CAINO E ABELE

 

Autore: Mari

 

Disclaimer: Tutti i personaggi o quasi appartengono a Joss Whedon & co.

 

 

 

Note: Che cosa accadde prima degli eventi a Glencoe, prima del ritorno in vita di Tara grazie ad Angel e prima che il demone Luseky decidesse d'impossessarsi alle Gemme di Zagato?

In "randez-vous" l'avventura vissuta dalla Scoobygang è stata intensa e irta di difficoltà e il racconto disseminato di accenni alle vicende dei protagonisti negli anni precedenti a quel periodo, ma ora... ecco cosa accadde veramente dacché Buffy e gli altri videro Sunnydale trasformarsi in una voragine deserta e profonda quanto la Fossa delle Marianne.

Una nuova città, una nuova casa, l'illusione di una vita normale, nuovi guai, nuovi amori e... dolore, passione, nostalgia, serenità.

Contattatemi per i commenti, mi raccomando (mari_agj@yahoo.it) e ditemi se volete che la trilogia si concluda col sequel o meno!

 

PROLOGO

 

            La voragine che oramai conteneva tutta la città di Sunnydale sembrava essere enorme, molto più grande di quanto la stessa città non fosse apparsa tante volte agli occhi di Buffy Summers quando, per guardare il panorama dall’alto, si era arrampicata fino alle colline che la circondavano. Era desolante vedere quel disastro e le metteva una strana ansia addosso rendersi conto improvvisamente che quello che fino a quel momento per lei era stato normale, routine di tutti i giorni, scontato come il sole che sorge al mattino e tramonta alla sera, non era più così scontato. Ma non era più La Cacciatrice , l’unica, la sola a doversi ergere contro il Male a costo della propria vita e, a volte, delle vite di chi amava.

 

Ora era una delle tante.

 

Ora avrebbe avuto vicino a lei qualcuno che potesse capirla davvero, che avrebbe dedicato alla Causa la sua stessa quantità d’energie.

 

Qualcuno simile a lei…

 

Forse fu per questo che quando sua sorella Dawn le domandò:<… Adesso che faremo?>. Lei non rispose, ma si limitò a sorridere lievemente, con lo sguardo fisso verso quella distesa desolata e profonda che era stata la sua casa per anni, pensando che non ne aveva la più pallida idea ma che non era più sola.

 

<Buffy, mi hai sentita?>. Domandò ancora Dawn, sfiorandole appena il gomito con una mano. Buffy si voltò e le carezzò lievemente la guancia sorridendo di più adesso.

 

<Non lo so, Dawnie, non ne ho la più pallida idea!>. Ammise. Giles le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, stringendola un po’ come fosse stato un vero e proprio abbraccio. La ferita che la ragazza aveva sulla fronte non sanguinava più, ma le bruciava e lei la toccò istintivamente, guardandosi poi le dita per assicurarsi che il taglio non fosse ancora aperto.

 

<Nessuno di noi aveva… previsto… questo! Tuttavia non dobbiamo lasciarci scoraggiare… avviamoci verso un centro abitato, troviamo un telefono e contattiamo qualcuno del Consiglio!… Ci aiuteranno loro!>. Disse l’Osservatore, fiducioso. Faith si accese una sigaretta, l’ultima superstite del suo pacchetto che, tenuto in tasca, si era stropicciato fino a disfare il suo contenuto.

 

<Non per essere pessimista, Giles, ma… il Consiglio non è stato distrutto da una bella bomba?>. Chiese, ficcando poi una mano in tasca. L’uomo si voltò a guardarla:<Be’ questo non è del tutto vero… cioè, sì tutti gli anziani, i veri anziani, del Consiglio sono deceduti in quel… tragico attentato, ma non tutti i membri sono stati uccisi e un piccolo nucleo di Osservatori sono ancora vivi, sparsi chissà dove ma… vivi e attivi!>. Precisò l’uomo. Xander fece spallucce:<Non che la notizia mi dispiaccia, ma… non abbiamo i mezzi per metterci alla ricerca di quelli del Consiglio che sono, e cito lei, Giles, sparsi chissà dove!>.

 

<Noi no, ma io conosco qualcuno che può darci davvero una mano!>. Disse Buffy, improvvisamente.

 

<E chi sarebbe?>. Domandò Willow, perplessa. Buffy le lanciò un’occhiata rapida e pensò che anche lei sembrava essere esausta.

 

<Angel!>. Disse.

 

Buffy si era aspettata obiezioni varie, ma i suoi amici la sorpresero trovando quella proposta accettabile, se non altro perché Los Angeles non era poi così lontana e, soprattutto, all’Hyperon avrebbero potuto riposare un po’.

 

<Ok, allora ci avviamo? Abbiamo svariati feriti a bordo dello scuolabus e non so voi, ma io comincio a essere davvero stanco!>. Propose Xander. Gli altri annuirono e si avviarono verso il pulmino giallo per riprendere il viaggio, dando ognuno un’ultima occhiata dispiaciuta alla voragine che si estendeva per miglia davanti ai loro occhi. Solo Willow rimase esattamente lì dove i suoi piedi si erano piantati alcuni minuti prima, con lo sguardo fisso nel vuoto e i lunghi capelli mossi dal vento caldo. Buffy tornò da lei e le si mise al fianco:<Tutto a posto, Will?>. Le domandò, preoccupata. La strega si voltò e le sorrise, ma aveva gli occhi bagnati da lacrime silenziose. Willow si asciugò il viso col dorso della mano e tirò un po’ su col naso, tentando di smettere di piangere.

 

<E’… è tutto a posto, Buffy, ma… l’idea di lasciare qui tutto il mio passato non mi entusiasma!… E poi qui c’è anche…>. Ma non riuscì a terminare la frase, perché un nodo in gola le si formò rapidamente. Se avesse continuato a parlare, avrebbe cominciato a singhiozzare.

 

<Tara?>. Domandò Buffy, cautamente, costringendola a fissarla negli occhi. Willow annuì lievemente. Buffy l’abbracciò forte a sè, sentendo improvvisamente che doveva consolarla, che non doveva farla sentire sola.

 

<Will, tesoro, ascolta… Tara è in un posto migliore, ne sono certa. Non conta dove sia il suo corpo, non conta dove sia sprofondata la sua lapide. Conta solo che la sua anima riposa in pace, sicuramente in Paradiso. Lo capisci?>. Le sussurrò, rassicurante e affettuosa. Willow annuì ancora e si scostò lievemente dall’amica per guardarla in viso.

 

<Buffy, io… lo so che quel che conta è dove si trova la sua anima, ma… non riesco a non pensare che la sto abbandonando in questo luogo desolato… che la sto lasciando sola!>. Ammise la rossa, tristemente. Buffy le posò un lieve bacio sulla fronte:<Non è sola, Will. Tara è sempre con te, nel tuo cuore!… Ma temo che qui… ci sia qualcuno che ha bisogno di te!>. Esclamò la Cacciatrice. Le due amiche si voltarono a guardare verso il pulmino giallo che era stata la loro salvezza e che era davvero malconcio ora. In cima alle scalette, vicino al posto di guida, Kennedy era in piedi, affacciata a guardare nella loro direzione, attendendo trepidante che la sua ragazza andasse da lei ad abbracciarla.

 

Tara era morta e Willow per lei non poteva fare più nulla, se non ricordarla e amarla sempre. Kennedy, invece, era viva e vegeta e ora, sudata e stravolta dalla fatica, aveva bisogno di lei. Willow lanciò un ultimo triste sguardo verso quella che era stata la sua città natale, cercando con gli occhi verdi la zona dove, più o meno, era stata sepolta Tara un anno prima.

 

<Addio, amore mio!>. Sussurrò. Poi assieme a buffy si diresse al pulmino, verso la sua nuova ragazza, verso la loro nuova vita.

 

 

 

            Buffy dormiva profondamente già da qualche ora. Quella sera si era coricata presto, visto che si era alzata che non era nemmeno ancora l’alba. Era stata una giornata assolutamente faticosa: lei e Giles avevano avuto da fare tutto il giorno per organizzare l’imminente trasloco. Di lì a una settimana Los Angeles non sarebbe più stata la loro città e lei non avrebbe più dovuto dormire sotto lo stesso tetto con Angel. Il vampiro, tre mesi prima, aveva accolto lei e gli altri superstiti nella sua casa, ben felice di condividere con loro i suoi spazzi e tutto ciò che aveva, senza riserve. Ma di fatto non era stato facile per la Cacciatrice bionda accettare la costante presenza di Angel: lui se n’era andato da Sunnydail e dalla sua vita molti anni addietro e lei non era più abituata a stargli vicino costantemente. In quegli ultimi mesi, invece, era stato inevitabile perché per quanto l’Hyperon fosse grande, non lo era quanto tutta la California.

 

Buffy non nutriva più rancore verso di lui e aveva accettato con inevitabile rassegnazione il fatto che ora le loro vite fossero diverse e separate; tuttavia, ritrovarselo davanti quasi ogni momento era stranamente e inquietantemente inebriante. Chissà se anche lui provava gli stessi sentimenti…

 

Non che questo avrebbe fatto differenza, certo. Però la ragazza sarebbe stata curiosa di saperlo, se questo non avesse comportato imbarazzo.

 

Forse era per quelle strane sensazioni che ora non vedeva l’ora di andarsene da Los Angeles.

 

Giles, alla fine, aveva avuto ragione: era riuscito a contattare alcuni suoi ex colleghi che stavano rimettendo in piedi il Consiglio degli Osservatori, spostando la sede centrale da Londra a Glencoe, Scozia, in un maniero antico quanto imponente, che spesso era stato il teatro principale delle riunioni più importanti del Consiglio stesso. L’uomo aveva chiesto aiuto ai suoi colleghi e loro glielo avevano concesso volentieri, dando a lui, a Buffy e agli altri i soldi necessari per ricominciare e offrendo a Giles un posto da Anziano all’interno del Consiglio. L’uomo aveva accettato ben volentieri l’aiuto economico, ma aveva rifiutato la proposta di tornare ufficialmente a far parte di quella cerchia ristretta di uomini che un tempo erano stati la guida della Cacciatrice. Come scusa… non aveva inventato una scusa, aveva semplicemente detto la verità: era attaccato a Buffy e Dawn Summers, Willow Rosemberg e Xander Harris come fosse stato loro padre. Non voleva lasciarli, non voleva vivere lontano da loro e non voleva modificare di una virgola il rapporto che si era creato fra quei ragazzi e lui. Il Consiglio aveva accettato di buon grado quel rifiuto e non aveva fatto marcia indietro sull’aiuto offerto ai superstiti di Sunnydail. Così Giles aveva trovato un appartamento abbastanza grande a San Francisco, in periferia: non era bello, non era particolarmente lussuoso né moderno, ma aveva stanze a sufficienza per lasciare ad ognuno di loro la privacy di cui aveva bisogno, aveva due bagnetti con la doccia, una sala da pranzo spaziosa con angolocottura ben messo e perfino un terrazzo che affacciava verso la baia. Non era molto, ma per cominciare andava più che bene.

 

Quella mattina Buffy aveva aiutato Giles a sistemare gli ultimi dettagli per il trasferimento e ora la ragazza era distesa nel suo letto, all’oscurità, facendo mentalmente il bilancio di quegli ultimi mesi. Non erano stati facili, ma almeno non erano stati messi in mezzo ad una strada.

 

Angel li aveva aiutati.

 

Il Consiglio li stava ancora aiutando.

 

Suo padre li aveva aiutati… più o meno.

 

Lo aveva sentito due giorni prima, l’ultima volta. Dawn era andata con Will e Kenny a far due passi per le strade del centro e lei ne aveva approfittato per chiamarlo, visto che l’ultima telefonata risaliva a quando erano arrivati a Los Angeles, per avvisarlo che erano vive ed erano scampate al terremoto che aveva devastato Sunnydail.

 

Durante quella telefonata, come quella di due giorni fa, lo aveva trovato preoccupato davvero per lei e Dawn; nonostante questo l’uomo era stato capace solo di spedirle dei soldi. Non le aveva mai chiesto di raggiungerlo nella sua nuova casa. Non aveva mai proposto a lei o a Dawn di andare a vivere con lui.

 

Lui aveva una nuova vita, una nuova famiglia.

 

Non che i soldi non le servissero, ma avrebbe preferito che il padre manifestasse la sua volontà di aiutare le sue figlie proponendo di prendersi cura di loro, anziché aprendo a loro nome un cospicuo conto in banca. D’altronde, però, non è che a Willow e Xander fosse andata meglio.

 

I genitori della rossa avevano fatto più o meno la stessa cosa di suo padre, perché era impensabile che Will si trasferisse a Chicago con loro e con Kennedy: la sua compagna. Non il suo compagno. I genitori di Xander, invece, avevano subito messo in chiaro che il figlio avrebbe dovuto cavarsela da solo perché loro non avevano un posto in cui farlo stare nella loro nuova casa, e non avevano soldi da mandargli.

 

Né Xander né Willow erano rimasti sorpresi da quei comportamenti, né delusi. Xander si era immediatamente rimboccato le maniche e aveva trovato in un paio di giorni un lavoro in un locale notturno come buttafuori, vista la sua mole, e tre volte a settimana in un cantiere edile di un suo vecchio conoscente. Willow, invece aveva semplicemente accettato il danaro e lo stava usando oculatamente per tirare avanti il più allungo possibile.

 

Una volta arrivati a San Francisco si sarebbero sistemati meglio.

 

Buffy ne era certa.

 

Dawn avrebbe ripreso il liceo, lei avrebbe dato gli ultimi esami per laurearsi e lo stesso avrebbe fatto Willow, sicuramente. Giles avrebbe trovato lavoro rapidamente, magari come bibliotecario o professore di storia e filosofia in un qualche liceo. E Kennedy… be’, su di lei qualche dubbio c’era: aveva dato prova di non essere una scansafatiche, ma quanto a finire gli studi… Buffy dubitava che lo avrebbe fatto davvero.

 

Robin si era ripreso bene e aveva trovato lavoro grazie all’aiuto di Angel: sarebbe rimasto a Los Angeles, lui. Anche Andrew aveva trovato lavoro in un megastore di fumetti ed era tornato a vivere coi suoi genitori… magari si sarebbe tenuto fuori dai guai per un po’.

 

Le altre Cacciatrici erano tornate a casa, ma si erano ripromesse di mantenere i contatti sia per una questione di amicizia che per una questione di bisogno: ora avevano i poteri di una Cacciatrice, ma non avevano l’esperienza di Buffy né la sua abilità nella lotta corpo a corpo.

 

Faith, convinta da Angel e persuasa anche da Robin, era tornata in carcere per finire di scontare la sua condanna: almeno quel conto con la società l’avrebbe saldato. Al suo rilascio lei e Robin avrebbero continuato a frequentarsi? Buffy nutriva qualche dubbio a tale riguardo perché Faith non era il tipo da legami fissi. Però, visto l’attaccamento che la ragazza aveva dimostrato verso l’ex preside del liceo di Sunnydail, forse qualche speranza di creare una relazione seria con lui c’era.

 

Il futuro per loro era ancora un punto interrogativo, ma Buffy era fiduciosa: se l’era cavata per anni con una vita sopra le righe. Se la sarebbe cavata anche con una vita normale… finalmente.

 

 

 

            Angel era sul tetto dell’Hyperon e scrutava l’orizzonte come un marinaio del settecento scrutava il cielo per cercare di orientarsi con gli astri. Le luci della città che lo circondavano tutt’intorno gli mettevano addosso uno strano senso di malinconia: quel panorama da lassù era bellissimo, commovente quasi; eppure non riusciva a non domandarsi, ogni volta che saliva lì, come potesse essere di giorno, quando il sole inondava tutto, rischiarando vicoli e strade principali, appartamenti e villini e persino il porto che di notte, da quella postazione, era poco più che una chiazza nera al centro della quale a intervalli regolari lampeggiava la luce rossa e bianca del faro, un buco nero circondato da mille piccole lucciole artificiali…

 

Una volta, anni prima, aveva avuto modo di vedere nuovamente un’alba. Era stato quando quel pazzo di Spike aveva rinvenuto la gemma di Amara, il Santo Graal dei vampiri, dicevano. Al solito, Spike aveva tentato di fare danni, avevano litigato, combattuto e infine aveva vinto lui impossessandosi dell’anello. Cordelia non gli avrebbe mai perdonato di averlo distrutto… aveva detto che era stato un vero imbecille a fare una cosa simile e forse, una volta tanto, Cordelia aveva avuto ragione. Adesso, a distanza di anni, se ne rendeva conto.

 

Ma quell’anello era troppo pericoloso per rimanere in circolazione e lui… lui non lo meritava. Almeno, non credeva di meritarlo. Era per questo, fondamentalmente, che lo aveva distrutto. Aveva fatto bene? Forse. Se n’era pentito? Sicuramente… e più di una volta.

 

Fra i bassifondi aveva sentito dire che c’era una gemella della Gemma di Amara, ma lui e Westley avevano fatto qualche ricerca sui testi antichi e non avevano trovato nessuna testimonianza attendibile che confermasse quelle voci. Così, alla fine, si era rassegnato ad aver perso probabilmente l’unica opportunità di vedere coi propri occhi Los Angeles di giorno.

 

Un rumore alle sue spalle lo distolse dai propri pensieri e lo fece scattare nel voltarsi, pronto a combattere un eventuale aggressore. Invece, ferma in piedi dietro di lui, si trovò Buffy che lo fissava con un’aria imperscrutabile e le braccia conserte al petto.

 

<Se fai così mi farai venire un infarto!… Be’, intendo, se avessi un cuore che batte!>. Esclamò, mentre la ragazza si avvicinava lentamente e lo affiancava nel guardare i bagliori della città. Anche lui tornò a fissare i puntini luminosi, pensando che prima o poi Buffy avrebbe parlato, gli avrebbe detto qualcosa. Invece niente. Sembrava muta.

 

<Che succede, Buffy?>. Le domandò ad un tratto, preoccupato dal suo silenzio. Lei tacque ancora per qualche istante, poi sospirò e si voltò verso di lui, rimanendo poggiata solo con un gomito al parapetto del tetto.

 

<Stavo pensando a quanto la mia vita sia cambiata in un battito d’ali… non che Sunnydail fosse esattamente la città dei miei sogni, ma… era diventata la mia città!… Conoscevo ogni strada, ogni giardinetto – sorrise lievemente – ogni cimitero… e invece… ora mi ritrovo qui a Los Angeles dove praticamente conosco solo le strade qui attorno e conosco solo te e quelli del tuo gruppo e… stavo appena cominciando ad abituarmi nuovamente a stare qui… e invece domattina partirò nuovamente, per San Francisco, un posto che non solo non conosco affatto, ma dove non ho conoscenze né luoghi familiari dove andare e… non so se mi piace questa cosa!>. Disse la ragazza, evitando di guardare il suo interlocutore fisso negli occhi. Angel annuì perché la capiva perfettamente. Dacché la conosceva ne aveva passate tante, lui più di chiunque altro lo sapeva. Stavolta, però, non si trattava di affrontare un nuovo nemico, né un’imminente apocalisse né un demone danzante o un licantropo. Si trattava di affrontare la vita quotidiana, di affrontare i problemi e le paure di un essere umano comune. Probabilmente, rifletté Angel, questa prospettiva doveva essere molto più spaventosa di qualunque battaglia.

 

<Be’, mettiamola così… il lato buono… è che se avrai bisogno di aiuto, non ci saremo solo io, Willow, Giles e Xander ad aiutarti, ma molte altre Cacciatrici!>. Esclamò il vampiro, cercando di sorridere per rilassare Buffy.

 

<E il lato cattivo?>. Domandò lei, allora. Angel fece spallucce e sorrise ancora, questa volta in maniera meno forzata:<Ah… se il tuo capo non ti starà simpatico non potrai ucciderlo o se ti bocciano ad un esame… non potrai tagliare la testa del professore!… Il che, ovviamente, vale anche per le persone che incontrerà tua sorella e per i vicini di casa: se faranno chiasso o roba simile non potrai andare da loro, sfondare la porta di casa con un calcio e saltargli addosso!>. Concluse, ironico. Buffy gli sorrise di rimando, ma poi sospirò tristemente. La sua vita stava per subire un bel cambiamento radicale e, considerando l’ultima volta che questo era avvenuto – anni prima quando i suoi genitori avevano divorziato e lei e Joyce si erano trasferite niente po’ po’ di meno che sulla Bocca dell’Inferno più grande esistente al Mondo – non avrebbe mai saltato di gioia. Angel, in un gesto istintivo e affettuoso, le mise una mano attorno alle spalle e l’attirò a sé, abbracciandola. Non si dissero nient’altro. Rimasero così per parecchio tempo… forse qualche ora, a godere della vicinanza l’uno dell’altra e del reciproco conforto che in qualche modo riuscivano sempre a donarsi, anche nei momenti più difficili e dolorosi, anche quando discutevano, anche quando sapevano che quello era l’ultimo contatto prima dell’ennesimo addio fra di loro.

 

Poi il cielo cominciò a cambiare colore gradualmente, a sfumare e a rischiararsi. Il sole stava per sorgere ed Angel lì non poteva restare.

 

<Ti rivedrò presto, vero?>. Chiese Buffy, stringendosi di più a lui. Il vampiro con l’anima le posò un lieve bacio sulla fronte, scansandole una ciocca ribelle che le era finita davanti agli occhi chiari e lucidi di lacrime che stava cercando di trattenere con tutta sé stessa.

 

<Ci sarò sempre per te, lo sai!… Ci rivedremo presto, te lo prometto. Buon viaggio, Buffy e… buona fortuna per la tua nuova vita da ragazza qualunque!>. Sussurrò Angel, più serenamente di quanto lui stesso non pensava di poterla salutare. Un attimo dopo ruppe il contatto fra i loro corpi, lentamente, come se un movimento più rapido avesse significato la morte per uno dei due. Quando si furono separati del tutto, Angel le lanciò un’ultima occhiata, poi si voltò e Buffy lo vide sparire dentro la porta che lo avrebbe condotto all’interno del palazzo, al sicuro, lontano dai raggi solari tanto belli e tanto pericolosi per lui.

 

Le sarebbe mancato, non c’erano dubbi. Ma anche stavolta sarebbe sopravvissuta senza di lui… d’altronde non c’era altra possibilità di scelta.

 

  CAPITOLO PRIMO: UNA VITA NORMALE

 

            Fuori pioveva fitto e la pioggia tamburellava sui vetri delle finestre già resi opachi dal tempo. Era Novembre e fra meno di un mese sarebbe stato Natale. Buffy, sua sorella, Giles e Xander adoravano il Natale perché in quei giorni si sentivano come fossero una vera famiglia felice. Anche a Willow piaceva il periodo delle feste, ma la sua religione ora era quella della Wicca e prima ancora era stata ebrea, quindi non festeggiava la nascita di Cristo praticamente dacché era venuta al mondo. Solo che quando era bambina, fino all’adolescenza, un po’ aveva invidiato gli altri perché i suoi genitori non festeggiavano il Natale e lei si era sentita diversa, come se non avesse diritto di festeggiare in quei giorni. Ora, invece, nonostante la ricorrenza religiosa che cade il 25 Dicembre di ogni anno non facesse parte del suo Credo, la ragazza aveva deciso a cuor leggero di accettare e partecipare comunque ai festeggiamenti di rito, o almeno la parte laica di essi. In questo Kennedy l’aveva imitata: la Cacciatrice mora, infatti, non aveva avuto un’educazione religiosa, di nessun tipo. E a casa sua, quando era piccola, non si festeggiava quella ricorrenza col cenone o con lo scarto dei regali sotto l’albero… per lei, finché non era entrata a far parte della Scooby gang, il Natale era un giorno come un altro dove suo padre non lavorava ma si godeva le partite in TV accompagnando la visione con pop-corn troppo salate e birra sfiatata mentre sua madre rideva da sola davanti ad un altro televisore, in un’altra stanza della casa, seguendo appassionatamente qualche telequiz o qualcuna delle tipiche trasmissioni che mandano in onda quelle sere. Sua sorella, Patricia, se n’era andata da casa quando lei aveva solo dieci anni e a Natale era solita fare una telefonata o magari mandare un biglietto d’auguri; ma non avevano mai più festeggiato tutti insieme.

 

In definitiva, dunque, tanto per Willow, quanto per Kennedy, era una vera e propria novità festeggiare in famiglia quei giorni.

 

Forse era per questo che Buffy aveva notato in loro un’impennata improvvisa di eccitazione e di entusiasmo al pensiero di dover cominciare a pensare agli addobbi e alle delizie culinarie da preparare per quella sera… per non parlare delle compere dei regali, poi.

 

La Cacciatrice bionda era seduta nella propria stanza, quella che divideva con sua sorella Dawn, alla scrivania intenta a ripassare per l’ennesima volta il discorso per la discussione della sua Tesi di Laurea. Avrebbe dovuto sostenere l’ultima prova del suo corso di studi l’indomani mattina ed era insieme nervosa e fremente: non vedeva l’ora di ottenere quel pezzo di carta che attestava che era una psicologa a tutti gli effetti. Già da un paio di mesi, e cioè dacché aveva sostenuto l’ultimo esame orale del corso, frequentava lo studio privato del professor Hayder come tirocinante. Ma dalla prossima settimana il famoso psicologo aveva promesso di assumerla e così avrebbe cominciato a lavorare davvero, invece di accontentarsi dell’impiego part-time in quella dannata copisteria di fronte al suo College. Lo stipendio non sarebbe stato esorbitante, ma di certo sarebbe stato almeno il doppio di quello che percepiva adesso. Gli studi praticamente se li era pagati facendo fotocopie per gli altri studenti, aiutando Giles nel suo nuovo negozio di articoli magici e risparmiando i soldi che quasi ogni mese suo padre inviava a lei e a Dawn; proprio per questo aveva dovuto tirare parecchio la cinghia in quell’ultimo anno e mezzo. Ma fra poco la spesa in più o il risparmio di venti dollari non sarebbero stati più di primaria importanza.

 

Willow l’aveva battuta nei tempi e si era laureata sei mesi prima in ingegneria informatica. Ora lavorava per una succursale della Microsoft e, grazie anche al recente aumento, percepiva uno stipendio davvero invidiabile per chiunque si fosse laureato da tanto poco. Ma Buffy non era sorpresa di questo: Willow aveva ripreso gli studi due settimane dopo il loro trasferimento lì a San Francisco e, dopo praticamente essersi ammazzata sui libri, aveva dato gli ultimi esami del suo corso, aveva discusso la Tesi e si era laureata col massimo dei voti, ricevendo anche il cosiddetto “bacio accademico”. Quella stessa mattina la segretaria di un certo Grinwalt l’aveva contattata per offrirle un colloquio di lavoro e dieci giorni dopo la ragazza aveva un posto come programmatrice.

 

Kennedy stava ancora finendo il master, ma di lì a poco avrebbe sicuramente preso il diploma di perito informatico e la sua speranza era che Will riuscisse a convincere il suo capo a dare una possibilità anche a lei: le due certo non erano allo stesso livello di conoscenza dei computer, ma Kenny in quel periodo si era impegnata molto e i suoi voti avevano dimostrato quanto fosse intelligente e ferrata in matematica.

 

Dawn, invece, avrebbe ancora dovuto sgobbare parecchio sui libri, visto che si trovava a malapena al terzo anno di liceo; però anche lei prometteva bene. Ancora non era mai stata sospesa, non aveva incendiato nessuna palestra e non aveva collezionato una lunga serie di E durante le interrogazioni e i compiti in classe. Non si era messa insieme a nessuno che poi aveva tentato di ucciderla e non era stata coinvolta mai in risse. Era vero che mancavano pur sempre due anni e qualcosa alla fine dei suoi studi liceali, ma come inizio era senz’altro migliore di quello di sua sorella.

 

Xander, infine, si era messo in proprio. All’inizio come falegname e muratore veniva chiamato qui e lì per lavori rapidi, ristrutturazioni e roba simile, poi aveva trovato un socio, Steve Kery, col quale aveva messo su una piccola impresa edilizia che in pochissimo tempo era diventata abbastanza rinomata nel campo delle costruzioni e, sebbene ancora non avessero ricevuto commissioni veramente importanti, i due soci si erano dati parecchio daffare ottenendo belle soddisfazioni dal loro lavoro.  

 

In definitiva, rifletté Buffy, mentre finiva di ripetere l’ultimo capitolo della sua Tesi, tutti i componenti della Scooby gang erano riusciti ad adattarsi di buon grado alle loro nuove vite e, soprattutto, erano riusciti a concludere parecchio in appena diciannove mesi dal loro arrivo a San Francisco. Potevano ritenersi soddisfatti di loro.

 

Ovviamente, in quei mesi le loro “seconde vite”, come le chiamava Xander, ovvero tutto ciò che facevano in segreto e che riguardava l’occulto e la lotta al Male, li aveva impegnati moltissimo; tanto che i componenti della Scooby gang avevano dovuto imparare a barcamenarsi fra i loro impegni quotidiani e le loro “attività extra” molto rapidamente. San Francisco rispetto alla vecchia Sunnydail era la patria della tranquillità, ma di fatto anche lì l’attività dei cattivi talvolta subiva dei picchi notevoli e Buffy si era ritrovata a non perdere mai l’allenamento alla caccia. Kennedy soprattutto l’aveva aiutata in questo e lei aveva cercato d’insegnarle altri piccoli trucchi del mestiere; poi però, naturalmente, nessuno dei suoi vecchi compagni, tantomeno sua sorella, si erano tirati indietro. Il risultato era stato che se prima la caccia per lei era spesso un’attività frenetica e stancante fino allo spasmo, ora era diventata meno frequente e meno rischiosa seppur sempre molto difficile a volte e pericolosa.

 

Angel l’aveva chiamata la sera precedente: non sarebbe stato presente alla discussione della Tesi, ma aveva promesso di partecipare alla cena per i festeggiamenti che il gruppo aveva programmato per il sabato seguente. Avrebbe portato Robin con sé, aveva promesso. Dopo tanto tempo, quindi, avrebbe rivisto due vecchi amici. Anche suo padre aveva chiamato la sera precedente e, come il suo ex, aveva annunciato la sua assenza alla cerimonia di laurea. Non che Buffy ne fosse rimasta sorpresa, certo: infondo suo padre in quegli anni si era perso praticamente tutta la sua vita, quindi perché quella volta avrebbe dovuto fare un’eccezione? Però, ad essere sinceri, la ragazza aveva sperato che almeno per complimentarsi con lei, almeno quella volta che a quanto pareva qualcosa di buono l’aveva fatto anche lei, suo padre l’avrebbe raggiunta a San Francisco. Le sarebbe bastato vederlo anche nei giorni seguenti alla sua discussione, magari quel sabato, magari a cena con lei, Dawn e tutti gli altri. Ma il signor Summers non ci sarebbe stato né quel giorno né nei giorni a venire, almeno non così presto come lei avrebbe voluto: l’aveva avvisata che attualmente si trovava a New Orleans per lavoro ma che, di lì a tre giorni, lui e la sua famiglia – quella perfetta, s’intende – sarebbero partiti per una bella vacanza in Canada… quindici giorni sulla neve a divertirsi, sciare, fare escursioni e roba del genere. Proprio come una bella famiglia felice, proprio come lei, suo padre e sua madre e, certo perché no, anche Dawn non avevano mai fatto.

 

Quindi, niente papà che si complimenta con la primogenita per aver dimostrato di possedere un minimo di cervello, oltre che al buonsenso e alla buona volontà.

 

Anche lei, Willow, Kennedy e tutti gli altri sarebbero andati in vacanza quell’estate. Forse in Australia o magari una bella crociera sul Nilo. Ne avevano parlato, si erano messi d’accordo per risparmiare un po’ di soldi prima dell’arrivo dell’estate, e Buffy era sicura che avrebbe spedito a suo padre una bella cartolina con su scritto qualcosa del genere…

 

 

 

ciao, carissimo papà! Sono con la mia vera famiglia a spassarmela:  con un panorama da favola che mi circonda ballo fino a tardi tutte le sere, mi sbronzo, rimorchio ragazzi strafichi e mi diverto da impazzire. Dawn è con me, si sta divertendo anche lei, ma niente alcolici, solo cocktails alla frutta e massaggi fatti da inservienti muscolosi e sexy. La tengo d’occhio io, tranquillo! Un bacio e a presto. Le tue figlie, quelle imperfette.

 

 

 

Ovviamente, non gli avrebbe mai scritto una cosa del genere. Ma le sarebbe piaciuto vedere la faccia di quel grandioso egoista che era suo padre mentre leggeva una cartolina simile… ci sarebbe stato da sbellicarsi dalle risate, probabilmente. E dopo cinque minuti averla letta, ci sarebbe stato da chiamare il 9119 affinché i paramedici lo rianimassero… o forse no?

 

Quello che non sapeva Buffy era che il signor Summers, era così che spesso lo chiamavano lei e gli altri, le avrebbe fatto recapitare un bel regalo per scusarsi della sua assenza, l’indomani pomeriggio: una splendida decappottabile grigio metallizzato, comprensiva di impianto stereo a 200 watt con lettore CD incorporato, sedili e manubrio in pelle nera – elegantissimi –, cambio automatico, serbatoio stracolmo, tasse varie e assicurazione furto e incendio pagati in anticipo per i prossimi diciotto mesi.

 

Era così che lui suppliva alle sue mancanze come padre: regali, denaro e ancora regali. Lo aveva sempre fatto e, dacché Sunnidayle era sprofondata, la cosa era andata aumentando perché ogni volta arrivavano cifre sempre considerevoli e regali altrettanto notevoli. A Buffy l’auto sarebbe piaciuta, certo, ma si sarebbe infuriata con lui per quel gesto perché l’affetto non si compra e spesso un abbraccio paterno vale molto più di qualunque altra cosa. Ma Buffy non si sarebbe potuta permettere di fare la sfuriata che avrebbe voluto fare poi a suo padre: la sua condizione finanziaria attuale non lo permetteva e la macchina le sarebbe servita sicuramente. Comprarne una di tasca sua era fuori discussione, prezzi comunque troppo alti.

 

L’indomani, quindi, oltre alla gioia per aver raggiunto uno dei traguardi che solitamente scandiscono la vita delle persone oggigiorno, Buffy avrebbe anche mandato giù l’ennesimo boccone amaro datole da suo padre. Poi sarebbe andata a leccarsi le ferite fra le braccia dei suoi amici, di Giles. Come sempre.

 

Ma questo, come anticipato, ancora non poteva saperlo…

 

 

 

I suoi pensieri riguardo alla suddetta cartolina da inviare quell’estate a suo padre furono interrotti bruscamente dallo squillo chiassoso del telefono che la fece letteralmente sobbalzare. La ragazza imprecò sottovoce, maledicendo quella maledetta suoneria chiassosa mentre si alzava dalla scrivania e si precipitava in soggiorno a rispondere.

 

 

 

- Pronto? -

 

- Ciao Buffy, sono Xander! -

 

- Ciao, Xan! Come mai chiami a quest’ora? Non vieni a pranzo neppure oggi? -

 

Spesso capitava, infatti, che il carpentiere rimanesse al cantiere a mangiare durante l’ora di pranzo, accontentandosi di un panino o di un’insalata preconfezionata presa al volo al supermarket lì davanti.

 

- No, Buffy, non ti chiamo per questo!… Volevo chiederti se puoi venire in Jude Street, al numero quarantasei, diciamo… tra un’ora! -

 

- Jude Street? Un nome un programma!… Dove si trova? Non la conosco! -

 

- Prendi la trentaseiesima, svolti a destra per la diciottesima, percorri cento metri e sulla sinistra ti trovi Gawen Strett, lo stradone in salita dove c’è Harry’s Pizza. Lo fai tutto fino in cima e all’incrocio svolti nuovamente a sinistra. Quella è Jude Strett: percorre tutto il quartiere residenziale! -

 

- Ah, sì, mi sa che ho capito!… Ma perché devo venire fin lì? E’ dall’altra parte della città rispetto al nostro appartamento, ed è già mezzogiorno! – Si lamentò Buffy, decisamente non allettata all’idea di mettersi nel traffico a quell’ora, tanto più che pioveva e quindi le strade dovevano essere piene d’idioti che usavano i loro clacson a sproposito.

 

- Io e Giles dobbiamo mostrarti una cosa e,a anzi, fra mezz’ora Will dovrebbe essere a casa. Porta anche lei, ok? E’ davvero importante e… anche di una certa urgenza. Non so se mi spiego! -

 

Buffy si corrucciò e divenne d’improvviso seria.

 

- Urgente?… Guai in vista? -

 

- Be’, se non stai qui fra un’ora, sicuramente ci saranno guai!… Intesi? -

 

- Ok, Xan. Ci vediamo fra poco! -

 

E la telefonata cessò lì.

 

Buffy riappese la cornetta al muro e sbuffò seccata: possibile che non avesse un attimo di pace nemmeno il giorno prima della sua Laurea? D’altronde, però, non aveva il coraggio di lamentarsi davvero perché di fatto dacché non era più l’unica Cacciatrice esistente al mondo, la sua vita si era semplificata parecchio: non che avesse smesso di fare ronde e ritrovarsi nei guai, ma il ritmo non era più pressante come prima. Inoltre, per loro fortuna, San Francisco si era rivelata una città abbastanza tranquilla sotto al punto di vista “vampiri e demoni”. Tuttavia, immancabilmente sbucava fuori qualche imprevisto che la metteva in difficoltà con la sua “vita ufficiale”, come la chiamava lei. Quella telefonata di Xander ne era un perfetto esempio.

 

Tornò in camera sua e si tolse la tuta che usava per stare per casa, infilandosi rapidamente un paio di jeans comodi, stivali col tacco largo e la punta non troppo stretta, e un maglioncino. Poi prese il proprio paletto e se lo mise in borsa assieme al cellulare: era pronta ad uscire. Mancava sollo Willow.

 

La strega dai capelli rossi rincasò poco più di un quarto d’ora più tardi, assieme a Kennedy che era andata a prenderla a lavoro quel giorno.

 

<Ciao ragazze!… Vi ha già chiamate Xander?>. Domandò Buffy, appena le due misero piede nell’appartamento. Willow posò la sua borsa col computer portatile sul divano, togliendosi poi il cappotto.

 

<Ciao Buffy!… Sì, mi ha chiamata da poco sul cellulare. Dice che è importante e urgente, quindi… il tempo di andare un momento in bagno e andiamo con la mia auto, ok?>. Disse Willow. Ma non attese una risposta: schizzò verso il bagno sotto lo sguardo divertito di Kennedy che, invece, era rimasta vicino alla porta senza nemmeno togliersi la giacca di pelle.

 

<Cos’è, è diventata incontinente?>. Le chiese Buffy, ironica. Kennedy fece spallucce:<No, ha il ciclo e tutte le volte che capita lei sente il bisogno di andare in bagno ogni cinque minuti. Se consideri che ci siamo fatte mezz’ora di macchina nel traffico…>.

 

Le due risero divertite dall’atteggiamento un po’ puerile della rossa, ma prima che questa tornasse tentarono di contenersi, visto la rinomata permalosità di Willow.

 

La strega uscì dal bagno cinque minuti più tardi, indossò nuovamente il cappotto e sorridente disse:<Andiamo?>. Così le tre uscirono di casa pronte ad un probabile nuovo scontro.

 

 

 

            Come previsto, le ragazze trovarono parecchio traffico, così arrivarono all’appuntamento con Xander leggermente in ritardo. L’unica cosa positiva fu che, lungo il tragitto, le nuvole nel cielo si aprirono un po’ e smise di piovere. Al numero quarantasei, proprio davanti al marciapiede che passava davanti alla casa, Xander e Giles erano ad attenderle. Willow accostò e tutt’e tre scesero.

 

<Allora, chi dobbiamo salvare o cosa dobbiamo affettare?>. Domandò Kennedy. Giles le guardò serio:<Ragazze… dobbiamo mostrarvi una cosa… venite!>. Disse l’uomo, avviandosi verso l’entrata della casa che era alle sue spalle. Si trattava di una villetta a due piani, con giardino. Non doveva essere una costruzione recente, ma si vedeva che era stata ristrutturata di recente come, del resto, tutte le altre villette lì attorno. Quello era un quartiere tranquillo, dove abitavano per lo più famiglie benestanti che avevano trovato in quel posto un po’ di pace, rispetto al caos del centro e delle zone commerciali. Giles fece strada e aprì la porta della casa senza nessuna fatica, come se avessero dimenticato di chiuderla. All’interno, la villetta era deserta. L’ingresso era pieno di calcinacci e il pavimento di pasquette era rovinato in più punti, come se qualcuno lo avesse preso a picconate. Sulla sinistra c’era quello che poteva essere un salone, attaccato alla cucina. Anche’essa era sottosopra, con varie mattonelle rotte e pezzi di cemento sbriciolato sparsi un po’ ovunque. Il giro cauto della casa continuò al piano superiore dove c’erano quattro camere da letto e un bagno. Gli infissi erano rovinati e anche le pareti erano state graffiate e bucate… fori di pistola sembravano, pensò Buffy, preoccupata. Alla fine del corridoio, una scala più piccola portava ad una specie di solaio: neppure lì c’era qualcuno.

 

<La casa è stata massacrata da qualcuno, ma è deserta!>. Osservò Willow, continuando a guardarsi intorno.

 

<Scendiamo in cantina e andiamo a vedere in garage?>. propose Xander, allora. Nessuno obbiettò e il giro proseguì. Ma neppure lì trovarono tracce di sangue o pericoli nascosti.

 

<Qui non c’è niente!… Che diavolo dovevamo vedere, dov’è l’urgenza?>. Domandò Buffy un po’ seccata per quel buco nell’acqua. Xander le poggiò una mano sulla spalla:<Che ne pensate della csa?>. Domandò. Le tre ragazze lo guardarono confuse:<In che senso, scusa?>. Chiese Willow, non capendo.

 

Giles si tolse gli occhiali e li pulì col proprio fazzoletto di stoffa, poi li rinforcò e mise le mani in tasca.

 

<Vi piace la casa?>. Chiese, sorridente. Buffy mise le mani sui fianchi:<Scusate, ci avete fatto venire fin qui per farvi dare un parere su una villa disabitata che è stata rovinata da qualche vandalo? Non ha senso!>. Esclamò incredula. Xander allora le regalò un sorriso più caloroso:<Sì che ha senso! Perché… se vi piace, nel pomeriggio andiamo a firmare il contratto d’acquisto!>. Disse, felice. Kennedy sbottò in una risata divertita:<Xander, devi essere impazzito!… Hai un’idea di quanto costa una villa del genere in questo quartiere? Probabilmente non possediamo neppure la metà dei soldi che ci servirebbero e un mutuo non ce lo darebbero neppure morti, in questo momento!>. Fece notare la Cacciatrice , supportata dalle espressioni delle altre due ragazze.

 

<Ed è qui che sbagliate!… Vedete… il proprietario di questa casa è un mio cliente che, attualmente, ha avuto grossi problemi di liquidità per cui non può pagarmi per il lavoro fatto ad una sua palazzina che dovevamo ristrutturare. Mi ha proposto di comprare questa casa con soli cinquantamila dollari, prezzo che comprende anche il passaggio di proprietà. E se voi siete d’accordo… la prendiamo. Ma dobbiamo decidere in fretta perché ha ricevuto altre offerte, più allettanti. A me la venderebbe a prezzo stracciato solo perché è indebito!>.

 

<E Steve è d’accordo?>. Domandò Buffy. Xander annuì:<Lui con questo lavoro non c’entra. Si tratta di un cliente solo mio… Allora, vi piace, la prendiamo?>. Domandò, entusiasta. Poi aggiunse pensieroso:<Certo, ci saranno da fare alcuni lavori, ma a quelli ci penso io e comunque non sarà una grande spesa!>.

 

Buffy, Willow e Kennedy si guardarono per alcuni istanti.

 

<Be’, la casa è grande e sistemata un po’ all’interno… non sarebbe affatto male!>. Commntò Willow, continuando a guardarsi attorno, sempre più convinta che quel posto le piaceva. Kennedy alzò le mani:<Io mi chiamo fuori: non credo di avere molta voce in capitolo, visto che attualmente non guadagno un cavolo e praticamente mi mantieni tu!>. Disse, rivolta alla sua ragazza.

 

Willow allora guardò Buffy:<Che dici la prendiamo? Io un po’ di soldi da parte ce li ho e se tuo padre potesse mettere la tua parte… avremmo risolto il problema. Pensi che obbietterebbe se gli promettessi di ridargli il prestito fino all’ultimo centesimo? Infondo fra sette giorni comincerai a lavorare e se non sbaglio anche tu hai risparmiato parecchio in questi mesi!>. Disse. Buffy rifletté un momento, poi disse di aspettare un momento: doveva sentire suo padre prima di dare una risposta. Dopodiché la Cacciatrice uscì in giardino, prese il proprio cellulare e chiamò. Un quarto d’ora dopo rientrò con un sorriso che le faceva arrivare le labbra quasi da un orecchio all’altro:<Papà ha detto che m’invierà un assegno entro dopodomani!>. I cinque si abbracciarono festanti, esultando perché finalmente avrebbero potuto lasciare quell’appartamento di periferia che li aveva ospitati fino ad allora. Era grande, vero, ma era anche umido e freddo e, soprattutto, il quartiere non era decisamente dei migliori.

 

<Un momento! – disse Willow, interrompendo i festeggiamenti – Non voglio fare la guastafeste, ma… questa casa è bella e spaziosa, ma… non così spaziosa per ospitarci tutti e sei!… Voglio dire, per me dividere la stanza con Kennedy ovviamente non è un problema, ma tu e Dawn? E… voi due, Xander e Giles?>.

 

Il carpentiere sorrise ancora e afferrò per mano Willow, trascinandola sul portico e poi sul vialetto d’ingresso, seguiti a ruota da Kennedy, Buffy e Giles.

 

<Vi piace quella?>. Domandò Xander, indicando una villetta dall’aspetto esterno identico a quello della casa che avrebbero acquistato, dall’altra parte della strada, proprio lì di fronte.

 

<Che fai lo spiritoso? E’ uguale a questa!>. Commentò Kennedy. Giles poggiò una mano sulla spalla della ragazza e disse:<Be’, quella è mia e di Xander… presa all’asta ieri pomeriggio!>. Le tre si voltarono a guardare l’Osservatore e il carpentiere assolutamente stupite:<Cosa?>. Esclamarono all’unisono, incredule.

 

<Già, anche quella è stata un’occasione!… Certo, l’abbiamo pagata di più, ma comunque a un prezzo stracciato e dentro non deve essere ristrutturata. Il contratto lo firmiamo domattina, ma l’anticipo per la prenotazione già l’abbiamo dato!>. Spiegò Xander, soddisfatto di aver concluso anche quell’affare. In realtà per quello doveva ringraziare Steve, ma già gli aveva promesso di pagargli una bella cena ovunque avesse scelto di andare.

 

<Io… be’, sono felice per voi, ma… voi due che vivete insieme e… in un’altra casa diversa dalla nostra…>. Disse Buffy, esitante e riflessiva.

 

<La villa che acquisterete voi è grande, ma come ha detto Willow, staremmo un po’ stretti in sei. Invece in questo modo… insieme quando serve, separati quando si vuole!>. Esclamò Giles. Anche lui sembrava felice e allegro come Buffy lo aveva visto di rado.

 

Ormai era deciso: avrebbero lasciato l’appartamento appena le due ville fossero state abitabili e, magari, vendendolo avrebbero potuto rientrare di qualche spesa.

 

Buffy non vedeva l’ora di avvisare Dawn di quella splendida novità: sua sorella ne sarebbe stata entusiasta. Le cose per loro andavano decisamente migliorando dacché si erano trasferite a vivere lì, pensò Giles, soddisfatto, pregando mentalmente che quella calma apparente potesse durare più a lungo del solito.  

 

CAPITOLO SECONDO: NOSTALGIA

 

            I lavori in quella che era diventata casa Summers Rosemberg erano finiti appena tre giorni prima e ora la villa sembrava nuova dentro e fuori. Xander aveva lavorato come un matto a quel progetto di ristrutturazione e si era fatto aiutare da tutte le persone che conosceva lì a San Francisco e che ne capivano qualcosa di elettricità, muratura e idraulica. Tutta la parte riguardante la falegnameria l’aveva fatta lui stesso, segando assi di legno, scartavetrando, inchiodando e verniciando tutti i giorni in ogni minimo momento libero che aveva avuto. Non era stata una cosa semplice, ma alla fine la casa risultò bellissima. Al pianterreno, tutti i pavimenti eccettuati quelli del bagnetto e della cucina, erano stati fatti in parquet di faggio, mentre le pareti erano state verniciate tutte di bianco in modo da far sembrare le stanze più luminose e spaziose. La cucina l’avevano fatta moderna ed era spaziosa quanto lo era stata quella di casa Summers, a Sunnydail. Al piano superiore, invece, Buffy e Dawn avevano scelto di arredare indipendentemente le loro stanze, a loro piacimento, senza seguire lo stile del resto della casa. Lo stesso avevano fatto Kennedy e Willow, solo che per loro la scelta era risultata più complessa perché avevano dovuto accordarsi per accontentare tanto i gusti della rossa, a cui piaceva il rosa in tutte le sue sfumature più scure, quanto i gusti della Cacciatrice, abituata a colori meno classici.

 

Certo, Kennedy non pretendeva di appendere poster di celebrità e rock star ovunque, ma l’idea di avere le tendine rosa stile “casa delle Barbie” la disgustava. Il compromesso era stato: letto a due piazze abbondanti con montatura di ferro battuto, armadio a muro con le ante bianche grande quanto tutta una parete, carta da parati colorata con la tecnica della spugnettatura col rosa antico che tanto piaceva a Will e tende bianche che prendevano tutta l’enorme finestra. Niente moquette, come avrebbe voluto la strega, ma anche lì parquet chiaro: era elegante e, soprattutto, sotto i piedi scalzi non sarebbe risultato ghiacciato come il marmo. I bagni erano stati fatti tutti nella stessa maniera: con piastrelle e sanitari bianchi e le rifiniture in acciaio lucido. Era stato più economico e più rapido in questo modo. Solo il bagno di Buffy aveva la vasca, l’aveva chiesta lei. Negli altri c’era la cabina doccia con piatto extra large.

 

La stanza degli ospiti e il lucernario, per il momento, era stato deciso di comune accordo di lasciarle indietro, di sistemarle con comodo, un po’ alla volta, per non affrontare ulteriori spese non necessarie; per questo, chiunque fosse entrato in quelle due stanze in quei giorni, avrebbe potuto pensare con facilità ad un’invasione barbarica.

 

Era domenica.

 

Le feste di Natale erano arrivate e passate, così anche il Capodanno e l’Epifania. Era ancora inverno, però, e le giornate brevi seguite da notti lunghe e ventose.

 

Xander era in giardino a potare l’erba. Quella mattina, come sempre, si era svegliato presto e, dopo una corsetta, aveva sistemato prima il proprio prato e poi si era messo a lavorare su quello delle “sue ragazze”, come amava chiamare le sue amiche. Era appena mezzogiorno e aveva già potato accuratamente tutte le siepi e aveva riverniciato tutte le panche e il tavolo di legno che Buffy aveva comprato a una svendita qualche giorno prima. Ora stava dando gli ultimi ritocchi allo spazio davanti all’entrata principale, ma presto avrebbe smesso: cominciava a sentire una certa stanchezza. Contemporaneamente, Dawn e Giles erano in cucina a preparare il pranzo mentre Buffy sfogliava svogliatamente una rivista di psicologia: non era una delle sue letture preferite, ma dacché lavorava allo studio medico aveva capito che tenersi aggiornata anche in quel modo era inevitabile… almeno se ci teneva a fare bella figura e a mantenere il posto.

 

Per lo stesso motivo, Willow, seduta sul divano in attesa del pranzo, stava rivedendo alcuni lavori lasciati in sospeso il giorno prima e intanto stava sorseggiando del thé bollente che la stessa Dawn le aveva preparato poco prima.

 

Kennedy era davanti al garage a lavare la sua Naked, la moto che si era regalata un paio di settimane prima lasciando al negozio un piccolo anticipo e firmando un contratto per pagare il resto a rate mensili. Willow non era stata esattamente d’accordo per quella spesa sia perché non considerava le de ruote un mezzo di locomozione troppo sicuro, sia perché forse una spesa del genere sarebbe dovuta essere rimandata, visto i soldi che avevano dovuto spendere ultimamente per risistemare casa. D’altronde, Willow era anche convinta che, visto che Kennedy ora aveva un lavoro regolare al quale si dedicava seriamente, fosse un suo diritto spendere ciò che guadagnava come meglio riteneva. Naturalmente, a patto che ogni mese mettesse nella cassa comune di casa i seicento dollari che tutti i componenti della famiglia dovevano versare con precisione a dir poco svizzera.

 

Buffy versava ogni primo del mese il doppio di quella cifra, visto che doveva provvedere anche a Dawn; però la cosa sembrava non seccarla, tanto più che quando loro padre faceva arrivare un assegno, di tanto in tanto, Buffy aveva imparato ad amministrare quel denaro affinché bastasse per tutto il necessario e anche per qualcosa di superfluo.

 

Kennedy non aveva nessun padre che le spediva i soldi, ma grazie al lavoro come programmatrice e a tutti gli altri lavoretti che si era adeguata a fare appena ne aveva l’occasione anche prima di finire il master d’informatica, guadagnava a sufficienza da potersi permettere di pagare senza problemi la propria quota e anche da poter fare qualche spesa extra senza rimanere a tasche vuote prima della fine del mese. Inoltre, la ragazza non aveva partecipato all’acquisto della casa come immobile, però praticamente l’avevano arredata con i suoi soldi. Considerato questo, Willow non aveva sollevato troppe obiezioni all’acquisto della moto e, a dirla tutta, passati i primi giorni, aveva anche scoperto che le piaceva girare per la città in sella con Kenny che la portava ovunque lei volesse andare.

 

 

 

 

 

(Dagli occhi di Willow)

 

 

 

            Quella mattina ero particolarmente nervosa… avevo passato una notte agitata e insonne dopo aver fatto l’amore con Kenny. Le stavo nuovamente nascondendo qualcosa: tre giorni prima ero uscita in anticipo dal lavoro ed ero andata nel piccolo cimitero nella periferia sud della città. Mi ero sistemata in una piazzola dove non erano state messe tombe o statue sacre; mi ero inginocchiata sull’erba fresca e avevo chiuso gli occhi concentrandomi sui miei poteri interiori, sull’energia che alberga in me ormai dal giorno della distruzione di Sunnydail, quando la magia bianca mi aveva pervasa diventando parte di me, di ogni mia singola cellula.

 

Quando ero stata certa di aver accumulato abbastanza potere con quella meditazione compii l’incantesimo e feci in modo che il corpo di Tara e quello di Anya si materializzassero lì, in quel punto prescelto per la loro nuova sepoltura. Mi sentii in colpa da subito, lo ammetto, ma quella era un’idea che si era affacciata in me già mesi prima perché il solo ricordo di Tara non mi bastava…

 

Volevo una ancora una lapide su cui piangerti amore, volevo parlare alla tua foto che mi sorride serena, volevo leggere quelle fredde lettere incise nella pietra che gridavano a gran voce il tuo nome nella mia testa… la verità era che avevo paura di dimenticarti senza un posto dove venirti a trovare… E avevo pensato che anche per Xander doveva essere così nei confronti di Anya. Era per questo che avevo preso quella decisione e l’avevo messa in pratica. L’avrei detto agli altri più in là.

 

Era domenica, ora. Erano passati tre giorni e dacché avevo fatto seppellire nuovamente le due bare in quel cimitero – perché non avevo avuto il coraggio di far materializzare davanti a me semplicemente i loro corpi esanime, ma li avevo richiamati a me nei loro involucri di legno – avevo tenuto gelosamente quel segreto per me, facendo loro visita tutti i giorni, dopo il lavoro, adducendo come scusa che stavo facendo gli straordinari per via della promozione in vista che il mio capo, Grinwolt, mi aveva promesso di lì a breve.

 

Credo che Buffy si fosse accorta che c’era qualcosa che non andava, ma d’altronde non mi andava in quel momento di parlare con lei. Volevo solo godermi il mio segreto…

 

Eppure, ogni volta che Kennedy mi guardava sorridente, mi baciava passionale, mi carezzava o mi stringeva forte a sé per dimostrarmi il suo amore, io sentivo una forte fitta nel petto… la stavo tradendo con un ricordo e stavo tradendo i miei amici col silenzio viscido che cela i segreti.

 

Continuai a sfogliare la mia dannata rivista, leggendo distrattamente e memorizzando le informazioni che mi sarebbero tornate utili per il mio lavoro; ma una parte di me era comunque concentrata su altro… avrei voluto alzarmi da lì, prendere la mia auto e andare anche quella mattina a trovare il mio angelo caduto.

 

Non lo feci. Non potevo. Non senza svelare il mio segreto e non senza ferire Kennedy. Ancora non me la sentivo di parlare… credo fosse una forma di egoismo, la mia. Anzi, lo era senz’altro.

 

Sfogliai l’ennesima pagina e poi un’altra ancora. Tutta roba già risaputa, tutta roba trita e ritrita. Noiosa fino allo spasmo.

 

Entrò Xander che si puliva le mani con la felpa da lavoro che indossava; addosso aveva anche quegli orribili jeans scoloriti e strappati in più punti: anche quelli erano “da lavoro” secondo lui. Per me erano solo da buttare, ma infondo non l’indossava mai se non per sfacchinare in casa sua o in casa mia, quindi non avevo mai sottolineato quanto li trovassi brutti. Aveva un’espressione strana in viso, certamente non rilassata. Erano giorni che lo vedevo così.

 

Mi si avvicinò, si chinò un po’ e mi baciò lievemente sulla fronte, ritraendosi subito dopo.

 

<Ho finito di sistemare anche il vostro giardino, Will. Ora vado a fare una bella doccia prima che il pranzo sia pronto!>. Mi disse. Fissai i suoi occhi nocciola e riconobbi il turbamento che spesso gli avevo visto stampato addosso dacché eravamo a San Francisco.

 

<Cos’hai, Xan? Tutto bene?>. Gli domandai, come una sorella premurosa al fratellino più piccolo. Lui rimase impassibile solo per pochi istanti, ammutolito come se non avesse capito la domanda. Poi fece spallucce:<Sono solo un po’ stanco, tutto qui. Una doccia mi toglierà di dosso sporcizia e fatica!>. Disse. Poi si voltò e uscì di casa, dirigendosi nella sua.

 

Aveva mentito… Non ero l’unica a mentire costantemente a chi mi circondava. Sapevo cosa aveva, cosa gli frullava per la testa: erano sempre gli stessi pensieri da ormai quasi due anni. Raramente ne avevamo parlato, come se l’argomento fosse troppo doloroso per lui o tabù, ma sapevo quanto si sentisse solo, quanto gli mancasse Anya e quanto si sentisse colpevole per averla resa infelice prima e per non averla salvata poi.

 

Le nostre situazioni non erano uguali, ma comunque molto simili…

 

Poco dopo Giles annunciò che il pranzo era pronto e Dawn si affrettò ad apparecchiare la nel salotto. Un quarto d’ora ed eravamo tutti a tavola, pronti a mangiare insieme come sempre. Mancava solo Xander, ma arrivò in un paio di minuti, con abiti puliti e coi capelli arruffati per esserseli asciugati in fretta senza dar loro una sistemata con spazzola e gel.

 

<Sei ridicolo così pettinato!>. Lo schernì Dawn, sorridendogli mentre lui le si sedeva accanto. Xander ricambiò il sorriso e le diede una lieve gomitata:<Se mi aveste avvisato che avevo così poco tempo, avrei fatto solo la doccia e i capelli me li sarei lavati più tardi!>.  Buffy, seduta vicino a lui dall’altro lato, gli passò una mano fra i capelli, scompigliandoglieli di più.

 

<Non è comunque ora di tagliarli, caro il mio carpentiere? I capelli portati a quel modo sono fuori moda e non ti danno l’aria da macho, sai?>. Gli disse, allegra, continuando a prenderlo in giro e a sghignazzare con la complicità di Dawn. Lui annuì e mise un boccone di cibo sotto i denti.

 

<Sì, sì, lo so, ho letto Vogue giusto ieri!… - Esclamò Xander, cercando di stare allo scherzo - Ho appuntamento col barbiere dopodomani!>. Tagliò corto, alla fine.

 

Il resto del pranzo proseguì fra chiacchiere e commenti vari, ma io mi estraniai da tutto, pensando solo che avrei voluto essere ovunque ma non lì, non a ridere e scherzare con i miei amici, non a farmi tenere la mano da Kennedy.

 

Come spesso accadeva, solo un pensiero si affacciava costantemente in me… Tara… mi manchi.

 

CAPITOLO TERZO: INSONNIA

 

 ( Dal diario di Buffy )

 

Ciao Caro diario… Dio! Sono ormai quasi due anni che comincio ogni pagina di questo quaderno così, sempre con le stesse tre parole… comincio a pensare di dover creare nella mia mente un amico immaginario, come Cocorita il pappagallo parlante dei bambini, o come Alfy l’extraterrestre… così almeno fingerei di scrivere lettere a questo amico immaginario, anziché fingere che il Diario sia un amico e che prima o poi mi scriverà a sua volta…

 

Ok, ok, ammettiamolo pure: per essere una psicologa neo-laureata sono già abbastanza fuori di testa, se mi metto a scrivere certe cose.

 

Eppure…

 

Ricominciamo daccapo, da oggi stesso… Da questo momento fingerò che il mio diario, un ammasso di pagine che riempio di pensieri miei e miei soltanto, utili solo come valvola di sfogo, sia un insieme di lettere destinate alla persona che nella mia vita ha significato più di chiunque altro… Almeno, in questo modo, forse in futuro rileggendo queste righe saprò dare loro un senso…

 

 

 

Ciao cara mamma.

 

E’ la tua Buffy che ti scrive, la tua primogenita che è anche l’unica, vera, grande calamita di guai che tu abbia conosciuto in vita tua. Almeno credo.

 

Ci siamo trasferiti a San Francisco con Dawn, Willow, Kennedy – la nuova ragazza di Will che tu non hai conosciuto - Xander e il signor Giles da quasi due anni ormai, eppure questa città continua a sembrarmi quasi un luogo di villeggiatura. La mattina ancora, a volte, mi sveglio col pensiero di tornare a casa… ma quale casa? A Los Angeles, forse? La nostra vecchia casa prima del divorzio tuo e di papà, prima dei guai con la scuola, prima dei vampiri e di tutto il resto? No… neppure lì mi sentivo bene. Allora, forse, “casa” è a Sunnydaile? Non lo so… forse. Ma anche lì ce ne sono stati di momenti brutti.

 

Forse è per questo che la notte dormo bene raramente…

 

E allora dov’è casa davvero per me?

 

Qui a San Francisco mi trovo bene, ma quando me ne vado in giro per le strade riesco ancora a stupirmi delle cose che vedo, i negozi stravaganti, i grattacieli, la baia… sono passati due anni ed è come se non avessi terminato ancora di scoprire questa città, nonostante io l’abbia girata in lungo e in largo. Significherà qualcosa secondo te, mamma? Se il mio capo leggesse queste righe, mi licenzierebbe e mi inserirebbe subito in un programma di psico-terapia. La verità, però è che il mio capo non sa chi sono davvero e non sa niente del mio passato.

 

Oggi sono andata a parlare coi professori di Dawn; dicono tutti la stessa cosa: è incostante nell’impegno. Mi hanno mostrato i loro registri dove, alternate alle A assegnate dopo eccellenti interrogazioni o compiti in classe, ci sono delle C e qualche D, come se periodicamente avesse un calo in picchiata nella voglia di studiare. Come posso aiutarla? Non sono mai stata un genio fra i libri e se mi sono laureata con un voto decente è stato solo perché ho trovato delle materie che mi hanno affascinata, dei professori che per me sono quasi diventati un mito tanto erano bravi, e la cara Willow che, nonostante la sua costante depressione – che si sforza con tanta passione di dissimulare – mi ha sostenuta e aiutata durante tutto il mio percorso di studi. Quindi mi chiedo: come posso ora aiutare mia sorella, se io stessa sono stata aiutata da altri? Ho chiesto a Will d’interessarsi a lei, di darle una mano se casomai lei gliela chiedesse. Ma Dawn non le ha chiesto nulla, eccetto di aiutarla a correggere le varie tesine che le assegnano ogni mese.

 

Ma Dawn eccelle in quello, in tutte le materie letterarie e anche in altre come biologia o francese e spagnolo. E’ in matematica che va peggio: i suoi voti passano costantemente dal massimo al minimo della sufficienza. Il professore mi ha confessato che se proseguisse in questo modo, chiederebbe al Consiglio di Classe di bocciarla nella sua materia, nel senso di non ammetterla neppure agli esami finali.

 

Non credo che Dawn prenderebbe bene una bocciatura, non credo che la stimolerebbe a fare meglio, semmai il contrario.

 

Speriamo che quell’uomo ci ripensi. Sono davvero preoccupata…

 

Ne ho parlato con Giles, ma concordiamo sul fatto che non possiamo legarla alla sua scrivania e farle studiare matematica tutto il santo giorno solo per far vedere un miglioramento al suo professore. Allora che dovrei fare?

 

Ieri l’ho vista sconvolta dopo tanto tempo… erano anni che non le vedevo stampata in faccia quell’espressione atterrita e sofferente. L’ultima volta che l’avevo vista così shockata, era stato quando io e Xander avevamo rinvenuto il corpo di Tara in camera di Willow. Dawn l’aveva trovato prima di noi ed era rimasta lì per far compagnia alla persona che, durante la mia assenza, le aveva fatto forse più di chiunque altro da madre e da amica. Forse anche più di Willow stessa…

 

Credo sia per questo che ieri, quando Will ci ha condotti in quel cimitero, Dawn si è accasciata a terra davanti alle lapidi delle nostre amiche. Sì, mamma, perché Willow è stata tanto folle da usare i suoi poteri magici per far sì che i corpi di Anya, Tara e anche il tuo fossero ripescati dalla voragine di Sunnydaile e venir trasportati qui, in uno dei cimiteri della periferia.

 

Questa cosa l’ha fatta giorni fa, ma a noi lo ha confessato solo ieri che era domenica. Ce l’ha confessata e si è giustificata dicendo che sentiva la necessità di avere un luogo sul quale andare a pregare, di tanto in tanto. Con la magia ha fatto crescere anche un enorme salice piangente vicino alle vostre tombe… il suo modo per essere sempre presente lì con voi, con Tara, credo.

 

Xander ha cominciato a piangere silenziosamente, sedendosi sull’erba fresca, davanti alla tomba di Anya. Dawn è rimasta imbambolata a fissare le foto nelle tre lapidi, foto che ritraggono tre donne felici, le ragazze sorridenti che le nostre amiche furono e la mamma allegra che sei stata tu. Chissà se anche ora siete felici, lì dove vi trovate? Io ero felice quando ero in Paradiso, è per questo che è stato così difficile per me riprendere a vivere.

 

Ma per voi è lo stesso? Sentite la nostra mancanza? E i nostri pensieri giungono nel luogo dove vi trovate ora? Me lo sono chiesto tante volte… e da ieri me lo sono chiesto tante volte in più.

 

Giles è rimasto turbato da questa cosa. Voglio dire, dal fatto che Will abbia agito in questo modo. Non ne abbiamo parlato, ma dopo tanti anni mi basta guardarlo un momento negli occhi per capire.

 

Anche Kennedy mi è sembrata turbata, davvero molto: credo si sia sentita tradita. Willow non le parla quasi mai di Tara e di quel periodo della sua vita. All’inizio pensavo fosse per non ferirla, per non dispiacerle, vista l’enfasi che ci mette ogni volta che ricorda qualcosa di quei giorni, ogni volta che parliamo io e lei di un ricordo, un episodio o un qualunque commento che riguarda Tara. Ora però ho capito che mi ero sbagliata: Willow non parla a Kennedy di quel periodo perché lei non c’era in quel periodo nella sua vita e credo che la mia cara amica non voglia condividere con la sua ragazza quei ricordi felici. Pensa che non la riguardino. La esclude da esse, quindi. E Kennedy non è una stupida: si sente esclusa… pur fingendo che così non sia.

 

Chissà se ha mai pianto per questo?

 

Me lo sono chiesta spesso perché Kenny sembra sempre così impassibile riguardo a queste cose davanti a noi; ma la sua impassibilità è innaturale, soprattutto visto il suo carattere normalmente irruente. Io credo che pianga a volte, magari quando è da sola, o forse di notte mentre Will le dorme accanto.

 

Mi fa pena… non credo che meriti di essere ferita in questo modo, seppur involontariamente. Prima o poi affronterò il discorso con Willow, perché credo che nel suo egoismo involontario non si renda conto dei reali sentimenti di Kennedy. O forse sì?

 

Mah!…

 

Ora basta. Vado a dormire, visto che domani sarà una giornata abbastanza piena.

 

Buona notte, mamma!

 

 

 

Buffy chiuse il proprio diario e, come sempre, lo ripose nel cassetto della sua scrivania, quello con la serratura. Lo sistemò accuratamente tra le sue altre cose di valore e poi chiuse il cassetto, girando la chiave e nascondendola poi nella propria borsa. In quel cassetto c’erano molti documenti riguardanti casa, il proprio contratto di lavoro, il passaporto e altre cose importanti. Aveva deciso di custodirvi anche il proprio diario perché non voleva che finisse nelle mani di qualcun altro, chiunque questo fosse. Era gelosa dei propri pensieri, dei propri sentimenti e perfino delle osservazioni che sistematicamente vi appuntava. Non che ci fosse scritto chissà quale segreto, ma anni prima aveva avuto il desiderio di possedere qualcosa che fosse solo sua. Aveva realizzato questo desiderio con quel diario.

 

Quella sera, però, aveva deciso che le sembrava stupido scrivere in quelle pagine senza rivolgersi a qualcuno di preciso. Era per questo che aveva deciso di cambiare sistema: da quel momento avrebbe finto davvero di scrivere a sua madre. Forse così le sarebbe anche mancata di meno. Sì, perché nonostante fossero passati anni dalla sua morte, sua madre le mancava davvero moltissimo. Riflettendo da psicologa, la ragazza giunse alla conclusione che in quel periodo sentiva di più la mancanza di Joyce perché suo padre si era rivelato un idiota e un padre peggiore di quanto non fosse stato prima della distruzione di Sunnydail. Prima di allora non che fosse stato molto presente nella sua vita e in quella di Dawn, però negli ultimi anni era come se quell’uomo fosse diventato un estraneo. Se non altro tentava di occuparsi economicamente di Dawn… non era il massimo, ma era meglio di niente.

 

Buffy andò all’armadio e si spogliò rapidamente, spargendo i vestiti disordinatamente sulla poltroncina d’angolo, foderata di pile rosso. Rimase in slip e canottiera e si guardò per un istante allo specchio: vicino al collo ancora splendeva in tutto il suo vigore violaceo il livido che si era procurata quattro giorni prima durante una ronda. Imprecò mentalmente, dandosi dell’idiota. Doveva stare attenta perché se il livido fosse stato poco più su sarebbe stato difficile coprirlo, nasconderlo alla vista della gente.

 

Un attimo dopo s’infilò sotto le coperte, augurandosi di riuscire a dormire una notte intera senza svegliarsi a intervalli quasi regolari. Già, perché da qualche mese anche il sonno le era ostico. Era per questo che aveva aumentato il numero delle ronde fatte: non riusciva a dormire? Meglio spendere quelle ore notturne in maniera più proficua del rotolarsi nel letto, cercando inutilmente di addormentarsi.

 

Con un gesto spense la luce, poi si sistemò il cuscino sotto la testa e infine chiuse gli occhi.

 

Due ore dopo era ancora sveglissima e più che vigile. Anche per quella notte di riposare non se ne parlava. Meglio andare a leggere qualcosa in soggiorno.

 

 

 

            L’alba arrivò presto e con essa anche qualche ora di sonno. Buffy venne colta dalla stanchezza mentre era distesa sul divano, circondata dai suoi appunti sui pazienti che seguiva e dai cuscini che sua sorella aveva voluto acquistare per dare un po’ di colore alla stanza. La luce iniziò a filtrare tenue dalle tende candide della finestra grande e da fuori iniziarono ad entrare i primi rumore di un quartiere residenziale che si stava risvegliando dopo la calma silente della notte, ma la ragazza era talmente tanto esausta che sembrò non accorgersene neppure. Semplicemente si lasciò sprofondare nell’oblio del sonno, sperando di dormire solamente, senza sogni premonitori o pensieri tristi a tormentarla.

 

Kennedy si svegliò lentamente, ma fu assolutamente vigile dopo pochi istanti passati dacché i suoi occhi si erano aperti. Non si mosse per non svegliare Willow che le dormiva accanto, rannicchiata addosso a lei, col viso sprofondato sul suo addome liscio e rilassato, ma lanciò immediatamente uno sguardo alla sveglia elettronica sul comò: 06:12. Be’, pensò che infondo poteva accontentarsi perché era riuscita a dormire più delle ultime due notti, quando alle quattro e mezza già era stata sveglia e il sonno si era rifiutato prepotentemente di rimpossessarsi di lei. Impercettibilmente chiuse il proprio abbraccio attorno alle spalle di Will, scomposte in una postura insolita quanto apparentemente comoda per lei. Quella pelle candida e ricca di lentiggini risultò sotto le sue dita morbida come quella di un bambino e senza doversi curvare di più su di lei, Kenny poté avvertire il profumo dei suoi capelli, lavati appena la sera precedente, prima di coricarsi. Quel profumo tanto delicato e al contempo intenso… era il suo shampoo alle rose. Willow se lo faceva fare appositamente in erboristeria, assieme al balsamo, al bagnoschiuma e perfino al profumo. La fragranza era sempre la stessa: rosa primula e vaniglia. Le costava un occhio della testa comprare quei prodotti ma, per un motivo che a lei sfuggiva completamente, la strega dai capelli rossi acquistava il profumo artigianale con quella fragranza già da quando erano a Sunnydaile ed erano studentesse squattrinate. Poi Will aveva trovato quel posto di lavoro dallo stipendio invidiabile e aveva cominciato a comprare anche gli altri prodotti. Un giorno glielo aveva anche chiesto cosa ci trovasse di così irresistibile in quei profumi tanto dolciastri e forti. Non che a lei non piacessero: misti all’odore di pelle della sua ragazza erano sicuramente gradevoli ed eccitanti perfino. Ma pensava lo stesso di almeno la metà delle fragranze di marche famose che comunemente vendevano nelle profumerie. Ma Will non voleva quei prodotti, voleva quel particolare profumo che commissionava appositamente a Chindy, la commessa della sua erboristeria di fiducia. Quando le aveva chiesto spiegazioni a riguardo, l’altra non aveva esattamente risposto. Aveva solo detto che quell’odore la rilassava e che usava quel profumo da anni. Poi aveva dribblato abilmente, spiegandole le origini della Rosa Primula. Ci pensò su, mentre aspirava ancora un po’ di quell’odore familiare e intenso.

 

Will le aveva detto che quella particolare rosa era abbastanza rara, che apparteneva alla famiglia della pimpinellifollia e che era nata in Cina, attorno ai primi anni del 1900. O almeno così le sembrava di ricordare. Willow era un’appassionata di rose, come di molte altre cose, ma lei non aveva prestato mai molta attenzione a quel genere di cose, o non l’aveva fatto finché non aveva notato quanto Will ne fosse presa. Le aveva fatto anche vedere delle foto, ma l’unica che ricordava era quella della Rosa Primula, dai petali delicati e folti, di un giallo chiaro che in alcuni punti andava a sfumare diventando più chiaro ancora. Tutte le altre non le ricordava affatto. Quello che l’aveva colpita sin dall’inizio era stato l’odore simile all’incenso, moderato solo dall’aggiunta volontaria di vaniglia che Will faceva fare ogni volta.

 

Chissà quale significato aveva per lei quel profumo così particolare? Quello sembrava essere uno dei tanti argomenti che la sua ragazza cercava di evitare con tutta se stessa e Kennedy nel profondo del proprio cuore aveva già intuito da tempo il perché di quella mancata risposta. Non poteva esserne assolutamente sicura, certo. Però sospettava che quel profumo fosse una delle tante cose che in passato avevano legato Willow a Tara.

 

Una volta, qualche mese addietro, vedendo che la rossa stava dando inescandescenze al telefono con la commessa dell’erboristeria perché i suoi prodotti non erano ancora pronti nonostante due settimane dall’ordine, la Cacciatrice mora era stata sul punto di chiedere spiegazioni a Dawn che, invece, sembrava non ritenere tanto strana quella sfuriata telefonica. Per lei, Kennedy, era assurdo sbraitare in quel modo per un ritardo su un prodotto assolutamente non vitale. Cioè, qual era il problema se Will avesse finito le sue scorte prima che le nuove fossero pronte? Semplicemente per un paio di giorni non avrebbe portato addosso quel profumo: non era la fine del Mondo. Ma per Willow invece sembrava proprio una catastrofe e, per di più, Dawn si era limitata a commentare:<E’ vero, non è un farmaco salvavita quello che ha ordinato, ma lei ci tiene davvero moltissimo e con quello che paga quei prodotti… fa bene a incavolarsi!>. Il commento era stato fatto semplicemente, apparentemente con la massima tranquillità. Ma era stata proprio quella tranquillità tanto in contrasto col tono duro e alto di Will a instillare il sospetto in Kennedy che ci fosse qualcosa di più grosso sotto.

 

Poi due giorni prima davanti a quella lapide… Kennedy non si era avvicinata tanto da sentirne l’odore, ma era quasi certa di aver visto un cespuglio identico alla foto mostratale da Will sulla Rosa Primula. In quel momento non l’aveva neppure notato, tanto era rimasta sorpresa da quella rivelazione. Ora, però, ripensandoci la ragazza si stava convincendo di aver ragione. Ed ecco svelato il segreto del profumo… come sempre, era un segreto perché non riguardava loro ma Willow e Tara.

 

Will si mosse un poco, sfregandosi morbida contro di lei e Kennedy abbassò gli occhi, certa d’incontrare quelli appena aperti del suo amore. Le sorrise nella penombra dell’alba.

 

<Ciao, amore!>. Le disse, bisbigliando. La sua voce rimbombò nel silenzio assoluto che le aveva avvolte fino a quel momento. Willow si stiracchiò, poi languidamente risalì lungo il suo corpo e andò a baciarla passionale.

 

Chissà se quando le loro bocche s’incontravano, Willow pensava a Tara? Magari s’illudeva di baciare lei…

 

Quel pensiero la fulminò all’istante, provocandole un irrigidimento di tutto il corpo e Willow inevitabilmente se ne rese conto. Si scostò lievemente da lei e la guardò negli occhi scuri:<Che succede?>. Le domandò. Ma Kennedy non sapeva come rispondere. Non voleva mentirle, ma non poteva certo dirle la verità. Fu per questo che improvvisamente l’attirò a sé e riprese a baciarla, chiudendo gli occhi e lasciando che la sua mente si concentrasse sul momento, sul corpo di lei, caldo sotto le proprie mani e tanto familiare quanto cedevole. La sentì sospirare di piacere e capì di aver vinto quella piccola battaglia, seppur subdolamente infondo. Willow si lasciò carezzare e baciare ovunque, godendo di quei tocchi gentili e sensuali che l’altra le regalava con tanta generosa maestria. Poi la strega pensò di ricambiare la beatitudine che le stava dando e ridacchiando invertì le loro posizioni, sistemandosi comodamente su di lei e baciandola lentamente, scostandole di tanto in tanto i capelli dal viso mentre con l’altra mano la percorreva ovunque sensualmente quanto lei prima.

 

<Lo sai che… ti amo?>. Le sussurrò Kennedy, mordendole lievemente un orecchio e aspirando ancora quel profumo che la tormentava da sempre. Will la lasciò fare, poi la fissò sorridente:<Anch’io!… Ma ora basta… parlare!>. Rispose la giovane, facendole ricadere addosso i propri capelli lisci e morbidi come fili di seta.

 

In quel momento Kennedy pregò e sperò con tutta sé stessa che fosse vero. Che l’amasse davvero almeno un briciolo di quanto l’amava lei…

 

 

 

            Buffy si svegliò di soprassalto. Un rumore l’aveva strappata dal sonno troppo breve nel quale era caduta dopo una notte passata praticamente a lavorare. Ecco, era nuovamente sul divano: era il terzo giorno che le capitava di risvegliarsi lì, anziché nel proprio letto. La schiena le doleva un po’ per la posizione tenuta fino ad allora, ma la Cacciatrice tentò di concentrarsi sul rumore che l’aveva svegliata. Che diavolo era stato? Poi sentì una porta sbattere e i passi di qualcuno sulle scale. Era sua sorella.

 

<Buon giorno!>. Si salutarono. Dawn era già pronta per andare al liceo. Ma che ore erano? Buffy guardò l’orologio… quasi le sette e mezza.

 

<Come mai già pronta a quest’ora? Per te è un vero record!>. Commentò la Cacciatrice , seguendo lentamente sua sorella in cucina. Dawn andò al frigorifero e tirò fuori il suo cartone di latte di soia poggiandolo poi con un gesto secco sul bancone.

 

<Non tocchiamo l’argomento, che è meglio. Altrimenti salgo in camera di quelle due e le uccido a suon di bastonate!>. Disse la giovane, evidentemente alterata. Buffy alzò un sopracciglio e la fissò perplessa. Era ancora un po’ intontita dal sonno e stava faticando a seguire il discorso di sua sorella:<Chi… cosa… ?>.

 

<Kennedy e Willow, ovviamente!… Dico io, non possono fare sesso la sera come la maggior parte delle coppie? O magari la domenica mattina sul tardi!… E invece no! Lo fanno alle sei, quando solo gli uccelli e gli addetti ai secchioni della spazzatura sono svegli in tutta San Francisco!>. Ora Buffy aveva afferrato: lei non aveva sentito niente, ovviamente. Ma era evidente che sua sorella fosse stata svegliata e importunata dalle loro amiche e dalle loro attività sottocoperta.

 

<Oh, andiamo Dawnie! Sii un po’ comprensiva, no? D’altronde ultimamente hanno avuto qualche problemino, non so se te ne sei accorta!>. Esclamò Buffy, sorridente e indulgente. Dawn parve riflettere un momento, poi scosse la testa:<Lo so che Will si stava comportando stranamente da qualche giorno e dopo l’altra mattina s’è capito finalmente perché. E so anche che Kennedy deve aver ricevuto un bel colpo quando si è ritrovata davanti agli occhi la lapide di Tara, però… questo non le giustifica: io voglio dormire la mattina all’alba, visto che poi ho lezione e tutto il resto!>. Protestò Dawn, con lo stesso tono secco di prima. Buffy fece spallucce:<Allora diglielo, stasera! Chiedi loro se… possono… fare più piano!>. Esclamò, sempre sorridente. Ma sua sorella scosse nuovamente la testa:<Ho un’idea migliore. Oggi ne parlo con Xander e poi vi dico!>.

 

Prese del pane, lo mise a tostare e quando fu pronto lo mangiò assieme al burro d’arachidi, mentre Buffy sorseggiava il caffè che s’era preparata nel frattempo.

 

Quando le due ebbero finito praticamente di mangiare, Kennedy e Willow le raggiunsero parlicchiando complici fra loro, sorridenti e apparentemente felici.

 

<Buon giorno!>. Esclamò Kenny, appollaiandosi su uno sgabello accanto a Buffy. Dawn le lanciò un’occhiataccia e scattosa prese il sacchetto col proprio pranzo:<S’è fatto giorno da un pezzo, vero? Ci si vede stasera!>. Disse, poi se ne andò rapida, sotto lo sguardo curioso e confuso della coppia.

 

<S’è alzata col piede sbagliato?>. Domandò Willow, andando ai fornelli e cominciando a preparare la colazione. Buffy sorrise:<No, sembra che l’abbiate svegliata voi… verso le sei!>. Rispose, maliziosa. Le due amiche si lanciarono un’occhiata rapida, poi la strega guardò Kennedy che era poco distante, dietro di lei.

 

<Ah… be’… scusate!>. Disse la Cacciatrice mora, un po’ imbarazzata. Buffy finì d’ingurgitare il suo caffè lungo e ben zuccherato e si alzò per riporre la tazza nella lavastoviglie.

 

<Ah no, non dovete chiedere scusa a me, io non ho sentito proprio niente… ero in come qui sotto!>. Disse Buffy, richiudendo lo sportello dell’elettrodomestico. Will la guardò preoccupata:<Hai ancora avuto problemi di sonno?>. Le chiese, mentre apriva due uova e le faceva cadere accuratamente nella padella già calda. L’altra annuì e la strega pensò che quel pomeriggio sarebbe passata in erboristeria a prendere qualche ingrediente per una tisana rilassante.

 

<In questo caso… mi spiace che tu abbia problemi di sonno, ma almeno noi dovremo scusarci solo con tua sorella!>. Disse Kennedy, scherzando. Era di buonumore e Buffy si sentì contenta per lei, visto che ultimamente l’aveva vista parecchio tesa.

 

Si sentì la porta di casa sbattere e le tre ragazze seppero con esattezza chi era: passo trascinato mattutino inconfondibile. Un attimo dopo entrò Xander con un completo grigio scuro e la cravatta scomposta messa attorno al collo, non annodata. La ventiquattrore in pelle in mano come fosse stato uno zaino di scuola.

 

<Buon giorno a tutte le mie donne!>. Disse il ragazzo, buttando la valigetta scompostamente sul divano e mettendosi a sedere pesantemente su una delle due poltrone del soggiorno. Aveva delle occhiaie davvero spaventose.

 

<’Giorno Xander!>. Risposero in coro, le tre donne. Buffy lanciò un’occhiata all’amico e rifletté sul fatto che fra loro gli unici due che sembravano aver un sonno di ferro erano Dawn – quando non disturbata da Will e Kennedy – e Giles che, essendo proprietario del negozio di magia che aveva messo su recentemente, non aveva troppi problemi d’orario.

 

La Cacciatrice bionda andò al fornello e versò una tazza di caffè fumante al suo amico, senza zucchero come piaceva a lui, per poi portargliela come una madre al proprio figlio tornato stanco morto dal lavoro. Peccato che non erano nemmeno le otto di mattina e Xander ancora doveva andarci al lavoro.

 

<Tieni, ti farà bene!… Come mai così elegante?>. Chiese, dandogli il caffè. Xander lo accettò di buon grado.

 

<Ho un appuntamento con un cliente che mi ha detto di avere un progetto interessante da propormi… chissà di che si tratta?!>. Rispose il giovane.

 

<E poi ti metterai al cantiere a lavorare con i tuoi uomini?>. Chiese ancora Buffy, pensando che Xan avesse bisogno di riposo, più che altro. Il ragazzo annuì:<Oggi montiamo i parquet negli appartamenti o almeno tutti quelli dei primi due piani!… Se ci riusciamo, anche in quelli del terzo piano e domani finiamo col quarto!… Se tutto procede bene, consegneremo il lavoro finito al massimo tra tre settimane!>.

 

<Vi siete sbrigati tu e Steve, stavolta!>. Commentò Kennedy, mangiando il proprio tost che colava marmellata da ogni lato. Xander annuì:<Sì, è vero! D’altronde… tra poco più di un mese dobbiamo cominciare un altro lavoro e quindi non avevamo tempo da perdere!… Solo che comincio a essere esausto, devo ammetterlo!>.

 

Willow bevve un sorso della propria spremuta d’arancia, poi si avvicinò al suo amico e cominciò a fargli il nodo alla cravatta con dita agili e movimenti precisi quanto rapidi. Era da poco che Xander aveva cominciato a vestirsi elegantemente, anche se lo faceva solamente all’occorrenza. Tuttavia, forse proprio per questo, ancora non aveva imparato ad allacciarsi la cravatta in maniera adeguata cosa che lei, invece, sapeva fare benissimo visto che aveva imparato da piccola, con suo padre.

 

<Ecco fatto, pasticcione!>. Esclamò Will, sorridente, una volta finito il lavoro. Xander ricambiò il suo sorriso con uno più mite:<Grazie!>. Disse brevemente.

 

<A proposito… ragazzi… che abbiamo deciso, poi? Ci andiamo a fare quella vacanza di cui parlavamo la scorsa settimana? Non credo che il mio capo mi farebbe problemi se chiedessi qualche giorno di ferie, a patto che io lo faccia per tempo!>. Disse Buffy, cominciando a risistemare la cucina. Aveva dato un’occhiata all’orologio ed era quasi arrivato il momento di uscire. Doveva sbrigarsi a lavarsi e vestirsi o avrebbe tardato a lavoro. Kennedy e Willow si scambiarono un’occhiata e annuirono, poi guardarono Xander.

 

<Tu che dici, caro carpentiere?>. Chiese Kennedy, finendo d’ingurgitare la sua colazione. Xander parve pensarci su un momento, come se stesse calcolando mentalmente i tempi dei propri impegni.

 

<Devo parlarne un momento con Steve, ma non credo che ci saranno problemi!… Carabi?>. Disse, dopo un po’.

 

<No, Mauritius!>. Esclamò Buffy, quasi inorridita all’idea di andare in vacanza ai Carabi. Kennedy sorrise guardandola:<Alle Bermuda?>. Propose Willow, finendo anche lei di mangiare. Gli altri tre la fissarono come se avesse detto un’eresia.

 

<Ma sei scema? Alle Bermuda non ci vengo nemmeno se mi ci trascini!… La nostra prima vacanza e ce l’andiamo a fare in un posto dove, notoriamente, succedono una marea di cose strane? Be’, considerando che sembriamo essere un gruppo di calamite di guai, io dico: no, grazie!>. Disse Xander, rianimato da nuova energia. Era palese che non sarebbe partito con loro se avessero deciso come destinazione le Bermuda, così Will accantonò l’idea.

 

<Ok, ok, calmati, però!>. Disse.

 

<Io dico che, tutto sommato, l’idea delle Mauritius non è male!… Verrà anche Giles?>. Chiese Kennedy, avviandosi in soggiorno. Buffu fece spallucce mentre arraffava qui e lì le sue cose sparse sul divano e sul pavimento circostante ad esso.

 

<Non saprei!… In realtà non credo voglia venire, tanto più che so che quelli del Consiglio l’hanno invitato a Londra per un meeting fra due settimane!>. Rispose la Cacciatrice bionda.

 

<Ok, allora facciamo così… stasera ne parliamo per bene a cena e decidiamo, sentendo anche cosa vuol fare Giles e anche il parere di Dawn! Per me le Mauritius vanno bene, tanto più che non dovrebbe costarci troppo una settimana lì. Però ne riparliamo bene stasera, ok? Poi massimo dopodomani andiamo in agenzia ad informarci!… Ora, scusate ma se continuiamo a parlare facciamo tardi tutti e io non posso permettermelo!>. Disse Will, poi corse su nella sua stanza a prepararsi. Kennedy lanciò un’occhiata distratta al proprio orologio:<Porca miseria, è tardissimo!>. Esclamò, balzando in piedi con un agile scatto di reni che le permise di scavalcare facilmente il divano.

 

<Buffy, se ti sbrighi ti porto io in ufficio!>. Disse Xander, rimanendo sprofondato nella poltrona. La ragazza annuì e corse in bagno gridando:<Ci metto un quarto d’ora al massimo, promesso!>.

 

Venti minuti più tardi i quattro ragazzi si avviarono verso i rispettivi posti di lavoro: Buffy in auto con Xander; Willow e Kennedy in moto.

 

Quella mattina avrebbero tardato tutti.

 

CAPITOLO QUARTO: VACANZE E… RICORRENZE

 

   La vacanza alle Mauritius fu strepitosa: divertente e rilassante al tempo stesso come nessuno di loro se l’era immaginata. Dawn aveva insistito per portare con sé anche il suo ragazzo, Robert, ma Buffy non ne era stata proprio contenta: sia perché non le era piaciuta fin da subito l’idea di dover badare anche a lui, sia perché sospettava che sua sorella avesse intenzioni poco caste. Tuttavia la famiglia aveva votato e lei aveva perso clamorosamente, visto che né Xander, né Willow o Kennedy avevano la sua stessa repulsione all’idea di far venire Robert con loro.

 

Così erano partiti per quella vacanza di otto giorni di mare, sole e divertimenti. Niente pazienti da seguire, niente programmi da rivedere o creare, niente palazzi da costruire, niente studio per nessuno.

 

Will e Kennedy avevano preso un cottage da sole e ovviamente i restanti quattro partecipanti avevano fatto lo stesso, suddividendosi, tuttavia, in maschi e femmine. L’aveva preteso Buffy, ma stavolta anche Xander si era dichiarato d’accordo… se non altro per non rischiare di dover intervenire in un’eventuale rissa fra le sue sorelle Summers.

 

Comunque le cose non andarono male per nessuno e quegli otto giorni furono davvero indimenticabili.

 

Una sera Will e Kennedy erano rientrate abbastanza presto nel loro cottage e… avevano trovato una sorpresa ad attenderle.

 

Robert e Dawn che si rotolavano appassionatamente nella loro vasca ad idromassaggio.

 

<Ragazzi!>. Aveva sbraitato Willow, guardandoli minacciosamente, subito dopo averli beccati. Robert sussultò tanto forte che Kenny pensò che stava per sentirsi male. Dawn si era accucciata all’istante nella vasca, affinché la sua nudità fosse seminascosta dalle bolle nell’acqua e aveva messo su un sorrisetto imbarazzato che diceva:ok, mi arrendo, mi avete beccata!

 

Kennedy aveva lanciato il costume a Robert, pregandolo d’indossarlo e poi aveva dato un lungo telo da bagno a Dawn dicendole di avvolgerselo addosso.

 

<Non avevate un altro posto?>. Aveva chiesto Willow, seccata da quella situazione. Teoricamente l’indomani mattina avrebbe dovuto raccontare tutto a Buffy in quanto sua migliore amica. Ma sapeva esattamente come l’altra avrebbe preso la faccenda.

 

<Oh, andiamo, ragazze… siamo qui da cinque giorni, è quasi ora di tornare a casa e… noi due non avevamo avuto ancora neppure un momento d’intimità tutta per noi!>. Aveva protestato debolmente Dawn, miagolando quasi.

 

<E il momento d’intimità lo dovevate avere qui? Se tua sorella scopre che non le ho detto niente ci uccide tutti!>. Disse Will, mettendosi a sedere a gambe incrociate sul letto. Da lì aveva una visuale chiara della vasca, ma almeno sperava che il suo imbarazzo non si vedesse troppo.

 

Alla fine pattuirono di non dire niente a Buffy, ma in cambio i due fidanzatini non avrebbero più fatto in modo di mettere in imbarazzo né lei né Kennedy.

 

<Promesso!>. Aveva detto Dawn, saltellante e sorridente, andando ad abbracciare prima Kennedy e poi Will, saltandole addosso sul letto.

 

<Ho appena dato una scusa a tua sorella per farmi fuori!>. Aveva commentato Will, mentre la ragazza più giovane l’abbracciava e la baciava sulle guance ripetutamente per festeggiare la complicità della strega nei suoi confronti. E Kennedy sperò che quell’episodio non venisse mai fuori… per il bene di tutti i presenti.

 

 

 

 

 

            Erano tornati a San Francisco già da alcuni giorni e tutti i componenti della Scooby avevano ripreso le loro normali routine. Giles era tornato un paio di giorni prima rispetto a loro e aveva fatto trovare in casa propria e di Xander qualche nuovo, orribile soprammobile. Erano tutti oggetti mistici di un certo valore che alcuni dei suoi colleghi Osservatori gli avevano regalato quando era stato a Londra. Xander avrebbe voluto fare un falò con tutta quella roba ma, per rispetto al suo ex bibliotecario nonché amico, aveva taciuto e si era convinto mentalmente che quella roba non esistesse… magari sarebbe stato fortunato e, durante uno scontro, qualche demone avrebbe distrutto quella robaccia, prima o poi.

