosa che avrebbe comunque fatto.

E ora toccava a quella delicata missione in Irlanda. Quentin era stato chiaro, dovevano cercare di prelevare la Cacciatrice.

Osservò di nuovo la foto della ragazza, mentre un luccichio gli attraversava lo sguardo spento.

Il Consiglio voleva provare a recuperarla, ma se la situazione si metteva veramente male, meglio la sopravvivenza della squadra che la sua…..d’altronde ne sarebbe stata chiamata un’altra….Un sorrise triste gli increspò il volto, mentre il battello finalmente entrava in porto.

Due parvenze di emozioni, che non fossero la vendetta, in pochi minuti….molto insolito….

 

 

 

 

**************************

 

 

 

 

Buffy cominciò a rigirarsi nel suo abbraccio mugugnando qualcosa di incomprensibile. Spike continuava ad osservarla come faceva incessantemente da tutto il giorno.

Si stava per svegliare….il suo passerotto stava per tornare al mondo dopo aver spiccato il volo per la prima volta la mattina precedente. Ed era stato lui a farle aprire le ali.

 

Finalmente le palpebre si fecero da parte e i suoi due smeraldi poterono tornare a splendere.

 

Cosa avrebbe detto o fatto ora che lei era sveglia?.....Doveva dirglielo comunque che l’amava…No….forse ora non era il momento…ma d’altronde quando sarebbe stato questo dannatissimo momento?.... La confusione sul suo volto doveva essere palese perché Buffy, ancora notevolmente insonnolita, lo guardava con un’ espressione ancor più stranita della sua!

 

La ragazza in realtà stava ancora metabolizzando tutto quello che era successo prima. Aveva fatto l’amore con Spike. Aveva dormito con lui….ok..quello lo faceva da sempre. E ora si era svegliata con lui che la guardava in stato confusionale…..Brutto segno?

 

Il vampiro, accantonate le sue seghe mentali, lasciò che fosse il suo corpo a decidere cosa fare.

La strinse ancora con più forza tra le braccia, facendo svanire ogni dubbio dal cervellino insicuro di Buffy. Adesso, con lei piacevolmente accoccolata contro di lui che lo accarezzava discretamente su un fianco, capì che se il momento non arrivava….lo avrebbe fatto arrivare lui!

Nessuna parola era ancora stata pronunciata, indice che forse la magia non era svanita.

Le passò una mano fra i capelli, deliziandosi della consistenza soffice di quella seta dorata.

- Adoro i tuoi capelli…Il modo in cui li porti… - la voce gli uscì dalla gola di propria volontà.

Buffy sorrise dolcemente, incapace però di fermare il rossore sulle sue gote. Ancora riusciva a farla arrossire dopo quello che avevano fatto prima!!

Voltò il capo, non voleva guardarlo mentre si rivolgeva a lei con quello sguardo dolce.

Non voleva illudersi.

Quello che era successo non avrebbe sicuramente avuto un seguito. Era stata solo una piacevole parentesi. Lui amava Drusilla e ora che lei era presa dal suo sire, si era solo concesso una piccola distrazione.

 

Le lunghe dita non accennavano ad interrompere il loro massaggio alla sua testa. Dio, come era bello! Quelle mani dovevano venire da Dio, altro che creatura di Satana!!! Il pensiero la fece momentaneamente distogliere dalla sua inevitabile tristezza per la situazione.

 

- Ti amo –

 

Era arrivato il momento.

 

Ecco…non lo doveva dire ora! Aveva sbagliato…come sempre! Perché lei lo guardava come se fosse un alieno e non proferiva verbo…..???

 

Buffy era incredula. Ma non per la dichiarazione. Era incredula per quanto lui potesse spingersi lontano a giocare con i suoi sentimenti. Un conto era prendersi la sua verginità e condividere il letto….un conto era dirle che l’amava quando non era minimamente vero!

Che bastardo insensibile!

 

Buffy,ancora muta, scostò il lenzuolo, si vestì sotto lo sguardo preoccupato del suo amante come un’attrice consumata, e prima di uscire dalla stanza finalmente parlò.

 

- Ti odio…Spike… - il tono doveva essere sicuro e freddo, ma era tremolante ed insicuro, come se stesse a stento trattenendo le lacrime.

 

Spike guardò come uno spettatore la porta chiudersi e il suo passerotto volare via lontano da lui.

Ora dopo che era passata più di un’ora i suoi occhi blu erano ancora inespressivi e fissi sul legno della porta.

Alla fine si concesse il lusso delle lacrime.

 

E pianse.

 

Pianse per l’intensità di quello che provava per lei.

 

Pianse per la meravigliosa unione che aveva assaporato.

 

Pianse per il suo rifiuto.

 

Semplicemente pianse per lei.

 

 

 

 

**********

 

 

 

Ora che la porta l’aveva finalmente divisa da lui, poté sciogliere il nodo che le attanagliava la gola e piangere.

 

Pianse mentre correva lontano da lui.

 

Pianse mentre il cuore gridava ancora il suo nome, nonostante tutto.

 

Pianse mentre lui piangeva.

 

E stava ancora piangendo quando Drusilla la trovò, seduta sulle scale in marmo con la testa nascosta fra le gambe.

La vampira le si avvicinò e prese posto accanto a lei. Silenziosa come il predatore che era. Solo che adesso non voleva cacciare.

I singhiozzi continuavano a scuotere Buffy, che non accennava a smettere di versare lacrime.

Drusilla non parlò.

Non ancora.

Le si fece invece più vicina di modo da poterle accarezzare dolcemente il capo nascosto.

Una carezza labile e gentile, che destò la bionda dal doloroso torpore in cui era caduta.

 

Quando i suoi occhi lucidi incontrarono quelli della dama nera, Buffy pensò che ora sembrava tutto meno che insana di mente.

Aveva un’espressione dolce e rassegnata in viso mentre la guardava come se fosse la cosa più bella del mondo.

Come poteva odiarla?

Un sorriso nacque inevitabile sulle labbra della ragazza. Diretto dal cuore. Il gesto di Drusilla l’aveva resa felice, in un momento in cui la felicità era lo stato più lontano da lei.

 

- Sei tu a spingerla via – le disse la vampira con una voce soave. Materna.

- Come? – domandò stranita Buffy.

Una vita insieme a lei e ancora non aveva imparato che Dru era sensitiva!

- La felicità. Sei tu a spingerla via. Ma lei ti viene a cercare. Se ti vuole non le puoi scappare. – espresse la sua lieta profezia.

Buffy scoppiò in una risata amara, mentre le lacrime le bagnavano ancora le guance.

- Certo…come no! -

- Raggio di sole….il tempo scorre inesorabile per tutti, anche per noi, non sprecarlo. Potresti non averne molto e rimpiangerlo per sempre. – le consigliò con un tono candido e triste. Ma di una tristezza consapevole ed inevitabile. E per questo bella.

 

Silenzio.

 

Buffy non sembrava stesse per ribattere. Se ne stava invece con lo sguardo basso, mentre le sagge parole della vampira le vorticavano in un’incessante danza nella mente.

 

- Abbraccia il tuo destino. Non avere paura. Come non la ho io, non la devi avere neanche tu. – sentenziò decisa, ma sempre con quella bella tristezza, che latente impregnava ogni sillaba.

 

La ragazza, rincuorata dai consigli di Drusilla, si alzò di scatto e dopo averle sussurrato un sincero grazie corse a rotta di collo su per le scale.

Verso il suo destino.

E Dio solo sapeva quanta voglia aveva di abbracciarlo.

Il suo destino.

 

 

 

La vampira, ora sola, rimase seduta sul freddo marmo con lo sguardo fisso per un tempo indeterminato.

 

 

 

**********

 

 

Adesso si trovava di nuovo di fronte a quella dannata porta in legno.

Tutto l’entusiasmo che l’aveva attraversata era incomprensibilmente scomparso, sostituito dall’ansia. Non lasciò però che questo sentimento la dominasse.

Doveva essere forte e fare come aveva detto Drusilla. Era indubbiamente nel giusto.

 

Senza permettere che i pensieri la paralizzassero oltre, spalancò la porta con decisa delicatezza.

Quando si trovò immersa nel buio della stanza dovette acuire la vista per scorgere la figura abbandonata mollemente sulle lenzuola ancora in disordine.

 

Cautamente fece qualche passo e salì sul letto per scoprire che Spike dormiva.

Poteva però chiaramente vedere che anche nell’oblio del sonno, non aveva smesso di piangere. Il chiarore della luna rendeva le sue lacrime brillanti. Rifulgenti, avrebbe detto lui.

Il cuore di Buffy perse un battito alla vista del suo angelo triste.

E nel preciso istante in cui la sua mano, per volontà propria, asciugava quelle gocce salate, Buffy capì e ammise a se stessa che lo amava.

Si portò il dito bagnato alle labbra e conobbe il vero sapore del dolore.

 

Quando il bello addormentato aprì gli occhi, credette di stare sognando. Il suo passerotto non poteva essere lì, nel letto, con lui e ammirarlo con uno sguardo perso e un po’ triste.

Smise di pensare quando due forti e insieme leggiadre braccia lo strinsero.

- Co…cosa stai facendo..? – esalò incredulo e piacevolmente sorpreso.

- Abbraccio il mio destino. Stupido. –

Spike sorrise felice e ricambiò l’abbraccio. La gelida bocca cercò poi la sua calda compagna e si unì a lei in un bacio mozzafiato e carico di promesse.

Le lingue continuarono a battagliare fino a che il vampiro si scostò, questa volta non per consentirle di prendere fiato, ma per parlare.

- Aspetta… - esordì serio, ma lievemente impacciato.

Buffy si accigliò in quell’espressione adorabile, che le faceva nascere una buffa rughetta sulla fronte. Sorrise come un ebete alla vista e si dimenticò per un attimo quello che voleva dirle.

- Qualcosa non va…Se è per prima…Scusami…ero solo spaventa…e non me l’aspettavo… - rivelò la ragazza esitante, temendo un rifiuto.

Spike si distrasse accarezzandole una guancia intanto che nella sua testa cercava le parole più adatte.

- Prima…quando ho detto che ti amo…lo intendevo davvero. Ogni più piccola parte di me ama ogni più piccola parte di te. Anche se per te non è lo stesso, almeno credimi. E’ la verità. – dichiarò con la bella voce tremante.

 

Lui aveva messo a nudo i suoi sentimenti. Si era messo in gioco. Ora toccava a lei.

La ragazza non rispose. Per il momento.

 

Troppo colpita dall’intensità di quello che lui provava per lei.

 

Troppo colpita dall’inaspettata fragilità del vampiro.

 

Troppo colpita dalla forza del suo amore per lui.

 

E se le parole non riuscivano a parlare lo avrebbe fatto il corpo.

Si sporse in avanti e posò le morbide labbra su quelle di Spike.

Un bacio leggero, tenero. Diverso dal precedente carico di passione, ma non per questo meno sconvolgente.

Se il vampiro era rattristato per la mancanza di una risposta da parte di Buffy, non poté tuttavia trattenersi dall’essere felice per quella carezza, che gli aveva toccato il cuore prima che la bocca.

 

Dopo essersi separata dal vampiro, rimase a pochi centimetri dal suo volto e rammentando l’illuminante conversazione avuta con Drusilla, riuscì a trovare quella forza per cui i suoi poteri di cacciatrice non la aiutavano. Quella forza che non è fisica. Quella forza che viene da dentro, che ognuno di noi ha e che Spike sapeva tirare fuori così dannatamente bene.

 

Il biondo era imprigionato dalla magia del momento.

Sentiva ciò che stava per dire ancor prima che il cervello della ragazza mandasse alle labbra e alla lingua l’impulso di formulare quell’insulsa, meravigliosa frase.

 

- Ti amo William. Ho cercato di evitarlo, ma non ci riesco. Solo adesso ho capito perché: io non voglio evitarlo. Voglio vivere ogni istante che mi è concesso….il tempo passa e io non voglio perdere un secondo del mio tempo con te. Voglio vivere, William. Voglio viverti. – la sua voce angelica e quelle parole tanto desiderate lo avvolsero in un manto caldo e confortevole.

 

Per suggellare quel momento si unirono in un altro bacio, che racchiudeva la passione e la tenerezza dei precedenti due in una fusione esplosiva.

Le mani di Spike, leggere come nuvole, andarono poi a sfilare la bianca camiciola di Buffy, che la faceva apparire infantile e al contempo infinitamente sensuale. Sempre con quell’impossibile leggerezza le lunghe dita del vampiro si insinuarono nelle candide mutandine della ragazza e cominciarono a stuzzicare il suo centro.

Voleva prepararla per lui. Aveva bisogno di entrare in lei. Di essere parte di lei. Di farle sentire quanto era vero e reale il suo amore.

 

Immediatamente Buffy si eccitò per le esperte carezze e per il tocco gelido del biondo. Anche lei percependo che questa volta era diverso.

Questa volta l’amore era limpido e trasparente.

Non un sentimento latente, che si nascondeva dietro la lussuria e il desiderio.

Questa volta era lui il protagonista indiscusso. E loro soltanto i suoi umili servi.

 

- Sp..iii…ke…ti prego ho bisogno di te dentro di me. Adesso. – la voce sommessa della ragazza gli giunse ovattata, ma capì perfettamente cosa provava. Era lo stesso che sentiva lui.

 

Con un’unica, lenta spinta il vampiro sprofondò nelle calde pieghe di Buffy.

Era lì che avrebbe dovuto essere da sempre.

Aveva attraversato tutti quei secoli. Sparso tutto quel sangue. Spezzato tutte quelle vite. Per arrivare a quel momento in cui dentro di lei riacquistò l’innocenza di un bambino in fasce.

 

Anche Buffy sentiva chiaramente che era così che doveva essere.

Lei fodero. Lui spada.

Lei scatola. Lui meraviglioso gioiello.

 

Quando Spike intraprese il loro ballo cominciando a muoversi sinuoso dentro di lei, Buffy, per l’intensità delle emozioni, gli artigliò la schiena facendo sgorgare qualche goccia di sangue dal dorso immacolato del vampiro.

La tentazione fu irresistibile. Un’oscura forza la sospinse: si portò un dito alle labbra e assaporò il gusto del sangue come aveva fatto poco prima con le lacrime. La lingua rosa si arrotolò golosa intorno all’indice e succhiò la piccola gocciolina di liquido rosso.

A quella vista Spike non poté trattenersi e mentre continuava a pompare dentro di lei, esplose in mille luci colorate seguito a ruota da Buffy.

 

Il sangue poteva essere un potente afrodisiaco.

 

 

 

****************

 

 

 

- Ti amo, piccola. Mi credi? -

- Ti credo. -

 

 

 

 

****************

 

 

Per uno che ha vissuto un’eternità e che ha l’eternità davanti, il tempo ha un valore profondamente diverso rispetto a quello che gli danno i comuni mortali.

Gli anni possono essere attimi….. Fugaci battiti di ciglia.

E una settimana può essere un secolo.

I sette giorni che seguirono alla notte in cui Buffy e Spike si svelarono il reciproco amore, furono i migliori della vita e non-vita di entrambi.

 

L’intera dimora di Angelus non era immune alla loro contagiosa felicità. L’amore che irradiavano inglobava tutto e tutti.

Persino Drusilla sembrava più serena e il caro Flagello d’Europa meno sarcastico.

Ma i due biondi non badavano a niente e a nessuno. Troppo presi dal loro amore appena sbocciato. Erano in quella meravigliosa in fase in cui il mondo esterno non esiste. O meglio, nella fase in cui tutto il mondo è racchiuso nell’altro.

Tutto il mondo è l’altro.

 

 

 

***********

 

 

A mezzogiorno del settimo giorno dopo il lieto evento, il capitano Xander Harris e il manipolo di uomini scelti per la missione erano finalmente giunti a Dublino dopo un faticoso viaggio.

Si erano stabiliti in una piccola casa, fornita loro dal Consiglio, e attendevano di essere pronti per intervenire.

Mentre Xander vagava da solo per le strade della capitale irlandese, il sentimento che lo dominava non era la solita fredda vendetta, ma una sorta di calda eccitazione.

Quando si trovò finalmente nella grande piazza, poté osservare la maestosa magione di Angelus. Non aveva negli occhi lo sguardo della contemplativa meraviglia che tutti provavano di fronte all’imponente costruzione. No. Aveva lo sguardo freddo e distaccato del chirurgo.

 

Fece un giro intorno al palazzo mentre prendeva qualche sporadico appunto su un blocchetto di carta.

Lo sguardo sempre glaciale.

 

Una mano invisibile lo costrinse ad alzare il capo verso il secondo piano. La pesante tenda rossa fu scostata e un riflesso biondo verde gli si impresse indelebilmente nella retina.

Come scottato ripose il blocchetto nella tasca dei pantaloni e si incamminò per fare ritorno alla sistemazione dove si trovavano i suoi uomini.

 

Aveva deciso che avrebbero sferrato l’attacco di notte. Poteva parere un controsenso poiché la luce solare costituiva un vantaggio per loro e un nemico letale per i suoi avversari, ma così facendo non avrebbero potuto evitare l’accorrere di gente.

 

E poi lui preferiva la notte.

 

Puro egoismo.

 

 

 

 

 

 

 

***************

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era una notte senza stelle.

Solo il biancore della luna spezzava la splendida monotonia del buio.

E solo la luna, come da sempre, sarebbe stata la tacita spettatrice degli eventi che avrebbero sconvolto il rocambolesco ordine di una famiglia non convenzionale.

 

 

 

 

- Tra quanto posso alzarmi….Sono stanca di stare ferma…. – sbuffò la ragazza bionda semi sdraiata sul nero letto.

- Ho quasi finito Buff….vuoi o non vuoi che sia perfetto???….Prendi esempio da Dru. Lei si che è la modella che qualunque pittore potrebbe desiderare! O per lo meno non si lamenta ogni cinque secondi come “qualcuno”! – sbottò Angelus gesticolando violentemente con il carboncino che teneva nella mano destra e accavallando le lunghe gambe inguainate nei pantaloni di pelle.

- Scusa….paparino! – rimarcò il nomignolo, mentre un sorrisetto le increspava le labbra.

Il bruno vampiro la guardò storto, ma non le diede la soddisfazione di rispondere alla provocazione. Tornò invece a concentrarsi sul disegno.

Spike che era in piedi dietro di lui, si sporse di lato per vedere meglio l’opera del suo gran sire.

Che dire…un lavoro da vero professionista!

 

Sul grande letto pece sedeva, adagiata su un cuscino dello stesso colore, Drusilla: la vampira era intenta a spazzolare con reverenza i lunghi capelli dorati di Buffy.

L’artista aveva reso perfettamente sulla carta l’espressione assorta e adorante di Drusilla e quella rilassata, ma un po’ spazientita della bionda.

La bambina e la bambola.

Peccato che la prima fosse una pluricentenaria vampira e la seconda una cacciatrice.

 

Angelus si stava dedicando alle sfumature dei volti, quando un forte rumore lo fece sobbalzare sullo sgabello.

- Che diavolo è stato? – chiese Spike facendo scorrere lo sguardo negli occhi degli altri tre presenti.

Buffy si guardò intorno confusa, mentre si alzava dal letto insieme a Drusilla, che si era avvicinata al suo sire.

Angelus, invece, dopo essersi affacciato dalla grande finestra della sua camera, poté vedere distintamente le fiamme imperversare al piano inferiore dell’edificio.

- Cazzo! Il palazzo sta andando a fuoco! – urlò richiudendo immediatamente la finestra e voltandosi verso Spike.

- Un attacco? – domandò il biondo vampiro.

- Ne sono certo. Il rumore che abbiamo sentito era il vetro delle finestre che si infrangeva. Probabilmente hanno lanciato delle bombe piene di polvere da spa… – il vampiro fu interrotto da grida disumane che intonavano tutte il medesimo requiem di morte: molti abitanti della magione stavano andando a fuoco.

- Maledizione! Qua bruciamo tutti quanti! Cosa dobbiamo fare, Angelus? – imprecò Spike agitato.

- Tu prendi Dru e Buffy e portale fuori dal palazzo. Usa il passaggio segreto, che si trova dietro il mio ritratto nel corridoio subito qui fuori. Io vado di sotto a controllare la situazione, quando loro due sono in salvo torna dentro ad aiutarmi. – vedendo lo sguardo preoccupato della sua Drusilla aggiunse – Starò attento, tesoro. Promesso. – le accarezzò il capo dolcemente e la guardò nei profondi occhi violetti.

Pareva quasi un addio.

La vampira gli sfiorò le labbra – Non piangerai, mio angelo decaduto. –

- Forza! Non è il dannato momento per le smancerie! – esclamò irritato Spike, che intanto aveva preso per mano Buffy e aperto la porta. Drusilla si era finalmente decisa a seguirli, sempre però con il capo rivolto verso il suo sire come a volersi imprimere nella mente ogni minimo dettaglio del suo volto.

 

 

Una volta nel corridoio i tre impiegarono pochi secondi per raggiungere il quadro, che nascondeva la porta per la salvezza. Il biondo vampiro, senza tante cerimonie, lo staccò violentemente dal chiodo e rivelò uno stretto passaggio angusto.

- Proseguite da sole! Quando sarete fuori, cercate un nascondiglio e non muovetevi fino a che tutto sarà finito. Mi raccomando. Io ora devo andare. – d’istinto premette la bocca su quella di Buffy – A presto, tesoro. –

La ragazza non ebbe il tempo di rispondere perché Spike aveva già rimesso a posto il dipinto e ora stava correndo verso le scale che portavano al piano inferiore.

- Stai attento. – esalò prima di mettersi carponi e seguire Drusilla in quell’antro tenebroso.

 

- Addio, dolce William. – le labbra della vampira silenziose, per non farsi udire da Buffy, si mossero per parlare.

 

 

Bella tristezza

 

 

 

 

*****************

 

 

 

Quando Spike si trovò sulla sommità delle marmoree scale, rimase paralizzato dalla terribile visione che ebbe.

Tutto stava bruciando.

