PAGINE DIMENTICATE


Autrice: Claudia B

Disclaimer: quest’opera non è stata realizzata a scopo di lucro, ma solo per divertimento. I personaggi appartengono a Joss Whedon, la Mutant Enemy, la WB, la Fox e la UPN.


Timeline: AU

Raiting: PG 13 ....per ora!






Greystone Hall, Devonshire, 1812


Affido a queste pagine il racconto dei miei giorni a Greystone Hall. Temo per la mia vita, strani fatti sono accaduti in questi giorni che mi rendono inquieta. Ho tentato di parlarne con Mrs. Lawrence, ma non appena tento, cambia discorso, turbata.

E lui non è qui.

Ho bisogno di fissare sulla carta gli strani avvenimenti di cui sono stata testimone, altrimenti temo di impazzire. A volte credo che siano solo incubi, eppure…

Se qualcuno mai verrà in possesso di questo diario, vorrà dire che il peggio è accaduto o saranno passati così tanti anni da questi avvenimenti, da renderli irrilevanti.

In ogni caso, sarà opportuno che racconti la mia storia dall’inizio, dal mio arrivo al castello di Greystone Hall.


Ho sempre desiderato insegnare, sin da quando ospite dell’Istituto di Saint James, seguivo le lezioni di storia di Suor Margaret. Ho sempre vissuto lì, fin da quando mi ritrovarono, alla vigilia di Natale di ventitre anni fa, dentro una cesta di vimini di fronte alla porta della cappella. Avevo pochi mesi di vita e al collo una medaglietta raffigurante uno stemma col sole, sul retro del ciondolo era inciso solo un nome: Elisabeth. E’ così che le suore mi hanno chiamata, e Summers è il cognome scelto per me, per via del sole splendente nello stemma.

Suor Margaret mi raccontò che, per diverso tempo, cercarono la mia famiglia d’origine, ma senza risultati. L’unica casata con quello stemma negò un qualsiasi legame con la bimba nella cesta. Da allora, ogni tentativo di rintracciare la mia famiglia cessò.

Ho trascorso tutta la mia infanzia e l’adolescenza tra le mura rigide di Saint James, aiutando le suore nelle faccende e studiando, finché, una volta raggiunta la maggiore età, mi hanno permesso d’insegnare ai bambini più piccoli.

La mia vita, pur austera e monotona, è trascorsa tranquilla, senza scossoni, finché la mia migliore amica e confidente, Suor Margaret, non venne trasferita per ragioni di salute in un convento nel Surrey.

Allora iniziai a sentirmi stretta in quella vita, le cui regole e i ritmi erano scanditi da altri.

Era ora per me di spiccare il volo e vivere davvero, finalmente.

Fu così che risposi ad un annuncio sull’Herald: cercavano un’istitutrice per la piccola duchessa di Greystone. Si richiedevano qualifiche che possedevo e referenze che la madre superiora mi rilasciò, su mia richiesta, senza protestare, consapevole che un giorno avrei lasciato Saint James e tutte loro.

Non appena mi giunse la lettera d’assunzione da parte di Mrs. Lawrence, insieme ad una piccola somma per il viaggio, preparai la valigia riunendo i miei pochi averi e qualche libro regalatomi dalla madre superiora.

All’alba del 10 novembre 1812, lasciai per sempre quelle mura familiari e presi la carrozza che mi avrebbe condotto tra le nebbie della brughiera, nel lontano Devonshire.



Il viaggio si è rivelato interminabile e più faticoso del previsto. Ho diviso la carrozza con padre Patrick Wilson e sua madre, diretti alla nuova canonica in un piccolo villaggio del Devonshire, Woodhill.

E’ stata la madre superiora ad occuparsi di ogni cosa: non avrebbe mai permesso che facessi quel viaggio così lungo da sola o, peggio, con una compagnia non adeguata.

Padre Wilson è una persona affabile e discreta; purtroppo non posso dire lo stesso di Mrs. Wilson. Per tutto il tragitto mi ha tempestato di domande sui miei progetti futuri, invitandomi insistentemente a far loro visita alla canonica.

Credo stia cercando una moglie per il nuovo pastore di Woodhill e sembra che la mia cultura e modestia, dice lei, suppliscano al piccolo particolare che io non sono protestante.

Forse la madre superiora non ha davvero preso in considerazione tutti i pericoli in cui potevo incorrere, dopotutto!

Per mia fortuna, una volta giunti a Woodhill mi restavano ancora un paio d’ore di viaggio solitario. Almeno avrei potuto rilassarmi e godermi il paesaggio che, notai, più ci avvicinavamo alla meta, più diventava selvaggio e ostile.

Ma non appena arrivammo al villaggio successivo, uno dei due cocchieri mi annunciò che ci saremmo fermati il tempo necessario per il cambio dei cavalli.

E’ meglio che scenda a rifocillarsi alla locanda, signorina” mi disse gentilmente, togliendosi il capello in segno di rispetto “si riposi un attimo al caldo e mangi qualcosa, il viaggio è ancora lungo!” aggiunse, aiutandomi a scendere, mentre il cocchiere più giovane si occupava dei cavalli.

Non credevo mancasse ancora molto” dissi mentre entravamo nella locanda.

Sophia, un pasto caldo ed un buon tavolo per la signorina Summers” fece, rivolto alla padrona, poi mi guardò un attimo e disse “un paio d’ore circa per Greenville, il villaggio più vicino, noi arriviamo fin lì…”.

Greenville? Ma io pensavo che la carrozza mi avrebbe portata a Greystone Hall?!” chiesi preoccupata, “Come farò ad arrivarci?”

Il mormorio all’interno della locanda cessò di colpo, più di un avventore si girò per guardarmi. Allora pensai a mera curiosità per una straniera; ora penso sapessero qualcosa.

L’anziano cocchiere lanciò una strana occhiata alla padrona della locanda, che era rimasta a fissarmi col vassoio in mano, e disse “il castello di Greystone Hall è piuttosto isolato, non è compreso negli itinerari della diligenza. Domani mattina, Mr. Sanford, il giardiniere del Duca, vi accompagnerà al castello, non vi preoccupate. Pernotterete nella locanda delle “Due Lune” è un posto rispettabilissimo ed accogliente, vi troverete a vostro agio, vedrete”.

Tentai di protestare “Forse potrei trovare qualcuno che mi porti al castello oggi stesso...”

Nessuno va a Greystone Hall, quando fa sera” disse seria la padrona della locanda, negli occhi un’espressione che non seppi decifrare.

Il vecchio cocchiere intervenne “Si trova in un posto isolato, circondato dalla brughiera e la sera, in inverno, la nebbia sale densa a coprire ogni cosa ed i lupi si aggirano furtivi, in mezzo alla vegetazione. Sarebbe troppo pericoloso per lei e per chi la accompagna!”

Nonostante fossi seduta di fronte al caminetto, sentii un brivido gelido percorrermi la schiena.



Fu così che, una volta a Greenville, scesi alla locanda delle “Due Lune”.

Mr. Spencer, l’anziano cocchiere, mi aiutò col mio modesto bagaglio e parlò col proprietario, perché avessi una sistemazione adeguata per la notte.

Lo ringraziai e gli offrii una mancia che non volle accettare.

Non mi deve niente, Mrs Summers.”

Sollevò una mano per impedirmi di insistere.

Le chiedo un’unica cosa, cerchi di fare attenzione!” rispose, rigirandosi nervosamente il berretto tra le mani.

Attenzione a cosa?” chiesi io stupita.

Solo…non esca mai dopo il tramonto!”

Seguirò il suo consiglio, glielo prometto. Mi rendo conto che qui potrei incorrere in pericoli di cui a Londra non immaginavo nemmeno l’esistenza” lo rassicurai.

I suoi occhi evitarono i miei.

Nessuno potrebbe…” mormorò, mentre si rimetteva il cappello, calcandolo in testa energicamente.

Addio, Mrs Summers” fece voltandosi, mentre usciva dalla locanda.

Addio e grazie!” risposi sorridendogli, grata.

Non ebbi neanche il tempo di orientarmi che una giovane cameriera sollevò il mio bagaglio dicendomi “Mi segua Mrs. Summers” e mi accompagnò in una piccola stanza al secondo piano.

Il caminetto acceso e il rivestimento in legno delle pareti, oltre che del pavimento, rendevano la stanza semplicemente arredata, calda ed accogliente.

Fu una piacevole sorpresa, lo ammetto. Ma non riuscivo a vincere quella sensazione d’inquietudine che mi sentivo addosso, come una mano gelida.

Inoltre, ero in pensiero per non aver potuto avvisare Mrs. Lawrence del mio ritardo.

Qualcosa dovette trasparire dalla mia espressione, perché la cameriera mi chiese seria “La stanza non va bene?”

No, anzi va benissimo!” la rassicurai, sforzandomi di sorridere “E’ solo che sono dispiaciuta, a Greystone Hall, sapevano sarei arrivata oggi e…”

Non mi lasciò terminare “Se è solo per questo, stia tranquilla! Mr. Sanford l’ha aspettata alla locanda fino ad un’ora fa. Poi, non vedendola arrivare, ha capito che la carrozza portava ritardo e se n’è andato, lasciando detto che tornerà a prendervi domani mattina alle 10,00.”

Dopo essermi rinfrescata, mi misi subito a letto. Non mi ero resa conto di quanto fossi stanca, finché non distesi la mia schiena intorpidita dal lungo viaggio.

La stanchezza ed il tepore di quella stanza accogliente, sopraffecero l’inquietudine che gli avvertimenti del cocchiere e gli sguardi alla prima locanda mi avevano messo in animo.

Mi addormentai quasi subito e sognai.

Sognai di essere ancora al Saint James, nella mia ora di lezione. Mi sentivo tranquilla, circondata dalle voci dei bambini. D’un tratto mi ritrovai sola, in un luogo sconosciuto, le ombre della notte scendevano rapide mentre la nebbia sembrava salire dalla terra, densa come zucchero filato.

Mi sentivo persa, vedevo in lontananza le luci di un’abitazione, cercavo di raggiungerle, ma la nebbia confondeva tutto disorientandomi. Un sommesso scalpiccio, mi voltai timorosa: due grossi occhi gialli mi fissavano sinistramente.

Urlai, svegliandomi di colpo.


Mr. Sanford arrivò puntuale. Era un uomo pingue, di mezza età, con un viso dall’espressione gioviale.

Mrs. Summers, dia a me la valigia!” disse sbrigativamente, spostandosi indietro il berretto e chinando leggermente il capo, a mo’ di saluto.

Grazie, spero di non aver creato problemi col mio ritardo….” Tentai di scusarmi.

Oh, nessun problema, ho immaginato che la carrozza avesse impiegato più tempo del previsto e ho deciso di venirla a prendere quando avessi preso servizio”.

Poi, dopo avermi lanciato una breve occhiata, aggiunse “Se teme Mrs. Lawrence, stia tranquilla è una brava donna, inoltre sa che nessuno sarebbe disposto a portarla al castello quando fa sera!”

Sì, ho sentito della nebbia e…”

Già la nebbia!” fece un sorriso tirato e cambiò discorso “Ha già fatto colazione, Mrs. Summers?”

Certo, sono pronta a partire a suo comodo!” risposi.

Allora sarà meglio muoverci” fece, mentre sollevava la valigia e si dirigeva all’uscita.


Il viaggio sul carretto fu scomodo, ma mi fece tornare di buon umore.

Mr. Sanford ogni tanto mi mostrava questo o quel possedimento del Duca di Greystone e mi parlava della sua immensa ricchezza.

Anche Greenville è suo” disse ad un certo punto, con deferenza.


I possedimenti di quella famiglia dovevano estendersi per miglia e miglia, era davvero impressionante! Soprattutto per chi, come me, era sempre vissuta di poco.

Ma ciò che più mi colpiva, non era la vastità di quelle terre, bensì il loro aspetto.

Quel paesaggio estraneo, quella vegetazione così aspra e selvaggia in molti punti, aveva su di me un certo fascino: sapeva d’antico e d’inesplorato.

Affrontare quei luoghi alla luce del giorno, comunque, fece sì che gli incubi e le ombre addensatisi nel mio cuore, la sera precedente, si dissolvessero.


Qui di giorno può passeggiare dove vuole, ci sono splendidi scorci, fiori rari e diverse specie di farfalle…” Mr. Sanford, continuava le sue descrizioni.

L’unico pericolo è costituito dalla palude, che però si trova molto distante dal castello, per arrivarci bisogna attraversare un lungo tratto di brughiera.” aggiunse l’uomo con noncuranza, indicandomi con una mano un punto lontano, non ben distinguibile.


Meno male che almeno di giorno, non ci sono pericoli” mi lasciai sfuggire “perché tutti questi avvertimenti a non uscire dopo il tramonto mi avevano messa in apprensione”.

Si irrigidì, per un attimo, poi, con la consueta noncuranza mi rispose “A Greystone Hall è al sicuro. Basta solo seguire poche, semplici regole”.

Ma dirle quali sono è compito di Mrs. Lawrence” precisò, impedendomi di chiedere spiegazioni.


Il carretto, a un certo punto, lasciò il largo sentiero in terra battuta e prese a inerpicarsi su per un ripido viottolo seminascosto dalla vegetazione. Stavamo salendo già da un po’ e l’unica cosa che riuscivo a scorgere in lontananza erano alberi: doveva esserci una sorta di boschetto in cima all’altura, sembrava circondarne la sommità a mo’ di corona.

Dovunque volgessi lo sguardo solo lande desolate ed arbusti: non incontrammo alcun essere vivente lungo la strada, né una qualsiasi costruzione.

Dopo aver viaggiato per un altro interminabile tratto in salita, effettuammo un ultimo tornante ritrovandoci, improvvisamente, all’interno del bosco.

Pochi passi e un massiccio cancello, con uno stemma che riuscii solo a intravedere, venne aperto da due servitori: mi ritrovai come d’incanto in un immenso spiazzo di acciottolato, circondata da statue di marmo e fiori di ogni specie.