 

Xander era seduto nel suo ufficio e da circa un quarto d’ora stava tentando disperatamente di sfuggire alle insistenti avances della signora Nix, un’altra delle clienti sue e di Steve, che più che essere interessata al progetto della sua casa con vista sul mare, era interessata a progettare la sua serata, sperando che finisse con una notte di sesso rovente con quel bel carpentiere alto e muscoloso. Xander all’inizio si era illuso che Nix facesse la gatta morta perché civettare era insito in qusi tutte le donne ricche e di buona famiglia che aveva conosciuto lì a San Francisco. Ma dopo appena un paio di minuti aveva ritrattato con se stesso e aveva ammesso che Isabelle Nix non stava solo civettando, voleva decisamente farlo entrare nella sua schiera di stalloni che notoriamente la donna aveva a sua disposizione. Roger Nix era un imprenditore più che benestante e aveva sposato Isabelle perché bellissima come quasi tutto ciò che lo circondava; ma l’uomo era spesso in viaggio per affari e Isabelle Nix non era certo votata alla castità. Questo in città lo sapevano praticamente tutti. Quella mattina, la vedova bianca aveva deciso che voleva un’avventura con Xander Harris: giovane ma sicuramente attraente. Il problema era che lui non voleva avere un incontro intimo con lei. Dal momento stesso in cui Xander aveva capito di avere un problema, aveva cercato in tutti i modi di parlare di lavoro, di rimanere distante e professionale. Ma praticamente ora Isabelle gli stava sbattendo il prosperoso seno rifatto in faccia e lui aveva cominciato a sudare: il suo imbarazzo era quasi fuori controllo. Era decisamente sull’orlo di una crisi di panico.

 

Per fortuna, una voce proveniente da fuori lo informò che era salvo… forse. Un attimo dopo nell’ufficio irruppe poco silenziosamente Kennedy che, nello scambiare un’amichevole battuta con Steve, spezzò di netto l’atmosfera che Isabelle si era tanto impegnata a creare.

 

<Kenny, tesoro!… Come mai questa bella sorpresa?>. Esclamò Xander, approfittandone per allontanarsi di qualche passo da quella specie di predatrice affamata della sua cliente. In volto, il ragazzo aveva stampato un finto quanto eccessivo sorriso. Kennedy lo fissò per un momento e, dopo essersi scrollata di dosso la confusione iniziale, capì che c’era qualcosa che non andava. Lei e Xander erano diventati buoni amici, ma quando mai la chiamava “tesoro”? Tesoro era Willow – e lei tra l’altro ne era pure un po’ gelosa – tesoro era Buffy, tesoro era Dawn. Ma quando mai Xander si era rivolta a lei con quell’appellativo? Decise che il ragazzo doveva essere davvero nei guai per uscirsene in quel modo.

 

Poi osservò la presunta cliente di Xander… alta, bionda stile Barbie, acconciatura assolutamente perfetta come pure la sua linea, camicetta più che scollata in tinta unita sul rosa con la minigonna praticamente inesistente.

 

Non era una cliente. Era una ninfomane in cerca di qualcuno che freddasse i suoi bollenti spiriti. Quel qualcuno, tuttavia, non poteva essere Xander perché lui non sembrava proprio disponibile.

 

Ok, lo avrebbe aiutato.

 

Ricambiò il sorriso con uno più seducente, drizzò la schiena e con una mossa furba si tolse la giacca di pelle che nascondeva una canottiera elegante e piena di strass, con una scollatura a dir poco generosa. Xander intuì che ora era davvero salvo perché Kennedy, anche se un po’ sfacciatamente, era entrata in azione per soccorrerlo.

 

Isabelle Nix la fissò sorpresa e un po’ irritata: era poco più di una ragazzina eppure stava interrompendo il suo assalto. Ma chi era poi quella lì? Mai vista prima da quelle parti, né l’aveva sentita nominare da Xander… come si chiamava? Boh, non era importante. Bastava che togliesse il disturbo e all’istante.

 

<Ciao, amore. Ho interrotto qualcosa?>. Domandò Kennedy, fintamente innocente. Poi, inaspettatamente, si avvicinò a Xander con movenze sinuose, si mise a sedere sulla scrivania e lo baciò in bocca, dando uno spettacolo decisamente impudico la cui unica spettatrice, furente, era Nix. Il bacio non durò molto, ma avrebbe vinto un Oscar se fosse stato messo in gara. Quando si staccò, Kennedy sorrise ancora, poi pulì una sbavatura di saliva dalle labbra ancora socchiuse di Xander e subito dopo ripeté il gesto su di sé. Infine, si voltò e guardò Nix che la fissava assolutamente indignata.

 

<Salve!… Scusi se non mi sono presentata ancora, ma non vedevo il mio tigrotto da stamattina e… be’, sa, certi bisogni vanno soddisfatti al più presto!… Io sono Kennedy, la ragazza di Xander!>. Disse, la Cacciatrice mora, cordiale come se non avesse messo su un vero spettacolo teatrale. Poi tese la mano per mettere la ciliegina sulla torta di quella finzione. Isabelle Nix ci mise qualche secondo a riprendersi. Poi esitante strinse la mano della donna più giovane:<Ma… ma certo, non si preoccupi. Io… sono Isabelle Nix, una cliente affezionata di Xander e Steve… - fece una breve pausa, come per prender tempo. Poi concluse - Stavamo discutendo del progetto della mia nuova casa, ma… avevamo praticamente finito, per oggi!>. Concluse. E Kennedy sorrise ancora: le era bastata una sola mossa vincere. Ben fatto, si disse. Davvero ben fatto.

 

Un momento dopo Nix salutò molto più ufficialmente Xander, stringendogli la mano, e dandogli appuntamento alla prossima settimana assieme all’architetto.

 

Quando la gattamorta uscì, tutta l’attenzione di Xander fu per Kennedy. La guardava ancora attonito, con la bocca spalancata e l’aria inebetita.

 

<Che c’è?>. Gli chiese Kenny, fingendo di non aver capito. Xander sollevò un sopracciglio e si lasciò cadere pesantemente sulla propria poltrona girevole, imbottita e molleggiata tanto che prima di fermarsi e di smettere di cigolare il sedere del carpentiere rimbalzò un paio di volte.

 

<Non credi di aver… un tantino esagerato con la scenetta di prima?>. Domandò il ragazzo, ancora in imbarazzo. Kennedy fece una smorfia e sorrise divertita:<Forse, però ha funzionato!>.

 

< Forse? Sicuro, vorrai dire!… Hai esagerato! >.

 

< E quand’è che avrei esagerato? Ho fatto quello che avrebbe fatto la tua ragazza follemente innamorata! >.

 

< No, hai fatto quello che avrebbe fatto la mia ragazza follemente arrapata! >.

 

I due risero, ma Kennedy finse di essere scandalizzata.

 

< Xander!… E quand’è che io ti sarei apparsa arrapata? E’ stata una cosuccia innocente! >.

 

< Innocente? Ficcarmi la lingua in gola a quel modo secondo te è innocente? Cacchio, vorrei essere in camera da letto con te e Will quando non vuoi essere innocente: sai, tanto per vedere la differenza! >.

 

Kennedy strabuzzò gli occhi e fulminea gli rifilò uno scappellotto dietro la nuca, colpendolo in pieno e facendogli appositamente un po’ male.

 

< Porco! >.

 

< E’ genuina curiosità, la mia! >.

 

< Depravato!… E sta’ tranquillo che Willow ne sarà informata! >.

 

< Oh, per carità, non lo fare! Quella sarebbe capace d’inseguirmi per tutta San Francisco per farmela pagare o, ancora peggio, potrebbe farmi un incantesimo che so… a discapito della mia virilità! >.

 

< Be’, te la sei voluta!… Io ti ho aiutato con quella panterona scatenata e tu mi ricambi con pensieri da porco su di me e la mia ragazza?… Chiedi scusa e forse non lo dirò a Will! >.

 

< Ma sei stata tu ad istigarmi! >.

 

< Chiedi scusa! >.

 

Xander rise e alzò le mani.

 

< Va bene, ok: scusami per.. averti fatta soggetto dei miei pensieri… >

 

< Da porco! >.

 

< … da… sano ragazzo nel pieno della sua maturità sessuale… >

 

< Da porco! >.

 

< Ok, da porco!… Contenta? >.

 

< Per il momento! >.

 

I due risero di nuovo, divertiti da quello che era diventato uno scambio di battute giocoso.

 

< Comunque, ho capito perché Will sta con te! >.

 

< Ah, sì? E perché, secondo te? >.

 

< Non baci affatto male! >.

 

Kennedy rise ancora e annuì.

 

< Me l’hanno detto in molte e adesso… ho anche un’opinione maschile! >.

 

Xander si corrucciò un po’.

 

< Eih, frena! Vuoi dire che sono il primo ragazzo che baci? >.

 

< Certo! E, nonostante neanche tu baci malaccio, non ho intenzione di rifare l’esperienza!… Le labbra morbide di una donna sono meglio! >.

 

< Be’, non ho mai baciato un uomo, ma… mi fido della tua opinione!… Senti, ma sei venuta qui solo per stuprarmi scandalizzando la mia cliente e salvandomi da lei, o volevi qualcosa? >. Chiese poi Xander, avendo deciso che era ora di cambiare argomento.

 

< In realtà, volevo un tuo parere! >. Rispose la ragazza, mettendosi in piedi e andando a prendere qualcosa in borsa. Dopo un attimo tornò da Xander e a sedersi sulla scrivania, poi gli diede una scatolina ricoperta di velluto blu.

 

< Che roba è? >.

 

< Aprila! >.

 

Xander fece scattare col pollice la chiusura della scatola e ne aprì il coperchio. Incastrate nell’apposito contenitore, c’erano due fedi d’oro bianco, intarsiate da piccoli ghirigori fluenti che sembravano somigliare alle onde del mare. Xander osservò gli anelli sorpreso e affascinato: erano bellissimi nella loro semplicità. Poi ne prese uno, quello un po’ più piccolo, e lesse l’iscrizione incisa al suo interno. Una data – di lì a tre giorni – e una frase: a te che sei il mio sempre… ti amo. Il giovane rimase senza parole e non solo per quella faccenda inaspettata, ma anche perché quella frase risvegliò in lui un ricordo lontano, di anni prima, quando si era ritrovato in mano per caso il diario di Willow, quello che scriveva con Tara, e aveva letto una poesia della sua amica strega alla sua ragazza.

 

Anche in quella poesia c’era scritto qualcosa del genere…

 

 

Ti amo perché sei il mio sempre e sei il mio sempre perché ti amo…

 

 

 

Ricordava la frase di quella poesia perché, senza dirlo a nessuno, l’aveva riutilizzata poco tempo dopo, su un bigliettino che accompagnava un paio d’orecchini che aveva comprato per Anya.

 

A Willow forse sarebbe piaciuto l’anello, ma leggendo quella frase le sarebbe venuto un colpo.

 

<Co… quando hai intenzione… di darglieli?>. Domandò, esitante, sperando che l’altra non si accorgesse del suo cambio d’umore.

 

Per fortuna sembrò che Kenny non se ne fosse resa conto.

 

<Ti piacciono? Li ho appena ritirati!… Glieli darò dopodomani, ovviamente, al nostro anniversario! Due anni sono una data importante da festeggiare!>. Esclamò, entusiasta come una bambina che parla dell’ultimo film visto al cinema.

 

<Sì, sono bellissimi e… anche questa frase è molto… toccante!>. Commentò, rimanendo pur sempre sul vago.

 

< Sono contenta che ti piaccia! Dici che a Will piaceranno? Volevo la tua opinione!… La frase… l’ho trovata su un foglio di carta spiegazzato, tempo fa mentre riordinavo il lucernario, a casa!… Credo l’abbia scritta Will da ragazzina! Mi è piaciuta tantissimo e l’ho rielaborata leggermente per poi farla incidere sugli anelli! >.

 

Ecco com’era andata. Porca miseria, pensò Xander, il Destino continuava a minare la serenità di Willow a quanto pareva. E pure di Kennedy, infondo.

 

 

 

            Quella sera Buffy ci mise più di un’ora a prepararsi e quando uscì di casa sembrava, altezza a parte, una di quelle modelle uscite da Vogue. Aveva una cena di lavoro molto importante. O almeno, era quello che aveva detto a Dawn e agli altri. E le avevano creduto, anche se quell’impegno era spuntato all’improvviso. Ora, però, mentre la guardava uscire di corsa, eccitata e obiettivamente bellissima, Dawn sospettò che non si trattasse esattamente di una cena di lavoro. Quella sera, comunque, Buffy non era l’unica a mangiare fuori. Kennedy era rientrata assieme a Xander qualche ora prima e, quando era rincasata anche Willow, era venuto fuori che anche loro due sarebbero andate a cena in un ristorante. Dawn l’aveva dimenticato ma oggi era l’anniversario di Kenny e Will.

 

E va bene, sarebbero rimasti solamente lei, Xander e Giles. E allora? Andava benissimo anche così, soprattutto perché i due uomini di casa non erano mai contrari alla presenza di Roberte né a tavola né in casa parlando più generalmente.

 

Per quell’occasione speciale, Kennedy si era vestita con un completo molto elegante, grigio chiaro, che risaltava il colore viola cangiante della sua nuova camicia di seta. Si era tirata su i capelli lasciando libere solo alcune ciocche sul davanti e si era truccata quasi alla perfezione, riuscendo a far risaltare le labbra carnose e gli occhi scuri da cerbiatta. Willow, invece, aveva optato per una gonna morbida lunga solo fino un palmo al ginocchio, e una maglietta piena di fronzoli che, invece di apparire moderna come lei avrebbe preferito, le dava un’aria fin troppo seriosa. Kennedy le aveva detto che le stava benissimo, soprattutto vista la scollatura a vu che lasciava scoperta la sua pelle candida, ma la rossa non era assolutamente convinta di aver azzeccato nell’indossare quegli indumenti. Ovviamente, ai piedi scarpe nere col tacco, al collo la sua immancabile catenina con il ciondolo di smeraldo, sul viso poco trucco e i capelli lasciati sciolti sulle spalle.

 

Kennedy propose di prendere la sua auto, ma volle guidare lei una volta tanto. La scusa era stata che non voleva perdere la mano con il cambio e la frizione, ma in realtà aveva voluto guidare lei per portare l’altra esattamente dove aveva organizzato la loro serata. Non ci misero molto, nonostante le previsioni, e arrivarono al ristorante che il sole stava ancora tramontando, nascosto dall’orizzonte che divideva il mare dal cielo.

 

<Come mai hai scelto questo posto?>. Le domandò Willow, sorpresa, scendendo dall’auto. L’altra fece spallucce e chiuse lo sportello, facendo scattare le sicure della macchina.

 

<Me lo ha fatto vedere Jack Sterder, il mio nuovo compagno di lavoro. Dice che si mangia benissimo e i tavoli sono praticamente sulla spiaggia, quindi possiamo goderci il panorama, ti pare?>. Rispose Keny, mentre faceva il giro e andava a prenderla per mano per condurla all’interno del locale. Il ristorante era bellissimo, illuminato da luci soffuse e musica del piano-bar di sottofondo. Le due vennero fatte accomodare proprio sulla veranda, vicino alla ringhiera, in un posto un po’ in disparte scelto il giorno precedente da Kennedy stessa: voleva intimità per quella sera. Da lì, potevano godersi gli ultimi momenti del tramonto con tutti i suoi colori sfumati che rendeva l’aria ancora più romantica. Le onde dell’oceano avrebbero fatto loro compagnia per tutta la serata, col loro suono ritmico e rilassante. Sul tavolo, una rosa rossa bellissima dai petali vellutati e due candele più basse. La cena iniziò e proseguì con risate rilassate e battute innocenti, parlando della prossima vacanza che avrebbero fatto che della necessità di mettere un guinzaglio a Dawn o le manette a Buffy per evitare che la strangolasse in caso l’avesse beccata con Robert come era successo a loro, parlando delle novità a lavoro e del fatto che Giles sembrava essere tornato un adolescente: entusiasta del suo lavoro e del fatto che gli faceva guadagnare somme discrete. Parlarono anche di Ally, la cugina di Will, che di lì a poco sarebbe passata in città e sarebbe venuta a trovarli. Forse fu per questo intenso chiacchierare che le due quasi non si accorsero dello scorrere del tempo e delle portate. Arrivarono alle dieci e mezza di sera e al dolce. Lo mangiarono continuando a parlare, ma poi Kennedy s’interruppe e fece portare spumante dolce ghiacciato. Il cameriere riempì i due flute e poi le lasciò nuovamente sole. Le due ragazze fecero cincin sorridendo e lanciandosi occhiate intense, poi Willow tirò fuori dalla propria borsa il regalo per Kennedy. Una scatola grande come la sua mano, di legno intarsiato, con l’effige di Cartier stampata a fuoco sopra. Kennedy l’apri e ne tirò fuori uno stupendo tennis di diamanti brillanti, incastonati nell’oro bianco. Era bellissimo e sicuramente prezioso, ma… così impersonale, pensò la giovane, cercando di apparire felice e sorpresa. Be’, no, sorpresa lo era davvero. Felice… perché Will aveva scelto una cosa del genere per lei? Lei, all’infuori del lavoro, andava sempre in giro con jeans, giacchetti di pelle e scarpe da ginnastica. Quando avrebbe potuto indossare un bracciale tanto prezioso ed elegante?

 

 

 

E’ come se… non mi conoscesse…! Pensò tristemente.

 

 

 

Ma poi si disse che era un’ingrata e una sciocca: quello era un regalo davvero prezioso e Will l’aveva comprato per lei, lo aveva scelto personalmente e aveva deciso di darglielo per il loro anniversario. Cos’altro c’era da commentare? Ok, forse non corrispondeva esattamente ai suoi gusti, a quello che avrebbe comprato lei per se stessa, ma che importanza poteva avere? Era comunque un bracciale bellissimo. Willow glielo mise e lei sorridente glielo lasciò fare, scacciando dalla propria mente tutti i possibili pensieri negativi.

 

Poi fu il suo turno. Diede il proprio regalo alla rossa espandendo il proprio sorriso, sperando con tutta se stessa che a Willow gli anelli sarebbero piaciuti. Le parve di vederla esitare per un momento, ma poi Will aprì la scatola e fissò per alcuni secondi le fedi, prendendone una in mano e studiandola attentamente. Poi si alzò dal proprio posto, si avvicinò a Kennedy e l’abbracciò forte, baciandola lievemente sulle labbra e poi stringendola ancora.

 

<Ti piacciono? Una è per me e una per te, ovviamente!>. Disse Kenny, ancora sorridente. Lei piegò un po’ le labbra in su e annuì:<Sono bellissime e tu… sei la persona più dolce che io conosca!>. Le rispose, sincera. Un attimo dopo Kennedy le mise al dito uno dei due anelli e le baciò le dita. Willow fece altrettanto con l’anello restante, rifiutandosi di leggere ancora quella frase. Poi la Cacciatrice chiese il conto e propose di andare a fare una passeggiata lungo la spiaggia. La serata non era finita, non aveva voglia di farla finire perché quella sera Kennedy era felice.

 

            La spiaggia era quasi deserta e per lo più al buio, illuminata solamente dalla fievole luce della luna non ancora del tutto piena, e dai faretti dei locali che si affacciavano su di essa. Il mare era tranquillo e solo più a largo le onde erano alte, ma non abbastanza da far gola ai surfisti, rifletté Willow. Lei e Kenny stavano passeggiando sul bagnasciuga, tenendosi per mano e tenendo le scarpe nelle mani libere. La ragazza dai capelli scuri si era arrotolata accuratamente i pantaloni fin sotto il ginocchio, per evitare che l’acqua spumeggiante potesse bagnarglieli rovinandoli con la salsedine. Era una serata incantevole e l’atmosfera era perfetta per due persone innamorate. Eppure… Willow guardava i propri piedi sprofondare nella sabbia bagnata ed essere sommersi a intervalli regolari dalle onde. Sentiva la mano di Kennedy muoversi nella sua ogni tanto, e le sue dita sfiorarle.

 

Sarebbe stata una serata perfetta, eppure…

 

Però la strega rossa sapeva fingere bene. Negli anni aveva imparato a nascondere quasi alla perfezione i propri sentimenti, le proprie emozioni. Soprattutto quelle negative. Aveva detto la verità a Kennedy, quando le aveva quasi sussurrato che lei era la persona più dolce che conoscesse; però non era riuscita a dirle la verità riguardo a quella frase che era stata incisa sugli anelli… Per fortuna che Xander l’aveva avvisata quel pomeriggio, o la sua reazione sarebbe potuta essere molto poco controllata. E Kennedy ne avrebbe sofferto terribilmente.

 

Il caro Xander… sempre premuroso verso tutte loro. Dopo che Kenny se n’era andata dal cantiere si era quasi ammazzato con l’auto per raggiungere in pochi minuti l’ufficio di Willow e l’aveva quasi mancata perché la rossa stava andando via in anticipo quel pomeriggio, visto che sapeva di dover uscire a cena. Ma poi era riuscita a incontrarla nei parcheggi sotterranei dell’edificio e Will aveva capito immediatamente dalla sua faccia che quello che doveva dirle non le avrebbe fatto piacere. E così era stato. La giovane sapeva che il gesto fatto dalla sua ragazza era col cuore e sapeva anche che se Kennedy avesse saputo l’autore e il destinatario di quella poesia, non l’avrebbe mai utilizzata e forse non le sarebbe nemmeno mai piaciuta. Forse avrebbe strappato il foglio sul quale era scritta, uno dei pochi ricordi, uno dei pochi frammenti sopravvissuti alla distruzione di Sunnydaile. Ma Kennedy non sapeva e lei non aveva cuore di dirle la verità. Le piaceva il suo sorriso felice e gli occhi emozionati, quasi lucidi. Non voleva che si bagnassero di lacrime di sofferenza e che quel sorriso sparisse. Soprattutto non quella sera.

 

Continuarono a camminare per un altro po’ parlando di cose futili e programmando un’improbabile vacanza lungo il Nilo, una crociera. Poi, arrivate in prossimità del piccolo porto che stabiliva il confine tra la spiaggia libera e quelle private, Kennedy propose di mettersi a sedere a godersi l’aria fresca e l’atmosfera rilassante. Si misero a metà tra il bagnasciuga e la sabbia asciutta per non sporcare completamente i propri abiti. Kennedy prese la mano di Will e la baciò come aveva fatto poco prima, al ristorante, solo che non la lasciò andare tanto rapidamente anzi, dopo un attimo, l’attirò a sé con uno strattone delicato ma deciso e l’avvolse con le proprie braccia, stringendola a sé e riprendendola a baciarla sul collo caldo.

 

<In questo momento… non mi serve nient’altro per vivere!>. Le sussurrò ad un orecchio, continuando a carezzarle con una mano la schiena e con l’altra il viso e i capelli morbidi. Willow chiuse gli occhi e la lasciò fare, conscia del fatto che probabilmente Kenny si sarebbe davvero accontentata di vivere con lei per sempre, senza ricchezze o roba futile comunemente considerata il sale della vita. Ma anche per lei era così?… Che senso aveva farsi quella domanda, poi?

 

Decise che quella sera avrebbe acconsentito a qualunque cosa Kennedy le avesse chiesto, le avrebbe dato qualunque cosa di cui aveva bisogno perché infondo se lo meritava.

 

Kennedy la sosteneva sempre, l’amava, la incoraggiava, la proteggeva, la faceva sentire forte, le dava un motivo per alzarsi ogni mattina in qualche modo… anche quando si sarebbe soffocata con le proprie mani pur di non farlo.

 

Willow era convinta che ora l’altra le avrebbe chiesto di fare l’amore, magari lì, in quel posto quasi etereo. Invece Kennedy la sorprese ancora perché si staccò da lei con un ultimo delicato bacio sulle labbra, poi si tolse la giacca e la stese alle proprie spalle, sulla sabbia, allargandola affinché bastasse per entrambe. Un attimo dopo si stese su di essa, portando giù anche Willow e facendole poggiare la testa sull’incavo della propria spalla, tornando ad abbracciarla.

 

<Guardiamo un po’ le stelle, ti va?… E’ così tranquillo qui!>. Le disse, continuando a carezzarla. Will sentì uno strano senso di sollievo: era stata capace di mentire fino a quel momento, di farle credere che le fedi le piacessero davvero, compresa quella frase. Ma non era affatto sicura che sarebbe stata brava a fingere di essere felice anche mentre Kennedy si fosse offerta a lei, reclamando contemporaneamente il suo corpo.

 

Possibile che la Cacciatrice avesse intuito qualcosa? Non che non fosse romantica, anzi spesso lo era molto più di lei. Ma era anche passionale e sempre vogliosa di attenzioni che, tra l’altro, ricambiava con l’entusiasmo di un bambino che vede per la prima volta l’oceano. Quindi quella calma apparente fece nascere il dubbio in Willow che in realtà Kennedy quella sera stesse aspettando che lei facesse la prima mossa. Forse aveva intuito che c’era qualcosa che non andava, o aveva scorto incertezza.

 

Willow rifletté per la prima volta molto attentamente e si rese conto che solitamente Kennedy metteva da parte il proprio egoismo per lei: non la forzava mai a fare niente né dentro né fuori dalla camera da letto. L’assecondava e aspettava sempre che lei fosse dell’umore adatto anche solo per andare a fare due passi o per andare a mangiare una pizza. Lei, invece, troppo spesso era egoista e aveva imparato tacitamente ad approfittare della disponibilità dell’altra, appoggiandosi alla sua ragazza come se fosse un suo diritto.

 

Forse fu per questo che poco dopo prese a baciarla e a far scorrere le mani sul corpo formoso della Cacciatrice che accolse volentieri le sue attenzioni, in silenzio, ricambiando come sempre con grande generosità. Quella notte Willow avrebbe accantonato il proprio ego. Quella notte avrebbe fatto sentire a Kennedy che i suoi sentimenti erano ricambiati davvero, anche se all’alba il sole avrebbe fatto tornare tutto com’era stato fino ad allora.

 

CAPITOLO QUINTO: VITA PRIVATA E NUOVI ARRIVI IN CITTA’

 

   Buffy era al telefono, nel suo ufficio, e stava parlando a bassa voce da più di mezz’ora. La sera prima era stata fantastica: cena romantica e poi concerto degli U2. I biglietti erano stati venduti tutti  già tre mesi prima, ma Tom se li era fatti procurare da un amico ed erano anche due posti favolosi: poltrone in terza fila. La serata era finita con una cioccolata calda all’aroma di vaniglia e cannella e un bacio dolcissimo che avrebbe potuto evolversi in qualcosa di più se Buffy non avesse riconosciuto l’auto di Willow arrivare da infondo la strada. Chissà dove erano state quelle due fino alle tre e mezza di notte, si era chiesta. Però non l’aveva domandato alle sue amiche, o avrebbe dovuto spiegare come faceva lei a sapere che erano rientrate a quell’ora.

 

- Lo sai che non è così semplice, Tom. Te l’ho spiegato, mi pare! – Disse Buffy, con un tono un po’ più serio ora, giocherellando col filo blu del telefono della sua scrivania.

 

- Oh, andiamo, Buffy!… Sono quattro mesi che usciamo insieme e nessuno in casa tua sa della mia esistenza!… Ti sembra normale? – Protestò la voce calda di Tom, all’altro capo.

 

- Il fatto è che… le new entry non sono… come dire, facilmente accettate nella mia famiglia! – Ribatté la Cacciatrice. Non poteva confessargli che non aveva parlato di lui né a sua sorella né ai suoi amici perché quando avevano cominciato ad uscire non era sicura di aver fatto una scelta azzeccata.

 

- Senti, tesoro, ma pensi che tua sorella o le due ragazze che vivono con te siano stupide? Esci spesso e spesso torni che è quasi giorno. Dove pensi che credano che tu vada? A lavoro? -

 

- No, a caccia di vampiri e demoni! - Rispose Buffy, ironica. Tom rise ignorando quanto quella frase fosse vera. Lui non sapeva niente della storia delle Cacciatrici, degli Osservatori e di tutto il mondo della notte.

 

- Spiritosa!… Ma non cercare di distrarmi, ok? Senti, all’inizio potevo anche capire i tuoi dubbi e la scelta di non parlare di me con quelle persone, però adesso… onestamente mi pesa! Cavolo, per vederti devo venire nel tuo quartiere tutte le domeniche mattine e ammazzarmi di fatica col jogging per ore solo per poterti vedere per una mezz’ora! – Buffy rise allegra, pensando all’ultima domenica che avevano escogitato quel piano. Sfortunatamente Xander era voluto andare con lei, cosa che non succedeva mai, e Tom era stato costretto a correre incessantemente intorno agli isolati della zona fin quando non aveva inciampato e aveva battuto il ginocchio. Ci aveva messo mezz’ora a rialzarsi e ancora zoppicava a distanza di una settimana.

 

- Oh, ma dai, non puoi dare la colpa a me se sei inciampato! -

 

- Sono inciampato sulla lattina che il tuo amico ha lanciato nel secchio e che, invece di finire dentro ha rimbalzato finendo sotto al mio piede! -

 

- Ma Xander non l’ha certo fatto a posta! Non si sarà neppure reso conto che c’era qualcuno che correva dietro di noi! -

 

- Me lo auguro, o è stato tentato omicidio!… Comunque, domani sera vengo a cena a casa tua, che tu lo voglia o no. Porterò il vino, un mazzo di fiori bellissimo e il mio sorriso migliore, e non accetto un rifiuto, chiaro? Hai due giorni per dire di me a casa, oppure dopodomani avranno una bella sorpresa!… Ora scusami, tesoro, ma devo andare: il cercapersone sta trillando impazzito! Ci sentiamo domani, così ti faccio sapere a che ora mi libero dal lavoro, ok? Un bacio, ciao! -

 

- Aspetta, Tom! Tu non puoi… - Ma la conversazione era finita perché il ragazzo aveva attaccato.

 

 

 

Riflettendo, era vero che dopo quattro mesi era assurdo che nessuno dei suoi amici e tanto meno Dawn sapessero di lui. Temeva forse il loro giudizio? No. Probabilmente era solo una questione di “ufficializzazione” di quel rapporto. Sì, perché una volta che Tom avesse conosciuto la sua famiglia, indubbiamente non avrebbe più potuto dire che frequentava qualcuno, ma avrebbe dovuto dire che ci stava insieme e forse a questo non era ancora pronta.

 

Tomas Devenport era un affascinante medico di trent’anni che aveva finito la sua specializzazione in cardiochirurgia appena due anni prima a Chicago e che si era trasferito a San Francisco praticamente subito dopo il termine degli studi perché lì gli avevano offerto un lavoro. Era alto quasi uno e novanta, capelli castano chiari e occhi blu sottolineati da sopracciglia folte e da ciglia lunghissime che mettevano in risalto il suo sguardo affascinante. Erano quattro mesi che si frequentavano e Tomas, o Tom come si faceva chiamare da lei e dagli amici, le aveva dimostrato di avere intenzioni serie o almeno di non voler fare la replica di “Parker l’idiota”. Però Buffy aveva cominciato quel rapporto coi piedi di piombo e i guanti di seta: non era pronta a buttarsi a capofitto in una storia con qualcuno che non conosceva poi così bene. Tra l’altro, a volte si sentiva in colpa nei confronti di Angel o… di Spike, addirittura. Era stupido, insensato, incomprensibile e ingiustificato. Ma era così.

 

Tra l’altro il modo in cui si erano conosciuti rendeva la loro relazione quantomeno discutibile. Karina Devemport, la sorella di Tom, soffriva di una fortissima depressione post – partum e uno degli psicologi colleghi di Buffy la seguiva da mesi. La Cacciatrice non aveva in cura Karina, ma in alcune occasioni aveva aiutato il suo collega a sviluppare il piano di terapia o ad analizzare qualche seduta. Poi, una sera, Tom era andato a prendere sua sorella aspettandola fuori dallo studio e Buffy, uscendo di corsa perché in ritardo ad un appuntamento con Willow, gli era praticamente caduta addosso, rovesciandogli addosso un caffè bollente. Tomas Devemport invece di arrabbiarsi e di chiederle di pagare il conto della tintoria, si era fatto una risata suscitata dall’evidente imbarazzo di quella forzuta ragazza e l’aveva invitata fuori a cena per l’indomani. Buffy era rimasta sorpresa da quell’invito, ma anche tremendamente affascinata dal sorriso perfetto e dagli occhi apparentemente sinceri di quel bello sconosciuto. La sera successiva era andata davvero a cena con lui ed era stata bene, si era divertita e lo aveva trovato ancora più affascinante fin quando… lui non le aveva confessato di essere il fratello di Karina Devemport. A quel punto Buffy avrebbe dovuto troncare lì, senza esitare: era una questione di atteggiamento deontologicamente corretto. Ma Tom aveva risposto, azzardando una battuta più osé delle altre, che non c’era nulla di deontologicamente sbagliato nel vedersi fra loro perché non era Karina a dover andare a letto con lei. Buffy stava per mollarlo lì, ma poi aveva capito che stava scherzando e che la sua non era villaneria, ma solo un modo per rompere il ghiaccio. Alla fine aveva ceduto e avevano continuato a vedersi, ma la ragazza si era ripromessa di non occuparsi mai più di Karina o di leggere il suo fascicolo. Non poteva e non voleva mischiare la vita privata col lavoro.

 

Tom si era rivelato esattamente come se l’era immaginato: assolutamente affascinante, gentile ed oltremodo educato, divertente, schietto, ironico e dolcissimo. Fin troppo cavaliere per essere vero. Era uno di quelli che si alzava dalla sedia se lei si alzava da tavola per andare in bagno, scendeva per primo dall’auto per aprirle la portiera e ogni volta che si vedevano le regalava un fiore diverso. Buffy non aveva mai portato i fiori a casa, ma li metteva in un vaso, nel suo ufficio. Tanto che c’erano sempre fiori freschi e profumati lì dentro. Inoltre, non si era fatto problemi a raccontarle di sé e di sua sorella, senza per questo affrontare l’argomento “depressione” dal punto di vista professionale. Buffy si era quasi sentita in colpa perché lei invece non gli aveva detto più di tanto della sua vita privata. Gli aveva parlato di Sunnydail e del tremendo terremoto che l’aveva colpita, del fatto che ora viveva con sua sorella e con due sue amiche ma che nella casa di fronte c’erano anche Giles e Xander. Ma non era scesa troppo nei particolari. Si era limitata a dirgli che Kennedy e Willow stavano insieme, che Xander aveva perso la sua ragazza nel terremoto famoso e che Giles era un suo vecchio professore che tuttavia ormai le faceva praticamente da padre. Poi gli aveva raccontato che Dawn era stata una testa calda fino a qualche anno prima, e che avevano sofferto molto per la morte improvvisa della madre. Ma non aveva accennato minimamente al fatto che Kennedy era una Cacciatrice come lei, che Willow era una strega e che Giles era un Osservatore. Come non aveva parlato dei particolari della guarigione dell’occhio di Xander. Tom sembrò accettare bene l’idea di quell’insolito nucleo familiare, compreso il fatto che la migliore amica di Buffy stesse con un’altra ragazza e che Xander entrasse e uscisse da casa Summers/Rosemberg come fosse stata sua. Non aveva neppure obiettato quando Buffy gli aveva detto di non voler dire subito della loro relazione ai suoi amici e a Dawn. Ma ora Tom sembrava più che deciso a presentarsi come il suo ragazzi e lei lo conosceva abbastanza bene da sapere che non avrebbe cambiato idea.

 

Buffy sospirò riattaccando la cornetta. Quella sera stessa, a cena, avrebbe detto a casa di Tomas.

 

 

 

 

 

 

 

( Dal diario terapeutico di Xander )

 

 

 

Eccomi di nuovo qui, doc, a scrivere fatti e sensazioni che poi lei leggerà e studierà da bravo terapeuta qual è. Due giorni fa ho quasi avuto un incontro ravvicinato con quella specie di lupa famelica della mia cliente, quella di cui le ho parlato ultimamente, la riccona che sembra una modella maggiorata. Non è che le attenzioni di una donna del genere mi dispiacciano, è solo che non credo di essere pronto per una cosa simile. Anzi… non credo di essere pronto per un’altra qualunque donna.

 

Con Willow ne abbiamo parlato… parliamo molto io e lei, forse troppo. Comunque, lei dice che sto diventando gay anch’io se mi lascio sfuggire l’occasione di frequentare una come la mia cliente! Ovviamente scherza: cerca di sdrammatizzare stuzzicando il mio orgoglio di uomo. In realtà le sue provocazioni mi suscitano solo una sana risata perché non mi sento pronto ad intraprendere una relazione di alcun tipo con una qualche donna, ma sono più che certo che, nonostante l’imbarazzo, le minigonne della mia cliente qualche pensiero non proprio casto me lo fanno venire in mente. Per fortuna che l’altro pomeriggio è piombata nell’ufficio Kennedy, o mi sa che la mia carissima cliente mi avrebbe steso sulla scrivania e violentato… c’è mancato poco che mi chiedesse di toccarle le tette! Sì, perché a sbattermele in faccia, con quella scollatura, praticamente lo aveva già fatto. Kennedy è stata strepitosa, anche se non mi aspettavo certo una scena del genere… tutte quelle moine, quegli sguardi sexy, per non parlare di quel bacio, poi! Ho visto per la prima volta una facciata del suo carattere che non avevo mai scorto prima, quella intima che probabilmente usa solo con Willow. Quando l’ho raccontato alla mia amica, per dirle anche degli anelli certo, ma anche per non far nascere eventuali equivoci su un segreto che non è un segreto, Will ha cominciato a ridere come una pazza immaginando la scena.

 

<Ti assicuro che Kennedy sa essere mooolto appassionata… quando vuole!>. Mi ha detto. Non sembrava affatto disturbata all’idea che la sua ragazza mi avesse baciato. Vero è che stava recitando per togliermi di dosso la lupa; ma è altrettanto vero che il bacio era tutto fuorché finto. Non lo ammetterò mai con lei né lo farò mai con Will, ma per un momento è stato eccitante addirittura. Ok, ok, sono un coglione… è da qui che ho la certezza di non essere gay: il mio istinto reagisce ancora alle belle donne, quindi… Poi però, come mi aspettavo, lo scherzo con Willow è finito e lei si è rabbuiata come se ci fosse un’eclissi inaspettata. Ovviamente, questo è successo quando le ho detto delle fedi e della frase incisa sopra. Sapevo che avrebbe reagito così e mi ero preparata a consolarla di nuovo, a farla calmare dopo averle dato una valvola di sfogo. Invece ha pianto in silenzio. All’inizio non ha detto proprio nulla e io l’ho abbracciata come facevo quando eravamo piccoli e quella cretina della madre la sgridava perché aveva preso una B a scuola anziché una A. Poi quasi mi ha ucciso quando le ho sentito pronunciare:<Come farò ad indossare quell’anello? Come farò a continuare a vivere così?>. In un altro momento non mi avrebbe mai detto una cosa del genere: è da un pezzo che ha smesso di manifestare il suo dolore per la perdita di Tara. Nasconde i suoi sentimenti dietro un finto sorriso o dietro al mutismo più assoluto. Invece, l’altro pomeriggio dopo tanto tempo se n’è uscita in quel modo e mi ha spiazzato perché… soprattutto l’ultima cosa che ha detto… è quello che mi chiedo io ogni mattina, mentre mi guardo allo specchio per radermi.

 

Come potrò continuare così?

 

Guardo la mia vita, cosa sono diventato, la mia routine quotidiana e… non trovo nulla di entusiasmante. Nulla che io ritenga davvero importante. A parte la mia famiglia, certo. E sapere che anche Will si sente in questo modo, mi fa solo male: un dolore profondo che non riesco ad estirpare in nessun modo. Solo dormendo. Quando dormo, sprofondo nell’oblio e dimentico quel dolore per un po’. A volte sogno e mi sento bene. Poi arriva il giorno, mi sveglio e spero sempre che la notte ritorni presto. Per questo ho cominciato a prendere i sonniferi quando l’insonnia ha cominciato a farmi visita con regolarità.

 

Ma sapere che anche Will è in questo stato… cazzo, sto più male per lei che per me!

 

Pensavo l’avesse superata o che almeno si fosse rassegnata. Invece quella frase dell’altro giorno… ha smontato tutte le mie certezze, come un castello di sabbia fatto sulla riva le mie convinzioni si sono sgretolate sotto i colpi dell’ondata di dolore che ha colto Will, la mia piccola streghetta che non trova pace…      

 

 

 

 

 

            Willow rientrò a casa presto quella sera e trovò solo Buffy, intenta a pasticciare in cucina con uno dei suoi nuovi libri sulle portate di carne e pesce. La Cacciatrice era ancora la migliore della sua stirpe nella lotta, ma dopo anni di esercizio sembrava essere ancora negata per cucinare qualcosa di più complicato di un’omelette. Eppure non si arrendeva, nemmeno quando Dawn le faceva notare divertita che era evidente che la cena l’avesse cucinata lei perché faceva schifo. Spesso i cibi erano troppo salati, spesso troppo sciapi, troppo spesso bruciacchiati qui e lì.

 

<Ciao, Buffy! Che combini, cerchi di dar fuoco a casa?>. La salutò beffarda, Will, notando subito che qualcosa in pentola stava facendo un po’ troppo fumo. Buffy stava per risponderle, ma poi seguì lo sguardo dell’amica e cosa stesse alludendo, così si precipitò a togliere le polpette al vino dal fuoco. Intanto, Willow andò al frigo e si versò un generoso bicchiere di Bellini fresco.

 

<Ma porcaccia… mi si sono bruciate di nuovo, cacchio!>. Inveì Buffy, osservando il suo capolavoro divenuto un insieme di palline scure e puzzolenti. Will trattenne a stento un sorriso pensando che se la sua amica avesse combattuto come cucinava, sarebbe morta ben più di due volte.

 

<Vuoi un po’ di vino fresco e frizzante?>. Le propose, facendole vedere la bottiglia aperta da poco. Buffy la fissò, poi annuì facendo spallucce e andando a gettare nel secchio il suo ennesimo esperimento. Poco dopo tornò a sedersi vicino a Willow e a sorseggiare assieme a lei la bevanda al gusto di pesca aromatizzata. Willow si tolse la giacca del tailleur e slacciò i primi due bottoni, esattamente come faceva sempre quando tornava a casa dal lavoro.

 

<Dunque… come mai stasera hai deciso di metterti a pasticciare in cucina? Pensavo che i cuochi di casa fossimo io e Xander e che la nostra allieva fosse Dawne!>. Disse la programmatrice dai capelli rossi, mentre li legava nella consueta coda bassa casalinga. Buffy s’innervosì e cominciò a torcersi le dita. Come dire di Tomas a Willow? E come dirlo a tutti gli altri?

 

<Be’, ecco… c’è una cosa di cui volevo parlarti già da un po’, solo che… be’, non c’è stata mai occasione e poi ultimamente siamo stati tutti molto impegnati…>. Iniziò, cercando alla svelta qualcosa da dire. Willow sorrise furba:<Ma dai, ti hanno licenziata e hai deciso di aprire un ristorante?… Non credo sia una buona idea, Buffy. Scusa, ma tu il cibo è meglio che lo mangi solo se non vuoi beccarti una serie di denunce per tentato avvelenamento!>.

 

Buffy rise alla battuta ell’amica, ma le diede una pacca sulla spalla leggermente più forte del dovuto:<La pianti e mi fai parlare? Scema!>. Le due risero insieme, osservando tra l’altro tutto il vino contenuto nel bicchiere di Will finito sul bancone della cucina dopo il colpo ricevuto.

 

<Ok, mi arrendo, basta scherzi anche perché se no allaghiamo la cucina e non mi sembra il caso: non ho proprio voglia di ripulire tutto dopo!… Dai sputa il rospo!>. Disse Willow, dopo un attimo, versandosi nuovamente il vino, con l’intenzione di berlo stavolta. Buffy esitò ancora, poi finalmente prese coraggio e parlò.

 

< Ecco… Domani sera avremo un ospite a cena, se non avete niente in contrario! >.

 

< No, proprio no. Però anche Kennedy porterà qualcuno… una sua collega, Alice! >.

 

< Ah, be’ non ne sapevo niente!… Be’, volendo allora potremmo rimandare… anzi, no, ripensandoci è perfetto: si cucina una sola volta per due ospiti! >. Si corresse subito, la Cacciatrice , pensando che se gli ospiti fossero stati due, Tomas non avrebbe avuto su di sé tutta l’attenzione di tutti.

 

< E chi è questa Alice? >. Domandò, subito dopo.

 

< Te l’ho detto, una collega!… Ma non deviare il discorso, per favore! >.

 

< Oh, non deviavo affatto. E’ che sento che Kenny porta a casa una collega e… mi preoccupo per te, tutto qui! >.

 

< Tranquilla, amica mia. Dopo ieri sera sono più che certa che Kennedy per ora non ha proprio nessuna smania di tradirmi! >. Ribatté Willow, con uno strano tono di voce, alzando lievemente la mano sinistra per mostrare la fede d’oro bianco lavorato. Buffy stava per dire qualcos’altro a tale riguardo, ma poi decise che avrebbe parlato di quella cosa dopo perché Will ora non sembrava esattamente disposta a rtoccare l’argomento “fedi”.

 

< Ok… ehm… si tratta di Tomas Devenport! >.

 

< Ah! Il nostro caro Tom!… Era ora! >. Esclamò Willow, sorridendo contenta, sprizzando entusiasmo da tutti i pori e mandando in confusione totale la sua amica.

 

In quel momento rincasò Xander che, dopo essersi tolto le scarpe e averle buttate a un lato del salone, fece irruzione in cucina e si scolò tutta la bottiglia dell’acqua. L’ultima rimasta in frigo.

 

<Xander!!!>. Lo rimproverarono le due ragazze, all’unisono. Il carpentiere finì di bere, poi si asciugò la bocca col dorso della mano e sospirò soddisfatto:<Scusate, ragazze ma stavo morendo di sete e ho i piedi in fiamme!>. Si giustificò.

 

<Non ti sbatto fuori solo perhé Buffy ha una bella notizia da darci!… Finalmente porta a casa Tom!>. Disse Willow, ritrovando il buonumore. Xander guardò prima l’una e poi l’altra e infine sorrise anche lui felice.

 

< Wow! Questa sì che è una bella notizia!… Era ora, mi pare! E quando? >. Domandò il ragazzo, poggiandosi al lavello. Buffy era talmente tanto stupita da quelle reazioni, ch ci mise una generosa manciata di secondi a capire.

 

< M-mi spiegate, per favore?… Non vi ho mai detto di lui e invece ne parlate come se ve lo avessi nominato ogni due secondi fino a ieri! >. Riuscì a dire, finalmente, senza nascondere neppure un pochino la sua irritazione. Cos’era quella storia?

 

< E’ vero, Buffy, non ce ne hai mai parlato e per questo… verrai fustigata, prima o poi. Ma non oggi, comunque!… Il fatto è che lo frequenti già da un po’ ormai e… la storia delle ronde continue non attaccava più già da un pezzo, quindi… >. Spiegò Xander, e Willow terminò per lui.

 

< Una sera ti abbiamo seguita! >.

 

< Mi avete seguita!? Ma siete impazziti? E la privacy? >.

 

< Quella l’hai avuta: non ti sei mai accorta di noi! >. Ribatté Xander.

 

< Mai? Quante volte mi avete seguita, scusate? E chi? Voi due e chi altro? >.

 

< Ehm… la prima volta solo noi due e Kennedy con Giles, poi una sera ci ha beccati Dawn e… è venuta con noi! >.

 

< Una sera? >.

 

< Sì, be’ al vostro terzo appuntamento, credo! >. Disse Willow, finendo il suo aperitivo e versandosi il secondo bicchiere. Buffy la guardò di sbiego.

 

< Fatemi capire, tutti e due: sapevate di Tomas e non avete mai detto niente e… mi avete pedinata, è così? >.

 

< Si, è così! >. Ammisero insieme, la strega e il carpentiere.

 

< Lo sapete, vero, che me la pagherete, prima o poi? >.

 

< Per quanto mi riguarda… niente minacce o spiattello un paio di tuoi segretucci a tua sorella e a Giles! >. Ribatté Willow.

 

< Arpia, ricattatrice! >.

 

< No, strega! >. Disse la rossa, sogghignando soddisfatta di sé.

 

< Per quanto mi riguarda… niente minacce o dopo che Tomas mi avrà conosciuto… la vostra relazione avrà più o meno altri trenta secondi! >. Disse Xander, serafico.

 

Buffy guardò in cagnesco entrambi i suoi interlocutori. Cavolo: viveva con un branco di iene invece che con degli amici. Per di più, iene che giocavano a fare Sherlock Holmes con la sua vita privata. Sospirò rassegnata, sapendo che tanto né loro né Dawn erano ostacoli ragirabili. L’unico ragionevole, lì dentro, era Giles… forse.

 

< E va bene! Allora, ricominciamo daccapo: domani sera viene a cena Tomas. Trattatelo bene, non mettetelo in imbarazzo in alcun modo e soprattutto… niente storie di caccia a demoni, vampiri, licantropi e roba simile e… Will: niente magia di nessun genere, chiaro? >.

 

< Non uso più la magia per cose futili, lo sai! >. Ribatté la strega, un po’ piccata dalla raccomandazione della sua amica.

 

< Non parlerò di niente di sovrannaturale, a parte la tua incapacità completa a cucinare qualcosa che poi sia commestibile! >. Promise Xander, facendosi una croce sul cuore e poi baciando le dita incrociate per suggellare il suo giuramento.

 

< Parlando di cose più serie… >. Iniziò Buffy, dopo un attimo. Ma il cellulare di Xander iniziò a trillare e il ragazzo rispose per poi spostarsi in veranda a parlare: era sicuramente per lavoro. Probabilmente era Steve. Subito dopo che il carpentiere uscì, Buffy tornò a guardare la sua amica e riprese.

 

< Dicevo… parlando di cose serie… com’è andata ieri con Kennedy? Avete passato una buona serata?... Ho chiesto a Xan della fede che ti ho visto stamattina al dito, ma lui mi ha detto di parlarne direttamente con te! >. Esclamò la Cacciatrice , tornando seria e alzandosi dalla sedia per riprendere a cucinare. Willow si ammutolì per alcuni istanti e l’altra credette che l’amica avesse deciso di non toccare con lei quell’argomento, per il momento. Invece, poi Will trafficò un po’ con le mani e alla fine mise l’anello che si era appena tolta dall’anulare sul bancone di cucina, lasciando che ciondolasse un po’ prima di posarsi sul ripiano. L’aveva quasi lanciato, seppure non in modo sprezzante. Buffy si pulì le mani con un panno da cucina e poi lo prese osservandolo esternamente, senza capire esattamente cosa turbasse tanto la sua amica.

 

<Be’… è semplice nelle incisioni di ricamo, ma molto carino. A me piace!... A te no?>. Chiese, continuando a osservare i delicati ricami incisi a mano dall’orefice. Willow annuì:<Sì, ma non è questo il punto, temo!>. Rispose. Buffy continuò ad osservare il piccolo cerchietto d’oro bianco senza trovare in esso nulla di così conturbante. Dopo un attimo sospirò e lo riposò sul bancone, allungandolo verso l’amica per farglielo rimettere al dito:<Will… dopo due anni… è normale che Kennedy abbia voluto… fare questo passo! In qualche modo ha voluto suggellare il vostro rapporto con queste fedi e io non ci trovo proprio niente di strano, sinceramente!>. Disse tranquilla, riprendendo a tagliuzzare i peperoni maneggiando il coltello con una certa destrezza. L’unica cosa che sapeva davvero fare in cucina. Willow alzò gli occhi al cielo e sbuffò stizzita, pensando che la sua amica a volte era esasperante per quanto era poco attenta ai particolari.

 

<Che c’è, che ho detto?>. Chiese Buffy, quasi scandalizzata da quella reazione. Willow prese l’anello e lo spinse nuovamente verso la Cacciatrice :<Guarda meglio, accidenti! Leggi cosa c’è inciso dentro. Quello è il problema!>. Esclamò, un po’ seccata. Buffy posò il coltello e riprese l’anello per osservarlo ancora meglio. Dopo pochi secondi esclamò:<Ah, ecco!... Non l’avevo letto!>. Si giustificò, un po’ imbarazzata. Poi Will le tolse il piccolo gioiello dalle mani e se lo rimise all’anulare sinistro sospirando.

 

<Io… già l’anello è… è… impegnativo!... Ma quella scritta… a lei ovviamente non ho detto nulla: non potrei farlo senza offenderla e ferirla è l’ultima cosa che voglio però… dico io, cavolo: tra tutte le cose che doveva andare a… a riesumare per… per fare la romantica, proprio qualche pagina bruciacchiata del mio diario doveva andare a pescare?>. La rossa non lo disse con cattiveria, né con risentimento verso la sua ragazza. Era più che altro irritazione verso sé stessa per non aver inabissato meglio negli scatoloni quello che restava del suo diario e verso il Destino che sembrava decisamente non volerle mai far scordare che c’era stato un tempo più sereno in cui una ragazza dai capelli biondi l’amava alla follia e si lasciava amare da lei nello stesso completo modo. Quella ragazza ora non c’era più, ma i sentimenti che aveva provato per lei erano più vivi che mai, anche se ovattati dalla vita di tutti i giorni, dalla vita che continua e dal tempo che scorre e che ha la capacità di lenire un po’ il dolore della perdita e dell’assenza, anche se non lo fa mai scomparire completamente.

 

Buffy sorrise bonariamente:<Will… due anni di relazione sono impegnativi comunque, anello o non anello, non credi?>. L’altra annuì sospirando ancora:<Sì, sì, lo so!... E io… amo Kennedy, sto bene con lei e… voglio dire, abitiamo insieme: non è certo un anello a mettermi in crisi!... E’ solo quella scritta… cerco di non leggerla, di non pensarci, ma poi non faccio altro che sfilarmi l’anello, girarmelo e rigirarmelo fra le dita e l’occhio sempre lì mi cade e ogni volta… Dio! Ho paura che Kennedy se ne accorga, si accorga che c’è qualcosa che non va e… non saprei proprio cosa dirle se me lo chiedesse!>. Buffy rifletté qualche secondo. Da fuori, il rumore di un rombo di motore avvisò le due che Kennedy era appena arrivata in sella alla sua moto. La conversazione doveva necessariamente finire lì.

 

<Spera solo che non se ne accorga, allora o… non credo che la spiegazione le farebbe piacere!>. Terminò Buffy, riprendendo le sue faccende culinarie. Willow lanciò un’occhiata triste all’amica perché sapeva che era vero quello che aveva appena detto. Poi, rapidamente, riprese in mano le proprie cose e schizzò in camera sua: avrebbe fatto una doccia alla fine della quale la sua espressione corrucciata si sarebbe dovuta nascondere dietro a un bel sorriso e a tante coccole per la sua dolcissima ragazza.

 

 

 

 

 

            Malvius entrò nel mausoleo e richiuse la porta alle sue spalle. Il suo Maestro, Kaine, era seduto sulla sua poltrona e fissava il fuoco come fosse stato uno spettacolo mai visto prima. Gli capitava spesso di trovarlo così e ogni volta si chiedeva per quale diavolo di motivo quelle fiamme gli piacessero tanto: non lo scaldavano di certo, visto che era un vampiro e in secoli di vita il fuoco di un camino non era assolutamente una novità. Eppure a Kaine piaceva. Tutto il clan era arrivato lì già da una settimana, contemporaneamente, purtroppo, al clan di Habel: il loro più acerrimo nemico. E non c’era bisogno di fare domande in giro perché sia Kaine che Malvius sapevano esattamente perché anche Habel si trovava a San Francisco assieme al suo clan di stramaledetti idioti: cercava anche lui il talismano di Soid. Ma Malvius era più che convinto che il suo Maestro non avrebbe mai permesso ad Habel di mettere le mani su quel preziosissimo oggetto sacro. Lo cercavano da tanto tempo, troppo. E finché avevano dovuto eseguire gli ordini di Kakistos, avevano praticamente avuto sempre le mani legate, costretti a collaborare tutti insieme solo per non suscitare le ire dell’antico Maestro vampiro dagli arti simili a zamponi di maiale. Ma ormai erano anni che le cose erano cambiate e Malvius stesso, a volte, temeva che non fosse successo in meglio.

 

<Kaine… è quasi il tramonto. Presto i tuoi uomini ricominceranno le ricerche. Hai disposizioni particolari? Derek sta praticamente brancolando nel buio…>. Disse Malvius, senza alzare troppo la voce, come se temesse di disturbare il suo Sire. Kaine non mosse un muscolo per alcuni istanti, poi si voltò con la testa e fissò il suo luogotenente albino negli occhi chiari, più chiari dei suoi…

 

<Derek si muove come fosse una lumaca e non penso che la cosa sia casuale… non merita fiducia. Ma è un ottimo ricercatore e dobbiamo attenerci a lui per trovare ciò che cerchiamo. Tuttavia… stasera uscirò anch’io e verrai anche tu. Proseguiremo le ricerche e intanto faremo un giro per conoscere meglio la città. So che qui ci sono almeno due Cacciatrici e… la cosa non mi piace affatto!>.

 

< Lo penso anch’io, Kaine. Le Cacciatrici sono solo guai! >.

 

< E che si fa con i guai, Malvius? >.

 

< Li si evitano o… li si eliminano! >.

 

Negli occhi di Kaine passò un lampo e un mezzo sorriso gli curvò le labbra,

 

< Giusto, amico mio. Giusto! >.

 

CAPITOLO SESTO: CAINO E ABELE 

 

            La serata andò meglio del previsto e Buffy poté cominciare a rilassarsi appena un’ora dopo l’arrivo di Tomas in casa perché né Xander, né Dawn né nessun altro dei suoi amici diede il via al loto gioco preferito: tutti contro uno. Anche l’amica di Kennedy, Alice, si dimostrò una persona allegra e simpatica e il trovarsi circondata da quel gruppo di persone tanto chiassose non sembrò affatto disturbarla. Alice sapeva di Will e Kennedy e nemmeno questo sembrava metterla a disagio anche se Buffy, osservandola, sospettò che ciò avvenisse perché la bionda collega di Kenny avesse altro a cui pensare: qualcosa del tipo squadrare di continuo il giovane carpentiere muscolo che sembrava divertirsi da morire con Tomas.

 

La cena finì prima di quanto la stessa Willow avesse preventivato quel pomeriggio, parlando al telefono con la sua ragazza: il bel dottore l’indomani avrebbe preso servizio in ospedale alle sette in punto, mentre Alice aveva un appuntamento col caporeparto verso le otto e un quarto per consegnargli un lavoro sul quale ci aveva sprecato gli ultimi due mesi e prima di andare a letto, quella sera, voleva dare un’ultima occhiata al programma. Così poco più tardi delle dieci e mezza casa Summers/Rosemberg si svuotò dei suoi ospiti e Buffy propose di andare di ronda tutti insieme, visto che erano almeno un paio di settimane che non lo facevano. Solo Giles e Dawn rifiutarono la cosa: l’Osservatore perché troppo stanco, visto che i suoi impegni di lavoro lo avevano fatto svegliare all’alba quel giorno. La più giovane delle Summers, invece, l’indomani aveva un compito in classe alla prima ora e non aveva nessuna intenzione di presentarsi in aula intontita di sonno per aver fatto le ore piccole.

 

Così solo il resto del gruppo si preparò rapidamente indossando jeans e maglietta e prendendo qualche arma che poteva sempre tornare utile, poi uscì prendendo come mezzo di trasporto unico l’auto di Xander.

 

Buffy non aveva bene in mente dove andare a fare il giro di ricognizione alla ricerca dei cattivi, quella sera. E Kennedy non le fu molto d’aiuto: durante la cena era stata più allegra del solito, ma ora sembrava come persa in un’altra dimensione che prevedeva solo l’esistenza della sua dolcissima ragazza. Tanto che la Cacciatrice bionda si domandò se la sua collega più giovane non avesse scambiato quel giro notturno per una passeggiata romantica, anziché per una ricerca di qualche nemico. Willow, invece, era diventata silenziosa e riceveva le attenzioni della sua ragazza con docile passività, continuando a guardarsi in giro alla ricerca di chissà cosa… ma non certo di un nemico. Comunque, le strade del Sunset sembravano essere piene solo di gente ubriaca appena uscita da pub o di gente comune in coda per entrare in un qualche locale dove servono superalcolici e fanno musica spacca timpani. Niente demoni in giro, quella sera. Niente vampiri in cerca di guai. O almeno così fu per più di un’ora. Poi, proprio mentre Buffy lamentandosi di aver fatto un giro a vuoto stava proponendo di andarsene a dormire, delle grida di più persone attirarono la loro attenzione e  il gruppo iniziò a correre verso una strada un po’ più isolata delle altre dalle quale un drappello di persone stava fuggendo a gambe levate inseguite da altri… ovviamente si trattava di prede che fuggivano da vampiri.

 

<Buffy, se ti azzardi un’altra volta a lamentarti per non aver trovato guai, giuro che ti uccido con le mie mani!>. Disse Xander, tirando fuori il suo coltello da caccia dalla tascona lungo la coscia dei pantaloni. Davanti a loro c’era una scena di panico: persone che fuggivano dalla porta di servizio di un locale notturno e vampiri che le rincorrevano aggredendole con un’aggressività raramente vista. Buffy osservò il tutto, calcolando rapidamente il numero di nemici e la loro possibile spartizione: almeno dieci per lei, un paio per Xander, cinque o sei per Willow che sembrava abbastanza in forma e almeno un’altra decina per Kennedy… ottimo! Ne rimanevano scoperti solo un’altra decina: le probabilità di farsi ammazzare non erano poi così alte, si disse la giovane.

 

<Ok… è arrivato il momento di movimentare la serata! Tutti pronti?... Andiamo, allora!>. Disse, dopo un attimo, afferrando più saldamente il proprio paletto. Pochi secondi dopo i quattro ragazzi si lanciarono sulla folla di gente come a volersi gettare a capofitto in una rissa da bar. Solo che quella non era una comune rissa e i bersagli da colpire non erano tutti uguali: dovevano distinguere vittime e assalitori.

 

Xander iniziò a scazzottrsi con un vampiro poco più basso di lui ma dall’aspetto robusto. Willow farfugliò un incantesimo su se stessa in modo da essere più forte fisicamente e subito dopo cominciò a tagliare le teste dei vampiri che le capitavano a tiro con l’ascia che si era portata dietro. Kennedy e Buffy, lottando accoppiate come fosse un gioco di squadra, attirarono su di loro l’attenzione di parecchi dei non morti che, sorpresi da quell’intrusione inaspettata, erano rimasti senza le loro prede fra le mani.

 

Ad un tratto Xander venne sbattuto a terra e stava per essere colpito da una spranga d’acciaio quando Willow intervenne con una sfera magica e diede letteralmente fuoco al vampiro aggressore del suo amico.

 

<Grazie, Will, ma… vedi di non usare troppa magia tutta insieme, ok?>. Le disse il ragazzo, rialzandosi da terra. La rossa lo fissò per un momento perplessa, poi capì che doveva scegliere: incantesimi su di sé o sui nemici, non su entrambi. Xander aveva ragione. Fece i suoi calcoli, dunque e pensò che l’incantesimo dell’aumento della forza, di lì a poco, l’avrebbe lasciata sfiancata perché il suo fisico non era sufficientemente allenato e robusto da sopportarlo a lungo. Mentre le sfere di fuoco… quelle erano abbastanza efficaci e lo sforzo era minimo. Decise, dunque:<Normale ero e normale torno!>. Disse, rivolgendo le mani verso sé stessa, toccandosi il petto. Un attimo dopo riprese a lottare, scagliando più palle infuocate che poté sotto lo sguardo soddisfatto dell’amico d’infanzia.

 

Intanto Kennedy e Buffy non se la stavano passando meglio di Xander: il numero di nemici che le stava attaccando e che usciva di continuo da quella dannata porta del locale era impressionante. Per due vampiri polverizzati, ce n’erano almeno altri quattro che ne spuntavano fuori.

 

<Ma che diavolo c’è lì dentro, un intero clan?>. Commentò Kennedy, acida, mentre continuava a scagliare colpi quasi alla cieca. Tanto ormai dove menava, colpiva bene. Buffy le lanciò un’occhiata rapida e sorrise sarcastica:<Mi sa che hai indovinato, Kenny!>. Le disse, di rimando.

 

E la situazione stava peggiorando a vista d’occhio, oltre al fatto che, attorno a loro, alcune persone cadevano prive di sensi o morte: umani che avevano fatto da pasto.

 

<Willow!... Inventati qualcosa: sono troppi e noi non siamo attrezzati!>. Disse Buffy, ad un tratto, dopo aver polverizzato l’ennesimo demone. Willow non smise di combattere, ma la ricambiò con un’occhiata preoccupata: era vero che la situazione stava diventando più schifosa del previsto, ma non voleva utilizzare magia d’alto livello.

 

Poi alla Strega Rossa venne in mente l’immagine di una chiesa che avevano visto andando lì e si fece venire un’idea… Con pochi gesti fece terra bruciata intorno a sé in modo da procurarsi uno scudo che l’avrebbe protetta per qualche secondo. Poi chiuse gli occhi e pronunciò alcune parole in latino, parole che Kennedy non capì ma che quasi le parvero una preghiera.

 

Dopo pochi istanti, dal nulla, sopra le loro teste apparve un mascone di marmo lucido e scuro, dai bordi rifiniti e con delle incisioni dorate che sembravano essere scritture di una certa epoca.

 

<Attenti, ragazzi, preparatevi!>. Gridò la strega ai propri amici. E un istante dopo il mascone di marmo si dissolse lasciando cadere sulle loro teste e su quelle dei vampiri il proprio contenuto. Xander boccheggiò tentando di respirare e lo stesso fecero le due Cacciatrici, decisamente prese alla sprovvista da… da tutta quell’acqua piovuta dal nulla.

 

<Ma che cavolo…?>. Commentò Xander, scivolando a terra malamente.

 

<Willow!>. Sbraitò Kennedy, cercando di riprendere a respirare e togliendosi i capelli grondanti dal viso.

 

Loro quattro erano indubbiamente zuppi fino al midollo, ma i nemici attorno a loro iniziarono a fumare fino a prendere fuoco e a dissolversi uno dopo l’altro in cenere.

 

Pochi minuti dopo, a parte la musica martellante e grida lontane, non c’erano altri rumori a riempire l’aria del vicolo.

 

Buffy si diede una sistemata e aiutò Xander a rialzarsi, mentre Kennedy ancora si stava strizzando i capelli lunghi e pregni d’acqua.

 

<Era proprio necessario questo casino? Ma che hai fatto?>. Chiese Xander, irritato e dolorante. Cadendo aveva dato una bella botta col sedere sull’asfalto duro. Willow fece spallucce, rendendosi conto che persino la sua ragazza era rimasta  contrariata da quella trovata.

 

<Ehm… mi avete chiesto voi di fare qualcosa… ho teletrasporatato qui il mascone dei battesimi della chiesa che abbiamo visto venendo da questa parte!>. Si giustificò la giovane, mentre anche lei si tirava indietro i capelli, strizzandoli un po’ e legandoseli per stare più comoda. Era fradicia anche lei, ma infondo non le importava.

 

< Ah, io ti chiedo di darci una mano e tu tenti di affogarci con l’acqua? >. Chiese Buffy, sarcastica, guardando i propri vestiti rovinati.

 

< Era acqua Santa e l’effetto che volevo lo ha avuto, quindi… Ragazzi, scusate se vi ho bagnati, ma in questo modo ci siamo liberati dei nemici e io non ho usato magia d’alto livello, ok? Accontentatevi! >. Esclamò la rossa, seccata dall’atteggiamento dei suoi amici. Era una strega: faceva magie, mica miracoli. Buffy annuì e si stampò sul viso un bel sorriso divertito:<Ok, Will, hai ragione. Grazie!... Ma ora… non abbiamo finito, dobbiamo rincorrere i vampiri che sono entrati nel locale per sfuggire all’acqua Santa e che, come potete sentire dalle grida, stanno continuando a fare danni!>. Disse la Cacciatrice bionda, indicando la porta d’ingresso del Night Club. I quattro si mossero in quella direzione.

 

<Ehi, Will… basta per stasera con le docce, ok?>. Si raccomandò Xander, prima d’entrare. L’altra annuì ma non promise… non era proprio il caso, vista la situazione e i possibili risvolti.

 

Il locale all’interno era immerso nella confusione. Buffy e gli altri, entrando, si erano aspettati qualcosa di molto simile ad una scena apocalittica. Invece non fu così perché indubbiamente infondo all’enorme sala c’erano i vampiri fuggitivi che stavano facendo ancora danni, ma le grida che avevano sentito fino a quel momento erano di persone scatenate che si stavano divertendo semplicemente a ballare e a gridare come ossessi.

 

<Ah, è così che ci si diverte, ora? Al Bronze questo casino non c’è mai stato!>. Commentò Buffy, stupita della scena che le si stava presentando davanti agli occhi. Xander fece spallucce:<Sai, amica mia, comincio a credere che noi tutti lavoriamo troppo perché è da un secolo che non mettevamo piede in una discoteca… e questo è il risultato: stupore nel guardare giovani che si divertono!>. Disse il giovane. I quattro si lanciarono occhiate eloquenti, poi entrarono definitivamente, mischiandosi prudentemente alla folla. Armi e paletti in mano.

 

<Ehm… Will, butta l’ascia: non credo passerebbe inosservata!>. Disse Kennedy, alla sua ragazza. Will guardò l’ascia che teneva ancora stretta in mano e con un gesto la buttò via, fuori dalla porta del locale: non le sarebbe servita lì dentro.

 

La gente attorno a loro si muoveva come fosse stata posseduta e la musica rimbombava ovunque entrando nel cervello passando per i loro delicati timpani. Kenny si coprì le orecchie con le mani, imitata da Buffy; mentre gli altri due, per quanto infastiditi dal chiasso, non sembravano risentire di quel rimbombo ossessivo più di tanto.

 

<Aumentiamo il passo, dobbiamo raggiungere quei farabutti!!!>. Gridò Buffy a Xander, che rimandò il messaggio alle altre due e i quattro quasi cominciarono a correre facendosi largo a fatica fra la folla scatenata. Willow venne colpita un paio di volte da dei tizi che ballavano scompostamente e Kennedy, istintivamente, la strinse a sé per darle un po’ di protezione. Tanto erano quasi arrivate alla seconda uscita.

 

E infatti… dieci minuti dopo erano fuori, con la confusione alle spalle e qualche nemico che le aveva seguite e che fece una brutta fine in un attimo.

 

<Tutto qui il pericolo? Credevo peggio!>. Commentò Buffy, annoiata.

 

Un attimo dopo lei e gli altri furono circondati da una ventina di vampiri armati di mazze e catene.

 

<Buffy… stasera è meglio che non parli!>. Commentò Xander, serio, tirando nuovamente fuori il suo coltello. I quattro si misero in posizione di difesa, pronti ancora a combattere, consapevoli che non sarebbe stato semplice uscire dai guai, stavolta.

 

Ma i vampiri non si mossero: rimasero lì, immobili, in cerchio, come ad aspettare qualcosa. Poi fra loro si aprì un varco e spuntò fuori uno di loro, più alto e robusto, biondo, coi capelli semilunghi che gli incorniciavano il viso… un viso d’angelo abbellito da due occhi azzurri profondissimi, messi in risalto dalle sopracciglia un po’ più scure dei capelli.

 

<Ci rivediamo, Cacciatrice!>. Disse, con voce profonda. Buffy lo osservò accuratamente dalla testa ai piedi, cercando di ricordare dove l’aveva visto prima. Ma niente. Non le sovvenne in mente niente.

 

<Non ti ricordi di me?>. Le domandò il vampiro, tranquillo.

 

<A parte il fatto che sei un succiasangue… ti assicuro che se ci fossimo già incontrati, mi ricorderei di te: non sei un tizio che passa inosservato!>. Disse la giovane, sarcastica. E non aveva mentito: se quel tizio fosse stato un umano, sicuramente gli avrebbe sbavato dietro, tanto era affascinante. <Pensavo fossi una persona più attenta, Cacciatrice!... Sono Kaine, del clan di Kakistos. Te lo ricordi il mio vecchio maestro?>.

 

In un momento Buffy rivisse l’incontro con Faith e i guai che si era portata dietro… Kakistos: il vampiro vecchio quanto il mondo, obeso, enorme, con le mani a forma di zoccoli di maiale…

 

< Ah, ma certo che me lo ricordo! Lo ha impalato Faith col mio aiuto!... E tu non sei morto? >.

 

< Direi di no!... Ma tu stai per farlo, stavolta… anche se ammetto di essere sorpreso di vederti qui: pensavo fossi morta nel crollo di Sunnidayle! >.

 

< Spiacente, mi sono salvata! >.

 

< Finora…! >. Esclamò Kaine, con lo stesso tono tranquillo avuto fino a quel momento. Poi alzò una mano e tutti i vampiri dietro di lui iniziarono a muoversi minacciosi verso Buffy e i suoi.

 

Cavolo, pensò Xander, stavolta erano davvero nella merda più nera!

 

< Fermi, non toccateli! >. Esclamò una voce imperativa, alle loro spalle. I vampiri si bloccarono e un altro gruppo di gente arrivò sul posto. Davanti a tutti, un tizio simile del tutto a Kaine, ma coi capelli neri come la pece a sottolineare la differenza fra loro.

 

Kaine lo fissò e tramutò il suo viso in quello del demone, mostrando i denti:<Che ci fai qui, Habel?... Che vuoi? E come osi intrometterti?>. Gli ringhiò contro, irritato. Il giovane che corrispondeva al nome di Habel lo fissò freddo, senza scomporsi minimamente.

 

<La lascerai andare, Kaine e lo farai perché altrimenti in men che non si dica a San Francisco ci ritroveremo talmente tante Cacciatrici da venir sterminati tutti in una sola notte!>. Disse Habel, sicuro di sé. Non ammetteva repliche.

 

<Scordatelo! Ha ucciso il nostro Maestro e ucciderà noi alla prima occasione!>. Ribatté Kaine. Habel lanciò un’occhiata a Buffy e lei si sentì invasa da quegli occhi tanto belli e tanto freddi.

 

<E Kakistos ha sterminato troppi umani tutti insieme… non aveva il senso della misura!>. Disse, senza smettere di guardare la Cacciatrice.

 

<Sei un traditore!>. Lo accusò Kaine, parandoglisi davanti. Habel sorrise sarcastico, freddo come il suo sguardo.

 

< E tu vieni a dire a me una cosa simile?... Ah, sei più stupido di quanto non credessi!... ti ripeto, fratello: li lascerai andare, stavolta, o il mio clan assalirà il tuo! >.

 

Kaine si guardò attorno: i vampiri presenti erano quasi tutti quelli fedeli a suo fratello. I suoi saranno stati una ventina al massimo, quelli di Habel erano almeno il doppio. Per quella volta aveva vinto lui, ma prima o poi lo avrebbe incenerito quel presuntuoso bastardo. Il suo viso tornò quello angelico di prima e i suoi occhi si puntarono maligni su Buffy:<Vattene, Cacciatrice!... Ma ci rincontreremo e nessuno ti salverà da me!>.

 

Buffy non ci pensò su più di un attimo e fece cenno ai suoi amici di svignarsela da lì: per quella sera la ronda era finita.

 

Prima di andare, Buffy si fermò a guardare Habel per un momento e notò quanto fosse somigliante all’altro vampiro, quello di nome Kane. Da vivi, dovevano davvero essere stati fratelli. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, domandargli… ma non lo fece: mandò via Xande, Willow e Kennedy e li seguì rapidamente, in silenzio.

 

Per quella sera se l’erano vista davvero brutta e rintanarsi in casa non sembrò loro un’idea così vile. Così, i quattro giovani, a passo svelto, se ne tornarono nelle proprie abitazioni. Basta guai per quella notte, ma qualcosa disse nelle loro menti che i guai erano solo appena cominciati.

 

CAPITOLO SETTIMO: LEGGENDE, STORIA E RELIGIONE

 

            Il pomeriggio seguente a quella sfortunata quanto strana notte di caccia, tanto le due Cacciatrici, quanto la strega e il carpentiere fecero in modo di essere di ritorno dal lavoro prima del tramonto. Il signor Giles, vedendoli rincasare tutti più o meno alle sei del pomeriggio mangiò subito la foglia e dichiarò riunione generale aperta per tutta la gang. Mancava solo Dawn, ma quella sera non sarebbe rincasata neppure per cena, quindi tanto valeva non aspettarla comunque.

 

<Allora, ragazzi, mi spiegate cos’è successo?>. Domandò l’Osservatore, sprofondando nella comoda poltrona che sarebbe appartenuta a Buffy. I quattro ragazzi si lanciarono occhiate l’un l’altro: non sapevano bene neppure loro cosa fosse accaduto la notte precedente, figuriamoci se potevano raccontarlo chiaramente a chi non era stato presente. Comunque, dopo alcuni istanti d’esitazione, fu Buffy a prendere la parola e a raccontare a grandi linee gli avvenimenti della sera precedente. Quando il racconto terminò, Giles sembrava più corrucciato di prima.

 

<Per caso… non avete notato qualche segno particolare… che so, una cicatrice, un tatuaggio o roba simile sui corpi di quei due vampiri che si sono messi a discutere fra loro?>. Chiese alla fine, l’uomo. Kennedy e Xander scossero la testa. Buffy fece spallucce:<Ero troppo impegnata a pensare a un possibile piano per uscire viva da quella situazione!>. Commentò, sarcastica. Willow, invece, sembrò riflettere più a lungo degli altri e alla fine disse:<Il biondo… aveva un tatuaggio su tutto il braccio sinistro. Non ho potuto vedere bene l’immagine perché la sua maglia era a maniche lunghe, ma il tatuaggio finiva sul polso e all’attaccatura tra spalla e collo!>. Tutti la guardarono sorpresi.

 

<Come diavolo hai fatto a notare una cosa del genere, Will? Io non avevo neppure visto la somiglianza sconcertante di cui parla Buffy!>. Esclamò Xander, fissando l’amica come fosse una folle.

 

<Be’, no: la somiglianza era palese, Xander! Solo tu non l’hai notata!... Quei due erano identici, solo il colore degli occhi e delle sopracciglia cambiavano e anche un po’ la carnagione: il moro ce l’aveva più olivastra!>. Disse Kennedy, addentando un sandwich che aveva appena preso dal frigo.

 

<Sì, è vero. Ma Willow sembra averli radiografati!>. Commentò Buffy, sorridendo all’amica per prenderla un po’ in giro. L’altra però non si scompose minimamente e rispose con una semplice smorfia del viso:<Se fossi etero, ti direi che li ho squadrati perché erano davvero due tipi affascinanti, ma… non sono etero. Eppure… ti dico che li ho osservati benissimo perché… erano due vampiri, due maschi, eppure erano dotati comunque di un fascino magnetico!... E quella somiglianza fra loro… impressionante davvero! Poi ho visto il tatuaggio, ma non sono riuscita a scorgerlo sul braccio del moro, quindi non so se sia rilevante!>. Spiegò la rossa, mentre la sua ragazza le si metteva a sedere vicino e intrecciava le dita della propria mano alle sue. Un gesto automatico, che facevano ogni volta che si trovavano vicine. Giles parve riflettere dubbioso, poi si alzò e uscì per andare nella propria casa per tornare poco dopo con un volume piccolissimo e dall’aria estremamente consunta.

 

<E quello da dove lo ha riesumato, Giles?>. Domandò Xander, scherzoso, allentandosi la cravatta fin quasi a scioglierla completamente. L’uomo gli lanciò un’occhiata torva, ma non rispose. Si rimise seduto sulla poltrona e iniziò a sfogliare accuratamente le pagine di quello che sembrava un antico opuscolo imbottito. Dopo poco iniziò a leggere:<E fra i due fratelli ci fu una lite tremenda che si concluse con l’uccisione del fratello più piccolo, Abele. E per Caino fu l’inizio della dannazione eterna…>.

 

Quando smise di leggere quelle righe, alzò nuovamente lo sguardo verso i suoi ragazzi e trovò occhi incuriositi e confusi a scrutarlo come fosse stato un pazzo che aveva appena iniziato a vaneggiare.

 

<Che c’è?>. Domandò, sentendosi osservato. I ragazzi si guardarono, poi Buffy si schiarì la voce:<Ehm… ci spiega che cosa c’entra la Bibbia con… due vampiri quasi identici che facevano parte del clan di Kakistos? No, perché io non ci sono arrivata, ma credo nessuno in questa stanza l’abbia fatto!>. Disse la giovane, guardando il suo mentore un po’ preoccupata. Giles sollevò un sopracciglio:<Ma questa non è la Bibbia !>. Esclamò, irritato.

 

<E cos’è allora? No, perché… sono Cattolico poco praticante, ma… a catechismo ci hanno parlato di Caino e Abele parlandoci della Bibbia!>. Spiegò Xander, sempre più confuso. Giles sbuffò e si grattò la testa:<Effettivamente… questo testo non è riconosciuto dalla Chiesa e, a dirla tutta, se qualcuno del Clero sapesse che ne esiste ancora una copia, la verrebbe a cercare per distruggerla. Comunque… diciamo che si tratta di una sorta di Vangelo Apocrifo di un uomo… che era tutto fuorché un santo. Julius Godman. Quest’uomo era un crociato e affermò di aver visto dei geroglifici, dei disegni in realtà, che raccontavano la storia di Caino e Abele così come la conoscono tutti, ma ad un certo punto i disegni raccontano… quella che sembrerebbe un’altra verità. Ovvero: Caino uccide Abele, poi si suicida perché si rende conto di ciò che ha fatto ma… sul posto giunge un potente demone, Kakistos appunto, che si accorge che i due giovani non sono ancora morti, ma solo in fin di vita. Si nutre di loro e li costringe a bere il suo sangue, tramutandoli… nei suoi figli prediletti!>. Dise Giles, tranquillo come se stesse raccontando una favola, anziché un orrore. Willow gli strappò letteralmente il libro dalle mani e iniziò a leggerlo rapidamente, pagina per pagina nonostante il suo latino fosse più che arrugginito.

 

<Per la Dea !... Ma qui c’è scritto anche che uno dei due fratelli è un demone solo in minima parte… facendo due calcoli rapidi, direi… trenta percento demone e settanta percento umano!>. Esclamò Willow, esterrefatta. Giles scosse la testa:<Leggi più attentamente: è un demone che possiede l’aspetto e l’istinto della Bestia ma ha coscienza come un uomo, non è un uomo!>. La corresse Giles, cupo. Willow lesse e rilesse quelle righe e, dovette ammettere, il suo latino era davvero arrugginito: quindi probabilmente Giles aveva letto meglio di lei il senso delle frasi scritte in quelle pagine.

 

<Questo significa che…?>. Chiese Buffy, ancora confusa.

 

<Che ieri notte avete incontrato due dei vampiri più famosi esistenti al Mondo, nonché dei più anziani ancora in… vita, per così dire!>. Spiegò Giles, pulendosi gli occhiali con un fazzoletto di cotone. Kennedy si lasciò sfuggire un fischio:<Cavolo! Questo significa anche che abbiamo rischiato molto più di quanto pensassimo!>. Esclamò, stringendo di più la mano della sua ragazza. Xander annuì, d’accordo con lei.

 

<Ma questo non spiega perché il loro clan è qui, quali sono le loro intenzioni e, soprattutto, perché ci hanno lasciati andare… ammesso che fossero davvero i due di cui parla quel Vangelo Acritico!>. Esclamò Buffy, preoccupata.

 

<Apocrifo!>. La corresse Giles.

 

<Sì, sì, certo!... Lei, Giles, può aiutarci a capire qualcosina di più prima di… infilarci in guai grossi come montagne?>. L’uomo fece spallucce e scosse la testa:<Ragazzi, ieri sera non c’ero. E’ solo un’ipotesi che si tratti di loro, quindi non so bene cosa fare!>.

 

<Però i loro nomi erano, fatalità, Kaine e Habel. Questo lo ricordo bene!>. Esclamò Xander.

 

<Ehm… non è che su quell’ammasso di carta polverosa c’è scritto pure chi dei due è il demone con la coscienza? Sa, per sapere di chi ci dobbiamo sbarazzare prima!>. Intervenne Kennedy, continuando a mangiare. Willow scosse la testa, intendendo che lei non era riuscito a leggerlo.

 

<No, non credo. Ma la logica mi dice anche che… probabilmente si tratta di Abele!>. Affermò Giles, non mettendo troppa enfasi nella voce.

 

< Permanete… in effetti il tizio che chiamavano Habel è anche quello che ci ha salvato la pelle, quindi… >. Disse Buffy, guardandosi le unghie e ripensando alla sera prima.

 

< Vero! Ma negli anni abbiamo imparato che non tutto sembra ciò che è, no? Voglio dire, e se fosse il biondo quello buono? Quel Kaine! >. Replicò Xander, sfiorandosi di continuo la cicatrice sull’occhio. Era un gesto che faceva ripetutamente nei momenti di nervosismo dacché Willow glielo aveva guarito. E in quel momento era molto nervoso.

 

<Be’, al momento non mi sembra la cosa più importante, ragazzi!... Dobbiamo scoprire più che altro con chi abbiamo a che fare nel senso di… che ci fanno qui? E… abbiamo qualche possibilità di farli fuori tutti?>. Disse Buffy, alzandosi e dirigendosi in cucina sotto lo sguardo dei suoi amici:<Sì, sì, va bene, ma… che fai ora?>. Le domandò Xander. Lei si fermò un momento e sorrise:<Io chiamo per la pizza a domicilio e voi… be’, intanto avviate la ricerca: al tramonto mancano almeno un altro paio di ore. Vediamo di sfruttarle, ok? E poi faccio uno squillo a Angel per sentire se sa qualcosa!>. Rispose la Cacciatrice , andando nell’altra stanza.

 

<Tutte le scuse sono buone pur di sentire il bel tenebroso, eh?>. Commentò Kennedy, sorridendo con la sua ragazza.

 

<Guarda che ti ho sentita Kenny: più tardi me la paghi!>. Gridò Buffy, dalla cucina, mentre componeva il numero della pizzeria.

 

Giles e Xander sbuffarono rassegnati: tanto valeva iniziare la solita vecchia prima fase per la risoluzione dei loro “problemi”… ricerca sui libri.

 

 

 

 

 

            Tomas uscì dalla doccia con un asciugamano attorno ai fianchi e i capelli grondanti che tentava di asciugare alla ben’e meglio con un asciugamano più piccolo mentre Buffy, seduta sulla poltrona della sua camera da letto si godeva lo spettacolo di quei muscoli guizzanti e bagnati che risultavano assolutamente sexy. Ma non era quello il momento di lasciarsi andare a piacevoli passatempi del tipo rotolarsi nel letto col bel dottore… era andata a casa sua per dirgli che quella sera non avrebbero potuto vedersi: la scusa ufficiale era che, da brava sorella, doveva aiutare Dawn a finire d’impaginare la sua tesina di geografia economica. Ovviamente, la verità era ben differente: lei e gli altri si erano organizzati per una ronda un po’ più approfondita che aveva lo scopo di scovare o Kaine o Habel o, magari, tutt’e due insieme. Aveva sentito Angel solo due giorni prima, dopo aver tentato per settantadue ore filate di parlargli per telefono senza riuscirci perché, a detta di Cordelia, impegnatissimo in un caso in cui era stato trascinato dalla sua amica poliziotta Lockley. Angel le aveva faxato tutto quello che sapeva su quella “leggenda” perché era così che l’aveva definita lui. Ma d’altronde, per molto tempo, anche Angelus era stato una leggenda tra il popolo dei vampiri, eppure era stato reale più che mai.

 

Comunque, accantonando la faccenda della “leggenda”, sembrava che dopo la morte di Kakistos avvenuta per mano di Faith, i suoi due luogotenenti, di nome Kane e Habel, avessero spezzato in due il clan dell’antico vampiro poiché… be’, a farla breve, le aveva scritto Angel, non andavano d’accordo: avevano decisamente visioni diversi della gestione del clan. C’era stata un’enorme e catastrofica battaglia fra loro e i loro reciproci vampiri che era finita con la polverizzazione di metà di quest’ultimi e la separazione del clan in due altri distinti. A parte questo, Buffy aveva appreso poche altre informazioni utili praticamente a nessuno, oltre al fatto che le cose più interessanti erano tutte scritte in latino a sumero antico, quindi Giles e Willow erano gli unici due elementi del gruppo a poter tentare una qualche traduzione che avesse un senso. Un fatto era che, in quell’ultima settimana, i giornali erano stati pieni zeppi di articoli riguardanti vandali che distruggevano night rinomati e uccidevano giovani malcapitati trucidandoli il più delle volte. Finora erano stati rinvenuti una trentina di cadaveri ed era stata denunciata la scomparsa di altrettante persone miste tra uomini e donne.

 

Tomas si mise a sedere sul letto, incurante che l’asciugamano gli si aprisse un po’ sul davanti e, dopo aver gettato da un lato quello con cui si stava strofinando i capelli, regalò a Buffy uno dei suoi sorrisi più seducenti.

 

<Dunque, signorina, Summers, a cosa devo questa improvvisata, per altro piacevolissima?... Non mi aspettavo che saresti venuta qui!>. Disse il giovane, stiracchiandosi un po’. Era stanco e lo si vedeva. Buffy sapeva che ci sarebbe rimasto male per quella buca colossale che stava per rifilargli perché, probabilmente, il dottore dopo ventiquattrore filate di lavoro avrebbe preferito vedersi con la sua ragazza quella sera. Ma non era davvero possibile.

 

<Be’… perché, non posso venire a trovarti per farti una sorpresa?>. Esclamò Buffy, prendendola molto alla larga. Ma l’altro sorrise e scosse la testa, poi si allungò verso di lei, la prese per un polso e la tirò a sé, facendola sedere sulle proprie gambe ancora umide della doccia.

 

<Certo che puoi venire qui, quando vuoi, lo sai!... Ma considerando che abbiamo appuntamento praticamente da qui ad un paio d’ore… o sono diventato irresistibile a tal punto che proprio non ce l’hai fatta ad aspettare altri centoventi minuti, oppure sei qui per rimandare il nostro appuntamento!>. Le disse Tom, iniziando languidamente a baciarla sul collo. Lei si lasciò andare a quelle effusioni per qualche istante, sorridendo della propria incapacità quasi assoluta a mentire a quell’uomo o a chiunque altro avesse compiuto più di dieci anni. Poi però, con gentilezza, lo fermò e lo fissò negli occhi:<Te lo aspettavi, quindi? Non hai niente da dire?... Ovviamente non è la prima opzione quella giusta!>. Affermò, sussurrando a quel viso incantevole, sbarbato di fresco. Il giovane sorrise annusando un po’ del profumo dei suoi capelli:<Tesoro, ormai è un po’ che stiamo insieme, no? Quindi avrò imparato pur qualcosa su di te e… be’, senza offesa, ma quando fai queste sorprese e sei così affabile e remissiva… normalmente è perché è successo qualcosa a casa o a lavoro per cui dobbiamo rimandare il nostro appuntamento!>. Buffy gli sorrise ancora, confermandogli che aveva ragione. Poi lui proseguì meno rilassato:<Non che questo mi faccia piacere, ovvio!... Ci tenevo a vederti stasera, e magari a passare la notte con te!... Per curiosità, quale catastrofe imminente si sta mettendo fra noi e la nostra serata?>. Le chiese. Buffy si ritrasse un po’: era arrivata la parte più difficile, quella che per certo lo avrebbe mandato in bestia perché sapeva di bugia lontano un miglio.

 

<Ecco… mia sorella domani deve consegnare… la sua tesina di geografia commerciale di fine corso e… be’, si è ridotta all’ultimo momento: se non l’aiuto non la finirà mai!>. Disse la Cacciatrice , assumendo un tono di disperata irritazione. Tomas la guardò per alcuni istanti senza dire nulla, poi le lasciò andare una mano ed esclamò:<Sei seria?>. Il tono duro e secco. Lei annuì lievemente, ma non riuscì a sostenere lo sguardo di lui che dichiarava tutta la sua delusione e la sua irritazione per quella che era, chiaramente, una scusa poco credibile. Stizzito, l’uomo le diede una spintarella e la costrinse ad alzarsi dalle proprie ginocchia, puntellando poi le braccia sul letto e sbuffando stornando i suoi occhi.

 

<Porca miseria, Buffy! Ma non la sai trovare una cazzata migliore? Una scusa più decente di questa?>. Disse brusco, senza alzare il tono della voce. Ecco, ora era davvero arrabbiato.

 

<No, no, aspetta, Tom!... Io… non è una scusa, lo giuro, davvero! Devo aiutare mia sorella: Willow e Giles non possono farlo e io… non avevo previsto questa cosa, ma non volevo certo far saltare il nostro appuntamento!>. Si affrettò a dire Buffy, cercando di dimostrarsi dispiaciuta il più possibile. E lo era, lo era sinceramente. Ma non poteva dirgli la verità, non poteva dirgli: non esiste nessuna tesina ma devo andare a fare una ronda, che occuperà tutta la notte, per cercare due leggendari vampiri, per cui non posso stare con te stasera. Tomas la fulminò con lo sguardo:<E tua sorella, a quasi diciotto anni, non si sa organizzare da sola le proprie faccende scolastiche? Andiamo, Buffy!>.

 

< Non è che non si sappia organizzare, tra l’altro sai che è brava a scuola! Ma… ecco, la ricerca le è costata più tempo del previsto e se domani non consegna la tesina, dovrà frequentare i corsi estivi di recupero! Lo sai che l’anno scolastico è quasi finito, no? >.

 

< Certo che lo so, è per questo che trovo la faccenda tanto assurda: siamo al due maggio, fra meno di dieci giorni cominceranno le vacanze estive e tu mi vieni a dire che Dawn deve ancora consegnare le tesi di fine corso? >.

 

< Be’, è così! >.

 

< Be’, è in ritardo clamoroso! Diglielo quando la vedrai, stasera! >. Esclamò Tom, con più irruenza di quanto lui stesso non avrebbe voluto.

 

Buffy fu infastidita dal tono improvvisamente alto della sua voce, ma si trattenne perché era lei ad essere in clamoroso torto. Chiuse gli occhi un istante e sospirò per calmare quello che era il suo istinto: fargli una sfuriata. Sfuriata che sarebbe stata assurda e ingiustificata, tra l’altro. Quando li riaprì, gli si avvicinò di nuovo e lo abbracciò, lasciando che il viso di lui sprofondasse nel proprio addome piatto e liscio.

 

<Tesoro, non sono venuta qui per litigare con te… ti prego!>. Gli disse, carezzandogli i capelli corti, ancora umidi. Lui sospirò e si alzò in piedi, costringendola a scostarsi. La fissò dritta in quegli occhi verdi che tanto lo avevano affascinato e le carezzò una guancia, ma senza dolcezza.

 

<Senti… lasciamo stare, ok? Ci vediamo dopodomani, vedrò di passare da te in ufficio. Ora… visto che stasera non ho più niente da fare, voglio asciugarmi e mettermi a dormire un po’ se non ti spiace, quindi… credo sia il caso che tu vada, tanto più che Dawn ti aspetta!>. Disse Tom, ora più calmo. Ma era chiaro che stava trattenendo la sua irritazione e che se l’era presa per quella faccenda. Buffy si arrese: non aveva né tempo né voglia di discutere. E poi, ne era certa, doveva solo lasciare il tempo a Tomas di sbollire un po’ della sua irritazione e della sua delusione. Così la ragazza annuì:<Va bene! Ma… perché non domani?>. Chiese. Lui fece spallucce:<Sono di guardia dalle otto di mattina fino alle otto di sera, quindi…>. Buffy annuì ancora.

