IN PICCHIATA

Autore: Alyson

 

Rating: NC-17

 

Timeline: Si svolge in un universo alternativo, diciamo pure la realtà, per dirla tutta qualche anno fa.

 

Riassunto: Quando si ama qualcuno che non ricambia. Quando si ama qualcuno che gioca con te e ti fa perdere. Quando tutto questo porta a situazioni troppo grandi e impossibili da superare indenni. Quando serve molta forza e voglia di riprovare, verso l'unica luce rimasta in piedi.

 

Note: Ecco la mia prima Fanfiction nel mondo reale, a parte i nomi e qualche riferimento ai caratteri del telefilm, è tutto mio!Tengo molto a questa ff, perciò se volete fare commenti ve ne sarei grata. Sullo stile, sugli avvenimenti raccontati, opinioni varie, critiche, quello che volete, scrivetemi a _numb_@libero.it  .Grazie di cuore a chi la leggera tutta, so che è lunga, ma davvero non potevo scrivere una parola in meno.

 

Disclaimer: I personaggi utilizzati sono di proprietà di Joss Whedon, di David GreenWalt e della 20th Century Fox Television Production. Sono stati utilizzati senza il consenso degli autori, ma non a fini di lucro. Non rivendico su di loro alcun diritto per averli utilizzati

 

 

 

CAPITOLO 1

 

Settembre 2001

 

La sala d’attesa del pronto soccorso intorno a lei era illuminata dalla luce fredda dei neon.

 

Le voci le arrivavano da lontano, distanti e inutili.

 

Il suo sguardo vagava distrattamente, da un angolo all’altro della stanza senza percepire davvero le cose e le persone.

 

Appoggiata al muro a braccia conserte, ascoltava il cuore battere isterico nel suo petto.

 

Sentiva freddo, ma sapeva di non averne, nonostante le mani e i piedi fossero effettivamente ghiacciati.

 

Aveva paura.

 

Una paura folle e gelida.

 

I suoi occhi si premettero doloranti sulla donna bruna seduta a qualche passo da lei.

 

Rachel con il viso tra le mani era immobile.

 

Willow non riusciva a provare nulla se non colpa nei suoi confronti.

 

Le si avvicinò lentamente, posandole una mano sulla spalla, ma stornò lo sguardo voltando il viso, quando l’altra si mosse per guardarla.

 

Si sentiva in dovere di consolarla, di infonderle forza, ma non aveva il coraggio di guardarla negli occhi.

 

Infondo al cuore si sentiva responsabile, anche se era assurdo, di quello che stava accadendo.

 

Si staccò dall’altra sentendosi debole e quasi involontariamente si accoccolò nell’abbraccio di Mark, che davanti a lei aspettava come tutti loro.

 

Il ragazzo un po’ sorpreso, l’accolse e la strinse cercando di sostenerla.

 

Si aggrapparono l’uno all’altra, in modo disperato, entrambi erano terrorizzati.

 

A qualche metro da loro li osservava con sguardo vuoto Kelly.

 

Erano ore ormai che erano lì dentro.

 

A Willow sembrava che quella stanza rimpicciolisse sempre più.

 

Si sentiva soffocare, come se le pareti lentamente si chiudessero su di loro, intrappolandoli in una morsa.

 

I medici erano passati più volte a rassicurarli, la situazione era sotto controllo ora, ma ancora non potevano vederla e Will si sentiva lo stesso insicura e fissava l’angolo di quel corridoio, leggendo e rileggendo il cartello appeso al muro.

 

Accesso proibito ai non adetti

 

A tutti loro era vietato, compiere quei pochi passi ed entrare in qualche stanzetta fredda e triste dell’ospedale e vedere finalmente Kennedy, distesa su un letto, magari pallida e stanca, ma VIVA.

 

E questo rendeva le parole dei dottori vacue e poco convincenti.

 

Una parte di lei sapeva che finchè non l’avesse vista, il suo cuore non avrebbe smesso di battere all’impazzata, fremente di terrore.

 

Il cellulare le vibrò ancora nella tasca dei jeans.

 

Aspettò qualche istante prima di tirarlo fuori.

 

Fissò con occhi vuoti il display, che la informava che Buffy la stava chiamando, di nuovo.

 

Qualche ora prima aveva messo il silenziatore all’apparecchio.

 

Buffy l’aveva chiamata almeno altre tre volte, ma non aveva mai risposto.

 

Aspettò che il telefono smettesse di tremare, aspetto che l’amica rinunciasse.

 

Non avrebbe saputo mentire all’altra, non stavolta, la sua voce l’avrebbe tradita, facendo trasparire l’angoscia e il dolore.

 

Non se l’ho poteva permettere.

 

Le scrisse comunque un nuovo messaggio, dicendo che l’avrebbe chiamata più tardi, che stava facendo una cosa che non poteva interrompere.

 

Sentì che l’amica avrebbe percepito comunque che qualcosa non andava, quello che aveva scritto era freddo e strano.

 

Ma non aveva tempo ne forza di inventare qualcosa di meglio adesso.

 

Il cellulare vibrò brevemente e lesse il messaggio di risposta della bionda, sorridendo amara.

 

“Basta che tu stia bene.Buffy”

 

Stare bene?No non in quel momento. No mai più. Stare bene non era possibile da tanto tempo.

 

Mark le toccò una spalla.

 

-Ti va una sigaretta?-

 

-Si.-

 

Kelly li guardò assentendo con il capo, avendo capito l’intenzione dei due amici che con qualche gesto le indicavano la porta che conduceva fuori.

 

-Torniamo subito.- disse la rossa, guardandola distrattamente, mentre l’altra si sedeva accanto a Rachel, chiusa nel suo mondo.

 

In pochi passi raggiunsero l’esterno.

 

Will si accese la sigaretta, aspirando forte la prima boccata di fumo.

 

Seguì mentalmente la nicotina entrare nel suo corpo e pervaderlo rilassandolo.

 

Chiuse gli occhi.

 

La serata era fresca e il cielo sgombro, le stelle già splendevano.

 

Mark le sorrise, sedendosi sul muretto che divideva l’entrata al pronto soccorso dal vialetto delle ambulanze.

 

-Will, calmati…va tutto bene.- disse tranquillizzandola e invitandola a sedersi al suo fianco.

 

Willow obbedì.

 

Rimasero così per qualche minuto, ad occhi bassi e in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri, mentre le sigarette di entrambi bruciavano dimenticate tra le loro dita.

 

-Dovremmo chiamare sua madre…- disse vuota, conosceva già la risposta.

 

-Non vuole te l’ho già detto.-

 

-Ma dovremmo.- rispose la ragazza guardandolo seria.

 

Mark la fissò, conscio della ragione dell’altra e sospirando concluse.

 

-Hai ragione…ma Kennedy è maggiorenne, non siamo noi a decidere. E poi Rachel è qui ora, credo che a lei non serva altro.-

 

Una lama fredda le trafisse il cuore, ma si impedì di sanguinare davanti all’altro, ostentando una tranquillità che non aveva, ogni volta che si nominava la bruna.

 

Rachel…la donna di Kennedy.

 

C’erano momenti in cui aveva creduto di odiarla.

 

Ma sapeva di non esserne capace, la sua era solo pura e dilaniante gelosia.

 

Si scosse, riprendendo il filo dei suoi pensieri e del discorso che Mark stava facendo.

 

-Come ha potuto farlo…lei è Kennedy, la mia Kennedy…non posso crederci. Noi queste cose le studiamo Will, le hai studiate anche tu. Non può averlo fatto sul serio…- disse amaramente il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.

 

Lui e Ken, li aveva fatti conoscere lei, al primo anno di università e da lì erano stati amici inseparabili, anche dopo che lei se n’era andata cambiando facoltà.

 

Mark parlava dei casi di tentato suicidio, studiati da tutti e tre sui loro libri di Psicologia.

 

“Casi”già.

 

Nomi falsi, descrizione dei fatti, diagnosi del disturbo psicotico, terapia e qualche sporadica guarigione documentata, tutto scritto e studiato con estremo distacco.

 

Il distacco dei professionisti o di chi semplicemente non sa di cosa si sta parlando.

 

E ora invece sapevano di cosa si stava parlando.

 

Si parlava della morte, una morte che non era mai sembrata tanto vicina ai loro 22 anni.

 

E si parlava del dolore e dell’odio per se stessi.

 

Disperazione così cieca, da non trovare scampo, se non in una trentina di maledette pillole.

 

E si trattava di Kennedy.

 

Questo la spezzava di un dolore furioso e infondo era la cosa più dannatamente insopportabile…

 

Era Kennedy, quella che vomitava quel veleno in minuscole palline assassine, a pochi metri da loro.

 

Era Kennedy e questo bastava a squarciarle il petto e a stritolarle il cuore.

 

Sentì di nuovo freddo e si prese la testa tra le mani, intanto il silenzio era tornato fra i due amici.

 

Mark fumava afono e perduto nei suoi pensieri e lei si chiese ancora una volta, cosa ci faceva lì.

 

Erano stati i tre giorni più devastanti della sua vita, non aveva mai provato tanta paura.

 

22 anni di vita ovattata da buoni propositi, belle parole e musiche gentili.

 

Speranze di bambina e normali sogni infranti.

 

La sentiva ora, la sua vita, anche più bella di come era stata.

 

Lontana da ponti oscuri e salti nel vuoto.

 

Ogni dolore e orrore vissuto, le pareva lieve.

 

Anche l’ultimo periodo che forse era stato il più buio della sua esistenza non le sembrava nulla.

 

Aveva indugiato su musiche tristi e schiaccianti in quei mesi, crogiolandosi nella sofferenza che la permeava, rendendola tragica e dannatamente di scena.

 

Ma ora nessuna nota fendeva l’aria, il terrore era silenzioso e irresistibile.

 

Non c’era canzone scritta o dita su una tastiera di un piano che riempissero quel muto scenario.

 

Non c’era niente, se non quella morsa allo stomaco, il suo cuore accelerato e la paura vibrante sotto la sua pelle.

 

 

 

Era solo andata da Kennedy, due sere prima.

 

Varcare quella porta le era familiare, per quanto sapesse distruttivo ogni volta, non era una sera diversa, non si aspettava niente di diverso.

 

Avrebbero bevuto troppo, parlato girando intorno a un “noi” che esisteva solo per lei, si sarebbe sentita fragile nel guardare l’altra che apriva una nuova bottiglia, il cuore le si sarebbe spaccato di nuovo quando il discorso fosse virato su Rachel e uscita di lì, passato il semplice desiderio di stare con lei, ubriaca, si sarebbe maledetta per quell’amore inutile.

 

E invece si era trovata in mezzo ad una situazione troppo grande, sicuramente più di lei.

 

Con Kennedy in quella stanza c’era anche Lois e polvere di caffè versato.

 

-Sei una puttana, mi fai schifo!Questa casa è solo un bordello!-

 

Le sentiva dentro quelle parole, urlate da Lois, ad una Kennedy, mai vista.

 

Una Kennedy in lacrime, fragile e spaventata, lei che ai suoi occhi era quella forte, egoista e maledettamente bella.

 

Quella sera quello che aveva visto era stato lo spettro della ragazza che credeva di amare.

 

Ci aveva messo un po’ a capire quello che stava succedendo.

 

Entrata, sul pavimento vetri rotti e polvere di caffè in tutta la stanza, qualcuno doveva aver lanciato il barattolo che lo conteneva con tutta la forza e la violenza che aveva in corpo.

 

Ed era facile vedere quella violenza negli occhi folli di Lois.

 

I tratti del viso della ragazza erano tirati dall’ira.

 

Si era seduta, impietrita, esattamente come Lois le aveva detto di fare, promettendole uno spettacolo esagerato.

 

E lo era stato.

 

Quando aveva capito, lo era stato.

 

Kennedy non aveva avuto mai molti principi.

 

Donne, uomini…anche lei era stata per qualche mese vittima della sua voglia…amici, nemici, coetanei e non.

 

Non si era fermata mai, nonostante dicesse di amare Rachel con tutta se stessa.

 

Spesso pensava che Kennedy non avesse limite.

 

E invece ora quel limite era stato passato, almeno da quello che urlava Lois, colpendola ripetutamente sulla testa con la mano aperta.

 

Ma Willow non si era mossa, non era stata capace di difenderla, di dividerle.

 

-Come hai potuto?Come hai potuto?L’unica persona che non dovevi toccare, l’unico viso che io amo, le uniche labbra che amo!!- ora Lois aveva la voce incrinata da un pianto isterico, mentre Kennedy, accucciata sotto di lei, tentava di coprirsi il viso con le mani.

 

Era calato il silenzio e la rossa sentiva l’angoscia salire.

 

Lois si era seduta sulla sedia a pochi passi dalla sua, asciugandosi il viso con il dorso della mano.

 

Poi aveva fissato Kennedy che ancora piangeva.

 

-Guardala bene questa faccia…perché da stasera non la rivedrai più.-

 

-No, Lois ti prego!Mi dispiace!- aveva tentato di abbracciarla, avvicinandosi, per trattenerla.

 

Erano amiche da più di dieci anni.

 

Mesi più tardi Willow si sarebbe chiesta che razza di amicizia era la loro, per farsi del male in quel modo.

 

-Non toccarmi!Will toglimela di dosso, le faccio del male, toglimela di dosso o non rispondo più di me!!- le aveva urlato implorando, spingendo Kennedy lontano.

 

Ma lei non si era mossa di nuovo.

 

Era paralizzata.

 

Aveva la testa che le pulsava, l’unica cosa che riusciva a connettere era che per terra c’erano dei vetri e che Kennedy era scalza.

 

Probabilmente si era eclissata dalla scena, perché non riusciva a reggerla.

 

Ma si scosse, se era davvero amore quello che diceva di provare, doveva tentare di difenderla.

 

-Lois, calmati…io c’ero quella sera…non è stato che un bacio con Mike.-

 

Si c’era anche lei, la sera in cui Kennedy aveva tradito l’amica, cercando di portarsi a letto il ragazzo di Lois.

 

Per Kennedy era sempre e solo stato un gioco.

 

E non l’aveva fermata. La parte della moralista l’aveva persa mesi prima.

 

Gli occhi di Lois si erano fatti fessure.

 

Per un attimo Willow aveva temuto per se stessa.

 

-E’ abbastanza.- aveva risposto asciutta Lois e Will sapeva che aveva ragione.

 

Il suo tentativo di difendere Ken era fallito e ora gli occhi di Lois erano tornati sull’altra.

 

-Io potrei distruggerti…- aveva detto con un filo di voce.

 

Sul viso di Kennedy aveva visto passare la paura, mentre un pallore cinereo le strappava la vita dalle guance.

 

-Rachel…- aveva sussurrato.

 

-Già, ma io non sono una stronza come te…e non è solo Rachel, potrei rovinarti la vita. Potrei dire al mondo che sei una lesbica di merda oltre che una puttana!!Non credo che la tua famiglia e al lavoro ne sarebbero felici!Ma non sono te…- Lois era fredda, amara.

 

Willow tremava, sapeva di essere solo una spettatrice.

 

Ma invece Lois inaspettatamente, addolcendo i toni, si era rivolta a lei.

 

-Stai attenta Will, ti prego, tu sei troppo ingenua…ti farà del male, non gliene frega niente di te!Mi ha detto tutto, di quello che provi e di quanto le da fastidio e…-

 

Aveva sentito l’umiliazione salirle alle guance incendiandole.

 

Alzando la mano, aveva zittito l’altra.

 

-Lois…ti prego…basta.-

 

Era riuscita solo a dire questo.

 

-Va bene…so che ora starai qui a consolarla, sei fatta così…ti dico solo di stare attenta a questa troia.- così dicendo era uscita dal bilocale sbattendo la porta, lasciandole sole ad occhi bassi e in silenzio.

 

Il cuore di Willow aveva rallentato e aveva sentito freddo, tanto freddo.

 

Ken camminava istericamente in mezzo ai vetri.

 

-Ken…smettila siediti o ti farai male.- l’aveva spinta sul divano, non sapeva dire se dolcemente o bruscamente.

 

Sentiva la rabbia crescerle dentro.

 

Era stata umiliata.

 

Prese una scopa e iniziò a spazzare i vetri e il caffè.

 

-N-non importa, Will l-lascia stare…n-non i-importa più.- le aveva detto l’altra guardandola pulire, mentre continuava a piangere.

 

Poi l’aveva fissata.

 

-Se ti faccio schifo, vattene pure…non sei obbligata a star qui.-

 

-Non mi fai schifo.- le aveva risposto in modo piatto e il suono della sua voce era glaciale e distante, non l’aveva guardata.

 

-Allora non lasciarmi da sola…- quella era una supplica, lo sapeva e la rabbia era già stata stemperata dall’amore.

 

-Ok…-

 

Avrebbe passato la notte lì, ma non avrebbe fatto niente di più di quello.

 

Ora non riusciva proprio a rassicurarla.

 

Le disse solo che Lois non avrebbe mai fatto quello che aveva minacciato, alla risposta non diede molta importanza.

 

-Se lo fa e perdo Rachel…io mi ammazzo.-

 

Silenzio.

 

 

 

Rachel era apparsa sulla porta scorrevole.

 

Gli occhi gonfi, il viso stanco.

 

Mark le aveva offerto una sigaretta.

 

Erano rimasti lì, mentre Mark tentava di tessere una conversazione, il più possibile allegra.

 

Willow gli rispondeva appena e Rachel rimaneva a guardarli in silenzio.

 

Alla fine le sigarette di Will erano diventate due e la seconda moriva piano piano tra le sue dita.

 

La buttò.

 

Mark continuando a parlare, mentre tutte e tre rientravano nell’edificio, faceva strada e fu lui a vederla per primo.

 

-Ken…- sussurrò aumentando il passo.

 

Willow alzò gli occhi entrando nella sala d’attesa ed era lì.

 

Il camice verde dei degenti le arrivava al ginocchio, chiuso da quattro lacci sulla schiena.

 

Parlava con Kelly, lì in piedi nell’angolo dove erano stati fino a qualche minuto prima.

 

Aveva i capelli arruffati, il viso livido, ma era lì ed era VIVA.

 

La tensione scemò immediatamente, come la paura, sciolta e inesistente, mentre un sorriso le increspava le labbra e il suo passo accelerava.

 

Avrebbe voluto solo stringerla, piangere di gioia, perché era lì, viva, perché ora il peggio le sembrava passato, perché niente ci sarebbe mai stato di così orribile come quel pomeriggio di attesa, in cui tremanti avevano aspettato che qualche camice inamidato li salvasse da quell’incubo o li gettasse nel nulla.

 

Ken si era voltata e li aveva visti, ora non voleva altro che tenerla fra le braccia.

 

Ma lo sguardo della mora la sorpassò e capì che non era lei a doverla stringere.

 

Frenò bruscamente e si spostò di lato accanto a Kelly e Mark.

 

Entrambe piangevano e lo sguardo di Kennedy era alla ricerca di pietà e perdono in quello di Rachel.

 

Si abbracciarono strette, Ken sussurrò solo –Mi dispiace.- tra i singhiozzi.

 

La donna non disse una parola, sorrise soltanto.

 

Will capiva il perché, sapeva il perché.

 

Il loro amore non era morto.

 

Bastava per sorridere ancora.

 

 

 

-Si lavanda gastrica…e carbone. Credo di non avere più niente dentro!- disse ironica Ken, ma non era brillante come sempre, lo percepivano tutti.

 

Pochi minuti prima li aveva abbracciati uno ad uno, ringraziandoli e ora era lì, parlava a battute, forse per stemperare la tensione, ma non ci riusciva, nonostante tutti loro ridessero.

 

Si stava chiudendo lo spacco infinito di quel camice verde, preoccupata soltanto di non farsi vedere il culo dagli infermieri.

 

Will sospirò sorridendo, ecco di chi si era innamorata.

 

Pochi minuti dopo Kennedy era tornata nella stanza provvisoria del pronto soccorso.

 

Willow aveva riso in faccia al cartello che vietava l’ingresso, sorpassandolo con gli altri.

 

Non sarebbe stata così contenta se ne avesse conosciuto il perché.

 

Trattandosi di un tentato suicidio, i dottori permettevano agli amici di stare vicini al soggetto.

 

Ma questo l’avrebbero scoperto solo il giorno dopo.

 

Alle 18.00 dopo sette ore dal loro arrivo, li avevano mandati tutti a casa.

 

Avrebbero trasferito Kennedy la sera stessa in medicina d’urgenza, l’avrebbero raggiunta lì per le 20.00.

 

Così aveva due ore, prima di ritornare in quell’inferno.

 

Due ore.

 

Si era seduta in macchina, chiudendo forte la portiera, ma non aveva acceso la radio come faceva sempre.

 

Era rimasta lì, con le mani sul volante, a motore spento, cercando di escludere l’esterno e tutti i suoi rumori dall’abitacolo.

 

Le sarebbe bastato un minuto di vero silenzio e forse avrebbe passato lì quelle due ore.

 

Ma non ci riusciva.

 

Prese il cellulare e compose un numero che conosceva fin troppo bene.

 

Il segnale di libero la oppresse, sapeva di aver promesso di non dire una parola.

 

Ma non avrebbe più retto, se non si svuotava di tutto quello schifo.

 

-Pronto?- risposero dall’altra parte dell’apparecchio.

 

-Buffy…- ascoltò la sua voce da fuori e si rese conto che tremava.

 

-Willow!Finalmente, ma cosa stav…che succede?- s’interruppe l’altra, bruciandola con quella domanda.

 

Beccata.

 

Era bastata una parola.

 

-Posso…posso venire da te?Sei a casa vero?- la sua voce era sempre più vicina al pianto ne era cosciente.

 

-Certo…ma Will cosa c’è?-

 

-Quando arrivo ti spiego. Promesso, ma ora no, non al telefono.-

 

-Ok…quando arrivi?-

 

-Sono all’ospedale…sarò lì fra venti minuti.- si morse un labbro, informazione di troppo.

 

-Ah..-

 

-Sto bene.- ormai non importava.

 

-Ti aspetto.-

 

-Buffy?-

 

-Si?-

 

-Grazie.-

 

Aveva chiuso la conversazione con quella parola.

 

Non sapeva ancora perché l’aveva usata.

 

Ora voleva rumore, al contrario di qualche momento prima, accese la macchina e sgasò, poi premette on sull’autoradio, alzando il volume, uscì dal parcheggio e si diresse verso casa dell’amica.

 

Non sentiva neanche la canzone che veniva trasmessa, persa com’era nei suoi pensieri.

 

Si sorprese della lunghezza del percorso verso casa di Buffy.

 

Così riordinò le idee.

 

Buffy non sapeva di lei e Kennedy, ne di Ken e Rachel.

 

Avrebbe raccontato quanto più poteva, per espellere quell’orrore ed essere capace di assorbirne altro, perché sapeva che non era finita.

 

La mente, senza che lei potesse fermarla, volò ai ricordi della mattina precedente.

 

 

 

Aveva dormito sul divano, facendo fatica a prendere sonno.

 

Continuava a riflettere sulla sera precedente, sull’assurdità della sera precedente.

 

Era stata umiliata.

 

Ma la sua indole le impediva di pensare che quella per lei fosse la cosa più importante.

 

Avrebbe dovuto invece.

 

Kennedy dormiva nel suo letto nell’altra stanza.

 

Aveva aspettato che l’altra si addormentasse e poi l’aveva fissata per qualche momento, capendo all’istante che non sarebbe stato un sonno sereno.

 

Infatti la bruna, continuava a rigirarsi nel letto.

 

Dopo qualche minuto si era spostata nell’altra stanza, non riusciva a guardarla.

 

Come aveva potuto tradirla così?

 

Avevano giurato di non dire mai niente sulla loro…avventura.

 

Si sentiva violata.

 

Lois sapeva tutto?O solo qualcosa?

 

Kennedy le aveva detto che no, non sapeva quasi nulla, ma come poteva fidarsi ancora?

 

Forse non avrebbe mai dovuto fidarsi.

 

Infondo non avrebbe dovuto esserne sorpresa.

 

Si addormentò così, con questi pensieri e con negli occhi la violenza dei colpi di Lois e un senso di colpa nauseante per non essere riuscita a far nulla.

 

Aprì gli occhi, era presto.

 

Vide Ken passare per andare in bagno, ma non disse niente.

 

Richiuse gli occhi e ricordò tutto.

 

Ogni singolo istante della sera precedente e sentì un gelo insopportabile dentro al cuore.

 

Aveva voglia di abbracciare Buffy o Xander, anche se in quei mesi tra loro si era creato un muro difficile da abbattere, voleva fargli sentire il suo affetto, perché loro erano amici davvero, perché loro non si sarebbero mai fatti tanto male.

 

Probabilmente si riaddormentò per qualche minuto, finchè non sentì qualcuno stringerla ai fianchi.

 

Aprì gli occhi sorpresa, il sonno le aveva impastato la memoria e ci mise qualche secondo a capire dove fosse e a chi appartenessero i lunghi capelli castani che le ricadevano sul ventre.

 

Kennedy, la stringeva forte e piangeva.

 

Dimentica per un attimo della freddezza che aveva dimostrato la sera precedente, la strinse anche lei, alzandosi appena per baciarle la testa.

 

-Andrà tutto bene vedrai…si aggiusterà ogni cosa.-

 

Se n’era andata da quella casa finalmente.

 

In realtà sapeva perfettamente di averlo voluto da subito, pochi secondi dopo che Lois le aveva chiuso la porta dietro, dandole la sensazione di sigillare le porte di una cella.

 

Ma non l’aveva fatto.

 

E ora che dopo più di 12ore ne era fuori, sentiva l’aria mattutina come una linfa frizzante e indispensabile.

 

Ossigeno, dopo aver respirato dolore e merda.

 

Lei e Ken si sarebbero sentite quel pomeriggio, gliel’aveva promesso.

 

Ma ora aveva qualche ora per se stessa, lontana da quella situazione così allucinante.

 

Erano le 16.00 passate.

 

Era in biblioteca e aveva provato a chiamare Kennedy già tre volte, ma senza risultato.

 

Infondo non le dispiaceva così tanto.

 

Anche se si sentiva costretta a farlo.

 

Lasciò che il tempo passasse, ripromettendosi di riprovare più tardi.

 

Il cellulare vibrò sul tavolo di legno, lo prese ed uscì dalla stanza per rispondere.

 

Il display lampeggiava selvaggiamente, Kelly la stava chiamando.

 

Sentì un lievissimo peso sul cuore, di nuovo tutta quella storia le si rovesciò addosso.

 

Sospirò e rispose.

 

-Pronto?-

 

-Will?- la voce della ragazza la fece irrigidire.

 

-Che succede?-rispose incerta.

 

-Non la troviamo più…non so dov’è, aiutami!-

 

-Cosa?Di cosa parli?Calmati…chi è che non trovi più?- ma la risposta già la sapeva.

 

-Kennedy! E’ sparita Willow, non risponde al cellulare e Rachel non sa dov’è!-

 

-Ok, calma…è successo qualcosa che tu sappia?- la paura cominciava a entrare in circolo con il suo sangue.

 

-Lois…Lois ha detto tutto a Rachel, le ha raccontato di Mike e di tutti gli altri…hanno litigato e ora Kennedy è sparita, aiutami!-

 

Sentì che le gambe non la reggevano più e si appoggiò al muro, deglutì.

 

“Se lo fa e perdo Rachel…io mi ammazzo.”

 

-V-vado a vedere a casa sua…e se n-non è lì faccio un giro, nei posti dove va di solito. Vedrai che riusciremo a trovarla Kelly…chiamami fra un’oretta che ti dico se l’ho trovata.-

 

-O-ok.-

 

-Ciao.- chiuse la conversazione e rietrò nella sala di lettura per recuperare le sue cose.

 

Era più di un’ora che la cercava.

 

Aveva guardato in tutti i posti che conosceva, ma niente.

 

A casa sua nessuno rispondeva.

 

In ogni caso tornò lì.

 

Chiamò Kelly con una voce che non si riconobbe.

 

-Kelly?-

 

-L’hai trovata?-

 

-No…devi venire qui da lei, tu hai le chiavi vero?-

 

-Ma se suoni e non ti risponde vuol dire che non…- la voce di Kelly si spezzò, aveva capito.

 

-Ti aspetto.-

 

Erano state le sue ultime parole.

 

Si accese una sigaretta, sperando che quella dolce assassina lenisse l’angoscia, ma non successe.

 

I minuti passavano, andava avanti e indietro per quella via, senza fermarsi, sperava che l’altra facesse presto e allo stesso tempo che non arrivasse mai.

 

Aveva paura.

 

Una paura tremenda che fosse troppo tardi.

 

Aveva paura di quello che avrebbero potuto trovare dentro la casa di Kennedy.

 

Tremava visibilmente e quel pomeriggio fresco di settembre non ne era di certo la causa.

 

Quanto tempo era passato da quando aveva interrotto la telefonata con Kelly?

 

Guardò l’orologio ansiosa, venti minuti.

 

Venti stramaledetti minuti.

 

Si fermò di scatto.

 

E se ci fosse stato del sangue?

 

Immaginò la scena senza volerlo.

 

Scosse la testa con violenza.

 

Oddio, avrebbe rimesso l’anima.

 

No, non era vero, doveva calmarsi, dentro l’appartamento non c’era quello che stava immaginando, non era possibile.

 

Buttò sprezzante la sigaretta quasi finita, mentre andava incontro ad una Kelly trafelata infondo alla via.

 

-Sei arrivata finalmente!- disse nervosa.

 

-Ho fatto il prima che ho potuto…entriamo?-

 

Quella dell’altra era una supplica, aveva paura anche lei.

 

-Si.- deglutì forte, mentre la serratura scattava.

 

Ma la porta rimase semi aperta, Kelly non osava entrare.

 

Chiuse gli occhi e li riaprì subito, poi spinse lentamente la porta.

 

-Ken?- chiamò l’altra e Willow trasalì, era il momento, sentì lo stomaco stringersi mentre entravano.

 

Se ci fosse stato del sangue sarebbe svenuta lo sapeva.

 

Ma si fece coraggio e chiamò anche lei.

 

-Kennedy?-

 

Entrò titubante nella stanza da letto, ma non c’era nessuno.

 

Il bilocale era piccolo, non ci misero che qualche secondo per capire che era vuoto.

 

Si sedette sul divano, tenendosi il viso tra le mani.

 

-Ken…dove sei finita?- disse ad alta voce.

 

Kelly non fece in tempo a rispondere a quella domanda che evidentemente non era per lei.

 

Come una furia entrò nel bilocale una Rachel stravolta.

 

-Dov’è?- urlò alle ragazze, che attonite la guardavano.

 

Dietro di lei entrò Lois, fredda in viso, ma Will notò che nei suoi occhi c’era qualcosa di diverso, una paura crescente che non aveva niente di gelido.

 

Mentre Rachel andava a controllare in camera, Lois tentando di parlare con calma e distacco, chiese.

 

-Sono qui solo per controllare che non faccia cazzate…l’avete trovata?-

 

-No…- rispose Kelly.

 

Willow la guardava senza capire.

 

Perché era lì?

 

Lei la sera prima c’era.

 

Le aveva sentito dire che non voleva più saperne nulla di Ken.

 

Proprio non si aspettava di vederla entrare insieme a Rachel, per vedere se Kennedy era lì, per cercarla…per”controllare che non facesse cazzate”, aveva detto.

 

Forse l’amicizia di una vita aveva vinto.

 

Forse l’affetto per Ken aveva smosso Lois.

 

Abbassò lo sguardo.

 

No, non era quello, ricordava bene l’odio che aveva letto negli occhi di Lois la sera avanti.

 

No.

 

Rialzò lo sguardo sulla ragazza di cui aveva percepito distintamente la rabbia e la violenza.

 

Era colpa.

 

Si colpa, senso di colpa.

 

Era lei che aveva scatenato tutto.

 

Lei a dire che non era come Ken e che quindi non l’avrebbe rovinata.

 

E invece l’aveva fatto.

 

Era andata da Rachel e le aveva raccontato tutto.

 

Di Mike e dei tre o quattro ragazzi che aveva visto scaldare il letto della bruna, in quei mesi.

 

Si era vendicata.

 

Rachel tornò urlando dall’altra stanza, interrompendo di netto i pensieri di Willow.

 

-Tu brutta stronza!E’ colpa tua!- era rivolta a Lois.

 

-Guarda che anche a me ha fatto del male!!-

 

-Tu ti sei solo vendicata…credi che non lo sapessi?Avevo accettato di non vedere, perché l’amavo…tu hai rovinato tutto!!Hai avuto la tua vendetta.-

 

Bingo.

 

Vendetta, pensò Willow.

 

-Era giusto che tu lo sapessi!E’ per questo che l’ho fatto!-

 

-Bugiarda!-

 

Bugiarda, pensò Will, mentre con gli occhi cercava Kelly, i toni erano particolarmente alti e dovevano trovare un modo per uscire da quella situazione.

 

Da un momento all’altro qualcuno avrebbe alzato le mani e non l’avrebbe sopportato.

 

-Avanti, chiedi a queste due, scommetto che ha giocato anche con loro!!Così mi dirai se sono una bugiarda!- disse Lois indicandole.

 

Will si sentì morire, aveva dimenticato che Lois sapeva…almeno qualcosa.

 

Sbiancò, mentre Rachel si scaraventava addosso a Kelly e le chiedeva se con Ken era successo qualcosa, al diniego dell’altra si voltò verso di lei e le volò contro.

 

-Will…Will guardami!Cos’hai fatto con la mia ragazza?-

 

Il cuore le batteva forte, lo sentiva, aveva paura, percepiva la stretta delle mani della donna sulle sue spalle.

 

-Solo…solo un bacio.- mentì.

 

Gli occhi di Rachel si addolcirono e li vide inumidirsi.

 

-Ma che cazzo dici, Willow, di la verità!- fece Lois.

 

-No, Lois smettila, non è successo niente di più!- le urlò contro la rossa.

 

-Davvero?- continuò Rachel.

 

La rossa capì che l’età della donna che aveva davanti, dava a un bacio l’importanza di un bacio, non di un tradimento, maturità che Lois non aveva e a dir la verità neanche lei.

 

Willow si trovò a fissarla ancora negli occhi e si sentì morire dentro.

 

-Lo giuro.-

 

-Abbracciami.- sussurrò Rachel stringendola e lei rispose all’abbraccio come un automa.

 

Per quella frazione di secondo, prima che la donna estinguesse quel contatto, si sentì sprofondare.

 

Aveva giurato il falso, aveva ingannato Rachel per salvarsi e per salvare Ken.

 

Che razza di persona era?

 

Sentiva in modo sbiadito le grida di Rachel e di Lois che si insultavano, incontrò per caso gli occhi di Kelly e si scosse.

 

Ci avrebbe pensato poi.

 

-Stiamo perdendo tempo.- aveva detto alzandosi.

 

-Dobbiamo trovarla…lei potrebbe fare qualcosa e…dobbiamo trovarla!- così dicendo aveva chiesto a Kelly di chiamare tutti gli amici di Ken, nel tentativo di sapere se l’avevano per lo meno vista.

 

Ma era stato vano e intanto la lite tra le altre due non accennava a diminuire.

 

Sentiva la testa scoppiare.

 

-Dobbiamo continuare a cercarla…Kelly andiamo!- disse prendendo la giacca, la paura era di nuovo in lei, anche perché ora sapeva dove avrebbero dovuto provare.

 

-Vaffanculo!- gridò Rachel a Lois e voltandosi verso le due ragazze che stavano prendendo la porta chiese.

 

-Posso venire anch’io?-

 

-Certo!- fece Kelly comprensiva.

 

-Guido io.- disse soltanto la rossa.

 

Entrate in macchina, vide Lois andarsene dallo specchietto e si augurò di non vederla per molto tempo.

 

Era troppo che la cercavano.

 

Rachel era tornata a casa, dalla sua famiglia, da sua marito…e da sua figlia.

 

Nel pensarci si trovò a disgustare tutta quella situazione, ma non era il momento.

 

Lei e Kelly avevano girato di nuovo tutta la città senza risultato.

 

Ora erano davanti al pronto soccorso.

 

Sapeva di dover andare lì già da molte ore, ma si era crogiolata nella speranza di trovare Kennedy in qualche angolo a piangere, allontanando dalla mente l’immagine dell’altra in un letto d’ospedale.

 

Perché lei sapeva cosa passava nella testa della ragazza, l’aveva sentito dalle sue stesse labbra la notte precedente.

 

Sospirò e con passo incerto si avvicinò alle porte scorrevoli insieme a Kelly.

 

Il cuore correva veloce, spaccandole il petto.

 

Quando sentì suonare il cellulare della ragazza che era con lei.

 

Del resto di quella serata non ricordava quasi nulla con precisione.

 

Sapeva solo che la telefonata era stata fatta da Kennedy.

 

Kelly le aveva solo detto che era sconvolta e che apparentemente aveva chiamato per pregarla di spegnere il gas a casa sua.

 

Willow tempo dopo, si sarebbe chiesta se non l’avesse fatto invece per essere trovata.

 

In ogni caso, ora sapevano dov’era.

 

Ken aveva preso il treno ed ora era sperduta in una qualche cittadina sulla costa.

 

Le era sempre piaciuto il mare.

 

Willow si rese conto di non aver mai guidato tanto forte.

 

La distanza che le separava non era irrisoria, eppure solo un’ora dopo erano sul posto.

 

Quando l’aveva vista, il cuore le si era fermato.

 

L’altra era irriconoscibile.

 

I lunghi capelli scuri erano arruffati e sporchi, gli occhi gonfi per il pianto, zoppicava vistosamente e lividi bruni le si disegnavano sulle braccia.

 

Si ricordò in un lampo che Rachel aveva un graffio sulla mano.

 

La rabbia le ribollì dentro, ma si spense subito, perché una volta corsa verso la ragazza era stata incapace di toccarla.

 

-Ken!...sali in macchina, torniamo a casa.- era stato tutto quello che aveva saputo dirle.

 

Ce n’era voluto per convincerla, ma ce l’avevano fatta, ora erano sulla statale per Sunnydale.

 

Guidava Kelly, lei era stanca.

 

Avevano passeggiato un po’ sul lungo mare prima di prendere la strada di casa.

 

Kennedy portava uno zaino sulle spalle, molto pesante.

 

Data la condizione dell’altra, Will aveva tentato di portarlo per lei, ma la bruna le aveva risposto assente.

 

-Non importa Will…ce la faccio.-

 

Poi erano partite, dopo aver telefonato a Rachel per rassicurarla.

 

Lei e Ken avevano parlato molto all’apparecchio e una volta conclusa la conversazione, la ragazza aveva spiegato alle altre due.

 

-Vi dico cosa succederà adesso. Domattina Rachel verrà da me e parleremo. Io dovrò entrare in terapia, ma tutto andrà bene.-

 

A parere di Willow sembrava l’avesse detto più per se stessa che per loro.

 

Ormai era notte, si accoccolò sul sedile posteriore e prima di addormentarsi guardò Kennedy assopita davanti a lei con il suo zaino stretto fra le braccia e si ripetè felice “L’ho trovata.”

 

Il suono di un clacson la svegliò dai ricordi.

 

Fece mente locale per tornare al presente e gli eventi di quel pomeriggio le strinsero lo stomaco in una morsa.

 

Si scosse e superò l’incrocio che aveva davanti, permettendo alle altre macchine dietro di lei di proseguire.

 

Era arrivata, svoltò a sinistra e si trovò in Revello Drive.

 

Fermò la macchina davanti a casa di Buffy e la spense.

 

Ristette per qualche secondo nell’abitacolo, prima di uscire.

 

Le avrebbe dovuto spiegare quei tre giorni, almeno qualcosa e probabilmente le avrebbe dovuto mentire un po’.

 

Ma ne aveva bisogno.

 

Aveva bisogno dell’abbraccio della bionda, un abbraccio che per intensità e conforto era proprio solo della sua migliore amica.

 

Così uscì dalla macchina e percorse il vialetto.

 

Gli occhi le bruciavano, ma si trattenne.

 

-Ancora qualche minuto Will…resisti!- si era detta ad alta voce.

 

Non poteva ancora piangere, non l’aveva ancora fatto, ma se Joyce era in casa, non poteva permetterselo, avrebbe aspettato di essere stata in camera di Buffy e poi…

 

Ma a che serviva poi…odiava piangere…ma forse quella volta sarebbe stato utile.

 

Bussò alla grande porta di rovere che le era così familiare.

 

E come aveva pensato intravide dietro le spalle dell’amica che le aveva aperto, la madre che la salutava con la mano.

 

Rispose alla donna con un sorriso incerto.

 

-Will…- Buffy aveva già capito, che era successo qualcosa di grave, quindi trasse la rossa dall’impaccio, portandola di sopra e congedando la madre.

 

La bionda chiuse la porta della sua stanza.

 

-Will…-

 

La rossa non aveva ancora detto una parola.

 

-Cos’è successo?- le chiese ancora più direttamente.

 

Ma lei non riusciva a parlare e le lacrime erano troppo vicine.

 

Si portò le mani sul viso tra i singhiozzi, mentre sprofondava sul letto di Buffy.

 

L’altra non si mosse, interdetta.

 

-Ken…Ken ha…t-tentato di a-amazzarsi.- disse in un sibilo, balbettando tra i sobbalzi del pianto.

 

Buffy sbiancò e corse verso l’amica abbracciandola.

 

Ecco.

 

Aveva quello per cui era venuta.

 

Così strinse l’amica di rimando, aggrappandosi a lei più che poteva, perché ora che lo diceva le sembrava tutto ancora più reale e soffocante.

 

-Willow, ti prego, dimmi com’è successo?-

 

-Ti dirò tutto quello che posso…non una parola di più, è una situazione delicata.- si era trincerata dietro a quello per far credere all’amica che non le avrebbe detto tutto perché non poteva, non certo perché non volesse.

 

-Ok, ti ascolto.- disse la bionda, visibilmente delusa, ma decisa a capire il più possibile.

 

Così le raccontò che Lois aveva riferito di tutti i tradimenti di Kennedy, al suo attuale ragazzo che l’aveva gonfiata di botte e lei quella mattina aveva fatto quello che aveva fatto.

 

-Perché Lois ha raccontato tutto?- chiese incredula la bionda.

 

-Perché l’ultima conquista di Ken è stata il suo ragazzo.- sussurrò piano lei.

 

-Che tr…scusa. Come ha…- si interruppè vedendo gli occhi dell’altra riempirsi nuovamente di stille salate.

 

Willow deglutì, doveva raccontarle di più o non avrebbe capito l’inferno di quei giorni.

 

Così lentamente, stando attenta ad eludere quei particolari che la coinvolgevano direttamente o che vedevano come protagonista Rachel, le raccontò dei due giorni precedenti.

 

Buffy, conosceva Kennedy, ma non sapeva nulla delle sue tendenze sessuali, mentre sapeva che Will aveva qualche dubbio, ma la rossa le aveva raccontato di una storia con una ragazza di L.A., se le avesse detto di Kennedy, non ci avrebbe messo molto a fare due più due.

 

Ora il racconto era fermo a quella mattina.

 

-Così, dato che ieri sera sarò tornata alle tre, oggi ho dormito molto. Alle 11.45 ho acceso il cellulare e ho trovato almeno quindici chiamate di Ken…- si fermò colta da una nuova ondata di lacrime – giuro che non spegnerò più il cellulare di notte e che non dormirò più così tanto, lo giuro!-

 

-Non è colpa tua…- le sussurrò all’orecchio Buffy, abbracciandola di nuovo.

 

Willow fece finta di non aver sentito e districatasi dalla stretta si ricompose e riprese il racconto dei fatti.

 

-Io…insomma ieri ero così spaventata, che quando l’abbiamo trovata ero molto felice, ma allo stesso tempo arrabbiata per tutta la paura che mi aveva fatto prendere.- in realtà quella rabbia era dettata da ben altro, ma non lo disse, ancora bruciava dentro di lei l’umiliazione di poche sere prima – Così non l’ho richiamata, ho pensato che se aveva davvero bisogno lo avrebbe fatto lei. Ma non l’ha fatto. Non volevo sentirla. Alle 14.00 ho chiamato Kelly, per sapere se c’era qualche novità…-

 

Le sue parole le si spensero in gola.

 

Il suo tono, quando riprese era gelido, quasi meccanico, Buffy capì che quella era una parte molto dolorosa per la rossa.

 

-Erano già all’ospedale lei e Mark. Me l’ha detto subito, ha detto “Will, Ken ha preso delle pillole e…”, le ho solo detto che avrei fatto il più presto possibile e sono corsa là.-

 

-Will…cos’è successo stamattina?-

 

-Il suo ragazzo è andato da lei, ma le cose non devono essere andate molto bene…comunque lui dopo un po’ se n’è andato, Mark ha detto che era arrabbiato, ma poi è tornato indietro e l’ha trovata in mezzo a duemila pillole, semi cosciente. A chiamato tutti noi, per farsi venire a prendere e portarla all’ospedale, lui non ha l’auto, non so perché non abbia chiesto un’ambulanza…comunque io avevo il cellulare spento- la sua voce si incrinò –e Kelly non aveva la macchina, è andato Mark e l’ha portata là. Io sono arrivata un’ora e mezza dopo.-

 

-Dove a preso tutte quelle pillole?- Buffy sapeva cosa chiedere.

 

-Ieri, alla farmacia della stazione…le aveva in quello stramaledetto zaino, per questo non me l’ha voluto dare.- disse tremando visibilmente.

 

-Willow…non c’entri con questa storia, vuoi capirlo?-

 

-Ma lei me l’aveva detto l’altra notte. Io dovevo capirlo che era seria!Sono una stupida!- rispose, dandosi una forte sberla. Buffy le afferrò la mano, era evidentemente sconvolta e decise di distogliere l’attenzione della rossa dall’assurda colpa che si sentiva addosso.

 

-E il ragazzo di Ken?- fece guardandola fissa.

 

-Mark dice che era scioccato, non è voluto andare…ci ha mandato un messaggio due ore fa.- rise amara –Ha chiesto se era viva o morta.-

 

-Non è venuto all’ospedale?-

 

-Credo che dopo quello che le ha fatto, Ken non lo voglia più vedere. Dovevi vedere i lividi che le ha lasciato.- disse a denti stretti.

 

- In ogni caso no, non è venuto.- mentì continuando la rossa, in effetti tutto quello che aveva detto su quella mattina era vero, peccato che quel ragazzo era Rachel e che era arrivata in ospedale poco tempo dopo di lei.

 

-Ora come sta?-

 

-Le hanno fatto la lavanda e il carbone…ha detto che ha vomitato l’anima. I medici dicono che sta bene, ma che deve restare in osservazione almeno quattro giorni. Potrebbe avere una necrosi al fegato, con tutto quello che ha ingurgitato. Faremo i turni noi tre per le notti e il resto, i medici ci hanno chiesto sorveglianza 24ore su 24.-

 

-Ma sua madre?-

 

-Non vuole avvisarla…hanno un pessimo rapporto.-

 

-Will, non potete occuparvene voi, dovete…-

 

-Lo so…ma è maggiorenne e non vuole, non posso scegliere per lei.- disse irritata la rossa.

 

-Quando devi tornarci?- chiese piatta Buffy.

 

-Devo tornare in ospedale fra un’ora.- sussurrò tremante la ragazza, di nuovo avrebbe dovuto affrontare quell’inferno.

 

Buffy, l’abbracciò di nuovo.

 

-Andrà bene Will, andrà bene.-

 

Willow ricominciò a piangere, ma stavolta si sentiva al sicuro tra le braccia di Buffy, anche se lei non sapeva quanto dolore e quanta straziante paura aveva provato in quei giorni, perché quella all’ospedale non era solo un’amica, ma l’unica persona che poteva dire di amare.

 

CAPITOLO 2

 

Novembre 2001

 

Spostò una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

 

Quella mattina di novembre, un vento freddo spazzava l’intera città e i suoi capelli rosso fuoco le si scompigliavano divertiti.

 

Aspettava.

 

Era appoggiata al muro dell’imponente edificio alle sue spalle.

 

Era di nuovo all’interno dell’ospedale, ma stavolta non le pesava.

 

Neurologia.

 

Ma era lì per piacere, non c’era nell’aria l’attesa devastante di qualche mese prima.

 

La porta si schiuse e una giovane donna circa trentenne ne uscì.

 

Era bella, bionda, dai lineamenti gentili e dalle linee morbide.

 

Willow non vide subito l’amica, intenta com’era a leggere un opuscolo dell’università.

 

Tara la raggiunse senza fare rumore.

 

-Interessante?- disse divertita, regalando all’altra un sorriso tranquillo.

 

-Tara!- rispose Will, sorridendole di rimando.

 

Si abbracciarono e poi a braccetto si diressero al di fuori della struttura ospedaliera.

 

Era uno dei loro soliti pranzi, succedeva spesso.

 

Tara si era laureata due anni prima in medicina ed ora si specializzava, lavorando in ospedale.

 

Poco tempo per tutto, ma riusciva a trovarne un po’ a volte per la sua pupilla.

 

Aveva otto anni di differenza da Willow, si erano conosciute quando la rossa ne aveva appena dodici.

 

Dava ripetizioni, a lei, a Xander e a Buffy.

 

I loro genitori si conoscevano da tempo e li aveva aiutati a studiare volentieri, soprattutto Xander a dir la verità.

 

Li conosceva bene tutti e tre, era uscita con il cugino di Buffy per un po’ e così frequentando casa loro, oltre le ripetizioni li aveva presi sotto la sua ala.

 

Ma Willow soprattutto le piaceva.

 

Erano molto diverse, se la più grande era molto razionale, l’altra era tutta una passione.

 

Willow ancora adolescente, Tara già matura, la prima affettuosa, la seconda solo se necessario.

 

Comunque sia la rossa le aveva dimostrato negli anni un affetto e una stima fortissimi.

 

A volte le sembrava che la ragazza la mitizzasse troppo e questo le aveva fatte discutere più di una volta.

 

Ma aveva imparato a volerle bene da subito e l’aveva vista crescere con orgoglio, quasi fosse la sua sorellina.

 

Entrambe erano idealiste e impagabili romantiche e da quando la rossa era stata abbastanza grande per discutere di queste cose alla pari, si vedevano sempre più spesso.

 

Tara era da quasi un decennio la confidente di Willow.

 

Conosceva ogni cosa della ragazza, ogni particolare.

 

E l’anno appena trascorso non faceva eccezione, tanto meno Kennedy.

 

 

 

-Quindi è finita?- chiese la rossa.

 

-Già..- disse Tara ad occhi bassi.

 

-Che peccato…questo mi piaceva!- rispose ironica e trattenendo a stento una risata.

 

-Willow!-

 

-Scusa è solo che era una tale lagna!- ora era davvero scoppiata a ridere.

 

-Non è carino…stai ridendo della mia disastrosa vita sentimentale!- disse l’altra con tono di rimprovero, ma il lieve sorriso che le campeggiava sulle labbra, convinse Will che non era poi una grande perdita.

 

-Quanto è durato questo?- infierì.

 

-Willow!Basta…o passiamo a parlare di te!-

 

-Ok, capo, scherzavo…dai non prendertela!- lo disse regalandole un sorriso raggiante.

 

Nessun ragazzo di Tara le era mai veramente piaciuto, non che li avesse conosciuti bene se non da sporadiche apparizioni e dai racconti dell’amica.

 

Tara era molto gelosa del suo privato, le raccontava tanto lo sapeva, ma quegli otto anni per la bionda contavano e non si sbilanciava mai troppo.

 

All’inizio questo aveva allontanato Will, non capiva che una sedicenne non avrebbe capito molto bene i problemi di una ragazza di 24anni.

 

Ma con il tempo le cose erano cambiate, senza forse che Tara se ne accorgesse, mentre la rossa invece aveva registrato quei mutamenti con attenzione.

 

Aveva avuto ragione dell’altra con la sua pazienza.

 

E dire che nessuno la considerava una persona paziente.

 

Forse lo era solo con Tara.

 

Tara sorseggiò il the che aveva davanti, oggi la sua pausa durava fino alle 16.00 e aveva deciso di trascorrerla volentieri con la rossa, avevano mangiato in un bar vicino all’ospedale e ora si concedevano un po’ di caffeina e teina.

 

Era parecchio che non si vedevano e dopo tutto quello che era successo a Willow, non le piaceva lasciarla da sola a lungo, anche perché l’irrazionalità dell’altra la spaventava.

 

Quando si trattava di scegliere, puntualmente la rossa sceglieva con il cuore e non pensava molto.

 

Anche un mese prima, aveva deciso di trasferirsi a L.A. e di frequentare l’università lì.

 

Non che Will non ci avesse pensato seriamente, ma questo non voleva dire che aveva usato la testa.

 

Non aveva detto niente, sapeva che la cosa era dettata da un vecchio proverbio.

 

“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.”

 

E forse non aveva tutti i torti.

 

Comunque la ragazza tornava a casa nei week-end e non era poi così lontana.

 

-Allora, come va a Los Angeles?- chiese.

 

-Bene!- chiuse gli occhi, la risposta era stata troppo veloce e la sua voce aveva preso una sfumatura troppo acuta per essere veritiera.

 

Willow aprì lentamente gli occhi.

 

E si che aveva provato quella scena centinaia di volte davanti allo specchio, per mentire proprio a Tara ce ne voleva di esercizio.

 

Si trovò a fissare gli splendidi occhi azzurri dell’altra, stavolta gelidi.

 

Ma la bionda non disse nulla, restò semplicemente a guardarla, aspettando una risposta sincera.

 

Willow sospirò.

 

-Insomma…-

 

-Perché?-

 

-E’ difficile.-

 

-Lo sapevi.-

 

La rossa alzò gli occhi al cielo, stemperando la tensione.

 

-Grazie!Così mi rendi tutto più facile!- disse spazientita.

 

-Mi stavi per mentire.- disse l’altra corrucciando la fronte.

 

-Ne avevo tutta l’intenzione!- rispose Willow sfidandola.

 

La bionda scoppiò inaspettatamente in una forte risata.

 

Willow rimase esterrefatta.

 

-Scusa ma…hai fatto una faccia!Tu…mentire a me?Ma da quando?- continuava a ridere.

 

La rossa si arrese all’evidenza, il tentativo era fallito.

 

-Va bene, va bene…ci ho provato.- disse sorridendole.

 

-E…e perché ci hai provato?- chiese la bionda calmandosi.

 

-Perché non ti piacerà quello che ti dirò.- disse scura in volto.

 

-Puoi sconvolgermi, ma non mi piegherai!- rispose angelica Tara, dandole un dolcissimo buffetto sulla guancia.

 

Willow le sorrise di nuovo, di un sorriso grato e affettuoso.

 

-Dai, racconta, come va?- le sussurrò la bionda, spostando la sedia più vicina all’altra, come faceva quando la rossa era più piccola, quando si faceva raccontare in un orecchio i segreti più infantili.

 

-Non ti dirò niente all’orecchio, lo sai?-

 

-Si…ti concedo di dirmelo a bassa voce!- fece incoraggiante.

 

-Sei esasperante.Niente di che, solo che fa ancora male e stare là non aiuta, forse sono davvero scappata da lei. Il problema è che non sono abituata a stare in una città che non è la mia, senza nessuno che mi conosca.- sospirò.

 

-Ma se Buffy viene a trovarti ogni volta che può?!-

 

-Non è la stessa cosa.- disse asciutta.

 

-Willow…seriamente che c’è?-

 

-Sono sola…e lei è sempre nella mia testa.- disse chinando il capo.

 

La bionda sapeva che gli occhi verdi di Will erano bagnati da lacrime calde.

 

Le si avvicinò abbracciandola.

 

-Tu non sei sola!- sussurrò.

 

L’altra le appoggiò la testa sulla spalla e aspirò il suo profumo di viole.