Mr. Sanford fermò il carretto di fronte ad una grossa scalinata di marmo e mi aiutò a scendere.

Siamo arrivati!” disse.

Sollevai il capo cercando di abbracciare con lo sguardo l’imponente costruzione che avevo di fronte.

Il castello dei Greystone doveva essere stato costruito in varie epoche, perché racchiudeva in sé stili architettonici differenti.

Aveva uno strano aspetto, come se un’artista folle avesse mescolato insieme i pezzi di diversi mosaici.

L’ala più a est era evidentemente la più antica, con le sue torri, i bastioni merlati e le piccole finestrelle ogivali, ricavate nella roccia.

Era quel che restava di una fortezza medievale e il tempo e i rimaneggiamenti successivi non ne avevano minimamente intaccato l’aspetto minaccioso.

Il lato ovest, invece, era di più recente costruzione: non doveva avere più di un paio di secoli.

Sulla facciata, gli eleganti fregi ingentilivano le mura di solida roccia e gli ampi finestroni impreziositi da tende ne spezzavano la continuità, donando all’insieme un aspetto più moderno ed accogliente.

Persa nei miei pensieri, non mi accorsi che Mrs. Lawrence aveva aperto l’uscio e mi sorrideva cordiale.

Fa un certo effetto, non è vero?” commentò amabilmente l’anziana signora, vedendomi frastornata.

Non ho mai visto niente di simile!” risposi, salendo le scale per andarle incontro.

Sono Mrs. Lawrence, la governante, per qualsiasi cosa si rivolga a me. Sono io ad occuparmi dell’organizzazione di tutta la casa.” disse con un sorriso bonario non appena fummo una di fronte all’altra.

Tese la mano e strinse la mia con calore “benvenuta Mrs. Summers, non appena si sarà sistemata, conoscerà la sua giovane allieva”.

La ringrazio, è molto gentile” risposi grata e piacevolmente stupita da tanta ospitalità.

Attraversammo l’atrio ed il corridoio che portava alle stanze del piano terra. Era tutto così incredibilmente grande e lussuoso che mi sentii ancora più piccola e fuori posto col mio misero vestito di flanella grigio.

Mrs. Lawrence mi fece accomodare in un accogliente salottino accanto al caminetto acceso e mi servì una tazza di tè bollente.

Sarà stanca Mrs. Summers, immagino che il viaggio per arrivare fin qui sia piuttosto lungo. Spero che sia andato tutto bene!” disse con partecipazione mentre mi porgeva il vassoio con i dolci.

Mi chiami Elisabeth, la prego” replicai.

Lei annuì in segno di assenso.

In effetti, il viaggio è stato abbastanza faticoso, ma alla locanda ho potuto riposare e riprendere le forze. Sono stati tutti molto gentili con me.”

Ne sono lieta!” esclamò versando dell’altro tè nella sua tazza già vuota.

Poi sollevò lo sguardo su di me, sembrava quasi preoccupata “Non immaginavo fosse così giovane!” disse in uno strano tono.

Non lo sono poi così tanto!” mi schernii io “sono già alcuni anni che insegno al Saint James…”

Oh, non intendevo questo, non mettevo in dubbio le sue doti d’istitutrice. Questo è un posto molto isolato, se non si esclude la possibilità di andare a Greenville ogni tanto, non è certo il posto più adatto per una ragazza in età da marito, soprattutto se così carina.” Ribatté piuttosto frettolosamente.

Arrossii mio malgrado.

Ho sempre vissuto al Saint James, con pochi contatti col mondo esterno e non è stato mai un problema per me. A parte le funzioni religiose, la spesa al mercato e le visite a qualche famiglia della zona, non è che facessi molta vita mondana.” Precisai con convinzione.

Osservò per un attimo la mia severa acconciatura e il mio semplice abito grigio

Credo che non abbiate avuto una vita facile e spensierata, neanche prima.” Mormorò guardandomi negli occhi.

Vedrà che qui, nonostante l’isolamento, si troverà bene. Quando non è impegnata con la sua allieva potrà disporre del suo tempo come crede. A Greystone Hall non ci sono ritmi imposti, né un’eccessiva severità, solo tre semplici regole di prudenza.”

Vedendo che aveva catturato la mia attenzione, proseguì.

Per prima cosa, non si può uscire quando cala l’imbrunire, perché la nebbia diventa un nemico altrettanto temibile dei lupi, che si aggirano di notte nella brughiera.

Inoltre, è salutare tenersi ben distanti dalla palude: ci sono le sabbie mobili e nessun essere vivente che vi si è addentrato ne è mai uscito.

Infine, è vietato andare nei torrioni dell’ala est. In quella parte del castello i pavimenti sono fatiscenti e, finché non saranno ristrutturati, è proibito l’accesso a chiunque, compresa la servitù. E’ solo per evitare spiacevoli incidenti…”

Tutto chiaro?” mi chiese infine sorridente e tranquilla, come se avesse appena esposto il menù della cena.

Si.” Risposi soltanto, mentre un nuovo senso d’inquietudine tornava ad annidarsi nella mia mente.

Ora la farò condurre nella sua stanza da Mary, una delle cameriere. Quando si sarà sistemata conoscerà la duchessina Claire. Mi raccomando di non farsi impressionare negativamente dal suo atteggiamento, è soltanto una bimba di sei anni che gioca a fare l’adulta sofisticata. E’ molto sola ed è stata un po’ viziata”.

Non mi fermo mai alle prime impressioni!” assicurai “inoltre, sono qui proprio per darle un’educazione completa…”

Sono sicura che sarà bravissima” intervenne rassicurante Mrs. Lawrence.

Spero che la duchessa sia d’accordo con lei!” le risposi d’impulso.

Esitò, guardandomi confusa, poi scosse la testa “la duchessa è morta cinque anni fa e il duca non vuole che la si nomini in questa dimora. Non deve mai menzionarla.”

Vedendomi turbata, abbassò il tono della voce e mi si avvicinò, guardandosi intorno con circospezione “Elisabeth, le dirò la verità, ma giuri di non fare mai parola di quanto le verrà confidato”

Può fidarsi di me, le giuro che non dirò niente” le risposi seria.

Claire non è figlia del duca, lui l’ha scoperto poco dopo la sua nascita. Nonostante questo, ha continuato ad occuparsi della bambina, trattandola come se fosse stata sua: vive nel lusso, circondata da persone che si occupano di lei. Non le ha fatto mancare mai niente, tranne forse un po’ più di presenza da parte sua. Ma del resto è sempre molto impegnato: segue personalmente la gestione di tutti i suoi possedimenti che si estendono per miglia e miglia, con centinaia di fittavoli e lavoranti. Gli rimane poco tempo per fare altro, l’unico suo hobby è andare a caccia nella brughiera e spesso la notte si ferma a dormire nel cottage di legno, al di là del boschetto.”

Dovetti assumere un’espressione pensierosa, perché Mrs. Lawrence s’interruppe come in attesa.

In effetti, volevo porle una domanda.

Quando potrò conoscere il duca? Vorrei ringraziarlo per avermi assunto e per l’ospitalità con cui sono stata accolta” chiesi semplicemente.

Il duca passa poco tempo qui al castello e difficilmente fa ritorno prima di sera. Non so quando riuscirà ad incontrarlo. Come constaterà di persona, sua signoria è un uomo riservato e solitario”.





Pranzai insieme alla governante in un piccolo soggiorno adiacente alle cucine.

Mangiamo sempre qui, è più raccolto” mi spiegò l’anziana donna, vedendo che mi guardavo intorno curiosa.

E’ una stanza molto carina e accogliente” replicai sincera.

La preferivo indubbiamente a qualsiasi enorme, gelido salone. Era più consona al mio modo d’essere e ai miei gusti semplici.

Sembrò soddisfatta dalla mia risposta.

Anch’io la preferisco” mi sorrise “usiamo il salone solo le rare volte in cui c’è il duca. Anche Claire mangia qui con me”.

A proposito, dov’è la mia allieva?” chiesi “non sta bene per caso?”

Oh, no sta benissimo! Ha voluto restare nella sua stanza, stava giocando col suo baule di vecchi abiti e non sono riuscita a farla scendere, Mary le ha portato il pranzo di sopra…”

Si interruppe, leggendomi in viso un’espressione di disapprovazione.

Lo so Elisabeth cosa sta pensando e ha ragione. Mando avanti un intero castello, ma non riesco a gestire una bambina di sei anni. Sarà che ormai ho una certa età e l’ho vista nascere, ma alla piccola Claire non riesco a negare nulla!”

Non mi deve spiegazioni, io non…” intervenni.

Lo so che non ha detto nulla, ma volevo esporle la situazione. D’altra parte il suo compito sarà proprio d’insegnarle le buone maniere, oltre che d’istruirla” mi guardò un attimo pensierosa.

Per il resto del pranzo chiacchierammo amabilmente di vari argomenti, evitando con cura di menzionare gli abitanti del castello.


Fu solo nel pomeriggio che potei incontrare la mia allieva: Mary mi accompagnò in biblioteca dove la trovai ad attendermi in compagnia di Mrs. Lawrence.

Era una bimba graziosa, dai lunghi boccoli castani e gli occhi dello stesso colore.

Notai che indossava un abito eccessivamente sfarzoso per la sua età.

Al mio ingresso, mi fissò con aria interrogativa, scrutandomi dalla testa ai piedi.

Claire, questa è Mrs. Elisabeth Summers la tua nuova istitutrice!”

Mrs. Lawrence le sorrise incoraggiante “Sii gentile e dalle ascolto, d’accordo?”

La bambina annuì e mi fece un inchino che ricambiai .

Buongiorno Claire. Ti dispiace se ci diamo del tu?” le chiesi per rompere il ghiaccio.

Per tutta risposta scosse la testa, poi assunse un’espressione risoluta e replicò “Buongiorno Elisabeth, non sei vecchia come pensavo…”

Claire!” intervenne Mrs. Lawrence.

L’anziana governante si sforzava di non ridere, ma i suoi occhi la tradivano.

Non si preoccupi, la lasci finire” dissi sorridendo e rivolgendole uno sguardo complice.

Volevo solo dire che magari, visto che non è tanto vecchia, dopo le lezioni potremmo giocare insieme… Non ho mai nessuno per giocare, tranne qualche volta Mary o Mrs. Lawrence”

Facciamo così” le dissi avvicinandomi “se seguirai con attenzione le lezioni e studierai diligentemente, avanzerà del tempo per il gioco…”

Claire mi sorrise con aria furba e mi allungò la sua manina da stringere.

Allora… affare fatto!”

Affare fatto!” risposi mentre Mrs. Lawrence osservava compiaciuta la nascita di una nuova amicizia.


Passammo in biblioteca il resto del pomeriggio.

Impiegai diverso tempo per far concentrare Claire sulla lezione, cosa che coi miei piccoli allievi del Saint James non era mai accaduta.

Immaginai fosse abituata ad assecondare la sua irrequietezza, quindi usai molta pazienza e qualche piccolo trucco per tenere desta la sua attenzione.

Alla fine del pomeriggio, mi sentii comunque soddisfatta del mio primo giorno d’insegnamento: molta strada era ancora da fare, ma vedevo già dei piccoli miglioramenti.

Anche la stanza assegnataci per le lezioni mi piaceva, aveva una forma particolare, un esagono, con le pareti ricolme di libri: testi, romanzi, poesie, saggi… non mancava nulla, c’erano persino alcune edizioni originali risalenti a secoli precedenti.

Avrei potuto passarvi l’intera vita a leggere, senza mai annoiarmi.

Sulla parete di fronte all’entrata, un enorme caminetto dagli alari d’ottone diffondeva un confortante tepore e due immensi finestroni donavano un’ampia veduta del giardino circostante, riempiendo la stanza di luce.

La mia camera, constatai, era situata in quello stesso lato del castello: la visuale che avevo del giardino aveva quasi la stessa angolazione.

Fu proprio confortata da quest’idea, che quella notte osai scendere in biblioteca, nonostante tutti fossero già coricati e ogni cosa immersa nel buio più totale.

Non sono una persona particolarmente coraggiosa, ma neanche mi spavento facilmente: se avessi dovuto attraversare un lungo tratto, in tutta quell’oscurità, probabilmente non l’avrei fatto. Ma calcolai che, al più, avrei dovuto fare un piccolo tratto di corridoio, scendere la scala ed avrei raggiunto la meta in pochi minuti.

Preferivo tentare piuttosto che continuare a rigirarmi sotto le coperte. Erano ore che provavo a prendere sonno, senza riuscirci. Forse era dovuto alla stanchezza accumulata o all’emozione per la mia nuova vita, ad ogni modo, pensai che l’unica soluzione fosse scendere a prendere un libro: mi avrebbe tenuto compagnia e aiutato a rilassarmi.

Così indossai la mia unica vestaglia, ormai lisa, accesi il lume che era sul comodino accanto al letto, e mi avventurai fuori dalla mia stanza.

Scesi le scale, con un po’ di timore, le ombre distorte dal lume sembravano allungarsi su di me, risvegliandomi ancestrali paure e, quando mi ritrovai di fronte una vecchia armatura, sussultai rischiando di cadere.

Ripresi il controllo delle mie emozioni, dandomi della stupida, e proseguii nella mia discesa.

Ma quando, finalmente, giunsi di fronte alla biblioteca, mi arrestai sorpresa: alte fiamme guizzavano nel camino acceso, colorando la stanza di un leggero chiarore.

Qualcuno sedeva godendosi il fuoco.

Non riuscivo a scorgerne la figura, nascosta dall’alto schienale, ma capii che si trattava di un uomo.

Avevo intravisto il luccichio di un paio di stivali neri ed un lungo mantello, dello stesso colore, giaceva per terra vicino all’ingresso.

Arretrai imbarazzata, ero scesa senza pensare ad un’eventualità del genere, ed ora mi ritrovavo in vestaglia e con i lunghi capelli sciolti sulle spalle.

Pensai ad una ritirata strategica, non volevo certo che il duca mi vedesse in quelle condizioni! Visto che era di spalle alla porta, tentai di tornare sui miei passi nella convinzione di non essere stata scorta.