 

<Ok, allora a dopodomani. Ciao!>. Esclamò Buffy, infine, alzandosi sulle punte e baciandolo lievemente sulla bocca senza che lui concedesse la minima collaborazione. La Cacciatrice lanciò un’ultima dispiaciuta occhiata al suo ragazzo, poi se ne andò in silenzio, ripromettendosi di fare una strage di vampiri quella notte, così, tanto per far scontare a loro quella discussione con Tom.

 

 

 

 

 

            Mentre Buffy era a casa di Tom a spiegargli che quella sera non sarebbero potuti uscire insieme, Willow era seduta all’ombra del salice che lei stessa aveva fatto crescere davanti alle lapidi di Tara, Anya e Joyce. Aveva poggiato la propria giacca e la borsa del lavoro da un lato, si era sfilata i sandali poggiando i piedi sull’erba fresca e ora era completamente immersa nella lettura del materiale che Angel aveva fatto arrivare lì a San Francisco tramite fax… una grande idea, a parte il fatto che lei non conosceva affatto il sumero e che era stata costretta a riprendere i libri di latino per fare una traduzione quanto più fedele possibile. Era già un’ora che leggeva e traduceva e scriveva su un blocchetto cercando di raccapezzarsi, cercando di capire chi era il vero nemico o se, come sospettava lei, sia Kaine che Habel erano da temere. Ogni tanto alzava lo sguardo verso le lapidi e si fermava incantata a guardare il volto della sua ex ragazza ritratto in quella foto che a lei era sempre piaciuta moltissimo, poi dopo qualche minuto riprendeva a lavorare.

 

Al tramonto mancava almeno un’altra ora, ma lei non avrebbe aspettato tanto per andarsene: non era consigliabile, vista la situazione. Così finì gli ultimi tre fogli che si era prefissata di tradurre quel pomeriggio, poi ripose i propri appunti, le matite e il dizionario nella propria borsa, si rimise le scarpe allacciandole accuratamente e si alzò dall’ombra di quell’albero senza nessuna fretta, spazzando via l’erba dai propri pantaloni e notando che in un punto si era formata una bella macchia che non sarebbe andata via così facilmente.

 

<Oh, cacchio!>. Imprecò, continuando a cercare di portare via la chiazza verde. Ma dopo poco si arrese e sospirò, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso ad un ricordo che le riaffiorò improvviso…

 

 

 

<Amore, questo posto è bellissimo!>. Disse Tara, correndo a spalancare le finestre del bungalow che avevano preso in affitto. La loro unica, vera vacanza che si erano potute concedere dopo aver messo da parte centesimo su centesimo. Avevano scelto il lago Michigan per trascorrere sette giorni immerse nella natura, nella pace più completa di un paesaggio da sogno. Sette giorni lontane da Sunnydaile, da demoni e vampiri che volevano farle fuori perché aiutavano la Cacciatrice , lontano dagli assillanti genitori di Willow, lontano dal caos del campus universitario. Willow gettò i propri bagagli ad un lato della stanza e andò ad abbracciare da dietro Tara che era rimasta incantata a guardare il panorama.

 

<Ti amo!>. Le disse, strofinando il proprio naso sul suo collo e poi posandole un lieve bacio sulla spalla nuda. Era agosto, faceva caldo. Il loro abbigliamento era ridotto a canottiere leggere e gonne lunghe, larghe e fresche esattamente come piacevano a loro, dai colori sgargianti tipici dell’estate. Anche se lì l’aria era un po’ più fresca che a Sunnydaile. Tara si voltò e ripose ai suoi baci, dolce e provocante. Poi si scostò improvvisamente e la guardò con quel suo sorriso sbieco:<Se mi vuoi, prendimi!>. Disse. E fuggì via, verso il lago. Will ci aveva messo un attimo a capire il gioco e ora le stava correndo dietro:<Lo sai che sono più veloce di te, e quando ti avrò presa, vedrai…!>. Le gridò dietro, mentre i suoi passi si facevano più rapidi. Arrivatale vicino, la rossa era praticamente saltata addosso all’altra, buttandosi con lei ammezzo all’erba morbida e ruzzolando ridendo assieme a lei felice di poter giocare a quel modo all’aria aperta. Si erano ritrovate vicino all’acqua, una sopra all’altra e ancora ridevano. La caduta era stata attutita del tutto dal terreno soffice.

 

<Cos’è, hai preso spunto dalla caccia ai vampiri?>. Le disse Tara, senza smetterla di ridere. Ed in effetti tutto si era aspettata, fuorché il balzo dell’altra su di lei. Willow l’aveva incastrata col proprio corpo a terra, era a cavalcioni su di lei e le teneva le braccia ferme tenendole i polsi al disopra della testa. La guardava con quel suo sorriso furbo che stava ad indicare che aveva qualcosa in mente.

 

<Non ho imparato solo questo dai vampiri!>. Le rispose, poi le si gettò sul collo a mordicchiarglielo facendole il solletico e facendola contorcere dalle risate e dai piccoli brividi di piacere che le trasmetteva.

 

< Oh, Will… basta, ti supplico…! Basta! >.

 

L’altra le concesse una tregua, ma continuava a guardarla con quel sorriso tipico. Un attimo dopo gli occhi di Willow si addolcirono e stavolta si chinò a baciarla delicatamente sulle labbra, lasciandole le mani libere e lasciando che l’altra rispondesse ai suoi baci. Dopo poco la rossa si scostò lievemente. Aveva il fiato corto e non per la corsa:<Ok… direi… di fermarci qui, o ci arresteranno per atti osceni… in luogo pubblico!>. Disse, sorridendo felice. Poi si era messa a sedere al fianco di Tara e l’aveva aiutata a riacquistare a sua volta la posizione seduta.

 

<Oh, Will! La tua gonna!>. Le disse Tara, dopo pochi istanti, con l’aria improvvisamente dispiaciuta. Willow seguì la direzione del suo sguardo e scorse sulla propria gonna chiara una macchia d’erba e terra che difficilmente se ne sarebbe andata via, anche lavandola col miglior sapone del mondo. La rossa fece spallucce, sorrise alla sua ragazza e le alzò il mento con un dito:<Che te ne importa? Questa gonna l’ho pagata una sciocchezza. Proverò a lavare via la chiazza, ma se non ci riuscissi… pazienza!>. Esclamò, baciandole il naso rapidamente, subito dopo.

 

<Ma questa è una delle tue preferite!>. Ribatté l’altra, ancora rammaricata. Willow finse di pensarci su, poi i suoi occhi scintillarono:<Hai ragione, sai? Be’, allora… dovrai pagarmela in qualche modo…!>. E da lì il gioco era ripreso. Willow aveva preso per mano Tara e l’aveva trascinata fino all’acqua, tuffandosi nel lago assieme a lei, con tutti i vestiti, ignorando le grida di protesta e le minacce di Tara, sapendo che non le avrebbe mai davvero messe in pratica.

 

Era stata una vacanza stupenda… l’unica… l’ultima.

 

 

 

La strega rossa ancora sorrideva al ricordo di quella settimana e di quell’episodio in particolare. Tara aveva strillato per un quarto d’ora filato dopo essere stata gettata in acqua: diceva che era troppo fredda.

 

<Te lo ricordi, amore? Te lo ricordi il lago Michigan?... Anche quella volta mi sono sporcata d’erba! – disse la rossa, parlando con la lapide che di certo non le avrebbe risposto. Poi aggiunse, fra sé e sé – Già, solo che quella gonna non costava trecento dollari e non era di Armani!... Be’, pazienza, tanto ormai…!>.

 

Poi lanciò un’ultima occhiata alle tre lapidi poste una accanto all’altra. Era stata egoista a portarle lì, ma non ne era pentita: sentiva che la vita ora poteva apparirle più facile.

 

Pochi minuti dopo, la ragazza era nella sua auto con la radio accesa e canticchiando guidava verso casa, preparandosi mentalmente alla ronda che Buffy aveva organizzato per quella sera.    

 

CAPITOLO OTTAVO: DISACCORDI E SCONTRI

 

    Willow arrivò a casa che il cielo era ancora tinto delle sfumature rosso-arancio tipiche del sole al tramonto. Ora sarebbe corsa in casa, si sarebbe fatta una rapida doccia, poi sarebbe andata in cucina e avrebbe preparato qualche panino per tutti: niente cena quella sera. Dovevano sfruttare ogni minuto di buio che avevano a disposizione. Parcheggiò l’auto davanti al garage e, con sua sorpresa, vide la moto di Kennedy parcheggiata un po’ in mezzo proprio lì davanti. Erano appena le sei: la sua ragazza era rincasata prima del solito.

 

Will scese dall’auto e prese le proprie cose per poi richiudere lo sportello con noncuranza: nessuno si sarebbe disturbato a rubare quel mezzo bidone. Carrozzeria perfetta. Motore che funzionava per miracolo.

 

Kennedy era seduta sui gradini del portico e stava bevendo una birra in compagnia di Xander, chiacchierando con lui. Non avevano belle facce: sembravano stanchi entrambi e probabilmente lo erano. Avvicinandosi, Will sorrise ad entrambi, ma si chinò a baciare Kennedy che, invece, rimase impassibile, senza neppure guardarla.

 

<Che c’è?>. Le chiese immediatamente, avendo avvertito la sua ostilità silenziosa. Kennedy guardò l’orologio: erano le 18:12.

 

<Oh, Will, non c’è assolutamente niente! Solo… oggi ho finito prima di lavorare e sono passata al tuo ufficio alle cinque e qualcosa… Volevo farti una sorpresa, invece sembra che sia stata io a riceverne una, visto che un tizio, un segretario, credo, mi ha detto che la signorina Rosemberg oggi era andata via prima perché aveva da fare, ma che normalmente comunque non si trattiene oltre le diciassette, soprattutto in quest’ultima settimana!>. Esclamò Kennedy, acida e accusatoria. Non glielo aveva chiesto direttamente, ma voleva sapere dove fosse stata fino a quel momento: era ovvio. E qual era il problema? Glielo avrebbe detto.

 

<Kennedy, io non…>. Iniziò, ma l’altra la interruppe brusca:<Eih, rossa, non invetarmi una balla, ok? Altrimenti mi alzo e me ne vado all’istante!... Dove cavolo vai tutti i pomeriggi, fino alle sei e mezza?>.

 

Willow sbuffò: non aveva intenzione di mentirle… se l’avesse lasciata parlare. Ma quel tono proprio non le piaceva ed era meglio che Kennedy cominciasse a darsi una calmata o sarebbero finite a litigare.

 

< Mi fai parlare? >. Le domandò, seccata.

 

< Siamo tutt’orecchie! Ti ascoltiamo! >. Ribatté Kennedy, sorridendo sarcastica.

 

< Ah, no, ragazze: io sono qui per caso e… visto che non dovrei esserci, vado in casa a frugare nel frigo mentre voi… sistemate le vostre questioni! >. Disse subito Xander, battendo in ritirata ed entrando in casa rapido come un fulmine. Ora erano sole, ma non è che facesse qualche differenza la presenza di Xander.

 

< Dacché Buffy mi ha dato il materiale che Angel l ha inviato da Los Angeles, smonto prima per lavorare su quello! >. Disse Willow, stringendo la presa attorno al manico della propria borsa da lavoro.

 

< Sì, questo me lo avevi detto, ma dove vai a lavorarci su? Cos’è, il tuo ufficio è troppo piccolo o troppo affollato? Lì dentro ci siete solo tu e quell’imbecille del tuo collega, Mik! >.

 

< Merk! >.

 

< Fa lo stesso, sai che non è questo il punto! Allora, rossa? Aspetto una spiegazione! >.

 

< Guarda che non ti ho mentito, semplicemente non ti ho detto che andavo fuori a fare le mie traduzioni! >.

 

< Dove? >.

 

< Al cimitero! >.

 

Kennedy rise e bevve un altro lungo sorso dalla propria bottiglia.

 

< Ci avrei scommesso! >. Commentò acida.

 

< Se lo sapevi con tanta certezza, allora perché me lo hai chiesto? >.

 

< Perché volevo sentirmelo dire da te, ovvio! >.

 

< Non c’è niente da dire: non farne un dramma! >.

 

< Dramma?... No, frena, aspetta un momento, Will, intendiamoci: il dramma non è che vai al cimitero a trovare… i tuoi cari. Il dramma sta nel fatto che passi più tempo lì che qui a casa! >.

 

< E con questo? Per fare queste traduzioni mi serve un posto tranquillo e quello lo è… c’è ombra e c’è vento che rinfresca. Qual è il problema? >.

 

< Il problema, Will, è che ti assicuro che ne avrai di tempo da passare fra lapidi, mausolei, alberi e fiori… ma quando sarai tre metri sotto terra anche tu, non ora! >.

 

< Ma che stai dicendo, sei impazzita? >.

 

< Ah, adesso quella fuori di testa sari io!... Fantastico! Tu passi tutto il tempo libero che hai in un cimitero, fingendo che una lapide possa farti compagnia, e la pazza sarei io? >.

 

< Guarda che non è così che stanno le cose!... Vado lì solo per avere un po’ di tranquillità e per potermi concentrare meglio! >.

 

Kennedy si alzò di scatto e gettò la bottiglia per terra, lontano da loro, mandandola a fracassarsi sul cemento del vialetto d’ingresso alla villa. Poi le lanciò un’occhiata furiosa.

 

< Non dire stronzate, Will!... Tu vai lì per stare vicino a quella stramaledetta lapide! >.

 

Willow fissò l’altra quasi inorridita da quell’esplosione di violenza, a parer suo, ingiustificata. Andava al cimitero per trovare pace e per stare un po’ con Tara e coi ricordi che la riguardavano. Dov’era il problema? A chi faceva male?

 

 

 

Sei una stupida, Willow!... E’ evidente che fai male a Kennedy, la tua ragazza…Si disse, guardando gli occhi lucidi e arrossati dell’altra.

 

 

 

Sospirò e fece sfumare tutta la propria indignazione per l’atteggiamento aggressivo della Cacciatrice mora.

 

< Kenny… io… non intendevo nasconderti nulla, davvero!... Non pensavo ti potesse dar fastidio che mi recassi lì a scartabellare fra i miei appunti… >. Disse, con voce sinceramente dispiaciuta.

 

< Non lo hai pensato? Be’, mi da fastidio! >. Ribatté Kennedy, non scemando neppure di una tacca la propria irritazione e provocando in quel modo la permalosità della strega dai capelli rossi.

 

< Ti sto chiedendo scusa, non hai capito? Che vuoi che faccia per farmi perdonare, che mi fustighi qui davanti a te? Be’, mi spiace ma non ho intenzione di farlo! >.

 

< Ma fa’ come ti pare! >. Disse infine la mora, stanca anche di quella discussione. Poi girò sui tacchi, andò alla propria naked, infilò il casco senza neppure allacciarlo e un attimo dopo aver messo in moto se ne andò via. Odiava discutere con Willow e odiava ancora di più discutere con lei sempre per via… del suo passato, del passato al quale la rossa sembrava essere ancorata con le unghie e coi denti senza neppure rendersene conto. Doveva sbollire la sua rabbia, si disse Kennedy, mentre ingranava la quarta, o avrebbe fatto scoppiare davvero un putiferio per un nonnulla, stavolta.

 

 

 

 

 

            Entrando in casa Willow quasi si scontrò con una Buffy che somigliava più ad uno zombie che ad altro e trovò lo sguardo biasimante di Xander a fissarla come fosse stato il mirino di un cecchino.

 

<Ciao, Will!... Ho sentito che hai appena litigato con Kenny, quindi… non ti chiederò com’è andata oggi, ok?>. Le disse la bionda, sarcastica e stanca. Will la osservò un secondo e pensò che sembrava più pallida del solito.

 

<Già… e a te quanto è andata male?>. Le domandò, di rimando. L’altra sbuffò:<Più male di quanto non pensassi… meno di quanto poteva andarmi! Tirando le somme è stata una noiosissima giornata no come tante altre!>. Rispose la Cacciatrice , andando poi a sprofondare nel divano, mettendosi un braccio sugli occhi e fingendo di essere morta.

 

<Fantastico!>. Commentò Will, iniziando a salire le scale. Ma si sentiva ancora lo sguardo di Xander addosso.

 

<Piantala di fissarmi a quel modo, Alexander Harris!>. Disse piatta, continuando a dirigersi nella propria stanza. Xander sorrise lievemente, ma invece di smettere di fissarla la seguì in camera sua: doveva farle un certo discorsetto…

 

<Fuori di qui, Xander!... Ho pochissimo tempo e voglio farmi una bella doccia, lavarmi i capelli e mettere a lavare i miei indumenti…>

 

< Pieni zeppi di macchie d’erba? >.

 

< Ce n’è una sola! >.

 

< Sì, una sola che tu possa vedere! Guardati allo specchio sul sedere e le cosce! >.

 

Willow aprì l’anta dell’armadio che nascondeva un enorme specchio e nel riflesso capì di cosa stesse parlando Xander: non c’era una sola macchia d’erba, ma tre enormi sul di dietro e almeno altre quattro abbastanza vistose.

 

<Cavolo!... Devo imparare ad indossare i jeans di pomeriggio, o magari abiti scuri!>. Commentò, irritata con se stessa e la propria disattenzione. Richiuse l’armadio e guardò l’amico:<Vabbe’, pazienza: tanto non è che io ci possa fare molto, adesso!... Allora, te ne vai Xander? O devo spogliarmi davanti a te?>. Il giovane sorrise continuando a mangiare il suo panino pieno di schifezze e a bere la sua birra fredda.

 

<Fa’ come ti pare: non c’è niente che io non abbia già visto!... Però io e te dobbiamo fare due chiacchiere!>. Rispose con tono serio. Willow gli lanciò un’occhiataccia torva:<Falla finita, Xander. Non ora: non ho voglia né tempo!>. Xander rimase immobile a fissarla, mentre lei iniziava a spogliarsi ben conscia di avere una biancheria intima sportiva a proteggerla e sopra una canottiera di cotone leggera. Quindi… non aveva di che vergognarsi: era come stare in costume e lei ci stava spesso in costume.

 

<Senti… ok, lascio… per il momento! Ma si tratta solo di un rinvio: presto dovremo affrontare un certo discorso, va bene?>. Disse Xander, sconfitto dall’apparente impassività dell’amica. Will fece una smorfia:<E… di grazia, potrei sapere quale sarebbe il fulcro del discorso che vorresti farmi? Dammi le anticipazioni prima che m’infili sotto l’acqua!>. Xander fece spallucce:<E quale vuoi che sia? Tu, Kennedy e la bella idea che hai avuto riguardante quelle tre lapidi!>.

 

<Non mi sembrava che ti desse fastidio, fino all’altro ieri!>. Esclamò acida. Xander annuì:<E a me non da fastidio, ma… a Kennedy sì: te lo ha detto! Quindi… E poi… dovremmo davvero approfondirlo questo discorso, perché non vorrei che diventassi… tremendamente non obiettiva! Fatti la doccia, ora. A dopo!>. E Xander uscì dalla stanza senza darle il tempo di ribattere o di fulminarlo con un’altra occhiataccia delle sue.

 

 

 

            Ormai era buio e l’aria era più fresca. La gang aveva cenato arrangiandosi con panini di ogni tipo, latte e succo d’arancia. Kennedy era tornata da poco e aveva rifiutato qualunque cosa di commestibile che Xander le avesse offerto. Era ancora arrabbiata, si vedeva, ma sembrava che avesse sbollito parecchio. Chissà dov’era andata? Questo si erano chiesti tutti, soprattutto Willow. Ma nessuno aveva creduto fosse cauto chiederglielo, così ora stavano discutendo della ronda: la riunione era appena cominciata.

 

< Dunque… - disse Giles, sedendosi in poltrona – Novità? >.

 

< A parte il fatto che oggi ho rischiato di farmi lasciare da Tomas… io non ho novità rilevanti da comunicare ! >. Disse Buffy, bevendo tutto d’un fiato il suo caffè freddo all’aroma di vaniglia.

 

< Perché, questa ti sembra una novità rilevante ai fini della ronda, Buffy? >. Chiese Giles, che avrebbe voluto far durare quella riunione il meno possibile per poi avviare le ricerche sul campo.

 

< Direi di sì, Giles perché… se Tom mi lascia perché si sente trascurato, io giuro che appendo il paletto al muro e mi scordi di essere una Cacciatrice… ovviamente solo dopo aver sterminato tutta la popolazione demoniaca di San Francisco… così, giusto per sfogarmi! >. Rispose la bionda. L’Osservatore annuì interdetto e sospirò rassegnato al modo di fare tipico della sua pupilla.

 

< Ok… altre novità più… strettamente attinenti ai due vampiri che avete incontrato o a Kakistos?... Willow? >.

 

La strega sparpagliò i suoi appunti sul tavolo e, dopo essersi seduta comodamente su una sedia, iniziò a riordinare foglio per foglio le sue traduzioni: fino ad allora non ne aveva avuto il tempo. Ci mise pochi secondi, comunque, vista la sua abitudine quasi maniacale di numerare qualunque cosa, soprattutto i fogli delle annotazioni.

 

< Ehm… allora… ho tradotto solo parte della roba che ci ha inviato Angel, però… confermo quello che c’era scritto sul suo vecchio libro, Giles: i due erano umani, erano fratelli, uno ha cercato di uccidere l’altro e poi è arrivato Kakistos a vampirizzarli entrambi… il problema è che non sono ancora arrivata alla parte in cui è specificato chi dei due ha “conservato sensazioni e sentimenti umani”! >. Disse la ragazza.

 

< Quindi praticamente non hai fatto un passo avanti nemmeno di un millimetro! >. Riassunse Xander, sedutole di fronte, all’altro capo del tavolo.

 

< Be’… in quel senso… no! Però in questi scritti c’è riportato chiaramente che entrambi i fratelli, per scelta, rimasero al fianco di Kakistos. Il che mi fa sorgere un dubbio! >. Esclamò Willow, pensierosa.

 

< E sarebbe? >. Le domandò Buffy, curiosa.

 

< Se tutti e due, per scelta, sono rimasti per secoli e secoli con Kakistos, significa che… entrambi si sono comportati da perfetti vampiri succhiasangue quali sono e allora… che fine hanno fatto le sensazioni e i sentimenti umani? >. Osservò la rossa, fissando Giles.

 

< Vero!... Angel ha rischiato d’impazzire appena riavuta l’anima, quando ha preso coscienza delle stragi compiute e… non ha più toccato una goccia di sangue umano! >. Disse Buffy, fin troppo entusiasta di elogiare la giusta decisione presa dal vampiro con l’anima.

 

< Be’, Buffy… io credo che… questa sia una cosa diversa! Voglio dire, né nel mio libro, né nel materiale inviatoci da Los Angeles c’è un qualche riferimento all’anima, almeno per il momento. Poi, magari, continuando a tradurre… troveremo qualcosa. Ma non credo che i due casi siano sovrapponibili! >. Ribatté Giles.

 

< Non si parla di anima ma di coscienza sì. E che ci fa un tizio con la coscienza se non la usa al momento giusto, tipo… prima di sterminare popolazioni e mangiare bambini? >. Esclamò Willow, continuando a spulciare fra i propri appunti.

 

< Questo non significa granché, rossa! Ti ricordo che un sacco di umani, dotati di coscienza e perfino di anima, sono in grado di comportarsi peggio dei demoni! >. Disse Kennedy, fredda come il ghiaccio. Willow la fissò per un momento ed ebbe la netta sensazione che in quella frase, la prima che le rivolgeva dacché era rientrata, ci fosse un non troppo velato riferimento al fatto che lei stessa era stata in grado di uccidere e di fare altre due o tre cose deplorevoli, in passato. Coscienza o non coscienza.

 

La medesima sensazione ce l’ebbero tutti i presenti e Buffy si preparò ad intervenire nel caso in cui Willow avesse deciso improvvisamente di saltare al collo della sua ragazza o magari di lanciarle contro quel bellissimo vaso azzurro in vetro soffiato che le aveva regalato un paziente qualche tempo prima: era giusto alla portata di mano della rossa. Invece, con grande sorpresa di tutti, Willow ignorò l’attacco.

 

< Hai ragione! – disse tranquilla – Ma converrai comunque con me che è un atteggiamento quantomeno strano! >.

 

< Già! – intervenne Xander -… Ehm… Giles, lei ha scoperto qualcosa in più? >. Domandò, per tornare a far concentrare l’attenzione sul caso che stavano discutendo. Giles scosse la testa sconsolato.

 

< Non molto… so solo che Kakistos chiamava uno dei due fratelli “sciagura” e… >

 

< Nel senso di sciagura per il Mondo? >. Chiese Buffy.

 

< No, nel senso di sciagura per lui! >. Rispose l’Osservatore.

 

< Alzi la mano chi non ha capito! >. Commentò la Cacciatrice bionda, sollevando bene in alto tutto il braccio e venendo imitata con meno enfasi anche dai suoi amici.

 

< Se mi fai parlare, Buffy… - disse Giles, un po’ irritato per le continue interruzioni. – Dicevo… uno dei due lo ha soprannominato sciagura nel senso che, a parte il fatto che è temuto dai suoi simili e dagli altri demoni, sembra che egli non si avventasse ben volentieri contro gli umani!... Ecco il perché di quel nomignolo. A parte questo, però, negli ultimi milleseicento anni, sembra che un vampiro solo lo abbia sfidato. Il combattimento è finito pari ma solo perché furono disturbati da una Cacciatrice arrivata inaspettatamente sul posto. Non ci è dato di sapere chi dei due realmente fosse il più forte! >.

 

< E chi è il vampiro in questione, Angelus, forse? >. Chiese Xander, volontariamente strafottente verso Buffy che sapeva essere ancora particolarmente suscettibile riguardo al suo ex.

 

< Cretino! >. Esclamò la bionda, tagliente, facendo una smorfia.

 

< Ragazzi!... No Xander, mi spiace deluderti, ma stavolta sembra che Angelus non c’entri!... Si trattava di … William il sanguinario! >.

 

< Williami il… Spike!... Be’, sempre di un tuo ex si tratta, no? >. Scherzò ancora, Xander, deridendo l’amica. Una pioggia di cuscini lo inondò, lanciati contro di lui in contemporanea sia dalla diretta interessata che dalle altre due ragazze.

 

< Ok, ok, basta! Scherzavo, sto zitto! >. Si arrese ridendo, il giovane.

 

< Ti conviene, Xander, perché la prossima cosa che ti tiro è un posacenere di marmo! >. Lo minacciò Buffy, sorridendo.

 

< Non mi sorprende che Spike abbia fatto una cosa del genere! >. Commentò Willow, ripensando al vampiro biondo che era stato tanto appassionatamente loro nemico quanto loro alleato. Buffy le lanciò un’occhiata, ora meno allegra.

 

< Sì, è vero. Era tipico suo fare… cose stupide! >. Disse la bionda, sospirando.

 

< Già, be’… per fortuna, direi. E’ stato lui ad aiutarci a chiudere definitivamente la Bocca dell’Inferno di Sunnydaile… sacrificandosi! >. Disse Giles, cautamente, per spezzare una lancia a favore del vampiro ossigenato che, nonostante non gli fosse mi piaciuto, doveva ammettere che era stato essenziale per la loro vittoria e per la loro sopravvivenza… facendosi ammazzare.

 

< Be’, comunque, se avessimo la certezza che Spike fosse più forte di quel vampiro soprannominato sciagura, allora saremmo a cavallo: Spike l’ho preso a calci tante e tante di quelle volte che… non sarebbe un problema piallare i sedere anche di quest’altro vampiro gasato! >. Osservò Buffy, tranquilla. Giles annuì.

 

< Sì, è vero. Ma come vi stavo dicendo… non sappiamo chi dei due fosse più forte… A parte questo, non ho trovato nessun riferimento che possa esserci utile a scoprire qualcosa di più su quei due quindi… >. 

 

< Quindi andiamo di ronda e facciamo domande in giro, giusto? >. Chiese Kennedy, alzandosi e sistemandosi la camicia.

 

< Esatto!... Su, andiamo! >. Disse Giles. I ragazzi annuirono e si mossero tutti contemporaneamente andando più che altro a prendere armi di ogni genere. Pure quella sera non si sarebbero certo annoiati.

 

 

 

            Buffy entrò nel Red Bar, una bettola ritrovo per demoni e vampiri che preferiscono musica e bevande con conservanti alle vittime uccise di fresco, guardandosi intorno per vedere se poteva trovare qualche informatore. Billy Bava non c’era ed era un vero peccato, visto che solitamente lui sapeva tutto di tutti. Però c’era Gaws l’orbo ed era… be’, meglio di niente. Xander seguì il suo sguardo e vide l’obiettivo della Cacciatrice.

 

<Stai scherzando?... L’ultima volta ci ha dato quattro piste di cui solo mezza era buona!>. Commentò il ragazzo, divertito. Buffy fece spallucce:<Già, ma… ho scoperto che il problema con Gaws è solo… fargli avere più paura di te che dei tizi che deve tradire per mollare informazioni vere!>. Disse la bionda. Kennedy sorrise:<Ottimo, allora non sarà un problema farlo parlare: stasera mi sento davvero in vena di… terrorizzare qualcuno!>. Disse la ragazza. Giles, Buffy, Xander e Willow la fissarono di sottecchi: nessuno di loro era davvero certo che stesse scherzando. Ma forse, per quella sera, la cosa poteva anche risultare utile. La Scooby dopo un attimo si mosse in direzione di Gaws l’orbo che, appena li vide e li riconobbe, tentò di darsela a gambe intravedendo anche guai. Buffy, però, lo afferrò fulminea trattenendolo per il colletto della giacca.

 

<Ciao, orbo!>. Lo salutò la Cacciatrice bionda. Il demone dalla pelle viscida e grigiastra come quella di un cadavere sorrise forzatamente:<E da quando siamo così in confidenza da darti il diritto di chiamarmi orbo? Per te sono Gaws e pure per tutti voi!>. Disse, cercando di darsi un tono.

 

<Ottimo: sei in vena di chiacchiere, stasera! E allora chiacchieriamo un po’, ma in un posto più tranquillo, ok?>. Disse Buffy. Un attimo dopo, la Cacciatrice trascinò fuori dal locale il demone sotto gli occhi indifferenti degli altri clienti.

 

Giunti in strada, in un angolo appartato, Buffy lasciò andare Gaws sbattendolo addosso al muro.

 

<Ahi!>. Si lamentò il demone, risistemandosi la giacca consunta e lurida. Kennedy e Buffy si scambiarono occhiate d’intesa.

 

< Allora, Gaws, come butta? Funziona bene l’occhio buono? >. Domandò Willow, guardando il demone minacciosamente, mentre Xander e Giles lo circondavano mettendolo con le spalle al muro.

 

< E a te cosa importa, strega? >. Ribatté  il demone.

 

< Te lo chiedo per sapere… se ti dispiacerà tanto quando le Cacciatrici te o avranno cavato! >. Rispose Willow, tagliente.

 

Il demone rise lievemente.

 

< Ah, be’… no, un momento!... Non si può neppure scherzare?... He he… il mio occhio buono funziona benissimo e… che posso fare per… diciamo tenerlo al suo posto nel mio cranio? >.

 

< Benissimo, così cominciamo a capirci! >. Esclamò Giles, mettendo le mani in tasca.

 

< Che cosa sai di due vampiri, due fratelli che si chiamano… Kain e Habel e appartenevano al clan di Kakistos? >. Chiese Buffy.

 

< Kakistos?... Niente, proprio niente! >. Rispose Gaws.

 

Kennedy scattò rapida e gli diede una gomitata sul collo, proprio lì dove c’erano i due pomi d’Adamo del demone. Il demone, dopo aver cozzato violentemente contro il muro alle sue spalle, iniziò a tossire e a tenersi il collo dolorante.

 

< Piano, Kenny! Se lo soffochi non potrà parlare, mentre io sono convinta che voglia farlo, vero, Gaws? >. Disse Buffy, con finta calma.

 

< Già… Cacciatrice!... Vacci piano o… potrei offendermi e magari mi passa… la voglia di parlare!>.

 

< Be’, comincia a parlare, allora. O magari mi passa la voglia di vederti vivo! >. Rispose Kennedy.

 

< Dai, avanti, Gaws. Che sai di quei due vampiri? >.

 

Il demone parve pensarci su un po’, poi alzò le mani in segno di resa.

 

< E va bene, calma, calma!... Hai detto Kain e Habel?... Su di loro non so molto! >.

 

< Davvero? >. Chiese Kennedy, alzando il pugno con l’intenzione di colpirlo ancora.

 

< Eih, aspetta un momento!... Ho-ho detto che non so molto… ma no che non posso informarmi, ok? >. Disse il demone.

 

< Perfetto!... Intanto dicci cosa sai! >. Esclamò Xander.

 

< Io… poco, ve l’ho detto!... So che erano i due luogotenenti di Kakistos, prima che la Cacciatrice Faith lo facesse fuori, a Sunnydaile… so che sono fratelli gemelli anche se non si somigliano molto, o così dicono. E so che sono spietati, che non hanno scrupoli nemmeno a massacrare quelli della loro stessa specie. Sono in città da un paio di settimane, ma non so perché. Si dice in giro che non vadano d’accordo fra loro ma il motivo non l’ho mai sentito dire… non so altro, giuro! >.

 

< Non ci hai detto niente di nuovo, quindi niente che ci convinca a lasciarti l’unico occhio che ti è rimasto! >. Disse Kennedy, facendo qualche passo verso di lui.

 

< Aspetta, e che colpa ne ho io? Te l’avevo detto che non so molto! >.

 

< Kennedy… aspetta!... Sono certo che Gaws entro due giorni ci farà sapere informazioni più interessanti. Vero, Gaws? >. Disse Giles, sorridente.

 

< Due giorni sono pochi!... E poi quei due sono pericolosi! >.

 

< E io sono incazzosa e più pericolosa di due vampiri, chiaro? E insieme a me c’è una strega altrettanto suscettibile e una Cacciatrice che continua il suo allenamento nel far fuori demoni come re come quando era alle prime armi!... Entro lunedì ci farai avere notizie decenti o giuro che mi faccio una cintura con la tua pelle! >. Disse Kennedy, scrocchiandosi le mani.

 

< P-proverò, va bene? >.

 

< Va bene! >. Disse Buffy.

 

< Un’ultima domanda, Gaws… Chi dei due fratelli era soprannominato sciagura? >. Chiese Giles.

 

< N-non lo so!... Ma posso cercare di scoprirlo! >.

 

< Benissimo… orbo!... Ci vediamo lunedì e… fidati: se non ti fai trovare qui, ci vorrà un po’ ma ti troveremo ovunque tu vada! Ah e… acqua in bocca: guai a te se parli con qualcuno di questa chiacchierata, ok? Ciao e buona serata! >. Disse Buffy. Poi il gruppo lasciò che il demone se la svignasse a gambe levate sotto gli occhi di tutti. Giles sbuffò frustrato da quello che era stato praticamente un buco nell’acqua.

 

<E’ una mia impressione o… anche voi pensate che dovremo darci da fare per ritrovare Gaws l’orbo nei prossimi giorni?>. Chiese Xander, stiracchiandosi. Era stato in palestra e ora aveva qualche doloretto qui e lì che gli ricordava quanto poco fosse allenato. Willow annuì guardando nella direzione in cui il demone era fuggito.

 

<Mi sa che hai ragione, Xander!>. Commentò. Per alcuni momenti nessuno parlò e automaticamente si avviarono verso l’auto del carpentiere e la moto di Kennedy coi quali erano andati fin lì. Poi Giles guardò l’orologio: pochi minuti dopo le undici. Era troppo presto per tornarsene a casa. Così l’Osservatore propose di andare a fare un giro al cimitero. Con grande sorpresa di tutti, Buffy fu entusiasta di quell’idea, ma propose di andare solo con Kennedy: infondo erano loro le Cacciatrici e gli altri sembravano stanchi davvero. Willow tentò di protestare, ma Xander se la portò via avendo capito l’antifona: Kennedy era ancora arrabbiata con lei, aveva bisogno di sfogarsi e… be’ era meglio se non lo faceva direttamente con la sua ragazza. Così Buffy e Kennedy, con la moto, andarono a fare una ronda al cimitero; mentre gli altri se ne tornarono a casa a riposare, a leggere durante un bagno rilassante e a lavorare un po’ al computer tanto per conciliare il sonno.

 

 

 

            La notte era calda per essere inizio maggio, ma era anche umida lì fra le lapidi. Kennedy camminava lentamente guardandosi intorno, ma Buffy avrebbe giurato che stava pensando a tutto fuorché a dare la caccia a qualche vampiro o mostro che fosse. Stavano gironzolando fra le lapidi da quasi un quarto d’ora ormai, ma l’altra non aveva quasi proferito parola: continuava a girarsi e rigirarsi nelle mani il suo paletto di legno e a fissare punti indefiniti nell’ambiente circostante.

 

<Che bella serata stellata, vero?>. Disse Buffy, ad un certo punto, per spezzare il silenzio e con esso i pensieri malinconici della sua collega e amica. Ma Kennedy non le rispose. Probabilmente non l’aveva neppure sentita. Così Buffy ripeté la frase e l’altra sobbalzò come fosse stata svegliata d’improvviso.

 

<Cosa? Che hai detto?>. Le domandò, guardandola sperduta e confusa. Aveva solo sentito la voce di Buffy, ma non aveva afferrato il senso delle sue parole. Buffy lo capì e così ripeté per la terza volta:<Ho detto: che bella serata stellata, vero?>. L’altra si fermò e sorrise sarcastica:<Ehi, Buffy che fai, ci stai provando? Guarda che sono fedele, io. Idiota in amore, ma fedelissima!>. Disse Kennedy. Buffy ricambiò il sorriso e la costrinse a riprendere a camminare:<Frena, Kenny! E’ vero che sto sull’orlo di una crisi d’astinenza da sesso, ma ahimè temo di essere eterosessuale e… non credo che tu potresti aiutarmi!>. Le due risero.

 

<Mai dire mai!>. Esclamò Kennedy, ora più rilassata. Buffy fece spallucce. Poi toccò l’argomento che l’altra aveva tentato di sorvolare…

 

<Perché ti sei data dell’idiota in amore?>. Le chiese, fingendo vaghezza. L’altra sorrise ancora, ma stavolta era tutto fuorché divertita.

 

< Perché lo sono!... Non è facile stare con Willow e… a volte… mi viene da chiedere cosa sto aspettando ancora! >.

 

< In che senso? Vuoi… lasciarla? >.

 

< Non lo so… so che morirei senza di lei, ma… non credo che lei morirebbe senza di me e… questo pensiero a volte rischia di farmi impazzire!... Io la amo, l’amo davvero. Non mi pesa vivere con lei, non mi è mai pesato. Invece, a volte, sembra quasi che Will faccia di tutto per rientrare il più tardi possibile a casa e… io temo che sia a causa mia! >.

 

< Oh, Kenny! Ma che diavolo dici? Willow è sempre stata super attiva, fina da ragazzina. Al liceo non si fermava un attimo!... E ora che lavora… be’, magari a volte lo penso anch’io che potrebbe lavorare di meno ed essere più presente in casa, ma non credo che sia una stacanovista in ufficio al puro scopo di evitare te! >.

 

< Credi?... Ok, forse prima. Ma adesso… passa più tempo in questo dannatissimo cimitero che nella nostra stanza e… temo che il mio orgoglio non mi permetta proprio di farmi andare bene la cosa! >.

 

< Gliene hai mai parlato? >.

 

< Che fai, mi prendi in giro? So per certo che oggi pomeriggio ci ha sentito tutto il quartiere discutere e tu eri in casa, quindi che domanda è? >.

 

< Intendevo… hai provato a parlargliene con calma, senza strillare come oggi? Non necessariamente dovete litigare per toccare certi argomenti! >.

 

< Ah, davvero? Be’, quando non mi vede furiosa sembra che non mi veda affatto!... Ho già provato a dirle che ci sono rimasta male nel venire a sapere all’improvviso della sua bella trovata… tss! Far materializzare qui le bare di Tara, Anya e tua madre… roba da pazzi! >.

 

< Sì, ma ti ha spiegato che lo ha fatto perché voleva un posto in cui andare a pregare. So che te lo ha detto! >.

 

< No, lei voleva di nuovo una lapide sulla quale andare a piangere! E tua madre e Anya sono state solo due alibi! >.

 

< Forse è vero, ma… non c’è nulla di male a piangere o pregare sulle tombe dei propri cari! >.

 

< Certo! A patto che non diventi un’ossessione!... E lei è ossessionata da questo posto, lo sai anche tu!... Io… capirei se fosse passato poco tempo, ma… cavolo! Tara è morta da anni e… quando si comporta in questo modo, mi viene da chiedermi… perché sta con me? Il problema è che se uso il cuore, la risposta mi rende felice. Se uso la logica… vado fuori di testa dalla gelosia e dal dolore. >.

 

< Ti capisco, Kenny, ma forse ti sbagli, no? Io non credo che Willow ti ferisca volontariamente e anzi penso che… >.

 

< Senti, Buffy, non mi va di continuare a parlarne, ok? Tanto non potresti mai darmi ragione perché prima di essere amica mia sei amica sua. Quindi… tagliamo qui e facciamo la ronda. Dividiamoci: io vado a nord e tu a sud. Se capita qualcosa, un grido basterà a richiamare l’altra!... A dopo! >. E accelerò il passo per lasciare l’altra indietro. Parlare con Buffy poteva esserle di sfogo ma non del tutto, visto che la bionda avrebbe difeso fino alla morte Willow e i suoi comportamenti, sbagliati o giusti che fossero. Lo aveva sempre fatto. Il che era fantastico: era proprio così che lei stessa definiva l’amicizia. Ma non era l’ideale in quel caso, non per lei, non in quel momento.

 

Buffy la lasciò andare senza fare nulla: Kennedy, per il suo carattere, si era sfogata fin troppo. L’indomani avrebbe parlato con Willow e le avrebbe detto di quella breve chiacchierata perché, infondo, Kennedy aveva ragione: la strega passava pochissimo tempo con loro ora e troppo lì, nel cimitero,davanti alla tomba di Tara. Non era giusto né salutare.

 

Buffy comunque accantonò quei pensieri per il momento e riprese a fare la ronda da sola, sperando che l’altra non si cacciasse nei guai. Le lapidi attorno a lei sembravano tutte uguali, tutte tirate a lucido come se una premurosa donna delle pulizie le avesse pulite ben bene. Non l’aveva mai notato prima, ma quel piccolo cimitero di San Francisco era completamente differente da tutti i tredici che c’erano una volta a Sunnydaile dove di tombe nuove ce n’erano parecchie, ma ce n’erano altrettante vecchie, rovinate, dalle lapidi sgretolate e le scritte quasi illeggibili contornate da ragnatele e muschio. Lì, invece, non c’era traccia d’erbaccia incolta né di ragnatele e anche le tombe datate erano tenute in perfetto stato.

 

<I vantaggi di vivere e morire in una grande città…!>. Commentò sarcastica la Cacciatrice , tra sé e sé. Oltre a quel posto, naturalmente, nella zona nord della città, ovvero esattamente dall’altro lato rispetto a dove stava cacciando ora, c’era un solo altro cimitero. Quello era decisamente più grande ed era ricco di mausolei di famiglia e roba simile. Tombe singole era difficile trovarne, ma di tombe fresche, in compenso, se ne trovavano quante ne volevi. Buffy pensò che quella sera, forse, lei e Kenny avevano sbagliato cimitero da pattugliare.

 

Ad un tratto delle voci lontane e dei tonfi attirarono la sua attenzione. Si accucciò istintivamente e camminò carponi in direzione di quei rumori, stando attenta a non essere vista. Una lapide più larga delle altre e circondata da dei cespugli fece al caso suo per nascondersi. Si scorse leggermente e vide un gruppo di vampiri che se la prendevano con un tizio, un ragazzo. Da lì non riusciva a vedere bene, ma contò i vampiri: sei. Cercò di capire che cosa stavano dicendo ma non sentiva chiaramente. Solo una cosa era chiara: era in corso un linciaggio.

 

<E va bene… tanto vale darsi da fare!>. Si disse Buffy, alzandosi in piedi.

 

<Ehi, ragazzi!... Perché non ve la prendete con qualcuno della vostra taglia?>. Disse, attirando l’attenzione dei vampiri che, fino a quel momento avevano rissato con quel giovane sconosciuto che, pur essendosi difeso bene, sembrava in difficoltà ora. La rissa cessò e uno dei vampiri la guardò ringhiando:<E tu che vuoi?>. Le disse, rabbioso. Lei sorrise:<Unirmi alla festa!>. Rispose Buffy che poi, scattando, iniziò a correre e si buttò fra i nemici cominciando a menar le mani a destra e a manca. Il ragazzo che fino a quel momento era stato solo nel difendersi la guardò stupefatto. I suoi capelli erano legati e tenuti fermi da un berretto messo con la visiera al contrario. I suoi profondi occhi azzurri esprimevano assoluto stupore: che diavolo ci faceva la Cacciatrice lì e in suo aiuto, poi? Ma non era il momento di rimanere con le mani in mano. Quindi il giovane si rialzò e riprese a combattere nonostante la profonda ferita che aveva su un fianco e le mani sbucciate e sanguinanti. Divenne tutto un gran caos in cui i sei vampiri menavano in qualunque direzione, Buffy tentava di schivare colpi provenienti dappertutto cercando anche di assestare qualche buon pugno e il giovane che sembrava una furia nonostante le ferite. Poi Buffy si stancò di giocare ed estrasse il proprio paletto dalla tasca interna della giacca: fece immediatamente fuori due vampiri, un terzo lo stordì prima con un pugno e poi lo rese polvere e il quarto… be’, il quarto risultò enorme. Le diede un calcio nello stomaco e poi un manrovescio che la fece ruzzolare a terra e le fece battere la fronte contro una grossa radice di un albero che sporgeva fuori dal terreno, provocandole un bel taglio. Il vampiro, pensando che la sua vittima primaria fosse ormai morta sotto i colpi del suo ultimo compagno, si avventò sulla ragazza decidendo che non l’avrebbe uccisa, ma se ne sarebbe nutrito perché non aveva dubbi che fosse umana. Le si avvicinò minaccioso mentre Buffy, ancora stordita, stava appena cominciando a rialzarsi. Ma il vampiro non fece in tempo ad agguantarla come avrebbe voluto perché le sue mani e tutto il suo corpo si mutarono in polvere che venne sparsa dalla brezza leggere che caratterizzava quella tiepida serata primaverile. Una volta fatto fuori l’enorme vampiro, dietro di lui apparve il giovane che teneva in mano un pezzo di legno appuntito col quale aveva impalato l’ultimo dei suoi aggressori. Buffy si toccò la testa dolorante: aveva preso una bella botta.

 

<Grazie tante… amico!>. Disse, rialzandosi in maniera goffa.

 

<Non mi risulta di essere tuo amico e non capisco perché tu mi abbia difeso!>. Disse una voce profonda che lei già aveva sentito. Buffy ci mise qualche altro istante a riprendersi, poi alzò la testa e riconobbe Kain.

 

<Ma tu sei il vampiro dell’altra notte!>. Esclamò esterrefatta. Non l’aveva proprio riconosciuto quando si era appostata dietro quella lapide e durante il combattimento non era stata certo a guardare se conosceva o meno il tizio col quale se la stavano prendendo i vampiri. Kaine si tolse il berretto e fece un teatrale quanto profondo inchino, mettendo su un sorriso sarcastico che metteva in risalto la sua dentatura perfetta.

 

<Già!... Sono Kain e tu sei la Cacciatrice … Buffy, se non sbaglio!>. Buffy lo guardava quasi imbambolata e si diede infinite volte dell’imbecille per non averlo riconosciuto. Impugno saldamente il paletto e, dopo essersi assicurata che le proprie gambe l’avrebbero retta, si mise in posizione di difesa.

 

<Non ti avevo riconosciuto! Se avessi saputo che eri tu, avrei lasciato che i tuoi amichetti ti facessero la pelle… ma posso sempre rimediare adesso!>. Esclamò la ragazza, pronta di nuovo a combattere. Kain la guardò interdetto per un momento, poi sorrise sollevando un sopracciglio:<Non mi avevi riconosciuto? E’ per questo che mi hai aiutato?... Pazzesco! Mi domando come tu possa essere ancora viva se commetti errori del genere!... Comunque… accuccia, Cacciatrice! Non mi sembra il caso di scontrarci adesso, no? Nessuno di noi due è in buone condizioni – e le mostrò la ferita che aveva riportato sul fianco – Combatteremo un’altra volta… tanto c’è tempo!>. Disse Kaine. I suoi modi, il suo tono, perfino la sua espressione… tutto di lui sembrava cambiato rispetto al loro primo incontro. Se Buffy non avesse saputo con chi stava parlando, avrebbe scambiato Kain per un bel ragazzo qualunque, dall’aria disinvolta, quasi simpatica.

 

<Perché ti hanno attaccato i tuoi simili?>. Gli domandò a bruciapelo, studiando poi la sua reazione. Lui fece solo una breve smorfia:<Erano leccapiedi di mio fratello… mi hanno sorpreso solo e hanno pensato di potermi far fuori. Ovviamente si sbagliavano!>. Rispose lui, quasi con noncuranza. Buffy si fece sfuggire una risatina sarcastica:<Io se fossi in te non me la tirerei così tanto!... Se non fossi arrivata io… >.

 

< E ti sono in debito. Ma se non fossi arrivata tu, sta’ pur certa che li avrei uccisi tutti, uno ad uno. Ero in svantaggio, vero. Ma solo perché quel bastardo di Growdge, il tizio che stava per farti la festa, mi ha infilato un coltello da parte a parte, ferendomi! >.

 

< Scherzi? Sei un vampiro, un coltello non può essere davvero un problema per te, a meno che non ti ci staccano la testa! >.

 

< Un coltello non può uccidermi, ma può farmi male e credimi, non è piacevole essere trapassati da parte a parte in questo modo!... Comunque… torna a casa, Cacciatrice, e curati. Ci vedremo una di queste notti! >.

 

< E non tenti di uccidermi? Non sei stato tu a dire che volevi vendicare Kakistos? >. Forse sfidarlo non era una buona idea, ma voleva comunque vedere la sua reazione.

 

Kaine le scoccò un’occhiata perplessa, poi sorrise ancora.

 

< Ti ho detto che avremo tempo per confrontarci, Cacciatrice. Non ora. E comunque… sì, probabilmente ti ucciderò o lo farà uno dei miei uomini, ma… di certo non per vendicare Kakistos!... Sarà solo perché… tu sei una delle Cacciatrici e noi… be’, noi siamo vampiri. E’ una questione di ruoli!... Buona notte, Cacciatrice! >.

 

Poi Kain si voltò e se ne andò come se nulla fosse. Unico segnale dello scontro appena avuto, il fatto che si teneva la mano sul fianco ferito e zoppicava lievemente.

 

Buffy in un primo momento pensò d’inseguirlo e impalettarlo, ma poi una forte vertigine seguita dal mal di testa la fecero desistere. Era stata una serata schifosa in molti sensi. Era ora di tornare a casa, fare una doccia e poi a nanna: sarebbe stato stupido andarsi a cercare atri guai.

 

<Chissà dov’è Kennedy?!... Datti da fare, Buffy, così potrai andare a metterti nel tuo bel lettino al più presto!>. Si disse la bionda. Un attimo dopo s’incamminò verso nord, alla ricerca di Kennedy, sperando di essere a casa massimo di lì a un’ora.

 

CAPITOLO NONO: UN PO’ DI TRANQUILLITA’

 

    Dawn stava riportando gli appunti di fisica seduta al tavolo del soggiorno su cui aveva sparso praticamente tutti i suoi libri di scuola. Aveva un’ultima interrogazione e poi finalmente avrebbe avuto un’intera settimana di tregua dalla scuola finita la quale, però, si sarebbe dovuta rimboccare le maniche e darsi da fare per l’inizio degli esami finali. Un mese in tutto, poco meno in realtà. E poi basta scuola. Era solo questo pensiero che le metteva allegria, altrimenti si sarebbe lasciata tranquillamente scivolare nel baratro della disperazione, visto che la metà dei suoi amici – più piccoli di lei di un anno – erano già in vacanza a divertirsi. Per fortuna, Robert frequentava il suo stesso anno di liceo, anche se in un’altra classe; quindi almeno lui non l’avrebbe lasciata da sola incatenata ai libri e alle tesine che doveva ancora finire di rivedere e d’imparare bene.

 

Era stata una settimana dura per tutti quella, e il fatto che fosse venerdì, dava alla ragazza un motivo in più per sperare che presto l’atmosfera intorno a lei sarebbe stata più rilassata. Gli ultimi sette giorni erano cominciati male con Buffy costretta a fare gli straordinari in ufficio e, di notte, interminabili ronde in giro per la città anziché per i cimiteri. Sua sorella aveva raccontato a Giles e a tutti loco cosa le era capitato la sera in cui era andata di ronda da sola con Kennedy e il signor Giles era diventato assillante e nervoso, convinto che a causa di quel Kain e di suo fratello ben presto ci sarebbero stati guai grossi quanto una casa. Quindi stava costringendo le di Cacciatrici di casa e lavorare più del doppio rispetto al solito. Xander da sette giorni quasi non si parlava con Willow, ma Dawn non aveva capito bene il perché: avevano discusso, questo non era un mistero. Ma riguardo a cosa non era uscito fuori. Invece, era chiarissimo il perché dal martedì Kennedy e Willow si comportavano come due estranee fra loro: era passato il 7 maggio, l’anniversario della morte di Tara. Quel giorno Willow era uscita all’alba ed era stata via tutto il giorno senza dire niente a nessuno su dove fosse andata, tanto che Kennedy al crepuscolo aveva cominciato a dare in escandescenze, preoccupata che la sua ragazza potesse incorrere in qualche pericolo una volta che il sole fosse tramontato del tutto. Era stato per questo che era uscita e l’era andata a cercare… al cimitero, ovviamente. Ma non l’aveva trovata. Tornando a casa in moto Kennedy aveva passato in rassegna ogni persona che le capitava di vedere, ogni auto. Ma di Willow nemmeno l’ombra. Giunta alla villetta dove abitava, la Cacciatrice mora scorse a colpo d’occhio l’auto della sua ragazza, parcheggiata davanti casa e… piena zeppa di polvere sabbiosa, gialla come quella del deserto. Scese dalla moto lasciandola nel garage e andò a dare un’occhiata da vicino all’auto e… capì dov’era stata Willow per tutto il giorno: era tornata sul bordo del precipizio che una volta era stata la città di Sunnydaile. Non c’era niente se non quella patina giallognola e secca a a darle quella conferma, ma lei aveva sentito dentro che era così, che non si sbagliava. Rientrando in casa Kennedy stava quasi per sbottare a Willow che in quel momento era in camera loro a fare una bagno ristoratore. Dawn aveva visto la faccia furiosa della sua amica Cacciatrice e, lanciandosi occhiate con sua sorella, aveva temuto l’esplosione di un cataclisma da lì a pochi minuti. Invece non era successo. Kennedy si era recata in camera e poi nel bagno adiacente ad essa ed era rimasta a guardare Willow in silenzio mentre si lavava senza alcuna fretta.

 

<Dove sei stata… oggi?>. Le aveva domandato, più calma di quanto lei stessa non si sentisse. E più esitante. La ragazza dai capelli rossi aveva sostenuto il suo sguardo, ma non c’era aria di sfida in lei. Solo… tristezza profonda.

 

<Sono andata al cimitero, questa mattina. Ho lasciato lì le rose che avevo comprato per Tara, sono rimasta un po’ a pregare e poi… sono andata fino a Sunnydaile. Non era mia intenzione farti preoccupare, mi spiace!>. Le aveva detto, semplicemente Willow. Kennedy l’aveva fissata ancora e aveva scorto occhiaie profonde e tutto fuorché relax in lei. Così aveva deciso di lasciar stare, di non inveire contro di lei nonostante tutto. Si era spogliata rapidamente, rimanendo in slip e reggiseno, poi era andata a sedersi sul bordo della vasca e aveva cominciato a lavarle i lunghi capelli:<Ti aiuto!>. Aveva detto brevemente. Una volta finito lì, anche Kenny si era lavata ma in maniera più rapida. Poi le due se n’erano andate a letto senza neanche cenare e senza dire molto altro.

 

O almeno questo era quello che Will aveva raccontato l’indomani mattina a Buffy. Fatto sta che da quella sera la coppia di casa sembrava tutto fuorché una coppia. Non è che le due si tenessero il broncio o fossero arrabbiate l’una con l’altra. No. Dawn aveva semplicemente constatato che Willow e Kennedy si erano chiuse in loro stesse, nel loro mondo privato nel quale non permettevano a nessuno di entrare.

 

Mentre la più giovane delle sorelle Summers rifletteva su queste cose, qualcuno suonò alla porta e lei, essendo sola in casa per il momento, andò ad aprire felice che qualcosa l’avesse distratta dallo scrivere: cominciava a farle male la mano.

 

Quando aprì la porta gli si presentò davanti un sorridente Tomas con tre buste piene di roba al seguito.

 

<Ciao Dawn! Posso entrare?>. Il ragazzo era bello e sorridente, esattamente come se lo ricordava lei.  Era sorpresa di vederlo lì, ma non poteva certo lasciarlo fuori casa, così aprì di più e lo lasciò passare.

 

<Ciao Tom!... Certo, entra pure!>. Disse. Tomas le regalò un altro sorriso smagliante e si diresse direttamente in cucina. Dawn richiuse la porta poi gli trotterellò dietro cercando di capire le sue intenzioni. Arrivato in cucina, il dottore si mise a svuotare le borse della spesa e tirò fuori ogni ben di Dio possibile e immaginabile.

 

<Ah… non sapevo saresti venuto a cena da noi, stasera. Ma d’altronde Buffy non mi dice mai niente…!>. Esclamò, ben cosciente che la sorella non le aveva parlato di quella cena probabilmente perché nemmeno lei ne sapeva niente. E infatti la conferma arrivò subito dopo, quando Tomas, mettendo alcune cose in frigo, disse:<Oh, Dawn, non prendertela con Buffy! E’ una sorpresa questa, non sa che sono venuto qui. E’ che… l’ho sentita a pranzo e mi ha detto di essere esausta e di aver mangiato appena un panino, quindi… ho pensato di preparare io la cena e farò anche i piatti!>. Disse Tom, chiudendo poi lo sportello del frigo.

 

<Se non ti sposa mia sorella posso farlo io?>. Disse Dawn, di slancio. Lei detestava cucinare, ma detestava anche di più lavare i piatti. Tomas rise di gusto:<Ok, ti prendo in parola, allora!>. Rispose. Poi andò al lavello e, dopo essersi lavato le mani, iniziò a cucinare. Dawn, con la scusa di dover andare in bagno, schizzò in camera sua a telefonare a sua sorella per avvisarla della “splendida sorpresa”: quella sera lei e Kennedy avevano programmato un’altra ronda coi fiocchi che sarebbe dovuta cominciare alle nove e mezza circa e finire intorno alle tre, visto che l’indomani nessuno sarebbe dovuto andare a lavoro.

 

Ma, era evidente, il programma doveva cambiare. Compose rapidamente il numero e si preparò a parlare con sua sorella a bassa voce, ma il cellulare risultò scarico. Allora compose direttamente il numero del suo studio, ma la segretaria le disse che Buffy era impegnata con un paziente e che proprio non poteva rispondere. Allora, la giovane pensò di chiamare Xander sul cellulare e di avvisare almeno lui, ma poi ricordò che quel pomeriggio, proprio in quel momento, Xan era dallo psicanalista per quella che lui definiva “la sua personale chiacchierata con uno sconosciuto”. Quindi niente da fare. E ormai, chiamare Willow o Kennedy sarebbe stato inutile, almeno quanto chiamare Giles. Così Dawn riattaccò e sospirò rassegnata: quella sera ci sarebbe stato da ridere.

 

Quando tornò di sotto, trovò Tom a curiosare fra i suoi libri di scuola mentre s’impegnava a girare la farina con l’acqua dentro ad una ciotola per preparare la pastella.

 

<Ehm… t’interessano le materie del liceo?>. Gli domandò Dawn, scherzando. Lui sorrise:<Non proprio… al liceo ero una schiappa, ma poi… pensa, sono riuscito anche a laurearmi!... Vedo che hai un bel da fare qui, vero?>. Dawn annuì, tornando a sedersi e riprendendo una penna in mano.

 

< Direi proprio di sì. Fra poco ho gli esami! >. Disse.

 

 < Buffy me lo ha accennato la scorsa settimana, quando… ti ha aiutata a finire la tesina di geografia commerciale! >.

 

< Geografia…? Ah, sì, sì, certo! La tesina! >.

 

Peccato che lei non studiava quella materia dal secondo anno di liceo. Sua sorella non poteva inventarne una migliore?

 

< Sì. E… com’è andata poi? Quanto hai preso con quel lavoro? >.

 

< C-come? >.

 

< Il voto! Quanto ti hanno dato? >.

 

< Ah!... Ehm… una a! >.

 

< Una a!!! Be’, fantastico! Almeno so che quella sera tua sorella ha speso bene il suo tempo! >.

 

Dawn annuì ravviandosi i capelli e pensando che Tomas era una grande volpe e che non aveva creduto minimamente alla scusa messa da sua sorella. Sapeva bene di che sera stava parlando, di quella in cui poi erano usciti di ronda e avevano trovato guai a non finire. Buffy le aveva accennato la storia della tesina e l’aveva già valutata sciocca, ma ora la riteneva davvero una grossa cretinata. Cretinata che comunque andava difesa… così Dawn si arrampicò sugli specchi per sostenere quella conversazione mentre il ragazzo di sua sorella si faceva in quattro, come un vero cuoco, per preparare tutte le leccornie che si era prefissato di far mangiare a Buffy e ai suoi amici quella sera. Poi finalmente arrivarono Kennedy e Willow, di ritorno dal lavoro. E poco dopo fu la volta di Xander e la stessa Buffy. Giles arrivò che la cena era praticamente appena stata servita.

 

<Oh… be’… scusate per il ritardo ma… non sapevo che… avremmo avuto un ospite!>. Disse l’inglese, visibilmente imbarazzato e anche non poco contrariato dalla presenza di Tomas. Non sarebbero mai riusciti a liberarsi di lui entro i tempi che avevano stabilito per iniziare la ronda quella sera, a meno che Buffy non lo cacciasse letteralmente fuori dalla porta. Il che era escluso, viste le ultime discussioni avute col ragazzo. O forse Buffy voleva tornare single? No, si disse Giles: era da escludere, conoscendola. Poi Willow lo portò in cucina e gli spiegò che Tom non era stato invitato quella sera, ma si era presentato lì all’improvviso e non avevano potuto mandarlo via perché aveva fatto la spesa e provveduto a cucinare, così Giles dovette rassegnarsi all’inevitabile: la ronda si sarebbe fatta più tardi. Annullarla era fuori discussione.

 

Tomas se ne andò che era quasi mezzanotte anche perché, come promesso, prima di tornare a casa volle lavare tutti i piatti e le stoviglie utilizzate per quella mega cena che aveva preparato con le proprie mani. A nulla erano valse le suppliche di Buffy e gli altri di lasciar stare i piatti. Così, a mezzanotte e un quarto, tutta la Scooby gang, eccetto Dawn che non sarebbe andata con gli altri, era ancora in casa a prepararsi. Uscirono che era quasi l’una. Sarebbe stata una notte lunga e la caccia si sarebbe conclusa, non senza problemi di natura demoniaca, solo di lì all’alba. Per fortuna che l’indomani era sabato.

 

 

 

 

 

 

 (quasi un mese più tardi)

 

 

Dal diario terapeutico di Xander

 

 

 

            Tra tre giorni è il fatidico giorno di merda… saranno due anni esatti dalla mattina in cui ho visto sprofondare la mia schifosa città natale in quella voragine. Me ne frega qualcosa? Infondo non tanto: quando ero un adolescente odiavo Sunnydail, odiavo il liceo e il fatto che mi considerassero un perdente morto di fame. Gli unici momenti felici passati lì sono stati quelli passati con Willow, e poi quando è arrivata Buffy… la mia vita ha cominciato ad avere un minimo di senso, un minimo di sapore. Ma rimanevo comunque un coglione che non era capace nemmeno di chiedere alla nuova arrivata un appuntamento. E poi… le cose sono cambiate. C’è stata Cordelia che è precipitata nella mia vita come un fulmine a ciel sereno, cambiando la mia routine: tutto mi sarei aspettato fino a quel giorno, fuorché di avere una storia proprio con la regina delle rompiscatole snob e invece… Willow a momenti mi uccise… ogni volta che ripenso a quando mi ha beccato insieme a Cordelia mi viene da ridere, ma in quel momento tutto mi veniva fuorché da ridere… Credetti di aver perso per sempre la mia migliore amica, la mia sorella di sempre. Per fortuna così non fu…

 

Poi c’è stata Faith, quella pazza scatenata con cui non mi aspettavo certo di finire a letto, ma ero un ragazzo e un cretino come tutti i ragazzi a diciassette anni: ragionavo con la zip dei pantaloni. Mi si è offerta e io non l’ho rifiutata.

 

Non mi sono mai veramente pentito di quella scelta, ma in alcuni momenti penso che probabilmente la mia verginità avrei dovuto perderla con qualcuno che per me contava davvero e non con una “cacciatrice” eccezionalmente sexy ed eccezionalmente fredda come il ghiaccio… sono un romantico, dice Buffy.

 

Forse è vero. Ma non me ne vergogno, non credo di perdere in virilità…

 

Dopodomani c’è anche un’altra ricorrenza di merda… saranno due anni che Anya è morta.

 

Anya, un demone. Per me era un angelo, però. L’ho amata davvero e non credo di aver smesso… anzi, ne sono certo perché se così non fosse non avrei rifiutato l’invito a uscire di Alice, l’amica di Kennedy, e ora non mi troverei qui, nel mio ufficio, a scrivere su questo fottuto diario che oggi pomeriggio consegnerò, come ogni mercoledì, al mio psicanalista. Già, perché non solo da quando Anya è morta sono rimasto impantanato nella mia apatia, ma addirittura mi sono abbandonato alla depressione più nera, tanto da convincere Buffy che mi serviva una mano da uno strizzacervelli amico suo… lei non può occuparsi professionalmente di me: non sarebbe professionale!… Mi viene da ridere e sorrido mentre sto scrivendo… Quello che non ha capito Buffy è che io mi accontentavo di lei come amica, del sostegno che mi ha sempre dato offrendomi il suo affetto.

 

Buffy è come una sorella ora per me, esattamente come lo sono Willow e Dawn. Le mie ragazze…

 

Avrei superato questo mio senso di vuoto col loro appoggio e nient’altro. Ne sono sicuro…

 

Con Willow ci siamo anche segnati a scuola di ballo… siamo forti insieme. Ma il nostro insegnante dice che a tratti ci vede freddi. Che intenderà dire? No… so cosa intende dire: sono io che sono freddo. Ho imparato i passi e li eseguo molto meglio di quanto non avrei immaginato, ma solo perché me lo ha chiesto lei… non me ne frega niente di ballare, di divertirmi. Esattamente come non mi frega di tutto quello che mi circonda…

 

Sono le mie ragazze che mi tengono in vita. Loro e Giles… lavoro per portare denaro a casa affinché non manchi nulla a quelle quattro persone, mai, qualunque cosa accada. Anche per Kennedy provo gli stessi sentimenti, sebbene il nostro rapporto non si sia stretto da molto tempo. Ma lei allevia le sofferenze di Willow, la ama e di rimando io amo lei per questo. Non gliel’ho mai detto. Chissà se lo ha capito?!

 

Progetto la mia vita con loro perché so che soffrirebbero se confessassi che se non vivessimo praticamente insieme, ci avrei sguazzato in questa mia voglia di nulla… fino a perdermi nell’oblio.

 

Buffy… credo se ne sia accorta, infondo. So che è una brava psicologa, anche se non lavora da molto. Quando mi guarda, sento che quasi è capace di leggermi nel pensiero. O è solo una mia impressione?

 

Ma forse… forse ha ragione lei e fare due chiacchiere con un estraneo mi farà bene, prima o poi…

 

(Senza offesa, doc, s’intende!… Lei non mi sta antipatico, ma se ci vediamo due volte la settimana da ormai un anno e mezzo è solo per accontentare le mie ragazze: questo non gliel’ho mai nascosto e neppure a loro!).

 

O forse… se non avessi seguito i consigli che mi hanno dato, i consigli di Buffy, a quest’ora mi sarei già fatto fuori… chi lo sa!

 

No… ok, l’ho sparata grossa: sono troppo codardo per farmi fuori da solo…

 

Dopodomani… due anni…

 

Amavo Anya per la sua dolcezza e per la sua ingenuità, l’amavo anche per la sua lingua lunga e per la mancanza di qualunque scrupolo nell’esprimere i propri pensieri, i propri desideri. L’amavo anche quando mi faceva fare pessime figure… E allora, doc, ora si chiederà: se l’amavi tanto perché poi l’hai mollata sull’altare? Perché l’hai fatta soffrire a quel modo se l’amavi davvero?… La risposta, doc, è che ero un idiota che si faceva passare per un uomo adulto e invece, quando si è trattato di fare un passo serio, da adulto, ecco lì che sono tornato ad essere quell’adolescente insicuro che ero al liceo. E ho rovinato tutto…

 

Sono stato bravo, vero doc?

 

E ora mi mozzerei tutt’e due le mani, altro che perdere un occhio che, tra l’altro, ho pure recuperato grazie alle conoscenze di Willow. Di quella perdita ho solo una cicatrice a ricordo ora, una lieve riga di epidermide più scura sulla pelle del mio viso. Ma a ricordarmi che sono rimasto solo e che prima ancora ho ferito l’unica donna che io abbia mai amato davvero… l’unica che avrei voluto come madre dei miei figli, ci sono i miei ricordi e i miei sensi di colpa inutili. Cicatrici invisibili e permanenti molto più di quella sull’occhio.

 

Ma sono un bastardo e un egoista e non meritavo Anya… è per questo, credo, che il destino me l’ha portata via.

 

A proposito di Willow… l’ultima volta che io e lei, doc, ci siamo visti non le ho detto che ci siamo riappacificati. Ora posso dirglielo… avevamo discusso settimane fa perché, secondo me, non si stava comportando bene con Kennedy: quasi la stava facendo sentire indesiderata. Quando glielo feci notare, Will s’incavolò a morte e litigammo. Siamo stati senza quasi rivolgerci parola per un mese. Willow mi ha urlato in faccia che non sono fatti miei come tratta la sua ragazza, e forse è vero. Ma poi ha aggiunto anche che io sono l’ultima persona sulla faccia della Terra a poterle dare lezioni su quest’argomento e… mi ha ferito. E’ per questo che l’ho quasi presa a schiaffi. Quasi, però. Per fortuna riuscii a controllarmi. Solo che poi ci siamo tenuti a debita distanza l’uno dall’altra… credo per non ferirci ulteriormente a vicenda. Poi l’altroieri… ci siamo chiariti e abbiamo stabilito che siamo due imbecilli. Pace fatta.

 

Ho il cuore più leggero, ora. Quando litigo con Will poi mi sembra sempre che mi manchi qualcosa, una parte di me, come una gamba o un braccio…

 

Ah, ora basta, doc, per oggi chiudo qui col compiangermi e col raccontarle quanto mi commisero: devo scappare ad accompagnare Giles, Kennedy e Buffy all’aeroporto… se non mi sbrigo faremo tardi.

 

Saluti doc e spero che la lettura sia stata interessante come sempre!

 

Alexander Harris  

 

 

 

 

 

 

 

Scritte quelle pagine del suo “diario terapeutico”, Xander lanciò un’ultima occhiata al suo orologio da polso, poi chiuse il quaderno e se lo mise nella propria ventiquattrore per scattare in piedi subito dopo e avviarsi fuori dal proprio ufficio quasi correndo. Di lì a mezz’ora lui e gli altri dovevano essere all’aeroporto o i suoi amici avrebbero perso il volo. Kennedy doveva partire per un corso di formazione o qualcosa del genere, mentre Buffy e Giles sarebbero andati… be’, non ricordava dove, ma anche loro comunque avrebbero partecipato a un convegno a Minneapolis; o meglio, Buffy sarebbe andata al convegno, mentre Giles ne aveva solo approfittato per farsi un viaggetto e andare a trovare vecchi amici.

 

Lui, Dawn e Willow sarebbero rimasti soli a casa. Avrebbero mangiato schifezze per qualche giorno, fatto tardi la sera davanti al televisore guardando un film in dvd e magari si sarebbero addormentati sul divano, rannicchiati tutti e tre insieme come cuccioli in una cesta. Non sarebbe stato così male se non fosse stato per il fatto che tra quei giorni ci sarebbe capitato quel maledetto anniversario.

 

Steve Kery, il socio di Xander, era proprio fuori dall’ufficio: una piccola costruzione prefabbricata al centro del cantiere di cui si stavano occupando insieme. Steve stava parlando con una cliente per un nuovo ingaggio e Xander sapeva che probabilmente avrebbe dovuto parlare anche lui con quella donna, Janna Yurguens, una delle clienti più ricche che avesse mai chiesto la loro manodopera. Ma non aveva tempo in quel momento: la famiglia prima di tutto. Aveva pregato Steve quindi, mezz’ora prima, di occuparsene lui e il suo socio aveva accettato senza troppe obiezioni.

 

Mentre Xander passava davanti ai due, chinò lievemente il capo in maniera educata, accennando un sorriso verso la cliente; poi lanciò uno sguardo d’intesa e di ringraziamento muto al proprio socio:<Buona giornata, signora Yurguens. Spero di poterla conoscere meglio la prossima volta che ci vedremo, ma purtroppo oggi ho un impegno improrogabile. Quindi… arrivederci!… Ciao Steve, a domani!>. Disse Xander, cordiale. La donna gli regalò un largo e seducente sorriso, mentre Steve lo salutò con la mano, strizzandogli l’occhio in un gesto complice.

 

Xander indossò gli occhiali da sole, si diresse alla propria auto, ci buttò dentro la propria valigetta e salì richiudendo lo sportello dietro di sé. Accese la radio, si mise la cintura e avviò l’auto. Era davvero in ritardo: Kennedy l’avrebbe strozzato se le avesse fatto perdere il volo.

 

 

 

 

 

            L’aeroporto era stranamente poco affollato. La gente intorno camminava lenta come se stesse lì per fare una passeggiata, anziché per partire o per tornare a casa. Buffy si era occupata già del checkin suo e di Giles, nonostante sembrasse uno zombie: la notte precedente erano andati ancora di ronda e ce le avevano prese di santa ragione da un latro gruppo di vampiri, solo che non erano fedeli a Kaine come avevano pensato al principio; no: erano fedeli ad Habel e avevano attaccato improvvisamente, per strada, con una ferocia che si vede di rado… come se ce l’avessero proprio con Buffy per qualche ragione, aveva commentato Giles. E lui era stato perfettamente d’accordo. Erano tornati a casa alle tre e mezza pieni di ferite, doloranti e stanchissimi. E sul viso di Buffy la stanchezza era evidente ora.

 

Intanto Kennedy era ancora in fila allo sportello, con la valigia al seguito e Willow che le teneva compagnia. Sembrava tutto a posto fra loro, ora. Ma tanto Xander quanto Buffy per un certo periodo avevano pensato che la rottura fra le due fosse vicina.

 

Xander le osservava dalla poltroncina metallica sulla quale era seduto ormai da mezz’ora: i voli erano in ritardo come sempre. Sì, sembrava tutto a posto fra loro, adesso. Kennedy sorrise probabilmente a una battuta di Willow che, dopo un attimo, arrossendo lievemente la imitò. In quel momento sembravano davvero serene e Xander le invidiò, desiderò essere come loro.

 

< Come può essere che è finito lungo davanti a tutti? >. Domandò Willow, continuando a ridere.

 

< E’ scivolato su una chiazza di senape che qualcuno aveva fatto cadere proprio davanti alla sua postazione!… C’è mancato poco che si rompesse la testa, ma quando gli si sono sgarrati i pantaloni… Dio, è stata una scena impagabile! >. Proseguì Kennedy, sempre più divertita al ricordo di ciò che era successo quella mattina in ufficio. Ci aveva fatto un salto per prendere delle carte che le sarebbero servite al convegno e invece aveva assistito a una delle più brutte figure mai fatte da David Devemport, il suo odiosissimo collega donnaiolo e tanto pieno di sé da grondare superbia anziché sudore durante la ginnastica.

 

David ci aveva provato con lei una decina di volte e lei lo aveva sempre tenuto alla larga con parole brusche, tono sicuro, ma senza mai mettergli le mani addosso: gli avrebbe fatto male, altrimenti.

 

Quell’idiota, poco meno di quattro settimane addietro, ci aveva provato anche con Willow facendole la manomorta sul sedere mentre lei passava per recarsi nel proprio ufficio. Kennedy, che aveva visto la scena dalla sua postazione sita poco più avanti, era quasi stata sul punto di alzarsi e andare a staccargli la testa dal collo con un pugno, ma poi Will aveva sorpreso tutti bloccando improvvisamente i propri passi, voltandosi di colpo e rifilandogli un sonoro ceffone sulla guancia, tanto forte da farlo traballare. Tutti in ufficio avevano assistito alla scena. Kennedy e Willow si erano scambiate uno sguardo d’intesa e di soddisfazione. David c’era rimasto malissimo per il colpo subito e, soprattutto, per la pessima figura fatta davanti ai colleghi presenti. Lo stesso Grinwolt aveva visto e… il giorno dopo aveva dato la promozione a Willow. La seconda in pochissimo tempo. Era praticamente un record, soprattutto in quella sede della ditta e soprattutto per il severissimo signor Grinwolt che, normalmente, prima di concedere una promozione a qualcuno ci pensava su non una ma dieci volte.

 

<Lei ha riservatezza e carattere da vendere, signorina Rosemberg. Per non parlare delle sue competenze tecnico-specifiche che sono assolutamente… eccezionali, considerata la sua giovane età! Qualità che ammiro e che ritengo necessarie per il vicedirettore del reparto Games!>. Le aveva detto. Una settimana dopo Willow aveva un ufficio tutto suo tre piani più sopra rispetto a dove aveva lavorato fino a quel momento. Un ufficio più grande del precedente, con una bella finestra che dava luce ovunque, ma senza aria condizionata. Peccato, ma si trattava pur sempre di un ufficio privato, con uno schedario esclusivo e una segretaria fuori dalla porta che era al suo servizio anche fino a dodici ore al giorno.

 

Da quel momento, prendere in giro David era diventato il passatempo preferito tanto di Kennedy quanto di Willow.

 

<E’ un idiota!>. Disse la strega, guardandosi attorno per vedere se per caso su uno dei tabelloni ci fosse riportato il ritardo previsto per l’aereo della sua ragazza. In un gesto spontaneo prese la mano dell’altra e Kennedy la fissò felice. Le sarebbe mancata la sua streghetta in quei giorni. Quando Will tornò a voltarsi, in un impeto di affetto Kennedy la baciò passionale come sempre, carezzandole la guancia con una mano e la schiena con l’altra. Willow ne rimase sorpresa, ma non ci mise più di un istante a lasciarsi trasportare da quel bacio.

 

Kennedy era dolcissima con lei e in qualunque momento, ovunque si trovassero, non perdeva occasione per ricordarle quanto l’amasse.

 

Xander vide la scena e vide anche alcune persone anziane vicino a loro scansarsi rapidamente come se si fossero accorte improvvisamente di due lebbrose. Il ragazzo scosse la testa amareggiato, constatando quanto la gente potesse essere ottusa e involontariamente cattiva nel manifestare la propria approvazione o il proprio disappunto.

 

Kennedy e Will non si accorsero di quei due e proseguirono per altri secondi il loro bacio. Poi si separarono, rimanendo comunque unite con le mani.

 

<Ti mancherò almeno un pochino?>. Domandò Kenny, scherzando. Will fece spallucce e assunse uno sguardo furbo:<Se dovessi mancarmi troppo… probabilmente in qualche modo riuscirei a provvedere alla cosa!>. Esclamò, maliziosamente divertita. Kenny sollevò un sopracciglio:<Tesoro, sei una piccola sporcacciona!… O sei una ninfomane e non me ne sono mai accorta, quindi mi tradirai con la prima che passa?>.

 

Willow divenne seria.

 

<No, no, Kenny! Non ti tradirei mai con la prima che passa!… Con la seconda!>. Disse, tornando a sghignazzare sotto lo sguardo divertito e lievemente corrucciato dell’altra. Dopo poco riuscirono a fare il checkin e l’altoparlante annunciò che i due voli erano atterrati. Di lì a poco ci sarebbe stato l’imbarco.

 

Il gruppo di amici si riunì al bar per gli ultimi saluti e per bere qualcosa. Poi, quando l’altoparlante annunciò l’inizio dell’imbarco, Kenny, Giles e Buffy salutarono gli altri, raccomandandosi di non finire nei guai in quei pochi giorni di separazione. Dawn sbuffò rivolta a sua sorella:<Oh, la pianti di rompere una buona volta? Al massimo tu torni e io sono incinta!>. Scherzò. Buffy la incenerì con un’occhiataccia torva:<Io torno, tu sei incinta, io ti faccio fuori ed eviro il tuo ragazzo!… Vedi tu se ti conviene, sorellina!>. Rispose Buffy, con un finto sorriso. Dawn alzò le braccia sopra la testa:<Ok, ok, come non detto! Rimarrò casta e pura!>.

 

Poi i tre se ne andarono verso le loro porte d’imbarco, mentre Xander, Willow e Dawn si avviarono verso l’auto del primo.

 

Xander salì e Dawn stava per imitarlo sui sedili posteriori, ma Willow le bloccò per un momento la portiera guardandola con un sorriso furbo:<Casta e pura?… Tua sorella è protettiva con te, non scema! Quindi non fingere di non aver mai fatto col tuo ragazzo ciò che fai regolarmente, ok?>. Dawn divenne lievemente rossa sulle guance per essere stata colta in fallo: quando aveva fatto sesso per la prima volta, per paura di una sfuriata da parte sua, non era andata a confidarsi da Buffy. Ma aveva un bisogno disperato di confidarsi, di parlare di quell’esperienza eccitante e romantica al tempo stesso. Così era andata da Willow e aveva spifferato tutto. La conseguenza era che… poteva raccontare balle a tutti su come passava le sue serate, ma non a Willow.

 

<Io… io… era una battuta!>. Si giustificò, imbarazzata. Will le scoccò un altro sorriso furbo e le strizzò l’occhiolino: era sua complice.

 

<Sì, come no? Dai, sali in macchina, che è meglio!>.

 

Un attimo dopo l’auto si allontanò, pronta ad immettersi nel traffico del viavai di gente presente all’aeroporto.

 

In macchina la radio trasmetteva l’ultima canzone degli Aerosmith e il suono dell’assolo della pianola elettrica in quel momento riempiva l’aria tutt’intorno e le orecchie dei passeggeri che, ognuno per conto suo, stavano progettando a sommi capi i prossimi giorni. Ad un tratto il cellulare di Dawn trillò e Willow abbassò il volume dello stereo per darle la possibilità di parlare al telefono senza sgolarsi né far ripetere al suo interlocutore le cose tremila volte prima di afferrare il concetto. Era Robert, il ragazzo di Dawn.

 

La più piccola delle sorelle Summers frequentava Robert Derek da ormai più di un anno e sembravano sempre andare d’amore e d’accordo, proprio come ci si aspetta con i primi seri amori. Willow, sentendo il tono felice e frizzante della sua “sorellina minore”, pensò che era realmente felice per lei e  che, in verità, la invidiava un po’ perché avrebbe voluto trovarsi al suo posto: sette metri sopra al cielo ogni qualvolta sentiva anche solo la voce di Robert. Avrebbe voluto sentirsi come lei, ma…

 

Lei era realmente grata a Kenny per tutte le sue dolcissime e tenere attenzioni. Era sempre comprensiva con lei, sempre permissiva… fin troppo, a volte. Ma…

 

E poi Kenny era un’amante appassionata e generosa ed era sempre pronta ad esaudire i suoi desideri e a soddisfare i suoi bisogni sia dentro che fuori dal letto, rifletté Willow, pensando con affetto a quella che era la sua ragazza. Kennedy era stata per lei una novità: così frizzante e irruente, istintiva, quasi priva di inutili meccanismi di schermatura. Se pensava una cosa la diceva, se voleva qualcosa faceva di tutto per ottenerla. Era stato così che l’aveva conquistata. E lei aveva imparato a volerle davvero bene, ad amarla perfino, ma…

 

La verità era che era inevitabile per Willow paragonare il rapporto con la Cacciatrice a quello che aveva con Tara. Naturale e inevitabile.

 

Solo che ultimamente succedeva un po’ troppo spesso, forse.

 

Era solo un periodo: sarebbe passato.

 

Lei amava Kenny e sapeva che l’altra la ricambiava con tutta sé stessa. Tanto bastava. Quindi basta pensare ai “ma”. Niente più “ma”.

 

La strega dai capelli rossi tornò a concentrarsi su Dawn che cinguettava al telefono, raggiante come se avesse sentito infinitamente la mancanza di Robert in quelle sei ore che non si erano visti o sentiti. Per un attimo, la ragazza lanciò anche un’occhiata furtiva a Xander che, sedutogli accanto, sembrava essere rimasto concentratissimo sulla strada. I suoi occhi erano coperti dagli occhiali da sole scuri, ma Willow avrebbe giurato di vedere la sua espressione rattristata attraverso le lenti impenetrabili.

 

<Ragazzi, domani sera posso andare a mangiare e a dormire da Robert, vero? Saremo io, lui, suo fratello Tim e Lilly!>. Disse Dawn, scansando lievemente il cellulare dall’orecchio e tappando il microfono con la mano libera. Xander sollevò gli occhiali sulla testa e si guardò con Willow per alcuni istanti, comunicando con lei in quel modo. Fra loro, da anni, non servivano troppe parole, spesso le loro conversazioni più profonde e significative erano fatte con poche sillabe e una serie di sguardi infinita o piccoli gesti spontanei come una carezza, un sorriso o una pacca sulla spalla. Dopo un attimo Xan si rimise gli occhiali sul naso e Willow si voltò verso Dawn:<Ok, a patto che prima che tu esca di casa mi consegni la relazione di storia e quella di letteratura che dovevi darmi il giorno dopo!>. Disse la rossa. L’altra la guardò spalancando la bocca stupita:<Cosa? Ma non è giusto, così mi togli ventiquattr’ore di lavoro!>. Protestò, quasi scandalizzata da quella pretesa. Willow scosse la testa e divenne seria:<Certamente, ma domani è venerdì e tu le devi consegnare lunedì prossimo all’esame, quindi teoricamente, visto che devo correggertele e sapevi che mi serve tempo per fare questo, dovresti aver finito entrambe le tesine o comunque essere già in dirittura d’arrivo. Quindi… oggi pomeriggio te ne stai a casa, le finisci, domattina te le rivedi e quando avrai finito me le consegnerai. Solo allora potrai andare da Robert, ok?>.

 

Un semaforo rosso bloccò il traffico e Xander ne approfittò per voltarsi anche lui verso Dawn.

 

<Non mi sembra una proposta tanto ingiusta, Dawnie! E… un’altra cosa: niente alcool o sigarette. Se rientri che puzzi di fumo giuro che ti porto al cantiere con me a riordinare il mio ufficio per una settimana di seguito!… Affare fatto?>. Disse, anche lui serissimo. Dawn sapeva che fra i tre, era sua sorella la più rompiscatole perché le sbraitava in testa e spesso si dimostrava ansiosa verso di lei fin quasi a risultare insopportabile. Xander e Willow non avevano quell’atteggiamento. Tuttavia, se Xander o Willow facevano una minaccia, Dawn aveva imparato che la probabilità che l’avrebbero mantenuta fedelmente sfiorava il cento percento. Per questo la ragazza era molto più attenta a non mettere un piede in fallo con loro due, piuttosto che con sua sorella: Buffy aveva un debole per lei e spesso si muoveva a compassione, una volta passata la sfuriata iniziale. Gli altri due erano irremovibili, una volta prese le loro decisioni.

 

<E va bene… schiavisti!>. Disse Dawn, infine. Will fece una smorfia leggera con la bocca, soddisfatta della promessa ottenuta. Xander riavviò l’auto cautamente:<Se l’accordo non ti sta bene, fa’ come vuoi ma domani sera dormi a casa!>. Disse il ragazzo, brevemente. Dawn scosse la testa e gli strinse una spalla da dietro.

 

<No, no, l’accordo mi va benissimo!… Ehm… Robert… ok, ci vediamo domani sera, ma stasera chiamami, sarò a casa a studiare: devo finire le tesine di storia e letteratura, ok?>.

 

Buffy si sarebbe infuriata se avesse saputo che sua sorella quel venerdì avrebbe dormito fuori… con Robert. Il lato positivo però, pensò Willow, era che una volta tanto Dawn avrebbe consegnato le tesine nei tempi richiesti, anziché con due o tre giorni di ritardo facendosi così scalare un paio di voti. Tanto più che stavolta la data di scadenza coincideva con il giorno dell’esame. Gliene mancavano solo quattro e poi avrebbe finito la scuola… con suo grande sollievo, presumibilmente, si disse la rossa.

 

Studentessa geniale Dawn, ma assolutamente disordinata e sconclusionata… tutta sua sorella, pensò Will, non riuscendo a trattenere un lieve sorriso ripensando a quando lei andava al liceo assieme a Xander e Buffy.

 

Bei tempi, quelli.

 

CAPITOLO DECIMO: L’ANNIVERSARIO E LA TEMPESTA

 

     La sera successiva Xander entrò in casa e trovò Willow intenta a lavorare al suo portatile, in tenuta sportiva, coi capelli fermati sulla nuca scompostamente da un fermaglio e gli occhiali da vista che la ragazza indossava solo quando era stanca. Gli era capitato spesso,ultimamente, di vederla con quelli addosso e ogni volta si preoccupava per lei.

 

<Ciao, rossa!… Te l’ho già detto che lavori troppo?>. Le disse, entrando e andando a baciarla sulla fronte per salutarla. Lei s’interruppe solo quei pochi istanti, poi riprese a digitare freneticamente.

 

<Me lo avrai detto un miliardo di volte almeno. Ma non è così!>. Rispose, poco concentrata verso quella conversazione. Xander andò a prendersi una birra in frigo e quando tornò commentò:<Sì che è così!… Kennedy mi ha detto che a lavoro quasi non vi vedete più perché salti spessissimo le pause pranzo!>. In quel momento Will si fermò e gli lanciò un’occhiata torva:<Be’ Kennedy ti ha detto una cavolata!… Se non ci vediamo tanto spesso è perché non lavoriamo più nella stessa stanzona, ma il mio ufficio è tre piani sopra al suo e i nostri orari di pausa non sono identici, quindi… si è lamentata anche con me, l’altroieri. E abbiamo già discusso a riguardo!>. Esclamò la giovane, riprendendo poi a scrivere battendo con la tastiera. Xander fece spallucce e una smorfia: non era del tutto convinto che le cose stessero come le aveva descritte Will. Kennedy forse era desiderosa d’attenzioni, questo sì, però a lui non era sfuggito che la sua amica stava sempre davanti al computer o coi propri appunti in mano anche lì a casa e, soprattutto, non gli era sfuggito il suo dimagrimento. Poteva essere dovuto anche all’esercizio fisico che facevano in sala da ballo, due volte a settimana. Ma ne dubitava fortemente.

 

Xander lanciò un’occhiata al proprio orologio, poi bevve un altro lungo sorso del liquido denso e schiumoso:<Senti, rossa, non è che voglia essere petulante, ma… sono le sette. Se non molli il tuo lavoro non andremo a mangiare prima delle nove e, onestamente, ho fame!>. Disse. Anche Will guardò l’ora e sospirò dovendo ammettere che Xander aveva ragione.

 

<Ok, dammi cinque minuti e poi vado di corsa a cambiarmi!>. Rispose, e aumentò la velocità con cui faceva scorrere le proprie mani sulla tastiera.

 

In quel momento scese Dawn dalla sua stanza, sbraitando al telefonino. Will e Xander la fissarono come fosse stata una pazza, ma dopo un attimo compresero che la giovane stava discutendo col suo ragazzo perché quella sera, teoricamente, dovevano vedersi. Ma dagli strilli di Dawn, il programma sembrava essere cambiato. Quando Dawn chiuse il telefono, Willow la guardò fissa e, un po’ sarcastica, domandò:<Niente uscita con Robert, Tim eccetera?>.

 

Dawn scosse la testa:<Già!... I due cretini devono andare a vedere una partita di basket, come sempre!>. Commentò irritata, la giovane. Xander e Will si scambiarono un’occhiata, poi il ragazzo si avvicinò sorridente a Dawn e le mise un braccio attorno alle spalle:<E qual è il problema? Non avrai una notte di sesso sfrenato, ma una serata divertente tra amici sì!>. Disse, scherzando. Dawn divenne rossa, imbarazzata da quella battuta, e con un gesto secco tolse il braccio dell’amico d’attorno alle proprie spalle.

 

<Piantala, Xan! Non mi diverto affatto!>. Esclamò. Will e Xander risero. Willow scrisse un’ultima cosa poi spense il computer e si alzò.

 

<Dai, Dawnie!... Xander ti sta prendendo solo un po’ in giro, è per sdrammatizzare! Però ha ragione lui: vieni con noi, ci divertiremo. Ti va? Dai, tanto sei pronta, sono io che devo andarmi a preparare!>. Disse la rossa.

 

<E anche alla svelta!>. Ricordò Xander, ridacchiando ancora. Dawn ci pensò su un momento, poi annuì:<Sapete che c’è? Vengo con voi: non ci penso proprio a restare a casa per quello scemo di Robert e per quell’altro idiota di Tim: al diavolo loro e il basket!>. Disse la ragazza. Xander l’abbracciò forte:<Brava, così si parla!... E poi potrai uscire con Robert domani sera!>. Le disse, sorridente.

 

<No, domani avevo promesso di stare con voi, quindi… il mio carissimo ragazzo per questo weekend si attacca!>. Rispose Dawn. Will fece spallucce, poi corse in camera sua a prepararsi. Di lì a un’ora i tre erano seduti al tavolo di una pizzeria a mangiare ogni ben di Dio scritto sul menù. Dopo tanto tempo, finalmente una serata rilassante e divertente: niente ronda né caccia a Kain o Habel. Solo pizza, birra, coca e fritto misto… una sfilata di gusto che sarebbe stata chiusa solo dopo un mega super gelato con panna e cioccolato fuso.

 

Una serata tranquilla… una serata normale… da persone normali.

 

 

 

 

 

            I tre giovani si recarono prima da Pizza King, dove mangiarono a dismisura; poi andarono a fare un giro per a città, godendosi le luci della notte che davano un aspetto spettacolare al panorama. Erano allegri e in tre facevano il chiasso di un’intera classe di liceali… o almeno questa fu l’impressione divertita di Dawn. La macchina di Xander aveva un cero stile e la musica ad alto volume si sentiva fin da fuori. Era davvero moltissimo tempo che non si comportavano così da… stupidi e pazzi ragazzi con tanta voglia di divertirsi. Fecero un giro per le strade del centro, commentando ogni uomo o donna che vedevano e facendo rapidi complimenti a qualcuno dei soggetti più meritevoli, per poi fuggire via a tutto gas ridendo a squarciagola delle loro bravate o delle facce che facevano i soggetti presi di mira.