Le fiamme rodevano inesorabilmente mobili, tappeti, quadri, che si accartocciavano sotto quella primordiale forza distruttiva come larve impotenti e tremanti..

Ma lo spettacolo più osceno erano i bevitori di sangue.

Quelli come lui.

Li vedeva ardere, in qualunque direzione guardasse, in alte lingue contorte di fuoco arancio, che gradualmente sfumava verso l’azzurro per esaurirsi nel candore del bianco quando quelle grottesche torce viventi alla fine diventavano, o tornavano, polvere.

Vedeva chiaramente, nonostante il fumo, uomini vestiti di nero che aiutavano le fiamme nella loro opera. Abilissimi lottatori che, coordinati insieme alla perfezione, distruggevano tanti vampiri quanti il fuoco.

E in mezzo a quel marasma, che nessuno avrebbe esitato a chiamare inferno, scorse Angelus.

Come una tigre stava combattendo con tre uomini, evitando al contempo le fiamme divoranti e cercando di spostare la battaglia al piano superiore, che il fuoco non aveva ancora raggiunto.

 

Non seppe per quanto tempo stette lì.

Immobile. Sulla cima delle scale.

Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla lotta incessante che si stava consumando sotto i suoi immortali occhi.

Gli pareva di essere l’involontario spettatore di uno di quei film muti in bianco e nero, che i francesi amavano tanto.

Il grido di dolore di Angelus sfaldò la sua teoria.

 

Uno degli sconosciuti aggressori, un possente uomo di colore, era riuscito ad affondare il paletto di frassino nella spalla del vampiro. Ovviamente non l’aveva annientato, ma debilitato sì.

Quella fu la molla che fece scattare in Spike il consueto, ma in quel momento lontano, ardore per la battaglia.

 

Con un unico felino balzo saltò i gradini per ricadere perfettamente in piedi nel vivo del combattimento. Come immediata reazione sentì il suo corpo cominciare a produrre adrenalina in gran quantità.

Bene: ne aveva bisogno.

Cercando di non considerare i segnali di pericolo che il suo cervello gli inviava in continuazione a causa dell’incendio, si precipitò in soccorso di Angelus, che nel frattempo era riuscito con fatica e sofferenza ad estrarre il paletto intrappolato nel duro osso soprannaturale della spalla.

- Ora corriamo rapidamente al piano di sopra. Vedrai che ci seguiranno e senza il pericolo del fuoco abbiamo più possibilità di annientarli…Credo…o per lo meno di andarcene - disse Spike concitato. Poi afferrò il vampiro più anziano per il braccio e lo trascinò con sé su per la scalinata.

Durante la corsa percepì nelle viscere, nel cuore, nel cervello, in ogni cellula del corpo le fiamme maledette lambire i suoi vestiti: sfiorarli, accarezzarli, per poi scivolare via a causa della velocità dei suoi movimenti.

La sensazione di avere la morte così vicina a lui. Addirittura così intorno a lui, gli aveva per contrasto fatto scaturire dentro una vitalità strana, fortissima, persino eccessiva.

Adesso era la preda. Non il cacciatore.

Fuggiva. Non inseguiva.

 

Gli uomini della Squadra Speciale, accortisi immediatamente della fuga di Spike ed Angelus, si disinteressarono completamente di tutti gli altri immortali abitanti della magione e in massa salirono anche loro i freddi gradini all’inseguimento dei due più potenti vampiri.

Probabilmente li avrebbero condotti al loro reale obiettivo: la cacciatrice.

 

Xander, da buon capitano, era alla testa del commando. Nonostante l’eccitazione della battaglia e l’orrore per tutti quei succhiasangue conflagrati gli impedissero di ragionare lucidamente, sentiva che qualcuno o qualcosa mancava. Per essere più precisi sentiva distintamente che qualcosa o qualcuno era fuori posto. Ecco. Fuori posto.

Forse si sbagliava.

Sì. Era di sicuro una stupida impressione.

Nient’altro che una stupida impressione.

 

 

 

Il bruno e il biondo vampiro si trovavano ora in uno dei lunghi corridoi del palazzo e avevano un risibile vantaggio rispetto ai loro braccatori.

Chinatosi dietro un’imponente statua rinascimentale, Spike esaminò la ferita di Angelus. Era molto profonda e non sarebbe guarita nell’immediato.

- Merda! Non sei in grado di combattere e io da solo non riuscirei mai a fronteggiarli tutti quanti! Dobbiamo fuggire per forza. Ma da dove??? Il passaggio segreto è dalla maledetta parte opposta e non lo raggiungeremo mai senza imbatterci in quei…cosa sono…militari? – il biondo, preso dall’agitazione, vomitava parole a ruota libera.

- Calmo…possiamo andare sul tetto e andare poi incontro a Buffy e Drusilla…ma dobbiamo darci una mossa….sono sempre più vicini! –

Senza perdere tempo, Spike si alzò aiutando Angelus a sollevarsi da terra, e esortandolo ad indicargli la strada.

Come aveva fatto prima, il biondo afferrò il braccio del bruno e insieme cominciarono a correre.

Correre. Correre. Correre.

Attraversarono nel giro di una manciata di secondi l’intera ala occidentale della dimora.

 

Gli uomini in nero sempre alle costole.

Con la coda dell’occhio Spike riuscì a distinguere dei familiari riverberi rossastri.

Erano armati di torce.

 

- Maledizione! – imprecò mentalmente mentre continuava la sua corsa, ora disperata più che mai.

Certo che se avesse abbondato Angelus li avrebbe seminati in poco tempo, ma qualcosa gli impediva di lasciarlo lì al suo destino.

Forse qualche residuo di coscienza.

Forse infondo gli voleva bene.

Molto infondo….

- Appena svoltiamo a destra, salta più in alto che puoi e apri la botola che ci farà accedere al tetto! – gli urlò il bruno col fiatone, destandolo da quei pensieri fuori luogo. – Devi riuscire ad aprirla al primo tentativo sennò siamo fottuti! Completamente fottuti! –

 

Gli uomini in nero sempre dietro.

Il fuoco minaccioso avanzava di pari passo con loro.

 

Appena girato l’angolo, Spike fece esattamente quello che il suo gran sire gli aveva ordinato, lasciò momentaneamente la presa ferrea sul braccio di Angelus e librò nell’aria come se la forza di gravità non esistesse.

Con un gesto secco della mano sinistra spinse il legno dello stretto accesso, che rappresentava la loro unica via di fuga.

La botola si spalancò, rivelando il blu della notte, mentre il biondo vampiro tornava garbatamente con i piedi sul suolo.

- Presto! Andiamo!!! – spiccò nuovamente un balzo verso l’alto, questa volta portando con sé nel breve volo il bruno.

Nel preciso istante in cui i due erano nell’aria Xander Harris e il resto della squadra svoltarono l’angolo.

- Lanciate le torce!!! – comandò perentorio il capitano.

I soldati immediatamente eseguirono.

Il fuoco di una delle torce si attecchì al piede ancora penzolante di Angelus.

- AHHHHHH! – ululò di dolore.

Un odore acre e pungente si diffuse dall’arto fumante.

Le fiamme stavano divorando veloci e inesorabili l’intero corridoio, ma ormai i due vampiri avevano richiuso la botola dietro di loro ed erano in salvo nel ventre della Madre Notte.

Un umano non era in grado di saltare così in alto.

Ora dovevano solo raggiungere le loro donne e fuggire il più lontano possibile da Dublino.

 

Nonostante il tempo non fosse dalla loro parte, Spike si concesse il piacere di riempirsi le narici dell’aria pura della notte.

Di rallegrarsi alla vista della luna, che sorniona lo fissava.

Di notare che nemmeno una stella illuminava il cielo.

Ma c’era qualcosa di strano.

Fuori posto. Ecco. Fuori posto.

 

Angelus, intanto, non aveva smesso di guaire per il dolore, ma ormai il piede non gli fumava più. Si era infatti tolto la maglietta e l’aveva violentemente sbattuta su di esso per spegnere il fuoco divorante.

- Cazzo! Io muoio di dolore e tu te ne stai lì imbambolato a fissare chissà cosa? – sibilò adirato il Flagello d’Europa.

- Andiamo! Non dobbiamo perdere un secondo. Qualcosa non và. Lo sento. – disse criptico il biondo cominciando nuovamente a correre per il tetto.

 

Doveva subito raggiungere Buffy e Drusilla.

 

 

 

*************

 

 

 

Il buio era tutto intorno a lei.

L’oscurità regnava sovrana in quell’antro tenebroso.

Ma lei non aveva paura.

Anzi quella cecità imposta le aveva dato la possibilità di scoprire quanto fossero più sviluppati rispetto ai comuni mortali i suoi sensi.

Era acutamente consapevole della presenza di Drusilla di fronte a lei. Acutamente consapevole della superficie bagnata sulla quale stava gattonando. Acutamente consapevole dei luridi ratti che talora le sfioravano le gambe. Infine, era acutamente consapevole della prossimità dell’uscita.

L’eterea luce della luna brillava incontrastata, nascosta alla sua vista dalla sagoma nera della vampira.

 

Quando Drusilla atterrò sul marciapiede del viottolo dietro il palazzo, gli occhi di Buffy rimasero feriti dal candido chiarore della luna. Dopo quei minuti di tenebra totale, anche una luce così opaca le causava dolore.

La ragazza, emulando la vampira, saltò giù dallo stretto passaggio e dopo un volo di qualche metro discese a terra con felina maestà. Pareva lo facesse da tutta la vita.

 

Entrambe si trovavano ora nella sporca stradina.

Angelus avrebbe sicuramente gradito molto immortalarle sulla fine carta in quel momento: le due donne erano schiena contro schiena, la massa di capelli bruni di Drusilla si mescolava con naturalezza a quella dorata di Buffy e le loro figure così diametralmente opposte si completavano nella chiusura di un cerchio immaginario, simbolo di chissà quale remota verità.

 

- Non muovetevi! – una voce vibrante e carica d’odio spezzò la magia dell’atmosfera e le due donne si separarono cercando con gli occhi l’emittente di quelle parole.

Come aveva fatto Buffy a non notarlo prima?

Un ragazzo alto, massiccio, con i capelli biondo cenere, gli occhi cerulei e una pelle slavata stava appoggiato al muro di fronte a loro impugnando una torcia infuocata nella mano destra.

Aveva la faccia pulita. Da bravo ragazzo. Non sembrava pericoloso.

 

Drusilla, incurante della presenza dell’uomo vestito di nero, cominciò a danzare nel buio della strada sulle note di un’orchestra che suonava solo nella sua testa.

Buffy non capiva cosa stesse succedendo e si limitava a posare a turno lo sguardo sullo sconosciuto e sulla vampira. Quest’ultima nel suo leggiadro balletto si era avvicinata, incurante del pericolo, al viso dello sconosciuto – Dai morte e la riceverai….le stelle parlano chiaro…e loro hanno sempre ragione: dai morte e la riceverai. – le parole uscirono dalle labbra di Drusilla sibilanti come mille serpenti a sonagli.

Il ragazzo non prestò la dovuta attenzione ai profetici vaneggiamenti della nera dama, ma fissandola minaccioso negli occhi e facendo vibrare le fiamme della torcia in aria, parlò – Vattene! Non sono qui per te! Sporco succhiasangue! – il suo sguardo si posò sulla figura di Buffy, in disparte all’altro capo del vicolo.

- Per sommo ordine dell’illustre Consiglio degli Osservatori ho il dovere di portarti via con me. Se provi anche solo ad opporre resistenza sarò ben lieto di porre fine alla tua ignobile vita. Tu…tu non sei degna di essere la cacciatrice. Sei peggio dei luridi vampiri che ti piace tanto frequentare! – sputò fuori il biondo, guardando schifato la ragazza e non considerando affatto Drusilla.

Buffy lo squadrò con aria di sufficienza – Io non vado proprio da nessuna parte! Perciò accomodati…- disse indicando la propria minuta figura con un teatrale movimento del braccio – Oh! Gradirei almeno conoscere il nome del mio potenziale uccisore! – il sarcasmo era lampante nella voce della cacciatrice, ma non smontò di una virgola la sicurezza e i propositi del suo antagonista.

- Riley Finn. –

- E sentiamo Riley Finn…come credi di riuscire a battere una cacciatrice?...Sono proprio curiosa.. –

Buffy, per nulla intimorita dalle minacce ricevute, aveva fatto qualche passo nella direzione del biondo gesticolando ampiamente mentre parlava ironica.

- Penso che questa sia più che sufficiente. Non credi? – ribatté secco con la stessa tagliente ironia, tirando fuori dai pantaloni una pistola.

Ora Riley aveva entrambe le mani impegnate. La torcia nella destra, l’arma da fuoco nella sinistra.

Passato e presente pericolosamente uniti.

 

Un brivido di freddo corse lungo la spina dorsale della cacciatrice alla vista della pistola puntata verso di lei.

- Vigliacco – mormorò tra i denti, inviperita.

 

In poco più di un secondo tutto accadde.

Il dito di Riley premette sul grilletto e il piccolo proiettile iniziò il suo viaggio kamikaze verso il cuore pulsante di Buffy.

Conobbe la sofferenza, mentre strideva contro il metallo della canna.

Assaporò l’ebbrezza della libertà, quando fendette l’aria fresca della notte.

Meno di un secondo e quel piccolo pezzetto di metallo era inculcato in profondità nel ventre di Drusilla.

La vampira infatti, grazie alla sua soprannaturale velocità, aveva fatto scudo a Buffy interrompendo a metà il viaggio del proiettile.

- Maledetta! - gridò Riley – Ma non cambia niente….tranne che ora sarete in due a morire!!! – profonde rughe di rabbia gli distorsero i lineamenti facendolo apparire quasi più demoniaco dei vampiri che disprezzava tanto.

 

Non a torto vi starete forse chiedendo come potrebbe un comune umano, benché molto allenato ed esperto, riuscire ad avere la meglio contro la combinata eccezionalità di una cacciatrice e di una vampira. Ma si sa, a volte sventurate coincidenze si alleano per smentire ciò che sembrerebbe più logico o forse è semplicemente il Destino, che forte della sua ineluttabilità, si diletta a prendersi gioco della ragione umana per tracciare con mani abilissime il suo prefissato disegno.

 

 

Riley, tremendamente adirato per l’intervento di Drusilla, sembrò improvvisamente dimenticarsi del suo obiettivo principale e focalizzò tutte le sue forze contro la vampira.

Contando sul fuoco, potente alleato, e sulla momentanea debilitazione della temibile avversaria., il giovane soldato, dopo aver riposto la pistola, cominciò a mulinare verso Drusilla l’infuocata torcia.

Gli occhi azzurri di Riley iniettati di sangue erano connessi tramite una scarica di elettricità a quelli insanamente calmi della vampira.

Buffy, ancora scossa per il rischio corso, osservava la scena imbambolata, ma non appena vide le lingue di fuoco pericolosamente vicine a Drusilla si scosse e da dietro si avvicinò rapidamente al biondo per attaccarlo.

- Stanne fuori! – mai aveva sentito la voce della vampira assumere un tono così imperioso – Vattene! Il disegnatore pazzo sta per ritoccare il suo oscuro dipinto….– il tono era tornato uguale al solito: sibilante e da pazza.

Per chissà quale motivo la giovane cacciatrice prestò ascolto alle parole di Dru e si ritirò in un angolo buio della via, timorosa per ciò che sarebbe accaduto.

Per ciò che lei stava permettendo accadesse.

 

Riley con movimenti secchi e decisi delle braccia muscolose continuava a colpire ripetutamente la vampira, mentre questa si limitava a parare i colpi, riuscendoci a stento a causa della ferita inferta dal proiettile.

Troppo veloci erano gli attacchi perché il fuoco riuscisse ad appiccarsi alla delicata e tenebrosa pelle, ciò non toglie che la creatura della notte percepisse perfettamente in ogni fibra del suo essere dannato il calore giustiziere della fiamma ardente.

Riley, imperterrito ed apparentemente instancabile non cessava di sferrare colpi su colpi contro l’ormai martoriato corpo della vampira, mentre una Buffy in stato catatonico guardava il mortifero spettacolo.

 

Un altro fendente stava per schiantarsi contro Drusilla, quando una piccola mano bloccò la torcia a mezz’aria.

Nonostante il monito della vampira, l’istinto di cacciatrice e l’affetto che provava per lei prevalsero e la bionda era strisciata con passo felpato alle spalle di Riley.

Il giovane era ora nuovamente concentrato sulla sua preda principale.

La rabbia e gli eventi del momento lo guidavano, non un piano preciso.

Magicamente nella sua mano riapparve la pistola e dopo essersi abilmente disarcionato dalla presa ferrea di Buffy sul suo braccio, senza esitare fece partire un colpo diretto alla gamba della ragazza.

Questa volta il proiettile non fallì il suo compito e la cacciatrice, fortemente dolorante, dovette abbandonare il campo di battaglia.

Non riusciva a camminare: aveva perso la sensibilità della gamba sinistra, o meglio era dannatamente sensibile, ma solo al dolore acuto e lancinante che partendo dal foro si diramava in tutti i nervi circostanti.

- Cos’è…hai perso la lingua, cacciatrice? – rimarcò il nome con un’accezione particolarmente sarcastica, mentre continuava ad avvicinarsi a lei passo dopo passo, con irritante lentezza, forte del fatto che la ragazza non era in grado di muoversi.

- Sai penso che non ti sparerò….davvero… - disse pacatamente.

Le parole fecero apparire sul viso di Buffy un’espressione di sollievo, che risultò però grottesca a causa del dolore che provava.

- No no! Troppo rapido e indolore….ti darò fuoco. Ti farò bruciare e perirai come i tuoi amici succhiasangue! -

Gli occhi verdi sbarrati fissavano l’imponente figura del biondo farsi sempre più vicina e un’odiosa sensazione di impotenza si era rapidamente impadronita di lei.

 

Drusilla, completamente dimenticata da Riley, fu capace malgrado la ferita al ventre di distoglierlo dalla cacciatrice e farlo scatenare su di lei.

- Vieni dalla mamma, piccolo… - la strusciante musicalità della voce della vampira fece adirare Riley oltre misura.

Questi si voltò bruscamente e con brutale violenza piantò nel cuore di Drusilla la torcia ardente, per poi estrarla con altrettanta violenza.

Il gesto fu fulmineo ed improvviso, ma non le sue conseguenze.

 

Un buco enorme e deforme rivelava il cuore insanguinato della vampira e il fuoco che vi si era appiccato come un parassita.

Buffy vide chiaramente il muscolo morto brillare per il calore e per la luce abbagliante della fiamme. Un attimo sembrò vivo e pulsante, mentre l’attimo dopo si accartocciò su se stesso definitivamente consumato come una comune candela.

Tuttavia non avresti potuto dedurre quali atroci sofferenze stesse subendo Drusilla, poiché il suo volto appariva disteso e persino sereno, nonostante la naturale contrazione dei lineamenti causata dal forte dolore.

Il fuoco distruttore, dopo essersi sbarazzato del cuore, a poco a poco si stava facendo strada in tutto il corpo della vampira.

Ella rimase immobile quando non era più lei, ma una pira infuocata.

Quando una fiamma alta e rossa si elevava dal suo essere e squarciava il buio della notte.

Quando la sua pelle pallida e soda divenne incartapecorita.

Quando non si ridusse ad altro che cenere.

 

Cenere.

 

Solo cenere

************

 

 

Spike ed Angelus dal ciglio del tetto che dava sul vicolo assistettero dall’alto all’ultimo atto di quella teatrale tragedia.

Arrivarono giusto in tempo per vedere e non poter far nulla.

Quale ironia!

La loro Drusilla si stava spegnendo in un tripudio di conflagrazioni che dal rosso sangue andavano al bianco puro passando per l’arancione.

La girandola di colori finì e rimase la cenere.

 

Solo cenere.

 

Entrambi scivolarono senza controllo nel volto della caccia.

Provavano una pena troppo intima e simile, pur conservando la sua differenza.

Spike aveva perso la sua sire.

Colei che comunque aveva amato e che aveva fatto di lui ciò che era: un legame indissolubile.

Angelus aveva perso la sua childe.

L’unica persona per la quale aveva provato il sentimento più vicino all’amore che avesse mai conosciuto.

Avevano perso Drusilla.

 

In quei concitati momenti, però non poterono soffermarsi sul dolore che sentivano, poiché un altro evento che avrebbe causato non poche conseguenze stava per compiersi sotto i loro occhi immortali.

 

 

 

*******

 

 

Un automobile lunga e nera, seguita da due gemelle perfettamente identiche frenò rumorosamente nel vicolo in cui si trovavano Riley, Buffy e ciò che restava di Drusilla.

La portiera della prima della fila si spalancò rivelando al suo interno il capitano Harris.

- Agente Finn il suo comportamento è stato a dir poco indecoroso, ma ha comunque dato i suoi frutti. Si riscatti ora e porti la ragazza in macchina. -

Una Buffy che non aveva ancora metabolizzato la morte di Drusilla si sentì sollevare da due braccia possenti e trascinare nel sedile posteriore dell’auto, mentre questa immediatamente ripartiva con un rombo feroce.

Una volta dentro percepì un paio di manette che si chiudevano sui suoi polsi, poi una voce gentile che le parlava.

- Ora ci prendiamo cura di questa ferita, non è grave. – Xander fermò la piccola emorragia e il sangue smise di fluire copioso dal foro, poi prese una benda bianca e le fasciò l’area interessata.

- Ecco fatto. – disse soffermando un attimo di troppo le dita sulla pelle setosa di Buffy e staccandole subito, come scottato.

 

Alla ragazza sembrava di vivere un sogno o di essere fuori dal proprio corpo e vedere ciò che le accadeva dall’alto.

La sua mente infatti non smetteva un attimo di ricordarle tutti i criptici messaggi che Drusilla aveva inviato.

 

Per il sacrificio della Notte….il Sole potrà risplendere!

 

Cenere. Solo cenere.

 

Lei sapeva cosa stava affrontando.

Sapeva che sarebbe morta, ma non aveva comunque avuto paura.

Aveva fronteggiato a testa alta, con dignità quel Dio Destino, che ci considera solo dei burattini nelle sue mani onnipotenti.

