DO WHAT YOU HAVE TO DO

AUTRICE:ELIZA

Disclaimer:Joss's, la canzone è di Sarah McLachlan 'Do what you have to do'

Periodo:II stagione.

 

 

‘Do what you have to do.’

 

Erano queste le parole che continuavano a ripetersi, scivolando nella sua mente come piombo fuso del suo male fino a contaminarle il cuore, lo spirito.

Fai quello che devi fare, fallo perché devi, perché il mondo deve essere salvato, perché non puoi spedirci tutti all’inferno a causa del tuo stesso amore. La verità che le era stava rivelata era semplice, doveva ucciderlo. Doveva disintegrarsi, frantumare la sua vita, doveva avvelenare la sua essenza vitale fino a cancellarsi e annientarsi, solo perché amava. Deleteria realtà sfiorando l’ala della vita nella tronca caduta di una vita morente. Cos’era lei infondo?

 

‘What ravages of spirit

conjured this temptuous rage,

created you a monster,

broken by the rule of love

And fate has led you through it.

You do what you have to do.

And fate has led you through it.

You do what you have to do.’

 

Se ne sarebbe fatta una ragione, avrebbe distrutto tutta se stessa, ma se ne sarebbe fatta una ragione. Non erano loro, non dovevano farlo loro. Quale vendetta dello spirito, occhi iniettati di sangue imporle dietro falsa comprensione la sua morte con muti silenzi fatti di taglienti sussurri. Lei, non loro. Fissava il vuoto, conscia che la colpa era sua, un peccato di cui si era macchiata. Aveva il suo sottile sarcasmo, aveva macchiato la propria innocenza ed era stata punita col più atroce dei castighi uccidere il suo amore; lei aveva amato e involontariamente aveva creato un mostro ridandogli la vita, riportandolo alle sue malvagie origini, ora doveva pagarne le conseguenze. Ma con quale coraggio?Poteva un amore puro come il suo aver causato tutto ciò? L’amore, quale sentimento più nobile se sincero esiste?

Il suo amore aveva rotto le regole e aveva sconfinato nel male, ora veniva punita. Il destino suo eterno nemico nella corsa della vita tendeva le fila, impietose Parche portatrici di morte attraverso il dolore l’avevano condotta nell’inesorabile delirio consapevole di non avere la forza per trapassare da parte a parte il suo cuore annegando in due occhi troppo profondi per non scuoiarle l’anima.

 

‘And I have the sense to recognize

that I don't know how to let you go.’

 

Non sapeva come lasciarlo andare, come permettere alle sue mani di afferrare l’oggetto appuntito e scintillante che l’avrebbe portato via da lei, non sapeva come poter brandire la spada benedetta e spezzare la sua vita. Lottare e fare finta che non fosse lui che la colpiva, che la scherniva, lottare e ripetersi fino alla nausea che il suo amore era ormai perduto dalla loro unica notte d’amore e che adesso non ne rimaneva che l’essenza malvagia. Non avrebbe ucciso ciò che già aveva perduto, avrebbe fatto solo il suo dovere e avrebbe affondato fino a sentire il proprio cuore incrinarsi e infrangersi contro il muro della follia tormentata dalle continue apparizioni della sua anima lette nel volto così familiare, nei gesti, negli sguardi, nel sottile tono di voce capace di scaturire in lei un desiderio tale da non sapere come fare per resistergli. Era la disperazione l’unica arma contro la pazzia, era il dolore della perdita che la teneva incollata al suo ruolo di paladina del bene, era quel briciolo di coscienza e raziocinio che ancora le restavano a non lasciarla annegare nelle tenebre.

 

‘Every moment marked

with apparitions of your soul.

I'm ever swiftly moving,

trying to escape this desire,

the yearning to be near you.

I do what I have to do.

The yearning to be near you.

I do what I have to do.’

 