Non se ne vada, entri Mrs. Summers” una voce calda ed avvolgente mi fece sussultare.

Mi dispiace…non volevo disturbare, non sapevo ci fosse qualcuno, ero qui solo per un libro…” farfugliai, cercando di scusarmi, ma non mi mossi di un passo.

Entri” ripeté questa volta con un tono che non ammetteva repliche.

Avanzai di due passi, stringendomi nervosamente la vestaglia al collo.

Il duca si alzò voltandosi verso di me, con un movimento così aggraziato che quasi non me ne avvidi.

Dava le spalle al fuoco e non riuscivo a vederlo in viso, ma sentii che mi stava osservando.

Era piuttosto alto ed aveva una figura snella e prestante, indossava pantaloni neri ed una camicia dello stesso colore.


Si avvicini, non avrà paura di me?! Non approfitto di donne indifese” mi schernì con ironia.

La sua mancanza di tatto mi irritò, facendomi accantonare il riserbo, e mi avvicinai senza esitazioni.

Inclinò il capo da un lato come per vedermi meglio, ma non prestò molta attenzione al mio abbigliamento, mi fissò in viso e rimase sorpreso.

Mrs. Lawrence non mi aveva informato di quanto fosse giovane e…” s’interruppe.

Anch’io fui stupita dal suo aspetto.

Contrariamente a quanto avevo immaginato, era uomo giovane e attraente. Mi colpì particolarmente il colore dei suoi capelli: erano di un biondo così chiaro da sembrare raggi di luna.

Fu però quando incontrai il suo sguardo che mi ritrovai, attonita, ad annegare negli occhi più blu che avessi mai visto.


Mi sentii sprofondare in quel mare che si andava facendo più scuro e profondo, per quanto tentassi non riuscivo a distogliere le sguardo, finché non provai un senso di vertigine.

Il duca sussultò battendo le palpebre e voltò il viso.

Aveva un’espressione tesa, sconvolta.

Se ne vada di qui finché è in tempo!” disse con voce alterata, arretrando di un passo.

Ho fatto qualcosa che le ha dato fastidio?” gli chiesi dispiaciuta.

Non capivo il perché di quel repentino cambiamento d’umore.

No, lei non ha fatto niente…non volevo spaventarla” mi rispose con quella voce, di nuovo calda ed avvolgente “è solo che Greystone Hall non è un posto adatto a lei!”

Tirai un sospiro di sollievo, non voleva mandarmi via e questo per il momento mi bastava, anche se non riuscivo a capire cosa ci fosse in me, da farmi ritenere così inadatta a quei luoghi.

Il duca, di certo, non poteva saperlo, ma avevo vissuto in condizioni assai più difficili nella mia giovane vita!

Non feci altre domande, d’altro canto non avrei saputo dove andare: senza quel lavoro d’istitutrice non avevo niente.

Lasci che sia io a deciderlo” replicai risoluta, sollevando il volto verso di lui con aria battagliera.

Mi guardò con una strana espressione, inclinando il capo di lato, come se mi vedesse davvero solo ora.

Annuì pensieroso “D’accordo, lascerò a lei la decisione… ”.

La ringrazio, non se ne pentirà!” risposi sollevata.

Spero che abbia ragione..” mormorò, seguendo con lo sguardo i miei lunghi capelli.

Non appena l’apprensione per le mie sorti si fu dileguata, tornai a sentirmi in imbarazzo, conscia del mio aspetto poco consono.

Col suo permesso, torno nella mia stanza…” iniziai, mentre cercavo di allontanarmi.

Avevo quasi raggiunto la porta, quando la sua voce mi fermò.

Elisabeth!” disse, pronunciando il mio nome in un tono sommesso che mi diede i brividi.

Mi voltai lentamente.

Le dispiace se la chiamo per nome?” mi chiese, vedendomi arrossire.

No, affatto!” risposi sulla difensiva.

Non dimentichi di prendere il suo libro…” mi lanciò un’occhiata divertita sollevando il sopracciglio sinistro.

No, certo” replicai frettolosamente e presi il primo libro che trovai.

Sorrise, “Buonanotte Elisabeth…” e si mosse inchinandosi elegantemente, armonioso come un felino.

Risposi inchinandomi a mia volta. Volevo accomiatarmi e mi accorsi che non sapevo nemmeno il suo nome.

Buonanotte…. Milord!” mormorai.

Il mio nome è William” disse, come se mi avesse letto dentro.

Lo guardai confusa e l’uomo distolse lo sguardo, avvicinandosi al camino.

Lord William Drake III, duca di Greystone”. Ripeté con una punta di tristezza nella voce.

Buonanotte lord Drake” lo salutai.

Sembrò non avermi udito, rimase a fissare il fuoco con lo sguardo perso dinanzi a sé.

Solo fuori dalla stanza, avvolta dall’oscurità, mi voltai. Riuscii a scorgere chiaramente il suo profilo, illuminato dalle vive fiamme. Luci ed ombre giocavano sul bel viso, seguendone ed esaltandone i maschi contorni.

Forse lo immaginai ma, mentre mi allontanavo, mi parve di scorgere una lacrima solitaria, scendere silenziosa.




Tornai velocemente nella mia stanza.

Non saprei spiegarlo razionalmente, ma sentivo che quell’incontro nel cuore della notte avrebbe cambiato per sempre il corso del mio destino.

Solo dopo diverso tempo, confortata dalla lettura, cedetti alla stanchezza e mi addormentai.

Non ricordo cosa sognai, so solo che la sensazione di stordimento provata nell’incrociare quegli occhi tempestosi mi accompagnò costantemente durante il sonno.


Fui svegliata di buon ora dalla pioggia che batteva insistente sulle imposte.

Mi stiracchiai pigramente. Potevo prendermela comoda, la passeggiata che avevo programmato era saltata.

Avrei voluto visitare l’immenso giardino che circondava gran parte del castello: Mrs. Lawrence me ne aveva parlato in toni entusiastici, decantando in particolare la magnificenza del roseto.

Ho sempre amato le rose e Claire si era offerta di farmi da cicerone.

Il tempo, però, non sembrava volerne sapere di migliorare e il mio secondo giorno a Greystone Hall si preannunciava tranquillo e sonnolento.


Niente lasciava presagire gli accadimenti di cui sarei stata protagonista quello stesso pomeriggio.


Era tutto il giorno che Claire era irrequieta, si lamentava per la permanenza forzata in casa: la pioggia non aveva cessato un istante di cadere e fuori si riversavano torrenti d’acqua.

Comprendevo che per una bambina non fosse facile vivere così isolata e cercai di tranquillizzarla, le lessi racconti e buffe filastrocche, tentando di rendere la lezione un piacevole intermezzo.

Alla fine, vedendola ancora triste ed abbattuta, le promisi che al termine avremmo fatto dei giochi.

Claire s’illuminò “giochiamo a nascondino!” disse più allegra.

D’accordo, ma prima terminiamo i compiti!” risposi sollevata dal cambiamento d’umore della mia allieva.


Fu così che riuscii a terminare la mia lezione e fu così che mi ritrovai nei guai.


Le dissi che avremmo usato solo lo studio e il salottino per nasconderci, non si potevano usare altre stanze, né tanto meno uscire: volevo essere sicura che non si allontanasse troppo.

Claire accettò le condizioni di gioco senza discutere ma, quando fu il suo turno di nascondersi, mi tirò un brutto scherzo.

Terminato il conto, alzai lo sguardo e trovai la porta-finestra che dava sul giardino spalancata. La chiamai a gran voce “Claire, dove sei? Il gioco è finito torna qui!” ma niente.

In preda all’ansia la cercai nelle due stanze vicine e, non trovandola, mi misi a scrutare fuori in giardino.

Stava facendo buio e la nebbia cominciava a formarsi. Non ci pensai due volte e, nonostante Mrs. Lawrence, accorsa ai miei richiami, tentasse di dissuadermi, m’infilai il mantello ed uscii a cercare la bambina.

La governante preoccupata, nel frattempo, aveva chiamato la servitù perché cercasse la piccola in casa. Tutti si misero in azione, setacciando le numerose stanze del castello.

Nessuno, però, volle uscire con me alla sua ricerca.


L’aria gelida mi sferzava il volto, mentre annaspavo in quella semioscurità ovattata.

Non riuscivo a vedere a un metro dal mio naso, ma continuai a camminare chiamando il suo nome.

Sentii un fruscio dietro di me e mi voltai di scatto “Claire, basta torniamo dentro!” urlai in preda allo sconforto.

Nessuna risposta.

Claire ti prego…” cominciavo ad agitarmi.


La nebbia si stava facendo più densa e riuscivo a malapena a scorgere il chiarore delle luci di Greystone Hall.

Di nuovo, dei sordi rumori, passi veloci, muoversi di cespugli.

Sobbalzai.

Mi ricordai del sogno e tentai di tornare verso il castello.

Claire” continuavo a chiamare, mentre dalla casa sentivo un sommesso vociare, senza riuscire a distinguere le parole.

Non riuscivo ad orientarmi, gli ostacoli che trovavo sul mio cammino mi portavano a giri senza senso.

Mi sentivo osservata, come se qualcuno mi seguisse, come una preda…

Sudavo freddo e mi tremavano le mani.

Ero sicura di non stare impazzendo: qualcuno si muoveva tra la vegetazione, nascosto dall’oscurità e dalla nebbia.

Mi sentii sfiorare e trasalii, spostandomi velocemente in avanti.

Una sagoma alta e imponente mi si parò davanti: sembrava sbucata dal nulla.

La nebbia si diradava leggermente mentre si avvicinava, lasciando intravedere una figura avvolta in un ampio mantello.

Ero in trappola.


Elisabeth” mi chiamò e riconobbi la voce penetrante del duca.

Sono qui!” gridai, mentre cominciavo a distinguere i tratti del suo viso.

Cosa ci fa fuori a quest’ora…” iniziò, ma s’interruppe come per ascoltare qualcosa.

I rumori dietro di me erano cessati.

Di là…” dissi indicando l’oscurità che mi circondava “…c’è qualcuno…qualcosa mi seguiva…” riuscii a dire, nonostante fossi ancora terrorizzata.


Mi osservò per un istante e senza dire una parola mi sollevò prendendomi in braccio, senza alcuno sforzo, come fossi stata una piuma.

Non serve…” protestai imbarazzata.

Così faccio prima a riportarla al castello” rispose sbrigativamente.

Sembrava preoccupato e in collera “Non doveva uscire! Non conosce le regole?”.

Claire…” dissi e gli spiegai cosa era accaduto.

Mi guardò per un momento negli occhi “E’ una donna coraggiosa, ma avventata. Mi prometta che non uscirà più di sera…altrimenti non potrà restare qui!”

Lo prometto” dissi, distogliendo lo sguardo da quegli occhi che sembravano leggermi dentro.

Stia tranquilla” aggiunse in tono più dolce “Claire non è qui fuori. Lo saprei…”

Volevo chiedergli come, ma mi precedette.

Si osservò una mano, era insanguinata.

E’ ferita” disse guardandomi il braccio.

Avevo la manica del vestito lacerata ed un taglio superficiale di una decina di centimetri, da cui il sangue stillava copioso.

Dovevo essermi impigliata in qualche ramo e non me n’ero neanche accorta.

Lo vidi distogliere di scatto gli occhi e dilatare le narici, come in uno sforzo di concentrazione.

E’ meglio affrettarsi…” disse “…bisogna medicarla subito!”


Percorse un lungo tratto, avanzando sicuro nonostante il buio sempre più intenso.

Sembrava a suo agio nell’oscurità, gli occhi fissi di fronte a sé, dimentico della mia presenza tra le sue braccia.

Percepivo la sua forza e, nonostante la sua vicinanza mi mettesse a disagio, mi sentivo al sicuro.

Al sicuro per la prima volta, da quando avevo lasciato il Saint James per le brughiere desolate del Devonshire.



La porta-finestra dello studio era stata chiusa, così come il portone d’ingresso principale.

Lord Drake diede dei pesanti colpi al battente che echeggiarono nel buio come spari.

Aprite, sono io!” tuonò il duca.

George, uno dei servitori più anziani, venne ad aprire di corsa e lo vidi sospirare di sollievo alla mia vista.

Il duca mi depose in piedi solo quando il pesante portone venne rinchiuso, alle nostre spalle, assicurato col chiavistello.

In quei pochi istanti Mrs. Lawrence e gran parte della servitù si erano radunati nell’atrio. Sembravano sorpresi dalla nostra presenza, ci guardavano impietriti come fossimo fantasmi.

Fu l’anziana governante a rompere il silenzio.

Ringraziando il cielo, è salva Elisabeth! Per fortuna Lord William…”

Dov’è Claire?” chiese impazientemente l’uomo al mio fianco, con un’espressione indefinibile in volto.

E’ di sopra nella sua stanza, non è mai uscita, si era nascosta in casa…abbiamo provato a richiamare Elisabeth, ma non riusciva a sentirci, si era allontanata troppo dal castello…”

Il duca arrestò le parole concitate dell’anziana donna con un gesto secco della mano.

Fatela scendere e…” mi lanciò una breve occhiata “portate un bicchiere d’acqua a Mrs. Elisabeth e delle bende per la medicazione” concluse indicando rapidamente la ferita.

Poi, sorreggendomi delicatamente per un braccio, mi condusse alla poltrona di fronte al caminetto acceso, seguito da Mrs. Lawrence.

Susan prendi la tintura di iodio” ordinò la donna ad una delle cameriere, guardandomi preoccupata.

Lord Drake aveva un’espressione tesa, notai che evitava con cura di guardarmi il taglio sul braccio.


La bimba, accompagnata da Mary, ci raggiunse in biblioteca.

William!” esclamò sorpresa, correndo incontro al duca.

Ma Lord Drake rimase impassibile, nè un gesto, nè una parola: era davvero in collera.

Claire lo capì ed iniziò a piagnucolare, leggendo sui nostri volti la gravità dell’accaduto.

Era solo uno scherzo…” si scusò singhiozzando.