 

Come si sentiva in pace, al fianco di Tara.

 

Si staccarono lentamente, l’unico contatto rimasto furono le dita di Tara che giocherellavano con una ciocca di capelli cremisi di Willow.

 

-L’hai più sentita?-

 

-Un paio di volte.-

 

-E che dice?-

 

-Che si sta riprendendo e che mi ringrazia.-

 

-Ci mancherebbe!E che altro?-

 

-Niente è questo il punto!!-

 

-Scusa, mi sfugge questo punto.-

 

-Il punto è che non l’ho più vista!Non ha più voluto vedermi!-

 

-Forse dopo quello che è successo vuole stare con…come si chiama?-

 

-Rachel…- disse in un sibilo la rossa.

 

Tara sospirò.

 

-Rachel…e magari non vuole vedere nessun altro!-

 

-No perché Mark e Kelly li vede eccome!-

 

-E allora di grazia, perché la signorina non vuole vedere proprio te?- fece spazientita Tara.

 

-Perché ce l’ha con me…- disse piano la rossa.

 

Le guance di Tara si infiammarono di colpo.

 

Gli occhi incupirono l’azzurro in un ceruleo scuro, simile al blu oltre mare.

 

Willow di sottecchi la guardò per qualche secondo, prima di ripiombare lo sguardo a terra. Alla ricerca di qualcosa tra i suoi piedi, qualcosa che lenisse l’attesa così breve e tremenda, che la separava dalla rabbia dell’altra.

 

Qualche secondo ancora.

 

Ma il silenzio dell’altra le fece alzare la testa cautamente.

 

Tara giocherellava con le sue dita.

 

Si guardava gli indici ruotare tra loro, senza degnare l’altra di uno sguardo.

 

Che la sua collera per quella assurda situazione fosse già sfumata?

 

-Perché ce l’ha con te?-collera per quella assurda situazione fosse già sfumata?re lo sguardo a terra.

 

No, si sbagliava.

 

Il tono gelido e pacato della bionda, le aveva sferzato le orecchie come una frustata.

 

Sapeva che qualsiasi giustificazione per Kennedy era superflua o meglio inutile.

 

Se Tara fosse stata capace di odiare, l’avrebbe odiata.

 

Sospirò.

 

-Vuoi davvero che te lo dica?Servirebbe?- chiese guardandola con uno sguardo tra il dolce e l’amaro.

 

-A me no di certo. Forse a te.- continuava a non guardarla.

 

-Sono supposizioni, non ci parlo seriamente da mesi.-

 

-Che perdita.-

 

Sarcasmo.

 

-Perché ho rivisto Lois.-

 

-Perché non ti sei schierata.-

 

-Può darsi…-

 

Finalmente alzò lo sguardo e ritrovò quei due zaffiri.

 

-Credi che avresti dovuto?- chiese la bionda.

 

-Si…-

 

-Ti senti in colpa?-

 

Willow non disse niente, la risposta era palese.

 

Tara respirò forte e guardò l’orologio.

 

Era tardi.

 

-Will, devo andare.-

 

-C-certo.- lo disse balbettando, non se l’aspettava.

 

Il tempo le fregava sempre e sempre al momento sbagliato.

 

Ironico che il tempismo non sia una caratteristica del tempo, almeno non per loro.

 

Si alzarono e pagarono in silenzio, salutando solamente il barista.

 

Camminavano da qualche minuto, l’una al fianco dell’altra.

 

Restava solamente quella strada da attraversare e poi sarebbero state davanti all’edificio dove lavorava Tara.

 

La bionda aveva corrucciato la fronte, seria e riflessiva.

 

Willow guardava svogliata davanti a sé.

 

Non voleva che quel piacevole pranzo finisse in quel modo.

 

Non voleva dare problemi o pensieri all’altra, per questo aveva deciso di mentirle.

 

Ma come sempre aveva fallito.

 

-Devi smetterla!- disse secca Tara.

 

Will presa di sorpresa, la guardò stupita.

 

-Di fare che cosa?-

 

-Di starle dietro come un cagnolino!-

 

-Io non lo faccio!- rispose incerta e infastidita.

 

-Non fai altro da mesi!-

 

-Non è così, io…-

 

-Piantala, ti ha fatto solo del male.-

 

-Questo non è esatto, lei mi ha…- ma venne interrotta bruscamente.

 

-Al diavolo Will, svegliati! Ti ha usata!Ha giocato con te e ora vorrebbe la tua dedizione assoluta!Vorrebbe che tu le facessi da scudo, quando non ha tutte le ragioni!-

 

-Non mi ha usata!- aveva alzato i toni e gli occhi le bruciavano, ma Tara non aveva intenzione di smettere.

 

-E cosa ha fatto?-

 

-Mi ha fatto vedere chi sono…- quasi la bionda non percepì la risposta.

 

-Tu sei meglio di così!Perchè la giustifichi?E’ instabile e cattiva!E ringrazia che non sono volgare!-

 

Basta non ne poteva più.

 

-Possiamo non parlarne adesso!- aveva urlato, chiudendo gli occhi, mentre si accingevano ad attraversare la strada.

 

-Attenta!- sentì la voce di Tara e lo strattone che la tirava indietro.

 

La macchina di passaggio suonò le sue bestemmie con il clacson.

 

Tara la prese a braccetto.

 

-Vieni, almeno non facciamoci investire, che dici?- le aveva detto dolcemente, asciugandole una lacrima con un dito.

 

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-Pronto?-

 

-Willow!-

 

-Ciao Kelly, come stai?E’ un po’ che non ci si sente!-

 

-Bene grazie, senti qui c’è qualcuno che ha voglia di parlarti…-

 

Rumori in sottofondo.

 

-Pronto?C’è ancora qualcuno?- fece la rossa senza capire.

 

-Will…ciao.-

 

Il suo cuore perse un battito.

 

-Ken…-

 

-Come va?- chiese incerta la mora.

 

-B-bene…che bello sentirti e tu?-

 

-Miglioro.-

 

-Ah…- aveva la gola secca e la conversazione non aiutava.

 

-Senti, ti va un caffè?E’ un po’ che non ci vediamo…- chiese la rossa supplichevole.

 

-Oggi proprio non posso e…-

 

-Domani!-

 

-S-si…domani.- fu la risposta arida dell’altra.

 

Il cuore.

 

Che splendido carnefice.

 

Brillante e assassino.

 

Corriamo al ritmo dei suoi tonfi profondi e infiniti.

 

Eppure un numero che li contenga c’è…ci sarà.

 

E quanti battiti persi, accorciano inconsapevoli i nostri cento passi?

 

Ora il muscolo che stillava potente il sangue nelle sue vene, accelerava impercettibilmente portandola ad una leggera tachicardia.

 

Il vento freddo di quel pomeriggio le feriva le mani e le guance pallide.

 

I capelli rossi, volavano leggeri in giochi di capriole sulla sua fronte.

 

Sguardo basso, palpitante, vitreo e bollente, in attesa.

 

In attesa di un incontro.

 

Ogni volta.

 

Ogni stupida volta, credeva a quel gioco di specchi che era l’illusione.

 

Quell’incontro, avrebbe cambiato nuovamente le cose e non riusciva a non sperare in meglio.

 

Non aveva più sogni e quindi non riusciva ad immaginare nulla di migliore per loro.

 

Anche perché da tempo aveva capito che quel “loro” non era mai esistito, ma ancora correva, con quel frammento d’inganno, a perdi fiato dietro a quell’abbaglio, sprofondando in più ampi inferni di assenza.

 

-Ciao.-

 

Aveva alzato gli occhi ed era lì.

 

Meno uno.

 

Uno di meno, tra i suoi finiti colpi vitali.

 

-Ciao…-

 

 

 

 

 

 

 

Parlavano da parecchio.

 

Parlavano di niente.

 

La distanza che le divideva la feriva.

 

La ricordava diversa.

 

Non solo fisicamente, il colorito di Kennedy era tornato normale, gli ematomi sui polsi e i graffi scomparsi, i capelli pettinati e composti, nessun capillare rotto dallo sforzo negli occhi limpidi.

 

Era la sua anima ad essere cambiata.

 

Ammantata di una fragilità manifesta che non riconosceva alla bruna, evidentemente sulla difensiva, quasi debole davanti alle sue parole, che nulla avevano mai avuto di pericoloso nei suoi confronti.

 

Schiva, timida.

 

Kennedy che era stata sfacciata, volgare, forte e sottilmente cattiva.

 

Sapeva che quello che era successo avrebbe cambiato l’altra, ma non si aspettava di certo un'altra persona.

 

-E così al lavoro va bene…- disse con disinteresse Will, ristagnavano da più di mezz’ora su quell’argomento e si stava facendo tardi.

 

Kennedy sospirò in modo da farsi sentire da Will, che prontamente alzò lo sguardo sull’altra.

 

-Vorrei sapere perché non ti sei fatta più viva?- chiese la rossa.

 

-Brutto gioco di parole non credi?

 

Willow avvampò.

 

-Sentire!V-volevo dire s-sentire!- balbettò.

 

Ken rise e la rossa ritrovò la risata dell’altra, quella di sempre, quella che non mancava un’occasione per deriderla pungente, ma era solo per lei, riservata a lei e questo…la faceva sentire speciale.

 

-Tranquilla…il motivo è…ma è complicato e fra poco devo andare.-

 

-Prova a spiegarmelo.-

 

“Me lo devi” avrebbe voluto dirle, ma non lo fece.

 

Kennedy perse l’espressione bonaria e a disagio che aveva avuto fino a quel momento, il suo viso si indurì e la sua voce divenne fredda, come Will non avrebbe voluto.

 

-Basta una parola.-

 

-Quale?- fece la rossa, sentendosi sprofondare.

 

-Lois.-

 

Bastava.

 

Aveva ragione e si maledisse per aver rivolto ancora la parola a Lois.

 

-Ken, io…-

 

-Non mi interessa…non so come tu abbia solo potuto…- Kennedy si morse un labbro, per non inveire contro l’altra.

 

Non poteva perdere qualcun altro e questo Willow lo sapeva e sapeva quindi che non sarebbe mai stata attaccata direttamente, ma sentiva la rabbia e il rancore in quelle parole.

 

E bastava di nuovo per farla morire dentro.

 

-Ken, fammi spiegare per favore…vive a L.A., frequenta la mia università e abbiamo avuto un corso insieme, deciso prima che accadesse tutto…ero in una situazione assurda, io…-

 

-Non mi interessa la tua situazione!- la voce della brunetta era pericolosamente alta e stridula.

 

-Dopo quello che mi ha fatto?!?!!- sibilò.

 

“Dopo quello che vi siete fatte…” pensò, ma ancora tacque.

 

Abbassò lo sguardo.

 

-Io non c’entravo niente, mi avete tirato voi dentro tutto questo…-

 

-Schifo…- la interruppe Kennedy.

 

-Già…ho solo scelto di non odiare nessuno, perché nessuno è nel giusto.-

 

-Io ho paura.-

 

Will alzò gli occhi esterrefatta.

 

-Di cosa?-

 

-Io la conosco, potrebbe fregarti e estorcerti informazioni su di me!!- la guardò fisso negli occhi, il suo sguardo era terrorizzato.

 

-Non ti tradirei mai!- le rispose indignata la rossa.

 

-Cosa le hai detto?-

 

-Niente!!-

 

-Avete parlato.-

 

-Si, ti ho chiesto se potevo farlo e tu mi hai detto che ero libera di fare ciò che credevo e io ti ho chiaramente chiesto cosa dovevo dirle!-

 

-E io ti ho detto cosa dirle?-

 

-Si…Dio non ti ricordi?-

 

-Cosa ti ho detto di dirle?-

 

-Che eri viva, nient’altro.- disse piatta Will.

 

-E tu cosa le hai detto?-

 

-Al diavolo Ken!- era esasperata.

 

-Voglio solo sapere che cos’hanno da dirsi una mia amica e la persona che mi ha spinto al suicidio!-

 

Colpita.

 

Toccata.

 

Abbattuta.

 

-Non abbiamo parlato di te!-

 

-E allora di cosa?Per un mese e mezzo, vi siete viste tutti i giorni!-

 

-Non di te.Non ti tradirei mai.- disse decisa guardandola negli occhi.

 

-Lei potrebbe usare ogni singola parola su di me per farmi male!-

 

-Non le ho dato nessuno spunto per ferirti!Lo giuro!Non lo permetterei…-

 

Kennedy abbassò la testa.

 

-E’ stata solo convivenza, non amicizia…parlavamo di cazzate.-

 

-Devo andare!- disse sfoggiando un falsissimo sorriso.

 

-Ken, credimi…-

 

-Ti credo!Ora non la vedrai più e noi potremo ricominciare a sentirci!-

 

Meno due, due battiti in meno per il suo cuore.

 

-O-ok…-

 

-Ciao.-

 

La ragazza bruna, dalla carnagione scura e occhi leggermente a mandorla, si allontanò salutandola con la mano.

 

-Ciao.- sussurrò guardandola andarsene.

 

Di nuovo Kennedy dettava legge e lei obbediva.

 

Si passò la mano fra i capelli, si sentiva in colpa.

 

Aveva parlato a Lois di tutto lo scibile, ma mai di Kennedy.

 

Ma le aveva parlato ancora, dopo quel pomeriggio.

 

Questo era il problema.

 

Ma lei colpevolizzava e salvava entrambe.

 

Si erano fatte del male vicendevolmente, pretendendo fino a poche ore prima della lite di essere Amiche e di quelle speciali.

 

Erano passate da un affetto morboso e simbiotico, ad un odio viscerale e disumano.

 

Ma si chiedeva che rispetto ci fosse mai stato per farsi questo.

 

Kennedy era una puttana.

 

Faceva male dirlo, ma era la verità.

 

Il suo perverso gusto di avere ciò che le era proibito, si era rivelato più forte del rispetto per l’altra.

 

Lois si era vendicata.

 

La più meschina delle vendette, che ché ne dicesse.

 

Occhio per occhio.

 

E per questo aveva il suo disprezzo e la sua pena.

 

Ma nessuna delle due aveva il suo odio.

 

Per Ken, non l’avrebbe mai potuto provare.

 

Così era rimasta in mezzo senza schierarsi, ma sigillando la bocca con Lois su come se la stesse cavando ora la bruna.

 

Sospirò.

 

In ogni caso, se c’era da scegliere…non c’erano dubbi.

 

Lois perdeva miseramente.

 

Così acconsentiva all’ordine di Ken.

 

Si chiese perché quel discorso non gliel’avesse fatto prima.

 

Si alzò e iniziò a camminare verso casa.

 

Si fermò un attimo e chiuse gli occhi.

 

Due mesi di silenzio.

 

“Mi ha punita, per non averla difesa totalmente, per non essermi schierata ciecamente dalla sua parte.”

 

Sorrise amaramente e tirò dritto.

 

 

 

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Infinite dissolvenze dello stesso sfumato sentire.

 

Ne sono cosciente…poche ne ho provate e poche viste.

 

Ma è qualcosa di talmente illogico, folle e inebriante

 

che poco ne si può capire se non lo si ha assaggiato almeno con un morso.

 

AMORE

 

Mi seguirai nella morte?

 

Benedetta dal dolore e dal peccato

 

Mi seguirai lungo i miei passi verso la fine,

 

come sospiro inesistente e amaramente ironico o come grido disperato e impossibile?

 

Mi seguirai fino alla morte?

 

Ingannata dalle tue lusinghe, non sarò più libera?

 

Tagli così le mie vene e gusti stille purpuree dal mio dolore,

 

diritto al mio pulsante demone?

 

Hai ucciso il mio cuore…ora saziata mi guardi, come si guarda un cadavere…

 

Soddisfa anche me e prenditi ciò che rimane,

 

anima e corpo…hai già preso il resto,

 

perché non mi salvi?

 

Mandami…mandami all’inferno e

 

dammi Pace.

 

 

 

 

 

 

 

-Will, ancora non lo sai, ma ciò che è stato, tu lo hai affrontato.-

 

La frase le rimbombava nella testa.

 

Tara l’aveva bruciata con quelle parole, corse su un filo telefonico.

 

Era viva e la bionda gliel’aveva ricordato.

 

“Sono forte…finalmente la forza che tu dicono di vedere in me, la sento.

 

Quella che ho sempre ignorato e umiliato, credendomi debole.

 

E’ qui…con me.”

 

Willow sorrise a quella nuova consapevolezza che lentamente iniziava a scorrere nelle sue vene.

 

Prese la giacca, aveva bisogno d’aria, voleva respirare.

 

Uscì di casa senza una parola.

 

Passeggiava in quel parco così familiare con lentezza, un passo dopo l’altro.

 

Osservava l’inverno disegnare mistiche lacrime di ghiaccio nell’ombra.

 

“La bomba è arrivata e mi è esplosa in mano, dilaniandomi.”

 

Abbassò lo sguardo, schiacciata da quel pensiero.

 

“Si, è successo e ho quasi toccato il fondo e forse non ho ancora smesso di scendere all’inferno.

 

So solo che oggi respiro ancora e non avrei mai creduto di non morire.”

 

Sorrise amara.

 

“Perché non mi interessava più vivere.

 

Trascinavo i giorni, aspettando la notte, per fare uscire il peggio di me, senza remore e timore, tanto non avevo più niente da perdere.

 

Lo credevo.

 

Mi sono umiliata e ho calpestato dignità e orgoglio.”

 

Guardò in alto, il cielo di quell’inverno era terso e cristallino.

 

“Non sono mai caduta così in basso e spero di non arrivare mai più a tanto.

 

Il fatto è che mi disprezzavo talmente che niente era abbastanza meschino e distruttivo da non essere provato.”

 

Si sedette su una panchina in disparte, lontana dai passanti e immersa nel silenzio.

 

“Infondo però, sono stata virtuosa nella punizione.

 

Si, perché mi sono punita, purificata…con il dolore.

 

E lo merito.

 

Porterò a termine la punizione che mi sono scelta.

 

Lontano da chi mi ama, in un posto che non è il mio.

 

Ma quando finirà, sarò libera, avrò pagato il debito con la mia rabbia.”

 

Si passò una mano fra i capelli, sistemandoli dietro l’orecchio, mentre le sue guance si arrossavano al freddo.

 

“Perché sono io che mi devo perdonare.

 

Ma oggi sono orgogliosa di me stessa.

 

Mi vergogno meno, dopo troppo tempo in cui la vergogna è stata la mia compagna.

 

Perché sono stata forte abbastanza da non lasciarmi morire.”

 

Si alzò, con sulle labbra un leggero sorriso.

 

“Sono ancora in piedi, sulle mie gambe, anche se sanguino copiosa.

 

E non è poco.”

 

Riprese a camminare.

 

“Mi rendo conto solo ora, che non so come ne perché, respiro ancora.

 

Porterò il segno di tutto questo per la vita.

 

Ma almeno per oggi…perché prima di oggi non mi ero accorta di essere viva, almeno per oggi lo sono.

 

Credevo di essere morta mesi fa, molti mesi fa.”

 

Le mani in tasca intirizzite dal tramonto freddo di quella giornata, il fiato visibile tra i lembi della sciarpa, ripercorreva strade quotidiane.

 

“Non sarà mai come prima.

 

E forse la certezza di stasera, domani svanirà.

 

Ma ora c’è e la stringo qui al petto.

 

Lancinante il percorso che ho dovuto affrontare per arrivare a questo.

 

E alla fine la verità l’ha detta lei.

 

Tara.”

 

Sorrise di un sorriso che le riempì gli occhi, tanto che un passante vedendola si rassereno involontariamente.

 

“Le sono talmente grata di averlo detto, perché era in me, non usciva, ma era in me.

 

E ho vinto questa piccola battaglia, nel sentire ancora il sangue scorrermi dentro e i polmoni ingurgitare aria.

 

Rimane che ancora esisto, perché in qualche modo ho affrontato tutto questo.

 

Completamente sfigurata la vecchia me stessa, ma viva e capace di pensare ad un dopo.

 

Ed è già un inizio.”

 

Un passo ancora, verso la vecchia casa dei suoi genitori.

 

“Prego che domattina, al mio risveglio le cose non cambino di nuovo.”

 

Si strinse la giacca addosso, il gelo era pungente ora.

 

“Delirio.”

 

Si fermò all’angolo per cogliere gli ultimi istanti di un tramonto rosso sangue.

 

“Tutto questo delirio, questa giostra grottesca di eventi che mi ha vinto ogni volta con impensata facilità e violenza, che alla fine ho lasciato accadere, era anche lei qui infondo a me.

 

Come i colpi di scena di un film di quart’ordine.

 

Eppure è stata la mia vita.

 

Una vita che vomitava valori spezzati e desideri banali, rubati al letto di qualcun altro.”

 

Strinse i pugni e le palpebre per un istante, colpita nuovamente.

 

“Squallida e senza un senso, ciononostante mia e viva.

 

E’ e sarà il mio passato.

 

Ma ora so di averlo affrontato e so di poterlo rifiutare.

 

Non sono salva lo so…è solo la prima luce che vedo.

 

Da troppo.”

 

Arrivò sul vialetto di casa.

 

“Mi sono odiata a tal punto da non riconoscermela più addosso, la vita.”

 

Era davanti alla porta d’ingresso.

 

“Adesso basta.”

 

Mise la chiave nella toppa ed aprì.

 

“E’ ora di provare a riprendersela.”

 

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Quella sera aveva cenato con i suoi genitori.

 

Si sentiva leggera, godeva della sensazione che la consapevolezza appena scoperta, le infondeva.

 

Era rimasta a chiacchierare con sua madre del più e del meno.

 

Dopo così tanto tempo, non appena finito il piatto, non si era rifugiata senza una parola in camera sua e non aveva passato la serata davanti al computer.

 

Aveva gustato la compagnia dei suoi genitori, finalmente libera di sentirsi almeno un poco serena.

 

Così nel dopo cena, si era accoccolata sul divano in soggiorno, pronta a guardare un po' di televisione, visibilmente placata e tranquilla.

 

Sentì il cellulare suonare nell'ingresso, sul tavolino dove l'aveva lasciato rientrando.

 

Si alzò per prenderlo.

 

Sicuramente era Buffy, non la sentiva dalla mattina.

 

Lo prese in mano e controllò il display.

 

Kennedy.

 

Il suo cuore si fermò di colpo.

 

E perse tutta la serenità che aveva contraddistinto quella serata fino a quel momento.

 

Si scosse, non poteva permettersi di perdere ancora tutto quello che aveva conquistato quel giorno.

 

Lo strinse forte al petto.

 

Deglutì e rispose al telefono.

 

-Ciao...- la voce della mora le era arrivata calda e sensibile.

 

-Io esco!- aveva urlato chiudendosi la porta dietro le spalle.

 

Ottimo modo per non subire domande.

 

Sapeva benissimo di fare male ad andare da Kennedy.

 

Ma non aveva resistito.

 

L'altra l'aveva solo invitata per una birra e lei si sforzava di illudersi che non ci sarebbero state complicazioni di sorta.

 

Sul sedile del passeggero, due birre tintinnavano urtandosi leggermente ad ogni curva.

 

Continuava a ripetersi quello che aveva pensato al pomeriggio, per tenerlo vivo dentro di lei.

 

Ultimamente era stata molto fredda con Kennedy.

 

Lo sapeva.

 

Di sicuro si stava difendendo, di sicuro la voleva tenere quanto meno a distanza.

 

Ogni volta senza volere, mostrava alla bruna il fianco e l'altra, forse inconsciamente, la colpiva.

 

Will non ne poteva più, quindi da quel pomeriggio di più di un mese prima, quando Kennedy le aveva fatto capire che le dava qualche colpa e la puniva per aver parlato con Lois, allontanandola, si era involontariamente decisa a essere meno vulnerabile.

 

Si erano riviste più spesso, nelle ultime settimane.

 

Mark l'aveva accompagnata un paio di volte fuori, insieme a Kennedy.

 

E si rendeva conto che in quelle occasioni, forse forte della presenza dell'amico, era stata scostante.

 

Niente di pesante ovvio, con Ken non ci sarebbe riuscita, ma abbastanza da non essere ferita di nuovo.

 

Stava in piedi per miracolo, non aveva bisogno di essere spinta.

 

Ma ora sarebbero state da sole e questo la spaventava un po' e passata l'iniziale voglia di vederla, che l'accompagnava da quasi un anno ogni giorno della sua esistenza, ora subentrava una strana apprensione.

 

Arrivò finalmente davanti alla casa di Kennedy.

 

Parcheggiò e con le due bottiglie in mano, aspettò pazientemente che l'altra le aprisse.

 

Nonostante lo sforzo che stava facendo per controllarsi, il suo cuore non dava segno di volerla accontentare, continuando ad accellerare impercettibilmente.

 

Si era viva, ma questo non significava avesse smesso di provare tutto quello che provava, nel rivedere la bruna.

 

Amore, colpa, disagio, fragilità.

 

-Ciao Will!- l'accolse l'altra facendola entrare.

 

Si scosse da quei pensieri, sorridendole di rimando.

 

-Le hai portate davvero?- chiese stupita e ilare la bruna, indicando con il dito le birre.

 

Will la guardò male.

 

Cosa non avevano bevuto loro?

 

Certo, ora recitavano la parte delle brave ragazze, poco alcol e poche cazzate.

 

Certo, dopo il tentato suicidio di Ken ogni azione doveva essere per forza di cose più trasparente e ipocrita di sempre.

 

Tutto questo per mascherare un passato ben diverso, in cui due birre non erano che un aperitivo e non di certo la cosa più trasgressiva della serata.

 

-Non possono farci male.- rispose solamente.

 

Contrariamente a quello che paventava, la serata si era sviluppata bene.

 

Avevano guardato un film comico.

 

Materiale facile per le loro risate.

 

Ed era tanto che non ridevano insieme.

 

Questo stranamente, faceva bene ad entrambe.

 

Quando il film era finito, Will avrebbe voluto concludere la serata, ma Kennedy aveva intavolato una discussione sull'università, che le aveva inchiodate a quel divano.

 

Poi Kennedy, aveva virato su un discorso più leggero, per lo meno per lei.

 

-Allora hai trovato qualche donna?-

 

-Ho la fila, non vedi!- ecco la freddezza di cui parlava, il tono della sua voce era stato tagliente e secco.

 

-Chiedevo...- disse stupita e irritata la bruna.

 

-Scusa tanto, ma è un discorso poco felice e non ho voglia di essere presa in giro, vuoi?- ora la sua voce era piatta, ma non voleva uno scontro con l'altra, quindi aprendo le birre si era addolcita, offerendogliene una.

 

Kennedy tese la mano e la prese.

 

-Comunque per il discorso di prima...-

 

Ma la rossa venne interrotta dalla domanda bruciante dell'altra.

 

-Ultimamente, perchè sei così fredda con me?-

 

Silenzio.

 

-Io non sono fredda.-

 

-Si che lo sei.-

 

-Allora sentiamo se lo sono, quando?-

 

-Adesso.-

 

-Adesso?-

 

-Si prima, mi hai risposto malissimo.-

 

-E' un discorso che non mi piace lo sai.-

 

-Va bene ma non è la prima volta.-

 

-E allora quando?- chiese esasperata Will, conscia che se la bruna le avesse enumerato le sue performance glaciali, avrebbe dovuto dirle la verità o parte di essa.

 

-Oh Will! Adesso non mi ricordo, ma lo sei.-

 

Ok, niente verità per fortuna, negò di nuovo.

 

-Ti sbagli, non sono fredda. Sarà una tua sensazione.- e aveva accompagnato questa risposta che sperava definitiva, con il più convincente sorriso che aveva potuto fare.

 

Per fortuna era bastato.

 

Kennedy aveva storto le labbra in un mezzo sorriso poco convinto, ma aveva desistito.

 

Avevano iniziato a parlare di cose più serie.

 

Precisamente di quello che era accaduto durante quei tre giorni fatidici.

 

E presto la bruna aveva iniziato un lungo monologo, sul suo dolore.

 

Rivelando particolari sofferenti alla rossa.

 

Erano ormai le 3 del mattino.

 

Willow aveva ascoltato attentamente ogni singola parola della bruna, ma era rimasta zitta, colpita dalle sconosciute implicazioni che il gesto di Kennedy aveva portato, dei suoi umori, della sua depressione, di quello che aveva sentito e provato lei in quei giorni e nei mesi successivi.

 

In più momenti avrebbe voluto abbracciarla, notando gli occhi dell'altra inumidirsi, ma non c'era riuscita.

 

Aveva paura di un rifiuto e poi...poi non era così sicura di volerla consolare.

 

Si sentì meschina, ma non fece niente.

 

-Ma perchè non dici niente?- la interruppe Ken, infastidita.

 

-Cosa?-

 

-Ti ho raccontato le cose più personali che ho e tu non hai detto una parola.-

 

-Scusa, ti stavo ascoltando.-

 

-E...-

 

-E poi non so cosa potrei dirti.- ammise la rossa.

 

Kennedy fu pervasa per qualche istante dalla rabbia, afferrò l'accendino che aveva davanti e lo scagliò con forza in un angolo della stanza.

 

-Cazzo Will!-

 

Willow per un istante aveva rivisto negli occhi di Ken la violenza di Lois e si era spaventata.

 

-Calmati.- aveva detto incerta.

 

-Calmarmi?Perchè?Non te ne frega niente.- le aveva urlato di rimando l'altra.

 

La rabbia era salita anche dentro di lei.

 

Non le importava? E da quando?

 

Non le importava quando aveva dormito in ospedale per vegliarla?

 

Non le importava quando era andata a cercarla in quel paesino sulla costa?

 

Non le importava quando si era fatta colpire ingiustamente quel pomeriggio di un mese prima?

 

Non le importava quando si era frustrata per tutti quei mesi, sperando solo che l'altra potesse essere nuovamente felice?

 

Lei l'aveva amata follemente.

 

Come poteva dirle ora che non gliene fregava niente?

 

Si costrinse a reprimere la rabbia.

 

Controllandosi disse soltanto.

 

-Non possiamo parlare tranquillamente per una volta?- e si alzò andando a raccogliere l'accendino.

 

-Vedi? Gelida.- sussurrò Kennedy.

 

Will perse le staffe.

 

-La pianti? Ti stavo ascoltando, cosa pretendevi che ti dicessi, qualcosa di illuminante? Andiamo Ken, non te n'è mai fregato un tubo della mia opinione!-

 

-Ecco, adesso è colpa mia perchè non ti ho mai ascoltato!-

 

-Non ho detto questo!- disse stupita la rossa.

 

-Ma l'hai pensato!Adesso mi dirai che non so niente del tuo dolore e il mio non è così grave!- fece alzando i tono Ken.

 

Willow era impietrita.

 

-Ma che diavolo...bè che tu non sappia niente di quello che ho passato è vero, ma non ho mai pensato che quello che hai provato tu fosse una cazzata!- rispose acida.

 

-Ma tu non hai passato niente!!Io ho tentato di ammazzarmi! Te ne rendi conto? Tu hai una vita davanti, io cos'ho?-

 

Aveva ragione?

 

La certezza di quel giorno era già svanita, strappata dalla dolenza delle parole della bruna.

 

Forse non aveva affrontato niente, forse quella crisi che le era sembrata un tutto infinito, era piccola cosa e lei di certo non poteva essere così orgogliosa per come le era andata incontro, gonfiandola e rendendola drammatica.

 

Scosse la testa.

 

Kennedy l'aveva fatto di nuovo.

 

Di nuovo pensava ciò che pensava l'altra.

 

Di nuovo l'aveva colpita.

 

Di nuovo glielo aveva permesso.

 

-Tu hai una vita come ce l'ho io. Non sto accumunando i nostri problemi, sono felice di non poterlo fare!Se ci riprenderemo dipenderà solo da noi.- aveva detto con tono basso, guardando l'altra negli occhi.

 

-Ancora pensi di essere stata così male?- chiese l'altra più stupita che arrabbiata.

 

-A modo mio...non sai quanto.- le rispose vacillando.

 

-Forse...- iniziò la bruna, ma poi si interruppe.

 

-Cosa?-

 

-Niente.-

 

-Kennedy.-

 

-Forse sarebbe stato meglio che non fossi mai entrata nella tua vita.-

 

Seguirono lunghi minuti di silenzio.

 

-A volte...l'ho pensato.- rispose chinando il caso, ma nascose che lo aveva fatto più di quanto l'altra immaginasse.

 

-Perfetto.-

 

-Ken, quello che è successo non è dipeso solo da te, anch'io c'ero ed ero cosciente. Ho fatto cose di cui mi vergogno e sono stata molto male. Ma sopravviverò, cosa che dovresti iniziare a fare anche tu.-

 

La tensione poco dopo si era sciolta, lasciando le due completamente svuotate.

 

Avevano iniziato a parlare d'altro, evitando di guardarsi in faccia, poi visto che era molto tardi, si erano salutate sorridendosi.

 

Quello che ancora nessuna delle due aveva capito, era che non erano più capaci di stare vicine senza farsi del male.

 

 

 

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-Scusa il ritardo!Il treno è arrivato mezz’ora dopo.-

 

Tara strinse il braccio alla rossa e la baciò sulla guancia, regalandole un sorriso affettuoso.

 

-Allora, per un po’ sei a casa adesso, giusto?- chiese.

 

-Si, L.A. mi ha risputata indietro e devo dire che ne sono felice.-

 

Willow appoggiò il pesante borsone da viaggio che teneva a tracolla, nell’ingresso e si tolse la giacca.

 

Era appena rientrata dall’ultima settimana a Los Angeles, era stanca, il freddo temperato della californiana le arrossava le guance.

 

Mancavano pochi giorni a Natale, ma la rossa aveva approfittato di quel pomeriggio per vedere Tara, sapeva infatti che la bionda, oberata di impegni, lavorativi e familiari, non avrebbe avuto tempo da dedicarle non appena il breve periodo di festa fosse finito.

 

Ultima arrivata, o quasi, in ospedale, la giovane dottoressa, con grande piacere e volontà, collezionava turni e guardie massacranti.

 

Le stava ora dicendo che sia alla vigilia, sia a capodanno avrebbe lavorato.

 

Will si guardò intorno.

 

La casa di Tara era ordinata in modo sconvolgente.

 

Per essere un dottore in carriera, la bionda teneva in modo maniacale all’ordine.

 

Quell’appartamento le era sempre parso caldo, nonostante i muri e i mobili esageratamente chiari a suo avviso.

 

Ma forse solo la presenza dell’altra la riscaldava.

 

Tara le dava un senso di sicurezza e tranquillità sorprendente, le bastava starle accanto qualche momento per percepire una serenità particolare, che nessuno le aveva mai dato.

 

Quasi sempre dopo i loro incontri, si sentiva rigenerata, pronta ad affrontare il giorno avanti con ritrovata forza.

 

-Mi ascolti?- disse la bionda, risvegliandola da quelle riflessioni.

 

-Oh, scusa…dicevi?- fece visibilmente imbarazzata.

 

-Si, certo. Brava Tara facevi un discorso interessante si vede!- ridacchiò tra sé.

 

-Scusa Doc, stavo ammirando la tua casa. Sembra sia appena passata la donna delle pulizie!!-

 

-Veramente no…-

 

-Immaginavo.- rise la rossa.

 

-Prendi pure in giro, casinista!Non te la sognerai mai una casa così!-

 

-No…e non ci penso proprio, ci impazzirei dentro!!-

 

Scoppiarono entrambe in una risata sincera e divertita, ricordando il disappunto della bionda, ogni volta che varcava la soglia della stanza di Willow.

 

-Allora, qui a Sunnydale come vanno le cose?- chiese la più giovane sedendosi su una delle sedie della cucina.

 

Tara verso il caffè nelle due tazzine che aveva preparato, porgendone poi una a Will.

 

-Si lavora molto. Forse troppo!Per il resto tutto tranquillo.-

 

-Nessun uomo all’orizzonte?- chiese maliziosa la rossa.

 

-No. Per un po’ ho deciso che rimarrò da sola. Devo capire un po’ di cose prima di riprovare a imbarcarmi in una storia.- disse seria l’altra.

 

-E quali sono queste cose?-

 

-Te lo dirò quando sarai grande!-

 

-Tara!!-

 

Rise divertita al disappunto della rossa.

 

-Niente di particolare, non molto diverso da quello che stai cercando tu.-

 

-Bè…insomma.- rispose scura in viso Will.

 

-Ok, ok…”diverso” da quello che cerchi tu.- si spazientì Tara, facendo segno con le mani, sulla parola che tanto impensieriva l’altra.

 

-Ma vedi, poi non è così differente…- disse ripensandoci.

 

-Voglio dire…vorrei capire meglio quello che voglio, chi voglio e per farlo devo conoscere più me stessa. Non stai facendo questo anche tu?- le chiese falsamente innocente.

 

-Si, certo…peccato che lo scopo e il risultato fatto di carne, tu ce l’abbia più chiaro di me!- rimbeccò la rossa.

 

Tara alzò le mani in segno di resa.

 

Offri un pezzo di torta Pere e Cioccolato, all’altra.

 

-Che buona!- disse a bocca piena Willow.

 

-Grazie tesoro!Le mie manine sono d’oro!-

 

-Fatta tu?-

 

-Si.-

 

-Sei da sposare!!Lavori tutto il giorno, tieni la casa perfettamente e fai anche le torte!?!?- si stupì la rossa, tra le risate dell’altra.

 

-Chissà…-

 

Tara prese anche lei un pezzo di torta e si sedette al fianco dell’amica.

 

-L’altro giorno ho incontrato Buffy.-

 

-Ma com’è che in questo buco di città, tutti riescono a vederti per caso tranne me?-

 

La bionda ignorò volutamente l’osservazione dell’altra.

 

-Lo trovata bene, siamo andate a prenderci un caffè.-

 

-Cioè io faccio i salti mortali per vederti 5minuti e gli altri ti incontrano a caso?-

 

-Will…-

 

-Ok, ok.- disse la rossa addentando il pezzo di torta rimasto.

 

-Ha detto che è una settimana che non ti sente.-

 

-Non preoccuparti, l’ho chiamata ieri e me ne ha già dette quattro.-

 

-Allora perché sei sparita?-

 

-Nonostante sia difficile pensarlo, non ho fatto la stupida, ho solo dato degli esami.- disse sbuffando Will.

 

-E come sono andati?- le sorrise orgogliosa Tara.

 

-Bene.-

 

-E perché sei sparita?-

 

-Non ti arrendi mai è?-

 

-No, lo sai.-

 

-Avevo bisogno di pensare un po’ e riprendermi.-

 

-Riprenderti da cosa?-

 

Will si girò finalmente verso la sua interlocutrice e le sorrise vagamente.

 

-Ci risiamo.- fece Tara alzando gli occhi in segno di resa.

 

-Oh, avanti sapevi che la stavo vedendo!-

 

-E’ successo qualcosa?- chiese nervosa la bionda.

 

-No…no, davvero. Abbiamo solo parlato…tutta la notte.-

 

-Oh, perfetto!E di cosa di grazia!!-

 

-Di noi.-

 

La bionda si alzò e uscì dalla stanza.

 

Willow aspettò qualche minuto prima di andarle dietro.

 

Tara era seduta sul divano, a gambe incrociate, teneva stretto al petto un cuscino.

 

Quando la rossa entrò nel piccolo soggiorno, la fissò glaciale.

 

Willow per qualche secondo pensò che glielo avrebbe lanciato in faccia.

 

Poi lo sguardo dell’altra si addolcì.

 

-Cosa guardi?- le sussurrò, appoggiandosi allo stipite della porta.

 

-Te.-

 

Will arrossì.

 

-E cosa vedi?-

 

-Quanto stai diventando bella e grande.-

 

Willow le sorrise.

 

-Una donna. E sai mi piace davvero tutto di te, a parte i tuoi odiosi difetti ma non c’è verso di smussarli!!- risero divertite, poi la bionda continuò.

 

-Mi piace tutto e molto, tranne una cosa…-

 

-Cosa?-

 

-Il dolore che hai negli occhi.-

 

Willow abbassò la testa, come per nascondere alla vista di Tara, il suo sguardo color muschio, screziato da gentili lampi dorati, ma che evidentemente lasciava trasparire quello che portava nel cuore.

 

Tara rimase in silenzio, finchè l’altra non si avvicinò per sederle affianco.

 

-Non intendevo quel genere di “noi”.- le disse pacata.

 

-E cosa intendevi?-

 

Willow si appoggiò allo schienale morbido del divano.

 

-Vedi, so da troppo che un “noi” di quel tipo, tra me e Kennedy non c’è mai stato. Forse quasi da subito, illusioni a parte. Abbiamo parlato del fatto che io ultimamente sono molto fredda e questo la fa star male.-

 

Tara allungò una mano, sfiorando le dita di Will, lasciate inerti lungo il fianco.

 

-Ti ha ferita?-

 

-Si- le rispose guardandola dolcemente.

 

-Di nuovo.-

 

-Ma non è questo il punto. Lo farà sempre finchè io lo permetterò. E ora non dirmi di smettere di farlo, perché credimi, non lo faccio apposta, anzi. Ogni volta è straziante vedere il colpo arrivare e non spostarsi.- così dicendo si accoccolò meglio sul divano.

 

-C’eravamo appena sentite per telefono, noi due intendo, mi avevi detto quella cosa…si sul fatto che avevo affrontato quello che mi era arrivato addosso e che ero ancora in piedi.-

 

-Mi ricordo.- disse solo Tara.

 

-Ecco…ho passato tutto quel pomeriggio a pensare che avevi ragione, che potevo essere orgogliosa di me stessa, perché nonostante tutto ero ancora viva. E poi mi ha chiamato e io sono corsa da lei come sempre dirai tu. Ma ero convinta d resistere stavolta.

 

Non credo ne avesse l’intenzione ma tra le righe mi ha detto tutto il contrario.-

 

-Cioè cosa?-

 

-Che infondo sono stata così male per niente. Alla fine è questo che mi ha ferito, lei lo pensa e me l’ha fatto pensare.-

 

-Non dovevi permetterglielo.-

 

-Ritorniamo al discorso di prima?-

 

Tara si morse le labbra.

 

-E perché sei fredda con lei?Quando ne parli non sembra proprio.- chiese.

 

-Bè, in parte credo sia una difesa.-

 

-E in parte?-

 

-Una punizione.-

 

Tara la guardò male.

 

-Di cosa ti sorprendi?Credo di aver dimostrato ampiamente di non essere un angelo!-

 

-Si, ma…-

 

Will stornò lo sguardo, girando la testa verso la finestra, la bionda così non la vedeva più in faccia.

 

-Niente prediche, ti prego. Me ne faccio abbastanza da sola.-

 

-Lo so.-

 

-Allora piantala di pensare che dovrei mandarla al diavolo e non, vederla e trattarla male per punirla, quando ancora mi uccide così.-

 

-Non è la verità?-

 

Willow si girò improvvisamente, con il volto immoto solcato da cocenti lacrime, la voce ora incrinata, poco prima aveva ben celato le emozioni che l’attraversavano.

 

-Ma io non posso non vederla più!Ho bisogno di lei!- ora il suo viso era sfregiato dal dolore, Tara commossa la accolse tra le braccia.

 

-Non riesco ad odiarla, non riesco ad odiarla, non riesco ad odiarla…- continuò a ripetere

 

la rossa cullata e rassicurata dall’altra.

 

-Non voglio farle del male…ne ha già passate troppe. Non posso lasciarla da sola…- continuò tra i singhiozzi.

 

-Ma ti ha rovinato?Come fai a…- sussurrò la bionda, carezzandole la testa.

 

-Io…io non lo so…vorrei ma non ci riesco!Anche se…se lo facessi, se la mandassi al diavolo, se la odiassi e basta, starei meglio. Forse se sparisse del tutto dalla mia vita, qualcosa migliorerebbe. Potrei ricomporre i cocci…ma non sarebbe vendetta?-

 

-Suppongo di si…- fece Tara chinandosi per baciarle le tempie.

 

-E allora non sarebbe giusto…non sarebbe da me.- rise amaramente, da tempo non sapeva più cos’era da lei.

 

-Non è cattiva, è.. è solo più persa di me.- concluse la rossa perdendosi nell’abbraccio dell’altra che ora la stringeva più forte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Willow era andata via da poco, promettendo all’altra di cercare tranquillità.

 

-Era solo uno sfogo!Stai tranquilla!- le aveva gridato nella tromba delle scale.

 

Ma la bionda sapeva, che l’aveva detto solo per rassicurarla.

 

Ogni confidenza di Will, da quasi un decennio, le arrivava con la stessa autenticità e sofferenza della prima e le faceva male come se fosse lei stessa a viverla.

 

Ogni volta si trovava a pensare che la rossa non meritasse altro che la felicità, una felicità che con suo grande rammarico tardava ad arrivare.

 

Ed anzi, tutto quel male che aveva investito la ragazza, durante quell’interminabile anno, ne aveva minato la già precaria stabilità e aveva fatto divampare il suo pessimismo.

 

Ora Tara ritrovava lo stesso dolore che aveva visto sopito negli occhi di Will, per tutti quegli anni.

 

Quella sofferenza spezzata, che apparteneva alla rossa da sempre, era esplosa, distruggendola.

 

Era esplosa nell’attimo esatto in cui nella vita di Willow si era insinuata Kennedy.

 

Tara non aveva mai pensato seriamente alla vena omosessuale, che a volte, in modo semplice e sensuale, scaturiva da Will.

 

Quasi un anno prima, quando la ragazza con gli occhi lucidi, era corsa a rifugiarsi nel suo abbraccio, per condividere quel segreto che la rendeva “diversa”da come tutti la vedevano, aveva minimizzato, dicendole che probabilmente si era sbagliata e che doveva aspettare di vedere chi la vita le avrebbe messo di fianco.

 

Ma a parte la veridicità o meno, delle tendenze di Will, non si era resa conto subito che il carattere della rossa e la sua indole, avrebbero reso il tutto più cupo e doloroso, più difficile se già non lo era abbastanza.

 

Ricordava ancora una frase dell’altra, in quei frangenti.

 

-E’ come se fossi cieca e chiusa in una stanza senza saperlo. Continuo ad andare a sbattere contro le pareti, in qualsiasi direzione vada…-

 

Rammentava chiaramente il brivido che le era corso lungo la schiena a quelle parole, che descrivevano così coscienziosamente l’incubo che Willow viveva.

 

Tara mise le tazzine da caffè nel lavello e cercò di riordinare i suoi pensieri.

 

Will aveva conosciuto Kennedy anni a dietro.

 

Forse a scuola, non lo ricordava.

 

Magari prima di conoscere lei.

 

Comunque quando la rossa aveva iniziato il liceo, si erano perse di vista, vedendosi raramente.

 

Ricordava che la ragazza le aveva detto di averla rincontrata all’università, stesso corso se non si sbagliava.

 

Ma nulla di diverso allora, aveva colpito nessuna di loro.

 

Si vedevano a lezione, forse per qualche caffè, poi Kennedy era andata a vivere da sola e Will da buona amica a volte l’andava a trovare.

 

Willow poi, aveva cambiato strada e l’università non era più stata luogo d’incontro.

 

Si ricordò che l’altra, l’estate precedente, le aveva raccontato di una fuga notturna al mare, una bottiglia di pessimo vino e quattro risate tra due vecchie amiche.

 

Gliel’aveva detto senza malizia alcuna, raccontandolo ridendo.

 

Poco dopo quell’avvenimento, che Tara aveva considerato una bravata e che in effetti lo era, Will si era messa con Luc, un ragazzo che alla bionda piaceva molto nelle vesti di fidanzato per l’altra.

 

Serio, dolce e sinceramente innamorato, ma per la ragazza in questione non era stato lo stesso e dopo breve, la rossa aveva troncato la relazione senza mezzi termini.

 

Ne aveva sofferto molto anche lei in ogni caso, nonostante la decisione fosse stata sua.

 

-Con lui ho lasciato tutto quello che credevo di volere…un uomo innamorato, le stesse passioni e un futuro tranquillo.- le aveva detto, ma la bionda non le aveva dato corda, infondo aveva solo 22anni e una vita davanti.

 

Ciononostante le era dispiaciuto parecchio, vedere Will così poco sicura del suo domani, dopo quell’esperienza.

 

Poi le cose erano precipitate.

 

Dal gennaio precedente, Kennedy aveva iniziato quel gioco al massacro, illuminandosi di una nuova luce agli occhi di Will.

 

La rossa era irriconoscibile.

 

Per mesi si era rifugiata dietro a bugie, proteggendo se stessa e l’amante da occhi indiscreti.

 

Per fortuna dopo poco, il loro rapporto basato sulla piena fiducia di Willow per Tara era stato più forte e la ragazza le aveva scritto una lunga lettera dove le rivelava ogni cosa.

 

E Tara in tutti quei lunghi mesi aveva sperato che il loro legame uscisse indenne o quasi da quella storia e che la rossa non smettesse mai di raccontarle ciò che realmente accadeva.

 

Si illudeva così in qualche modo di proteggerla con qualche buon consiglio o per lo meno di sapere semplicemente dove andarla a cercare, se le cose si fossero messe male.

 

Per fortuna Will non l’aveva delusa.

 

Lasciando perdere per un attimo l’identità violata della rossa, che spezzata, ancora vagava incerta e dolente dopo tutti quei mesi, la ragazza era stata succube e dannatamente innamorata di Kennedy.

 

Innamorata sempre di più anche dopo che la bruna le aveva rivelato l’esistenza di Rachel o dopo aver visto di persona che lei non era ne il primo ne l’ultimo tradimento di Kennedy all’unica donna che diceva di amare.

 

Le aveva visto allontanare amici e familiari, abbandonare passioni e interessi, lasciare andare amicizie di una vita.

 

Come quella con Buffy.

 

La rossa si era trincerata in un fortino di menzogne, per essere lasciata in pace, forse per sentirsi libera o per vergognarsi meno.

 

-Non capirebbero, Buffy meno di tutti. E poi non voglio che vedano cosa sono diventata.-

 

Esclusa lei, aveva distaccato tutti.

 

Buffy stessa un paio di volte aveva acuito la sua preoccupazione, con lunghe telefonate in cui supplicava Tara di parlare all’altra e di aiutarla, perché ormai a lei non era più lasciata voce in capitolo.

 

-Ti prego Tara, ti ha sempre ascoltato e so che ti dice tutto. Devi impedirle di fare cazzate!Sta sprofondando sempre di più.-

 

E Tara ci aveva provato, ma la riconduceva alla ragione per poche ore, poi una telefonata o un messaggio di Kennedy la facevano ripiombare in insulse e pericolose serate alcoliche e poco pudiche.

 

Non usciva più con Buffy e Xander, accusandoli di giudicarla.

 

Aveva raccontato ai due che qualcosa era cambiato nella sua vita, di essere “diversa”.

 

Ma poi aveva chiuso i rapporti, dicendo di non sentirsi accettata.

 

E Tara non sapeva perché, ma sentiva che Kennedy in tutto questo, c’entrava molto più di quanto Will ammettesse.

 

In realtà la bionda stimava abbastanza Willow, da sperare che se ne tirasse fuori da sola.

 

E così se non completamente era stato.

 

Ad una cena all’aperto, a fine giugno, avevano discusso bruscamente, più o meno sulla falsa riga della tesa conversazione avvenuta qualche mese prima a pranzo fuori.

 

Lì la stima di Tara era calata vistosamente. Aveva cercato di convincere Willow a smettere di vedere Kennedy, ma al forte diniego le aveva detto, alzando i toni.

 

-Ma non vedi che non stai più in piedi?Non hai più nessuno al tuo fianco, hai mandato a puttane 20anni di vita!-

 

-Ma cosa ne sai!-

 

Era la prima volta che Will le parlava così, i toni della bionda calarono immediatamente.

 

-Anche con me…- aveva sussurrato delusa.

 

-Scusami…Tara mi dispiace, io non mi controllo.

 

-Forse hai bisogno di aiuto, ma non credo del mio.-

 

Se n’era andata e si era pentita di averlo fatto quasi subito. Il fatto era che la bionda non era abituata a vedere negli occhi di Will, della rabbia nei suoi confronti e questo l’aveva destabilizzata.

 

Ma invece di compiangersi, avrebbe dovuto usare la sua influenza sulla rossa per aiutarla.

 

E non l’aveva fatto…non del tutto.

 

Willow l’aveva chiamata il giorno dopo per scusarsi e per assicurarsi che fosse tutto a posto, ma dell’oggetto della lite non aveva voluto parlare.

 

Per un mese e mezzo, tra vacanze e turni all’ospedale, aveva ricevuto solo sporadiche notizie via mail.

 

Fino a quando verso metà settembre, in una di queste, brevissima al contrario delle altre, aveva letto:

 

Penso di aver toccato il fondo. Ora basta.

 

Will

 

Le aveva risposto immediatamente, contenta di aver avuto ragione sulla rossa.

 

La sua stima era ben riposta, se ne stava tirando fuori da sola.

 

Sono felice di aver letto quel “ora basta”. Non so cosa sia successo e spero non sia nulla di grave, ma Will ti prego Ora Basta Davvero.

 

Tara

 

L’aveva vista qualche giorno dopo, ma la rossa non le aveva raccontato niente di nuovo, se non l’imminente partenza per L.A.

 

-Comunque anche se non ne vuoi parlare, io sono orgogliosa di te!Ne sei uscita da sola.-

 

-Non sai quanto ti sbagli Tara, non lo sai.-

 

Aveva saputo con mesi di distanza che quell’e-mail era stata mandata dalla biblioteca universitaria, poche ore prima che Kelly chiamasse Willow per farsi aiutare nella ricerca di una Kennedy scomparsa, poche ore prima del tentato suicidio di quest’ultima.

 

Poche ore dopo la lite violenta a cui Will aveva assistito, umiliazione che aveva considerato sufficientemente degradante, per stimarla ultimo gradino nella sua personale discesa all’inferno.

 

E si sbagliava.

 

Si Will si era allontanata da Kennedy, ma non per sua scelta.

 

Cap.3 -I giorni dell’Oblio-

 

 

 

17 Gennaio 2001

 

 

 

-Cazzo…abbiamo finito il limonino!- disse una Will visibilmente alticcia.

 

-Limoncino!!Sei ubriaca?- chiese Kennedy nella stessa condizione.

 

La rossa si accese una sigaretta con non poco difficoltà, mentre l’altra la scherniva.

 

-Si si, sei proprio ubriaca!E anch’io!- le sorrise Ken, prendendole di mano la cicca.

 

-Ehi!!-

 

Ma dopo qualche secondo la rossa desistette dall’intento di recuperarla e ne prese un’altra.

 

-Adoro fumare mentre bevo!-

 

-Sei un crogiuolo di vizi…-disse divertita Will.

 

L’altra si alzò dal divano del piccolo bilocale dov’erano entrambe sdraiate e le diede le spalle.

 

-Oh, molto più di quanto pensi.-

 

-Boom!!- rispose Willow, scoppiando a ridere.

 

Ma Kennedy la ignorò, prendendo in mano il posacenere abbandonato sul lavello della cucina e tornando a incastrarsi con l’altra sul piccolo sofà logoro.

 

Il fumo intrise la piccola camera, creando una leggera nebbia.

 

Will giocava con la sigaretta, creando piccoli cerchi concentrici, muovendola avanti e indietro.

 

-Credo di avere del vino…-

 

-Vuoi bere ancora?- disse sorpresa la rossa, tirandosi leggermente su.

 

-Perché non ce la fai?- la sfidò l’altra con gli occhi.

 

Circa un’ora e qualche bicchiere di troppo dopo, Will era seduta per terra, mentre Ken rimaneva sul divano ora più comoda.

 

-Quindi di Mark non si sa nulla?-

 

-No, Will. Mi ha mandato una mail due settimane fa e poi basta.-

 

-Non so proprio perché sia andato a studiare via in Erasmus!Mi manca…- fece la rossa.