 

<Dio!... Era un secolo che non facevamo una cosa simile!>. Esclamò Dawn, ridendo ancora per la loro ultima bravata. Si era trattato di una bellissima ragazza alla quale Xander aveva detto:<Sei stupenda! Posso sposarti? Ma se è troppo impegnativo per te, a me va bene anche una notte sola di sesso sfrenato!>. La ragazza in questione l’aveva incenerito con lo sguardo, nonostante avesse capito che si trattava di uno scherzo di pessimo gusto. Willow ci aveva messo il carico da undici sopra e, affacciandosi dal lato del guidatore montando praticamente in braccio al suo amico, aveva aggiusto:<Be’, se lui non ti piace, ci sono sempre io!>. E poi Xander aveva fatto scattare via l’auto, mentre lui, la rossa e Dawn ridevano come pazzi per l’espressione scioccata della ragazza.

 

<Kennedy s’incavolerebbe a morte se sapesse quello che stiamo facendo!>. Disse Will, pensando all’espressione della sua ragazza nei momenti di gelosia. E Kennedy era un tipo molto geloso che non gradiva battute di quel genere, nemmeno se fatte per puro scherzo. Xander rise ancora:<Tu pensi a Kennedy? Io penso a Buffy!... Ci ucciderebbe se sapesse!>. Commentò il giovane, tenendo gli occhi sulla strada.

 

<Verissimo! Ragion per cui questa serata deve rimanere fra noi, ok? Un bel segreto piccolo, piccolo fra noi tre: la studentessa, il carpentiere e la programmatrice!>. Disse Dawn, sistemandosi i capelli e giocando con la propria borsetta. Gli altri due dissero all’unisono:<Affare fatto!>. E il loro giro per la città proseguì fin dopo mezzanotte: arrivarono al promontorio di Swetherg, appena fuori città, che era ancora presto. Scesero dall’auto e si misero seduti a terra a guardare San Francisco da lì… era affascinante come la prima volta che l’avevano vista, anni prima, quando si erano trasferiti lì per rifarsi una vita. Willow aveva anche ricevuto una telefonata da sua cugina Ally. Sarebbe arrivata la settimana successiva per una breve permanenza e la rossa la invitò a restare da lei per tutto il tempo che voleva, visto che avevano poche occasioni di vedersi e visto che Ally era uno dei suoi pochi parenti coi quali aveva un rapporto d’affetto.

 

Poi, dopo più di un’ora passata all’aria fresca a godersi lo spettacolo della città di notte, finalmente i tre decisero che era ora di andare a dormire, tanto più che Will aveva corretto il lavoro di Dawn e la ragazza l’indomani avrebbe dovuto riscrivere parte delle tesine. Quindi i tre amici salirono nuovamente in macchina e si avviarono verso casa, stavolta senza schiamazzi o musica spaccatimpani. Semplicemente chiacchierando tra loro e godendo di quel momento di tranquillità tanto rara ultimamente. 

 

 

 

 

 

            Il giorno tanto temuto da Xander arrivò, alla fine. La notte non aveva quasi chiuso occhio a quel pensiero; nonostante i sonniferi si era girato e rigirato nel letto fissando il soffitto rischiarato solo dalle luci provenienti dalla strada. Aveva sofferto il caldo e sudato come se stesse in palestra anziché nella propria camera da letto. E, stremato, aveva deciso di dare un taglio a quella tortura alzandosi alle cinque, appena le prime luci dell’alba erano apparse all’orizzonte. Si era chiuso nel bagno e aveva fatto una doccia ghiacciata durata più di quaranta minuti alla fine della quale aveva indossato un on paio di jeans chiari non troppo nuovi, una maglietta di cotone a maniche corte e un paio di scarpe da ginnastica… abbigliamento divenuto raro per lui. Ma lo preferiva comunque ai completi eleganti. Una volta vestito, il carpentiere se ne andò dritto in ufficio nonostante non fossero neppure le sette di mattina e nonostante il cantiere di domenica fosse chiuso. Voleva stare solo, solo a pensare e ad aspettare un’ora decente per andare a trovare Anya al cimitero.

 

Stette nel proprio ufficio per poco tempo, però: gli mancavano la voglia e la concentrazione anche solo per organizzare i lavori sulla carta. Così, ad un certo punto si alzò dalla sua sedia e se ne andò, diretto al cimitero alla guida della propria auto. Arrivò a destinazione in pochi minuti, conscio di aver guidato assolutamente come un pazzo, sfrecciando per le strade ancora semideserte di San Francisco come se avesse il diavolo stesso che lo stava inseguendo. Giunto davanti al cancello del camposanto, trovò il guardiano che armeggiava col lucchetto: stava aprendo in quel momento. Parcheggiò all’ombra di un cipresso e scese chiudendo l’auto col telecomando dell’antifurto, poi si avviò all’interno del cimitero sotto lo sguardo curioso del custode che sicuramente si stava domandando cosa ci facesse un ragazzo lì a quell’ora di domenica. Xander però lo ignorò, non degnandolo neppure di uno sguardo, e continuò a camminare verso il posto che ormai conosceva bene quasi quanto Willow. Arrivò in pochi minuti e si fermò solo quando fu ad un passo dalla lapide dell’ex demone della vendetta. Fissò la foto per alcuni istanti e sussurrò:<Ciao, tesoro!… Sono qui!>. Poi si lasciò cadere a terra, mettendosi seduto pesantemente come se le sue gambe non fossero più riuscite a sostenerlo. Intorno a lui solo i suoni della natura, del vento che faceva frusciare gli alberi, degli uccelli che cinguettavano e qualche cane che abbaiava lontano da lì. Will forse esagerava, ma era vero che in quel posto c’era tanta tranquillità che quasi sembrava di essere fuori dal Mondo.

 

E Xander Harris, quella mattina soprattutto, avrebbe voluto davvero essere fuori dal Mondo.

 

 

 

            Rientrò a casa che non erano neppure le dieci. La propria villa era deserta, ovviamente, visto che Giles non c’era, ma vista da fuori anche la villa delle sue amiche sembrava vuota. Eppure, lui sapeva bene che Dawn e Willow erano nelle loro stanze… probabilmente l’una stava ancora dormendo della grossa, mentre l’altra era ai fornelli o magari al computer. Comunque decise di non scoprirlo. Si avvicò sul vialetto di casa Summers Rosemberg ed entrò in garage dove prese secchio, spugna e sapone, si tolse scarpe e maglietta e tornò a piedi nudi fuori. Poi andò a prendere il tubo dell’annaffiatoio e prese a lavare l’auto di Willow godendo degli schizzi freschi che gli arrivavano addosso, così in contrasto col sole cocente dell’estate californiana…

 

Faceva gesti meccanici, senza metterci troppa grinta o impegno, e intanto ripensava al proprio passato, ai momenti felici passati con Anya e anche a quelli meno felici. Ricordò quando era andato a comprarle l’anello e poi ricordò il giorno del matrimonio… quante cose erano successe da allora! Adesso la sua vita era decisamente diversa: le uniche costanti erano le battaglie contro demoni e affini e i suoi amici, Buffy e gli altri.

 

Per il resto, decisamente lo Xander Haris che viveva a San Francisco non era come quello che viveva a Sunnydaile e che adorava andare sullo skate su e giù per i marciapiedi.

 

<Eih, carpentiere! Sembri uno dei modelli che fanno la reclame delle bibite in televisione, lo sai?>. La voce allegra di Willow lo fece tornare al presente e a quello che stava facendo. Gli schizzi dell’acqua l’avevano praticamente bagnato tutto, scurendo i pantaloni che indossava e inumidendogli qualche ciocca di capelli sulla fronte. Si voltò verso la sua amica che se ne stava in piedi sulla veranda a sorseggiare qualcosa di fresco e a guardarlo divertita.

 

<Buon giorno, Will!>. La salutò con un sorriso tirato. L’altra avvertì subito che c’era qualcosa che non andava, poi ricordò che giorno era e vide le occhiaie che segnavano il viso dell’amico. Doveva aver passato davvero una notte schifosa, a quanto pareva.

 

<Xan, perché stai lavando quel catorcio? Tra due settimane mi arriverà l’auto nuova, quindi non serve che ti affatichi tanto sotto questo sole rovente!>. Gli disse, facendo qualche passo e mettendosi a sedere sul primo gradinino. Xander fece spallucce:<Tanto ormai ho finito!>. Rispose brevemente. Poi diede un’ultima sciacquata all’auto, chiuse l’acqua stringendo il bocchettone del tubo d’irrigazione e lo buttò ad un lato del prato quasi con disprezzo. I due amici si fissarono per un momento, poi Willow fece segno all’altro di raggiungerla lì sulle scale e Xander, lentamente, le andò vicino come un cucciolo in cerca d’attenzioni. Le si mise a sedere davanti, dandole le spalle, fra le sue gambe, poggiandosi poi a lei e godendo del suo abbraccio fraterno. Willow gli baciò la nuca e lo strinse forte:<Oggi è la tua giornata no, vero?… Sta’ tranquillo, ci sono io: non sei solo!>.

 

 

 

 

 

            Malvius era il fedelissimo braccio destro di Kaine. Lui e almeno altri cinquanta membri del loro clan erano talmente tanto fedeli al Maestro vampiro che si sarebbero fatti incenerire al posto suo senza pensarci due volte. Ma Derek era fatto di una pasta ben diversa: era scaltro e crudele e sapeva far bene i propri conti. Era per questo che, quando c’era stato da scegliere da che parte stare, aveva scelto quella di Kaine. La sua furia omicida era ben nota a tutti. Habel era in qualche modo più pacato: non si sporcava le mani, le lasciava sporcare agli altri. Anche se chi li conosceva bene affermava che quanto a crudeltà erano a pari livello i due fratelli.

 

Comunque Derek, quando era morto Kakistos, non aveva avuto voglia di rischiare troppo e aveva scelto di giurare fedeltà a quello dei due che considerava più pericoloso perché più irruente.

 

Kaine, dal canto suo, sapeva perfettamente ciò che lo aveva spinto a fare le sue scelte e non si fidava di lui. Ma Derek si era dimostrato da subito uno stratega formidabile e, tanto nella guerra contro il clan di Habel, quanto nella caccia, un tipo del genere gli era sicuramente utile. Per questo lo aveva accettato nel clan e ne aveva fatto il suo braccio sinistro, il suo secondo luogotenente. Ma questo non significava certo che si fidasse di lui; semplicemente… gli serviva e finché gli obbediva, a lui andava bene.

 

<Maledizione, Derek! Già una volta, giorni fa, hai permesso che Kaine venisse aggredito dai seguaci di suo fratello. E ora che intenzioni hai?>. Sbraitò Malvius, quasi ringhiando. Derek sorrideva sarcastico, incurante dell’ira dell’altro vampiro, sotto gli stessi occhi di Kaine che l’osservavano glaciali.

 

<La sera in cui Kaine è stato aggredito, io non ero con lui. E per quanto riguarda ieri notte… non ho scatenato io la rissa in quel locale: io volevo solo mangiare. E’ stato Vega ad intromettersi, spalleggiato dallo stesso Habel e da quegli altri tre idioti che gli vanno sempre dietro!>. Disse Derek, ricordando con piacere che prima di essere interrotto, la sera prima, aveva avuto modo di fare un delizioso spuntino con una ragazza che non avrà avuto più di diciotto anni. Malvius lo guardò torvo:<Non hai scatenato tu la rissa? Sei andato a cacciare in uno dei locali rinomatamene facente parte del territorio di Habel. E’ come fare una dichiarazione di guerra!>. Ribatté il vampiro più anziano, sempre più alterato. Ma l’altro fece spallucce e sorrise ancora:<Questa storia della faida fra i due clan non è affar mio!… E per quanto mi riguarda, non ho trovato scritto da nessuna parte che c’è una suddivisione di territorio fa il nostro clan e il loro, quindi non venirmi a rompere le palle con queste sciocchezze, ok? Dopo un secolo cominci ad essere noioso!>. Disse. Malvius stava veramente per perdere le staffe. Chiuse i pugni, fece uscire il suo volto demoniaco allo scoperto e si curvò leggermente in avanti, pronto a saltare addosso a quello stupido bastardo che, in cento anni di vita come vampiro, non aveva capito ancora nulla di regole, rispetto per i più anziani e fedeltà al proprio Maestro. Ebbene, gliel’avrebbe impartita lui una bella lezione.

 

Ma Kaine, fulmineo e violento, lo anticipò aggredendo Derek e buttandolo a terra per poi praticamente inchiodarlo al pavimento. Gli mostrò i denti e gl’infilò le unghie nella carne delle spalle facendolo gridare di dolore e sanguinare copiosamente come fosse fatto di burro.

 

<Sta’ sempre attento a ciò che dici e… ancora di più, a ciò che fai, intesi?>. Gli ringhiò contro, minaccioso come se fosse sul punto di perdere il controllo. Se Derek avesse avuto un cuore che batteva, in quel momento gli si sarebbe fermato. Era convinto che Kaine avrebbe continuato a stringere la presa fin quando non gli avrebbe bucato la carne con le dita. Invece, inaspettatamente, Kaine sbuffò e si ritrasse da lui, riacquistando la posizione eretta e fissandolo severo ma non più furioso: sembrava essersi calmato tutto d’un colpo.

 

<Adesso ti dico questo… state lontani da mio fratello e dalle Cacciatrici!… Siamo venuti qui per starcene un po’ in pace e trovare l’amuleto di Soid… nient’altro! Tu e gli alti nutritevi con moderatezza, siate prudenti e state lontani dai guai, chiaro? E, soprattutto, voglio che vi sbrighiate a trovare quell’amuleto!>. Disse Kaine. Derek si rialzò faticosamente da terra, pulendosi poi i pantaloni dalla polvere che lo aveva invaso nel momento in cui il suo capo l’aveva atterrato tanto facilmente, ferendo il suo orgoglio, oltre che le sue carni.

 

Fece un lieve inchino col capo:<Come comandi!>. Esclamò pacato e sottomesso, poi girò sui tacchi e se ne andò ad eseguire gli ordini. Avrebbe dovuto cercare parecchio prima di riuscire a trovare l’amuleto di Soid.

 

Kaine e Malvius lo guardarono allontanarsi, poi Kain sospirò quasi affranto e si mise a sedere sulla gratinata di una cripta lì vicina.

 

<Fai male a fidarti di lui, Kaine! Te l’ho detto mille volte!>. Disse Malvius, sedendogli accanto in maniera più composta. L’altro fece spallucce e scosse la testa:<E chi dice che mi fido? Lo sfrutto almeno quanto lui sfrutta me!>. Ribatté il biondo, pensoso. Malvius lo studiò per alcuni istanti.

 

< E’ pericoloso e lo è perché è ambizioso e la sua fedeltà può dissolversi in una bolla di sapone, lo sai! >.

 

< Verissimo! E in quel momento… lo renderò cenere! >.

 

< Ma non hai idea di quando tradirà, sappiamo solo che lo farà di sicuro!… E questa storia del talismano poi… cavolo Kaine, ti conosco da secoli e… so che quell’affare è importante per te, ma lo è anche per tuo fratello e chiunque di voi lo trovi per primo… non ci sarà un lieto fine! >.

 

L’atro si stropicciò gli occhi e si ravviò i capelli. Ora sembrava davvero essere esausto, come se tutti i suoi anni si stessero facendo sentire sulle sue spalle in quell’esatto momento.

 

< Lo so, lo so… Ma è inevitabile, Malvius!… Non voglio più vivere come ho fatto finora e… il talismano di Soid è la mia unica possibilità di fuga da… >.

 

< Te stesso? >

 

< Dal mostro che sono, sì! >.

 

I due rimasero lì in silenzio a godersi gli odori e i rumori di sottofondo della notte. Mancava ancora un po’ all’alba e, prima che il sole fosse sorto, entrambi sarebbero andati a controllare come procedevano le ricerche del talismano. Solo quello contava ora.

 

Quello e stare lontano dalle Cacciatrici che, semmai avessero scoperto i loro progetti, sarebbero diventate seriamente un problema. Soprattutto quel grillo instancabile di Buffy Summers: l’umana più curiosa che Kaine avesse incontrato da un pezzo.

 

 

 

 

 

            Le luci della città brillavano a intermittenza riempiendo l’atmosfera di colori sgargianti. Xander e Willow, in macchina, girovagavano come nomadi guardandosi attorno esattamente come avevano fatto un altro miliardo di volte. La differenza era il loro stato d’animo: nessuno dei due aveva voglia di festeggiare quella sera. Ma Xander aveva bisogno di distrarsi e Willow era decisa ad aiutare l’amico.

 

Xander guidava quasi ipnotizzato dalla strada: guardava tutto davanti a sé, ma vedeva davvero poche cose. Per un po’ aveva rimuginato sul fatto che Dawn aveva dato loro buca per riappacificarsi con Robert, ma poi aveva deciso che la giovane meritasse di avere un po’ di libertà in assenza della sua più che protettiva sorella, quindi aveva smesso anche di pensare a quello. Purtroppo, però si era concentrato sullo schifo di giornata che aveva passato e sul significato insito nel suo malumore. E la sua tristezza era praticamente aumentata esponenzialmente, tanto che Willow si convinse che avrebbe certamente fallito nel suo intento di tirarlo su di morale.

 

Erano già andati a cena fuori a mangiare una pizza non proprio eccezionale in una sorta di trattoria della periferia sud di San Francisco, ora però stavano continuando a girovagare già da più di un’ora senza una meta esatta. Poi Xander si avviò per una strada che Willow conosceva bene e che li avrebbe condotti al Super Crash, un pub tranquillo dove la gente normalmente si riuniva ad ascoltare un po’ di musica di vario genere e a bere qualche bicchiere per stare in compagnia.

 

< Oh, andiamo, Xan!… Non vorrai… >. Iniziò a protestare Willow, ma l’altro la interruppe con una risatina.

 

< Sì che voglio, Will! E tu puoi farmi compagnia oppure no, a te la scelta! >.

 

Come tutti gli anni, quella sera Xander Harris aveva deciso di prendersi una bella sbronza coi fiocchi per superare la nottata sprofondando nel sonno dato dai fumi dell’alcool e per poi svegliarsi la mattina seguente con uno strepitoso mal di testa da Guinnes dei primati e tanta di quella nausea da digiunare per almeno tre giorni.

 

Willow sbuffò, ma fece spallucce e si arrese: non amava quella prospettiva, ma sapeva di non poterla impedire senza litigare col suo amico. E quella sera non voleva proprio litigare con lui.

 

            Xander femò l’auto proprio davanti al locale. Quando i due entrarono, Walter, il barista nonché padrone del locale, li salutò con un bel sorriso amichevole e un cenno della mano.

 

<Salve ragazzi! Soli, stasera? E il resto della gang?>. Domandò l’uomo, cordiale come sempre. Li aveva riconosciuti subito perché erano clienti abituali di quel posto, tanto loro due quanto tutti gli altri: era il locale preferito da tutti loro per passare serate divertenti, rilassate e informali.

 

<Sì Walter, stasera solo noi due!… Un tavolo libero?>. Disse Xander, sorridendo di rimando. L’uomo si asciugò le mani ad uno straccio, poi indicò loro un posto vicino al juke box e i due amici si avviarono lì. Dopo appena un minuto una cameriera arrivò per prendere le ordinazioni e  Xander si diede alla pazza gioia ordinando subito tre giri di tequila alla fragola a testa.

 

<Non ti sembra esagerato come inizio?>. Commentò Willow, preoccupata. Ma l’altro sorrise mellifluo:<Neanche per sogno!… Proprio perché siamo solo all’inizio!>.

 

Le ordinazioni arrivarono subito e i due ingurgitarono la tequila come fosse stata acqua.

 

<Ah… fantastica!>. Disse Xander, scolandosi l’ultimo bicchierino e alzando una mano verso la cameriera per ordinare ancora.

 

<Ditemi, ragazzi!>. Esclamò la giovane, arrivando come un fulmine, munita del suo block notes.

 

< Eh… vediamo… altri cinque giri di tequila alla fragola ciascuno! >. Disse Xander.

 

< No, no! Per me un’acqua tonica! >. Ribatté Willow, frenando l’impeto dell’amico.

 

Xander la fissò scandalizzata.

 

< Will, io ho bisogno di bere e mi piacerebbe non farlo da solo, ok? Perché… se io mi sbronzo e tu no, domattina potrai rinfacciarmi tutte le scemenze che farò stasera e tutte le cazzate che dirò e non è quello che voglio, quindi… ti supplico, bevi con me! >.

 

< E chi ci riporterà a casa? >

 

< A quello penseremo più tardi, ti pare? >.

 

Willow rimase senza parole per alcuni istanti, mentre la cameriera, divertita, aspettava ancora che i due facessero le loro ordinazioni.

 

< E va bene! >. Si arrese infine la ragazza. Così la cameriera sparì saltellante per andare a prendere quello che loro avevano ordinato.

 

Fu l’inizio della fine.

 

Due ore più tardi i due giovani erano completamente ubriachi e ridevano ad alta voce, schiamazzando rumorosamente forse più di chiunque altro lì dentro. Walter li fissava già da un pezzo dalla sua postazione e quando Xander alzò una mano per ordinare qualcos’altro, andò direttamente lui.

 

<Oh, Walter!>. Lo salutò Will, ridendo fuori controllo.

 

<Walter… un altro gin-tonic per tutti e due, per favore!>. Disse Xander, ridendo anche lui a crepapelle per una stupida barzelletta che aveva appena finito di raccontare. In condizioni normali non avrebbero riso affatto, anzi, ma pieni d’alcool com’erano quella storiella demenziale era sembrata davvero esilarante.

 

<Ragazzi… per stasera avete fatto il pieno, quindi… vi darò un’altra birra ciascuno e poi vi chiamerò un taxi che portarvi a casa, ok? Dove abitate?>. Disse Walter, paterno. Non aveva mai visto quei due giovani ridotti così e aveva già rimproverato severamente Gil, la cameriera, per aver portato loro qualunque cosa avessero chiesto finora.

 

<Io… non me lo ricordo al momento dove abito!>. Disse Xander, sghignazzando. Willow gli diede una pacca sulla spalla:<Io sì! Al trecentosessantadue di Golbeld Street, Sunnydaile!>. Disse la rossa, scolandosi l’ultimo goccio di gin che le era rimasto nel bicchiere. Walter sollevò un sopracciglio:<Sunnydaile? Ma non è la cittadina sprofondata con quel tremendo terremoto di qualche anno fa?… Dio! Siete proprio partiti di testa voi due!>. Commentò il barista e i giovani annuirono.

 

<Già, già! E’ proprio quella la città da cui veniamo e oggi è l’anniversario del suo crollo!>. Esclamò Xander, continuando a ridere come se quel fatto fosse di nulla conto. Walter allora capì. Capì che forse quei due ragazzi, normalmente tanto tranquilli, si stavano comportando come dei veri imbecilli per superare una giornata difficile. Sospirò e pazientemente prese il portafogli di Xander ne estrasse la patente, lesse l’indirizzo scritto sopra e chiamò loro un taxi pagandolo lui stesso perché l’autista conducesse i due ragazzi all’indirizzo che gli aveva detto. Prima di far avviare il taxi, ridiede il portafogli a Xander ma si tenne le chiavi della sua auto:<Ragazzo, queste te le verrai a riprendere quando sarai lucido, ok?>. Un attimo dopo il taxi si avviò verso la meta indicatagli dal barista che si augurò che, l’indomani, almeno uno dei due ragazzi ricordasse dov’erano stati la sera prima per poter riprendere l’auto e, magari, pagare il conto delle consumazioni effettuate: dodici birre in tutto, otto giri di tequila a testa e quattro gin - tonic.

 

 

 

            Il taxi si fermò proprio davanti la villa di Xander e Giles e l’autista aiutò Willwo a scendere assieme al giovane che era con lei augurandosi che i due non cadessero al primo passo. Poi, come da indicazioni del barista che lo aveva pagato profumatamente, mise le chiavi di casa in mano al giovane e se ne andò.

 

Willow e Xander si avviarono lungo il vialetto di casa barcollando e continuando a ridere come due cretini e sostenendosi vicendevolmente rimanendo legati l’uno all’altra con un braccio sopra la spalla. Salirono i tre gradini della veranda di casa e Xander, appena arrivati davanti alla porta, iniziò ad armeggiare con le chiavi, cercando prima la chiave giusta che proprio non riusciva a riconoscere a colpo d’occhio, poi facendo numerosi tentativi d’infilare la toppa per aprire. Il giovane dovette sforzarsi davvero molto per riuscire, tantopiù che l’amica gli rese il compito ancora più arduo prendendolo in giro e ridendo a crepapelle. Quando finalmente la chiave imboccò il buco della serratura e si sentì lo scatto, Willow applaudì:<Bravo Xander!>. Esultò, festante. L’altro rise, soddisfatto della propria piccola vittoria e abbracciando ancora Willow. La porta si spalancò e loro, appoggiandivisi goffamente, caddero a terra proprio sul pianerottolo di casa. Xander, che era davanti, batté la nuca sul pavimento; non un colpo chissà quanto forte, ma comunque un po’ doloroso sì. Willow, invece, cadde sopra l’amico e riprese a ridere senza controllo, come se trovasse la cosa esilarante.

 

<Meno male che ci sei tu, Xan, o sarei caduta sul duro!>. Esclamò la rossa, cercando di districarsi da quella posizione. Ma le gambe le tremavano e la testa le girava vorticosamente: le sembrava di affondare ad ogni movimento, come se Xander e il pavimento fossero stati di gelatina.

 

<Eh, anche a questo servono gli amici!>. Rispose il carpentiere, ridendo a sua volta e massaggiandosi la nuca per il colpo dato. Gli sarebbe venuto un bel bernoccolo, probabilmente; ma poco importava.

 

Poi, finalmente, i due riuscirono a rialzarsi, chiusero la porta e si diressero quasi trascinandosi l’un con l’altra su per le scale: era ora di andare a dormire. Quell’odiosa e lunghissima giornata era terminata, era passata come tutti gli anni e loro, ma soprattutto Xander, erano sopravvissuti ancora una volta.

 

Arrancarono fino al piano superiore, poggiandosi al corrimano delle scale e alle pareti per non cadere ad ogni singolo passo; barcollabavo come fossero stati sul ponte di una nave in tempesta. Lo sforzo fu tale che, svoltato l’angolo del corridoio, Xander dovette poggiarsi con tutto il corpo al muro e chiudere un momento gli occhi per riprendersi: era in preda alle vertigini e se non si fosse fermato, sarebbe certamente ruzzolato a terra. Willow lo guardò un momento, poi divertita esclamò:<Cavolo, Xander, guardati: non sei capace nemmeno di bere!>. Lo schernì allegra. Oh, certo, anche lei si era ridotta ad uno straccio, ma nonostante non fosse una grande bevitrice, sembrava reggere l’alcool meglio dell’amico che, contrariamente a lei, era andato su di giri dopo appena i primi bicchieri. E pensare che era stato proprio lui ad insistere per prendersi all’unisono quella colossale sbornia…

 

Xander, però, di colpo si fece serio e fissò lo sguardo arrossato a terra:<Anche Anya me lo diceva sempre…!>. Sussurrò, infinitamente triste. Tutta l’euforia, per quanto artificiale fosse, si era dissolta dal giovane e al suo posto era subentrato un malessere generale che andava ben oltre quello dovuto alla roba che aveva ingurgitato in quel pub.

 

Xander scoppiò a piangere singhiozzando e coprendosi il viso arrossato fra le mani, come se non riuscisse nemmeno più a mostrare al proprio volto, nemmeno alla sua amica d’infanzia. Nemmeno l’alcool era riuscito ad impedirgli, alla fine, di pensare a tutti gli errori commessi con Anya e, soprattutto, al fatto che non l’aveva protetta, che l’aveva lasciata sola una volta di troppo, in battaglia. E lei era morta. Non si erano neppure salutati, non le aveva detto addio e la sera prima aveva commesso un altro colossale errore: ci aveva fatto l’amore senza dirle quanto l’amasse, quanto ancora l’amasse. Anya, probabilmente, aveva pensato che avevano fatto solo sesso. Ma non era così. Solo che Anya non lo aveva saputo e ora non l’avrebbe saputo mai perché era morta, trafitta da una spada che l’aveva colpita a tradimento.

 

<Sono un fallito, ecco cosa sono!… Prima… l’ho mollata sull’altare senza nemmeno uno straccio di spiegazione, poi… ho quasi permesso a Buffy di ucciderla… e quando lei aveva più bisogno di me… io ero altrove… e lei è morta, Will, è morta e io non c’ero!… Non l’ho salvata, non ho neppure tentato… di recuperare il suo corpo per darle degna sepoltura… è morta e mi ha lasciato solo qui a marcire giorno dopo giorno, nella mia fottutissima vita apparentemente perfetta…!>. Disse Xander, continuando a piangere come un bambino. Willow rimase colpita da quella reazione e, ancor più, da quelle parole. Sapeva bene quanto ancora il ragazzo soffrisse per la morte di Anya, anche se lui non ne parlava quasi mai. Quella sera Will aveva sperato che Xander, grazie alla sua compagnia e almeno a sei o sette birre di troppo, non pensasse al proprio dolore a al senso di vuoto che lo attanagliava. Ma ora la strega si rendeva conto che era stato stupido sperare una cosa del genere perché irrealizzabile: la solitudine è un pensiero fisso che ti martella in testa e nel cuore in ogni istante della tua vita, ad ogni respiro. Lei lo sapeva fin troppo bene perché ci convivevava da anni ormai, da prima di Xander stesso. Quindi lo capiva perfettamente, senza bisogno di magia alcuna per leggergli nel cuore.

 

Ebbe pietà di lui almeno quanto ne aveva di se stessa a volte e lo strinse forte a sé come quando erano bambini e lui arrivava a casa sua piangendo per l’ennesima litigata dei suoi genitori. Xander continuò a singhiozzare e lei strinse la presa e lo baciò sulla testa, carezzandogli le spalle e il collo e le guance, asciugandogli le lacrime che, copiose, continuavano a inondargli le guance rasate di fresco.

 

<Shh… Xander, shhh!… Non è vero che sei solo… ci siamo noi con te… ci sono io!… So esattamente quello che stai passando perché io ci sono dentro da più tempo di te, ricordi?… Ma anche se fossi stato lì, con lei, non avresti potuto fare nulla per salvarla, probabilmente… E non hai sbagliato tutto, con lei: l’amavi e Anya lo sapeva!… Shhh!>. Gli sussurrò, amorevole come una madre al proprio figlio. Quelle parole non avrebbero fatto la differenza perché Xander si sentiva comunque morire, ma gli diedero la speranza che se si fosse lasciato consolare da Willow, forse il dolore che lo stava corrodendo da dentro sarebbe cessato, anche solo per un misero istante. Gli bastava anche solo un secondo, tanto per riprendere fiato. Fu per questo che si aggrappò letteralmente all’amica, come fosse stata la sua unica ancora di salvezza. Ma non riusciva a non ripetersi che se Anya era morta era anche colpa sua.

 

<Invece no, Will!… E’ colpa mia, è stata tutta colpa mia! Non avrei mai dovuto lasciarla sola durante la battaglia, non aveva più i suoi poteri: era indifesa… e io l’ho lasciata sola di nuovo… e l’ho uccisa!>. Ripeté Xander, senza riuscire a smettere di a iangere. Allora Willow si rese conto di come stavano realmente le cose: Xander sentiva la mancanza di Anya ma, più di ogni altra cosa, si sentiva responsabile per la sua morte. Era convinto di averla uccisa lui perché non l’aveva protetta. Era assurdo, irragionevole, insensato. Ma era esattamente ciò di cui il suo amico era convinto. Willow, allora, si corrucciò e lo afferrò per le larghe spalle; subito dopo gli diede un paio di scossoni e lo guardò seria, fissandolo negli occhi quasi arrabiata e lo costrinse ad alzare gli occhi verso di lei, a vedere la sua espressione.

 

<Non sei stato tu ad ucciderla! Non fare l’errore di sentirti in colpa per questo, chiaro?… L’hanno ammazzata i portatori, ma sapevamo che poteva accadere a chiunque di noi, faceva parte del gioco e lei lo sapeva quando decise di rimanere a combattere, invece di andarsene da Sunnydaile come tutti gli altri!… Ha accettato il rischio ed è morta… Sono addolorata, tutti lo siamo, ma non l’hai uccisa tu, mettitelo bene in testa!>. Gli disse, dura e decisa come lo era raramente con i suoi cari. Ma in quel momento, pensò, a Xander serviva qualcuno che gli togliesse dalla testa quell’inutile senso di colpa falso quanto la credenza comune che i vampiri non esistono. Quel tono non aveva nulla a che vedere con la persona che Willow era stata per gran parte della sua vita: quella timida e insicura, presa in giro dai più e ignorata da tutti gli altri. Quello era il tono di una donna decisa, matura, che per arrivare lì dov’era aveva visto l’Inferno, lo aveva attraversato e, pur avendo ben impresse in mente le immagini di quel luogo senza luce né pace, era sopravvissuta ed era andata avanti. Ecco chi era adesso Willow Rosemberg. Nonostante tutto, nonostante gli errori commessi e il dolore che ancora si portava dietro e che le ricordava chi era stata un tempo.

 

Xander riconobbe il passo in avanti che la sua dolcissima amica era stata costretta a fare, indipendentemente dalla sua volontà, e l’ammirò ancora di più per la persona che era diventata. Per la persona che lui ancora non era. Era forte Willow, forte davvero. Più forte di lui perché non era una questione di muscoli o di stazza fisica, ma di forza di volontà e carattere che Willow possedeva da vendere e lui… lui no, non c’erano dubbi a riguardo.

 

Allora si rese conto di volere da lei, dalla sua amica, un po’ della sua forza: gli serviva per andare avanti, per sopravvivere, per non impazzire, si disse. Voleva anche un po’ del suo coraggio perché lui non ne aveva più, l’aveva esaurito tutto in quegli ultimi anni cercando di tenersi a galla nell’oceano della sua disperazione malcelata. Ma Xander voleva anche consolarla perché mentre Will gli stava quasi gridando contro di cacciare via tutti i suoi sensi di colpa per la morte di Anya, le lesse negli occhi limpidi e bagnati di lacrime la sofferenza che lei stessa doveva sopportare. Ecco cosa li accumunava, infondo: la perdita della persona amata e il dover convivere ogni giorno con questa realtà dalla quale non si poteva fuggire. Fu per questo, forse, che in un momento di pazzia le si avvicinò rapidamente e la baciò sulle labbra cruento e passionale come un’onda che ti colpisce inaspettatamente e ti sconvolge per la sorpresa ma ti rinfresca dal caldo cocente del sole estivo. Poi Xander affievòlì il bacio, rendendolo delicato e lento, a fior di labbra, spingendo la ragazza contro la parete opposta senza che questa potesse impedirlo. Willow rimase assolutamente stupita e per alcuni istanti perse il contatto con la realtà, pensando che era assurdo ciò che stava accadendo, che non poteva essere vero. Ma poi Xander la strinse a sé disperatamente e approfondì via via il bacio e, passato lo smarrimento, Willow cominciò a ricambiare quelle carezze e quel bacio con eguale intensità, come se separarsi in quel momento avrebbe potuto significare la morte dell’uno o dell’altra. Dopo poco, la ragazza avvinghiò le gambe attorno alla vita stretta di Xander che, in risposta, la prese letteralmente in braccio e, senza mai smettere di baciarla, si avviarono verso la camera da letto del carpentiere, infondo al corridoio. Arrivati lì, non si fermarono a ragionare, a pensare a ciò che stavano facendo, alle implicazioni del loro gesto, a ciò che si sarebbero detti l’indomani. Semplicemente spensero ogni pensiero razionale e si lasciarono cadere pesantemente sul letto, continuando a toccarsi ovunque e iniziado a spogliarsi freneticamente. Volevano consolazione; l’avevano cercata per tutto il giorno girovagando a vuoto per la città, lavorando al computer per ore, addirittura sbronzandosi fin quasi a farsi uscire l’alcool dalle orecchie. Ma fino a quel momento i loro cuori, le loro teste, non avevano trovato pace. Non un solo istante di tregua da quella tristezza martellante che, invece, ora sembrava essere stata spazzata via dai loro corpi nudi a contatto l’uno con l’altra.

 

Consolazione, volevano solo quello.

 

Cosa si sarebbero detti poi?

 

Era giusto?

 

Willow era gay e Kennedy non meritava di subire un tradimento del genere.

 

Ma importava in quel momento?

 

No. Nulla aveva importanza.

 

Non importava il fatto che l’indomani sarebbe stato difficile anche solo guardarsi in faccia. Non importava che quello che stavano facendo andava contro i principi di Xander e contro la natura di Willow. Non importava che Kennedy sarebbe impazzita di gelosia e sofferenza se fosse venuta a sapere.

 

Importava solo che il loro stare insieme, l’abbracciarsi, il baciarsi, il toccarsi dava loro sollievo.

 

Xander aveva trovato la posizione seduta e Willow era sopra di lui ora, intenta a baciarlo sul collo per poi scendere a leccarlo e a morderlo sulla spalla, sul petto, mentre lui le passava le mani ovunque regalandole lunghi brividi di piacere. Il ragazzo sapeva di whisky e di sale: il sapore della causa di tutto questo. Lacrime e alcool.

 

Lei, invece, profumava di quel suo odore tipico: sempre lo stesso da anni, sempre di rose… misto al sapore acre del sudore.

 

Nessuno dei due, di certo, avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione simile e né l’uno né l’altra avrebbe mai pensato di riscoprire il sapore reciproco. Ma stava accadendo ed era inebriante ed eccitante. Quando Xander entrò nella ragazza, nonostante la foga del momento, fu particolarmente premuroso e generoso nei suoi gesti, nei suoi movimenti.

 

Conforto, solo conforto.

 

Questo riechegguava nelle loro teste, mentre il piacere reciproco li colpiva ad ondate intermittenti accentuando tutti i loro sensi e annullando anche quell’ultima briciola di ragione rimasta. Era alto il prezzo che avrebbero pagato per quella consolazione che tanto volevano, ma non importava neppure quello. E così entrambi riscoprirono sensazioni da tempo dimenticate: Xander non aveva più fatto l’amore con nessuna, dopo Anya. Willow, dopo Oz, non aveva mai più avuto neppure una carezza da un uomo che non fosse il fraterno Xander o l’abbraccio paterno di Giles. Ma ora le cose erano cambiate ed entrambi, seppure non curandosene, sapevano che non sarebbero mai più state come prima.

 

Indietro non potevano tornare.

 

Ora, potevano solo lasciarsi cullare dai loro sensi, dall’istinto e dalla disperata voglia di zittire quella voce che continuava a gridare loro, giorno dopo giorno, quanto erano stati felici e completi e quanto non lo sarebbero mai più stati. 

 

CAPITOLO UNDICESIMO: LA PROMOZIONE (RIMORSI E RICORDI…)

 

Era pomeriggio inoltrato. Willow era uscita dal lavoro che non erano neppure le sedici: da quel giorno non avrebbe più dovuto rispettare rigorosamente orari fissi. Il signor Grinwalt, il suo capo assoluto, le aveva detto che da oggi poteva lavorare anche a casa se l’avesse ritenuto opportuno. L’importante era che consegnasse i lavori entro le date prestabilite al momento della presa in carico. Willow era stata felicissima dell’evento: di certo non se l’aspettava. Lavorava in quell’azienda da poco più di un anno e mezzo e fare carriera così rapidamente non era nemmeno nei suoi più fervidi sogni. Eppure quella mattina…

 

La ragazza arrivò al cimitero di periferia in poco più di mezz’ora grazie alla nuova auto che aveva ritirato ad inizio settimana. Non c’era molta gente in giro e l’orario di chiusura del cimitero era ormai vicino. Will si fermò al chiosco di fiori situato sul lato dell’entrata e diede una rapida occhiata panoramica per vedere se riusciva a scorgere qualcosa che le piacesse particolarmente. L’anziana donna, proprietaria del piccolo negozio, le si avvicinò sorridente:<Ben trovata, strega!… E’ da un po’ che non ci vedevamo. Sei stata male?>. Le disse, guardandola amichevole.

 

Willow non era riuscita a spiegarsi come facesse quella vecchiettina a sapere dei suoi poteri, eppure sin dalla prima volta l’aveva chiamata strega. Non usava quel termine con astio o timore, ma lo usava come un comune appellativo che descriveva alla perfezione ciò che lei era.

 

La prima volta che si erano viste glielo aveva chiesto il perché l’avesse chiamata strega e la donna aveva risposto semplicemente:<Perché è questo che sei, giusto?>. Will non aveva risposto, era rimasta a guardarla, a studiarla per capire se doveva realmente preoccuparsi. Alla fine aveva deciso di no. E ora era quasi normale sentirsi chiamare strega dall’anziana signora.

 

<Io… sono stata fuori città per qualche giorno, e da quando sono tornata non ho avuto modo di venire fin qui, prima di oggi!>. Rispose, mentendo. In realtà, dopo essersi svegliata accanto a Xander ed essere quasi stata scoperta da Buffy e Giles, si era sentita in colpa verso Kennedy e, soprattutto, verso Tara. Le era mancato il coraggio di recarsi alla sua tomba a trovarla, quindi. Ma l’aveva ritrovato, decisa a non rinunciare a quel seppur misero contatto col suo angelo.

 

La donna anziana annuì tranquilla, mentre si occupava amorevolmente di una delle piante lì esposte: sembrava averle creduto.

 

<Ma oggi il tempo lo hai trovato. Devi dirle qualcosa d’importante, vero?>. Will rimaneva sempre stupefatta da quella vecchia, dalla calma con cui spesso metteva a nudo i suoi segreti o i suoi pensieri. La giovane annuì e intanto si mise a guardare delle gerbere.

 

<Non ha rose fresche, per caso?>. Domandò dopo pochi istanti, Will. La padrona del chiosco la fissò e intanto sembrò riflettere. Poi andò sul retro e ne tornò dopo poco con una rosa rossa dal gambo molto lungo e spesso, ricca di foglie e spine. Ne pulì la prima parte del gambo con mani rapide ed esperte, poi la mostrò alla sua cliente abituale.

 

<Ecco, guarda questa!… E’ una Tea, non una rarità, ma è sicuramente molto bella e poi… di meglio non ho, per oggi!>. Will fissò il fiore e rifletté sul fatto che, pur non essendo esattamente ciò che cercava, era comunque bellissimo e, in qualche modo, riprendeva le sfumature dei suoi capelli colpiti dal sole estivo. Decise in un attimo che andava benissimo e domandò alla vecchia di togliere qualche altra spina bassa, ma di non incartargliela: l’avrebbe portata così com’era. Poi acquistò anche un giglio bianco, maestoso nella sua perfezione, profumatissimo e affascinante nelle sfumature dei colori interni, vicino al pistillo. Anche quello sembrava essere fresco come appena reciso. Lo avrebbe portato ad Anya.

 

Poco dopo Will salutò cordialmente la padrona del chiosco ed entrò nel cimitero, varcando lentamente la soglia del cancello come se stesse partecipando ad una cerimonia solenne.

 

Ci mise pochi minuti ad arrivare al solito piccolo spiazzo dove le tombe a lei care spiccavano fra le altre, tutte più vecchie e corrose dalle intemperie. Posò il giglio dentro al vaso vuoto davanti alla lapide di Anya, poi tirò fuori dalla propria borsa una bottiglietta d’acqua e ne versò parte del contenuto nel vaso.

 

<Ciao, amica mia!>. Disse in un sussurro, sorridendo lievemente mentre finiva di sistemare il suo dono. La foto di Anya la fissava come sempre, con quegli occhi vispi che sembravano guardarla beffarda come quando la prendeva in giro per un motivo o per l’altro. A quei tempi l’avrebbe strangolata per le sue battute secche, spesso spinte e poco gentili oltre che poco pudiche. Ma adesso, a dire il vero, ne sentiva la mancanza come tutto il resto. Come la sentiva Xander… Già, Xander. Lo stava evitando praticamente da una settimana.

 

La mattina seguente all’anniversario della morte di Anya e della distruzione di Sunnydaile, i due ragazzi si erano svegliati di soprassalto dopo aver udito un violento tonfo proveniente dal piano di sotto. Cia vevano messo qualche istante a recuperare lucidità, poi le voci di Giles e Buffy gli avevano schiarito le idee facendoli schizzare fuori dalle coperte entrambi. Erano nudi e non c’era dubbio su quello che avevano fatto insieme quella notte. Non poteva essercene alcuno. Si erano fissati per pochissimi istanti, confusi e agitati, imbarazzati e indecisi sul da farsi.

 

<Che cavolo ci fa Giles qui a quest’ora?>. Aveva domandato Willow, cercando di riprendere a ragionare. Xander aveva scosso la testa:<E che ne so io? Sono tornati in anticipo!>. Aveva risposto il ragazzo, colto dal panico. Poi si era guardato attorno, incurante della propria nudità e di quella della sua amica; una volta trovati i vestiti di Willow glieli aveva lanciati dicendole di andarsi a chiudere in bagno mentre lui avrebbe trattenuto Giles e Buffy di sotto. Willow aveva obbedito, ma si era sentita sporca fuggendo nella stanza adiacente come una criminale. Poi Xander era sceso al piano di sotto dopo aver indossato i pantaloni e aveva abbozzato una storia qualunque che raccontava di una sbronza e di una rissa, che non c’era mai stata, per giustificare i segni che il ragazzo aveva sul petto e sul collo e che erano il risultato di ben altro.

 

Willow, una volta sistematasi per rendersi almeno presentabile, era praticamente scappata a rinchiuderis in camera sua, a casa, cominciando a rimuginare sui suoi ricordi confusi della sera precedente. Non ricordava ogni minimo dettaglio, ma quello che gli era rimasto impresso in mente era più che sufficiente per mandarla in crisi.

 

Aveva fatto sesso con Xander…

 

Aveva tradito la fiducia di Kennedy.

 

Aveva fatto sesso con Xander…

 

Non lo aveva consolato.

 

Aveva fatto sesso con Xander…

 

Ed era andata contro la propria natura perché lei era gay e, almeno su questo, non aveva nulla da sindacare.

 

E allora che diavolo le era saltato in mente? Come aveva potuto agire con tanta sconsideratezza? Erano stati due pazzi e lei più di Xander, questo poco ma sicuro.

 

Era stato in seguito a questi pensieri che si era praticamente data alla latitanza nei giorni immediatamente successivi a quella notte.

 

Xander aveva provato a parlarle, ma lei non se l’era sentita di affrontarlo perché sicuramente lui le avrebbe dato della puttana egoista e proprio non era in grado, adesso, di sostenere il disprezzo che l’amico sicuramente le avrebbe riversato addosso. Pensava di meritarlo, certo, perché doveva consolare Xander, non portarselo a letto.

 

Ma voleva comunque tempo e, con mille sotterfugi, per il momento se l’era preso… Ma i sensi di colpa, ancora una volta, la stavano divorando da dentro.

 

 

 

Finito di sistemare il giglio, Will si dedicò completamente all’altra tomba, mettendosi a sedere a gambe incrociate sull’erba e togliendosi le scarpe dal tacco alto che fino a quel momento le avevano stretto i piedi fino a farle venire un lieve segno all’inizio della caviglia.

 

<Ciao, amore mio!… Mi sei mancata!>. Sussurrò, fissando la foto di Tara e le scritte dorate in rilievo che formavano il nome della strega bionda. Willow s’incantò per un momento a fissare quel viso stampato sulla carta lucida. Riconosceva ogni singolo lineamento, ogni più piccola piega della pelle e ogni minima sfumatura di colore di quel volto.

 

E si perse in uno dei primi ricordi della loro vita insieme…

 

 

 

… Tara era rannicchiata contro di lei, nel letto, con la propria schiena contro il suo seno. Le loro braccia e le loro gambe intrecciate sotto alla trapunta leggera che le avvolgeva. Will le stava carezzando languidamente i capelli con una mano e con l’altra il ventre morbido e, di tanto in tanto, si allungava un po’ di più verso di lei per posarle un lieve bacio sulla nuca o dietro al collo, dandole piccoli e piacevoli brividi lungo tutto il corpo.

 

Fuori aveva cominciato ad albeggiare già da un pezzo e tenui raggi solari s’infiltravano attraverso il vetro della finestra. Piccoli fasci luminosi, tiepidi e discreti come la luce della candela che, Willow stessa, aveva portato in quella stanza la sera prima e che era stata spenta nel momento stesso in cui avevano deciso di dare una svolta al loro rapporto, tenuto in bilico fino ad allora tra amicizia e qualcosa di più.

 

Quello era stato il loro primo risveglio insieme dopo la prima notte passata insieme… dopo la prima volta che i loro corpi si erano uniti intimamente tra sudore e lacrime di gioia, sospiri di piacere e sorrisi su volti sereni e felici davvero.

 

Tara dopo qualche interminabile minuto di silenzio in cui aveva goduto del calore dell’altra sulla propria schiena, si era voltata per guardarla negli occhi e aveva incrociato le dita delle loro mani.

 

Quella era stata anche la prima volta in cui Willow non aveva scorto vergogna nell’altra, né imbarazzo o titubanza. Tara si era sporta lentamente e l’aveva baciata intensamente per pochi secondi, sensuale e dolcissima. Poi si era scostata ed era tornata a fissarla, senza mai sciogliere l’abbraccio delle loro dita.

 

<So che… forse non dovrei dirtelo… che forse… è troppo presto, ma… ti amo, Willow!>. Le aveva sussurrato, con un filo di voce.

 

E lei, Will, aveva toccato il Cielo con ogni sua più piccola fibra dell’anima. Un largo sorriso le si era allargato sul viso e gli occhi verdi erano diventati lucidi tanta era stata l’emozione provata.

 

Sapeva che da lì in avanti la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Sapeva che non poteva essere tutto rose e fiori profumati e giornate felici. Sapeva che i suoi genitori non avrebbero capito, che probabilmente non avrebbero approvato. Sapeva che anche la gente estranea probabilmente l’avrebbe criticata e forse anche Giles e Xander, perché il percorso che aveva scelto si discostava completamente da quello seguito fino ad allora.

 

Si discostava soprattutto dagli stereotipi della gente comune. Gente comune… che significava poi quell’etichetta? Chi era “comune” e chi non lo era? E chi decide chi fa parte di una categoria o dell’altra?

 

E, soprattutto, lei era mai stata una “persona comune”?

 

Ne dubitava: quando era piccola la sua intelligenza e i suoi capelli rosso fiamma, assieme alle sue mille lentiggini, la rendevano diversa da tutti gli altri bambini della sua età. Quando era cresciuta, d’adolescente, la sua timidezza e la passione per lo studio e il sapere l’avevano resa diversa da tutti gli altri adolescenti, suoi compagni di scuola ma non suoi amici. Poi era diventata la migliore amica della Cacciatrice e anche questo l’aveva distinta da tutti. In seguito si era innamorata di un ragazzo dolcissimo e… licantropo; questo decisamente non era classificabile come “comune”. Infine, era diventata una strega, anzi no: si era scoperta strega… una strega vera, con poteri magici innati e la conoscenza di veri incantesimi e di una discreta parte della cultura legata al mondo del paranormale.

 

Decisamente, non era mai stata una “persona comune”.

 

Scegliere Tara, dopo Oz, non era stato “comune”. E ora la sua scelta era stata suggellata davvero.

 

Non era stato mai facile non essere “comune” e non lo sarebbe stato neppure ora. Ma aveva deciso in quel preciso momento che non le importava…

 

Non voleva l’approvazione dei suoi genitori o della società. E non voleva illudersi che gli altri non avrebbero guardato storto lei e Tara se si fossero scambiate effusioni o roba simile in pubblico. Non era una stupida. Ma non le interessava. Forse le importava solo un pochino dei suoi amici, la sua vera famiglia. Ma Buffy sembrava aver capito e quindi perché Giles, Xander e Dawn non avrebbero dovuto farlo? E poi anche di quello le sarebbe importato davvero poco. Certo, se l’avessero giudicata male le sarebbe dispiaciuto, ma niente di più. Avrebbe proseguito per la sua strada e la sua strada era Tara, ora. E Tara le aveva appena detto che l’amava!

 

Per reazione praticamente le era saltata addosso, abbracciandola felice e baciandola, ripetendole sorridente più e più volte che anche lei l’amava.

 

E risero insieme quella volta; risero della sua impetuosità, della sua improvvisa vivacità simile a quella di una cavalletta impazzita… e fecero di nuovo l’amore… più passionali, più smaniose e meno incerte, meno frenate da quella che non era più una novità…

 

 

 

Will fu riportata al presente da un tonfo che provenne da un punto indefinito al suo fianco. Non se n’era accorta ma, qualche tomba più in là, c’era una donna che stava sistemando dei fiori in un vaso. Il vaso le era caduto, ruzzolando sull’erba rasa e fermandosi addosso ad una radice di un albero sporgente dal terreno. La donna sembrava serena e Will non poté non pensare che fosse più serena di lei certamente. Qualcosa le colò lungo la guancia, fin sotto al mento. Istintivamente la rossa si toccò proprio in quel punto e poi guardò le proprie dita. Non se n’era neppure resa conto, ma aveva cominciato a piangere.

 

Sorrise, un sorriso triste.

 

In una mossa sola, quella dannata sera, aveva tradito più persone di quanto non avesse mai creduto possibile.

 

Se stessa, il ricordo di Tara, Kennedy, Dawn, Giles, Buffy… Che razza di persona era diventata? Possibile che il fondo dal quale cercava di rialzarsi da anni la reclamasse tanto prepotentemente a sé? E ora che faceva? Piangeva?… Inutile, come inutile era fuggire da Xander: avrebbe dovuto affrontarlo prima o poi.

 

<No, amore, oggi non sono venuta qui per questo…! – Disse alla lapide – Inutile dirti di Xander… avrai visto tutto dal Paradiso in cui ti trovi e sono certa di averti deluso. Quindi… non parliamone, non oggi…. Ho una novità, una grossa novità: sono stata promossa. Questa mattina, dal mio capo, Grinwalt in persona! – Fece una pausa, riordinando le idee riguardo ai fatti di quella mattina. Poi proseguì il suo monologo. – Stamattina, quando sono arrivata a lavoro ho trovato i miei colleghi in fermento, agitati come un formicaio impazzito a causa di un incendio… Meredit, la mia collega, mi ha detto che erano andati smarriti tutti i files e gli appunti riguardanti il nuovo sistema di scrittura per grafica pubblicitaria, il progetto New MW… Cavolo! Erano mesi che ci lavoravamo: un equipe di trenta specialisti che ha lavorato a quel programma ininterrottamente… io l’ho visto e rivisto anche a casa, durante i week-end!… Grinwalt era completamente fuori di testa: sembrava un invasato, un tossico in crisi d’astinenza!… Si aggirava per gli uffici comuni urlando come un folle, con Brian Ghost, il suo segretario, che gli correva dietro con un bicchiere d’acqua pieno… - sorrise al ricordo buffo – Credo temesse che gli prendesse un infarto o un collasso!… Io… non ho agito per mettermi in mostra, non me ne fregava niente di sottolineare le mie doti di programmatrice. Semplicemente, non volevo sentirlo più sbraitare in quel modo, e poi… non volevo si sentisse male davvero: mi sta simpatico quell’uomo! E’ un po’ severo e pure parecchio all’antica, ricordi, Tara? Ti ho già parlato di lui!… Però mi piace: è una brava persona e, chissà perché, quando lo guardo lo associo a Babbo Natale. Forse per il suo aspetto fisico tanto simile a quello dei personaggi dei film… comunque, sono andata nel mio ufficio e ho cercato nel mio computer gli appunti riguardanti l’New MW e… sorpresa! Non avevo ricordato che avevo conservato in memoria tutti gli algoritmi che lo riguardavano e avevo salvato anche pezzi di programma, frammentati ma comunque già corretti da tutti gli specialisti che collaboravano con me al progetto!… Ho preso il telefono e ho chiamato Brian, avvisandolo di dire a Grinwalt di stare calmo, che il danno non era poi così grave perché potevo rimettere insieme le varie parti in poco tempo!… Grinwalt si è presentato in quel buco del mio ufficio con una faccia assurda: per un momento ho creduto che fosse arrabbiato con me per chissà quale motivo. Invece mi ha chiesto se ero sicura di poter fare un lavoro del genere garantendogli un risultato ottimale e io ho detto sì… Se n’è andato dicendomi… “allora si metta subito a lavoro, Rosemberg”!… Be’, è stato più difficile di quello che avevo creduto perché alcuni pezzi li ho dovuti sviluppare daccapo, direttamente dagli schemi di base, ma quattro ore dopo… tadaaan! Ho salvato tutto su floppy e su cd, ho stampato i grafici e tutte le altre scartoffie e le ho portate direttamente a Grinwalt, nel suo ufficio… Quando mi ha vista, mi ha strappato letteralmente le cose di mano e ha infilato il cd nel suo pc. Ha visionato il lavoro con una rapidità che non pensavo avesse e dopo quasi tre quarti d’ora di silenzio… si è alzato e mi è saltato letteralmente addosso, abbracciandomi e stringendomi la mano come se gli avessi salvato la vita… - sorrise ancora, asciugandosi un’ultima, piccola lacrima ribelle sgorgata dai suoi occhi involontariamente. – Un minuto dopo mi ha dato la promozione, dicendo a Brian di preparare il nuovo contratto immediatamente!… Ora ho un ufficio enorme, con l’aria condizionata, un super computer d’ultima generazione e una scrivania che è una piazza d’armi! E avrò una segretaria personale!… Sono diventata la dirigente del settore giochi e grafica, ti rendi conto? E’ meraviglioso perché oltre al notevole aumento di stipendio e a tutti i bonus extra che mi accorderanno, non avrò più limitazioni d’orario o di modus operandi, il che, visto che spesso Buffy mi porta a fare le ronde alle ore più disparate, è una bella svolta!… Non l’ho ancora detto a nessuno a casa, be’ certo, eccetto Kennedy che l’ha saputo praticamente trenta secondi dopo che Grinwalt mi ha dato la promozione! Ma lei lavora lì con me, quindi… comunque l’ho pregata di non dire niente agli altri: sarà una sorpresa. Li porterò a cena da Maximilian, quel ristorante favoloso dove spesso siamo stati per cene di lavoro e roba del genere!>.

 

Tirò una folata di vento fresco e i capelli rossi si alzarono dalla sua testa, finendole scompostamente davanti al viso chiaro. Willow se li riavviò con una mano e riportò una ciocca più ribelle delle altre dietro le orecchie, rimanendo in silenzio ora, a fissare semplicemente la foto di quella che era stata la persona più importante della sua vita. Le sarebbe piaciuto infinitamente se lei fosse stata ancora lì con lei per gioire di quella svolta inaspettata del suo lavoro. Sarebbe stata fiera di lei? Ma certo: Tara lo sarebbe stata sicuramente. E probabilmente avrebbero festeggiato insieme quell’enorme passo avanti. Magari quella sera sarebbero andate comunque a cena fuori col resto del gruppo, proprio come aveva programmato. Però l’indomani sarebbero uscite a cena insieme, da sole. Insieme e felici. Una cena a lume di candela e poi una passeggiata romantica sul lungomare per terminare la serata a finire a fare l’amore chissà dove… spensierate e unite ancora di più per aver ricevuto dal Destino la possibilità di pianificare concretamente la loro vita insieme.

 

Invece…

 

Tara era lì, immobile e irraggiungibile, che la fissava da una foto posta… sulla sua tomba.

 

E lei doveva tornare a casa e fingere che era tutto a posto, che non aveva commesso un errore dietro l’altro, che non aveva incasinato ancora di più la sua vita e quella di Xander…

 

Willow, a quella riflessione, si sentì infinitamente triste e quasi le lacrime ripresero a scendere dai suoi occhi resi più chiari dalla luce del sole al tramonto che li stava ormai colpendo direttamente. Quasi, però. Non pianse.

 

Si trattenne, frenata da un altro sentimento sorto in lei rapidamente quanto la tristezza. Un sentimento meno doloroso, forse, ma sicuramente meno facile da accantonare.

 

Si sentiva in colpa… in colpa verso Kennedy. Ancora e per un motivo diverso dall’accaduto con Xander.

 

Aveva appena ricevuto una promozione da urlo, un passo avanti nella sua carriera che i suoi colleghi avrebbero potuto fare solo di lì a una decina d’anni e che invece lei aveva fatto in poco più di diciotto mesi. E lei che aveva fatto? Aveva visto Kennedy, la sua ragazza, piombare nel suo ufficio, che dall’indomani sarebbe stato assegnato a qualcun altro, e abbracciarla felice per lei e baciarla teneramente, complimentandosi per l’ottimo lavoro svolto. Willow era stata contenta dell’entusiasmo della Cacciatrice, della gioia che aveva dimostrato nell’apprendere la novità e nel complimentarsi con lei. Però non aveva fatto durare quel momento di festa più di qualche minuto, perché il suo primo pensiero era stato che quella sera dovevano festeggiare con Buffy e gli altri e che, quel giorno stesso, doveva recarsi lì al cimitero e dire la grande notizia a… a Tara.

 

Aveva dedicato così poco tempo a Kennedy!

 

Aveva pensato a Buffy, Dawn, Xander e Giles.

 

Aveva pensato immediatamente a Tara.

 

E non aveva pensato che, forse, Kennedy più di chiunque altro meritava di condividere quel momento con lei. Era stata ingiusta con lei… di nuovo.

 

Capitava troppo spesso, Will se ne rendeva conto. Ma non lo faceva mai con cattiveria, né con l’intenzione di escluderla dalla propria vita. Lo faceva e basta.

 

E poi arrivavano i sensi di colpa.

 

Violenti, irrefrenabili, diretti come un frontale con un tir.

 

Guardò per un’ultima volta la foto di Tara e non riuscì a trattenersi dallo sfiorarla delicatamente con la punta delle dita, come a farle una carezza. Poi si ritirò in piedi, salutò con un cenno verso la lapide di Anya, un altro cenno alla foto di Joyce e se ne andò, camminando lenta e abbattuta come se infondo ci fosse ben poco da festeggiare.

 

Be’, in realtà, dopo il suo recente comportamento vile… c’era davvero poco da festeggiare. Ma se voleva evitare una colossale lite familiare e lo sfascio definitivo del gruppo, anche quella sera avrebbe dovuto fingere e, soprattutto, tenersi il più lontana possibile da Xander.

 

 

 

 

 

            Quando Willow arrivò a casa era il crepuscolo e stranamente da fuori notò che tutte le luci all’interno erano spente. Parchèggiò l’auto davanti all’uscita del garage e guadò in alto, per verificare se vedesse qualche luce accesa almeno al secondo piano. Niente, tutto spento. Spense il motore e scese prendendo la propria borsa. Si voltò a dare un’occhiata verso casa di Giles e Xander, ma anche lì tutto spento. Dov’erano finiti tutti? Si avviò verso casa, pensando a dove avesse messo il proprio cellulare: voleva chiamare Buffy e sentire dov’era. Intanto salì le scale del portico e con la mano libera infilò la chiave nella toppa della porta. Entrò.

 

Aveva appena preso il cellulare, stava per comporre il numero quando…

 

<Sorpresa!!!>. I suoi amici accesero le luci del soggiorno e schizzarono fuori da dietro il divano e dalla porta di cucina, saltando come canguri e battendo le mani come bambini ad una festa di compleanno. La rossa rimase sorpresa e, passato un primo momento di spavento autentico per quell’imboscata, rimase imbambolata a guardarli senza sapere cosa fare. Istintivamente sorrise mente Dawn le andava incontro quasi correndo per abbracciarla e Xander, spuntato da dietro di lei, che le arruffava i capelli già scomposti dalla brezza serale.

 

<Complimenti alla migliore programmatrice del mondo!>. Disse il ragazzo, felice. Lei sorrise. Poi venne stretta a turno da tutti. Kennedy l’abbracciò per ultima e la baciò lievemente sulle labbra, carezzandole poi una guancia:<Non ce l’ho fatta a stare zirtta!>. Disse, sorridendole con sguardo furbo. Willow aveva pensato di fare una sorpresa alla sua famiglia, invece era stata la sua famiglia a fare una sorpresa a lei. Notò che erano tutti vestiti elegantemente, con giacca e cravatta gli uomini e con abiti modernamente eleganti le ragazze.

 

Buffy la prese sotto braccio e, dopo averle tolto di mano la borsa del lavoro e averla gettata con noncuranza su una poltrona, prese a spingere la sua amica verso l’uscita di casa.

 

<Eih, ferma, dove mi stai portando?>. Domandò Will, sorpresa. Aveva ancora stampato un sorriso sulle labbra, ma anche stupore. Buffy le diede un rapido bacio sulla guancia mentre continuava a trascinarla con sé:<A cena fuori per festeggiare, naturalmente!>.

 

Non sarebbe stata la serata che si era immaginata, né purtroppo quella che avrebbe passato se Tara fosse stata ancora viva. Però fu comunque una serata magnifica che spezzò per poche ore l’oppressione che aveva invaso la strega e il carpentiere negli ultimi giorni.

 

Come scrisse Xander più tardi, sul suo diario terapeutico, quella sera fu uno dei rari momenti spensierati che la vita aveva deciso di concedere a ognuno di loro. Una serata passata come una famiglia normale, a festeggiare in allegria un lieto evento seppure senza la serenità totale che avrebbe dovuto esserci.

 

Ma questo, era un problema solo di Xander e Willow.

 

 

 

 

 

            Willow aveva appena attaccato al telefono con Buffy che l’aveva chiamata per informarla che, la sera prima andando in ronda senza di lei, aveva fatto un’interessante scoperta: tanto Kaine quanto Habel erano alla ricerca di un talismano leggendario chiamato di Soid. Avrebbe voluto parlargliene quella mattina, a colazione, ma quando Buffy si era alzata, nonostante fosse sabato, Willow era uscita già da un pezzo, almeno così le aveva detto Kennedy. La rossa si stava comportando in maniera strana da qualche giorno, ma i componenti della Scobby, tutti oviamente eccettuato Xander, imputavano la cosa alla nuova promozione che aveva fatto salire il salario della ragazza a livelli grandiosi, ma che aveva anche aumentato notevolmente il carico di responsabilità che pesava sulle sue spalle. Era per questo che Buffy non aveva insistito affinché l’amica andasse a pattugliare con lei; tuttavia, riteneva impotante che l’altra venisse a sapere il prima possibile delle novità venute a galla dopo il pestaggio di un paio di demoni Hit finito verso l’una di notte con i due che sputavano il rospo su ciò che sapevano, assieme alla bava insanguinata per i denti che le due Cacciatrici gli avevano fatto ingoiare.

 

Willow era sembrata strana anche al telefono, pensava Buffy, ma in quel momento non aveva tempo di sottoporla all’interrogatorio che meritava: lo avrebbe fatto appena possibile.

 

La programmatrice, invece, si era illusa di essere stata naturale e rilassata; ma in verità, mentre parlava con l’amica, non aveva trovato particolarmente interessanti le informazioni ricevute e col pensiero era volata ancora una volta al casino che aveva combinato la notte del sabato precedente. Fu a causa del suo rimuginare con tanta concentrazione che non sentì minimamente il trambusto proveniente da fuori. Per questo, quando si vide piombare Xander in ufficio con Lory, la sua segretaria personale, al seguito, Willow sbiancò vistosamente e sbarrò gli occhi, scossa da tremori fortissimi eppure percepiti solo da lei stessa.

 

<Signore, la prego io…. Signorina Rosemberg, mi scusi tanto, ma non sono riuscita a non farlo entrare! Si è presentato qui come una furia e…>. Tentò di giustificarsi la segretaria, temendo in una sfuriata del suo capo. Non la conosceva bene e, avendo avuto l’ordine tassativo di non disturbarla per nessun motivo, temeva che ora Rosemberg le avrebbe dato una lavata di testa non indifferente. Invece Willow sembrò ignorare completamente la presenza della ragazza, almeno per qualche istante. Poi sospirò e mise su un sorriso tirato quanto finto:<Non preoccuparti, Lory. Lui è Xander Harris: viviamo insieme!>. Disse la rossa, con tutta la tranquillità di cui fu capace. Proprio non le andava di lavare i “panni sporchi” davanti alla sua nuova segretaria: non era professionale né corretto metterla in imbarazzo con scenate o roba simile. Meglio che Lory uscisse di lì in fretta, tanto più che lo sguardo di Xander non prometteva niente di buono.

 

<Ah… capisco!… Signorina Rosemberg, vi porto qualcosa da bere?>. Domandò titubante la ragazza, allora.

 

<Solo acqua ghiacciata! E… Lory, già ti ho detto di non chiamarmi signorina Rosemberg, ma solo Willow, ok?>.

 

Lory annuì e schizzò via a prendere l’acqua per il suo capo e quello che doveva essere il suo ragazzo. Il suo istinto, visto come il giovane si era presentato lì, le diceva che i due dovevano chiarire qualcosa d’importante e che non volevano assolutamente essere disturbati. Così fu rapidissima a tornare con un vassoio sul quale aveva messo bicchieri e una brocca d’acqua in cui galleggiavano numerosi cubetti di ghiaccio.

 

<Lory, per cortesia, lasciaci soli ora e… che non entri nessuno, per nessun motivo. Va bene? E prendi tu le telefonate per me, a meno che non sia una questione di vita o di morte!>. Disse Willow, versandosi da bere. Lory annuì e poi sgattaiolò via, sentendosi fortemente a disagio per quella faccenda.

 

Xander andò alla porta subito dopo che la segretaria l’ebbe chiusa e girò il chiavistello della serratura: per nulla al mondo voleva essere interrotto mentre parlava con Willow, visto che per un’intera settimana lei era riuscita ad evitarlo. Quando ebbe fatto, il ragazzo si voltò e si avvicinò con passo lento alla scrivania dove la sua amica era rimasta seduta immobile, come paralizzata.

 

<Xander, io…>. Iniziò Willow, incerta. Ma lui la fece tacere subito con un gesto della mano e Will pensò che stava per farle una sfuriata coi fiocchi. Invece Xander la sorprese mettendosi a sedere difronte a lei e sospirando profondamente: sembrava essere esausto.

 

<Noi due dobbiamo parlare!>. Esordì il giovane, serio ma calmo come raramente l’altra lo aveva visto. Will deglutì a vuoto e lì per lì non riuscì a parlare, ma solo ad annuire. Poi prese coraggio:<Senti Xander io… lo so che avrei dovuto chiederti scusa giorni fa, ma… cerca di capire: per me quello che è successo è stato… assurdo, e…>.

 

< Chiedermi scusa?… Willow, sono io che devo chiedere scusa a te, va bene? >.

 

< Cosa…? >.

 

< Sono stato un bastardo, un vero figlio di puttana che si è approfittato di te, della tua disponibilità e dell’affetto che hai nei miei confronti e… non avrei mai dovuto fare quello che ho fatto, quindi che tu non voglia più saperne di me è asslutamente comprensibile. Però io ti voglio bene davvero e vorrei cercare di salvare il nostro rapporto, se ancora possibile. Ecco perché sono qui ora! E… >.

 

< Xander, ma che stai dicendo? Sei impazzito?… T-tu sei un bastardo? E io di me che devo dire? Dovevo consolarti, non scoparti e invece ho fatto un vero casino e adesso… non lo so, sento di aver rovinato tutto e se non vorrai più rivolgermi la parola, io… ne soffrirò tantissimo, ma capirò, davvero! >.

 

Era incredibile: ognuno dei due accusava se stesso di essere l’unico responsabile dell’accaduto fra loro, senza considerare che, in realtà, non c’era un innocente assoluto né un colpevole solo. Ma Xander sembrava affranto, mentre Willow sembrava quasi sconvolta. Il carpentiere se ne rese conto quando la sentì usare parole volgari, cosa che la ragazza non faceva mai quando aveva il perfetto controllo delle proprie emozioni.

 

Il giovane sospirò frustrato e si passò le mani fra i capelli sudati. Ora che la rossa lo guardava meglio, si rese conto che nonostante indossasse uno dei completi eleganti che i suoi clienti avevano quasi preteso per gli incontri di lavoro, non aveva davvero un aspetto ottimale. Il colletto sbottonato, la cravatta allentata e il sudore sul collo e il viso oltre ai capelli spettinati e alla barba semilunga faceva pensare che il giovane non fosse stato molto attento alla propria persona, soprattutto quel giorno. Le occhiaie e le guance smunte, invece, rivelavano lo stress che lo stava corrodendo da giorni. Esattamente com’era per Will, sempre più pallida e con le occhiaie regalatele dall’insonnia.

 

< Will… se non ce l’hai con me, perché mi stai evitando da una settimana? >. Domandò Xander, con voce stanca.

 

< Davvero non l’hai capito?… Quando… quando ci siamo svegliati insieme e… e ho realizzato come erano andate le cose fra noi, io… sono andata nel panico!… Voglio dire… porca miseria, non era quello il programma che mi ero immaginata e mi sento responsabile perché so di aver rovinato il nostro rapporto, Xan. E onestamente non so se posso fare qualcosa per rimediare!… E’ tutta la settimana che ci penso! >.

 

< E credi che io non ci abbia pensato?… Per me è diventata un’ossessione!… Io… non mi ricordo quasi niente di quella sera, ma credimi: non sei l’unica a sentirti in colpa. Io mi sento un bastardo, un verme!… Cazzo! Erano anni che non andavo a letto con una donna, e non che le occasioni mi siano mancate…! Ma con chi decido di riprendere a fare sesso? Con te, la mia migliore amica che oltretutto è fidanzata… >.

 

< … Con una donna! >.

 

< Con Kennedy, un’altra mia amica! >.

 

I due per qualche secondo non parlarono, limitandosi a guardarsi negli occhi. Effettivamente la situazione era ingarbugliata a tal punto da non far intravedere a nessuno dei due un piccolo spiraglio di luce. Ma loro come si sentivano l’uno nei confronti dell’altra e viceversa?

 

< Io… non so che fare, non so che pensare…! >. Ammise Will, stravaccandosi sulla propria poltroncina girevole in pelle di vitello nera.

 

< Che vuoi dire? >,

 

< Io… non riesco a non pensare che sono stata io a combinare il guaio, o almeno a iniziare tutto! E… >.

 

< Ma c’ero anch’io, Will! E poi ricordo perfettamente di averti baciata io per primo! >.

 

< Be’, anche quello era da anni che non succedeva! >. Scherzò la ragazza, per alleggerire un po’ quella discussione. L’ultima volta che si erano baciati non come due amici era stato quando erano stati beccati da Oz e Cordelia, il che risaliva a circa un paio di secoli prima, quando entrambi ancora erano liceali e poco più che maggiorenni.

 

< Già, e sembra che incomba una qualche maledizione su noi due: tutte le volte che ci baciamo, combiniamo un guaio! >. Ribatté Xander, sulla scia ironica dell’amica.

 

< Vero. Solo che stavolta non è stato il bacio il problema, ma il proseguimento del bacio…! E io… non so, mi sento in colpa e vorrei dirlo a Kennedy! >.

 

Booom! Willow aveva sganciato una colossale bomba che aveva devastato le sinapsi del cervello di Xander, mandandolo completamente in tilt.

 

< T-tu… cosa? >.

 

< Lo so che sembra un’idea folle, ma… io amo Kennedy e non credo che meriti di essere tenuta all’oscuro di questa cosa… >.

 

< Senti, s-sono convinto anch’io c-che Kennedy non… non meritasse il nostro tradimento… e bada bene: dico nostro perché ho tradito anch’io la sua fiducia, chiaro?… P-però non credo sia una buona idea confessarle tutto: è stato un errore che stiamo già pagando caro noi due, perché far del male anche a lei? Sai perfettamente come reagirebbe se le raccontassimo tutto! >.

 

Willow storse la bocca.

 

< Certo che lo so!… Farebbe una scenata megagalattica a me e forse mi beccherei anche uno schiaffo meritatissimo, tra l’altro. Poi verrebbe da te e tenterebbe di prenderti a calci fino a non farti sentire più le chiappe! >.

 

< Già!… Dopodiché se ne andrebbe e onestamente non voglio che lo faccia per questo! >.

 

< D’altronde mentirle… penso che sia un’altra cosa scorretta! >.

 

< Non dobbiamo mentirle, Will. Solo dimenticare l’accaduto e non parlarne con nessuno, neppure con Buffy! >.

 

Willow distolse lo sguardo dall’amico e iniziò a fissarsi le dita, riflettendo su quella faccenda una volta ancora. Quello che diceva Xander non era sbagliato, ma anche i suoi sensi di colpa verso Kennedy sentiva essere giusti. Questo la mandava ancora più in confusione. Cos’era giusto fare? Un errore madornale l’aveva già commesso, non voleva commetterne un altro dai possibili effetti catastrofici, tra l’altro. Le veniva quasi da piangere e un nodo le si era formato in gola già da qualche minuto, ma ora sapeva che se avesse detto qualcos’altro sarebbe sicuramente scoppiata in singhiozzi.

 

Xander l’intuì e si alzò dalla sua sedia per andare ad abbracciarla. Le tese una mano, la fece alzare e, senza dire nulla, la strinse forte a sé affondando la faccia nei suoi capelli e facendole posare il viso sulla propria larga spalla.

 

<Mi dispiace tanto, Will. Lo giuro!… Scusami, ti prego!>. Le sussurrò all’orecchio, dolce e rassicurante al contempo. La ragazza sollevò appena il viso e una lacrima le sfuggì nonostante i suoi sforzi:<Scusami anche tu, Xan… scusami tanto!>. Rispose lei.

 

Per il momento la frattura formatasi far i due amici d’infanzia sembrò risanarsi… Certo, non sarebbe bastato un abbraccio e un semplice “scusa” per sistemare le cose fra loro. Ma almeno ora avrebbero smesso di fuggire l’uno dall’altra, avrebbero smesso di ferirsi involontariamente con silenzi e assenze ingiustificate. Se un giorno la cosa fosse venuta fuori, avrebbero spiegato e pagato ulteriormente lo scotto della sbronza colossale che si erano presi e di tutto quello che ne era conseguito; ma, per il momento, quell’assurdo episodio sarebbe rimasto un segreto fra loro. Il difficile sarebbe stato dimenticare, ammesso che ci fossero mai riusciti.

 

CAPITOLO TREDICESIMO: SCOPERTE

 

    Buffy uscì da casa di Tomas che erano appena le sette del mattino. Non aveva fatto la ronda la sera precedente, ma si era concessa una lunga e intensa piacevole serata di divertimento e coccole, proprio come avrebbe fatto una comune psicologa con una comune vita privata. Solo che adesso avrebbe avuto appena il tempo di correre a casa, fare una doccia, cambiarsi d’abito e poi volare al lavoro. Non l’aspettava una bella giornata lavorativa: sei appuntamenti con pazienti nuovi e altri cinque con pazienti abituali dai casi complessi che già seguiva da quasi un anno. Era sicura che per quel giorno non sarebbe riuscita a rincasare prima delle sette o le otto di sera.

 

Arrivò a casa praticamente volando con la sua auto, tanto che sul vialetto d’ingresso al garage dovette inchiodare e sul mattonato bianco si formarono due strisce nere di gomma lasciata lì dalle ruote della sua auto. Dawn si affacciò dalla finestra della sua stanza e la vide scendere in tutta fretta e correre dentro come se fosse inseguita da un nemico imbattibile. Per un momento, la più giovane delle Summers si preoccupò, domandandosi perché sua sorella corresse tanto; poi però le bastò un’occhiata assonnata alla sveglia che le rivelò che Buffy avrebbe tardato in ufficio almeno di un quarto d’ora.

 

<Così impara a dormire fuori casa per spassarsela…!>. Commentò Dawn, sbadigliando e tornando a infilarsi sotto le lenzuola. Lei si poteva alzare tranquillamente alle dieci: l’esame quel giorno ce lo aveva a mezzogiorno. Ed era l’ultimo.

 

            Mentre Buffy era in attesa del suo prossimo paziente, il signor Roolth, perdeva tempo riempiendo scartoffie varie che aveva lasciato indietro tanto poca era la voglia di compilarle. Non erano neppure le undici e mezza di mattina che aveva già visto quattro pazienti e gliene mancavano almeno altri due prima dell’ora di pranzo. Si sentiva stanchissima e avrebbe preferito mille volte essere sotto la doccia in quel momento, ma d’altronde il suo lavoro di Cacciatrice le forniva solo una sana attività fisica giornaliera, non certo il denaro per pagare bollette e comprare cibo e vestiti o pagare gli studi di Dawn. Quindi, si disse rassegnata, che la doccia avrebbe aspettato fino all’ora di cena. Annoiata diede un’occhiata all’orologio: Roolth era in ritardo di dieci minuti. Subito dopo aver ripreso a scrivere quegli odiosi fogliacci, il telefono del suo ufficio squillò. Era Suzanne, la nuova segretaria, che voleva passarle una telefonata di un tizio che non si era presentato, ma che aveva insistito dicendo che era urgente.

 

< Suzanne… lo sai che sto aspettando un paziente e non posso ricevere telefonate esterne. Se arrivasse il signor Roolth non potrei farlo aspettare mentre… >

 

< Sì, signorina Buffy, lo so, ma… l’uomo che attende in linea dice che è davvero importante. Dice che chiama per conto di un certo Habel! >.

 

< Habel?… Ehm… passami la telefonata, grazie! >.

 

Il suo sesto senso di Cacciatrice le diceva che c’erano guai all’orizzonte.

 

 

 

- Pronto…? -

 

- Cacciatrice! Ciao, come stai? Non conduci una vita troppo stressante? Di giorno hai a che fare coi pazzi e di notte coi demoni… -

 

- Chi sei e che vuoi! -

 

- Chi sono… diciamo un amico che ci tiene a rimanere anonimo. Che voglio? Farti un favore! -

 

- E in cambio che vuoi? -

 

- Non ho parlato di volere qualcosa in cambio! -

 

- Niente è gratis!… E poi chi ti dice che io voglia qualcosa da te? -

 

- Cacciatrice, parli così solo perché non sai cosa voglio darti… o meglio… dirti!… Ho un’informazione che ti dovrei far pagare almeno un paio di badili di sangue fresco. Ma, visto che sono un amico, te la darò gratis! -

 

- Allora, sentiamo, succhiasangue, cosa vuoi dirmi? Dev’essere davvero importante se a quest’ora di mattina, invece di dormire tre metri sottoterra, sei al telefono con me! -

 

- Sei famosa per il tuo sarcasmo, Cacciatrice, ma adesso zitta e apri le orecchie!… Habel e Kaine stanno cercando un oggetto sacro, una specie di amuleto chiamato di Soid. E lo cercano in giro per tutte le chiese sconsacrate di San Francisco per il momento, ma ci sono buone possibilità che invece sia seppellito in una delle grotte di Hamala Bay. Conosci? -

 

- Sentite nominare… va’ avanti! -

 

- Se uno dei due trova l’amuleto, per te e la tua razza è finita. Riacquisteranno potere, il potere che avevano quando sono stati generati. E allora né tu né nessun’altra della tua stirpe potrà fare nulla contro di loro! -

 

- Ah sì? E se invece non lo trovassero? Che ci guadagni tu?… Qualcosa mi dice che questa telefonata non sia da parte di Habel! -

 

- No, infatti. Però… non ci guadagno niente, a parte il fatto che tu li fai fuori e io divento il nuovo Maestro indiscusso dei loro clan, rifondendoli come quando c’era Kakistos e magari… andando via da San Francisco. Detesto questo schifo di città, dove tra l’altro cacciare con te e i tuoi amichetti fra i piedi è un impresa! -

 

- Cioè vuoi usarmi per ammazzare chi è più forte di te! -

 

- Ammazzare? Ma no… sono già morti, infondo! -

 

- Sei veramente un bastardo, tu! -

 

- E della peggior specie!… Ma non è questo che conta, ora. Ricorda: il talismano di Soid!… Alla prossima, Cacciatrice. Buon lavoro! -

 

- Ehi, frena, aspetta…! –

 

 

 

Ma il suono del telefono le disse che che dall’altra parte avevano riattaccato. Sbuffò stressata e innervosita da quella maledetta telefonata e riattaccò la cornetta esagerando un tantino con la forza, tanto che l’apparecchio andò in frantumi.

 

<Ecco!… Ci mancava pure questa!>. Esclamò, riferendosi sia al danno fatto al telefono dello studio diventato decisamente inutilizzabile, sia a quella nuova faccenda del talismano di Soid. Possibile che non riuscisse a stare più di ventiquattrore in pace?

 

 

 

 

 

            Kennedy piombò nell’ufficio di Willow con una busta piena zeppa di vivande per il pranzo.

 

<Ciao, rossa!>. La salutò, sorridendo e chiudendo la porta dietro di sé. Lory l’aveva lasciata passare perché sapeva che, assieme al signor Harris, Kennedy andava in quell’ufficio quando voleva essendo anche lei coinquilina della signorina Rosemberg.

 

<Ciao, Kenny! Che ci fai qui?>. Domandò la rossa, staccando gli occhi dal computer e ricambiando il sorriso con aria sorpresa. L’altra alzò la mano con la busta:<Mangiamo insieme, oggi. Ti va?>.

 

< Non mi ero accorta che fosse già ora di pranzo! >.

 

< No, veramente sono un po’ in anticipo, ma… sono riuscita a finire tutto il lavoro che avevo in lista per questa mattina e così… ho pensato di passare un po’ di tempo insieme alla mia ragazza, visto che ultimamente non ci vediamo quasi mai nonostante abitiamo insieme e dormiamo nello stesso letto! >. Disse Kenny, sempre sorridente, avvicinandosi alla scrivania e cominciando a posare tutto il contenuto della propria busta sul tavolo. Aveva comprato bibite ghiacciate, panini con formaggio fresco e due thé nei quali galleggiava abbastanza ghiaccio da riempire un frigorifero. Una volta finito di sistemare il tutto, più o meno trenta secondi dopo aver iniziato, Kennedy fece il giro della scrivania e andò a dare un rapido bacio alla sua ragazza.

 

<Mmm… magari pranzassimo tutti i giorni così!>. Disse Will, scherzosa. L’altra fece spallucce.

 

<Che vuoi che ti dica… per me potremmo anche farlo. Ma tu non hai mai tempo! Oggi, però, niente scuse!>. Rispose Kennedy. Purtroppo, pensò Will, la sua ragazza aveva ragione. Su tutta la linea… negli ultimi diciotto giorni, infatti, sia per via dell’”incidente” accaduto fra lei e Xander, sia per impegni vari di lavoro e caccia notturna contro i vampiri, le due giovani non erano riuscite a vedersi molto, tanto meno a parlare o a fare qualunque altra cosa insieme. Willow allora si sentì in torto perché Kennedy, venendo lì quel giorno, praticamente stava ammettendo che sentiva la sua mancanza. L’ultima cosa che voleva era ferirla, farla soffrire; in quel momento, più che in ogni altro ultimamente, Willow si rese conto di quanto Kennedy l’amasse e dipendesse da lei nonostante ostentasse forza e sicurezza.

 

La bruna fece per tornare a sedersi dall’altra parte della scrivania, ma Will agì d’istinto e l’afferrò per il polso, trattenendola.

 

<Che c’è?>. Le domandò Kenny, interdetta. Willow sorrise seducente:<Non stiamo insieme da quasi tre settimane e… ti limiti a darmi un lieve bacetto sulle labbra?>. Le disse, con un luccichio malizioso negli occhi. Kennedy ricambiò il sorriso e le mise la mano libera fra i morbidi capelli lunghi, massaggiandole delicatamente la nuca con dita leggere.

 

<Hai… in mente qualcosa di più?>. Chiese, quasi sussurrando e fissandola negli occhi che tanto adorava. Will si lasciò carezzare da quella mano familiare e gentile, rabbrividendo quando le dita di Kenny le sfiorarono la pelle della guancia e posandole poi un bacio sul palmo aperto.

 

<Ho in mente… molto… di più!>. Rispose anche lei, sussurrando. Poi l’afferrò per la vita e l’attirò a sé. Non avrebbero mangiato insieme quel giorno, ma sicuramente avrebbero speso bene il loro tempo, tanto più che il fresco del condizionatore e la porta chiusa da dentro rendevano l’ambiente congeniale ad un po’ di privacy in una stanza tutto sommato confortante. La scrivania di Will era spaziosissima e assolutamente ideale per far lavorare comodamente la programmatrice sistemista; ma quel giorno, lei e la sua ragazza scoprirono che c’erano altri modi per utilizzare al meglio il nuovo ufficio.

 

Ora, forse, le cose fra loro sarebbero tornate serene come un tempo. Forse, fra le due giovani era tornata la vecchia alchimia che le aveva unite e tenute insieme dacché si erano conosciute. O, almeno, era questo che sperò Will mentre spogliava Kennedy e ammirava adorante il suo corpo sinuoso e perfetto che tanto le era mancato, infondo.

 

 

 

 

 

            Passò una settimana. Willow non era più andata in ufficio, lavorando a casa a velocità incredibile in modo da poter impegnare tutto il tempo rimanente alla ricerca d’informazioni sul talismano di Soid. Buffy era tornata dal lavoro esagitata il giorno stesso in cui aveva ricevuto quell’insolita telefonata anonima e da quel momento tutta la gang si era data da fare per intensificare le ronde; la programmatrice, invece, si era subito gettata fra i libri e sul proprio terminale alla ricerca di una qualunque informazione che potesse rivelare qualcosa di più su quella storia. Ma, come per molte altre cose riguardanti Habel e Kaine, i due vampiri gemelli, fino a quel momento la rossa non era riuscita a cavare un ragno dal buco. Inoltre, si sentiva esausta tutti i giorni, tutto il giorno; spesso si svegliava di notte in preda al mal di reni e a sudori freddi, e tutte le mattine si alzava spossata e con la nausea. Niente a che vedere con la solita energica Willow Rosemberg. Kennedy si era dimostrata premurosa come sempre e l’accudiva ogni volta che ne aveva bisogno, raccomandandole di non lavorare troppo né per la ditta né alla ricerca d’informazioni sul mondo dell’occulto; ma la ragazza non se la sentiva di accantonare i suoi doveri, in nessun campo della sua vita. D’altro canto, Kennedy dovette continuare ad andare a lavoro tutti i giorni e non poté impedirle di stancarsi più del dovuto. Solo Dawn rimase in casa con lei tutte le mattine, quella settimana; ma di certo la giovane non era in grado di costringere l’amica più grande né a rimanere a letto, né a mollare per un po’ il computer o i libri. Così non le rimase altro che aiutarla e… addio estate di riposo! Ma non avrebbe lasciato sola Will per nulla al mondo, perché Will non aveva lasciato mai sola lei in passato.

 

<E’ solo una lieve influenza estiva!>. Borbottò la rossa, quando Dawn le portò l’ennesima tisana al tiglio. Era un trucco che aveva imparato da Tara tanti anni prima: quella tisana aveva davvero poteri rigeneranti, soprattutto se unita a un paio di cucchiaini di zucchero in più. Willow accettò la tazza, ben consapevole del fatto che l’atra era solo preoccupata per la sua aria stanca e il pallore più evidente del solito sul suo volto. Tra l’altro, quella tisana e il thé freddo sembravano le uniche due cose che la ragazza riuscisse a mandar giù di prima mattina, senza dover correre subito dopo in bagno a vomitare.

 

<Sì, lo so. Anche se… strana come influenza: niente febbre!>. Commentò Dawn sedendosi accanto all’amica e prendendo uno dei suoi libri in mano, cominciandolo poi a sfogliarne le pagine. Will le scoccò un’occhiataccia:<Che combini ora?>.

 

<Ti aiuto nelle ricerche!… Stai uno schifo, eppure continui a lavorare come una pazza… mi sa che qualche seduta dallo psicologo serve pure a te!>. Rispose Dawn, continuando a sfogliare pagina dopo pagina.

 

<E’ solo una lieve influenza, come devo dirtelo? Passerà. Non sto morendo!>. Esclamò irritata, la strega. Ma un attimo dopo aver sorseggiato la tisana, contrariamente al solito le venne su un conato di vomito e corse in bagno rischiando di non arrivare in tempo al water. Quando ne uscì, un quarto d’ora dopo, sembrava ancora più pallida e più debole. Dawn l’osservò preoccupata.

 

<Cavolo, Will. Ma ci sei stata dal medico?>. Domandò la più giovane, mentre l’altra si rigettava sul divano stancamente. La rossa scosse la testa:<No, veramente no. Ma non credo serva…>.

 

<Mah!… Se non sapessi che è impossibile, direi che sembri una donna incinta ai primi tempi della gravidanza!>. Esclamò distrattamente Dawn, più concentrata sul libro dell’occulto che aveva in mano che al resto. Non che non le importasse di Will, ma sapeva che se voleva farla riposare, l’unico modo era aiutarla in ciò che si era prefissata di fare. Ora, non poteva fare i suoi programmi, ma aiutarla con la ricerca come mille altre volte da anni sì. Ed era quello che stava facendo.

 

Willow, invece, la fissò stravolta e di colpo si sentì le gambe tremare tanto che se non fosse stata seduta, sarebbe sicuramente caduta. Iniziò a sudare ma non era per il caldo estivo, era per un dubbio che si stava insinuando in lei strisciando come una serpe infida.

 

“… una donna incinta ai primi tempi della gravidanza…”

 

<Oh, cazzo!>. Esclamò improvvisamente, saltando in piedi terrorizzata. Dawn la guardò storta, non abituata a sentirla parlare in quel modo.

 

<Che c’è?>. Le chiese. Will portò le mani davanti alla bocca, ma non per un’ennesima ondata di nausea. Voleva reprimere un grido che dalla gola stava per salirle su.

 

<Vado in bagno!>. Disse frettolosamente, poi corse via e andò a chiudersi nella sua camera per poi chiudere anche la porta del bagno e infilare la testa sotto l’acqua gelata.

 

Incinta?

 

Non aveva pensato a quella possibilità…

 

Poteva essere?

 

Certo che sì… dopo Xander!

 

Ma avevano usato precauzioni… dovevano averlo fatto! Non potevano essere stati tanto stupidi da non farlo!

 

Perché, era stato intelligente fare sesso insieme?

 

Cazzo!… Cazzo!

 

Era pazzesco!!!…

 

Ma era possibile.

 

Lasciò che l’acqua la freddasse fino a farle venire il mal di testa, poi chiuse il rubinetto della vasca e grondante si rimise dritta in piedi. Doveva controllare in agenda.

 

Tornò nella propria camera e frugò fra le proprie cose in cerca della propria agenda. La trovò e iniziò subito a sfogliarla… Ultima mestruazione…

 

<Oh, Santo Cielo!>. Esclamò, mentre le lacrime cominciavano a scenderle lungo le guance e lo stomaco le si contorceva di nuovo con un’ennesima ondata di nausea. Non riuscì a controllarsi e vomitò sul pavimento, dopo essersi accasciata a terra ancora bagnata d’acqua gelata. Il suo ciclo era in ritardo di venti giorni e non se n’era neppure accorta.

 

Che doveva fare ora? Doveva dirlo a Xander o no? Ma certo che doveva dirglielo: aveva il diritto di sapere una cosa simile. E poi a chi altro avrebbe potuto chiedere aiuto se non a lui? Si rialzò e tornò in bagno. Si lavò rapidamente per togliersi il vomito e il sudore di dosso, pulì frettolosamente a terra e infine indossò le prime cose che riuscì ad afferrare nell’armadio per poi schizzare via senza neppure dire niente a Dawn. Prese l’auto e sfrecciò a tutta birra verso il cantiere dove lavorava Xander.

 

Guidò come una pazza furiosa e arrivò a destinazione in pochissimo tempo, rischiando anche d’investire qualche pedone.

 

Steve, il socio di Xander, la fissò come fosse stata una marziana:<Ciao, Will! Tutto ok?>. Le chiese, sinceramente preoccupato. I capelli della ragazza grondavano ancora e i vestiti puliti si erano bagnati; non solo: gli occhi strabuzzati le davano davvero l’aria della pazza o comunque di qualcuno che ci era molto vicino.

 

<Sì, tutto ok. Xander?>. Chiese Will, agitata. Steve indicò il prefabbricato che faceva da ufficio.<Grazie!>. Disse la rossa, poi proseguì nella direzione indicatale. Entrò come una furia e Xander quasi si strozzò con l’acqua che stava bevendo, tanto fu lo spavento. Willow richiuse la porta e fece due mandate con la chiave.