Buffy non riuscì a trattenere un triste sorriso quando un pensiero inopportuno fece capolino nel suo cervello.

Se Drusilla era polvere di certo non era una polvere comune.

 

Era polvere di stelle.

CAPITOLO 6

 

 

Il bruno e il biondo guadarono impotenti scivolare via l’altra donna della loro vita.

In quel frangente non si sarebbe potuto dire quale dei due fosse più disperato e incazzato.

Il volto di Angelus era trasfigurato in quello del demone e dagli occhi ambrati trasparivano limpidi come una fonte di montagna la rabbia più ceca e il dolore più profondo.

Non di rado questi due potenti sentimenti viaggiando in coppia danno alla luce una figlia tanto terribile quanto inevitabile: la vendetta.

Fece a se stesso e a Drusilla la solenne promessa di rendere giustizia alla morte così inopportuna e orrida della sua nera dama.

Sarebbe morto pur di mantenerla. Ma soprattutto avrebbe ucciso pur di mantenerla.

 

Spike, al contrario, aveva conservato i suoi tratti umani, ma questo non significa che apparisse meno minaccioso o addolorato.

Un casuale spettatore non avrebbe potuto fare a meno di osservare rapito i suoi occhi blu resi più scuri e al contempo più brillanti dal velo di lacrime salate che li ricopriva.

Aveva perso la sua sire. E la donna che amava più di ogni cosa al mondo era lontana da lui, prigioniera del Consiglio e diretta chissà dove a bordo di un’anonima automobile.

D’impulso il biondo aveva cominciato a sfrecciare sui tetti per cercare di scorgere dall’alto il veicolo interessato, ma era un tentativo vano e disperato: in quel momento Buffy era già fuori dalla sua portata.

Il vampiro bruno gli si parò davanti sbarrandogli la strada con la sua imponente figura. Spike, ora infervorato dalla rabbia e dalla sofferenza represse, colpì con un potente diretto il volto di Angelus, mentre lacrime gelide scendevano copiose sulle sue guance scavate.

Per riflesso il vampiro più anziano rispose al colpo con un destro altrettanto potente che fece volare il biondo per terra. Questi si rialzò immediatamente ancora più innervosito e incenerì con lo sguardo il bruno, che rispose a tono.

 

- Che diavolo ti salta in mente! Dobbiamo andare a riprenderla! Chissà cosa le potrebbero fare! – esclamò palesemente adirato il vampiro più giovane.

 

- E come pensi di trovarla ora, genio? Hanno delle macchine velocissime e sono organizzati, a quest’ora avranno già raggiunto il loro rifugio per la notte. – ribatté Angelus con voce stizzita, ma impregnata da un retrogusto di chiara insofferenza per la situazione in generale non per Spike.

La rassegnazione sostituì la rabbia sul bel volto del biondo e non so dirvi se fosse un segno positivo.

 

Forse per gli eventi della notte.

Forse per il dolore lacerante.

Forse per la solitudine profonda che si era radicata in lui.

Forse perché era l’unico che gli ricordava la sua Drusilla, essendone il childe prediletto.

Forse semplicemente per l’espressione di pura sofferenza ed impotenza che albergava sul viso di Spike.

Forse per tutti questi motivi che Angelus si avvicinò al biondo e lo abbracciò forte e stretto.

Mentre ancora lo teneva fra le braccia possenti, lo guardò nei profondi occhi e serio come non mai gli espresse le sue intenzioni.

 

- Lo troverò. Ucciderò quel bastardo che mi ha portato via Drusilla e con lui annienterò il Consiglio e troverai Buffy e la porterai via da lì, via con te. Te lo giuro, William. -

 

Spike, già eccessivamente sensibile per tutte le vicende che aveva appena vissuto, non riuscì a parlare per le forti e variegate emozioni che provava e perciò si limitò ad annuire in modo sconnesso continuando a singhiozzare pressoché silenziosamente.

Ancora abbracciato ad Angelus espresse l’ossessivo desiderio di ritrovare la sua ragazza. Non chiedeva nient’altro…che tutto gli venisse tolto…voleva solo riunirsi alla sua cacciatrice.

Le palpebre abbassate per il pianto gli impedirono di scorgere la stella cadente che con evanescente fulgidezza ferì la volta celeste proprio in quel momento.

 

Fu il vampiro più anziano a divincolarsi per primo dalla stretta, immediatamente aiutato dal biondo. Ora erano vicini, l’uno accanto all’altro.

Avevano messo da parte le loro divergenze.

In quella situazione potevano contare solo l’uno sull’altro.

Potevano fidarsi solo l’uno dell’altro.

 

- Almeno per oggi principino dovrai accontentarti delle fogne, non credo proprio che abbiamo il tempo per trovare un rifugio decoroso prima dell’arrivo dell’alba. – nonostante tutto Spike non aveva perso il suo innato senso dell’umorismo e poi adorava lanciare frecciatine ad Angelus. Era maledettamente divertente!

 

 

Il bruno gli scoccò un’occhiataccia, ma non ribatté. Anzi, fu lui a discendere per primo nel vicolo buio, che era stato teatro poco prima della morte di Drusilla.

Per qualche istante rimase immobile, come paralizzato dal dolore, poi si destò e spalancò il tombino che conduceva alla squallida rete fognaria di Dublino.

Il biondo lo osservò scomparire come se fosse stato inghiottito dalla terra.

Alla fine si decise a seguirlo e smise di pensare.

 

 

 

 

 

*********************

 

 

 

 

Londra Cinque giorni dopo

 

 

 

Dietro la bella scrivania in nobile mogano, seduto con alterigia sulla lussuosa poltrona, stava Quentin Travers.

Era completamente solo nella sua stanza privata, infatti l’agente Riley Finn l’aveva lasciato da poco non prima di avergli consegnato un’anonima lettera bianca da parte del capitano Harris.

Dalla postura dell’uomo non si sarebbe potuta decifrare alcuna emozione o almeno reazione provocata dal foglio di carta scritta, che teneva fra le mani ossute. Tuttavia ad un attento osservatore non sarebbe sfuggito un insolito luccichio di rabbia molto bene repressa nelle iridi spente.

 

 

Illustre Sig. Travers,

Mi pare doveroso per tutto quello che lei ha fatto per me in questi anni almeno informarla marginalmente delle mie intenzioni.

Ho adempiuto con successo alla missione di prelevare la cacciatrice in carica, Elizabeth Summers, dal palazzo del Maestro vampiro di Dublino, ma non intendo per nessun motivo consegnarla a voi.

Ho le mie ragioni per credere che non pensate di riabilitarla, ma piuttosto di…che termine posso usare per essere meno diretto…liberarvi della ragazza. Perdonatemi se non sono abile come lei nell’arte dell’ipocrisia.

Tengo, tuttavia, a metterla al corrente del fatto che la cacciatrice è al sicuro con me e non frequenterà più vampiri se non per eliminarli.

Dimenticavo…dopo aver letto questa lettera non se la prenda con l’agente Finn. Mi doveva solo un favore e poi lo dice anche il proverbio ambasciator non porta pena, quindi non lo licenzi. Ha svolto bene il suo lavoro.

Addio per sempre…non cerchi mai più né me né la signorina Summers…tanto non ci troverà.

 

Distinti saluti,

 

Xander Harris, ex capitano della Squadra Speciale del Consiglio degli Osservatori

 

P.S. : La Squadra Speciale esiste ancora, solo non è più ai servizi del Consiglio.

 

Travers, con la sua solita flemma inglese, rimise il foglio di carta nella busta e ripose il tutto nel cassetto della scrivania.

Il luccichio di rabbia nei suoi occhi era svanito.

Ora era una fiamma ardente che bruciava.

 

 

 

 

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Luogo non identificato nella campagna inglese, Contemporaneamente

 

 

 

Tre automobili nere in perfetta fila indiana percorrevano un’accidentata e deserta stradina di campagna.

Stonavano palesemente con l’incontaminato paesaggio.

Spostiamoci però nell’abitacolo della prima vettura perché è proprio lì che si sta svolgendo una conversazione interessante ai fini del nostro racconto.

 

- Ti prego…dì qualcosa….non ho intenzione di farti del male. Non ti sto portando dal Consiglio….io non ti voglio morta – la voce di Xander tremò per un istante -….hai letto la lettera…. -

La ragazza bionda ammanettata sul sedile affianco a quello del giovane bruno non accennava a rispondere.

Per essere precisi non aveva aperto bocca per tutti i precedenti cinque giorni di viaggio: se ne stava lì, immobile. Ogni tanto guardava fuori dal finestrino il mondo che veloce le scorreva sotto gli occhi e ogni tanto chiudeva quegli stessi occhi per riposare, ma mai una parola.

Mai.

 

- Ascoltami…siamo diretti in Scozia. Possiedo un castello nelle Highlands…vedrai è un posto meraviglioso. Starai bene. – Xander cercava di essere gentile, ma il volontario mutismo che Buffy manteneva sin dall’inizio lo stava facendo impazzire – anche se non mi parli, ti ci porterò lo stesso e sarà peggio per te perché sarai mia prigioniera e non mia gradita ospite. Questa è una promessa non una minaccia. – il tono era diventato freddo e tagliente, ma la cacciatrice non manifestò alcuna reazione come al solito.

La sua mente riusciva a formulare solo un ossessivo pensiero o desiderio.

 

Spike.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Highlands scozzesi, due giorni dopo

 

 

 

Una landa deserta, desolata, abbandonata.

L’orizzonte invisibile era nient’altro che una linea inesistente resa sfumata dalla nebbia.

E su tutto si stendeva un cielo plumbeo, incombente, opprimente, soffocante.

Chiusa nel suo mutismo, Buffy, non pareva minimante toccata dalla cupezza del paesaggio.

Ormai era persa.

Di lei non restava che il bell’involucro corporeo, ma nessuna traccia dello spirito vivace e ribelle.

 

Mentre la vettura arrancava in salita, prossima alla meta, Xander non riusciva a distogliere lo sguardo dalla figura minuta della ragazza. L’apparenza inganna! Quell’esile corpicino racchiudeva al suo interno una forza potente e primitiva e lui non solo lo sapeva, ma aveva anche avuto modo di testarlo in quegli ultimi due giorni di viaggio.

Ebbene, nonostante l’apatia che tutto il suo essere emanava, Buffy aveva scatenato un putiferio quando, durante una sosta necessaria, era scesa insieme agli altri. In piedi, aveva avuto la possibilità di utilizzare le gambe….e Dio solo sapeva quanto potevano essere letali! Aveva combattuto come una pantera con le mani ammanettate contro i suoi uomini migliori e ci era voluta una puntura di un qualche potente sedativo per calmarla e farla salire nuovamente in macchina.

Da quel momento di eccezionale euforia, se ne stava lì completamente immobile, impassibile e rigida come un’antica statua egizia.

Una dea. La sua divinità dalla pelle lattea, gli occhi smeraldo e le labbra ingannevolmente rosee ed innocenti.

Ormai era perso.

Era bastato un fulgido bagliore oro-verde a malapena scorto dietro una tenda per volerla.

Non gli importava più del Consiglio.

Non gli importava più di Anya, di Helena o di Katie.

Non gli importava più della vendetta.

Gli importava lei, solo lei.

In quell’attimo fuggente promise a se stesso che l’avrebbe avuta, posseduta, amata. Era pronto anche a distruggerla, a farla soffrire, a farle dimenticare chi era pur di avere l’impero sul suo cuore splendente.

Per suggellare quella sorta di intimo giuramento posò lievemente una mano contro la guancia infreddolita di Buffy. Questa si scostò. Non bruscamente, ma con ferma decisione e gli piantò in viso due occhi verdi.

Freddi. Taglienti.

Prima c’era stato il bruciore metaforico per una carezza non desiderata ora la stessa guancia ardeva arrossata per lo schiaffo che quella mano così gentile le aveva inferto.

 

Xander non cessava di osservare la cacciatrice, che era nuovamente tornata nella solita inerme posa. Non avresti detto che fosse successo qualcosa se il rossore sullo zigomo sinistro non fosse stato spia del colpo subito.

La contemplazione del giovane fu interrotta dalla sterzata dell’automobile.

Come formichine in fila indiana stavano le tre nere vetture, ferme ai piedi di una collinetta impossibile da raggiungere a bordo.

 

Il maniero, che anni prima aveva acquistato, si ergeva terribile e sublime sulla cima dell’altura.

Signore e padrone di quel desolato paesaggio.

Il re del niente.

Un vento impetuoso faceva turbinare nel cielo le foglie rosse in piccoli vortici infuocati e alcune di esse si andavano a posare stanche sulla pietra scura del castello.

Dietro la torre più alta dell’edificio, moriva pallido ed ansante l’astro del cielo gettando riverberi sbiaditi sulla costruzione che pareva immersa in una luce ultraterrena e malata.

Il maniero era un luogo di confine.

Un luogo di stallo, dove il tempo non scorreva, dove il tempo non esisteva.

 

Xander scese dall’auto con ancora gli occhi accessi dalla rabbia e senza tante cerimonie tirò fuori anche quella che ora era a tutti gli effetti una prigioniera.

Prevedendo che Buffy avrebbe potuto tentare un nuovo attacco, estrasse dalla tasca dei pantaloni una lunga siringa e la inculcò come un paletto nel braccio della cacciatrice. Immediatamente la ragazza fu attraversata da una calma artificiale che gli velò gli occhi di inconsapevolezza.

Fu facile allora guidarla nel luogo dove avrebbe soggiornato.

La torre più alta.

Già quella era la prigione del castello, dove secoli prima erano stati imprigionati molti uomini appartenenti ai clan avversari della nobile famiglia che abitava l’edificio.

Buffy fu sospinta con gentilezza all’interno della cella, mentre Xander si attardava qualche secondo sulla soglia per disporre gli ordini.

- Colloca gli uomini nei punti chiave. Esigo che il maniero sia difeso su tutti i lati: sentinelle dovranno vigilare per controllare i terreni tutti intorno ad esso. Se sentite un rumore strano, se qualcosa vi sembra fuori posto, se scorgete un’ombra, venite a fare rapporto. Intesi? -

Il soldato si limitò ad annuire energicamente.

- Bene. Ora lasciaci soli Jules. -

Jules si era già richiuso la porta dietro le spalle quando sentì la voce del capitano richiamarlo.

- Dimenticavo…nessuno per nessun motivo può entrare in questa cella. Chi lo farà incorrerà nelle mie ire e tutti sanno che non sono esattamente un agnellino quando mi incazzo! – sibilò Xander.

- Come vuole, signore. Posso andare? –

- Vai Jules. Vai… -

Xander si fermò per vedere la figura del soldato allontanarsi, farsi sempre più piccola e infine sparire mentre percorreva il lungo corridoio per raggiungere le scale a chiocciola che portavano alla base della torre.

Il giovane bruno tornò sui suoi passi, chiuse a chiave la porta della prigione e si appoggiò al muro vagamente umido.

Non considerò la bionda accartocciata sul duro pavimento. Troppo preso dai suoi pensieri, intenti, progetti.

Il silenzio in quel luogo angusto era teso, angosciante.

Un sussurro impalpabile come ali di farfalla raggiunse le sue orecchie. Lì per lì non capì cosa fosse. Forse il vento che birichino parlava attraverso le inferiate della finestra utilizzate come corde vocali…no no…quella era proprio una voce e diceva Spike.

Adirato Xander si avvicinò alla ragazza e la colpì con un ceffone molto più forte del precedente che le fece girare la testa per il dolore.

- Non nominare più quel lurido vampiro!!! Lui non esiste più……non esiste più niente Elizabeth…solo io sono reale….solo io. Dimenticherai tutto il resto…ti farò dimenticare tutto e tu sarai mia…MIA….per sempre. – disse serio, ma al contempo esaltato da quella prospettiva.

- Tu sei pazzo. – sibilò Buffy, che pareva aver riacquistato l’uso della parola.

- Forse…ma non è importante. – nella sua mano apparse come per magia un diamante.

Buffy osservò la pietra rapita. Una cosa bella dopo tanto orrore.

Xander avvicinò al viso della ragazza il prezioso e cominciò a ruotarlo,a girarlo, a farlo scivolare con lentezza lungo il palmo della mano.

In breve le palpebre della cacciatrice si fecero troppo pesanti perché potesse tenere gli occhi aperti e scivolò in un sonno imposto, dove appunto il tempo non esisteva e niente era reale.

Nemmeno lei. Soprattutto lei.

 

 

 

 

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Galleggiare, naufragare, affogare nell’oscurità.

Tutto intorno a lei, fuori e dentro di lei era oscurità.

Non c’era niente eccetto l’oscurità.

Lei stessa era oscurità: il suo corpo, i suoi pensieri, i suoi ricordi erano impregnati, avvelenati, infettati da quella malattia sordida e letale che era l’oscurità.

Non ricordava cosa ci fosse oltre quella.

Poi lampi di luce grigia e cattiva le ferivano quelli che dovevano essere i suoi occhi, se li possedeva ancora. E attraverso il varco orripilante che si apriva nelle sue iridi verdi, la luce arrivava ad aprirle il petto, a squartarlo e a farle ammirare in tutto il suo orrido splendore il cuore pulsante.

 

 

Drusilla. Il cuore di Drusilla.

 

 

A quel punto la luce assumeva il suono di una voce, una voce odiosa, una voce che voleva assoggettarla, ghermirla, dominarla, possederla.

Una voce che le diceva che era lei l’assassina di Drusilla.

Buffy ha ucciso Drusilla.

Buffy nella sua inattività.

Buffy nella sua passività.

E ora Spike la odiava, perché per colpa sua aveva perso la sua amata sire.

 

 

Ti odia… ti odia…ti odia…ti odia…

 

 

Ma lei continuava ad essere sospesa nel nulla di quella tenebra e a combattere quella luce asettica, ostile che voleva ferirla.

Combattere senza neppure sapere il perché.

Combattere come non aveva mai fatto.

Combattere perché era la sua natura.

Combattere perché era l’unica cosa che poteva fare.

Combattere perché era l’unico modo per rimanere in qualche modo vigile, consapevole in quell’oscurità che era come un coma, un veleno, una morte grigia.

Ma erano solo attimi.

Attimi in cui era padrona confusa dei suoi ricordi e pensieri.

Attimi che amava perché le rammentavano chi era.

Attimi che odiava perché le istillavano nel cuore un senso di colpa insopportabile.

Ma erano solo attimi.

Poi tutto tornava buio e lei era di nuovo come Ulisse nella tempesta. Alla deriva, solo che non aveva alcuna zattera a cui aggrapparsi. Nessun appiglio.

Perché anche lei non era niente.

E allora naufragare in quell’oscurità diventava dolce, inevitabile ed era come morire lentamente.

E la parola morire non le pareva crudele, odiosa. No. Era anzi un balsamo amaro, ma consolatorio.

 

Morire.

 

Lei era niente e non aveva niente per cui vivere.

La voce poi tornava, proprio quando raggiungeva una sorte di fittizia quiete, la voce tornava.

Più incalzante.

Più insinuante.

Più soffocante.

E allora esisteva solo quella.

 

 

 

 

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Buffy aveva il volto riverso a terra. I capelli erano scarmigliati e luridi poiché durante l’ipnosi si era mossa convulsamente strusciandoli sul pavimento lercio.

Era legata ed intorpidita.

Il sonno non l’aveva ancora abbandonata, ma Xander aveva smesso di entrare con troppa irruenza nella sua testa.

Non voleva rischiare di spezzarla alla prima incursione.

Doveva avere pazienza.

Con pazienza e dedizione avrebbe cancellato i suoi ricordi, controllato i suoi pensieri e l’avrebbe avuta.

Insieme sarebbero andati via lontano e si sarebbero creati una nuova vita, avrebbero avuto qualche bambino e una bella famiglia.

E sarebbero stati felici. Sì. Lui l’avrebbe resa felice.

Accarezzò dolcemente il capo addormentato della ragazza e abbandonò a malincuore la stanza. Sicuro che tanto dalla mente di Buffy non se ne sarebbe andato, ma avrebbe continuato a tormentarla.

 

 

 

 

 

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Non appena il sole scomparve dietro l’orizzonte, Spike si svegliò dal suo sonno.

Era a bordo di una nave, un mercantile per la precisione, ed era ovviamente un passeggero clandestino. Gettò un’occhiata sul corpo adagiato di Angelus, ancora dormiente: aveva sul volto un cipiglio corrucciato, segno che non stava facendo bei sogni.

Il rollio della nave era piatto e regolare, stavano evidentemente procedendo su acque tranquille.

Spike a causa della sua precoce attività decise di non disturbare il sonno del Flagello d’Europa e, discreto come solo un vampiro sa essere, abbandonò la stiva dove si nascondevano dagli occhi inquisitori dei marinai.

Il biondo salì sul ponte. Era irrequieto e aveva bisogno di pensare solo con se stesso.

Immediatamente il cielo serotino e la brezza marina che gli sferzava gradevolmente sul volto istillarono in lui una piacevole sensazione, amplificata subito dopo dal sentore deciso e virile dell’aria salmastra.

Il poeta che era vivo in lui emerse in quel momento con irruenza: come un giovinetto alzò il capo e con il naso all’insù si perse nella contemplazione del blu cobalto della volta celeste, ma ciò che gli fece spalancare la bocca per la meraviglia fu il numero delle stelle che vide.

Erano grandi e rifulgenti.

Sulla terraferma non appaiono mai così vicine. Nel ventre del mare, invece, basta protendere un dito verso l’alto e sembra di poterne prendere una e tenerla per sempre con sé, nel palmo della mano.

Un piccolo inestimabile tesoro.

Ma lui la sua personale stella già l’aveva. Tuttavia gli pareva più lontana degli altri astri che poteva vedere risplendere fieri in cielo.

Il suo istinto comunque diceva che Buffy era viva. E Spike si fidava ciecamente del suo istinto, come un cane da caccia si fida del proprio fiuto.

 

Si riempì ancora una volta i polmoni della pura aria marina e si sorprese di stare così bene fisicamente, mentre tutto il suo essere era affranto dal dolore inesplicabile che è la perdita e l’inevitabile assenza che ad essa consegue.