 

-Ma se da quando hai cambiato corso non ci vedi più!-

 

-Bè adesso sono qui no?-

 

-Si…ah, dimenticavo, in quella mail chiedeva se finalmente ti sei scoperta gay!-

 

-Vaffanculo!!-

 

Kennedy rise scompostamente, vedendo l’espressione dell’altra cambiare repentinamente.

 

-Non capisco perché mi rompiate tanto i coglioni, non lo sono e basta!-

 

-Si, come no!Lo sei più di me…- Kennedy si bloccò esterrefatta, l’alcol stava facendo il suo gioco, disinibendola.

 

Ma Willow non sembrava particolarmente colpita.

 

-Ecco adesso anche tu, ma cos’è un’epidemia?No ma poi tu no!-

 

-Scherzavo.-

 

-Ecco appunto, basta già lui nel nostro infimo gruppetto.-

 

Mark era un gay dichiarato da anni e dire che la povera Will, prima di saperlo gli era morta dietro per un po’.

 

-Ti brucia ancora è?-

 

-No…mi brucerebbe più per te.-

 

-Perché?- chiese interessata l’altra.

 

-Bè lui lo conosco da meno e me l’ha detto quasi subito. Noi due invece ci conosciamo da sempre, ci rimarrei male se non me lo dicessi.-

 

-Ma, la gente ha le sue ragioni no?-

 

-Com’è che ti giustifichi?-

 

-Non mi giustifico.-

 

-Non hai niente per cui giustificarti!Come piacciono i ragazzi a te non piacciono a nessuno.- concluse dandole una spinta, divertita.

 

-Bè sai…una volta mi è capitato.-

 

-Cosa davvero?- l’attenzione di Willow ora era tutta per lei.

 

Kennedy abbassò lo sguardo.

 

-Io l’amavo e lei mi amava.-

 

-Ed è successo solo una volta?-

 

-E’ sposata.-

 

-Ah.-

 

-Ah, cosa?-

 

-Niente. Che hai fatto bene a non continuare se era sposata.-

 

-Già.-

 

Per qualche secondo ci fu il silenzio, poi Will fece un lungo tiro dalla cicca quasi finita.

 

Si sentì addosso gli occhi di Kennedy.

 

-Cosa c’è?-

 

-Tu non hai il coraggio di baciarmi.-

 

Willow scoppiò a ridere, quasi cadendo per terra.

 

-Non c’entra il coraggio, non voglio farlo.- disse ancora ridendo.

 

-Secondo me si.- aggiunse la bruna.

 

-Non per offendere ma non sei il mio tipo.SEI UNA DONNA!!- le urlò dietro scoppiando ancora in una fragorosa risata.

 

-In ogni caso ti manca il coraggio. E non urlare così che è tardi e svegli qualcuno!- l’ammonì Ken.

 

-Io sono coraggiosa.- sibilò la rossa.

 

-Si vede.-

 

-Guarda che ce l’ho il coraggio, solo che non lo voglio fare.-

 

-Tu sei lesbica e non lo vuoi ammettere, ma lasciamo perdere se solo un bacio ti incasina così…-

 

-Io non sono…al diavolo, Ken piantala!-

 

-Cagasotto lesbica…- canticchiò la bruna schernendola.

 

-Vaffanculo, non la sono!!Vuoi vedere il mio coraggio?Eccotelo.- e si avvicinò veloce all’altra stampandole un bacio rapidissimo a fior di labbra.

 

Tornò poi al suo posto.

 

-Visto?-

 

-E che cos’era quello?Ci credo che Luc ti ha lasciato!-

 

-Sono io che l’ho lasciato.-

 

-Si va bè…comunque quello non era un bacio.-

 

Will si mise a sedere.

 

-E allora cos’è un bacio?-

 

-Questo…-

 

La ragazza si allungò lentamente verso la rossa e accostò lievemente le sue labbra carnose alle labbra dell’altra.

 

Con una mano accarezzò la guancia arrossata di Willow e premette di più.

 

Will chiuse istintivamente gli occhi e la sua bocca si dischiuse appena, quando la lingua di Kennedy le chiese di entrare.

 

Il bacio si approfondì per qualche secondo, mentre le loro lingue giocavano lentamente.

 

Ma Ken si ritirò quasi subito.

 

-Oh…- fece Will riaprendo piano gli occhi.

 

Kennedy le accarezzò di nuovo la guancia, prima di allontanarsi.

 

-Ti è piaciuto è?-

 

-C-credo di non aver capito bene.- scoppiarono a ridere entrambe.

 

Ora Kennedy le si era inginocchiata davanti.

 

-Allora mi dici come bacio?-

 

-Ma sarà durato si e no, 30secondi, cosa ne so!- rispose scocciata Willow.

 

-Quindi dobbiamo riprovare…- disse falsamente seria la bruna.

 

-Scordatelo!-

 

-Dai, mi sciolgo i capelli, così sono più sexy!-

 

Avrebbe voluto replicare, ma Will si rese conto che le dava ragione e poi la bruna era già su di lei.

 

Il contatto stavolta fu più lungo e approfondito, iniziarono a muovere la bocca e la lingua in sincrono, mentre la mano di Willow correva a sostenere il capo di Kennedy senza che se ne rendesse conto.

 

La rossa percepì un brivido inatteso, che le percorse la schiena, non appena la lingua della compagna le sfiorò il palato flirtando con la sua.

 

Il bacio finì.

 

-Tu baci bene.- le disse sorridendo Kennedy, mentre si raccoglieva di nuovo i capelli.

 

-Non è poi così diverso.- fece Willow, ignorando involontariamente quel commento.

 

-Cosa?-

 

-Baciare, un maschio o una femmina.- non si permise di registrare per ora, quel brivido strano e quel languore che sentiva per la prima volta, dopo solo un bacio.

 

-No, credo di no. Sei sconvolta?- chiese ironica la bruna.

 

-No…- rispose semplicemente.

 

-Immagino, domani andrai di corsa dai tuoi amichetti a raccontare tutto!Andrai da Buffy o Xander?-

 

Probabilmente era l’alcol, ma non pensava minimamente a raccontare agli amici quella storia, voleva solo baciarla di nuovo.

 

Kennedy, capì il suo sguardo.

 

-Vuoi che ti baci di nuovo?-

 

-Si…-

 

-Ci hai preso gusto piccola…ma devo prendere sempre io l’iniziativa?- chiese ironicamente contrariata.

 

Will non se lo fece ripetere, le girò non proprio delicatamente il viso e la baciò lei stavolta.

 

Fu un bacio più lungo dei precedenti due e si approfondì di più.

 

Il brivido la raggelò nuovamente.

 

Ken si portò sopra di lei, abbracciandola, mentre lei le stringeva la testa fra le mani, attirandola a sé.

 

Will seduta sul divano, teneva Kennedy in braccio.

 

Iniziarono a dondolare ritmicamente.

 

Muovendosi in sincrono con il corpo, sfiorarono i loro punti sensibili.

 

Sentirono l’eccitazione salire.

 

Si staccarono, entrambe con leggermente il fiato corto.

 

-Però…- fece la bruna con voce roca.

 

Will guardò negli occhi di Kennedy e li vide torbidi.

 

-Bene…è tardi, vai a casa adesso.-

 

-Perché?- chiese Willow, una volta ripresasi.

 

-Perché è tardi…- così dicendo le passo la giacca e l’aiutò a metterla, accompagnandola alla porta.

 

-Ma…- fece in tempo a dire Will, prima che la bruna la baciasse velocemente a fior di labbra e richiudesse la porta.

 

Mesi dopo avrebbe compreso il perché, ascoltando questa frase da Kennedy:

 

“Mi piacerebbe rimanere sul divano tutta la sera, solo a baciarsi, ma sono grande e voglio di più!Sempre di più.“

 

 

 

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Si era svegliata con la gola secca e il sapore di vino sulle labbra.

 

Un mal di testa irritante e sete, molta sete.

 

"Bella sbornia Will." si disse dandosi della stupida.

 

Non c'era abituata, non beveva granchè e sapeva di non reggere molto l'alcol.

 

Si era alzata dal letto lentamente, infilandosi sotto la doccia subito.

 

Mentre l'acqua le accarezzava le spalle e scioglieva i muscoli tesi del suo corpo, si rese conto che sulle sue labbra c'era un altro sapore.

 

Ricordò il sapore di Kennedy.

 

"Ho baciato una donna." rise fra sè, Ken come al solito l'aveva presa in giro sulla sua presunta omosessualità e poi...poi cos'era successo?

 

Non ricordava ancora bene la cronologia degli eventi, ma quel bacio si, quello lo rammentava bene.

 

Le era piaciuto.

 

Il brivido d'eccitazione, che le era scivolato lungo la schiena ne era la prova.

 

Sorrise.

 

Quella ragazza, come sempre era riuscita a fregarla.

 

Una parentesi.

 

Un'esperienza in più.

 

Non avrebbe mai detto che proprio lei, avrebbe baciato un'amica.

 

Ma cos'era successo poi, niente d'importante.

 

Non se ne preoccupò granchè, mentre faceva colazione e si vestiva.

 

E nemmeno quando uscì e prese il treno per L.A., verso la sua facoltà e una mattinata di lezioni.

 

Quando nel tardo pomeriggio, tornò a Sunnydale, si disse che quella sera l'avrebbe raccontato a Buffy, così avrebbero riso un po'.

 

Dopo cena, la telefonata quotidiana dell'amica non si fece attendere.

 

-Ciao Will!Com'è andata la giornata?-

 

-Bene grazie e tu?-

 

-Ma a parte che Dawn mi ha irrimediabilmente macchiato la camicia azzurra, tutto bene!-

 

-Sta crescendo in fretta, se vuole già quel capo striminzito, che tu ti ostini a chiamare camicia.-

 

-Non è poi così corta, in ogni caso no, è ancora una poppante, anche perchè non se la voleva mettere.-

 

-E allora cosa voleva farci?-

 

-Cosa ci ha fatto vorrai dire!L'ha usata per pulire il suo ultimo capolavoro a carboncino!Uno sgorbio come sempre!!- urlò l'ultima frase per essere sentita e Will distinse la voce della sorellina minore di Buffy, negare la bruttezza del suo capolavoro o presunto tale.

 

-Ah, lasciamo stare. E tu?L.A.?-

 

-Tutto tranquillo, lezioni su lezioni!-

 

-Secchiona!-

 

-Proprio io.- rise all'affermazione dell'amica.

 

-No io...ma ieri sera poi dove sei finita?Non ti ho più visto al Bronze.-

 

La sera prima erano stati tutti al locale dove si ritrovavano sempre, poi Kennedy l'aveva chiamata e lei volentieri aveva lasciato quella serata un po' troppo piatta, per andare dall'altra.

 

-Avevo detto a Xander di avvertirti, sono andata da Ken.-

 

-Come al solito non è affidabile. Come sta?-

 

-Chi?-

 

-Kennedy.-

 

-A bene!- disse allegra la rossa, pregustando già le risate che si sarebbe fatta di lì a poco con l'amica, non appena le avesse raccontato la sua serata atipica. Quando le avrebbe raccontato del bacio.

 

Un flash le attraversò la mente, nel ricordare quelle labbra e il brivido della sera precedente si fece presente e vivo in lei.

 

-Will?Ci sei ancora?- chiese stupita la bionda.

 

-S-si.- balbettò.

 

-Bè?Mi stavi per raccontare la tua serata...-

 

-Già bè, niente di che. Un bicchiere di vino e poi...bè sai com'è Ken.-

 

-Insomma ti sei divertita?-

 

Si era divertita?

 

-Si, certo.-

 

-Bene, ne sono felice, in effetti ieri sera noi ci siamo annoiati un po'. E tu hai bisogno di svagarti. Ok, ci sentiamo domani va bene?-

 

-S-si.-

 

-Ciao bella!-

 

-Ciao.-

 

Posò il ricevitore assorbita dai suoi pensieri.

 

Perchè non aveva detto della sera prima a Buffy?

 

Perchè quel brivido persisteva in lei?

 

Si chiuse in camera.

 

Eppure era convinta di voler dire alla bionda cos'era successo.

 

Si rese conto che non era vero.

 

Sentiva serpeggiare sottile e silenziosa in lei, una sorta di vergogna.

 

Magari la sua migliore amica avrebbe frainteso.

 

Scosse la testa mentre si sedeva sul letto, Buffy aveva capito sempre tutto, la conosceva meglio di quanto si conoscesse lei.

 

E poi lei non era...

 

Si diede mentalmente della sciocca e si infilò sotto le coperte.

 

 

 

Era passata una settimana.

 

E ogni mattina di quei dannati sette giorni, ad ogni suo risveglio, insistente e sempre più insopportabile il ricordo di quel bacio si affacciava per primo alla sua memoria.

 

Dopo qualche giorno, la parte divertente di quella faccenda si era dissolta.

 

Ora Will ci pensava in continuazione, era irritabile e scontrosa, perchè un dubbio iniziava a pizzicarle la coscienza.

 

Non aveva detto niente a nessuno.

 

Nè a Buffy, nè a Xander.

 

Perchè la vergogna per quel gesto, che inizialmente non aveva valutato più di una cazzata fatta da ubriaca, era cresciuta esponenzialmente.

 

E se non fosse stata una cazzata?

 

La serata era fredda, si strinse nel cappotto.

 

Stava tornando a casa a piedi dalla stazione, dopo una giornata all'università.

 

Si accese una sigaretta.

 

Sentì distintamente il cellulare suonare.

 

Controllò il display.

 

Un messaggio di Kennedy.

 

"Ciao pischella, come stai?Se vuoi stasera sono a casa."

 

Rispose infastidita, che stava bene, ma che era molto stanca e quella sera non sarebbe uscita.

 

Kennedy le rispose pochi minuti dopo, che sarebbe stato per la prossima volta.

 

Sarebbe potuta passare per lo meno, ma non se l'era sentita, non perchè pensasse che dovesse succedere qualcosa.

 

Solamente non aveva voglia di rischiare.

 

-Willow!!- si sentì chiamare e si voltò verso la voce.

 

Sbuffò mentalmente, non aveva la benchè minima voglia di incontrare nessuno, era tardi e aveva fame.

 

Avrebbe voluto solo arrivare a casa presto e andare a letto, per non pensare più a quella faccenda, che lentamente la stava facendo impazzire.

 

Nel girarsi però, la persona che vide, le fece abbozzare un sorriso sentito.

 

Tara attraversò la strada, stretta nella giacca di pelle nera e inbacuccata nella grossa sciarpa azzurra che morbida risaltava sui suoi occhi celesti.

 

-Tara!-

 

-Ciao pulce!-

 

Abitavano abbastanza vicine ed era venuto naturale fare la stessa strada.

 

In realtà la bionda aveva chiesto a Will di cenare da lei, ma la rossa non era dell'umore e aveva detto di no, annotando mentalmente che se ne sarebbe pentita, visto le poche occasioni che avevano per stare insieme.

 

Tara aveva notato subito che l'altra non era di buon umore, il viso della ragazza era serio e cupo, gli occhi verdi pensosi.

 

E questo la infastidì, era sempre stata segretamente soddisfatta del fatto che solo la sua presenza portasse la rossa a picchi di allegria, a volte ridicoli.

 

Al rifiuto della cena, si era preoccupata.

 

Mai successo che Willow, la sua Willow, rifiutasse un suo invito.

 

-Mi devo preoccupare?-

 

-Cosa scusa?Ah, no, tranquilla sono solo molto stanca, torno adesso da Los Angeles.- si scusò la ragazza.

 

-Se ti conosco bene, non mi sembra sia solo stanchezza.-

 

-Un po' di pensieri, niente di grave ad ogni modo.- cercò di minimizzare Will.

 

-E non vuoi parlarne?Così se me lo dici, diventano ancora più piccoli!- cercò di ironizzare l'altra.

 

-No...credo che per una volta, ti risparmierò i miei rompicapo.-

 

-Ok, ora sono preoccupata davvero.- disse seria la bionda.

 

Willow la guardò interdetta, come cavolo faceva a leggerle così dentro?

 

Iniziò a tremare impercettibilmente.

 

Non era pronta.

 

Non voleva ancora dire niente, perchè niente c'era da dire.

 

Solo un dubbio.

 

Uno di quelli subdoli e sgradevoli, uno di quelli che ti scavano dentro e ti mangiano dall'interno.

 

Perchè in quei giorni quel bacio era divenuto qualcosa di più.

 

Se davvero a lei, Willow Rosemberg, fossero piaciute le donne?

 

-Tara...se...se avessi fatto una cazzata?-

 

Lo sguardo della bionda divenne ancora più serio e Will si rese conto che l'aveva allarmata più del dovuto.

 

-Senti...non sono in pericolo. Non riesco a dirtelo adesso, ma se è come penso, è una cosa grossa. -

 

-Will, mi stai spaventando, cos'è successo?-

 

-Non sono pronta a dirtelo, te l'ho detto.-

 

-Buffy lo sa?-

 

-No.-

 

-Willow, puoi dirmi tutto...avanti, così non fai che rendermi nervosa.-

 

Will sospirò arresa.

 

-E che io...l'altra sera.-

 

Deglutì.

 

-Tara se io fossi...-

 

 

 

Aveva rivisto Kennedy un paio di volte, senza che nulla succedesse. Aveva detto a Tara e a Buffy di una ragazza di L.A.

 

Non sapeva perchè non aveva raccontato la verità su quel bacio, ma aveva sentito di doversi difendere e l'aveva fatto.

 

I suoi pensieri si erano incupiti, rendendola intrattabile.

 

Tutti si erano resi conto che qualcosa aveva turbato la vita dell'eterna brava ragazza dai capelli cremisi.

 

Era passato un mese e la situazione era precipitata.

 

Kennedy aveva preso un ruolo marginale nella faccenda, non era quella ragazza a farla impazzire.

 

Non era innamorata di lei, grazie a Dio.

 

Ma la cosa in sè la devastava.

 

Non dormiva più e aveva smesso di andare a Los Angeles, aspettava la notte insonne come se fosse meno doloroso affrontarla da sveglia.

 

Le poche ore per notte che dormiva, erano angoscianti.

 

Si svegliava di colpo, con la sensazione di non poter respirare, sudata e ansante, si scostava ciocche di capelli dagli occhi, imperlate di gelide goccie fredde.

 

Dal suo letto, dove da sempre si sentiva al sicuro, guardava fuori dalla finestra, per niente tranquilla.

 

Come se là fuori, da qualche parte nel buio, ci fosse qualcosa.

 

Qualcosa pronto ad insinuarsi in lei, non appena si fosse arresa al sonno di Morfeo.

 

Si rese conto che quel qualcosa era...dolore.

 

Acuto, potente dolore.

 

Come un urlo incontrollabile e sordo, dentro di lei, un vuoto inspiegabile e dilaniante.

 

Quel dolore lo sopportava meglio di giorno, tramutandolo in ansia insofferente, facendo in modo di non sentirlo addosso, relegandolo con forza dietro al suo sorriso.

 

Facendo finta di essere ciò che non era.

 

Ma la notte, agonizzava.

 

Per questo la veglia.

 

Da quel maledetto bacio era cambiato tutto.

 

Un bacio, uno stupido e semplice bacio.

 

Tutto le sembrava contaminato, infetto, divorata com'era da una vergogna insensata che strisciante la seppelliva in un mutismo distruttivo.

 

Vedeva quel dolore specchiarsi negli occhi di chi aveva intorno...sempre, perchè in loro c'era il suo riflesso.

 

Willow sapeva da sempre, che una sottile sofferenza l'accompagnava, un'inadeguatezza che aveva sempre sentito dentro se stessa, ma mai avrebbe pensato a questo.

 

Si malediva ogni giorno per non essere rimasta al locale con gli altri, quella sera.

 

Malediva quel liquido giallo disinibitore, il fumo stagnante di quella stanza e il profumo avvolgente dei capelli di Kennedy.

 

Di sicuro queste cose l'avevano disorientata, permettendole di compiere quell'errore.

 

Se errore era stato.

 

Perchè le sembrava di averle infondo cercate quelle labbra...con un pizzico di malizia e voglia.

 

Come se per tutto il tempo della sua giovane vita, fosse corsa dietro a quel bacio, giocando con lui in un labirinto immaginario.

 

E poi in una sera sola, se l'era trovato davanti e l'aveva colto.

 

L'aveva rincorso davvero per tutti quegli anni?

 

E se era così poteva accettarsi?

 

No.

 

Umiliata e odiata dalla sua stessa intollerenza, si stupiva di tutto quel rancore che non avrebbe pensato di poter provare per se stessa.

 

Si vergognava di sè, del suo corpo, delle sue azioni.

 

Finchè non ne aveva avuto abbastanza, si era illusa di poter frustrare quel dolore e tenerlo segreto al mondo.

 

Ma una volta percepita l'assurdità del suo pensiero, si era confidata con le due amiche, provando un forte sollievo.

 

Infatti al contrario di se stessa, le due donne amandola, le avevano fatto capire che l'avrebbero accettata comunque.

 

Rimaneva il ragionamento sospeso e quasi infantile che fosse davvero un errore, solo un piccolo sbaglio, insignificante nella sua vita che quindi poteva benissimo continuare come prima.

 

Oppure...oppure invece se non fosse stato un errore?

 

Buffy dopo la rivelazione le aveva detto.

 

-Se questa è la strada che ti renderà felice...-

 

Non aveva neanche mai solo pensato...mai lontanamente aperto quella prospettiva.

 

La vergogna gliel'aveva occlusa con i toni forti del dolore.

 

E per molto tempo pensò che se quella era la sua strada, la felicità le era preclusa, perchè non si sarebbe permessa di percorrerla.

 

Si sentiva bugiarda, perchè tutta la sua vita precedente a quel bacio le sembrava una menzogna.

 

Per se stessa e per gli altri.

 

Cosa si era raccontata, cosa aveva raccontato alla persone che amava?

 

Aveva paura di correre indietro negli anni e rendersi conto di non essere stata mai la vera se stessa.

 

Non riusciva a dissipare quel dubbio.

 

Non sapeva più dove sbattere la testa.

 

Così aveva iniziato a disinteressarsi di tutto e di tutti.

 

Conduceva giornate apatiche e notti insonni.

 

Non avrebbe retto a lungo.

 

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-Will, che fai?-

 

-Ero a letto…ma non importa, dimmi pure.-

 

-Se vuoi passo a salutarti.-

 

-Sei ubriaca?- chiese a bassa voce la rossa, nell’oscurità della sua stanza.

 

-E molto!Sono stata a casa di Kelly…abbiamo festeggiato un po’!!- fece languida e volontariamente colpevole Kennedy.

 

-Allora posso passare?-

 

-Certo!Ti aspetto…-

 

-Arrivo!!-

 

La conversazione telefonica si interruppè, ma Will credette di aver sentito il motore della macchina di Ken andar su di giri a vuoto.

 

Sperò soltanto che l’altra non si stampasse contro un palo della luce.

 

Si vestì in fretta e in silenzio, a luce spenta.

 

Sentì una macchina frenare bruscamente all’esterno e il cellulare vibrò annunciando l’arrivo dell’altra.

 

Uscì di casa senza far rumore, assicurandosi di non svegliare nessuno.

 

Mentre percorreva il vialetto, il cuore prese a batterle leggermente più veloce.

 

Kennedy uscì dalla macchina sbattendo contro la portiera.

 

-Porc…-

 

Le venne da ridere, ma si trattenne.

 

-Ciao.- disse sorridendo alla bruna davanti a lei.

 

-Eh, ciao…- rispose l’altra massaggiandosi la testa.

 

-Sei messa male vedo…- sorrise Willow, ma in realtà inconsciamente invidiava l’ebbrezza dell’altra, così dannatamente e falsamente liberatoria.

 

-Si, parecchio…credo di dover vomitare, mi accompagni?- chiese rientrando in macchina e facendole segno di salire.

 

Will rimase interdetta.

 

-Compagna di vomito…- sussurrò, alzando un sopraciglio.

 

Entrò nella vettura, allacciandosi la cintura e a questo gesto l’altra scoppiò a ridere.

 

-Perché ridi?-

 

-Non ti fidi?- disse sogghignando, nel frattempo accese la macchina e sgommando partì.

 

Will si aggrappò alla portiera ancora aperta e la chiuse.

 

-N-no…non ho paura- deglutì –ma vai piano!!-

 

 

 

Avevano girato un po’ a vuoto, cercando un posto adatto.

 

Questo per lo meno a sentir Kennedy.

 

Per Will, era il bagno il posto più adatto.

 

Si fermarono dietro un cantiere e Kennedy scese rumorosamente, agguantando un fazzoletto che le porgeva Willow.

 

La bruna tornò sui suoi passi e si affacciò nell’abitacolo.

 

-Aspettami…- disse languida, guardando negli occhi Willow.

 

Poi scomparve dietro un carico di travetti.

 

Willow deglutì, mentre il suo cuore rallentava impercettibilmente.

 

Sentì i conati dell’altra e si costrinse a pensare ad altro, per evitare di rimettere anche lei.

 

“Mi bacerà anche dopo aver rimesso?”

 

Si diede una pacca sulla fronte.

 

“Che schifo!E poi perché dovrebbe, perché dovrei?Baciarci intendo. E’ stato solo un errore da ubriache.”

 

Vide l’altra avvicinarsi lentamente, ora lucida.

 

“E poi non voglio coinvolgerla nelle mie tragedie personali…nel mio dolore.”

 

Perse lo sguardo fissando il vuoto davanti a lei, intrisa dalla sensazione che la possedeva dalla mattina dopo il bacio.

 

-Oh, ora sto meglio!- fece Ken soddisfatta rientrando in macchina.

 

-Adesso possiamo parlare senza che io dica troppe cazzate!-

 

Willow si scosse, riportata alla realtà viva in quel momento e morta in lei, dall’arrivo di Kennedy.

 

-Già.- disse quasi disinteressata, mentre cercava di sbrigliare i suoi pensieri e allontanare quella dolente sensazione di perdita.

 

La bruna se ne accorse.

 

-Cos’hai?-

 

-Niente, perché?-

 

-Ti vedo un po’ persa.-

 

-Niente di che…allora la serata è stata divertente, cosa festeggiavate?- chiese cambiando argomento.

 

-Un esame!Sono stata brava.-

 

-Bene.-

 

-Va bè ok, so che a volte sono noiosa, ma avrò parlato si e no per pochi secondi, cosa c’è?- chiese spazientita.

 

-Hai ragione, ricominciamo. Allora come stai?-

 

-Io bene.-

 

Silenzio.

 

-E tu come stai?- chiese la bruna sfiorandole la mano.

 

Willow la ritrasse velocemente.

 

-Bene.-

 

-Forse sei un po’ sconvolta?-

 

-Per cosa?-

 

-Willow, Willow…a chi l’hai già detto?-

 

La rabbia le morse i piedi.

 

-A nessuno.-

 

-Davvero?-

 

-Solo a una persona.- mentì, Buffy e Tara sapevano già di una fantomatica ragazza.

 

-E chi è?-

 

-Un’amica.-

 

-Buffy?-

 

-No.-

 

-Chi?-

 

-E’ importante?- disse scontrosa, non voleva fare vedere la sua crisi all’altra, per orgoglio.

 

Non era stata toccata, non voleva dare questa soddisfazione a Kennedy.

 

-Facevo conversazione…- fece risentita la bruna.

 

Will si addolcì.

 

-Si chiama Tara.-

 

-Non la conosco?-

 

-No, è più grande di noi.-

 

-Ti fidi?-

 

-Darebbe la vita per me.-sorrise amorevole.

 

-Ah, ora capisco.-

 

-Che cosa?-

 

-Abbiamo trovato l’amore vero!!- enfatizzò gesticolando, divertita.

 

-Che diavolo dici!!- fu la risposta scioccata di Willow.

 

-Ok, ok…ma se ti arrabbi qualcosa vorrà dire!- concluse Ken ridacchiando.

 

-Tara non è…lei resta fuori da tutto questo capito?- disse decisa.

 

-Mi fai quasi paura…- rispose la bruna guardandola languida.

 

-Va bene, dopo aver difeso il tuo amore, puoi dirmi come stai?Intendo dire per il fatto che ci siamo baciate.-

 

Willow stornò lo sguardo.

 

Colpita.

 

-Un po’…un po’ confusa.-

 

-E’ normale…- fece tranquilla Ken.

 

-Davvero?- chiese accorata la rossa, dimentica del proposito di schermarsi.

 

-Si, anch’io ero un po’ confusa. Non tanto devo dire, sicuramente meno di te conoscendoti, ma un po' si.-

 

-Per la donna di cui mi parlavi?-

 

-Già.-

 

-Bè ma è stata solo una volta, tu sai cosa sei.-

 

-In che senso?-

 

-Intendo sessualmente.-

 

-Molto attiva direi!!- rise l’altra.

 

-Voglio dire, da che parte sei.-

 

-Etero o lesbica?-

 

Willow avvampò.

 

La bruna le si accostò.

 

-Perché dobbiamo definirci Will?-

 

La rossa rimase sconcertata.

 

Come poteva la bruna essere così tranquilla sulla sua caotica identità sessuale?

 

E poi, come si fa a non definirsi?

 

Definirsi da stabilità, sicurezza, sei parte di qualcosa.

 

Ricordò rapidamente l’ultima conversazione fatta con Luc, quando l’aveva lasciato.

 

-Non sei tu, sono io!Sono talmente incasinata. Non riesco a darmi una definizione…quando lo farò, forse potrò essere pronta ad una storia.-

 

Tornò al presente riagganciando il discorso di Ken.

 

-E poi tu sei la seconda donna che bacio e non mi dispiace quanto baciare un ragazzo!-

 

-Non so come fai…- rispose disorientata.

 

-Lo faccio tutti i giorni.-

 

Willow si girò per guardarla senza capire.

 

-Ma non ci sei ancora arrivata?-

 

-A cosa?-

 

-Pensavo avessi capito…- sussurrò la bruna scuotendo la testa.

 

-Di cosa parli?-

 

-Will, quella donna sposata di cui ti ho parlato…è la mia ragazza.-

 

La rossa rimase involontariamente a bocca aperta.

 

-D-da quanto?-

 

-Cinque anni.- fece tranquillamente Kennedy, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 

-E…-

 

-E…la amo.-

 

Qualcosa nel suo profondo si spezzò.

 

Non seppe cosa, non riuscì a dare un nome a quel frammento che si era scisso dal suo cuore, mentre la bruna pronunciava quelle due parole.

 

-Ma come…-

 

-Oh, Willow!L’amerei allo stesso modo se fosse un uomo o un cane.

 

-Cioè per te è lo stesso?-

 

-Già, amo lei, per quello che è, non per com’è!Anche se per me è bellissima ovvio.-

 

La sua parte moralista, ancora prorompente si fece sentire.

 

-E’ sposata Kennedy!-

 

-Non tutte le storie sono rose e fiori.-

 

-E come fate?Q-quanti anni ha?-

 

-17 più di noi. Con il marito non fa più niente da una vita. Mi ama anche lei sai! Comunque basta organizzarsi, non è facile conciliare la vita di uno studente, con quella di una donna sposata e con una figlia, ma ce la si fa.-

 

-Una figlia??- disse ora sconvolta.

 

-Non te l’ho detto per farmi fare la predica, non farmi pentire di essermi aperta. Ao detto per farmi fare la predica. .rganizzarsi, non è facile conciliare la vita di uno studente, con quella di una donna sposnche perchè francamente non mi interessa.- fece secca Kennedy.

 

-Chi lo sa?-

 

-Mark.-

 

-Come mai?-

 

-Lui mi ha detto il suo segreto e io gli ho detto il mio. Finito il terzo grado?- rise la bruna guardandola.

 

-Scusa...quindi sei un amante.-

 

-E' si...sempre per via che non ho voglia di definirmi, non sei brava in questo gioco!!- fece divertita.

 

-Un'ultima cosa.-

 

-Dimmi.-

 

-Perchè mi hai baciata se ami questa donna?-

 

-Willow, non c'entra niente con me e Rachel...- ma venne interrotta dalla rossa.

 

-Rachel?-

 

-E' lei.-

 

Silenzio.

 

-Comunque dicevo, il nostro è solo stato un gioco lo sai!Non l'hai mai fatto?-

 

-No.-

 

Silenzio.

 

Qualcosa scattò nella sua testa, sottolineando ai suoi occhi, che quello infondo non era il problema e infondo Kennedy era marginale in quel che le stava capitando.

 

-Bel gioco!- disse ridendo, sciogliendo la tensione.

 

Ken rise con lei.

 

-Ok Rossa, direi che è ora di dormire!-

 

-Concordo!-

 

Mentre la macchina faceva manovra, Willow si trovò nella mente una parola quotidiana, ammantata di un nuovo sapore agrodolce.

 

"Gioco".

 

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Qualche settimana.

 

Passata a lentezza innaturale.

 

E il disagio costante la rendeva apatica, dolorante...semplicemente straziata.

 

Più volte si era chiesta perchè a lei.

 

Perchè lei, in un mondo così vasto, in un tempo così infinito.

 

Dilaniata dalla sua identità ora storpia e violata.

 

Si era chiusa lentamente e sempre di più.

 

Semplicemente perchè non aveva niente da dire, di cui non si vergognasse follemente.

 

In quei giorni erano iniziati i diverbi con Buffy, cosa che sarebbe diventata quasi normale nei mesi successivi.

 

Si allontanava sempre di più dall'amica e a dir la verità da chiunque.

 

Non vedeva Xander da settimane.

 

-Che cos'hai?- aveva chiesto il ragazzo, al loro ultimo incontro.

 

-Perchè dovrei avere qualcosa?- questa la risposta secca e scontrosa di Will.

 

-Non si risponde ad una domanda con una domanda.-

 

-Non mi interessa.-

 

Xander si era irrigidito, ferito dalla freddezza della rossa.

 

-Quando ti sarà passata fammelo sapere.- aveva concluso l'altro, guardandola con rimprovero e girati i tacchi se n'era andato.

 

Un tempo, la vecchia Willow, l'avrebbe rincorso e si sarebbe scusata.

 

Invece era rimasta seduta, immobile, a guardarlo, con occhi vuoti, andarsene.

 

Non le importava.

 

Anche se infondo al cuore aveva sentito una fitta.

 

Quello non era importante ai fini della sua sopravvivenza.

 

Perchè, adesso, tutti i suoi sforzi erano dedicati a questo.

 

Sopravvivere.

 

Amaramente, si rendeva conto che non ci riusciva molto bene.

 

E così erano scivolati i giorni, fino a quella domenica sera.

 

Il giorno successivo sarebbe stato il compleanno di Kennedy.

 

Lo ricordò improvvisamente, un'informazione che non pensava di conoscere o almeno di rammentare.

 

Erano le 21 passate, si alzò dal letto dove si era accoccolata ancora vestita, in uno dei suoi momenti di buia disperazione, dopo essersi congedata in silenzio e con scortesia dai suoi genitori.

 

Si rendeva conto di essere insopportabile, con le sue poche parole, le sue omissioni, la sua quasi perenne assenza e il suo sguardo vuoto, ma quando quella sofferenza la prendeva acuta, l'unica cosa che si poteva permettere era quella rabbia frustrata che come scotto richiedeva il suo totale mutismo.

 

Scese da basso, facendo attenzione a non farsi vedere da suo padre che guardava tranquillamente la televisione in salotto.

 

Prese il cordless dal tavolino nell'ingresso e tornò nella sua stanza.

 

Compose il numero dell'altra e mentre attendeva che rispondesse, si schiarì la voce.

 

-Pronto?- la voce cristallina di Kennedy, si intrufolò nelle sue orecchie, poi rotolò percorrendo la trachea e scendendo nei polmoni.

 

Arrivò al cuore con estrema facilità e lo fermò.

 

Per un secondo appena, ma Willow lo sentì morirle in petto.

 

Che stava succedendo?

 

-Pronto, chi è?- ripetè la bruna.

 

Will si scosse.

 

-K-ken!Sono Willow!- incespicò.

 

-Ciao!E' un po' che non ti si sente!-

 

Aveva le mani sudate e non si spiegava il tremore della sua voce, d'altro canto per fortuna il suo cuore avea ripreso a camminare come sempre.

 

Willow si chiese se non avesse avuto un piccolissimo e innoquo infarto.

 

Ma ricordò che Tara le aveva detto che era troppo giovane e sana, poi che di solito all'arrivo di un attacco di cuore il braccio sinistro si indolenzisce, partendo dalla spalla e ripercorrendo i nervi dal gomito al polso, fino ad arrivare all'anulare e al mignolo, intorpidendoli.

 

Riprese il filo del discorso con Kennedy, che nel frattempo le aveva raccontato qualcosa.

 

Non avrebbe mai saputo cosa.

 

-Ti ho chiamato per farti gli auguri...domani sarò a L.A. tutto il giorno, così approfitto di stasera.-

 

-Ti ringrazio, ma potresti fare di meglio.-

 

Will sorrise.

 

-Che vino vuoi?-

 

 

 

Pinot Nero...

 

L'aveva in casa, era riuscita a farlo scivolare sotto la giacca e a nasconderlo a suo padre.

 

La serata era fredda e il cielo stranamente chiaro la rendeva nervosa.

 

Così stava tornando in quella casa, non ci aveva più messo piede.

 

Ma quando arrivò, Kennedy l'aspettava seduta sul marciapiede.

 

-Che fai?-

 

-Ti va di fare un giro in macchina?E' tutto il giorno che sono in casa!-

 

Will assentì sorridendole e Kennedy salì.

 

Almeno non sarebbe rientrata lì dentro.

 

Avevano girato per un po' ed ora la periferia di Sunnydale le inghiottiva nelle sue viette strette e sterrate, conducendole in aperta campagnia.

 

Guidava lei, ma non sapeva perchè avesse portato l'altra in quei posti dimenticati da Dio, almeno in apparenza.

 

-Ci stiamo nascondendo?- chiese scherzosa la bruna.

 

-No...non so perchè sono venuta qui.- fece perplessa la rossa ed era sincera.

 

-Non è che ci stai provando?-

 

Ok, ora ne era sicura, aveva avuto di nuovo un piccolo attacco di cuore.

 

Nuovamente lo aveva sentito fermarsi.

 

Si portò una mano al petto e stava per comunicare all'altra di correre, veloce e portarla all'ospedale.

 

Ma Ken le stava dicendo qualcosa, di nuovo non sapeva che cosa.

 

Sta di fatto che alla sua mente, sembrò molto più importante ascoltare l'altra che salvare il suo giovane cuore.

 

Non si pentì mai abbastanza e allo stesso tempo non si lusingò mai troppo per quella scelta.

 

Il vino era finito.

 

Lo sentiva mischiarsi al suo sangue e salirle alla testa.

 

Era leggermente intontita.

 

Stavano ridendo, lo facevano da ore e infatti controllato l'orologio ora mai erano le 3.00.

 

Ma non importava.

 

Il cielo era sempre più chiaro e non riusciva a capire perchè, il giorno era ancora lontano.

 

Si passò una mano sulla fronte e poi spostò il sedile all'indietro per avere più spazio e stare più comoda.

 

-Cosa fai?- chiese Kennedy, mentre la loro ultima risata si spegneva.

 

-Ero incastrata sotto al volante.-

 

-Così stai più comoda?-

 

-Bè si...- disse Will, stupita per quella domanda.

 

-Allora posso mettermi comoda anch'io?- chiese languida la bruna.

 

Prima che Willow rispondesse, si ritrovò Kennedy appoggiata per metà sulle sue gambe.

 

-Sei ubriaca.- sorrise nervosamente.

 

-Anche tu.- le fece eco l'altra.

 

-Non facciamo cazzate.- disse la rossa, ora seria.

 

-Cazzate e chi le vuole fare?-

 

-Non sei nota per le cose intelligenti!- rise forte Will.

 

Sentiva il profumo dei suoi capelli mori pungerle le narici e il vino le faceva girare la testa.

 

Infondo che cazzate avrebbero potuto fare?

 

Restarono così per qualche minuto, continuando a ridere e a parlare.

 

Poi senza volere Willow spostò il braccio verso il volante e Kennedy vi si appoggiò.

 

La conversazione riprese, senza che niente fosse considerato, soprattutto quel braccio che ora sosteneva la bruna.

 

Passò qualche minuto e Will la stava abbracciando.

 

Non lo aveva fatto apposta, solo che la posizione del braccio teso, con la mano che stringeva il volante non era delle migliori.

 

Così semplicemente le aveva incrociato le mani dietro la spalla sinistra, facendo così appoggiare la nuca della mora sul suo avambraccio.

 

In ogni caso, quando si rese conto della loro posizione davvero troppo ravvicinata, tenne l'altra a distanza e i loro due visi erano ben lontani dal fare quelle famose "cazzate".

 

-E poi sono andata dal professore di Fisiologia a supplicarlo di rispiegarmi in separata sede quello che non avevo capito.- fece Ken, guardandola.

 

-E cioè?-

 

-Tutto.-

 

Scoppiarono a ridere, quello era un esame particolarmente duro ed entrambe, ai tempi in cui Will studiava ancora Psicologia, erano state bocciate miseramente.

 

-E lui che ti ha detto?-

 

-Assolutamente no!-

 

La loro risata riecheggiò nuovamente.

 

Kennedy, mentre ancora ridevano, si avvicinò e appoggiò la testa alla spalla di Willow.

 

La rossa si irrigidì.

 

-Stai tranquilla...non si sta bene così?- chiese serafica l'altra.

 

Willow non rispose, il profumo di Kennedy l'aveva inondata.

 

Era così vicina.

 

Di nuovo il suo cuore aveva perso un battito ed ora sapeva perchè.

 

Poi come impazzito aveva ripreso a correre, ma più forte.

 

Così il sangue nelle sue vene veniva pompato con più pressione e l'alcol prese a strisciarle dentro più velocemente.

 

Avvampò.

 

Aveva caldo e quel veleno inebriante ora la stordiva di netto.

 

E il suo cuore era sempre più veloce.

 

Si chiese se l'altra avrebbe sentito la sua accelerazione.

 

Impallidì quando Ken scese sul suo petto.

 

-Sento il tuo cuore.-

 

"Merda"pensò.

 

-Non mi piace...mi fa senso.-

 

-C-cosa?-

 

-Non mi piace sentire il battito cardiaco.-

 

-Ah...-

 

-Se avessimo qualcosa in più qui, forse non si sentirebbe così bene...- rise sardonica.

 

-Ehi!-

 

Ma prima che la rossa sfumasse quella che ormai aveva capito essere eccitazione, nell'offesa di quella battuta, Kennedy alzò il viso verso di lei e la baciò.

 

Il brivido gelato lungo la sua schiena si ripropose con la stessa intensità di quella maledetta sera.

 

Chiuse gli occhi d'istinto, accogliendo l'altra.

 

Ma poi si scosse, prima di perdere completamente il controllo.

 

-F-fermati.-

 

Kennedy si staccò perplessa.

 

-Perchè?-

 

-E Rachel?- chiese Will, sapendo di giocarsi l'ultima carta.

 

-Will...te l'ho già detto, questo non c'entra con...non c'entra niente.- così dicendo le sfiorò il seno e la pancia.

 

Willow si sentì avvampare e di nuovo il brivido le spezzò la schiena.

 

I suoi occhi si chiusero a metà e si intorbidirono.

 

-Will...questo è solo...- proseguì Kennedy, carezzandole il ventre sotto il maglione.

 

-Un gioco...- concluse per lei la rossa, che ora non riusciva più a pensare.

 

Quanto potere aveva l'altra su di lei?

 

-Stasera ci siamo solo io...e te.- detto questo, Kennedy sorrise e ricominciò a baciarla.

 

 

 

 

 

Era un po' che si baciavano e Will dipendeva completamente dalle labbra e dalle dita dell'altra.

 

"Sono ubriaca...e stiamo giocando...non c'è niente di male e poi se deve succedere..."pensò.

 

La bruna si era sistemata meglio su di lei, a cavalcioni sulle sue gambe.

 

I vetri del piccolo abitacolo erano densi di vapore e dall'esterno non si sarebbero potuti distinguere neanche i contorni delle cose.

 

Kennedy l'accarezzava lentamente, partendo dalla guancia e scendendo sul collo, indugiava sul seno, senza mai approfondire quel tocco.

 

Poi passava al ventre, toccandolo direttamente, infilando la mano sotto i vestiti.

 

Scendeva ancora, deviando sul fianco e poi risaliva per quel percorso all'inverso.

 

Piccoli tremori seguivano fedeli, le dita della bruna sulla pelle di Willow.

 

La rossa aveva il fiato corto, mentre la lingua dell'altra flirtava con la sua, in un gioco gentile e lento.

 

Molto.

 

Molto eccitante.

 

Senza dire una parola, Kennedy interruppe il bacio.

 

Si guardarono.

 

Willow tremava colma di un desiderio sconosciuto...verso una donna.

 

Vide negli occhi di Ken la stessa voglia, ma consapevole e sicura.

 

Negli occhi cioccolato che le stavano davanti, non c'era traccia di paura, mentre sapeva che nei suoi era evidente.

 

Kennedy sorrise e si sfilò la felpa e la maglietta, rimanendo in reggiseno.

 

Will deglutì arrossendo.

 

La bruna le sorrise e l'abbraccio, stando attenta a farle appoggiare la testa contro il suo seno.

 

Deglutì di nuovo, era a disagio.

 

-Will...piccola, non c'è niente di cui tu debba avere paura. E spero che tu non ne abbia di te stessa, perchè non c'è niente di più spaventoso.- le sussurrò all'orecchio, mentre le carezzava i lunghi capelli fiammeggianti.

 

"Ne ho...e molta...ma stasera...stasera non sono io..."

 

Ken le prese la testa fra le mani e la guardò, staccandola dal suo petto.

 

Poi prese una mano di Will e se la portò al seno.

 

Entrambe sussultarono, ma per motivi molto diversi.

 

-A-andiamo dietro?- aveva chiesto allora la bruna, con la voce impastata dall'eccitazione.

 

Così si erano spostate nei sedili posteriori e lì Kennedy l'aveva fatta impazzire.

 

Quando la bruna finiva uno dei suoi giochini, Willow non ricordava nemmeno più dov'era.

 

L'aveva sentita dentro con un'intensità e una delicatezza sconvolgenti.

 

Più e più volte.

 

Ricordava solo una frase dell'altra, perchè il resto le si offuscava nella memoria, ricordando solo un forte e prolungato piacere.

 

-Sai...da quando ci siamo baciate, ho sognato di fare l'amore con te...-

 

Era arrossita.

 

Più che altro era stata l'altra a condurre il gioco e a giocarlo, lei non se l'era sentita, non era pronta e le sembrò che Kennedy fosse stata più che gentile a non averla fatta sentire in colpa per la sua soddisfazione parziale.

 

Ora Kennedy la teneva in braccio e Will calmava il suo corpo scosso dall'ultimo amplesso.

 

Baciò l'altra sulla fronte e sulle guance.

 

L'unica cosa che non la terrorizzasse.

 

-Quante coccole...- le sorrise dolcemente la bruna, baciandola a fior di labbra.

 

Will le appoggiò la testa sulla spalla e Kennedy le spostò una ciocca purpurea dagli occhi, fissandola.

 

Entrambe si coprivano i corpi nudi con il giaccone della bruna.

 

C'era freddo, un freddo incantato.

 

Eppure le loro membra, conservavano ancora il calore l'una dell'altra.

 

Willow si sentiva in pace.

 

Appagata.

 

Serena.

 

-Che ore sono?- chiese Ken.

 

Willow controllò.

 

-Cavolo, sono le 5!!-

 

-Merda, è tardissimo!Andiamo!- rispose Kennedy, cercando di alzarsi, mentre la rossa si spostava.

 

Ma poi tornò indietro e baciò lungamente e profondamente l'altra.

 

-A-auguri...- balbettò la rossa.

 

-Grazie...- sussurrò all'orecchio di Will.

 

Lei sorrideva in uno stato di beatitudine mai conosciuto.

 

Era semplicemente tranquilla, nè triste, nè spaventata.

 

Nemmeno felice, ma era serena, tranquilla.

 

In un eden di pace.

 

Si rivestirono in fretta, baciandosi a fior di labbra e sorridendo di quando in quando.

 

Poi riconquistarono i sedili anteriori.

 

Will accese la macchina.

 

E mentre il rombo del motore risuonava nell'aria pensò.

 

"In macchina...l'abbiamo fatto in macchina che squallore...".

 

Ma quel pensiero svanì, non appena Kennedy la baciò ancora.

 

Che importava infondo?

 

Accese il riscaldamento, per spannare il cruscotto.

 

Ma poi guardò meglio e vide che il vapore provocato da loro stesse era già svanito.

 

-Ken...Ken, guarda!-

 

-E' neve!!- fece incredula la bruna.

 

-Il cielo!Il cielo...perchè non ciò pensato?Era così chiaro!- disse ridendo la rossa.

 

-Che bello...- aggiunse.

 

-A me non piace molto la neve...ma stasera, bè è un bel finale piccola, non è vero?- le disse abbracciandola Kennedy.

 

Si guardarono un attimo per poi sfiorarsi le labbra nuovamente.

 

La piccola vettura si mosse lentamente, lasciando lunghi solchi neri sul lieve strato di neve caduta.

 

Prese la via principale ed aumentò la velocità, verso una Sunnydale stranamente imbiancata.

 

La neve continuava a cadere, in piccoli fiocchi soffici, mentre i primi colori dell'alba si riflettevano nei cristalli.

 

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La città era ancora imbiancata e la neve ovattava i rumori e i pensieri.

 

Data l'ora a cui era tornata, la mattina dopo non aveva sentito la sveglia e aveva dormito fino a tardi.

 

Quando finalmente si era svegliata, aprendo pigramente un occhio, i suoi pensieri si erano rapidamente spostati alle sensazioni della sera precedente e L.A. era diventata davvero insignificante e lontana per quel giorno.

 

Era arrossita lievemente, nascondendo il viso nel lenzuolo.

 

Ma aveva percepito le labbra piegarsi in un leggero sorriso.

 

Un sorriso di compiacimento.

 

Era ancora in lei quella sensazione di pace.

 

Nonostante l'alcol non le riempisse più le vene, non si sentiva in colpa.

 

Lontano da lei il pensiero di quella donna sposata e di sua figlia, dell'amore che Kennedy diceva puro e intenso, del fatto che poche ore prima era stata fra le braccia di una donna e si era sentita completa e appagata.

 

Di tutto queste cose non riusciva a ragionare, persa con la mente in quel "gioco" così dannatamente piacevole e inebriante.

 

Il sesso non le era mai sembrato così...

 

Scosse la testa imbarazzata dalle sue stesse sensazioni.

 

Qualche giorno e quella serenità sarebbe svanita, investita dall'enormità di tutte le cose che le vorticavano intorno, ma l'aveva voluta trattenere il più a lungo possibile.

 

Prendendo finalmente respiro dopo quasi un mese senza requiem.

 

Si stupì della sua reazione opposta ad un solo bacio, quando il suo raziocinio le diceva che quel che era successo quella domenica notte era ben più grave.

 

Lei e Kennedy si sentivano in continuazione e si vedevano spesso.

 

Ma non era più successo niente, rimanevano solamente più dolci di quanto non fossero mai state l'una con l'altra

 

Willow si stava allegramente pettinando i lunghi capelli rossi.

 

Si, poteva dirselo era euforica.

 

Le cose avevano ricominciato ad avere un senso.

 

Non aveva idea di quale fosse, ma ne avevano.

 

Questo se lo diceva tralasciando tutti i punti assolutamente inacettabili della sua vita, perchè in quel momento non aveva la forza di affrontarli.

 

Avrebbe visto Ken quel pomeriggio, ma mancava ancora un'ora all'appuntamento.

 

Sentì il campanello suonare.

 

Era sola in casa, quindi scese le scale per andare a vedere chi fosse.

 

-Ciao...- disse perplessa, una volta aperta la porta.

 

Davanti a lei Buffy, con un sorriso poco convinto sul viso.

 

-Ciao.-

 

Minuti di silenzio.

 

Erano giorni che non si sentivano, dalla loro ultima discussione.

 

In realtà per Will non era stato un allontanamento volontario, proprio la sera dopo la lite era andata da Kennedy e da lì in avanti, Buffy e il resto del mondo erano spariti dalla sua testa.

 

Si rese conto solo in quel momento che da quasi una settimana non aveva sentito più nessuno a parte Kennedy.

 

Probabilmente Buffy voleva un chiarimento.

 

Ma a lei restavano solo 50minuti.

 

-Non mi fai nemmeno entrare?- chiese tirata la bionda.

 

-Certo, vieni.- rispose distratta la rossa spostandosi e facendola entrare.

 

Buffy andò con sicurezza verso le scale, sicurezza data dalle mille volte in cui quella casa le era sembrata la sua e la camera di Will il rifugio segreto dove lei e l'amica si confidavano.

 

Si, era lì che voleva andare, in camera della rossa, nel posto in cui nessun segreto era mai stato celato, per sapere che diavolo stava succedendo.

 

Ma Will la fermò.

 

-Sono sola in casa stiamo in salotto. Tanto più che fra poco devo uscire.-

 

Buffy si immobilizzò sul primo gradino, deglutì.

 

Negato il loro porto di quiete, quella stanza così confortante, in cui si sarebbero solamente abbracciate e scusate per tornare le amiche di sempre, forse il dialogo che si apprestavano a compiere sarebbe stato più difficile e non necessariamente a lieto fine.

 

In ogni caso seguì l'altra sul divano del salotto da basso.

 

-Con chi esci?- chiese timidamente.

 

Il coraggio che l'aveva animata a raggiungere l'altra a casa sua e discutere di quell'improvviso silenzio, divampato da un diverbio che non le sembrava così grave, era svanito sentendo la freddezza nella voce di Willow.

 

-Kennedy! Andiamo in facoltà a mandare una mail a Mark!- disse sorridendo, ma quello che Buffy notò è che era rivolto a quell'appuntamento e non a lei.

 

-Vi vedete spesso ultimamente...-

 

-E allora?- la sua voce era stata ghiaccio liquido.

 

-No, niente...era così per dire.-

 

-Come mai sei venuta?- tagliò corto Will.

 

Buffy registrò, una nota glaciale in quella domanda, o forse era semplice disinteresse?

 

-Willow...noi dovremmo parlare e...- fu interrotta dalla rossa.

 

-Buffy, non c'è niente di cui parlare. Dai il motivo della nostra lite era Xander e il mio rapporto con lui in questo periodo. Mi dispiace aver alzato la voce, non avrei dovuto, ma è una cosa mia e sua al massimo, quando sarà il momento la risolveremo. Tra me e te è tutto a posto.- concluse sorridendo all'altra debolmente.

 

-Ma Will...se è così, perchè non ti sei più fatta viva?- chiese stupefatta Buffy.

 

Willow alzò gli occhi al cielo e questo fece visibilmente irritare l'altra.

 

-Anche se non ci sentiamo tutti i giorni non vuol dire che non ti voglia più vedere.-

 

-Willow...è con me che stai parlando!Togliti quell'aria strafottente dalla faccia o giuro che litighiamo di nuovo!-

 

La ragazza abbassò lo sguardo, Buffy aveva ragione.

 

Si sedette vicino alla bionda e le sorrise.

 

-Scusami...mi sono dimenticata di chiamarti tutto qui.-

 

Buffy si irrigidì.

 

-C-come dimenticata?-

 

-Si...diciamo che è successo qualcosa e mi ha preso completamente.-

 

-Che cosa?-

 

Will prese le mani all'amica.

 

-Non posso dirtelo ancora, ma riguarda...-

 

-Lei?-

 

-Si.-

 

-Sei andata a L.A. questa settimana?-

 

-Si.- mentì.