 

<Will! Ma che succede? Tutto a posto? Buffy? Dawn?… Dov’è Kennedy? E Giles?>. Chiese subito Xander, alzandosi dalla propria sedia e andandole incontro, pensando fosse accaduto qualcosa di grave a uno dei loro amici.

 

<Loro stanno bene, ma io e te siamo nella merda fino al collo!>. Disse Willow, evidentemente fuori di sé. Era spaventata oltre che agitata e, di certo, aveva perso il controllo dei propri nervi.

 

< Che stai dicendo, Will? Perché siamo nella merda? Che è successo? Calmati!… Vieni, siediti e risolveremo tutto! >.

 

< Non credo che potremo risolvere il problema mettendoci seduti! >.

 

< Will! Vuoi calmarti? Che è successo? Perché sei zuppa d’acqua? >.

 

< Lascia stare l’acqua!… Sono incinta! >. Esclamò Willow, quasi gridando con voce tremante.

 

Subito dopo, il nodo che le si era formato in gola si sciolse e lei iniziò a singhiozzare. Xander era rimasto imbambolato, con la bocca aperta e gli occhi sbarrati. Stava ancora cercando di elaborare il concetto. Ma poi vide la reazione di Will e non poté non abbracciarla forte.

 

< Shh, Will! Dai!… Ne sei certa? >. Le domandò, con voce dolce.

 

< Certa no, ma… venti giorni di ritardo… Oh, ti prego, Xan, dimmi che quella sera abbiamo usato precauzioni di qualche genere! Ti prego, dimmelo, perché io non me lo ricordo! >. Lo supplicò. Ma Xander scosse la testa.

 

< Non… non lo so, non me lo ricordo neanch’io! >.

 

< Oddio…! >.

 

< Senti… andiamo da un medico, facciamo degli accertamenti… in ospedale potranno darci la conferma, non credi? >.

 

< Niente ospedale! >.

 

< Perché no? >

 

< Perché ci lavora il ragazzo di Buffy e sento che prima o poi questa storia verrà fuori e… non sono pronta a spiegarla, Xan, non me la sento! >.

 

< Ok, ma qualcosa dobbiamo fare per sapere se sei incinta o no! Mica possiamo aspettare nove mesi e poi vedere! >

 

< E allora…? >.

 

< E allora andiamo in farmacia, compriamo dei test di gravidanza e intanto vediamo cosa ci dicono quelli. Poi… se servisse andiamo da un medico privato, anche dall’altra parte della città, se servisse!… Ok? >.

 

Will annuì, asciugandosi le lacrime col dorso della mano. Ora sembrava più calma ma non per questo meno spaventata.

 

< E se risultasse positivo? >.

 

< Diremo tutto agli altri e… ci prenderemo le nostre responsabilità, ok? Se davvero aspettassi un bambino, non si potrebbe tornare indietro. Almeno io non vorrei: non ci penso nemmeno a farti abortire!… E sono più che certo che… anche tu la pensi così! >.

 

Willow non rispose, ma era vero quello che aveva detto Xander: quel che era fatto era fatto. Non avrebbe mai e poi mai abortito solo per togliersi da un impiccio. Tanto più che, probabilmente, quella sarebbe stata la sua unica possibilità nella vita di diventare madre.

 

Ma come avrebbero fatto a dirlo agli altri? Si sarebbe scatenato un putiferio in casa, ne era certa.

 

CAPITOLO QUATTORDICESIMO: TRE AMICI CON UN SEGRETO

 

         Buffy chiuse il telefonino e scese dalla propria auto, portando con sé la giacca del tailleur e la borsa da lavoro. Aveva appena finito di discutere con Tomas per l’ennesimo appuntamento saltato, la sera precedente. Il problema, come al solito, era che proprio non poteva dirgli qualcosa del genere… ti ho dato buca perché sono andata a caccia di vampiri. Tra l’altro, la sera precedente si era rivelata proficua: non avevano ancora scoperto cosa fosse il talismano di Soid, ma avevano scoperto che effettivamente Kaine lo stava cercando e anche suo fratello. Il che significava che i guai che stavano per piovere su San Francisco e, soprattutto, su lei e i suoi amici erano di dimensioni mastodontiche.

 

Diede un’occhiata distratta all’orologio: quasi le sei e mezza e la casa sembrava deserta. Dawne era da Robert, Buffy lo sapeva perché l’aveva sentita a pranzo. Ma Willow? Neppure quella mattina, come tutta l’ultima settimana, era andata in ufficio dicendo che restava a casa perché non si sentiva troppo bene e, inoltre, in quel modo avrebbe potuto portare avanti le ricerche sui due fratelli vampiri e su quello che stavano cercando con tanto accanimento.

 

Neppure la moto di Kenny c’era, ma Buffy non se ne stupì: probabilmente l’amica era ancora in ufficio. Ultimamente anche la bruna faceva un sacco di straordinari. Quindi Buffy si domandò ancora… dov’era Willow? Perché non era in casa?

 

Buffy entrò e chiuse la porta dietro di sé, poi andò in camera propria e gettò distrattamente sul letto ciò che aveva in mano, per poi fare lo stesso con i sandali, scaraventati poco delicatamente ad un angolo della stanza. Infine, si tolse anche i pantaloni e rimase in slip e maglietta. Si guardò allo specchio e si disse che si stava stancando troppo in quel periodo… a giudicare dalle su occhiaie e dal mal di testa che, come in quel momento, la colpiva sempre più spesso. Cercò nel cassetto del proprio comodino e ingurgitò un’aspirina, sperando che facesse presto effetto; poi decise che sarebbe andata ad infilarsi sotto la doccia per rilassarsi un po’, ma mentre stava per finire di spogliarsi sentì strani rumori, come piccoli tonfi, provenienti da una delle stanze adiacenti. Fu per questo che ci ripensò e si affacciò in corridoio:<Dawn, sei tu?>. Domandò, ad alta voce. Ma non arrivò risposta alcuna.

 

<Xander?… Willow?… Kenny?>. Disse ancora. Ma di nuovo nessuna risposta e, dopo un attimo, sentì un altro tonfo sordo. Era evidente che in casa con lei c’era qualcuno. Così si affacciò nella stanza di sua sorella, ma la trovò vuota esattamente come doveva essere. Allora si diresse nella camera di Willow e Kennedy.La porta era socchiusa. L’aprì e non c’era nessuno, ma era evidente che qualcuno era nel bagno adiacente.

 

Buffy si avvicinò alla porta e bussò con le nocche:<Will… tutto ok?>. Domandò. La risposta non giunse subito e quando l’altra rispose, comunque la sua voce risultò alterata.

 

<Sì… sì… Buffy!… Sono solo nella merda davvero!>. Buffy corrucciò il viso. Aveva sentito bene? Will nel parlare aveva quasi sussurrato, ma a lei era parso di sentire qualcosa del tipo “sono nella merda” o roba simile. Probabilmente aveva sentito male, non c’era altra spiegazione.

 

<Will… ti serve una mano? Posso entrare?>. Chiese allora, un po’ preoccupata. Il fatto era che aveva indubbiamente sentito male, ma comunque la voce dell’amica non le era piaciuta. E poi cos’erano quei tonfi che aveva sentito?

 

<No, no, Buffy! Non entrare!… Davvero, sto bene! Un attimo e esco!>. Disse Willow, improvvisamente allarmata, con voce decisamente più alta. Questo insospettì la bionda ancora di più: perché quel cambio repentino di tono? Allora c’era davvero qualcosa che non andava!

 

< Senti, Will, io entro… ho l’impressione che tu non stia bene! >.

 

< No, aspetta…! >.

 

Ma Buffy non aspettò e Will aveva dimenticato di chiudere a chiave. Così la bionda si trovò davanti una scena che davvero non si aspettava: il bagno completamente messo sottosopra, con scatolette di cartone buttate ovunque insieme a linguette di plastica, boccette di profumo e di bagnoschiuma a far loro compagnia sul pavimento. Willow se ne stava seduta sul bordo della vasca con l’aria abbattuta e una delle linguette bianche e rosa in mano. Non stava vomitando e a parte la sua espressione assolutamente atterrita non c’era nulla che non andasse in lei, apparentemente. Ma che diavolo era successo lì dentro?

 

<Will!… Ma che hai combinato qui? Cos’è questo disastro?>. Domandò Buffy, all’amica. Non aveva ancora capito. Willow si lasciò sfuggire un sorriso vuoto e sarcastico:<Non è certo il disordine nel bagno il disastro, al momento!>. Disse in un sussurro quasi impercettibile. Buffy la guardò storta, non capendo che diavolo le fosse preso. Poi si chinò a raccogliere una delle scatolette di cartone e…

 

<Oh mio Dio!… Will…?!>. Quasi Buffy non credeva ai propri occhi. Non l’aveva notato fino a quel momento, ma in mano teneva la scatola di un test di gravidanza ed era… identica a tutte quelle sparse sul pavimento. Almeno una decina.

 

< Willow… come… com’è possibile?… Non avrai mica usato un incantesimo per…? >.

 

< Sì, certo. Un incantesimo chiamato sesso! E’ molto comune, lo praticano in molti senza neppure essere maghi o streghe e spesso il risultato è quello che ho in mano io! >. Rispose la rossa, secca. Nel suo sarcasmo non c’era ombra di divertimento. Non stava scherzando. Buffy le si avvicinò e le tolse la striscetta che teneva fra le dita; la guardò: era blu. Sulla confezione c’era scritto a caratteri cubitali:

 

BLU = positivo

 

ROSA = negativo

 

La striscetta che Will aveva tenuto fra le mani fino a quel momento era… indubbiamente blu. E Buffy, ora che osservò meglio, notò che anche tutte quelle sparse a terra erano blu, inconfondibilmente blu.

 

<Io… sono confusa, Will. Spiegami…!>. Disse Buffy, dopo qualche secondo. Stava cercando di ragionare, di rispondersi da sola, ma non ci riusciva; non senza arrivare alla conclusione più ovvia e cioè che Will era stata a letto con un uomo. Cosa impossibile.

 

< Non c’è granché da spiegare ormai, mi pare! >.

 

Disse Willow, amareggiata.

 

< Come no?… Se non è il frutto di un incantesimo allora cos’è?… Oppure… sarà un esame fallato, ce ne sono tanti di falsi positivi! >.

 

< Sì, certo! Uno poteva essere un falso positivo, ma ho ripetuto il test quindici volte… sono incinta, Buffy! >.

 

Fra loro scorsero lunghi istanti di silenzio; istanti in cui nessuna delle due sapeva esattamente cosa dire. Willow se ne stava lì, seduta esattamente come l’aveva trovata la sua amica, continuando a fissarsi le mani che oramai non stringevano più l’ultimo test che aveva fatto. Buffy, invece, per la prima volta dopo tanti anni, si sentì a disagio davanti alla rossa.

 

Quella storia era pazzesca.

 

< Will… Kenny… >. Iniziò Buffy, ma l’altra la interruppe subito scoppiando a piangere in singhiozzi.

 

< Kenny non sa niente!… Nessuno sapeva niente fino ad ora, a parte Xander, certo!… >. Riuscì a dire Willow, fra un singhiozzo e l’altro. Era disperata e tutti i suoi sforzi per trattenersi erano andati a farsi friggere. Buffy le si avvicinò e l’abbracciò forte a sé, facendole posare la testa sul proprio addome piatto.

 

< Oh, tesoro!… Dai, non fare così… un errore può capitare a tutti e tu… ma chi è il padre? Con chi sei stata a letto e perchè? Onestamente, io… non capisco! >. La sua voce non era accusatoria, voleva solo capire.

 

< Io… noi… eravamo ubriachi e afflitti… e… non lo so che ci ha detto la testa… non era nelle nostre intenzioni quando siamo usciti, quella sera. Ma… poi… è successo, Buffy! E’ successo e basta!… Ed eravamo troppo ubriachi per ricordarci di usare un preservativo o roba simile e io… non abbiamo pensato che poteva succedere questo, non abbiamo pensato a nulla!… C’importava solo smettere per un momento di soffrire perché quel dannato anniversario ricorda tutti gli anni a entrambi quello che avevamo e non abbiamo più…! E io sono secoli che… non ho bisogno di contraccettivi e… nemmeno lui… ma non volevamo!… Non volevamo, lo giuro…!>.

 

Willow aveva preso a parlare a raffica, a vomitare parole insensate per Buffy. Ma furono insensate solo per poco perché, dopo una delle ultime frasi, a Buffy venne un tremendo dubbio che la sconvolse forse più del fatto stesso che Will era incinta.

 

Per un istante la scostò da sé e la fissò in viso, seria come non mai.

 

< Will, calmati ora. Rispondimi: chi è il padre del bambino? >.

 

La rossa esitò, guardandola con quegli occhioni gonfi pieni di rammarico per sé e per la sua maledetta debolezza. Poteva non rispondere a quella domanda, ma poi si chiese a cosa sarebbe servito. Ormai Buffy non ci avrebbe messo tanto a fare due più due e a capire.

 

< … Xander! >. Disse alla fine, riprendendo a piangere.

 

< Co…? Xander?! Ma siete impazziti voi due? >. Sbottò Buffy, improvvisamente arrabbiata. Già era assurdo che Willow fosse stata a letto con un uomo e che fosse rimasta incinta, ma che quell’uomo fosse Xander… era da camicia di forza!

 

< Cazzo! Ma che avete fatto?… Come avete potuto fare una cosa simile? E Kennedy non sa nulla? Dio! E’ un casino! >. Ed era vero. Di lì a pochi giorni in quella casa sarebbe scoppiata la terza Guerra Mondiale, questo poco ma sicuro. Willow, comunque, fra un singulto e l’altro, riuscì a calmarsi sufficientemente da raccontare ciò che ricordava della fatidica sera. L’istinto di Buffy fu quello di prendere a schiaffi lei e quell’idiota di Xander, appena l’avesse preso. Ma poi ebbe compassione della sua amica e ne ebbe anche per l’altro che, subito dopo saputa la notizia, cominciò anche lui a singhiozzare per telefono, incurante del fatto che il tono di Buffy era sembrato davvero furente. 

 

 

 

            Un’ora più tardi i tre amici erano chiusi in camera di Xander a pianificare il dafarsi. Era fuori discussione tacere la faccenda agli altri: una gravidanza era impossibile da nascondere. E più di ogni altra cosa, era impossibile e assolutamente ingiusto nascondere ciò che era avvenuto e le conseguenze a Kennedy… l’unica vera vittima innocente di quella situazione, dal punto di vista di Buffy. Ma, visto il morale dei suoi due amici, evitò di dar voce a quell’osservazione obiettiva ma cinica.

 

<Io però… non me la sento di parlarle ora!>. Ammise Willow, abbattuta. Gli altri due la guardarono sorpresi: possibile che volesse davvero scavalcare quel problema?

 

< Will… non pensare neppure per un attimo di tenere Kennedy all’oscuro di tutto! Non si può e non sarebbe giusto, ok? >. Esclamò Buffy, leggermente allarmata e anche un po’ seccata.

 

Ma l’amica la rassicurò scuotendo la testa.

 

< Figurati!… Non intendevo dire questo, solo… vorrei aspettare qualche giorno, ecco tutto. Tra due settimane Kennedy dovrà consegnare un lavoro importante che, se fatto bene, le consentirà di ricevere una promozione entro la fine del mese. Volevo aspettare quel termine perché… so che si arrabbierà tantissimo e quando è arrabbiata va fuori di testa, sragiona e commette… sciocchezze enormi!… Che lasci me… me lo merito, anche se non vorrei. Ma che lasci il lavoro a causa mia…>.

 

< Se è per questo, sono d’accordo anch’io. Ma glielo diremo insieme quando arriverà il momento, ok? >. Disse Xander, fissando la rossa negli occhi.

 

< Ehm… scusa Xander, ma non so se questa sia una buona idea!… Kennedy è… un tantino tendente a scoppi d’ira furibonda quando s’incavola e tu sei molto, molto più debole di lei!… Potrebbe spaccarti la faccia quando saprà che sei tu il padre del bambino… letteralmente spaccartela! >. Fece notare Buffy.

 

Xander fece spallucce e si passò una mano fra i capelli. Aveva la barba lunga e l’aria stanca. Anche lui sembrava sconvolto quanto Willow dal risultato del test di gravidanza ed erano evidenti tutti i suoi sensi di colpa. Ma questo probabilmente non avrebbe fermato l’ira di Kennedy.

 

< Voglio prendermi le mie responsabilità, chiaro? Sia come padre che tutto il resto!… A questo punto prendo tutto il pacchetto, non mi accontenterei di niente di meno! >. Rispose, secco.

 

< E fai bene, non ti chiedo di fare diversamente, Xan. Ma forse non è una mossa azzeccata confessare a Kennedy questa cosa… voi due insieme! >. Ribatté Buffy, cautamente.

 

< Be’, l’abbiamo fatta insieme e insieme l’affronteremo!… Non lascerei mai Will da sola con Kennedy: a me potrebbe spaccare la faccia, ma a lei? >.

 

< Oh, no, Xander! Kennedy… urlerà, piangerà, magari mi rifilerà anche un ceffone, ma si fermerebbe lì!… Non mi farebbe mai del male seriamente, ne sono certa! >. Disse Willow, cercando di essere rassicurante.

 

Ma la verità era che non era del tutto certa che Kennedy non uscisse davvero fuori di testa per quella storia. Se c’era una cosa che la Cacciatrice mora detestava, era il tradimento… sotto ogni sua forma o aspetto. Willow lo sapeva bene, glielo aveva detto fin dall’inizio. Nell’amicizia, come nella lotta contro il Male, come nell’amore.

 

Tradire per Kennedy significava commettere uno dei crimini più abbietti che esistono e una volta fatto, il responsabile del tradimento perdeva la sua stima, la sua fiducia, la sua considerazione e, soprattutto, il suo affetto. Era un discorso che avevano affrontato per caso, anni prima, quando la loro relazione era agli inizi. Poi non ne avevano più parlato, non era capitato, non era servito. Ma Willow era più che certa che la sua ragazza non avesse cambiato idea a tale proposito. Ed è per questo che lei e Xander avrebbero pagato uno scotto enorme per la notte passata insieme: avevano tradito Kennedy. L’avevano tradita come fidanzata e come amica. E, come aggravante, c’era la gravidanza e il fatto che senza di essa i due avrebbero tenuto la ragazza all’oscuro di tutto.

 

<E va bene! – Disse Buffy, alla fine, rassegnata. – Allora… aspetteremo due settimane e poi… glielo diremo. Diremo la verità a Kennedy e… a mia sorella e Giles, ok?>. Willow però scosse la testa:<No, aspetteremo la promozione di Kennedy. Io… Xander, non pretendo niente da te, davvero! Ma non ho nessuna intenzione di abortire. E’ escluso: questo figlio, probabilmente, è l’unico che avrò mai in vita mia, quindi voglio tenerlo. Voglio che nasca e voglio crescerlo. Ma questa è una decisione mia, mia soltanto. Tu, Xan, non devi sentirti obbligato a fare nulla, ok? >.

 

< Stronzate!… Questo bambino è figlio tuo quanto mio e… lo so che Kennedy tenterà di farmi fuori quando lo saprà, ma non me ne frega niente: il bambino lo teniamo e lo cresceremo insieme. Non ti avrei mai chiesto di abortire! >.

 

< Ragazzi!!! Che state dicendo? >. Sbottò Buffy, facendo uno sforzo per trattenersi.

 

< Stiamo solo dicendo quello che sarà! >. Rispose Xander.

 

< Ah, già! Be’, le vostre intenzioni vi fanno onore, davvero. Ma… siete in grado di crescere un bambino? Tra l’altro… io non ho nominato l’aborto, ma non credo sia da escludere. Pensateci su almeno! >. Esclamò la bionda. Quell’idea ripugnava anche lei, ma bisognava vagliare tutte le possibilità di risoluzione esistenti; invece Xander e Willow parlavano come se la possibilità fosse una e una soltanto.

 

< Non dire assurdità, per favore, Buffy. Non voglio nemmeno sentire nominare la parola aborto! – Disse la rossa, stizzita. – Ti ripeto: questo figlio non era programmato, ma ora c’è e lo voglio. Mi prenderò le mie responsabilità e… lo metterò al mondo!… Non m’illudo che sarà facile e so che non potrò dargli una famiglia normale. Io e Xander non ci sposeremo mai, ma… possiamo comunque fargli da genitori. O almeno queste sono le mie intenzioni! >.

 

< E anche le mie! >. Aggiunse Xander, risoluto.

 

Inutile continuare a battere su quel tasto, dunque.

 

< Ok, va bene. Se avete deciso… io vi appoggerò. Fermerò Kennedy quando farà la sua sfuriata e… farò da zia saggia e dolcissima al bambino! >. Concluse la bionda, rassegnata ad assecondare i due amici.

 

< Per quanto riguarda la parte della zia… nulla in contrario, ovviamente. Ma… non ci sarai anche tu quando parleremo con Kennedy! >. Disse Xander, sedendosi a terra, con le gambe stese e la schiena poggiata alla parete. Willow anche annuì: era d’accordo con lui.

 

< Come no? Siete matti davvero, allora! >. Ribatté Buffy, ansiosa.

 

< No. E’ che… già ce l’avrà a morte con noi e… non deve e non può prendersela anche con te o sarà un disastro. Le servirà una spalla su cui piangere e qualcuno con cui parlare. Se credesse che l’hai tradita anche tu, non ti rivolgerebbe più la parola e allora sarebbe impossibile farla calmare! >. Spiegò Willow, ravviandosi i capelli. Conosceva troppo bene Kennedy e sapeva per certo che Buffy era l’unica che avrebbe potuto aiutarla quando, di lì a poco, ne avrebbe avuto bisogno.

 

Buffy sospirò profondamente e pensò con tristezza e amarezza a quello che probabilmente sarebbe successo di lì a poco.

 

< Ricapitoliamo, allora. Quando volete dirglielo? >. Domandò, con un filo di voce stanca, senza neppure il coraggio di guardare i suoi due amici in faccia.

 

< Fra un mese, massimo un mese e mezzo! >. Rispose Willow, piatta, con lo sguardo fisso al pavimento e un peso sullo stomaco che sapeva sarebbe rimasto con lei molto più a lungo di quel termine.

 

< Ne sei certa? Il rischio è che Kennedy o qualcun altro se ne accorga prima! >. Fece notare Buffy, poco convinta, pur sapendo di avere ragione. Ma la rossa fu irremovibile.

 

< Farò attenzione affinché non accada… Ma… sì, almeno fra un mese, quando Kennedy si sarà sistemata a lavoro. E poi… fra una settimana viene mia cugina Ally, quindi per me sarà più facile stare fuori casa! >. Disse Will.

 

< Non è fuori casa che devi stare, ma fuori dal letto o Kenny se ne renderà conto in meno di un mese, temo! >. Disse Xander, riflettendo.

 

Non era stato delicato da parte sua, ma aveva ragione e loro non potevano permettersi il lusso di essere ipocriti l’uno con l’altra.

 

< Io… tenterò, ma non sarà facile. Comunque… quando glielo diremo sarò al terzo mese, più o meno. Quindi se sto attenta a non ingrassare, non dovrebbero esserci problemi! >. Sembrava aver pensato a tutto, freddamente come fosse un piano d’attacco. Ma dentro si sentiva morire per l’errore, l’ennesimo, che aveva commesso.

 

< Va bene. Fate come volete!… Domani, però, andiamo in ospedale a fare controlli più seri, ok? E non accetto un no come risposta: sono dispostissima a trascinarti dal medico, se serve! >. Disse Buffy, infine. Poi fece per andarsene: sentiva il bisogno incombente di prendere una boccata d’aria fresca. Prima di uscire di lì, tuttavia, si fermò un momento e guardò indietro:<Ah… ragazzi… lo so che è una situazione difficile, ma… congratulazioni comunque!>. Disse, con un sorriso tirato ma sincero. I due la fissarono tesi quanto lei e annuirono ricambiando quel sorriso forzato; forzato non perché in realtà non volessero il bambino, ma perché la sua nascita avrebbe stravolto la vita di tutti. Soprattutto la loro e quella della povera Kennedy.

 

Poi Buffy uscì e finalmente andò a concedersi quella doccia che aveva programmato sin da quando era tornata dal lavoro stanca morta e sudata, circa un paio d’ore prima.

 

CAPITOLO QUINDICESIMO: L'OSTAGGIO

 

            Buffy era distesa nel letto, a casa di Tomas, col suo ragazzo che le dormiva beatamente accanto come fosse stato un bambino. Fra loro da quasi una settimana filava tutto senza intoppi né discussioni: nessun appuntamento saltato, nessuna bugia da inventare, nessuna urgenza in ospedale. Però la ragazza aveva l’impressione che Tom fosse distante mille miglia da lei. Non che il giovane medico fosse freddo o poco premuroso con lei, ma lo vedeva distratto, come se anche quando stavano insieme lui pensasse ad altro. Aveva avuto grossi problemi al lavoro, Buffy lo sapeva. Era deceduta un paziente che, in teoria, avrebbe dovuto essere dimesso il giorno seguente e per questo ora c’era un’indagine interna che doveva stabilire se c’era stato un errore da qualche parte e, se sì, scoprire chi l’aveva commesso e perché. Il problema, le aveva detto Tomas, era che l’errore effettivamente c’era stato e più di uno, anche. Il paziente in questione, infatti, era cardiopatico da anni e prendeva tutta una serie di farmaci anticoagulanti che doveva smettere prima dell’intervento. Il dottor Bhel, il diretto superiore di Tom, teoricamente avrebbe dovuto seguire lui stesso il caso, visto che si trattava di un suo paziente; ma non l’aveva fatto, lasciando il tutto ad uno specializzando fresco di laurea in medicina che non solo non aveva fatto sospendere i farmaci al paziente, ma ne aveva prescritto la continuazione anche subito dopo l’intervento. La cistifellea era stata asportata in maniera assolutamente impeccabile dallo stesso Tom, ma lui aveva fatto solo il lavoro di “taglio e cucito”, come lo definiva egli stesso. E poi era successo il disastro.

 

Forse, pensò Buffy, la probabilità che Tom fosse il capro espiatorio ideale che Bhel stava cercando aveva innervosito e preoccupato il suo ragazzo più di quanto lui non ammettesse. Avrebbe voluto aiutarlo in qualche modo, magari anche rassicurarlo e confortarlo. Ma l’atteggiamento del giovane medico non glielo stava permettendo e forse non glielo avrebbe permesso mai.

 

Oltre a questo, c’rea qualcos’altro che preoccupava Buffy e che in qualche modo la stava allontanando da Tom: la gravidanza di Willow. Da quando, circa dieci giorni prima, la rossa e Xander avevano deciso che il loro bambino sarebbe indubbiamente venuto al Mondo, Buffy si era recata spesso insieme all’amica in ospedale per i tipici controlli di routine. Le era capitato d’incontrare Tom che le aveva chiesto cosa ci stesse facendo lì; lei, per rispettare una richiesta che Will le aveva fatto, aveva evitato di rispondere realmente dicendo solo che si erano recate lì per dei controlli. Il che era vero quanto evasivo. Tomas non aveva insistito, ma Buffy sapeva che una volta in più si era sentito escluso dalla sua vita. Solo che stavolta proprio non poteva essere altrimenti, visto che non riguardava lei in prima persona il motivo per cui si trovava in ospedale con Willow.

 

Tomas si svegliò lentamente, aprendo gli occhi e fissando il soffitto per alcuni istanti, come se stesse cercando di realizzare dove si trovasse, nonostante fosse nel proprio letto, a casa sua. Poi finalmente si mosse e si voltò verso Buffy:<Buon giorno!>. Disse, bisbigliando, ma con poco trasporto. La ragazza gli sorrise e gli si strinse addosso, circondandolo con le braccia e una gamba, poggiandogli la testa sul petto largo e ben scolpito:<Buon giorno, amore!>. Esclamò la bionda, decisamente con più entusiasmo. Lui la strinse e le posò un lieve bacio sulla fronte, scostandole i capelli che le circondavano il viso alla rinfusa.

 

<Hai dormito bene?>. Gli chiese Buffy, carezzandogli il ventre piatto e giocando coi lineamenti del suo corpo. Tom scosse la testa:<Non molto, veramente!>. Ammise. La ragazza non aveva bisogno di sapere perché, ma glielo domandò ugualmente, sperando che stavolta lui si confidasse.

 

<Sei preoccupato per la storia di quell’uomo deceduto il giorno prima della dimissione?>. Gli chiese, senza troppi giri di parole. Tomas non rispose subito. Poi sospirò:<Sì, effettivamente lo sono!… Bhel è un bastardo e Kruelts è stato uno stupido imbecille. Ma io lo sono stato più di lui… avrei dovuto controllare, verificare che a livello clinico Kruelts stesse seguendo adeguatamente il paziente. E invece…>.

 

< Kruelts è lo specializzando che non ha fatto sospendere le medicine al paziente? >.

 

< Sì! Jhon Kruelts, figlio del professor Rid Kruelts, primario di urologia nel nostro carissimo ospedale. Lui e Bhel si conoscono da anni e Bhel non permetterà mai che il figlio di un suo amico venga sbattuto fuori per una cosa del genere! >.

 

< Ma perché, scusa? Se questo Jhon ha fatto l’errore… >.

 

< L’errore lo abbiamo fatto tutti, in realtà. Non è questo il punto! Il punto è che Bhel ne uscirà pulitissimo, Kruelts probabilmente verrà sospeso e io… be’, ho una buona possibilità di perdere il lavoro e andar via con la reputazione rovinata! >.

 

< Come sarebbe a dire? Se la responsabilità è stata di più di una persona e, soprattutto, di Bhel che avrebbe dovuto controllare il suo specializzando, allora perché… >

 

< Perché avrei dovuto controllarlo anch’io!… Bhel notoriamente ignora la parte clinica di un paziente e Kruelts è notoriamente un borioso figlio di puttana che spesso in passato ha sbagliato credendo di essere più preparato di quello che effettivamente è!… Ufficialmente non avrei dovuto occuparmi io di quella dannata terapia, ma avevo comunque l’obbligo morale di farlo. Non l’ho fatto perché… perché ero stanco, andavo di fretta e… >.

 

< E? >

 

< Ed erano giorni che non vedevo la mia ragazza e l’unica cosa che volevo fare dopo quell’intervento era correre a casa tua! >.

 

Ecco come stavano le cose, allora. Ecco spiegato anche perché fino ad quel momento Tomas non aveva voluto affrontare l’argomento con lei: era perché, in un certo senso, era a causa sua se il medico si trovava nei guai.

 

Buffy scattò a sedere sul letto e lo fissò stravolta negli occhi chiari screziati di gocce ambrate:<Aspetta un momento!… Era per questo che non mi hai mai detto finora come sono andate le cose esattamente? Quel giorno avevi appuntamento con me?>. Gli domandò, allarmata e in preda ad una certa quantità di confusione. Tomas anche si tirò su a sedere:<Non è dipeso certo da te, Buffy. Che vai a pensare?… In realtà io non avrei neppure dovuto operarlo quel tizio: ero in servizio da ventisei ore filate e il giorno prima avevo smontato da una guardia di altre quarantott’ore ininterrotte, quindi… Ma Bhel mi aveva chiesto di fare l’intervento al posto suo e io non ho potuto rifiutare: non si dice di no ad uno come Bhel!… Ecco quel è il problema, la causa del casino che è successo!>.

 

< E non puoi farlo presente alla commissione disciplinare che sta indagando sul caso? >.

 

< A che servirebbe? Mi direbbero che comunque ho sbagliato io: dovevo rifiutarmi di operare o dovevo rimanere a sistemare la terapia del paziente!… Infondo Bhel non mi ha minacciato: non ho prove contro di lui! >.

 

< Allora che farai?… Voglio dire, parli come se già avessi la certezza che perderai il posto, quindi… che farai? Come lo impedirai? >.

 

< Non credo di poterlo impedire, Buffy. Però… probabilmente, giocando bene le mie carte, posso evitare che la mia reputazione finisca nella spazzatura! >.

 

< E come? >.

 

< Patteggiando con Bhel e i proprietari dell’ospedale! >.

 

< Ricattandoli, vuoi dire! >.

 

< In un certo senso… Ma non so dirti ancora come. Devo parlare col mio avvocato e studiare bene le mosse da fare. Poi… mi muoverò di conseguenza e ti racconterò tutto! Comunque… un mese fa un mio amico è diventato capo della direzione sanitaria di una clinica privata di Washington. Mi ha telefonato la scorsa settimana e mi ha chiesto di diventare primario del reparto di chirurgia generale lì dentro e io… gli ho chiesto tempo per riflettere. Ma a questo punto credo che accetterò! Sono un medico, un chirurgo, e senza una sala operatoria non so che farmene delle mie abilità, delle mie conoscenze! >.

 

< Washinghton? Ma è lontanissima da qui! >.

 

< Non poi così tanto se si considerano gli aerei! >.

 

< E la nostra storia? Voglio dire, se tu andassi a Washington, fra noi che succederebbe? >.

 

< Be’, io non vorrei che qualcosa cambiasse, anzi. Sai… ci stavo pensando già da l’altroieri… vieni con me, Bufy. Ti prego, non voglio che fra noi finisca. Io… sono innamorato di te! >.

 

 

 

          

 

          

 

Giles stava servendo dei suoi clienti abituali che, oramai, lo chiamavano per nome. I clienti in questione erano due giovani, moglie e marito, che sembravano aver trovato nella misticità un ingrediente fondamentale per pepare il loro rapporto. Mary e Mat, questi i loro nomi, non avevano ottenuto il benestare di Giles per le loro pratiche magiche di basso livello che tanto li eccitavano; ma l’Osseravtore aveva imparato una lezione dalla sua vecchia amica nonché socia, Anya, prima che questa morisse: un cliente è colui che spende il suo denaro per darlo a te e permetterti di campare se spende poco, o permetterti di arricchirti se spende grandi cifre. Finché non fa danni, chiunque può pasticciare con la magia, ammesso che sappia farlo davvero e che invece non sia qualcuno che si illude di usarla. Giles aveva un negozio di magia. Per ricevere denaro dai clienti, doveva vendere loro articoli magici. Mary e Mat erano clienti fedeli che andavano lì almeno due volte la settimana, spendendo quasi sempre cifre discrete. Tanto bastava, dunque, a frenare l’istinto di Giles che li avrebbe bacchettati e ammoniti severamente, ricordando loro quanto può essere pericoloso giocare con ciò che non si conosce.

 

Contemporaneamente, nello scantinato del negozio, Willow era seduta sul divanetto che lei stessa aveva suggerito di comprare, quando Giles aveva aperto la sua nuova attività commerciale, a digitare sul suo computer per proseguire le ricerche riguardanti i due fratelli vampiri e quel dannato talismano di Soid. In quasi tre settimane del talismano non era riuscita assolutamente a trovare nulla, neppure un disegno fatto per sbaglio da una fattucchiera di bassa lega del quindicesimo secolo; in compenso, di Habel e Kaine aveva scoperto qualcosa d’interessante… alcune informazioni che non aveva ancora comunicato al resto del gruppo, ma che ora stava verificando per accertarsi che fossero esatte. E a quanto pareva lo erano davvero, o almeno così risultava dal confronto con l’archiovio del nuovo Consiglio degli Osservatori, avente la propria sede centrale in Scozia, nel vecchio maniero in cui Willow stessa aveva passato non poco tempo nel periodo della sua redenzione, dopo la morte di Tara e l’uccisione di Worren Milse.

 

<Trovato qualcosa?>. La voce profonda di Giles la fece sussultare come se qualcuno all’improvviso le avesse strillato dentro le orecchie senza nessun preavviso. In realtà, l’uomo aveva poco più che sussurrato, ma la giovane strega era talmente tanto concentrata su ciò che stava facendo, che non lo aveva sentito scendere per le scale e si era resa conto della sua presenza solo quando lui l’aveva dichiarata parlando. Giles la fissò incuriosito, pensando una volta in più che Willow ultimamente si comportava in maniera strana, quasi bizzarra per un tipo mentalmente squadrato come lei.

 

<Mi scusi, Giles! E’ che… non l’avevo vista! Cosa… che mi ha chiesto?>. Domandò la giovane, cercando di ritrovare la concentrazione persa e la calma. Giles le si avvicinò e le si mise a sedere accanto.

 

< Ti ho chiesto se ci sono novità. Se hai trovato qualcosa. Con la tua ricerca, intendo! >.

 

Willow allora si rilassò un po’ e annuì sorridendo.

 

< Sì, a dire il vero, sì!… L’altroieri ho trovato alcune notizie su Kaine e Habel, ma il sito apparteneva a dei fanatici del vampirismo. I soliti giovani idioti, esaltati dalla storia dell’immortalità e della fantomatica sensualità dei vampiri… Comunque, su questo sito c’erano un sacco di storie, d’informazioni e in un link c’erano scritte anche delle notizie sui nostri carissimi nuovi nemici, i due fratelli appunto. Non ve l’ho detto perché non sapevo quanto fossero attendibili quelle informazioni, ma ora ho appena finito di spulciare nell’archivio del Consiglio degli Osservatori e… Voila! Guardi qui cosa ho trovato! >.

 

Willow voltò il proprio PC portatile verso Giles, in modo che l’uomo potesse leggere ciò che c’era sulla schermata. La rossa aveva fatto in modo di visualizzare in contemporanea sia la pagina del sito web dei fan dei vampiri che quella salvata dell’archivio del Consiglio: il gergo era molto diverso, ma il succo finale dei contenuti delle due fonti erano pressoché identici.

 

< Quindi “sciagura” è Kaine! Be’, almeno adesso sappiamo chi non ha niente a che fare con sensazioni umane e sentimenti! >. Commentò Giles, pensieroso.

 

< Veramente qui questa cosa non c’è scritta! Voglio dire… il riassunto di questa roba è che Kakistos chiamava Kaine sciagura, ma non c’è precisato il perché. E sapevamo già che Kaine è temuto dalla sua gente, dai suoi simili. Non c’era certo bisogno di leggere su questo schifo di sito che Kaine sterminò il clan di Basilius nel momento in cui costui e i suoi uomini giunsero a Lisbona, città nella quale il clan di Kakistos già si era stabilito da anni! >.

 

< Il sito farà schifo, ma in quella pagina dell’archivio c’è scritto che Kaine sterminò il clan di Basilius solo perché fu ordinato a Basilius in persona di andar via da Lisbona, lui si rifiutò e Kaine scatenò la sua furia contro di loro!… Leggi! “… nessuno di loro ebbe scampo. I più fortunati morirono rapidamente col cuore spappolato o le teste mozzate da colui che chiamavano sciagura, finendo così in polvere. Chi, tuttavia, questa fortuna non ebbe, si ritrovò urlante col corpo infiammato, finché le ardenti fiamme appiccate da Kaine non si consumarono totalmente, spegnendosi solo quando esso si fu trasformato in cenere come le case del quartiere all’estremo sud della città!”… Non è un racconto rassicurante e non lascia molto spazio a supposizioni riguardanti Kaine e la sua traccia di umanità! >.

 

< Mmm… non so, Giles. E’ che… mi sembra troppo semplice così. Voglio dire: se quei due sono davvero i famosi Caino e Abele, è troppo facile stabilire che il cattivo sia Caino perché è questo che ci hanno insegnato sin dal tempo dei tempi. Ne stavamo parlando con Buffy, l’altro giorno, e lei è d’accordo con me. Questa faccenda puzza di fregatura! >.

 

< Che puzza, non c’è dubbio, comunque se dal tempo dei tempi ci hanno tramandato che Caino è quello corroso dal Male, perché ora dovrebbe essere diverso? Non abbiamo elementi per sostenere una tesi simile! >.

 

< E non ne abbiamo per non sostenerla! >.

 

Giles sbuffò un po’ irritato dalla testardaggine della giovane strega; sostenuta a sua insaputa, tra l’altro, da Buffy.

 

< Hai trovato altro? >. Domandò l’uomo, per cercare di far virare il discorso almeno di un po’ e non far sorgere una discussione.

 

< Sì. Però questa parte non l’ho riscontrata negli archivi del Consiglio!… Si accenna ad un talismano, di cui non c’è il nome, che permetterebbe ad uno dei due fratelli di… leggo testualmente:”confermare la natura più propria e rafforzare  poteri che ad essa appartengono!”… Troppo contorta come frase, secondo me: non l’ho capita fino infondo. O almeno non credo! >.

 

Giles parve riflettere sulla scritta indicatagli da Willow e per lunghi istanti non proferì parola, leggendo e rileggendo mentalmente quelle poche righe. Non si accennava esplicitamente a un talismano, ma più che altro ad un qualche oggetto mistico di cui non c’era né il nome né la descrizione. Poteva essere qualunque cosa; da un vaso da notte a una corona di diamanti. E non c’era neppure un breve accenno a chi l’avesse creato o a perché e come o con cosa. Insomma, quella breve nota poteva parlare di tutto o di niente e poteva risultare importantissima o assolutamente insignificante. Il che, decise l’Osservatore, per esperienza significava che probabilmente si trattava di una bufala, una fandonia messa lì tanto per scrivere qualcosa che potesse risultare appetibile per qualche sciocco curioso.

 

< Io… non credo che dovremmo seguire ogni minima traccia che troviamo in giro!… Questa scritta… è talmente tanto vaga che non risulterebbe utile nemmeno a un esperto di risoluzione di enigmi della N.I.A.! >.

 

< Forse è vero che è vaga, l’ho detto io per prima! Ma finora è l’unica cosa che abbiamo trovato che possa essere collegabile alla storia del talismano che hanno detto a Buffy! >.

 

Giles sollevò un sopracciglio e annuì.

 

< S-sì, è vero anche questo!… Ma… stavo pensando, Will, e se invece la storia del talismano fosse una frottola inventata per distrarci? Per… indirizzare la nostra attenzione su qualcosa che non sia quello che davvero stanno cercando i vampiri? >.

 

Anche quella era una possibilità da non scartare a priori.

 

< Se fosse così, Giles, significherebbe solo che avremmo un problema più grosso di quello che sembra adesso e che… stiamo andando avanti ancora completamente alla cieca! >. L’Osservatore annuì, poi si avviò verso le scale per tornare di sopra, dai suoi clienti dicendo:

 

< Vero!… Per questo… tu continua le ricerche fra libri e pagine di internet, mentre io, Buffy e Kennedy continueremo a fare ronde dal tramonto all’alba… sperando di non morire di stanchezza in pochi giorni. Non è bello fare sempre la parte pesante del lavoro! >.

 

Esclamò, distrattamente. Non vide l’occhiataccia che gli lanciò la ragazza, ma sentì il suo commento seppur detto a voce bassa, parlando quasi fra sé e sé.

 

< Sì, certo!… Come se foste voi tre gli unici a fare i chilometri a piedi di notte, in cerca di guai! >.

 

Giles si bloccò all’istante, dopo aver fatto appena i primi gradini della rampa. Poi si voltò lentamente, con un sopracciglio sollevato e l’aria curiosa di chi non sa se sta provando disappunto o meno.

 

< Che hai detto? >. Chiese, con voce più alta di quanto non avesse voluto; e anche più stridula, a dire il vero. Will quasi sobbalzò, presa alla sprovvista da quella reazione.

 

< Ah… be’, io… ho detto solo che… non siete solo voi tre ad uscire di ronda. Perché, non è vero forse? >.

 

Non è che volesse far nascere una discussione, ma Willow non aveva intenzione di fingere di non aver parlato solo per far contento Giles. In quel periodo era nervosa, troppo per essere accondiscendente e soprattutto per tacere davanti a quel bacchettone di Giles.

 

< Sì che è vero. Ma d’altronde è quello che facciamo sempre quando dobbiamo risolvere questioni di questo genere! Dobbiamo farlo, è il nostro compito. Non pensavo ti disturbasse tanto da rinfacciarlo! >.

 

Se lei era nervosa, Giles sembrava esserlo altrettanto.

 

< Non l’ho rinfacciato a nessuno, ma di tanto in tanto lei, Kennedy e Buffy avete la tendenza a dimenticarvi del fatto che anche io Xander e Dawn facciamo gli stessi vostri sacrifici per la caccia a demoni e vampiri! >.

 

< Ah! Non sapevo la pensassi così!… E parli per te sola o ti stai facendo portavoce anche degli altri che hai nominato? >.

 

< Parlo per me, ma non credo che Xan e Dawn la pensino tanto diversamente, ad essere sinceri! >.

 

< Se ti secca tanto venire di ronda, allora non venire! Infondo hai ragione tu: non è la tua missione, non sei obbligata! >.

 

< Non ho detto questo, Giles. La smetta d’irritarsi tanto!… Non mi pesa stare dalla parte dei buoni e venire a caccia per aiutarvi, ma è assurdo che lei pensi che siete solo voi tre a rischiare la pelle o a fare il lavoro pesante! >.

 

< Non lo penso affatto! >.

 

< Ma è quello che ha detto e non solo non sono d’accordo, ma credo che sia quantomeno ingiusto da parte sua, fare un’osservazione del genere. Tutti noi ne abbiamo passate tante: i guai non sono un’esclusiva delle Cacciatrici e degli Osservatori, per quanto ne so io! >.

 

< Diavolo, Willow! Pensi che non lo sappia? So perfettamente che non c’è stato uno solo di noi che non abbia corso pericoli o che non abbia perso qualcosa nelle varie battaglie affrontate in questi anni, ma nessuno ha costretto te o Xander e nemmeno Dawn a combattere. Contro nessuno!… Non vuoi più farlo? Non farlo, allora. Ma se lo fai non lamentarti: non credo che tu ne abbia diritto! >.

 

A quelle parole la Strega Rossa sgranò gli occhi, diventati improvvisamente arrossati e quasi umidi di lacrime. Come poteva Giles parlarle in quel modo? Come poteva dirle quelle cose dopo tutto ciò che aveva affrontato per aiutare Buffy e lui in quegli anni? Di errori ne aveva commessi tanti, ma onestamente pensava anche di aver fatto qualcosa di buono sia con la sua magia, sia con la sua abilità informatica o con la sua mente logica e laboriosa. Per non parlare di ciò che aveva perso lei personalmente in quegli anni e di ciò che era venuto a mancare a Xander e a Dawn.

 

<A quanto pare, Giles, io e lei abbiamo un problema! – Disse seria, Willow, alzandosi dal divano e mettendo da parte il computer. Era seria e per un momento Giles temette di vedere in lei gli occhi neri che sprizzavano rabbia e magia. Ma non fu così, nemmeno quando la ragazza proseguì a parlare – So di essere in debito con lei e con Buffy, ma non tollero che me lo si ricordi troppo spesso e, soprattutto, non così irrispettosamente!… Non mi sono mai lamentata, non mi sono mai tirata indietro, né ho tagliato la corda nei momenti difficili, quindi non credo che lei sia giusto quando mi parla in questo modo! E non lo è nemmeno nei confronti di Xander, che nella lotta ci ha rimesso la vita di Anya e un occhio, e verso Dawn che non ha mai fatto la vita di un’adolescente comune e che ha imparato a fare ricerche prima ancora d’imparare a leggere!>.

 

< Oh, andiamo, Will. Adesso sei tu che stai… >.

 

< Che sto cosa?… Al diavolo, Giles. Se le faccia lei le ricerche, io vado a casa a riposare, tanto per cambiare. Tanto più che non sto bene! >. Esclamò, infine, la rossa, davvero arrabbiata. Giles stava per fermarla: voleva approfondire quello scambio di opinioni, per quanto acceso rischiasse di diventare. Ma la ragazza schizzò via quasi correndo, schivando la sua mano che aveva tentato istintivamente di afferrarle il braccio per fermarla. La giovane salì i gradini due a due e se ne andò senza nemmeno guardarlo in faccia o pensare al computer rimasto lì acceso e messo pericolosamente sul bordo del divano.

 

<Willow, aspetta…!>. Disse l’uomo, ad alta voce. Ma era tardi: Willow non era nemmeno più nel negozio.

 

 

 

 

 

            C’era luna piena quella notte e il cimitero era praticamente illuminato a giorno, rispetto al solito. Giles camminava davanti al gruppo, impugnando una balestra enorme che aveva acquistato da poco assieme ad una scorta di frecce non indifferente. Dietro di lui, Kennedy e Dawn intente a chiacchierare riguardo all’imminente promozione che la bruna avrebbe ottenuto a giorni, e, in coda al gruppo, Buffy e Xander che avevano fatto in modo da distanziare gli altri per poter parlare un po’ in santa pace. Quel pomeriggio Willow era rientrata in casa furiosa ed era andata a rinchiudersi in camera dopo aver detto a Dawn che quella sera non sarebbe uscita di ronda con gli altri. Dawn aveva riferito la cosa a sua sorella quando questa era arrivata con Tom, in un momento in cui il medico era andato in bagno; poi, a cena finita, una volta che Tomas se n’era andato a lavoro, Buffy era salita in camera per parlare con la sua amica: era preoccupata per lei e il suo chiudersi a riccio la impensieriva ancora di più. Ma poi era uscita fuori la storia della discussione con Giles e Buffy si era rilassata un poco: non era esattamente insolito che l’Osservatore e la Strega Rossa discutessero fra loro. Willow aveva raccontato ciò che si erano detti lei e l’uomo e aveva anche detto di non aver informato Xander e Dawn della cosa per non scatenare una lite in casa, ma rimaneva il fatto che lei sapeva come la pensava Giles e non riusciva a passarci sopra. Buffy non aveva insistito quando Will le aveva detto che per un po’ avrebbe smesso di uscire di ronda, ma quando Xander le aveva chiesto spiegazione, la bionda non era riuscita a mentirgli e ora gli stava raccontando la verità.

 

Xander ascoltò attentamente, in silenzio, attento ad ogni parola. Lasciò parlare Buffy fino alla fine del racconto, poi le lanciò un’occhiata significativa, continuando a camminare al suo fianco.

 

<Lo sai, vero, qual è il mio istinto in questo momento?>. Le disse, a bassa voce, con sguardo duro. Buffy annuì e gli diede un paio di lievi pacche sulla spalla:<Lo so, lo so! Ma… Xander… sono certa che Giles… si sia espresso male, tutto qui!>. Disse la Cacciatrice , tentando di giustificare il suo Osservatore per calmare un po’ le acque. Xander ficcò le mani in tasca con un gesto secco e irritato.

 

<Lo spero! Ma onestamente credo che Giles talvolta debba darsi una regolata. Il fatto che sia il più anziano fra noi non gli dà il diritto di dire cazzate saltuariamente, quando è in crisi da carenza di teina!> Commentò duro, il carpentiere. Buffy non riuscì a trattenere una risatina divertita che tentò di nascondere mettendo una mano davanti alla bocca, ma che non sfuggì affatto all’amico.

 

<Non ci trovo nulla da ridere!… Dico sul serio, Buffy:  passi pure che praticamente ha sparato anche su me e Dawn, fingerò che non l’abbia fatto. Ma non riesco a non pensare che Giles a volte è troppo duro e ha la tendenza a dare parecchi giudizi, soprattutto su Willow!>. Disse Xander. Buffy si sforzò di tornare seria.

 

< Lo so e lo sa anche lui, ma Giles non lo fa appositamente. Voglio dire… è bacchettone di natura. Lo fa con tutti, anche con me e con te o con Kennedy. E’ un Osservatore! >.

 

< E questo gli dà la licenza per rompere e rinfacciare continuamente gli errori altrui? >.

 

< No, ma Osservatore significa: rompiscatole, bacchettone, noioso e ripetitivo! >.

 

< Ah, davvero? E in quale dialetto inglese? >.

 

< No, temo che sia una parola di senso universale. Ovunque tu vada, la sua traduzione è sempre la stessa! >.

 

< Guarda, l’unico motivo per cui non andrò da Giles a chiarire di persona la questione è che ben presto avremo già abbastanza casini da risolvere, senza che aggiunga paglia al fuoco ora. Ma sia chiaro: Giles è di memoria corta e se avesse un’uscita del genere davanti a me, non starei zitto. Intesi? >.

 

< Intesi…! Ora diamoci una mossa, raggiungiamo gli altri! >.

 

 

 

 

 

 

 

            Erano le quattro di notte e Willow si stava rigirando nel letto da ore. Kennedy e gli altri erano ancora fuori a caccia e non sarebbero rientrati tanto presto, lo sapeva. Ma lei non riusciva a prendere sonno. Era ancora furiosa per le parole di Giles e la sua nausea non era certo un tranquillante, anzi semmai la innervosiva anche di più. In realtà la nausea le era passata verso le dieci, quando Tomas se n’era andato. Ma il nervoso non aveva neppure accennato a scemare. Erano giorni che faceva ricerche su ricerche riguardo ad Habel e Kaine ed aveva persino lasciato indietro il lavoro per andare a fare ronde lunghissime ed estenuanti; non si era mai lamentata e non aveva mai dato retta a Xander e Buffy che le dicevano che, nelle sue condizioni, doveva assolutamente evitare di stancarsi troppo. E che cosa le era toccato sentirsi dire? Che infondo non era lei a fare il lavoro pesante. Ma poi che diavolo significava? Passare ore ed ore sui libri era pesantissimo sia a livello fisico che a livello psicologico e ridurre le ore di sonno quasi a zero per andare a cercare mostri di vario genere… be’, anche quello era faticoso. Erano anni che si andava avanti in quel modo e non si era mai lamentata, neppure quando avrebbe dovuto mollare tutto e tornare ad una vita normale, lontana dai guai. Ma Giles ignorava completamente questo o, ancora peggio, lo sapeva ma non lo riteneva rilevante. Era assurdo e inaccettabile questo!

 

Un rumore proveniente dal piano di sotto la riportò al presente, alla stanza in cui si trovava e al caldo estivo che l’attanagliava nonostante la brezza che entrava dalla finestra aperta. Scansò il lenzuolo di cotone e balzò giù dal letto sentendo non solo le voci di Kenny, Buffy e Dawn, ma anche un certo trambusto con tonfi vari e la voce di Xander che bofonchiava qualcosa. Infilò al volo gli shorts e scese al piano di sotto.

 

Entrando in salotto, vide Xander e Kennedy che si affannavano a legare ad una sedia di metallo un tizio che, solo qualche istante dopo, riconobbe come Kaine.

 

<Ehi! Ma che diavolo è successo?>. Chiese, confusa e sorpresa. Solo in quel momento gli altri si accorsero di lei. Giles le lanciò un’occhiata, ma non disse nulla; mentre Kennedy le regalò un sorriso finendo di fare i nodi alle corde messe ai piedi della loro preda.

 

<Ciao, amore! Ti abbiamo svegliata?>. Le chiese, finendo e andando a salutarla con un bacio. Willow lo ricambiò velocemente, poi scosse la testa:<Non proprio. Solo che non mi aspettavo di certo questa sorpresina!>. Rispose, riferendosi a Kaine. Era privo di sensi ed era stato legato in maniera tale da poter muovere poco persino il collo; le braccia erano state messe dietro la schiena e bloccate con delle manette d’acciaio che, a loro volta, erano fissate alla sedia con altre corde.

 

<Non ci aspettavamo di andare a fare caccia grossa, ma è capitato e… ne abbiamo approfittato!>. Disse Kennedy, mettendole un braccio attorno alla vita. Willow guardò Buffy, chiedendole spiegazioni in più con lo sguardo.

 

<Già, noi… ci siamo imbattuti per caso in Kaine e una dozzina di suoi seguaci che se le stavano dando di santa ragione con altri vampiri del clan di Habel. Al piccolo cimitero di Growe, sai qual è, no?… Be’, ovviamente ci siamo gettati nella rissa e alla fine ci siamo ritrovati Kaine svenuto a terra, sanguinante esattamente come lo vedi ora!>. Disse Buffy, osservando il vampiro accasciato sulla sedia. Il sangue si era fermato ora, non gli sgorgava più dai tagli che aveva sulla schiena e sulla faccia. Ma le macchie erano rimaste sulla sua maglietta scura ed erano belle grosse. Se fosse stato umano, Kaine sarebbe morto dissanguato e non semplicemente svenuto.

 

<E avete pensato di rapirlo per fare…?>. Chiese Willow, non trovando la presenza lì del vampiro esattamente un’idea geniale.

 

<Per ottenere informazioni da lui, ovvio!>. Disse Dawn, con enfasi, mentre passava l’ultimo rotolo di nastro isolante a Xander, per rinforzare i nodi fatti attorno a tutto il corpo del loro nuovo ostagio. Will sollevò un sopracciglio e guardò Kennedy, in cerca di una conferma o di una smentita di quell’informazione.

 

< A che altro, se no? >. Disse Kenny.

 

< Scusate, solo io vedo l’assurdità della faccenda?… Questo vampiro è antico quanto il Mondo ed ha una forza spaventosa e una crudeltà altrettanto terrificante. I suoi simili lo chiamano sciagura e voi… non avete trovato niente di meglio che portarlo qui, in casa? >. Chiese Willow, un tantino sarcastica. Gli altri la fissarono per qualche istante, poi fissarono Kaine: quello era un aspetto della faccenda che nessuno di loro sembrava aver preso in considerazione. Ma andava fatto.

 

< Ok! Willow ha ragione!… Nel nostro salotto non può stare, non è prudente. Però… Kennedy, aiutami a portarlo di sotto, in cantina: lì c’è la porta blindata e una bella colonna di cemento armato alla quale assicurare la sedia con delle catene. Quelle dovrebbero essere in garage. Dawn, puoi andare a prenderle assieme ai lucchetti che sono sul banco da lavoro? >. Disse Buffy, mentre Kennedy andava ad aiutarla a sistemare Kaine di sotto. Subito dopo si mosse anche sua sorella, mentre Will rimase a guardare, tenendosi bene alla larga da Giles.

 

<Come ti senti?>. Domandò Xander, avvicinandosi alla rossa e posandole un bacio sulla fronte. Will lo fissò negli occhi per un momento e capì subito che Buffy doveva avergli raccontato della sua discussione con Giles:<Sto bene, tranquillo! Ma ora me ne torno a letto: sono stanca!>. Disse la ragazza e Xander la carezzò lievemente su una spalla:<Fai bene, brava! Ora ti mando su Kennedy, così vi accoccolerete tranquille nel letto e tu riuscirai a prendere sonno, ok? A domani!>. Disse Xander, strizzando l’occhio. Poi il ragazzo scese in cantina e lo sentì dire a Kenny di andarsene in camera sua a prendersi cura della sua ragazza, mentre lui e Buffy avrebbero finito di sistemare lì. Will se ne tornò su, ignorando lo sguardo severo dell’Osservatore, e poco dopo fu raggiunta dalla sua ragazza. Anche quella lunga giornata era finita, ma ora le cose si sarebbero complicate ulteriormente: Kaine in casa non era esattamente quello che si poteva definire un ospite gradito; inoltre, Willow aveva seri dubbi sul fatto che il vampiro avrebbe sputato il rospo sui suoi piani o su quelli di suo fratello. Se i suoi simili lo temevano tanto, un motivo doveva esserci senz’altro e la ragazza non credeva che fosse nulla di buono.

 

CAPITOLO SEDICESIMO: IL GIOCO

 

            Buffy osservò in silenzio la sua preda resa innocua dalle catene e dalle corde ma, soprattutto, dallo stato d’incoscienza a cui l’avevano ridotto i suoi simili durante lo scontro avuto la notte precedente. Kaine se ne stava lì, afflosciato su quella sedia come un pupazzo impagliato male, immobile, con la testa penzolante verso le gambe e i capelli chiari e lunghi che gli coprivano il viso segnato ancora dalle ferite; le spalle ricurve, messe in quella strana posa innaturale, lo facevano sembrare meno massiccio fisicamente, ma Buffy ricordava bene quando si erano incontrati la prima volta e teneva ben impresso in mente che di Kaine e di Habel tutto si poteva dire tranne che fossero di stazza minuta o esile. Erano due giganti, anche in altezza, ed erano pericolosi perché erano due vampiri anziani, du predatori esperti, abituati ad uccidere e a sopravvivere alle fibbre fitte del tempo. Solo che, almeno per il momento, Kaine non poteva più considerarsi un predatore perché era stato messo furoi combattimento e non era più in grado di trasformare in atti pericolosi la sua aggressività.

 

<Già!… Ma mi chiedo per quanto resterà innocuo. Forse ha ragione Willow: non avremmo dovuto portarlo qui!>. Riflettè Buffy, parlando fra sé e sé, continuando a scrutare il vampiro da dove era seduta, sul terz’ultimo scalino della cantina. Poi i suoi pensieri si spezzarono, interrotti da un improvviso movimento delle mani di Kaine che, un attimo dopo, sollevò a fatica la testa, lasciando che i capelli lunghi fino alle spalle gli scoprissero il viso. Le ferite c’erano ancora, ma sembravano essere quasi guarite, come fossero vecchie di settimane. E invece era stato pestato appena la notte scorsa. Buffy non ricordava di aver mai conosciuto un altro vampiro con una capacità di guarigione tanto rapida. Probabilmente, anche quello era frutto della sua lunghissima età; una sorta di regalo che il resistere allo scorrere dei secoli gli aveva dato.

 

<Ben svegliato!… Anche se in realtà per quelli come te è un po’ presto!>. Disse la Cacciatrice, fissando il vampiro negli occhi. Quelle iridi azzurre le davano i brividi, tanto trasmettevano freddezza. Eppure, in esse non riusciva a scorgere cattiveria pura: il suo sesto senso di Cacciatrice non le diceva di stare in guardia, non l’avvisava di avere paura per salvarsi la pelle come succedeva con i soliti nemici. Che cosa significava questo? Una volta Spike le aveva svelato il segreto del suo successo contro le due Cacciatrici che aveva fatto fuori con le sue stesse mani: loro lo avevano voluto, loro avevano cercato la morte perché tutte le Prescelte, prima o poi, erano tanto attratte dalla morte da desiderarla. Era questo che le stava succedendo ora? Era per questo che guardava Kaine, un teorico terribile nemico, e non provava nessuna paura? Non lo sapeva. Non c’era una reale risposta a quella domanda. Ma si agurava di no: non ora che la sua vita era divenuta quasi normale.

 

<Dove mi trovo?>. Le domandò Kaine, con tono piatto. Non tradì sorpresa né nello sguardo, né nella voce. Buffy lo vide guardarsi intorno, ma quasi con noncuranza, come se infondo non importasse realmente dove fosse.

 

< In casa mia!… Ricordi cosa ti è successo? >.

 

< Certamente! Sono in debito con mio fratello: gli devo un po’ di pene e una bella botta in testa!… Ma tu cosa c’entri in tutto questo? Ti sei alleata forse con quell’idiota? >.

 

< Alleata con Habel?… Non ci penso nemmeno!… Tu e i tuoi leccapiedi vi siete battuti contro tuo fratello e la sua banda. Io ero di ronda col mio gruppo e siamo arrivati da voi che la festa era quasi finita, ma ci siamo comunque gettati nella mischia. Sai com’è? Impossibile non menare le mani almeno una volta al giorno!… Solo che dopo poco che abbiamo cominciato a giocare anche noi… Habel è scappato con i suoi tre amici, sopravvissuti a te, per quanto ne so. Mentre i tuoi se la sono data a gambe su ordine di… non so… Darrel, Derek, o roba simile! >.

 

< Derek? >. Kaine non sembrò sorpreso, ma sicuramente corrucciato. Era la prima emozione che manifestava dacché aveva ripreso i sensi.

 

< Sì, credo lo abbiano chiamato proprio Derek!… Comunque, stavo dicendo… loro se la sono svignata e, stranamente, ti hanno mollato lì con una spranga conficcata nello stomaco e una bella serie di ferite alla faccia. Tu e il tuo caro fratellino ve le siete date di brutto, eh? >.

 

< Non credo sia un argomento che ti riguardi! >.

 

< No, infatti. Ma lo trovo curioso e… ad essere sinceri, trovo ancora più curiosa la storia del talismano di Soid! >.

 

< Sei un’impicciona, vero Cacciatrice? Che ne sai del talismano, tu? >.

 

< Solo che lo vuoi e che lo vuole anche Habel. Ora dimmi cosa ne sai tu! >.

 

< Scordatelo. Neppure questo ti riguarda! >.

 

Buffy sorrise e si alzò dalla sua postazione cominciando a girare intorno alla sedia a cui Kaine era legato.

 

< Sei assurdo, lo sai?… Te ne stai lì, legato come un salame, praticamente in mia balia e non trovi di meglio da fare che lo sbruffone? Comincio a pensare che i secoli che hai sulle spalle si stiano facendo sentire tutti assieme! >.

 

< Cacciatrice… perché pensi che io o i miei uomini in queste notti non ti abbiamo toccata? Perché credi di non esserti più imbattuta in noi? Credi sia un caso? >.

 

< Non saprei… dimmelo tu! >.

 

< Te lo sto dicendo: non lo è!… Ho dato ordine che nessuno ti seguisse o ti affrontasse. Ho persino ordinato che se qualcuno si fosse trovato sulla tua strada, avrebbe dovuto cambiare la propria. Semplicemente volevo che le nostre strade non s’incrociassero ancora, per non avere un problema in più!… Ma sembra proprio che tu non abbia apprezzato il favore! >.

 

< Favore? Mi sei stato lontano perché ti conveniva, perché stai tramando qualcosa e io credo si tratti di qualcosa di grosso che ha a che fare con quel dannatissimo talismano. E’ il mio lavoro impicciarmi dei piani di quelli come te, quindi non mi vedo come una ficcanaso! >.

 

Kaine sospirò, sorridendo lievemente. Ma, ancora una volta, il sorriso non arrivava agli occhi. Non era divertito realmente, sembrava quasi triste a dirla tutta.

 

< La curiosità uccide, Buffy. Non lo sai? >

 

La Cacciatrice fermò i propri passi e fissò il vampiro dritto in quei suoi occhi di ghiaccio. Cosa nascondeva dietro a quello sguardo apparentemente apatico? Era forse la seconda volta che la chiamava per nome, ma le faceva uno strano effetto, molto più di quanto non gliene facesse quando la chiamava Cacciatrice.

 

< Sono molte le cose che uccidono, Kaine. Molte delle quali, contro di me non funzionano! >.

 

< So che sei sopravvissuta a molte di esse, ma non a tutte… E contro uno come me non ti sei mai battuta! >.

 

< Be’, un giorno di questi faremo un bel round solo fra me e te, ma per il momento non è questo che m’interessa. Dimmi del talismano! >.

 

< Dimmi della storia fra te e Angelus! >.

 

< Come? Ma sei scemo? Che c’entra questo, ora? >.

 

< E’ per passare il tempo! Tanto fino al tramonto non posso uscire e… a giudicare delle ombre che provengono da quella finestra là, direi che manca parecchio al tramonto!… Facciamo un gioco, dunque. Io dico qualcosa a te e tu dici qualcosa a me. A domanda si risponde, qualunque sia la domanda. Che te ne pare? >.

 

< Mi sa di fregatura: mentirai, caro il mio Hannibal Lecter! >.

 

Il vampiro sorrise appena.

 

< Quindi il film l'hai visto anche tu?... Bene... l'ho trovato interessante...  Potrei non mentire, cosideralo. E allora… ti direi ciò che vuoi sapere! A te la scelta, Cacciatrice. Ti va di giocare un po’? >.

 

 

 

 

 

 

 

            Kennedy entrò in cucina e trovò la sua ragazza con la testa infilata nel frigorifero e la bocca piena. Dopo settimane era la prima volta che la vedeva mangiare di gusto e, soprattutto, con tanta avidità da far pensarea ad uno sconosciuto che non mangiasse da anni. La Cacciatrice rimase per qualche momento appoggiata allo stipite della porta a guardare Willow, con un sorrisetto divertito stampato sulle proprie labbra, mentre quest’ultima continuava a spizzicare di tutto: dai formaggi allo yogurt magro di Dawn, alla frittata di zucchine avanzata la sera prima…

 

<Pensavo odiassi le zucchine!>. Disse Kennedy, allorché la vede mangiare anche gli avanzi della cena. Willow si voltò e la guardò interdetta: non si era accorta di lei fino a quel momento.

 

< Che ci fai qui a quest’ora? >. Le domandò, lanciando una rapida occhiata all’orologio da muro appeso sopra la porta. Non erano neppure le tredici e trenta e l’ufficio di Kennedy era decisamente troppo lontano da casa per fare una capatina da lì all’ora di pranzo.

 

< Ho chiesto un permesso dicendo che non stavo tanto bene. Per oggi niente più lavoro, almeno… non davanti ai computer. Ma non mi hai riposto!… Perché ti stai ingozzando in quel modo, addirittura con roba che solitamente non tocchi? >.

 

Willow mandò giù un altro pezzo di formaggio, piccante questa volta, e poi bevve un lungo sorso del succo di frutta all’ananas di Kennedy.

 

< Ho fame e stamattina non ho fatto colazione. Sto cucinando il pranzo ma… non ho resistito e ho cominciato ad attaccarmi a tutto ciò che ho trovato di commestibile. Ieri toccava a Dawn e Xander fare la spesa, ma mi sembra evidente che non l’hanno fatta, visto che questo frigo è praticamente vuoto! >. La rossa aprì un po’ di più lo sportello dell’elettrodomestico e Kennedy poté vedere che, a parte un po’ di frutta e molte cose da bere, in realtà erano ben poche le vivande rimaste.

 

< E che diavolo stai cucinando, allora? >. Le domandò Kennedy, avvicinandosi ai fornelli e scoperchiando la pentola che stava sul fuoco.

 

< Risotto alla lattuga e radicchio!… Non ne vado matta ma è meglio di niente! >.

 

< Con questo caldo?… Will, se avessi fatto un piatto freddo sarebbe andato bene lo stesso! >.

 

< Ormai…! Mi aiuti ad apparecchiare? >.

 

< Certamente!… Buffy dov’è? E’ ancora ad aspettare che il vampiro si svegli? Ieri sera mi ha detto che non sarebbe andata a lavoro oggi. E’ anche per questo che ho deciso di rientrare prima dal lavoro: voglio darle una mano a torchiare quel tipo, così magari otterremo qualche informazione utile entro questo secolo! >.

 

Willow le sorrise prendendo la tovaglia, mentre lei prendeva dalla credenza piatti e posate varie.

 

< Sì, Buffy è in cantina con Kaine, ma non sta più aspettando che si svegli. Ci sta parlando proprio adesso… o almeno, dieci minuti fa ci stava parlando! >.

 

< Parlado? Vuoi dire che lo sta torchiando per bene per farlo parlare! >.

 

< No, no! Dico che ci sta chiacchierando. Non ho capito bene che razza di strategia sia, ma quando sono scesa, prima, li ho trovati a fare una sorta di gioco in cui Buffy fa una domanda e Kaine risponde e poi si scambiano i ruoli! >.

 

Kennedy corrugò la fronte e scosse la testa, evidentemente contrariata.

 

< A volte penso che Buffy in questi anni abbia preso troppi colpi in testa!… Dico io, catturiamo uno dei due fratelli vampiri che vorrebbero tanto farci la pelle e lei, invece d’interrogarlo, ci si mette a giocare tipo “gioco della verità”? Roba da pazzi! >.

 

< Se serve allo scopo, che t’importa del metodo?… Una volta tanto non pesterà nessuno e non uscirà dalla cantina con le mani rosse, tutto qui! >.

 

< Sai cosa trovo più pazzesco di Buffy che gioca con Kaine? Tu che approvi! >.

 

Willow sorrise ancora e fece spallucce mentre sistemava la tavola assieme alla sua ragazza che ora la guardava con un misto di sbalordimento e di divertimento.

 

< E’ una questione di fiducia, Kenny: mi fido ciecamente di Buffy e solitamente i suoi metodi sono un po’ bizzarri, ma sempre efficaci alla fine. Quindi… >.

 

< Mah! Se lo dici tu. Staremo a vedere cosa ne verrà fuori! >.

 

Willow annuì, poi fece il giro del tavolo e fissò Kennedy nei profondi occhi nocciola incorniciati dalle ciglia lunghe e scure. Adorava quello sguardo e le dispiaceva infinitamente quando capiva da esso che Kennedy era triste o ferita a causa di qualcosa che lei aveva fatto. Dopo l’ultima discussione fra loro le cose sembravano essere tornate serene, ma era vero anche che ancora non le aveva detto di Xander e del fatto che era incinta. Quando fosse arrivato quel momento, allora sì che Kennedy avrebbe pianto e quegli occhi non l’avrebbero più guardata come la stavano fissando ora: felici e adoranti, sereni.

 

<Lo sai che ti amo, vero?>. Le disse, in un impeto di affetto. Non le stava mentendo: senza di lei si sarebbe sentita persa e fragile sempre. Kennedy si liberò le mani dai tovaglioli e prese Willow per l’esile vita, carezzandole la pancia morbida coi pollici e i fianchi col resto delle dita:<Ti amo anch’io, rossa!>. Le disse, prima di baciarla profondamente, stringendola possessivamente a sé. Il bacio non durò molto, ma fu assolutamente eccitante, lasciandole entrambe quasi senza fiato.

 

<Perché… non andiamo… di sopra?>. Sussurrò Kennedy, baciando il lobo di Will e carezzandole il collo con la mano opposta. La rossa sorrise lievemente, lasciando che l’altra continuasse a carezzarla e godendo di quel lieve contatto elettrizzante.

 

<Se non dovessi preparare il pranzo…! Ma non posso… i ragzzi stanno per tornare a casa…!>. Rispose, con poca convinzione e con ancora meno voce. In quel momento un finto colpo di tosse richiamò l’attenzione delle due ragazze che, colte in flagrante, si voltarono di scatto verso la porta del salone e videro Dawn e Xander che le fissavano maliziosi e divertiti, tenendosi a braccetto come due vecchie pettegole pronte a ciarlare e a commentare quello che stavano guardando.

 

<Non lo sapete che ci sono luoghi e momenti più adatti a… certe cose?>. Disse Dawn, divertita. Kennedy e Willow si erano scostate l’una dall’altra, ma la bruna teneva ancora una mano sul fianco della sua ragazza. I loro amici le guardavano con soddisfazione, divertiti dal rossore apparso sul viso di Willow e dall’aria altrettanto imbarazzata, una volta tanto, di Kennedy.

 

<N-Non si bussa… prima di entrare?>. Tentò di ribattere la Cacciatrice. Ma Xander sapeva che in quel momento era lui nella posizione di potersi divertire un po’ e infierì:<Non in casa nostra! E poi… che colpa ne abbiamo noi se voi siete due piccole sporcaccione?>. Disse, dando il colpo finale che fece crollare anche quella briciola di sicurezza rimasta in Kennedy. Le due fidanzate si sarebbero sotterrate sotto una mattonella, se avessero potuto. E le loro facce esprimevano esattamente questo. Dopo un attimo, Dawn e Xander iniziarono a ridere di gusto, assolutamente divertiti dall’imbarazzo suscitato nelle loro amiche. E quando Kennedy si rese conto che se non avesse reagito quei due le avrebbero sfottute all’infinito, afferrò fulminea uno straccio bagnato dalla spalliera di una sedia e lo lanciò in faccia al carpentiere, centrandolo in pieno.

 

<Piantatela voi due, o vedrete che vi combino!… Non stavamo facendo niente, infondo. Non è un crimine baciare la propria ragazza!>. Disse la Cacciatrice, ritrovando la propria frizzantezza priva di esitazione. Dawn le si avvicinò e le diete una forte pacca sulla spalla:<Vero! Ma… quello che ho visto io era un preliminare a qualcosa di più di un bacio e… certe cose andatele a fare nella vostra stanza, no?>. Scherzò la giovane, impertinente come spesso le capitava con le sue due amiche. Willow le scoccò un’occhiata furba:<Bada, Dawn! Un giorno potrei dire lo stesso di te, magari raccontando qualche… simpatico aneddoto a tua sorella!>.

 

Dawn spalancò la bocca, improvvisamente meno divertita:<Non t’azzardare o mi toccherà farla fuori per farla stare zitta!>. Esclamò allarmata al pensiero di sua sorella che le sbraitava nelle orecchie per rimproverarla o per metterla in guardia su tutto ciò che riguardava il sesso. Gli altri tre risero per la sua espressione: Dawn non aveva più tanta voglia di prendere in giro.

 

<Dai, adesso piantiamola: io ho fame!… Dov’è? Buffy? E Giles come mai non è ancora qui?>. Chiese Xander, mossosi a pietà per salvare Dawn. Willow indicò la porta della cantina con la testa:<Buffy è di sotto con Kaine. Valla a chiamare per mangiare, ma non so se verrà!… Giles ha chiamato poco fa e ha detto che non pranzerà con noi, ma per le quattro al massimo sarà qui!>. Disse la rossa, staccandosi dalla sua ragazza e tornando ai fornelli. Quel pomeriggio tutti si sarebbero dovuti dare da fare per prepararsi al tramonto quando, con molta probabilità, gli uomini di Kaine sarebbero andati a cercarlo.

 

 

 

 

 

            <Passiamo al secondo round, ok?>. Disse Buffy, entrando di nuovo in cantina, subito dopo pranzo. Kaine era ancora lì dove l’aveva lasciato, sempre legato mani e piedi alla sedia e con tutte le altre catene che lo tenevano fermo un po’ ovunque.

 

<Già, solo che  a me non va di giocare, ma di prenderti a calci. Quindi fammi un favore: non rispondere alle mie domande!>. Disse Kennedy, entrando subito dopo la sua collega bionda e spegnendo all’istante quel sorrisetto divertito che si era stampato sulla faccia ferita di Kaine allorché aveva visto Buffy.

 

<Ci siamo già visti io e te, ma non ricordo proprio il tuo nome!>. Disse Kaine, secco e sarcastico. Aveva capito subito il carattere della nuova arrivata e voleva vedere quanto poteva tirare la corda con lei prima che si spezzasse. Ora avrebbe giocato in questo modo: poteva essere altrettanto divertente.

 

<Sono Kennedy, una delle Cacciatrici. Per essere esatti, sono quella che ti gonfierà di botte se non ti togli quel sorriso idiota dal viso all’istante!>. Disse la giovane, finendo di scendere le scale e avvicinandosi di più al vampiro che, invece di assecondarla, continuò a fissarla con aria di sfida. Buffy pensò che se fosse andata avanti così, in quella cantina sarebbe esplosa la Terza Guerra Mondiale. Era meglio intervenire.

 

<Ehm… Kenny, calmati, ok?… Kaine, piantala di sfidarla: ultimamente è di cattivo umore e non credo che irritarla di più sia una buona idea. Kennedy è più giovane di me e non altrettanto paziente!>. Disse Buffy, frapponendosi fisicamente fra i due. Kaine le scoccò un’occhiata:<Io mi stavo divertendo con te, ma se vuole partecipare al gioco… Avanti, Kennedy, vediamo di che pasta sei fatta!… Di dove sei?>.

 

< Non gioco con te e le domande le faccio io, chiaro?… Avanti, sputa il rospo, adesso: perché Kakistos ti chaimava sciagura? >. Disse Kennedy, fissandolo seria, serrando la mascella e incrociando le braccia al petto subito dopo.

 

< La prima domanda l’ho fatta io, Cacciatrice. Rispondi se vuoi una risposta!… Di dove sei? >.

 

Kennedy volle dargli un minimo di spago, ma non avrebbe tollerato a lungo quel gioco e quel dannato vampiro strafottente.

 

< Manchester! >.

 

< Stronzate! Sei meticcia e non hai l’accento inglese! >.

 

< Mia madre era inglese, mio padre messicano e vivevamo a Manchester, che tu ci creda o no!… Ora rispondi tu! >.

 

< Non vi siete aggiornate a pranzo, vero Buffy? >. Chiese allora Kaine, scoppiando a ridere.

 

< No! >. Ammise Buffy, un po’ a disagio. Effettivamente, mentre mangiavano, i componenti del gruppo avevano parlato di tutto fuorché di come stava procedendo il bizzarro interrogatorio di Kaine. Kennedy le lanciò un’occhiata interdetta, non capendo la risata del vampiro.

 

< Che c’è da ridere? Di che state parlando? >. Sbottò la Cacciatrice mora, sbraitando.

 

< Scusa, Kennedy, la colpa è mia: non ti ho detto ciò che già ho saputo! >. Disse Buffy.

 

< Già, e tu hai sprecato una domanda, a quanto pare!… Mi chiamano sciagura perché non uccido solo umani, ma chiunque mi pesti i piedi. Poco dopo essere diventato un vampiro, ho decimato il clan del mio Maestro perché alcuni di loro avevano insinuato che, essendo un novellino, ero anche docile e indifeso. Gli ho dimostrato il contrario!… Ma questo lo avevo già raccontato a Buffy! >.

 

< Cosa?… >. Kennedy stava davvero per perdere la pazienza. Si voltò verso la sua amica e la guardò minacciosa:<C’è altro che devo sapere?>. Le domandò, a denti stretti.

 

Accidenti a lei e alla sua stramaledetta voglia di giocare con quel dannato vampiro.

 

< Vediamo… era fedele a Kakistos inquanto era il suo Sire, ma non approvava i suoi metodi. Lui e Habel sono in conflitto fra loro praticamente da sempre e… sì, loro sono i famosi Abele e Caino nominati anche nella Bibbia, ma sembra che la storia non sia andata esattamente come la insegnano al catechismo. Più che altro sembra sia andata come ha detto Willow, quindi… eccolo seduto lì a distanza di secoli e secoli dal giorno in cui è morto assieme a suo fratello! >. Disse Buffy, riassumendo quello che lei aveva saputo in più o meno quattro ore. Non le era dispiaciuto parlare con Kaine, ma sapeva che Kennedy non sarebbe stata d’accordo con lei.

 

< Sai altro? >. Le domandò la bruna, brusca.

 

< No. Arrivati a questo punto, lei ha voluto fare la pausa pranzo! >. Rispose Kaine, al posto di Buffy. A quel punto Kennedy perse davvero le staffe: il vampiro aveva aperto bocca una volta di troppo. La ragazza si voltò di scatto e mollò un poderoso sinistro sul naso del vampiro, seguito da una ginocchiata sotto il mento e un gancio destro che colpì in pieno il viso di Kaine che, sicuramente, sarebbe finito a terra se non fosse stato legato tanto saldamente alla sedia e alla colonna della cantina.

 

<Kenny!>. Esclamò Buffy, con disappunto. Kaine si era lasciato picchiare senza nemmo tentare di schivare i colpi, ammesso che ne fosse in grado; ora però, invece di dimostrarsi dolorante e sottomesso, stava ridendo a crepapelle, ignorando i rivoli di sangue che gli uscivano dal naso rotto e dal sopracciglio spaccato. Kennedy lo fissò con odio:<Non vedo la parte divertente, dal tuo punto di vista!… Ma se ti stai divertendo tanto…>. Commentò la Cacciatrice mora, prima di sferrargli un’altra serie di colpi, tutti indirizzati al volto e all’addome, proprio lì dove la notte prima ci avevano infilato la spranga. Buffy la lasciò fare per alcuni istanti, ma poi le afferrò saldamente il polso e l’allontanò energicamente da Kaine.

 

<Guarda che dobbiamo farlo parlare, non staccargli la testa dal collo a suon di calci e pugni, ok? Un vampiro morto è un vampiro che non parla, quindi nel suo caso sarebbe inutile!>. Le disse, vedendo quanto Kenny se la fosse presa. L’altra aveva gli occhi di fuori, tanto era furiosa, e probabilmente non aveva voglia di smettere di picchiare Kaine che l’aveva stuzzicata fino a superare il limite.

 

<Considerando che ci sta prendendo per il culo, tanto vale che non parli perché gli ho fatto ingoiare la lingua, ti pare?>. Disse Kennedy, ad alta voce, digrignando i denti come un cane quando ringhia. In quel momento la posrta della cantina si aprì e Willow scese, fissando la sua ragazza e Buffy che sembra si stessero fronteggiando.

 

<Ehi! Che sta succedendo, qui?>. Chiese, rivolgendosi ad entrambe. Kaine l’osservò attentamente e poi riprese a ridere:<Non dirmi che tu sei la Strega Rossa?!>. Domandò il vampiro, assolutamente sbigottito e ancora divertito, come se gli stessero raccontando una serie di barzellette. Willow lo guardò cupamente:<Sì, sono io! Sono diventata famosa anche fra i vampiri, adesso?>. Domandò la strega. Ma in realtà non le interessava affatto la risposta.

 

<Sei famosa da anni, strega. Solo che non esattamente… con una buona reputazione!… So che la tua furia e il tuo potere si sono scatenati quando sei stata sopraffatta dal dolore per la perdita del tuo amore, niente di più. Ma, onestamente, io credo che quella non fosse la causa, credo solo che fosse la scusa ufficiale!>. Commentò Kaine, con tono vago come se stessero parlando del tempo. Willow lo fulminò con lo sguardo e automaticamente la sua magia si manifestò con piccole scariche elettriche azzurre che le uscivano dalle dita della mano destra. Kennedy e Buffy la guardarono e capirono all’istante che l’incpntro tra Will e il vampiro doveva finire lì all’istante; fu per questo che, senza neppure bisogno di parlare, Kennedy prese le mani di Willow fra le sue e la costrinse a guardarla:<Will, amore, sta’ calma, ok? Non ascoltarlo: si diverte ad innervosire la gente!… Non importa ciò che dice, lui non sa e non può capire: è solo un mostro!>. Disse Kennedy, facendo in modo che l’altra la guardasse dritta negli occhi. Le mani della strega non frizzavano più di magia, ma la sua ragazza avrebbe giurato che Will era ancora furiosa: le avevano toccato Tara, seppure indirettamente. E nessuno poteva farlo, non senza scatenare la sua rabbia e, ancor peggio, la sua magia. Kaine smise di sorridere ed osservò la scena con più attenzione di quanta non ne avesse messa finora.

 

<Amore?… Voi due state insieme?>. Domandò, imporvvisamente serio e curioso davvero. Kennedy si voltò brusca, senza lasciare le mani della sua ragazza:<Qualcosa in contrario?>. Chiese, stizzita. Ci mancava pure che un tipo come lui fosse razzista verso i gay, dopodiché le aveva sentite tutte per quel giorno. Kain passò in rassegna le tre ragazze, fissandole una ad una senza dire una parola. Poi, dopo qualche istante, scosse la testa:<No, niente, figuriamoci! E’ che non sapevo che la Strega Rossa fosse gay!>. Rispose, apparendo davvero un idiota. Buffy sentì che c’era qualcosa sotto, che Kaine aveva cambiato discorso appositamente e le venne voglia di sapere perché. Si voltò verso le sue amiche e le invitò ad andarsene con la scusa che Willow doveva riposare, visto che ultimamente non era esattamente in forma a causa di quell’influenza che si portava dietro da settimane, mentre Kennedy er troppo nervosa per stare lì: era meglio se andava a fare un sonnellino con Will. Le due fidanzate esitarono un momento, ma poi se ne andarono come era stato loro consigliato e lasciarono nuovamente Buffy da sola con Kaine.

 

Buffy aspettò a parlare fin quando la porta della cantina non scattò chiudendosi, ma poi si voltò verso Kaine seria come non mai:<Finora ti sei divertito, ma ti do un consiglio, anzi due: in primis, scegli attentamente le persone da sfottere e soprattutto il modo in cui falo. Secondo, non farlo con me perché se io mi arrabbio t’impaletto e basta. Chiaro?… Che cos’era quella faccia quando hai capito che Kennedy e Willow stanno insieme? Non dirmi che in millenni di vita è la prima volta che vedi due gay, perché non ti credo!>.

 

< No, non è la prima volta. Ma credo che, se rifletti un momento, capirai perché ero sorpreso! >. Rispose il vampiro, con voce calma.

 

< E allora? >.

 

< E allora se quelle due stanno insieme, mi è venuto spontaneo domandarmi come sia possibile che la Strega Rossa sia incinta! >.

 

< Tu come lo sai? >.

 

< Il suo odore!… E’ inconfondibile l’odore del corpo di una donna gravida. Ma… il mio intuito mi dice che l’altra Cacciatrice, la sua ragazza, quella Kennedy… non ne sia al corrente! Sbaglio? E’ per questo che ho taciuto! >.

 

Buffy lo fissò cercando di capire se stesse parlando sinceramente, se davvero avesse troncato il discorso per non mettere in difficoltà Willow.

 

< Perché dovrei crederti? Tu stermini chiunque non ti vada a genio e poi hai rispetto… per la vita privata di una strega che nemmeno conosci? Mi sa che ha ragione Kennedy: ci stai prendendo per il culo! >. Disse Buffy. Ora stava cominciando anche lei a perdere la pazienza. Non voleva più giocare e non voleva più aspettare i tempi dettati da Kaine: voleva risposte. Subito.

 

< Sono un mostro, come ha detto Kennedy. Ma non me ne frega niente di assistere ad una lite fra amanti!… La rossa può farsi chi vuole, uomo o donna che sia: a me non importa. Trovo noiose certe cose. Ne ho viste un po’ troppe per interessarmi anche solo un minimo. Ho voluto solo evitare di assistere ad uno spettacolo patetico, ecco tutto! >. Buffy pensò che stesse mentendo spudoratamente, ma aveva capito anche all’istante che, almeno per il momento, non avrebbe saputo il perché. Quindi meglio cambiare obiettivo e tornare a quello originario.

 

< Bene. Allora… torniamo a parlare di te: dimmi del talismano di Soid. Perché è tanto importante per te e tuo fratello? Bada che non mi va più di giocare. Ora voglio risposte e le voglio rapidamente e brevi, coincise e chiare. Intesi? >. Esclamò la Cacciatrice, seria e imperativa. Kaine sostenne il suo sguardo, nonostante il sangue continuasse a scorrere dalle ferite che Kennedy gli aveva procurato. Non stava scherzando e l’adrenalina stava salendo rapidamente in lei: si stava arrabbiando. Ma non faceva troppa differenza, infondo.

 

<Non ti parlerò del talismano. Non ti riguarda, ho detto. E’ una faccenda personale!>. Rispose. Buffy gli si avvicinò e si chinò su di lui fissandolo in quegli occhi azzurri tornati freddi come quando aveva ripreso i sensi, ore prima.

 

<Io non sono come Kennedy, non sono così impaziente. So aspettare e aspetterò che tu impazzisca di fame!… A quel punto… mi dirai ciò che voglio sapere e mi supplicherai di poter parlare in fretta, perché solo così riceverai il sangue che tanto ti piace e tanto ti serve!… Per il momento ti lascio solo a riflettere. Ci vediamo più tardi… Kaine!>. Dopodiché la ragazza tornò nella posizione eretta, poi girò sui tacchi e se ne andò. Quel vampiro era un osso duro e la sua sicurezza, la sua freddezza, erano il risultato di millenni vissuti come un predatore, nell’oscurità, pronto a cacciare ma anche ad essere cacciato. Questo lo rendeva pericoloso, più di chiunque altro avesse mai incontrato Buffy fino ad allora. Adesso sì che il suo sesto senso le faceva suonare furiosamente il solito campanello d’allarme nella testa: più stava e più quella faccenda puzzava di marcio.

 

CAPITOLO DICIASSETTESIMO: TRADIMENTO

 

            Buffy rientrò a casa che erano appena le undici e mezza di sera. Era stata da Tomas tutto il pomeriggio, ma non era stata a suo agio come sempre: il fatto che, giorni prima, lui le avesse chiesto di trasferirsi a Washington, le aveva messo addosso una certa dose d’ansia perché, in definitiva, le aveva chiesto anche di dare una svolta seria alla loro storia. In realtà, però, Buffy non era certa di volerlo fare. Voleva bene a Tomas, di questo ne era più che c’erta. Forse i suoi sentimenti per lui sfioravano anche l’amore, ma era fortemente cosciente del fatto che in realtà la sua relazione con il giovane medico non era tanto profonda da permetterle di prendere facilmente una decisione importante come quella. Non l’aveva detto a nessuno, nemmeno a Willow: non perché non si fidasse di lei, ma non voleva turbarla. Solo che ora non sapeva proprio cosa fare e il pensiero di partire o no per la capitale statunitense la stava praticamente ossessionando.

 

Con sua enorme sorpresa, dopo aver posato la giacca leggera di lino all’attaccapanni, si ritrovò davanti tutta la gang, compreso il signor Giles che la guardava severamente dall’alto al basso.

 

<Ciao a tutti! Che succede?>. Domandò, un po’ interdetta. O erano spuntati altri guai o aveva dimenticato il compleanno di qualcuno di loro, forse. Xander le fece cenno di guardare l’orologio. Lei lo fece, poi chiese:<E allora?>.

 

<E allora è più di un’ora e mezza che ti aspettiamo. Ricordi? Quando oggi sei uscita eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo visti tutti qui alle dieci!>. Disse il carpentiere, finendo l’ultimo goccio di birra che la sua lattina conteneva. A giudicare da quelle sparse in giro, era almeno la quinta che si scolava. E gli dovevano aver fatto compagnia un po’ tutti, in realtà. Eccettuata Willow, sperò Buffy.

 

<Ehm… scusate tanto, ragazzi. Ho dimenticato l’appuntamento, davvero!… Perdonatemi!>. Disse Buffy, imbarazzata. Solo allora aveva ricordato di quando era uscita, ore prima, dicendo che si sarebbero rivisti lì subito dopo cena per andare di ronda. Dawn le lanciò un paletto di legno e lei lo afferrò al volo, quasi d’istinto.

 

<Diamoci una mossa ora, che io per essere con voi stasera mi sono mollata con Robert e ho tanta voglia di far fuori qualche vampiro adesso!>. Disse la più giovane delle Summers, passando davanti a sua sorella rapida e decisa. Buffy boccheggiò:<C-cosa? Hai litigato con Robert?>. Le chiese, mentre veniva spinta fuori casa da Kennedy e Xander insieme.

 

<Sì, ma ti racconto mentre andiamo a caccia!>. Rispose Dawn, secca. Buffy fece una smorfia, poi prese a camminare indipendentemente, sperando che sua sorella stesse esagerando e che in realtà avesse solo discusso col suo ragazzo, senza essere arrivata davvero alla rottura. Purtroppo, però, di lì a un paio d’ore scoprì che le cose stavano ben diversamente: Dawn aveva lasciato Robert perché quest’ultimo le aveva dato un ultimatum quella sera e la ragazza era andata su tutte le furie, viste tutte le volte in cui lei aveva dovuto rinunciare a un loro appuntamento a causa di una partita di bascket o di football a cui Robert aveva voluto partecipare assolutamente, come spettatore o giocatore che fosse. Ma, in realtà, il problema era stato un altro: quella sera Dawn si era resa conto della differenza esistente tra la propria vita e quella di Robert e anche della differenza di testa che c’era fra loro.

 

Se lasciarsi con Danny, il precedente ragazzo nonché compagno di classe fino al secondo anno di liceo, era stato per la giovane Summers un’esperienza terribile e, a detta sua, bruciante come le fiamme dell’Inferno stesso, ora invece Dawn sembrava solo essere arrabbiata con Robert e con sé stessa per non essersi resa conto prima di ciò che significava stare insieme a lui e del fatto che troppe cose che non andavano erano state ignorate fino a quel momento; un esempio importante era la sua mancanza di fiducia nel ragazzo che, tra l’altro, l’aveva spinta a tacere con lui completamente su tutto quello che riguardava sua sorella e il mondo dell’occulto.

 

 

 

            Camminando per le strade vicino al porto, la gang procedeva ad agio e tutti erano armati fino ai denti, aspettandosi un attacco da un momento all’altro per via del fatto che un loro informatore li aveva avvisati che fra i mostri già si era sparsa la voce che Buffy Summers e il suo gruppo avevano catturato Kaine di Kakistos e lo tenevano in ostaggio.