Ma sotto a quella pena, che era la sua propria, percepiva una sofferenza ancora più forte.

Mentale oltre che fisica.

Una sofferenza che non era la sua, ma che eguagliava la sua, anzi la superava in quella triste sfida.

Ormai aveva capito che lui e Buffy erano in un qualche modo connessi.

Un legame che andava al di là del sangue, ma non lo escludeva.

Un legame che andava al di là dell’amore, ma lo comprendeva.

Un legame di anime, prima che di corpi e per questo la sentiva anche ora che erano a miglia di distanza l’uno dall’altra.

Spike sentì una mano posarsi su una spalla e si girò con la stupida speranza di incrociare lo sguardo di Buffy. Quando incontrò gli occhi ebano di Angelus ritornò bruscamente alla realtà.

Una realtà dove tutto stava andando fottutamente a puttane.

- Che cosa fai qua sul ponte?...Potrebbero vederti… - il tono era stanco e non aveva nulla dell’irritante sarcasmo che caratterizzava il bruno vampiro – Torniamo dentro – concluse prendendo la mano del biondo per guidarlo all’interno della stiva.

Spike si divincolò dalla stretta. Non tanto perché era infastidito dal gesto in sé, quanto piuttosto perché non voleva rintanarsi in un loculo chiuso e angusto.

- Di notte c’è solo un marinaio che fa il giro della nave…Credi davvero che non sappia nascondermi da un umano?...E poi non è detto che voglia nascondermi… – osservò ironico e in modo vagamente insofferente.

- Ehi! Stai calmo William, rimango il tuo gran sire quindi vedi di portarmi rispetto. Non voglio destare sospetti nell’equipaggio… Vieni dentro! – ringhiò tornando il buon vecchio Angelus per un istante.

- Sono stufo di nutrirmi di dannatissimi ratti! Ci prendiamo il marinaio, lo dividiamo e gettiamo il corpo in mare! Angelus che non vuole bere da un umano…il mondo girerebbe veramente al contrario! – esclamò in tono di sfida.

 

Un rumore cadenzato di passi li avvisò che la loro preda era vicina. Immediatamente si mimetizzarono nell’ombra diventando parte integrante di essa.

L’uomo ignaro giunse sul ponte.

Aveva quasi terminato il suo giro di ricognizione e non vedeva l’ora di andare finalmente in cabina a riposare un po’, ma la sorte non la pensava allo stesso modo.

Illuminato dalla luce della luna, mentre tutto intorno regnava il buio, il marinaio divenne il protagonista della sua morte.

Angelus sgusciò dietro di lui e con un colpo artisticamente deciso gli prese la testa fra le mani e spezzò l’osso del collo. Come reggendo una bambola spezzata, il bruno piegò il capo del morto e affondò i denti nella carotide: un primo fiotto caldo gli invase la bocca e scese denso e metallico lungo la gola, ricordandogli la profonda differenza tra il sangue animale e quello umano.

Rimase attaccato alla sua fonte di sostentamento per qualche secondo poi lanciò il corpo inerme addosso a Spike, che aveva assistito alla scena con estremo piacere, e si pulì con grazia le belle labbra macchiate di rosso.

Il biondo dopo aver anche lui banchettato si sbarazzò del corpo ammirando poi, estasiato, le onde che lo inghiottivano materne e terribili.

Il piacere oscuro del sangue gli aveva per qualche attimo fatto dimenticare le sue pene, ma ora che tutto era finito, la sofferenza era tornata con più forza di prima ad assediarlo.

 

I due vampiri, ora sazi e scaldati dalla nuova vita che scorreva in loro, si ritirarono nella stiva per discutere dei progetti futuri.

Grandi progetti.

 

Spike si sedette annoiato sul pavimento umido e ammuffito del loro rifugio e iniziò a parlare.

- Angelus…le tue intenzioni mi sono piuttosto chiare, ma mi piacerebbe sapere se hai un piano, visto che gioco un ruolo importante in esso. -

- Voglio vendicarmi. E tutto quello che è stato causa della... – esitò un istante – morte di Drusilla diventerà cenere. Come lei. – terminò mestamente, ma non senza una punta di rabbia nella voce.

- Quindi vuoi solo uccidere quel bamboccio biondo, giusto? – chiese, ma il bruno non rispose. Stava in silenzio con lo sguardo perso nelle proprie meditazioni.

– Perfetto…ti aiuterò volentieri a trovare il soldatino e ad ucciderlo! – disse Spike, pensando che chi tace acconsente.

- No! – il monosillabo proruppe con sonora potenza dalle labbra di Angelus.

- No? No, cosa? –

- Io uccido il bamboccio. Tu mi aiuti a scovarlo, ma sarò io ad ammazzarlo! IO! – tuonò. Poi abbassò subito il tono - Ma non voglio solo questo…. – disse criptico, mentre un mezzo sorriso gli increspava il volto.

- Tranquillo, non scaldarti! Il soldatino è tutto tuo! Ma cosa intendi con “ non voglio solo questo”?

- Spikey…Spikey – disse bonariamente dando al biondo una pacca sulla spalla – così tanti anni che mi conosci e ancora non sai che al Flagello d’Europa piace fare le cose in grande stile.

Io mi vendicherò e nel frattempo passerò alla storia….insieme a te ovviamente. –

- Cosa vuoi dire? –

- William… - e mentre pronunciava il suo nome gli donò il suo sorriso innocente, quello che prometteva l’inferno a chiunque fosse capitato sulla sua strada – Voglio ucciderli tutti. – sussurrò con calma, senza nessun barlume di esaltata megalomania.

Si avvicinò all’orecchio di Spike, ancora confuso, e mormorò – Voglio distruggere il Consiglio. Definitivamente. –

CAPITOLO 7

 

 

Quella voce.

Quella voce che le imponeva di ricordare ciò che aveva fatto e avrebbe voluto dimenticare.

Quella voce che le squartava l’anima e la sottoponeva al vaglio della sua propria coscienza.

Quella voce che le entrava dentro, forzandola, dominandola, possedendola.

Il tintinnio sinistro delle catene segnalò che Buffy si stava debolmente divincolando sulla sedia.

Tentava ancora di ribellarsi.

Xander pensò che la ragazza era davvero forte. E questo gli piaceva.

 

Buffy chiuse gli occhi per non vedere lo sguardo penetrante del bruno davanti a sé, ma la luce accecante che le martellava nel cervello al ritmo della voce la continuava ad inseguire nei meandri della sua mente.

Reclinò la testa all’indietro cercando di sfuggire a quel opprimente chiarore.

Un gemito sommesso le fuoriuscì involontariamente dalla bocca, secca per l’illusoria mancanza d’aria.

Il cervello di Buffy continuava a rifiutarsi di ricordare, ma non poteva scappare dalla voce: la inseguiva, la braccava, la intrappolava.

Buffy si sentì trascinare in un vortice verso il basso. Aveva perso la cognizione del tempo e dello spazio.

Lentamente le luce che filtrava dalle sue palpebre chiuse assunse un riverbero rossastro prima, carminio poi.

Il ricordo la sommerse come un fiume di sangue in piena e la corrente portò anche la colpa.

Le lacrime fluirono libere dai suoi occhi serrati, ma erano anch’esse gocce rosse.

Gocce di sangue.

 

 

 

Il soffitto della stanza si dissolse in polvere evanescente e con esso le pareti, lasciando Buffy immersa in un deserto.

Tutto intorno a lei non c’era nulla…..solo sabbia e polvere. Alzò lo sguardo e si sentì immediatamente soffocare dal rossore plumbeo del cielo. La volta era anch’essa vuota e desolata: né il sole, né la luna, né una stella.

 

Era sola.

 

Un vento subdolo e tagliente alzò la polvere dal suolo ferendole gli occhi e facendoglieli sanguinare amaramente, ma scorse comunque dietro quel velo opaco e rosso una figura riversa a terra. Proprio ai suoi piedi.

Buffy strizzò gli occhi alla disperata ricerca di vedere meglio.

Era una donna, accartocciata su se stessa in una posizione oscena ed inguardabile: la schiena era rivolta al cielo, mentre gli arti sia superiori che inferiori erano stravolti in un’innaturale postura, i capelli scuri invece erano incrostati dal sangue.

Buffy si accorse che era il suo stesso sangue ad insozzarli, gli occhi infatti non avevano smesso di lacrimare gocce purpuree che non raggiungevano il suolo, ma si perdevano nei capelli di quella che stentava a definire donna.

Non riusciva a vederla in faccia, poiché aveva il capo girato di lato e in parte sprofondato nella sabbia.

Una sensazione di familiarità tuttavia la avvolgeva, ma non era piacevole.

Esitante, si chinò mentre il dolore continuava incessante a tormentarla e il silenzio ancora di più.

Stette in quella scomoda posizione per chissà quanto tempo.

Ma esisteva davvero il tempo in quel luogo?

Dopotutto il giorno e la notte non si succedevano e a lei ogni istante pareva identico al precedente e al successivo.

Proprio quando stava per ruotarle il viso, la donna bruscamente si voltò verso di lei.

Era un mostro.

Una grottesca e orripilante maschera che appena ricordava le umane fattezze: la pelle mancava completamente e le ossa erano esposte all’aria. Giallognole e corrose.

Ma gli occhi del mostro erano belli e grandi, orlati da ciglia folte e lunghe, di un violetto striato a tratti di un blu profondo.

 

Un colpo al cuore.

 

Lei conosceva quegli occhi, li aveva tante volte visti e ammirati.

Drusilla.

Quella sorta di scheletro era ciò che restava della vampira.

Nonostante la bruttezza dello spettacolo, Buffy continuò ad osservare Drusilla. L’essere la guardava in modo crudele e con estremo rancore, ma ad un tratto quegli stessi occhi che la stavano penetrando cominciarono a squagliarsi.

Diventarono una melma deforme e incolore che galleggiava mollemente nelle cavità oculari.

Buffy non riuscì a trattenere un conato di vomito, che le squassò lo stomaco come una scossa di terremoto.

 

- Ti faccio schifo, vero? – sibilò lo scheletro – Anche tu. -

 

La bionda non capì le parole appena udibili di Drusilla. Le faceva senso chiamare con quel nome il cadavere non morto di fronte a lei.

 

- E’ colpa tua se sono qui! Non mi hai aiutato…te ne sei stata ferma in un angolo mentre il cuore mi veniva strappato dal petto e il mio corpo prendeva fuoco. Non hai mosso un dito. – il silenziò tornò a regnare in quel luogo inesistente, mentre a poco a poco Buffy perdeva coscienza di sé.

Il vortice che l’aveva portata giù in quel posto, che era l’inferno probabilmente, la risucchiò nelle sue spire riportandola nella umida cella in cui era prigioniera.

Mentre il suo corpo veniva sballottato in cerchio e saliva sempre più verso l’alto abbandonando quel deserto di sofferenze, Buffy udì le parole che mai avrebbe voluto sentire.

 

 

- Mi hai ucciso tu. –

 

 

 

 

********************

 

 

 

 

Xander si fermò davanti a lei, chinandosi all’altezza dei suoi occhi congestionati dal pianto.

Non aveva mai smesso per un istante di piangere.

Gli occhi della cacciatrice gli passavano attraverso, vacui e umidi. Lontani.

Lei sembrava non vedere nulla, anche ora che si trovava nella realtà materiale.

Ora che non stava giocando con i suoi ricordi.

Era in quello stato da più di un’ora dopo che le aveva fatto avere quella visione demoniaca.

Lo sguardo fisso, gli occhi spalancati, il volto sommerso da una silenziosa processione di lacrime.

Il giovane uomo le girò attorno stizzito, gli occhi nocciola pervasi da un involontario luccichio di cupidigia.

Sapeva che la ragazza era forte, ma lui ormai conosceva ogni minima parte di lei e sfruttava le sue debolezze. Non era stato lui a farle vedere Drusilla e a farle dire quelle cose….No…era stata Buffy stessa, lui si era limitato a dare una forma al senso di colpa che già la attanagliava.

Sorrise compiaciuto.

Stava vincendo la sua battaglia, un’altra barriera che lo separava dalla donna era stata abbattuta. Presto sarebbe stata talmente soffocata dal dolore e dalla colpa che lo avrebbe pregato di cancellarle ogni ricordo con un colpo di spugna, ma doveva essere lei a volerlo, altrimenti il subconscio avrebbe comunque mantenuto intatta la sua memoria, che prima o poi sarebbe riemersa mandando all’aria i progetti di Xander.

Doveva avere pazienza.

Eliminarle quel vampiro, Spike, dalla testa e soprattutto dal cuore non sarebbe stato facile. Ma promise a se stesso che ci sarebbe riuscito.

Serrò con forza le labbra e lasciò la cella non prima di aver iniettato dell’altra droga nel braccio di Buffy.

Non voleva che avesse la forza sufficiente per rompere le catene e fuggire.

Lei era sua.

 

 

Tornare alla realtà fu violento quanto conoscere la sua colpa.

Una piccola parte di lei percepì l’assenza del suo carceriere e se ne rallegrò stancamente.

Ma si sentiva incapace di provare qualsiasi emozione.

Dentro di lei c’era solo spossatezza, dolore e colpa.

Adesso sapeva.

Aveva ucciso Drusilla.

Aveva ucciso colei che era stata per lei quello che una madre è per i normali bambini.

Era un’assassina, non c’erano vie di mezzo.

Non c’erano scusanti.

Sentiva come se fosse stata la sua mano a piantare la torcia infuocata nel petto della vampira, non quella di Riley.

Rabbrividì.

Troppo sconvolta per piangere ancora.

La consapevolezza di quello che aveva fatto la schiacciava e non la lasciava respirare.

Presto però smise di pensare, incapace di rimanere lucida nonostante i suoi sforzi.

La droga svolgeva bene il suo compito e si ritrovò nuovamente a naufragare il quel mare di oscurità.

 

 

 

 

********************

 

 

 

 

I giorni passavano per Spike troppo lenti o troppo veloci, mai che andassero alla giusta velocità.

Erano parsi anni quando era costretto a bordo del mercantile che li aveva portati in Inghilterra, mentre ora che si trovavano a Londra e non riuscivano a trovare la sede del Consiglio sembravano più rapidi di un battito di ciglia.

Grazie alle grandi conoscenze di Angelus nella ristretta società vampiresca avevano trovato una degna sistemazione, un piccolo appartamento nella City della giusta misura per due persone.

Spike era disteso sul letto con gli occhi rivolti al soffitto. Fuori il sole splendeva alto nel cielo e impediva alle due creature della notte di continuare le loro ricerche.

Mentre tentava invano di riposare un poco, fu travolto da uno dei suoi ormai abituali attacchi. Più acuto del solito. Ognuno era più intenso e debilitante del precedente. All’inizio era solo la sensazione latente di una forte sofferenza che non gli apparteneva, poi a poco a poco questa sofferenza si era trasformata in disperazione, paura, oscurità, perdizione, senso di colpa. E tutti questi estranei sentimenti vorticavano nella sua mente rivelandogli chiaramente ciò che provava Buffy in quei momenti.

 

Solitudine.

 

Angelus, mollemente seduto su una spartana sedia accanto al giaciglio del biondo, doveva aver colto il turbamento del vampiro più giovane perché improvvisamente la sua espressione mutò da riflessiva a stranamente preoccupata.

- Stai di nuovo male? – chiese

- Non sono io a stare male….è lei. – disse semplicemente Spike.

Angelus si accigliò per un istante.

- Cosa vuoi dire? - domandò confuso il bruno.

- Questo dolore che mi squarcia il petto non è il mio. Non mi appartiene, ma so che è quello che sente Buffy adesso. Sì…lei proprio adesso si sente persa, in colpa…. – la voce gli tremava chiaramente – e soprattutto…si sente sola. E’ sola. – concluse mestamente, abbassando il capo come per rispetto alla triste situazione della donna che amava.

Angelus era profondamente colpito dalla profondità del sentimento che legava il suo strambo childe alla giovane cacciatrice….nonostante fra di loro non vi fosse un fisico legame di sangue, lui era comunque in grado di sentire la sua anima.

Terribile e sublime. Come solo l’amore vero può essere.

 

- Devo ritrovarla! – ringhiò basso il biondo, stringendo forte i pugni.

- Ma se riesci a sentire ciò che lei prova, perché non sai anche dove si trova? – domandò Angelus ingenuamente.

- C’è qualcuno con lei…so solo questo. Qualcuno di perverso e crudele che la tortura e le fa del male. Qualcuno però molto furbo, perché ha schermato la mente di Buffy…io non le leggo nel pensiero…ho semplicemente una vaga idea degli stati d’animo che la attraversano. –

- Se le cose stanno così temo che dovrò mettere da parte il mio orgoglio… - dichiarò Angelus, lievemente insofferente all’idea.

- E cosa diamine c’entra ora il tuo dannatissimo orgoglio? – esclamò sorpreso Spike, alzando la voce.

- Ora vedrai come c’entra…. Spikey! – calcò l’accento sul nomignolo che tanto odiava – L’unico mezzo per sapere dove si trova la tua amata è il Consiglio, ma si dà il caso che noi abbiamo scarsissime possibilità di trovare con le nostre forze la sede centrale… -

- Ehi! – lo interruppe il vampiro più giovane, un po’ offeso dalle parole del suo gran sire.

- Cosa Spike…??? Sono giorni che cerchiamo come due pazzi e non abbiamo ancora uno straccio di indizio…quindi… - lasciò in sospeso un attimo, pronto però a concludere immediatamente il suo discorso.

- Ancora non capisco la posizione del tuo orgoglio in questo bel riassunto della nostra disfatta…. – lo interruppe di nuovo il biondo con un'aria di sufficienza e la solita faccia da schiaffi.

- Se mi lasciassi finire prima di parlare… - sospirò pesantemente il bruno, donandogli uno sguardo inceneritore.

- Non ti scaldare….sto zitto, capo! – disse Spike facendo il verso di cucirsi le labbra.

- Quindi… - proseguì Angelus – dovrò rivolgermi a Elisewinn. –

 

 

 

L’espressione ancora confusa del biondo costrinse il vampiro più anziano a continuare la spiegazione.

- Non sai chi è Elisewinn?...Ma in che mondo vivi! Lasciamo perdere…comunque è la più vecchia della nostra famiglia. Elisewinn è colei che vampirizzò il Maestro. -

- Come mai non me ne hai mai parlato? …e comunque ancora non capisco la questione dell’orgoglio… - sottolineò Spike con un sorrisino allo stesso tempo ironico e divertito.

Angelus roteò gli occhi verso il cielo.

Per Dio il suo childe sapeva essere davvero insopportabile!

- Diciamo che tra me e la vecchia Elisewinn non scorre buon sangue. Non mi vede di buon occhio da quando le portai via Darla. La mia sire certo, ma anche la sua favorita. Non mi ha mai perdonato il fatto che Darla preferì venire in Irlanda con me piuttosto che stare alla sua corte. Figurati poi che quando la mia amata sire morì per mano di una cacciatrice, Elisewinn mi incolpò dell’accaduto non appena ne venne a conoscenza. Ecco perché non sono molto contento di chiedere il suo aiuto. – terminò Angelus, sollevato di essere riuscito a terminare una frase senza essere interrotto dal biondo.

 

Spike aveva recepito confusamente la storia. Sapeva che colei che aveva creato Angelus era morta, ma era all’oscuro dell’intricato antefatto che precedeva quel triste avvenimento.

- E come pensi che possa esserci d’aiuto questa Elisewinn? – domandò scettico.

- E’ una specie di studiosa. Probabilmente quello che sa lei sugli Osservatori non lo conoscono nemmeno loro! – disse ironico.

- Quanti anni ha? – la persona di Elisewinn raccontata da Angelus lo aveva già affascinato.

- Tremilacinquecento…forse di più. Nessuno conosce con precisione la sua età. –

- Bene, questa notte stessa faremo visita alla nostra pro pro pro zia e cercheremo di farci dare le informazioni che ci servono…e non disdegnerei neanche di stringere un’alleanza con lei. Non dimenticarti, Angelus, che siamo in due contro un’istituzione millenaria. E’ facile capire da che parte penda la bilancia. – sentenziò Spike con il suo tipico umorismo rivelatorio.

- Come vuoi. – rispose il bruno stancamente.

 

 

 

 

******************

 

 

 

 

La notte era finalmente giunta e i nostri due vampiri si erano immediatamente immersi nell’aria nebulosa della Londra serotina.

Spike poteva notare come il nervosismo dominasse il grande Angelus in quei momenti e questo non faceva che aumentare la sua impellente curiosità nei confronti dell’anziana Elisewinn.

Stavano camminando da più di un quarto d’ora e ormai erano già fuori dal centro, ma non ancora in periferia. La dimora di Elisewinn sorgeva proprio lì. In una terra di mezzo.

Spike continuava ad osservare accigliato il suo gran sire. Sapeva perché era così preoccupato. Se solo Elisewinn avesse voluto, avrebbe potuto ucciderlo in un istante e forse la morte era la prospettiva migliore. I vampiri sapevano essere maledettamente crudeli verso i loro simili, più che contro gli umani.

Come sempre il coraggio e la determinazione avevano avuto la meglio sulla paura e Angelus si era deciso a varcare la soglia del palazzo.

L’interno era splendido, con gli ampi spazi che sembravano caratterizzare tutte le abitazioni dei vampiri e Spike venne colto da un moto di nostalgia al pensiero del felice soggiorno nella magione di Dublino.

 

Ora guardava il suo compagno di avventure inginocchiato al centro della sala dove si trovavano, in attesa che Elisewinn si degnasse di riceverli. Lui, invece, se ne stava in piedi in un angolo cercando di non guardare troppo le schiere di vampiri presenti. Angelus l’aveva avvertito di restare fermo e non prendere alcuna iniziativa, e per una volta non aveva davvero voglia di disubbidirgli.