Hai uno strano modo di scherzare… Eppure sai che è pericoloso uscire all’aperto dopo l’imbrunire. Quello che hai fatto poteva costare caro ad Elisabeth…”

Ma io non credevo sarebbe uscita…nessuno l’avrebbe fatto…volevo solo spaventarla un po’…per gioco”

Invece Elisabeth è uscita per te, perché era preoccupata per quello avrebbe potuto capitarti!” gli occhi lampeggiarono d’indignazione, passando dal blu al nero.

Lord Drake avanzò d’un passo indicando alla bambina il mio braccio ferito.

Questa è la conseguenza della tua sconsideratezza, ed è un caso fossi nelle vicinanze, altrimenti…” la sua frase si spense, lasciando aleggiare esiti ben più drammatici d’una ferita superficiale.

Claire guardò il mio braccio, poi me, sussurrando “mi dispiace Elisabeth, non lo farò più…”

Annuii accennando un sorriso tirato, in segno di perdono.

Il duca chiuse gli occhi per un attimo, tentando di riconquistare la calma.

Si avvicinò a Claire, inginocchiandosi per parlarle, guardandola bene in viso.

Ogni azione ha delle conseguenze e la tua sventatezza poteva averne di molto gravi. Spero che tu lo capisca…”

Sì, mi dispiace…non avrei mai voluto mettere in pericolo Elisabeth…”

Ora Mary ti accompagnerà di sopra. Per punizione, cenerai da sola nella tua stanza!”

No ti prego, non stasera che ci sei tu…Non ti fermi quasi mai a desinare con noi…”

Lord Drake si rialzò torreggiando sulla bambina “non discutere Claire…” disse stancamente “…avremo altre occasioni di cenare insieme, mi tratterò al castello per qualche tempo”.

All’espressione sorpresa di Mrs. Lawrence, spiegò “…ho alcuni affari da sbrigare qui a Greystone Hall”.


Poco dopo, tornai nella mia stanza per rinfrescarmi e cambiarmi d’abito: avremmo cenato nel salone, quella sera.

Avevo solo un vestito che usavo nelle occasioni speciali, celeste chiaro con qualche piccolo ricamo, non era niente di straordinario, ma poteva andare. Mi spazzolai a lungo i capelli, per acconciarli poi alla solita maniera. Mentre appuntavo le ciocche ribelli, mi accorsi che le mani continuavano a tremare. Non era il dolore al braccio, ormai quasi del tutto sopito, solo il ricordo delle sensazioni provate in quell’oscurità opprimente. Mi avvicinai istintivamente alla finestra, per scrutare attraverso i vetri, volevo capire cosa ci fosse lì fuori, in agguato.

Non era un lupo, di questo ero certa, ma qualcosa di più grosso e intelligente: qualcosa di malvagio.

Sussultai spaventata dalle mie stesse elucubrazioni, chiusi in fretta le imposte e mi allontanai dalla finestra con l’angosciante sensazione di essere osservata a mia volta.


Stavo ormai chiudendo la porta, pronta a scendere, quando udii un sommesso bisbigliare.

Si udivano solo stralci di conversazione, ma riconobbi comunque le voci: si trattava di Mrs. Lawrence e Lord Drake. Stavano discutendo della bambina.

Dovevano essersi fermati a parlare lungo la scalinata, perché le voci soffocate giungevano al corridoio delle stanze da letto.


...Non si deve angustiare in questo modo… sicuramente non credeva che Elisabeth sarebbe uscita a cercarla…” la governante parlava in maniera concitata.

Un lungo silenzio.

Infine udii il duca parlare con una voce talmente addolorata, che faticai a riconoscerla

Lo spero….spero davvero che non assomigli a sua…”

Santo Cielo, Milord, non lo dica nemmeno…” fu la risposta scandalizzata della governante.


Seguì un tenue brusio, poi il tono si abbassò gradualmente e non riuscii più a sentire altro.





Attesi qualche istante e poi mi risolsi a scendere.

Continuavo a rimuginare su quella strana conversazione, dovevano riferirsi alla defunta duchessa. Chissà che donna era stata, perché nessuno la nominasse se non con disprezzo.

Provai compassione per Lord Drake, doveva aver sofferto molto.


L’immenso salone era stato illuminato con diverse lampade che lasciavano, tuttavia, alcuni punti della stanza in penombra. Sulla lunga tavola, riccamente imbandita, torreggiavano due grossi candelieri d’argento massiccio che, coi loro giochi di luce, rendevano l’ambiente caldo e raccolto.

Non avevo mai desinato in una stanza così elegante e, di fronte ai raffinati abiti del duca, mi sentii ancor più fuori posto.


Io e Mrs. Lawerence sedevamo una di fronte all’altra, dando il fianco a Lord Drake.

Mi sentivo scrutata. La forza di quell’impenetrabile sguardo blu mi riverberava addosso come le onde del mare.

La conversazione si tenne su argomenti di carattere generale.

Il duca mi rivolse qualche domanda sulla mia vita prima del mio arrivo a Greystone Hall.

Mi rendevo conto che si trattava di mera cortesia e risposi descrivendogli il Saint James e la vita al suo interno.

Notai che, durante la conversazione, il duca non incrociava mai il mio sguardo per più di qualche istante.

Ne fuggiva, dedicandosi alle libagioni o lasciando, più semplicemente, che i suoi occhi vagassero incessantemente per la stanza.


Anche Mrs. Lawrence, di solito così ciarliera, era piuttosto silenziosa.

La sorpresi più volte a guardare preoccupata dall’uno all’altro.

La fissai di rimando e mi sorrise a disagio.

Sono preoccupata per la piccola Claire, lassù nella sua stanza tutta sola…” disse come per scusarsi.

Lasci che sconti la sua lieve punizione!” intervenne Lord Drake, seccamente.

E’ ora che quella bambina impari un minimo di disciplina…”


Il suo sguardo preoccupato mi colpì e lo sostenni con partecipazione.

Inaspettatamente mi sorrise, un sorriso triste e lontano, un sorriso strano sul volto di un uomo tanto ricco e bello.

Mrs. Lawrence lasciò cadere la forchetta nel piatto rumorosamente e il duca riassunse la sua espressione impenetrabile.


Mrs. Summers, desidero che ordiniate al villaggio dei nuovi abiti e quanto altro vi risulti gradito o necessario…” disse ad un tratto l’uomo, smettendo di sorseggiare il vino.

Vedendo la mia espressione sorpresa e imbarazzata, aggiunse con indifferenza “…per sostituire l’abito rovinato per colpa di Claire…”

Non è necessario, la ringrazio, posso rimediare con un piccolo rammendo….Non mi occorre nulla, davvero!”

Risposi allegramente cercando di rifiutare la generosa offerta, senza offendere il gentiluomo che l’aveva fatta.

Insisto.” Replicò deciso.

E’ il mio modo di scusarmi per il comportamento di…” esitò “….mia figlia!”.

Sembrava irremovibile e non potei fare altro che accettare.


Terminata la cena, Lord Drake mi chiese se sapevo suonare il pianoforte.

Un poco, non troppo bene…” risposi.

Sono sicuro che è troppo modesta, Mrs. Elisabeth. La prego suoni qualcosa, questa casa è sempre così silenziosa…”

Il tono con cui lo disse, mi convinse più delle lusinghe.

Mi sedetti e suonai, suonai per lui che mi osservava col viso animato dal tremolare delle candele.


Quella notte, nonostante la giornata intensa, dormii profondamente e il mattino successivo mi svegliai molto presto: fuori era ancora buio.

Dopo essermi lavata e vestita, scesi al piano inferiore, piena d’energia.

Malgrado tutto quello che era accaduto, mi sentivo serena e pronta ad affrontare una nuova giornata.


Ma qualcuno era stato ancor più mattiniero.

Il salottino era illuminato e la governante ed il duca stavano conversando.

Stavo per entrare, dando loro il buongiorno, quando mi accorsi che parlavano di me.

Presa dalla curiosità mi fermai ad ascoltare.

Non spetta a me dirle niente Milord, sono solo una vecchia che l’ha visto crescere. Mi preoccupo per lei e anche per Mrs. Elisabeth. E’ una cara ragazza e molto giovane, non vorrei soffrisse. Potrebbe fraintendere, illudersi….”

Non dica sciocchezze, sono solo stato cortese.” Replicò l’uomo.


Poi udii la voce del duca divenire più profonda, permeata di un dolore che la faceva vibrare.

Non mi aspetto altro che solitudine, ma lasci almeno che per qualche giorno m’illuda di poter avere una vita normale”.

Rise amaramente.

Stia tranquilla Mrs. Lawrence, la coscienza di ciò che sono, non mi abbandona mai!”




Al soffuso chiarore della luna piena che lasciava filtrare i suoi raggi argentei tra le imposte, la sua pelle m’apparve di un candore marmoreo.

Era la quarta notte che egli dormiva sotto il nostro stesso tetto.


Le ultime giornate era trascorse serenamente, avevo già assunto qualche piccola abitudine. Il mattino lo dedicavo ad esplorare il giardino e, a volte, mi spingevo fino nella brughiera.

Avevo iniziato a raccogliere dei fiori particolari per essiccarli e mi deliziavo della natura incontaminata che mi circondava. Ogni giorno, una scoperta: un angolo particolarmente suggestivo, una rara specie d’uccelli oppure qualche farfalla dall’esotica colorazione.

Nel pomeriggio tenevo le mie lezioni a Claire. La bimba, dopo quella spaventosa sera, si era sempre dimostrata molto attenta e, per farsi perdonare, era divenuta un’allieva diligente e volenterosa.


Era la sera, però, la parte della giornata che preferivo.

Al tramonto, dopo essersi occupato delle piantagioni intorno a Grystone Hall, Lord Drake faceva rientro al castello.

Mi accorsi di attendere con particolare sollecitudine il suo arrivo.

Sebbene scambiassi col duca solo qualche frase di circostanza, per lo più durante la cena, bastava la sua presenza per farmi sentire al sicuro, protetta.


Non posso negare che le parole pronunciate da Mrs. Lawrence, quella mattina, mi avevano turbata e che fui attenta a mantenere sempre un contegno tale da non destare dubbi di sorta.

Non sono mai stata un’illusa o una sognatrice, sapevo perfettamente quale fosse il mio ruolo e la mia posizione in quella casa.

Del resto, un uomo del suo lignaggio, per di più così affascinante, poteva scegliere d’avere al suo fianco qualsiasi donna. Come era possibile che l’anziana governante pensasse ad un qualche, pur minimo interesse, per un’umile istitutrice come me?!

Mrs. Lawrence non mi conosceva ancora abbastanza da sapere che non miravo a titoli o ricchezze, nè avevo alcuna intenzione d’innamorarmi del duca.

Alfine, liquidai le sue preoccupazioni per un malinteso senso di protezione verso colui che aveva visto crescere e verso il quale nutriva sincero affetto.


Erano le parole addolorate del duca, invece, che non riuscivo a spiegarmi. Da quando le avevo udite mi riecheggiavano nella mente con insistenza, tormentandomi perché dessi loro un senso.


La camicia di seta nera si muoveva come carezzata da un vento inesistente.

Credetti di sognare mentre il suo sguardo blu notte s’accendeva di bagliori remoti. Ma il freddo tocco delle eleganti dita che sfioravano le mie labbra, era reale.


Shhhhhh, non urlare Elisabeth…non voglio farti niente…” sussurrò, allontanando la mano dalla mia bocca, con lenta eleganza.

Cosa ci fa nella mia stanza?” chiesi sorpresa e stordita dalla sua vicinanza.


Ero sveglio e ho sentito dei rumori, sembravano provenire da qui…sono venuto a controllare, ero preoccupato!” mi spiegò con quella voce calda e carezzevole.

Poi mi sorrise come per tranquillizzarmi.

Quello strano, triste, sorriso che ogni volta suscitava in me un’inspiegabile emozione, densa come un nodo alla bocca dello stomaco.

Strinsi più forte le coperte, tirandole fin sul mento: più per difendermi dai miei sentimenti che dal suo sguardo.

La porta non era chiusa a chiave….” aggiunse guardandomi in attesa d’una risposta.

Ricordo d’aver girato il chiavistello, come tutte le sere…” riflettei.

Comunque sto bene, la ringrazio per l’interessamento, Lord Drake… ” dissi tentando di mantenere ferma la voce, mentre arrossivo confusa e imbarazzata al tempo stesso.

William..” disse soltanto, arretrando di un passo “ …almeno quando siamo soli, vorrei che mi chiamassi per nome!”

Stavo per replicare, quando il suo sguardo incupì improvvisamente.

Aveva sollevato il viso, in ascolto.

Tacqui.

Un leggero rincorrersi di passi, forse più d’una persona: ora li udivo anch’io.

Si allontanavano, ma non capivo in quale direzione.

Il duca si voltò e raggiunse la porta con una tale velocità da lasciarmi sbalordita.

Rimani qui Elisabeth e chiuditi dentro!” mi ordinò, preoccupato.


Il tempo sembrò essersi fermato, mentre aspettavo il ritorno di Lord Drake.

Il rumore dei passi s’era d’un tratto fatto più acceso, come in una fuga, poi c’era stato il tonfo d’una porta sbattuta. Infine, il silenzio.

Chi poteva essersi introdotto in casa a quell’ora della notte? Era un luogo troppo isolato e protetto per attirare dei ladri, considerai.

L’agitazione mi sommergeva fino a soffocarmi, non avrei avuto pace finché non avessi visto tornare Lord Drake sano e salvo.

Passarono interminabili minuti, non riuscivo a restarmene lì, rinchiusa in quella stanza, senza fare niente. Decisi d’impulso d’agire: infilai la vestaglia, presi il lume ed uscii sul corridoio.

Tutte le porte delle stanze da letto erano chiuse, nessun altro era in piedi quella notte.

Il resto della casa dormiva, ignaro di quanto stesse accadendo.

M’avviai nella stessa direzione dove avevo sentito allontanarsi il duca.

Svoltai diversi corridoi, finché non mi ritrovai al confine con la parte più antica del maniero.