 

<Diavolo!… Da queste parti c’è parecchia umidità!>. Commentò Willow, osservando con attenzione l’area circostante a sé. Troppe ombre, troppi angoli bui e troppo rumore di sottofondo provocato dai motori delle navi in partenza. Per non parlare di quella nauseabonda puzza di pesce marcio e di acqua salmastra. Buffy lanciò un’occhiata preoccupata all’amica:<Stai bene? Non so se sia stata una buona idea quella di venire con noi, stasera!>. Le disse, a bassa voce. Gli altri erano a poca distanza da loro che, su scelta di Buffy, erano rimaste a proteggere la retrovia in caso di attacco. Kennedy davanti a tutti.

 

<Non potevo non venire, Buffy. Non senza far nascere qualche sospetto in Kennedy!… Gli altri pensano che io sia sempre un po’ debilitata per la mia fantomatica influenza, ma lei no: ha notato il miglioramento. Ha notato che non ho più tanto spesso la nausea e i miei attacchi improvvisi di voracità. Per non parlare… parole sue: della lucentezza della mia pelle che ora sembra molto meno pallida e più elastica e morbida!>. Disse Willow, fissando le spalle della sua ragazza dalla sua posizione.

 

<Wow! Non le sfugge niente, vero?>. Ribatté Buffy. La premurosità di Kennedy verso Willow le era sempre piaciuta, per non parlare della sensibilità che la giovane Cacciatrice dai capelli scuri aveva spesso dimostrato nei riguardi della sua ragazza. Buffy aveva invidiato Willow, a volte, per questo.

 

<No, proprio niente!… E sai una cosa? Io… non so, a volte ho avuto l’impressione, soprattutto in questi ultimi giorni, che… che lei si sia accorta della gravidanza!>. Disse la rossa, lasciando l’amica senza parole. Buffy proprio non sapeva cosa ribattere perché non aveva nessuna certezza né in un senso né nell’altro.

 

< Come fai a dire una cosa del genere? Ti ha detto qualcosa di specifico? La tua pancia nemmeno si vede ancora, nonostante tu sia praticamente al terzo mese! >.

 

< Vero!… Ma ha detto che i miei capelli sembrano più belli e che anche l’odore della mia pelle è cambiato. Non ha fatto allusioni specifiche, ma spesso l’ho sorpresa ad osservarmi e in più di un’occasione mi è sembrata… fin troppo premurosa! Sai… non correre con l’auto, non andiamo in moto che è pericoloso, non stancarti troppo col lavoro e con le ricerche…! Il dubbio mi è venuto! >.

 

Buffy si lasciò sfuggire un sorriso.

 

< Oh, andiamo, Will!… Sono cose che più o meno ti dice sempre e non solo lei! >.

 

< Lo so, lo so, ma mi è sembrata più ansiosa del solito e poi… le coccole sono aumentate a dismisura, ma il sesso ha avuto un calo di frequenza incredibile. Cosa che davvero non è da lei! >.

 

< Le coccole non sono male! E comunque, ci hai pensato? Potrebbe solo essere molto stanca anche lei e, sapendo che non ti senti in forma fantastica, forse non è troppo insistente solo per questo: non pensare sempre al peggio! >.

 

< E questo sarebbe il peggio? Vedrai quando affronterò l’argomento esplicitamente!… Sarà un’apocalisse e non ci sarà modo di evitarla, purtroppo! >.

 

< Già, purtroppo no… nonostante la nostra vasta esperienza! >.

 

Camminarono per un’altra decina di metri, poi svoltarono l’angolo e decisero di allontanarsi un po’ dal molo. Willow e Buffy continuarono a camminare affiancate e in silenzio per qualche minuto. La rossa ripensò a quello che si era detta quel pomeriggio con Kaine: il loro ostaggio le aveva chiesto di non andare di ronda perché troppo rischioso per la sua condizione. Lei aveva risposto che non erano affari suoi e che sapeva badare a se stessa, senza bisogno dei consigli di un vampiro come lui. Ma adesso, considerando obiettivamente ciò che stava facendo, pensò che forse Kaine aveva ragione e che lei era stata una sciocca a fare di testa sua solo per ripicca. Ma no, la ripicca c’entrava poco: era stata più la preoccupazione di suscitare nei suoi amici sospetti se non fosse uscita quella sera.

 

Poi Buffy sospirò e riprese a chiacchierare riportandola al presente: non erano state molte le occasioni per farlo, nell’ultimo periodo, e alla bionda era mancato il dialogo con l’amica di sempre.

 

< Ally, tua cugina, viene domani? >. Chiese Buffy, per cambiare argomento.

 

< Sì, alle dieci circa sarà qui!… Direttamente da Chicago per stare con la sua cuginetta lentigginosa e  combinaguai! >. Rispose Willow, non con troppo entusiasmo.

 

< Scusa ma… Ally sa che sei…? >.

 

< Sì, gliel’ho detto l’ultima volta che è venuta qui a San Francisco, circa un mese fa! >.

 

< Non me l’hai raccontato!… E cosa ti ha detto? Come ha reagito? >.

 

< Mi è saltata addosso abbracciandomi e congratulandosi con me, felicissima perché aveva proprio voglia di diventare zia! >.

 

< Cosa? Tutto qui? >.

 

< No, ovvio. Subito dopo mi ha chiesto come sia potuto succedere, bla, bla, bla… e mi ha esortato vivamente a parlare con Kennedy. Dice che le sta simpatica, che pensa che sia una brava ragazza e che merita di sapere la verità!… Come vedi, non mi ha detto nulla di nuovo! Però sono contenta che non mi abbia attaccata e che abbia praticamente fatto i salti di gioia alla notizia! >.

 

< Già, be’, considerando che è l’unica parente con la quale hai un rapporto stretto… >.

 

< No, Buffy. Forse non hai afferrato bene il punto: io e Ally siamo come sorelle. Il fatto che lei si sia trasferita da Sunnydaile a Chicago molti anni fa non ha mai cambiato le cose fra noi!… Fra me e i miei genitori non c’è mai stato un bel rapporto e sono figlia unica. Ally era la mia compagna di giochi, l’unica che avessi da bambina all’infuori di Xander. Se lei non avesse capito, se lei mi avesse giudicata male… io sarei davvero andata in crisi, giuro!… E invece… quando le ho detto di essere lesbica non ha fatto una piega, come se le avessi detto di avere gli occhi verdi. E quando le ho raccontato… dell’”incidente” con Xander, be’… mi meritavo una strigliata e me l’ha data, ma non ha fatto scenate, non mi ha allontanata da sé e questo… per me è stato davvero importante. Importante tanto quanto lo è stata la tua reazione! >.

 

< Come? >.

 

< Be’, pensavo che anche tu avresti reagito male e… mi avrebbe ferito davvero! >.

 

< Ma non è andata così!… A parte lo sbalordimento iniziale e il fatto che in pochi minuti siete riusciti a convincermi che tu e Xander siate due idioti! >.

 

< Oh, ma smettila! >.

 

Willow diede un finto ceffone all’amica che, per finta, lo parò con una mossa di ju-jitsu. Poi le due presero a ridere.

 

<Ragazze! Non mi sembra proprio il momento di sganasciarsi dalle risate!>. Disse Giles, severo. Buffy lo guardò corrucciata:<E perché mai?… Il solito noioso!>. Commentò, seccata.

 

<Hem… perché abbiamo compagnia!>. Disse Xander, cercando di contare i nemici che si erano ritrovati davanti alla successiva svolta della strada.

 

<Molta compagnia!>. Precisò Kennedy, tirando fuori un secondo paletto di legno.

 

Davanti a loro ora c’erano almeno una ventina di vampiri e, a capo di tutti, sorridente e stranamente inquietante, Habel e la sua stazza imponente.

 

 

 

 

 

            Xander istintivamente andò a porsi davanti a Willow, mentre Giles affiancò Kennedy e Dawn, imitato subito dopo da Buffy che, tuttavia, con la coda dell’occhio non perse mai di vista la sua amica strega: la presenza improvvisa di tutti quei vampiri lì era la conferma dei suoi timori. Willow non sarebbe mai dovuta andare di ronda in quel periodo e soprattutto non quella sera.

 

<Finalmente ci rivediamo, ragazzi!… Avevo quasi sentito la vostra mancanza!>. Scherzò Habel, sorridendo e mettendo in mostra la sua dentatura bianca e perfetta. Buffy ricambiò il sorriso con uno più sarcastico: non si fidava di Kaine, ma era sicura che nella sua freddezza e nell’ostentazione di tanta boria ci fosse molta più sincerità che nell’apparente calma di suo fratello. Di Habel non solo non si fidava, ma il suo istinto le diceva di temerlo perché molto più infido del suo gemello.

 

<Vorrei dire lo stesso di voi, ma proprio non mi viene spontaneo!>. Rispose la Cacciatrice bionda, con finta innocenza. Habel la squadrò da capo a piedi e lei avvertì un brivido correrle lungo la schiena ma si sforzò d’ignorarlo e di continuare a respirare lentamente, ad agio, di non mostrarsi né spaventata né agitata in alcun modo. La verità, però, è che era molto più che preoccupata: quella non era certo la situazione ideale per uscire indenni da una battaglia.

 

<Un uccellino mi ha detto che voi avete raccolto mio fratello e che ora lo tenete legato in casa vostra!… State attenti a Kaine, non fidatevi. Io l’ho fatto e… sono morto, o quasi!>. Disse Habel, sempre con quell’aria dannatamente serafica.

 

<Già, be’, questa è una lezione che ho imparato tanto tempo fa: mai fidarsi di chi potrebbe desiderare di renderti il piatto forte della sua cena!… Il che, però, vale anche per te e per quei tipi che ti porti sempre dietro!>. Disse Buffy, disinvolta. Xander, intanto, dentro di sé stava imprecando mentalmente per la dannata abitudine di Buffy di chiacchierare tanto coi suoi nemici.

 

<Per me? Io sono assolutamente innocuo: non sono io il fratricida mosso dall’invidia. E per quanto riguarda i miei ragazzi… se non voglio io, loro neppure muovono un dito, chiaro?>. Chissà perché, Buffy non fece affatto fatica a credere a quell’ultima affermazione. Gli altri vampiri sembravano aver paura di Habel almeno quanto ne avevano di Kaine.

 

< Se ho capito bene, Cacciatrice, tu non ti fidi di me!… Eppure sono stato io a salvarti la pelle durante il nostro primo incontro. Ricordi? Mio fratello ti avrebbe fatta fuori volentieri, tu e tutti i tuoi amici. Quindi che motivo hai di dubitare di me?… Io voglio solo essere lasciato in pace: non uccido e non voglio essere ucciso. E’ chiedere troppo, forse? >.

 

< No, certo che no. Ma chissà come mai, io credo che tu sia più furbo di quello che vuoi dare a vedere e sicuramente meno sincero! >.

 

< Può darsi. Ma non ne sei certa, giusto? Allora… come posso farti capire che non sono un pericolo per te o per gli altri esseri umani? Sono anni che io e il mio clan ci nutriamo solo di sangue preso in macelleria e quello rubato in qualche banca del sangue! >.

 

< Davvero? >.

 

< Ma certo!… Puoi fare domande in giro e troverai conferme su conferme di questo. Non toccherò né te né i tuoi amici neppure con un dito. Non è per te che sono qui e non sono in cerca di guai! >.

 

< No, infatti. Sei qui per il talismano di Soid! >.

 

Habel, per la prima volta, sembrò essere sorpreso. Sembrava non si aspettasse che suo fratello parlasse a riguardo del talismano, non con una o più Cacciatrici.

 

< E’ vero, sono in cerca di quello. Mio fratello te lo ha detto, quindi. Devi essere un tipetto persuasivo, cara Buffy. Ma… scommetto quel che vuoi che non ti ha detto a cosa serve! >. Disse  Habel, dopo qualche momento di silenzio.

 

< No, infatti! >.

 

< Bene. Allora ti dimostrerò che ti sono amico raccontandoti la verità a tale riguardo! >.

 

< Ma Maestro…! >. Intervenne uno dei vampiri accanto ad Habel, un tipo che Willow era più che certa di aver già visto più volte, anche se non ricordava bene dove. Comunque quello non era importante. Invece, quello che contava davvero era la reazione del vampiro all’occhiata glaciale che Habel gli lanciò: lo fece ammutolire all’istante e retrocedere di qualche passo, a sguardo basso e l’aria di chi era consapevole di aver commesso un grosso errore.

 

Anche a Buffy non sfuggì la cosa e volle vedere come aveva intenzione di proseguire Habel.

 

< Siamo tutt’orecchi, Habel!… Parla, raccontaci del talismano! >.

 

< E’ un oggetto sacro, risalente all’epoca della nostra trasformazione in non morti. Ma non è il fatto che sia antico a renderlo tanto importante. Piuttosto, sono le sue doti mistiche a farlo. In mano di chi ha “coscienza umana”, cioè io, donerà la pace a colui che lo possiede perché è questo ciò che egli vuole. Ciò che io voglio!… Invece, in mano a chi ha accettato il demone, abbracciando lui e la sua indole e la sua furia… be’, in mano sua il talismano moltiplicherà esponenzialmente i suoi poteri, rendendolo praticamente invincibile. E allora nessuno, neppure l’intera stirpe delle Cacciatrici, potrà impedirgli di usare il Mondo come sua dispensa personale!… Ovviamente, quest’ultima parte parla di Kaine. Ma suppongo che tu l’avessi già capito! >.

 

< Vuoi dire che tu stai cercando solo pace mentre lui cerca il potere assoluto? >. Chiese Kennedy, poco convinta. Habel la guardò nei profondi occhi castani e a lei parve quasi che quel maledetto vampiro volesse entrarle nella testa.

 

< Sì, è così! >. Affermò, infine, Habel.

 

< Perché dovremmo crederti? >. Chiese Giles, rivolto al Maestro vampiro.

 

< Perché non troverete nessun altro che vi dirà qualcosa su questa storia: né fra i miei uomini né fra quelli di Kaine. Hanno fatto voto di silenzio a questo proposito. E, soprattutto, non c’è un’altra versione di questa storia. Ciò che vi ho detto è vero: è così che stanno le cose! >.

 

Buffy si scambiò occhiate eloquenti col proprio Osservatore e con Kennedy, poi non riuscì a trattenersi dal voltarsi a guardare Willow. Non credeva del tutto ad Habel, ma non sembrava interessato allo scontro. Meglio così: loro non potevano permetterselo. Avrebbe preso la palla al balzo, decise, per svignarsela pacificamente, evitando di mettere Willow e la sua gravidanza in pericolo.

 

< Vuoi pace, hai detto? E va bene. Facciamo un patto: tu mi tieni informata sulle ricerche del talismano e nessuna Cacciatrice ti toccherà, qui a San Francisco. Partendo da ora!… Né te, né i tuoi uomini. In cambio, ovviamente, mi aspetto che nessuno di voi tocchi gli umani! >. Disse Buffy, sfoderando tutta la sua diplomazia sotto lo sguardo turbato di Giles che pensò seriamente che la sua pupilla fosse impazzita.

 

< E per quanto riguarda mio fratello e il suo clan? >.

 

< Ti aiuteremo a combatterlo. Tuo fratello è già in mano nostra: non sarà difficile sbarazzarsi di lui, stanne certo! >.

 

< Mi rimane difficile credere che lo ucciderai a sangue freddo! >.

 

< Be’, fai male a dubitarne: è un vampiro, io sono una Cacciatrice. Non c’è altro da dire! >.

 

Altri momenti di silenzio. Poi Habel fece un gesto ai suoi uomini che si separarono in due gruppi e liberarono il passo a Buffy e al resto della gang.

 

< E va bene, Buffy Summers. Hai la mia parola: non toccherò né te né i tuoi neppure con un dito e ti terrò informata sulla ricerca del talismano. Ma mi aspetto che anche voi rispettiate i patti o… >.

 

< O? >.

 

< O… potrei decidere di non rispettarli neanch’io! Chiaro? >.

 

< Chiaro!… A presto, quindi! >. Disse Buffy, poi, come già accaduto mesi addietro, lei e i suoi amici sgattaiolarono via, felici di aver evitato un duro scontro che difficilmente avrebbero vinto indenni.

 

Camminano rapidamente fino alla Queen’s Street, una via non certo principale né frequentatissima a quell’ora di notte, ma rinomata per i suoi negozi d’abiti e di casalinghi moderni. Dawn e Kennedy la conoscevano bene: spesso si recavano lì per fare i loro acquisti. Nelle boutique si trovava roba di tutti i generi e per tutti i gusti, così quella strada era diventata l’ideale per far combaciare i gusti femminili e spesso fashon di Dawn e quelli più sportivi e pratici di Kennedy.

 

<Dannazione! Ma… eravamo al porto, come ci siamo finiti in Queen’s Street? Questa strada dista un bel po’ da dove abbiamo lasciato le auto!>. Commentò la più giovane delle sorelle Summers, camminando frettolosamente e sentendosi nervosa come di rado le capitava. Se a sua sorella Habel non piaceva troppo, a lei non piaceva affatto: in tutti gli anni in cui era stata coinvolta nella vita da Cacciatrice pur non essendola, aveva imparato che l’acqua cheta è spesso più pericolosa del mare mosso. Era l’incontro con quel vampiro, dunque, che l’aveva turbata.

 

<Non ce ne siamo resi conto, ma per pattugliare da queste parti ci siamo allontanati parecchio dalle macchine. D’altronde, non avevamo programmato di camminare così tanto!>. Osservò Giles, più pacatamente. Nemmeno a lui quell’Habel piaceva, ma sapeva che farsi prendere dal panico non sarebbe stato utile a nessuno.

 

<A proposito… - proseguì l’uomo, dopo un attimo. – Buffy, ma che ti è saltato in mente di stringere un accordo con un vampiro come Habel? Pensi davvero che starà ai patti?>. Chiese, ora che erano soli. Buffy fece spallucce:<Mattiamola in questo modo… ho intenzione di rispettare i patti parzialmente… fin tanto che… questo sia più conveniente che combattere!>. Rispose la bionda.

 

<Parzialmente? E quale parte non avresti intenzione di rispettare?>. Le domandò Kennedy, che ora camminava al fianco di Willow.

 

<Quella in cui ho detto che avrei fatto fuori Kaine e che avrei aiutato i seguaci di Habel ad uccidere quelli di suo fratello!… E’ una faida fra loro, a me non interessa!>. Spiegò Buffy. Xander ridacchiò:<Mi pareva strano che ficcanasassi in una cosa del genere!… Speriamo solo che Habel non venga a saperlo!>. Commentò il giovane.

 

<Cos’è che il Maestro non dovrebbe venire a sapere?>. Una voce proveniente da dietro le loro spalle fece in modo che i loro passi si bloccassero istantaneamente e che il sangue si gelasse nelle vene. Buffy si guardò intorno:<Sono in dieci da questa parte!>. Sussurrò a Kennedy, che sapeva essere appena dietro di lei.

 

<E dieci da quest’altra, merda!>. Ribatté Kennedy, a denti stretti. Buffy allora si voltò e si rese conto che erano circondati.

 

<Che ci fate qui? Non abbiamo bisogno di scorta per tornare alle nostre auto!>. Esclamò Kennedy, spavalda, sapendo benissimo che quei vampiri appartenevano al gruppo di Habel e che non li avevano certo seguiti per far loro da scorta. Davanti a tutti i vampiri, a comandarli a quanto pareva, c’era il tizio che si era permesso d’interrompere Habel quando aveva iniziato a parlare dell’amuleto di Soid.

 

<Ehi, aspetta un momento! Ora ricordo dove ti ho visto… tu sei uno del clan di Kaine!>. Esclamò Willow, fissando il vampiro che ormai aveva già cambiato faccia, mostrando quella demoniaca. Il vampiro ridacchiò e stava per ribattere qualcosa quando, da un angolo buio, un’altra voce conosciuta lasciò tutti stupiti.

 

<Già, è assolutamente vero… in teoria! E il suo nome è Derek, uno degli esseri più infidi e ambiziosi che io abbia mai incontrato!>. Tutti i presenti si voltarono verso il punto dal quale proveniva la voce e dall’ombra, a passo lento e aggraziato come quello di un felino che si sta accingendo ad iniziare la caccia, spuntò Kaine. I suoi polsi erano segnati da grossi lividi viola della forma delle corde che lo avevano tenuto legato, e il suo petto nudo mostrava gli stessi segni, altrettanto marcati. Indossava solo un paio di pantaloni scuri, per il resto, nemmeno le scarpe. Accanto a lui un altro vampiro dal corpo massiccio e dai capelli albini, tagliati corti, tenuti dritti da una generosa quantità di gel, probabilmente. Buffy aveva già visto anche lui e ricordò che Kaine l’aveva chiamato Malvius e che le aveva detto di considerarlo più che un amico, quasi un fratello. Era il suo braccio destro da sempre e il più fedele fra i suoi uomini.

 

Dannazione! Imprecò la bionda, mentalmente, domandandosi poi come avesse fatto Kaine a liberarsi e ad arrivare tanto rapidamente lì accompagnato addirittura dal suo luogotenente.

 

<E così la faida tra te e Habel era tutta una recita!… Sapevo di non dovermi fidare!>. Esclamò Buffy, sprezzante. Kaine fece ancora qualche passo verso di lei e la fissò dritta negli occhi; ma la Cacciatrice non aveva intenzione di farsi intimorire ancora da quello sguardo e lo sostenne:<Nulla di quello che ti ho detto è una menzogna. In compenso… c’è chi ne ha dette tante! – Disse secco, Kaine. Poi alzò i suoi occhi di ghiaccio verso Derek – Sei uno sporco traditore e questa notte porrò fine alla tua insulsa esistenza!>. Esclamò, con più decisione e più cattiveria. Buffy si trovò spiazzata.

 

<Ma con chi ce l’hai?>. Gli chiese, istintivamente. Poi si voltò per seguire il suo sguardo e capì che Kaine si stava riferendo a quel Derek, colui che anche Willow aveva individuato come uno dei suoi uomini. Derek ridacchiò mostrando i denti:<Anche le recite migliori finiscono, prima o poi, Kaine. E a dire il vero, io sono convinto che la tua, quella del bravo ragazzo pieno di rimorsi, dovesse finire molto tempo fa!… E’ da allora che ho smesso di temerti!>.

 

<E hai fatto male!>. Rispose minaccioso, Kaine, assumendo anch’egli le sembianze del demone che era in lui. Malvius, rimasto al suo fianco in silenzio fino a quel momento, lo imitò continuando a fissare con odio Derek e tutti coloro che gli erano accanto.

 

<Avanti, traditore! Dì loro la verità. Fa’ sapere alle Cacciatrici cosa ti ha ordinato quel cane bastardo di Habel!>. Disse Malvius, tuonando quasi col suo vocione profondo. Derek fece una smorfia e un inchino derisorio:<Gli ordini sono… di far fuori Buffy Summers e il suo gruppo di scocciatori!… Io eseguo solo!>.

 

<Habel ha giurato di non toccarci!>. Ribatté stupidamente Dawn, come se ricordare quella promessa bastasse per farla mantenere. Derek scoppiò in una risata sadica:<E infatti non lo farà: non gli piace sporcarsi le mani… Lui no, ma io e i miei uomini sì!>. Esclamò Derek. Un attimo dopo la battaglia ebbe inizio. Buffy pensò di essere nei guai fino al collo con tutti quei vampiri lì e, soprattutto con Kaine e Malvius presenti, ma poi accadde l’inaspettato: quest’ultimi, invece di attaccare loro come si era aspettata, si avventarono addosso agli altri vampiri. Addirittura, uno stava per afferrare Willow che era stata evidentemente colta di sorpresa, invece Kaine lo scaraventò via strappandogli la testa dal collo con le sole mani.

 

<Stai bene?>. Domandò poi a Will. La rossa sembrava molto scossa, ma era integra. Deglutì annuendo e Kaine le fece un cenno con la testa per poi gettarsi addosso ad altri uomini di suo fratello, mentre Malvius ne teneva a bada almeno altri cinque, cercando al contempo di arrivare a Derek per fargli pagare il suo vile tradimento.

 

La zuffa s’intensificò allorché finalmente anche Xander, Dawn e Giles presero a combattere usando le armi che si erano portati dietro. Kennedy sembrava una furia e, avendo assistito alla scena di poco prima in cui Will veniva salvata da Kaine, decise di mettersi a lottare poco distante da lei per esserle d’aiuto nel caso in cui ne avesse avuto bisogno. La Strega Rossa , dal canto suo, era esitante nell’usare la magia, più di quanto non lo fosse normalmente. La cosa non sfuggì né alla sua ragazza né ai suoi due amici d’infanzia, ma entrambi quest’ultimi non se la sentirono di dirle di cominciare ad utilizzare i suoi poteri seriamente perché avevano intuito che Willow non voleva influenzare in nessun modo la nuova vita che portava dentro di sé attraverso l’uso eccessivo della magia.

 

Un colpo, poi un altro e poi un altro ancora; poi Buffy venne atterrata e dovette impalare il proprio avversario rimanendo spalle a terra. Quando si rialzò, si girò appena in tempo per evitare che una mazza chiodata la colpisse in pieno viso. Un attimo dopo il suo avversario fu polvere: l’aveva ucciso Kaine con una stecca di legno appuntita raccolta da terra.

 

<Non ho capito ancora a che gioco stai giocando, ma… grazie!>. Disse la Cacciatrice , per poi riprendere a lottare.

 

Kennedy fece fuori un vampiro mozzandogli la testa con l’ascia caduta momentaneamente a Giles, poi rilanciò a quest’ultimo l’arma e riprese a combattere solo coi propri pugni e il paletto di legno. Quei maledetti bastardi erano sicuramente più forti della media, ma non c’erto quanto i Thulakom affrontati a Sunnydaile; questo le dava una certa sicurezza: c’erano buone possibilità che riuscisse a sopravvivere allo scontro. Lei e tutti i suoi amici. Stava combattendo come una leonessa inferocita, ignorando il braccio che cominciava a farle male e la spalla ferita da un coltellaccio all’inizio del combattimento; intanto, però, non perse mai di vista Willow e più di una volta attaccò un qualche vampiro che avrebbe voluto scagliarsi contro la rossa.

 

Will, invece, stava usando i suoi poteri dosandoli accuratamente: le sue sfere di energia, sebbene efficaci, non risultavano essere così letali da indurre i vampiri a non attaccarla. Anzi, i demoni sembravano quasi considerarla uno degli elementi più deboli del gruppo e le si scaraventavano addosso quasi subito dopo aver stabilito che contro Kaine, Malvius, Buffy e Kennedy era meglio non gettarsi con troppa enfasi: loro quattro erano indubbiamente i più forti. Gli altri tre umani… be’, loro erano semplicemente ben armati e sembravano saper usare adeguatamente le loro armi. Nulla di più.

 

D’un tratto Derek si ritrovò a scazzottarsi con Malvius e, nonostante questo fosse molto più imponente e anziano di lui, grazie alla sua agilità e alla sua grande esperienza nel combattimento corpo a corpo Derek si rivelò un temibile nemico per il luogotenente di Kaine.

 

<Spera che io non riesca ad afferrarti bene, Derek, o saprai cosa significa perdere la testa. Ma solo dopo che ti avrò spezzato tutte le ossa!>. Lo minacciò Malvius, schivando un altro calcio violento che era stato scagliato verso il suo viso.

 

Malvius era poco più basso di Kaine, ma senz’altro aveva una corporatura più massiccia. Il che, tuttavia, nel corso dei secoli non aveva fatto alcuna differenza fra i due. Tra l’altro, Malvius non aveva mai combattuto contro il suo Sire e ora Maestro, ma sapeva per istinto che se mai avesse deciso di farlo, avrebbe firmato la sua condanna a morte: Kaine era certamente più forte di lui. I secoli in più gli avevano conferito tanta forza. Ma per Derek non era così.

 

Perso in quei pensieri, il vampiro albino non vide arrivare la catena che lo colpì in pieno viso e lo sbatté a terra, contro la vetrina di un negozio che non si ruppe del tutto, ma si crepò solamente, giusto perché il vetro era infrangibile. Kaine, a pochi metri da loro, vide tutto e con un balzò saltò addosso a Derek che, tuttavia, vedendolo arrivare si scansò quel tanto che bastò a non essere travolto dalla sua furia. Subito dopo, tre uomini di Habel si avventarono su Kaine, tentando d’immobilizzarlo. Lui allora prese a dimenarsi e, liberatosi un braccio, afferrò i suoi aggressori uno ad uno, uccidendoli con una sola mano. Furono polvere in pochissimi minuti.

 

Ma Derek non era tipo d’arrendersi tanto facilmente: lui era ferito e gli uomini messi da Habel a sua disposizione erano stati decimati. Eppure Kaine doveva morire e non solo lui…

 

Si avventò di nuovo contro il Maestro che aveva tradito, dunque: era voltato di spalle. Era una facile preda. Lo avrebbe impalato col pezzo di legno che aveva raccolto in quel momento. Ma inaspettatamente venne colpito da una sfera di energia non sufficiente a polverizzarlo, ma abbastanza forte da sbatterlo di nuovo a terra: era stata Willow che aveva ricambiato il favore fattole poco prima da Kaine.

 

<Grazie!>. Le disse quest’ultimo, accortosi allora del rischio corso. Will lo fissò negli occhi chiari:<Siamo pari, ora!>. Replicò, ma sapeva che non era così perché il vampiro, poco prima, non aveva salvato solo lei, ma anche il bimbo che portava in grembo. Kaine ricambiò il suo sguardo per un instante, poi si allontanò, pronto a riprendere a lottare.

 

I suoi occhi, pensò Willow, le ricordavano tantissimo quelli di Tara quando l’aveva conosciuta, all’inizio. Erano un misto di malinconia e tristezza, ma li aveva visti anche guizzare d’eccitazione. Come poteva, qualcuno che aveva lo stesso sguardo del suo angelo caduto, essere davvero malvagio?… Prima ne aveva avuto il sospetto, ma ora la rossa pensava di esserne certa: per un qualche scherzo del Destino, non era Habel colui che aveva mantenuto emozioni umane, ma Kaine. Forse una punizione per il crimine commesso contro suo fratello quando erano ancora umani, o forse una fatalità. Ma non era lui l’assassino spietato da temere. Tra l’altro, quell’attacco gratuito degli uomini di Habel era una riconferma della sua teoria.

 

Persa in questi pensieri e distratta da un altro vampiro che stava arrivando di fronte a lei per fronteggiarla, non si accorse che Derek le era strisciato dietro come la serpe velenosa che era. Quando Will lo vide, ormai era tardi: lui l’afferrò saldamente per le spalle e le gambe e la sollevò da terra, ponendola al disopra della propria testa.

 

<Maledetta puttana!… Vediamo se ora la smetti d’intrometterti!>. Le ringhiò contro, cominciando a farla volteggiare in aria come fosse stata una tavola da surf nelle mani di un giocoliere. Willow si sentì improvvisamente debole e, pur non volendo assolutamente arrendersi, dalla posizione in cui si trovava non era facile reagire in qualche modo. Derek era fisicamente forte, molto più forte di lei, e lei era stata assalita anche da un’ondata violenta di nausea che la stava lasciando in balia del suo nemico.

 

Kennedy,  dalla sua posizione, vide la scena e rimase pietrificata, totalmente terrorizzata da ciò che stava accadendo: le capitava, a volte, di reagire in quel modo quando Willow era in pericolo. Poi superava sempre la cosa, ma le ci voleva qualche istante. Il tempo, per lei, sembrò frenare bruscamente e assistette alla scena come fosse stata registrata e rimessa in “play” a rallentatore. Sentì dire a Derek:<Habel in persona mi ha chiesto di far fuori te e il bastardo che porti in grembo… e per me è una gioia eseguire un ordine simile!>. Poi Willow venne scaraventata bruscamente a cinque o sei metri da Derek, finendo direttamente in una delle vetrine di un negozio, ruzzolando inerte al suo interno e venendo sommersa poi dagli scaffali e dai manichini sui quali erano esposti gli abiti. Kennedy gridò con orrore:<No!!!>. Ma le sue gambe sembravano cementate a terra e i polmoni le bruciavano lasciandola senza fiato. Willow era a terra, immobile, sicuramente sanguinante, anche se non riusciva a vedere molto dalla sua posizione. Buffy, Xander e tutti gli altri ebbero la stessa reazione di terrore e un grido uscì dalle loro bocche, mentre tentavano di liberarsi degli ultimi nemici per raggiungere la loro amica.

 

Kennedy fu catapultata violentemente coi ricordi a quel pomeriggio.

 

 

 

Era rientrata in casa, cercando la sua ragazza in giro. Ma Willow sembrava essersi dileguata.Non l’aveva trovata da nessuna parte e sapeva che in giardino non c’era perché lei era stata lì fino a quel momento a lavare la propria moto. L’aveva chiamata un paio di volte, ma la rossa non aveva risposto. Allora la Cacciatrice ebbe un dubbio… Will era abbastanza cocciuta e probabilmente in quel momento, visto che altrove non c’era, si trovava in cantina col loro nuovo “ospite” a tentare di fargli dire qualcosa d’interessante su se stesso, o magari su quel dannato talismano che cercavano ormai da settimane. Fu per questo che si diresse verso il sottoscala e aprì la porta d’acciaio. Riconobbe subito la voce di Willow e, sorridendo, disse fra sé e sé che la rossa era la solita cocciuta testa calda, anche se la nomina ce l’aveva lei. Fece qualche passo, ma poi fu colpita da quello che Will e Kaine stavano dicendo.

 

< …Come fai a saperlo? >. Disse Willow, a voce quasi bassa.

 

< Il tuo corpo… l’odore dei tuoi ormoni!… Per un vampiro è facile avvertire quando una donna è incinta! >.

 

Kennedy era impallidita violentemente e una forte vertigine, oltre al tremore nelle gambe, l’avevano costretta a sedersi sui primi gradini della scala per non rischiare di ruzzolare giù a peso morto. Non avrebbe voluto rimanere lì ad ascoltare, ma la curiosità e la voglia di sapere tutto fu più forte della volontà di andarsene. Già un paio di settimane prima il dubbio che Will fosse incinta l’aveva sfiorata: aveva notato troppe cose diverse in lei, troppi atteggiamenti strani e, soprattutto, l’eccessiva premurosità di Xander che l’aveva infastidita non poco. Ma si era data della stupida e della paranoica… Willow non poteva averla tradita e, soprattutto, non con un uomo.

 

Invece ora stava sentendo la conferma dei suoi sospetti…

 

< La tua ragazza non sa niente, vero?… L’ho capito oggi, quando vi ho viste insieme! >. Disse Kaine, tranquillo. Aveva perso tutta la sua aria da sbruffone e la voglia di sfidare la Strega Rossa con sguardi e parole provocatorie. Willow era crollata, praticamente, mettendosi a sedere a terra con l’aria stanca e avvilita.

 

< No, non ancora!… Lei… non so se capirà, ma so che non la prenderà bene e non ho trovato il coraggio per parlargliene, non ancora. Ma lo farò! >.

 

< Lo farai? E quando? Non sono un esperto, ma su per giù direi che sei al terzo mese… >.

 

< Quasi!… E’ che… è stato un errore. Un grosso errore che costerà caro a me, al padre del bambino e… alla mia ragazza! >.

 

< Be’, la Cacciatrice sicuramente non la prenderà bene, puoi scommetterci. Ma non riesco a biasimarla… non la prenderei bene neppure io se sapessi che la mia donna è incinta e aspetta il figlio di un mio amico. Perché è il carpentiere il padre del bambino, vero? >.

 

<… Sì! >.

 

Kennedy era quasi svenuta a quelle parole e aveva davvero dovuto fare uno sforzo su se stessa per non lasciare che la nausea e il dolore fortissimo allo stomaco la sopraffacessero facendola vomitare proprio lì, in quel momento, su quelle fottute scale. Come poteva essere? Perché Willow l’aveva tradita e, soprattutto, perché con un uomo? Perché con Xander? Le cose fra loro non andavano benissimo, la loro storia non era tutta rose e fiori ma era sicura che Willow, quando le diceva che l’amava, non le raccontasse frottole. E invece ora stava scoprendo che aveva trovato il modo per ferirla più di ogni altra cosa. Ma perché? Perché???

 

Poi era rimasta lì, assolutamente incapace di alzarsi e correre altrove, e aveva sentito quell’insensata confessione di Willow ad un vampiro, un assassino sconosciuto, un demone a cui la rossa disse tutto per filo e per segno, sottolineando più volte che ancora non aveva parlato con lei, Kennedy, perché non se la sentiva di ferirla, di affrontarla, di guardarla negli occhi mentre le diceva cosa era successo. E Kennedy aveva odiato Xander, aveva odiato Kaine per la sua capacità di far parlare la sua ragazza – cosa che lei, a quanto sembrava, non era in grado di fare – e aveva odiato Willow perché invece di andare a rifugiarsi da lei per scappare dal proprio dolore e dalla propria solitudine, si era stupidamente buttata fra le braccia di Xander e fra quelle di metà delle bottiglie di alcoolici contenute in quel dannato pub. Ma ora cosa sarebbe successo? Kennedy si chiese cosa avrebbe dovuto fare o dire e fu sul punto di uscire dal suo involontario nascondiglio e rivelare la sua presenza lì, ma poi non ne fu in grado: le lacrime cominciarono a scorrerle irrefrenabili e il cuore a batterle all’impazzata nel petto. Aveva fatto forza su quell’ultimo briciolo di volontà che le era rimasta e se n’era andata, quasi trascinandosi, facendo attenzione a non farsi scoprire.

 

Poi era corsa via, lontano, piangendo a singhiozzi e maledicendosi per aver scelto di affrontare una battaglia che sapeva di non poter vincere fin dall’inizio: quella contro il passato di Willow. Lo sapeva perché Willow stessa glielo aveva detto durante il loro primo appuntamento, tanto tempo prima. Ma solo adesso Kennedy cominciava a capire quanto fosse concreta quella realtà… adesso che stava correndo a perdifiato col cuore spezzato e la testa immersa nel caos… Willow prima o poi l’avrebbe affrontata a viso scoperto? Le avrebbe mai aperto davvero il suo cuore come lei aveva fatto fin dall’inizio nei suoi confronti?

 

 

 

Kennedy rivisse gli ultimi istanti della sua vita, come se fosse in punto di morte, perché accanto a lei c’era sempre stata Willow, la sua strega dai capelli rosso fiamma e lo sguardo dolce e seducente che lei tanto adorava. Ora Willow giaceva a terra, immobile, sotto a una marea di abiti, legni rotti e schegge di vetro.

 

<Oddio!!!>. Gridò terrorizzata Buffy, correndo verso l’amica assieme a sua sorella e a Xander.

 

Kaine afferrò per il collo Derek che, ancora soddisfatto di sé, fissava la sua vittima con un lampo maligno; lo fece voltare e lo guardò in cagnesco, odiandolo per la sua crudeltà senza limiti:<Va’ all’Inferno!>. Gli sussurrò a denti stretti. Poi chiuse la presa attorno al collo fin quando esso non si spezzò e poi si staccò dal resto del corpo, trasformando Derek e il suo ghigno in un mucchietto di polvere portata via dal vento.

 

<E’ finita, per il momento…!>. Disse Malvius, affiancandolo. Kaine lo guardò un istante, poi guardò in direzione della vetrina che la Strega Rossa aveva fracassato con la testa.

 

<Non credo. Penso invece… che sia appena iniziata!>. Rispose. Poi si mosse verso Buffy e i suoi che erano andati a soccorrere Willow; prima di andare, però, notò che Growl, uno dei più pavidi uomini di suo fratello, era ancora vivo e dolorante, disteso a terra mezzo stordito. Andò da lui e lo rimise in piedi:<Porta un messaggio al tuo Maestro: digli che le Cacciatrici sono vive e che lui, invece, morirà presto. Ucciso da me!>. Poi Malvius gli lanciò un coltello da caccia, uno di quelli di Xander, come se gli avesse letto nel pensiero. Kaine lo afferrò al volo senza neppure guardare, poi con due colpi fulminei e secchi staccò le braccia a Growl e infine lo allontanò da sé con un calcio. Lo aveva lasciato in vita solo perché portasse il suo messaggio, ma avrebbe tanto voluto ucciderlo.

 

Growl ruzzolò via gridando e, quando il dolore gli parve appena sopportabile, fuggì. Kaine e Malvius, invece, si avvicinarono a Buffy e ai suoi per vedere come stesse la strega e se potevano fare ancora qualcosa.

 

Kennedy, appena ripresasi dallo shock, era corsa verso la sua ragazza e le aveva tolto di dosso i resti della vetrina. Willow era rimasta priva di sensi ed era sanguinante. Aveva svariati tagli, ma la maggior parte del sangue le usciva da una ferita al fianco in cui era conficcato un pezzo di vetro.

 

<Dobbiamo portarla subito in ospedale!>. Disse Buffy, mentre Xander, avendo notato che il sangue usciva anche dal ventre della ragazza, continuava a ripetere ossessivamente:<Oddio, oddio, oddio…!>.

 

 

 

 

 

            All’ospedale c’era un viavai di gente incredibile: sembrava di stare per Hollywood Boulevard alle dieci di mattina. Ma Kennedy sembrava essere cieca, lì seduta nella sala d’aspetto, con la testa fra le mani che le tremavano come fossero scosse da un terremoto interiore incontrollabile. Sedutale accanto, immersa nello stesso silenzio ma molto più irrequieta nella suo poltroncina, c’era Dawn. Giles era in piedi vicino alla finestra e guardava fuori le luci lontane che gli sembravano le candele dei loculi dei cimiteri che frequentavano abitualmente. Subito dopo la fine dello scontro, Buffy aveva cacciato via Kaine e Malvius, gridando loro con odio che dovevano sparire dalla sua vista o li avrebbe trucidati nonostante l’aiuto che avevano dato a lei e ai suoi amici. Poi Kennedy aveva preso in braccio Willow con cautela, l’aveva caricata sull’auto della rossa e si era messa al volante del mezzo, accompagnata dall’Osservatore, da Buffy e da sua sorella. Xander aveva portato fino all’ospedale la moto, arrivando prima degli altri. Neanche a farlo apposta, aveva incontrato Tomas che era di turno e gli aveva rifilato la solita storia concordata tanti anni prima per spiegare le loro fin troppo frequenti ferite: una rissa in un locale del centro causata da degli ubriaconi violenti. Poi, però era stato costretto a confessargli anche che Willow era incinta di suo figlio – o figlia che fosse: ancora non lo sapevano – e che stava arrivando con un’auto, accompagnata dagli altri ma che, a parte Buffy, nessuno sapeva della gravidanza. Tomas sembrò rimanere stupito e si lasciò sfuggire, con un po’ di amarezza, che Buffy non aveva detto neppure a lui di quella faccenda; subito dopo, però si mosse rapidamente per preparare una sala visita dove poter valutare immediatamente le condizioni di Willow non appena fosse arrivata. Nemmeno cinque minuti dopo, nel pronto soccorso fece irruzione una Kennedy sconvolta che teneva di nuovo in braccio la sua ragazza e che rimase assolutamente stupita nel vedersela portar via subito da un gruppo d’infermieri e medici vari. Tomas era lì e spiegò che Xander gli aveva detto tutto e che ora dovevano lasciargli fare il suo lavoro, ma presto gli sarebbe servita Buffy e magari qualcun altro per avere notizie generali della paziente. La scusa migliore per non coinvolgere chi non era al corrente della gravidanza.

 

Kennedy era stata curata da un altro medico che le aveva messo qualche punto e che poi, dopo aver applicato un cerotto, l’aveva spedita in accettazione a rilasciare i suoi dati e quelli di Willow Rosemberg per sistemare tutte le pratiche burocratiche di assicurazione, eccetera.

 

Era passata più di un’ora da quel momento. Buffy e Xander erano spariti dietro la porta della sala visita praticamente subito dopo che Kennedy era stata medicata e di loro o di Willow non si era saputo più nulla.

 

 

 

            Tomas aveva chiesto aiuto a dei suoi colleghi amici per una valutazione precisa delle condizioni di Willow, ma anche un fruttivendolo avrebbe capito a colpo d’occhio che la ragazza se la stava vedendo davvero brutta. La valutazione venne fatta in pochi minuti e fu lo stesso Tomas a dare la brutta notizia:<Ragazzi… non sappiamo ancora quale siano… con assoluta precisione le condizioni di Will. Ma… mi spiace, ma devo informarvi comunque che… ha perso il bambino! La ferita all’addome è stata sicuramente coadiuvante, ma già la colluttazione aveva probabilmente compromesso le condizioni del feto…!>. Sembrava essere davvero dispiaciuto e in pena per le facce della propria ragazza e del suo amico. Xander aveva cominciato a piangere e l’unica cosa che aveva avuto la forza di sussurrare era stato:<Cristo Santo…!>. Poi più nulla. Anche Buffy aveva iniziato a piangere e aveva accolto fra le proprie braccia l’amico, cercando di sostenerlo e di farsi sostenere a sua volta. Tomas si era quasi sentito di troppo, ma tanto non aveva molta importanza: doveva andare a prepararsi per la sala operatoria. A rimuovere il feto morto ci avrebbe pensato una sua collega, ma a rimediare ai danni della ferita da taglio sull’addome voleva pensarci lui. Era il minimo che potesse fare.

 

 

 

Così Willow aveva perso il suo adorato bambino e per un’intera settimana le sue condizioni erano state gravi. Poi aveva cominciato a recuperare, anche grazie alla presenza di sua cugina Ally che, arrivata la mattina seguente all’intervento, aveva rinviato tutti i suoi impegni ed era rimasta lì a San Francisco, vicino alla sua Willow.

 

La rossa era tornata a casa circa due settimane più tardi e se fisicamente era ormai quasi guarita del tutto, psicologicamente era ancora a pezzi: non c’era bisogno di uno specialista per capirlo. Kennedy era attenta e premurosa ancora di più dalla notte dell’incidente, quando aveva creduto di sentirsi dire che la sua ragazza sarebbe morta; e lo divenne anche di più quando Ally, una settimana dopo la dimissione di Willow dall’ospedale, dovette tornare a Chicago per lavoro. Ma a nulla sembravano valere i suoi sforzi perché Willow si era lasciata scivolare in un’apatia che non le aveva mai visto addosso. E ad un tratto si trovò spiazzata: la Cacciatrice sapeva uccidere mostri e risolvere casini apocalittici, ma non riusciva a ritrovare l’empatia persa con la sua compagna. Persino gli altri sembravano impotenti di fronte alla depressione di Willow che, tra l’altro, Giles e Dawn non sapevano spiegarsi. Tomas aveva detto loro che la convalescenza sarebbe stata lunga e che Willow non avrebbe dovuto fare sforzi di alcun genere per un po’, ma che comunque era certamente fuori pericolo. E allora perché la giovane stava reagendo in quel modo? Di ferite, negli anni, ne aveva ricevute molte e in ospedale tutti loro c’erano finiti più volte a turno. La sua reazione, dunque, sembrò addirittura esagerata agli occhi di coloro che erano ignari dell’aborto subito. Kennedy, dal canto suo, non se l’era sentita di confessare alla sua ragazza o a Xander e Buffy di essere a conoscenza di quel segreto: oramai non sarebbe servito a niente dirlo. Però la notte spesso si ritrovava a piangere in bagno, da sola, sconsolata, perché sentiva che Willow stava perdendo la voglia di vivere ancora una volta e, visto che sembrava essersi isolata da tutto e da tutti, lavoro compreso, lei non sapeva proprio come intervenire.

 

La stessa angoscia la provavano Xander e Buffy che, pur rendendosi conto di dover dare uno scossone a Willow per farla riprendere, non sapevano come riuscire in quell’intento e, soprattutto, non sapevano come giustificare l’atteggiamento della loro amica agli occhi dei restanti membri del gruppo che, su richiesta esplicita di Willow, non dovevano essere messi al corrente della gravidanza e della fine che il feto aveva fatto.

 

Buffy, comunque, col passare dei giorni si rendeva sempre più conto che le cose in quel modo non potevano andare avanti, che bisognava fare qualcosa e che bisognava farla alla svelta: Willow stava rischiando di perdersi di nuovo e questo la terrorizzava perché se fosse accaduto, stavolta sarebbe stato per sempre. Ma lei non glielo avrebbe permesso: non poteva.

 

SECONDA PARTE

 

CAPITOLO DICIOTTESIMO: LOS ANGELES

 

La quattro per quattro rossa bordeaux accostò davanti all’Hyperion e Buffy spense il motore ma non si mosse, come se non fosse del tutto certa di stare facendo la cosa giusta. Willow, accanto a lei, era chiusa nel suo mutismo diventato abituale in quell’ultimo periodo. La rossa era stata zitta per quasi tutto il viaggio, con lo sguardo fisso fuori dal finestrino e il viso inespressivo.

 

Quando la sua amica le aveva esposto la sua idea, Willow aveva fatto non poche resistenze; ma poi aveva capito che Buffy aveva ragione: o rimaneva a San Francisco spiegando il perché di quel suo comportamento depresso, o partiva per Los Angeles come le era stato detto di fare e cercava di riprendersi aiutata da Angel.

 

In definitiva, non è che avesse avuto molta scelta.

 

<Sei pronta?>. Le domandò Buffy, mettendo gli occhiali da sole sulla testa. Era novembre, ma faceva comunque caldo lì in California: clima tipico. Willow annuì lievemente con la testa e la bionda al suo fianco sospirò profondamente:<Ottimo!… Andiamo, allora!>. Concluse la Cacciatrice , scendendo dall’auto e prendendo il borsone della sua amica per trasportarlo al suo posto grazie alla comoda tracolla. Willow la seguì in silenzio, camminando come se stesse per finire sul patibolo. Entrate nell’Hyperion le due si guardarono intorno, ma non videro nessuno finché, qualche attimo dopo, sbucarono fuori Cordelia e Westley discutendo come sempre fra loro di… nulla che fosse comprensibile a un comune mortale.

 

Quando i due para investigatori videro le loro vecchie amiche si bloccarono increduli cercando di fare mente locale per intuire il perché della loro presenza lì.

 

<Oddio! Ci risiamo… un’altra apocalisse nella quale devi farti ammazzare per vincere e noi poi dobbiamo riportarti in vita?>. Esclamò Cordelia, improvvisamente, come se avesse avuto un’illuminazione divina. Buffy lanciò un’occhiata a Willow, poi gettò il borsone a terra e mise le mani sui fianchi:<No, principessa degli spaventapasseri! Sei fuori strada!… Angel non vi ha detto che saremmo venute per una visita?>. Ribatté Buffy, un po’ seccata. Già non era stato facile guidare fin lì sapendo di stare costringendo Will controvoglia, ma arrivare e scoprire che Angel non aveva “sistemato le cose” come promesso, la irritava non poco.

 

<Ah… a me ha detto che avremmo avuto ospiti: qualcuno che deve aiutarlo con una questione delicata di tipo personale!>. Disse Westley, pensando che comunque non poteva certo trattarsi di Willow e Buffy.

 

<Benvenute!>. La voce di Angel spezzò il silenzio imbarazzante che era venuto a crearsi. Il vampiro, vestito di grigio scuro, uscì da una delle porte del salone principale e si fece avanti sorridente. Salutò Buffy con un forte abbraccio e un bacio sulla guancia, poi fece lo stesso con Willow avvertendo la tensione di quest’ultima, ma facendo finta di niente. Raccolse il borsone da terra e se lo caricò su una spalla, poi si rivolse a Cordelia e Westley:<Ah… ragazzi… Willow rimarrà con noi per un po’ di tempo. E’ lei che deve aiutarmi con quella faccenda personale che vi ho accennato. Vi avviso: niente domande e non rompetele troppo le scatole, ok? O sarà stato perfettamente inutile farla venire fin qui!>. A volte gli sembrava di essere il maestro di un asilo, anziché un socio di un’agenzia d’investigazione privata; ma conosceva fin troppo bene i suoi collaboratori e doveva mettere loro un freno da subito.

 

<E non si può sapere di cosa si tratta esattamente?>. Chiese Cordelia, stizzita da tutta quella stupida riservatezza. Angel scosse la testa:<No, non questa volta!… La cosa è strettamente personale!>. Rispose secco, avviandosi poi al piano di sopra, dove aveva già preparato una stanza per la sua ospite.

 

<Tss! Me ne ricorderò la prossima volta che mi chiederai di andarti a comprare le mutande ai grandi magazzini… anche quella è una cosa strettamente personale, però me la fai fare!>. Disse Cordelia, con voce stridula. Angel la ignorò continuando a camminare, seguito da Willow, che non aveva dato alcun segno d’interesse, e da Buffy che ridacchiava sommessamente per la storia delle mutande. Arrivati infondo al corridoio del primo piano, Angel aprì la porta dell’ultima stanza. Era in penombra con le tende chiuse, giusto per permettere anche a lui di entrare, ma Buffy notò che era più che altro una suite e che Angel si era dato un gran da fare per renderla accogliente. Tutto l’arredamento era sulle tonalità del rosa e del baige e il vampiro aveva avuto la premura anche di mettere nella stanza un televisore, uno stereo e un vaso di fiori freschi e profumati. Sapeva che aveva fatto tutto questo per Willow e, una volta in più, pensò a quanto il suo ex fosse premuroso con le persone a cui voleva bene.

 

Angel posò il borsone a terra e aprì le ante dell’enorme armadio facente parte dell’arredo della stanza:<Ecco qui, Will. Spero sia di tuo gradimento, ma se ti serve qualcosa, chiedimela pure!>. Willow posò la borsa del proprio computer sul letto, poi si mise a sedere alla scrivania guardandosi intorno con poco interesse:<Va bene tutto così, grazie!>. Disse brevemente, per educazione più che altro. Angel fece un cenno con la testa, poi le disse che poteva sistemare le sue cose intanto che lui parlava con Buffy: dovevano discutere di alcune cose lasciate in sospeso. Will annuì di nuovo, ma non mostrò nessuna emozione quando i due uscirono, lasciandola sola nella grande stanza con bagnetto adiacente.

 

Buffy e Angel scesero al piano di sotto, nell’appartamento del vampiro, lontano da orecchie e occhi indiscreti. Una volta entrati, Angel chiuse la porta a chiave e si mise a preparare un thé, mentre Buffy si accomodò al tavolo dell’angolo cottura dell’enorme monolocale.

 

< Come sta? >. Domandò Angel, continuando a trafficare con pentolini e bustine varie.

 

< Non l’hai vista? Si comporta in questo modo da ormai quasi tre mesi e… io non so più che fare. Tu sei l’ultima chance, temo! >.

 

Angel si voltò dopo aver sistemato bene la teiera sul fuoco.

 

< Buffy… ti ho promesso che cercherò di aiutarla, ma non posso assicurarti che ce la farò!… Ne ha passate tante, troppe per una ragazza così giovane e ora anche la perdita di un figlio… temo sia stato un colpo fin troppo grosso! >.

 

< E credi che non lo sappia? E’ per questo che ho chiesto il tuo aiuto: per lei ora restare a San Francisco sarebbe troppo duro. Tra l’altro… non è stato uno scherzo riuscire a portarla qui. Il suo capo non ha fatto storie, a patto che ogni due settimane gl’invii dei programmi che le ha assegnato. Ma convincere Kennedy a starle lontana e inventare una storia plausibile per Dawn e Giles… cavolo, ancora adesso non sono certa che mi abbiano creduta! Per fortuna che Kennedy è stata incastrata dal lavoro!>.

 

< Non sarebbe stato più facile dir loro la verità? >.

 

< No, Angel. Credimi, adesso no. E comunque Willow non ha voluto! >.

 

< Capisco!… Sta’ tranquilla, mi prenderò cura di lei. Speriamo solo che… lei decida di prendersi cura di sé stessa! >.

 

I due si fissarono intensamente: non c’era bisogno di dire altro. Si conoscevano da troppo tempo e troppo profondamente per esserci bisogno di parlare oltre. Entrambi, poi, tenevano davvero a Willow e avrebbero fatto di tutto per aiutarla. Il problema reale, pensò Buffy cupamente, era che Angel aveva perfettamente ragione: non era sicuro che Willow volesse essere aiutata.

 

<Siete venuti in auto?>. Domandò ad un tratto Angel, versando il thé in due tazze di porcellana colorata. Buffy ne prese una fra le mani e la tenne stretta per un po’, godendo del calore e del profumo di limone che emanava.

 

<Sì, con l’auto di Will. E’ per darle un minimo di autonomia. Non le è mai piaciuto dipendere dagli altri!>. Rispose Buffy, mentre Angel si sedeva di fronte a lei.

 

<E tu come tornerai? Vuoi che ti accompagni io? Potremmo partire subito dopo il tramonto, se vuoi!>. Buffy stava per rifiutare, dicendo che sarebbe tornata in treno o magari con un’auto a nolo, ma poi pensò che non le sarebbe dispiaciuto passare un po’ di tempo con Angel: era tanto che non si vedevano e che non facevano due chiacchiere fra loro, da soli. Così alla fine accettò e al tramonto Will li vide partire dalla finestra della sua stanza pensando che, infondo, non le dispiaceva poi così tanto stare lontana da San Francisco, anche se dubitava che le servisse realmente a qualcosa.

 

 

 

 

 

            Era una di quelle notti dannatamente buie e neppure i lampioni sparsi qui e lì per le strade sembravano essere in grado realmente di rischiarare un po’ l’ambiente circostante. Buffy e Xander erano usciti per una breve ronda, accompagnati da Kennedy che però sembrava essere totalmente assente, come se fosse andata con loro per fare due passi. In realtà i due amici avrebbero voluto parlare un po’ da soli, in privato… cosa che in casa era davvero impossibile. Ma poi, quando l’altra Cacciatrice si era offerta di andare con loro, non avevano potuto dirle di no. Kennedy era diventata taciturna da quando Willow era partita per Los Angeles, una settimana prima, e spesso la bruna era burbera coi suoi compagni, anche senza volerlo. Se ne rendeva conto e a volte si scusava, sinceramente contrita. Ma tutti si erano accorti del suo pessimo umore e lei proprio non riusciva a nasconderlo. Buffy sapeva per certo che anche Xander era di pessimo umore, ma fino a quella sera non aveva avuto modo di parlare con lui come si deve, tanto più che il ragazzo stava facendo in modo di passare meno tempo possibile a casa stando tutto il giorno in ufficio o in giro per cantieri al posto del suo socio Steve; lui non gliene aveva ancora parlato esplicitamente e forse non l’avrebbe mai fatto, ma Buffy sospettava che Xan ora si sentisse in colpa anche per l’incidente successo a Willow e all’aborto che ne era conseguito. Quindi, se prima era depresso, ora probabilmente lo era anche di più e lei proprio non sapeva come aiutarlo visto che, tra l’altro, il carpentiere aveva smesso di andare alle sedute di psicoterapia e di scrivere sul suo diario terapeutico che aveva direttamente riconsegnato allo studio senza nessuna spiegazione.

 

<Buffy… hai sentito Willow, oggi? Io l’ho chiamata stamattina ma aveva il cellulare spento e oggi pomeriggio non prendeva. Angel mi aveva avvisata che l’avrebbe tenuta davvero molto impegnata, ma non vorrei esagerasse… infondo è ancora in convalescenza e, tra l’altro, quel suo costante malumore… Non so, sono un po’ preoccupata!>. Esordì Kennedy, ad un certo punto, guardando l’amica con la coda dell’occhio. Buffy sembrò non rimanere colpita in maniera particolare dalle sue parole, ma Kennedy non la conosceva abbastanza bene da sapere che, all’occorrenza, sapeva interpretare benissimo una parte e decisamente la tranquillità che stava ostentando non era quella che provava.

 

<No, non l’ho sentita oggi, ma ho sentito ieri Angel e dice che la faccenda sembra più complicata di quanto non credesse quindi… sai, hanno molto da fare. Comunque, se domani il cellulare di Will fosse ancora spento, potremmo chiamare direttamente all’Hyperion e farcela passare!>. Kennedy annuì e sorrise lievemente sollevata: non le andava di passare per quella apprensiva e ansiosa, ma aveva la certezza che Will aveva bisogno d’aiuto, di compagnia, di sostegno. E non era sicura che un lupo solitario come Angel potesse darle tutto questo.

 

Era difficile per Kenny fingere di non sapere niente della storia della gravidanza e dell’aborto, ma sapeva che non poteva parlare ora e non poteva fare scene isteriche: Willow più di tutti era rimasta ferita e non voleva approfondire quello squarcio nel suo cuore. Non era una stupida, era solo innamorata profondamente di lei.

 

<Be’… allora… ok, la chiamiamo domani. Ma a cena perché sarò fuori tutto il giorno per lavoro: mi stanno massacrando in ufficio!… Anzi, sbrighiamoci con questa ronda che ho sonno e vorrei andare a riposare un po’!>. Ribatté la Cacciatrice mora. Buffy annuì, capendo perfettamente l’amica che negli ultimi giorni si era sempre alzata alla sei, era sempre rientrata tardi la sera per mangiare qualcosa al volo e poi uscire di nuovo per la ronda che, tra l’altro, era stata quasi sempre assolutamente improduttiva. Niente sul talismano di Soid, niente tracce di Kaine o Habel e pure i loro abituali informatori sembravano essersi volatilizzati, quasi si fossero trasferiti in un'altra città. Il che, dovette ammettere Buffy, era frustrante. E il sospetto era che non lo fosse solo per lei.

 

Xander sbuffò rumorosamente, richiamando la loro attenzione:<Sentite… scusate, ma io mi sono rotto, ok? Qui non c’è niente e la serata è noiosa come un film brutto già visto. Quindi… io me ne torno a casa e vorrei che voi faceste altrettanto!>. Esclamò il giovane, con voce quasi dura. Buffy lo guardò sorpresa, mentre Kennedy gli lanciò un’occhiataccia: non voleva odiarlo, sapeva che era colpevole senza averlo davvero voluto. Però era più forte di lei, tanto più che Xander a tratti si comportava come un cane bastonato e lei, che ne avrebbe avuto realmente il diritto, non poteva nemmeno permettersi di farsi vedere di cattivo umore per non doverlo spiegare.

 

<Be’, se vuoi andare… la strada la conosci!>. Disse Kennedy, più rude di quanto non avesse voluto. Xander la fissò quasi con occhi privi di espressione:<Hai ragione… Ci vediamo domani! Buona notte!>. Esclamò Xander, piatto come il suo viso. Poi lanciò una rapida occhiata a Buffy come a volerla salutare e infine girò sui tacchi imboccando la strada del ritorno.

 

<Xan, aspetta…>. Disse Buffy, ma capì subito che il suo amico non l’avrebbe fatto e non sarebbe tornato indietro né a fare la ronda né a   discutere.

 

 

 

Non se la sente di affrontare Kennedy almeno quanto non se la sente di andare fino a Los Angeles per parlare con Willow… Pensò tristemente, Buffy.

 

 

 

E forse non era lontana dalla verità. Comunque ora restava il fatto che Kennedy aveva reagito quasi con aggressività verso Xander e, almeno all’apparenza, non c’era stata una causa scatenante. Quindi… che era successo? Perché tanto astio? Conosceva abbastanza bene Kenny da sapere che non scattava per un nonnulla, non con i componenti della loro “famiglia allargata”. E allora? Possibile che Kennedy fosse venuta a sapere in qualche modo che Willow e Xander… ma no! Era impossibile: lei non aveva detto assolutamente nulla a nessuno e sapeva per certo che i suoi amici si erano sforzati fino allo spasmo per comportarsi come avevano sempre fatto. E Buffy era sicura che fossero riusciti ad ingannare tutti, soprattutto perché Dawn non era certo il tipo che se ne sarebbe stata zitta e buona al suo posto se avesse avuto qualche sospetto, anche minimo. Invece Dawn non aveva detto nulla e Giles nemmeno. Quindi Kennedy non poteva aver scoperto qualcosa o avere qualche sospetto. Tra l’altro, si disse Buffy guardandola, era certo che se così non fosse stato, Kenny avrebbe già manifestato più che irruentemente il suo disappunto e i suoi sentimenti feriti.

 

<Kennedy… è tutto ok fra te e Xander?>. Le domandò prudentemente, cercando di soddisfare il suo bisogno di sapere. Kennedy la fissò negli occhi e lei ebbe l’impressione che le stesse leggendo nell’anima. E si vergognò per la complicità che aveva regalato ai suoi amici che, tuttavia, era stato un tradimento profondo verso di lei.

 

<Certo, non potrebbe andare meglio!>. Rispose Kennedy, poi riprese a camminare, giocherellando col proprio paletto di legno. Buffy rimase ferma per alcuni momenti, poi la seguì e insieme continuarono quell’inutile pattugliamento.

 

 

 

            Hollywood Boulevard alle undici di mattina è particolarmente affollata. Di lì passano le persone più disparate: chi per lavoro, chi per fare shopping, chi semplicemente per fare due passi. Tutti che camminano su e giù, ignorando il caldo sole californiano che anche nei periodi invernali non smette di arroventare l’asfalto della strada e dei marciapiedi. Willow stava camminando da ore: era partita dall’Hyperion e si era avviata senza una meta, arrivando fin lì. Nulla sembrava toccarla o colpirla; di certo non si fermava a guardare ammirata le vetrine dei negozi più famosi e facoltosi e nemmeno la gente attorno a sé la interessava, persa com’era nei suoi pensieri. Si sentiva svuotata di tutto, completamente disinteressata di ciò che la circondava ma anche di se stessa. Era uscita solo per non dover sentire la voce squittente e concitata di Cordelia o i suoi battibecchi inutili e noiosi con Westley o con quel Gun. Aveva temuto che, restando nella propria stanza, uno di quei tre scocciatori sarebbero venuti a bussare alla sua porta prima o poi e a lei proprio non andava di fingere di sentirsi bene, di fingere l’allegria che non provava più da mesi.

 

Non riusciva a non pensare ai sogni che aveva fatto sul suo bambino e non riusciva a dimenticare che, probabilmente, aveva perso l’unica possibilità di diventare madre. Per non parlare del fatto che non riusciva a guardare in faccia Kennedy e Xander senza sentirsi un verme schifoso.

 

Qualcuno la urtò e lei quasi cadde, ma all’ultimo momento riuscì a tenersi in equilibrio e a restare in piedi; nemmeno si voltò a vedere chi l’avesse colpita e continuò a camminare come fosse stata uno zombie. Poi, improvvisamente, ebbe un capogiro e si appoggiò alla parete di un palazzo, vicino alla vetrina di uno dei tanti negozi. Il sole non era poi tanto rovente, ma lei sentiva caldo lo stesso e da un momento all’altro decise che doveva riprendere fiato, riposare un momento. Si guardò attorno e non vide altro posto all’ombra che un’aiuola con l’erba bassa tagliata di fresco e una palma ben curata: poco ma invitante come posto per sedersi a rifiatare. Attraversò la strada e arrivò all’ombra di quella palma per poi sedersi sul gradino di marmo dell’aiuola. Mise la testa fra le mani e si fissò i piedi da dietro gli occhiali scuri che ormai indossava sempre, come se potessero proteggerla dagli altri.

 

<Caspita! A quest’ora del giorno non mi era mai capitato d’incontrare una ragazza con addosso i postumi di una sbronza!… O sei un’alcoolista?>. Si sentì dire Willow, improvvisamente, da una voce sconosciuta. La ragazza alzò la testa e si parò il viso dal sole con una mano. Davanti a lei, in piedi, sorridente in modo fastidiosamente ironico c’era un giovane alto, vestito sportivo, con gli occhiali da sole e una bandana in testa a nascondere il resto dei suoi lineamenti. Per un momento, Will cercò di fare mente locale: magari lo conosceva. Ma non le sovvenne niente.

 

<Scusa?…>. Gli domandò allora, pensando di aver capito male. Il ragazzo sorrise di più e si tolse gli occhiali mettendosi proprio davanti a lei in modo che il sole non la colpisse dritta sul viso. Aveva gli occhi di un grigio chiaro, maculato qui e lì di piccole chiazze dorate.

 

< Ti ho detto che sembri un’idiota nel pieno di un dopo sbronza clamoroso!… Ti senti bene? Ti ho vista un po’ pallida e… >.

 

< E’ il mio colore naturale di pelle, non sono pallida. E… sì, sto benissimo! >.

 

< Non si direbbe, credimi! >.

 

Willow lo studiò un momento… era carino per essere un ragazzo, ma non sopportava quella sua aria di eccessiva sicurezza in sé stesso. Per non parlare del fatto che le aveva appena dato dell’idiota senza nemmeno conoscerla. E, tra l’altro, quella che stava usando era una tecnica di rimorchio vecchia come l’acqua calda; il che denotava in lui decisamente poca fantasia, a prescindere dal fatto che Will non era assolutamente interessata a un soggetto qualunque di sesso maschile.  La giovane sbuffò seccata e si mise gli occhiali sulla testa per guardarlo meglio:<Sto benissimo, ho detto e… scusa, ma non sono interessata a conoscere nessuno. Quindi… addio!>. Detto questo, la rossa si alzò con un certo slancio e si accinse ad andar via. Purtroppo, però, ebbe l’ennesimo capogiro, molto più forte del precedente; sarebbe caduta sicuramente se le forti braccia del suo importunatore non l’avessero sostenuta.

 

<Ehi! Lo vedi che ho ragione io?… Guarda che non ci sto provando. Ti ho vista da lì infondo e non mi sei sembrata in forma, tutto qui. Voglio solo aiutarti, non devi scappare per forza!>. Disse il giovane, sostenendola ancora. Ora la sua aria da sbruffone era scomparsa e al suo posto era apparso un vago velo di preoccupazione. Willow decise che era sincero, almeno in quel momento, e che comunque aveva bisogno di bere un po’ d’acqua fresca.

 

<Io… scusami, ho avuto un giramento di testa…>. Disse la ragazza, esitante. Il suo soccorritore le sorrise sincero e un attimo dopo la prese per mano trascinandola con sé.

 

<D-dove mi porti?>. Gli chiese Willow, presa alla sprovvista e un po’ infastidita dalla confidenza che dimostrava quel tizio nei suoi confronti.

 

<Nel caffè lì infondo! Hai bisogno di sederti e di qualcosa di fresco!>. Rispose lui brevemente, in tono allegro. Praticamente la tirò fino al locale che le aveva indicato, poi la costrinse a sedersi e ordinò un’acqua tonica ghiacciata per sé e una spremuta d’arancia fresca per lei. Quando il cameriere se ne fu andato, la guardò ancora sorridente.

 

< Hem… ti piace la spremuta d’arancia, vero? Ma senza correzioni alcoliche! >. Le disse, improvvisamente.

 

< E non ti sembra tardi per chiedermelo?… Comunque, sì, mi piace e non sono un’alcoolista!… Ora… posso sapere il tuo nome, visto che non amo sedermi ad un tavolino con un perfetto sconosciuto che ordina pure per me? >. Disse Willow, un po’ acida. Non si sentiva bene e la sua timidezza, che causava quella rigidità in lei, veniva stuzzicata di continuo da quell’estraneo che la trattava come una vecchia amica e che in quattro e qattr’otto l’aveva portata a sedersi ad un bar con lui.

 

< Ah, già, ma dove ho la testa?… Scusami, io sono Nicolas De Angelis, piacere! E tu sei…? >.

 

< Willow Rosemberg!… Piacere mio!… Almeno ora so il tuo nome! >.

 

< Che importanza ha un nome? Potresti chiamarmi in mille modi e sarei sempre io! E io… potrei chiamarti Terry o Bet e non cambierebbe chi sei, giusto? >.

 

A Will venne da ridere  pensando a quanto quel ragionamento non facesse una piega e a quanta disinvoltura ci mettesse Nicolas nell’esporre la sua teoria che, tuttavia, peccava di scarsa innovatività viso che una frase del genere l’aveva già letta su un qualche libro di letteratura.

 

< Ok… hai ragione! >. Ammise alla fine, sorridendo appena e accantonando l’idea di dirgli che aveva poca fantasia.

 

L’altro scoppiò in una risata, mentre il cameriere tornava con le loro ordinazioni.

 

< Lo vedi? Finalmente ti ho fatta sorridere! – disse Nicolas, compiaciuto. – Dai, adesso bevi che mi sa che ti servono zuccheri e liquidi! >.

 

< Io… be’, sì ho sete, ma… le vertigini non sono i postumi di una sbornia. Solo… i postumi di un incidente che ho avuto qualche mese fa! >. Disse Will, sorseggiando la sua dolcissima spremuta fin troppo dolce, probabilmente: di solito la beveva senza zucchero, ma era stato Nicolas a dire al cameriere di farci mettere almeno tre cucchiai. Forse pensava davvero che fosse troppo pallida.

 

< Oh, mi spiace!… Be’, però ne sembri uscita bene!… Allora, come mai da queste parti? Non sembri una di quelle riccone annoiate che vengono qui per spendere i soldi del marito e farsi belle per l’amante! >.

 

< Non ti sembro ricca? >.

 

< Le ricche qui non portano jeans larghi e maglietta, neppure se firmati come i tuoi! >.

 

< Ehi! Cos’è, mi hai fatto la radiografia? Come fai a sapere che i miei abiti sono firmati? >.

 

< Semplice: li ho anch’io uguali quei jeans e la maglietta… be’, c’è scritto di e gi…! >.

 

< Wow, che spirito d’osservazione!… Comunque no, non sono una riccona annoiata anche se economicamente non me la passo male. Sono venuta qui solo per fare due passi e stare un po’ per conto mio… >.

 

< E invece hai trovato me! Che bello, no? >. Esclamò Nicolas, ironico.

 

< Già! E tu… Nicolas? Che ci fai qui? >.

 

< Sono andato a trovare una mia amica, un medico che ha lo studio proprio qui dietro!… Ma chiamami Nick, per favore. Nicolas mi ci chiama solo mia madre e odio quando lo fa! >. Disse il giovane, sempre sorridendo. Ma Will intuì che probabilmente era vera quell’ultima cosa.

 

< E hai l’abitudine di fermare le persone che ti sembrano in difficoltà e di portarle ad un caffè per farle riprendere? >.

 

< Solo se si tratta di belle ragazze! >.

 

< Oh, per favore!… Smettila, nemmeno mi conosci! >.

 

< E questo che c’entra? Gli occhi per vedere che sei bella ce li ho! >.

 

Willow lo fissò un momento e pensò che più lo guardava e più gli sembrava di averlo già visto, ma proprio non ricordava dove. Poi diede un’occhiata distratta all’orologio… era già ora di pranzo. Doveva tornare all’Hyperion o Angel si sarebbe preoccupato.

 

< Senti Nick, ora devo andare. Si è fatto tardi! >. Disse, tirando fuori una banconota da venti e poggiandola sul tavolino. Ma Nicolas, fulmineo, le bloccò la mano e scosse la testa:<Non ti azzardare a fare una cosa simile! Sei una signora e pago io!>. Willow ritrasse la mano coi soldi e fece spallucce con un mezzo sorriso imbarazzato: non era abituata ad essere trattata così dai ragazzi che avessero la sua età, e poi, se fosse stata a San Francisco, non ci avrebbe messo più di due secondi a scrollarsi di dosso un tizio che l’aveva fermata per strada senza conoscerla neppure di vista. Era malfidata per natura con la vita che faceva al fianco di Kennedy e Buffy. Tutti sono nemici finché non dimostrano il contrario.

 

Ma per una qualche strana ragione, Nicolas le sembrava di una trasparenza mai vista prima. Non sapeva chi fosse né se davvero l’aveva avvicinata perché preoccupato per lei, ma le sembrava sincero. E lei voleva esserlo altrettanto.

 

< Ti ringrazio per la spremuta, allora… >.

 

< Vieni, ti accompagno a casa. Non mi sembri ancora stare benissimo! >.

 

< N-no, io… sto bene, davvero! – Will fece una pausa, pensando a ciò che voleva dire e a come dirlo senza offendere il giovane che, fino a quel momento, seppure un po’ invadente era stato comunque gentilissimo ed educato. – Nick… non voglio sembrarti sgarbata, ma… non otterrai niente da me!… Non ti darà il mio numero e di certo non accetterò di uscire con te, quindi… puoi smetterla di essere tanto gentile, davvero. Hai fatto abbastanza per me, e te ne sono grata. Ma… >.

 

Nicolas per un momento si corrucciò. Poi la fissò negli occhi, inchiodandoli ai propri e avvicinandosi leggermente con la testa a lei.

 

< Se avessi voluto provarci… l’avrei già fatto, Willow!… Ho detto che ti accompagno a casa, non che alla prima occasione ti salto addosso e ti sfilo le mutande, ok? – Poi tornò a sorridere e si alzò – Dai, su, adesso piantala di fare l’asociale e andiamo! >. E di nuovo la prese per un braccio e la trascinò con sé, assumendo l’espressione di un bambino che girovagava per la prima volta in vita sua per le strade del centro. Will non riuscì ad opporsi e fu sempre perché il suo istinto le diceva che Nicolas De Angelis non era un nemico e, a quanto le aveva promesso, non ci avrebbe provato mettendola in imbarazzo. D’altronde, lei in quel momento si sentiva così stanca che l’idea di dover camminare da sola fino all’Hyperion le metteva addosso un po’ d’ansia. Quindi decise di lasciarlo fare, tanto all’occorrenza la Strega Rossa sapeva difendersi benissimo.

 

Ad un tratto, svoltato l’angolo, Nick rallentò il passo e si voltò a guardarla sempre tenendola per un braccio:<Hem… scusa, Will. Ma mi sono scordato di chiederti una cosa… dov’è casa tua?>.

 

CAPITOLO DICIANNOVESIMO: GIU' LA MASCHERA

 

            Buffy stava correndo a perdifiato col suo fidato paletto in mano ed inseguiva la sua vittima con talmente tanta ira che, se l’avesse presa a breve, l’avrebbe trucidata. Era uscita per comprare qualcosa per la cena al supermarket e mai avrebbe pensato di fare quell’incontro, ma visto che Kaine gli era passato davanti all’improvviso, lei ne aveva approfittato. Lui e suo fratello erano responsabili di quello che era successo a Willow e al bimbo che portava dentro di sé, e voleva che pagassero. Habel prima o poi lo avrebbe scovato, ma Kaine era praticamente scomparso dalla sera dell’incidente di Will.

 

Ora lo avrebbe catturato e gli avrebbe fatto sputare sangue per tutte le sue colpe, compresi gli arretrati dei secoli passati. Kaine aveva tentato di parlarle, di dirle qualcosa, ma lei aveva preferito scagliarsi contro di lui cominciando un combattimento che avrebbe tranquillamente definito all’ultimo sangue tanta era la voglia di pestarlo. Kaine all’inizio aveva parato i colpi, dicendole di calmarsi, di smetterla, di parlare; ma lei non aveva voluto ascoltare neppure per un istante e alla fine il vampiro aveva cominciato a correre, deciso ad evitare lo scontro.

 

Adesso era più di un quarto d’ora che correvano e Buffy non accennava a stancarsi né a voler desistere dai suoi propositi di vendetta verso il vampiro.

 

Arrivarono al molo e lo superarono per finire vicino al ponte e continuare la loro corsa sulla spiaggia, verso chissà quale meta. Kaine sembrava essere un atleta fisicamente preparatissimo, ma Buffy non aveva nessuna intenzione di lasciarselo sfuggire e poi riteneva di essere in forma più di lui, visti i costanti allenamenti che per volere o per necessità faceva.

 

Imboccarono Crow Boulevard e iniziarono la risalita del quartiere. Kaine si diresse a nord e, notò Buffy, involontariamente si stava dirigendo esattamente verso casa della Cacciatrice. La ragazza si maledisse per non avere con sé il cellulare, oppure avrebbe potuto fare uno squillo ai suoi amici e dir loro di bloccare la strada a quel bastardo di un vampiro.

 

<Kaine!… Tanto ti prendo, fermati e affrontami!>. Gli sbraitò contro, cercando di aumentare ancora la propria velocità.

 

Ma Kaine sembrò ignorarla e non accennò minimamente a fermarsi.

 

Arrivarono alla fine della collina e all’inizio del quartiere residenziale immerso in una pace quasi inverosimile, considerando che erano appena le dieci di sera.

 

Kaine svoltò l’angolo e proseguì la sua fuga. Stava per tagliare verso il giardino di una delle villette quando Buffy gli tirò contro il coltello a serramanico che portava sempre con sé per eventuali emergenze; lui lo schivò grazie ai suoi prontissimi riflessi, ma fu costretto a cambiare direzione e, nel saltare un’aiuola comparsagli davanti all’improvviso, ruzzolò a terra. Con uno scatto di reni si rialzò subito e proseguì a correre, ma ormai aveva perso quasi tutto il suo vantaggio sulla Cacciatrice che di lì a poco sarebbe sicuramente riuscita ad afferrarlo. Preoccupandosi di questo, non si rese conto di essere capitato proprio davanti all’abitazione della ragazza e quando Buffy, con uno slancio felino, gli piombò alle spalle atterrandolo, Kaine ruzzolò di nuovo, solo che stavolta era proprio sul vialetto di casa di Xander e Giles.

 

<Finalmente ti ho preso!… Ora non scappi più!>. Disse Buffy, sferrandogli un violento gancio sinistro che lo colpì sulla mascella stordendolo. Nei secondi successivi, Buffy lo tempestò di colpi e lui li parò come poté, vista la scomoda posizione che lo vedeva spalle a terra e la Cacciatrice sopra di lui decisamente in una posizione di vantaggio. Alcuni colpi andarono a segno e gli spaccarono il labbro, altri li fermò con le mani.

 

<Fermati, Buffy! Fammi parlare…!>. Disse il vampiro, cercando di frenare un minimo l’ira della bionda. Ma la Cacciatrice era fuori di sé e non aveva nessuna intenzione di ascoltarlo, né di fermarsi. Così continuò a tempestarlo di colpi con la precisa intenzione di cambiargli i connotati a suon di pugni; voleva fargli ingoiare quel sorriso perfetto che Kaine sfoggiava con tanta disinvoltura davanti ad ogni tipo di pericolo o minaccia. Solo che in quel momento il vampiro non sorrideva affatto. Se Buffy non avesse avuto la certezza che in lui non c’era traccia di anima, avrebbe giurato che la stava fissando tristemente e non certo per paura di un po’ di lividi sul viso.

 

<Ferma, ti ho detto!>. Sbottò Kaine dopo qualche istante, bloccandole i polsi e invertendo improvvisamente le loro posizioni. Ecco, ora la Cacciatrice aveva perso il suo vantaggio e lo aveva concesso al suo nemico a causa dell’eccessiva foga che le aveva fatto assumere una postura inadeguata. Kaine aveva approfittato del suo sbilanciamento e ora era sopra di lei. Ma Buffy non voleva dargliela vinta: lo voleva morto. Si liberò una mano con uno strattone e gli sferrò l’ennesimo colpo al viso, facendolo seguire da un forte calcio allo stomaco che servì a staccarlo sa sé e mandarlo un po’ più in là.

 

In quel momento, purtroppo, la Cacciatrice si rese conto di essere esausta come se tutta l’adrenalina che l’aveva accompagnata fino a quel momento adesso l’avesse abbandonata.

 

<Ti ho detto… di piantarla, Buffy! E stammi a sentire!… Non voglio farti del male!>. Ripeté Kaine, asciugandosi un piccolo rivolo di sangue che gli uscì dal labbro inferiore gonfio e livido.

 

<Non vuoi farmi del male? Come non volevi farne a Willow?… Non m’interessano le tue chiacchiere, voglio solo uccidere te e quel bastardo di tuo fratello!>. Rispose Buffy, respirando affannosamente e guardandolo con odio.

 

< Io non c’entro con ciò che è successo a Willow. Non avrei mai colpito una donna incinta!… Glielo avevo detto di non uscire di ronda con voi, l’avevo avvisata: Habel è un sadico! >.

 

< Lui è un sadico? E tu cosa sei? >.

 

< Sono un demone che non ha chiesto di esserlo, ma che sta scontando le sue colpe di quando fu un essere umano! >.

 

< Non fare la parte della vittima, Caino! Non ti si addice! >.

 

< Non sono una vittima e la mia situazione attuale è il risultato di scelte e comportamenti sbagliati, lo so. Non ho bisogno di una ragazzina che me lo ricordi!… Ma ti ripeto che io con Willow non c’entro: non sono stato io a tentare di ammazzarla! >.

 

< No, tu no! Un tuo leccapiedi però sì! >.

 

< Pensavo che avessi capito che Derek stava facendo il doppio gioco! Mi ha tradito, non l’ho mai mandato a darvi la caccia! >.

 

< Sì, come no? A tutte le tue vittime dici questo genere di frottole? >.

 

< Non ti sto mentendo, dannazione!… Ho la coscienza più sporca che si sia mai vista, ma non ho intenzione di accollarmi colpe che non ho!… Quella sera, quando Malvius mi ha trovato e liberato, la prima cosa che gli ho detto è di venirvi a cercare: sapevo che se aveste trovato Habel, quel cane si sarebbe divertito con Willow. E’ nel suo stile, lo vuoi capire? >.

 

< E cosa diavolo dovrebbe convincermi a crederti? >.

 

< Parla con Willow, chiedile se non è vero che l’avevo scongiurata di restarsene a casa!… Non è stato facile per me vederla in quella vetrina, in una pozza di sangue. E a me non serviva certo una visita medica per sapere che il bambino era morto. Mi è bastato guardarla e annusare un momento l’aria… pensi che non mi senta responsabile per non essere riuscito a fermare Derek in tempo? >.

 

< E’ commovente, davvero!… Vorresti farmi credere che sei tu quello che ha un’anima? >.

 

< No, non ce l’ho un’anima. Ho una coscienza, però!… Perché diavolo credi mi chiamassero sciagura? Te lo ricordi chi era Kakistos? Che pensi gliene fregasse se ammazzavo anche qualche mio simile se gli portavo le prede che voleva? E invece non gliele portavo, mi opponevo a lui e ad Habel… è un mostro mio fratello! La sua sete di sangue va ben aldilà dell’essere vampiro, vuoi capirlo? >.

 

< E la tua? >.

 

< Io uccido se costretto!… Non mi sto giustificando con te, Buffy! Non ho paura di te, questo dovresti averlo intuito. Ma voglio che tu capisca che te la stai prendendo col tipo sbagliato!… Vuoi vendetta? E’ giusto, prenditela. Ma prenditela verso chi è il vero responsabile! Derek l’ho già ammazzato io, ma è Habel il mandante! >.

 

Buffy continuò a fissarlo in quegli occhi chiari che sin dal primo momento gli erano parsi glaciali, vitrei, assolutamente privi d’emozione. Ma che, in quegli istanti, sembravano sinceramente addolorati. Kaine stava raccontando esattamente la versione opposta di quello che aveva insinuato Habel e Buffy stava andando in confusione.

 

A chi doveva credere? Chi era davvero il cattivo? E chi il responsabile dell’accaduto a Willow? Era vero che Kaine stesso aveva ucciso Derek, il vampiro che aveva scaraventato Will contro la vetrina; ma questo non faceva di lui un santo…

 

 

 

            Dall’altra parte della strada, qualcuno aveva assistito a quella rissa ed era stato ad ascoltare attentamente quello che Buffy e Kaine si erano detti. Ma non era un vicino di casa, né un passante casuale. Era qualcuno che stava aspettando Buffy sulla porta per parlarle, non avendola vista per qualche giorno per via dei tanti impegni di entrambi. Era Tomas.

 

Kaine aveva attirato subito la sua attenzione arrivando di corsa; ma il suo interesse era esploso nel rendersi conto che quel tizio stava scappando… dalla sua ragazza. Il primo istinto era stato quello di alzarsi dal gradino che delimitava l’aiuola sul quale era seduto e d’intervenire in quella bizzarra scena a cui stava assistendo; ma poi era rimasto assolutamente di stucco nel vedere Buffy, per la prima volta dacché la conosceva, menar colpi in quella maniera. Non solo erano tutti pugni precisi, degni di un vero pugile professionista, ma sembravano anche di una violenza impensabile, come se quell’esile ragazza avesse in realtà la forza di uno scaricatore di porto. Allora era rimasto a guardare e aveva acuito il proprio udito, concentrandosi per ascoltare ciò che i due si stavano dicendo.

 

Ed era rimasto ancora più sbalordito.

 

Vampiri? Demoni?

 

Ma di che stavano parlando? O Buffy era impazzita sul serio oppure… oppure stava impazzendo lui stesso.

 

Doveva arrivare a capo di quell’assurda storia.

 

Era per questo che si era alzato e si era avvicinato un po’ per ascoltare meglio e aveva continuato ad osservare Buffy che se le suonava con quel tizio dall’aspetto tutt’altro che indifeso. Ma fu solo quando i due parvero più calmi che Tomas decise di svelare la sua presenza lì. Camminò lentamente, lasciando che la luce del lampione lo colpisse gradualmente fino a farlo uscire del tutto dall’ombra.

 

<Buffy! Ma che succede qui?>. Disse semplicemente, con tono sicuramente agitato ma non alto, come se improvvisamente la voce gli fosse venuta a mancare. I suoi passi si fermarono solo una volta che fu arrivato a meno di un metro da Buffy e Kaine, ancora seduti a terra e affaticati per l’acceso “scambio d’opinioni” avuto fino ad allora. Buffy lo fissò a bocca aperta, iniziando a bofonchiare come un’idiota, mentre il vampiro si lasciò sfuggire una risatina: era stato talmente tanto preso dalla Cacciatrice che non aveva avvertito la presenza dell’uomo. Se fosse stato un nemico, lui sarebbe già morto.

 

<Non ci trovo niente da ridere, Kaine!… T-Tom… che ci fai q-qui?>. Disse Buffy, cercando di controllare la propria ansia e apparire rilassata nonostante le guance graffiate, i polsi praticamente lividi e il fiato corto.

 

<C-che ci faccio qui? Che ci fai tu qui!?… Voglio delle spiegazioni, Buffy. E non ti azzardare a rifilarmi stronzate per tenermi buono, ok?>. Sbottò Tomas, dopo un momento d’esitazione. La Cacciatrice e il vampiro si lanciarono un’occhiata d’intesa, come a voler concordare il da farsi. Dopo un attimo, Buffy fece un lunghissimo respiro e si alzò da terra con un certo slancio guardando Tomas con aria dispiaciuta: non avrebbe mai voluto che scoprisse la verità su di lei in quel modo…

 

<Tom… andiamo in casa a parlare, per favore! – Gli disse, sforzandosi di guardarlo negli occhi. Poi tentò di prenderlo sottobraccio, ma lui si scansò e lei si rassegnò a non toccarlo. – Kaine… tu vattene a casa o dovunque ti rifugi di solito, ma non t’azzardare a sparire: mi aspetto spiegazioni da te. E’ ora che mi racconti tutta la storia dall’inizio, ok?>. Poi girò sui tacchi e seguì Tomas che già si era avviato verso casa.

 

Kaine rimase seduto lì dov’era, a guardarli andare via: il ragazzo della bionda sembrava davvero furente, oltre che assolutamente scioccato.

 

<Hai parecchi problemi da risolvere, Cacciatrice!>. Commentò fra sé e sé il vampiro.

 

Dal nulla gli arrivò una cicca addosso e lui non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi ci fosse alle sue spalle. Raccolse la cicca e ne aspirò l’odore: marijuana.

 

<Ti sei data agli spinelli per dimenticare i tuoi problemi, Cacciatrice?>. Domandò, con tono ironico. Ma era serio, non stava sorridendo né scherzando. Kennedy era in piedi, poggiata al muretto del vialetto di Xander e Giles e lo fissava cupa. Indossava un paio di jeans molto attillati, chiari e consunti dal tempo e dall’usura. Una maglietta bordeaux altrettanto attillata che s’intravedeva sotto all’immancabile giacca di pelle. I capelli sciolti che le incorniciavano il viso dai lineamenti morbidi e la pelle olivastra.

 

<Non sono affari tuoi. Dammi un motivo per non ucciderti, invece!>. Rispose la ragazza, rimanendo immobile. Kaine ridacchiò com’era suo solito in quelle situazioni. Si asciugò col dorso della mano un rivoletto di sangue che ancora gli colava dal labbro spaccato e si alzò stancamente, andando di fronte a Kennedy con passo lento ma assolutamente sicuro.

 

<Se hai sentito me e Buffy discutere, sai anche che io con la tua ragazza non c’entro nulla!…>. Disse Kaine, per ribadire la sua posizione. La Cacciatrice mora fece spallucce e si poggiò meglio al muretto.

 

< E chi ti dice che me ne importi? Che tu sia responsabile o no di quello che è capitato a Will non è un motivo sufficiente per tenerti in vita! >.

 

< Il che significa che vorresti ammazzarmi comunque, giusto? >.

 

< Giusto! >.

 

< Be’, ragazzina, mettiti in fila. Sembra che siate in molti a volerlo fare e tu sei solo l’ultima di una lunga lista! >. Esclamò sarcastico, come se non si preoccupasse minimamente di quello che l’altra potesse fare.

 

< Non provocarmi, brutto stronzo! Tu non hai idea di quello che sto passando, né di quanta rabbia sto covando. Se non sono venuta a scovarti finora è stato solo perché avevo altro da fare e perché ero certa che prima o poi mi saresti ricapitato a tiro. Ma non tirare troppo la corda o quello che ti ha fatto Buffy sarà niente a confronto di quello che ti farò io! >.

 

Il tono era calmo, le parole le uscirono lente e sibilanti, minacciose e fredde: era una lucida promessa.

 

< Che cosa vuoi, Kennedy? Perché sei rimasta nascosta a spiarci? >.

 

< Non ero nascosta. Siete stati voi a non notarmi. Io ero qui per aspettare Xander e fare due chiacchiere con lui. Ma visto che ora ci sei tu qui… Promettimi che mi consegnerai tuo fratello e ti lascerò andare! >.

 

< Temo che anche per questo tu debba metterti in fila: Habel voglio farlo fuori con le mie mani. E se io fallissi, prima di te c’è sempre Buffy! >.

 

< Col cavolo! Né tu né Buffy gli torcerete un capello!… Quel bastardo è mio, chiaro? >.

 

Kaine annuì, andando a sedersi ad agio verso i gradini dell’ingresso della villa. Si sentiva le gambe pesanti e, anche se non l’avrebbe voluto ammettere, le ferite infertegli da Buffy gli dolevano parecchio: menava duro quella specie di piccola tigre ambulante. Kennedy lo seguì con lo sguardo all’inizio, ma poi andò a sederglisi accanto e il vampiro intuì che anche la ragazza era molto stanca, provata nel corpo e nell’anima.

 

< Posso farti una domanda, Cacciatrice? >.

 

Chiese Kaine, quando lei si fu adagiata sul marmo freddo.

 

< Che vuoi? >.

 

Anche la voce appariva stanca.

 

< Io… vorrei capire… vorrei capirti!… Non sei sorpresa di quello che hai sentito dire a me e a Buffy… riguardo alla tua ragazza. Mi riferisco alla gravidanza, ovviamente. Quindi… se sapevi tutto, se sapevi già, perché parlare solo ora? O sei una bravissima attrice o sei una pazza schizofrenica dalla doppia personalità! >.

 

Non era stato delicato, ma nemmeno provocatorio. Aveva scelto accuratamente le parole da dire: voleva che l’altra lo capisse senza rischiare d’incorrere in finti malintesi o altro. Kennedy capì le sue intenzioni e sorrise amaramente.

 

< E da quando ti preoccupi dei sentimenti umani? >.

 

< Da sempre!… Non sono uno di voi, ma in quel senso sono esattamente come voi. E io, se la mia ragazza fosse incinta di un altro, di certo non me ne starei buono a far finta di nulla, né mi farei in quattro per consolarla e combattere la sua depressione! >.

 

< Questo significa solo che non sei stato mai innamorato! >.

 

< Chi te lo dice? >.

 

< Io!… L’amore è… ossessione, trasalimento, emozioni che ti travolgono e che ti costringono… ad annullarti pur di vedere felice la persona che ami… Se non sai queste cose, significa che la tua vita o non morte ha fatto davvero schifo, finora: perché non sei mai stato innamorato di qualcuno! >.