Quando Elisewinn arrivò, Spike rimase a bocca aperta per il suo aspetto. Aveva creduto di incontrare una creatura simile al Maestro, con il volto che ormai aveva dimenticato gli antichi lineamenti umani, ma questa anziana dimostrava sì e no l’età di Angelus. Alta e snella, con i capelli corvini che gli ricadevano in morbide onde sino al fondoschiena e due occhi azzurri così cristallini da far invidia al mare più limpido. I polsi erano ricoperti da intricati tatuaggi, mentre orecchini, catene e bracciali le ornavano il corpo. Indossava un abito corto e senza manica dello stesso colore dei suoi occhi.

Spike si ritrovò a pensare che non era solo bella secondo i canoni estetici, ma era anche una figura spettacolare. Il biondo era incantato, si accorse vagamente che diede loro un cortese benvenuto, con una voce ipnotica e soave che gli ricordò quella delle temibili sirene omeriche, poi si diresse verso di lui, osservandolo attentamente.

Spike si sentì mancare. Nessun vampiro, neanche il vecchio Maestro al culmine della sua furia, l’avevano mai spaventato tanto.

Elisewinn distolse quasi subito la sua attenzione dal vampiro più giovane per rivolgere la parola ad Angelus.

 

- Hai avuto coraggio a tornare qui. – disse, facendolo alzare con un delicato gesto della mano – Che cosa vuoi? – chiese. Spike pensò che gli piaceva quella donna, era una che arrivava subito al sodo senza tante cerimonie. Come lui.

Angelus, ora in piedi, dominava Elisewinn con la sua statura, ma in realtà era lei con il suo sguardo di ghiaccio ad assoggettare il bruno.

- Ho intenzione di trovare il Consiglio degli Osservatori. Voglio distruggerli. E tu sei l’unica che può aiutarmi. – ammise con un’aria di sottomissione, che gli era completamente estranea.

L’anziana inizialmente non rispose, si sedette invece sul suo trono accavallando le gambe perfette e guardando Angelus palesemente divertita.

- Il Consiglio esiste da migliaia di anni. Da prima che nascessi. E ora mi vieni a dire che vuoi distruggerlo? Tu….un bambino dal mio punto di vista… -

- Ho le mie ragioni per volere l’annientamento degli Osservatori. Elisewinn, hanno fatto del male a vampiri a me molto cari…senza contare che usano le cacciatrici come loro strumenti. Noi possiamo porre fine a tutto questo. –

L’anziana guardò profondamente negli occhi Angelus prima di continuare la conversazione.

- Tralasciando il fatto che mi sembra un po’ presuntuoso da parte tua, perché dovrei aiutarti? Io e te non andiamo esattamente d’amore e d’accordo… -

- E perché non dovresti? Dimentica il rancore nei miei confronti. Io l’ho fatto. Perché non dovresti volere la distruzione di un’istituzione che ci combatte da millenni? – Angelus era convinto di aver segnato la prima stoccata vincente.

- Angelus…Angelus….Vedo che con l’età non sei cambiato affatto. Se vuoi eliminare il Consiglio è solo per motivi personali, quindi non cercare di apparire come il paladino di tutti i vampiri del pianeta quando non lo sei. In ogni caso, ogni motivo è valido, se serve a raggiungere lo scopo. –

Il volto di Elisewinn si distese in un ampio sorrise, che la fece apparire niente più che una ragazzina.

Abbandonò il colloquio che stava avendo con Angelus per dirigersi verso Spike, che era rimasto ritto in un angolo della sala per tutto il tempo.

Elisewinn girava intorno al giovane vampiro come una pantera, spinta da una debole curiosità. Gli sollevò il mento con un dito.

 

– E tu piccolo perché accompagni Angelus in questa folle impresa? – sussurrò a una manciata di centimetri dalla bocca di Spike, che poté chiaramente sentire il suo alito gelido, ma profumato.

 

Per un qualche motivo il biondo sapeva che dalla sua risposta dipendeva tutto. Si concesse qualche secondo per ponderare le parole migliori, ma alla fine l’istinto prevalse.

- Per amore. – disse con una voce così intensa da far rabbrividire Elisewinn.

L’anziana batté tre volte le mani. Poi gli stampò un lieve bacio in fronte.

- Evviva la sincerità! – esclamò staccatasi da Spike.

 

Aveva accettato l’alleanza.

CAPITOLO 8

 

Volerla, cercarla, possederla.

Stringerla fra le braccia, baciarla, amarla senza fine.

La sua droga, la sua croce, la sua delizia.

E non gli bastava mai, e non si saziava mai e la sua sete di lei non poteva essere placata.

Non capiva dove fossero, ma non gli importava, lei era lì con lui e questo gli era sufficiente.

Continuare ad amarsi, ancora e ancora, come se quel sogno fosse la realtà, come se al risveglio non sarebbero stati più soli di prima.

Il respiro caldo della ragazza si infrangeva sulla pelle gelida del vampiro, bruciando ogni centimetro che sfiorava.

Un onirico e irreale silenzio avvolgeva i due amanti, silenzio rotto solo dal suono martellante del cuore di Buffy.

Rabbrividì lievemente.

Spike, immediatamente, coprì il corpicino della ragazza con le lenzuola bianche, mentre lei si accoccolava contro di lui. Così vicini che non sapevi dove iniziava l’uno e finiva l’altro.

Il vampiro poteva sentire anche in quella dolce illusione che la sua donna soffriva e lui si odiava perché non poteva fare nulla.

 

Impotente.

 

Calde lacrime scendevano sulle guance di entrambi. Piccole gocce di dolore cristallino.

Erano vicini, ma dolorosamente lontani, incolmabilmente irraggiungibili.

- Perché tutto questo, Buffy? Cosa è una specie di dolce tortura, un incubo, solo un sogno? Non siamo insieme, eppure tu sei qui fra le mie braccia reale come lo sei stata tante volte prima di ora. Ma so che mi sveglierò e… -

La voce della ragazza era infinitamente triste.

Gli appoggiò una mano sulla bocca, lievemente, invitandolo a non dire cose che già sapevano e che facevano solo male.

Abbassò gli occhi, incapace di reggere lo sguardo del biondo.

- Non pensare al risveglio…ti prego. Questo è tutto ciò che mi resta, quello che mi mantiene in vita. Sei la mia ancora in questo mare di oscurità…capisci? – la voce era rotta da un pianto costipato.

Spike, con la pena nel cuore, si sforzò di sorriderle per calmarla.

- Buffy…non possiamo restare qui per sempre…io devo tornare alla realtà, sennò come faccio a ritrovarti. Perché non mi dici dove sei? Perché? – domandò con la disperazione che impregnava ogni singola parola.

Lei lo guardò tristemente, i bei lineamenti segnati da una malinconia infinita e appena conosciuta.

- Non posso William…non posso perché non lo so, non posso perché non sono niente all’infuori di questo, niente all’infuori di te…. -

Buffy sentì le lacrime intrappolate fra le folte ciglia e questa volta non le ricacciò indietro, ma si concesse di liberarle.

Spike asciugò con un bacio ogni singola goccia salata che le imperlava il viso, poi la strinse ancora di più al suo corpo, cercando di infonderle quel calore che non possedeva.

Una domanda assillava la mente del vampiro, ma aveva paura di porgliela.

- Shhh….è tutto a posto Buffy, ci sono io qui con te….andrà tutto bene. Tranquilla passerotto. -

La ragazza si limitò a singhiozzare più forte, ma aveva smesso di piangere.

Spike ritenne che fosse il momento giusto.

- Amore…dimmi io non capisco perché provi un così forte senso di colpa…non capisco… – il tono era lieve, sottile come se esso con la sua delicatezza potesse affievolire il peso delle parole.

Buffy si paralizzò istantaneamente e sbarrò gli occhi.

Scuoteva convulsamente la testa come per scacciare i brutti pensieri.

- No, no Spike…non mi fare ricordare almeno in questi istanti quello che ho fatto, quello che sono… - tremava Buffy, tremava e non per il freddo.

- Passerotto…so quello che stai passando, io ti sento, avverto le tue emozioni. Ma non puoi lasciarti sconfiggere. Tu sei più forte di tutto questo, sei la mia piccola cacciatrice. Lo sai, vero? –

Buffy scosse violentemente la testa.

- No Spike…io mi sento persa….è un vortice di nera tenebra che mi risucchia e ogni volta mi rigetta fuori sempre più stremata e sfiancata. E poi la mia volontà è annullata e io vedo cose…e sento cose…che…mi annientano e allora è meglio perdersi che soffrire… -

Parlare di quello che provava era come rivivere tutto.

- Lo so, Buffy. Ho visto frammenti dei tuoi sogni. Ma non sono reali, è un inferno creato su misura per te, per distruggerti. Sono sicuro che ovunque sia ora Drusilla non ti ritiene colpevole di nulla…lei ti voleva bene amore. -

Il volto incartapecorito della Drusilla del suo incubo le tornò alla mente insieme al fuoco rosso di quel cielo opprimente.

Si rannicchiò su se stessa, lo sguardo perso, mentre si allontanava da lui.

 

- Buffy… -

Allungò una mano per sfiorarla, ma lei si ritrasse emettendo un gemito agonizzante.

Chiuse gli occhi Buffy e le immagini dei suoi incubi tornarono a tormentarla in una macabra sfilata di orrori.

Spike capì che la stava perdendo.

- Sono qui…ci sono qui io…apri gli occhi! Non guardare quelle cose, non esistono. Solo io sono reale. -

Il vampiro non comprese perché a quelle parole, la ragazza aprì di scatto le palpebre rivelando due occhi shockati.

Erano le stesse che le aveva detto Xander durante il primo giorno di prigionia.

- Ma io non lo so…non capisco…Mi piacerebbe pensare che sia questa la realtà, dove io e te siamo insieme, felici e possiamo amarci, ma alla fine di questa specie di sogno tu svanirai…e io resterò di nuovo sola…sola con la mia disperazione….sola. -

Alzò verso di lui quegli occhi così limpidi, verdi, accecanti di amore.

Spike stava in silenzio. Incantato.

- Non lasciarmi…ti prego William…non lasciarmi sola. Io ho così bisogno di te…sei tutto ciò che ho….tutto ciò che sono…Sei la mia famiglia. -

Lui la abbracciò di nuovo, trasmettendo in quella stretta tutto il suo amore.

- Non ti lascio…Buffy…ti troverò, è una promessa e da gentiluomo quale sono ho il dovere di mantenerla. – fece una pausa appena percettibile – Ti fidi di me? - domandò alla fine con un’inclinazione timorosa nella voce.

 

 

- Sempre. –

 

 

 

 

 

******************

 

 

 

 

 

Alexander LaVelle Harris ripensò alla sua vita, mentre guardava in religioso silenzio il corpo svenuto della donna ai suoi piedi.

Trentaquattro anni.

Aveva solo trentaquattro anni, ma se ne sentiva addosso almeno cento.

Se la vita fosse come una strada e lui avesse guardato indietro, avrebbe visto un percorso sereno e felice interrotto a metà da una profonda crepa che si prolungava maligna e subdola per il resto della strada.

Non riusciva a ricordare da quanto tempo non ridesse o piangesse.

Aveva smesso da tanto di provare emozioni. Come poteva d’altronde se il cuore gli era stato strappato via insieme alle sue tre donne.

E ora ne era sopraffatto. Dalle emozioni.

Sopraffatto dalle emozioni e dai suoi occhi.

Occhi verdi.

Dopo il triplice omicidio la sua esistenza era stata dominata solo dalla vendetta e dalla rivalsa. Nella sua anima e nel suo cuore non c’erano più posto per l’amicizia, l’onestà, la fiducia, l’amore.

Non gli era mai veramente importato di Quentin, del Consiglio, della lotta contro il male. Erano solo una scusa per sfogare la sua rabbia.

Ma un’occhiata ad una semplice foto ed ecco comparire quegli occhi. Occhi di ragazza, di donna, di cacciatrice.

 

Elizabeth Summers.

La odiava. Sì, la odiava perché aveva scatenato in lui una tempesta.

Lei e i suoi dannati occhi avevano fatto riaffiorare sensazioni che credeva ormai sepolte da anni. Sensazioni che lo facevano sentire fragile e manovrabile.

E per questo si infuriava, per questo la odiava pur essendone perversamente innamorato.

L’amava dell’unico tipo di amore che il suo animo inaridito era in grado di provare.

L’amore che è possesso. L’amore che è gelosia. L’amore che è ossessione.

Il desiderio di lei gli stava a poco a poco togliendo la ragione.

La voleva. La voleva completamente: anima, corpo, pensieri, respiri, gesti…

E l’avrebbe avuta. Il suo piano era infallibile.

Stava inevitabilmente cedendo, l’ipnosi annientava la sua volontà, la droga i suoi poteri da cacciatrice.

Sarebbe stata sua….solo sua…sua per sempre.

Sorrise. Un sorriso inquietante nonostante il biancore dei denti.

Un movimento della ragazza catturò all’istante la sua attenzione.

 

 

Buffy era per terra, ancora persa nella semi incoscienza. Svegliarsi completamente era orribile, significava abbandonare quella sorta di pace che aveva ritrovato con Spike in quel sogno, che non riusciva a definire tale: lui era lì davvero. Lì con lei e per lei.

Lentamente il torpore stava abbandonando le membra stanche e dopo giorni riprese coscienza del suo corpo.

Era vigile nonostante le droghe e i sonniferi.

Percepiva su di sé gli occhi soffocanti di Xander, che sembravano volerle strappare la pelle.

Eliminò il pensiero del suo carceriere, doveva riuscire a riprendere davvero il controllo di sé.

Respirò a fondo più volte, aggrappandosi alle parole consolatorie di Spike che erano per lei la luce in fondo a quel tunnel di buio.

Doveva combattere.

Combattere per lui.

Combattere per Drusilla.

Combattere per la vita.

Combattere per se stessa, sopra ogni cosa.

Non poteva vegetare nella speranza che venissero a salvarla. Voleva essere padrona del suo destino, quel destino sciocco e balordo che l’aveva resa prima figlia di vampiri poi assassina degli stessi.

Sì, sarebbe uscita di lì.

Serrò le mani a pugno e con uno sforzo incredibile per il suo corpo sfiancato si sollevò da terra. Gli occhi ancora chiusi mentre in quella posizione ricacciava indietro tutte le paure.

Infine si girò e, alzando il capo con aria tenace, guardò in faccia il suo nemico.

In quegli occhi brillava di nuovo la fiamma della vita e della passione.

Per Xander incontrare lo sguardo della ragazza fu uno schiaffo a mano aperta sul volto.

Colto di sorpresa, fece un passo indietro come se quegli occhi fossero armi letali e avessero la capacità di bruciarlo.

Non si aspettava di vederla cosciente così rapidamente. L’aveva ingenuamente sottovalutata.

Lo sguardo che lo stava penetrando era duro e deciso, per nulla appannato dall’effetto della droga.

E lei era bella. Più bella che mai.

Bella pur nello squallore in cui versava.

Bella, segnata e sofferente, eppure sostenuta da quell’orgoglio indomabile che la caratterizzava.

Continuava a guardare l’uomo in piedi di fronte a lei. Le pareva così normale. Così monotonamente ordinario. Eccezion fatti per gli occhi: marroni, oscuri, carichi di una lucida follia.

Lo valutò rapidamente. Se solo non fosse stata legata e non si fosse sentita così dannatamente debole avrebbe potuto tentare lo scontro, ma cosa andava a pensare…era già tanto se riusciva a mantenere la concentrazione e il controllo dei suoi pensieri, che tendevano ad andare alla deriva.

Xander non aveva smesso di osservarla un solo istante.

La osservava come non aveva mai fatto con nessuna.

 

- Elizabeth… -

Il nome della ragazza gli fuoriuscì dalle labbra, quasi contro la propria volontà. Un riflesso incondizionato.

- Non pronunciare il mio nome….mi fa schifo pensare che sia stato nella tua lurida bocca. -

Xander represse l’istinto di colpirla.

- Non parlarmi così, Buffy. Preferisci questo nomignolo…bene userò questo. -

Sul volto della ragazza apparve un’espressione confusa, mentre l’uomo non riuscì a trattenere una ilare risata.

- Buffy…Buffy…Di che ti stupisci? Io so tutto di te. Sei un libro aperto, che devo solo leggere. -

Sorrise e le sfiorò la guancia con due dita.

- Non osare mai più toccarmi. O lo rimpiangerai. -

La sua voce era una lama di ghiaccio, fredda e dura.

Xander si rialzò e si allontanò di qualche passo dalla ragazza.

- Credi di farmi paura? Non sono uno stupido, conosco la forza delle cacciatrici e per questo ti drogo. Non potevo certo permettermi che una volta sveglia rompessi le catene e te ne andassi. -

Buffy era sgomenta e frustrata mentre strattonava invano le catene con il risultato di farsi solo male ai polsi e alle caviglie.

- E per la cronaca non sperare neanche che il tuo vampiro venga a salvarti. -

- Taci! – la voce si era fatta sottile e incrinata dalla rabbia.

Xander rise, di nuovo.

- E perché dovrei? Tu credi di amarlo, e forse lo ami per quanto sia inconcepibile amare un assassino senz’anima. Ma tanto non importa, presto lui non sarà nulla per te. -

- Illuditi pure. –

- Buffy, io avrò i tuoi ricordi. Li sottrarrò dalla tua mente uno a uno e cancellerò la tua vita. Non avrai più un passato. Non avrai più niente. Soltanto me, e allora sarai mia e mi amerai come non hai amato quel lurido succhiasangue. Questa è una promessa non una minaccia. -

Buffy sentì la sua sicurezza abbandonarla a poco a poco. Il cuore stretto in una morsa, quelle parole la stavano ferendo, ma non doveva apparire sottomessa.

Sorrise sardonica. Un sorriso intimidatorio.

- E’ questo il tuo grande piano. Puoi legarmi, tenermi prigioniera, drogarmi, togliermi i miei poteri, ma non avrai mai me. Se anche potessi davvero cancellare tutti i miei ricordi, non puoi fare lo stesso con i miei sentimenti. E sopra ogni cosa, non potrai mai avere il mio cuore, perché non mi appartiene e perché ora non è qui. Il mio cuore è con William, è suo. -

Questa volta Xander non riuscì a trattenersi e la colpì al volto con inaudita violenza.

Buffy si piegò appena sotto il colpo, ma rialzò immediatamente la testa tornando a puntare i suoi occhi verdi sull’uomo che stava in silenzio, ansimante e furente.

Quando riprese il controllo si chinò verso di lei.

- Lo dimenticherai…dimenticherai quell’essere immondo che non ti merita. Un angelo come te non può amare un diavolo. -

 

La baciò.

Buffy fu assalita dalla repulsione e dal disgusto. Lo stomaco che urlava il suo ribrezzo, mentre lei tentava di divincolarsi dalle sue labbra.

Gli morse la lingua, così forte da farlo sanguinare copiosamente.

Xander si ritrasse, dolorante e ferito.

- Non farlo mai più! -

Buffy temette il peggio, ma inaspettatamente lui rise.

Una risata insana, latrice di oscuri presagi.

Sputò il sangue che gli si era depositato in bocca poi parlò.

- Sei ancora indipendente…amore….ma presto non lo sarai più. Dimenticherai Buffy…dimenticherai ogni cosa…io ho tempo e pazienza, quindi mettiti l’anima in pace. Non puoi fare nulla. -

Uscì dalla cella, richiudendo con un tonfo pesante la porta e lasciando la ragazza nella sua solitudine.

 

Buffy fu rigettata nell’oscurità.

La mente che cercava di evitare di naufragare di nuovo nella tenebra. E il volto di Spike che le appariva continuamente di fronte agli occhi, riempiendola e lei non poteva far altro che aggrapparsi con tutte le sue forza a quell’immagine.

Uscire da lì…e tornare da lui…

Ma come…?

Era così sola, così debole….e resistere a Xander era sempre più difficile, debilitante.

Buffy socchiuse gli occhi e si abbandonò contro la parete fredda in cerca di un po’ di ristoro.

Forse dormendo avrebbe rincontrato Spike.

E lui le avrebbe ridato la forza e la speranza di cui aveva bisogno per resistere.

 

 

 

 

 

 

*******************

 

 

 

 

 

Spike riaprì gli occhi, ritrovandosi in uno spazioso letto a baldacchino, di nuovo catapultato nella vita reale.

Il profumo di vaniglia era ancora impregnato sulla sua pelle marmorea e aleggiava delicato nell’aria, illudendolo, ingannandolo, sussurrandogli che lei era stata davvero lì….che non era stata solo la vana illusione di un uomo solo e innamorato.

Scosse la testa come per contraddire i suoi stessi pensieri.

Di certo non era la realtà, ma neppure un semplice sogno. Loro si erano davvero amati quella notte, con disperazione e passione: l’aveva accolta fra le braccia, accarezzata, baciata, aveva asciugato ogni sua singola lacrima.

Nonostante i suoi sensi percepissero l’imminente arrivo del sole, non se ne curò.

Si alzò, con ancora il volto di Buffy stampato a fuoco nella mente, e si infilò svogliatamente una camicia rossa sui calzoni.

 

La dimora di Elisewinn era immersa nel silenzio più totale e l’oscurità più assoluta avrebbe regnato incontrastata se nei lunghi corridoi, candele non avessero vagamente illuminato l’ambiente con la loro luce tremolante.

Spike si diresse in una delle sale. Era molto ampia e una grande vetrata occupava tutta la parete antistante la porta, si poteva vedere gran parte della città. Stranamente infatti le tende non erano chiuse e il vampiro si sedette con lo sguardo perso nelle piccole luci di Londra che impallidivano a poco a poco di fronte all’incombente alba.

Spike sentì il profumo invitante del sole, le promesse del giorno nascente e per un fuggevole istante desiderò fermarsi e poter rivedere quella sfera incandescente.

Solo un istante.

Poi si alzò e tirò sistematicamente le tende, tralasciando quegli inopportuni pensieri.

Alle sue spalle, appoggiata allo stipite della porta, Elisewinn lo osservava.

Istintivamente Spike si voltò per guardarla in faccia e si ritrovo puntati in volto gli occhi fosforescenti dell’anziana.

Insondabili e bellissimi.