Un pesante portone chiuso da un grosso catenaccio segnava il confine con l’ala est, l’ala proibita del castello.

Esitando m’avvicinai alla porta e la fiamma del lume quasi non si spense.

Vidi che il catenaccio era stato rimosso e dall’uscio accostato filtrava un’aria gelida e caliginosa.

Dietro al cigolìo dei cardini arrugginiti, giunsero attutiti i suoni d’una lotta cruenta, rabbrividendo, indietreggiai di qualche passo.

Volevo tornare indietro per chiedere aiuto, ma le mie gambe non si mossero, bloccate dall’echeggiare sinistro d’una risata femminile.

Non saprei come descriverla, ma nemmeno la risata d’un folle avrebbe potuto gelarmi il sangue nelle vene a quel modo.

Sentivo il cuore pulsarmi impazzito nelle orecchie mentre, con la mano sulla maniglia, decidevo se scappare a cercare soccorso oppure accertarmi delle condizioni del duca.

Dopo aver sfilato una vecchia spada da una polverosa armatura, posta qualche metro più in là, mi feci coraggio e, brandendola in pugno, scostai piano la porta.

Il lume rischiarò l’entrata rivelando una figura maschile che procedeva lentamente, appoggiandosi alla parete: riconobbi Lord Drake.

Dalla lunga scia color porpora, tracciata sul muro, capii che era stato ferito piuttosto gravemente.

Mi vide e trasalì.

Vattene da qui!” mormorò, soffocando la smorfia di sofferenza che gli si stava dipingendo in volto.

Per tutta risposta m’avvicinai per soccorrerlo, illuminando così un grosso squarcio che dalla spalla gli arrivava fino al petto. Sulla guancia destra profondi graffi, sembravano prodotti da un artiglio.

Chi può averle fatto una mostruosità del genere…” chiesi, sentendomi impotente e vicina alle lacrime “….vado a chiamare aiuto, un medico…ha bisogno di un medico…” ripetei in maniera convulsa.

No, nessuno può fare niente per me!” disse afferrandomi con fermezza la mano che avevo avvicinato al viso ferito.

Guarirò presto….Vattene ora, ho perso molto sangue e non so fino a quando riuscirò a mantenere il controllo!”

Lo guardai confusa, non riuscivo a comprendere le sue parole.

La sua voce prese ad assumere un tono più profondo.

Fai presto, allontanati da me! Scappa e chiudimi dentro…non voglio farti del male..” mormorò in un ultimo sforzo.

Non capivo perché mi stesse dicendo quelle cose, sapevo soltanto che non potevo lasciarlo lì ferito e solo.

Non volevo.

Improvvisamente tolse le mani che si era portato al viso ed emanò una sorta di roco mormorìo.

Sollevai lo sguardo su di lui, su quegli occhi blu scuro, che ora erano cupi e vibravano, lanciando una sorta di vertiginoso richiamo.

Dischiuse appena la bocca ben disegnata, mentre dilatava impercettibilmente le narici.

Intravidi sconvolta un balenare di zanne.



Vampiri.

Solo leggende.

Soltanto storie narrate sottovoce, nei lunghi pomeriggi d’inverno, per spaventare i bambini e intrattenere gli adulti.


La mia anima si rifiutava di credere ciò che gli occhi gridavano alla mente.

Non so spiegare il motivo per cui esitai ad uscire, non tanto la paura mi congelò quanto la sorpresa.

Lord Drake, l’uomo che mi aveva salvato e protetto, mettendo a rischio la sua incolumità, non poteva essere una creatura malvagia e sanguinaria….No, non potevo crederlo.

Avevo visto il suo tormento, conosciuto la sua generosità e non l’avrei lasciato, solo e sofferente, alla mercé dei suoi assalitori.

In fondo al mio cuore, sentivo che non m’avrebbe fatto del male.


Strinsi nervosamente la spada che tenevo in pugno e feci scivolare l’altra mano nella tasca della vestaglia, per accertarmi che il rosario col crocefisso fosse sempre lì.

Lo portavo sempre addosso.

Suor Margaret me lo aveva donato per il mio decimo compleanno e, da allora, era il mio sostegno nei momenti difficili.

Ancora una volta, pensai, sarebbe stato la mia ancora di salvezza.


Lord Drake mi fissò un istante, come sorpreso dalla mia mancata fuga, le narici ancora leggermente dilatate, la bocca appena dischiusa.


Chiuse gli occhi, poi li riaprì: ardevano come fiamme azzurre, tempestose e seducenti.

Mi sentii pervadere ed attrarre come il mare dalla luna.

Udii il suono lontano della spada che cadeva a terra, non me ne curai, mentre il bel volto maschio diveniva così pallido da risplendere.


Mi ritrovai ad un passo dal duca.

Lord Drake s’era alzato in piedi con un unico fluido movimento e s’era fatto così vicino da sentirne il potere carezzarmi la pelle.

Mi spinse contro la parete e m’intrappolò con il suo corpo, sollevandomi il mento con le dita per incontrare le mie labbra.

Stupita mi ritrovai a baciarlo con uguale fervore. Le sue labbra morbide come seta, la sua bocca fredda come il ghiaccio, m’incendiavano d’ardenti promesse.

Mi circondò con le braccia, stringendomi a sé con forza, tanto da sentire i muscoli compatti sotto la sottile camicia di seta.


Non avevo mai provato sensazioni simili.


Con una mano prese ad accarezzarmi i lunghi capelli sciolti, scostandomi una ciocca ribelle dietro l’orecchio. La carezza proseguì lungo il mio collo, il suo tocco era gelido e terribilmente eccitante.

Presto sostituì le labbra alle dita, scivolando dalla base dell’orecchio alla trachea, indugiando con la lingua sulla giugulare, assaporando il ritmo del mio cuore.


Un lampo di dolore.

Sentii le sue zanne affondarmi nel collo, poi più nulla, solo un lento discendere.

Leggera, senza forze, m’abbandonai completamente alla sua bramosia di sangue.

Per alcuni istanti, il battito del mio cuore assunse un ritmo rapido, assordante.

Il mio cuore danzava all’unisono col suo.


D’improvviso, s’interruppe tremante e indietreggiò d’un passo, separandosi da me.


Perdonami” mi sussurrò mentre mi sollevava, prendendomi tra le sue braccia.


Attraversai i bui corridoi del castello stretta nel suo abbraccio, senza pensieri, senza peso, quasi fluttuando.

Come in un sogno, al nostro passaggio i candelabri s’accesero di vivide fiammelle, le tende e gli arazzi si mossero ondeggiando, scossi da un vento sconosciuto.

Solo la sue forte presa mi ancorava alla realtà.



Il timido sole mattutino mi svegliò inondando la stanza di luce e di tepore.

Qualcuno aveva lasciato le imposte della mia stanza aperte e le tende scostate.

Guardai per un attimo i giochi di luce sulla mia coperta, e sorrisi convinta d’aver soltanto sognato. Ma scansando le coltri per scendere dal letto, mi resi conto d’indossare ancora la vestaglia.

Portai la mano alla gola più rapidamente di quanto la mia mente riuscisse a formulare quel pensiero.

Sussultai nel sentire due piccole ferite.

Scossa, mi avvicinai lentamente alla toletta e spostai i capelli per vedere i segni sul collo: due impercettibili punture risaltavano sul mio pallido incarnato.

Rabbrividii, mentre ogni dettaglio della notte passata tornava alla mia mente, vivido e preciso.

Senza accorgermene portai le dita sulle labbra, come a voler fermare il ricordo di quel bacio gelido ed ardente.

Riuscivo ancora a sentirne l’intensità e la disperazione.

Non potei evitare d’arrossire nel ricordo della mia appassionata risposta.

Distolsi, imbarazzata, gli occhi dallo specchio e lo sguardo mi cadde sul ripiano della toletta.

Fu allora che mi accorsi della splendida rosa color carminio, posta sopra il portagioie.

Un biglietto era legato al lungo stelo, fissato da un nastro rosso.

Lo aprii rimanendo a lungo a fissare quell’elegante calligrafia, rileggendo più volte le parole scritte da Lord Drake.

Presi la rosa avvicinandola al volto: emanava un intenso profumo misto a rugiada ed era d’una bellezza elegante ed armoniosa.

Mentre la riponevo una spina mi punse un dito e, subito, il piccolo taglio prese a sanguinare.

La posai delicatamente.

Non aveva colpa per le sue spine.


Perdonami, se puoi.”

Questo aveva lasciato scritto William.

Ora sapevo di potere, l’avevo già fatto.


Mi vestii in fretta, scegliendo uno dei nuovi abiti che il duca aveva comprato per me e sistemai i capelli in un'acconciatura più morbida.

Uscii diretta alle sue stanze, dovevo assolutamente parlare con lui.

Stavo velocemente attraversando il lungo corridoio quando, d’un tratto, mi sentii afferrare per una manica: era Mrs. Lawrence.

Mi guardò con una strana espressione.


Dove sta andando così di corsa a quest’ora del mattino?” mi chiese seccamente.


Da Lord Drake, devo parlargli subito: è importante”. Risposi sinceramente.


Mrs. Lawrence mi lasciò il braccio e con voce grave mi disse “Deve stargli lontana, per il bene di entrambi….”


La guardai in viso e capii che sapeva molto più di quanto potesse sembrare.


Cosa intendeva prima? Mi dica cosa sa, la prego!” implorai.


La donna sbiancò in volto, “Non so niente, non sono che un’umile governante!”


Ma potevo leggerle la paura negli occhi.


Lord Drake, io so…” iniziai.


La governante alzò la mano per impedirmi di proseguire e mentre s’allontava aggiunse “E’ inutile che lo cerchi. Ha lasciato Greystone Hall stanotte e non tornerà!”



Non sarebbe tornato” questo pensiero mi tormentò ogni istante nei giorni che seguirono.


Lasciato da parte ogni riserbo, cercai ripetutamente d’ottenere sue notizie da Mrs. Lawrence. Ma l’unica risposta che ricevetti, fu piuttosto deludente.


Elisabeth, il duca non mi ha detto dove sarebbe andato, ha lasciato soltanto una lettera per Claire e istruzioni per la gestione della tenuta”. Mi rispose sbrigativamente.

Alla mia espressione delusa, aggiunse in tono più benevolo “Suvvìa cara, cerchi di dimenticarsi di lui. Tra voi non potrebbe esserci mai nulla, lo capisce vero? Appartenete a due mondi diversi…”.


Questo fu quanto riuscii a strapparle sull’argomento e, alla fine, dovetti arrendermi.

Aveva equivocato il motivo per cui ero tanto interessata a Lord Drake o, piuttosto, così preferiva mostrare.

Niente era ciò che sembrava in quella casa, era questa l’unica certezza che avevo.

Avrei voluto gridarle quanto fossi cosciente della nostra diversità, ma non avrei sortito effetto alcuno. L’anziana donna preferiva negare la realtà perfino a se stessa.


I primi giorni che seguirono la partenza del duca, mi rifugiai nella confortante routine dei miei compiti quotidiani.

Immaginando che anche Claire stesse soffrendo, cercai di esserle più vicina. Dopo la lezione pomeridiana, trascorrevamo il tempo che ci separava dalla cena, giocando. Più spesso, la bambina sceglieva un libro dall’enorme biblioteca e io, seduta davanti al caminetto, le leggevo ad alta voce storie magiche di pirati e principesse. Claire ascoltava rapita, ritrovando lentamente il buon umore e l’allegria.

Sovente poi, quando il sole rendeva miti le mattine, la portavo con me a passeggiare nella brughiera.

Fu proprio durante uno dei nostri vagabondaggi senza meta che scorgemmo in lontanza una costruzione in legno.


Deve essere il capanno da caccia di William” disse Claire, indicando con la mano l’elegante cottage.


Sembra piuttosto grande, per un capanno” riflettei ad alta voce.


Deve esserlo! A William piace andare a caccia e passa molto tempo fuori…” rispose la bimba, con più saggezza di me.


Ricordai, allora, che Mrs. Lawrence me ne aveva parlato il giorno del mio arrivo a Greystone Hall “…l’unico suo hobby è andare a caccia nella brughiera e spesso la notte si ferma a dormire nel cottage di legno, al di là del boschetto.”


Iniziai a sperare o, forse, a illudermi.

Decisi dunque che, non appena se ne fosse presentata l’occasione, avrei raggiunto il cottage per verificare la mia ipotesi.


Se soltanto quella sera Lord Drake non mi avesse baciato, sarebbe stato più facile dimenticare.

Avrebbe dovuto limitarsi a mordermi e io allora l’avrei odiato oppure perdonato, in ogni caso avrei potuto scordarlo.

Invece m’aveva ammaliato, incatenandomi a sé.

Ne percepivo il distacco in maniera palpabile, dolorosamente, come se, anziché il mio sangue, si fosse portato via la mia anima.



Affido a queste pagine il racconto dei miei giorni a Greystone Hall. Temo per la mia vita, strani fatti sono accaduti in questi giorni che mi rendono inquieta. Ho tentato di parlarne con Mrs. Lawrence, ma non appena tento, cambia discorso, turbata.

E lui non è qui.

Ho bisogno di fissare sulla carta gli strani avvenimenti di cui sono stata testimone, altrimenti temo di impazzire. A volte credo che siano solo incubi, eppure…


Eppure niente, ormai, dovrebbe stupirmi.

Ma questa volta non ho spiegazioni, non c’è niente che possa dire d’aver visto coi miei occhi o toccato con mano. Allo stesso tempo so che qualcosa di terribile s’aggira nel castello.

Tutto ha avuto inizio due giorni dopo aver individuato quella costruzione in legno seminascosta dalla vegetazione, distante nella brughiera.


Dormivo profondamente quando, di colpo, fui destata da una voce femminile. Una strana nenia sembrava provenire dal corridoio di fronte alla mia porta. Confusa, mi alzai a sedere sul letto. La nenia si spense seguita da un’improvvisa risata che riecheggiò sinistra, facendomi rabbrividire.