 

-Ah.- disse visibilmente intristita nello scoprire che Will aveva avuto nuovamente contatti con quella ragazza.

 

-Comunque Buffy, è una cosa bella!!Sono serena per un po' almeno...qualcosa ha di nuovo un senso.-

 

Buffy sorrise sinceramente e le strinse le dita fra le sue.

 

-Contenta per te...-

 

Will le sorrise di rimando, poi controllò il grosso pendolo nell'angolo della stanza.

 

-Ora devo andare!-

 

-Si...Will, allora è davvero tutto a posto?- chiese speranzosa.

 

-Certo!- concluse la rossa accompagnandola alla porta e schioccandole un bacio sulla guancia.

 

Buffy era confusa.

 

Mentre tornava verso casa, ripensò all'incontro con l'altra.

 

Non si raccapezzava, ma decise di considerarne solo gli aspetti positivi che non erano da poco.

 

Willow non era arrabbiata.

 

E sembrava anche tranquilla, cosa che le faceva piacere oltre modo, visto che da più di un mese la sua migliore amica era entrata in una lugubre e profonda depressione.

 

Ma cosa più importante di tutte, l'aveva toccata!

 

Le aveva stretto la mano e poi, addirittura, l'aveva baciata sulla guancia.

 

Willow, dopo quel bacio, aveva sviluppato una vergogna tale dal rifiutare volontariamente qualsiasi contatto con chiunque.

 

Diceva che avrebbe sporcato l'altra persona, perchè lei lo era. Sporca.

 

E non voleva assolutamente toccare o essere sfiorata.

 

Quindi niente abbracci, baci, pacche sulla spalla, nessun contatto.

 

E invece Buffy credeva che un abbraccio, per Will, in quel momento sarebbe stato vitale.

 

Ma ora aveva infranto quell'assurda sciocchezza e l'aveva toccata.

 

Buffy ne era felice.

 

Sorrise tra sè.

 

 

 

 

 

Il cugino di Buffy quel venerdì sera aveva dato una festa in campagna.

 

Non molto lontano in verità, a qualche chilometro dalla città.

 

Era stata da Kennedy tutto il pomeriggio.

 

Avevano fatto l'amore.

 

E così era arrivata tardi all'appuntamento con gli altri davanti a casa di Anya.

 

Sarebbero andati tutti insieme.

 

-Alla buon'ora, è più di mezzora che ti aspettiamo!- aveva sibilato, Xander.

 

I rapporti fra i due amici erano rimasti tesi, nonostante avessero parlato.

 

Willow si era scusata, ma non aveva detto quasi niente di quello che le stava capitando al moro.

 

Il ragazzo però capiva che qualcosa di grosso si era intrufolato nella vita della sua amica d'infanzia.

 

E altrettanto bene percepiva che Buffy ne era, almeno parzialmente, a conoscenza.

 

E questo lo mandava in bestia.

 

Loro tre non si erano nascosti mai nulla.

 

Ma la sua indole sensibile lo aveva fatto desistere dall'indagare oltre, al diniego della rossa.

 

Quindi era rassegnato a non sapere, anche se una stilla d'irritazione gli brillava negli occhi, ogni qualvolta Willow spariva per qualche giorno o si trincerava dietro palesissime scuse.

 

-S-scusate!Il treno da Los Angeles è arrivato tardi!- aveva mentito Will.

 

-Sei andata a L.A.?- chiese Anya, completamente all'oscuro di tutto, mentre Buffy fulminava la rossa.

 

-Pensavo non avessi lezione di pomeriggio il venerdì...- le disse distrattamente la bionda, centrandola con il suo dardo.

 

-Infatti...sono rimasta con degli amici. Scusate ancora, andiamo?- aveva tagliato corto lei, incenerendo con lo sguardo la sua migliore amica.

 

Così erano saliti nella macchina di Xander, alla volta della casa di Leo, cugino di Buffy ed ex di Tara.

 

Mentre gli altri tre si intrattenevano parlando di musica, Willow guardava fuori dal finestrino, la città in quella serata primaverile era splendida.

 

Le luci e una brezza leggera la rendevano surreale, ora poi che uscivano dal caos cittadino, inoltrandosi in aperta campagna, un cielo strabiliante li sovrastava.

 

Ma lei aveva mente solo per una stella.

 

Aveva ancora il suo odore addosso lo sapeva.

 

Strinse le labbra e le leccò, ecco il sapore di Kennedy, arrivarle sbiadito nel palato.

 

Da un paio di settimane facevano sul serio.

 

Il loro rapporto era completo, Will era stata una docile allieva, imparando velocemente tutto ciò che sapeva l'altra, ogni punto sensibile, gioco eccitante, carezze cariche di desiderio.

 

Ora il loro fare l'amore le sembrava toccare il cielo con un dito.

 

Quel loro gioco diveniva ogni volta più intrigante e non le importava troppo mentire a chi amava.

 

Doveva proteggere quel peccato, perchè non aveva nessuna intenzione di smettere.

 

-L'hai vista?- chiese secca e sottovoce Buffy, che le sedeva accanto nel sedile posteriore.

 

Will trasalì, strappata dai suoi pensieri.

 

-Come scusa?- in sottofondo la voce di Anya e Xan che discutevano di qualcosa.

 

-Sei andata da lei?-

 

-Si.-

 

-Ti sei divertita?- disse amara la bionda.

 

Will alla fine le aveva detto che cosa succedeva, omettendo che il soggetto di tutto era Kennedy ovviamente.

 

La fantomatica ragazza di Los Angeles aleggiava sulle loro teste.

 

Da quando Buffy aveva saputo che il rapporto dell'amica con l'altra era ora completo, aveva cominciato a preoccuparsi sul serio.

 

Vedeva in Willow qualcosa di nuovo, nonostante la rossa negasse, era quasi sicura che la portata dei sentimenti dell'amica fosse molto più grande di quanto dava ad intendere.

 

E poi il compiacimento che le leggeva negli occhi per quella relazione, la irritava.

 

Non tanto perchè la compagna di Will fosse una donna, ma più per il fatto che questa donna era impegnata e che Willow era finita a fare l'amante.

 

Non era questo che meritava l'altra.

 

Non Willow.

 

Inoltre nel cuore sentiva un pericolo vicino, non sapeva ancora quale, ma lo sentiva distintamente.

 

-Vogliamo proprio rovinarla questa serata?- chiese scontrosa Will.

 

-No...no, non vogliamo.- rispose Buffy guardandola torva e concluse -Non rovinarla.-

 

 

 

 

 

La festa era già cominciata quando arrivarono.

 

Il rustico ristrutturato degli zii di Buffy era delizioso.

 

E la casa era stracolma di gente.

 

Ad una festa qualunque negli ultimi dieci anni, lei e Buffy si sarebbero fatte compagnia, ma quella sera il lieve diverbio in macchina le aveva bruscamente allontanate.

 

Perciò mentre la bionda salutava il cugino e i suoi amici, che conosceva dall'infanzia e Anya e Xander si scatenavano nelle danze, lei si era defilata in un angolino della vecchia stalla, adibita ora a salone.

 

Aveva preso da bere un Gin Tonic.

 

In realtà quel pomeriggio lei e Kennedy avevano bevuto parecchio, ma ormai le serviva una dose massiccia di alcol per perdere la testa.

 

La bruna le aveva insegnato anche questo.

 

Si era lavata i denti a casa dell'altra per evitare che Buffy o chiunque altro le potesse dire qualcosa e aveva preso un caffè per smaltire anche l'ultima goccia d'ebbrezza.

 

Si stava annoiando.

 

Guardò in direzione dell'amica e la vide discorrere amabilmente con un bel ragazzo, alto e moro.

 

"Bella scelta Buff..." pensò.

 

Se non ricordava male, era un vecchio amico di liceo di Leo, Buffy aveva sempre avuto un'adorazione per lui.

 

Magari era la sera buona in cui il moro, di cui in quel momento non ricordava il nome, avrebbe notato Buffy.

 

Ma non era dell'umore di sperare per l'amica, le battutine velenose che le aveva rifilato poco prima, l'avevano fatta arrabbiare.

 

Si sentì cattiva.

 

Bevve l'ultimo sorso del cocktail e ne prese un altro.

 

Poi si infilò in una delle porte a vetri ed uscì all'esterno.

 

Indossò la giacca nera di pelle che aveva legata in vita.

 

Era fine Febbraio e la brezza serale faceva rabbrividire.

 

Accese la sua amata sigaretta e aspirò il primo tiro.

 

-Quando il gatto non c'è i topi ballano!- la rimproverò una voce.

 

Si girò di scatto, curiosa di sapere a chi appartenesse e quando vide Tara avvicinarsi, sorrise ironica.

 

-Questo è l'ultimo posto in cui mi aspettavo di incontrarti.- aspirò nuovamente.

 

-Oh, vedi a volte le Ex hanno il privilegio di rimanere in contatto con i poveri ragazzi a cui hanno spezzato il cuore.- disse ridacchiando l'altra.

 

Entrambe sapevano che i rapporti tra la bionda e Leo erano rimasti buoni, anche perchè nessuno dei due era particolarmente legato.

 

Certo erano stati insieme parecchio e di sicuro all'inizio era stata dura, ma ormai le cose si erano sistemate.

 

Tara ora scherzava sul fatto che era stata lei a rompere quel rapporto e lui nel primo periodo si era appunto ritenuto un "cuore infranto".

 

-Comunque non parlavo di questo...parlavo di quello schifo che ti stai fumando!-

 

-Doc, quante volte me lo dovrai ripetere e quante volte io ti ignorerò?-

 

-Tutte le volte sarai più sciocca!- rispose irritata la bionda.

 

Tara odiava che Will fumasse, era una delle poche cose della rossa che la faceva andare in bestia.

 

Willow sfidandola prese un nuovo tiro e la fissò.

 

-Cogliona...- sospirò l'altra.

 

-Tara!- fece scioccata Will, la bionda non era per niente volgare e le poche volte che lo era davanti a lei rimaneva sempre di stucco.

 

Risero tutte e due per qualche secondo.

 

-Allora come mai qui fuori tutta sola?- chiese Tara, mentre si appoggiavano con le braccia ad una staccionata.

 

-Così...Buffy è impegnata.-

 

-Ah, si l'ho intravista con Angel...certo anche tu potresti provare a darti da fare, ci sono tanti bei ragazzi...- disse fingendo disinteresse la bionda.

 

-Divertente tesoro...e comunque per me e Buffy non è serata.-

 

-Avete litigato di nuovo?- chiese Tara guardandola triste.

 

-No...solo qualche sua battuta infelice.-

 

-E' preoccupata...-

 

-Mi sento il suo fiato sul collo...non lo sopporto!-

 

-Lo fa per il tuo bene...se le dicessi la verità forse...- provò a dire la bionda, a cui Will aveva raccontato tutta la verità e la recentissima svolta, tramite lettera, poco tempo prima.

 

-Forse cosa?Guarda che mi renderebbe la vita un inferno!Non ho bisogno del permesso di nessuno!Faccio quello che voglio!- rispose secca.

 

-Quando fai così mi sembri una bimba di due anni...vado a prendere da bere.-

 

-No Tara...scusa, resta ti prego.-

 

La bionda sospirò.

 

-Va bene...però ho sete davvero, torno subito. Vuoi qualcosa?-

 

-Un Gin Lemon.-

 

-Ma hai appena finito di...- fece l'altra guardando la mano di Willow che reggeva il secondo bicchiere vuoto.

 

La rossa la guardò di sbieco.

 

-Va bene Signorina "Faccio quello che voglio", arrivo.- la scimmiottò rientrando nella sala.

 

Will si avvicinò alla vetrata e cercò Xander e Buffy.

 

Quando finalmente li ebbe trovati, sussurrò a mezza voce.

 

-Il mio bene...non lo so più qual'è il mio bene.Come fanno a saperlo loro?-

 

-Cos'è ora parli da sola piccola?- chiese Leo, sopraggiungendo.

 

-Ciao...no, pensavo ad alta voce.-

 

-Ciao pulce!- disse il ragazzo piegandosi e schioccandole un bacio sulla guancia, mentre la rossa storceva il naso a quel nomignolo.

 

-Ti da ancora fastidio è?Che ti chiami così intendo.- rise lui.

 

-Si, parecchio...-

 

-"Solo Tara può" vero?- la prese in giro Leo.

 

-Sempre divertente giusto?- lo interruppe Tara che era arrivata in quel momento.

 

Porse il nuovo bicchiere alla rossa e poi baciò il padrone di casa sulla guancia.

 

-Bleah!Hai bevuto!- si ritrasse, avendo sentito l'odore del vino.

 

-E' la mia festa!-

 

-Ok, non ho più voce in capitolo...- fece sorridendo la bionda.

 

Will percepì l'intimità che era rimasta fra i due e ne fu inconsciamente affascinata.

 

Intanto i due ragazzi continuavano a scherzare e lei iniziava a sentirsi esclusa.

 

Leo lo notò e dato che non era un cattivo ragazzo, decise di lasciarle nuovamente sole.

 

-Va bene donne!Torno dentro, ma mi raccomando, non siate troppo socievoli!- concluse sarcastico.

 

Quando il ragazzo fu rientrato, Tara ancora sorridente si girò verso l'altra.

 

-Che matto!Cosa ti ha detto?-

 

-Mi ha chiamato "Pulce"...- disse imbronciata la rossa.

 

-Va bè dai...ti ho sempre chiamata così e lui sentiva.-

 

-Va bene un cavolo.- disse giocosamente irritata Will.

 

Tara le sorrise e l'abbracciò senza preavviso.

 

Will non rovesciò a fatica il Gin Lemon e per evitare di bruciare l'altra buttò la sigaretta per terra.

 

Quando si staccarono Willow la guardò perplessa.

 

-Perchè questo?-

 

-Non posso farlo così?-

 

La rossa fissò gli occhi sulla cicca fumante, a pochi passi da loro.

 

-Ecco perchè l'hai fatto!- fece indicandola.

 

-No...l'ho fatto perchè è vero che sei la MIA pulce. E nessuno deve chiamarti così oltre a me.-

 

Willow avvampò.

 

-E poi...a volte è bello vedere che c'è ancora lei dietro questa nuova ragazza un po' troppo senza freni per i miei gusti.- concluse la bionda.

 

-Ce li ho i freni...solo non li premo.- disse a testa bassa Willow.

 

-Sei in buone mani?-

 

-E' una bella persona, sta tranquilla. E' diversa da noi, ma questo non vuol dire che...-

 

-Mi piacerebbe?-

 

-Non ti piace mai nessuno!- disse ridendo la rossa.

 

-Non è vero Luc mi piaceva!-

 

-Ma sei fissata!-

 

-Un pochino...- fece Tara, consapevole di aver fortemente caldeggiato la storia fra la sua pupilla e quel ragazzo.

 

-Come cupido fai schifo!- rise forte l'interessata dalla freccia, che però non aveva centrato il bersaglio.

 

-A parte gli scherzi come va?-

 

-Meglio...il gioco si fa interessante.-

 

-Stai attenta a non scottarti, il fuoco brucia.- rispose irritata la bionda.

 

-Ma un gioco no.-

 

-Un gioco può finire molto male.-

 

-Speriamo di no...- disse guardandola speranzosa.

 

In quel momento, mentre Tara stava per iniziare il rimprovero all'altra, Buffy fece la sua comparsa sulla porta finestra.

 

-Sei qui Will!!Tara anche tu!!- la biondina era visibilmente entusiasta, probabilmente qualche passo avanti con Angel era stato fatto ed ora veniva a raccontarlo.

 

Ma dato lo sguardo glaciale di Willow, che ancora non era dell'umore con lei, si precipitò verso Tara.

 

Will ne approfittò per evitare di ascoltare il continuo della discussione con la più grande.

 

-Io vado dentro...così poso i vuoti.- così dicendo fece tintinnare i due bicchieri, uno suo e uno di Buffy, glielo aveva appena tolto di mano.

 

Tara le dedicò un'occhiata di rimprovero.

 

Rientrò e rimase frastornata dalla musica ad alto volume.

 

Guardò qua e là per trovare Anya e Xander, ma non li vide.

 

Dopo qualche minuto aveva fatto il giro del salone, ma non li aveva trovati.

 

Vide attraverso le finestre dall'altra parte, Tara e Buffy parlare ancora e sperò non discutessero di lei, ma a giudicare dal sorriso della sua migliore amica, il ragazzo moro doveva essere ancora il centro del discorso.

 

Sentì il cellulare squillare.

 

Un messaggio.

 

Era quasi mezzanotte, chi poteva essere?

 

-Ciao tesoro...sono sicura che la festa non è troppo divertente...vieni qui da me?Ken-

 

Aveva le guance in fiamme e la voglia di raggiungere la compagna aveva vinto a priori quella di stare con i suoi amici.

 

"Che per altro non mi sembra si affannino a stare con me..." pensò amara.

 

Ma come poteva fare?

 

Era venuta con Xander, non aveva la macchina.

 

Rispose a Kennedy.

 

-Verrei di volata lo sai!Ma non ho la macchina.Will-

 

Poco dopo il telefonino vibrò in risposta.

 

-Trova un passaggio...ti sto aspettando...-

 

Will deglutì, doveva trovare un modo.

 

 

 

 

 

Quando arrivò davanti a casa di Kennedy, quasi un'ora dopo, era visibilmente provata dall'aspettativa.

 

Aveva convinto gli altri a portarla a casa, fingendo un piccolo malore.

 

Si sentiva un po' in colpa, perchè in quel modo aveva costretto gli amici a scendere con lei.

 

Tara si era offerta di portarla giù lei, ma Will sapeva che se fossero scese insieme la discussione di poco prima sarebbe continuata e non sarebbe mai arrivata in tempo da Kennedy.

 

Poi Buffy non voleva che Tara si disturbasse e anche lei si era trincerata dietro a questo.

 

Alla fine ci era riuscita, li aveva imbrogliati tutti.

 

Una fitta di ribrezzo per se stessa la spezzò.

 

Ma la ignorò concentrandosi sulla porta d'entrata di quella casa, che sicuramente anche quella sera le avrebbe mostrato nuovi picchi di piacere.

 

Si stava incamminando colma di desiderio, quando il cellulare suonò.

 

-Pronto?- disse scocciata.

 

-Will, sono io!!- disse Buffy dall'altra parte dell'apparecchio.

 

-Ciao...-

 

-Sto venendo da te, ti devo raccontare delle cose!- disse euforica la biondina.

 

-No.- semi urlò la rossa, mentre sudava freddo.

 

-Dai è importante ti rubo solo dieci minuti!Ormai sono davanti a casa tua praticamente...-

 

-No, Buffy, io...-

 

-Che strano non c'è la tua macchina.-

 

Will deglutì.

 

-L'ho messa in garage.-

 

-Strano, non lo fai mai!Comunque, dai scendi.-

 

-No, senti Buffy non sto bene voglio andare a dormire.- supplicò.

 

-Will, ma sei ancora arrabbiata? Senti mi dispiace ok?-

 

-Non è per questo, non importa!Davvero sono stanca.-

 

Una macchina le passò di fianco nella via di Kennedy.

 

-Ma cos'è stato?-

 

-Che cosa?- disse incerta la rossa.

 

-Sembrava una macchina, ma dove sei?- chiese inquisitoria la bionda.

 

-A casa!Senti Buffy, domani andiamo a prendere un caffè e mi racconti tutto. Ora per favore sono stanca e non sto bene.-

 

-Va bene...notte.- fece delusa e poco convinta l'altra.

 

-Buonanotte.- fece Will chiudendo la conversazione.

 

Si fermò davanti alla porta della bruna e suonò.

 

Mentre aspettava che le aprisse, si chiese se Buffy le avesse creduto.

 

E poi iniziava a serpeggiare in lei un vago senso di colpa verso tutti loro.

 

Mentiva.

 

Non faceva altro da settimane.

 

Non era giusto.

 

Tutto svanì non appena i suoi occhi verdi si incatenarono con quelli nocciola di Kennedy e le sue orecchie riconobbero la voce dell'altra salutarla languidamente.

 

-Ciao Will...finalmente.-

 

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-Willow non mentirmi!!-

 

-Non ti riguarda!-

 

I toni erano alti quel giorno a casa Summers.

 

Buffy ci aveva praticamente trascinato la rossa.

 

Voleva la verità, la verità su tutto.

 

Credeva di meritarsela e aveva ragione.

 

Willow era sparita per più di due settimane, protetta e schermata dalla sua fittizia vita a L.A.

 

In realtà era talmente presa da Kennedy e dal loro gioco, che Buffy e gli altri erano l'ultimo dei suoi pensieri.

 

Non era mai successo.

 

In tutto quel tempo, oltre a non essersi mai viste nemmeno di sfuggita, la bionda era riuscita a rintracciare l'altra solo una volta telefonicamente, ma la conversazione era stata breve e aveva percepito la fretta e il disinteresse della rossa.

 

Per il resto Will non era mai in casa e il cellulare spesso e volentieri era spento.

 

Il culmine era stato raggiunto quando Xander, il giorno prima, le aveva detto che aveva incontrato Willow e Kennedy per caso.

 

Un pomeriggio in cui, l'aveva saputo dalla signora Rosemberg, in teoria doveva essere all'università.

 

-Racconti solo un sacco di balle!-

 

-E anche se fosse?-

 

-Willow!-

 

-Ma cosa vuoi da me?-

 

-La verità!-

 

-La verità è che sono stata impegnata a Los Angeles.-

 

-Ma se Xander ti ha visto qui con Kennedy!-

 

-E allora? Sono stata a casa un pomeriggio, non ho l'obbligo di chiamarti ogni volta!Avevo voglia di uscire con lei e non con te!-

 

Sentì la rabbia montarle dentro mentre parlava.

 

Non era mai stata brava a mentire, ma il comportamento dell'amica la irritava.

 

Non erano cose in cui doveva entrare!

 

-Ma che diavolo ti succede?- chiese Buffy, mentre una lacrima le sfuggiva.

 

-Lo vuoi sapere davvero?No, perchè non mi sembra che vi interessi sul serio, non fate altro che giudicare e accusarmi!-

 

-Non è vero! Non dici più niente, non ti confidi...non so più chi sei.-

 

-Bè se è per questo non lo so neanch'io! Sto da schifo, io non sono più niente! Non sono la persona che conoscevi, non la sono da tanto, te ne accorgi adesso?-

 

-No lo vedo bene invece...tutta colpa di quella puttana!-

 

-Stai attenta...bada a quello che dici.-

 

-Che cosa? Che è una puttana?-

 

-Buffy!- si era fermata di colpo, in piedi davanti all'altra, mentre fino a qualche minuto prima aveva passeggiato nervosamente avanti e indietro per la stanza.

 

-Chi è?-

 

-Come chi è?-

 

-E' Kennedy?-

 

La rossa perse un battito.

 

-Stai solo tirando merda addosso a qualcuno che non c'entra.-

 

Buffy scosse la testa, non le credeva, non le credeva più.

 

-Che minchiata, è lei!-

 

Ma la rossa non poteva permettere che la verità venisse a galla.

 

Non voleva che i suoi amici guardassero con odio gli occhi nocciola di Ken, non voleva che Buffy le rendesse la vita un inferno, controllandola ogni momento, cosa che già accadeva ai suoi occhi.

 

E poi voleva essere libera di fare e andare dove voleva.

 

Rise sarcastica, per stemperare la paura e la rabbia.

 

-Sarebbe facile...invece no, non è qui Buffy! Non puoi controllare ogni mio passo!-

 

-Io non ti controllo! Sono convinta che sia Ken.- disse un po' meno sicura la bionda.

 

Will colse la palla al balzo.

 

-Oh, si che lo fai, lo fate tutti! Ma perchè non dovrei dirti che è lei?-

 

-Non lo so...-

 

-E allora piantala di sparare a vuoto sulle persone!-

 

-Sono solo preoccupata per te non capisci?-

 

-Si, ma Kennedy non c'entra!-

 

-E allora perchè siete sempre insieme?-

 

-Ma questo che c'entra?-

 

-Rispondi.-

 

-Perchè lei non vuole disporre della mia vita come te!- le urlò contro.

 

-Spero solo che tu stia scherzando...ho solo paura che tu soffra...-

 

-Ma non capisci che sto già soffrendo? La mia vita è un cumulo di sporcizia e da adesso in poi sarà sempre peggio!-

 

-E' solo più difficile!-

 

-Eccola l'esperta! Che ne sai tu? Nessuno può disprezzarti solo per quello che sei, tu puoi raccontare tutta la tua vita senza aver paura di vedere ribrezzo negli sguardi di chi hai davanti! Io dovrò mentire per sempre! Ora all'università, poi al lavoro e dopo chissà dove!!-

 

-E la ragazza cosa c'entra?Semplifica? Non credo...-

 

Willow sorrise mentalmente, forse Buffy dopottutto le aveva creduto su Kennedy.

 

-Lei mi distrae...e poi da quando hai voce in capitolo su con chi vado a letto?-

 

-Ti sta usando!-

 

-Non è un problema tuo.-

 

-Ecco...ricominci con questo atteggiamento stupido! Cosa vuol dire"non è un problema mio"? Smettila di difenderti, sono io!Non ti giudico.-

 

-L'hai sempre fatto!-

 

-L'ho sempre fatto? Ma ti rendi conto di quello che dici?-

 

-Perfettamente.- disse schiumando di rabbia.

 

-Mi deludi...ma non ti rendi conto? Sei vulnerabile e confusa, se continui così non ti chiarisci! E poi tu non sai fare 'sti giochini per fortuna! Quando sarai innamorata di lei, ridotta a fare l'amante, cosa farai? Non è questione di andarci a letto!-

 

-Ma io non sono innamorata! Come fai a dire che non so giocare? Non sono più quella di prima e tu non mi conosci!-

 

-Ti conosco da sempre, non puoi essere cambiata tanto!-

 

La rossa sbottò amara.

 

-Non hai idea di quello che sono capace di fare...-

 

Buffy impallidì.

 

-Mi spaventi così...- disse a bassa voce.

 

Will per un momento si addolcì.

 

-Buffy...stai tranquilla, non sono in pericolo. Lasciami fare quello che devo fare. Se non ci fosse stata lei sarei sprofondata nel nulla.-

 

-Ti avrei tirato fuori.-

 

-Non è vero...non avresti potuto. Ma lei mi ha salvata, lei è veramente una persona fantastica. Dovrei ringraziarla.- i suoi occhi brillavano, mentre sorridendo parlava in segreto di Kennedy.

 

-E tu non sei innamorata? Quella stronza ti ha già fregata.-

 

Willow si alzò di scatto dalla poltrona dov'era sprofondata, quando i toni per qualche minuto si erano attenuati.

 

-Ti ho detto di non insultarla!-

 

-Willow...non ti vedi?-

 

-Perchè dovrei fare finta di essere fragile?-

 

-Perchè chi è innamorato lo è!-

 

-Smettila!- disse, mentre la voce le si spezzava senza che potesse fare niente.

 

-Dillo! Renditene conto.-

 

-Non sono una masochista! Lei non mi ama, è impegnata!-

 

Buffy si avvicinò all'altra e le accarezzò una guancia.

 

-Ma questo non vuol dire che...-

 

Willow abbassò la testa, mentre la interrompeva.

 

La voce le uscì in un sibilo soffocato.

 

-...che io stia giocando.-

 

Il velo si squarciò e la rossa vide il suo cuore sanguinare.

 

Investita dalla rivelazione, dalla verità più pura, che si era nascosta lei stessa.

 

Buffy l'abbracciò stretta.

 

-Mi dispiace.-

 

-I-io...i-io sono i-innamorata...Oddio...- balbettò.

 

-Mi dispiace tanto...-

 

Willow sentì una sorta di pietà nella voce dell'amica e si staccò bruscamente da lei.

 

-Ti faccio pena?-

 

-No.- disse stupita la bionda.

 

-Oh, si! Ti faccio pena! Va bene si, sono innamorata! E allora...preferisco essere innamorata! E' talmente bella...se è solo questo di lei che posso avere, lo voglio!!Almeno lei per me c'è sempre!-

 

-Tranne quand'è con l'altra.- rispose cupa Buffy.

 

Accusò il colpo, che le sembrò cattivo e gratuito.

 

Ma la rabbia supplì, ancora una volta in quella discussione, al dolore che piano le si spandeva dentro, infettandola come un veleno.

 

-Rifletti prima di parlare o avrai un'amica in meno. Stanne fuori Buffy, fuori da questa storia.- disse scura in viso e freddissima.

 

Poi si incamminò verso la porta.

 

Quando la ebbe aperta, sentì la bionda lanciarle l'ultima freccia avvelenata.

 

-Stai attenta tu...la gente si stanca di aspettare una verità che non arriva. Rimarrai sola.- la voce della ragazza, non era acida e non intenzionata a ferire, anzi, era triste, dispiaciuta, ma Will non lo percepì.

 

Non si voltò nemmeno.

 

-'Fanculo!!- gridò.

 

Si chiuse violentemente la porta alle spalle.

 

 

 

 

 

Erano passate tre settimane dalla discussione con Buffy.

 

Marzo stava finendo e ormai si portava dentro quel male da quasi tre mesi.

 

Quel litigio l'aveva squassata dall'interno, ma poi si era costretta a razionalizzare e si era data della sciocca.

 

Aveva lasciato che Buffy la irritasse a tal punto da farle perdere la testa.

 

Aveva seguito l'altra in un delirante turbine di fandonie.

 

Si era sentita giudicata, ferita, controllata e per reazione aveva detto alla bionda ciò che voleva sentire.

 

Ma non era vero.

 

Lei non era innamorata.

 

Solo confusa.

 

Era grata a Kennedy perchè il loro gioco le permetteva di respirare, ma davvero il suo cuore non la imprigionava.

 

Sarebbe stato oltre modo stupido, lasciarsi andare.

 

Certo in un qualche strano modo, essere innamorata della bruna avrebbe facilitato le cose.

 

Non più sola.

 

Non più sola davanti a se stessa.

 

Ma non era così che le cose andavano.

 

Buffy aveva solo confuso la sua ira con un sentimento ben diverso, la sua voglia di proteggere Ken con qualcosa di più.

 

Ma lei sapeva che le sue parole, erano solo lo sviluppo di una rabbia mal celata e pronta a esplodere.

 

No, non era innamorata.

 

Non poteva essere così stupida.

 

No, non lo era.

 

Non di una donna.

 

Non di Kennedy.

 

Non di un amore a senso unico e senza speranze.

 

No, lei era sola con il suo dolore e basta.

 

Si concedeva il lusso di toccare l'altra per non pensare.

 

Come quando beveva troppo, solo per perdere lucidità.

 

Si fece schifo per questo pensiero.

 

Annullarsi nel piacere del corpo dell'altra e annullarsi nell'ebbrezza.

 

Non erano di certo due cose paragonabili.

 

Perchè se fosse stato così sarebbe stato un usarsi a vicenda, non più un gioco, ma uno squallido disprezzo per i propri corpi.

 

Il problema era che lo sentiva vero, vivo.

 

Squallore si, ma insostituibile, necessario.

 

Per non lasciarsi morire.

 

Anche perchè se non fosse stato questo...Buffy avrebbe avuto ragione.

 

E non l'aveva.

 

 

 

 

 

 

 

Quel sabato sera, uscì con Buffy e gli altri, cosa che negli ultimi tempi faceva di rado.

 

Si sentiva osservata e il suo buonumore spariva dopo breve.

 

Così si annoiava terribilmente e in più non si sentiva benaccetta.

 

I rapporti con Buffy erano freddi, da quel giorno a casa dell'altra.

 

Si sentivano ugualmente, tristemente per abitudine.

 

Avrebbe capito molto più in là che il bene della bionda per lei, non le permetteva di lasciarla sola.

 

Ma in quel momento questo era un concetto molto lontano dalla mente di Will.

 

Come sempre erano al Bronze.

 

Non si era mai resa conto di quanto quel luogo fosse patetico.

 

Un centinaio di poppanti, in cerca di un analcolico e di incontri interessanti.

 

Incontri che non sarebbero arrivati.

 

Avrebbe voluto prendere la macchina e correre sulla costa, a finestrini giù e musica alta.

 

Bere una birra e...

 

Bè il dopo era meglio non immaginarlo o avrebbe fatto fatica a star seduta.

 

Il fatto è che sapeva benissimo chi avrebbe avuto al suo fianco...chi voleva.

 

Non si soffermò a lungo su questo pensiero o sarebbe corsa via in meno di un minuto.

 

Era rimasta da sola al tavolino.

 

Gli altri stavano ballando.

 

Rise mentalmente, vedendo Xander in un grossolano tentativo di star dietro ad Anya.

 

Non riusciva a vedere la sua migliore amica o quella che lo era stata, ma di sicuro era con gli altri.

 

Incrociò le braccia e vi ci appoggiò la testa.

 

Non ne poteva più.

 

-Stanca?- disse una mano che le porgeva un Gin Tonic ghiacciato.

 

Will si tirò su e lo prese.

 

-No...-

 

-Allora annoiata?- chiese Buffy, sedendosi accanto all'amica.

 

Willow non rispose, sorseggiando il cocktail.

 

Buffy strinse le labbra e guardò verso i loro amici, tra lo sconsolato e l'irritato.

 

Will se ne accorse, ma non fece niente per migliorare la situazione.

 

-Non...non possiamo parlare?-

 

-Credevo che ci fossimo dette già tutto...- rispose tranquillamente la rossa, guardando l'altra con falsa sorpresa.

 

-Non te ne frega proprio niente vero?- disse dura Buffy.

 

Willow la guardò e la bionda non riuscì a capire quello sguardo indefinito.

 

Ma lei non voleva litigare di nuovo, farlo con Buffy era troppo stancante e non se la sentiva.

 

Posò il bicchiere mezzo vuoto sul tavolo e la guardò negli occhi.

 

-Lasciamo stare Buffy. Va bene così.-

 

-No che non va bene...-

 

-Lasciamo che le cose vadano come devono andare.-

 

-E questo cosa vuol dire?-

 

-Quello che ho detto.-

 

-Non lascio andare te.-

 

-Devi.-

 

-Perchè?-

 

-Perchè è la mia vita.-

 

-Ma ti stai facendo solo del male!-

 

-Cercherò di non distruggermi...ma meglio di così per ora non posso fare, lo capisci?-

 

-No...-

 

Si guardarono a lungo, entrambe molto tristi, poi Will parlò.

 

-Non puoi controllarmi.-

 

-Non vorrei...-

 

-Non c'entra il volere. Se mi rispetti almeno un po', non ne hai il diritto.-

 

-Hai ragione...ma se mi stessi buttando da un ponte non mi fermeresti?-

 

-Non è la stessa cosa.-

 

-Ti farà soffrire tanto...-

 

-Non è così...e anche se lo fosse, se mi succede vuol dire che lo dovevo vivere.-

 

-Sei innamorata di lei?-

 

-Non mi è indifferente.-

 

-Promettimi una cosa.-

 

-Cosa?-

 

-Di stare attenta.-

 

-Mi spiace...non posso.-

 

 

 

 

 

 

 

Accoccolata tra le braccia di Kennedy, riposava il corpo dagli ultimi fremiti del sesso.

 

C'era freddo in quel solaio.

 

Un panno copriva i due corpi nudi, la bruna le sfiorava i capelli, giocando con una ciocca purpurea.

 

C'era silenzio e fuori il tramonto era passato da un pezzo.

 

Quindi la città, che poteva intravedere dalla piccola finestra, si beava delle sue luci tremule e dell'oscurità.

 

Erano finite lì, dopo un bacio un po' troppo coinvolgente e dato che l'appartamento di Kennedy era occupato da due suoi amici, per quella serata, avevano preferito quella stanzetta gelida alla macchina.

 

Avevano fatto piano, pianissimo.

 

Come se qualcuno potesse scoprirle, come due sedicenni.

 

Si erano nascoste, come tutta quella loro strana relazione era.

 

Nascosta.

 

-Senti, Rachel...- la bruna si fermò di scatto, imbarazzata e rossa in viso.

 

Will si girò dall'altra parte, sempre appoggiando la testa sulla spalla di Ken, ma ora senza guardarla in faccia.

 

-Oddio, Will mi dispiace...non volevo!-

 

-Non importa.- sentì la sua voce lontana, come se non la percepisse sua.

 

-Will, dai!Ho sbagliato ti chiedo scusa!- supplicò l'altra, stringendola.

 

La rossa si girò nuovamente, guardandola.

 

Sorrise.

 

-Non importa, davvero. Ti sei sbagliata, niente di che.-

 

Così la serata era andata avanti.

 

Ma Willow non riusciva a mettere a tacere quell'insistente moto di gelosia dentro di lei.

 

Un vuoto amaro alla bocca dello stomaco, come un pugno.

 

Ecco aveva sentito questo non appena quel nome, si era insinuato tra le labbra di Kennedy.

 

Ma si ripeteva che la cosa era più che normale.

 

Sia l'errore di Kennedy, sia la sua irritazione.

 

Infondo non fa mai piacere essere chiamati con un nome diverso, anche se è solo un gioco, soprattutto dopo uno del genere.

 

Questo pensava, quando rientrò in casa.

 

Anche se le parole di Buffy le tornavano in mente con insistenza.

 

Ma era assurdo e lasciò stare per quella sera, era già molto tardi, decise quindi di andare a letto.

 

Ma faticò ad addormentarsi, ancora infastidita da quel nome.

 

"Rachel"

 

 

 

E così era arrivata la mattina successiva.

 

Si era svegliata spossata e nervosa.

 

Avrebbe dovuto passare a prendere Kennedy alle 16.00.

 

Doveva accompagnarla non ricordava dove e se le cose fossero andate come pensava, il pomeriggio si sarebbe trasformato in sera e la sera in notte.

 

Certo a meno che la bruna non dovesse vedere Rachel.

 

Un brivido gelato l'attraversò.

 

Lo riconobbe come rabbia.

 

Scosse la testa.

 

"Basta Will, piantala!" si disse.

 

Sempre più nervosa era arrivata ad un dopo pranzo apatico.

 

Il telefonò squillò da basso.

 

Chiusa in camera sua a leggere, sentì la madre rispondere.

 

Pregò che non fosse per lei, ma sentendo i passi della Signora Rosemberg percorrere leggeri le scale, si rassegnò.

 

La madre bussò piano alla porta della figlia, socchiudendola appena.

 

-Will?-

 

-Chi è?- rispose svogliata la ragazza.

 

-Buffy.- e senza dire altro entrò nella stanza e porse il telefono alla figlia, per poi uscire.

 

Willow la guardò andersene di spalle.

 

Sua madre era una donna ancora molto bella.

 

I lunghi capelli di un rosso molto meno vivo e più scuro del suo, pettinati in un morbido chignon, ricadevano con alcune ciocche sulle spalle piccole e dolci.

 

La camminata, che la figlia adorava, era rimasta estremamente elegante.

 

Anche se ora non poteva vederlo, il suo viso era impresso nella memoria.

 

Occhi grandi e fieri, di un verde più scuro del suo e dal taglio audace, la bocca carnosa le regalava splendidi sorrisi, il naso gentile che si arricciava in maniera strana, quando s'irritava.

 

Si somigliavano molto fisicamente.

 

I colori, molti particolari.

 

Anche se sua madre era leggermente più massiccia di lei, senza che questo pesasse sull'effetto d'insieme.

 

Si la figura l'aveva presa sicuramente dalla famiglia del padre.

 

Delle inclinazioni, aveva ereditato la timidezza, ma lei e sua madre la dimostravano in modi molto diversi.

 

Lei arrossendo e balbettando, l'altra forse per la maturità, si chiudeva in un silenzio breve e incisivo, dopo cui riusciva sempre a venir fuori dalle situazioni.

 

Competente e colta, la Signora Rosemberg era stata una donna brillante sul lavoro e nella vita.

 

Per Will, insieme al padre, era stata ed era l'esempio da seguire.

 

Entrambi i suoi genitori erano stati splendidi con lei.

 

Ma la madre era il suo specchio, a parte quest'ultima virata della figlia, conosceva ogni piccola sfumatura di Will, le bastava uno sguardo.

 

E la rossa era convinta che anche stavolta si fosse accorta che per lo meno stava male, ma onesta e fiduciosa, aspettava che fosse la figlia a chiedere il suo aiuto.

 

Anche se qualche domanda le era sfuggita, probabilmente fiutando la sofferenza che la ragazza non riusciva a nascondere.

 

Avevano parlato spesso e con i suoi discorsi e consigli sulla vita, la madre si augurava di aver dato una mano a Willow, nonostante si rifiutasse di forzarla.

 

L'indole della Signora Rosemberg era testarda e decisa e Willow le invidiava il carattere forte e riservato.

 

Le si strinse il cuore, pensando a che razza di figlia le fosse capitata e il solito senso di vergogna per se stessa, la invase nuovamente.

 

Respinse quelle sensazioni, non appena la donna sparì dall sua vista.

 

Guardò la cornetta del cordless, che stringeva nella mano destra.

 

Buffy.

 

Non sapeva se era pronta ad un nuovo scontro.

 

No, non lo era.

 

Ormai i loro incontri e le loro telefonate, si riducevano a spettri di freddezza o a liti furiose.

 

Rispose ugualmente, perchè non c'era altro da fare.

 

-Buffy?-

 

-Ciao Will...-

 

Silenzio.

 

-C-come va?- riprese imbarazzata l'altra.

 

-Normale.-

 

-Che fai oggi?-

 

-Ho da fare.-

 

-Ah...pensavo che forse ci saremmo potute vedere.-

 

-No oggi no.-

 

-Capisco.-

 

La voce della bionda era triste e Will si sentì meschina ad ostentare tanta freddezza.

 

Il fatto era che dopo quella lite, le cose erano precipitate e la rossa disperava potessero tornare come prima.

 

Le era difficile guardare o parlare con l'altra, senza reprimere un fiotto di rabbia.

 

Si sforzò.

 

-Bè...se vuoi e puoi...potremmo vederci domani.- disse incerta.

 

Percepì la gioia dell'altra e le sembrò perfino di poter immaginare il viso dell'amica illuminarsi.

 

-Ok!Ne sono felice!Certo che posso!Quando?-

 

-Non lo so...io...- rispose sempre più pentita della sua offerta.

 

-Dai quando vuoi!Io per te ci sono sempre.-

 

Uno strano e dimenticato senso di calore la invase a quelle parole.

 

-Alle 15.00 all'Espresso Pump, va bene?-

 

-Perfetto!Allora...a domani.-

 

-A domani.-

 

Chiusero la conversazione e Will fu grata all'altra per quella sensazione di dimenticata amicizia e per non aver chiesto cosa dovesse fare quel giorno.

 

Nonostante questo, sentiva che non era stata una buona idea, chiedere all'altra un incontro.

 

Alzò le spalle in segno di resa, ora mai era tardi.

 

Comunque ci avrebbe pensato il giorno successivo.

 

Adesso era ora di prepararsi per uscire.

 

E andare da Kennedy.

 

Un sorriso le si disegnò malizioso sulle labbra.

 

Lo cancellò subito, non poteva essere poi così importante, in relazione alla sua gioia.

 

 

 

 

 

 

 

Avevano passato il pomeriggio ridendo e scherzando, in giro per negozi, alla ricerca di oggetti strampalati per la casa.

 

Così era arrivato il dopo cena e nonostante il leggero disappunto di Willow, le aveva raggiunte a casa di Kennedy, Kelly.

 

Un'amica di vecchia data della bruna.

 

Will l'aveva conosciuta qualche settimana prima.

 

Era una ragazza simpatica e conosceva anche lei il segreto di Ken da poco.

 

Come da patto tra loro, Kelly non sapeva che di un bacio fra le altre due.

 

Si, per quieto vivere avevano deciso di nascondersi sul serio al mondo.

 

Infondo era solo un gioco e prima o poi sarebbe finito, questo lo sapevano, Kennedy era impegnata e Willow incerta.

 

Non serviva a nessuno condividere quella situazione.

 

Si ripetevano spesso il loro contratto.

 

-Will, non lo dirai a nessuno vero?-

 

-Mai!-

 

-Neanche a Buffy!-

 

-Le ho raccontato di una ragazza, ma ho negato fossi tu!-

 

-Mai, Willow, ricordatelo.-

 

-Guarda che non fa onore nemmeno a me!-

 

Dentro di lei, quando ne parlavano, sentiva una vaga sensazione d'irritazione.

 

Percepiva in modo distorto, un certa vergogna nell'altra.

 

Come se, al di là del fatto che stesse tradendo la persona che diceva di amare, si vergognasse proprio di portarsi a letto lei.

 

Ma stornava questi pensieri, non appena si affacciavano.

 

Infondo non le interessava.

 

Era stata Kennedy ad iniziare quello strano gioco.

 

Ora non poteva tirarsi indietro e se il silenzio era il prezzo per continuarlo, Will l'avrebbe pagato.

 

Non le costava più di tanto.

 

Infondo tessendo quella piccola bugia, sull'identità della sua "pseudo-ragazza", poteva parlarne, almeno un po'.

 

Fino a che Buffy non attaccava con le sue prediche.

 

Comunque quella sera, come al solito, avevano bevuto e riso.

 

E lei disinibita dal vino, aveva una gran voglia di saltare addosso a Ken, ma si tratteneva data la presenza di Kelly.

 

Era accoccolata sulla parte sinistra del divano, Kennedy dalla parte opposta, parlava allegramente con l'amica, seduta su una sedia davanti a lei.

 

Will non riusciva a seguire la conversazione, intontita com'era.

 

Così aveva optato per il silenzio e intanto osservava la sua preda.

 

Seguiva con gli occhi il profilo della bruna, indugiando sulla bocca, che le era tanto cara.

 

Era obbiettivamente una bella ragazza.

 

Minuta e aggraziata, racchiudeva una carica sessuale strepitosa e sembrava esserne cosciente.

 

I lunghi capelli bruni e lisci, le ricadevano elegantemente sulle spalle.

 

L'ovale del viso, le sembrava perfetto, cornice ottima per gli occhi magnetici, il naso sottile e la bocca carnosa.

 

Il suo corpo era elastico e snello.

 

Il seno prorompente, la fece sussultare non appena vi fissò lo sguardo.

 

Tornò lucida in un secondo, appena in tempo per percepire il suo cuore calmarsi.

 

Di fatti, per tutto il tempo che aveva osservato minuziosamente l'altra, quello era impazzito, accelerandosi visibilmente.

 

Si scosse e riprese il filo del discorso, non prima di aver fissato nuovamente l'altra per qualche secondo.

 

"E' bellissima" aveva pensato, mentre un fugace sorriso le aveva lambito le labbra e arrossato le guance.

 

Più attenta ora, grazie all'ebbrezza perduta, analizzò la situazione e si vide dar ragione a Kennedy molte più volte del giusto, cercare di attirarne l'attenzione, assaporare attentamente ogni parola dell'altra.

 

E se ne stupì.

 

Sapeva di ritenerla una persona stupenda, ma non che fosse il centro dei suoi pensieri.

 

Poi la bruna aveva iniziato a raccontare di lei e di Rachel.

 

Sulle prime a Willow aveva dato fastidio.

 

Ma poi, più il racconto andava avanti, fu felice di ascoltarlo, visto che Ken esternava la sua insoddisfazione verso il rapporto con l'altra, che lamentava sempre nascosto, sempre di fretta, così dannatamente difficile in alcuni momenti.

 

Non capì perchè, lì per lì.

 

Finalmente Kelly disse che era ora di andare a casa.

 

Dopo che si fu chiusa la porta alle spalle salutandole, Will si alzò e chinandosi verso l'altra la baciò a fior di labbra.

 

-Finalmente.- sospirò.

 

-Hai aspettato tutto questo tempo per questo?- fece incredula e divertita Ken.

 

-Ma no...- fece la rossa sarcastica.

 

Ma poco convincente, perchè mentre riprendeva il bacio e l'approfondiva, iniziando a toccare la bruna, Ken la fermò, facendosi guardare negli occhi.

 

-Will...-

 

-Si?-

 

-Lo sai che è un gioco?-

 

-Certo!- ma stavolta sentì una fitta pungerle violenta l'anima.

 

-Will guardami.-

 

-Ti guardo.- fece impaziente e alzò gli occhi esasperata.

 

-Questo...quello che stiamo facendo...è un GIOCO.-

 

Ora erano serie entrambe.

 

-Lo so.- disse semplicemente la rossa, poi la baciò con passione.

 

E per un'ora ancora, si sentì viva e dimentica d'ogni male.

 

 

 

 

 

 

 

Doveva tornare a casa.

 

Kennedy si era addormentata fra le sue braccia e lei l'aveva contemplata dormire, persa in chissà quale sogno.

 

Con le dita le aveva carezzato una tempia, spostandole una ciocca dagli occhi.

 

Era davvero bellissima.

 

Si era alzata, cercando di non svegliare l'altra.

 

Recuperando i vestiti da terra, si era resa presentabile.

 

Ora fissava la bruna, in piedi a fianco del letto.

 

Sorrideva guardandola.

 

Doveva andare, ma non aveva cuore di svegliarla.

 

Così dal niente, le tornò alla memoria una scena vissuta molti mesi prima.

 

Una festa di Laurea.

 

Un amico di Luc, che ai tempi era ancora il suo ragazzo.

 

Lì aveva incontrato Tara.

 

Sapevano entrambe che si sarebbero viste e dato che era parecchio che non parlavano, si erano sedute ad un tavolino per scambiare due parole.

 

Dopo un po', la bionda le aveva fatto notare che Luc, in piedi insieme ad altri dall'altra parte della sala, la stava guardando.

 

Ricordava di essersi girata e di aver incrociato gli occhi dell'altro, che era diventato subito rosso.

 

Si era imbarazzata, ma si era sentita anche terribilmente lusingata.

 

-Dovevi vedere come ti guardava. E' davvero perso, era tra l'adorante e l'ossessivo.- le aveva detto Tara, sorridendo compiaciuta.

 

Aveva imparato a riconoscere quello sguardo, dopo quella volta, visto che il ragazzo non glielo faceva mancare mai.

 

Ormai si considerava un'esperta e per tutto il tempo della loro storia, l'aveva preso in giro spesso, beccandolo in quella posa.

 

Il flash back si spense nella sua memoria.

 

Una violenta sensazione di consapevolezza la invase.

 

Deglutì, mentre la fronte le si imperlava di sudore.

 

Quello sguardo di Luc.

 

Il puzzle cominciò ad assemblarsi da solo nella sua mente, usando come mastice le parole di Buffy.

 

Lo sguardo di Luc.

 

Ora il suo.

 

Fu investita pesantemente da questa scoperta, tanto violentemente da doversi appoggiare al muro.

 

Cercò di razionalizzare, ma non ci riuscì, mentre il suo cervello implodeva, schizzando di adrenalina tutto il suo corpo.

 

Faceva fatica a respirare.

 

Spalancò la bocca, ma non ne uscì nessun suono, la voce spezzata dal tamburellare troppo veloce del suo cuore.

 

Chiuse gli occhi e si accasciò a terra.

 

A pochi passi da lei, Kennedy dormiva tranquilla, ignara di tutto quello che succedeva.

 

Cercò di dominarsi, ma per la frustrazione, due lacrime cariche di dolore, scesero sulle sue guance, dalle palpebre strette.

 

Soffocò a stento un singhiozzo.

 

Si alzò di scatto, spaventata da un improvviso movimento di Ken.

 

Non sapeva cosa avrebbe fatto se l'altra si fosse svegliata e l'avesse trovata così.

 

Le regole del gioco erano molto chiare.

 

E lei le stava infrangendo.

 

Per sua fortuna, l'altra si era solo mossa nel sonno.

 

Così si avvicinò alla porta della stanza, continuando a guardarla.

 

Si fermò sullo stipite, appena un secondo, il tempo di risentire quella fitta di sofferenza aprirle il petto.

 

Poi si diresse verso l'ingresso, aprì la porta ed uscì, cercando di richiuderla più piano possibile.

 

Si sedette in macchina e chiuse lo sportello.

 

Rimase lì per più di venti minuti, al buio, sfogando la sua frustrazione in un pianto liberatorio.

 

 

 

 

 

 

 

Aveva lottato con se stessa tutta la notte e anche tutta la mattina seguente.

 

Ma all'alba, distesa sul suo letto in silenzio, si era arresa.

 

E nella quiete della sua stanza, dove si era sempre sentita al sicuro, aveva sussurrato incerta.

 

-Io ti amo.-

 

Non l'aveva mai detto.

 

Mai a nessuno, mai.

 

E di sicuro non si aspettava di dirlo adesso, non per lei, non per una donna.

 

Poi aveva scosso la testa, continuando nella sua delirante difesa fino al pranzo del giorno dopo.

 

Per fortuna i suoi non erano tornati per mangiare.

 

Così non l'avevano vista in quello stato pietoso.

 

Sempre più confusa e certa allo stesso tempo.

 

Aveva digiunato, sentiva la nausea forte salire per il suo esofago.

 

Era così terribile amare?

 

Mille pensieri, mille contraddizioni, dominavano il suo animo già così provato.

 

Perchè ora, oltre alla vergogna per una se stessa inaccettabile, si univa anche la consapevolezza di essersi innamorata perdutamente di Kennedy.

 

Un amore ingiusto, prima d'esser innaturale.

 

Fondato su un tradimento, più che sull'immoralità pura e semplice.

 

A senso unico, prima d'essere impossibile.

 

Lentamente un senso di spossatezza, l'aveva invasa.

 

Insonne e a digiuno, mandò un messaggio a Buffy, per rinviare il loro appuntamento, non se la sentiva, era troppo stanca.

 

Quello che evitò di dirsi era che non avrebbe sopportato un "Te l'avevo detto" dell'altra.

 

Sentì squillare il telefonino in risposta.

 

-Come vuoi, ma ci speravo. Spero comunque che ci vedremo presto.Buffy.-

 

Lesse la delusione tra quelle righe, ma in quel momento era l'ultimo dei suoi pensieri.

 

Così era arrivata la sera, aveva evitato i suoi dicendo di essere indisposta.

 

La madre le aveva comunque preparato qualcosa da mangiare e glielo aveva portato in camera.

 

Qualcosa aveva spiluccato, ma senza voglia.

 

In realtà si era costretta un po'.

 

Non mangiava dalla sera prima e ci mancava solo si sentisse male.

 

Nella semioscurità, giaceva inerte nel suo letto.

 

Continuava a darsi della stupida.

 

Perchè lei lo sapeva, l'aveva sempre saputo.

 

Solo non aveva voluto vedere.

 

Come tante, troppe cose della sua vita, che avevano deciso di investirla tutte in un sol colpo.

 

Ma quella pugnalata l'aveva vista arrivare.

 

E non si era spostata.

 

Al di là di Buffy e delle sue parole, lei lo percepiva da molto prima.

 

I segni erano chiari, lampanti e lei li ricordava tutti.

 

E allora li aveva visti venire, con il loro bagaglio di violenza e dolore e non aveva fatto niente.

 

Aveva visto crescere e serpeggiare quel sentimento dentro di lei.

 

L'aveva guardato strisciare sul suo cuore e stringerlo, fino a che la stretta non era stata palese anche ad occhi disattenti.

 

Non riusciva a credere di averlo permesso, ma dopotutto, in quei mesi non aveva dimostrato a se stessa, una gran forza di volontà.

 

Semplicemente aveva lasciato fare al suo cuore, chiedendogli solo di fare piano, di non farsi scoprire dalla sua parte cosciente.

 

Perchè forse quell'amore la salvava un po'.

 

La giustificava davanti alla parte del suo Io, ancora maledettamente moralista, che le sbatteva in faccia lo squallore e l'ingiustizia di quel "gioco".