- Sei pensieroso, e niente di piacevole, mi sembra. Niente comunque che abbia a che fare con il nostro piano di distruzione del Consiglio, o mi sbaglio? – il tono era cordiale e sebbene non fosse preoccupato, era comunque davvero interessato allo stato d’animo del suo interlocutore.

Spike continuava a temerla, non perché fosse minacciosa, ma proprio per la mancanza di qualunque minaccia, per la sicurezza assoluta che trasudava da ogni poro.

Nel suo palazzo era la padrona assoluta, aveva il perfetto controllo su tutto e nessun bisogno di dimostrarlo.

Il biondo continuava a tacere, come intimidito dallo stare in solitudine con quell’essere straordinario.

- Non me ne frega niente di quei colletti impomatati…assolutamente niente. Se non riusciamo nella nostra impresa, Amen. Mi basterebbe solo che uno di loro mi dia uno straccio di indizio per trovarla. -

Elisewinn si sedette al tavolo inumidendosi le labbra e guardando attentamente il giovane vampiro. Spike ebbe la sgradevole sensazione di essere studiato come un topo da laboratorio. Cercò di non pensarci e le si sedette di fronte.

- Sei molto diverso da Angelus. – constatò semplicemente l’anziana.

Il biondo rise.

- Non così tanto, alla fin fine. Anche lui fa quello che fa spinto dall’amore. -

Elisewinn non lo contraddisse, probabilmente perché concordava con lui.

Entrambi erano in silenzio da alcuni minuti. Lei completamente a suo agio, lui indeciso se aprirsi con la vampira o meno.

- E se non riuscissi a scoprire nulla da loro, se fossero così eroici da sopportare ogni tortura pur di non rivelare il segreto? Non la troverei mai o forse la troverei troppo tardi. -

- Sopravvaluti quei bellimbusti e ti preoccupi troppo del futuro. –

- Vuoi dire che dovrei starmene passivo, mentre le cose accadono? –

- Voglio dire esattamente il contrario. –

- E cioè? –

- Il futuro non esiste, piccolo. Nessun futuro. C’è solo un presente eterno che noi determiniamo con il semplice fatto di esistere. Quello che il mondo intero chiama futuro è solo la somma di ogni istante presente. Non dico che tu da solo costruirai il tuo futuro, perché incontrerai altre vite ognuna delle quali agisce secondo il proprio libero arbitrio e molte incideranno sulle tue scelte, ma non c’è nulla di predeterminato. Agisci piuttosto, e pensa. –

- Non riesco a non aver paura. Se penso che prima di innamorarmi di lei non temevo nulla, adesso invece ho paura di tutto perché mi preoccupo per lei e ho questo desiderio inestinguibile di proteggerla. –

- Menti, qualcosa dovevi pur temere, probabilmente la solitudine. Ognuno di noi teme qualcosa. –

- E tu, cosa temi? – disse Spike sempre più preso dalla conversazione.

- L’unica cosa degna di essere temuta. La paura. –

Il vampiro si sentì vagamente rassicurato e incoraggiato da quella risposta. Anche lei allora provava delle emozioni.

- Posso chiederti una cosa? -

- Certo. –

Spike si perse un attimo, incantato dalla forma che prendevano le labbra di Elisewinn quando formavano la lettera C. Si sporgevano leggermente in avanti e gli ricordavano l’adorabile broncio della sua Buffy.

- Perché non ci hai uccisi? Angelus è una sorta di rinnegato e io sono con lui. Credevo che nella vostra ristretta èlite questo coincidesse alla pubblica esecuzione. Senza contare poi che la donna di cui sono innamorato è una cacciatrice, tua nemica naturale. -

- Non serbo rancore a lungo. In quanto a te, non mi hai fatto nulla di male e dovrebbe importarmi con chi vai a letto? Al massimo posso pensare che hai gusti pericolosi in fatto di donne. Sei così giovane e atipico, una delle cose più interessanti che mi sia mai capitato di vedere negli ultimi anni. –

- Non mi sento per niente giovane. Ho passato i duecento da un pezzo e così Angelus. –

- Io ne ho tremilasettecentoquarantasette. Credo di poter chiamare giovane chi voglio. –

Spike non si sentì in grado di darle torto. – Perché non sei uscita, questa notte? – chiese – Ormai l’alba è sorta. –

- Volevo parlare con te da sola. -

- Perché? –

- Te l’ho detto perché, sei l’essere più interessante che incontro da un po’ di tempo a questa parte. E poi sei davvero bello e affascinante. Un perfetto vampiro da romanzo gotico. – disse con un sorriso a bocca appena aperta, che lasciava intravedere i denti perlacei e innaturalmente affilati.

Spike la guardò sorpreso da quell’affermazione, poi rise divertito.

- Io non so proprio cosa pensare di te. Quando Angelus mi ha detto la tua età credevo di trovare…non so…una specie di… -

- Di sacerdotessa oracolare o una pazza invasata con manie di conquista? – continuò Elisewinn alzandosi. – Posso interpretare quella parte se vuoi. Sono stata una dea, sono stata tante dee, ma sai a lungo andare la divinità stanca e se devo dirla tutta ora come ora mi sentirei alquanto ridicola. Ti dico una cosa, bambino. Con tutti i miei anni sono pronta a viverne ancora altrettanti, e sai, so ancora riconoscere un bel ragazzo quando ce l’ho davanti. –

CAPITOLO 9

 

 

La sede del Consiglio si ergeva in totale solitudine nella malinconica campagna londinese. Angelus non vi aveva quasi voluto credere quando Elisewinn aveva detto quanti pochi fossero, e quanto vulnerabili. Oltre al capo supremo Quentin Travers quelli che contavano erano solo dodici, squallida parodia di Gesù e gli apostoli.

Raramente si spostavano dalla sede centrale, ma muovevano come burattini gli osservatori di rango minore in ogni angolo del globo, forti del potere assoluto che detenevano derivante dal fatto che erano gli unici in possesso della completa conoscenza.

Tutti gli altri, i semplici osservatori come Giles potevano anche essere dispersi per il mondo in missione, ma la maggior parte sarebbe stata qui.

Angelus si sentiva vagamente deluso.

Alla fine non sarebbe stata neanche una guerra, al massimo una grande caccia, sufficiente però a soddisfare la sete di vendetta che gli rodeva i sensi.

La sua priorità era trovare il bamboccio che aveva ucciso Drusilla e fargli rimpiangere di essere nato, il resto veniva dopo.

Stava camminando nel buio nascente, girando intorno alla casa, come aveva fatto tutte le notti da quando erano arrivati, tenendo la mente focalizzata su di essa e sulle vite palpitanti che percepiva all’interno.

Sentiva la tensione crescere dentro di lui come una lunga nota inesistente che cercava lo strumento in grado di farla vibrare, suonare, salire, distruggere.

Si sedette su una roccia sporgente per osservare attentamente la costruzione, assaporando come fossero sorsi di un vino prelibato quegli ultimi istanti di attesa.

La cosiddetta quiete prima della tempesta.

 

 

Spike dal canto suo stava ritto in piedi a qualche passo da Angelus, impaziente di iniziare quella guerra. Accanto a lui lo accompagnavano un manipolo dei migliori seguaci di Elisewinn, vecchi di secoli e di esperienza, pronti a rischiare la loro non-vita pur di entrare a far parte di quelli che avrebbero scritto l’ultimo capitolo della storia degli osservatori.

Il biondo vampiro, nella tenue luce crepuscolare, si ritrovò a sorridere mentalmente pensando a quanto fossero diverse le ragioni che spingevano i singoli ad intraprendere quell’impresa collettiva.

Angelus voleva vendetta e non disdegnava certo la fama.

Lui, Spike, cercava nulla più che una traccia che lo guidasse a Buffy.

Gli altri erano condotti dall’odio verso gli sterminatori della loro razza e anche dall’allettante idea di scrivere un’importante e sanguinosa pagina della storia.

Ignorava invece ciò che aveva convinto Elisewinn ad aiutarli e in modo un po’ megalomane se ne arrogò il merito.

Non sapeva dire quale di queste motivazione fosse la più meritevole.

Poi smise semplicemente di pensare e alzando gli occhi all’insù si godette la meraviglia di colori che era il cielo in quei momenti di indecisione fra il giorno e la notte.

In lontananza dietro le basse colline era azzurro intenso con striature che andavano dal rossastro al lilla, a poco a poco che si faceva scivolare lo sguardo in avanti il manto celeste assumeva, invece, un colore più opaco, ma comunque nitido, mentre dietro di loro la notte aveva già steso il suo confortevole velo di buio.

 

 

 

Nascosta nelle profondità più recondite ed inaccessibili del bosco antistante il Consiglio, Elisewinn chiuse gli occhi, e l’immagine della casa degli osservatori le apparve subito, stagliandosi in quella pianura della sua mente dove il sole non sorgeva mai e la Luna regnava eternamente su un esercito di stelle luminose. Non aveva bisogno di vederla con gli occhi corporei, era sempre lì, da millenni, non importa quanto fosse cambiata nel mondo fisico. La prima era stata poco più di una capanna, poi questa capanna nel corso delle ere si era trasformata in palafitta, cattedrale, castello.

I suoi seguaci e gli stessi Angelus e Spike si erano aspettati alte mura e innumerabili eserciti. Pensavano in modo troppo letterale.

Questa era la Sede, protetta da barriere mistiche e mentali che la facevano risplendere in un bozzolo luminescente, metodicamente disgregato da lei, con una calma e una lentezza tale che i guardiani non avevano potuto accorgersene come non avevano potuto accorgersi della loro presenza.

Le ali nere delle farfalle che sostenevano il suo pensiero sfiorarono la Sede e con un sospiro, l’ultimo filo si sciolse e la tela si disfò.

L’anziana dall’aspetto di ragazzina si riscosse dallo stato di trance in cui era caduta e dopo essersi pulita con grazia il vestito viola scuro che indossava per l’occasione si accinse a riemergere dal ventre della natura e tornare dai suoi compagni.

L’ultimo atto dell’opera stava per cominciare e di certo non poteva mancare uno dei suoi attori principali.

 

 

 

 

 

*****************

 

 

 

 

 

Buffy immersa nel torpore causato dalle droghe avvertì nonostante la stanchezza e la mancanza di lucidità mentale che qualcosa si stava muovendo nel mondo esterno.

Sentiva l’ansia e la speranza che si univano e confondevano nel cuore di Spike.

Sentiva l’impazienza e la voglia di combattere che si dibattevano nel vampiro come un animale in gabbia.

Sentiva però anche la sua paura.

Paura di rimanere illuso, paura che tutto quello che stava per fare non avrebbe portato a niente.

E poi c’era anche un odore di cambiamento e di morte…

Sì… sentiva odore di morte, ma forse quello era ormai insito dentro di lei e lo annusava dappertutto.

 

Un boato la fece sussultare.

 

Fuori la natura si stava prendendo beffa della piccolezza dell’uomo.

Dal cielo nero come la pece scendevano accecanti lampi e pericolose saette che facevano rifulgere in un caleidoscopio di luce bianca le gocce di pioggia battente sulla terra di Scozia.

Aveva sempre temuto i temporali. Sin da quando era piccola si andava a rifugiare nel confortevole abbraccio di Spike, che per farla addormentare le sussurrava all’orecchio parole che non comprendeva, ma avevano un suono così bello e melodico che lei immediatamente si abbandonava al sonno.

Ora non poteva correre fra le braccia del vampiro e si limitò a trovare un po’ di conforto abbracciandosi le ginocchia.

Mentre adagiava il capo sulle gambe un pensiero strano le si presentò alla mente.

Una tempesta di proporzioni ben maggiori rispetto al temporale che infuriava stava per scatenarsi.

E sapeva che in un modo o nell’altro lei stessa ne era causa.

 

 

 

 

 

 

************

 

 

 

 

 

La notte ormai era definitivamente calata e il sole aveva dovuto cedere il passo alla Nera signora.

All’esterno della Sede un folto gruppo di vampiri era pronto a sferrare l’attacco finale, ma non avevano fretta.

Alla testa di quel particolare esercito stava Elisewinn, mortalmente diafana e splendida nella sua pelle candida e nei suoi occhi azzurri. Per alcuni quella sera la Morte avrebbe avuto il volto di una bella donna e non avrebbero potuto chiedere di meglio.

Angelus e Spike la accompagnavano, il primo a destra e il secondo a sinistra: una trinità tutta speciale e per nulla santa.

Tre angeli decaduti e oscuri nella loro felina grazia.

Dietro di loro gli altri vampiri li seguivano in religioso silenzio, consci della gravità della situazione.

 

- E’ giunta l’ora. – disse semplicemente Elisewinn rompendo quell’irreale silenzio e avviandosi verso il portone d’ingresso.

Gli altri seguirono i suoi passi così impeccabilmente da sembrare che fossero una propaggine del corpo della vampira, una sua letale estensione.

Come se fosse un atteso ospite, Elisewinn bussò tre volte.

Un giovane uomo venne ad aprire, era di bell’aspetto, ma aveva già in se il seme sordido della vecchiezza dell’animo.

- Desidera? – domandò educatamente con il tipico accento di Oxford che omologava quasi tutti gli inglesi di alto rango.

Elisewinn non rispose, sorrise e basta.

Un sorriso infantile e sincero.

E fu con quel sorriso sulle labbra che spezzò con un gesto secco il collo dell’anonimo uomo.

Un sonoro crack riecheggiò tuonante nella sala colma del vociare colto di quei colletti impomatati.

L’anziana vampira scavalcò con alterigia il cadavere, mentre tutt’intorno i presenti cessarono le loro dotte conversazioni.

Spike era ammaliato da Elisewinn, affascinato dalla sua nuova veste di assassina, ma non ebbe il tempo materiale di contemplarla perché fu troppo preso dagli osservatori che si trovavano nella sala d’ingresso.

 

Il tempo, fermatosi in quell’istante, lasciò come sospesi tutti i presenti.

Il biondo poteva leggere distintamente sui loro volti stupore, meraviglia, invidia e terrore che si alternavano convulsamente.

Era inebriante e non vedeva l’ora di gustare appieno quelle sensazioni.

Per questo fu proprio lui a rompere quel serico velo di immobilità che si era creato: con una velocità tale da risultare invisibile ai lenti occhi dei comuni mortali, si gettò in quel banchetto fatto di carne soda e sangue caldo.

Scomparve dalla porta per riapparire l’attimo dopo dietro una delle poche donne presenti.

Prima che ella potesse accorgersi di qualcosa, affondò i suoi lunghi e affilati canini nella giugulare esposta.

Il sangue gli affluì potente nella gola e quel liquido rosso e vischioso era in grado di farlo sentire un dio: immortale e invincibile.

Dopo aver goduto di qualche altro sorso lasciò il corpo della donna cadere privo di vita sul freddo pavimento.

Con gesti lenti, tornò ai suoi lineamenti umani e si pulì le labbra imporporate con il dorso della mano.

 

- Non venite a banchettare anche voi? – chiese sarcastico con quella sua voce calda e profonda.

 

L’invito fu subito accolto e i minuti successivi furono tinti di rosso.

I vampiri si avventavano come bestie sui deboli corpi degli osservatori.

Fu una vera e propria carneficina.

Cadaveri, segnati da morsi in ogni dove, stramazzavano al suolo.

Il sangue scorreva a fiumi in quantità tale che il pavimento era ormai ricoperto da un grottesco tappeto di liquido carminio.

Tutti i vampiri erano colti da una sorta di oscura frenesia.

Attaccavano, azzannavano, uccidevano, bevevano, godevano.

Quando non ci fu più nulla da uccidere, quando l’odore metallico del sangue impermeava ogni singolo centimetro della sala, quando la morte fu l’unica signora di quel luogo, solo allora si fermarono.

Assaporarono per qualche istante l’estasi della vita rubata che scorreva nelle loro vene.

Con la pelle più rosea e meno lucida sembravano esseri umani in piena regola.

Crudele ed ingannevole illusione.

Fu Spike il primo a riscuotersi da quel torpore causato dall’eccessivo godimento.

Aveva la sensazione che qualcuno mancasse.

Fece scorrere rapidamente gli occhi sui vampiri che erano con lui.

Angelus…dove diavolo era?

 

 

 

 

***************

 

 

 

Il Flagello d’Europa aveva partecipato solo alle prime battute del massacro.

Non era lì per quello.

Non gli interessava veder scorrere il sangue o uccidere qualunque cosa gli passasse sotto tiro.

Era sparito dalla sala principale, sapeva che i pezzi grossi non si trovavano lì, ma non erano nemmeno loro il suo obiettivo.

Come un cane da caccia aveva individuato l’odore del biondino che aveva ucciso Drusilla.

Era sulle sue tracce.

Non poteva sfuggirgli.

Nessuno poteva scampare alla furia di Angelus.

Camminava rapido nei corridoi stretti e lindi, non badando a nulla e uccidendo con silente rapidità ogni essere umano che si imbatteva sulla sua strada.

L’odore di Riley si fece più forte.

Angelus si fermò di colpo.

Osservò meglio il luogo in cui si trovava, pareva una specie di dormitorio.

Era di fronte ad una piccola porta in legno che recava il numero 314.

Sapeva che dietro quella porta avrebbe trovato la sua preda.

Ne era certo.

 

Lui non era educato come Elisewinn, non avrebbe bussato.

Con un calcio potente e deciso sfondò quell’ultima fragile barriera che lo separava dall’essere che più odiava.

Riley Finn era tranquillamente sdraiato sul suo letto quando il bruno vampiro piombò nella sua stanza.

 

 

Silenzio. Tagliente e pesante.

 

 

Occhi impauriti che si scontravano contro occhi rabbiosi.

Un cocktail di scintille.

Il biondo restava immobile, non perché fosse coraggioso e non temesse il vampiro, ma semplicemente perché non aveva idea di cosa fare e sapeva che una sua mossa sbagliata avrebbe peggiorato la situazione.

Ignorava, però, che la situazione non poteva peggiorare.

 

Angelus fu stranamente invaso dalla calma.

Ora che l’aveva trovato poteva concedersi tutto il tempo del mondo per ucciderlo…tanto lui non invecchiava.

 

- Chi…chi…sei..? – riuscì a dire Riley nonostante il terrore che provava si manifestasse in ogni parola.

Angelus sorrise. E sfoggiò il suo migliore sorriso sardonico.

Quello che non era proprio un sorriso.

Quello che increspava appena le labbra.

Quello che prometteva l’inferno.

Riley cominciò a grondare di sudore, aveva capito la gravità della situazione e aveva una paura incontenibile.

- A forse importanza chi sono? – disse Angelus rispondendo alla domanda con un’altra domanda.

Il giovane scosse la testa, più per non contraddirlo che per reale convinzione.

Angelus sorrise nuovamente e si avvicinò al suo letto.

Lo sovrastava, ma ad una prima impressione poteva apparire anche non minaccioso, come una madre che resta in piedi accanto al letto dopo aver augurato la buonanotte al figlio.

Paragone tremendamente grottesco e quanto mai lontano dalla realtà.

Il sudore ormai abbondante aveva reso la camicia di cotone di Riley una seconda pelle, perfettamente aderente al petto glabro.

- Non…non puoi toccarmi, mi metterei a gridare e tutti accorerebbero in mio soccorso. – disse il biondo rannicchiandosi al lato opposto della spalliera.

Angelus non si preoccupò di ristabilire le distanze e rimase invece immobile come un’antica statua egizia.

- Grida pure…le tue urla non farebbero altro che allietare le mie orecchie, tanto nessuno arriverà a salvarti, perché nessuno ti sentirà. -

Un’espressione di confusione mista a genuino stupore si dipinse sul volto mortalmente pallido di Riley.

- Già…i miei, chiamiamoli amici, si stanno divertendo con i tuoi colleghi, che penso saranno troppo presi dalle loro grida per curarsi delle tue… - Angelus pronunciò quella che era a tutti gli effetti una sentenza di morte in tono piatto, quieto, come se fosse una questione di poco conto.

Riley alla notizia si era ridotto ad un fascio tremante di nervi, sudore e fifa allo stato puro.

Osceno.

 

Il bruno vampiro lo afferrò sgarbatamente per un braccio e lo scaraventò sul duro pavimento senza tante cerimonie.

La calma che impermeava ogni gesto di Angelus rendeva il tutto ancora più subdolo e terribile per il ragazzo.

- Bene…ora devo solo trovare un modo per legarti... – disse ad alta voce, ma sembrava piuttosto un dialogo tra sé e sé -…ma come ho fatto a non pensarci prima! – concluse dandosi un leggiero buffetto sulla fronte e avvicinandosi nuovamente al letto sfatto.

Riley, incapace di muovere un singolo muscolo, osservò il vampiro prendere le bianche lenzuola e usarle come corde per ammanettarlo alla tastiera del letto.

Ora sì che era definitivamente in trappola.

 

Passarono alcuni minuti senza che Angelus facesse nulla, a parte fissarlo coi suoi occhi bui e profondi.

Due insondabili buchi neri.

Riley non poteva cogliere i pensieri che riempivano la mente del bruno in quegli istanti di apparente passività.

Angelus si stava incessantemente chiedendo come avesse potuto quell’umano viscido ed impaurito porre fine alla vita di una vampira eccezionale, qual era la sua Drusilla.

Inconcepibile. E per questo ancora più doloroso e difficile da accettare.

Ma stava per riversare su quel bamboccio tutta la sua rabbia. Il pensiero gli risollevò un poco il morale, anche se non tanto quanto si sarebbe aspettato.

 

- Le hai strappato il suo bel cuore oscuro dal petto. – disse Angelus fendendo il silenzio che regnava da diversi minuti.

Riley esitò a lungo prima di rispondere.

- Non…non capisco… - esalò finalmente.

- Ma certo che non capisci, stupido e inutile mortale. Per te cos’era d’altronde se non un vampiro ucciso in più da annoverare nel tuo impeccabile curriculum di cacciatore… - tuonò Angelus con il dolore nella voce, perdendo per un attimo la sua caratteristica tranquillità.

Un fulmine di comprensione squarciò la mente di Riley.