 

< Ti sbagli!… Ero innamorato! >.

 

< E che fine ha fatto lei? >.

 

< Mio fratello l’ha prima stuprata e poi se ne è nutrito, più o meno dodici ore dopo essere diventato un vampiro!… Ma non portare il discorso su di me. Io sono il mostro, no? Sei tu quella umana… Ti trovo curiosa, ti ho trovato curiosa sin dal primo incontro fra noi e vale anche per la Strega Rossa. Quando poi ho capito che stavate insieme… Tu sei impulsiva, arrogante nei tuoi modi, aggressiva il più delle volte e stupida. Ma anche tremendamente passionale… in bene e in male. Come fate a stare insieme? >.

 

< Dammi ancora della stupida e ti sgozzo! >.

 

Il vampiro ridacchiò: il tono di Kennedy era talmente tanto serio, che chiunque altro avrebbe creduto a quella minaccia. Ma lui no. Kaine non dava peso a quel genere di cose. In tanti lo avevano minacciato, eppure lui era ancora lì.

 

< Sei una stupida, quindi come altro dovrei chiamarti?… Una che fa finta di non vedere per non ammettere la verità è una stupida… o una pazza. Già te l’ho detto. Decidi tu! >.

 

Kennedy lo guardò per un attimo, studiando quei lineamenti perfetti seppur segnati da graffi e lividi. Sospirò pesantemente e si accasciò su se stessa, mettendo la testa fra le gambe e le mani sulla nuca, fra i folti capelli scuri.

 

< Sono… una pazza… pazza di lei…! La odio per quello che mi ha fatto. Ma quando la guardo e vedo in lei solo dolore e tristezza… non riesco a non desiderare di stringerla forte e di poterla consolare. Willow è il veleno e l’antidoto contemporaneamente e io sono diventata completamente dipendente da lei, lo ammetto!… Io… vorrei chiederle perché, perché ha trovato conforto fra le braccia di Xander e non è riuscita a trovarlo fra le mie. Ma come faccio a chiederglielo? Sembra un’altra persona, una che non conosco e che mi spaventa perché non ho la più pallida idea di quello che gli frulla nella tsta e non so come reagirà, cosa farà e… e l’amo così tanto da essere terrorizzata all’idea che faccia una sciocchezza o che decida di sbattermi fuori dalla sua vita definitivamente! >.

 

< Non è partita di sua iniziativa, quindi piantala di credere che stia tentando di mollarti! >.

 

< Lo so che l’ha costretta Buffy ad andare a Los Angeles, non era a questo che mi riferivo! Parlavo del fatto che sin da quando ci siamo messe insieme lei mi ha tenuta fuori da una parte del suo mondo, del suo cuore, impedendomi di conoscere davvero tutto di lei. E ora… potrebbe decidere che non ha neppure il minimo bisogno di me! >.

 

< Sei un’insicura, dunque? Davvero non me l’aspettavo da una Cacciatrice! Equivale ad andare in giro disarmata di notte, nel bel mezzo di un cimitero ricco di tombe fresche dalle quali spunteranno fuori vampiri a iosa. Ti farai ammazzare! >.

 

< Non è la Cacciatrice ad essere insicura, ma la donna… Kennedy dipende da Willow, non la Cacciatrice ! >.

 

< Peccato che… Kennedy sei tu e sei una Cacciatrice, quindi è insicura la donna e la combattente. Non c’è differenza e il succo del discorso è che… Willow ti ha reso vulnerabile! >.

 

 

E nessuno sa quanto…neppure tu stesso…!

 

 

 

 

 

            Willow scese svogliatamente al piano di sotto: avrebbe voluto rimanere a letto, sotto le coperte, a far finta di essere in come per sfuggire il dolore che provava ogni volta che pensava all’aborto. Ma il suo stomaco glielo aveva impedito cominciando a brontolare dalle due di notte. Alla fine non aveva resistito e alle cinque si era alzata per andare a mangiare qualcosa.

 

Quando arrivò in cucina, con sua sorpresa trovò lì Angel, Cordelia e Westley che teneva un impacco di ghiaccio sulla propria mano sinistra.

 

< Salve, ragazzi! >. Salutò, con poca enfasi. Il vampiro e i suoi amici le lanciarono un’occhiata sorpresa.

 

<Buongiorno, Willow!… Non sapevo fossi così mattiniera, visto che da quando sei arrivata praticamente non ti si vede mai in giro!>. Disse Cordelia, sorridendo sarcastica, mentre sgranocchiava gallette dietetiche di riso soffiato accompagnate a succo d’ananas. Will non riuscì a sembrare naturale quando rispose:<Ho… molto da fare in camera mia, tutto qui! Le solite ricerche!>. Cordelia fece spallucce e ridacchiò senza credere ad una parola: non sapeva perché l’intelligentissima secchiona di sempre fosse lì a Los Angeles, ma sapeva di sicuro che non era per fare semplici ricerche; tanto più che Angel aveva detto che si trattava di una cosa sua personale e privata. Peccato che lui non avesse una vita privata.

 

<Will, soffri d’insonnia?>. Chiese Angel, andandole in aiuto. Lei annuì e andò al frigo per prendere qualcosa:<Sì, a dire il vero. Ma ora mi sono alzata perché ho fame!>. Rispose.

 

<Prendi pure quel che vuoi, in frigo ci sono dolci freschi, appena presi in pasticceria. E c’è anche del formaggio, se vuoi farti un sandwich!>. Disse Angel, indicandole il ripiano basso del frigorifero.

 

Willow addentò uno dei dolcetti indicatigli dall’amico, poi prese anche il formaggio e, dopo averlo affettato con cura, lo mise fra due fette di pane infilando il tutto nella piastra e preparandosi una colazione degna di un contadino di una volta. Poi si versò anche un bicchiere enorme di latte e bevve avidamente.

 

<Allora… Will… chi era quello strafico che ti ha accompagnata qui l’altroieri? Volevo chiedertelo da quando l’ho visto dalla finestra, ma non ti ho più vista…!>. Esordì Cordelia, ad un tratto. Angel sollevò un sopracciglio, guardando interrogativo Willow assieme a Westley. Di chi stava parlando Cordelia? Quale ragazzo?

 

La rossa non sembrò colpita più di tanto da quella domanda e rispose semplicemente:<Ah, parli di Nick!… E’ un tipo gentile che ho incontrato per caso e che mi ha accompagnata qui dopo aver scambiato due chiacchiere insieme, tutto qui! >.

 

< Willow!!! – Squittì Cordelia, fintamente super eccitata. – E così hai deciso di rinsavire e di tornare a dare la caccia ai ragazzi? Ottimo! Tanto più che ora ti vesti decisamente meglio di quando andavi al liceo e fisicamente… be’, sei piatta davanti ma non sei poi tanto male, quindi non avrai certo problemi! >.

 

Ovviamente la stava stuzzicando. Il passatempo preferito di Cordelia da sempre.

 

< Ah, ah, ah! Molto spiritosa, testa di rapa!… Ma ti ricordo che sei tu che cerchi di rimorchiare qualunque soggetto di sesso maschile che abbia come unico requisito fondamentale il respiro spontaneo! >.

 

Cordelia fece una smorfia: aveva incassato il colpo.

 

Touchée!

 

< Calma, calma streghetta! Non c’è bisogno di scattare. Era tanto per chiedere… è insolito vederti con un ragazzo che non sia Xander! >.

 

Ancora con quella storia. Cordelia avrebbe mai smesso di rinfacciarle di aver baciato Xander quando lui stava insieme a lei? Comunque…

 

Uno a uno. Palla al centro.

 

< Il fatto che io sia gay, cara Cordelia, non significa che non possa fare amicizia con un ragazzo, ok? E comunque non devo darti spiegazioni di nessun genere! >.

 

Allora intervenne Angel.

 

< Be’, a lei no. Ma… io sono comunque curioso di sapere… chi è Nick? Non l’hai mai nominato prima! >.

 

< Perché l’ho conosciuto l’altroieri quando sono andata al centro a fare due passi! >.

 

< E ti fai accompagnare a casa da un tizio appena conosciuto? Ma sei impazzita? >. Angel involontariamente aveva sbottato, alzando la voce.

 

Willow boccheggiò, basita da quella reazione, tirandosi istintivamente un po’ indietro. Quando il vampiro si rese conto di aver esagerato, cercò di darsi un contegno.

 

< Scusate… io… non volevo essere brusco. Solo… Willow, io ho tanti nemici e anche tu te ne sei fatti un bel po’. Quindi… attaccare bottone col primo venuto, uomo o donna che sia, non mi sembra molto prudente! >. Esclamò Angel, cercando di apparire calmo.

 

< Non ho “attaccato bottone” Angel, dovresti sapere che non sono il tipo. Non mi sono sentita molto bene mentre passeggiavo: ho avuto un po’ di vertigini. Nick passava di lì, se n’è accorto e ha insistito per accompagnarmi. Niente di più e niente di meno! Tra l’altro… non credo che lo rivedrò, quindi… >.

 

< Niente di più e niente di meno?! Willow, sei gay e sei scema per caso? Cos’è, vieni da Marte? Quello non era un tizio qualunque, era Nicolas De Angelis, il famoso campione di nuoto! Ha vinto tre medaglie d’oro alle Olimpiadi e svariate medaglie d’argento in più di uno stile! >.

 

Intervenne Cordelia, scandalizzata nel rendersi conto che davvero l’altra non sapeva chi fosse quel ragazzo.

 

< Ma di che parli? >. Le chiese di rimando, Willow.

 

Cordelia si alzò dalla sedia, andò al tavolino basso e rovistò fra i giornali che aveva accumulato lì negli ultimi tempi. Quando tornò, poco dopo, le gettò sotto gli occhi una rivista di gossip sportivo che ritraeva Nick in svariate pose, tra cui alcune foto con le medaglie al collo e altre mentre nuotava gareggiando. Willow lesse rapidamente i vari trafiletti che parlavano di lui, ma Cordelia l’anticipò raccontandole tutta la biografia del ragazzo.

 

<… E’ il primogenito della famiglia De Angelis, ovvero i proprietari di bel due case discografiche di livello internazionale e di circa una settantina di pozzi di petrolio in Quait. Possibile che tu non abbia mai sentito nominare questo cognome? Lui personalmente ha vinto tantissime gare, una dietro l’altra, fino a quattro mesi fa circa, se non sbaglio, quando improvvisamente e senza nessuna spiegazione è sparito dalla scena sportiva mondiale!… Non sapevo vivesse qui, però! So che suo padre è di Seattle, ma sua madre è di Londra e pensavo vivesse lì con lei! >. Concluse Cordelia, parlando concitata come se fosse una grande fan di quell’atleta.

 

< Non pensavo fossi tanto interessata al nuoto agonistico, Cordy! >. Osservò Westley, sorseggiando il suo thé.

 

< E non lo sono!… Ma conosco benissimo alcuni dei nuotatori più famosi perché hanno un fisico davvero notevole! >. Rispose la giovane, fissando una delle foto stampate sulla rivista.

 

< Ah, ecco…! >. Esclamarono gli altri tre, in contemporanea.

 

< Mi pareva strano! >. Disse Willow, fra sé e sé.

 

< Be’, il fatto che tu non sappia mai niente del mondo che ti circonda, non significa che tutti siano come te, ok? >.

 

Willow fece spallucce e finì di mangiare con un unico boccone per poi ingurgitare l’ultimo goccio di latte. Andò al lavello, sciacquò il bicchiere e lo ripose al suo posto.

 

< Sentite… io torno in camera e cerco di dormire. Buona ronda! >. Disse la rossa.

 

< Veramente siamo appena tornati! >. Ribatté Westley.

 

< Ah! Be’, allora buon riposo! >.

 

Poi se ne tornò a letto, con lo stesso stato d’animo con cui si era alzata. Ma almeno adesso lo stomaco aveva smesso di brontolarle e di farle male… almeno un po’. Avrebbe mai smesso del tutto di provare dolore…?  

 

CAPITOLO VENTESIMO: DUE DANNATI E UN NUOTATORE

 

            Buffy stava sistemando il suo ufficio, cercando di dargli una parvenza di ordine riponendo le varie cartelle e schede dei pazienti nell’archivio a cassetti. Era venerdì sera e aveva deciso di non tornare a casa troppo presto per tenere la mente impegnata, lontano da pensieri che riguardavano la caccia al nemico o a Tomas. Il medico non l’aveva presa bene la storia di lei che era una Cacciatrice di vampiri e tutto il resto, tanto che attualmente Buffy non sapeva più nemmeno se poteva definirsi fidanzata o meno.

 

Erano passati tre giorni e non l’aveva richiamata, e non l’aveva cercata né le aveva mandato un messaggio di nessun genere. Dal canto suo, la ragazza aveva deciso di dare il tempo a Tomas di digerire la notizia e il concetto che il termine “Cacciatrice” implicava: non é facile accettare che nell’ombra non c’è solo buio, ma molto di più.

 

Lei lo sapeva bene.

 

Aveva provato lo stesso senso di terrore e smarrimento la prima volta che era stata contattata dal suo precedente Osservatore. Così aveva evitato di fare il primo passo e cercare Tom. Ma sperava tanto che lui si facesse vivo, se non altro perché ci teneva a chiarire con lui. La sera in cui il ragazzo aveva assistito alla sua scazzottata con Kaine e aveva scoperto la sua vera identità, poi erano andati in casa e Tomas aveva dato inescandescenze dandole della pazza; le cose erano degenerate del tutto quando, attirati dalle grida agitate, Xander era arrivato assieme a Dawn e a Kenny e tutti e tre insieme avevano ammesso di sapere già tutta la storia. A quel punto Tomas era diventato cianotico in viso, si era ammutolito e se n’era andato rapido come un centometrista.

 

Buffy si era gettata nel lavoro come faceva spesso quando voleva concentrarsi su qualcosa che non riguardasse il mondo del sovrannaturale, solo che quattro giorni ininterrotti di sedute e compilazione delle cartelle cliniche non erano bastati a distrarla davvero. Ora sperava che con un po’ di lavoro fisico si sarebbe sentita più sollevata. Ma si era sbagliata: stava solo stancando i suoi già doloranti muscoli.

 

<Dovresti chiuderti dentro quando sei da sola!>. Buffy sobbalzò e impugno fulminea il tagliacarte d’argento a forma di piccolo pugnale che stava sopra all’archivio, lasciando che tutte le scartoffie che aveva tenuto in mano fino ad allora si spargessero sulla moquette color mogano del suo ufficio. Appoggiato allo stipite della porta c’era Kaine che la fissava divertito, con quei dannati occhi puntati su di lei come mirini di precisione di un fucile ad alta precisione.<Non ci trovo niente di divertente in te che sgattaioli qui dentro e tenti di farmi fuori facendomi venire un infarto, quindi levati subito quel sorriso dalla faccia!>. Ringhiò infuriata più con sé stessa che con il vampiro. Si era fatta cogliere impreparata e soprappensiero; Kaine volendo avrebbe potuto colpirla.

 

Invece era rimasto lì e non sembrava affatto intenzionato ad aggredirla; anzi, quando lei iniziò a raccogliere da terra i fogli che le erano caduti, lui si mosse e andò ad aiutarla come avrebbe fatto un vecchio amico o una qualunque persona civile. Quando finirono, Bufy tornò ai cassetti dell’archivio e come se nulla fosse riprese a riordinare i suoi incartamenti. Kaine l’osservò ancora in silenzio per qualche istante, poi andò a sedersi sulla comoda poltrona dietro alla scrivania.

 

<Non mi chiedi perché sono qui?>. Le domandò, stendendo le gambe. Buffy rimase di spalle e non smise di lavorare:<No. So già che vuoi: rompermi le scatole. Quindi…>.

 

< Non sono qui per questo! >.

 

Ma Buffy non sembrò interessata. Allora lui proseguì.

 

< Sono qui per raccontarti la mia storia e cos’è il talismano di Soid! >.

 

A quel punto, nonostante la ragazza si sforzasse di non darlo a vedere, Kaine ottenne tutta la sua attenzione. Buffy si voltò lentamente dopo essersi liberata  le mani e, incrociando le braccia al petto, si poggiò allo schedario con la schiena. Ora era lei che stava fissando il suo interlocutore.

 

< Dimmi qualcosa d’interessante, allora. Oppure vattene! >. Disse spavalda, ma sapeva che l’altro non se ne sarebbe andato perché era andato lì di sua iniziativa. Kaine attese qualche lunghissimo secondo prima di parlare, come se stesse cercando di riorganizzare le proprie idee. Poi finalmente parlò ed era serio ora: il sorriso beffardo era sparito dal suo viso, esattamente come Buffy gli aveva visto fare più volte dacché le loro strade si erano incrociate.

 

< Vuoi sapere chi siamo io e mio fratello? Ebbene, quando ti ho detto che siamo i famosi Caino e Abele… non ho mentito. Siamo i due fratelli citati nella Bibbia dei Cristiani e in molti altri testi sacri, conosciuti o no che siano… >.

 

< Questo lo avevo capito. Va’ avanti! >.

 

< Qul giorno io e Abele avemmo una discussione tremenda: ero geloso di lui e l’ira che i suoi modi gentili e la sua innocenza facevano crescere in me divenne incontrollabile. Così lo uccisi… è una vecchia storia. I particolari non contano. Quello che non è noto, è che dopo essermi reso conto di quello che avevo appena fatto, tentai di ammazzarmi per non dover vivere col rimorso di aver ucciso il mio unico fratello… Solo che non fui bravo nemmeno in quello. E Kakistos ne approfittò nutrendosi prima di lui e poi di me, vampirizzandoci… >.

 

< Questo già lo sapevo. Mi stai annoiando! >.

 

< Davvero?… E non ti chiedi perché io ho mantenuto una coscienza, seppur non un’anima, mentre Habel no? >.

 

< Certo che me lo sono chiesto, ma per quanto io abbia fatto ricerche e abbia interrogato informatori e feccia varia, non ho trovato nulla a riguardo! >.

 

< Nei secoli abbiamo fatto in modo che non si sapesse tutta la storia… ma per ragioni diverse, temo. Comunque… Fu la nostra punizione, la punizione di entrambi! >.

 

< Punizione? Ma di che stai parlando? >.

 

< Della… punizione Divina!… Io avevo ucciso mio fratello e non potevo cavarmela con l’annullamento di ogni senso di colpa. Così la mia coscienza fu conservata intatta, quella stessa coscienza che mi aveva spinto a tentare il suicidio. Mentre per Abele… la sua colpa era stata quella di crogiolarsi nella sua bontà, nella sua presunta perfezione di Spirito. E la sua punizione fu adeguata alla colpa: perse ogni scrupolo e ogni rigore morale. Non controlla il demone che è in lui, ne è succube e complice! >.

 

< La legge del contrappasso, giusto? >.

 

< Esatto! >.

 

< Va’ avanti… cominci ad essere interessante! >.

 

< Ah, grazie tante davvero!… Non c’è molto altro da dire a riguardo: io mi sarei suicidato di nuovo rendendomi conto di quello che ero diventato e conservando la memoria di quello che avevo fatto a mio fratello. Abele, invece, divenne una vera belva schifosa, un sadico bastardo e violento che si diverte a spese del prossimo: umano o demone che sia!… L’ho praticamente creato io quel mostro perché se non l’avessi quasi ucciso, Kakistos non l’avrebbe vampirizzato e non sarebbe successo mai quello che invece accadde… Sto parlando di stragi e omicidi orribili, anche solo per divertimento, non necessariamente per nutrirsi. Ma era tardi per rimediare e io potevo fare solo una cosa: rimanere fisicamente vicino ad Abele, nel clan di Kakistos, per cercare di frenare i suoi istinti folli. E’ per questo che mi chiamavano… chiamano sciagura… Che vampiro è uno che tenta di non uccidere se non quando è strettamente necessario?… Ho una coscienza, è vero, ma quando la fame si fa sentire io l’ascolto e la placo, come ogni altro vampiro. Quindi non mi reputo meglio degli altri. Solo che in questi secoli ho tentato in tutti i modi di ostacolare Abele e a Kakistos questo non piaceva affatto: anche lui era assetato di sangue e morte. Ma non poteva farmi fuori, non poteva cacciarmi dal clan o eliminarmi perché gli servivo. Grande cacciatore mio fratello, ma pessimo stratega: il suo cervello è andato a farsi fottere assieme alla sua anima nel momento stesso in cui è diventato un demone. Invece io sono sempre stato un perfetto pianificatore ed ecco perché mi ha tenuto al suo fianco. Io gli ho fatto da luogotenente perché era necessario che rimanessi con lui e Abele, ma credimi quando ti dico che non mi sono divertito! >.

 

< Oh… povero vampiro incompreso! >.

 

< Non è per farmi compatire che ti sto raccontando questo! >.

 

< Ah no? E perché allora? >.

 

< Per farti capire con chi e cosa hai a che fare, Buffy! Non è semplice come le altre volte: non c’è solo il nemico d’affrontare e uccidere. C’è molto di più! >.

 

< Davvero? >.

 

< Certo!… Legato a noi, al nostro sangue, alla nostra punizione, c’è il talismano di Soid. Non avete trovato nulla su di esso perché questo non è il suo nome originario. Si tratta di una croce di legno che alla fine dell’estremità più lunga ha un pezzo di metallo, la punta del coltello col quale in verità uccisi Abele… Ci è stata fatta una Rivelazione che riguarda quel crocifisso… quella è l’origine della nostra dannazione e la nostra unica via di fuga. Io voglio trovare pace dopo secoli di tormento, mentre mio fratello vuole il potere assoluto, il potere mistico che la punta che lo ha fatto quasi Trapassare possiede per volere di Chi è sopra di noi, di Colui che ci ha creati e puniti per quello che eravamo… Kakistos l’ha scoperto e, per paura che trovassimo il talismano e che uno di noi diventasse più potente di lui, l’ha fatto nascondere! >.

 

< Kakistos? Furbo l’amico! >.

 

< Era d’aspetto orribile, ma non era un’idiota! >.

 

< Su questo mi permetto di dissentire: era un’idiota eccome, visto che non ha pensato che affrontare due Cacciatrici contemporaneamente era ben diverso dall’affrontarne una solamente! >.

 

Kaine corrugò la fronte assumendo un’aria interdetta.

 

< Parli di quando siamo venuti a Sunnydaile per inseguire Faith? >.

 

< Sì, certo! >.

 

< Abbiamo tentato di dissuaderlo, ma era davvero testardo… e ne ha pagato le conseguenze!… Comunque… Il vero nome del talismano è Dios. Indovina perché! >.

 

Buffy sorrise brevemente.

 

< Wow, che fantasia!… Ma ecco spiegato perché Willow e Giles sono diventati matti nelle ricerche e non sono approdati a niente! >.

 

< Ah!… Come sta Willow…? >.

 

< T’interessa davvero? >.

 

< Altrimenti non te lo avrei chiesto!… A parte il trauma emotivo che deve aver subito, quella sera ha riportato anche ferite fisiche non indifferenti… >.

 

< Già!… L’ho sentita stamattina. Non parla molto, come se la scocciasse quando la chiamo. Ma considerando che finché è rimasta qui a San Francisco si era praticamente rinchiusa in camera sua e non usciva quasi mai da quelle quattro mura… Dice che la gamba ogni tanto le duole e anche l’addome, ma dice che va meglio. Il che credo che, fisicamente parlando, sia vero. Ma emotivamente… ci teneva a quella gravidanza! >.

 

< Lo immagino. E’ difficile per qualunque donna superare lo shock di un aborto, ma considerando la… situazione… generale in cui si trova Willow, immagino che per lei sarà ancora più difficile. E il fatto che si sia scontrata con una vetrina immagino che sia un bell’aggravante! >.

 

< Sì, vero. Comunque… vorrei chiederti un favore: non toccare mai, e dico mai, quest’argomento quando siamo con gli altri. Solo io e Xander sapevamo di quella gravidanza e se qualcun altro degli altri venisse a saperlo, temo che non reagirebbe bene. Soprattutto Kennedy. Con questo non giustifico Will, ma in questo momento l’ultima cosa che ci vuole è una bella litigata in famiglia con contorno di rissa! >.

 

Kaine la fissò nuovamente come se fosse rimasto sorpreso da quello che lei gli stava dicendo. Ma quell’impressione durò poco più di un istante perché poi il vampiro abbozzò un sorriso e annuì.

 

< … Non sono certo qui per rovinare la vostra famiglia! >.

 

< A proposito, perché sei venuto qui? Intendo nel mio ufficio! >.

 

< Volevo proporti qualcosa… aiutami a trovare il talismano e io ti consegnerò mio fratello… ovviamente solo dopo averci scambiato due chiacchiere anch’io! >.

 

< Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Innanzitutto, visto che il talismano ti renderebbe più forte, sei un folle se pensi che te lo lasci prendere. Secondo: se prendo tuo fratello, lo faccio fuori e non credo tanto rapidamente. Ti starebbe bene? >.

 

< Habel è quello che è!… Ha smesso di essere Abele tanto tempo fa e non tornerà mai ad esserlo finché camminerà su questa terra, quindi… Hai carta bianca con lui. Per quanto riguarda me… non diventerei più forte. Il talismano ha il potere di dare a uno di noi quello che più vogliamo. Io non voglio il potere, voglio pace e non ho altro modo per ottenerla davvero! >.

 

< Pace? Dammi un paletto di legno e la pace te la do io! >.

 

Kaine sorrise.

 

< Non è così semplice, Cacciatrice! >.

 

In quel momento la porta dello studio scattò ancora e si aprì. Era Tomas. Aveva i capelli rasati di fresco e la barba lunga; indossava un paio di jeans vecchi e dall’aria visuta, accompagnati ad una felpa col collo un po’ allentato, coperto dalla giacca di pelle. L’uomo rimase sorpreso di trovare Kaine lì e Buffy che sembrava ci stesse chiacchierando tranquillamente; tanto che la sua espressione mutò quasi all’istante da sorpresa a irritazione.

 

< Buona sera!… Non pensavo di trovarti… in compagnia. Ma devo parlarti! >.

 

< Ah, be’, fate pure… io non vado di fretta! >. Esclamò Kaine, sarcastico.

 

Ma Tomas lo incenerì con lo sguardo.

 

< Non mi sono spiegato bene, allora. Fuori di qui: devo parlarle da solo! >. Ribatté il medico, duro nel tono e nell’espressione. Kaine lanciò un’occhiata a Buffy e  per un momento velutò l’idea di far ingoiare tutti i denti a quello stupido che si stava permettendo di dargli ordini e che, evidentemente, non aveva capito con chi avesse a che fare. Ma poi decise che sarebbe stato tempo sprecato e che, se voleva l’aiuto della Cacciatrice, non poteva certo massacrare il suo ragazzo. Quindi fece spallucce sospirando pesantemente e si alzò dalla poltrona facendo il giro della scrivania a passi lenti:<Be’… visto che sono di troppo… vado a fare un giro. Fammi sapere quando vuoi andare a cercare Habel e farò in modo di essere con te e i tuoi amici!>. Disse alla fine, rivolto a Buffy. La ragazza annuì:<Come faccio a trovarti in tempi rapidi? Non è facile!>. Rispose Buffy, dopo un momento. Lui sembrò pensarci su per alcuni istanti, poi disse:<Va’ all’Hardwenten Caffè. Dopo il tramonto lì troverai tutte le sere Malvius, l’uomo albino che è sempre con me. Lui ti condurrà dove mi trovo e puoi stare tranquilla che non ti toccherà neppure con un dito, né te né nessuno del tuo gruppo!>.

 

<Come Derek?>. Domandò ironica Buffy, per infliggere l’ennesima frecciata al suo nuovo alleato. Kaine non gradì la battuta, ma infondo se l’aspettava.

 

<Derek è morto ed è stata una conferma per tutti i miei uomini che se dico una cosa è quella. Nessuno di loro andrà mai più contro i miei ordini!… Buona serata ad entrambi!>. Esclamò Kaine, poi se ne andò col suo solito passo lento.

 

<Ma che gentiluomo per essere un mostro!>. Commentò Tomas sarcasticamente. Buffy gli lanciò un’occhiata:<Andiamo, non criticarlo. Non credo sia molto abituato a relazionarsi con qualcuno che non faccia parte del suo clan!>.

 

<O del suo spuntino!>. Ribatté il medico. Buffy sospirò:<Ha detto che non si nutre con esseri umani ma con sanguinaccio comprato dal macellaio e sangue preso nelle emoteche di alcune cliniche e ospedali vari… quindi.. >.

 

< E gli credi? >.

 

< Certo! Non ha motivo di mentirmi, anche perché se lo stesse facendo, io lo saprei, credimi. Ma tu che ci fai qui a quest’ora? E come hai fatto a sapere che ero qui? >.

 

< Sono venuto a casa tua e me lo ha detto Kennedy. Tu sei sicura che lei non sappia niente della gravidanza di Willow? Arrivando l’ho vista trattar male Xander e l’ho trovata tremendamente nervosa… >.

 

< Credimi, se Kennedy sapesse di quello che è successo, non tratterebbe male Xander, lo prenderebbe a pugni fino a farlo svenire! E’ una brava ragazza, ma è anche possessiva e gelosa di Will, quindi…

 

< E’ innamorata di lei e quando sei innamorato di una persona non tolleri che qualcun altro la tocchi, in nessun senso. E’ normale! Comunque tienila d’occhio: non l’ho vista bene! >.

 

< Ok, lo farò!… Ma dicevamo… come mai sei qui? >.

 

< Volevo parlarti! Ho accettato il lavoro a Washington. Parto fra due settimane! >.

 

< Ah! >.

 

Buffy era rimasta davvero sorpresa da quella decisione perché sapeva che Tomas non aveva ancora risolto i suoi problemi dove lavorava adesso e che, soprattutto, il suo amico quando gli aveva offerto il posto di primario a Washington non gli aveva dato nessun ultimatum di tempo per decidere. Il che significava che aveva preso quella decisione a causa sua e di quello che era venuto a sapere su di lei.

 

Ma Tomas la sorprese ancora.

 

< Vieni con me. Non ho cambiato idea riguardo a noi due! >.

 

Buffy sbarrò gli occhi e boccheggiò cercando di riorganizzare rapidamente le idee. Voleva ancora che andasse con lui? Era incredibile davvero.

 

< T-Tom, io non so se… >. Ma lui non la lasciò parlare e le si gettò addosso, abbracciandola forte a sé e baciandola subito dopo. Con una mano prese a carezzarle la schiena e con l’altra le tenne la nuca delicatamente ma saldamente: non  voleva farla fuggire, voleva che restasse lì con lui. Il bacio durò alcuni lunghissimi minuti e quando il ragazzo si scostò leggermente da Buffy entrambi avevano il fiato corto. La Cacciatrice gli posò le mani sul petto e lo fissò negli occhi; avrebbe voluto dirgli che lo amava ma che il suo dovere era restare lì a San Francisco assieme a Dawn e agli altri. Eppure sapeva che Tomas non avrebbe capito e non avrebbe accettato.

 

<Ti amo, Buffy! E quando lo dico… non è alla leggera. Mi sei entrata dentro e sei diventata la mia ossessione: non riesco ad immaginare la mia vita senza di te. Vieni con me, ti prego… Ti prego…!>. Le sussurrò il medico, mentre continuava a carezzarla e a strofinarsi contro di lei col viso sul suo collo, col naso contro il suo orecchio e i suoi capelli morbidi e profumati. Sembrava una supplica disperata e a Buffy venne da piangere: non poteva assecondare la sua richiesta, ma non voleva perderlo. Così, irrazionalmente, si rifiutò di rispondere, di parlare, di dire qualunque cosa e riprese a baciarlo. Dopo alcuni secondi, in cui il bacio s’intensificò, Buffy gli saltò in braccio, allacciando le proprie gambe alla sua vita; lui la sostenne senza problemi con le braccia e pian piano la condusse alla scrivania senza mai smettere di accarezzarla e di cercare la sua bocca con la propria.

 

La stese sul tavolo e iniziò ad aiutarla a spogliarsi. Non era andato lì per quello, ma l’alchimia fra loro era diventata troppo forte per ignorarla, tanto più che Buffy sembrava d’accordo con lui. Ma la vera speranza di Tomas era che Buffy si accorgesse di quanto realmente lui tenesse alla loro storia, a lei e a non far finire tutto. Non gli importava chi lei fosse e cosa facesse al tramonto, gli importavano solo le emozioni che Buffy gli sapeva far provare assieme a tutte le sensazioni che lo invadevano ad ogni suo sguardo. E in quei momenti in cui la ragione era stata accantonata da entrambi, Tomas sperò con tutto sé stesso che anche per quella ragazza minuta, bellissima ed eccezionale fragile e forte al contempo fosse lo stesso.

 

 

 

 

 

Che devo fare? Che devo fare? Non dovrei essere qui, non nel bel mezzo di una rissa contro i vampiri… Ma perché diavolo non ho dato retta a Kaine?!

 

Mi aveva detto di non uscire stasera, di starmene a casa.

 

E io no, gli ho risposto no e sono uscita a caccia… ma sono io la preda!

 

 

 

Willow era davanti ad una vetrina distrutta, a un paio di metri da essa. Non poteva vedere cosa ci fosse sul pavimento, ma sentiva un forte odore pungente e nauseabondo. Era certa che provenisse dalla vetrina. Aveva il terrore di vedere ma era attratta verso il negozio come se sotto i suoi piedi ci fosse stato un nastro scorrevole che inevitabilmente la condusse ad avvicinarsi. E allora guardò…

 

C’era lei sul pavimento della vetrina, sommersa da vetri, pezzi di manichini intrisi di sangue, abiti irriconoscibili. Sembrava essere morta e fra le sue gambe, più che in ogni altra parte, una pozza di liquido rosso scuro.

 

 

Che cosa ho fatto?… Sono morta?…

 

 

 

- No! Ma sarebbe stato meglio per tutti se fossi crepata. Un sacco di problemi sarebbero stati evitati! – Rispose improvvisamente la se stessa che se ne stava riversa sul pavimento, sommersa da quello che una volta aveva composto la vetrina.

 

Willow sobbalzò e guardò il suo alter ego negli occhi diventati ora bianchi, come quelli di un cieco.

 

- Che stai dicendo? Perché dici così?… Tutto questo non è colpa mia, non è colpa mia! – Gridò Willow, istericamente.

 

- Oh, sì che lo è! Sei una puttana e tutto questo è il risultato dell’accumulo di merda che è la tua vita e che sporca tutto quello che tocchi, rendendo tutto nauseabondo esattamente come te! -

 

- Smettila! Sta’ zitta! -

 

- Oh, non è tappandomi la bocca che le cose miglioreranno, stupida!… Non hai fatto niente? Guarda cosa c’è fra le mie gambe, guarda in cosa consiste davvero la tua vita insulsa! -

 

Willow non avrebbe voluto, ma di nuovo la sua volontà non contò e si vide allungare una mano e spostare i gli abiti e i pazzi della vetrina dal corpo dell’altra se stessa che le stava parlando ma che non si era mossa minimamente col resto del corpo. Afferrò l’ultimo straccio e lo alzò lentamente cominciando a scorgere le gambe nude dell’altra.

 

Ma non era nuda finora…!

 

 

 

Eppure, più il pezzo di stoffa veniva trascinato via e più Willow scorgeva la pelle nuda e… insanguinata. Quando finalmente più niente copriva il corpo dell’altra se stessa, lì, fra le sue gambe, Willow vide il corpo grigiastro e maculato di un neonato ricoperto di sangue, vermi e muffa. L’odore acre veniva da lì…

 

Willow ebbe un conato e vomitò ancora e ancora, mentre il suo alter ego rideva soddisfatta di quella reazione.

 

- Ecco, appunto! La tua vita è un vomito, solo questo!… Putrefazione per te e per chi ti circonda! -

 

 

 

Oddio!… Oddio! Cosa ho fatto? Quello è mio figlio… il mio bambino! E’ morto senza neppure venire al mondo!… Ed ora è solo, all’inferno, dove dovrei essere io, non lui!… Sono io il mostro!

 

 

 

- E te ne rendi conto solo ora? Certo che sei un mostro. Basta guardare come ti comporti per capire! – La voce dura e crudele di Kennedy la fece voltare. La sua ragazza la guardava con un ghigno maligno stampato sul viso deturpato da feite profonde, graffi e lividi.

 

- Kennedy! Che cosa hai fatto? Chi ti ha ridotto così? -

 

- Chi vuoi sia stato? – Disse Xander, apparso accanto a Kennedy dal nulla, anch’egli pieno di ferite ovunque, con l’occhio sinistro sanguinante come quando era stato appena colpito da Caleb.

 

- Xander…? -

 

- Di chi pensi sia la colpa se il mio occhio è nuovamente martoriato? Chi pensi ci abbia pestati a sangue fino a farci sperare di morire?… E’ tua la colpa! Tu hai fatto tutto questo! Solo tu! – Disse Xander, mentre lei continuava a vomitare e Kennedy continuava a ridere, fissandola con cattiveria.

 

- Xander, io non volevo! Io non… -

 

- Non volevi? Mi spiace, strega, non è una scusa!… Spero tu marcisca all’inferno assieme a tuo figlio!!! – Urlò Kennedy. Un attimo dopo prese la rincorsa come una furia e le si scaraventò contro prendendola per il collo e sbattendola a terra, cercando di strangolarla.

 

- Crepa, maledetta puttana! Crepa e lasciaci vivere!… Crepa! – Le sbraitò addosso,  contemporaneamente, stringendo ancora di più la presa, mentre Xander rideva divertito assieme alla Willow distesa nella vetrina. – Crepa!!! –

 

 

 

Willow si svegliò madida di sudore, scattando a sedere nel letto. Aveva il fiato corto come se avesse

 

fatto una corsa anziché dormito fino a quel momento. Un senso di nausea la investì come un treno

 

in corsa e lei si costrinse a correre in bagno per poi vomitare nel water bile e saliva. Nient’altro

 

c’era nel suo stomaco: tutto il giorno prima non aveva mangiato e nemmeno il giorno prima ancora.

 

La fame l’aveva abbandonata assieme alla voglia di vivere. Quando la nausea si alleviò, la ragazza

 

si tirò su e andò a sciacquarsi il viso al lavandino, fissando poi la sua figura stravolta nel riflesso

 

dello specchio schizzato. Pesanti occhiaie marcavano il suo viso, assieme a delle piccole striature

 

rosse che le segnavano le guance. Doveva aver pianto nel sonno.

 

Non ricordava il sogno fatto nei minimi particolari, però ricordava bene i visi di Kennedy e Xander

 

e il sangue che sgorgava dalle ferite che avevano addosso; poi ricordava il neonato disteso a terra,

 

ricoperto dalla sporcizia e dai vermi e quell’odore schifoso… Un nuovo conato le salì alla gola e

 

vomitò ancora una volta, nel lavandino. Quando il suo stomaco la smise di contrarsi, sciacquò il

 

lavandino e si asciugò il viso con un panno. Doveva concentrarsi e respirare, respirare e rimanere in

 

piedi senza collassare a terra.

 

<Cazzo! Che razza di sogno!>. Si disse, tornando nella camera da letto. Ma non fece in tempo a

 

rimettersi seduta come avrebbe voluto, perché Angel bussò alla porta. Lei sospirò e lo fece entrare.

 

<Buon giorno, Will!… Tutto bene?>. Le chiese il vampiro, preoccupato. O sentiva l’odore del

 

vomito o aveva sentito il baccano fatto nell’andare in bagno. Tra l’altro, non doveva avere un gran

 

bell’aspetto in quel momento, pensò la rossa, ma non gliene fregava un bel niente in realtà. Annuì

 

lievemente:<Sì, sì… ho fatto solo… un brutto sogno!>. Rispose, poggiandosi stancamente allo

 

stipite della porta.

 

< Di nuovo? Will, non c’è notte che tu non sia tormentata dagli incubi e… era di nuovo quel sogno di sempre? >.

 

< Sì, certo! >.

 

Ormai era un abitudine ritrovarsi catapultata alla sera dell’incidente e vedere Xander e Kennedy che

 

tentavano di ucciderla fra le risa generali e l’odore di carne in putrefazione che aleggiava ovunque

 

come una promessa che prima o poi si sarebbe realizzata.

 

< Continuo a pensare che dovremmo interpellare uno psicologo o un… >.

 

< Non se ne parla, lo sai. Te l’ho già detto!… Passerà! >. Ribatté Willow, risoluta, dicendo

 

esattamente quello che diceva ogni qualvolta Angel le faceva quella proposta per lei inaccettabile.

 

Solo in quel momento la ragazza si rese conto che il sole filtrava dalla sua finestra chiusa quasi

 

completamente. Era giorno pieno.

 

< Che ci fai ancora sveglio a quest’ora? >. Chiese al vampiro, improvvisamente.

 

Angel fece spallucce e mise le mani in tasca.

 

< Hanno chiamato Westley e Cordelia e… be’, hanno avuto un incidente mentre tornavano qui…

 

stanotte abbiamo avuto una serie di problemi e parecchio da fare. All’alba li ho lasciati da soli, ma non è andato tutto bene come speravo! >.

 

< Come stanno? Si sono fatti male? >.

 

< Wes ha ricevuto una botta in testa, mentre Cordelia… be’, non lo so a dire il vero. Sbraitava qualcosa riguardo al non poter più indossare le sue scarpe preferite… Non ho capito bene. Quando Cordelia parla in quel modo, per me è una lingua incomprensibile! >.

 

< Dove sono ora? >.

 

< In ospedale. E’ per questo che sono qui. Io… volevo chiederti se potevi andare a riprenderli: sembra che nessuno dei due possa guidare, ma non posso uscire. C’è il sole! >.

 

< Ok, va bene. Dammi un quarto d’ora per vestirmi e vado…! >. Poi Will chiuse la porta e in quel modo chiuse anche la conversazione di poco prima riguardante i suoi incubi.

 

 

 

Willow stava guidando nel al traffico da più di mezz’ora e cioè da quando aveva ricevuto la telefonata di Cordelia che le aveva chiesto di andare a prendere lei e Westley al Polyclinic Hospital dicendo che, mentre facevano delle ricerche per una cliente, erano incappati in una banda di demoni Jyka che gliele avevano suonate di brutto. Il risultato di quell’incontro era stato che Westley si era procurato un bel taglio in fronte che aveva avuto bisogno di suturare e una slogatura della caviglia di Cordelia che ora non era in andato di guidare. Sarebbe andato Angel a prenderli, ma erano le otto di mattina e il sole era già ben alto sulla città degli angeli quindi uscire dall’Hyperion per lui era proibitivo. Era stato per questo che Will aveva indossato un paio di jeans  e una maglietta e si era incamminata verso l’ospedale.

 

Il problema, però, era l’ora e il traffico.

 

Fu per questo che arrivò a destinazione più di un’ora e mezza dopo. Il pronto soccorso era stracolmo di gente, come un centro commerciale la domenica pomeriggio, e la ragazza faticò a trovare i suoi amici. Poi li vide e andò da loro. Westley aveva un vistoso cerotto sulla fronte che nascondeva ben quattro punti, mentre Cordelia aveva una fasciatura niente male alla caviglia sinistra. Quando i due la videro parvero sollevati e perfino contenti di vederla lì.

 

<Santo Cielo, Will! Ma quanto ci hai messo? Se avessi tardato ancora la mia gonna sarebbe passata moda!>. Commentò Cordelia, alzandosi e afferrando le stampelle per sostenersi. Willow la fissò da dietro gli occhiali scuri che poi spostò sulla fronte. Era incredibile quanto potesse essere irritante la sua ex compagna di liceo.

 

<Allora la prossima volta magari ci metto più tempo, così passa di moda anche il vizio di rompere le palle!>. Le rispose la rossa, seccata dalla sfacciataggine dell’altra. Westley e Cordelia si lanciarono un’occhiata stupita e interdetta.

 

<Hem… dormito male?>. Le domandò Westley, dopo essersi messo la giacca sottobraccio. Willow scosse la testa:<No, ma il sarcasmo spicciolo è fastidioso! – rispose la rossa. Poi aggiunse – Andiamo a casa ora?>. Gli altri due annuirono e lei girò sui tacchi per tornare all’auto, seguita dagli altri due che, avendo notato il suo malumore,  la seguirono in silenzio.

 

Arrivati all’uscita del pronto soccorso, Willow rimise gli occhiali e si avviò all’uscita. Ad un tratto, però, la sua attenzione venne catturata da una voce conosciuta. Alla sua destra vide un uomo che indossava una divisa da autista e che discuteva con un ragazzo, tirandolo per un braccio, per convincerlo ad andare con lui. Will li osservò incuriosita per alcuni istanti, poi si rese conto di conoscere il ragazzo: era Nicolas, quello strano tipo che l’aveva aiutata giorni addietro quando si era sentita poco bene a Holliwood Boulevard, e che Cordelia aveva riconosciuto come un nuotatore professionista.

 

Nicolas era pallido in viso e sembrava infinitamente stanco rispetto a quando si erano incontrati la prima volta; mentre l’autista sembrava fin troppo insistente e aggressivo. Willow avrebbe dovuto tirare dritto e non immischiarsi, ma decise di non farlo se non altro perché aveva una sorta di piccolo debito con Nick e forse quella era l’unica occasione di saldarlo. Fu per questo che, di punto in bianco, la rossa cambiò strada e si avvicinò ai due uomini che discutevano.

 

<Ciao Nick! Tutto ok?>. Disse, fingendo allegria e disinvoltura. I due uomini si voltarono verso di lei e la guardarono sorpresi, mentre Westley e Cordelia si fermarono a qualche metro di distanza a fissarla come se fosse impazzita. Nicolas sospirò e sorrise:<Ciao… Willow! Come va? Meno male che sei arrivata, così almeno Eric mi lascerà andare. Visto Eric? Che ti dicevo? C’è già qualcuno che è venuto a prendermi, non ho bisogno di te!>. Esclamò Nicolas, con una leggerezza che non sentiva.

 

< Ma signore, sua madre si è raccomandata di… >.

 

< Non m’interessa. Ora andrò con Willow, quindi mollami e piantala di rompere, ok? >.

 

< Non posso farlo, lo sa! >.

 

< Oh, sì che puoi! Nick viene con me e tu te ne torni da dove sei venuto senza fare storie, ok? Non sono dell’umore adatto per discutere stamattina! >. S’intromise Willow, prendendo sottobraccio Nicolas. L’autista fu sul punto di reagire, ma poi si disse che non avrebbe potuto fare altro se non una scenata, contravvenendo alle raccomandazioni di discrezione che la sua datrice di lavoro gli aveva fatto. Per un momento Westley e Cordelia pensarono che Willow fosse davvero impazzita e temettero che l’autista, decisamente il triplo di lei come stazza, potesse reagire male a quel tono perentorio che, se non efficacemente intimidatorio, risultava essere sicuramente irritante. Poi per l’uomo sorprese tutti: fece un lieve cenno con la testa, girò sui tacchi e salì in macchina per poi andar via senza altre storie.

 

<Grazie, rossa!… Cos’è, ti piace impicciarti dei fatti degli altri?>. Disse Nick, sbalordendo sia chi l’aveva appena aiutato, sia gli amici di quest’ultima. Willow sollevò un sopracciglio, mentre Cordelia commentò:<Alla faccia della gratitudine!>.

 

< Grazie e basta sarebbe andato meglio, Nick. Sa più di gratitudine! >. Disse Will.

 

< Vero! Ma non ti ho chiesto di aiutarmi, quindi… >.

 

< Già, non lo hai fatto. Ora però siamo pari! Ci vediamo, eh? Ciao! >.

 

Dopodiché Willow si voltò e fece per andarsene. Nicolas tentò di fermarla richiamandola e facendo qualche passo verso di lei, ma la vista gli si appannò e le gambe gli diventarono improvvisamente tanto deboli da sembrargli che fossero fatte di burro e, nell’avanzare, il giovane cadde bocconi. L’ultima cosa che vide fu Willow che faceva marcia indietro e gli andava incontro mentre lui ripeteva ossessivamente:<Niente ospedale…>.

 

 

 

            <Will, accidenti, ma questa cosa dobbiamo proprio farla?>. Protestò Westley, mentre con molta fatica caricava Nicolas De Angelis sul fuoristrada della strega che cercava di aiutarlo dall’altro lato del mezzo.

 

<Sì, certo che dobbiamo. E’ un cafone ma non possiamo lasciarlo inmezzo alla strada e l’hai sentito? Niente ospedali, quindi…>. Ribatté la ragazza, sforzandosi di posizionare meglio Nick sul sedile.

 

< Willow! Già non sai badare a te stessa, come pretendi di poter badare a… uno sconosciuto? Non sei un medico e non sai se questo tizio ha bisogno di cure serie, quindi che cavolo stai e ci stai facendo fare? >.

 

< Cordelia, piantala di gracchiare e mettiti seduta che ce ne andiamo!… Non lo so che gli è preso, ma è sudato, scotta ed è pallido il che mi fa pensare che abbia la febbre! Lo portiamo da noi, aspettiamo che si riprenda un momento e ci facciamo spiegare. Poi se sarà il caso lo porterò io stessa in ospedale! >.

 

< Tu sei matta, Willow! >. Dichiarò Cordelia, stizzita.

 

< E tu sei una rompiscatole, ma che ci vuoi fare? Ognuno di noi ha i suoi difetti! – Ribatté la rossa, facendo un ultimo sforzo e tirando Nicolas per un braccio. Poi chiuse lo sportello e andò al posto del guidatore – E ora andiamo via di qua! >.

 

< Fantastico! Non mi ammazzano i mostri e finisco in galera per omissione di soccorso. Questa sì che è da guinnes dei primati! >. Disse Westley, alzando gli occhi al cielo mentre si accomodava sul sedile posteriore, accanto a Nick. Cordelia annuì allacciandosi la cintura:<Oh, e ci sarà da ridere quando lo saprà Angel!>. Aggiunse. Ma Willow ignorò tutti e due avviando il motore e partendo a tutta velocità verso l’Hyperon.

 

CAPITOLO VENTUNESIMO

 

            Angel entrò nella stanza di Will e guardò quasi con disprezzo quello sconosciuto che dormiva nel suo letto a torso nudo con l’aria serena come quella di un bambino piccolo. La ragazza era seduta alla scrivania e stava lavorando al computer, ma quando sentì la porta aprirsi, si voltò e guardò interdetta il suo ospite che, normalmente, usava bussare prima di entrare lì dentro, proprio come se non fosse casa sua.

 

<Che succede?>. Gli domandò, continuando a fissarlo. Non si vedevano da quella mattina, da quando cioè lui le aveva chiesto di andare a riprendere Wes e Cordelia in ospedale. Angel continuò a guardare ancora per qualche secondo lo sconosciuto, poi sostenne lo sguardo dell’altra con uno duro:<Dimmelo tu che sta succedendo! Posso parlarti un momento? Vieni di là!>. Dopodiché Angel si voltò e uscì. Willow salvò il lavoro che aveva fatto fino a quel momento sul suo computer portatile e infine seguì l’amico che l’attendeva in corridoio, poggiato con le spalle alla parete e le braccia incrociate al petto. Quando il vampiro vide arrivare la strega, si tolse dalla parete e la fronteggiò:<Allora? Mi spieghi, Will? Non ti ho fatta venire qui affinché tu potessi rovinarti la vita facendo altri casini della serie andare a letto con chiunque, senza nemmeno tener conto se è uomo o donna!>. Disse Angel, senza gridare ma con lo stesso tono duro di prima. Willow capì subito il riferimento a Nicolas che stava dormendo nella sua stanza, ma lì per lì rimase stupita di quell’attacco inaspettato: che cavolo stava dicendo Angel? Era impazzito? E poi non doveva certo dare spiegazioni a lui su chi, eventualmente, si portava sotto le lenzuola. Non era una bambina e Angel di certo non era il suo tutore.

 

< Posso sapere come ti è saltato in mente di dire una cosa del genere? >.

 

< E a te come t’è saltato in mente di fare sesso con un tizio che hai incontrato una volta per strada? Cos’è, sei completamente fuori di testa? >.

 

< Guarda che qui, se c’è uno impazzito… >.

 

< Eh no, Will. Adesso stai zitta e mi ascolti!… Ti ho fatta venire qui per tenerti lontana da casa in modo che i tuoi amici non si facessero troppe domande sulla tua depressione, ma non posso permetterti di autodistruggerti, ok? Di errori nella vita se ne fanno tanti, capita. E non è facendo cazzate come questa che si superano i problemi o i rimorsi! >.

 

< Il punto è… di che stai parlando? Io non ho fatto proprio un bel niente! >.

 

< Ah, no? E ti sembra normale avere quel tizio nel tuo letto? Se Kenny venisse qui, ora, che direbbe? >.

 

< Credo che non siano affari tuoi, chiunque sia Kenny! >. Esclamò una voce alle spalle di Willow, prima che quest’ultima potesse ribattere in prima persona. I due si voltarono e trovarono Nicolas in piedi, poggiato allo stipite, che si era rimesso scarpe e maglietta e li osservava corrucciato.

 

< Infatti, su questo siamo d’accordo! >. Disse Will, allora. Angel studiò la figura del giovane e notò che era più alto di quanto non gli era apparso, ma era pur sempre un ragazzino in confronto a lui:<Tu sta’ zitto e non immischiarti in discussioni che non ti riguardano! Se fossi in te, anzi, me ne andrei e anche alla svelta!>. Disse Angel, minaccioso. Willow capì che l’equivoco sorto poteva portare a problemi più grossi, quindi si frappose meglio fra i due e guardò seriamente il vampiro:<Piantala ora, Angel!>. Gli disse, mettendo le mani sui fianchi. Ma fu ignorata:<Non sto scherzando, amico. Va’ via di qui!>. Nicolas sorrise beffardo e si avvicinò di qualche passo:<Conosco i tipi come te e normalmente… li concio per le feste! Ma non sono qui per questo, quindi… - poi fece voltare Willow e gli diede un bacio a metà fra la guancia e il collo, sorridendole subito dopo. – Grazie… di tutto, rossa! Ci vediamo in giro!>. Dopodiché lanciò un’ultima occhiata provocatoria a Angel, infine se ne andò con disinvoltura, come se avesse la certezza che l’altro non fosse un problema per lui e, andandosene, gli stesse facendo un favore.

 

<Torniamo a noi!… Che cavolo t’è preso? Se vuoi parlarne, se vuoi sfogarti, eccomi: sono qui! Ma non farti tutti quelli che ti capitano a tiro. Tanto più che con un uomo non mi pare proprio il caso!>. Disse Angel, scartando la possibilità di fermare quel bellimbusto e di prenderlo a calci per mettere bene in chiaro che lì non doveva più farsi vedere.

 

< Ma la pianti di dire assurdità? Ma chi si è fatto nessuno! Il sesso è l’ultimo mio pensiero in questo momento, e comunque non certo con un ragazzo! >. Ribatté Willow, ormai esasperata.

 

Angel la guardò confuso.

 

< Che fai, neghi l’evidenza? >.

 

< Ma quale evidenza?!… L’unica cosa che hai visto era Nicolas che dormiva nel mio letto, niente di più. E hai tirato le tue belle conclusioni. Grazie per la fiducia! >.

 

< Vuoi dire che non è successo niente fra voi? Eppure Kennedy ha chiamato e ha detto che al cellulare non rispondevi e Cordelia ha detto che ti eri portata un ragazzo in camera e… >.

 

< Ah! E visto che Cordelia non dice mai scemenze, tu hai pensato bene di irrompere in camera mia e di fare il vendicatore moralista di Kennedy! Fantastico!… A titolo informativo: Cordelia ha omesso un piccolo particolare e cioè che abbiamo incontrato Nick all’ospedale e che si è sentito male proprio lì davanti, ma avendomi detto niente ospedale e non potendo lasciarlo semisvenuto sul ciglio della strada, l’ho portato qui stamattina. Secondo: non ho risposto a Kennedy perché il mio cellulare ha la vibrazione e non l’ho sentito squillare mentre lavoravo! Terzo: non sono comunque affari tuoi, ok? E comunque quello che ti ha raccontato Buffy non ti dà il diritto di pensare che mi faccio, e cito le tue stesse parole, tutti quelli che mi capitano a tiro. Chiaro? >.

 

Angel boccheggiò, cercando di abbozzare una risposta o una giustificazione, ma non ebbe il tempo perché Willow girò sui tacchi e se ne tornò in camera sua sbattendo furiosamente la porta alle proprie spalle.   

 

Era assurda quella storia: già Angel voleva essere avvisato di ogni suo spostamento, se mangiava a pranzo, o se consegnava per tempo il lavoro al suo capo spedendo i cd ogni due settimane; ma impicciarsi anche della sua vita sessuale era davvero troppo.

 

 

 

 

 

 

 

            Buffy e Kennedy entrarono nella cattedrale sconsacrata di Welsther e faticarono non poco ad abituarsi alla penombra che contrastava tanto con le luci accecanti del resto della città. All’interno della costruzione c’erano almeno una quarantina di vampiri che affannosamente lavoravano per togliere pezzi di marmo e terra da un buco fatto nel pavimento, proprio vicino all’altare. Con loro c’era Malvius, il vampiro albino fedelissimo a Kaine, che guardava quella scena quasi con noia, come se l’avesse vista e rivista migliaia di volte.

 

<Una curiosità… quanti posti come questo avete setacciato alla ricerca di quel talismano?>. Domandò Buffy, studiando bene l’area circostante a sé e memorizzando le uscite, le finestre e le posizioni dei seguaci di Kaine che non stavano lavorando ma che, invece, sembravano essere appostate come sentinelle. Malvius riprese a camminare e lei e Kennedy lo seguirono tenendo il suo passo spedito.

 

<Centinaia!… Sono più di tre secoli che siamo alla ricerca del pugnale sacro e, chissà perché, l’istinto mi dice che continueremo ancora per altri lunghi anni!>. Rispose il vampiro, senza far trasparire nessuna particolare nota nella voce. Era come se fosse rassegnato a cercare per l’eternità. <E a voi sta bene così?… Continuerete a cercare uno stupido oggetto sacro per anni e anni o forse secoli? E’ ridicolo!>. Commentò Kennedy, distrattamente, guardandosi intorno anche lei. Appena finito di parlare, però, si ritrovò Malvius a fronteggiarla, chinato su di lei che la fissava occhi negli occhi minaccioso e che le mostrava i denti con le labbra appena socchiuse:<Non è ridicolo! E’ quello che vuole il Maestro Kaine ed è quello che faremo finché anche solo uno di noi sarà in piedi!>. Disse l’albino, con voce gutturale che sembrava quasi un ringhio. Buffy stava per intervenire per allontanarlo dall’amica, pensando che i due avrebbero preso ad azzuffarsi; invece Kennedy rimase impassibile e sostenne lo sguardo del vampiro con occhi glaciali e viso impassibile dopo un primo istante di sorpresa che aveva provato.

 

<Ma certo! Dimenticavo che voi siete immortali. Il tempo non vi scalfisce, quindi non gli date peso. E’ per questo che cercherete all’infinito, se necessario. Ma lascia che te lo chieda: il talismano è importante per Kaine perché è quello che è, ma per te e per gli altri? Che ci guadagnate voi?>. Domandò Kennedy, seria come raramente Buffy l’aveva vista. Malvius rimase immobile per alcuni istanti, poi riacquistò la postura eretta senza mai staccare gli occhi da quelli della Cacciatrice più giovane.

 

<Kaine è il nostro Maestro. Io personalmente non ho bisogno di un motivo preciso per assecondarlo: lo faccio perché si tratta di lui. Punto e basta!… Ma per la maggior parte degli altri si tratta di un discorso diverso… Erano vampiri sbandati che non sapevano neppure procurarsi il cibo una volta a notte, relitti, vittime dei loro carnefici sia come umani che come demoni. E sarebbero crepati se Kaine non li avesse fatti entrare nel clan e guidati, anche quando Kakistos e Habel dicevano che era meglio sbarazzarsi di loro. Kaine non ha neppure mai preso in considerazione quest’eventualità e così facendo si è conquistato la loro cieca fedeltà!… Ora basta parlare, Kaine vi attende!>. L’albino si voltò e riprese a camminare seguito dalle due Cacciatrici che, pur scambiandosi sguardi fra loro, non commentarono quelle ultime affermazioni fatte da Malvius. Si avvicinarono ancora all’altare sconsacrato, ma invece di fermarsi lì, scesero nella cripta abbandonata della chiesa tramite un passaggio posto ad un lato. Era tutto in penombra, illuminato da qualche lampada ad olio messa qui e lì che tuttavia non permetteva una chiara visione di tutto, tanto che Buffy, portando scarpe coi tacchi alti, rischiò di cadere un paio di volte nello scendere i gradini. Alla fine delle scale si apriva uno spiazzo piuttosto ampio che si estendeva praticamente per tutta la larghezza della chiesa; anche lì c’erano vampiri ovunque che portavano da una parte all’altra calcinaccio e terra, frutto dei lavori che stavano facendo lì sotto come in superficie.

 

<Perché scavano anche qui?>. Domandò Buffy, osservandoli. Malvius non si fermò ed imboccò un piccolo corridoio sulla sinistra ancora meno illuminato del precedente:<Perché non sappiamo esattamente dove cercare, ma il talismano potrebbe essere solo in tre posti: sotto il marmo dell’altare, sotto le fondamenta che corrispondono al punto dove si trova l’altare o sotto una delle antiche tombe sconsacrate che sono nella parte vecchia, infondo a questo corridoio!>. Rispose Malvius, muovendosi con agilità nell’oscurità del cunicolo. In pochi minuti arrivarono nel punto descritto dal vampiro e lì, assieme ad alcuni suoi seguaci, c’era Kaine intento a studiare con grande attenzione una piantina. Fu come se quest’ultimo avesse avvertito all’istante la presenza di Buffy e Kennedy perché appena le due misero piede in quella rudimentale stanza, il Maestro vampiro alzò gli occhi e incontrò subito quelli limpidi della bionda e, subito dopo, quelli più corrucciati della mora.

 

<Benvenute! – disse loro. Poi si rivolse a uno dei suoi uomini. – Continuate a scavare sotto la tomba di Clistaro Wolks, ma attenti a non fare troppi danni!>. Esclamò. Quello che doveva essere il caposquadra del gruppo addetto a quella parte della chiesa annuì e, dopo aver ripiegato la cartina, girò sui tacchi e se ne andò a raggiungere il gruppo che picconava il terreno a una decina di metri di distanza da lì. Kaine allora si avvicinò alle sue ospiti:<Non pensavo di vedervi tanto presto!>. Disse loro, guardando più che altro Buffy.

 

< Si sono presentate da me appena tramontato il sole! >. Spiegò Malvius, col suo solito tono serioso.

 

< Be’, l’avevi detto tu che se avessimo avuto bisogno… >. Esclamò Buffy, rivolgendosi a Kaine che annuì.

 

< Vero!… Che succede? >.

 

< Jhago, un nostro informatore, ci ha detto che tuo fratello sta radunando uomini per farti fuori e per fare un bel banchetto con me, Kennedy e i nostri amici. Raduna anche demoni mercenari e ha messo su una bella squadretta di più di cento elementi. Non ti sembra un’informazione interessante? E’ un problema serio: siamo tutti in pericolo! >. Esclamò Buffy, preoccupata.

 

Kaine parve riflettere per alcuni istanti, poi disse:

 

< Non mi preoccupo per me, ma voi… siete al sicuro solo in casa, temo! >.

 

< Ehi, uomo bicentenario! Metti in moto il cervello, ok? Non ce lo abbiamo più un posto sicuro perché voi cari vampiri non potete entrare in casa se non invitati, ma la maggior parte degli altri demoni possono farlo eccome e se tuo fratello si sta dando davvero tanto da fare come ci hanno riferito, non c’è casa che tenga: non abitiamo in un bunker antiatomico, ok? >. Sbottò Kennedy, improvvisamente infastidita. Quello che l’aveva irritata era la tranquillità con cui Kaine sembrava aver appreso la notizia che suo fratello si stava impegnando per farli fuori tutti: a lui poteva anche andare bene, ma a lei decisamente no.

 

Il vampiro sembrò non far caso a quell’improvvisa aggressività malcelata della Cacciatrice più giovane.

 

< D’accordo, è vero. Ma un nascondiglio lo avrete pure, no? Un posto dove Habel non può sapere di trovarvi… >.

 

Buffy rifletté un momento, poi disse:

 

< Posso chiedere a Tomas di ospitarci per un po’, ma sta per partire per Washington e credo che voglia affittare il suo appartamento a qualcuno! >.

 

< Potete restare lì per qualche giorno? Tenterò di organizzarmi in modo che Habel non possa toccarvi! >. Rispose Kaine.

 

< Sì, qualche giorno credo di sì. Ma senza Willow non possiamo neppure tessere un incantesimo protettivo e se scoprissero che ci siamo nascosti lì… non saremmo più al sicuro da nessuna parte: conoscono le nostre due villette grazie al tuo amico Derek e conoscono anche il mio ufficio e il negozio di Giles! >. Disse Buffy.

 

< E il mio d’ufficio non è decisamente il posto adatto a nascondersi: troppa gente di giorno e troppa sorveglianza notturna! >. Aggiunse Kennedy. Kaine annuì.

 

< Va bene, ragazze! Andate all’appartamento del medico, se ve lo permette. Ma sono certo di sì. Rimanete lì e fate in modo di non essere scoperti… io tenterò di muovermi rapidamente. Malvius… tutti gli uomini che non sono impegnati con gli scavi vengano immediatamente qui: dobbiamo parlare! >.

 

Malvius annuì e andò a radunare i vampiri a passo svelto.

 

< E’ un chiacchierone! >. Commentò Buffy, ironica.

 

< Non sarà loquace, ma è il più fedele dei miei e il mio migliore amico! >. Esclamò Kaine.

 

< Ma dai? Sapete anche cos’è il senso dell’amicizia? Questa sì che è nuova! >. Disse Kennedy, pungente.

 

< Il senso dell’amiciza e quello dell’amore…! >. Rispose il vampiro, fissandola. Buffy non capì quell’ultima frase, quell’allusione che in realtà riguardava una discussione fatta la sera prima dal vampiro e da Kennedy che ormai s’incontravano praticamente tutte le notti, a ora tarda, vicino casa della Cacciatrice, e che passavano ore a chiacchierare. Kaine sapeva essere un buon ascoltatore e si sentiva in colpa verso Kennedy perché era in qualche modo responsabile della sua sofferenza; così andava ad incontrarla puntualmente e a controllare che non fosse troppo ubriaca o troppo fatta, tanto da diventare una preda facile. Dal canto suo, Kennedy aveva trovato in lui una figura neutra: non era amico di Willow e nemmeno suo, quindi poteva dirgli tutto senza paura che prendesse le parti di qualcuno o che la giudicasse. Kaine di fatto era davvero l’ultimo essere al mondo a poterla giudicare per le sue scelte o per come aveva reagito al casino successo ultimamente nella sua dannata vita. Ma i loro incontri avvenivano all’insaputa di tutti ed entrambi preferivano che la cosa rimanesse in quei termini.

 

< Piantatela di beccarvi ora voi due, non è il momento! – Disse Buffy, non sapendo quel era la verità. – Kaine, fai in modo di scovare tuo fratello e lo attaccheremo insieme. Ma, soprattutto, vedi di non fargli trovare per primo il talismano di Soid o saranno veramente guai grossi e non è questo di cui abbiamo bisogno, ok? >.

 

Kaine annuì.

 

< Certamente!… Vi vengo a cercare io appena saprò qualcosa. Voi rimanete nascosti il più possibile, però, chiaro? >.

 

Dopodiché le due Cacciatrici se ne andarono rapidamente: dovevano parlare con Giles, Xander e Dawn. Ma, soprattutto, Buffy doveva parlare con Tomas per chiedergli il permesso di andare da lui per un po’ insieme agli altri; sapeva che il medico non le avrebbe detto di no, ma non poteva certo piombare in casa sua come e quando voleva invadendo i suoi spazi assieme a tutta la gang.

 

<Kennedy…tu va’ a casa e parla con Giles e gli altri. Mentre io vado da Tom , in ospedale, e gli chiedo se possiamo stare da lui, ok?>. Disse Buffy all’amica. Kennedy annuì:<Va bene, ma non metterci troppo a tornare. Ciao!>. Rispose, poi prese a correre con l’intento di arrivare il prima possibile a casa. Buffy la guardò andar via, poi s’incamminò nella direzione opposta. Tra l’altro, si disse la bionda, dopo aver parlato con Tomas, avrebbe dovuto chiamare Angel e raccontargli tutto in modo che lo riferisse a Willow perché, temeva la Cacciatrice , presto avrebbero avuto davvero bisogno di lei.  

 

 

 

 

 

            Tomas ascoltava attentamente ciò che Buffy gli stava dicendo, ma proprio non riusciva a guardarla in faccia. Dacché aveva scoperto chi era in realtà quella ragazza e cosa faceva quando non lavorava o quando non era con lui, il medico aveva la costante impressione di avere davanti a sé un’estranea. E non sapeva mai se lei gli stesse mentendo oppure no. In quel particolare caso, però, Buffy era stata molto esplicita e gli aveva raccontato per filo e per segno che cosa lei e i suoi amici stavano rischiando e perché serviva loro il suo appartamento. In teoria, non aveva motivi per mentirgli. Eppure… non era del tutto certo di volerla aiutare. Era per questo che stava esitando a darle una risposta.

 

I mesi passati con lei erano stati i più belli e divertenti della sua vita. Quando aveva conosciuto Buffy, all’inizio aveva creduto che fosse una delle solite psicanaliste saccenti che pensano di sapere tutto di te solo guardandoti; ma praticamente cinque minuti dopo aveva capito di essersi sbagliato in pieno perché quella ragazza aveva un modo di fare tutt’altro che saccente e quando parlava con chi che fosse, era di una schiettezza genuina quasi invidiabile. Era stato per questo che si era deciso ad invitarla ad uscire ed era stato davvero contento quando lei aveva accettato, seppure con qualche esitazione iniziale. Conoscendola pian piano, Tomas si era convinto sempre di più che Buffy avesse una personalità assolutamente brillante che spiccava a confronto con quella di tanta altra gente. Inoltre, la trovava di una dolcezza disarmante. Era per questo che se n’era innamorato davvero. Ma ora che aveva scoperto che spesso lei gli aveva mentito e che, soprattutto, dietro a quella facciata ingenua e minuta ci fosse una donna forte in tutti i sensi, capace di uccidere mostri d’ogni genere, Tomas non riusciva più a vedere in lei quella che aveva scorto fino a pochi giorni prima.

 

<Hem… scusa, Tom, ma… hai sentito anche una sola parola di quello che ti ho detto ora?>. Gli chiese Buffy, guardandolo corrucciata. Non lo stava prendendo in giro, semplicemente si era resa conto che lui si era perso nelle sue elucubrazioni. Il ragazzo allora si scosse e si mise a sedere su una delle barelle poggiate in sala medici.

 

< Io… scusami è solo che… >

 

< Che stavi pensando a tutt’altro! >. Finì Buffy per lui.

 

Tomas annuì.

 

< Sì, è vero. Scusami! E’ che… senti, Buffy… casa mia è a tua disposizione. Ma devi darmi un paio di giorni perché non posso partire da San Francisco prima di dopodomani e temo che… quell’appartamento sia un po’ stretto per ospitarci tutti, me compreso! E’ ancora ingombro di scatoloni e sembra più un magazzino che altro, quindi… >.

 

< Non importa questo, Tom, sta’ tranquillo. Ma… perché te ne vai così presto? Avevi detto che saresti partito a metà della prossima settimana! >.

 

< E’ vero, ma ho cambiato idea!… Devo andare via da qui e prima lo faccio e meglio è! >.

 

Buffy s’intristì.

 

< Devi andare via da me il prima possibile intendi? >.

 

< Io… >.

 

Come poteva dirle la verità senza ferirla? L’amava, non voleva farle del male anche se lei stessa ne aveva fatto a lui per prima. Sospirò frustrato e si stropicciò gli occhi arrossati. Quello era il suo ultimo turno in ospedale e sembrava infinitamente lungo.

 

< Senti… tutto questo è assurdo, Buffy! Io non voglio fuggire da te, ma sai che qui non posso restare e tu.. tu mi hai lasciato l’altra sera!… Porca miseria, non ci arrivi che mi hai ferito? Io… non avevo mai chiesto a nessuna di sposarmi e non credevo che l’avre mai fatto. Invece sei arrivata tu, mi hai sconvolto la vita, mi hai fatto innamorare e poi mi hai mollato e… come credi che stia? >.

 

Alla fine aveva optato per la sincerità.

 

< Tomas, lo so che avresti voluto che restassi con te, ma non possiamo. La mia vita è qui, la mia famiglia è qui e io non posso andarmene senza tener conto di questo! >.

 

< Non credo c’entri molto col fatto che hai rifiutato la mia proposta di matrimonio! >.

 

< Tom, andiamo, non dire così! >.

 

< Ah no? Mi spiace, ma è quello che penso! >.

 

< Ok, lo ammetto: non ti ho detto di o solo per questa ragione. Il fatto è che… fino a qualche anno fa, io nemmeno pensavo di avercelo un futuro. Tutte le ragazze che sono state la Cacciatrice prima di me… sono tutte morte intorno ai vent’anni al massimo, molte anche prima. E io… non credevo di avere qualche chance di arrivare oltre. Invece mi sbagliavo perché ora non sono più l’unica e ho tempo anche per avere una vita, oltre che per combattere e pattugliare. Ma questo non basta, lo capisci?… Dio! Questo discorso te l’ho già fatto!… Sono pur sempre una Cacciatrice e non potrò mai cambiare questa cosa. Tu saresti in costante pericolo se fossimo marito e moglie e io sarei una pessima moglie perché sarei sempre assente e non voglio questo, tanto più che non stiamo insieme chissà da quanto e… il matrimonio mi sembra un passo azzardato! >.

 

< Ok, va bene. Allora niente matrimonio! Ma vieni via da San Francisco!… Porca miseria, non ti rendi conto che se resti ti ammazzeranno? E quello che mi hai appena raccontato non fa che avallare questa teoria più che razionale! >.

 

< Ma non ci senti da quell’orecchio? Non posso andare via! Non posso fuggire né da San Francisco né dalle mie responsabilità perché se lo facessi, qualcuno morirebbe al  posto mio! >.

 

< Per come la vedo io… sarò egoista, ma non mi sembra tanto grave, visto che non c’è molt’altra scelta! >.

 

Era serio e Buffy lo capì all’istante. Se Tomas avesse potuto scegliere a chi far rischiare la vita, la sua decisione non sarebbe mai ricaduta su di lei. Gli si avvicinò e gli carezzò la guancia delicatamente.

 

< Non posso, Tom… mi spiace davvero! >. Gli sussurrò, fissandolo negli occhi lucidi. Lui sostenne lo sguardo e un attimo dopo l’abbracciò forte, sprofondando la faccia nei suoi capelli. Rimasero così per lunghi istanti, poi il ragazzo si scostò e le ravviò una ciocca dal viso come era solito fare. Sospirò:<E va bene!… Casa è tua da domani pomeriggio. Ma state attenti! Io partirò dopodomani mattina presto e manderò qualcuno a prendere il resto delle mie cose fra qualche settimana, se non ti spiace mettere tutti gli scatoloni in garage. Ma ti prego, Buffy… non venire all’aeroporto. E’ meglio chiudere qui!>. Disse Tom, alla fine. Buffy rimase delusa da quella richiesta, ma considerò che era comprensibile da parte sua una cosa del genere. Tomas la sorprese ancora avvicinandosi nuovamente e baciandola per l’ennesima volta: un tocco rapido e dolcissimo eppure infinitamente amaro. Quando il ragazzo si scostò nuovamente da lei non si fermò neppure un momento con lei; le sorrise appena:<Buona fortuna, Buffy!… Prenditi cura di te stessa, mi raccomando!>. Le disse, con un filo di voce. Poi lo vide uscire di spalle, col camice svolazzante e il passo stanco.

 

Avrebbe voluto dirgli molto di più, fermarsi un momento fra le sue braccia, salutarlo meno frettolosamente e ringraziarlo per l’aiuto che le stava dando. Ma non lo fece: era consapevole che sarebbe stato molto più doloroso e penoso di quel rapido saluto. Fu per questo che, piangendo silenziosamente, lo lasciò andare senza neppure tentare di fermarlo, con la consapevolezza che quasi certamente quella sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbero visti.

 

Ma lei doveva andare avanti.

 

Lei era pur sempre una Cacciatrice e aveva un lavoro da svolgere.

 

CAPITOLO VENTIDUESIMO

 

Willow arrivò all’enorme residenza dei De Angelis e per alcuni istanti rimase a fissare la grande cancellata provvista anche di telecamere a circuito chiuso che la fissavano insistentemente.

 

<Addirittura!… Mi sa che Cordelia ha ragione quando dice che Nick ha palate di soldi!>. Commentò la ragazza, fra sé e sé, continuando a guardare la tenuta dall’interno della sua auto. Attese ancora un attimo, poi scese per suonare al citofono e presentarsi. Chiunque le avesse risposto aveva fatto non poche resistenze, dicendo che il signor De Angelis era impegnatissimo; poi però Willow chiese di dire a Nicolas chi lei fosse e il cancello dopo alcuni minuti si aprì. La ragazza montò in auto e si avviò all’interno della tenuta: il giardino non era immenso, ma sicuramente attraversarlo sarebbe stata una bella passeggiata. Arrivata vicino alla villa, più grande della sua almeno di quattro volte, parcheggiò vicino alla scalinata che conduceva all’appariscente portico e scese nuovamente dall’auto. Appena iniziò a salire le scale, la porta della villa scattò e si aprì. Nicolas la fissava da lì con sguardo severo e lei ebbe la conferma del fatto che probabilmente se l’era presa per il modo in cui era stato trattato da Angel. Era in accappatoio e sotto s’intravedeva un costume evidentemente bagnato.

 

<Ciao, Nick! Mi spiace di averti disturbato, ma… avevo bisogno di parlarti!>. Disse la ragazza, dopo aver salito gli ultimi gradini. Gli occhi azzurri che lei immancabilmente associava a quelli di Tara la fissavano ancora intensamente, eppure non li aveva mai visti tanto gelidi come in quel momento. Willow si tolse gli occhiali da sole e se li mise sulla fronte per sostenere quello sguardo. Nicolas sospirò:<Sicura che il tuo amico non ti abbai seguita? L’altra sera l’ho lasciato parlare, la prossima volta lo prendo a pugni!>. Disse il giovane, rimanendo appoggiato allo stipite della porta. Willow rifletté sul fatto che se Nicolas avesse deciso davvero di tentare di colpire Angel, si sarebbe ritrovato atterrato e con un occhio pesto in men che non si dica; ma questo non poteva dirlo all’altro o avrebbe anche dovuto spiegargli perché.

 

<Nicolas… ti prego, sono venuta qui per scusarmi per il comportamento di Angel!… Lui non è cattivo, ma è protettivo nei miei confronti perché ho la tendenza a fare grandi casini nella mia vita e… non ce l’aveva con te, pensava che io mi fossi comportata nuovamente da idiota. Tutto qui, davvero!>. Disse Willow, cercando di far apparire tutto il suo rammarico per l’accaduto.

 

<Be’, non si direbbe che sei una che fa casini, anzi. Quando ti ho vista la prima volta ho pensato che tu fossi la tipica perfettina noiosa e rompipalle!>. Rispose Nick, accennando un vago sorriso. La ragazza sollevò un sopracciglio:<Che? E allora perché mi hai avvicinata?>. Gli domandò, tra il curioso e il vagamente irritato: a volte la faccia tosta di quel tipo le risultava indigesta. Nick fece spallucce:<Perché non stavi bene e per quanto io sia stronzo, non sono così stronzo da non aiutare una bella ragazza in difficoltà!>. Rispose, facendole l’occhiolino e allargando il sorriso. Will non riuscì a non ridere a sua volta, ma da lì capì che l’altro aveva deposto le armi: gli andava di discutere quanto andava a lei, per fortuna. Dopo un attimo Nicolas si scansò e la fece entrare in casa.

 

<Vieni con me, ero in piscina!>. Disse il padrone di casa, camminando. La ragazza annuì e lo seguì guardandosi intorno. Quella casa era immensa davvero e l’arredamento era particolare quanto lussuoso e fine. Non c’era neppure una sedia che fosse fuoriposto o che non dichiarasse una certa classe.

 

<Chi ha arredato questa casa? Tu? E’ davvero bella!>. Commentò Will, continuando a guardarsi intorno.

 

<Mia madre!>. Fu la risposta asciutta del giovane.

 

Uscirono su una specie di giardino interno dove, ad un lato, c’era un capannone fatto di vetro sfaccettato del tutto simile ad una serra ma decisamente dall’aspetto più elegante. Anche quel giardino, come quello esterno, era tenuto benissimo e ogni pianta sembrava appena presa dal vivaio; alcuni fiori, addirittura, sembravano essere finti per quanto erano perfettamente belli. Quella era un’altra chiara dimostrazione della ricchezza della famiglia De Angelis, pensò Will. Ma Nicolas sembrava ignorare tutto questo, quasi gli desse fastidio, e la ragazza non riusciva a domandarsi il perché di quell’atteggiamento; ma pensò anche che se lo avesse domandato al ragazzo, quest’ultimo si sarebbe irritato. Quindi non commentò e continuò a seguirlo fin dentro il capannone.

 

Nicolas aprì la porta scorrevole di vetro e la fece entrare per poi richiuderla alle loro spalle. Quella non era una serra ma un’enorme piscina con tanto di trampolino da tre metri e scivolo messi ai due capi della vasca. Vicino alo scivolo, seduto su una poltroncina in plastica, c’era l’uomo che Will riconobbe come l’autista di Nicolas. In quel momento se ne stava seduto con i pantaloni rivoltati sopra alle caviglie per non farli bagnare, in maniche di camicia, e teneva in braccio un bambino di un paio d’anni al massimo. Quando il ragazzino vide arrivare lei e Nick, scese al volo dalle braccia dell’uomo e si precipitò verso di loro zampettando rapidamente. Anche lui indossava solo il costume colorato e, avendo i capelli ancora grondanti, Will intuì che stava facendo il bagno assieme a Nicolas e lei li aveva disturbati.

 

Il ragazzo si chinò e tirò su il bambino abbracciandolo forte:<Eccomi, cucciolo!… Hai fatto il bravo?>. Gli chiese Nick, posandogli un bacio sulla guancia rosea. Il bambino annuì e gli si accoccolò addosso.

 

<Willow, voglio presentarti Aaron!… Aaron, questa è una mia amica. Si chiama Willow!>. Disse Nicolas, voltandosi. La rossa ebbe uno strano senso di amarezza, qualcosa che le aggredì la bocca dello stomaco e che le incollò addosso un certo senso di disagio. Si sforzò di sorridere:<Ciao, Aaron!… Chiamami Will!>.

 

<Ciao Will!>. Disse il bambino, guardandola con curiosità. Era minuto, ma somigliava incredibilmente a Nicolas: gli occhi, le labbra, il naso…

 

Willow sospettava anche che avessero lo stesso colore di capelli, se non fosse stato per il fatto che Nicolas si era rasato a zero e che quindi indovinare il colore dei suoi capelli era praticamente impossibile.

 

<Papà, nuotiamo?>. Disse il bambino, battendo le manine sulle spalle di Nick. Willow sbarrò gli occhi, improvvisamente stupita:<Papà?>. Chiese. Il ragazzo la guardò e annuì rimettendo a terra Aaron e togliendosi l’accappatoio:<Sì. Aaron è mio figlio, ha tre anni quasi. Sei un ometto, vero cucciolo?>. Il bambino ridacchiò e disse sì con la testa per poi precipitarsi a bordo vasca:<Aaron, aspetta! Lo sai che non devi andare vicino all’acqua da solo!>. Lo rimproverò il padre, gettando l’accappatoio su una delle poltroncine e andando poi vicino alla scaletta per entrare in acqua mentre l’autista armeggiava per mettere i braccioli al bambino.

 

< Willow, fai un bagno con noi? >. Chiese Nick, prima di tuffarsi.

 

< Cosa? Io… no, no, grazie! Non ho il costume, ovviamente! >. Rispose la rossa.

 

Nicolas fece spallucce e si rivolse al suo inserviente:<Per favore, puoi portarle uno dei costumi per gli sopiti? Credo che una terza andrà benissimo per lei!>. Poi si tuffò e fece entrare il bambino in acqua. Dieci minuti più tardi l’autista tornò con un asciugamano candido, un costume e un fermaglio per capelli di stoffa.

 

<Ecco a lei, signorina. Può andare a cambiarsi lì, dietro i paraventi!>.

 

Willow esitò un momento, poi però si mosse e dieci minuti dopo tornò a bordo vasca indossando il costume che le era stato dato. Nicolas e Aaron stavano giocando allegramente, schizzandosi l’un l’altro e facendo un gran baccano, ma quando la videro arrivare si fermarono e un sorriso malizioso si stampò sul viso del nuotatore olimpico.

 

<Sapevo che una terza ti sarebbe stata benissimo, e infatti… complimenti per il fisico, comunque. Sei davvero in forma!>. Commentò, sapendo che l’avrebbe messa in imbarazzo. Will arrossì lievemente mentre Aaron la incitava vivacemente a tuffarsi.

 

<La pianterai mai di fare il cascamorto?>. Chiese la ragazza, mentre si metteva seduta vicino alla scaletta ed entrava lentamente in acqua per abituarsi alla temperatura un po’ più fresca di quella dell’ambiente. Nick scosse la testa:<Mi viene naturale quando davanti agli occhi mi appaiono certe cose!>. Rispose, ridacchiando.

 

<Già te l’ho detto, Nick: con me non hai nessuna chance!>. Esclamò Will, nuotando per andargli vicino.

 

<Mai dire mai!>.

 

 

 

 

 

Kennedy stava gonfiando le ruote della sua moto e intanto teneva uno spinello in bocca, dimentica del fatto che qualcuno dei suoi amici avrebbe potuto coglierla in flagrante. Non era esattamente orgogliosa di quella sua nuova abitudine, ma restava il fatto che la rilassava e, considerando lo schifo di periodo che stava passando, quello che le occorreva di tanto in tanto era proprio distendere i nervi. Aveva sentito Willow la sera prima e le era sembrata un po’ più tranquilla, quasi più serena aveva osato pensare. Però la Cacciatrice aveva avvertito che la sua ragazza si stava allontanando da lei: era come se attorno a sé Willow avesse creato un guscio di protezione, una barriera che la teneva lontano dal mondo esterno e da lei e questo a Kennedy non piaceva affatto. Un motivo in più per essere nervosa. Inoltre, Xander continuava a darle il tormento guardandola di sottecchi con quella dannatissima aria da cane bastonato che proprio non avrebbe dovuto permettersi perché, infondo, era lei la vittima, era lei che era stata tradita e presa in giro, era lei che aveva il cuore spezzato, non lui. Invece il carpentiere le girava intorno trascinandosi, portando con sé un pallore insolito e occhiaie incredibilmente marcate che testimoniavano di continuo quanto poco stesse dormendo anche lui in quei giorni. Non glielo aveva chiesto, non ne aveva avuto il coraggio, ma Kennedy era davvero curiosa di sapere se Willow di tanto in tanto si faceva viva sul suo cellulare o no. Non ne aveva idea, ma al solo pensiero l’ira le si scatenava da dentro e il risultato era fatto di scenate fuori luogo per le cose più insignificanti o pestaggio di un qualche vampiro che casualmente le capitava davanti. Buffy l’aveva ripresa ancora per quell’aggressività apparentemente ingiustificata, ma lei non aveva mai sentito né mostrato il minimo rimorso. Non poteva dare spiegazioni, ma che ne poteva sapere Buffy dei suoi sentimenti? E l’avrebbe mai capita, ammesso che le raccontasse la verità? Ne dubitava… da sempre, Buffy difendeva i suoi amici a spada tratta e Kennedy, pur reputandosi parte del gruppo, sapeva che se l’altra Cacciatrice fosse stata costretta a scegliere da che parte stare, non ci avrebbe messo più di un attimo a schierarsi con Xander e Willow. Questa era l’unica certezza in tutta quella faccenda.

 

Ad un tratto, fu proprio la voce di Buffy a riportarla al presente e con un gesto rapido Kennedy si tolse lo spienllo dalla bocca, lo schiacciò sul bordo del secchio dell’acqua saponata per spegnerlo e lo gettò via; intanto, Buffy uscì sul portico e si mise a sedere sui gradini mentre continuava a parlare al telefono. Bastarono pochi istanti perché Kennedy capisse che era al telefono con Angel anche se era pieno giorno. Era successo qualcosa? Nel dubbio la ragazza gettò via la spugna e si avvicinò all’amica.

 

<E’ Angel, vero? Come sta Will, è tutto a posto?>. Domandò allarmata. Buffy la guardò spaesata per un momento, poi chiese a Angel di attendere un momento in linea e infine le rispose:<Sta’ calma, Kenny!… Certo che è tutto a posto o te lo avrei detto!>. Disse Buffy, per rassicurarla. Allora Kennedy si rese conto di aver un po’ esagerato e si scusò sedendosi accanto all’amica. La bionda continuò a parlare del talismano di Siod e di tutta quella faccenda per più di un quarto d’ora con Angel, ma tra una frase di “lavoro” e un’altra si lasciava sfuggire risatine e commenti sarcastici vari. Dopo un po’, quindi, Kennedy decise che era stufa di sentirla civettare col suo ex e la costrinse a scostare nuovamente la cornetta dall’orecchio.

 

<Si può sapere che c’è ora, Kenny?>. Le domandò Buffy, un po’ irritata per l’interruzione.

 

<Saluta Angel e passamelo: mi sono rotta di sentirvi flirtare per telefono!>. Esclamò la mora, più scocciata dell’altra. La più grande delle Summers la guardò indignata:<Ma chi sta flirtando, scusa? Lo sto aggiornando, ecco tutto!>. Si difese.

 

< Vabbe’, le cose importanti gliele hai dette? >.

 

< Sì, ma… >.

 

Buffy però non ebbe il tempo di finire la frase perché l’altra le strappò il telefono di mano.

 

 

 

    Pronto? Ciao, Angel!… No, Buffy è impegnata ora. Hai domande da fare sulla storia di quel cavolo di pugnale? No?… Ah, ottimo. Ok, allora passami Willow, per favore! -.

 

Buffy sbuffò irritata: ultimamente Kennedy era intrattabile e quei suoi stramaledetti atteggiamenti bruschi mettevano davvero a dura prova la sua pazienza. Infondo quella mattina erano andate lì a casa assieme a Xander per prendere qualche vestito pulito e un paio di libri per Dawn, ma visto che nell’appartamento che aveva lasciato loro Tomas non c’era il telefono, ne aveva approfittato anche per fare quella chiamata. E invece ora Kennedy stava monopolizzando sia la cornetta che Angel.

 

 

 

- … Mi spiace, Kennedy, ma Willow non c’è! E’ andata a casa di quel tipo di cui ti ha parlato, Nicolas De Angelis… -

 

- Che? Ancora?… Porca miseria, ma questa settimana non ha saltato un giorno! Ha deciso di trasferirsi lì, forse?! -

 

Il suo tono risultò stranamente acido e Angel si domandò perché: lui aveva motivo di preoccuparsi un po’ per il rapporto che si stava formando fra quel Nick e Willow, ma era solo perché lui sapeva cosa era successo a San Francisco fra la rossa e Xander. Invece perché Kennedy se la prendeva tanto?

 

- Oh, be’… non sono entusiasta nemmeno io della frequenza con cui quei due si vedono, ma è solo perché non conosciamo bene Nicolas! Tu non hai motivo di preoccuparti, no? -

 

Kennedy per un momento non seppe cosa rispondere perché l’istinto le gridava dentro che lei aveva eccome motivo di preoccuparsi, di essere gelosa: Willow l’aveva tradita con Xander. Cosa le impediva di farlo di nuovo con un imbecille muscoloso qualunque? Si era informata su Nicolas De Angelis e, se non fosse stata lesbica, a giudicare dalle foto che aveva trovato su alcune riviste e su internet, avrebbe detto che quel tipo era più che notevole. Non c’era una cosa che non fosse più che perfetta nel suo fisico e considerando la famiglia della quale faceva parte… chi non l’avrebbe voluto per una relazione saltuaria o stabile che fosse? L’unica certezza che aveva Kennedy era che Willow non era interessata ai soldi, ma non era detto che non fosse interessata alle spalle larghe e ai muscoli guizzanti e scolpiti di Nick. Era questo che la faceva uscire fuori di testa fomentando a dismisura la sua gelosia.

 

Ma non poteva dirlo, non poteva ammetterlo.

 

- Io… ah… senti, Will è… venuta da te per lavorare, ma se passa più tempo con quel belloccio piuttosto che con te ad indagare, ci metterete una vita a risolvere il caso e io non voglio stare separata da lei più del necessario! – Si giustificò, con voce non troppo convincente.

 

- Sì, sì, ti capisco. Glielo dirò, contenta? Comunque nel week end potresti anche venire a trovarla: San Francisco e Los Angeles non sono poi così distanti fra loro e qui c’è posto anche per te! – Disse Angel, per cercare di mediare un po’. Ma si pentì subito di quella proposta ricordando solo troppo tardi che Willow aveva bisogno di tutto fuorché della presenza di Kennedy lì: infondo era per stare lontano da lei e da Xander che Buffy gliel’aveva affidata.

 

Purtoppo, però, ormai era troppo tardi per ritirare la proposta e la Cacciatrice la prese al volo.

 

    - Ma sì, hai ragione! Ok, allora questo fine settimana vengo!… A presto, ciao! -.

 

Disse Kennedy, ritrovando un po’ d’entusiasmo. Poi spense il telefono.

 

 

 

Buffy la fissò interrogativa e dalle loro spalle spuntò Xander che domandò:<Scusa, ma dov’è che vai questo fine settimana?>. Kennedy ridiede il telefono all’amica e si alzò di slancio fissando quasi con un sorriso maligno il carpentiere:<Vado a trovare Willow!>. Disse. Poi, senza soffermarsi troppo sulle facce dei suoi amici, la ragazza tornò a finire di lavare la propria moto: di lì a mezz’ora al massimo dovevano andare via.

 

- Non puoi farlo, Kenny! Qui ci servi!>. Disse Buffy, rapida. Ma l'altra sembrò quasi non averla sentita perché non le rispose, la ignorò come se non avesse mai parlato.

 

< L’hai sentita? Willow non la prenderà bene! >. Commentò Xander, a bassa voce.

 

Buffy annuì pensierosa, fissando la sua collega che strofinava ben bene la propria naked.

 

<Già! Ma non abbiamo altre scuse per trattenerla qui e poi ormai sono passati più di due mesi dacché Willow è andata a San Francisco… magari le farà bene rivedere Kenny! >.

 

Xander si astenne dal commentare quell’ultima frase della sua amica, ma in realtà dubitava fortemente che Willow sarebbe stata contenta di rivedere Kennedy… l’aveva sentita qualche giorno prima in una delle rare occasioni in cui lei gli aveva risposto al telefono: la rossa non stava bene, il suo umore sembrava essere migliorato poco o niente. Ma forse, si disse il carpentiere, era solo una sua impressione.

 

 

 

 

 

Willow rimboccò le coperte ad Aaron e gli accostò l’orsacchiotto a forma di tartaruga in modo che il bimbo lo abbracciasse durante il sonno. Ne possedeva un centinaio in quella stanza, ma Aaron preferiva quello a tutti gli altri e ormai Willow lo sapeva bene. Nicolas li stava osservando dalla soglia e gli sfuggì un sorriso quando la rossa si chinò dolcemente su suo figlio e lo baciò in fronte. Non erano passate che due settimane da quando quei due si erano incontrati, eppure Aaron aveva dato prova di adorare Willow che, tra l’altro, ricambiava in pieno l’affetto del bambino e lo trattava sempre con infinita premura. Aaron, normalmente schivo con gli estranei e timido, aveva colto la ragazza dai capelli rossi con insolito entusiasmo e quando lei non c’era chiedeva spesso quando sarebbe arrivata e quando avrebbe potuto giocare insieme a lei.