Attesi alcuni istanti per prendere coraggio, poi aprii la porta: il corridoio era vuoto e non udii alcun rumore di passi.

La notte successiva tardai a prendere sonno, dovevano essere circa le due del mattino e ancora non mi ero decisa a chiudere il libro che avevo in mano.

Tesa e all’erta, sentii distintamente girare la maniglia e allarmata gridai “Chi è là?!”.

Nessuna risposta, solo una porta che veniva sbattuta con forza in qualche buio corridoio in quell’immenso castello.


Dovevo assolutamente venire a capo di questa strana vicenda ed avrei dovuto riuscirci da sola.

Avevo tentato, con discrezione, di sapere da Mary e Susan se avessero sentito rumori inconsueti le ultime notti: entrambe avevano risposto di non aver udito nulla.


Avrai sognato!” azzardò Mary, scettica, mentre continuava a riordinare la stanza di Claire.


Può darsi che tu abbia ragione…si, deve essere così…” le risposi con un sorriso forzato.


Insistere non avrebbe prodotto risultati e avevo già in mente la mossa successiva: quel giorno non sarei scesa per il pranzo, fingendo d’avere un forte mal di testa.

Lasciai detto a Mrs. Lawrence che non volevo essere disturbata: volevo riposare e magari dormire anche un po’, se riuscivo.


Non vuole che Susan le porti il pranzo in camera, sembra così sciupata ultimamente….”


No, la ringrazio. Se starò meglio, scenderò a mangiare più tardi!” risposi, evitando di guardarla negli occhi per paura di tradirmi.


In realtà, avevo sottratto a Mary il pesante mazzo di chiavi che usava per entrare a rassettare le camere. Di certo, non se ne sarebbe accorta fino al mattino successivo e, per allora, le avrei rimesse a posto.

Cercare indizi che gettassero luce su quanto stava accadendo, era l’unica cosa che riuscivo a pensare.

Avrei iniziato dalle stanze del piano superiore, che sapevo vuote da molto tempo.


Lasciai la mia camera di soppiatto e, usando ogni cautela per non far rumore, percorsi rapidamente a ritroso il familiare corridoio che conduceva alle camere della servitù.

Dopo essermi assicurata che non ci fosse nessuno in giro, presi a salire l’ampia scalinata finchè giunsi in uno spazioso andito. Lì s’affacciavano le stanze padronali.


Dopo la partenza di Lord Drake, tutto quell’elegante piano del maniero era rimasto deserto.

La piccola Claire non aveva voluto saperne di restare a dormire in quell’ala così vuota e solitaria.

Così Mrs. Lawrence era stata costretta ad adattarle una delle stanze al primo piano.


Proprio di fronte allo scalone, una porta più ampia delle altre, sormontata da uno stemma, attrase la mia attenzione. Un leone e un giglio: quei simboli ricordavo d’averli già visto al mio arrivo a Greystone Hall. Decoravano l’ingresso della cancellata.

Decisi che avrei iniziato proprio da lì.

Provai rapidamente diverse chiavi, finchè non individuai quella giusta.


Il grande letto a baldacchino m’indicò che doveva essere stata la stanza nuziale dei duchi di Greystone.

Mi chiesi se veniva ancora usata da Lord Drake quando era al castello, dato che non v’era nulla di personale a rivelare l’identità del suo occupante.

Rimasi dubbiosa, finchè nell’armadio trovai alcuni abiti maschili molto eleganti e ricercati.

Allora fui certa del loro proprietario.


In passato, il duca doveva aver avuto un’intensa vita mondana: erano capi meravigliosi, adatti a cene di gala e ricevimenti. Li guardai a lungo ammirata e, tra le altre, riconobbi un’elaborata camicia di seta nera. Ricordavo d’avergliela vista indossare durante una delle poche cene che aveva condiviso con noi.

D’istinto la sfiorarai con le dita.


Mi sorprese l’ordine perfetto che regnava in quella stanza, come se il suo ospite dovesse rientrare da un momento all’altro.

L’unica eccezione era costituita da un antico scrittoio in noce, posto di fronte all’ampia finestra.

I fogli sparpagliati alla rinfusa e macchiati d’inchiostro, il sigillo rovesciato dei Drake, indicavano una partenza improvvisa e frettolosa.

A terra un frammento di carta, con stralci di parole illeggibili: riconobbi la sua calligrafia, ma fu impossibile capire a chi fosse diretta quella lettera.


Passavo da quasi un’ora di stanza in stanza senza trovare niente, finchè, lasciato l’andito, iniziai a percorrere uno stretto corridoio.

I pavimenti erano diversi, i decori e i colori avevano lasciato il posto ad ampi lastroni di marmo squadrati. Le strette finestre lasciavano filtrare soltanto una flebile luce e l’aria era gelida: capii d’essere vicina all’ala est.

In fondo al corridoio un’unica stanza.

Una volta vicina m’accorsi che la cornice della porta era annerita e l’aria aveva uno strano sapore.

La serratura non girava con nessuna chiave e stavo ormai per arrendermi, quando la porta d’improvviso s’aprì.

Fui invasa da un profondo senso d’angoscia: le mura annerite dal fumo m’inghiottirono nella loro oscurità. La stanza aveva subito un incendio ma, stranamente, tutto era stato lasciato com’era in quel momento.

Sulla toletta c’erano ancora una spazzola per capelli e uno specchietto d’argento coperti di fuliggine. Le coperte o meglio, ciò che ne restava, formavano un lugubre ammasso caliginoso. A terra, semidistrutto, un ritratto di donna.

Mi chinai a raccoglierlo e lo portai alla luce: era ancora riconoscibile una giovane donna dai lunghi capelli neri e gli occhi violetti.

Era davvero bella, ma l’espressione che aveva in volto m’inquietò.

Pulii con le dita la targhetta d’ottone sulla cornice e lessi “Lady Drusilla Wenthworth Drake duchessa di Greystone”.

Una delle tendine del baldacchino cadde, facendomi sobbalzare.

Chiusi la stanza e mi allontanai più in fretta che potei.


Quel pomeriggio preparai la mia lezione con particolare cura: avevo bisogno di tenermi occupata con altri pensieri.

Fortunatamente Claire sembrò apprezzare e fu più partecipe del solito.

Presa dall’insegnamento, tornai ad essere di nuovo me stessa: la ragazza serena e assennata che ero sempre stata prima della mia partenza per il Devonshire.

Ma una volta che la mia mente fu libera di vagare, ripresi a fare congetture e a preoccuparmi. Terminata la cena mi trattenni più del solito a chiacchierare con Mrs. Lawrence.

Non lo avrei confessato nemmeno a me stessa, ma l’idea di restare sola nella mia stanza, quella notte, mi sembrava intollerabile.

Potevo ancora sentire quell’acre odore di bruciato nelle narici e una forte inquietudine mi avvolse come un freddo manto.

A malincuore, quindi, accolsi il momento di ritirarci nelle nostre camere.

Niente, però, lasciava immaginare i terribili avvenimenti che sarebbero seguiti.


Temporeggiai a spegnere il lume finchè la fiammella s’assottigliò e l’oscurità mi avvolse, costringendomi a rigirarmi nervosamente sotto le coperte.

Ero ancora sveglia mentre il vento iniziò a soffiare impetuoso.

Filtrava, sibilando, attraverso le imposte e quel suono lamentevole mi rendeva ansiosa.

L’una risuonò dall’orologio a pendolo del salottino, quando s’udì il boato d’un tuono in lontananza. Altri seguirono a breve distanza.

Presto il temporale prese a infuriare.

Sotto lo scrosciare della pioggia che batteva incessante sul legno delle persiane, udii distintamente il suono di passi vicini.


Elisabeth…” qualcuno sussurrò il mio nome, mentre un forte odore di bruciato invadeva la stanza.


Accesi affannosamente una candela e vidi filtrare fumo da sotto la porta.

Aprii di scatto ma, lungo il corridoio, nessun segno d’incendio.

Sarei tornata a letto se non avessi visto una figura di donna svoltare verso le scale.


Chi c’è? Fatevi vedere!” chiamai.


La figura si voltò rimanendo nell’ombra e rise in modo raggelante.


Elisabeth!” era la voce di Claire “aiutami, ti prego” singhiozzava.


La donna si spostò leggermente lasciandomi intravvedere la sagoma di una bambina.


Claire!” urlai con voce soffocata.


Se la rivuoi, vieni a prenderla!” sibilò la figura in nero, seguitando a scendere la scalinata.


Aiuto, qualcuno mi aiuti! Hanno rapito Claire” supplicai colpendo con forza le porte che incontravo sul mio cammino.


Sciocca ragazza, nessuno può sentirti. Il loro sonno è stato indotto” il suo sguardo freddo e trionfante penetrò l’oscurità.


La paura mi avrebbo bloccato se non avessi sentito Claire singhiozzare.

Non potevo abbandonarla nelle mani di quell’essere, non me lo sarei mai perdonato.

Le seguii tenendomi a una certa distanza.


Fermati, lasciala andare! E’ solo una bambina...”


Ma la donna non rispose, continuando a dirigersi verso il portone d’ingresso.

Spalancò la porta con forza ed un lampo rischiarò le tenebre illuminandola.

Fissai impietrita la donna del ritratto.

Drusilla Wenthworth Drake sogghignò, sparendo di colpo dalla mia vista.


La voce implorante della bambina mi riscosse e corsi all’esterno, incurante della tempesta e del pericolo.

Drusilla riapparve alle mie spalle e mi sorrise beffarda.


Sei in trappola!” esultò.


Dov’è Claire?” urlai.


Nella sua stanza, dove è sempre stata…” ed imitò la voce della bambina mentre s’avvicinava lentamente.


Vedo che il nostro William, non ti ha parlato dei nostri poteri…” mi schernì, mostando le zanne affilate.


Mi guardai intorno con sgomento.

Non potevo tornare in casa perché quell’essere bloccava l’entrata.

Non mi restava che fuggire verso la brughiera, anche se, in quell’oscurità rischiarata soltanto dal lampeggiare del temporale, avrebbe potuto raggiungermi e prendermi senza sforzo.

Corsi.

Le avrei reso le cose più difficili che potevo.

Correvo con la forza della disperazione, malgrado la camicia da notte intrisa d’acqua s’incollasse alle gambe, intralciandomi.

La donna mi seguiva senza difficoltà, anzi sembrava divertita per l’inaspettata caccia.


Avevo un leggero vantaggio che tentai furiosamente di mantenere, ma non avevo idea di dove stessi andando.

Sarei potuta finire nella palude, senza accorgermene.

Di sicuro, preferivo finire ingoiata dalle sabbie mobili piuttosto che fatta a pezzi da quel mostro sanguinario.


Ero sfinita, col cuore che mi martellava nelle orecchie, ma continuai a correre senza sosta, senza visibilità.

Solo all’ultimo istante, riuscivo ad evitare i grossi fusti d’albero che mi si paravano davanti all’improvviso.

Ma fu un attimo: inciampai in una radice e caddi a terra.


Ora basta giocare, mi sono stancata” la voce mi circondò, mentre la nera figura mi sovrastava.


Disperata, mi ricordai del mio piccolo crocefisso e lo brandii nella sua direzione.

Subito la vampira indietreggiò ringhiando e coprendosi gli occhi, poi, tornò minacciosamente verso di me.

Ero pronta a lottare fino alla fine, quando la vidi esitare: guardava fissa davanti a sé, ignorandomi.

Senza perderla di vista, mi trascinai in avanti cercando di allontanarmi.

Urtai qualcosa alle mie spalle.

Stivali neri.

Ero accerchiata.

Terrorizzata, alzai gli occhi.

William mi tese la mano, la bianca camicia incollata addosso e un’espressione indecifrabile sul pallido viso.



L’afferrai aggrappandomi ad essa, come un naufrago alla zattera e, pur malferma sulle gambe, mi ritrovai in piedi.

Senza che ne percepissi il movimento, Lord Drake s'era frapposto tra me e la vampira facendomi scudo col suo corpo.

Colsi un lampo di terrore attraversare i freddi occhi viola di Drusilla.

Lord William sorrise ironicamente, avanzando minaccioso verso di lei.


E’ un vero peccato che tu non riesca a percepire la mia presenza! Ti costerà la tua giovane preda…” la canzonò sprezzante.


Non mi fai paura!” sibilò l’altra.


Una risata echeggiò, tagliente e fredda come la pioggia che, inesorabile, continuava a cadere.

Il duca scosse il capo, lasciando spegnere il riso in una smorfia divertita.


A vederti, non si direbbe” la schernì mentre l’osservava con disprezzo.


La donna indietreggiò lentamente “Ti ergi a paladino di quest’inutile umana, ma non sei migliore di me! Anche tu segui la legge del più forte. Noi siamo uguali….”


La voce di Lord Drake risuonò, d’un tratto, possente e vibrante di collera.


No, non siamo uguali! Mi hai condannato a quest'esistenza ed io la dedicherò a distruggervi...".


Un vento impetuoso prese a vorticare intorno al suo corpo, onde di potere si espandevano, rumoreggiando come mare in tempesta.


Fissavo entrambi, attonita.


La vampira, sorpresa e atterrita, continuò ad indietreggiare confondendosi nella tempesta che infuriava fino a quando scomparve tra la fitta vegetazione.


Scappa…” le urlò dietro Lord William “…vai dal tuo complice. Sei soltanto una vigliacca!”


Solo quando fu certo che eravamo realmente soli, si voltò verso di me.


Non l’avevo mai visto così pallido.

Gli occhi, completamente blu, risplendevano d’oscuri bagliori.

Inebrianti e vertiginosi m’incatenarono, trascinandomi in una dimensione sconosciuta, dove la volontà non poteva seguirmi.

Mi sentivo debole, sul punto di svenire, quando William, inspirò profondamente inclinando il volto di lato.

Lo sguardo pur intenso e penetrante era, ora, di nuovo normale.


Mi si avvicinò cautamente, come timoroso d’una mia reazione.

Dopo avermi lanciato una rapida occhiata, per accertarsi delle mie condizioni, mi strinse a sé.