- Oh…ti riferisci alla vampira che uccisi a Dublino, vero? Quella che faceva strani discorsi…ma tu cosa c’entri…io non ti ho mai visto, non ti conosco. Cosa diavolo vuoi da me? – disse il giovane parlando a raffica e mangiandosi un poco le parole per la fretta.

La calma era tornata padrona del corpo e delle azioni di Angelus.

- Non voglio niente da te… -

Riley lo osservò incredulo.

- Voglio te. – strascicò languidamente le parole – Voglio che soffri come hai fatto soffrire lei, voglio che guardi il mio volto e vedi la morte, voglio che mi preghi di finirti…voglio strapparti il cuore e mangiarlo come una pesca succosa… -

Anche se Angelus non lo aveva ancora toccato con un dito, Riley si sciolse in singhiozzi e singulti disgustosamente femminei.

Il vampiro godette della sua disperazione, se ne nutrì come fosse sangue.

- Ma ora basta parlare e tergiversare… che le danze si aprano. – sibilò avvicinandosi al corpo del biondo e chinandosi in modo da essere alla sua stessa altezza.

 

Riley aveva il capo chinato e gli occhi chiusi e Angelus con due dita gli alzò il mento costringendo il giovane a guardarlo.

- Vedi queste unghie…le vedi? – non attese la risposta e continuò – Sono come vetro: dure, fragili, affilate e taglienti. -

Mentre le parole sgorgavano lente dalle sue belle labbra, Angelus tolse con enfasi la camicia di Riley e cominciò a tracciare disegni senza senso sul suo petto, proprio dove sotto albergava il cuore.

Il vampiro si beò del battito irregolare e accelerato che percepiva al di sotto del sottile strato di pelle e muscoli.

Gli occhi del ragazzo erano sbarrati e la bocca incapace di articolare un suono di senso compiuto.

Quando Angelus strappò la prima striscia di cute dal torace glabro, Riley non gridò.

L’urlo gli si strozzò in gola per il dolore.

Il vampiro rise e si portò alle labbra l’insolito boccone. Lo ingoiò senza ripensamenti.

Non aveva mai assaggiato della carne umana.

Aveva un sapore strano, vagamente dolciastro, ma gradevole, insaporito dal sangue che grondava.

Angelus ripeté il medesimo gesto tante, tante volte. Così tante che pareva lo facesse dall’eternità.

Chinarsi, posare le lunghe unghie sul petto, inculcarle nella carne, tirare via con forza e decisione, godere delle urla e del dolore che provenivano da quel corpo insanguinato e tremante sotto di lui.

 

Sublime.

Quello era il sapore della vendetta.

 

- Fa male, piccolo? – chiese retorico.

Riley non rispose. Non ci riusciva, la sofferenza fisica che provava era troppo forte perché fosse in grado di formulare una frase.

Angelus interpretò la mancanza di risposta come un oltraggio e si adirò.

- Non mi rispondi, eh?...Oh ma ti darò un motivo per non parlare più. Un valido motivo. – disse con un tono di voce che era un misto fra cinico sarcasmo e sincera intimidazione.

L’espressione di Riley se possibile si fece ancora più orribile e grottescamente infantile.

Il Flagello d’Europa non si lasciò intenerire, anzi la sua ira montò.

Con le potenti mani gli afferrò la testa in una morsa, stritolandola talmente forte che per qualche ineffabile secondo il sangue non poté affluire al cervello.

Quando ritenne che fosse sufficientemente inebetito, Angelus gli spalancò bruscamente la bocca, infilò una mano in quella caverna umida e gli strappò con un gesto secco la lingua rosea.

 

Riley provò ad urlare, ma non ci riuscì.

Nonostante la bocca fosse spalancata, nessun suono ne usciva, come un film al quale l’audio sia stato tolto per sbaglio.

Lacrime calde si affacciarono ai suoi occhi.

Lacrime di dolore e di terrore.

Lacrime che sgorgarono incontenibili quando vide la sua lingua in mano ad Angelus, che la fissava come fosse un simpatico e curioso gingillo.

Osservò il vampiro mentre si portava quel particolare e insostituibile muscolo alla bocca, ingurgitandolo senza remore.

 

Avrebbe voluto gridare, ma non poteva e non avrebbe mai più potuto.

 

- Vuoi che ti finisca? – domandò con un riflesso di pietà nella voce.

Riley non poté che annuire convulsamente.

Angelus si inginocchiò e si apprestò a mettere fine alle sofferenze del giovane.

Forse.

 

 

 

 

 

 

***********

 

 

 

 

 

- Fermo! – gridò uno Spike trafelato, comparso come per magia sulla soglia della stanza 314 della Sede centrale.

Angelus guardò il suo childe stralunato, mentre questi entrava all’interno della camera con la sua caratteristica andatura ciondolante.

 

Spike pensò di aver varcato la porta che portava all’inferno, quella con su scritto “Perdete ogni speranza o voi che entrate”. E se quel luogo non era l’inferno, ne era almeno l’anticamera.

Provò un moto di disgusto misto a gioia quando vide l’assassino di Drusilla ridotto ad un tremante ammasso sanguinolento: era strettamente legato alla tastiera del letto, nudo dalla vita in su e pressoché completamente privo dell’epidermide sul torace, mentre il volto era contratto in una perenne smorfia di sofferenza.

A stento riuscì a trattenersi dal vomitare. Era uno spettacolo orripilante, ma trasse esaltazione da esso.

Quando distolse lo sguardo da Riley, notò Angelus che lo scrutava piuttosto adirato per essere stato interrotto. Adirato della stessa ira che coglie l’artista quando viene disturbato durante la creazione di un’opera.

 

- Che vuoi Spike…sono occupato, non vedi? – disse scocciato indicando con un ampio gesto della mano il corpo del giovane.

Il biondo sorrise divertito.

- Vedo….vedo, ma non puoi ucciderlo. – sentenziò con una gravità tale che pesò su Angelus come un macigno.

- Uhm? – articolò il bruno, sbigottito per la notizia e contemporaneamente irritato per l’espressione di stupito sollievo che si era dipinta sul volto di Riley.

Spike fece qualche passo in direzione del vampiro più anziano e solo quando gli fu accanto parlò di nuovo.

- Non credere che me ne freghi qualcosa di questo damerino, anzi sarei maledettamente felice di vederlo bruciare nel fuoco del dolore, ma si dà il caso che sia la mia unica possibilità per arrivare a Buffy…- disse piano Spike come se quelle parole gli costassero fatica ad essere pronunciate.

- Unica possibilità?...Travers non sa niente? Eppure è lui il capo…- commentò il Flagello d’Europa.

Il biondo si lasciò sfuggire un lungo sospiro.

- Nell’arco di tempo in cui tu ti dilettavi a torturare il bastardo, io e Elisewinn abbiamo fatto una visitina al caro Quentin…e non sa assolutamente nulla, te lo posso assicurare. Per avvalorare le sue parole ci ha mostrato una lettera di Harris, in cui è chiaramente scritto che Buffy si trova con lui in un luogo sconosciuto ai membri del Consiglio. Visto che il vecchio era inutile, l’ho lasciato solo con Elisewinn e sono venuto qui… -

- Non vedo come il bamboccio possa esserti d’aiuto… - ribatté Angelus stizzito.

- Indovina chi ha consegnato la lettera? – Spike non attese risposta per quella domanda – l’agente Riley Finn, esatto. Ed egli non può rivelare nulla, ma se non può rivelare, significa che sa. – concluse il biondo illuminando il suo volto con un ampio sorriso.

Angelus scrollò le spalle.

- Bene…accomodati pure, ma non credo riuscirai a farlo parlare. – affermò in tono serio e nel contempo velato di sordida ironia.

Spike lo guardò fintamente ferito per quella mancanza di fiducia.

- Mi addolora sapere che dubiti così tanto delle mie capacità di persuasione. – esclamò sarcastico.

- Oh, ti sbagli. Non dubito di te, ma dubito che il ragazzo qui riesca a spiccicare parola…-

- Perché? – chiese non capendo.

- Gli ho strappato la lingua. – buttò là come fosse una cosa da niente.

 

Spike guardò Angelus negli occhi e proruppe in una sonora e genuina risata.

Forse per il modo in cui aveva pronunciato Gli ho strappato la lingua. Sembrava un bambino colto a compiere una marachella.

Forse per il luccichio che gli illuminava di tenebra lo sguardo.

Forse per nessun motivo particolare.

Forse aveva solo voglia di ridere.

E rise Spike. Rise, rise convulsamente e gioiosamente.

 

Solo dopo qualche eterno secondo si fermò e riprese controllo di se stesso.

- Bene…vorrà dire che scriverà. -

Angelus lo guardò divertito. Era davvero una creatura strana e particolare il childe della sua Drusilla!

 

Riley aveva osservato impotente tutta la scena, inorridito e spaventato, ma anche pervaso da un rinnovato riflesso di speranza.

Aveva qualcosa che interessava loro e potevano trattare.

Ignorava che i vampiri non conoscono molto bene il significato del verbo trattare.

 

La stanza rimase immersa nel silenzio per alcuni lunghi istanti, mentre Spike roteava velocemente lo sguardo alla ricerca di qualcosa di adatto su cui poter scrivere.

I suoi occhi immortali si posarono su un elegante scrittoio di legno in stile Luigi XVI, ricoperto da una miriade di carte impilate con ordine quasi maniacale. Avvicinatosi ad esso prese in mano uno di quei fogli bianchi e si diresse verso Riley, che nonostante il dolore fosse ancora accecante era lenito da un barlume di speranza.

Quando fu perfettamente di fronte al giovane legato a terra, il vampiro si arrestò e abbassò il capo per fissare il suo sguardo ghiaccio scuro su Riley.

Parevano un antico dio guerriero e il suo servo adorante, pronto a sacrificarsi per lui.

- Bene…ti espongo l’accordo, sta a te decidere di accettare o meno. Scrivi il luogo in cui si trovano la cacciatrice e quel figlio di puttana di Harris e io ti prometto che Angelus non ti toccherà più neanche con un dito. – disse Spike con la sua voce più suadentemente onesta, ma ad un attento ascoltatore non sarebbe sfuggito un vago riflesso di incomparabile astuzia.

Riley, che non era mai stato un campione di coraggio e fedeltà, non esitò ad annuire vistosamente con la testa.

Spike si rilassò in un sorriso indefinibile, mentre Angelus aveva assunto un cipiglio preoccupato. Diamine lui voleva che il bamboccio crepasse, non che fosse risparmiato!!!

 

Il biondo vampiro si chinò e mise il foglio in mano a Riley, che però lo guardava stranito.

Lì per lì Spike non comprese. – Oh…che stupido! Non hai una penna…che ti devo dire, lasciami almeno il divertimento di vederti scrivere con il tuo stesso sangue… - il tono era maligno, dolcemente maligno.

Come la piuma d’oca si tuffa nelle acque del calamaio così il dito di Riley si intinse nel suo stesso sangue ancora gocciolante sul petto martoriato.

Il giovane stremolì al contatto dell’indice con la pelle viva e, esitante, cominciò a scrivere in una tremolante e spezzettata calligrafia.

Spike, che si trovava al suo fianco, poté immediatamente vedere sul candido bianco della carta, le parole che risaltavano nel caratteristico rosso scarlatto del sangue.

C’era scritto: Scozia, castello, Highlands.

Il vampiro non riuscì a trattenere un grido di gioia e soddisfazione.

Aveva una traccia, finalmente aveva una traccia.

 

Con invidiabile sicurezza si alzò e si posizionò alla destra di Angelus, che si era tenuto in disparte per tutto il tempo.

- Posso ucciderlo ora, vero Spike? – chiese il bruno insistente e con impazienza.

- No. Ho fatto una promessa e sono dannatamente un uomo di parola. – sul volto del biondo si dipinse un mezzo sorrisetto.

Gli occhi di Riley si illuminarono, convinto di essersi salvato.

- Tu non toccherai Riley Finn neanche con un dito…lo farò io. –

 

 

Nemmeno il tempo di completare la frase che si avventò sul corpo del giovane a terra.

Era pari ad un sublime e terribile predatore Spike, mentre lo stringeva fra le braccia con inaudita forza. Sentiva il suo petto palpitare contro il proprio, mentre l’odore del sangue gli inondava il cervello. Prese a lapparlo soavemente sul collo, massaggiandolo nella parodia di una tenera carezza, poi affondò nella morbida carne rossa.

Il cuore di Riley, già affaticato per le torture subite, stava letteralmente per scoppiare. Spike si impose di fare piano, desiderava ardentemente che quel momento perdurasse. Lasciò che i suoi denti penetrassero con esasperata lentezza nella carne soda e umida del suo collo.

Il sangue di quell’assassino era gustoso, davvero buono, e Spike se ne inebriò.

Continuò a suggere per interminabili istanti fino a che sentì la morte arrivare come un pugno nello stomaco in quel corpo vivente stretto a lui.

Ebbro di quell’ambrosia carminia si fermò un attimo dopo che il cuore aveva smesso di battere e fu travolto per un momento dalla nausea, ma era un dazio ridicolo per la gioia di percepire con ogni mezzo la fine dell’uccisore della sua sire.

CAPITOLO 10

 

L’assenza di suono, il silenzio più totale, quante volte si può ascoltare nell’arco di una vita, persino di un’eternità?

Pochissime volte. Esso è una perla rara, che può essere apprezzata e contemplata solo in determinati momenti.

Come quello.

 

Il Consiglio degli Osservatori aveva esalato il suo ultimo respiro e di quell’istituzione millenaria non rimaneva che la Sede, impregnata di sangue, morte e lacrime.

Spike, Angelus e Elisewinn uscirono immediatamente dall’edificio.

Il primo ancora ebbro per il sangue e la soddisfazione, il secondo appagato di vendetta e la terza apparentemente indifferente come suo solito.

Gli altri vampiri li seguirono, ma non appena fuori si recarono immediatamente alla dimora in quanto l’alba non era poi così lontana.

Quella sorta di infinito silenzio dell’anima e del corpo continuava a dominare i tre vampiri e pareva inglobare l’ambiente circostante. Persino la Natura, religiosamente taciturna, si inchinava innanzi a quegli esseri straordinari e alla straordinaria impresa da essi compiuta.

 

- Abbiamo distrutto il Consiglio. – mormorò piano Spike con gli occhi bassi, quasi l’affermazione fosse per se stesso e non destinata agli altri due.

 

- E non è stato poi così difficile! – esclamò Angelus sarcastico e senza modestia, rompendo definitivamente la poetica magia del silenzio.

I due vampiri più giovani posarono contemporaneamente lo sguardo sull’anziana. Era ancora completamente assorta nella beatitudine dell’attimo che succede all’appagamento dei sensi.

 

 

Bellissima.

 

 

Percependo gli occhi di Spike e Angelus su di lei, si riscosse di malavoglia dal suo torpore.

- Immagino che ora le nostre strade si dividano. – disse, dando voce a quello che tutti in cuor loro pensavano.

Non risposero Angelus e Spike.

Non una parola.

Non un cenno.

Niente di niente.

Semplicemente si voltarono: l’uno a destra, l’altro a sinistra e intrapresero il loro cammino.

Via da quel luogo che tanto aveva significato, ma che ora era sterile.

Via verso un nuovo obiettivo, un nuovo scopo.

Via, nonostante fosse stato bello conoscere Elisewinn e scrivere con lei la storia.

Ma d’altronde loro erano esseri immortali e avevano la notte dei tempi per riunirsi.

 

 

 

 

 

**************

 

 

 

 

Cosa avrebbe fatto ora Angelus?

 

 

Vagava, avvolto nel buio, nella profondità della foresta con il naso rivolto all’insù verso le stelle, quelle stesse stelle con le quali tante volte la sua amata Drusilla aveva dialogato.

Guardandole gli pareva di sentirla un po’ più vicina…la sua venere nera.

Ora che la sua vendetta si era compiuta, cosa avrebbe fatto?

Cosa ne sarebbe stato di lui?

Non poteva andare con Spike, quella era una questione che il biondo doveva risolvere da solo.

Tuttavia gli mancava già quel disgraziato, incosciente, scapestrato del suo childe.

Le sue battute ironiche.

Le sue frasi taglienti.

La sua forza e la sua capacità di amare.

La complicità e l’amicizia che avevano creato, a modo loro.

Tutto questo già gli mancava.

 

Taciturna, leggera e impalpabile come l’ala di una farfalla una lacrima scese dai profondi occhi pece del Flagello d’Europa.

 

 

 

Gli sarebbe mancato Spike.

 

 

 

 

******************

 

 

 

 

Aveva voltato le spalle a quel luogo di morte, Spike.

Si stava incamminando alla ricerca pazza e disperata del suo amore, Spike.

Ora sapeva dove andare, Spike.

Aveva uno scopo. Una meta…Sapeva cosa voleva e l’avrebbe ottenuto.

Era una dannata promessa.

Diede un’occhiata fugace alla volta celeste: le stelle si stavano scolorendo nell’imminente chiarore dell’alba.

Il vampiro riuscì comunque ad individuare la Stella polare e la seguì.

Sarebbe stata la sua unica guida e compagna in quel viaggio solitario oltre il punto di non ritorno.

Avrebbe trovato Buffy e l’avrebbe portata via con sé, strappandola dalle mani del suo carceriere…

 

 

 

O sarebbe morto provandoci.

 

 

 

 

 

******************

 

 

 

 

La bella e sapiente Elisewinn, incurante dell’arrivo imminente dell’alba, non aveva mosso una singola membra da quando i due vampiri si erano allontanati.

Pareva una statua millenaria, immota e inamovibile, quasi che non scorresse più sangue in quelle vene antiche.

Attese l’arrivo del fulgido e mortifero astro Elisewinn e non appena esso tese i suoi raggi rossastri oltre la linea dell’orizzonte, cominciò a scavare una fossa nella nera terra.

In pochi secondi si era costruita un confortevole loculo.

Con maestosa agilità si gettò in esso, non prima di aver rivolto la parola a quel divino Sole nascente, che lei, figlia prediletta della Notte, non avrebbe potuto implorare.

 

 

 

- Buona fortuna… -

 

 

 

Si lasciò poi accogliere dal ventre caldo della Madre Terra Elisewinn e in quel luogo si prefisse di riposare indisturbata nei secoli immediatamente a venire.

 

 

 

 

 

*************

 

 

 

 

Il temporale fuori si era placato. Una pioggia battente, ma regolare lo aveva sostituito.

Buffy si lasciò avvolgere da quel ritmico suono che emettono le gocce quando cadono al suolo.

Le pareva un caldo abbraccio, l’unico che poteva avere al momento.

La sensazione di totale sconvolgimento che aveva avvertito poche ore prima era andata aumentando col passare del tempo.

Una sorta di febbrile frenesia interiore l’aveva presa senza avere una chiara spiegazione del perché.

Sapeva solo che qualcosa quella notte era cambiato per sempre.

Sapeva solo che Spike faceva parte di quel progetto che a lei non era possibile comprendere.

Sapeva solo che lui era sulle sue tracce e l’avrebbe trovata.

Non aveva prove, ma era certa che l’avrebbe trovata.

Che l’avrebbe salvata…. Il suo cavaliere dall’armatura scintillante tutto particolare.

 

Per questo sorrideva mentre Xander le percuoteva violentemente la schiena con una pesante frusta.

Per questo non emise un singolo gemito quando l’ultimo colpo le lacerò la candida pelle provocandole uno sfregio che avrebbe faticato a rimarginarsi.

Per questo lasciò che Xander forzasse la lingua nella sua bocca.

 

 

Perché lui stava arrivando e l’avrebbe salvata.

Un maniero di vecchia pietra scura, arroccato su di una lugubre collina, che un tramonto pallido e lontano circondava con i suoi tristi riverberi di luce.

E quel vento eterno e micidiale che continuava ad imperversare, furioso quasi come la rabbia incandescente che covava nel cuore il vampiro in piedi nascosto nell’ombra di alcuni alberi.

Rabbia che alimentava, sostentava il suo demone.

Quel demone che non era lui, ma che ne era parte e che ruggiva dentro di lui con la furia di un fuoco nutrito dal vento della rabbia.

Quel demone che in un istante trasformò i suoi bei lineamenti in quelli ferini del vampiro, mentre gli occhi d’ambra dorata sostituivano il blu intenso e si caricavano di una scintilla crudele e tagliente che fendeva il buio circostante.

L’oscurità si spandeva lentamente, con l’ineluttabilità di una malattia invisibile che tutto divora e ingloba.

E l’oscurità cullava lui.

L’angelo decaduto.

E quella sera lui portava con sé terrore cieco, distruzione, morte.

Lui era terrore cieco, distruzione, morte.

I suoi nemici, quegli uomini a guardia di una ragazza di cui forse conoscevano a malapena il nome, non sapevano che le campane funebri della loro morte stavano per suonare.

Eppure il sangue bagnava già la terra ai loro piedi, il suolo ne godeva, i muri ne erano tinti, il vento era carico del suo odore pungente.

Perché tutto era già avvenuto nella mente eterna del vampiro e traspariva limpidamente attraverso i bagliori dei suoi occhi ambrati.

Era scritto.

Come ogni giorno, dall’eternità, il sole finalmente si spense all’orizzonte in un bagno luminescente di riverberi gialli, rosa, azzurri e rossi.

 

Soprattutto rossi.

Oscuro presagio.

 

La notte ormai era sopraggiunta, ingoiando ogni cosa, e l’oscurità era ora fitta e impenetrabile come una foresta vergine.

Gli uomini posti alla sorveglianza del maniero continuavano a scambiarsi occhiate agitate: sentivano che quella sera qualcosa non quadrava.

Ma d’altronde erano solo uomini, sordi per natura agli enigmatici oracoli dell’irrazionalità.

 

Spike chiuse gli occhi un attimo.

Si concentrò unicamente su di lei.

Sul richiamo del suo sangue.

E fu certo che lei era lì.

Dietro quelle mura cadenti. Dietro quelle finestre buie.

Lei era lì.

Se si sforzava poteva perfino sentire il battito stanco del suo cuore, il respiro irregolare, il sangue che pulsava nelle vene adorate.