 

La salvava da tutte quelle piccole cose che rasentavano l'osceno, che si era vista fare insieme a Ken e che infondo non si perdonava.

 

Placava il suo senso di colpa per tutte le bugie dette e ancora da dire a Buffy e a Xander.

 

Insomma era neccessario e sufficiente per non lasciarsi andare completamente alla disperazione, per una se stessa davvero inaccettabile, per essenza e comportamento.

 

Ma nonostante questo si sentiva sporca e dannatamente egoista.

 

Perchè per un suo leggero sollievo, aveva messo una seria ipoteca sul rapporto con la bruna, che una volta scoperto il suo vero sentimento, l'avrebbe allontanata in malo modo.

 

E questo, questo la spezzava al solo pensiero.

 

Ancora non percepiva nessun effetto benefico sul suo spirito.

 

Eppure si aspettava che l'amore, anche solo provato a metà, fosse dolce e sensuale.

 

Di certo non così.

 

Il cellulare squillò allegramente, vibrando sul comodino.

 

Lo prese di mala voglia, sperando solo non fosse Buffy.

 

Ma scorse sul display, il nome della fonte di tutti i suoi guai.

 

-Pronto?- rispose riluttante.

 

-Ciao!-

 

Non appena la voce dell'altra le arrivò al cuore, un senso di pace la invase.

 

-Ciao..- rispose al saluto più rilassata.

 

-Allora, dove sei sparita ieri sera?- chiese con falso rimprovero Kennedy.

 

Il cuore di Will aveva iniziato a battere forte, presa com'era dall'altra, era naturale.

 

Tutti i dubbi si erano assopiti, ora percepiva solo la voce della bruna, vivace e canzonatoria, riscaldarla tutta.

 

-D-dormivi e n-non ho voluto svegliarti.- disse balbettando.

 

-Bè dovevi!Ho dormito tutta la notte con la porta senza doppia mandata!-

 

-Scusami...- ma non era veramente interessata a quelle scuse, ora impegnata a sentirsi.

 

Già a sentire, qualcosa di dolce e languido espandersi in lei.

 

-Fa niente! Vieni stasera?-

 

Si riprese in un attimo, non poteva vederla così presto o le avrebbe spifferato tutto e se conosceva Ken almeno un po', l'avrebbe allontanata subito.

 

-Verrei volentieri, ma ho la febbre...è meglio che stia a casa.- mentì.

 

-Oh, Will...uffa, va bè...rimettiti presto allora!Ci sentiamo domani?-

 

-Certo.- e quel certo sottointedeva molte più cose che la bruna non capì.

 

Finita la conversazione e posato il telefono, sorrideva.

 

Dimentica per qualche minuto di tutto quel male.

 

Sentiva forte in lei, il battito accelerato del suo muscolo vitale, una gioia strepitosa le rendeva molli gli arti e le arrossava le guance.

 

Eccola...e non era la prima volta che guardandola o parlando con Ken, si sentiva così.

 

Eccola.

 

La parte dolce.

 

Quella che tutti esaltavano.

 

 

 

 

 

 

 

Era passato qualche giorno e Willow aveva approntato la sua strategia.

 

Stava ancora digerendo la scoperta, ma la parte peggiore, quella violenta era passata.

 

Così avrebbe dovuto mentire all'unica persona, che dall'inizio di quell'incubo personale, aveva sempre saputo tutto.

 

Si le avrebbe mentito, altrimenti l'avrebbe persa.

 

E questo non poteva sopportarlo.

 

Ora le cose sembravano avere un senso, contorto ma l'avevano.

 

Anche se razionalmente sapeva quanto la bruna amasse la sua ragazza, sognava spesso di una lite furibonda o di qualsiasi altra cosa potesse allontanarle e poi ecco il lieto fine.

 

Una Kennedy felice, che le diceva che si, l'amava.

 

Le continue lamentele della bruna poi, nutrivano questi sogni.

 

Avrebbe capito molto più tardi che Ken si stava solo sfogando, dopo cinque anni di silenzio.

 

Ma nonostante sapesse quanto tutto questo fosse assurdo, lasciava che la sua mente veleggiasse in lidi più sereni di quello reale.

 

Era innamorata, persa del tutto.

 

Con annessi e connessi.

 

Ogni cosa toccata dall'altra era sacra, ogni sua parola oro puro, ogni sua attenzione fonte di infinite gioie.

 

Si era rassegnata a fare l'amante dell'amante e tra sè ci rideva anche su.

 

Di sicuro quell'amore dava un senso alla sua vita.

 

E questo era abbastanza forte, da distoglierla dall'insofferenza di quei mesi e dal loro vuoto.

 

Rinfrancata, decise di dare a Buffy quel che voleva, anche perchè desiderava parlare con qualcuno.

 

Tara era via per una conferenza all'estero.

 

Quando sarebbe tornata, avrebbe dovuto affrontare una grande novità.

 

Comunque Buffy era la sua migliore amica.

 

Così si incontrarono al solito bar, alle 16.00 in punto di quel pomeriggio.

 

La conversazione era stata piacevole e Buffy era stata incoraggiata dal buonumore dell'altra.

 

Alla bionda sembrava che Will, la Will di quel giorno assomigliasse dannatamente alla sua amica di sempre.

 

A quella che ricordava consolarla per un brutto voto o per il rifiuto di un ragazzo.

 

Anni prima, tanto tempo.

 

Un tempo in cui il mondo non era un brutto posto, non ancora.

 

Protette dalle loro famiglie, abbracciate da persone che sempre dimostravano affetto sincero.

 

Per essere adulti qualche accordo va spezzato.

 

Si, perchè purtroppo il mondo vero non ti regala niente, nè affetto, nè protezione.

 

Sei tu, da solo, a conquistarti giorno dopo giorno la tua felicità.

 

E loro si dovevano considerare fortunate a poter contare l'una sull'altra.

 

Ma questo ora, da quando la vita aveva deciso di mirare dritto al cuore della rossa, valeva ancora?

 

Quel giorno pareva di si e lo tenne stretto.

 

-Buffy?-

 

-Dimmi.-

 

-Avevi ragione.-

 

-Ce l'ho sempre.-

 

-Non fare la sciocca.- rise la rossa, decisa a confidarsi con l'altra.

 

-E' vero!-

 

-Non vuoi sapere su cosa?-

 

Buffy sentì la confidenza in arrivo, ma allo stesso tempo presagì che non le sarebbe piaciuta. Ignorò quella percezione, anche perchè era da troppo che la freddezza dell'altra la schiaffeggiava.

 

-Sono tutta orecchie.- disse la bionda, ma Will ne percepì la tensione.

 

-Non ti piacerà e credo tu già lo sappia.- fece seria.

 

-Non importa. Se vuoi dirmelo sono qui.- rispose Buffy, sfumando il tonfo al cuore, che le parole dell'altra, concretizzando il suo timore, le avevano provocato.

 

-Avevi ragione. Non sono brava a giocare.-

 

Silenzio.

 

La bionda stornò lo sguardo, ma non disse niente.

 

Will sentì il nervosismo salire.

 

Finalmente Buffy alzò gli occhi e parlò, sorridendole appena.

 

-Sei una bella persona. Non è per niente un male, che tu non sappia..."giocare".- diede enfasi all'ultima parola, per fare capire all'altra come disprezzava quel verbo, usato in quel senso.

 

Will sorrise di rimando all'altra.

 

Infondo all'anima la pensava come la bionda.

 

-E cosa intendi fare?- chiese timidamente Buffy.

 

-Non lo so...credo che prenderò quello che potrà darmi, per il tempo che potrà.-

 

-Perchè?-

 

-Perchè il fatto che io non stia giocando cambia le cose.-

 

-Come?-

 

-Non è più una boccata d'aria stare con lei, è...respirare.- cercò di spiegarsi la rossa, ma notando il disappunto nell'altra continuò.

 

-So bene, che ne soffrirò.-

 

-Non capisco allora perchè vai avanti, stai amando a..-

 

-Sto amando a tempo.- concluse per lei.

 

-Esatto.-

 

Occhi negli occhi, il silenzio per qualche secondo le invase.

 

-Buffy...io...lei non potrà mai darmi quello che vorrei. Ma la sua sola presenza, mi salva. Per lo meno tutto questo schifo, vale qualcosa. Vale la pena.-

 

Buffy scosse la testa, non capiva ancora.

 

-Intendo che io amo. E il mio amore non dipende da lei o da questo mondo osceno e ipocrita, che da qualche mese mi ruota intorno.Il mio amore è puro, semplice, mio.-

 

-E tu sei così...quindi ciò che provi è il sunto della persona a cui voglio bene.-

 

-Si.-

 

-Ma non ti sembrà di sprecarlo?Io lo so quanto può essere bello il tuo bene, ne sono stata oggetto per anni.-

 

-Lo sei ancora.-

 

Si sorrisero.

 

-Grazie...ma rispondimi.-

 

-Probabilmente si. Ma non ho scelto io chi amare. Certo so che sarebbe più giusto, più bello, più...semplicemente di più, poter amare una persona che può e vuole ricambiare. Con cui posso progettare un futuro, che va oltre ad una serata. Ma è capitato, io...amo lei.- disse le ultime parole con riluttanza e con imbarazzo. Come sempre dire le cose all'altra le rendeva più reali, vere.

 

-E come la metti con l'altra?-

 

Colpita.

 

-So che è sbagliato. Oddio, non peggio di loro. Ma so che sono in errore. Te l'ho detto, prima o poi la cosa finirà e loro potranno tornare alla loro strana vita.-

 

-E tu?-

 

-Avrò il cuore spezzato.- sorrise amara.

 

Aveva evitato di dire all'altra che infondo al cuore, covava, accudiva, accarezzava la speranza di una possibile rottura tra le due e di una storia seria con Kennedy, per Buffy la ragazza di L.A.

 

-Non mi sembra la migliore delle prospettive...ma più che dirtelo, io...bè non posso obbligarti.- si sentì malissimo, pronunciando quelle parole. Le sembrava di arrendersi. Ma quel riavvicinamento con la rossa, la rendeva più tranquilla e per esperienza sapeva che imporre qualcosa a Willow, equivaleva ad un sonoro "No".

 

Quindi sperava solo di riuscire con il tempo a farla ragionare, possibilmente prima che il castello di carte dell'amica crollasse sul suo cuore, frantumandolo.

 

-Così sei un'amante...- concluse infastidita dalle sue stesse parole.

 

-Già...è eccitante all'inizio.-

 

-E poi?-

 

-Poi è difficile...gli orari da rispettare, le cose da non dire, gli sguardi da evitare, il non poterla toccare davanti ad altri...- sospirò Will.

 

-Credi di resistere?- chiese preoccupata la bionda.

 

-Non durerà ancora molto.- rispose amara, guardando in basso.

 

Era una cosa che percepiva.

 

Non perchè Ken le avesse dato adito di pensarlo con gesti o parole.

 

Lo sentiva e basta.

 

E la consapevolezza di aver quasi finito il tempo con l'altra, le stringeva il cuore.

 

-Hai mai visto l'altra?- chiese a bruciapelo Buffy.

 

-Cosa?- rispose incerta, quasi credendo di non aver sentito bene.

 

-Will...l'altra, l'hai mai conosciuta?-

 

Aveva capito bene.

 

-No...le ho chiesto di non farlo mai.-

 

-Fare cosa?-

 

-Non voglio vederla mai.-

 

Guardò negli occhi l'amica che non osava chiedere perchè. Le risparmiò la domanda.

 

-Perchè se sapessi odiare la odierei. Forse vedendola ne sarei capace e poi...poi non ruscirei a guardarla in faccia, mi sentirei una ladra e di sicuro la sono. Mi sentirei troppo in colpa, capisci?-

 

-Si.-

 

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Le notti di primavera, regalano una sensazione di rinascita.

 

Come si desta la terra, così per noi.

 

 

 

Lei e Ken erano andate a fare un giro in macchina.

 

Era una domenica e se l'erano presa comoda.

 

Alla fine avevano optato per il mare, passando una splendida giornata sulla costa.

 

Due baci rubati erano stati l'unica cosa, nascosta agli occhi della gente, che le aveva differenziate da una coppia di amiche in viaggio.

 

C'era il sole e il cielo terso le aveva accompagnate in una lunga passeggiata sulla spiaggia.

 

Avevano mangiato due panini sedute sulle scalinate di una chiesetta arroccata sugli scogli e vagabondato per gli stretti borghi del vicino paesino marittimo.

 

Quando si era fatto tardi, avevano preso la macchina per tornare, fermandosi a cena in un bel ristorantino fuori mano.

 

Willow era felice.

 

Era stata una giornata piacevole e visto che Rachel era via con la famiglia, niente e nessuno aveva rovinato quello stralcio di luce in un cielo di ghisa.

 

Ormai si era fatto molto tardi, ma le due si erano fermate in aperta campagna a sigillare nel modo più perfetto quel giorno.

 

Il cielo offriva uno splendido spettacolo, ma lei era intenta a fissare l'unica stella che le interessava.

 

Kennedy, spossata, si era addormentata tra le sue braccia.

 

La rossa le accarezzava la testa amorevolmente, con occhi adoranti.

 

Fare l'amore era così bello.

 

Non avrebbe voluto svegliarla mai.

 

Quella ragazza le aveva rubato cuore e anima senza saperlo.

 

E non l'avrebbe saputo mai.

 

La bruna ultimamente era diventata più sospettosa.

 

Capitava spesso che ripetesse all'altra i vincoli del loro rapporto e di quanto da questi l'amore fosse bandito.

 

Will si infastidiva, ma faceva buon viso a cattivo gioco, rassicurandola sul suo totale disinteresse.

 

Stavano giocando e lei lo sapeva.

 

Ed era vero, ma del resto...perchè c'era un resto, la bruna doveva a tutti i costi rimanere allo scuro.

 

Ma quel giorno era un'altra cosa.

 

Will aveva intravisto la possibile vita sua e di Kennedy.

 

E questo l'aveva resa euforica e illusa.

 

Ma in quel momento le bastava quel barlume di serenità rubata, per resistere.

 

Fissò ancora per un attimo Ken che l'abbracciava, cercando di imprimersi quel momento nella memoria.

 

Accarezzò nuovamente i capelli dell'altra e poi la chiamò.

 

Dovevano andare, era davvero troppo tardi.

 

Se avesse saputo che quella sarebbe stata la loro ultima volta forse, avrebbe atteso ancora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era passato più di un mese da quel giorno al mare.

 

E lentamente, quanto inesorabilmente, Kennedy era diventata più fredda, lontana.

 

I timori di Willow si erano rivelati fondati, il loro tempo sembrava volgere al termine.

 

Ma nella situazione in cui era adesso, dati i sentimenti che provava, non poteva permettere finisse così.

 

Non è che la bruna fosse sparita, continuavano a sentirsi quotidianamente e a vedersi spesso, ma Ken non aveva mai più creato situazioni ambigue o intime.

 

Le sembrava quasi disinteressata.

 

E questo la feriva più di qualsiasi cosa.

 

Ma non mollava.

 

Ora era lei che provocava l'altra, spesso e con costanza.

 

Ma le uniche e rare risposte, erano baci freddi, che quasi le sembravano sporchi.

 

Nonostante questo teneva duro.

 

Aveva smesso di uscire con Buffy e gli altri per esserci sempre, per poterla vedere il più possibile.

 

Ma non erano mai state lasciate sole o quasi.

 

Kelly si era unita completamente al duo e a volte Lois, cara amica di Ken e vecchia conoscenza di Will, partecipava alle loro serate.

 

La cosa che la infastidiva di più, a parte le mancate occasioni, era che la bruna ora, la scherniva con un disprezzo esagerato davanti agli altri.

 

Prenderla in giro era stata sempre una costante, ma non in modo cattivo.

 

Ora diveniva sempre più frequente che Kennedy si lasciasse sfuggire qualche battuta un po' troppo velenosa.

 

E lei abbozzava, incapace di rispondere a tono, scusandola a priori.

 

Quindi tornava da quelle serate ferita e frustrata.

 

Si sentiva a pezzi, aveva abbandonato completamente l'università.

 

Ci andava saltuariamente, quando i suoi le intimavano di farlo, prendendo il treno per L.A.di mala voglia e non vedendo l'ora di tornare.

 

Vedeva qualche volta Buffy, per un caffè, ma la bionda ora era tornata alla carica e per evitare problemi, le aveva detto che con la ragazza di Los Angeles le cose erano finite.

 

Aveva visto negli occhi dell'altra il sollievo e questo le aveva dato fastidio.

 

-Guarda che mi sento uno schifo! Non credere che ora starò bene.- le aveva detto secca, per tranciare di netto quella felicità nascosta nell'altra.

 

Che stesse male era vero, ma il motivo era un altro.

 

Mentire ormai non le costava più.

 

Ricordava un dialogo con Xander, qualche tempo prima, una sera che si era degnata di uscire con loro, per poi scappare non appena la bruna l'aveva chiamata.

 

-Quando ci dirai la verità?- aveva chiesto il ragazzo, che poi accondiscendente aveva continuato.

 

-Si, lo so, quando sarai pronta e...-

 

Ma la rossa l'aveva interrotto secca e perentoria.

 

-Mai.-

 

Xander era rimasto basito.

 

-Perchè?-

 

-Perchè sono cose mie...solo mie.-

 

Buffy seduta in silenzio su un muretto, a pochi passi da loro, aveva scosso la testa sconsolata.

 

E così era di nuovo da sola in quel delirio.

 

E stavolta Will era convinta di non uscirne se non folle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una sera qualunque, aveva raggiunto Kennedy e Kelly a casa della prima.

 

In realtà con la bruna si era sentita la mattina e l'altra le aveva detto di farle sapere se poi le avrebbe raggiunte.

 

Ma tra una cosa e l'altra, cioè tra un sonno d'oblio durato tutto il pomeriggio e metà della cena, si era dimenticata.

 

Non dormendo quasi mai la notte, il suo ritmo biologico era ribaltato.

 

Così quando suonò il campanello, le venne ad aprire una Kennedy visibilmente in imbarazzo.

 

-Non pensavo venissi...tu avverti sempre.-

 

-Mi spiace, mi è passato di mente!- rispose sorridendole.

 

Ken la bloccò sulla porta.

 

-Will...c'è Rachel di là.-

 

Solo allora percepì due voci femminili provenire dall'appartamento.

 

Riconobbe quella di Kelly, ma non l'altra.

 

Le si gelò il sangue.

 

Se si fosse potuta vedere, era sicura si sarebbe vista impallidire alle parole dell'altra, che ora la guardava dispiaciuta.

 

-Se avessi saputo che venivi, ti avrei avvertito..mi ha fatto una sorpresa.- le sussurrò.

 

-Tesoro, chi è?- disse una voce dietro la porta.

 

"Tesoro"

 

Fu come una pugnalata in pieno ventre.

 

Kennedy la guardò preoccupata.

 

Non c'era via di fuga.

 

Non avrebbe mai dovuto vederla.

 

Questi erano i patti.

 

Ma ormai...

 

Deglutì visibilmente, facendo segno con la testa alla bruna.

 

-E' Willow.- rispose Kennedy, rientrando seguita dalla rossa.

 

Del resto della serata non ricordava niente, tranne due cose, due cose che l'avevano piegata con una violenza tale da renderla semicosciente.

 

Una era proprio la sua rivale.

 

Una donna sulla quarantina.

 

Mora e slanciata.

 

Profondi occhi nocciola e un corpo ancora tonico e vivace.

 

Era bella, non c'era altro da dire.

 

-Ciao, io sono Rachel e tu devi essere la famosa Willow, Kenny mi ha parlato spesso di te!- le aveva detto cordiale, stringendole la mano.

 

Grazie al cielo si era controllata, rispondendo in modo calmo e cortese, nonostante le parole dell'altra l'avessero destabilizzata.

 

L'orrore per quel nomignolo così intimo da una parte, con annessa vampata di gelosia, e la lusinga piena di calore, nel sentire che Kennedy parlava di lei, dall'altra.

 

Ma la cosa che l'aveva infastidita di più era che durante la serata, si era accorta che l'altra era veramente una persona interessante, le piaceva.

 

Trovava Rachel simpatica e brillante.

 

E questo era inaccettabile.

 

Lei era l'unico ostacolo, ai suoi occhi, che si frapponeva fra lei e il suo amore.

 

Avrebbe dovuto odiarla e invece...

 

Le piaceva.

 

Che stupida che era.

 

La seconda cosa, l'aveva fatta rimanere sveglia tutta la notte.

 

Kennedy e Rachel non si erano mai baciate, ne toccate troppo, se non qualche abbraccio.

 

E di questo aveva ringraziato Dio.

 

Ma con attenzione maniacale, senza farsi cogliere, aveva frammentato, analizzato ogni loro sguardo.

 

E una certezza l'aveva travolta.

 

Con suo enorme dolore, soprattutto negli occhi di Ken, aveva scorto amore.

 

Quando era arrivata a casa, ogni sogno, ogni illusione, ogni speranza le erano crollate addosso.

 

Nella certezza ora più reale che mai, che non avrebbe avuto mai Kennedy, totalmente, come la voleva.

 

Mai lo sguardo che la bruna riservava a Rachel, sarebbe stato per lei.

 

E non perchè quella storia così lunga e complicata con la donna più grande, incatenasse Ken, non perchè il loro era un rapporto impossibile, ma perchè la bruna non l'amava.

 

Semplicemente perchè lei non era Rachel.

 

Perchè Kennedy amava quella donna e non lei.

 

 

 

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"Usami, straziami, strappami l'anima

 

Fai di me quel che vuoi,

 

tanto non cambia l'idea che ormai, ho di te..."

 

-Mentre tutto scorre- Negramaro

 

Qualsiasi cosa da lei...anche solo un briciolo di attenzione, anche solo un contatto casuale e involontario, bastava.

 

Rosicava qualsiasi sfumatura dell'altra.

 

Qualsiasi scheggia dell'essenza della bruna, le donava attimi di tregua.

 

Ora che il suo sentimento, così puro e sereno all'inizio nella sua incoscienza, diveniva ogni giorno più cupo e disperato, riempiendo le notti di un'indolenza tagliente e i giorni d'aspra frustrazione.

 

Ogni rifiuto, ogni distanza, lieve o pesante che fosse, la faceva rovinare sempre più in un dolore cieco e violento.

 

Se possibile si era chiusa di più, lasciando alla realtà pochi spiragli tra le pieghe di quel costante delirio.

 

Viveva per uno sguardo, arrancava per una parola gentile, che non arrivava mai, dato che Kennedy diventava ogni giorno più fredda e maledettamente indifferente.

 

E la cosa che la feriva di più, era che non era per lei, non per qualcosa che avesse fatto o detto.

 

Semplicemente la bruna non era più interessata.

 

Si insinuava nella sua mente la sensazione disgustosa di essere stata "usata".

 

La scacciava con forza, ma quella tornava ogni volta fortificata da parole o gesti dell'altra.

 

Non c'era rabbia però in questi pensieri.

 

Perchè in qualche modo si sentiva responsabile di questo comportamento.

 

Non era stata abbastanza intelligente, abbastanza bella, abbastanza...non era stata abbastanza per Ken, non per farla innamorare.

 

La colpa era sua che non era stata capace di conquistarsi l'amore dell'altra.

 

E più che mai, la sua insicurezza la crocifiggeva.

 

Cosa poteva pretendere lei, una nullità, da una persona come Kennedy?

 

Infondo aveva sempre saputo di valere poco, nonostante tanti avessero cercato di farle intendere il contrario.

 

E le battute velenose e gratuite di Ken, non aiutavano di certo, nonostante lei le vedesse come involontarie.

 

E probabilmente lo erano.

 

Non sentiva nell'altra disprezzo, forse solo provocazione.

 

Anche se forse quel disgusto l'avrebbe meritato.

 

Si sentiva così sola e meschina.

 

Immeritevole di qualsiasi affetto.

 

Immeritevole di sicuro di quello della bruna.

 

Quindi si, era colpa sua e questo la faceva diventare rabbiosa e delusa verso se stessa.

 

Spesso si sentiva fortunata anche solo a poterle stare vicino, così sporca e brutta com'era.

 

Così le giornate avevano un senso solo in presenza dell'altra.

 

Tara, l'unica ormai a sapere ogni cosa, le aveva detto spesso che la sua era un'ossessione, suscitando le ire della rossa.

 

Ma a volte, mentalmente le dava ragione, osservandosi mandare giù con semplicità cose che la vecchia Willow non avrebbe accettato mai, essere completamente succube della bruna e fare e dire cose per l'altra, che non avrebbe mai creduto neanche di poter pensare.

 

Senza rendersene conto era sempre più simile a Kennedy, a quella che lei credeva una persona piena di qualità e vuota di difetti.

 

In quei mesi fece cose, che aveva sempre giudicato odiose, sfidata e provocata dall'altra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quel giorno avevano pranzato insieme e Kennedy le era sembrata più gentile.

 

Di questo si era rallegrata.

 

Si accesero una sigaretta a testa dopo il caffè.

 

-Will?-

 

-Dimmi.-

 

-Ti devo dire una cosa!- fece raggiante la bruna.

 

Willow spero solo non si trattasse di qualche particolare romantico sulle ultime serate con Rachel, ma mandò giù quel dubbio e fece segno all'altra di continuare.

 

-Ieri sera...- la bruna fece una pausa per creare aspettativa, guardando Will negli occhi.

 

La rossa non capì quello sguardo, tra il malizioso e il soddisfatto.

 

Lo ricordava negli occhi di Ken, ma non riusciva a farsi venire in mente quando.

 

L'altra era euforica e rilassata.

 

Quando l'aveva vista così?

 

-Ieri sera sono stata con Ronny!- disse esultante, come se stesse proclamando un successo accademico o lavorativo.

 

Will avrebbe imparato mesi più tardi che per la bruna quelle erano tacche di gloria.

 

Il piccolo cuore della ragazza rossa si spezzò, con un tonfo.

 

Le sovvenne quando aveva visto quegli occhi, erano gli occhi dell'altra dopo una notte di sesso.

 

Il suo viso, il più rapidamente che le fu possibile, si sfregiò in un sorriso tirato.

 

-Ah, si...- riuscì a biascicare.

 

Ronny era un ragazzo di strada, un mezzo sbandato che Ken conosceva fin da piccola.

 

Era strano, incostante e da quello che avevano sentito violento e invischiato in affari poco chiari.

 

A Will non piaceva, anche perchè aveva un modo di fare scontroso e maleducato.

 

Scherzava con lei o con Kelly, come un gatto gioca con un topo, sparando raffiche cattive e imbarazzanti e ridendo apertamente di loro.

 

Invece Kennedy con lui aveva un rapporto privilegiato, dolce, come se il ragazzo si facesse sfiorare dalla bruna perchè la sentiva vicina al suo modo di essere.

 

Ronny guardava tutti storto, ma quando quegli occhi nocciola l'osservavano, sorrideva tranquillo.

 

Era scontroso con tutti, con lei carezzevole e sincero.

 

Intrattabile e cattivo, con Ken dolce e pieno di attenzioni.

 

In ogni caso due settimane prima, era stato buttato fuori di casa dal padre, stanco dei continui problemi e Kennedy gli aveva offerto ospitalità per qualche giorno, intanto che cercava un'altra sistemazione.

 

Quando Will l'aveva saputo era entrata in paranoia, credendo che il ragazzo fosse in grado di portare il suo amore in pericolo.

 

E poi avvertiva qualcosa di strano, ma non sapeva definirlo.

 

Le dava fastidio il modo in cui quei due si guardavano, ma era ben lungi dal pensare che Kennedy potesse volere quello dal ragazzo.

 

In più, cosa che l'aveva insospettita molto, Rachel non sapeva niente di quell'ospite estemporaneo.

 

-Se lo sa, mi uccide!Lo conosce anche lei e non vuole lo frequenti, ma è un amico cosa dovevo fare?- le aveva detto un po' nervosa la bruna, la settimana prima.

 

Così Ronny era diventato una presenza costante nelle loro serate, annullando completamente le possibilità della rossa di avvicinarsi all'altra e portando notevole tensione.

 

Ed ora Kennedy c'era andata a letto.

 

Che razza di put...

 

Stornò quel pensiero, stupendosi e rimproverandosi di averlo pensato.

 

-Ma...non eravate amici?- aveva chiesto, cercando di mantenere la calma.

 

-Anche tu eri mia amica.- fece la bruna, ma non la guardò negli occhi.

 

Colpita di nuovo, il cuore in fiamme.

 

"Infatti...e guarda ora cosa sono." pensò tristemente, irritandosi d'improvviso.

 

-E che cazzo pensi di fare adesso?-

 

-Niente...-

 

-Ma come niente?-

 

-Insomma è sempre la solita storia!E' un G-I-O-C-O!- sillabò esasperata la bruna.

 

-Ah, bè giusto...- disse sarcastica Will.

 

-Com'è che sei così scorbutica?- chiese Kennedy, irritata dal tono dell'altra.

 

Will impallidì impercettibilmente, si era lasciata andare.

 

La sua gelosia era venuta fuori d'un botto e non era stata capace di trattenersi.

 

Ma rischiava di farsi scoprire, di rendere palese i suoi sentimenti e non se lo poteva permettere.

 

-Perchè Ronny non mi piace, lo sai!- tirò fuori d'impulso, cercando di stornare l'attenzione dell'altra, dalla vera causa della sua irritazione.

 

-Oh, ancora con questa storia?Mi sembri Rachel. Lo conosco da una vita e anche se fare cazzate è il suo sport preferito, è un bravo ragazzo.- rispose l'altra infastidita.

 

Ma Willow aveva sentito solo le prime due frasi e in particolare quella in cui la bruna la paragonava alla sua ragazza.

 

Da una parte la lusingava, sapendo quanto Ken stimasse la donna, dall'altra sentì la gelosia salire di nuovo, stavolta per la sua vera rivale, ma la dominò, ormai c'era abituata.

 

Il fatto era che aveva intuitò inconsciamente fin dall'inizio l'attrazione tra Ken e Ronny e una volta che i suoi timori nascosti si erano concretizzati, aveva perso la testa.

 

Come se fosse segretamente illusa, di avere per lo meno il magro privilegio di essere l'unica amante.

 

Alla rivelazione dell'altra, si era sentita tradita lei, al posto di Rachel.

 

E questo l'aveva piegata.

 

Si passò una mano fra i folti capelli cremisi.

 

-Almeno siete stati attenti?- aveva chiesto quasi disinteressata.

 

-Ecco...vedi, eravamo lì ed è successo...non c'è stato tempo, quindi...- disse incerta l'altra.

 

Willow alzò la testa di scatto.

 

-Quindi?- chiese allarmata.

 

-No.-

 

-Ma sei impazzita?No dico, ci manca solo un piccolo Ronny!- quasi urlò alzandosi dalla panchina dove si erano sedute uscendo dal bar.

 

-Ehi, calma...dai non può essere.- disse certa Kennedy.

 

-Ma qualcuno te l'ha spiegato come nascono i bambini?Perchè sai per il poco tempo, un sacco di figli sono nati!- continuò Will, ignorandola e per niente abbassando i toni.

 

- Ma no, vedrai che non è niente...- fece un po' meno tranquilla l'altra.

 

-E se è?Cosa fai?Decidi con Rachel come chiamarlo?- quello lo disse con astio, ma per fortuna Ken non lo notò.

 

-Oddio Will...mi spaventi così.-

 

Tutto il rancore per quell'odiosa situazione sparì dai suoi occhi, non appena l'altra la guardò ansiosa.

 

Si raddolcì subito.

 

-Va bene...forse ho esagerato!Vedrai che non è niente.- aveva detto, risedendosi nuovamente accanto alla bruna e carezzandole la testa.

 

Ma ormai la frittata era fatta e Kennedy era in panico.

 

Così senza neanche rendersene conto, si ritrovò nella saletta d'aspetto di un ambulatorio di medicina di base.

 

Era stordita, era successo tutto così in fretta.

 

Ken era dentro per farsi prescrivere la "Pillola del giorno dopo".

 

Una specie di aborto precoce insomma.

 

Per fortuna niente di invasivo, anche perchè non si sapeva nemmeno se...

 

Si prese la testa fra le mani.

 

Lei non era contro l'aborto in genere, anche se era sicura non l'avrebbe mai fatto su se stessa.

 

Però lo riteneva una possibilità da prendere in considerazione, solo in casi estremi.

 

Come una malattia ereditaria, indigenze gravissime, AIDS o cose così e la disattenzione o non curanza di Kennedy non rientrava di certo in nessuna di queste.

 

Era sbagliato quello che la bruna stava facendo e lei era sua complice.

 

E poi c'era da prendere in considerazione che Ronny era un mezzo scapestrato e la droga non era di certo una sconosciuta per lui.

 

Mentre rientravano in macchina per andare in farmacia, con Kennedy ora più tranquilla, disse senza guardarla.

 

-Fra qualche mese fai un test HIV.- la sua voce era piatta, ma celava una preoccupazione ben visibile nei suoi occhi.

 

-Ma oggi proprio porti sfortuna è!?!- disse Kennedy, guardandola male.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Finalmente era sera e quell'orrendo pomeriggio era finito.

 

Si rintanò in camera sua, dopo aver concluso una breve telefonata con Buffy, fingendo una tranquillità che non aveva.

 

Dopo che aveva smesso di uscire con lei, Xander e Anya, avevano continuato a vedersi un po' in giro.

 

-Insomma non ti si vede proprio più.- aveva detto scocciata la bionda, l'ultima volta.

 

-Buffy, anche se quella storia è finita, io ho bisogno di tempo per riprendermi e per...decidere da che parte sto.- mentre diceva questo, si erano sedute tutte e due sul dondolo sotto al portico di casa sua.

 

-E con Kennedy e i suoi amici ci riesci meglio che con noi?-

 

-Si.- era stata l'unica risposta che aveva trovato, pur sapendo di ferire l'altra.

 

-Ah.-

 

Erano rimaste in silenzio un bel po', poi Buffy si era alzata e aveva iniziato a camminare verso casa, girandosi solo per salutarla e dirle una cosa.

 

-Ci vediamo presto e non credere che ti lascerò sparire molto alla svelta dalla mia vita. Quindi telefona e fatti viva, io lo farò.- poi l'aveva salutata con la mano e si era incamminata sul vialetto dei Rosemberg, verso la strada.

 

E la bionda aveva tenuto fede al suo proposito.

 

Di sicuro più volte lei, di quanto facesse Will, telefonava e si faceva vedere.

 

Il loro rapporto, come quello con Xander, ora era meno costante, a volte un po' freddino, ma tranquillo.

 

Continuavano ad essere preoccupati per lei, lo sapeva, ma ora rimanevano al loro posto e di sicuro la bugia sulla fine del rapporto con la famigerata ragazza di Los Angeles aveva aiutato.

 

Ma quella sera non riusciva a pensare ai suoi amici.

 

Ancora una volta, aveva la testa piena di Kennedy.

 

Si sentiva in ansia per l'altra, ma d'altronde era anche arrabbiata con lei.

 

Davvero si sentiva tradita, anche se, lo sapeva bene, non ne aveva nessun diritto.

 

Improvvisamente scoppiò in lacrime, senza riuscire a fermarsi.

 

Sprofondò la faccia nel cuscino, per evitare che i suoi sentissero i singhiozzi.

 

Si rese conto che la cosa l'aveva ferita più di quanto credesse.

 

E da quel momento in avanti Will, perse completamente la testa.

 

Dal pianto così disperato di quella sera, che aveva spaventato anche lei, cominciò a lasciarsi andare del tutto.

 

Credeva di non avere più niente da perdere.

 

L'alcol divenne la sua aspirina contro il dolore, la notte il suo parco giochi.

 

Seguiva e trascinava Kennedy, se ci riusciva, in acrobatiche serate al rum o al vino rosso.

 

E se Kelly o Lois o chiunque, erano con loro meglio!

 

Un paio di volte erano anche andate a ballare, cosa che Will odiava spudoratamente, ma era talmente fuori che poco importava.

 

Una Kennedy più che divertita, le raccontava la mattina dopo, ogni particolare assurdo che lei dimenticava.

 

Un fiotto di ribrezzo per sè, le morsicava lo stomaco ogni volta che l'altra le diceva di averla vista flirtare con chissà chi, in angoli bui.

 

-Ah, io non ti faccio da balia!Non so cosa ci hai fatto!- le diceva sempre, ma Will era convinta che oltre al bacio non sarebbe mai andata con uno sconosciuto o sconosciuta.

 

Ma anche solo quello era abbastanza, per definirsi e pensarsi...puttana.

 

Lei non era così e piano piano, nei momenti di coscienza, si rendeva conto di quanto simile a Kennedy stesse diventando.

 

Ma proprio quei momenti la spezzavano, i momenti in cui era lucida.

 

Perchè lì si rendeva conto di quanto stesse scendendo in basso, di quanto poco mancasse per toccare il fondo.

 

Ma non si fermava, perchè fermarsi avrebbe voluto dire dover affrontare il dolore con lucidità e lei non ne aveva le forze.

 

Quell'amore innaturale e senza speranza alcuna, la stava mangiando da dentro.

 

Non poteva sfogarsi con nessuno.

 

Tara era l'unica che sapeva, ma ormai era troppo preoccupata e Will questo non lo voleva, ma non poteva nemmeno mentirle.

 

Così aveva reso molto più sporadici i loro incontri e le sue visite alla bionda.

 

Intanto per non smentirsi mai, Ken era andata a letto con altri due o tre ragazzi e ogni volta che raccontava a Will, con dovizia di particolari, le serate con questi "FuckingFriends", il cuore della rossa si stringeva, perdendo battiti.

 

Ma aveva trovato un accordo con se stessa, per dominare la gelosia e il dolore riguardante gli altri amanti della bruna.

 

Lei era l'unica donna con cui Kennedy era stata oltre a Rachel, con lei aveva tradito, con gli altri scherzava.

 

Con questa inutile e assurda scusa-privilegio placava il suo cuore.

 

Ancora si illudeva, di essere contata qualcosa per l'altra.

 

Ma lentamente, ad ogni freccia avvelenata di Ken, il suo castello di sabbia iniziava a sgretolarsi.

 

 

 

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"...dimmi ancora quanto pesa

 

la tua maschera di cera.

 

Tanto poi tu lo sai,

 

si scioglierà

 

come fosse neve al sol."

 

-Mentre tutto scorre- Negramaro

 

Un nuovo amante, visto che lei non la voleva.

 

Un amante liquido ed eternamente afferrabile.

 

Sempre pronto ad offrirsi a lei e alle sue voglie, in un gioco macabro tra preda e cacciatore, in cui i ruoli si invertivano con repentina freschezza.

 

Un amante che fingeva di essere dominato e invece la dominava, sussurrandole parole vacue e languide.

 

Un amante che possedeva del tutto, perchè dentro di lei e per questo vero Signore del gioco.

 

Lo sentiva scenderle infondo al cuore da prima lieve ed inebriante, poi pressante e con un urgenza violenta, che la trascinavano in uno stato di stallo inodore e insapore, libera e in gabbia allo stesso tempo, senza pudore e ipereattiva.

 

Un amante caldo, bollente.

 

Più i gradi di quell'ossessione salivano, più lei, placata, si lasciava trasportare dalle onde di quegli amplessi.

 

Alcolica passione, padrona di ogni azione sempre più avventata e incosciente, simile ad una follia esasperata e stanca, spezzata come lo era il suo cuore.

 

L'alcol la possedeva ogni volta che era possibile.

 

Dimenticava.

 

Volontariamente succube di un veleno dolce ed astuto, che lasciava i suoi marchi di possesso, sulle sue labbra carnose, rendendole violacee.

 

Si odiava.

 

Quindi niente era abbastanza sbagliato o sporco, da non poterlo provare, come se cercasse qualcosa per cui poter morire, qualcosa che la facesse riposare in pace, sommersa com'era da tutta quella frustrazione, vergogna e inutilità.

 

Così di quell'estate torrida, di lì in avanti ricordò ben poco e con inesattezze sempre più irritanti, perchè quel cattivo consigliere troppe volte si era sostituito alla sua coscienza.

 

Certa il lei solo e solamente una cosa.

 

Una sola, vitale, impossibile da scordare, promessa ad una se stessa ancora lucida, mesi prima, un tempo che le sembrava lontanissimo.

 

Aveva liberato tutto, il suo cuore disinibito dal liquido colorato, si era reso trasparente al mondo, lasciando che sproloqui inconsistenti fossero all'ordine del giorno.

 

Tutto, meno quello.

 

Unica sua catena, unica sua costrizione.

 

Unico limite che giorno per giorno la sfiancava, facendola impazzire.

 

Ciò che sentiva per l'altra, un amore che aveva capito inutile.

 

Lei amava.

 

Per la prima volta.

 

Con tutta se stessa.

 

Ed era vano.

 

Stupido.

 

Doloroso.

 

Amaro e dannatamente inutile.

 

Compreso questo, come avrebbe potuto pensare, se mai sarebbe successo, di poter amare di nuovo?

 

Convinta com'era che la colpevole fosse lei, incapace di far fruttare un sentimento così, di farsi ricambiare, di farlo crescere.

 

Era lei che non sapeva amare.

 

Quindi se mai il sentimento per Kennedy si fosse sopito, anche se in quel momento le sembrava assurdo anche solo sperarlo, non avrebbe amato più.

 

Mai più.

 

E quindi quel segreto, il più scottante, il più doloroso fino a quel momento era rimasto illeso, nella parte più nascosta del suo animo.

 

Ma questo la esasperava, perchè lanciata nell'ebbrezza faceva ogni giorno più fatica a trattenersi.

 

Ogni volta rischiava di lasciare anche quell'ormeggio e la fatica che faceva per evitarlo non le portava nessuna soddisfazione.

 

Ci riuscì comunque per parecchio tempo.

 

Fino a che Kennedy rasentò l'osceno in luogo pubblico, in uno dei parchi più frequentati in quelle fresche sere estive di metà luglio.

 

Davanti ai suoi occhi frustati da ciò che vedeva, si era quasi scopata un tipo incontrato lì da pochi minuti.

 

Tempo dopo avrebbe capito, che anche Ken stava per toccare il fondo, un fondo più scuro e terribile di quello che lei quella sera sfiorò con le dita, prima di schiantarcisi sopra con violenza.

 

Completamente schiacciata dalla gelosia e dall'amarezza, vedendo l'altra comportarsi in quel modo, si era allontanata, già piuttosto brilla.

 

Aveva recuperato chissà dove due bottiglie di un buon vino rosso, o almeno le sembrò buono.

 

Se le scolò placidamente seduta su una panchina in disparte, in un angolo buio, del tutto alla mercè di qualunque malintenzionato, che per fortuna quella sera non arrivò.

 

Alla fine era talmente ubriaca che non riusciva più ad alzarsi.

 

Per un attimo l'immagine di Tara le sembrò sfrecciare davanti ai suoi occhi mezzi chiusi.

 

Sorrise nell'ombra, sperando fosse reale, sperando che l'altra la salvasse di nuovo, come aveva sempre fatto.

 

Coccolata in quell'illusione, allungò la mano verso quell'ombra.

 

Ma poi la ritrasse veloce, perchè si rese conto che se Tara fosse arrivata in quel momento, l'avrebbe vista in condizioni pietose, patetiche e una vergogna straziante la colse, non volendo che la bionda la trovasse in quello stato.

 

A Tara solo la parte migliore di lei, perchè quella ragazza meritava solo quello, terrorizzata dal fatto che di sicuro se avesse visto in che abissi infernali ansimava, l'avrebbe delusa terribilmente e questo lei non lo voleva.

 

Perciò fissò l'ombra che avanzava verso di lei, con speranza e terrore insieme.

 

-T-tara?- chiese incerta e in tensione.

 

-Chi?- rispose l'ombra che ora cominciava a definirsi leggermente più nitida, rivelando una camminata traballante e insicura.

 

Will strinse gli occhi, tentando di mettere a fuoco.

 

Operazione che le risultò molto difficile dato il suo stato e visto che la persona davanti a lei continuava a muoversi, per cui ci mise qualche minuto a capire che la bionda non era lì.

 

E nonostante fu sollevata da una parte, dall'altra si sentì ancora più persa di prima, perchè nell'apparizione illusoria di Tara, aveva creduto di potersi rifugiare, forse salvare una volta per tutte.

 

Perchè la ragazza più grande era l'unica persona importante che aveva trattenuto, che non aveva sporcato, che la faceva ragionare anche se per poco, che la portava in salvo ogni volta che la guardava, almeno un po'.

 

L'unica che era rimasta fondamentale, l'unica che venisse prima di Kennedy.

 

Quando capì chi aveva davanti, si buttò indietro sullo schienale della panchina, dal quale si era sporta poco prima per afferrare quell'ombra.

 

-Ah, sei tu...- disse disinteressata.

 

Kennedy finalmente l'aveva raggiunta, sedendosi con non poca fatica accanto a lei.

 

Will in un fugace momento di lucidità, si era resa conto che l'altra non era messa molto meglio di lei.

 

-Ma dove diavolo eri finita?- chiese Ken, con la voce impastata dal vino.

 

-Ti importa davvero?- disse cattiva Willow.

 

-Stronza.-

 

-Stronza tu.-

 

-Perchè?-

 

-E me lo chiedi?-

 

-Ma cosa?Se sono venuta a cercarti...ah, Will non ho voglia di star dietro ai tuoi contorti ragionamenti di merda, non stasera!- le aveva detto la bruna, irritata, spingendole una spalla, in gesto di stizza.

 

In un altro momento quella frase, l'avrebbe spezzata.

 

Ma ora era troppo stordita dall'alcol e non ci fece caso.

 

Il loro malumore passò rapidamente, quando un ragazzo sfrecciò davanti a loro, inseguito da un cane.

 

-Oddio.- sussurrò Will, ma lo persero di vista velocemente, per poi guardarsi stupite e scoppiare a ridere.

 

La risata perdurò molto più del normale, resa lascivamente libera dal languore dettato dal vino, che sentivano salire.

 

Mentre ancora si stavano riprendendo, spegnendo lentamente i loro sorrisi, Willow chiese all'altra.

 

-Dov'è Kelly?-

 

-Ah, sono venuta a cercarti per questo...non ne potevo più di fare la terza incomoda!-

 

Kennedy si riferiva al fatto che quella sera avevano incontrato l'ex dell'altra ragazza, che ancora innamorato aveva ingaggiato una leggera lotta di riconquista.

 

-Sono insopportabili e come al solito Kelly cederà e lo prenderà per il culo un'altra volta!Non è innamorata, per lei è solo un gioco.- disse la bruna, scuotendo la testa contrariata dal comportamento dell'amica.

 

Will scoppiò involontariamente a ridere di nuovo.

 

-Perchè ridi, cos'ho detto?- chiese, visibilmente sorpresa, Ken.

 

-Scusami...ma detto da te, tutto questo moralismo, è sconcertante.- rispose la rossa finendo di sghignazzare.

 

-In che senso?-

 

-Non eri tu, la fan numero uno dei giochi?-

 

-Ma cosa c'entra?!"Giocare" vuol dire saperlo entrambi ed essere sicuri di non farsi del male!-

 

-Non capisco...- fece incuriosita Willow.

 

-Voglio dire che se uno dei due è preso, innamorato o cotto come vuoi, non si può giocare. Perchè quello che non lo è, così lo usa!-

 

Will riprese a ridere ancora più forte, con le lacrime agli occhi, incapace di spiaccicare una parola.

 

Kennedy da prima esterefatta, poi si fece leggermente contagiare dall'altra.

 

-Sei proprio pazza tu...o forse solo tanto, tanto ubriaca.-

 

-Non...credere...di star meglio!!!- riuscì a dire Will, spezzando la frase tra le risate.

 

Si sorrisero divertite.

 

-Comunque non so come Kelly faccia...io, sapendo che lui è ancora così dentro alla loro storia, non riuscirei mai a...- fece Ken, tornando seria, prima che Willow la interrompesse, nuovamente ilare.

 

-Ma cosa dici?Guarda che l'hai fatto!-

 

-Non è vero.-

 

-Oh, si!-

 

-E con chi?Con Ronny non credo, non ricordi com'è sparito dopo che gli ho dato quello che voleva?-

 

-Bè che anche tu volevi!-

 

-In effetti...ma non cambiare discorso, rispondimi, con chi di grazia?-

 

-Con me.-

 

-Ma cosa c'entra, te mi vuoi bene, mica mi ami.- disse infastidita la bruna.

 

-Dunque credi di saperlo meglio tu di me?-

 

-Sei innamorata di me?-

 

-Si.- disse Will, sfoggiando un sorriso ebete.

 

L'ebbrezza di Kennedy, svanì di botto.

 

Fissò l'altra basita.

 

A bocca aperta, senza parole, una Kennedy mai vista, impallidì di colpo.

 

-Non è vero...- sibilò con voce indefinibile.

 

-Che differenza fa? Per me non ce n'è, ci si usa comunque. Basta anche che uno solo dei due non sia davvero interessato e...puf!E' solo sesso!Il tuo gioco!- continuò tranquillamente Will, mentre il suo sorriso si allargava sempre più insignificante.

 

-Fa differenza invece!Tu sei innamorata di me?- ripetè Kennedy, prendendola per le spalle e scuotendola per farle recuperare lucidità.

 

Willow la scansò infastidita e alzandosi in piedi, ricominciò a ridere, prima di urlare scompostamente.

 

-SI SONO INNAMORATA DI TE!!TI AMO!!!!- e poi era corsa via, non smettendo per un attimo di barcollare e sghignazzare.

 

Quando l'aveva persa di vista in lontananza, Ken si era appoggiata allo schienale della panchina, ad occhi sbarrati.

 

Prendendosi la testa tra le mani, sussurrò in un tono triste e mai sentito.

 

-Lo sapevo...-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ghiaccio.

 

Il cuore fermo.

 

Ogni movimento bloccato, perduto.

 

In nessun luogo il suo animo estatico.

 

Questa era la paura?

 

Gelida carezza tagliente.

 

Niente di vivo, niente che fosse sopravvissuto alla rabbia di quella risata e di quelle parole gridate a squarcia gola, con testimoni tutte le stelle.

 

E mentre le diceva, insensate e maleodoranti d'alcol, qualcosa infondo alla sua coscienza sedata, urlava.

 

Sentiva le sue unghie, graffiare e rompersi, feroci e dolenti, sul fondo putrido della sua vita.

 

C'era arrivata.

 

E non l'avrebbe creduto.

 

Ventiquattro ore dallo schianto.

 

Ora aspettava, come un condannato a morte, che l'ascia del boia scendese a tranciarle il collo.

 

Aspettava terrorizzata e folle, che Kennedy sparisse dalla sua vita, per sempre, portandosi via il suo piccolo e inutile amore.

 

E la resa dei conti era arrivata dopo qualche giorno.

 

Poche parole e una distanza invalicabile fra loro.

 

-Scherzavi?-

 

-No.-

 

-Io ti avevo detto che era un gioco.-

 

-Si.-

 

-Non hai da dirmi niente?-

 

Aveva intuito in quelle parole una supplica, lontana e sussurrata, ma presente e aveva guardato l'altra rinvigorita.

 

Forse qualche speranza c'era ancora.

 

-E' un problema mio...tu non te ne preoccupare.-

 

Ken sorrise amaramente chinando la testa.

 

-Siamo d'accordo allora...- e si era allontanata, lasciandola lì, finalmente svuotata di ogni segreto e allo stesso tempo così terribilmente sola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per tutta l'estate avevano fatto finta di niente.

 

E ogni giorno che strisciante se ne andava, tramontava su una Kennedy sempre più fredda e lontana.

 

Will questo lo percepiva chiaramente, ma non aveva più diritti d'arrogare.

 

Era lei che aveva infranto l'unico limite che il loro gioco presupponeva.

 

Ora tutto era dovutamente taciuto, per forza di cose zittito e insabbiato.

 

E a lei, non restava che accettare che le cose finissero lì, sperando solo di non perderla del tutto.

 

Intanto Kennedy non aveva smesso di darsi da fare e magari non più direttamente, ma da Kelly, Willow veniva comunque a conoscenza delle sue imprese.

 

La bruna era andata in vacanza con Lois e lì aveva "insidiato"il ragazzo dell'altra, senza che questa se ne accorgesse.

 

-Se Lois lo scopre...ti uccide.- aveva commentato semplicemente.

 

-Ma non lo saprà.-

 

-Perchè l'hai fatto?Cosa ti costava lasciar stare almeno lui?- chiese la rossa, esasperata ormai da mesi.

 

-Mi andava e basta...cos'è mi giudichi?Bell'amore...- aveva detto Ken, fulminandola con gli occhi.

 

Will era avvampata, chinando immediatamente la testa e stornando lo sguardo.

 

Così quell'estate si era trasformata in un cumulo di umiliazioni, che la bruna infliggeva all'altra.

 

Come se volesse, oltre che tenerla a distanza di sicurezza, punirla.

 

Kennedy non chiamava più Willow e non si faceva sentire per giorni, ma quando il collare era troppo lungo, lo tirava subito indietro.

 

Will non veniva invitata alle serate a casa dell'altra, se non di rado.

 

Così aveva iniziato a rimanere sempre in casa.

 

Poi Buffy l'aveva trascinata in una settimana di vacanza.

 

I primi tre giorni insieme a Xander e poi da sole.

 

Ovviamente la prima sera avevano litigato.

 

Su quell'anno, sui comportamenti di Will, sulle bugie e sui segreti.

 

E Will, ormai stanca di tutta quella situazione era scoppiata.

 

-Non capirete mai cos'ho vissuto!!!- aveva urlato agli altri due, allontanandosi.

 

Ma la mattina successiva si era scusata.

 

Non voleva litigare con due delle persone a cui voleva più bene al mondo, non di nuovo. Ora non c'era più niente per cui lottare. E poi era talmente spossata, prosciugata di ogni forza ed energia dalla bruna, che uno scontro con Buffy e Xan, non l'avrebbe retto.

 

Così la vacanza era continuata bene, senza più intoppi e una volta che il ragazzo se ne fu andato, le due vecchie amiche si dedicarono l'una all'altra con pura devozione.

 

-Non voglio sapere niente, so che mi mentiresti ancora o peggio e non voglio. In ogni caso hai ragione, noi non capiamo. Allora spiegamelo!Mi bastano le tue emozioni, non i fatti.- aveva detto la bionda, non appena salutato Xander.

 

E così era stato, trasformando quei pochi giorni, nella "Vacanza delle Emozioni", dove Willow finalmente aveva aperto un po' il suo cuore, condividendo la parte più pura e viva di tutto quello che le era capitato...le sensazioni sulla pelle, i sentimenti nel cuore e il dolore della sua anima.

 

Quando erano tornate, assomigliavano molto alle due ragazzine complici che erano state.

 

Aveva riniziato ad uscire un po' con loro, divertendosi di nuovo.

 

Beveva molto meno, ma fumava di più.

 

Ma si stava allontanando e Kennedy, la richiamò all'ordine.

 

Accettò gli inviti più solerti che l'altra le faceva, ma non smise nuovamente di vedere i suoi amici, ne riprese le cattive abitudini.

 

Anche se quella che si aggirava nella sua vita, non era lei, ma la sua ombra.

 

Willow non ne poteva più.

 

Nè in un senso, nè nell'altro.

 

Nè della sua nuova vita, nè di quella vecchia.

 

Semplicemente vagava, sentendo pesante in lei la mancanza della bruna, ma cercando per la prima volta di farsene una ragione.

 

Ne era ancora fortemente influenzata e l'amava comunque.

 

Ma ora non sperava più...in niente.

 

E poi arrivò il giorno in cui Ken trovò l'ultima freccia velenosa, da piantarle nel cuore.

 

Sentì trillare il telefonino brevemente.

 

Un messaggio di Kennedy.