Lui era così vicino a lei da poterlo sentire bruciare sotto la sua pelle, ma non era lui. Il suo volto, i suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo, tutto sapeva di lui, tutto odorava di lui ed ogni volta era un colpo al cuore, era uno schiaffo alla sua miseria dolorante. Il cocente desiderio di poterlo riavere con sé, accanto a sé e sprofondare fino a perdersi in quegli occhi leggendovi l’anima pura che adesso era perduta, leggervi amore e comprensione, leggervi dolore e morte. Adesso no, adesso il vuoto inesorabile aveva una sola risposta, doveva ucciderlo; sapeva che avrebbe fatto quello che doveva fare, non sapeva come e con quale forza, ma lo avrebbe dovuto fare. Lo avrebbe dovuto lasciare andare, sciogliendo le catene del suo cuore, spezzando quel legame invisibile e indissolubile, sbrogliandosi dai nodi stretti del suo cuore per liberarsi del suo amore, per ottenebrare i sensi e offuscare il dolore; era così stanca di piangere, di fingere, era stanca di dover nascondere il male annidato nelle profondità del suo spirito. Voleva solo piangere e disperarsi, chiedeva solo di dormire in eternò fra le braccia del suo angelo e non svegliarsi più ormai consumata da un tempo troppo breve per una vita così giovane. Non sapeva come fare per allontanarlo, per sollevare la morte all’altezza del suo cuore ed infliggerla al suo odiato amante, disintegrando se stessa e lui in un arcobaleno oscurato morente.

 

‘And I have the sense to recognize

that I don’t know how to let you go.

I don’t know how to let you go.’

 

Lo sentiva correre sotto la sua pelle, nelle sue vene, nell’aria che inspirava; un dolore tale da pervadere tutto ciò che la circondasse sentendo la consapevolezza della sua esistenza gravarle sulle spalle. Lei esisteva per lui, viveva per lui, era stata fatta per lui. Se lui fosse morto anche lei se ne sarebbe andata, legata a lui con un nastro troppo resistente, con catene indistruttibili che nemmeno la morte avrebbe spezzato. Lo amava così tanto da rimanerne accecata, soffocata da un’aria che non riusciva a raggiungere arrancando per qualcosa di troppo lontano e fuggevole per essere afferrato. I suoi occhi trasudanti lacrime, opalescenti cerchi di morte portavano un’ombra di silenzi carichi e sofferenti, voleva piangere così forte da spaccarsi i timpani e morire, logorata dagli urli, sputando sangue. Spesso aveva pensato che se si fosse fatta uccidere da lui sarebbe stato meglio perché solo in lui trovava la pace e l’avrebbe avuta se fosse stato l’ultimo volto che i suoi occhi avessero visto.

 

’A glowing ember, burning hot,

And burning slow.

Deep within, I'm shaken by the violence

of existing for only you.’

 

Faceva troppo male, era sfiancante la sofferenza stessa, consumandola fino all’osso la truce consapevolezza di non poter essere con lui, di essere divisi e uniti da un destino assai crudele che le imponeva di fare qualcosa che non poteva fare ma che avrebbe dovuto.

Assurde contraddizioni della vita, desiderare così tanto di essere con lui fino a fondersi il cervello ed essere costretta a fare il suo dovere senza ripensamenti, come se fosse ciò che di più giusto ci fosse. Ucciderlo uccidendo se stessa. La sua anima era morta, lei era morta. Avrebbe fatto ciò che doveva fare.

 

’I know I can't be with you.

I do what I have to do.

I know I can't be with you.

I do what I have to do.’

 

Non sapeva come, dove, quando o perchè, non sapeva niente la sue mente aveva cancellato tutto, il dolore aveva naufragato la sua anima in mare di desolante morte.

Chiedeva solo di morire, di annegare nelle tenebre e lasciarsi assorbire dalla sofferenza fino a sparire, come potevano chiederle tanto?Con quale coraggio le imponevano qualcosa di così difficile?Perché non lo facevano loro?Non erano loro a morire nei suoi baci, a fondere nelle sue carezze, a piangere nei suoi occhi, a vivere nel suo amore. Non sapevano cosa volesse dire amare qualcuno a tal punto che anche se sei felice ti fa male il cuore per la potenza dei sentimenti che provi, non sapevano cosa significasse sentire il proprio cuore spaccarsi dal dolore ogni volta che lui la guardava con tristezza, non sapevano come si potesse amare qualcuno così tanto che ti scoppia la testa e dimentichi perfino come ti chiami da quanto sei assorbita da lui, dalla sua presenza fino a sparire e diventare un tutt’uno con lui. Loro non lo sapevano. E adesso lei non sapeva come fare per lasciarlo andare, per lasciare che la sua mano affondasse quella lamina di acciaio nel suo petto e vedere la morte portarglielo via, restando impotente, incapace di reagire. Lo avrebbe guardato nei suoi occhi profondi amandolo ancora di più e lo avrebbe lasciato andare, ma non sapeva come. Buffy non sapeva come lasciare andare il suo Angel.

 

’And I have the sense to recognize

But I don't know how to let you go.

I don't know how to let you go.

I don't know how to let you go.’