Sfinita m’abbandonai tra le sue braccia, sfiorando col viso il pizzo bagnato della camicia, la guancia premuta sul suo petto.

A contatto con la sua la pelle levigata e gelida, provai una strana sensazione.

Non fu diffidenza, né timore.

Nonostante fossi, più che mai, cosciente della sua reale natura, compresi che non m’importava.

Lo amavo.




Restare qui non è sicuro!” mi disse scostandosi gentilmente.


Sembrava turbato.

Un’ombra era scesa ad oscurare il suo splendido viso.


Vieni. Ti riporto al castello, prima che a Greystone Hall si accorgano della tua assenza…”


No…” risposi d’impulso.


La mia voce risuonò estranea alle mie stesse orecchie.


Mi fissò per un attimo stupito.

“…Capisco che sei sotto shock, ma non possiamo restare qui… Drusilla potrebbe tornare e stavolta non sarebbe sola!” replicò, ignorando deliberatamente le ragioni della mia protesta.


Io non voglio tornarci, non stanotte…Ho bisogno di sapere!” ribattei, visibilmente prossima alle lacrime.


Si portò la mano sul volto, scostandosi dagli occhi alcune ciocche ribelli in un gesto impaziente.


Tu non ti rendi conto di quanto possa essere pericoloso! Non puoi rimanere qui…”


“…Con te?!” lo interruppi e, avvicinandomi, gli rivolsi un’occhiata di sfida.


Non negò, ma volse il capo di lato così che non riuscissi a vedere la sua espressione.


Sì, è così. Per te è pericoloso restare con me, quasi come lo sarebbe stare nella stessa stanza con Drusilla e il suo gruppo di assassini”.


Stringeva con forza le labbra.


Scossi il capo risolutamente “No, non è vero. Tu non sei come loro!”


Si volse di scatto.

Lessi sul suo viso un dolore infinito, celato da un sorriso amaro.


Cosa credi che io sia? Di cosa debba nutrirmi per sopravvivere? Eppure, dopo che ti ho morsa, avresti dovuto capirlo che sono un mostro!”


Gli posai una mano sul braccio e sentii che tremava.


Non sono così stupida o sprovveduta come tu credi. So perfettamente chi sei, ma so anche che non sei come gli altri…”


Si scostò da me così fulmineamente che me lo ritrovai, di colpo, alle spalle.

Sussultai.


La bocca vicino al mio orecchio, sussurrò “Vampiri?!…solo perché mi sono già nutrito, per stanotte…”


Voleva spaventarmi e ci era quasi riuscito.

Ma la mia ragione gridava che ero ancora viva solo grazie a lui.

Repressi il brivido che, mio malgrado, m’aveva assalita e mi voltai per affrontarlo.


Di sangue umano?” chiesi, scandendo l’ultima parola.


Mi osservava impassibile.


Rispondimi! Devo saperlo…”


Perché?” la sua voce risuonò triste e pungente come l’aria che ci sferzava i vestiti in quella notte gelida.





Cosa avrei potuto rispondere?

Gli avrei rivelato i miei sentimenti, se li avessi compresi appieno.

Lo amavo, di questo ero certa.

Amavo il suo sguardo triste, il malinconico sorriso che a tratti gli illuminava i perfetti lineamenti.

Il fatto che fosse sempre accanto a me, ogni volta avessi bisogno d’aiuto, lo rendeva ai miei occhi come il cavaliere dalla lucente armatura dei miei sogni bambini.

Ma avrei amato ciò che di lui ancora non conoscevo? Sarei stata così forte da sopportare oscure e indicibili verità?

Sapere chi fosse in realtà, non significava che ne capissi fino in fondo le implicazioni.

Domande s’affollavano nella mia mente.

Domande le cui risposte avevo paura d’ottenere.


Esitai.


Mi fissò, come per leggermi in volto i pensieri che vi affioravano inquieti.

Scosse il capo.


Non importa, non rispondere...”


Dispiaciuta, feci per dire qualcosa ma me lo impedì.

Sollevò una mano e le dita mi sfiorarono le labbra come gelide farfalle.


Shhhh, non avevo diritto di chiederti nulla. Vieni con me e avrai le tue risposte.”


Annuii semplicemente, mentre mi porgeva la mano e le sue dita s’intrecciavano alle mie.


Senza parlare, c’inoltrammo per uno stretto sentiero seminascosto dalla boscaglia.

La pioggia, finalmente, aveva smesso di cadere facilitandomi il cammino.

Il nostro silenzio, cullato dal lento stormire delle foglie, di tanto in tanto era turbato da lugubri e ferali versi in lontananza.

Mi guardavo intorno allarmata, finchè sentivo la sua stretta farsi più forte, rassicurante.


Giungemmo presto fuori dal sentiero, in un’ampia radura.

La luna coi suoi pallidi raggi illuminò un elegante cottage, circondato da numerosi alberi.

Riconobbi in esso la costruzione scorta durante i miei vagabondaggi per la brughiera.

Inconsapevolmente sorrisi.

Le mie congetture s’erano rivelate meno fantasiose del previsto: Lord Drake non si era mai allontanato da Greystone Hall.


Girò, senza indugio, la chiave nella serratura ed mi ritrovai a fissare, curiosa, un ampio salottino col caminetto acceso.

Mi stupì non trovare un ambiente più spartano per quello che, in fondo, era un rifugio.

Notai che ogni pezzo d’arredo di quell’ampia stanza era stato scelto con cura, rispecchiando la raffinata eleganza del gentiluomo che vi dimorava.


Avvicinati al caminetto se non vuoi congelare!”.

La voce di Lord William mi riscosse dai miei pensieri.

Sorrise.


O magari preferisci continuare a gocciolarmi sul tappeto…”.

Mi canzonò, vedendomi imbarazzata e cosciente del mio aspetto disastroso.


Ora che la paura era passata, tornavano a essere importanti cose, poco prima, insignificanti.

Avevo i capelli attaccati al viso e la camicia di flanella era ridotta un ammasso informe, appiccicato alle gambe.

Sarei arrossita se ormai non fosse divenuto abituale per lui, vedermi in veste da camera.

Balzai verso il caminetto, cercando di recuperare un po’ di calore e di dignità.


Vado a prenderti qualcosa d’asciutto da indossare”


Grazie e….”


“… e magari una spazzola per capelli!”


Gli scoccai un’occhiataccia per avermi ricordato lo stato pietoso dei miei capelli.

Per tutta risposta egli scoppiò a ridere, sciogliendo in quella risata tutta la tensione accumulata.


Non volevo insinuare nulla, ma ricordo ancora le piccole manie delle signore”.

Mi rispose dall’altra stanza, con una nota divertita nella voce.


Temo di non avere niente di adatto, se non una mia vestaglia. Sarà un po’ lunga, ma dovrebbe andare.” Me la porse, insieme ad una spazzola d’argento.


Andrà benissimo” lo ringraziai.


Ora, sarà meglio che mi cambi anch’io. Non prenderò il raffreddore, ma i vestiti bagnati mi danno noia!” Fece ironico, mentre chiudeva la porta alle sue spalle.


Quando fui sola, sfilai la camicia bagnata e indossai la morbida vestaglia blu damascata, chiudendola fino al collo.

Quindi, mi sedetti accanto al fuoco e iniziai a districare e spazzolare i lunghi capelli, perché s’asciugassero prima.

Dopo qualche istante di silenzio, udii aprire e richiudere la porta della camera attigua.

Poi, più niente.

Mi voltai per dire qualcosa, ma tacqui.

Lord Drake, appoggiato con la schiena alla parete opposta, mi scrutava con una strana luce negli occhi.

Una luce pericolosa.

Il mio cuore accelerò furiosamente il suo battito, mentre osservavo l’attraente figura in nero avvicinarsi lentamente.

Girò intorno alla poltrona su cui sedevo, per poi inginocchiarmisi di fronte.

Lo guardai in viso smarrita.

Si sollevò poggiando le mani sui braccioli, sfiorandomi le labbra dolcemente, in un bacio quasi casto.




Tornò ad inginocchiarsi, immobile, in attesa d’una mia reazione.

I miei occhi parlarono per me, dicendo più di quanto avrei osato con le parole.

Tese la mano destra, intrecciando le dita in una lunga ciocca dorata.


Dovresti lasciarli sempre così, liberi, selvaggi…” sussurrò e le dita si spostarono nell’incavo del collo, per poi risalire lungo la giugulare.


Nelle sue dita e nella sua voce bassa e profonda, avvertivo un’emozione che mi toglieva il respiro.

Mi cinse con l’altro braccio e mi trasse a sé, mentre le sue labbra cercarono le mie, fameliche e impetuose. Sentivo scorrermi il sangue nelle vene vorticosamente, mentre il mio respiro si fondeva nel suo, freddo e calmo come un lago d’inverno.

Ansimai, ma le sue braccia mi cinsero con più forza, stringendomi al suo petto disperatamente. Scivolai lentamente in ginocchio, annegando nel mare tempestoso dei suoi occhi. Carezzai la morbida camicia di seta, fino alle ampie spalle, per poi stringergli le braccia intorno al collo, preda di un sentimento forte quanto per me sconosciuto.

Un tonfo sordo ci riscosse: la spazzola d’argento che avevo abbandonato sulla poltrona era caduta, rotolando a terra.

Distolsi lo sguardo da William, solo per un’istante, ma quando tornai a guardarlo, capii che la sua espressione era mutata.

Si alzò, allontandosi da me repentinamente, come riscosso da un sogno.

La bocca piegata in un sorriso tirato, scuoteva la testa.

Fui confusa da quella strana reazione e arrossii imbarazzata. In un barlume di lucidità, mi resi conto che a ferirmi non era il suo comportamento, bensì il mio.

Avrei opposto la pur minima resistenza, se Lord Drake non si fosse fermato?

Compresi che nè le convenzioni, o la mia educazione, né tantomeno la ragione, avrebbero impedito che mi perdessi tra le sue braccia.


Lord Drake era in piedi di fronte al camino acceso e fissava le fiamme.


Mi dispiace” mormorò “ma quando sono con te mi dimentico di tutto, compreso chi sono e… non dovrei!”.


Parlò senza voltarsi. La luce tremolante del fuoco illuminava il suo profilo, disegnandovi luci ed ombre in un continuo alternarsi, mutevoli come le emozioni che vi affioravano inquiete.

Il tono triste e amaro della voce, mi spinse ad alzarmi e, incerta, m’avvicinai sfiorandogli un braccio.

Volevo che si voltasse, volevo leggergli negli occhi la ragione di quel comportamento.

Ma egli s'irrigidì e m’implorò di allontanarmi.


Elisabeth ti prego torna a sederti, non sai quanto sia difficile per me tutto questo. Ciò che ero è svanito insieme al resto della mia vita... non ho più niente da dare, tranne la verità!".





Allorché mi fui allontanata, tornando a sistemarmi sull’ampia poltrona, egli si voltò lentamente. Posò lo sguardo sul mio viso per un breve istante, poi chiuse gli occhi, come se facesse fatica a rievocare ricordi troppo dolorosi.

Il suo viso assunse un’espressione vacua, distante. Dovunque si trovasse in quel momento, non avrei potuto raggiungerlo: il passato ci separava, inesorabilmente.

Dopo un lungo istante tornò a guardarmi, il suo volto era stanco e tirato.


La Stagione londinese volgeva al termine, quando mi lasciai convincere da mio cugino, il colonnello Sappleton, ad accettare l’invito della baronessa di St. Germain al suo ultimo ricevimento. Stanco di riunioni mondane e balli, ero impaziente di tornare a Greystone Hall ad occuparmi delle mie proprietà.

Aveva già dato disposizioni alla servitù perché preparasse i miei bagagli, quando Stephen si precipitò da me, confidandomi che il ricevimento era la sua ultima possibilità di rivedere Marian Brigdeton, prima che ripartisse per Bath. Voleva parlarle da solo dei suoi sentimenti, ma aveva bisogno che io intrattenessi la madre della giovane signora, Lady Brigdeton, in modo da non rischiare d’essere interrotto.

Sebbene, a malincuore, cedetti: non l’avevo mai visto così preso e deciso a dichiararsi prima d’allora e non potevo negargli il mio sostegno, era il mio migliore amico!

Purtroppo, il destino volle che proprio a quel ricevimento incontrassi, per la prima volta, Drusilla.

I suoi genitori, il conte e la contessa di Wenthworth, l’avevano portata a Londra per la Stagione. Dotata di uno spirito arguto e perspicace, mi sembrava così diversa da tutte le frivole debuttanti che avevo conosciuto che, stupidamente, me ne infatuai.

Il Conte di Wenthworth, portava la sua famiglia con sé nei continui viaggi per le Colonie, dove intratteneva proficue relazioni d’affari per conto della Compagnia delle Indie.

Luoghi esotici che Drusilla sapeva descrivere e raccontare con maestria, contribuendo ad accrescere la curiosità e l’interesse di tutti i giovani gentiluomini presenti. Non che ne avesse bisogno, Drusilla, era anche una donna attraente ed aveva numerosi ammiratori.

Ma lei, fra tutti, scelse me o… dovrei dire le mie proprietà.

Non le ci volle molto a convincermi che dovevamo sposarci subito. Non ci saremmo più visti e l’avrei persa, diceva: suo padre sarebbe presto ripartito per il Nuovo Mondo e avrebbero, di nuovo, lasciato l’Inghilterra per chissà quanto tempo.

Il matrimonio fu organizzato in brevissimo tempo e celebrato a Londra.

Scrissi a mio padre, il Duca di Greystone, per dargli la notizia. Egli era già piuttosto avanti con gli anni e, dopo la morte di mia madre, era divenuto cagionevole di salute. Salutò quella notizia come una benedizione: Greystone Hall avrebbe avuto dei successori.

Per fortuna, non fece in tempo a sospettare che ero caduto in una trappola senza uscita, né a conoscere la donna che l’aveva tesa, perché si spense serenamente nel sonno, poco prima del nostro arrivo al castello.