 

Sospirò, ma non lo lesse.

 

Ogni volta il suo cuore si fermava e aveva bisogno di qualche momento per riprendersi.

 

Uscì sotto al portico, faceva caldo, un caldo torrido era inizio settembre, ma agosto si faceva ancora sentire tutto.

 

Era in canotta e pantaloncini.

 

I morbidi capelli rossi, raccolti in una disordinata coda di cavallo.

 

Prese una sigaretta dal pacchetto e l'accese.

 

Era la prima del giorno, quindi attese che la nicotina le scendesse lungo i nervi e rilassasse i muscoli.

 

Quelle le chiamavano "sigarette perfette" e chiunque non avesse mai fumato, non avrebbe potuto capire.

 

Il corpo si intorpidiva per un attimo, sciogliendo tendini e pensieri, riempito di quel veleno fumoso.

 

E di sigarette così, c'erano al massimo due o tre al giorno.

 

Quelle fumate al momento giusto, nello stato d'animo giusto.

 

Avrebbe dovuto smettere prima o poi, si disse.

 

Finalmente recuperò il cellulare e lesse il messaggio della bruna.

 

-Mark torna stanotte!Domani sera cenetta tra vecchi compagni di corso, 20.30 a casa sua. Ti bacio. Ken-

 

Sorrise mestamente a quella notizia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutto quello che era successo dopo, lo ricordava a malapena.

 

Tanto era stato il delirio confuso di quelle poche ore.

 

Era andata alla cena, aveva riabbracciato, sinceramente commossa l'amico e poi avevano riso e scherzato fino a tarda notte.

 

Di certo avevano bevuto molto, dato il mal di testa della mattina successiva.

 

Dopo pranzo Kennedy e Mark, l'avevano chiamata raccontandole la vera fine della serata, quella che lei non ricordava.

 

Tra le risate loro e il suo imbarazzo, le avevano rivelato che la sua sbornia era stata colossale.

 

Aveva dato spettacolo ballando e cantando, li aveva baciati entrambi e poi aveva concluso il tutto vomitando qua e là per la casa.

 

-I-io...non mi ricordo!No, non è possibile, se avessi vomitato mi sarebbe rimasto in mente!Mi state prendendo in giro come al solito!-

 

-Invece hai fatto un macello!- avevano riso insieme gli altri due.

 

Conoscendo la nuova Willow, poteva essere anche accaduto, ma le sembrava così strano non ricordare nulla, perciò aveva negato con forza, anche per non dare soddisfazione a quei due.

 

Infondo si erano divertiti, sia con una versione, sia con l'altra e a lei bastava.

 

Passare una serata così con Ken, negli ultimi tempi era impossibile.

 

L'unica cosa che la impensieriva era quel bacio che in teoria le aveva rubato.

 

Dalla sua pseudo dichiarazione, non aveva più osato avvicinarsi all'altra, ne questa glielo avrebbe permesso.

 

Ma data la reazione d'ilarità che le aveva mostrato al telefono, non se ne preoccupò più di tanto.

 

Il messaggio che le arrivò quella notte invece la fece rabbrividire.

 

-Buffy sa tutto di me e Rachel. Mi fai schifo. Ken-

 

Aveva provato a chiamarla mille volte, ma l'altra le sbatteva giù il telefono.

 

Così le aveva risposto al messaggio.

 

-Non credo proprio che Buffy sappia qualcosa e soprattutto non da me. Fidati non ti tradirei mai.-

 

Kennedy non le aveva risposto per ore.

 

Così aveva passato la notte in bianco, tra lo spaventato e l'arrabbiato.

 

Spaventata da quel "Mi fai schifo" gratuito e insensato.

 

Bastava così poco a Kennedy per volerla fuori dalla sua vita, che quella storia poteva essere la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.

 

Arrabbiata perchè l'altra non le aveva dato un briciolo di fiducia, incolpandola senza possibilità di ribattere. Non si era fidata e basta e lei non riusciva a capire perchè.

 

Cosa aveva fatto in quei mesi per non essere meritevole di fiducia?

 

Certo non le aveva detto che l'amava, ma questa era una cosa completamente diversa.

 

Qui si trattava di mettere in piazza la vita più segreta della bruna, ma lei non era una persona così e Ken lo sapeva da sempre.

 

Anche se non ne fosse stata innamorata, non le avrebbe mai fatto del male volontariamente.

 

E poi era arrabbiata perchè Buffy era di nuovo in mezzo a quella storia.

 

Le aveva detto chiaramente di starne fuori.

 

Anche se era quasi sicura che la bionda c'entrasse ben poco.

 

Aveva tentato di farsi un'idea, rimuginando sul come e sul chi.

 

Già perchè la bruna non le aveva detto da chi aveva saputo questa enorme menzogna.

 

Ma lei era certa provenisse da Mark.

 

Buffy aveva sempre avuto dei dubbi sulla veridicità dell'identità della ragazza di L.A., più di una volta le aveva chiesto se la sua pseudo ragazza fosse Kennedy, ma lei aveva sempre negato.

 

Ora, Mark e Buffy si conoscevano piuttosto bene e sapeva che si erano visti per salutarsi con altri amici, a pranzo del giorno precedente, qualche ora prima della loro cena.

 

La bionda non si sa perchè ora, probabilmente aveva detto qualcosa sui suoi dubbi all'amico, sputtanando soprattutto lei, visto che lui sapeva ben poco.

 

E Mark aveva fatto il resto, probabilmente montando quello che aveva sentito e dicendolo a Kennedy.

 

Da lì il messaggio.

 

Da lì la sua paura e la sua rabbia.

 

Ma erano solo ipotesi e doveva stare attenta a verificarle, perchè se Buffy non ne sapeva niente doveva assolutamente mantenere il segreto e magari salvare la loro amicizia ritrovata.

 

Il messaggio successivo della bruna, arrivò alle 7del mattino dopo, ancora più amaro del primo.

 

-Perchè dovrei fidarmi?Perchè mi ami?-

 

Will rispose subito.

 

-Non c'entra un cazzo!Ti ho mai dato motivo per non fidarti?Adesso per favore dimmi chi è lo stronzo che ti ha detto queste cazzate!-

 

Willow era arrabbiata e tanto.

 

L'altra l'aveva volutamente ferita, tirando fuori quella storia.

 

Occhio per occhio, dente per dente.

 

E Ken era ligia a quel proverbio.

 

Il problema era che lei era accusata ingiustamente e non si sarebbe fatta condannare senza difendersi.

 

Il cellulare squillò di nuovo.

 

-Questo non ti interessa.-

 

-Ma ti rendi conto che mi riguarda eccome!?Io non ho fatto niente e sto prendendo la colpa di una cosa che non farei mai e tu dovresti sapere che non ne sono capace!Te l'ha detto Mark,vero?.-

 

-E come fai a saperlo?-

 

-Perchè non sono stupida come pensate.-

 

-E se non sei stata tu a dirlo a Buffy, chi?-

 

-Per me lei non sa nulla. Ha i suoi dubbi come li ha sempre avuti e lo sapevi.-

 

-Penso che parlerò con Buffy.-

 

-Bene, anzi avrei voluto parlarle io, ma non voglio che tu pensi che ti freghi, quindi fallo prima tu...e poi vieni a chiedermi scusa.-

 

Era stanca.

 

Si rese conto in un attimo che non ne poteva più di tutte quelle situazioni viscide, che davvero era stufa di doversi sempre difendere, perchè perennemente messa in difetto dagli altri.

 

Aveva le sue colpe e le avrebbe pagate, ma non una di più.

 

Per la prima volta si rese conto di quanta vita le succhiasse Kennedy...in un modo o nell'altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-Mi dispiace sono stata affrettata. E tutto a posto scusami. Ti voglio bene.Ken-

 

Mentre leggeva, il suo sguardo si allargò tra l'incredulo e l'irato.

 

Eppure in qualche parte di lei, una sensazione di sollievo si espanse.

 

Era finita.

 

Quella parentesi in cui aveva sentito il disgusto dell'altra trapassarle l'anima, era finita.

 

Un disgusto più che assurdo.

 

Ma rimaneva il fatto che Kennedy non poteva trincerarsi dietro ad uno "scusa" scritto su un messaggio.

 

Non senza averle dato spiegazioni.

 

Non dopo averle dimostrato disprezzo inutilmente, non dopo averle spaccato il cuore una volta di più.

 

Alzò la testa e si scontrò con la sua immagine riflessa nel piccolo specchio sopra la sua scrivania.

 

Non poteva fare passare alla bruna anche questa.

 

Si guardò negli occhi ed ebbe pietà di se stessa.

 

Avrebbe lasciato correre...di nuovo?

 

Abbassò lo sguardo e si alzò dalla scrivania.

 

Non era il momento di sentirsi fragili quello.

 

Prese la giacca e si preparò ad uscire.

 

Per lo meno voleva sapere com'erano andate le cose e l'unica che poteva dirglielo era Buffy.

 

Così si ritrovò a camminare per strada, verso casa dell'amica, pensando come poteva fare per non scoprirsi troppo.

 

Non era mai stata brava a mentire e anche se quell'anno aveva fatto pratica, non sarebbe mai stata più che convincente.

 

Al momento la cosa la irritava, anche se sapeva benissimo che il suo era un pregio.

 

-Ciao!-

 

-Ciao.-

 

-Che ci fai qui?Cioè...vuoi entrare?-

 

-Si, avrei bisogno di parlarti.- aveva detto Will, superando la bionda sulla porta, che la invitava ad entrare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-Ci sono cose di Kennedy che non deve sapere nessuno...cose che riguardano la sua famiglia.- disse incerta nella menzogna.

 

Aveva spiegato a grandi linee cos'era successo all'amica e come pensava, alla fine Ken non le aveva parlato.

 

-Non capisco dove vuoi arrivare...ma il tuo tono non mi piace Will.- disse Buffy corrucciando la fronte.

 

-Bè...tu hai visto Mark a pranzo due giorni fa, no?- chiese imbarazzata la rossa.

 

-Si, lui e altri due o tre compagni di classe e allora?-

 

-Buffy senti...sono sicura sia stato Mark ha dire quelle cose a Kennedy e volevo chiederti se...-

 

L'altra la interruppè alzandosi in piedi.

 

-Cosa diavolo stai insinuando?-

 

-Voglio sapere cosa gli hai detto di me.- disse rimanendo calma al contrario dell'altra.

 

-Niente.- rispose Buffy a denti stretti.

 

Will si passò una mano tra i capelli.

 

-Io crederò a quello che mi dici, non ho nessun motivo per non farlo. Mi fido di te. Pensaci Buffy, una qualsiasi cosa su di me o su Ken, per favore.-

 

Le parole dell'altra avevano addolcito la bionda, che tornò a sedersi a fianco dell'amica sul divano del suo soggiorno.

 

Ci pensò su un attimo, mentre la tensione della rossa saliva.

 

-Mi ha detto che vi sareste visti la sera stessa e mi ha chiesto come stavi.-

 

-E tu cos'hai risposto?-

 

-Bè che era stato un anno difficile per te.-

 

-E cos'altro?-

 

-Non mi ricordo...forse che passavi molto tempo con Kennedy. Ma che c'è di male?-

 

-Niente.- fece pensosa Willow.

 

In effetti se quel che Buffy diceva era vero, non c'era nulla di sospetto che riguardasse Ken e Rachel.

 

-Poi abbiamo parlato d'altro e dopo poco è arrivata Maya e si sono messi a discutere di qualcosa, ma io non ho ascoltato.-

 

Il sangue le si gelò nelle vene.

 

Maya.

 

Non la conosceva bene, era una compagna di liceo di Buffy e Mark.

 

Per questo i due si conoscevano.

 

Indirettamente ne sapeva ogni cosa, tramite soprattutto la sua migliore amica.

 

L'aveva conosciuta di persona, qualche anno prima e per un periodo era uscita con lei e Buffy.

 

Non era cattiva, anzi.

 

Ma le era sembrata sempre un po' falsa e pettegola.

 

Quando Buffy si era staccata da lei, percependo queste due cose, ne era stata contenta.

 

In ogni caso la bionda la sentiva saltuariamente.

 

Un lampo le trapassò il cervello.

 

-Buffy...hai mai parlato con Maya del fatto che non uscivo più con voi, ma con Ken?Insomma avete parlato di me?- chiese concitata.

 

-Non le ho mai detto niente di te, se è questo che vuoi sapere. Ma una volta a giugno mi ha chiesto come stavi e se avevi il ragazzo...e io, bè le ho detto di no e che non ti vedevo più molto. Gli ho accennato che eri un po' in crisi per cose tue e che ero preoccupata, perchè non mi piaceva che uscissi con Ken e gli altri...ma non credo che...-

 

-Ecco!- battè le mani, poi chiese a Buffy l'ultima cosa.

 

-Lei ti ha mai chiesto se io ero...- si fermò incapace di continuare, ma sapendo che l'altra aveva compreso.

 

-Una volta...ma io ho negato.-

 

Si era appena ricordata che Mark, in una mail mentre ancora era via, le aveva detto che Maya sospettava qualcosa su Kennedy.

 

Probabilmente per l'affinità che tutti vedevano fra il ragazzo e Ken, ma al momento, visto che lui aveva negato, non ci aveva fatto caso.

 

Ora collegava.

 

Evidentemente Maya aveva detto a Mark, che Buffy non era contenta che lei uscisse con Kennedy e gli altri.

 

Poi aveva chiesto al ragazzo di lei e di Ken e delle loro tendenze sessuali, rivelando tutti i suoi sospetti.

 

-Sei stata evasiva vero, quando ti ha chiesto se ero..."diversa"?-

 

-Direi di si...- fece Buffy, continuando a non capire.

 

-L'avrà notato...e avrà detto a Mark che tu sapevi qualcosa che non le volevi dire. Lui avrà involontariamente gonfiato il resto, dicendo a Ken che l'avevo tradita.- pensò a voce alta la rossa.

 

-Ehi, frena!Non ci capisco niente...Spiegati!-

 

Will spiegò alla sua amica il suo ragionamento, che di fatto funzionava, nonostante l'altra non conoscesse la vera entità dei danni che, se la vita privata di Ken fosse stata messa in piazza, si sarebbero creati.

 

Buffy era sconcertata

 

-Maya è...Will se ti ho danneggiata perdonami, non ne avevo intenzione.-

 

-Ti credo.- le sorrise.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fece un respiro profondo e suonò il campanello.

 

Kennedy le venne ad aprire.

 

-Ciao.-

 

-Ciao...come mai sei qui?-

 

-Vorrei chiarire.-

 

-E' tutto a posto...- disse la bruna cercando di concludere la conversazione, ma Will la sorpassò entrando in casa.

 

-Io avrei qualcosa da dire.- fece la rossa risoluta, sedendosi sul divano.

 

Ken sospirò pesantemente.

 

-Sono tutta orecchie.- fece sarcastica, incrociando le braccia e appoggiandosi alla porta, richiudendola.

 

Così Willow, spiegò all'altra quello che aveva scoperto.

 

-Lo so.- sussurrò Kennedy.

 

-Per questo mi hai chiesto scusa?-

 

-Mi sono sbagliata, non si può?- fece esasperata -Io e Mark, ci siamo arrivati dopo un po'.-

 

Will scosse la testa, poi esplose.

 

-Ti sei sbagliata?!Ti sei sbagliata...mi hai mandato a cagare e hai detto che ti facevo schifo e...ti sei sbagliata?- urlò fuori di sè.

 

-Willow calmati.-

 

-No, non mi calmo!!Non ne posso più, lo capisci?Non mi hai nemmeno creduto per un secondo!Io ti avevo tradita e tu non ti sei fidata di me!!- disse, abbassandò di un tono la voce, mentre i suoi occhi si inumidivano.

 

-E perchè dovrei fidarmi di te?- rispose acida l'altra, guardandola di traverso.

 

-Perchè non ti ho mai dato motivo per non poterlo fare!!- sussurrò decisa Will.

 

-Ah, no?-

 

Willow la guardò sofferente.

 

-Quello non c'entra.-

 

-Oh, si che c'entra!!Mi hai mentito per quanti mesi?Due?Tre?- le gridò di rimando Kennedy.

 

-Ti avrei persa se ti dicevo la verità!!Come sta succedendo adesso!-

 

-E non capisci perchè?Io non potrò mai darti quello che vuoi, ero stata chiara!Amo lei!!-

 

Veleno liquido dilagante nelle sue orecchie.

 

-Non ti ho mai chiesto niente!!-

 

-Ah, no?Smettila di far finta di non ricordare. A casa di Mark mi hai baciata, mentre lui era in bagno e mi volevi!-

 

-Ma di cosa stai parlando?- chiese Will, con il terrore nella voce.

 

-Mi hai detto che sapevi di non potermi avere, ma che mi amavi e che ti bastava fare sesso con me, qualche volta!!Che razza di amore è?Non mi faccio usare da te!!- la fulminò la bruna.

 

Willow avvampò.

 

-Non...non è possibile...- si portò la mano sulla bocca, dando le spalle all'altra.

 

Una vergogna immensa violò ogni cellula del suo corpo.

 

Di nuovo percepì lo schianto, che la frantumava sul fondo più fondo che aveva sperimentato.

 

Si era umiliata un'altra volta.

 

Quelle cose le pensava nei momenti peggiori, ma non le avrebbe mai dette davvero.

 

Infondo al cuore, sapeva di meritare di meglio e per dignità personale non avrebbe mai...e invece l'aveva fatto, di nuovo disinibita dal vino.

 

-Allora...non lo ricordi davvero...- sibilò colpita Kennedy.

 

-No...io...Ken, mi dispiace.- disse sussurrando, mentre due calde lacrime scendevano sulle sue guancie.

 

-Ma ora basta.- continuò asciugandole.

 

-Will?-

 

La rossa si girò verso l'altra.

 

-Il resto non mi interessa...mettiamoci una pietra su. Ma voglio sapere una cosa.-

 

-Si.-

 

-Sei ancora innamorata di me?-

 

Willow si chiese come l'altra potesse pensare che in così pochi giorni, le cose potessero cambiare.

 

Poi capì.

 

Da quella risposta dipendeva il loro riavvicinamento. Alla bruna non interessava la verità, le serviva solo stare tranquilla.

 

Non voleva più problemi da lei e se la sua risposta fosse stata soddisfacente, avrebbe potuto lavarsene le mani.

 

E poi, tutto sarebbe stato sulle sue spalle di nuovo.

 

Si sentì fragile una volta in più.

 

Ma dire che l'amava ancora, equivaleva a perderla sul serio.

 

-No...mi sta passando.- aveva detto, nel tono più deciso che potè permettersi.

 

 

 

 

 

 

 

Così tutto si era apparentemente placato.

 

Si vedevano e sentivano come prima, nonostante entrambe fossero ora più imbarazzate, a volte Kennedy era distante.

 

Ma il resto, bè il resto era come prima della sua infausta dichiarazione di qualche mese prima.

 

Cioè una Kennedy libertina e senza limite e una Will arrotolata nel suo folle ed inutile amore.

 

La differenza sostanziale fu che in Will e in ciò che provava, cambiò qualcosa.

 

L'amava come prima.

 

Ma iniziava a vedere ogni umiliazione, ogni torto, ogni dolore che l'altra le aveva inflitto.

 

Ancora non provava rabbia verso Kennedy, solo cominciava a capire davvero cos'era successo alla sua vita in tutti quei mesi.

 

E cosa più snervante e dolorosa, finalmente riusciva a percepire di nuovo, con totale disgusto verso se stessa, la spiacevole e devastante sensazione di essere stata...usata.

 

Questo pensava, quella sera, mentre andava da Kennedy, ufficialmente a restituirle due cd, ufficiosamente per vederla e basta.

 

Forse quella sera ci sarebbe stata anche Lois e questo pensiero, stornò dalla sua mente quella sensazione viscida.

 

Le faceva piacere, era un po' che non si vedevano.

 

Era metà settembre.

 

Il dolore non era finito e l'estinzione di quello stranziante sentimento dal suo animo, era ancora lunga da venire, ma lei questo non lo sapeva.

 

Convinta nella sua ingenuità, di aver già dato alla vita tutto il suo dolore.

 

Se avesse solo saputo che giorni l'aspettavano e quanto terrore le avrebbe attanagliato il cuore...

 

Cap.4

 

 

 

Giugno2002

 

 

 

 

 

-Rallenti?Non ti sto dietro.-

 

-Dai Will, vuoi muoverti!E' tardi e il negozio chiude.- l'aveva rimbrottata Tara.

 

-Guarda che sei tu, che sei arrivata in ritardo!-

 

La rossa si chiese come aveva potuto acconsentire a quel giro in centro, lei odiava girare per negozi.

 

Era una di quelle persone che una volta deciso cosa comprare, andava a colpo sicuro.

 

Odiava le ricerche estenuanti di negozio in negozio o tra le bancarelle al mercato.

 

Tara diceva sempre che non aveva il senso degli affari.

 

-Va a finire che compri la roba al doppio del prezzo e se invece cercassi un po' faresti affari d'oro.-

 

Ma lei rimaneva ferma sulla sua convinzione, che una cosa che piace ed è a portata di mano va comprata all'istante.

 

Per fortuna i suoi gusti non erano dispendiosi, quindi in ogni caso se la cavava con poco.

 

-Ma perchè non hai chiamato Buffy?Lei adora queste cose!- insistette la più giovane.

 

-Perchè se chiamavo lei, avresti sprizzato gelosia da tutti i pori e avresti iniziato con i tuoi sproloqui sul fatto che non ti cerco mai e che non facciamo mai niente insieme.Comunque hai ragione, la prossima volta chiamo lei, così mi evito tutte queste lamentele!-

 

-Ah, è così!Quindi mi hai chiamato solo per tenermi buona!E poi io non sono gelosa!-

 

Stavano giocando e infatti sul volto di entrambe si leggeva un sorriso lieve e divertito.

 

-Guarda che non esco sempre con voi poppanti!Potevo chiamare una qualunque delle mie amiche.Quelle grandi!-

 

-Vecchie!-

 

-Poppante...-

 

-Nonna, perchè mi hai chiamato allora?-

 

La bionda la fissò dolcemente per un attimo e poi la prese a braccetto.

 

-Perchè volevo stare un po' con te.-

 

Will sorrise compiaciuta e frenandola, le schioccò un bacio grato sulla guancia.

 

-Ok pulce, ora però accelera che voglio assolutamente quel pullover di cotone!!- così dicendo trascinò la povera ragazza verso l'entrata di un negozio, dall'altra parte della strada.

 

 

 

 

 

 

 

-Sono sfinita!!- fece Willow, sedendosi pesantemente sul divano di Tara, mentre l'altra iniziava ad aprire le borse di plastica con i suoi nuovi capi d'abbigliamento.

 

-Sai che con la tua preparazione atletica, dovresti fare la Maratona di New York?- la schernì la più grande.

 

-Ridi, ridi...dovresti ringraziarmi per la compagnia, invece.- disse mettendo il broncio.

 

-Allora grazie di cuore pulce...davvero.- le disse Tara, porgendole una busta.

 

-Che cos'è?-

 

-Aprilo.-

 

Will tirò fuori dalla busta una T-shirt azzurra, con davanti il disegno stilizzato di una pulce, in stile fumetto.

 

Rimase a bocca aperta.

 

-Ma quando?-

 

-Sono arrivata in ritardo prima, perchè il tipo della tipografia non l'aveva finita.- chiarì Tara.

 

In effetti era inusuale che la "Dottoressa" non arrivasse spaccando il secondo, di solito era lei la ritardataria.

 

Le saltò al collo, con un sorriso radioso stampato in faccia.

 

-Grazie, grazie...non dovevi, ma perchè?-

 

-L'ho fatto per dare il bentornato alla mia ragazza...alla mia pulce!!-

 

Ora Will, ancora con le braccia intorno al collo dell'altra, la guardava commossa.

 

Si staccò lentamente, prendendo in mano la maglietta e guardandola meglio.

 

Era un disegno che lei stessa aveva fatto, anni a dietro, sul biglietto del ventiseiesimo compleanno di Tara, se non ricordava male.

 

Una specie di firma decorativa.

 

-Non pensavo lo tenessi ancora...-

 

-Su ho la tua scatola dei tesori!Dal primo regalo che mi hai fatto all'ultimo!!- ironizzò sarcastica, la bionda.

 

-Quindi non ne hai neanche uno?- chiese colpita Willow.

 

-Come vedi da te, ho tutto...i regali non si buttano.- le rispose indicando la maglietta.

 

-Ti sfido...il primo regalo che ti ho fatto?- fece rapida la rossa.

 

Avevano iniziato di nuovo a giocare ed era bello dopo più di un anno di confidenze tragiche e dolorose, di preoccupazioni e tristezze per entrambe.

 

-Credo il tuo peluche portafortuna a forma di elefante!Cos'avevi quattordici anni?-

 

-Era un ippopotamo ignorante!Si, più o meno quattordici.Mi sa che avessi un esame...ma poi te lo sei portato dietro?Ed era un prestito!!- ma non le avrebbe mai chiesto di ridarglielo e lo sapeva anche Tara.

 

-Si, Anatomia 2...ho ancora i brividi. Ma no che non me lo sono portato dentro l'aula dell'esame, mi avrebbero preso tutti in giro, l'ho lasciato in macchina!- in verità l'aveva nascosto nella borsa e tenuto vicino per tutta la durata del compito, ma questa soddisfazione non l'avrebbe mai data all'altra.

 

-Comunque credo che il primo regalo vero che ti ho fatto sia stato il libretto illustrato, ti ricordi?- disse Will, ripensandoci bene.

 

Alla rossa piaceva scrivere ed enormemente disegnare, in più era abbastanza dotata in entrambe le cose e nei piccoli lavoretti manuali.

 

Buffy la chiamava la sua "Piccola Artista" e spesso quando erano alle superiori, si erano cimentate in micro vendite con bancarella di oggettini fatti da entrambe.

 

Così, volentieri, Will costruiva o scriveva e illustrava da sola, piccoli regali per gli amici. Era di certo più economico e poi per lei e sperava anche per i mittenti, gli oggetti prendevano più valore.

 

Il libretto di cui parlava, era la raccolta di poche pagine, illustrate con china e acquarello in alternanza.

 

Raccontavano una veloce filastrocca scritta da lei, che aveva dedicato alla bionda per, non ricordava quale ricorrenza.

 

-Certo che mi ricordo...e il mio primo regalo?-

 

-Ah, facile!Il libro degli esercizi di matematica per l'estate!!- disse la rossa, ancora sconvolta e incredula nel ricordo.

 

-Oh, dai era carino!Ti avevo scritto commenti e battutine che indirizzavano alla soluzione di fianco ad ogni esercizio!!- fece di rimando l'altra, sorridendole.

 

-A parte che era l'estate della terza media e in teoria non avrei dovuto far niente!Ma poi il tuo umorismo da medico ai tempi mi era completamente incomprensibile...-

 

-L'avrai bruciato...-

 

-No, no...ce l'ho, ce l'ho...- rispose arrossendo lievemente.

 

-Grazie per la gentilezza!Però adesso che ci penso, i regali più belli che ci siamo fatte sono state le tazze!-

 

-Hai ragione.-

 

Parlavano di almeno quattro anni prima.

 

Le famiglie di Buffy, Willow e Xander, per quell'estate avevano deciso di passare due settimane in un agriturismo nell'entroterra.

 

I tre ragazzi, quell'anno diciottenni, li avevano raggiunti nel week-end di intermezzo, per tre giorni di vacanza in famiglia.

 

Per la gioia di Willow, erano arrivati anche il cugino di Buffy, Leo e la sua ragazza dell'epoca, cioè Tara.

 

Il primo giorno erano andati tutti a fare un giro nel ridente paesino a qualche chilometro dal loro posto letto e lì avevano conosciuto dall'allora noto "Dramma delle tazze".

 

In pratica, in un negozietto di un borgo, avevano trovato delle belle tazze da prima colazione, capienti e colorate.

 

Proprio come per i classici souvenir da turisti americani, ognuno di loro aveva trovato quella con il suo nome dipinto sopra.

 

Tutti tranne loro due.

 

Buffy si era dovuta accontentare del suo nome completo, "Elizabeth", ma per lo meno quello c'era.

 

In effetti, i loro non erano nomi comuni.

 

Tara e Willow.

 

Comunque per farla breve, la mattina successiva a colazione, mentre gli altri collaudavano le nuove arrivate, loro due guardarono infelici le loro tristi tazze convenzionali e decisero di farsi un regalo.

 

Tara mise il capitale, comprando due tazze bianche e colori da ceramica.

 

Will ci mise l'estro, inventandosi disegni e schizzi di colore fenomenali ed ovviamente i loro due nomi in bella vista da dipingere sulle due tazze...

 

Alla fine erano rimaste soddisfatte e anzi malignavano fra i ranghi, che le loro fossero le tazze più belle.

 

E in effetti il lavoro di Will era benfatto.

 

Addirittura Dawn, aveva chiesto alla rossa di farne una anche a lei, ma Will aveva rifiutato, voleva mantenere quel legame particolare ed unico, attraverso le due tazze, tra lei e la bionda.

 

Rise a quel ricordo, ai tempi ogni cosa che collegava lei alla bionda la faceva inorgoglire, fosse anche lo stesso gusto preferito di gelato.

 

Non che le cose fossero cambiate di molto.

 

Bè si, non era più così infantile.

 

Intanto che rimuginava su questo, Tara era sparita in cucina, ritornando con del The freddo e la famosa tazza colorata da Will.

 

-Eccola!Bella come allora!- rise radiosa, porgendo il The all'altra e mostrando con l'altra mano l'oggetto dei loro ricordi.

 

-La mia si è crepata l'estate scorsa.- disse imbronciata la ragazza più giovane.

 

-Davvero?-

 

-Si...ma la uso come porta matite ora.Non l'ho buttata.-

 

-Che peccato però.-

 

Il telefono di Will squillò, lo prese dalla borsa.

 

Il sorriso rilassato che in tutto il pomeriggio le aveva regalato tranquillità, si spense in un attimo e Tara se ne accorse.

 

-Chi è?- chiese la bionda, mentre la suoneria del cellulare di Will continuava a espandersi nella stanza.

 

-Cosa?Tara scusa, vado un attimo di là.-

 

La bionda rimase interdetta, ma dopo qualche secondo sentì la voce di Will nell'altra stanza e capì dal tono di chi si trattava.

 

Kennedy.

 

Quando la rossa tornò nel salottino, Tara era seduta a gambe incrociate per terra, appoggiata con la schiena sul divano.

 

Si rigirava la tazza di cui avevano parlato poco prima, tra le mani.

 

Una ciocca di capelli color grano sfuggiva alla coda, che li legava dietro la nuca, ricadendole morbidamente sulla guancia.

 

Will inclinò la testa di lato, per osservarla meglio, mentre un leggero sorriso increspava le sue labbra.

 

Tenerezza.

 

Nel suo cuore si fece strada un languore ben conosciuto, ogni qualvolta si fermava a guardare l'altra.

 

Le voleva bene, in modo così spontaneo e naturale, il suo sorriso un po' storto l'aveva conquistata immediatamente la prima volta che l'aveva vista.

 

E Tara si era fatta amare con semplicità, regalandole ricordi dolci e momenti di pura tranquillità.

 

Il cattivo umore che la telefonata le aveva fatto strisciare adosso era già scomparso.

 

La bionda l'aveva spazzato via, come ogni volta.

 

Perchè Willow con l'altra era al sicuro.

 

Non che Ken l'avesse scombussolata con notizie sconvolgenti, una semplice telefonata di cortesia.

 

Solo che ogni volta che la sentiva un gusto amaro le impregnava la bocca, spettro di un dolore ancora così vicino e forte, nonostante stesse facendo di tutto per dimenticare.

 

Will tornò a guardare la bionda, riprendendosi da quei pensieri.

 

Tara la guardava di rimando, ma Willow non riuscì a comprendere i pensieri che vorticavano in quegli occhi celesti.

 

In realtà la più grande, stava solo aspettando che l'altra le dicesse qualcosa su quella telefonata, preoccupata che sanguinasse di nuovo.

 

Ma dato che la rossa non proferiva parola e non volendo forzarla, si arrese, deviando leggermente l'argomento che l'altra non voleva intraprendere.

 

-Ti ricordi che lì all'agriturismo, abbiamo dormito insieme?-

 

-No.- fece Will, corrucciando la fronte nel tentativo di ricordare.

 

-Ma dai!Eravamo troppi, così io e te abbiamo diviso il letto!-

 

Willow si sedette sul divano.

 

-No, proprio non mi ricordo.-

 

-Io mi ricordo che Leo era arrabbiato.- ridacchiò Tara.

 

-E perchè?-

 

-Perchè era un bambino-

 

-Non che sia cresciuto molto...-

 

-Willow...-

 

-Ma perchè ti è venuto in mente?Tra l'altro mi sembra davvero strano che non ricordi niente.-

 

-In effetti di solito ti ricordi particolare per particolare. Magari ho russato e tu hai rimosso una terribile nottata!-

 

-Ma no!Se fosse stato così, ti avrei preso in giro...-

 

-Si hai ragione e poi non russo.Comunque mi è venuto in mente perchè quella notte è successa una cosa...- fece Tara guardandola di sottecchi.

 

-Ah, si e cosa?-

 

Ma prima che la bionda potesse risponderle, Willow divenne tutta rossa.

 

-NO!E' impossibile...cosa ho fatto Tara?-

 

-Calmati, se fosse qualcosa di grave, credi avrei aspettato così tanto?-

 

-Giusto.- si calmò la ragazza, tornando ad appoggiarsi allo schienale morbido del divano.

 

-Tu sei crollata come un sasso, appena hai toccato il letto, io invece ci ho messo un po' ad addormentarmi.-

 

-Adoro dormire!!- disse entusiasta Will, ora che finalmente, aveva ripreso a considerare la notte una consolante amica.

 

-Già immagino che ci vorrà la gru per svegliarti!!- ridacchiò Tara.

 

-Dai vai avanti...- rispose la rossa, sorridendole.

 

-In ogni caso mi sono messa a guardarti dormire, non sapevo cosa fare e tra l'altro tu ostruivi il passaggio per scendere da quel letto a castello.- disse battendo un paio di pacche bonarie sul ginocchio dell'altra.

 

-Iniziavi a non essere più una bimba in quel periodo, lo sai?-

 

-Oh, mio Dio!Quella sera hai capito che anch'io cresco!!- rise sarcastica Willow, portandosi le mani sulla faccia, simulando un falso smarrimento.

 

-Ah, ah...divertente!!!Non vado più avanti...-

 

-Come siamo permalosi oggi!- disse la rossa, scompigliandole i capelli con una mano.

 

-Ehi!Stai ferma!- e così dicendo sciolse la coda ormai disordinata e i lunghi capelli le ricaddero sulle spalle.

 

-Dai Tara, vai avanti, sono curiosa. Giuro che non dirò più niente.- disse Will.

 

-Va bene, però se interrompi ancora, non continuo!- l'ammonì la bionda, alzando un dito.

 

-Insomma intendevo che era la prima volta che ti vedevo grande. Non eri più la mia bimba. Eri grande.- ripetè.

 

Si sorrisero.

 

-Si dice che le persone siano sempre più belle mentre dormono. Bè tu non fai eccezione. Eri splendida.- si sistemò al fianco dell'altra sul divano.

 

-Avevi i capelli scompigliati sul cuscino e una ciocca ti era finita sugli occhi. Così l'ho spostata, allungando una mano.-

 

Willow si era tolta le scarpe e aveva incrociato le gambe, guardandola in faccia.

 

Il racconto era ancora oscuro, non riusciva a capire dove l'altra volesse arrivare.

 

-Poi mi sono fermata, con la mano sulla tua guancia. Eri davvero bellissima e fresca.- così dicendo, la bionda fissò con gli occhi l'altra e Will deglutì.

 

-C-cosa stai dicendo?- chiese incerta.

 

-Mi sono sentita attratta da te.-

 

Silenzio.

 

La ragazza aprì la bocca e sbarrò gli occhi, strisciando indietro sul divano, finchè Tara non riconquistò il suo sguardo.

 

-Pulce, non c'è niente di cui preoccuparsi!- sorrise.

 

-Può succedere di sentirsi attratti...da chiunque. E poi io ti conosco, ti stimo e ti voglio bene. Non è una cosa grave credimi.- concluse.

 

Ma Will la stava ancora guardando esterefatta e in parte spaventata.

 

-Will...io non sono..."diversa".- disse lentamente e nel tono più rassicurante che potè.

 

La rossa si scosse, alzandosi in piedi e dandole le spalle.

 

Ci pensò su qualche minuto, mentre la bionda iniziava a pentirsi di averle raccontato quella storia.

 

C'era una parte di lei terrorizzata.

 

La stessa parte che ancora tentava di ricostruire i sogni infranti da Kennedy, che cercava di respirare e di non perdersi più.

 

L'amore non esiste.

 

E non voleva più giocare.

 

Un'altra parte di lei era lusingata ed esterefatta.

 

Tara.

 

Non si trattava di una persona qualunque.

 

La sua Tara.

 

Una persona che aveva venerato, che stimava infinitamente, a cui voleva bene in un modo strano quanto profondo.

 

Come sarebbe stato se...

 

Chiuse gli occhi.

 

E rise di se stessa.

 

Cosa diavolo stava pensando.

 

Di certo Tara voleva dirle qualcosa, qualcosa che non aveva nulla a che fare con quella storia.

 

La bionda era solita fare lunghi giri di parole per arrivare al punto, anche perchè lei non era una persona facile da prendere direttamente, lo sapeva.

 

Respirò profondamente.

 

Si girò lentamente verso l'altra, che la guardava con un po' di apprensione.

 

-E qual'è la morale Tara?-

 

Ma nella sua voce sentì un leggero nervosismo, che ancora persisteva.

 

Alla fine, l'altra non le aveva detto una cosa da poco, non dopo tutti gli eventi che avevano sconvolto la sua vita quell'anno.

 

Ma voleva sentire il resto.

 

La lezione che Tara cercava di impartirle.

 

Intanto la bionda, avendo visto nell'altra la calma o qualcosa che ci si avvicinava molto, le aveva sorriso.

 

-La morale?Bè, più che morale è esperienza.Si può essere attratti dal vicino di casa o dal tipo affascinante che spinge il carrello al supermarket.E ci si può sentire prese anche da una donna. Ci si innamora dell'anima credo. Certo il "fuori"è molto importante, ma è l'anima che ci fa fare cose stupide come innamorarsi.-

 

-Non ti seguo.-

 

-Intendo che quello che ti è successo è successo anche a me. Ma questo non vuol dire necessariamente che tu debba essere...-

 

Willow la interruppe.

 

-Tara tu non mi hai nemmeno sfiorato...io...-

 

-Pulce, di sicuro tu hai provato tutto in quel senso. Ma ora non pensare che per forza dev'essere così.-

 

-E cosa dovrei pensare?-

 

-Te l'ho già detto mesi fa.Aspetta che la vita si muova e guarda chi ti mette di fianco. E se sarà una donna, bè sarà lo stesso.Basta che tu ami di nuovo e che lei ami te. Il resto verrà.- concluse sorridendole.

 

-Non sono così sicura di poter amare...di nuovo.-

 

Tara si alzò dal divano e l'abbracciò.

 

-Tu amerai ancora. Perchè sarebbe un peccato se non lo facessi. Hai un modo di amare così dolce. Fortunato chiunque ti avrà.-

 

Willow la strinse forte.

 

Quando si staccarono, la rossa rimase a guardarla, poi il suo viso cambiò espressione.

 

-Ecco perchè Leo era arrabbiato!!-

 

-Bè si...- rispose Tara, imbarazzata.

 

-Ma tu guarda, non mi ha mai potuto vedere ed era per questo?-

 

-Non è che non ti poteva vedere...solo era un po' geloso. Dedicavo più tempo a voi..a te, che a lui a volte.-

 

-Bè non potevi dirmelo?-

 

-Si, ci mancava facessi scoppiare questo casino quattro anni fa!-

 

Scoppiarono a ridere divertite.

 

Il passato è passato.

 

Ma il presente...è qui.

 

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"E rideremo di quanti amori

 

hanno sconfitto i nostri cuori..."

 

Teresa De Sio

 

-Ho bisogno di tempo.- disse Buffy, non appena Willow ebbe finito di parlare.

 

-Quello che vuoi, quanto ne vuoi.- sussurrò la rossa, cogliendo il turbamento negli occhi dell'altra.

 

Ma sotto la pelle tremava in lei il dubbio.

 

Buffy si alzò dalla sedia di cucina Rosemberg.

 

-Devo andare...mi faccio sentire io.- disse senza guardarla in faccia.

 

-O-ok...- balbettò la rossa.

 

Aperta la porta secondaria della cucina, l'altra girò appena la testa, continuando però a darle le spalle.

 

-Ci sono cose che devo accettare...ma non ti lascerò sola. Non l'ho fatto prima, non lo farò adesso.- poi superò la soglia e sparì dietro la porta chiusa.

 

Willow sorrise debolmente.

 

 

 

Erano passati tre giorni da quando aveva raccontato ogni cosa a Buffy.

 

Le aveva detto di Kennedy e del resto.

 

Una mattina si era svegliata e si era resa conto di essere incatenata dalle sue bugie, costretta in una gabbia da tutta quella falsa illusione che aveva creato per il mondo.

 

Ed era stanca di essere una prigioniera.

 

Voleva sentirsi libera, di nuovo.

 

Ci aveva messo un po' a trovare il coraggio.

 

Quando se l'era sentita, aveva chiamato l'altra a casa sua e lentamente e con attenzione le aveva spiegato cos'era successo.

 

Ogni cosa.

 

Certo omettendo certe cose troppo...davvero troppo personali.

 

E si era sentita libera di nuovo.

 

Anche se sapeva che per l'altra era un pugno in pieno stomaco, visto che la bionda più di una volta le aveva chiesto se Kennedy c'entrasse qualcosa.

 

Ma lei aveva negato.

 

Sempre.

 

Perciò i dubbi di Buffy, erano certezze ora e Will sapeva che avrebbe dovuto farsi perdonare.

 

Farsi perdonare tante bugie, tante scuse, tante parole amare che le aveva urlato contro, quando era la bionda ad avere ragione.

 

Era la prima volta che raccontava tutto ad alta voce, neanche a Tara aveva mai raccontato tutto così direttamente.

 

Per spiegare come stavano le cose alla più grande, si era servita di una lettera e non aveva dovuto guardarla negli occhi mentre infrangeva il suo muro di menzogne.

 

Mentre le parole che descrivevano quella storia assurda, uscivano liquide e pesanti dalla sua bocca, aveva sentito il suo cuore sciogliersi da quel dolore così pungente.

 

Ad ogni frase, una scheggia di quella lunga e solitaria sofferenza, si era staccata dal suo animo, facendola finalmente respirare liberamente.

 

Per la prima volta, da così tanti mesi, aveva incominciato a rendere la sua vita migliore.

 

Ma mentre iniziava ad essere cosciente di questo, aveva visto chiare negli occhi della sua ascoltatrice, la sorpresa e la delusione.

 

E ora il silenzio dell'altra che perdurava dal momento in cui le aveva detto la verità che tanto agognava, la spaventava.

 

Certo, le ultime parole di Buffy erano state consolatorie e rassicuranti.

 

Ma come poteva pretendere dalla bionda, che le mantenesse?

 

Lei stessa, nella situazione inversa, non avrebbe saputo come comportarsi.

 

Si deve perdonare una che ha distrutto pezzo per pezzo la fiducia e il rispetto di un'amicizia, macchiandole con infinite fandonie?

 

Aveva tradito quei due principi fondanti del rapporto con Buffy, così tante volte in quei mesi.

 

E ricordava distintamente di non essersene preoccupata o amareggiata più di tanto.

 

Questo rendeva la sua colpa, ancora più grande.

 

E aveva paura.

 

Paura per la prima volta di perdere l'altra.

 

Strano che solo ora, dopo che aveva lavorato così allacremente per minare il loro rapporto lungo tutti quei mesi, si preoccupasse di perderla.

 

Era stata una sciocca a mettere davanti quell'amore malsano e non corrisposto, ad una delle amicizie della sua vita.

 

Ma essere innamorati, vuol dire proprio essere ciechi, stupidi e troppo illusi.

 

Infondo al cuore, per tutto quel tempo, sapeva che l'altra non se ne sarebbe andata, contando su un legame che perdurava da un decennio e stupidamente l'aveva sfidato, credendo impossibile un distacco totale.

 

Forse perchè, finchè la bionda non si fosse trovata a tu per tu con la nuova Willow, quella capace di schermarsi dietro a bugie taglienti e inverosimili, quella capace di cercare risposte solo nell'alcol, quella che chissà cos'aveva fatto annebbiata dal dolore e dal vino, in vicoli bui con chissà chi, forse l'amica non avrebbe capito con che razza di squallida persona aveva a che fare.

 

Ma ora?

 

Ora che quasi tutti i suoi segreti più osceni e sporchi erano venuti a galla?

 

Sarebbe riuscita a guardarla allo stesso modo o l'avrebbe allontanata anche lei?

 

Will si prese la testa fra le mani.

 

-Mi fido di lei, mi fido di lei...- ripetè per rassicurarsi.

 

Buffy era Buffy e se non le aveva accordato fiducia fino a tre giorni prima, gliela doveva adesso!

 

Doveva fidarsi dell'amica più cara che aveva.

 

Qualsiasi fosse stata la scelta della bionda, sarebbe stata quella giusta.

 

Un atto di estremo affetto, se fosse rimasta al suo fianco o la cosa che la maggioranza delle persone avrebbero fatto, se l'avesse lasciata marcire nelle sue menzogne.

 

Nel secondo caso Will sapeva, che non avrebbe subito nessun torto, perchè si meritava di sicuro uno schiaffo del genere.

 

La risposta che si era fatta attendere fino a quel momento, arrivò.

 

Willow sentì il campanello della porta.

 

Era da sola in casa, così uscì dalla sua stanza ed andò ad aprire.

 

-Buffy?- fece felice e trepidante, trovandosi l'altra sulla soglia.

 

-Ciao...parliamo un po'?- le aveva detto incerta la bionda, martoriandosi le mani nervosamente.

 

-Certo, entra.-

 

-Ti va se andiamo in camera tua?- aveva chiesto timidamente l'altra.

 

Will le aveva sorriso, assentendo con la testa.

 

Così avevano salito le scale e la rossa si era chiusa dietro le spalle la porta della sua stanza, dopo che l'amica era entrata.

 

Buffy si era tolta la giacca e l'aveva appoggiata sulla sedia della scrivania, poi si era seduta sul letto.

 

Will invece era rimasta in piedi, appoggiata al legno della porta, nervosa e preoccupata, gli occhi di Buffy non erano dei migliori.

 

-Non ti siedi?- chiese Buffy, contrariata dall'atteggiamento dell'altra.

 

-Preferisco...-

 

-Siediti.- aveva intimato seria ma tranquilla, aggrottando la fronte, per poi concludere borbottando.

 

-Non ti faccio il processo.-

 

Così anche Will si era seduta dall'altra parte del letto ed avevano incominciato a fissarsi.

 

Erano rimaste zitte a guardarsi, per non sapeva quanto tempo.

 

Poi finalmente la bionda aveva iniziato a parlare.

 

-Will, non interrompermi, il mio è un discorso lungo e molto importante, perciò ti prego, fammi finire senza intervenire o perderò il filo.-

 

Assentì con la testa.

 

-Allora...- Buffy si schiarì la voce, prima d'iniziare.

 

Intanto la tensione di Willow saliva.

 

-Mi hai raccontato un sacco di balle, negando anche l'evidenza. Facendo fare a me e a tutti gli altri la parte degli stupidi e non li siamo.-

 

Will sentì che il suo cuore accelerava la corsa e che un groppo le si formava in gola, la seconda opzione era sempre più vicina.

 

Ma respinse l'impulso di piangere, decisa a prendersi le sue responsabilità.

 

-Mi hai trattato come l'ultima degli estranei, credendo che non avrei capito. Almeno potevo provarci...mi hai accusato di giudicarti e controllarti. Hai distrutto quasi tutta la nostra amicizia, che dopo più di dieci anni credevo ti interessasse di più.-

 

Buffy scosse la testa e Willow tremò.

 

-Hai rischiato grosso più di una volta e io non sapevo nemmeno dov'eri. Hai lasciato che la tua vita diventasse cibo per cani, rischiandola con alcol e cazzate varie.E se fosse successo qualcosa di irreparabile, io avrei perso la mia migliore amica senza poter fare niente, perchè tu non hai voluto permettermi di aiutarti. Non ti sei fidata di me e non mi hai rispettato, spacciandomi una realtà fittizia.Io non so come fare a perdonarti...-

 

Will perse un battito e si lasciò sfuggire involontariamente una lacrima, che ruzzolò silenziosa sulla sua guancia.

 

Buffy la guardò dritta negli occhi e avvicinando una mano le asciugò il viso.

 

-Ma troverò il modo di farlo.-

 

Will spalancò la bocca, ma prima ancora che la sorpresa si tramutasse in gioia, Buffy la stava già abbracciando.

 

La rossa, commossa, strinse l'altra che sussurrando aggiunse.

 

-Anzi l'ho già trovato.-

 

Will si mise a piangere, ma le sue erano lacrime di gioia, non l'aveva persa.

 

Quando si staccarono, Buffy concluse quello che voleva dire, stavolta però, nonostante rimanesse seria, un sorriso tenero campeggiava sul suo viso.

 

-Non ti giustifico Will.- e la colpì bonariamente sulla testa.

 

-Ma tu sei Willow...ti voglio bene, quindi troveremo il modo di accettare tutto questo e andare avanti, insieme. Sei e rimarrai sempre la mia più cara amica, io non l'ho dimenticato e te lo farò ricordare.-

 

L'altra le aveva sorriso di nuovo commossa per poi riabbracciarla.

 

 

 

Ora erano sdraiate sul letto, una al fianco dell'altra, come facevano quando erano piccole.

 

Ore e ore a guardare il soffitto, sognando viaggi per il mondo, avventure e amori, sempre insieme.

 

Se quel letto avesse potuto parlare, sarebbe stato il loro diario, tante erano le confidenze, i dolori, i sogni che si erano scambiate lì.

 

-La vedi ancora?-

 

-Si, ma dopo luglio non è mai più successo niente e poi...-

 

-E poi?-

 

-La storia del suicidio, mi ha cambiata. Ha cambiato ciò che provo...-

 

-In che senso?-

 

-Non lo so...so solo che è diverso. E' come se uscendo da quell'ospedale, mi sia resa conto della follia di tutto quello che mi stava capitando. Più che altro di quanto mi avesse logorato, non ne potevo più. E' stata una fortuna che non si sia fatta sentire per mesi.-

 

-Così hai riflettuto.-

 

-Già.-

 

Buffy si voltò su un fianco, appoggiandosi sul gomito, per guardarla in faccia.

 

-Will?-

 

-Dimmi.-

 

-Sei ancora innamorata di lei?-

 

La bionda vide che la domanda aveva colpito profondamente la rossa, ma doveva fargliela, doveva sapere.

 

Will deglutì, chiudendo gli occhi, ci pensò su, poi li riaprì.

 

-Non lo so più...ho provato tanti sentimenti per lei. Inizio solo adesso a rendermi conto di cosa mi ha fatto, eppure la mia non è rabbia. Amarla non è più possibile, non come prima, ma non mi è indifferente.-

 

-E' normale. Non si dimentica, non si dimentica mai.- disse l'altra guardandola comprensiva.

 

Will le sorrise debolmente, poi tornò a guardare il soffitto.

 

-A volte, mentre cammino per strada, sento il suo profumo. E' un attimo e mi giro a cercarla, con il cuore a mille. Oppure se quando ci vediamo, per caso mi sfiora, rabbrividisco. No non credo di essere più innamorata di lei, non potrei. Ma mi fa ancora effetto.-

 

Buffy le mise una mano sulla spalla, sorridendole.

 

-E' l'unica persona che ho amato, credo mi farà sempre quest'effetto.- sorrise la rossa.

 

-Come fai a starle ancora vicino?-

 

-Come?-

 

-Ti ha fatto del male...e poi se ancora non ti è indifferente, come riesci ad aiutarla?-

 

Willow la guardò perplessa, poi stornò lo sguardo.

 

-Non credo di aiutarla molto.-

 

-Io credo di si e non se lo merita.-

 

-No Buffy. E' complicato. Mi sentirei una stronza a lasciarla da sola, ora che è debole. Ma...-

 

-Ma?-

 

-Stiamo fingendo che non sia mai successo niente. Ne abbiamo parlato solo una volta e i risultati sono stati devastanti per entrambe. Non ci aiutiamo.-

 

-Di chi è la colpa?-

 

-Non credo qualcuno ne abbia. Lei è in imbarazzo, ma fa finta di niente, da parte mia credo che infondo al cuore covi un po' di rabbia e questo non aiuta.-

 

-Allora a cosa vi serve?-

 

-Non lo so...forse non voglio ancora stacarmi da lei.-

 

Passò qualche minuto, poi Buffy riprese a parlare.

 

-Per la questione dell'essere interessata alle donne?-

 

-Mi piace che la chiami questione!- sorrise.

 

-Non so che dirti. Non sono sicura di niente. Forse è stata una digressione o forse no. Credo che aspetterò e vedrò cosa succede.-

 

-Senza far niente?-

 

-Adesso si, non sono pronta. Ma credo che fra un po', quando me la sentirò, dovrò uscire con Mark e vedere cosa c'è dall'altra parte.-

 

Buffy assentì, ma poi aggiunse.

 

-L'idea non mi esalta, anche se ha un suo senso. Ricordati però che se ti vedrò perderti di nuovo, non aspetterò che tu mi dica cosa sta succedendo...verrò a prenderti per un orecchio!-

 

Willow rise dell'enfasi dell'altra e gliene fu grata.

 

-Ricevuto!-

 

Rimasero sdraiate ancora un po', in silenzio.

 

Fino a che la bionda non interruppè nuovamente quel mutismo.

 

-Chi lo sa?-

 

-Tara...ma non tutto, non quanto sono caduta in basso. Mi vergogno troppo e lei...bè, non voglio deluderla così.-

 

-Lo sa dall'inizio vero?-

 

-Da quasi subito.-

 

Will fremette, nell'attesa dell'esplosione della bionda.

 

Perchè a Tara si e a lei no?

 

E per quanto si sforzasse, la risposta a quella domanda era confusa anche nella sua testa.

 

Tutto si riduceva, al segreto di quello strano e profondo senso di tranquillità e calma, fiducia pura, che ritrovava nella più grande e che nessuno capiva, ne avrebbe mai capito.

 

Ma Buffy non chiese niente, non si arrabbiò, si limitò soltanto a riprendere il discorso che stava facendo.

 

Perchè Buffy sapeva, che per Willow, Tara era una cosa a sè.

 

Qualcosa le legava in modo semplice ed indissolubile.

 

Non c'era niente che poteva frapporsi tra le due e questo lei lo sapeva bene.

 

Perciò non si arrabbiò, ne rimase delusa, Tara era fuori da qualsiasi schema mentale della rossa.

 

Tara era Tara.

 

E questo la rendeva diversa e unica agli occhi di Will.

 

Le confidenze che con devozione le dedicava la più giovane, erano la parte più pura di Will.

 

Una parte che non sempre a Buffy era permesso guardare.

 

Il vincolo che collegava Tara e Willow, andava ben oltre un'amicizia.

 

Non aveva idea di cosa fosse, se una fratellanza o qualcosa di più, ma aveva smesso di esserne gelosa, molti anni prima e le cose non sarebbero cambiate adesso.

 

-Lo dirai a Xander?- chiese soltanto.