 

Riaprì gli occhi.

Rapido e silenzioso avanzò verso i suoi nemici.

Mortifero.

Le guardie caddero a terra in una sequela perpetua senza quasi accorgersi di cosa stesse accadendo.

Caddero.

Come le marionette che erano.

I corpi spezzati si riversavano al suolo imbrattando di rosso la terra e la dura pietra.

Silenziosamente e ossessivamente lui uccideva.

Non ci fu scampo per nessuno.

Non ebbe pietà per nessuno.

E come sempre solo la luna fu il privilegiato testimone delle gesta del vampiro, principessa di ghiaccio nel suo candido, coriaceo biancore.

Vestita di una ragnatela di nubi appariva pallida e morente, comunque incomparabilmente bella.

La notte rimase in silenzio. Non turbò la furia del suo figlio prediletto.

E soddisfatta se ne compiacque.

Non un rumore incrinava la perfezione di quel palcoscenico di morte, in cui gli attori erano cadaveri immobili.

La rabbia, l’odio continuavano a gonfiarsi nel petto del vampiro come un mare in tempesta.

In quel momento non c’era nulla di umano in lui: voleva uccidere, punire, vendicare, distruggere.

Fino a che l’amore non fosse tornato a frenare, contenere, incanalare le sue emozioni e passioni titaniche, lui avrebbe portato morte e distruzione.

Quegli uomini avevano qualcosa che era profondamente e indiscutibilmente suo. Che gli apparteneva.

La donna che amava.

La donna che aveva visto crescere.

La donna con cui aveva un legame indissolubile quanto incomprensibile.

Spike sentiva la sua presenza sin dentro le viscere.

Buffy pareva invocarlo in una litania disperata e continua.

L’unico pensiero razionale rimastogli era che doveva trovarla, raggiungerla, placare quell’acido solforico che era l’assenza di lei.

Aveva bisogno di quegli occhi verdi, di quella pelle di seta, di quella risata cristallina e di quella forza primitiva.

Aveva bisogno di assaporare di nuovo le sue labbra, di sfiorare il suo corpo, di stare di nuovo dentro di lei.

Inavvertitamente anche l’ultima guardia scivolò sordida sulla pietra fredda dell’ingresso, anch’essa in un silenzio quasi religioso.

Mentre il suono deciso del collo che si spezzava rimase ad accarezzare l’etere ancora qualche istante dopo che il corpo era ormai accasciato al suolo.

Sulla camicia nera di Spike alcuni schizzi di sangue erano l’unica spia del massacro appena compiuto.

 

Il vampiro entrò a grandi passi all’interno dell’edificio, mentre la falce lunare incapace di penetrare nell’oscurità del maniero lasciava al proprio destino il suo figlio prediletto.

La notte però era ancora lì con lui.

La notte era lui.

Tutto attorno un odore acre di marcio e muffa impregnava ogni cosa.

Spike si fermò un attimo per accertarsi che non ci fossero altre guardie, poi salì di corsa le interminabili scale a chiocciole, situate in fondo al corridoio.

I gradini erano consumati, grandi e sembravano non avere mai fine.

Ad ogni passo che faceva, la percepiva sempre più vicina.

Ad ogni scalino, il battito del suo cuore aumentava di intensità.

E il respiro si faceva più nitido.

Eppure non gli era mai parsa così lontana, come in quel momento.

Così irraggiungibile, come in quel momento.

Così persa, come in quel momento.

E non riusciva a spiegarsi perché…ma ormai una sordida sensazione di sventura era scivolata in lui come un cobra malefico, incantatore, e le sue spire lo avevano avviluppato.

 

Finalmente arrivò davanti alla cella.

 

E quella sordida sensazione di sventura crebbe.

Spike la cacciò via da sé con decisione.

Nulla aveva importanza in quel momento. Solo lei ne aveva.

Il vampiro esitò per un istante di fronte a quella porta arrugginita, quasi avesse paura di rivederla.

Paura di cosa avrebbe trovato all’interno di quella prigione fetida.

 

La porta si aprì cigolando in un prolungato gemito di dolore.

Buffy era lì.

E Spike fu certo di sentire il proprio cuore perdere un battito, anche se sapeva essere impossibile.

Rannicchiata in un angolo, incatenata al muro, aveva un colorito violaceo e spettrale.

I capelli erano bagnati di sudore, il volto incrostato di sangue, mentre i vestiti laceri lasciavano intravedere le violente percosse subite dal suo esile corpo.

La triste ombra della ragazza vitale e piena di energia che era.

Nonostante tutto quando gli occhi verdi incontrarono quelli blu di Spike, impiegò meno di un momento a riconoscerlo e capire che non era solo l’ennesimo illusorio sogno. Lui era davvero lì. Il suo cavaliere dall’armatura scintillante alla fine era davvero venuto a salvarla.

Sorrise allora Buffy.

Sorrise dolcemente.

Sorrise di quei sorrisi lievi e delicati, che solo poche volte nella vita ci è concesso donare.

E quel sorriso illuminò di una luce accecante la fitta tenebra di quell’umida cella.

E quel sorriso scaldò di un fuoco che non bruciava il cuore inaridito di Spike.

I lineamenti del vampiro tornarono naturalmente umani, mentre si precipitava da lei per liberarla.

Ma un’altra dolorosa scoperta lo attendeva.

 

La furia, la rabbia, la violenza, la battaglia e poi lei, i suoi occhi, il suo sorriso avevano completamente inebetito Spike. Tanto che non si era minimamente accorto dei profondissimi tagli che dai polsi di Buffy lasciavano sgorgare copiosamente il suo sangue.

La sua vita.

 

 

Stava morendo.

Una risata gelida e malata fendette il silenzio e la mente del vampiro con irrispettosa veemenza.

Xander, acquattato nelle ombre come uno spirito maligno, aveva osservato con morbosa attenzione l’incontro tra la cacciatrice e il vampiro.

Niente paletti, niente odio ancestrale, niente di tutto quello che è naturale che avvenga fra due nemici mortali.

Niente di tutto questo.

Solo due sguardi che incontrandosi facevano l’amore.

Proprio quegli occhi verdi, quegli occhi che erano la sua dannazione, quegli occhi che erano la sua passione, quegli occhi che mai era riuscito a domare…quegli occhi si erano sciolti in un languido abbandono sotto la morbida carezza dello sguardo del vampiro.

 

 

Odio.

Li odiava entrambi.

 

 

Xander sentiva crescere dentro di sé un astio furibondo che si rifletteva nei suoi occhi marroni, facendoli rifulgere di ombre rosse e dilatando le pupille.

L’uomo era percorso da un tremito incontrollabile, mentre faceva vagare convulsamente lo sguardo da Spike alla cacciatrice. Involontariamente e inevitabilmente i suoi occhi, ormai pozze indistinte di oscura follia, si posarono sui polsi grondanti sangue di Buffy.

E in un flash visse di nuovo quello che era accaduto solo pochi minuti prima.

Capire che era la fine, mentre i suoi uomini come birilli cadevano sotto i colpi del vampiro.

Perdere ogni freno, ogni parvenza di normalità.

La follia che si faceva posto dentro di lui come un morbo latente, che non più poteva essere tenuto in incubazione.

Alla consapevolezza che stava per perdere la ragazza, aveva sentito montare dentro il suo essere un nuovo desiderio.

Vederla soffrire, implorare, soccombere.

Vedere quel corpicino indomito piegarsi nella stretta della morte.

Sarebbe stata sua in un modo o nell’altro.

Se non poteva avere il suo amore, si sarebbe accontentato della sua vita.

E fu così che le trinciò i bianchi polsi senza remore.

E si beò dell’odore del suo sangue.

E godette quando i primi rantoli di agonia proruppero dalla gola della ragazza.

 

 

 

************

 

 

 

- Cosa le hai fatto! – ringhiò furibondo Spike, restando vicino alla donna in fin di vita.

- Cosa le hai fatto…. – continuava a ripetere più a se stesso che al giovane uomo.

Xander, ormai totalmente in balia dagli eventi, non cessava di emettere quella sua gelida e folle risata.

- Lei è mia…mia…mia…tu non l’avrai mai….non sei degno di lei. -

Come per magia nelle mani di Harris apparve una balestra.

Mutando volto, Spike schivò una freccia.

Mentre le parole del bruno gli turbinavano nella testa, facendo emergere ancor di più il demone, si avventò su di lui con un balzo.

Gli strappò di mano la balestra e la ridusse in frantumi.

Lo afferrò per la camicia e lo sollevò da terra.

Xander era bianco per il terrore, mentre il biondo livido d’odio e rabbia.

Quel perverso omiciattolo aveva osato sfiorare la sua Buffy…e lei stava per morire.

 

 

Morire……....Morire………Morire………Morire……..Morire…….Morire………Morire…

 

 

La sua mente non riusciva a distogliersi da quella triste consapevolezza.

Lei stava per morire.

E Spike non voleva altro che vedere il capitano Alexander LaVelle Harris contorcersi per il dolore, sputare sangue e pagare per tutto il male che aveva fatto.

Ridurre a brandelli la carne e sentire le ossa spezzarsi con un deciso crack sotto le sue dita.

Vederlo ridotto a un crogiolo tremante di sangue e carne.

 

Gli sferrò il primo violento colpo al petto e il corpo dell’uomo volò all’altro capo della cella andando a impattare contro il muro cadente.

Harris vomitò sangue.

Crudele, terribile Spike.

Si mosse con falcate decise nella sua direzione e gli assestò un potente calcio nello stomaco.

Harris vomitò sangue.

Si chinò, lo prese per la testa e gliela sbatté ripetutamente contro al muro.

Harris vomitò sangue.

Crudele, terribile Spike.

Non percepiva nulla intorno a sé, si trovava in un limbo di orrore del quale lui era l’unico incontrastato signore e padrone. E nel suo desolato regno si nutriva di ira, odio, terrore, tensione, paura, vendetta, rabbia, furia cieca….morte.

Ma in quel luogo di oscura sospensione la voce di Buffy lo raggiunse come attraverso una spessa cortina d’acciaio.

Una voce stentata, esile, lieve accarezzò il suo cuore, il suo spirito e lo riportò alla realtà.

Lei lo stava chiamando.

 

- William…non curarti di lui…William… - esitò costretta a fermarsi per il dolore intollerabile – ….Andiamo via William. E’ solo un piccolo uomo che non sa quello che dice, credo sia impazzito. -

 

Il vampiro si voltò verso la ragazza.

I suoi occhi ambrati si addolcirono alla vista di lei.

- Devi salvarmi William….andiamo via… - incapace di continuare a parlare si limitò ad accarezzarlo con lo sguardo.

Spike immediatamente riprese il controllo e il suo volto riacquistò le perfette fattezze umane.

Dall’alto della sua superiorità guardò un’ultima volta l’uomo rannicchiato ai suoi piedi.

Era in posizione fetale e si copriva gli occhi deliranti con le mani attendendo il colpo successivo. Ma quel colpo non sarebbe arrivato.

Xander era davvero impazzito. Non cessava di ripetere la stessa litania con voce strozzata.

- Mia…Mia…Lei è mia…Mia…. -

Il vampiro fu quasi attraversato da un moto di pietà.

Era patetico.

E fu contento di non aver ucciso quell’infima creatura.

Di non essersi macchiato del sangue di un così inutile essere.

 

Si voltò nuovamente e sorrise alla donna in catene morente.

Con foga la liberò, mentre i loro occhi rimanevano avvinti in un muto incontro d’amore.

Spike le mise un braccio attorno alla vita e la sollevò come fosse stata fatta d’aria.

Buffy, perse ormai anche le ultime forze, strofinò debolmente la guancia contro il petto del vampiro prima di accoccolarsi sempre più nel suo abbraccio.

Era a casa.

In pace.

Completa.

 

- Stai tranquilla amore…ti salverò…stai tranquilla. – con dolcezza le spostò una ciocca di capelli dal viso prima di dirigersi fuori da quell’umida prigione.

 

 

 

*************

 

 

 

Xander era ormai solo. Sfinito, distrutto, ferito, mentre le parole di Buffy ancora gli bruciavano nella mente come un tizzone ardente.

 

-E’ solo un piccolo uomo che non sa quello che dice, credo sia impazzito. –

 

Incapace di contenere le proprie emozioni, gridò Xander.

Gridò di odio.

Gridò di rabbia.

Gridò di follia.

Poi tremante si accasciò ancor di più sul lurido pavimento e si sciolse in un pianto violento e amaro.

Pianse di frustrazione.

Passione ossessiva.

Solitudine.

E quelle lacrime non facevano meno male perché provenivano dagli occhi di un pazzo.

Non bruciavano meno sulle guance per questo.

Erano pur sempre lacrime d’amore.

Un amore malato, devastante, rabbioso.

Ma pur sempre amore.

Si sentiva affogare nel suo stesso pianto, nel suo stesso sangue e i conati di vomito non cessavano di sconquassare le sue viscere.

Capì che era la fine.

Anche se quel vampiro non lo avevo ucciso, era la fine: era morto dentro da tanto, tanto tempo.

Con le gambe traballanti riuscì a fatica nell’impresa di sollevarsi da terra. Gli occhi velati dalle poche lacrime trattenute si soffermavano su ogni più piccolo particolare di quella terribile prigione che aveva ospitato la cacciatrice.

Gli parve di vederla legata in catene a quel muro, sopraffatta dalle droghe, mai sconfitta e con quegli occhi verdi che gli scavavano sin dentro l’anima rivelando il verme che era.

Una dolorosa consapevolezza gli pervase allora la mente offuscata.

 

Non era mai stata sua.

Non l’aveva mai avuta.

 

E la triste scoperta fu il motore che gli consentì di muovere il corpo fiacco fuori da quella cella di ricordi e fare la cosa giusta per una volta nella vita.

Salì con lenta decisione gli ultimi consunti gradoni, che portavano all’estrema cima di quella torre di sofferenza.

E quando finalmente, in perfetta solitudine, giunse di fronte all’angusta finestra che dava sul pendio della collina, con gesti scanditi e silenti, si affacciò.

Ammirò la volta celeste.

Il blu della notte.

Il bagliore della stelle.

La staticità della luna.

E nel fuggevole attimo in cui riversò il suo corpo giù dallo stretto passaggio, fu sicuro di veder sorgere un sorriso crudele sul volto sempre impassibile di quella luna indifferente.

E quel sorriso fece affiorare in lui un passato che credeva sepolto e che, invece, in quegli istanti finali e atemporali in cui si trovava sospeso nell’infinita discesa verso il suolo, gli si dispiegò davanti in tutta la sua forza repressa.

Fu allora che gli occhi allucinati di Xander videro con limpida chiarezza il viso della sua Anya nell’ oscuro specchio della notte.

Gli sorrideva sua moglie, ma sempre di quel sorriso crudele che storceva la bocca in una smorfia demoniaca.

Una sensazione di orrore montò dentro Xander.

Sensazione che aumentò quando all’immagine distorta di Anya si affiancarono quelle di Katie e Helena.

Le sue bambine lo fissavano e anch’esse mostravano stampato in volto quel dannato crudele sorriso. Infantilmente felici di veder morire il loro papà.

E quel sorriso fu la sua condanna.

L’ultima immagine che rimaneva impressa nella sua retina, nel suo cuore, nella sua anima, prima di schiantare al suolo in un rumore sonante, cui nessuno prestò ascolto.

La Notte accolse di nuovo nel suo confortante abbraccio materno il figlio suo prediletto, sputato dal ventre di quel maniero decadente, che tante sofferenze aveva recato.

Ma il figlio non poteva sentire le braccia silenti della madre che lo rassicuravano, che lo accarezzavano sussurrandogli che tutto sarebbe andato per il meglio.

No il figlio, in quei momenti, non percepiva nulla di quello che stava accadendo intorno a lui.

Non sentiva il richiamo del vento, che ripeteva il suo nome.

Il bisbiglio delle foglie, che intonavano un muto coro per lui.

Il profondo sospiro della foresta, che tentava di consolarlo.

Non sentiva niente Spike se non la morbidezza dell’esile corpo, che stringeva fra le braccia.

Morbida, morbida, ecco cos’era, tanto morbida…..

Il vampiro, con gli occhi lucidi, era ormai perso nell’adorante contemplazione della giovane, che aveva già da tempo perso i sensi.

Eppure come era bella in quel diafano, mortale pallore.

Come brillavano i suoi biondi capelli nella tenebra circostante.

Come era rifulgente il carminio del sangue su una pelle, che mai aveva raggiunto un tale candore come in quegli istanti di estrema vicinanza alla morte.

Solo allora la parola morte gli si presentò alla mente ferendola con inaudita violenza e ricordandogli che di lì a poco lei non ci sarebbe stata più.

E gli parve di percepire un lamento unanime di dolore incessante provenire dalla natura intera.

La luna, solitamente indifferente alle sorti degli uomini, piangeva teneramente la donna.

La Notte si abbandonava altera a gemiti sommessi di cordoglio.

La foresta levava il suo grido di disperazione.

E dagli occhi oceano mare di Spike lacrime eterne sgorgavano e cadevano sui polsi della ragazza mischiandosi con il sangue di lei, mentre il vampiro continuava, stordito, a fissarla.

 

Dopo attimi, che parvero un’eternità, Spike alzò gli occhi bagnati e fu irrimediabilmente attratto da una roccia, che imponente e immota si ergeva al limitare del bosco.

Non sapeva perché, ma le sue gambe, per loro stessa volontà, si mossero agili verso il masso.

Mentre camminava, percepiva ancora il battito sempre più fievole del cuore di Buffy. Incredibilmente la vita non aveva ancora del tutto abbandonato il suo corpo di cacciatrice come invece sarebbe accaduto per qualunque altro mortale.

Quando il biondo, finalmente, si trovò dinnanzi alla gigantesca roccia, maestoso pinnacolo che lo sovrastava, capì....

La consapevolezza si schiuse davanti ai suoi occhi come un fiore che, di fronte alla primavera, non aspetta altro che rivelare i suoi fervidi colori.

 

Con soprannaturale velocità si arrampicò sino a raggiungere la cima della pietra, stringendo ancor di più al petto il corpo del suo amore come se proprio a lei chiedesse la forza di sopportare tutto quello.

Era combattuto Spike. Il suo spirito era conteso da due cavalli imbizzarriti che lo tiravano uno da una parte, uno dall’altra. Il primo bianco, come la purezza dell’amore che nutriva per Buffy, il secondo nero, come l'ignoto verso cui voleva trascinarla.

 

Lacerato.

Ma deciso.

 

Con inenarrabile delicatezza adagiò la giovane su quel duro letto di pietra. Un sorriso sincero gli increspò le labbra pensando che lei era la Bella addormentata e lui il principe che l’avrebbe risvegliata con un bacio.

Con due dita le mise una ciocca di biondi capelli dietro l’orecchio e si stupì ancora una volta di quanto fossero serici.

- Mi perdonerai, vero amore? Capirai….capirai… – le sussurrò con le lacrime agli occhi come se lei potesse sentirlo.

Esitante accostò le labbra tremanti alla bocca rosea della ragazza.

 

Un bacio.

Niente di più.

Niente di meno.

 

Quasi fosse la prima volta, il vampiro stava naufragando nella dolcezza del suo sapore, nel suo profumo inebriante di vaniglia.

In lei.

 

- ....Fallo.... -

 

Spike sbarrò gli occhi.

Aveva parlato.

Gli aveva appena dato il suo consenso, lei voleva diventare come lui, voleva essere morsa da lui, voleva trascorrere l’eternità con lui.

Con la punta del dito le accarezzò una guancia, guardandola con quell’amore che ognuno vorrebbe essere in grado di provare almeno una volta nella vita.

Una singola, misera volta.

Non disse niente Spike. Non c’era bisogno di parole.

Si godette il silenzio.

Con sicurezza discese verso il collo di Buffy e, trasfiguratosi, la morse.

 

Semplicemente.

 

Il sangue di lei gli inondò la bocca, i sensi, l’anima che non aveva.

Era lei che lo stava possedendo, dominando, facendolo suo.

E Spike non poté far altro che abbandonarsi a Buffy, alla sua forza, alla sua dolcezza, al suo amore.

Come un neonato non smetteva di suggere dal collo di lei….non ne aveva mai abbastanza.

Stava respirando la vita…stava respirando la sua vita.

Era il paradiso…..il paradiso…...

Un piacere oscuro e puro al contempo lo avvolse nelle sue spire di godimento.

Quell’ambrosia purpurea continuava ad accarezzargli la gola e ad entrare nel suo corpo….quale magnifica sensazione!

Estasiato si staccò a malincuore dalla sua fonte di vita, recise con un unghia il polso della sua mano sinistra e lo accostò con dolcezza alla bocca di Buffy.

- Bevi, amore….bevi – disse con voce roca e vagamente affaticata.

Con gli occhi chiusi e apparentemente priva di sensi la ragazza cominciò esitante a leccare il liquido che sgorgava copioso dal polso del suo amato.

Spike stremolì al contatto della lingua di lei con la sua pelle e quando, dopo poco, iniziò a succhiare si sorprese che qualcosa potesse essere più bello, più inebriante, più assoluto di ciò che aveva provato un istante prima bevendo da lei.

Buffy non accennava a smettere, continuava a nutrirsi del suo sangue come un assettato che non abbia sentito l’acqua sulla lingua da giorni.

 

Momenti che non erano tempo.

Attimi che erano vita.

Silenzio che era una promessa.

Amore che era amore.

Niente di più.

Niente di meno.

 

 

Alleluia.

 

 

Esitante William tolse il polso dalle labbra golose della ragazza e, quasi volesse farsi perdonare, depositò su di esse un bacio tanto delicato e fuggevole che avresti potuto credere non fosse mai esistito.

A volte è così….magari il gesto più piccolo, più insignificante, più trascurabile, è quello che in realtà conta di più. Quello che suggella un evento, quello che chiude una storia, quello che indica quanto sia grande un amore.

 

 

Ora Spike e Buffy erano uniti.

Uniti da un indissolubile legame di sangue e amore.

Insieme per sempre.

Erano una famiglia.

fine