Vorrei poter dire d’essere stato felice per un breve periodo del mio matrimonio, ma non fu così. Sotto la splendida facciata, Drusilla era tutto ciò che avrei disprezzato se soltanto avessi intuito prima la sua vera natura. Si rivelò presto, egoista, vanesia, disonesta ed infedele.

Il suo unico scopo era stato intrappolare un marito ricco, usando qualsiasi astuzia, e in seguito concedersi ogni cosa le venisse in mente.

Dopo circa una settimana dal nostro arrivo al castello, non volle più dormire nelle stanze accanto alle mie, ma pretese una camera nella vecchia ala del castello.

Cercai di farmi dare una spiegazione, ma ne ottenni solo ripicche e crisi isteriche.

Tuttavia, non tardai a scoprire il motivo di tale bizzarria: intendeva utilizzare, indisturbata, il passaggio segreto che portava all’esterno, scoperto durante il suo ozioso girovagare per il maniero.

La vidi una notte rientrare furtivamente nella sua stanza e da quel momento la tenni d’occhio per coglierla in fallo.

Dovette sospettare qualcosa, perché per un po’ le sue uscite cessarono.

Decisi, dunque, di fingere un viaggio, che mi avrebbe allontanato dal castello alcune settimane: i Drake avevano alcuni possedimenti in Scozia, di cui dovevo verificare la corretta gestione.

Per alcuni giorni Drusilla fu abbastanza accorta ed astuta da non fare nulla che potesse farla scoprire dalla servitù, ma una notte, ormai sicura, fece l’errore di far entrare in casa il suo amante.

Entrai di sorpresa in camera sua e li scoprii in flagrante. L’ uomo fuggì, impedendomi di confrontarmi con lui in un duello, mentre lei rimase lì a fissarmi con un sorriso cattivo in volto”.


Le urlai in faccia il mio disprezzo e le dissi che l’avrei ripudiata.


Non puoi cacciarmi” mi rispose sarcastica “aspetto un figlio tuo”.


Mi sembra improbabile, dato che abbiamo diviso il talamo solo un paio di volte e visto il tuo continuo adulterio”.


Vuoi rischiare che tuo figlio finisca per strada? I Drake hanno tutti i capelli color argento, solo dopo la sua nascita potrai sapere la verità!”sibilò".



William mi scrutò un istante “Spero di non averti scioccato con la crudezza dei miei racconti, non vorrei aver urtato la tua sensibiltà…”


Scossi il capo “Volevo la verità, a prescindere da come la verità fosse!”


Lo vidi fare un passo in avanti, gli lessi in viso il suo desiderio di stringermi a sè, ma si trattenne.





L’osservai scostarsi una ciocca ribelle dagli occhi mentre si sedeva nella poltrona di fronte alla mia, incrociando le lunghe gambe affusolate.


Anche se le possibilità che fosse mio figlio erano pressocchè nulle, Drusilla sapeva che non avrei potuto vivere nell’incertezza. Il dubbio di aver condannato un Drake ad una vita da bastardo, mi avrebbe perseguitato!”


Mentre parlava, le sue mani si strinsero a pugno in un moto di rabbia a stento controllata.


Ancora una volta quella malefica donna ottenne ciò che voleva. Acconsentii perchè restasse a Greystone Hall fino al giorno del parto. Poi l’avrei ripudiata, cacciandola per sempre dalle mie proprietà: restava da vedere se da sola o col bambino appena nato”.


Percepivo il suo sguardo inquieto su di me, in attesa di una qualche mia reazione a quelle rivelazioni. Rimasi immobile, apparentemente calma.


Diedi disposizioni alla servitù affinchè si occupassero di Drusilla e delle sue necessità fino al momento del parto, feci contattare il dottore al villaggio e la levatrice. Per il resto, feci in modo di non avere più nessun contatto con lei fino al giorno stabilito. I pasti venivano consumati separatamente, trascorrevo le mie giornate in giro per le mie proprietà, dai fittavoli, dall’amministratore, a caccia, tutto fuorchè tornare al castello prima di sera.”


Annuii in segno di comprensione e un breve sorriso gli illuminò il viso.


Il giorno in cui Claire nacque, rientrai poco prima di cena. Capii ciò che stava accadendo dalla febbrile agitazione che aveva contagiato la servitù. Persino la pragmatica Mrs. Lawrence correva a su e giù per le scale dando ordini concitati."


<<sta nascendo!>> esclamò, poi aggiunse con velata preoccupazione <<il medico e la levatrice, sono nella sua stanza da ore, Milord…>>.


Mrs. Lawrence mi aveva visto crescere, conosceva abbastanza del mio carattere da sapere che ero infelice. D’altra parte, tutti nel castello ne intuivano la ragione, ma nessuno avrebbe mai osato farne cenno davanti a me.


Quando la bambina finalmente nacque albeggiava.


Fece una piccola pausa, portando lo sguardo in un punto remoto della stanza.


Conosci Claire e sai che non ha nessuno dei caratteri distintivi della mia casata…quindi, quando Mrs. Lawrence mi portò la bambina, seppi con certezza che non era mia figlia.

L’allontanai, ordinandole di riportarla immediatamente da sua madre.

Preparai i documenti per il disconoscimento di paternità e diedi disposizioni perché entrambe lasciassero la mia casa l’indomani stesso.

La servitù ne comprese il motivo, lo sentivo dal mormorìo interrotto ogni volta che entravo in una stanza, dalle occhiate di comprensione che fuggevolmente scorgevo.

Ma niente aveva importanza per me, l’unica cosa che desideravo era che quella donna e il frutto dei suoi tradimenti uscissero dalla mia vita per sempre.

Purtroppo, le cose non andarono come stabilito.

La mattina fissata per la partenza, Drusilla fu trovata delirante, preda di una strana febbre. Rimase in stato d’incoscienza per giorni, divenendo sempre più pallida ed esangue. Il medico non seppe trovare spiegazioni, né cure: andava e veniva dalla sua stanza, scuotendo la testa impotente, finchè durante la notte annunciò che la duchessa era morta.

Il mattino successivo avremmo provveduto a seppellirla nel cimitero del villaggio. Come moglie ripudiata non poteva certo essere sepolta nella cripta di famiglia, né io lo volevo.

Ma poche ore prima che albeggiasse udimmo un grido lacerante, sembrava provenire dalla stanze della nursery.

Corsi di sopra insieme al mio valletto e al maggiordomo: trovammo la balia in un lago di sangue, con la gola squarciata e Drusilla che rideva malignamente china sulla culla.

Mi precipitai a toglierle la bimba dalle mani, mentre gli altri due con dei bastoni cercavano di tenerla a bada.

Fu impressionante vederla così, aveva una forza disumana.

Solo allora capimmo.

Il maggiordomo corse a prendere un crocefisso e lo brandì verso Drusilla che arretrò ringhiando. Riuscirono a richiuderla nell’ala est e a dare fuoco alla camera dove si era rifugiata.

Non sappiamo come, sia riuscita a sfuggire alle fiamme. Scoprimmo la sua fuga solo dopo diverso tempo…

Ma per me, comunque, era troppo tardi.

Ero ferito gravemente. Quando le avevo tolto la bambina, era riuscita a mordermi, poi, aveva strofinato sulle mie labbra il suo sangue maledetto.

E’ stata la sua eterna vendetta.


Lacrime rotolavano sulle mie guance senza che riuscissi a fermarle.

Ma come ….?” Mormorai.


Aveva sempre praticato strani riti, appresi durante il suo soggiorno in Brasile con la sua famiglia. Voleva assicurarsi l’eterna giovinezza e lì aveva sentito parlare di un modo per divenire immortale. Frequentando quegli ambienti sinistri e pericolosi conobbe quello che divenne il suo amante: un certo Liam, un mercante di spezie, avido ed edonista.

Da quello che sono riuscito a ricostruire negli anni, sembra che i due siano stati iniziati da un antico vampiro.

Drusilla aveva scelto di sposare me per le mie considerevoli ricchezze e per la posizione isolata e sicura del mio castello. Avrebbe ereditato ogni cosa alla mia morte ed entrambi avrebbero potuto restare a Greystone Hall, seminando terrore e vivendo negli agi.

Per Liam, avrei dovuto morire quella terribile notte, ma Drusilla volle vendicarsi con più crudeltà per averla ripudiata, così mi rese uno di loro.


Ma non è riuscita nel suo intento, tu non sei uno di loro…” gli sussurrai avvicinandomi.

Gli sfiorai timidamente il petto con le dita “…tu hai un cuore e un’anima!”.


Lord Drake mi afferrò il polso posando le sue mani sulla mia.

Sotto la mia mano, la fredda seta della camicia e i muscoli tesi del torace.

Mi rivolse una muta preghiera con quegli occhi impossibilmente blu, ma io non arretrai, mi sollevai in punta di piedi e premetti le labbra sulle sue.

Per un breve istante lui rimase immobile, come di pietra, poi mi ricambiò.

La sua bocca si ammorbidì e William prese a strofinare le sue labbra con le mie, facendomi fremere. La sua lingua mi passò gentilmente sulle labbra convincendole ad aprirsi, mentre il rombare selvaggio del sangue nelle orecchie, copriva ogni altro suono tranne il battito impazzito del mio cuore.

Non riuscivo a lasciarlo andare.

Lord Drake mi strinse più forte contro il suo torace, rendendo più profondo il bacio e bevendo dalle mie labbra come se potesse, solo così, estinguere una sete a lungo trattenuta.




Travolti, trascinati in un mare in tempesta, sollevati su vorticose onde spumeggianti, ci abbattemmo su bianche scogliere, schiaffeggiate dal vento. Sciabordammo poi su lidi inesplorati, finchè la tempesta si placò lasciando solo il lieve mormorio dell’acqua a cullarci.


Mi aveva amato disperatamente, con tutta la passione e l’amore di cui era capace: ora tra le sue braccia c’era una donna diversa, una donna che avrebbe dato ogni cosa, anche la sua umanità, per potergli restare accanto. Per sempre.

Come se mi avesse letto nel pensiero, mi scostò gentilmente i lunghi capelli dal viso e scosse il capo con espressione addolorata.


Devi vivere la tua vita appieno! Voglio che tu veda l’alternarsi delle stagioni coi loro mutamenti, che tu senta il calore del sole sulla pelle, devi poterti specchiare in un laghetto d’estate, ridere, giocare, essere!”


La sua voce vibrava di note malinconiche.

Feci per protestare, ma William mi strinse più forte tra le lenzuola di seta come per proteggermi dal freddo che era in lui.


Con me non potresti … Vivo nell’oscurità, nella solitudine, io sono una eterna notte senza stelle…”


Gli carezzai il viso lentamente “ Ma insieme non saremmo mai più soli, avremmo tutto il calore e la luce che il nostro amore può darci!” sussurrai.


Proprio perché ti amo più di quanto riesca a dire, non posso trascinarti con me nel delirio di questa mia non-vita. Tu non hai idea di cosa sia davvero …”

Si interruppe di colpo, attenuando il fervore con cui si era espresso fino a quel momeno.


E’ tutta colpa mia. Mi dispiace, avrei voluto essere più forte, non avrei dovuto …”


“…Amarmi?” chiesi con un filo di voce, stringendo le lenzuola al petto.


Amarti?! No, amarti è la mia più grande gioia e follia da quella notte in cui ti vidi la prima volta; ma avere te e il tuo cuore è più di quanto avessi il diritto di chiedere”.


Allontanai le sue ultime parole premendo con forza le mie labbra sulle sue, il bacio si fece acceso, profondo, cancellando frasi e pensieri.


Quando l’alba fu per sorgere, mi chiese di lasciarlo solo e di chiudere la porta della stanza da letto, che aveva isolato, perché non filtrasse luce.


Non appena sarà giorno, tutti quelli come me saranno inermi, al riparo. Solo allora farai ritorno al castello. Dai questo biglietto a Mrs Lawrence, prepara velocemente i bagagli e parti per una destinazione di fiducia, che non confiderai a nessuno: né a me, nè al castello, né durante il viaggio! Rimarrai lì per qualche tempo, finchè non avrò tolto di mezzo Drusilla e gli altri.”


Pronunciò ogni parola con estrema gravità, la preoccupazione nel volto e nei gesti, mentre mi porgeva il biglietto da consegnare.


Non saprei dove andare…” fu la mia prima risposta; poi mi venne un’idea.

Egli la vide disegnarsi nella mia mente, perché mi sorrise “Vai, io ti troverò. Ho bevuto il tuo sangue, posso rintracciarti ovunque tu vada!”


Ero così combattuta, non volevo andarmene, non ora!

Ma a malincuore acconsentii.

Sapevo che se fossi rimasta a Greystone Hall, sarei stata un ostacolo per lui.

Di più, un pericolo. Sarei potuta cadere in una nuova trappola e, allora, avrebbero potuto usarmi come ostaggio per far uscire William allo scoperto.

Non sapere come fossero riusciti ad entrare in contatto con me, all’interno del castello, turbava entrambi. Ma ciò che spinse me ad accettare fu che, il solo pensiero di poter cagionare la sua fine, era più di quanto potessi sopportare.


Era tempo che lo lasciassi solo.

Ora vai!” ripetè con un sorriso stanco.

Stavo richiudendo la porta della camera da letto, quando la sua voce risuonò lontana “ti ritroverò!”

Provai l’irresistibile impulso di tornare da lui, tra le sue forti braccia, carezzata da quello sguardo ipnotico.

Ma non potevo farlo. Rispettai il suo volere e aspettai in salottino il sorgere dell’alba.

Quando il chiarore lasciò posto alla luce del sole, sbarrai il portone d’ingresso. Per proteggermi meglio dal freddo, avevo indossato uno dei suoi pesanti mantelli sopra la lunga vestaglia damascata.

Guardai in alto, i tiepidi raggi mattutini sfiorarono il mio viso, rompendo la debole nebbiolina che si stava diradando.

Iniziai a camminare senza voltarmi indietro.

Avevo deciso.

Fu una nuova Elisabeth, quella gelida mattina, che si diresse a passo sostenuto verso Greystone Hall.