 

Willow la guardò tra lo stupefatto e il grato.

 

-No...per ora no.-

 

Buffy rimase zitta, guardandola male.

 

-Mi dispiace.- fece la rossa, abbassando gli occhi.

 

-Non me la sento ancora.-

 

-Non importa. Prima o poi glielo dirai?-

 

-Non lo so...ma non adesso.-

 

-Va bene, ma..lui deve sapere.-

 

-Perchè?-

 

-Perchè è Xander!- si irritò la bionda.

 

-Mi dispiace io non...-

 

-No, dispiace a me!Siamo sempre stati noi tre. Non c'era nessun disequilibrio. Credi che non sappia che la tua vita è cambiata? Davvero pensi che non si sia reso conto di come stavi?-

 

-Lo so.-

 

-Sa anche che io so molto di più di quel che dico. Ma non chiede niente perchè ti rispetta, non l'hai capito?-

 

-Che cosa?- fece esasperata Will.

 

-Ti sta aspettando!!-

 

-Cosa dici?-

 

-Sta aspettando che tu gli faccia capire cosa ti ha spezzata! Non ci chiede niente, perchè non vuole forzarti!-

 

-Buffy ti prego...- la interruppè Will.

 

-Possiamo non parlare di questo ora?-

 

La bionda sorrise, facendo di si con la testa.

 

-E' Xander...ti adora. Siete uno nella vita dell'altra da così tanto. Per lui come per me sei una sorella, non tagliarlo fuori, ti vorrà bene comnque tu sia. Fidati di lui. Ti chiedo solo questo, prova a pensarci.-

 

Rimasero a lungo in silenzio, stese sul letto, vicine, quasi a sfiorarsi le mani.

 

Guardavano il soffitto, cercando di ritrovare i sentieri della loro infanzia, i loro sogni e le loro speranze.

 

Involontariamente si presero la mano.

 

Si guardarono negli occhi sorridendo.

 

Quella sera, la Signora Rosemberg le trovò addormentate, una vicina all'altra, ancora con le dita intrecciate.

 

Sorrise a quella scena, che tante volte in passato era stata quotidiana in casa sua.

 

Le coprì con un panno e accarezzò la testa alla figlia, scompigliando i suoi capelli cremisi con tenerezza.

 

La sua bambina sembrava star meglio, sorrideva lievemente nel sonno e finalmente le sembrava...tranquilla.

 

Guardò Buffy, sorridendole...che fosse lei la causa del nuovo stato della figlia?

 

Non importava...la ragazza bionda, c'era stata sempre per sua figlia e questa, lei lo sapeva, era la cosa più importante.

 

"Dimmi come ti va?

 

Come ti senti.

 

Se c'è qualcosa di cui ti penti

 

o se va bene tutto così,

 

così com'è!!"

 

De gregori

 

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-Ah.-

 

Era stata l'unica parola che il ragazzo moro, l'amico di una vita, le aveva detto, una volta che il suo racconto era terminato.

 

Lui escluso del tutto da quella vicenda, lui che non ne sapeva proprio nulla.

 

Lui che aveva visto l'amica piegarsi lentamente in tutti quei mesi, senza capire che le cose erano molto più complicate di come credeva.

 

Willow.

 

La sua Willow.

 

Così diversa, cambiata, cresciuta e sanguinante, da come la ricordava.

 

-Perchè non me l'hai detto?- chiese timidamente Xander, sedendosi colpito su una panchina del parco dove stavano passeggiando.

 

Will era rimasta in piedi, nervosamente si stringeva le dita.

 

Perchè non gliel'aveva detto?

 

-Ecco...vedi Xander...-

 

-Senti...se devi dirmi un'altra bugia...lascia perdere. Anzi non voglio saperlo, mi feriresti di nuovo.- sospirò il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.

 

Will, si sentì colpevole in modo estremamente chiaro, per la prima volta.

 

Xander da sempre conosceva ogni particolare di lei come di Buffy, ma stavolta no.

 

Stavolta lo aveva escluso completamente.

 

Mentre con l'amica in qualche modo aveva mantenuto un briciolo dell'antica fiducia, con il ragazzo aveva spezzato tutte le promesse infantili.

 

Promesse che proprio perchè fatte da bambini, prendono importanza e trasparenza da adulti.

 

Promesse che se mantenute, avrebbero spezzato un mondo d'inquietudine e sotterfugio.

 

L'unica salvezza dalla corruzione dilagante.

 

Non si era fidata di lui totalmente.

 

Se con Buffy aveva provato una complicità parziale, ma nuova, con lui aveva tranciato tutti i legami.

 

Entrambi si sentivano così maledettamente lontani.

 

Se in tutti quei mesi questa sensazione persistente, era stata opaca e con poco senso sia per l'uno che per l'altra, ora era chiara e tagliente.

 

-Cosa vuoi che ti dica Will...mi parli di questo a cose fatte.- continuò l'altro, buttandosi all'indietro sullo schienale della panchina e guardando il cielo terso che li sovrastava.

 

Willow abbassò il capo.

 

Sentiva la delusione dell'altro e invece si sarebbe aspettata più rabbia.

 

-Non...non sei arrabbiato?-

 

-Oh, si che lo sono...tu e anche Buffy mi avete detto un sacco di stronzate, per quanto?Troppo...ma a cosa serve che io mi arrabbi, i giochi sono già fatti.-

 

La ragazza non sapeva proprio cosa dire, lo sguardo vuoto dell'amico la spezzava.

 

E si insinuava in lei la risposta alla prima domanda che Xander gli aveva fatto.

 

E quella risposta ogni istante che passava le sembrava più assurda.

 

Aveva pensato di non avergli detto assolutamente nulla per paura...paura di non essere accettata, di essere disprezzata e giudicata.

 

E questo era vero...ma c'era qualcosa in più.

 

Perchè queste cose valevano anche per Buffy, eppure all'amica aveva detto molto mentre le cose si svolgevano.

 

C'era una cosa, una cosa sola che differenziava i due amici.

 

Xander era un maschio.

 

Assurdo...proprio per questo forse sarebbe dovuto essere più facile parlargliene.

 

Niente fraintendimenti o dubbi sulla loro amicizia, cosa che con Buffy invece aveva rischiato.

 

Eppure non era stato così.

 

La fiducia per Xander e Buffy, prima che Ken entrasse nella sua vita, era la stessa.

 

Lo stesso grado di rispetto, confidenza.

 

Ma non l'itimità.

 

Niente racconti, niente segreti su quello.

 

Sporadici dialoghi imbarazzati.

 

Rimanevano troppo diversi sotto quel profilo.

 

Un ragazzo e una ragazza.

 

Un uomo e una donna.

 

Ed era spontaneo, naturale.

 

Anche per Buffy sapeva che era così.

 

-Allora...fammi chiarire le idee...tu sei?-

 

-Non lo so cosa sono...-

 

-Bè sei più gay di me no?- sbottò lui, sorridendo appena.

 

Will fece segno di si, rilassandosi un poco.

 

-E lei è...-

 

Silenzio.

 

-Come sono stato stupido!- si irritò con se stesso Xander, dandosi una pacca sulla coscia.

 

Will vide che le sue labbra si stringevano, tese e frementi.

 

Rabbia.

 

Ma non guardava lei...non per lei come aveva creduto.

 

-Non mi è mai piaciuta!Dovevo capire che razza di...- si trattenne dal finire la frase.

 

La rossa aggrottò la fronte.

 

La rabbia, che sapeva giusta verso di lei e tutte le menzogne che gli aveva propinato, aveva incomprensibilmente preso un'altra direzione.

 

Xander non era irritato da lei o da Buffy, che gli avevano taciuto così a lungo una situazione devastante...era Kennedy il soggetto di quel sentimento.

 

-Sono...sono io che ti ho mentito.- disse Will confusa.

 

-Lo so bene.- si stizzì l'altro, guardandola gelido.

 

-E faccio fatica a capire il perchè.-

 

Willow abbassò gli occhi, ecco era questo che si aspettava.

 

Xander si girò verso di lei.

 

-Guardami in faccia, quando ti parlo.-

 

La ragazza obbedì.

 

-Non ti ho mai dato nessun motivo per non fidarti di me. Non ti ho mai dato nessun motivo per dubitare del mio affetto.- la sua voce fremeva di nervosismo.

 

Xander deglutì, chiudendo gli occhi, calmandosi.

 

-Più di dieci anni Willow...e ti ho sempre considerato una sorella...-

 

Willow abbassò di nuovo gli occhi...il colpo stava arrivando e lei sapeva di doverlo ricevere, l'indulgenza di Buffy non era sicura in Xander e questo lo sapeva.

 

A lui aveva fatto un torto più grande, estromettendolo dalla sua vita in modo completo.

 

-Ti accetterei anche se tu fossi un mostro...e non lo sei.-

 

Il ragazzo sospirò, prima di continuare.

 

-Ti dovrai fare perdonare e non mi accontenterò di poco.- le disse abbozzando un sorriso.

 

Gli occhi di Will si inumidirono, mentre sorrideva grata.

 

Stava per abbracciarlo, ma lui alzò una mano per fermarla.

 

-Non finisce così Will...-

 

L'altra impallidì non capendo.

 

-Dici che non la puoi odiare...bè lo farò io.- sibilò mentre il viso gli si faceva rosso.

 

Il ragazzo si alzò di scatto, mentre Willow assorbiva le sue parole.

 

-No, Xander...no.- disse innervosita.

 

-Cosa no?!Quella puttana ti ha distrutto...ora la distruggerò io.-

 

Mai aveva visto negli occhi dell'altro tanta determinazione vendicativa, tanta rabbia.

 

-Ma cosa pensi di fare?- gli chiese tra il sarcastico e l'amaro.

 

-Questo non ti riguarda.- rispose lui, facendo per andarsene.

 

Ma la ragazza fu più veloce e gli si parò davanti.

 

-Non ne ho già fatte abbastanza io di cazzate?!- sibilò.

 

-Non hai idea di...-

 

-Cosa Xander?Vuoi picchiarla?Bravo, prendi a pugni una donna!- gli urlò contro lei.

 

-Non è questo che intendevo...- fece lui abbassando lo sguardo.

 

-E allora?Vuoi rovinarle la vita, con qualche vendetta?Ecco diventa come loro...io ci sono stata in quel posto e...Xan, non ne esci senza segni addosso.- concluse esasperata.

 

La rabbia di Xander e la sua frustrazione, esplosero violentemente.

 

Non aveva mai urlato contro Willow.

 

-E allora cosa dovrei fare?Lasciare che quella troia viva la sua vita?Mi hai escluso da tutto, ti sei allontanata da me...ti ha allontanata da me!!Ti ha fatto cadere a pezzi...ti sta uccidendo, non lo vedi!!Come...come si può essere così crudeli, così spietati...come ha potuto farti del male?Non ha te...e ora la difendi ancora?Davvero non posso fare niente per farle sputare sangue, farle provare cosa vuol dire soffrire davvero?Perchè Will, non credo lei sappia cosa sia!-

 

-Xander...- sussurrò Willow, sconvolta dalla reazione dell'altro.

 

-Sta zitta!!Zitta Willow!!Non hai parlato fino ad adesso, cosa ti costa tacere?!?- urlò ancora più forte lui.

 

La rossa deglutì, ora era spaventata.

 

-Cazzo!!- gridò il ragazzo, calciando con violenza una lattina vicino ai suoi piedi, facendola volare lontano.

 

Diede le spalle all'altra, appoggiando entrambe le mani sulla panchina e chiudendo gli occhi.

 

Alcuni passanti si erano fermati, in lontananza, incuriositi dalla scena, che pensavano quella di una lite tra innamorati.

 

-Se potessi...se solo potessi darti uno schiaffo lo farei!Mesi a preoccuparmi per te...e tu impassibile, fredda e indifferente. Povero stronzo...io che ti ho rispettata credendo saresti venuta da me...come sempre.- fece Xander, abbassando di un poco i toni, ma ancora urlava...ancora la rabbia lo dominava.

 

-M-mi d-dispiace...- balbettò la ragazza

 

Il ragazzo si girò e velocemente la raggiunse, prendendola per le spalle.

 

-Non è vero!Non ti dispiace...se hai potuto innamorarti di una persona così, una donna e non solo, una puttana...non può dispiacerti. Ma chi diavolo sei?Con chi sono cresciuto?- la sua voce era andata smorzandosi, mentre gli occhi di entrambi si inumidivano.

 

-Non lo so...non lo so chi sono...mi dispiace...mi dispiace.- disse lei, prima di abbracciarlo.

 

-Dammi qualcuno a cui dare la colpa...non posso darla a te, non riuscirei mai a odiarti...fammi odiare lei.- le sussurrò tra i singhiozzi il moro.

 

-Non serve, sono io la stupida...mi fido di te...ti prego.-

 

Il loro pianto era durato qualche minuto.

 

Poi Xander, aveva ritrovato la virilità perduta, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano e staccatosi dall'abbraccio, si era seduto sulla panchina.

 

Willow l'aveva seguito dopo poco.

 

Erano rimasti lì un altro po', in silenzio, finchè lui non le aveva preso la mano senza guardarla.

 

E la cosa era finita lì.

 

Xander non aveva mai più detto una parola, la faccenda era chiusa e Willow perdonata e accettata incondizionatamente.

 

Quella scenata, quello sfogo erano serviti a sedare qualunque rancore.

 

Il ragazzo non avrebbe mai fatto niente di quello che aveva minacciato, ma non era come Buffy, interiorizzare non faceva per lui.

 

Era un impulsivo...così era riuscito a scaricare tutta la rabbia e la delusione.

 

Così aveva perdonato e accettato Willow.

 

A lui non interessava come la sua migliore amica fosse.

 

L'amava come fosse cieco.

 

Amava la sua essenza...tutto ciò che le ruotava attorno non importava.

 

Voleva bene alla sua anima, a chi era davvero e quella storia, a suo parere, non ne intaccava per niente la purezza.

 

Anche alla rossa quel pomeriggio era servito.

 

Quanto era amata?

 

E quanto poco si amava lei.

 

Non era giusto...ma le persone che aveva accanto l'adoravano, anche così...e invece lei non riusciva nemmeno a guardarsi allo specchio.

 

Era molto più fortunata di quel che credeva.

 

E poi con Xander si era sfogata anche lei...lei che non poteva davanti a nessuno, lei che per tutti quei mesi si era sforzata di non alzare la voce, di essere più invisibile possibile, di non piangere...quando forse non aveva bisogno d'altro...non era il ragazzo il soggetto della sua rabbia però.

 

Una rabbia che non sapeva di avere in corpo, così prorompente.

 

E l'aveva vista, percepita scorrere in lei, finalmente liberata.

 

E Kennedy era il bersaglio.

 

E non poteva...di nuovo.

 

Non aveva scelta e ringrazio Dio, di non averne o forse avrebbe sbagliato nuovamente.

 

Quando aveva trovato il coraggio di dirlo a Xander, qualche settimana dopo Buffy, non avrebbe mai creduto di farsi così tanto bene e ne fu grata all'amico che aveva tradito.

 

Lui che era suo fratello.

 

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"Is be more like me and be less like you..."

 

-Numb- Linking Park

 

Kennedy aprì curiosa e un po' irritata la lettera.

 

Aveva riconosciuto la scrittura di Willow sulla busta.

 

Una scrittura fluente e rotonda, che tradiva l'immaturità a tratti della rossa.

 

Si sedette sul divano e aprì quei tre fogli scritti fittamente.

 

"Vorrei poterti salutare in un modo diverso.

 

Ma chi lo dice ha ragione...la mia è rabbia.

 

Continuo a giustificarti e non so perchè.

 

Dovrei odiarti, mi hai fatto più male tu che chiunque altro in 22anni di vita.

 

Mi hai preso tutto e mi hai reso simile a te.

 

E in realtà io mi sento in colpa perchè te l'ho permesso.

 

Hai piegato qualsiasi mia difesa e i valori che ho sempre creduto inestinguibili si sono spenti in me.

 

Ho lasciato che si sporcasse ogni cosa della mia vita.

 

Avrei dovuto mandarti via da me da molto tempo.

 

In realtà se fossi stata la persona che credevo, non avrei dovuto permettere neanche che mi toccassi una volta.

 

Ma invece non la sono stata.

 

Siamo fragili entrambe, io non riuscendo a vedere dove mi portava la tua mano, tu che hai fatto della tua vita un meschino gioco di specchi, guidata da qualcosa che ancora non voglio e non posso chiamare cattiveria.

 

Non sono ancora arrivata nemmeno a questo.

 

Non so riconoscere quello che mi hai fatto, seppure lo percepisco.

 

E la rabbia sale...

 

Ogni volta che ti vedo, ogni volta che ti sento, mi destabilizzi, mi sporco ancora.

 

Non ti posso incolpare di quello che probabilmente sono, tu mi hai solo fatto vedere una parte di me che mi sono sempre rifiutata di guardare.

 

E' già difficile così, anche solo tentare di guardarsi dentro, per poi sperare di accettarsi forse, un giorno.

 

Ma non è tua la colpa, si può essere come forse siamo entrambe in modo sano, giusto!

 

Deve essere così, altrimenti io non potrò mai lasciarmi andare a quella che forse è la vera me stessa.

 

Invece il modo che hai vissuto tu e che mi hai insegnato a vivere, è un cumulo di bugie, tradimenti, illusioni di libertà...immondizia.

 

Una sporcizia che ti si infila dentro e ti marchia.

 

Io, tu...forse anche Rachel, anzi di sicuro...siamo segnate da questo schifo.

 

Io non credo e qui ancora ti giustifico, che tu abbia mai avuto scelta prima d'ora.

 

Per quanto una scelta la si ha sempre.

 

Ma ora ce l'hai!

 

La colpa è mia, perchè mi sono fatta corrompere da tutto questo mondo insensato.

 

Sono diventata uguale a te.

 

Nei tuoi peggiori momenti, nei miei...uguali.

 

Le mie ferite sanguinano ancora.

 

Di sicuro noi due non siamo persone equilibrate, ma credo di essere più forte io, almeno un po'.

 

Almeno lo spero, perchè ci sono cose che non potrei mai...

 

Non ne avrei il coraggio o forse non sarei così vigliacca.

 

Io ti ho voluto bene sul serio ed era la prima volta che amavo così.

 

Non sai quanto...dolore e frustrazione ho provato, capendo che quello che provavo era inutile, spesso deriso, svilito.

 

Non so se sarò più capace di amare così...spero di si, in modo meno disperato e distruttivo, meno buio, perchè se non amassi più sarebbe un peccato.

 

Lo so che tu mi vuoi bene, in un modo strano e contorto, ma me ne vuoi.

 

Quando ti guardo ora, non so cosa sento.

 

Non è affetto, ne odio...è qualcosa che non riesco a definire, a parte una sensazione d'impotenza e rabbia.

 

Ma noi non vogliamo definirci, vero Ken?

 

Che stupida sono stata a crederti, che stupida a non capire che non è possibile, ne giusto.

 

Ma sta di fatto che tu, anche non volendo, riesci a ferirmi e io non riesco ad aiutarti, perchè non posso starti vicino.

 

Non parliamo del fatto che tu non riuscirai mai a guardarmi, allo stesso modo di Mark o Kelly...

 

Perchè io sono parte di quello, che so con fatica, stai tentando di lasciarti alle spalle.

 

Si sono arrabbiata, in parte con me stessa, perchè non riesco ad accettarmi del tutto anche se faccio passi avanti, ma in parte sei tu.

 

E questo lo so io e lo sai tu.

 

Ho creduto di poterti stare vicino, perchè avevi bisogno d'aiuto e forse c'ho messo troppo a capire che non avrei mai potuto.

 

Credo sia un bene per entrambe salutarci qui.

 

Pensavo di riuscire a salutarti con un messaggio, solo augurandoti una buona vita, senza farti male."

 

Kennedy ricordò qualche sera prima un messaggio dell'altra.

 

-Ti auguro di trovare presto la tranquillità e la felicità. Hai un'altra possibilità ora, non sprecarla.

 

Ti vorrò bene sempre. Buona vita. Willow-

 

Aveva percepito un senso di lontananza nel leggerlo, qualcosa che non aveva mai sentito in Will.

 

Ora sapeva che era stato un addio o almeno voleva esserlo.

 

Continuò a leggere.

 

"Ma credo che...penso di essermi umiliata abbastanza, dovevo dirti quello che sto scrivendo, dovevi sentire me per una volta.

 

Puoi pensare che mi stia vendicando, che ti stia punendo e forse qualcosa di vero c'è.

 

Ma avrei potuto e posso farti davvero male e non lo faccio.

 

Non mi piace e trovo inutile, ferire davvero le persone che amo.

 

Rifarei tutto allo stesso modo, da quel giovedì sera maledetto, in cui Lois ha scoperto tutto, fino ad ora.

 

Ti starei vicino, come ho fatto, come mi hai permesso, come ho potuto.

 

E l'ho fatto volentieri.

 

Perchè tu, in qualche modo strano che ancora non capisco, sei stata importante.

 

E' solo che ora e così ci facciamo solo dell'altro male.

 

Se mi hai voluto bene, io te ne ho voluto...ti prego non fare altre cazzate, vivi e cerca di costruirti la vita che vuoi nel modo più giusto...nel modo giusto!

 

Ti auguro davvero il meglio, come un'amica fa per un'amica.

 

Ken...buona fortuna...per tutto.

 

Ti vorrò bene sempre.

 

Will"

 

La bruna stornò gli occhi da quei fogli e si alzò in piedi, stringendo ancora la lettera tra le mani.

 

Il suo sguardo si perse oltre il luogo in cui si trovava, oltre quella stanza, al di là di quei muri.

 

Poi ritornò indefinito alla cascata di parole che tratteneva nella mano destra.

 

Alzò i tre fogli all'altezza del bacino, fissandoli, come se lo stesse facendo con gli occhi di chi li aveva scritti.

 

Deglutì, passandosi la mano libera tra i lunghi capelli scuri.

 

Poi strappò la lettera, continuando a guardarne i frammenti lacerati.

 

Si avvicinò alla spazzatura e li fece scivolare dentro, quasi accompagnandoli.

 

Rimase lì a fissarli per qualche istante.

 

Poi si girò e sparì nella sua camera da letto.

 

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I genitori di Will erano andati in giro per la California per un week end romantico.

 

Tre giorni da sola.

 

Come quando era adolescente, anche se in modo meno dirompente, questa situazione la eccitava.

 

Certo a L.A. abitava da sola e non le erano nuove serate con amici e nottate tranquillamente spaparanzata sul divano a leggere, senza che nessuno assonnato e irritato le dicesse che era troppo tardi e di andare a letto.

 

Sorrise della sua ritrovata semplicità.

 

Un anno indietro, la casa sarebbe stata inondata dall'odore di vino e dal fumo stagnante, popolata solo di giorno per dormire e abbandonata la sera tardi per flirtare con la notte in viaggi pazzi sulla costa.

 

Ora il più alto utilizzo della sua illusa libertà, era la lettura dell'ultimo appassionante romanzo del suo autore preferito fino a tarda notte e una cena con Xander e Buffy.

 

Cosa che aveva già fatto la sera prima.

 

Bel film, grasse risate e amici ritrovati.

 

Li aveva raggiunti Anya sul tardi, la ragazza buffa di Xander, che li aveva fatti sbellicare raccontando chissà quale avventura al negozio dove lavorava.

 

Era stato divertente.

 

E tranquillo.

 

Ultimamente preferiva serate come questa a cose più movimentate.

 

Contrappasso? Forse.

 

Comunque quel sabato pomeriggio, riassettata la casa per l'ospite in arrivo, che non le avrebbe perdonato disordine, sedeva tranquillamente immersa nella lettura.

 

Il campanello suonò due volte.

 

Willow sorrise appoggiando il libro e saltellando contenta verso la porta.

 

-Ciao!Entra.- disse cordiale a Tara, che le sorrideva.

 

-Ciao, allora la vita senza genitori come va?-

 

-Bene bene!- fece la rossa, facendole strada verso il salotto da basso.

 

La bionda si sedette sul divano e notò divertita il vassoio con biscotti e the freddo, appoggiato sul tavolino davanti a lei.

 

-Così hai messo a posto e sei diventata una perfetta padrona di casa per me?-

 

Willow divenne tutta rossa e mentre si sedeva borbottò.

 

-Essere disordinati, non vuol dire non essere ospitali.-

 

-Dai che scherzo! Allora come mai quest'invito?

 

-Occupo sempre casa tua e ho pensato di ricambiare!- disse radiosa la rossa.

 

-Bè sei molto gentile Signorina Rosemberg!- si misero a ridere entrambe.

 

Il pomeriggio continuò nel migliore dei modi.

 

Willow raccontò a Tara il nuovo grande amore di Buffy, uno splendido ragazzo di nome Angel, che anche l'altra conosceva perchè amico di Leo, finalmente la biondina era riuscita a conquistarlo e sembrava che anche il ragazzo fosse realmente interessato a lei.

 

E la più grande fece ridere la rossa, snocciolando divertenti aneddoti sul suo nuovo lavoro di ricerca, rallentato dalla presenza nella stanza dove lo conduceva, di una scimmia dispettosa.

 

Dopo la dissertazione d'obbligo, sulla loro indignazione ambientalistica sugli animali da laboratorio e la rassicurazione della bionda che non c'entrava nulla con quella scimmia, Tara stava ora raccontando l'improbabile approccio di un suo collega.

 

-E si è avvicinato con il caffè per me in mano, sorriso galante e passo spavaldo. Se non che è inciampato rovesciandomelo addosso!-concluse suscitando l'ilarità dell'altra.

 

Quando ebbero smesso di ridere, Willow versò del nuovo the nel suo bicchiere.

 

-Bè almeno è carino?-

 

-Per l'amor di Dio, Willow! E' inguardabile...-

 

-Non è molto lusinghiero nei tuoi confronti..- la provocò l'altra.

 

-Ufficialmente no...-

 

-E ufficiosamente...- [n.d.a. Tributo alle nostre streghe, ci voleva!]

 

-Visto che non mi interessa, non è molto importante!- fece tranquilla Tara, sorseggiando la bevanda fredda.

 

-Quindi c'è qualcun altro...- si informò fingendo disinteresse Will.

 

-No.-

 

-E bè?Cosa aspettiamo?-

 

-Te l'ho già spiegato.-

 

-Si va bene, ma sono passati molti mesi.- sapeva di dover dire all'altra quelle cose, per incoraggiarla, ma infondo non le dispiaceva affatto che Tara fosse single. Sicuramente così aveva più tempo da dedicare alla sua pulce.

 

-Ancora non è il momento.-

 

-Cos'è aspettiamo il primo amore?- disse ironica la rossa.

 

Parlava del primo ragazzo di Tara, con cui la bionda giovanissima aveva intessuto una relazione durata anni.

 

Quando era finita, Tara era stata molto male, credendolo la persona giusta, questo almeno dai racconti che ne faceva.

 

Per un anno si era chiusa in una specie di clausura, finchè il cugino di Buffy non l'aveva liberata.

 

Questo agli occhi di Willow era l'unico merito del parente dell'amica.

 

In ogni caso intuiva, che la donna che sedeva davanti a lei non aveva mai dimenticato il suo primo amore e nonostante avesse avuto altre storie, non si era mai giocata del tutto.

 

A questo Will dava la colpa dei fallimenti amorosi dell'altra.

 

-Willow bada...- rispose la bionda all'insinuazione.

 

La rossa decise di avventurarsi su quel terreno minato, con più cautela.

 

-Senti...tu hai mai amato?-

 

-Lo sai, una volta.-

 

-Te lo ricordi bene?-

 

-Che cosa?-

 

-La sensazione, il sentimento.-

 

-Forse è un po' annebbiato dalla memoria, ma si, perchè?- chiese curiosa.

 

-Non so io ho la sensazione di dimenticarlo.-

 

-Come?-

 

-Non te lo so spiegare. Ricordo bene il calore sulle guance quando la vedevo ed il cuore impazzito. La sensazione di pace le poche volte che l'ho tenuta tra le braccia, l'interesse spansomodico per ogni suo discorso. Il suo bene prima del mio.-

 

-Penso che tu lo ricordi bene allora.- disse senza capire la bionda.

 

-Si, ma in modo impersonale. Come se vedessi vivere queste cose da un'altra me stessa. E poi ho ancora in testa il vuoto che mi ha lasciato, quando se n'è andato quell'amore. Non parliamo del dolore. Ecco il vuoto e il dolore, sono miei davvero, li sento dentro ancora, invece l'amore...quello mi sfugge.-

 

- Il tuo non è mai stato un amore ricambiato, quindi non è mai stato felice. Forse hai solo rimosso la parte che come mi hai detto tante volte ti sembrava inutile.-

 

-Può essere.- rispose pensierosa.

 

-Ma adesso...cioè voglio dire...- incespicò sulle parole la bionda.

 

-Cosa Tara?-

 

-Sei ancora innamorata di lei?- chiese non guardandola in faccia.

 

-No.- fu la risposta secca di Willow.

 

-Non mi sembri convinta.-

 

Will sprofondò nella poltrona, ripensando alla lettera che aveva spedito a Kennedy qualche settimana prima, oramai era sicura fosse arrivata e il silenzio dell'altra ne era la prova.

 

Due settimane in cui non si erano più viste ne sentite.

 

All'inizio le era mancata, ma si era detta che quella era la cosa migliore.

 

Si era sentita una vigliacca a non parlare di persona, ma aveva paura che la sua rabbia prendesse il sopravvento, ferendo Kennedy più di quanto volesse o fosse giusto, oppure che la sua forza davanti a quegli occhi venisse meno e che quindi nessuna parola sarebbe stata detta.

 

Una lettera era ponderata, bilanciata tra ira e chiarezza, giusta.

 

Sperava che l'altra capisse.

 

In tutta quella lunga primavera, in cui le cose si erano finalmente rilassate, lei e Ken si erano viste spesso.

 

Ma dopo la discussione di quella notte di qualche mese prima, rimaneva sempre più doloroso guardarsi negli occhi e restare sempre su discorsi superficiali.

 

Ricordava una volta di aver detto a Kennedy, che se ridevano non potevano farsi del male.

 

E a questo si erano attenute, conducendo conversazioni tanto esilaranti, quanto sterili, ogni volta che si erano viste.

 

Che rapporto era quello?

 

E poi, Willow sapeva che la rabbia che portava in corpo per l'altra prima o poi sarebbe esplosa.

 

Dato che non voleva ferire la sua amata carnefice, come spesso la definiva mentalmente, aveva preferito finirla.

 

Era stato meglio per entrambe o almeno sperava lo sarebbe stato, scacciando l'insistente senso di colpa per aver tolto un'amica a qualcuno che ne aveva un disperato bisogno quell'anno.

 

"Amica" poi.

 

L'aveva amata, non sarebbe potuta mai essere davvero sua amica.

 

Ad ogni modo, ancora faceva male un po'.

 

-Il mio no è convinto e definitivo. Ma Tara, io l'ho amata davvero,fa male ancora e lei ha giocato con me, non è facile mandarlo giù.-

 

-E allora perchè la vedi?-

 

-Non la vedo.- disse alzandosi.

 

-Ma come?Credevo...-

 

-E' finita, finita davvero e sono stata io. Ora parliamo d'altro?- fece la rossa, animandosi di un bel sorriso sull'ultima frase e sedendosi pesantemente vicino all'altra.

 

Tara si spostò appena a sinistra.

 

-Perchè ti sposti?- chiese Will, stupita.

 

-Per farti posto. E per farmi vedere sorridere orgogliosa dalla mia pulce.-

 

-E di chi sei orgogliosa?-

 

-Di te.-

 

Si guardarono per qualche secondo in silenzio e le parole che non si erano dette su quella storia, perchè ancora pungevano, le pronunciarono così.

 

-Va bene, ma non era qui che volevo arrivare. Raccontami tu qualcosa sull'amore. Quello felice intendo.-

 

-E perchè?-

 

-E' carino...e fa sognare un po' credo.-

 

Così Tara aveva passato un'ora buona a raccontare scene romantiche all'altra, di un passato davvero troppo lontano.

 

Capì solo alla fine cosa Will volesse in realtà.

 

-L'hai fatto apposta vero?-

 

-Cosa?-

 

-Dai...la morale è: Tara queste cose ti mancano, perchè non provi a ritrovarle?-

 

-Può darsi...- disse falsamente innocente.

 

-Colpita...comunque anche se fosse, non è che abbia qualcuno tra le mani adesso.- concluse la bionda.

 

-Non dev'essere così difficile per te...per lo meno provaci! Ok, riflettiamo, lo vuoi intelligente e buono scommetto!-

 

-Si.-

 

-Generoso, altruista, gentile.-

 

-Si, va bè Will, sappiamo tutte com'è il principe azzurro! Non hai detto bello però?!-

 

-Non credevo ti interessasse, esci sempre con dei mostri.-

 

-Ehi!-

 

-E' vero!-

 

-Invece no, io in realtà sono molto esteta. Cioè mi piace il bello.-

 

-So cosa vuol dire. Comunque non mi è mai sembrato.-

 

-Ma perchè ho sempre conosciuto persone belle ma stupide o peggio, forse per questo sono stata con ragazzi non splendidi fuori, ma interessanti dentro. Infondo mi sta bene!-

 

-Che cosa?-

 

-Ogni volta che vedo qualcuno "bello", davvero intendo, ne sono attirata, voglio conoscerlo e il novanta per cento delle volte sono dei cretini!-

 

Willow scoppiò a ridere.

 

-Dai, racconta, ti è successo di recente?-

 

-Si, in palestra l'altra settimana. Nel mio corso di Yoga c'è una ragazza e Will è davvero splendida! Così ci ho scambiato due parole...-

 

Tara tacque per qualche istante per dare pathos al seguito, mentre Willow pensava che nel racconto dell'altra ci fosse qualcosa di sbagliato, non capiva cosa, ma c'era qualcosa che stonava, qualcosa che le aveva fatto drizzare le orecchie.

 

-Bene Willow...è stato agghiacciante!-

 

-Come scusa?- chiese la rossa, ritrovando il filo del discorso di Tara.

 

-Un'idiota...ci sono rimasta malissimo!Così imparo a giudicare dalle apparenze!-

 

Il dubbio di Willow si assopì, nei meandri della sua mente per permetterle di ridere con l'altra in quel momento.

 

-Sai Doc questa non me l'aspett..- mentre diceva così, posò una mano sul ginocchio della bionda, che si alzò frettolosamente in piedi.

 

Willow si bloccò subito, interdetta e con sguardo interrogativo guardò l'altra.

 

-D-devo andare adesso si è fatto tardi.- disse Tara incespicando sulle parole ed avvicinandosi alla porta.

 

-Va bene.- fece una Willow più sorpresa che altro.

 

Si avvicinò all'altra per darle un bacio sulla guancia, in segno di saluto, ma Tara aprì la porta e la salutò con la mano.

 

-Ci vediamo presto pulce. Ciao!- ed era uscita, richiudendo la porta alle sue spalle.

 

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Ormai era sera.

 

Xander sarebbe arrivato da un momento all'altro con la pizza.

 

Era passata una settimana dalla visita di Tara e lei ancora non si spiegava lo strano comportamento della bionda.

 

Di fondo avvertiva uno strano malessere.

 

Come se ci fosse qualcosa di poco chiaro in quelle ore passate con l'altra.

 

E lei odiava qualsiasi possibile incongruenza con Tara.

 

Era sempre stato così, ogni scontro, ogni malumore con l'altra l'aveva sempre gettata nello sconforto.

 

In quei dieci anni, aveva sempre voluto che con la bionda le cose andassero a meraviglia.

 

Era il suo posto tranquillo.

 

Si, Tara era il suo porto di quiete, con lei in ogni momento della sua vita, dal primo attimo in cui l'aveva vista, ritrovava una pace particolare.

 

Accoccolata in quell'amicizia strana eppure così tranquillizzante.

 

Ci si rifugiava ogni qual volta la vita le sembrasse troppo pesante da reggere, perchè lì negli abbracci dell'altra, nelle sue parole, trovava una sorta di luce, una speranza.

 

La speranza che le cose possano migliorare sempre, che il domani sia meno scuro dell'oggi.

 

E non aveva voluto mai rinunciarvi.

 

Ne aveva bisogno, perchè morta quella speranza, non rimaneva granchè di una vita.

 

Nonostante questo, ripercorrendo gli eventi di quel pomeriggio, non riusciva a capire cosa fosse andato storto, cosa avesse fatto scappare così precipitosamente la ragazza.

 

Avevano parlato, come sempre, ridendo e scherzando.

 

Qualche discorso serio c'era scappato, ma nulla che si ricordasse era tanto grave da aver potuto turbare Tara.

 

Non riusciva proprio a capire.

 

-Avrà i suoi guai...oppure l'hai fatta innervosire parlando di quella là.- aveva detto Xander e dietro di lui Buffy assentiva con la testa.

 

Ma nonostante i suoi amici, non le sembrava, c'era qualcosa di differente.

 

Cosa c'era di diverso, dalle centinaia di volte in cui si erao viste?

 

Ricordò all'improvviso una sua frase.

 

-Perchè ti sposti?-

 

Impallidì.

 

Non poteva essere.

 

Ripercorse quel pomeriggio ancora una volta.

 

Tara era arrivata, avevano parlato, poi lei si era spostata sul divano accanto alla bionda che si era scansata.

 

-Per farti spazio.-

 

Avevano continuato a parlare fino a che non l'aveva sfiorata con la mano.

 

La bionda allora si era alzata in fretta e furia.

 

-Devo andare.-

 

Si passò una mano tra i capelli e chiuse gli occhi.

 

Ci ripensò ancora una volta.

 

In tutto il tempo che erano state insieme, non si erano mai toccate?

 

Nessun abbraccio, nessuna stretta, nessun lieve contatto.

 

Si sedette sul letto della sua stanza.

 

Non poteva essere.

 

Ricordò gli occhi celesti di Tara mentre se ne andava, guardare tutto furchè lei.

 

Cosa ci aveva letto, che sul momento non aveva riconosciuto?

 

Paura.

 

La costatazione la inondò cattiva, facendola restare immobile.

 

Eppure ne avevano parlato tempo prima, quando le sue tendenze sessuali avevano virato bruscamente.

 

Tara aveva detto che non le importava.

 

Non era possibile.

 

Scosse la testa, non ci credeva, Tara non poteva avere paura di lei e della sua omosessualità.

 

Rise di se stessa.

 

Come aveva potuto anche solo pensarci.

 

Ma quel dubbio ristagnava nella sua testa, pungendola di quando in quando.

 

-Basta Will!- disse ad alta voce.

 

"E se avesse davvero paura di me?" si chiese mentalmente.

 

Il campanello suonò.

 

Xander.

 

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Così era davanti alla porta della ragazza bionda.

 

Non aveva avvertito del suo arrivo, sperava solo che l'altra ci fosse.

 

Era domenica pomeriggio e nonostante lo splendido sole, conoscendo Tara, aveva già passeggiato per Sunnydale, godendo di quella bella giornata, quella mattina.

 

Se non si sbagliava, l'avrebbe trovata china su qualche articolo medico o intenta a ripassare vecchi volumi di neurologia.

 

Prese un lungo e profondo respiro e si decise a bussare.

 

Nessuna risposta.

 

Si morse un labbro, forse l'altra era davvero fuori.

 

Più i secondi passavano, più il suo coraggio scemava.

 

Infondo non era così importante parlarle di quello stupido dubbio.

 

-Arrivo!-

 

Sussultò sentendo la voce dolce dell'altra.

 

Deglutì e aspettò che la bionda aprisse la porta, anche se il suo impulso era di fuggire.

 

-Ciao Will!Che bello vederti!- fece Tara.

 

La bionda le dedicò un sorriso radioso, che Willow vide comprenderle e illuminarle gli occhi.

 

Si scosse.

 

-Ciao...ti disturbo?- fece seria la rossa.

 

-No, figurati. Se avvertivi ti preparavo qualcosa.- disse facendole segno di entrare.

 

-Scusami.-

 

-Dai scherzavo...qualcosa avrò da offrirti.-

 

"Non mi ha nè abbracciata, nè baciata. L'ha sempre fatto." pensò la rossa, mentre si sedeva in cucina.

 

-Allora, qual buon vento?-

 

-Voglia di vederti.- le sorrise di rimando Willow.

 

Tara sorrise ancora, come poco prima, mentre sulle guance le si dipingeva un verginale rossore.

 

-Ti sei imbarazzata?- chiese Will, con falso stupore.

 

-Non più del solito.- rispose l'altra girandosi e dandole le spalle, mentre prendeva due tazze e la busta dei biscotti sul ripiano alto.

 

-The?-

 

-Volentieri.-

 

Tara mise la teiera sul fuoco e finalmente si sedette vicino a Willow.

 

-Senti ma io ti imbarazzo?- chiese a bruciapelo la rossa.

 

-In che senso?-

 

-Bè, come prima, con le parole.-

 

-I complimenti che mi fai, mi lusingano. Ma non lo chiamerei imbarazzo.-

 

-E come lo chiameresti?-

 

-Mi fa piacere quando mi dimostri che mi stimi e mi vuoi bene.-

 

-Diventi rossa. Ecco come adesso!-

 

-Will perchè mi fai queste domande?-

 

La teiera fischiò, distraendole dalla conversazione.

 

La bionda la tolse dal fuoco e verso l'acqua nelle due tazze, intingendoci poi le due bustine di the.

 

-Vuoi una mano?- chiese Willow, che approfittò della scusa per sfiorarla e vederne la reazione.

 

Reazione che non tardo a venire, di fatti la bionda si ritrasse delicatamente, facendo segno all'altra che non aveva bisogno d'aiuto.

 

Willow si risedette contrariata.

 

Il suo dubbio si concretizzava di minuto in minuto.

 

Ma non ne aveva ancora la prova visibile e doveva trovarla.

 

Non avrebbe sopportato che la bionda fosse spaventata da lei.

 

Voleva togliersi quella fastidiosa pulce dall'orecchio.

 

Avevano appena finito di bere il the.

 

Will decise di giocarsi il tutto per tutto.

 

-Tara, hai...tu hai paura di me?-

 

-Cosa?- fece sbalordita la bionda.

 

-Si insomma, perchè io sono gay, intendo.- rispose seria Will.

 

-Ma scherzi?!Cosa stai dicendo?Pensavo che questo discorso l'avessimo già fatto. E poi mi reputi una persona così meschina da non accettarti come sei?Io ti voglio bene e questo non cambierà mai.- rispose indignata l'altra.

 

Tara si stava arrabbiando lo percepiva e nonostante le sue parole l'avessero invasa con il loro calore, decise di continuare il suo personale interrogatorio.

 

-E allora perchè non mi tocchi più?-

 

Tara sgranò gli occhi, poi divenne improvvisamente seria.

 

-Willow...Cosa succede?-

 

-Rispondimi.-

 

-Te lo sei inventato, non ho nessun problema nel toccarti. Poi che io non sia quella che abbraccia in continuazione i suoi amici, lo sai.-

 

-Allora abbracciami.-

 

-Non mi va.- disse Tara incrociando le braccia.

 

Willow deglutì, le rimaneva solo una cosa da fare.

 

Si avvicinò lentamente, mentre Tara la guardava senza capire.

 

Con una mano sfiorò la guancia della bionda e sentì la ragazza tremare.

 

Avvicinò ancora il viso.

 

La tensione sferzava l'aria.

 

Tara era immobile e rigida sulla sedia.

 

Willow si allungò sulla sua e le si avvicinò sempre di più.

 

Pochi centimetri ancora e avrebbe baciato Tara.

 

Sudava freddo.

 

Se la bionda si fosse girata in malo modo avrebbe avuto la sua prova.

 

Se fosse scoppiata a ridere, tutti i suoi dubbi sarebbero stati dissipati.

 

Ma se si fosse fatta baciare?

 

E soprattutto lei sarebbe stata in grado di baciare Tara?

 

Intanto la distanza fra loro era praticamente nulla, Will sentì le gambe molli e il cuore accellerare di colpo.

 

Forse l'altra la stava prendendo in giro, aspettando il momento in cui la rossa si sarebbe tirata indietro, se era così l'avrebbe derisa a vita.

 

Si anche perchè Will non ce la faceva più, una manciata di secondi e avrebbe mollato, quel giochino stupido.

 

Stava per farlo.

 

Stava per farlo quando Tara si alzò bruscamente dalla sedia, rimanendo in piedi attonita davanti a una Will visibilmente dolente e delusa.

 

Aveva sperato di avere torto.

 

Ma Tara, con quel gesto le aveva fatto capire chiaramente che era terrorizzata da lei.

 

Will si alzò dalla sedia, gli occhi pericolosamente umidi.

 

-Perchè non me l'hai detto?Perchè non mi hai detto che avevi paura di me?- la prima lacrima scese sulla sua guancia, mentre Tara in preda al panico, faceva segno di no con la testa.

 

-No, ti prego, non è così.-

 

-Cos'è ti faccio schifo?Non vuoi che ti tocchi perchè mi disprezzi?-

 

-Will, per favore!Non è vero!- disse decisa la bionda, ma Willow non l'ascoltava più.

 

-Tra tutti quanti, proprio tu!Io ti adoro, mi sono fidata...perchè Tara, perchè?- ora piangeva sommessamente.

 

-Will, ascoltami, io non ho paura di te...- disse avvicinandosi per abbracciarla, ma la rossa la evitò, iniziando ad alzare i toni.

 

-Non toccarmi!Non la voglio la tua pietà...non ti avrei mai baciato stupida!Tu sei troppo per me, volevo solo il tuo affetto!Perchè ti sei spostata?-

 

-Willow...- fece supplichevole Tara, mentre anche lei iniziava a piangere.

 

-Di cosa hai paura?Non ti farei mai del male!Di cosa hai paura?- le urlò contro una Will stravolta e parecchio alterata.

 

Tara non ci vide più e senza ragionare, annullò la distanza tra loro, gridandole contro.

 

-Di questo!!-

 

Willow presa di sorpresa non reagì, quando le labbra di Tara si scontrarono con le sue.

 

La stanza si riempì di un silenzio irreale.

 

Ora la bionda le prendeva delicatamente il viso tra le mani.

 

Entrambe avevano chiuso gli occhi, mentre approfondivano il bacio.

 

Il cuore di Will batteva all'impazzata, sembrava che da un momento all'altro le dovesse schizzare dal petto.

 

Brividi bollenti, le correvano lungo la schiena.

 

Non si era ancora resa conto di quello che stava succedendo, quando le loro lingue si incontrarono, provocando un'esplosione d'emozioni nel suo animo.

 

Lo shock, la fece staccare bruscamente da quel bacio, durato così poco, ma di così forte intensità.

 

Sbattè con violenza contro lo stipite della porta, appiattendovisi contro.

 

Si portò le dita alle labbra, come se qualcosa gliele avesse ustionate.

 

Tara si appoggiò al muro, mentre due lacrime ruzzolavano sul suo viso.

 

Il suo sguardo era vuoto, come se avesse perso tutto.

 

Poi si ravvivò, incontrando gli occhi sconvolti di Willow.

 

La bionda si scosse e alzò una mano.

 

-Pulce, ti prego, parliamone, non...-

 

Ma la rossa la interruppè.

 

-Non farmi questo...- la sua voce era un sibilò, Tara la sentì appena.

 

La bionda rimase impietrita.

 

Passò qualche minuto nel più totale silenzio.

 

-Non voglio più giocare...mi fai male Tara...non giocare con me...non farmi questo, non tu.- sussurrò Willow, scivolando verso la porta d'ingresso.

 

Chiuse gli occhi e sparì nell'antro delle scale, con la sensazione di non riuscire a respirare.

 

Tara si accasciò sul muro della sua cucina, prendendosi il viso fra le mani.

 

 

 

Epilogo

 

Settembre2002

 

Erano passati tre mesi.

 

Tre mesi senza una parola.

 

La rossa si era eclissata.

 

Non aveva più saputo nulla, nè telefonate, nè mail.

 

Niente di niente.

 

Non era mai successo.

 

Dieci anni e non era mai successo.

 

Willow l'aveva sempre cercata.

 

Non era abituata al suo silenzio.

 

Avrebbe voluto correre a parlarle e l'avrebbe costretta ad ascoltare.

 

Si sarebbe fatta capire, si sarebbe spiegata.

 

Avrebbe infranto quella cortina di dolore, avrebbe fatto crollare il ricordo di quel momento che le aveva unite per non più di un attimo e poi divise in modo straziante.

 

Ogni giorno di quei maledetti tre mesi si era alzata ed addormentata, con questi pensieri.

 

Più di una volta era riuscita, con passo deciso, ad arrivare fino al vialetto di casa Rosemberg, ma poi...

 

"Non giocare con me."

 

Parole di un'amarezza devastante.

 

Parole che la infiammavano di rabbia e la piegavano.

 

Non aveva mai giocato...con nessuno.

 

E Willow la conosceva, sapeva chi era.

 

Al di là di quel momento, al di là di quel singolo giorno delle loro vite, lei era sempre Tara e Will doveva sapere che "giocare" non era un verbo che accomunava ai sentimenti.

 

"Non farmi questo, non tu."

 

Altre parole.

 

Altro dolore, ma non più rabbia.

 

In quella frase la rossa la paragonava a Kennedy.

 

Anzi la rendeva peggiore.

 

Lei di cui la ragazza si era fidata completamente, a cui aveva affidato spesso e volentieri il suo cuore, lei che si era sempre fregiata della stima infinita di Will, l'aveva tradita.

 

"Mi fai male Tara."

 

Queste erano pugnali nel suo ventre.

 

La bionda agognava solo la felicità dell'altra, desiderava proteggerla, invece lei fra tutti l'aveva ferita.

 

I momenti precedenti a quello stupido bacio, la coglievano con violenza fredda, momenti in cui la rossa le aveva chiesto solo di toccarla e dimostrarle affetto.

 

Ma lei non aveva voluto.

 

Perchè non aveva voluto?

 

Perchè l'aveva tradita?

 

Così turbini di questi pensieri la facevano vacillare stordita.

 

La paura dominava il suo cuore e spezzata rinunciava all'intento di chiarezza, perchè di chiarezza non ce n'era, nè in quel bacio, nè in lei.

 

Cosa avrebbe detto a Willow?

 

Che era stato un errore?

 

Quando non sapeva nemmeno se lo era.

 

E allora cos'era stato, una nuova versione del "gioco" di Kennedy?

 

Così tornava sui suoi passi, sulle sue mattine e sulle sue sere.

 

Divorata dal desiderio di riabbracciarla e smacchiare il loro legame da quell'incubo, devastata dal sapere che nulla poteva essere detto per salvarle.

 

Perchè nulla avrebbe riportato in dietro un tempo già corso lontano.

 

Si rifiutò per tutto quel tempo di mettere a fuoco due cose.

 

Perchè non avesse voluto abbracciarla.

 

E quel bacio.

 

Così rimase chiusa in quella mancanza di certezze, percependo dolente l'assenza della rossa e non comprendendo se stessa.

 

 

 

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"Chi dinnanzi all'amore osa parlare d'inferno?

 

Maledetto per sempre il sognatore inutile

 

che per primo volle, nella sua stupidità,

 

cadendo in un problema sterile e insolubile,

 

alle cose d'amore mischiare l'onestà!

 

Chi pretende di unire in un accordo mistico

 

la notte con il giorno, l'ombra con il calore,

 

mai riscalderà il suo corpo paralitico

 

a questo sole rosso che si chiama amore!"

 

-I fiori del male- Baudelaire

 

Quel pomeriggio di fine settembre, il vento iniziava a frizzare sulla pelle.

 

Tara si strinse vagamente nella sua lunga giacca di jeans.

 

Camminava veloce e pensosa.

 

Tornava da una giornata intensa e poco soddisfacente.

 

Le sopracciglia inarcate sottolineavano un umore non proprio dorato.

 

Camminava spedita tra i passanti, nella strada principale di Sunnydale.

 

Sbuffò visibilmente, ripensando ad un problema sul lavoro che quella mattina l'aveva presa del tutto.

 

Stava passando accanto all'Espresso Pump, quando una risata conosciuta le trapassò i timpani.

 

Si era fermata istintivamente.

 

Pietrificata in quel punto insignificante del marciapiede.

 

Tese l'orecchio, ma non osò voltarsi.

 

-No, Xander non vuole venire!Dice che è una cosa da femminucce.-

 

Distinse la voce di Buffy senza esitazioni.

 

-Andiamo!Io voglio pattinare!E' da due anni che mi promette di portarmi alla pista sulla statale!-

 

Il suo cuore si ghiacciò, come quella pista, nonostante la seconda voce le fosse arrivata lontana, irriconoscibilmente ovattata.

 

Deglutì.

 

Almeno uno sguardo.

 

Doveva vedere se si sbagliava.

 

Girò lentamente la testa.

 

Talmente lentamente, che le sembrò che il tempo si fosse spezzato su quel minuto, inconcludente e vano.

 

Ad occhi bassi raggiunse quelle voci, con lo sguardo.

 

Scorse la biondina seduta su uno degli sgabelli alti del locale, sorrideva con gli occhi smeraldini alla sua interlocutrice.

 

Il suo cuore iniziò ad accelerare senza requiem.

 

Un cappello di cotone racchiudeva inviolati i capelli della ragazza che le dava le spalle e parlava a Buffy.

 

Forse non era lei.

 

Forse si era sbagliata nel riconoscere in quella voce che le era parsa così lontana, l'inflessione della rossa.

 

Ma non era solo dai capelli dell'altra che poteva sincerarsene, eppure la figura esile non le dava indizi o i suoi occhi talmente umidi da scioccarsi da soli, non li percepivano.

 

Una mano diafana, gesticolò elegante accompagnando parole che ora non sentiva.

 

Si avvicinò al capo di quel dubbio, lambendo quello straccio di cotone azzurro, che ancora e fino a quel momento le aveva protetto il cuore.

 

Tremava impercettibilmente.

 

Trattenne il respiro, ossessionata dalla stretta perentoria e lieve sulla stoffa.

 

Quelle dita bianco latte, strinsero e tirarono, in un gesto più che consueto, ma che lei vide a rallentatore.

 

Il cappello carezzò viscido la testa e fu posato sul tavolino.

 

Il suo cuore si frantumò in tante, piccole, taglienti schegge.

 

Dischiuse le labbra per urlare, ma nessun suono giunse ad alcuno.

 

Bruciò.

 

Bruciò assieme a quella vampata di fiamma.

 

Lunghe, lisce e morbide lingue di fuoco proruppero e invasero il suo campo visivo.

 

L'immagine dell'altra, che fino a quel momento era rimasta torbida e spezzata, si fece chiara.

 

Riconobbe le spalle strette e le braccia sottili, il profilo del fianco, la posa delle gambe e finalmente guardò di nuovo quei capelli color fiamma.

 

Willow.

 

Willow Rosemberg.

 

Momenti di stallo.

 

Incatenata con gli occhi, alle spalle della ragazza, accarezzandone mentalmente la nuca, gioiva della sovrapposizione della realtà ai suoi ricordi.

 

Tre mesi.

 

Ed era cresciuta ancora.

 

Bella come la ricordava, forse più donna.

 

Solo tre mesi.

 

Si rese conto in un lampo che la sua presenza finora ignorata, da un momento all'altro poteva essere scoperta.

 

Brividi lungo la schiena e paura insensata correre nelle vene.

 

Doveva andarsene.

 

Si concentrò sulle sue gambe, che rigide non accennavano a muoversi.

 

Si sforzò di nuovo, mentre il cuore era ormai vicinissimo allo schianto.

 

Era ancora così, quando un passante la urtò.

 

-Si muova signorina!- disse scontroso.

 

Gelo.

 

"Zitto, zitto!!Non sai che fai!Ti prego!Non sai quello che può succedere!" si sentì implorare mentalmente.

 

-Tara!-

 

Chiuse gli occhi.

 

Il cuore rallentò lentamente.

 

Le mani, strette in due pugni, si rilassarono, scivolando leggere lungo i fianchi, sfiorando appena con le dita la dura stoffa jeans.

 

E quando il suo muscolo vitale raggiunse una lentezza esasperante, attanagliato da una languida amarezza, si limitò a voltare il viso verso le due e sorrise.

 

Un sorriso tirato, rassegnato.

 

Sincero.

 

E nel mentre aprì gli occhi celesti, a fissare quello che gli era stato negato.

 

Impercettibilmente, intanto che faceva ruotare il capo in quella direzione, intuì lo scatto fatto da Will verso di lei, quando Buffy l'aveva chiamata.

 

La rossa era immobile, velocemente si era alzata in piedi, la mano ancora sullo schienale dello sgabbello in metallo e pelle rossa.

 

Si fissarono per un istante.

 

Ripercorse i contorni del viso, il naso, le sopracciglia, le guance, gli zigomi, la bocca.

 

Un solo interminabile istante.

 

E poi si perse per la prima volta in quegli occhi color muschio, che da sempre solo per lei, erano stati dannatamente trasparenti.

 

Si perse in un torbido che non conosceva in quello sguardo.

 

Un torbido, che faceva da muro fra le loro anime.

 

E in quell'attimo frammenti di quel bacio si conficcarono nuovamente nei loro cuori, ferendo e schizzando stille purpuree di sangue versato.

 

La voce squillante e gaia di Buffy, la staccò da quello sguardo.

 

-Tara!Che bello vederti!Che ci fai qui?-

 

-T-torno dall'ospedale.- biascicò incerta.

 

La biondina si alzò e le andò incontro per poi abbracciarla.

 

Will rimase immobile per qualche istante e stornato lo sguardo tornò a sedersi.

 

Maledì se stessa per non aver sorretto più a lungo lo sguardo della rossa.

 

Quando i loro occhi si erano scissi, qualcosa si era spezzato.

 

-Dai vieni a sederti con noi!Stavamo parlando di venerdì sera, Willow vuole assolutamente andare a pattinare sul ghiaccio, ma a Xander non va!- fece Buffy, ignara di tutto quello che le due percepivano, le prese una mano e la tirò verso il loro tavolo, accompagnandola sul terzo sgabello vuoto.

 

Willow, con movimenti rapidi, fece appena in tempo a spostare la sua borsa che vi aveva appoggiato.

 

-Ciao...- trovò il coraggio di parlare la bionda, guardandola .

 

-Ciao.- fu la risposta secca e fredda che la trapassò da parte a parte.

 

Quello che era successo dopo, cioè la conversazione con Buffy, passato quel giorno le sembrò confusa.

 

Seguiva infatti le parole dell'altra distrattamente, intenta di tanto in tanto a lanciare occhiate alla rossa, che però manteneva gli occhi fissi sul tavolino e interveniva raramente sul discorso.

 

E lei ogni volta sempre più imbarazzata e delusa, tornava a sorridere a Buffy, che ora le raccontava di Angel, ora della splendida carriera universitaria di Willow in quei mesi.

 

-Bè, può raccontarlo meglio lei comunque, dai Medaglia d'oro al valore accademico, parla un po'!- fece la bionda, apostrofando l'amica.

 

Tara sentì il cuore in leggero affanno.

 

La ragazza in questione alzò gli occhi su di lei per un attimo, per poi dedicarsi all'altra.

 

-Non esagerare...ho dato i cinque esami che mi mancavano per essere in corso. Ho solo fatto quello che avrei dovuto far prima.- minimizzò.

 

-I-in tre mesi?- chiese Tara, non trattenendo un moto d'orgoglio.

 

Willow non fiatò, mentre un lieve rossore le tingeva il viso.

 

Rispose Buffy per lei.

 

-Cinque esami in tre mesi! Mi sembra uno di quegli slogan in televisione! Ma da quant'è che non vi sentite voi due?Tara, lo sai che Will va in astinenza se non ti fai trovare!!Quanti bidoni le hai tirato?- rise la bionda.

 

Sulle guance di entrambe ora divampava un imbarazzo fiammeggiante.

 

-No, stavolta è c-colpa mia. Avevo troppo da studiare.- stemperò malamente Willow.

 

-A volte diventi troppo matura!Lo studio prima della tua Dea?- continuò a schernirla l'amica.

 

-Buffy...- tentò di dire Will e Tara nel suo sguardo notò la supplica, che invece Buffy si perse, assorbendo solamente il suo sorriso imbarazzato.

 

-Va bene, dai lo sai che scherzo! Ragazze vado in bagno un momento, torno subito.-

 

Tara che fino a quel momento era rimasta incastrata in quel silenzio fazioso e soffocante, si ridestò, assaporando l'attesa del chiarimento.

 

Intanto la minuta amica di Willow si era alzata e allontanata, ignara dello sguardo di terrore che la rossa le aveva lanciato.

 

E così erano sole.

 

Di nuovo.

 

Dopo così tanto.

 

Un surreale e imbarazzante silenzio le sommerse.

 

Uno, due minuti, non seppe mai quanto passò, rimasero zitte finchè non trovò il coraggio di dar voce alla sua gola impastata.

 

-Pulce, io ti devo...-

 

-Will.- la interruppè l'altra, non guardandola.

 

-Cosa?-

 

-Mi chiamo Willow.-

 

Colpita.

 

-Come vuoi...Will...io e te dobbiamo parlare.-

 

-Non credo.-

 

Tara si irritò.

 

-Io invece credo proprio di si.-

 

Willow finalmente la guardò, schiaffeggiandola con lo sguardo.

 

-Per dire cosa?- fece fredda.

 

-Io ti devo spiegare.-

 

-Non c'è niente da spiegare.-

 

-Non fare così...- disse supplichevole.

 

-E cosa dovrei fare? Tu...- abbassò la voce -...mi hai baciata!-

 

-Lo so.- rispose dolente e si sporse verso l'altra.

 

-Non voglio perderti, ma...-

 

Will scoppiò in una risata sarcastica e maledettamente amara.

 

-Queste cose le ho già sentite! Vediamo se riesci a inventarti qualcosa di meglio!Dai ti aiuto: è stato un errore, voglio che tutto torni come prima, non so cosa mi sia preso, scusami, facciamo finta di niente...-

 

Intanto che l'altra parlava, gli occhi azzurri e profondi della più grande si bagnarono di lacrime a fior di palpebra.

 

-...oppure scherzavo, cosa vuoi che sia!-

 

Willow si interruppè di colpo e la fissò negli occhi, cattiva e infetta di dolore.

 

-La migliore?E' solo un..."gioco"!-

 

-Basta!- alzò leggermente la voce per poi sibilare appena.

 

-Io non sono lei...-

 

Willow sussultò.

 

Poi abbassò gli occhi.

 

-Allora dimostrami che sei diversa.- disse piano.

 

-Sono io!Ti sei scordata chi sono?Chi siamo?- fece accorata la bionda.

 

-Tutto quello che siamo state è spazzato via.-

 

-Non è così, fidati.-

 

-Fidarmi?- chiese rapida guardandola appena.

 

-Si, di nuovo.-

 

-Va bene...mi fido. Allora cos'è stato?- chiese a bruciapelo, prendendo l'altra alla sprovvista.

 

-Willow è complicato, vedi...- rispose imbarazzata la bionda.

 

-Non mentirmi mai.-

 

Tara deglutì.

 

-Non lo so.-

 

La rossa scosse la testa.

 

-Questa è la peggiore. Non ci hai nemmeno pensato.-

 

-L'ho fatto!In tutti questi giorni, ogni giorno!Tu quanto ci hai messo prima di capire?- la bionda intendeva quel sospetto strisciante, quello che aveva cambiato di netto la vita della rossa ed ora lambiva la sua. Il sospetto di una sessualità diversa, di aver cercato nelle persone sbagliate per tutti quegli anni qualcosa che quel "genere" non poteva darle.

 

-Per capire cosa?-

 

Silenzio.

 

Willow la guardò sorridendo tristemente.

 

-Per capire se l'amavo? Meno...meno Tara.-

 

Il suo nome, liquido fra le labbra di Willow.

 

Labbra e nome intrisi d'amarezza.

 

L'altra non aveva capito ciò che le aveva chiesto.

 

Non si trattava ora di accettare un sentimento, non ancora, ma di accettare una condizione, un modo d'essere.

 

Lei non aveva ancora messo in discussione quello che sentiva per la rossa, non si sentiva pronta, anche se Will non sbagliava a ritenerlo la cosa più importante.

 

Per questo decise di lasciar correre per ora, chiedendo all'altra spazio per capire tutte quelle cose insieme.

 

-Dammi tempo...-

 

-Non ne abbiamo!- urlò Willow.

 

Silenzio.

 

Il locale intero a guardarle.

 

E loro a scrutarsi fisse, una colpita e colpevole, l'altra dolente e con fare di sfida.

 

Tara sconvolta e senza fiato, davanti a quella reazione così inaspettata, così lontana dai loro diverbi, molto più dura, rabbiosa e tremendamente sofferente.

 

-Ne ho già regalato troppo a chi non può che farmi del male!- sibilò avvicinandosi al viso di Tara.

 

La bionda percepì il profumo dell'altra pungerle le narici.

 

Prima che Tara potesse rispondere.

 

Prima che Tara potesse riprendersi.

 

La rossa prese la borsa, la giacca leggera e il cappello, si alzò bruscamente e se ne andò.

 

Impotente, la vide fermarsi solo per un attimo davanti a Buffy, a pochi metri da loro, lì da chissà quanto.

 

A giudicare dagli occhi da abbastanza.

 

E poi.

 

Poi, senza che lei se ne rendesse davvero conto, se n'era andata.

 

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Tara era arrivata a casa in silenzio.

 

Aveva buttato scompostamente la giacca sul divano e acceso lo stereo, si era spogliata e messa la tuta, per poi sprofondare pesantemene sul letto a faccia in giù.

 

Non conosceva la canzone che trasmettevano per radio, ma era abbastanza triste e abbastanza lenta da andarle bene in quel momento.

 

Aveva rivisto Willow.

 

E non era stata capace di spiegarsi.

 

Non era riuscita a salvarle dall'oblio che quel bacio aveva scatenato per loro.

 

Si rigirò.

 

Ora guardava il soffitto.

 

Will aveva detto tante cose.

 

Alcune l'avevano ferita, altre la facevano pensare.

 

"Allora cos'è stato?"

 

Già quel bacio. Non aveva mai voluto affrontarlo, ma era arrivato il momento di farlo.

 

Ripercorse per la millesima volte gli eventi di quel pomeriggio a casa sua.

 

Era vero, già da prima di quel giorno, aveva iniziato a non voler "toccare" la rossa.

 

All'inizio era stata una cosa involontaria, poi si era fatta largo in lei la vera ragione.

 

Che era la paura.

 

Niente di più, niente di meno.

 

Lei adorava la rossa, era sempre stato così, in ogni suo particolare, perfino i suoi difetti li trovava carini.

 

L'aveva vista crescere, giorno dopo giorno, vedendola gioire e piangere, l'aveva vista farsi donna.

 

Una bellissima donna, toccata da un dolore grande che aveva lasciato ferite profonde l'anno prima.

 

Ma quella donna era stata talmente forte da buttarselo in qualche modo alle spalle.

 

Talmente buona da non recriminare vendetta.

 

Talmente e troppo rigida con se stessa, da riconoscere le proprie colpe e punirsi da sola.

 

Aveva dimostrato una maturità spropositata dopo che quell'incubo era finito.

 

Ricordava i discorsi fatti, appena prima che Will salutasse per sempre Kennedy, in cui aveva trovato nella rossa un cambiamento enorme, dalla bimba che si era fatta abbindolare dalla bruna più di un anno prima, ecco la donna.

 

E in tutti quei mesi di delirio e dolore per la rossa, Tara aveva involontariamente accresciuto il suo bene per l'altra, se era possibile.

 

E quando Will finito quell'anno maledetto, le si era mostrata in tutta la sua bellezza, era rimasta spiazzata.

 

Da subito non aveva inteso.

 

L'aveva considerata sempre la sua"pulce", la sua sorellina.

 

Ma nessun legame di sangue le univa, da mai.

 

Ed aveva iniziato a considerarla da pari, come non aveva mai fatto, fino a che non aveva percepito un'affinità, addirittura superiore alla loro solita.

 

E così si era spaventata, quando si era resa conto che anche un semplice contatto con l'altra la faceva tremare.

 

Infondo era già stata attratta da Willow, ma mai così fortemente.

 

Quindi incredula, aveva messo a tacere quella vocina interiore che le ripeteva di seguire il cuore.

 

Ripromettendosi comunque di evitare nuove situazioni ambigue.

 

Ma alla fine non era servito, anche se lo nascondeva bene, il suo sforzo era stato vano, perchè anche solo guardarla o parlandole, quel sentimento che c'era infondo al suo cuore, cresceva.

 

E alla fine era esplosa, nel percepire la delusione e la rabbia di Will che eroneamente l'accusava di qualcosa che non aveva mai lontanamente pensato.

 

E l'aveva baciata.

 

L'aveva baciata per tenersela vicino al cuore, perchè non voleva si allontanasse da lei e invece era stato il contrario.

 

Lei non sapeva ancora cosa voleva.

 

Ma l'avrebbe capito, soprattutto se l'altra l'avesse aiutata, forse con la sua esperienza.

 

Perchè su quello Will sbagliava, il loro tempo non era finito.

 

Non l'avrebbe permesso, a costo di rompere tutti gli orologi del globo e di fermare il sole.

 

Teneva troppo a loro per non lottare, comunque fosse finita quella faccenda.

 

Se n'era accorta poche ore prima, provando quelle sensazioni così intense rincontrandola, solo osservandola, solo sfiorandola.

 

La rossa doveva darle tempo, per capire e accettarsi e se la conosceva, infondo non gliel'avrebbe negato.

 

Perchè lei una cosa certa la sapeva, la sentiva.

 

Una e una sola, ma percepiva con chiarezza che era la più importante.

 

E se in quel momento fosse stata capace di essere obbiettiva, senza intorbidirsi il pensiero con le emozioni, avrebbe capito che la sua scelta l'aveva già fatta.

 

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Willow rientrò in casa come un tornado, con le guance in fiamme dall'emozione e dalla rabbia.

 

-Will, tesoro sei già a casa?- chiese tranquillamente la madre, vedendola rientrare.

 

Ma la ragazza la ignorò, puntando senza una parola alla sua stanza.

 

Sentì la voce della madre chiamarla interrogativa, alle sue spalle.

 

Ma la porta della sua stanza chiusa in malo modo, terminò un dialogo mai iniziato.

 

Si tolse nervosamente la giacca, gettandola malamente sulla sedia.

 

Poi iniziò a girare avanti e indietro per la camera.

 

La tensione salì ed esplose improvvisamente, quando senza rendersene conto, urtò la foto incorniciata di lei, Xander e Buffy, che caddè rumorosamente dalla scrivania, frantumandosi.

 

-Al diavolo!- disse a voce alta, tirando un calcio ai vetri.

 

Tutto il nervosismo si dissolse in un attimo, guardando la foto tra i frammenti.

 

Si chinò lentamente e recuperò l'immagine, spostando le schegge di vetro.

 

Sorrise vagamente, osservando i volti di quei tre ragazzini innocenti, così distanti dai loro visi di ora, affilati da una vita per niente tenera.

 

Una fitta di dolore la trapassò per un istante.

 

Un frammento della cornice di vetro rimasto attaccato alla vecchia foto, le aveva leggermente ferito un dito.

 

Guardò la goccia di sangue che fuoriusciva dal piccolo taglio.

 

Si ritrovò a sorriderne, come se il dolore fisico, lenisse quello spirituale.

 

Si alzò e andò in bagno a disinfettarsi il taglio.

 

Poi scese da basso per prendere paletta e scopa.

 

-Tutto bene?- chiese la Signora Rosemberg, vedendola entrare in cucina.

 

-Si...niente di grave, mi è caduta la cornice dalla scrivania.-

 

-Ripeto la domanda...tutto bene?-

 

Madre e figlia si guardarono negli occhi qualche istante, finchè la più giovane non sorrise abbassando lo sguardo.

 

-Sopravviverò.- detto questo si girò e tornò nella sua stanza a pulire.

 

Quando ebbe quasi finito, si spogliò e si mise le braghe di una tuta, per stare più comoda e completò l'opera infilandosi una maglietta azzurra, la prima che era spuntata dal cassetto.

 

Mentre aveva ancora il naso nell'armadio, alla ricerca di una felpa leggera, sentì la porta aprirsi e richiudersi.

 

Si girò per vedere cosa volesse sua madre, ma invece si ritrovò davanti Buffy.

 

-Tua madre mi ha detto che potevo salire...- si giustificò l'altra.

 

-Sei sempre la benvenuta qui.- rispose lei distrattamente, mentre abbandonava la ricerca della felpa e chiudeva le ante dell'armadio.

 

-Si è rotta la cornice della foto del mare?- chiese la bionda, prendendo in mano ciò che ne restava.

 

-Attenta, prima mi sono tagliata.- le disse Will.

 

Buffy la guardò stranita ed interrogativa.

 

-Non l'ho fatto apposta.- fece la rossa, scura in volto ed evitando il suo sguardo.

 

Buffy posò l'immagine e si andò a sedere sul letto.

 

Willow finì di raccogliere gli ultimi vetri e li gettò nel cestino, pulì la foto e la posò sulla scrivania, annotando mentalmente di dover comprare una nuova cornice.

 

Per tutto il tempo Buffy l'aveva fissata.

 

-Cosa c'è?- le chiese innervosita la rossa.

 

-Niente.-

 

-Allora perchè mi fissi?-

 

-Così...-

 

Willow incrociò le braccia, parandosi davanti alla biondina.

 

-Se devi chiedermi o dirmi qualcosa fallo!Odio questi giochetti.- fece nervosamente.

 

Buffy scoppiò a ridere, accrescendo sempre più l'irritazione latente dell'amica.

 

-Scusami, ma sei ridicola. Non sai dove stare, tanto sei nervosa!-

 

-E allora?-

 

-Ma...potresti spiegarmi perchè lo sei?-

 

-Niente di grave.-

 

-Ok...allora potresti provare a farmi capire, cos'è successo all'Espresso Pump.- disse Buffy ora seria, ma allo stesso tempo tranquilla.

 

Willow lasciò che le braccia le ricadessero molli lungo i fianchi.

 

-Ho litigato con Tara, tutto qui...ma non è niente di sconvolgente.-

 

-Niente di sconvolgente?Sarebbe meno sconvolgente se gli asini volassero!- disse ironica la bionda.

 

-E questo cosa vuol dire?Non possiamo litigare anche noi?Comunque ti ripeto, non è niente di grave.-

 

-Bè non mi è per niente sembrata una sciocchezza. Tu che urli in faccia a Tara?Scherzi?Da che conosco entrambe, non ti ho mai visto guardarla con tanta rabbia, anzi non ti ho mai vista guardarla se non adorante. Tu veneri quella ragazza.- concluse incredula.

 

-Le cose cambiano.- sibilò Willow, sedendosi per terra, a gambe incrociate.

 

Buffy la raggiunse sul pavimento, sorridendole.

 

-So da sempre che qualsiasi irritazione con Tara, ti devasta e non sono stranita dal nervosismo che hai addosso ora. Mi preoccupa vedere quanto è intenso, hai rotto una cornice.-

 

-Non l'ho fatto apposta.- ripete l'altra.

 

-Ne sono convinta, ma non vuoi spiegarmi cos'è successo?-

 

-C'ho preso contro e...- tentò di cambiare argomento Willow.

 

-Will...- l'ammonì l'altra.

 

-Parlo di Tara.-

 

Will si era inervosita ancora di più.

 

Ora si tormentava le mani, stringendosele l'una con l'altra.

 

-Ha...lei ha fatto una cosa e...bè non doveva.-

 

-Non può essere così grave.- le sorrise senza capire l'altra.

 

-Forse si.-

 

-Ma è successo oggi?-

 

-No.-

 

-E quando?-

 

-Tre mesi fa.-

 

-Ecco perchè non vi siete viste per tutto questo tempo!Sei tu che non hai voluto sentirla e...aspetta, tu non ti sei fatta più sentire?Tu?- chiese incredula.

 

-Già.- fece triste la rossa.

 

-Ma cosa diavolo succede al mondo?Tu non hai più voluto vedere Tara?Cos'ha fatto di così grave quella povera ragazza?-

 

-Non ho voglia di parlarne.-

 

Buffy rimase interdetta.

 

-Come non hai voglia di parlarne?La situazione va risolta, tutto deve tornare come prima, se mi spieghi forse posso darti una mano e...-

 

-La situazione non può risolversi. Non tornerà mai tutto come prima.- abbassò la testa Will.

 

-Strano...è la stessa cosa che ha detto Tara.-

 

-Cosa?- si allarmò la rossa.

 

-Ha detto che le cose non torneranno mai come prima.-

 

-Ma quando?-

 

-Quando te ne sei andata, ho chiesto a lei spiegazioni.-

 

Willow deglutì.

 

-E lei?-

 

-Non mi ha risposto, ha ripetuto quello che hai detto tu ora. Tutto qui. Perchè è così importante?-

 

-Niente.-

 

Buffy sbottò improvvisamente.

 

-Insomma, Willow Rosemberg, ricominci? Che diavolo succede?!- aveva alzato la voce e la rossa capì che dopo l'anno appena passato, non avrebbe sopportato nuove omissioni.

 

-Buffy...lei ha sbagliato. Ha fatto l'unica cosa che non posso perdonarle. Mi dispiace e ci sto male, ma proprio non posso.-

 

-Ma cosa può aver fatto di così imperdonabile?- si spazientì la bionda.

 

-Le hai perdonato ogni cosa, le sue assenze, le sue frasi dirette e i suoi giochi di parole!Cos'ha fatto?-

 

-Ha giocato con me.-

 

Buffy rimase in silenzio per qualche minuto non capendo, fissando l'altra che invece continuava a guardare ogni cosa tranne lei.

 

-In che senso?- chiese, rinunciando a capire da sola.

 

Ma Will non aveva intenzione di aiutarla, quella storia voleva solo dimenticarsela.

 

-Buffy, lascia stare!Ormai le cose stanno così, me ne farò una ragione.- disse spazientita.

 

-Cioè la lasci andare?-

 

-Credo proprio di si...-

 

-No, frena, non puoi!!Lei è Tara, capisci.Cosa vuol dire che ha giocato con te?-

 

-Non lo so...forse dopo la storia di Ken, sono ipersensibile...dai lasciamo perdere!- cercò di cambiare nuovamente argomento.

 

Buffy impallidì, poi scosse la testa.

 

Nominare la bruna la innervosiva sempre e poi non riusciva a capire cosa c'entrasse con Tara.

 

-Cosa c'entra Kennedy?Vuoi spiegarti?- le intimò.

 

Ma Will rimase zitta.

 

-Insomma, vuoi dirmi come ha fatto Tara a giocare con te?Lei non è come quella stronza e poi in che senso?Tara è una splendida persona e in più ti adora, voglio dire...-

 

Ma la bionda venne freddata dall'esplosione di Will, liquida e sibilata tra i denti.

 

-Mi ha baciata.-

 

 

 

 

 

I minuti successivi erano stati spesi nello stupore della bionda e in qualche sporadica spiegazione della rossa, che fin da subito aveva mostrato la sua riluttanza a raccontare quel che era successo, al contrario dell'entusiasmo dell'altra che continuava a chiedere.

 

Buffy dopo qualche minuto di smarrimento, si era dimostrata euforica.

 

-Mi dici cosa ti rende così felice?- disse Willow, sull'orlo di una crisi di nervi.

 

-Ma non capisci?Tutto si spiega!Dieci anni e non avevo capito!- fece di rimando l'altra, saltellando da un lato all'altra della stanza, con un bel sorriso stampato in faccia.

 

-Sentiamo...cos'hai capito?- disse esasperata la rossa.

 

-Ma il vostro rapporto sciocca!Non ero mai riuscita a dargli una definizione. Non era amicizia, non era fratellanza e BAM!Ecco la soluzione!-

 

-Non ti seguo...-

 

-E' amore!!-

 

Willow impallidì iniziando a sudare freddo.

 

-No.- disse celando un nervosismo devastante.

 

-Avanti Will!E' di sicuro così!-

 

-Ti ho detto di no!- alzò la voce, facendo sparire il sorriso di Buffy.

 

Passò qualche attimo, in cui Will continuò a girarsi velocemente, spostando lo sguardo in ogni direzione.

 

-Che ti prende?- chiese stupita la bionda.

 

-Non dirlo più...solo questo.-

 

-Perchè?-

 

-Perchè non è così. Ti ho detto che ha giocato con me.-

 

-Ma Tara non gioca!-

 

-E allora perchè oggi non ha saputo dirmi perchè l'ha fatto?- chiese amara la rossa.

 

-Bè..-

 

-Mi ha preso in giro...- concluse Willow, abbassando il suo sguardo triste.

 

Buffy le sorrise, poi la prese per mano e l'accompagnò sul letto.

 

Si sedettero vicine.

 

-Ricordi di chi stai parlando?- le disse benevola la bionda.

 

-Non devi per forza fare l'avvocato del diavolo...- l'ammonì Willow.

 

-Semplicemente non credo ci sia nessun diavolo.-

 

-Bene, perfetto!Non dovresti essere dalla mia parte?- si spazientì la rossa.

 

-Io non voglio stare da nessuna parte!Voglio bene ad entrambe!-

 

-Ma sono la tua migliore amica!!- disse incurvando le sopraciglia.

 

-Non fare la bambina...dimmi cosa ti ha detto Tara prima.-

 

-Che non sa cosa significhi quel bacio.-

 

-E allora?Vuol dire per forza che si sia presa gioco di te?-

 

-E cos'altro potrebbe essere?- disse sarcastica.

 

Buffy alzò gli occhi al cielo.

 

-Willow...ci sei passata anche tu, l'hai già dimenticato?E' stato facile capire di essere...diversa?-

 

-No, per niente...- si impensierì l'altra.

 

-Ecco, allora non potrebbe essere che la cosa l'abbia scombussolata?-

 

-E se ti sbagliassi?- fece Will incerta.

 

-C'è anche questa possibilità...ma stiamo parlando di Tara.-

 

-E allora?-

 

-Come allora?La conosci mille volte più tu di me!Quando mai lei gioca con i sentimenti?-

 

Buffy fece una pausa, per raccogliere le idee.

 

-Non stiamo parlando di Kennedy...-

 

Willow si irrigidì.

 

-Intendo che forse la tua esperienza ti porta alla conclusione sbagliata.-

 

La rossa rimase in silenzio.

 

-Ti ha chiesto qualcosa?-

 

-Di darle tempo.-

 

-Non puoi provare a dargliene?-

 

-No.- fece decisa.

 

-Ma perchè?- sibilò Buffy, battendo un piede a terra.

 

Willow era cocciuta lo sapeva, ma in quel momento era irragionevole e questo la irritava terribilmente.

 

L'altra si girò improvvisamente, guardandola con i suoi profondi occhi verdi, brillanti di lacrime.

 

-Perchè mi devo proteggere. Devo impedire che qualcuno mi faccia ancora del male. Non lo sopporterei...e soprattutto non da lei.-

 

-Questa è paura..-

 

-Può darsi.-

 

-E vuoi essere una vigliacca?- chiese irritata Buffy.

 

Will la fissò gelida, per qualche secondo, poi si alzò in piedi.

 

-Non puoi non amare più!!- rincarò la dose la bionda.

 

-Ma chi dice che io sia innamorata di lei?- le urlò contro la rossa.

 

Buffy deglutì, facendosi seria e cupa.

 

Si alzò dal letto e si infilò la giacca.

 

Appoggiò la mano sopra la maniglia, pronta ad uscire, poi si fermò e la pietrificò con lo sguardo.

 

-Di chi è quella maglietta?-

 

Will si guardò confusa.

 

Poi impallidì.

 

Tra tutte le maglie che aveva, proprio quella aveva scelto?

 

Campeggiava nela parte frontale una pulce fumettistica.

 

Guardò Buffy, quasi colpevole.

 

-Io non so come hai amato Kennedy...ma di sicuro non era un sentimento sano. Se mai sei stata innamorata in tutta la tua vita, in modo completo, puro, sincero...lo sei stata di Tara...da sempre.- disse addolcendo la voce, la bionda.

 

-Pensaci...ti chiedo solo di darle una chance e il tempo che chiede. Se poi mi sarò sbagliata, potrai pestarmi.- le sorrise, per poi andarsene.

 

Will guardò la porta chiusa a lungo.

 

Poi si buttò sul letto a pancia sotto, sospirando pesantemente.

 

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C'è la paura e c'è il coraggio e senza una non esisterebbe l'altro.

 

Chi non prova paura, non può essere eroico, solo folle.

 

Di incoscienti c'è pieno il mondo, i coraggiosi si contano sulla punta di una mano.

 

 

 

 

 

Settembre stava finendo, spazzando via l'estate e incorraggiando l'autunno.

 

L'aria si faceva ogni giorno più frizzante e fresca.

 

Quella sera nel parco principale di Sunnydale, si svolgeva la Festa D'Autunno.

 

Le ultime scintille d'estate spargevano i loro barbagli infuocati, bruciando nell'enorme pira in mezzo al parco.

 

Tutto intorno, nei prati, piccoli capannelli a lume di candela, salutavano la stagione calda, con deliziosi pic-nic al chiaro di luna.

 

Come ogni anno le famiglie dei tre amici, avevano cenato assieme.

 

Finito il banchetto, ognuno si era disperso in giro per la zona.

 

Chi ad ammirare i fuochi d'artificio riflessi nel piccolo stagno a ovest, chi girando per le bancarelle appositamente allestite.

 

Willow camminava tranquilla, nel vialetto alberato secondario.

 

Si stava godendo quell'atmosfera.

 

Le era sempre piaciuta quella festa, sin da piccola.

 

L'anno prima non era potuta andarci, in quei giorni Kennedy giaceva in un letto d'ospedale e lei faceva la spola per non lasciarla sola.

 

Così si godeva doppiamente quel calore, da due anni dimenticato.

 

Intravide infondo al viale una coppia d'innamorati.

 

Riconobbe quasi subito Buffy e il suo alto accompagnatore.

 

Angel e la sua amica si stavano scambiando un romantico bacio.

 

Sorrise, mentre la luna li illuminava e si fermò qualche istante, per dar modo alla coppia di continuare il loro peregrinare felice, senza vederla.

 

Quando li perse di vista, ricominciò a camminare.

 

Come si sentiva cambiata.

 

Dall'ultima Festa D'Autunno passata al fianco di Luc, la sua vita aveva preso lunghi e tortuosi sentieri.

 

Era cresciuta, maturata.

 

E il dolore era stato un arcigno e severo maestro.

 

Se l'ultima volta che aveva rimirato il fuoco che ora vedeva in lontananza, l'innocenza le tingeva ancora l'anima, ora era una donna.

 

Una donna che era scesa a compromessi con la vita, infrangendo i rigidi sogni di una fanciulla.

 

A volte percepiva ancora una fragilità dilaniante nel suo cuore, eppure sapeva di essere forte.

 

Forte in modo inverosimile.

 

-Persa nei tuoi pensieri?-

 

Sussultò presa di sorpresa, ma alzando gli occhi sorrise vedendo alla sua destra la familiare figura di Xander nell'ombra.

 

-Già...-

 

Il ragazzo le si affiancò, accompagnandola lungo quella passeggiata.

 

Dopo poco, Will lo prese a braccetto, appoggiandogli la testa sulla spalla.

 

Lui con la mano libera le accarezzò fraternamente le dita.

 

-Dov'è Anya?- chiese la ragazza.

 

-La stavo cercando!Se la conosco è ancora appresso a quelle dannate bancarelle.- scosse la testa lui.

 

Risero insieme, semplicemente.

 

-Vieni con me in ricognizione?- chiese il moro, fermandosi, ma non lasciandole il braccio.

 

-No, sto qui ancora un po', lontana dalla folla, è così bello.-

 

Lui sorrise e le scompiglio i capelli.

 

-Allora ci vediamo al falò più tardi?- chiese mentre si allontanava.

 

-Sicuro!- rispose ad alta voce per farsi sentire e mentre salutava l'altro con la mano, scorse in lontananza, oltre la figura di Xan che ora correva, le ombre di tre ragazzi.

 

Si fermò a fissarli.

 

Quando la luce fioca della luna lì illuminò, facendo capolino dagli alberi, li riconobbe.

 

Da prima Mark con la sua camminata sciolta e poi Kelly, che parlavano amabilmente.

 

Leggermente più indietro, la terza figura, procedeva più solitaria.

 

Sapeva già chi era, nonostante la distanza.

 

Ne percepì persino il profumo, probabilmente immaginandolo.

 

Kennedy.

 

Se ne sarebbe accorta più tardi, ma il suo cuore per la prima volta, alla vista dell'altra, le era rimasto indifferente.

 

Indugiò su di lei con lo sguardo.

 

Era sola.

 

Rachel ancora una volta non poteva essere con lei.

 

Insolitamente si rattristò per la bruna.

 

L'altra, come se avesse percepito quegli occhi verdi su se stessa, si fermò e si voltò verso di lei.

 

Restarono immobili per qualche attimo.

 

Era passato tanto tempo, ma quel gusto amaro persisteva.

 

Timidamente, la bruna, alzò il braccio in segno di saluto.

 

Willow non si mosse.

 

Ma lentamente le sue labbra si incresparono in un lievissimo sorriso.

 

Il vento, proprio in quel momento, mosse le fronde degli alberi, cosicchè un raggio lunare le illuminò il viso, infiammandole i capelli.

 

Ora era sicura che la bruna avesse visto la sua risposta.

 

Di fatti l'altra abbassò la mano.

 

Ristette qualche secondo ancora e poi affrettandosi raggiunse gli altri due.

 

Riprese la sua camminata, deviando poco dopo per un sentierino.

 

Risalì la china verso il suo posto segreto.

 

Il posto dove ogni anno, da quando ricordava, si rifugiava, per sfuggire la folla e per ammirare il grande fuoco da un punto rialzato.

 

Il suo posto.

 

Lì si sentiva bene e visto che l'anno prima non l'aveva onorato, in quel momento il suo unico pensiero era giungere al vecchio salice, su quella lievissima collina, sedersi ai suoi piedi e stare in pace per almeno un po'.

 

Suo padre ce l'aveva portata a quattro anni, dicendole che quello era un posto magico.

 

Crocicchio di vie elfiche e fatate e proprio lì, sotto l'ombra di quell'albero, in un pomeriggio di settembre pieno di sole, lui e sua madre avevano deciso il suo nome.

 

Willow.

 

Sorrideva sempre a quella storia, che ancora suo padre si ostinava a raccontare di quando in quando.

 

Da bambina, aveva creduto di appartenere a quel luogo e alla sua magia e anche se crescendo aveva perso l'illusione, rimaneva comunque legata e devota a quella pianta.

 

Finalmente arrivò in vista del grosso salice.

 

Sorrise involontariamente.

 

Stava per riguadagnarsi la nicchia tra le nodose radici, dove usualmente si sedeva, ma si bloccò di colpo.

 

Qualcuno già la occupava.

 

Un disappunto scorbutico la invase.

 

Uno sconosciuto l'aveva usurpata.

 

Si calmò a fatica, quel posto non era suo, anche se il suo cuore diceva il contrario.

 

Stava per andarsene delusa e insoddisfatta, il suo momento di quiete annuale era stato rovinato, quando la curiosità le morse i piedi.

 

Chi era lo sconosciuto?

 

Fece due passi avanti per poterne distinguere il profilo.

 

Si pietrificò, mentre le sue guance divenivano di un colore cinereo.

 

Tara.

 

La bionda seduta con le ginocchia al petto, guardava il fuoco sottostante.

 

I suoi occhi erano indecifrabili, i lunghi capelli sciolti flirtavano con il vento, piroettando e proponendo capriole sulla sua fronte.

 

Le mani incrociate l'una nell'altra alle ginocchia, erano immobili, chiuse in quella morsa.

 

Imprigionavano ferme, la lunga gonna di lino color lilà.

 

Il suo primo impulso era stato quello di scappare, ma non c'era riuscita, le gambe sorde ai suoi ordini.

 

Nella testa le parole di Buffy.

 

"Dalle una possibilità."

 

Quindi rimase immobile a fissarla, fino a quando la bionda si girò e si trovarono nuovamente occhi negli occhi.

 

Sussultò a quella carezza visiva e percepì lo stesso imbarazzo nello sguardo dell'altra.

 

Di nuovo clorofilla nel mare.

 

Ora aveva due sole possibilità.

 

Girare i tacchi e andarsene, ponendo la parola fine, una volta per tutte, sul loro legame.

 

Oppure restare e affrontare la paura, qualunque fosse stato il risultato.

 

Un guizzo negli occhi blu di Tara, le trasmise la supplica della ragazza più grande.

 

"Dalle una possibilità."

 

"Dammi una possibilità."

 

Abbassò lo sguardo, sentendo quello di Tara ricercarlo smarrito.

 

Sospirò e raggiunse l'altra, sedendo affianco a lei, ma mantenendo una certa distanza.

 

-Come sapevi che sarei venuta qui?-

 

Tara ritornò a guardare il fuoco sotto di loro e Will fece lo stesso.

 

-Mi avevi parlato di fate e di luoghi incantati...tuo padre me l'ha indicato.-

 

Willow sorrise.

 

-Dove sono gli elfi Will?-

 

-Molto lontano da qui.-

 

Sentiva il profumo di viole di Tara, pizzicarle l'olfatto e un languore profondo le scioglieva il cuore.

 

-Noi due siamo speciali, lo sai vero?- disse la bionda.

 

-Lo eravamo.-

 

-Possiamo ancora esserlo.-

 

Will abbassò lo sguardo, fissandosi i piedi.

 

-Non credo di poterlo fare Tara.-

 

Per la prima volta, dopo il suo arrivo, la bionda si girò a guardarla negli occhi, spaventata e sofferente.

 

-Perchè?-

 

-Non si torna indietro.-

 

Silenzio.

 

-Io non voglio tornare indietro...- sussurrò la più grande.

 

Willow rise amara, aveva trattenuto la rabbia fino a quel momento, cercando di essere gentile, ma ora non poteva più.

 

-E cosa vorresti fare?Siamo intrappolate in questa situazione, senza via d'uscita. Non possiamo salvarci!- aveva detto alzando i toni.

 

-Will ti prego aiutami.-

 

Quella supplica la colse di sorpresa, fissò l'altra esterefatta.

 

-A-aiutarti?- balbettò.

 

Una sottile e brillante lacrima scese dagli occhi della bionda.

 

-Aiutami ad accettarmi...-

 

Willow sentì che la tristezza dell'altra era la sua, la sua di qualche mese prima, lo stesso dolore muto, lo stesso sfregio umiliante.

 

Allungò la mano per asciugarle la guancia, ma la fermò a mezz'aria.

 

Chiuse gli occhi e la ritirò indietro.

 

-Sei sicura di...-

 

-Devo esserlo...- disse decisa la bionda.

 

Will aggrottò la fronte, irritata.

 

-Non è questione di dovere, ne di volere...lo si è e basta!- disse perdendo la pazienza.

 

-Ma io lo sono, perchè è l'unico modo...- continuò Tara, quasi ignorandola.

 

-Per fare cosa?-

 

-Per stare con la persona che amo.- ora gli occhi di Tara, avevano ripreso la lucidità e la presenza di sempre, mentre Willow la guardava sgomenta.

 

Si alzarono entrambe.

 

-Non è facile pulce...lo sai meglio di me...non ho mai pensato di poter essere...- si fermò di colpo, deglutendo, poi continuò.

 

-Non so come si fa ad accettarsi così. Ma so che non voglio perderti e lotterò per questo. Tu sei importante, lo sei sempre stata, ma ora di più. Tu sei tutto. E' una cosa che non controllo...e voglio, voglio capire con il tuo aiuto dove ci stiamo dirigendo.- concluse decisa.

 

Willow tremava vistosamente.

 

-Will, cosa c'è?- chiese l'altra, sconcertata dal comportamento dell'altra e allungò una mano per sfiorarla.

 

L'intento era di rassicurazione, ma Will si spostò bruscamente.

 

Le dita di Tara si chiusero nel vuoto, amare.

 

La bionda rimase a labbra strette, in attesa che l'altra parlasse.

 

-No.- disse soltanto la rossa.

 

Tara la guardò senza capire.

 

-Non posso. Io devo difendermi, lo capisci?- disse terrorizzata.

 

-Non ti farò del male!- le rispose decisa.

 

-Tu questo non lo puoi sapere!Pensavi di ferirmi con quel bacio?- le urlò contro la più giovane, mentre il vento si alzava.

 

-Non provi niente per me?- le chiese la bionda a bruciapelo, ignorando la frase precedente, seppur nel sentirla aveva percepito una fitta infondo al cuore.

 

-Non posso Tara, non posso!Sanguino ancora, non puoi farmi questo. Io non ti posso aiutare, non posso mostrarti il fianco aspettando che tu mi pugnali.- sussurrò tremante.

 

-Non capisci quello che ti sto chiedendo?Non ti sto prendendo in giro!Quello che provo per te è talmente forte che non riesco a respirare!-

 

-Non dire niente...ti prego.-

 

Tara strinse le labbra, avrebbe lottato.

 

Le si parò davanti e le prese le spalle con le mani, ignorando le proteste dell'altra.

 

-Willow...non so cosa abbiamo davanti. So solo che vorrei essere al tuo fianco quando accadrà.-

 

-Smettila...- fece Will, chiudendo gli occhi, mentre una lacrima le scivolava lenta sulla guancia.

 

-Guardami.- rispose con la voce incrinata la bionda, destabilizzata dall'assenza di dialogo con l'altra.

 

-No...- disse l'altra continuando a tenere gli occhi chiusi.

 

-Guardami!!!- ora la sua voce urlava.

 

Aveva scosso l'altra, come per farla tornare lì con lei, si perchè la rossa sembrava chiudersi in una bolla ermetica e lontana dal suo cuore.

 

Willow, alzò lentamente la testa, aprendo gli occhi.

 

Il suo sguardo era supplice, come a chiedere pietà all'altra.

 

-Dimmi che non mi vuoi nella tua vita e me ne andrò, ma dovrai guardarmi e dirlo...altrimenti non accetterò un no come risposta.- fece decisa.

 

-Tara...non posso..- sussurrò l'altra stornando lo sguardo.

 

-Si che puoi!- la bionda alzò di un tono la voce e la scosse nuovamente.

 

-Non me la sento!!- le urlò di rimando la rossa.

 

Tara le lasciò le spalle, sbalordita.

 

-Allora è questo!Hai paura...tu non hai paura di noi due, tu hai paura dell'amore?-

 

-E anche se fosse?- rispose acida l'altra.

 

-Willow, ma tu non puoi!Non vuoi me?...- deglutì dolente.

 

-N-on i-mporta...ma se rinunci all'amore...non sarai mai felice.- concluse tristemente.

 

Lei la voleva vicino, ma infondo le bastava la sua felicità.

 

-E cosa puoi saperne tu!Di quanto fa male qesto tuo stramaledetto "amore"!!Ti spacca il cuore in due, ti dissangua, ti prosciuga...e tu sei solo un fantasma senz'anima!!- le gridò contro la rossa.

 

Cattiva, più cattiva di quanto avrebbe voluto.

 

Ma la sua vecchia ferita si era riaperta, infettandole le parole.

 

-Non ti sto offrendo questo!-

 

-E cosa?Non sai neanche chi sei...-

 

-Ti offro me stessa!Il mio cuore...è...è così poco per te?Puoi fare di me quello che vuoi.- sussurrò la bionda, guardandola dolcemente.

 

Will scosse la testa, girandosi e dandole le spalle.

 

-Non me la sento...mi dispiace...ho troppa paura.- sibilò, guardando il boschetto intorno a loro.

 

-Rispondi alla mia domanda!- fece Tara, non sapendo più che dire.

 

Will si girò non capendo.

 

Credeva con le sue parole, di aver messo fine a quel dialogo così amaro.

 

Il suo cuore urlava.

 

Il suo cuore piangeva.

 

E accelerava un battito già isterico.

 

Ciò che non capiva era perchè.

 

Per chi?

 

O forse lo sapeva.

 

Lo sapeva e non voleva scoprire che quel tamburellare veloce dipendeva da qualcosaltro e non dalla paura che tanto invocava a scudo.

 

-Quale domanda?- chiese stanca e con gli occhi lucidi.

 

-Ti ho chiesto di g-guardarmi e dirmi che non mi v-vuoi nella tua v-vita.- balbettò nervosamente l'altra.

 

Passò qualche minuto e Will stornò lo sguardo.

 

Il silenzio le stava dilaniando entrambe.

 

-Dimmelo!!- gridò d'improvviso la bionda, con l'esasperazione nella voce.

 

Il suo cuore non avrebbe più retto.

 

Will sussultò spaventata, ma una rabbia strana le salì per la gola.

 

Guardò l'altra, mentre lacrime calde di frustrazione le inondavano il viso.

 

-N-non ti v-voglio.- incespicò incerta sulle parole, ma il messaggio arrivò chiaro e tagliente.

 

Tara era basita e attonita, dolente e spezzata.

 

Will se ne accorse, riprendendo lucidità.

 

Nonostante tutto non voleva ferire l'altra.

 

-Tara, mi dispiace...non sono abbastanza forte...è meglio che noi, è meglio...- ma la bionda a occhi serrati, la interruppe alzandò una mano per zittirla.

 

-Non dire niente...sarebbe un addio.- sibilò fra i denti.

 

Diede le spalle alla ragazza, pronta ad andarsene, mentre il vento le scompigliava i capelli e le schiantava le lacrime sulle guance.

 

Mentre Tara faceva il primo passo verso un futuro che non le comprendeva più in nessun modo, insieme, le sue parole, una sua parola trapassò Willow.

 

"Addio"

 

Will ricordò il quaderno degli esercizi con le battute, che la bionda le aveva regalato secoli prima.

 

L'abbraccio dell'altra alla sua prima delusione amorosa.

 

L'affetto di ogni parola.

 

I colori di ogni loro sorriso insieme.

 

Gli sguardi felici ogni qualvolta si incrociavano.

 

I loro incontri e il suo lamentarsi di un tempo troppo avaro per loro.

 

La sua voglia di cercarla sempre, ogni qualvolta la vita si faceva più difficile.

 

La voce di miele dell'altra che la tranquillizzava, impedendole di sprofondare ogni stramaledetta volta.

 

I suoi rari, ma così significativi e intensi abbracci.

 

La sua devozione verso la bionda e l'abnegazione dell'altra per la sua felicità.

 

Frammenti di ricordi le invasero la mente.

 

Poteva rinunciare a tutto questo?

 

Tara era la pausa dal mondo, il break gentile che le permetteva di respirare.

 

Tara era la sua ragione.

 

Tara era la sua coscienza, il suo specchio.

 

In lei aveva riposto fiducia, l'aveva aspettata sempre con pazienza.

 

La bionda era la persona più bella che conoscesse.

 

Un sentimento cresciuto negli anni, un sentimento che non era amicizia, ma qualcosa di più.

 

E non l'aveva mai capito o forse non aveva voluto, rotta dall'impossibile, spezzata da qualcosa che era come dire "sprecato" o che le sembrava tale, fino a qualche minuto prima.

 

Eppure aveva paura.

 

Talmente tanto terrore nel sangue, da farla ritrarre nel profondo del suo cuore, sola e dolorante, dimentica persino di come Tara fosse, di come non l'avrebbe mai ferita volontariamente.

 

Kennedy le aveva insegnato una cosa...una cosa che pesava sulla sua coscienza, in modo tanto amaro quanto sbagliato.

 

Il suo amore era inutile.

 

Tara aveva ragione, non era di loro che aveva paura, ma di mostrare nuovamente il suo cuore ed essere nuovamente sconfitta da un fallimento.

 

Amando non aveva costruito nulla, se non la sua infelicità e il disgusto per se stessa.

 

Come poteva fidarsi di un nuovo amore?

 

Quando quello vecchio l'aveva tradita in modo così tagliente e graffiante?

 

Eppure era Tara quella che aveva davanti.

 

Tara.

 

E il suo cuore batteva per l'altra da così tanti anni, che ormai era abituata e asuefatta a quel suono.

 

Un sentimento che faceva fatica a chiamare con il suo nome, dopo averlo mistificato per più di una decade, ma che c'era ed era presente e vivo.

 

Tara era importante, Tara era il suo luogo segreto nell'anima, Tara era la parte migliore di lei.

 

Provava qualcosa per l'altra.

 

Qualcosa di così intenso e fresco, puro e schietto, che la terrorizzava.

 

Per questo non era riuscita a rispondere subito alla domanda della bionda e quando l'aveva fatto, la sua voce aveva tremato.

 

Perchè lei la voleva nella sua vita, l'aveva sempre voluta.

 

Ma non sapeva in che senso e la paura aveva fatto il resto, facendola chiudere a riccio.

 

Ma si ripetè che stava parlando di Tara.

 

Tara.

 

Doveva valutare ogni minimo particolare.

 

Se la bionda fosse uscita dalla sua vita, cosa avrebbe fatto.

 

D'un lampo si rese conto di quanto la presenza dell'altra nella sua esistenza, fosse preziosa, indispensabile, unica.

 

Al di là di quella storia.

 

Al di là di un amore che considerava impossibile e frustrante.

 

Al di là anche di Tara stessa, lei poteva fare a meno di colei che le leggeva l'anima?

 

In quei tre mesi di silenzio, il vuoto della più grande, si era fatto sentire prepotente e incisivo, ma il suo orgoglio e la sua rabbia, le avevano impedito di correre dall'altra ad affrontare quel bacio in modo per lo meno civile.

 

Stessa cosa era successa all'Espresso Pump, di nuovo l'avevano dominata orgoglio e molta, molta rabbia.

 

Ma poco di quel sentimento era rivolto alla ragazza, in verità, la sua rabbia e il suo rancore erano dedicati ad un mondo cattivo che le aveva preso tutto, ridandoglielo masticato e vomitato dal dolore...poco, troppo poco tempo prima.

 

Però ora doveva richiamare a sè, tutto il suo raziocinio.

 

Non poteva farsi controllare dall'orgoglio o dalla rabbia un'altra volta.

 

Perchè ora, si trattava di una cosa che colorava di toni miti e gioiosi la sua vita, qualcosa che una volta tolta, avrebbe costretto il suo bel quadro a davvero troppo pochi sprazzi di luce.

 

Si trattava della presenza di Tara e della sua possibile assenza, per sua scelta.

 

Ora, era venuto il momento di farla o meno questa scelta, al di là di quel bacio e di tutto quello che era venuto poi, oltre la sua paura, oltre l'amore stesso, che ancora non riusciva ad affrontare.

 

Per un momento, senza nessuna implicazione.

 

Semplicemente, la sua esistenza avrebbe avuto senso senza la luce della ragazza che aveva davanti?

 

Poteva rinunciare a lei?

 

 

 

 

 

Tara era spezzata, non tratteneva più le lacrime, lasciandole ruzzolare oltre le palpebre.

 

Qualcosa dentro di lei si era irrimediabilmente piegata e ora le stringeva lo stomaco stritolandola.

 

Aveva così tanta voglia di urlare, di piangere, di rintanarsi in un angolo buio e aspettare, aspettare che le ferite si richiudessero, almeno un po'.

 

L'aveva persa.

 

Non poteva crederci.

 

Si era resa conto da così poco di qual'era la strada.

 

L'unica cosa importante, quella a cui era arrivata dopo così tanto pensare, era che non le importava capire...

 

Non le importava dare un nome a quella follia.

 

C'era una cosa molto più importante.

 

Più vera, più viva.

 

Tenerla vicina.

 

Tenere Will vicina al suo cuore.

 

Perchè era quello il suo posto.

 

E quando si era resa conto, che il resto non importava, aveva capito.

 

Perchè il resto sarebbe venuto poi, ma lei voleva la rossa.

 

Nient'altro.

 

Ed ora, dopo che così tanto tempo c'era voluto per comprendere, l'aveva persa.

 

Si era ripromessa di lottare per l'altra e in cuor suo era sicura di non fallire.

 

Invece non aveva potuto niente contro il muro che Willow aveva costruito fra loro.

 

Aveva urlato, sussurrato, parlato con il cuore, messo a nudo la sua anima, le sue paure e non era servito.

 

Nè con la dolcezza, nè con la forza delle sue parole era riuscita a scalfire lo scudo della rossa.

 

Mai l'aveva sentita così distante, neanche in quei tre mesi di silenzio.

 

Perchè quel tempo muto, era un tempo che non aveva capito.

 

Ora la paura dell'altra, ghiacciava il suo cuore e lo frantumava in mille frammenti.

 

"Non ti voglio."

 

Quelle parole rimbalzavano nella sua mente, sferzandone i confini, tagliandole il respiro, sciogliendole come acido il cuore dissanguato.

 

Che Willow avesse ragione?

 

L'amore era cosa, così dannatamente dolorosa da provare?

 

Un sogno infranto da una realtà non altrettanto vaneggiata?

 

Non aveva altre parole, nessun'altra arma affilata a dovere da utilizzare, più alcuna carta da giocare.

 

Le aveva offerto se stessa, senza difese, senza scudi.

 

Non aveva niente di più e non era bastato.

 

Neanche per un attimo aveva pensato che non sarebbe stato sufficiente.

 

Come una ragazzina, era andata dall'altra con il cuore in mano, senza preoccuparsi di poter essere ferita.

 

Come se non sapesse che ci si può far male, mostrandosi liberi da qualunque difesa, per una volta semplicemente e ingenuamente se stessi e nulla di più.

 

Aveva perso.

 

E perdere quella battaglia, ora lo sapeva, equivaleva alla scomparsa di ogni illusione, di ogni luogo gentile, di sogni per così poco immaginati, di un futuro sereno e appagato.

 

Alla scomparsa di un amore di una purezza disarmante.

 

Perdere.

 

Fallire.

 

Voleva dire vivere senza Willow.

 

E dopo le parole della rossa, quest'incubo era divenuto prepotentemente realtà.

 

In un attimo tutto si era oscurato e la speranza era stata frantumata.

 

Il suo orgoglio le aveva impedito di ascoltare l'altra dirle addio, così l'aveva fermata e ora piegata da un dolore che non credeva possibile essere causato dalla rossa, tentava di andarsene in silenzio e uscire da quella vita che le era tanto cara.

 

D'improvviso una carezza fresca le sfiorò le dita.

 

Sentì la mano dell'altra afferrare la sua, gentile ma decisa.

 

Girò lentamente la testa, con gli occhi ancora bagnati dalle lacrime.

 

Willow la guardava e nel suo sguardo uno strano bagliore, una malinconia piena di speranza.

 

-Aiutami tu...- aveva sussurato la rossa.

 

-A-a fare cosa?- le aveva chiesto l'altra.

 

-A non avere paura...-

 

...FINE...

 

 

 

In picchiata.

 

In picchiata verso il nulla, ad occhi chiusi, verso giorni di un oblio velenoso.

 

Figli di uno schianto accomunato alla pace, uno schianto che non salva, uno schianto che non giunge, portandoci a sempre nuove profondità infernali.

 

In picchiata.

 

In picchiata verso un sogno, occhi fissi sull'unica salvezza, la certezza.

 

Figli di un amore fatto di prescelti, di un amore supestite, di un amore cristallino, che conduce ad alti e superbi, paradisiaci piaceri.

 

 

 

Grazie a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggermi fino a qui.