 

Nick e Will uscirono dalla stanza e tornarono nel salone, al piano di sotto. Avevano cenato tutti e tre insieme e la tavola era ancora ingombra di piatti sporchi e cibo non mangiato.

 

<Diamo una sistemata qui?>. Propose la rossa, cominciando a rassettare. Nicolas la fermò bloccandole un polso:<No, non è necessario. Dopo ci penserà la signora Molly!>. Le disse, trascinandola verso il divano. Willow lo seguì protestando:<La signora Molly è la tua governante, non la cameriera!>. Disse, ma Nicolas la fece sedere fra i morbidi cuscini e fece spallucce sedendosi al suo fianco:<Fa lo stesso!… Normalmente io e Aaron le diamo talmente tanto poco da fare che anche se per una volta fa qualcosa in più non morirà!>. Commentò.

 

<Despota!>. Lo accusò Willow, canzonatoria. Ma lui scosse la testa:<No, non è vero!>. Rispose. La casa era immersa nel silenzio quasi assoluto e quell’atmosfera intima che si stava venendo a formare innervosì la ragazza che, per reazione, si alzò nuovamente e si avvicinò al mobile lì di fronte per dare un’occhiata alle foto nelle belle cornici d’argento e, soprattutto, per mettere una distanza fisica decente fra Nicolas e lei. Il ragazzo non era mai sgarbato né pesante coi suoi apprezzamenti, ma non faceva mistero del fatto che la trovasse una bella ragazza e lei, non sapendo nemmeno bene per quale motivo, non gli aveva ancora parlato di Kennedy; forse, si disse, era per questo che si sentiva in imbarazzo ora che erano rimasti da soli.

 

<Chi sono queste persone?>. Chiese a Nick, per parlare un po’ di cose assolutamente neutre. Ma Nicolas non rimase a sedere al suo posto: si alzò e le andò vicino per mostrarle bene le foto. Prese una cornice in mano, la più grande che c’era sul mobile, e la fissò un momento; poi la mostrò a Willow indicando le persone con un dito.

 

<Questo era mio padre, Pietro. Lui era di origini italiane ed era una persona fantastica!>. Disse, sorridendo beato. Doveva essere davvero molto affezionato a suo padre, si disse Will, guardando con maggior attenzione la foto. Poi Nick riprese:<Questo qui è mio fratello Jasper. E’ più piccolo di me di cinque anni e non l’hai conosciuto ancora perché si trova all’accademia militare, ma la prossima settimana verrà in permesso e allora te lo presenterò. Questa è quell’arpia di mia sorella Alexandra… è vanitosa fino all’incredibile e ha preso tutti i difetti di mia madre, tranne la malignità. Mia madre… sarebbe questa qui – e la indicò col dito – Si veste da diva di Hollywood ma di moda non ne capisce un cavolo: è Molly che la consiglia. Santa donna, Molly!>.

 

Willow sorrise.

 

< Non vai molto d’accordo con tua madre, vero? >. Gli chiese. Lui scosse la testa.

 

< Nessuno va d’accordo con mia madre a parte quel santo che era mio padre e quel cretino che si è presa adesso! >.

 

< Scusa? >.

 

< Papà è morto quando Jasper aveva due anni e mamma cinque anni fa si è risposata con David Colts. E’ per questo che io potevo gareggiare per gli Stati Uniti, altrimenti non avrei potuto, visto che le mie cittadinanze d’origine sono quella italiana e quella inglese. Ma grazie al nostro caro David… >.

 

< Non sembri entusiasta nemmeno di lui! >.

 

< E’ un idiota con un portafoglio decente e il cervello inesistente che sta con mia madre perché… be’, lui si dichiara perdutamente innamorato, ma sono più che certo che il vero motivo che l’ha legato a mia madre sia da ricercarsi nel bisogno che aveva il suo portafogli di liquidità! >.

 

< Ma dai! >.

 

< Non lo dico io, lo dicono i fatti!… - e posò la cornice per prenderne un’altra – Questo è Jasper con Aaron appena nato e… questa qui, in quest’altra foto, è Jenny, la mamma di Aaron! >. Willow guardava le foto una ad una, studiandole quasi con maniacale attenzione. Più di tutti, fu Jenny però ad accendere la sua curiosità: ecco perché il bambino aveva tutti quei capelli biondi. Aveva ripreso molto anche da sua madre. In un’altra foto c’erano Nick, Jenny e Aaron in braccio a loro. Sembravano essere molto felici.

 

< Dov’è adesso Jenny? Non te l’ho chiesto finora, ma… non l’ho mai incontrata! >. Disse la ragazza, fissando ancora quell’immagine di loro tre insieme.

 

Un’ombra rabbuiò il viso di Nick.

 

< E’ morta quando Aaron aveva appena compiuto un anno. Quella che vedi è l’ultima foto che Jasper ci ha scattato… tre ore dopo un camion le è finito contro e lei è morta sul colpo! >.

 

Disse il giovane, con tono freddo. Talmente tanto dura fu la voce di Nick, che Willow ebbe la certezza che il ragazzo stesse ancora soffrendo molto per la morte di Jenny. Nessuno più di lei poteva capirlo.

 

< Mi dispiace!… So cosa significa perdere la persona che ami! >. Disse.

 

Ma Nick ignorò quella frase e le mise in mano un’altra cornice.

 

< Questi sono i ragazzi della squadra di nuoto, i miei compagni. E quello che si vede lì sulla destra, con la tuta rossa, è il mio allenatore! >.

 

< Questo qui? Ma non è venuto l’altroieri a trovarti? Eppure lo hai mandato via! >.

 

< Non avevo voglia di vederlo!… Continua a raccontarmi frottole sul fatto che tornerò a gaeggiare e tutti e due sappiamo che questo non accadrà, quindi… >.

 

< Perché dici così? Cos’è che t’impedisce di gareggiare? >.

 

< Eh no, rossa!… Una domanda a testa: io ho risposto a te, ora tu rispondi a me! >.

 

Willow improvvisamente ricordò di quando anche Kaine, nello scantinato di casa sua a San Francisco, aveva voluto fare quel gioco.

 

< Non ho voglia di questo, Nick! >.

 

Protestò, ora con evidente malumore. Ma Nicola sembrava interessato a conoscerla meglio: non gli aveva detto quasi niente di sé.

 

< Non è giusto che io ti abbia raccontato di Jenny e che invece tu non mi dica niente di te!… Lo trovo scorretto! >. Commentò il ragazzo, piuttosto serio.

 

Willow sospirò e si arrese.

 

< Che vuoi chiedermi? >.

 

< Hai detto che anche tu hai perso qualcuno. Chi? >.

 

< La persona che amavo. Gli hanno sparato… >.

 

< Accidenti! Mi dispiace davvero! >.

 

< Già!… Ma è successo già da un po’… >. Sperava che ora l’altro l’avrebbe smessa di romperle le scatole, invece Nicolas continuò a rigirare il coltello nella piaga.

 

< Il fatto che sia successo già da un po’ non cambia le cose: ti manca il tuo ragazzo!… Lo si vede in ogni momento, basta osservarti un po’ meglio! >. Commentò.

 

Willow venne colta da una tristezza infinita perché se non era riuscita a nascondere la sua malinconia nemmeno a Nicolas che infondo era uno sconosciuto, come aveva potuto sperare di nasconderla a Kennedy che aveva l’enorme abilità di leggerle dentro e che viveva con lei da anni?

 

< Io… sì, mi manca… ma non ho modo di rimediare e quindi cerco di… rassegnarmi e tirare avanti! >. Disse. Una lacrima, intanto, le colò giù dagli occhi e Nicolas l'asciugò con una lieve carezza. Un attimo dopo, senza neppure che Will si rendesse conto di ciò che stava accadendo, il ragazzo si chinò su di lei e la baciò sulle labbra. La sua reazione fu quella di scansarsi e indietreggiare con uno scatto.

 

< Ma che fai?! >. Disse, guardandolo contrariata.

 

Nicolas sospirò.

 

< Will… tu mi piaci, non è un segreto. E… avevo voglia di baciarti, tutto qui! >.

 

< G-già, ma il mio permesso non l’hai mica chiesto! >.

 

< Sì, è vero. Ma fra noi c’è un’intesa quasi perfetta e io ho creduto che… >.

 

< Be’, hai creduto male!… Tu non mi conosci e non puoi permetterti di prendere certe iniziative in questo modo… >.

 

Nicolas la guardò corrucciandosi e mise le mani sui fianchi: non capiva il perché di tutte quelle storie e onestamente pensava che fossero inappropriate.

 

< Oh, Will, senti, parliamoci chiaro, ok? Fino a un momento fa non mi sembrava di farti così schifo, quindi si può sapere perché adesso ti comporti in questo modo? Ti ho solo dato un bacio che, tra l’altro, secondo me volevi anche tu! >.

 

< C-cosa? Ti sbagli di grosso! >.

 

< Ah, davvero? >.

 

< Sì, davvero! >.

 

< Dimmi perché allora, avanti! >.

 

Se fino a quel momento Willow si era astenuta dal parlare di Kennedy, ora si vide costretta a non rimandare, visto l’accaduto. Così andò a passo svelto verso la sua borsa, che aveva messo su una poltrona, e ne tirò fuori il proprio portafogli dal quale estrasse una foto di lei e Kennedy risalente a qualche tempo prima. La guardò per un momento, poi la diede in mano a Nicolas e rimase a fissare la sua reazione.

 

<Ecco perché!>. Disse, mentre gliela porgeva. Nick guardò la foto, poi sorridendo incredulo domandò:<E questa chi è?>.

 

< E’ Kennedy, la mia ragazza! >.

 

Nicolas rimase assolutamente sbalordito.

 

< La tua... cosa? Ma stai scherzando? >.

 

< No, certo che no! >.

 

Willow sentiva un oppressivo senso d’imbarazzo per quella situazione, ma non a causa della sua omosessualità; piuttosto, l’imbarazzo nasceva dal fatto che non ne aveva parlato prima con Nicolas pur avendo notato il suo interesse per lei anche se mascherato da mille battute e sorrisi scherzosi.

 

<Aspetta, vediamo se ho capito bene… tu e questa ragazza state insieme? Voi… tu… sei lesbica?>. Domandò Nicolas, continuando a guardare Kennedy da quell’immagine un po’ spiegazzata ai bordi.

 

< Sì, hai capito bene!… Noi… stiamo insieme già da qualche anno, da quando Sunnydaile è crollata per l’esattezza. E a San Francisco viviamo insieme, nella stessa casa, con altre due amiche! >.

 

< Lesbiche anche loro! >.

 

Willow sorrise.

 

< No. Sono due sorelle e direi che sono completamente etero! >.

 

Nicolas per alcuni momenti non seppe cosa dire, poi, sempre tenendo quella foto in mano, andò a buttarsi pesantemente a sedere sul divano, stravaccandosi e stendendo le braccia lungo lo schienale imbottito. Will rimase a debita distanza non riuscendo ancora a capire se l’altro era arrabbiato o cos’altro: la sua espressione, a parte l’evidente sorpresa, era indecifrabile.

 

< Ok… io… mi sento un vero imbecille in questo momento, davvero! E vorrei solo scavarmi una fossa e seppellirmici! >. Esclamò Nick, fissandola negli occhi.

 

< Cosa? Ma no, perché? >.

 

< Perché? Perché ogni volta che ti ho fatto un complimento, ogni volta che ti ho fatto una carezza o un sorriso o che ti ho detto che stavi bene vestita in un certo modo… tu avrai pensato che ero un vero imbecille!… Il che tra l’altro non è del tutto sbagliato, visto che non mi sono accorto che quando abbiamo passeggiato insieme guardavamo tutti e due le ragazze! >.

 

< Che? Ma non è vero questo!… E poi i complimenti fanno sempre piacere! >.

 

< Sì, vabbe’, certo! Sicuramente ti sarei stato più antipatico se ti avessi detto che sei una racchia! >.

 

Sorrisero entrambi.

 

< Guarda che a me piace davvero passare del tempo con te, anche se… non sono… attratta da te fisicamente! >.

 

< Scusa, ma a questo punto mi costringi a mettere in evidenza un problemino… io sono attratto da te eccome! >.

 

Willow tentò di ribattere qualcosa, ma in realtà non riuscì a formulare una frase di senso compiuto e dalla bocca le uscì solo un balbettio incomprensibile che rivelò esattamente il suo stato d’animo. Nicolas sospirò e posò la foto accanto a sé, sul divano.

 

<Oh, andiamo, Will! Tranquilla, non ti ucciderò perchè non mi hai detto prima che sei fidanzata e che lo sei con una ragazza! – Disse, sorridendole un po’. Poi riprese. – Ma perché non me lo hai detto? Voglio dire, è vero che non ci conosciamo da tanto ma ultimamente passi più tempo qui con me e mio figlio che coi tuoi amici, lì all’Hyperon, e… non mi dici una cosa del genere? O pensavi che ti avrei giudicata male?>.

 

Willow sospirò esattamente come lui, poi finalmente si mosse e lo raggiunse sul divano, sedendosi quasi a gambe incrociate, rivolta verso di lui.

 

<Non ho mai pensato neppure lontanamente che tu potessi giudicarmi male per via di Kennedy o dei miei gusti sessuali in generale. Il fatto è che… be’, quando ci siamo conosciuti… non è che io abbia l’abitudine di presentarmi dicendo:”Ciao! Sono Willow Rosemberg e sono gay!” – Nicolas sorrise divertito. - … E in seguito… non ho tirato fuori l’argomento perché… non mi andava di parlarti di Kennedy, tutto qui!>. Nicolas sollevò un sopracciglio e si massaggiò il mento giocando per un momento con la barba rada che stava ricrescendo.

 

<Quindi… ecco svelato il vero motivo per cui ti trovi qui a Los Angeles: hai litigato con la tua ragazza e hai pensato bene di cambiare aria per un po’!>. Commentò il giovane, col tono di chi aveva riflettuto bene. Willow però scosse la testa:<No, veramente io e Kennedy non abbiamo litigato!… Io… quattro mesi e mezzo fa circa ho perso il bambino che portavo in grembo in seguito a… all’incidente di cui ti ho parlato!>.

 

< Ah, ecco il perché della cicatrice che hai sulla pancia! >.

 

< L’hai notata e non hai detto nulla? >.

 

< E che dovevo dire? Pensavo fosse per l’incidente, esattamente come le altre che hai sulla gamba e sul braccio, anche se quella si vedeva che era il risultato di un qualche intervento! >.

 

< Sì, be’… ho avuto un’emorragia interna che hanno dovuto fermare con un’operazione. Mentre le altre cicatrici me le hanno fatte i vetri che ho rotto finendoci contro! >.

 

< Mi… mi dispiace per te e… per la tua ragazza. Immagino che per voi perdere il bambino sia stato tremendo! >.

 

< Per me lo è stato! Kennedy… non sapeva che fossi incinta! >.

 

Nicolas la guardò senza capire ed era ovvio che volesse ulteriori spiegazioni: il discorso non poteva rimanere sospeso in quel modo. Ma Willow per un momento pensò di non dargliene, d’interrompere lì quella discussione prima che diventasse troppo penosa. Abbassò lo sguardo e lasciò che per un momento i capelli le coprissero il viso. Fu davvero sul punto di cambiare argomento o di chiedere a Nicolas di cambiarlo, ma poi pensò che infondo l’amico meritasse quelle spiegazioni: anche se non volontariamente e non con cattiveria, l’aveva preso in giro.

 

Rialzò la testa e si preparò a sostenere ancora quello sguardo penetrante che sembrava sempre leggerle dentro.

 

< Andiamo, rossa! Quello che hai da dirmi non può essere… più sconvolgente della rivelazione che riguarda la tua ragazza! >. La esortò scherzosamente Nick, intuendo ancora una volta le sue titubanze.

 

< Se fossi in te, non ne sarei troppo sicura!… Kennedy non sa di quel bambino perché… non l’ho concepito con lei, nel senso che non… non siamo andate insieme alla banca del seme o roba simile. A questo non ci abbiamo mai neppure pensato!… Io… l’ho tradita, sono andata a letto con… un nostro amico. Xander… >.

 

Nicolas sbarrò di nuovo gli occhi e si sistemò meglio sul divano, cominciando ad avvertire anche lui un certo senso d’imbarazzo.

 

< Cavolo!… Ok, ritiro quello che ho appena detto! >.

 

< Puoi anche dirlo che ti faccio schifo, infondo mi faccio schifo anche da sola, quindi…non farti scrupoli! >.

 

< Non ho detto che mi fai schifo e non lo direi mai! >.

 

< Non l’hai detto ma l’hai pensato! >.

 

< No! Neppure per un momento!… Io… non mi fai schifo, solo… cerca di spiegarmi perché giuro che sto andando in confusione!… Voglio dire… se sei gay… in teoria vuol dire che sei attratta solo da altre ragazze come te. O almeno questa è la mia concezione dell’essere gay! Invece… tu hai appena ammesso di essere stata a letto con un ragazzo! Perciò… o devo rivedere il mio concetto dell’essere gay o in questa storia manca un pezzo! >.

 

< La tua concezione di gay è esatta. Ma hai ragione: a questa storia manca un pezzo! >.

 

< Vuoi raccontarmelo? Non sei costretta, ma… tanto ormai mi hai detto tutto! >.

 

< Ok, ah… è una storia… troppo lunga, quindi ti farò un riassunto!… Quando… Sunnydaile è crollata, io e Xander abbiamo… perso alcune delle persone che amavamo. Abbiamo finto di aver superato la cosa, di essere andati avanti perché la vita continua e tutte quelle cavolate che si dicono normalmente in queste circostanze. Ma la verità è che né io né lui ci siamo mai ripresi davvero e… mesi fa abbiamo fatto una di quelle… cazzate madornali alle quali rimediare è praticamente impossibile: ci siamo ubriacati per bene e siamo finiti a letto. Da lì… la gravidanza. Non avevo ancora avuto il coraggio di parlarne con Kennedy perché Xander è anche amico suo e perché… c’era una buona probabilità che la mia ragazza tentasse di mutilarlo una volta saputa questa faccenda!… Poi c’è stato l’incidente e… l’aborto. Quindi non ha più senso parlarne con Kennedy! >.

 

< E allora… perché sei qui? Vuoi farmi credere davvero che sia per lavoro? >.

 

< No. Sono qui perché mi ci ha spedito Buffy, la mia migliore amica, che è anche l’unica oltre a Xander a sapere della gravidanza!… Io… dopo l’incidente… sono caduta davvero in depressione e… non mangiavo, non lavoravo, non uscivo, non dormivo più di quattro ore al giorno… Kennedy si è accorta del mio cambiamento improvviso, ma non mi ha mai chiesto niente. Buffy ha pensato di farmi allontanare per un po’ prima di arrivare al punto in cui avrei dovuto dare inevitabilmente spiegazioni. Così… eccomi qui, ospite da Angel! >.

 

< Ah, già, l’investigatore che ti fa da guardia del corpo… in tutti i sensi! >.

 

< Sì!... Ecco qui, guarda questa! >. E gli diede un'altra foto, quella di Tara che portava sempre con sé.

 

< Chi è questa qui? >.

 

< Tara!... La ragazza che amavo tantissimo... quella a cui hanno sparato! >. Spiegò.

 

Nicolas guardò la foto attentamente.

 

< E' così diversa da... Kennedy!... Non so, sembra più... serena! >.

 

< E lo credo! Sono piutosto brava a far arrabbiare Kennedy, come lo sono a far incavolare davvero Angel. Una vera maestra! >.

 

< Ah! Allora lo ammetti? Sapevo che dietro a quegli occhi si nascondeva una vera stronzetta!... Lo credo che poi il tuo amico fa il buzzurro! >. Scherzò il giovane, per smorzare un po' il discorso e la tensione. Will aveva cambiato espressione parlandogli della ragazza bionda.

 

La rossa rise divertita. Era per questo che Nick le era piaciuto dopo le prime volte che si erano visti: era pungentemente sarcastico, era irritante con molte persone e spesso passava per un arrogante bastardo. Ma al momento giusto sapeva sempre farla ridere, metterla a proprio agio, alleggerire la tensione che veniva a formarsi per quella o quell’altra cosa.

 

< Te l’ho già detto: Angel non è cattivo è solo… protettivo nei miei confronti! Buffy gli ha raccontato quello che è successo, visto che siamo anche amici di vecchia data, e lui… si è assunto il compito di cercare di darmi una mano, tenendomi fuori dai guai. Quindi anche lontano dagli sconosciuti! >.

 

< E io sono lo sconosciuto! >.

 

< Praticamente sì! >.

 

< Be’, allora domani sera vengo a cena da te e farai le presentazioni in maniera adeguata. Niente fritti, mi raccomando! >.

 

< L’idea della cena non è male, ma quanto ai fritti… Westley praticamente mangia solo quelli! >.

 

< Westley? >.

 

< Uno dei soci di Angel che praticamente vive lì all’Hyperon!… Ma sta’ tranquillo, so che sei un salutista: mangi frutta, verdura e carne alla piastra o ai ferri. Non mangi fritti né roba troppo condita o pesante. Bevi un sacco di latte e mangi anche parecchio formaggio… l’ho notato, cosa credi? >.

 

< Che fai, mi osservi? >.

 

< Un po’!… Prima o poi mi dirai anche perché non sei più apparso in pubblico o perché non hai più gareggiato! >.

 

< Ne abbiamo già discusso: non ho voglia di parlare di questo! >.

 

< Come io non avevo voglia di parlare del mio discutibile senso morale col quale ho tradito la mia ragazza! >.

 

< Questo non c’entra. Io non ti ho costretta!… Te l’ho detto e te lo ripeto: non gareggerò mai più e non voglio parlarne. Punto e basta! Ok? >.

 

Nicolas stava cominciando ad innervosirsi e la sua voglia di ridere e scherzare sembrava essere improvvisamente scomparso. Ma Willow non voleva discutere, soprattutto non per una questione di poca importanza come quella. Non capiva perché Nick avesse smesso di nuotare agonisticamente e aveva visto che, soprattutto quando era con Aaron, lui adorava stare in acqua. Quindi non si spiegava quella decisione. Ma, di fatto, Nick l’aveva presa e non sembrava intenzionato neppure a spiegarle come mai, figuriamoci a ripensarci.

 

<Ok, va bene. Finiamola qui!… Domani ti chiamo e ti faccio sapere se Angel è d’accordo per la cena, siamo d'accordo? Ora si è fatto tardi e devo andare!>. Disse la ragazza, sorridendo per smorzare quella nuova tensione che si era venuta a creare in un momento. Nicolas rimase rigido per un po’, poi finalmente parve rilassarsi e annuì alzandosi per accompagnarla alla porta.

 

<Va bene!… A domani, buona notte!>.

 

CAPITOLO VENTITREESIMO

 

La cena la sera precedente non ci fu perché quando Angel ascoltò la proposta di Willow d’incontrare il suo nuovo amico si oppose adducendo come spiegazione che lì all’Hyperon ne succedevano sempre di cotte e di crude e, visto che Nick non era a conoscenza dell’esistenza di mostri e argomenti affini, non era neppure il caso di portarlo lì addirittura per la durata di un’intera cena. Willow era rimasta un po’ delusa da quel rifiuto visto che Nick sembrava essere l’unica persona, in quel periodo, che la capisse realmente e che fosse in grado di strapparle un sorriso; tuttavia, pensandoci, la ragazza arrivò alla conclusione che Angel non aveva tutti i torti: Nick era rimasto assolutamente sbalordito nello scoprire che lei era gay e anche un po’ deluso, era stato evidente dal suo sguardo. Come avrebbe reagito se avesse saputo che lei era una strega e tutto il resto? Non bene, probabilmente.

 

Passarono alcuni giorni e Will rimase chiusa nella sua stanza per portare un po’ avanti il proprio lavoro al computer; aveva sentito per telefono Grinwalt la mattina dopo aver parlato a Nicola di Kennedy e dell’incidente che le aveva procurato l’aborto; il suo capo non era sembrato affatto felice della sua prolungata assenza dall’ufficio, ma si era dichiarato disposto a chiudere un occhio in quel senso a patto che Will proseguisse ad inviargli i lavori che portava a termine in tempi rapidi. A dirla tutta, la ragazza era un po’ indietro con le consegne e pur di non andare incontro a discussioni o problemi reali anche in campo lavorativo, decise di darsi da fare. Non fu semplice perché non provava realmente nessun interesse per quello che stava facendo col suo PC e, a dirla tutta, dubitava che le interessasse davvero anche se Grinwalt l’avesse licenziata. L’unico deterrente al lasciarsi andare del tutto all’apatia era il pensiero costante di dover dare, eventualmente, spiegazioni a Kennedy e agli altri e, nonostante il suo stato d’animo, era ancora fermamente intenzionata a non ferire la sua ragazza.

 

Kennedy, anche in quell’occasione, si stava dimostrando assolutamente paziente, premurosa e affettuosa. La chiamava tutte le sere dicendole che sentiva la sua mancanza ma che la invidiava per quella piccola vacanza che si era presa, poi le raccontava aneddoti del lavoro e di casa in modo molto allegro: era evidente che la Cacciatrice fosse pienamente cosciente del fatto che la sua depressione non era ancora passata e voleva aiutarla. Era per questo che, sforzandosi, Will talvolta la premiava ridacchiando alle sue battute e sussurrandole alla cornetta quanto l’amasse e quanto sentisse anche lei la sua mancanza.

 

Ma la verità era che stare lontano da Kennedy si era rivelato molto più semplice che starle affianco costantemente.

 

Qualcuno bussò alla porta e Willow si alzò dalla scrivania per andare ad aprire. Appena girata la maniglia qualcuno le saltò addosso ridendo facendola ruzzolare a terra assieme a sé. Si trattava di Ally, sua cugina. La rossa fu assolutamente felice di vederla: era passato un po’ di tempo dall’ultima volta. Fu per questo che, sempre ridendo, l’abbracciò forte a sé e le baciò le guance.

 

<Quante storie per una visitina dalla propria cugina!>. Commentò Cordelia, che aveva accompagnato Ally fino alla stanza di Will. La rossa si scostò un po’ per guardare la sua ex compagna di liceo:<Se non ti sta bene, torna pure al piano di sotto! A dopo, ciao!>. E con un gesto del dito fece in modo che la porta si chiudesse andando quasi a sbattere contro il viso di Cordelia.

 

<Will! Non dovresti usare la magia per cose simili!>. La rimproverò amorevolmente, Ally. La rossa sorrise e fece spallucce alzandosi da terra imitata dall’altra.

 

<Lo so e infatti non lo faccio mai, ma sai com’è, pur di liberarmi di Chase… Che ci fai tu qui? Perché non mi hai detto che saresti venuta a trovarmi?>. Domandò Willow, tirandosi sui fianchi la canottiera viola elettrico più corta sul davanti. Anche Ally si alzò e si sistemò i vestiti spiegazzati.

 

<Ho un paio di giorni di pausa dal lavoro e visto che sono passata da queste parti… ho pensato di venire di persona per vedere come stai!>. Spiegò Ally, sedendosi sul bordo del letto e incrociando le mani fra loro. Willow si poggiò allo stipite della porta e la fissò col sorrisetto di chi non crede ad una sola parola di quello che ha sentito.

 

<Sto bene, davvero!>. Disse la rossa, continuando a fissarla. L’altra sollevò un sopracciglio:<Davvero?>.

 

< S-sì, certo! Piantala di rompere, per favore! >.

 

< Willow! Sono io, sono Ally, la tua bionda cuginetta ironica e stravagante sempre oberata di lavoro, ricordi? Con me non puoi fingere! >.

 

< Ok, va bene!… Diciamo che… va meglio. Alcune volte ho un po’ di dolori all’addome e alla schiena e spesso ho vertigini, ma è comunque molto meno di quello che avevo all’inizio! >.

 

< E psicologicamente? >.

 

< Che vuoi che ti dica?… Continuo a non dormire bene, mi sveglio spesso durante la notte e a volte faccio proprio fatica ad addormentarmi, ma risolvo tutto con le mie tisane alle erbe e quando non bastano… santo diazepam!… Non posso dire di essermi ripresa completamente, ma almeno ho smesso di essere completamente apatica e di starmene tutto il giorno chiusa in camera! >.

 

< Che è già qualcosa, considerando come stavi a San Francisco!… Nonostante questo, ancora non sono del tutto sicura che venire in questo… strano posto sia stata la cosa migliore! Voglio dire… vivere in un’agenzia investigativa… non lo considero rilassante e tu hai bisogno di relax! >.

 

< Io ho bisogno di farmela passare e di distrarmi nel frattempo, ecco tutto! Qui ci riesco abbastanza bene. Lavoro, esco, ho fatto qualche nuova amicizia… >.

 

< Stai lontana da Xander e da Kennedy! >.

 

< Sì, anche! >.

 

< Soprattutto, vuoi dire! >.

 

< Ally, guarda che non è così semplice: a me manca da morire Kennedy e quando la sento al telefono sono spesso tentata di chiederle di venire qui! Poi però mi ricordo quello che è successo e… concludo sempre convincendomi che sarebbe una pessima idea! >.

 

< E Xander? >.

 

< Gli voglio bene e non ce l’ho con lui ma… ma non riesco a parlare con lui senza farmi venire un enorme nodo alla gola e non voglio scoppiare in lacrime per accentuare i suoi sensi di colpa che sono grandi quanto i miei! >.

 

< Non è evitandolo che risolverai la cosa! >.

 

< Me lo dici ogni volta, Ally! >.

 

< E tu fingi sempre di non sentirmi, Willow! >.

 

< Non ti viene in mente che se lo faccio è perché non voglio darti ascolto? Non mi va di vedere Xander e tanto meno di vederlo assieme a Kennedy!… Non reggerei la situazione, ok? Cos’è, volevi un’ammissione da parte mia? Bene, ora ce l’hai quindi piantala di rompere! >.

 

Ally fissò sua cugina con sguardo serio e corrucciato. Non le piaceva la piaga che aveva preso la vita dell’altra perché più passava il tempo e più sembrava che Willow non volesse trovare una reale soluzione ai suoi problemi: si limitava ad ignorarli, a guardare la propria vita da spettatrice anziché da protagonista come avrebbe dovuto. Considerando che la ragazza era ben lontana anche solo dai trenta, era davvero inaccettabile una cosa del genere.

 

<Senti Will… la vita è tua e puoi gestirla come meglio credi, lo sai. Ma… prima o poi dovrai tornare a San Francisco oppure dovrai decidere di non tornare e comunque non è che tu possa sparire senza nessuna spiegazione! Una scelta va fatta e non hai più così tanto tempo, credimi!>. Disse secca la ragazza dai capelli biondi corti. Will le lanciò un’occhiata interrogativa:<Hai sentito Buffy per caso?>. Le domandò. L’altra scosse la testa, mettendo le mani suoi fianchi:<No, peggio: Kennedy! Mi ha chiamata per avere il numero di un mio amico di Washington della PC Company e abbiamo fatto due chiacchiere. Mi ha confessato di essere preoccupata per te. Non è scema né cieca, Will. Ha capito che non puoi essere depressa solo per quell’incidente e se decidesse d’indagare davvero non credo ci metterebbe molto a scoprire la verità!>.

 

<Non ho mai pensato che sia scema!… Ma non me la sento comunque di parlarle ora… è ancora presto!>. Willow non aveva mai preso in considerazione che l’abilità di Kennedy col computer era molto vicina alla sua; l’unica cosa che davvero le distingueva era che la sua ragazza non aveva mai avuto una gran voglia di studiare fra libri e dispense varie. Ma se avesse deciso d’indagare, ne sapeva abbastanza d’informatica per intrufolarsi nell’archivio telematico dell’ospedale e leggere tutte le sue cartelle cliniche, compresa l’ultima. Il problema reale, però, era che Will non poté non chiedersi sinceramente se le sarebbe interessato davvero. Non voleva ferire Kennedy, ma se quest’ultima avesse saputo tutto, lei sarebbe stata libera: non avrebbe più dovuto fingere – poco convincentemente - che fosse tutto a posto.

 

<Ti va di fare due passi?>. Le domandò Ally, riportandola al presente. Le due si sorrisero lievemente.

 

<Dammi il tempo d’infilarmi qualcosa che non sia troppo stropicciato e andiamo!>. Rispose la strega. Quindici minuti dopo le due erano sedute ad un tavolino di un bar e sorseggiavano qualcosa di fresco continuando a chiacchierare fra loro.

 

Willow si era rifiutata categoricamente di riprendere la discussione interrotta all’Hyperon, ma aveva accettato con piacere stare un po’ con sua cugina e di raccontarsi aneddoti divertenti riguardanti la loro infanzia, quando Ally ancora viveva a Sunnydaile e loro due giocavano con Xander che spesso voleva interpretare la parte del marito di tutt’e due. Verso le cinque, però, si avviarono per tornare a casa: non era prudente stare fuori la sera. Angel lo aveva ripetuto talmente tanto spesso che Willow proprio non aveva voglia di sentirselo dire ancora. Il traffico sulla Hollywood Boulevard era intenso, ma scorreva tutto sommato. Fu per quello che le due ragazze riuscirono a tornare all’Hypern che il sole ancora inondava tutto di sfumature arancio senza dar fastidio agli occhi ma donando ai palazzi e alle strade una strana tonalità.

 

<Mi piace questa città, prima o poi mi ci trasferisco!>. Disse Ally, scendendo dall’auto e sorridendo a sua cugina. Willow stava ancora cercando la custodia degli occhiali sotto al sedile: le era caduta un attimo prima.

 

<Sì, non è male. Ma a San Francisco fa meno caldo!>. Rispose distrattamente.

 

<Se avevi caldo potevi venire a farti un bagno da me!>. Esclamò una voce proveniente dall’entrata dell’Hyperon. Ally si voltò mentre Will alzò la testa sorridendo: aveva riconosciuto la voce. Un attimo dopo Aaron le fu addosso abbracciandola e spingendola sul sedile dell’auto sotto lo sguardo perplesso di Ally e quello divertito di Nicolas. Willow diede un sonoro bacio sulla guancia del bambino e lo prese in braccio scendendo dall’auto, dimentica di ciò che stava facendo un momento prima.

 

<Che ci fate qui voi due?>. Chiese Willow a Nick, mentre gli si avvicinava con suo figlio in braccio. Il ragazzo, vestito con jeans strappati, l’immancabile bandana colorata e una camicia bianca abbottonata solo a metà, fece spallucce e subito dopo sorrise mostrando tutta la sua dentatura candida.

 

<Aaron voleva vederti e io… be’, in questi giorni sei sparita. Volevo vedere se stavi bene. Solo che arrivati qui la tua auto non c’era e ho pensato che fossi uscita quindi abbiamo deciso di aspettarti un po’!>. Disse Nicolas, strizzando l’occhio verso il proprio figlio che annuì deciso per confermare la versione del padre.

 

<Potevate entrare, però!>. Esclamò Willow. In quel momento Ally ricordò la propria presenza a tutti con un sonoro colpo di tosse e sua cugina capì che doveva fare le presentazioni:<Hem… scusate. Nicolas, questa è mia cugina Ally! Ally, questo è un mio amico…>.

 

<Nicolas De Angelis, giusto? Piacere!>. Disse la bionda, precipitandosi a stringere la mano del ragazzo. Willow sorrise lievemente:<Cavolo! Sembra che io fossi l’unica a non aver mai sentito parlare di te dai giornali e dalla televisione!>. Commentò, giocherellando con le dita di Aaron. Nicolas scoppiò a ridere e annuì. In quel momento sulla soglia d’ingresso dell’Hyperion apparve Cordelia:<Eih, strega! Pensavo ti fossi data alla fuga!… La prossima volta avverti se ceni con noi o no, così io so cosa cucinare!>. Disse la ragazza, con tono non proprio amichevole. Will le lanciò un’occhiata torva:<Falla finita, Cordelia! Da quando cucini, tu? Tra l’altro avevo già parlato con Wes e avevamo optato per ordinare la pizza!>. Le rispose la rossa, continuando a giocherellare con le mani di Aaron e a solleticargli il fianco.

 

<Avevate già deciso? Be’, potevate dirmelo!… Allora vado a telefonare alla pizzeria. Quante ne prendo? Nicolas, che fai, ti fermi anche tu?>. Chiese Cordelia, molto più concentrata sui muscoli dell’atleta, piuttosto che al pensiero delle pizze da prendere. Nick guardò Willow con occhi incerti e la rossa non ebbe altra scelta se non assecondare l’ex reginetta d’inverno, nonostante Angel avrebbe avuto parecchio da ridire poi.

 

<E’ una buona idea, Nick. Fermati anche tu con Aaron, mangiamo tutti assieme, ok?>. Esclamò Will, sebbene non fosse completamente sicura di essere riuscita a nascondere bene il suo imbarazzo. Il ragazzo sembrò titubante, probabilmente neppure lui era certo che fosse una buona idea. Poi però Aaron iniziò a battere le mani e a scalciare, felice all'idea di poter cenare con Willow che non aveva visto più in quei giorni. Così, alla fine, Nicola si arrese e assieme a suo figlio, alla sua amica dai capelli ramati, ad Ally e a Cordelia entrò in quell’enorme palazzo che un tempo era stato uno dei più maestosi alberghi di quella zona di Los Angeles.

 

Willow non sapeva come avrebbe reagito esattamente Angel, quando si fosse svegliato; ma ormai la frittata era fatta e… se non altro, non l’aveva fatta lei.

 

 

 

 

 

Ally entrò nella stanza di sua cugina e la trovò intenta a prepararsi per la notte. Si era tolta i jeans e li aveva appoggiati disordinatamente da una parte, assieme alle acarpe e ai calzini. Ora si stava togliendo anche la maglietta ma sembrava essere presa dai propri pensieri più che da quello che stava facendo. Ally rimase sulla porta ad osservarla per qualche secondo, ma sua cugina non si accorse della sua presenza finché lei non parlò:<Hem... toc toc!... Will, tutto a posto?>. Willow si voltò e le sorrise lievemente mentre gettava la maglietta sulla sedia seguita dal reggiseno, proprio lì dove c'era il resto della sua roba. Un attimo dopo la rossa indossò la lunga maglietta da rugby che utilizzava sempre come pigiama e poi s'infilò sotto le coperte.

 

<Scusa ma... qui dentro è esplosa una bomba? Non sai mai stata tanto disordinata in vita tua e ora... guarda qui che macello!>. Osservò Ally, notando che il disordine regnava sovrano in quella stanza; cosa strana, visto che sua cugina era stata fin da piccola ordinata quasi in modo maniacale. Willow ridacchiò facendo spallucce:<Sì, be'... quando lavoro non bado molto a riordinare le mie cose!>. Rispose, stiracchiandosi. Ally prese a spogliarsi per raggiungerla nel letto e dormire insieme proprio come facevano quando erano bambine:<Quando lavori? Willow, qui dentro non metterai a posto almeno da una settimana!>.

 

<Ok, ok... domani darò una sistemata, contenta? Ora piantala, però. Ho sonno e voglio dormire!>.

 

Ally indossò maglietta e pantaloni del proprio pigiama, poi si tuffò sopra al letto scompostamente e saltellò più volte sconquassandolo ancora di più, se possibile. Willow le lanciò un'occhiataccia torva sistemandosi il cuscino sotto la testa:<Ally, la smetti? Dai!>.

 

< Eh no, cuginatta! Non la pianto. Tu, piuttosto, smettila di fare la vaga e raccontami tutto! >. Disse Ally, avvicinandosi all'altra e infilandosi sotto le coperte restando seduta nel letto.

 

< Di che parli? >.

 

< Non di che ma di chi!... Nicolas De Angelis! E' lui il tizio che hai conosciuto quel giorno che sei andata a fare una passeggiata al centro? >.

 

< Certo che è lui! Ti ho già raccontato com'è andata, quindi che altro vuoi sapere? >.

 

< Come che altro? Tutto, ovviamente! >.

 

< Sai già tutto! >.

 

< Bugiarda!... Mi hai detto che l'hai conosciuto per caso e che è simpatico, cosa che ho constatato stasera coi miei occhi. Che è uno strafico lo sapevo già, ma questa cosa a te non credo che importi. Quello che non sapevo, e sul quale sorvoli inutilmente, è che Nicolas ha una cotta stratosferica per te! >. Willow a quelle parole arrossì e sua cugina ridacchiò capendo di aver fatto centro. <Ho ragione, non è così?>. Incalzò divertita. Willow tentò di girarsi dall'altra parte per fingere di dormire, ma Ally glielo impedì facendola voltare di nuovo verso di sé.

 

< Mi racconti? Dai, lo so che ti sei accorta che quello ti fa il filo! >.

 

Willow sbuffò e si tirò su a sedere seccata.

 

< Non mi lascerai in pace se non rispondo, vero? >. Chiese, conoscendo già la risposta.

 

< No! >.

 

< E va bene!... Sì, lo so che Nicolas ha un debole per me, ma... abbiamo già parlato e chiarito che una storia fra noi è fuori discussione perché io sto con Kennedy che è una ragazza, tra l'altro, ok? Contenta? E' finito il terzo grado ora? >.

 

< Certo che no! Che ti ha detto Nick? Come ha reagito alla notizia che sei gay? >.

 

< C'è rimasto un po' male all'inizio, credo, ma... non ha fatto scenate né battute di cattivo gusto, il che è strano considerando che è un soggetto di sesso maschile al disotto dei trent'anni e che questi soggetti normalmente si comportano come bambini quando il loro orgoglio di macho viene ferito!... Gli ho parlato di Kennedy e gli ho accennato anche qualcosa di Tara... >.

 

< E dell'incidente? >.

 

< Non gli ho potuto dire i particolari demoniaci della faccenda, ma... sì, gliel'ho detto. E gli ho detto anche dell'aborto! >.

 

Ally la fissò in modo strano, quasi confuso.

 

< Che c'è? >. Le domandò lei, vedendo il suo turbamento ben stampato sul viso.

 

< Will... io... non ti capisco, onestamente! Non hai voluto parlare di questo con... con nessuno, a stento lo hai fatto con me e... ne parli con uno sconosciuto che hai incontrato da qualche giorno per caso? >.

 

< Ally... non devi prendertela per questo, non l'ho fatto certo per farti un dispetto!... Nicolas è... non lo so, è riuscito a... a conquistarsi la mia fiducia in poco tempo ma... io... normalmente non sono così, non mi apro facilmente a qualcuno. Con Nick è stato diverso, ma se devo dirti in cosa... non ho una risposta da darti. I suoi atteggiamenti non sempre sono gentili e delicati e spesso il suo umore è pessimo, ma... non mi mente mai. Forse è per questo che... che mi fido abbastanza di lui tanto d'avergli raccontato i miei guai! >.

 

< E io ti ho mentito? Quando? >.

 

< Con te è diverso... è un'altra cosa ancora! >.

 

< Perché? >.

 

< Perché sei mia cugina e... e m'importa l'opinione che hai di me!... All'inizio non me ne fregava un accidenti dell'opinione di Nick. E' questa la differenza!... Ora m'importa, certo, ma non mi ha giudicata male finora, quindi perché dovrebbe cominciare a farlo adesso? >.

 

< Tu sei fuori, Will. Lasciatelo dire! Proprio fuori di testa!... Gli hai anche detto che sei una strega e tutto il resto? >.

 

< No che non gliel'ho detto! O mi prenderebbe per pazza, o se la darebbe a gambe levate portando con sé Aaron nel luogo più lontano possibile da me! >.

 

< E tu adori quel bambino!... Non dovresti affezionarti troppo a lui perché prima o poi tornerai a San Francisco e allora sarà difficile che possiate vedervi, lo sai no?>.

 

< Sì, sì, lo so... Ora dormiamo, ti prego. Sono stanca! Domani, se vorrai, potremo proseguire! >.

 

 

 

Non ho voglia di continuare questa conversazione... soprattutto perché ormai è decisamente troppo tardi... io adoro Aaron e la verità è che vorrei davvero che quel ragazzino fosse figlio mio...

 

 

 

Ally rimase a guardare sua cugina coricarsi nel letto e accucciarsi fra le coperte, con la testa affondata nel cuscino. Avrebbe voluto avere i suoi poteri per leggerle nella mente e capirla, capire i suoi stati d'animo tanto contorti, i suoi dubbi e i suoi desideri. Allora sì che avrebbe potuto aiutarla. Ma lei non era una strega e non possedeva poteri di nessun genere e... sua cugina sapeva essere di una testardaggine da guinnes dei primati: quando decideva qualcosa, nessuno poteva farla desistere. In quel caso, aveva deciso che non voleva più parlare di sé e degli affari suoi. Quindi tanto valeva lasciar stare per il momento. Più in là. Forse, Will avrebbe deciso da sola di aprirsi con lei e Ally ci sarebbe stata per aiutarla... com'era sempre stato fra loro.

 

La bionda sistemò bene i cuscini, si stese trovando subito la posizione, poi spense la luce e chiuse gli occhi. Infondo anche lei era stanca e che lo ammettesse o no aveva bisogno di riposo.

 

 

 

 

 

Willow e Nicolas camminavano con le buste della spesa in mano. Quella mattina si erano incontrati verso le dieci e avevano accompagnato Ally all'aeroporto, visto che l'auto l'aveva abbandonata la sera seguente. Il meccanico aveva detto che si trattava della batteria: si era completamente scaricata. Ma il pezzo di ricambio sarebbe arrivato di lì a una settimana e Ally doveva assolutamente partire per tornare a Chicago: aveva svariati impegni di lavoro, voleva rivedere il suo ragazzo e, soprattutto, di lì a un paio di giorni sarebbe stato il compleanno di suo padre. Era stato per questo che Nick le aveva procurato un biglietto all'ultimo momento.

 

Subito dopo il decollo dell'aereo di Ally, i due ragazzi si erano recati in un supermercato sulla strada di ritorno: il frigo di Angel era praticamente deserto e a parte pizza, Willow era stanca di mangiare cibo in scatola e verdura scongelata. Non ci avevano messo molto a comprare tutto il necessario per far apparire la cucina di Angel un po' meno... spartana, tanto per usare il termine forgiato da Ally la sera prima per descriverla. Avevano comprato succo di frutta di vari tipi, marmellata, fette biscottate, burro, uova, carne di pollo e di vitella, salsicce, verdure fresche, riso, qualche sottaceto e l'immancabile cioccolato spalmabile: una droga per Willow, ma anche qualcosa di cui Angel sembrava ignorare l'esistenza. Era anche vero che il più delle volte erano Cordelia e Westley a fare la spesa, ma la strega dai capelli rossi sospettava che fosse comunque Angel a far loro la lista delle cose da comprare.

 

<Poi mi dirai, spero, che cavolo ci cucini con tre litri di sangue di cavallo!>. Disse Nick, spostando le buste da una mano all'altra. Avevano parcheggiato l'auto un po' più in là rispetto all'entrata dell'Hyperon e considerando che non tutte le borse della spesa erano esattamente leggere, Will ringraziò mentalmente che con lei ci fosse Nicolas in quel momento.

 

<Io non ci faccio niente con quel sangue, ma Angel... sta facendo una cura per l'anemia. Glielo ha prescritto il medico. Deve berlo tutti i giorni!>. Rispose, pensando a quanto fosse assurda quella versione. Nick le lanciò un'occhiata da dietro gli occhiali a specchio, sportivi e firmati come il resto del suo abbigliamento.

 

<Parli sul serio?>. Le chiese, continuando a camminare. Will fece spallucce:<No, in realtà è un vampiro. Ma nessuno deve saperlo, quindi... ci siamo inventati la balla dell'anemia!>. Ribatté Will, con tono fin troppo serio. Nicolas si fermò a fissarla interdetto e lei decise di dargli tregua, di graziarlo dalla tortura che era sapere la verità.

 

<Scherzavo, ovviamente!>. Disse. Nicolas un attimo dopo iniziò a ridere a crepapelle, tanto che dovette posare un momento le borse a terra per non far cadere il tutto.

 

<Tu sei matta davvero, rossa!>. Disse, continuando a ridere.

 

<E non sai quanto!>. Esclamò una voce. Willow alzò la testa e vide Kennedy che la fissava sorridendo. Un attimo dopo la Cacciatrice le saltò addosso, abbracciandola e baciandola e prendendola in braccio ridendo. Era felicissima di rivederla. Che le mancasse non era un segreto, ma solo in quel momento Willow si rese davvero conto di quanto Kenny avesse nostalgia di lei. Sembrava impazzita. Continuava a stringerla forte e non la lasciava andare, continuava a baciarla dappertutto e a dirle quanto avrebbe voluto riabbracciarla molto prima di allora. Tutta la scena durò qualche minuto, tempo durante il quale Nick fece da spettatore imbarazzato.

 

Quando finalmente Kennedy lasciò andare Willow, la rossa ebbe un momento di sbandamento: la vivacità della sua ragazza e la sua irruenza le avevano provocato un po' di vertigini.

 

<Tu che ci fai qui?>. Le chiese, quando si fu ripresa. Kenny le mise un braccio attorno alle spalle e le diede un altro bacio sulla fronte.

 

<Mi mancavi da morire! Ho un paio di giorni liberi e... ho pensato di farti una sorpresa!>. Spiegò la Cacciatrice. Willow era confusa: non sapeva se essere felice o meno. Anche lei aveva sentito la mancanza di Kennedy e anche di tutti gli altri, Xander compreso. Però non era sicura che la presenza lì della sua ragazza potesse giovarle, soprattutto visti i suoi bruschi cambiamenti d'umore.

 

<Nicolas... questa è la mia ragazza, Kennedy, quella che ti ho mostrato nella foto!>. Disse Willow, notando solo allora il vago imbarazzo del suo amico. Ken lo studiò attentamente da dietro gli occhiali scuri domandandosi chi fosse quel tizio. Non l'aveva mai visto prima e Will non gliene aveva mai parlato al telefono durante le loro chiacchierate serali; non che quelle telefonate fossero troppo lunghe e neppure Willow era una chicchierona in quei momenti, ma più Kenny ci pensava e più realizzava che non aveva mai sentito parlare di un ragazzo di nome Nicolas, amico di Will, che abitava a Los Angeles.

 

Il suo sguardo si corrucciò e si alzò gli occhiali posandoseli sopra la fronte per guardarlo meglio, poi fece un sorriso tirato:<Ciao! Io sono Kennedy!>.

 

Nick, che era dotato di un vero sesto senso che gli diceva se la persona che aveva davanti era amica o no, percepì subito l'ostilità da parte della giovane e si chiese perché mai stesse reagendo così. Sapeva per certo che Willow non le aveva raccontato del loro bacio né del fatto che lui le aveva detto di avere una cotta nei suoi confronti; ma sospettava che Kennedy vedesse in lui una sorta di minaccia. Ecco perché quello sguardo.

 

<Ciao!... Will mi ha parlato di te e mi ha mostrato la foto che ha nel portafogli ma... lì sembri... meno sportiva!...>.

 

Willow alzò gli occhi al cielo per un momento.

 

 

 

Che cavolo di commento è, Nick! Kenny non ti conosce e penserà che la stai prendendo in giro perché siamo due lesbiche... Oddio, adesso Kennedy lo attacca al muro!

 

 

 

<Hem... in quella foto indossa un maglione che ha molto poco di sportivo, quindi... Ma non restiamo qui, entriamo e andiamo a sistemare la spesa, ok?>. Disse Willow, cercando di cambiare discorso. Ma Kennedy non l'assecondò del tutto:<Mi alleno parecchio e sono un'esperta di arti marziali e kick box!... Tu fai qualche sport?... Entriamo intanto!>. Poi prese le borse dalle mani di Willow e s'incamminò verso l'entrata dell'Hyperon, seguita dalla stessa rossa e da Nicolas che si adombrò un momento, poi rispose:<Nuotavo. Ora non più!>. Un attimo dopo Willow vide che il suo amico era diventato stranamente imbronciato, ma non era per Kennedy, almeno non credeva. Ancora una volta, notò la rossa, si era toccato l'argomento nuoto e ancora una volta Nicolas De Angelis aveva cambiato improvvisamente umore.

 

Nell'Hyperon c'era solo Gun che stava aggiustando una sedia: l'aveva rotta la sera prima dandola sul groppone di un demone che li aveva seguiti fin lì dopo la ronda.

 

<Ciao ragazzi! Ci avete messo poco a tornare!... - Disse. Poi si accorse di Kennedy. - Ah... Ciao! Sei una cliente? Vieni, entra pure!>. Esclamò, cercando di sfoggiare uno dei suoi migliori sorrisi. Il problema era che vestito coi jeans larghi, una maglietta da basket giallo ocra e una bandana dello stesso colore, non aveva un'aria molto professionale.

 

<Ma quale cliente! Cos'è, sei cieco?... Da come sei conciato direi di sì!>. Commentò Nicolas, dirigendosi verso la cucina a passo svelto. Willow gli lanciò un'occhiataccia, mentre Gun lo fissò stralunato.

 

<Eih, amico, ti sei svegliato con la luna storta stamattina?... Certo che il tuo campione è incredibile: riesce a starmi sulle palle due minuti dopo che ha messo piede qui!>. Commentò Gun, guardando la strega dai capelli rossi.

 

<E' un po' nervoso oggi. Lascia stare, ok? E scusalo per favore!>. Disse Will, posando sul divanetto l'unico pacchetto rimastole in mano.

 

<Lei è Kennedy, la mia ragazza!>. Disse poi, indicando la Cacciatrice che era rimasta un po' indietro. Gun la guardò:<Ciao! Sei la Cacciatrice che vive con Buffy, vero? Piacere, sono Gun, un amico di Angel!>. Disse il giovane, continuando a combattere con la sedia per ripararla. Era evidente che stesse vincendo la sedia.

 

<Ciao! Veramente... vivo con Willow, ad essere precisi. Però nella stessa casa di Buffy e Dawn!>. Rispose, in tono allegro. Non le era sfuggito l'atteggiamento di Nick, ma aveva deciso volontariamente d'ignorarlo o lo avrebbe preso a schiaffi di lì a cinque minuti. Gun ridacchiò e annuì, continuando ad armeggiare con chiodi e martello; non era un falegname, ma tempo prima avevano fatto due conti con Angel e Cordelia e avevano visto che se avessero continuato a ricomprare tutti i mobili che si rompevano anziché aggiustarli, presto sarebbero finiti sul lastrico.

 

<Tesoro... vieni con me di sotto. Andiamo a posare la spesa!>. Disse Willow alla sua ragazza, precedendola poi verso la cucina, al piano inferiore. Kenny la seguì di buon passo. In cucina trovarono Nicolas fin troppo impegnato nel mettere a posto le cose che aveva comprato insieme a Willow. Non sapeva bene quale fosse il posto di ogni singolo pezzo, era per questo che aveva aperto ogni sportello della dispensa e che si affannava a mettere in ordine.

 

<Nick, lascia stare. Metto apposto io!>. Disse Willow, entrando. Lui rimase di spalle e proseguì a riordinare. Quando si voltò, qualche secondo dopo, la rossa notò che era pallido come il giorno in cui si era sentito male davanti all'ospedale.

 

<Nick, stai bene?>. Gli domandò preoccupata. Il ragazzo scosse un po' la testa:<Non proprio! Io... sono stanco e ho un gran mal di testa!>. Rispose, massaggiandosi le tempie con la punta delle dita.

 

<Ti do un analgesico? Dai, lascia stare quelle cose. Ci penso io, ho detto!>. Disse Willow, avvicinandosi preoccupata. Temeva che svenisse.

 

<Sì, io... credo sia meglio se vado a fare un sonnellino a casa!...>. Esclamò Nick, asciugandosi col dorso della mano la fronte imperlata di sudore.

 

< Aspetta, dove vai da solo? Va' in camera mia a riposare e quando ti sentirai meglio...>.

 

< No!... Non insistere, Will!... Vado a casa. Io e Aaron ti aspettiamo domani sera, per cena come d'accordo, ok?... Ah, Kennedy, naturalmente sei invitata anche tu! >.

 

Kennedy annuì guardandolo incuriosita. Si sentiva poco bene, era evidente; ma stava letteralmente scappando. Chissà perché... comunque non lo fermò quando, un momento dopo, il ragazzo le passò accanto e se ne andò.

 

Non le importava chi fosse quel Nicolas, le interessava soltanto che si comportasse da amico con Willow e niente di più.

 

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO

 

Quella notte Willow si negò a Kennedy e la Cacciatrice, nonostante gli sforzi fatti per non darlo a vedere, rimase ferita e turbata dal rifiuto ricevuto. Non era una questione fisica, non solo almeno. C'era molto di più: Kennedy non era più sicura che Willow volesse restare con lei. Se n'era accorta già subito dopo che la ragazza era uscita dall'ospedale, a San Francisco. Ma ora che la rivedeva dopo una separazione durata due mesi e più, Kenny si era improvvisamente resa conto che il rischio era più reale di quanto non avesse creduto. Avrebbe voluto parlare con Will, dirle che sapeva tutto... del suo colpo di testa fatto con Xander, del bambino, dell'aborto, del suo dolore. E consolarla, sentirla vicino e farle setire che non era sola... Ma, come lo stesso Kaine le aveva detto prima che partisse per andare a trovare Will di persona lì a Los Angeles, la reazione più probabile della strega sarebbe stata la fuga. E allora sì che l'avrebbe persa davvero, senza appello. Fu per questo che quando Will quella sera le disse che era stanca, lei non insistette e si limitò a rannicchiarsi con l'altra fra le coperte unendo i loro corpi in un abbraccio tenero e al contempo disperato il cui vero significato, tuttavia, sfuggì a Willow che era ignara dei pensieri che passavano per la testa della sua ragazza.

 

Spensero la luce e la penombra le accolse dando all'atmosfera circostante un'aria quasi tranquilla.

 

< Perché non mi hai mai parlato troppo di Nicolas al telefono? >. Domandò Kennedy, in un sospiro. Almeno quello voleva saperlo.

 

< Perché all'inizio l'ho incontrato per caso, non era un evento importante. Poi c'è stato un malinteso con Angel che ha pensato che Nick fosse chissà chi e lo ha trattato male, mandandolo via. In seguito sono andata a cercarlo per scusarmi con lui e siamo diventati amici, niente di più. Mi ha presentato suo figlio, Aaron e... mi sono innamorata di quel bambino... è dolcissimo!... Non pensavo fosse importante e te ne ho solo accennato! >.

 

< E' vero, è un bel bambino quello...! Dov'è sua madre? >.

 

< E' morta quando lui era appena nato... una storia penosa che Nick non mi ha raccontato nei minimi dettagli, ma che... mi ha rattristato. E' orribile perdere qualcuno che si ama! >.

 

Stai pensando a Tara, vero Will?... Non ho mai preteso che ti scordassi di lei, ma non posso non chiedermi... se amerai mai me la metà di quanto hai amato lei... soprattutto ora!

 

< Non è facile crescere senza genitori, io lo so! >. Disse Kennedy, invece di dar voce ai propri pensieri, avvicinando il volto alla nuca della sua ragazza. I capelli della rossa, come sempre, sapevano di vaniglia ed erano morbidi e lisci. Doveva averli lavati quella mattina al più tardi.

 

< Lo so che oggi Nicolas non ti ha fatto una buona impressione: te l'ho letto in faccia! Ma... abbi pazienza, ti prego, fallo per me. Dagli una possibilità e scoprirai che non è quell'arrogante idiota che deve esserti sembrato stamattina! >. Esclamò Willow, carezzandole un braccio e intrecciando le dita con la mano dell'altra.

 

< Hai ragione, non mi ha fatto una buona impressione. Ma... diciamo che giustifico quell'atteggiamento scostante col fatto che si sentiva poco bene. Era pallido davvero e quando è andato via non mi sembrava respirasse troppo bene!... Ma lo faccio solo per te, ok? Se non fosse stato amico tuo, quel ragazzino si sarebbe ritrovato appeso ad una parete al posto di un quadro in quattro e quattr'otto! >.

 

Willow ridacchiò lievemente mentre gli occhi cominciavano a diventare pesanti.

 

< Non sa quanto ha rischiato! >. Disse, divertita.

 

Kennedy vide lo sbadiglio che seguì a quella frase e le posò un bacio sulla testa.

 

< No, direi che non lo sa. E quindi non sa che sei una strega!... Dormiamo ora, il viaggio in moto da San Francisco non è stato una passeggiata neppure per me! >.

 

< Aspetta!... E la faccenda di Kaine e Habel? >.

 

< Non è risolto nulla. Brancoliamo ancora nel buio, con la differenza che ora siamo noi le prede: Habel vuole farci la festa!... Ma non ne parliamo ora. Ti racconto tutto domattina, ok? Buona notte amore mio! >.

 

Willow esitò un momento nel rispondere, poi finalmente sospirò rilassandosi e disse in un sussurro:<Buona notte, Kenny!>.

 

 

 

Buffy era fuori di sé dalla rabbia e, mentre riordinava l'appartamento di Tomas, continuava a sbattere tutto ciò che posava, muovendosi nervosamente a scatti come se l'aavesse morsa una tarantola. Xander si era offerto di darle una mano, ma lei aveva rifiutato e il ragazzo aveva finito col fare unicamente da spettatore a quello che sembrava un attacco isterico in piena regola.

 

<Non ci posso credere, davvero! E' assurdo, è... è da imbecilli irresponsabili, ecco cosa!>. Sbraitò la cacciatrice, per l'ennesima volta, mentre spazzava a terra. Xander si massaggiò le tempie domandandosi per quanto ancora sarebbe andata avanti.

 

Beata Dawnie che aveva la scuola!... Pensò il carpentiere, sospirando.

 

<Come le è saltato in mente di fare una cosa del genere? E' sgattaiolata via come una ladra in modo che non potessimo fermarla. E' andata a Los Angeles lei, mentre qui stiamo con l'acqua alla gola!... Giuro che se non l'ammazza Habel, stavolta ci penso io!>. Esclamò ancora Buffy, con la stessa rabbia di prima. Si stava riferendo a Kennedy ovviamente. Xander alzò le braccia al cielo e decise che era stanco di stare zitto.

 

<Buffy, per favore, datti una calmata o ti prenderà un infarto,ok? Kennedy... be', forse non ha scelto esattamente il momento più adatto per fare una visitina a Willow, ma sappiamo entrambi che sarebbe voluta andare già da un pezzo e arrabbiarsi non serve a molto no? E' comprensibile che voglia rivederla, sono passati più di due mesi dacché Will è partita!>. Disse il ragazzo, cercando di essere conciliante. Buffy gli lanciò un'occhiataccia pensando che fosse stupido da parte sua giustificare l'egoismo di Kennedy.

 

< Io non capisco come fai a difenderla! Ci ha lasciati in mezzo ai guai fino al collo, avvisandoci tra l'altro solo con un bigliettino che dice che tornerà fra due o tre giorni al massimo! E' assurdo! >.

 

< Be', se ce lo avesse detto a voce avrebbe dovuto discutere con te, quindi... anche se magari è stata un tantino taccagna di parole, capisco anche che ci abbia avvisati tramite un biglietto! >.

 

< Che ha fatto in modo che trovassimo in tarda mattinata! >.

 

< Quando ormai era partita! >.

 

< Appunto! Non ci si comporta così, non è onesto oltre a non essere stata una mossa intelligente... Tss! San Francisco – Los Angeles in moto... quando è arrivata le avrà fatto male tutto il cu... >.

 

< Oh, Buffy, piantala, dai!... Anch'io muoio dalla voglia di rivedere Willow, e se potessi giuro che partirei anch'io! >.

 

Buffy smise di spazzare a si appoggiò al manico della scopa fissando l'altro duramente.

 

< Non t'azzardare a farlo o giuro che vengo a riprenderti per le orecchie! >. Lo minacciò.

 

< Sta' calma, non ho nessuna intenzione reale di partire. Willow non vuole vedermi, quindi... Angel dice che è impegnata nel lavoro e con quell'atleta da strapazzo e suo figlio!... Anche in quello Willow è stata una sorpresa: non dà mai confidenza agli sconosciuti!... A te ha raccontato come ha incontrato quel Nick? >.

 

< Sì, mi ha detto qualcosa. Ma non è che si sia sprecata con particolari che riguardino quel suo amico! Mi sa che a Kennedy neppure ne aveva parlato! >.

 

< E a te non sembra strano un comportamento del genere da Will?... Comunque qualcosa le aveva detto, ma molto poco, credo. Una volta Kennedy l'ha nominato parlando con tua sorella! >.

 

< No, a dire il vero no... solitamente non si comporta così!... Non voglio mettere il dito nella piaga, Xan, ma... Willow sta passando davvero un periodo terribile e le sue anomalie comportamentali sono... be', prevedibili secondo me! Tra l'altro, a sentire Ally, sembra che Nick sia un tipo divertente anche se un po' lunatico. E se la nostra piccola Will ha trovato qualcuno che la distrae e la fa ridere... a me sta bene! >.

 

< Sì, sì, d'accordo!... Basta che non le crei altri problemi! >.

 

< Che vuoi dire? >.

 

Xander sospirò, poi attese un momento, come se stesse riordinando le idee. Infine sparò la sua teoria.

 

< Be', se un ragazzo si avvicina ad una ragazza che non ha mai visto prima e se la fa amica... sono solo due i motivi: o è gay e cerca un'amica per un po' di compagnia, o ci vuole provare perché s'è trovato davanti a un bel pezzo di... donna!... Io non credo affatto che quel Nicolas sia gay, soprattutto perché ha un figlio e perché i rotocalchi sono piani di sue foto con alcune ragazze. Sono foto un po' vecchiotte forse, ma lo vedono tutte in compagnia di belle gnocche, quindi... >.

 

< Belle gnocche? Xander, ma che dici? Sei uscito di testa? >.

 

< Buffy, io sono un uomo e so come ragionano gli uomini: di primo impatto non vedono niente in una ragazza che non sia tette, fianchi, chiappe e cosce e... be'. Willow è dotata davvero di una notevole carrozzeria, nonostante non abbia un seno prosperoso. Quindi, secondo me presto o tardi quel Nicolas ci proverà e sarà un problema in più per Will! >.

 

< Dici? >.

 

< Certo! Sono un uomo! >

 

< Il fatto che te la sia portata a letto tu, non significa che vogliano portarsela a letto tutti!>. Ribatté Buffy, cominciando di nuovo ad alterarsi. Xander era incredibile: era convinto che tutti gli uomini pensassero al sesso di continuo. Il che, implicava che anche lui pensasse al sesso di continuo.

 

< Guarda che non sono un maniaco, io, ok? E' stato un caso... quello! E io posso dimostrarti che la mia teoria è esatta quanto... quanto la teoria secondo la quale se impaletti il cuore di un vampiro, quello si trasforma in un mucchietto di cenere!... Sta' a vedere! >.

 

Xander si alzò e si precipitò a rovistare dentro alcuni scatoloni che contenevano cose che loro stessi avevano portato in quell'appartamento dopo aver deciso di restare lì per un po'. Buffy l'osservò agire domandandosi ridacchiando fra sé e sé che cosa stesse cercando il suo amico. Dopo un paio di minuti, Xander tirò fuori la testa dallo scatolone e saltellò soddisfatto di quello che aveva trovato: un album di foto riempito completamente già da un paio d'anni. Subito dopo, iniziò a sfogliare le pagine dell'album e quando trovò la foto che cercava, prese Buffy per mano e le disse con un ghigno maligno:<Vieni con me!>. Poi la trascinò fuori di casa, sul pianerottolo, guardandosi intorno alla ricerca del suo obiettivo, sempre tenendo la foto scelta in mano.

 

<Ah, ecco!>. Esclamò, vedendo arrivare per caso il fattorino delle pizze che si fermò davanti ad una delle porte degli appartamenti vicini all'ascensore.

 

<Scusa! Eih, tu! Puoi darmi un momento della tua attenzione?>. Disse Xander, rivolto al ragazzo. Buffy sbuffò:<Xan, piantala: stiamo facendo la figura dei cretini!>. Lo rimproverò. Ma l'altro proseguì nel suo intento.

 

<Zitta e guarda!>. Le disse lui, a mezza bocca. Poi sfoderò uno sfacciato sorriso e rivolse tutta la sua attenzione a colui che doveva confermare la sua teoria.

 

<Ciao! Senti... scusa se ti disturbo, ma mi serviva un tuo parere su una tipa che ieri sera mi ha lasciato il suo numero e visto che qui mia sorella... – e indicò Buffy con un cenno della testa – non sa darmi un'opinione, volevo averne una tua!... Tieni, guarda questa foto!>.

 

Il ragazzo, dopo un primo momento di disorientamento per quell'inaspettata richiesta, passò le pizze che doveva consegnare tutte su una mano per avere quella destra libera e poter osservare bene la foto. La prese e la guardò per lunghi secondi, mentre Xander aggiungeva:<Io e quella ragazza ci siamo conosciuti due anni fa alle Hawaii ma poi non ci siamo più visti. Ci siamo rincontrati ieri sera e... non so, che dici, la chiamo? O non ne vale la pena?>.

 

Il fattorino attese ancora un paio di secondi, poi un sorriso ebete gli si stampò sulla faccia come se stesse guardando chissà che cosa, invece di una foto di Willow seduta sugli scogli in costume da bagno. Non erano le Hawaii, ma le Eolie: una vacanza di quattro giorni risalente a qualche tempo prima che tutta la gang aveva fatto.

 

<Ehi, amico, scherzi? Se una così mi desse il suo numero... non ci penserei su un momento prima di chiamarla!>. Commentò il ragazzo delle pizze e Xander lanciò un'occhiata eloquente a Buffy che stava assistendo al tutto senza commentare.

 

<Mah! Dici? Mi sembra un po' troppo magrolina... non so!>. Incalzò Xander, per far dire al giovane esattamente quello che voleva.

 

<Pensi che possa nascere qualcosa di serio fra voi?>. Gli domandò allora il giovane. Lui scosse subito la testa:<Macché! Resta a San Francisco solo per tre giorni, poi riparte per Parigi. E' francese, sai?>. Stava inventando a ruota libera.

 

<E allora che te ne frega che è magra? A me piacciono quelle un po' più pienotte, soprattutto parlando di tette, ma... questa ha le curve al posto giusto, quindi... Guarda che gambe e quello sguardo... secondo me se cerchi di portartela a letto ci sta eccome!... Per una botta e via è molto più che appetibile e quel costumino... lascia intravedere decisamente bella roba, quindi non credo che rimarresti deluso! Vai, provaci, dammi retta!>. Lo esortò il giovane, non vedendo arrivare il ceffone che partì dritto dalla mano di Buffy.

 

<Porco!>. Gli sbraitò contro, la Cacciatrice. Il ragazzo incassò il colpo rimanendo assolutamente stupito, senza capire cosa fosse successo mentre Buffy, veloce come un ghepardo, se ne tornava nell'appartamento che occupava insieme ai suoi amici. Xander sorrise soddisfatto: Buffy con quel gesto aveva dato prova di aver capito la sua teoria e di non poter dire che non fosse vera.

 

<Ehm... scusala... sai com'è: coalizione femminile! E' una donna, non può capire certi discorsi da uomo!>. La scusò Xander, anche vagamente divertito per l'imbambolamento del fattorino. Quest'ultimo avrebbe potuto reagire molto male, visto il sonoro schiaffo ricevuto. Invece si lasciò sfuggire una risata idiota quanto la sua faccia:<Tranquillo, amico! Sono solo donne!>.

 

Xander annuì, poi lo salutò con una pacca sulla spalla e tornò anche lui in casa.

 

Buffy era seduta sul divano, a gambe incrociate e testa fra le mani, con l'aria più afflitta del mondo.

 

<Visto? Cosa ti dicevo? E' così che ragionano gli uomini!>. Le disse Xander, soddisfatto dell'esperimento appena fatto.

 

<Già!>. Rispose brevemente Buffy.

 

<Eih, che ti prende adesso?>. Domandò Xander, cogliendo la sua espressione. Buffy fece spallucce, poi lo guardò:<Speriamo che Willow... non si cacci di nuovo nei guai!>. Disse, sinceramente preoccupata per l'amica. Ed era esattamente quello che anche Xander si augurava con tutto sé stesso.

 

 

 

Kennedy per l'occasione volle vestirsi bene, quindi mise via jeans e scarpe da ginnastica e indossò i pantaloni di un completo che usava per l'ufficio, una camicia di seta verde rancido e gli stivali col tacco non più alto di tre centimetri che la stessa Willow l'aveva convinta ad acquistare mesi addietro. Non che le importasse fare una buona impressione su quel Nicolas, ma non voleva che Willow la rimproverasse per essersi messa qualcosa di troppo sportivo. La sua ragazza, invece, la sorprese indossando un paio di jeans aderenti e un maglioncino leggero con una scollatura a vu non troppo esagerata; era come se si fosse preparata per una cena qualunque con qualcuno dei suoi amici. Il che non fece altro che sottolineare la confidenza che probabilmente c'era fra lei e l'erede dei De Angelis. Ma Kennedy non fece alcun commento a riguardo, si limitò a sorriderle e a dirle quanto le fosse mancata e quanto fosse bella anche vestita tanto semplicemente.

 

<Ti ringrazio...!>. Disse Willow, brevemente. Poi le due uscirono dall'Hyperon per recarsi alla famosa cena a casa di Nicolas.

 

La serata fu decisamente migliore di quanto Kennedy non si sarebbe mai aspettata. Nicola si dimostrò molto più socievole e affabile di quanto non fosse sembrato al primo incontro con la Cacciatrice. Aaron non partecipò interamente alla cena, tuto impegnato com'era a guardare uno dei suoi DVD di cartoni animati; eppure fu assolutamente entusiasta quando suo padre se lo mise sulle spalle e gli disse:<Ehi, cucciolo! Ti va di andare a mangiare il gelato?>.

 

Il bambino iniziò a ridere e a festeggiare con schiamazzi vari quell'inaspettata sorpresa. Già era stato bellissimo avere il permesso di restare alzato per una sera intera e poter giocare con Will, ma ora sarebbero andati anche tutti insieme a fare una passeggiata.

 

<Sì, sì! Io voglio il gelato al cioccolato! - Disse il ragazzino, festante. - Ma vieni anche tu, Will?>. La ragazza venne presa alla sprovvista da quella proposta e guardò Kennedy interrogativa; in tutta risposta, la Cacciatrice le ammiccò sorridente e la prese per mano per poi rivolgersi al bambino:<Certo che Willow viene, e vengo anch'io. Mi vuoi con te?>.

 

Aaron annuì.

 

<Sì!... Ti piace il gelato?>. Kennedy sorrise ancora:<Certo, tantissimo!>.

 

Nicolas afferrò saldamente le gambe di suo figlio e si avviò verso la porta di casa:<Ottimo, allora andiamo!>. Disse, contento quanto Aaron di chiudere in bellezza quella serata. Willow però parve titubante e lanciò un'occhiata preoccupata fuori dalla finestra: erano le nove e mezza passate di sera, fuori era buio. Quanto era saggio andare a girovagare per la città con un bambino di tre anni al seguito?

 

Kennedy intuì il motivo della sua preoccupazione e le mise un braccio attorno alle spalle, facendo in modo che l'altra si appoggiasse a lei:<Tranquilla, tesoro. Ci sono io, infondo!>. Affermò, dandole poi un bacio sulla guancia. Will non si rilassò poi molto, ma alla fine cedette e assieme alla sua ragazza seguirono Nicolas e Aaron che già stavano giocando sul viale di casa.

 

La notte era tiepida e una lieve brezza come sempre tirava dal mare. I ragazzi camminarono fino ad un piccolo locale non molto distante dalla residenza De Angelis, un posto che Nick conosceva bene perché ci era cresciuto assieme a Jasper, suo fratello, ingurgitando ogni genere di gelato che erano riusciti a trovare. Ma era da un po' che il giovane non si recava lì; non c'erano stati motivi precisi, solo non ci era più andato né ci aveva mai portato suo figlio prima di allora. Comprarono quattro coni enormi, poi si misero seduti sulle panchine pubbliche che c'erano poco distanti, sulla via del ritorno. Aaron volle mangiare in braccio a Willow e il risultato fu che in termine di pochissimi minuti entrambi si ritrovarono impataccati come se avessero giocato coi loro coni, anziché mangiarli. Eppure la ragazza non sembrava urtata dall'aver rovinato ciò che indossava. Nicolas si alzò e andò a pulire le mani e il viso di Aaron con dei tovaglioli mentre il ragazzino continuava a giocare e a fare piccoli dispetti a Willow che, in tutta risposta, gli faceva il solletico sul collo con piccoli baci che lo facevano ridere. Sembravano una piccola famiglia felice, pensò Kennedy, con una punta di gelosia notevole. Che stava facendo Willow? Che legame c'era davvero fra Nicolas e lei? Era ovvio che la ragazza avesse detto all'altro della sua omosessualità, visto che lui non aveva fatto una piega quando si era presentata come la ragazza di Will, eppure proprio non riusciva a tranquillizzarsi.

 

La verità era che in un angolino della sua mente c'era costantemente il pensiero, volgare ma inevitabile, che se Willow aveva scopato con Xander, avrebbe potuto rifarlo con un qualunque altro ragazzo.

 

Se l'aveva tradita una volta, poteva essercene un'altra... magari con Nicolas De Angelis.

 

Willow si sentì osservata e guardò Kennedy che le era seduta quasi di fronte, su un'altra panchina, mentre Nick continuava a pulire quanto meglio poteva Aaron.

 

<Che c'è?>. Le chiese, scrutando il suo viso. L'altra scosse la testa:<Niente! Notavo che sembrate una bella coppia con figlio al seguito!>. Esclamò Kennedy, lasciando un po' sorpresa Will. Anche Nicolas le lanciò un'occhiata, ma poi sorrise ironico:<Be', saremmo una famiglia allargata, se così fosse!... Mia moglie se la fa con un'altra donna!>.

 

Willow rise e anche Kennedy non riuscì a trattenere un sorriso.

 

<Immagino che per il tuo orgoglio di maschio questo sarebbe troppo, giusto?>. Gli domandò la Cacciatrice, finendo con un sol boccone il proprio gelato. Nicolas fece spallucce e lanciò uno sguardo furbo alla propria amica dai capelli ramati:<No se anche tu facessi parte del mio harem!... Una notte con Will, una notte con te e una notte con tutt'e due!>. Rispose il ragazzo, ridacchiando. Willow gli rifilò uno scappellotto dietro la nuca e Aaron iniziò a ridere.

 

<Maschilista!... Sei prevedibile come tutti i ragazzi!>. Lo accusò, con un finto rimprovero. Kennedy annuì:<Vero!... Voi maschi solitamente siete riluttanti ai gay perché credete che ognuno di loro possa provarci, però vi basta un nonnulla per eccitarvi se si parla di... ragazze gay, nell'assurda speranza che vi coinvolgano nei loro giochi sotto le lenzuola!>. Esclamò la giovane dai capelli corvini. Nicolas ridacchiò ancora pensando che spesso, quando era al liceo, coi suoi amici aveva parlato di una cosa del genere.

 

<E che volete farci?... E' uno stereotipo, un classico. Ma... a parte scherzi... non credo che farei mai una cosa del genere: non mi trovo a mio agio nei meinage à trois!... Jasper per questo forse sarebbe più portato!>. Rispose, mettendosi poi a sedere mentre Aaron si rannicchiava addosso a Willow facendo un enorme sbadiglio. Cominciava ad essere stanco il piccoletto.

 

<Fantastico! Così non dovrò preoccuparmi di eventuali proposte idiote che potresti farci!>. Disse Kennedy, strizzando l'occhietto alla propria ragazza. Willow notò che ora la Cacciatrice era più distesa di quanto non lo fosse a inizio serata e anche quel suo scherzare di cose così private con Nick era indice del fatto che si trovasse a suo agio con lui, dopotutto.

 

< Tuo fratello metterebbe in atto un meinage à trois?... E' giovane ma è... sveglio! >. Commentò Willow, più divertita che infastidita.

 

Nicolas rise.

 

< Tu non conosci suo fratello? >. Domandò Kennedy, incuriosita. L'altra scosse la testa.

 

< No, ancora no!... Jasper è venuto a casa dall'accademia qualche tempo fa, ma in quei tre giorni che è stato qui, Will non è potuta venire a casa, quindi non l'ha ancora conosciuto. Comunque a breve verrà ancora. Te lo presento, giuro! E... non partecipa a orge, scherzavo! >. Disse Nicolas, guardando suo figlio.

 

< Sì, va bene. Con piacere! >.

 

< Prima però parlavo sul serio, Kennedy. Non ti da fastidio che la gente vi guardi quando... che ne so, camminate insieme o vi baciate in pubblico?>. Chiese allora Nick, sembrando davvero curioso. Will lo guardò perplessa.

 

< A me non hai mai posto una domanda simile!>. Gli fece notare e lui fece spallucce:<A te non l'ho mai chiesto perché la risposta è scontata, rossa!>. Ribatté lui, sicuro.

 

< Ah, sì? E quale sarebbe? >.

 

< Lo fai senza problemi, non ti trattieni certo per chi ti sta intorno. Però, considerando che fondamentalmente sei una timida, ti vergogni eccome. Probabilmente il punto è che hai dovuto accettare un compromesso con te stessa pur di essere libera di fare quello che ti pare quando ti pare! Sbaglio? >.

 

< Cavolo, ti ha presa in pieno, Will! >. Commentò Kennedy, divertita dal rossore apparso sulle guance della propria ragazza. Nicolas l'aveva fotografata e poi le aveva sbattuto quella foto davanti agli occhi senza mezzi termini.

 

< Ok, va bene... è vero! >. Ammise la strega, senza nemmeno cercare di smentire.

 

< Invece com'è per te, Kennedy? >. Riprese Nicolas.

 

< Mmm... ho smesso di preoccuparmi di quello che pensa la gente un secolo e mezzo fa!... I miei genitori sono morti, quindi non ho paranoie su quello che potrebbero pensare di me e roba simile. Mia sorella... non è che fra noi ci sia un cattivo rapporto, semplicemente... non abbiamo nessun rapporto! Lei sta a casa sua con la sua perfetta famigliola felice e io... sto a San Francisco insieme ai miei amici e alla ragazza che amo. Non mi serve altro! >.

 

< Sembri sicura di quello che dici! >. Notò Nicolas.

 

< E lo sono!... Mi sono innamorata di Willow e qualunque cosa pensi la gente di noi... a me non importa. Non me ne frega un accidente e se hanno qualcosa da ridire... affare loro. Che si voltino dall'altra parte, se non gli va di vederci mentre ci baciamo! >.

 

Nicolas ridacchiò.

 

< Hai ragione, Will: Kenny ha un bel caratterino! >. Esclamò il giovane.

 

< E' così che mi hai descritta? >. Domandò la Cacciatrice alla rossa.

 

L'altra annuì mentre cullava Aaron e gli spostava un piccola ciocca di capelli dagli occhi. Stava per addormentarsi.

 

< E come altro se no? >. Rispose.

 

< Cos'altro ti ha detto di me?... Di noi? >. Chiese Kennedy, nuovamente rivolta a Nicolas.

 

< Vediamo... mi ha raccontato che vi siete conosciute per caso: per lavoro sei stata ospite in casa sua, a Sunnydaile, e così siete uscite insieme. Mi ha detto che sei stata tu a fare la prima mossa, con una sfacciataggine che lei non ha mai posseduto, anche perché prima di te c'era stata solo un'altra ragazza!... Mi ha detto che non sempre siete d'accordo sulle varie decisioni da prendere. Tu sei impulsiva e a volte avventata, ma ti fai in quattro per le persone che ami!... So che lavorate per la stessa società di computer ma che lei è il tuo capo e... be', so un altro po' di cose, ma devo farti l'elenco completo? >.

 

< Be', non sarebbe male come idea, visto che sembri molto più informato tu su di me di quanto non lo sia io su di te! >. Rispose la bruna, ora più seria di prima.

 

Qualcosa in quel resoconto di Nick le aveva dato fastidio. Ma al momento nemmeno lei sapeva di cosa si trattasse.

 

< Che ti ha detto dell'altra ragazza, quella che c'è stata prima di me? >. Domandò all'improvviso, Kennedy. Willow la guardò storta, disapprovando quella specie d'interrogatorio improvvisato e, a parere suo, perfettamente fuori luogo.

 

< Kennedy! >. La rimproverò, ma l'altra la ignorò continuando a fissare gli occhi chiari dell'atleta che sembrava essere diventato quasi il miglior amico di Willow.

 

Nicolas fu incerto su cosa dire, ma alla fine decise che infondo l'unica cosa che avrebbe potuto creare imbarazzo era il fatto che Will tenesse ancora nel portafogli una foto della ragazza bionda, assieme a quelle degli altri suoi amici e di Kennedy.

 

< So che si chiamava Tara e che... è morta!... Si sono incontrate al college e sono state insieme tre anni. Non so molto di più!... Ma tutte queste domande non dovresti farle a lei stessa? >.

 

Kennedy annuì.

 

< Io so molte cose di Tara, anche se sono certa che ce ne siano di più da sapere. Ma che vuoi? Willow è riservata con chiunque, infondo, anche con me! >.

 

Ecco l'ennesima frecciatina che la Cacciatrice scagliava contro la sua ragazza. Aveva tentato di trattenersi, ma il suo orgoglio ferito da più cose, compresi gli ultimi eventi, recalcitrava per essere sanato in qualunque modo, anche in quello.

 

Willow decise d'intervenire, ritenendo le ultime parole della propria ragazza anche più inopportune di tutto il resto:<Kennedy... quando la finirai con... >. Ma non riuscì a finire la frase perché la Cacciatrice fu assalita da da qualcuno che le saltò letteralmente addosso e la fece cadere per terra, cominciando ad azzuffarsi con lei che istantaneamente aveva reagito con calci e pugni. Nicolas scattò in piedi allarmato:<Che diavolo succede?>. Chiese, disorientato.

 

<Porca miseria, mi hanno seguita!>. Sentenziò Kennedy, mentre anche Willow si alzava e andava vicino a Nick, dandogli in braccio Aaron che si era svegliato per il trambusto e che aveva cominciato a piangere.

 

Erano vampiri ed erano in cinque.

 

<Abbiamo trovato anche la Strega Rossa!>. Esclamò uno di loro, spuntando da dietro una macchina e avvicinandosi a Willow minaccioso.

 

<Che significa che ti hanno seguita?>. Domandò la ragazza, a Kennedy che stava ancora ruzzolando a terra col proprio assalitore.

 

<Habel ha deciso di farci la pelle, te l'ho detto! Ce l'ha con me e Buffy, principalmente, ma cercava anche te non so per quale motivo!... Non te lo ha detto Buffy per telefono?>. Chiese Kennedy, spingendo via da sé il vampiro con un calcio e scattando in piedi con un colpo di reni.

 

In quel momento Nicolas venne aggredito, ma con grande agilità evitò che l'attaccante gli finisse addosso e per controparte gli rifilò un pugno in faccia mentre Aaron aumentava le sue grida di paura e il suo pianto.

 

<E chi l'ha sentita Buffy negli ultimi giorni?!>. Disse Willow, corrucciata. Nessuno doveva toccare Aaron e Nicolas non era in grado di proteggere né se stesso né suo figlio, tanto più che era evidente la sua confusione completa e la sua paura. Gli aveva raccontato molte cose della sua vita, ma nessuna di queste rientrava nell'ambito “magia e occulto”.

 

La rossa puntò gli occhi verdi e cattivi contro uno dei vampiri, poi gli andò contro a passo deciso e come se nulla fosse lo incenerì con una sfera energetica che gli piantò direttamente nell'addome. Kennedy estrasse il proprio paletto e fece finalmente fuori il suo avversario per dedicarsi immediatamente al vampiro successivo mentre la sua ragazza, con una risolutezza vistale raramente prima, inceneriva gli altri due nemici rimasti che andarono in polvere e si dissolvettero al vento.

 

La battaglia era finita per il momento, ma importanti carte erano state scoperte, purtroppo.

 

Willow si avvicinò a Nicolas e Arron che ancora piangeva abbracciato al padre.

 

<Tutto bene?>. Domandò loro, preoccupata. Nick aveva la mano livida, ma per il resto sembrava illeso e così pure il bambino.

 

< Che cazzo è successo qui, Will? Chi erano quelli? >. Sbottò il giovane, ancora nel panico, facendo qualche passo indietro per allontanarsi dalla rossa.

 

< Erano aggressori che... >.

 

< Erano vampiri! >. Esclamò Kennedy, pulendosi i vestiti dalla terra e dalla polvere dei nemici. Nicolas le guardò come fossero due pazze furiose e pericolose, tanto che si allontanò da loro ancora di qualche passo.

 

< Che andate blaterando? Siete fuori di testa? E cos'erano quelle palle di luce che ti spuntavano dalle mano?... Io... io... non capisco, davvero! >. Nicolas ora sembrava davvero essere terrorizzato, probabilmente perché stava realizzando quello che era appena accaduto; ma tra mettere a fuoco una cosa ed accettarla ci passa un oceano, Will lo sapeva.

 

<Senti... Nick... ti spiegherò tutto domani, ok? Ora... andiamo a casa, sarà meglio!>. Il ragazzo annuì titubante, ma infondo anche lui riteneva che sarebbe stato più al sicuro fra le mura di casa che in qualunque altro posto. Così si avviarono per la strada, a passo svelto, guardandosi in giro con circospezione. Aaron smise di piangere, ma Nick non permise a Willow o a Kennedy nemmeno di sfiorarlo e quando arrivarono alla residenza De Angelis, il ragazzo scattò dentro portando con sé il proprio bambino senza neppure rispondere a Will che gli disse:<Ci vediamo domani!>.

 

Era successo, alla fine: quell'incubo che era la sua routine quotidiana l'aveva raggiunta anche lì. E aveva spezzato quell'apparente equilibrio che la ragazza era riuscita a creare con infinita difficoltà.

 

 

 

Kennedy aprì la porta dell'Hyperon e Willow la seguì dentro. Avevano fatto tutta la strada di ritorno in silenzio, senza quasi guardarsi. Al piano di sotto non c'era nessuno e non era davvero il caso di andare a disturbare per avvisarli di aver subito quello che, infondo, era stato un debole attacco del nemico. Così le due andarono in camera di Will.

 

Kennedy andò allo specchio: aveva un taglio sulla fronte. Se l'era procurato quando era caduta a terra, colta alla sprovvista dal primo vampiro che l'aveva attaccata.

 

<Merda! Nemmeno qui si può stare un momento tranquilli!>. Commentò, passando le dita attorno alla ferita tumefatta e ancora leggermente sanguinante. Willow andò in bagno e tornò con acqua ossigenata e un paio di cerotti; silenziosamente si mise a curare il taglio dell'altra, senza curarsi di farle male.

 

<Perché non mi hai detto che Habel ci sta dando la caccia?>. Chiese Willow, brusca, attaccando gli ultimi cerotti. Kennedy si scostò istintivamente.

 

<E che dovevo dirti più di quello che già ti ho detto? E poi per me ti aveva già avvisata Buffy!>. Rispose, guardandola storta per quella mancanza assoluta di delicatezza. Willow mise i mani sui fianchi e la guardò spazientita:<E non lo sai che è più di una settimana che non la sento?>. Disse, acida. Kennedy scattò rizzando la schiena e fulminandola con gli occhi nocciola che stavano cominciando ad ardere per l'irritazione.

 

< Come diavolo faccio a saperlo se tu non mi dici più niente e Buffy è diventata la persona più evasiva dell'universo?!... Non ho la palla di cristallo, io, né poteri di preveggenza!... Se le cose non me le dici, non posso saperle! >. Sbottò la Cacciatrice, frustrata.

 

< Non fare la vittima adesso!... Che t'importa infondo se io e Buffy ci sentiamo tutti i giorni o no? A te non cambia nulla! >.

 

< Be', sai che c'è? Visto che con me non ci parli praticamente mai, speravo di poter avere un minimo contatto con te almeno tramite Buffy! E non avevo idea che non fosse così, non sapevo nemmeno che non ti avesse detto del fatto che Habel! >.

 

< Certo che mi ha detto di Habel, ma non mi ha anche detto che ci sta letteralmente dando la caccia, ora! >.

 

< Te lo avrei detto io se ti degnassi di rispondere al quel cazzo di cellulare quando ti chiamo! >.

 

< Non parlarmi così, va bene? E piantala di... >.

 

< No, piantala tu, Willow!... Perché credi che mi sia massacrata il sedere sulla sella della mia moto venendo qui? E' per vedere te, brutta stupida, visto che da tre mesi a questa parte è grasso che cola se mi dedichi trenta secondi al telefono o se mi rispondi con un messaggio!... Mi hai rotto, chiaro? >

 

Willow la guardò stralunata, aspettandosi da lei tutto fuorché quella reazione brusca e furiosa. Prima di quel momento mai per telefono Kennedy le aveva fatto capire di avercela con lei perché la stava trascurando; ora, invece, glielo stava quasi urlando in faccia.

 

< Sapevi che sono molto impegnata. Che mi serviva tempo... c-che cosa vuoi da me? >.

 

Kennedy allora le venne incontro e la spinse addosso alla parete della camera, vicino all'armadio, mettendole le mani sulle spalle pericolosamente vicine al collo, quasi volesse aggredirla. Respirava affannosamente e aveva gli occhi spalancati che la guardavano fissa esprimendo tutta la sua rabbia e la sua disperazione.

 

<Non lo sai quello che voglio da te, Willow? In questi anni non l'hai ancora capito? E' te che voglio, il tuo cuore, i tuoi segreti, la tua anima... il tuo corpo!... E invece tu continui a sfuggirmi, a scappare come se fossi io il nemico, come se fosse da me che devi difenderti!... Vengo qui e scopro che hai creato un legame molto forte con un tizio che nemmeno conoscevi fino a tre mesi fa, ma che sembra sapere molte più cose di te di quante non ne conosca io e mi chiedo perché! Cos'ha lui che io non ho? Cosa ti dà lui che io non so darti?... Che cosa trovi in tutti quelli che ti circondano tranne che in me?>. La sua voce ora stava diventando incrinata, come il suono di un violino le cui corde stanno per rompersi, rovinate dal tempo e dall'usura.

 

Willow deglutì a vuoto e sentì il sapore salato delle proprie lacrime scenderle in bocca dalle guance. Stava piangendo. Ma per cosa? Per paura che l'altra le facesse male o piuttosto per paura di ferire Kennedy più di quanto non l'avesse già ferita?

 

<Io... io... che cosa vuoi... da me?>. Le ripeté, incapace di dire altro.

 

Kennedy lanciò un ringhio misto a un grido soffocato, domandandosi che senso avesse quella frase e perché diavolo Willow continuasse a ripeterla. Davvero non l'aveva capito? Davvero Willow non aveva capito quanto bisogno avesse di lei per vivere?

 

 

 

Stupida...

 

Stupida...

 

Maledetta stupida!

 

 

 

Con uno scatto irruente quanto quello che aveva fatto spingendola al muro, la Cacciatrice abbracciò la sua ragazza e iniziò a baciarla, a carezzarla rudemente, ad impadronirsi di lei con tutta se stessa. Willow rimase inerte, lasciando che l'altra le strappasse letteralmente i vestiti di dosso e la gettasse sul letto senza nessuna grazia, senza nessuna esitazione. Poi Kennedy si privò rapidamente della camicia e si mise a cavalcioni sopra di lei, buttando sul pavimento anche le scarpe. A quel punto Willl tentò di dimenarsi, di liberare i polsi che l'altra le teneva saldamente attaccati al materasso mentre si strusciava su di lei con tutto il corpo, ma non ci riuscì... forse non voleva: non trovava neppure la convinzione per staccarsi dall'altra.

 

<Cosa voglio... da te?... Te, solo... e soltanto.. te!... Non ti permetterò... di scappare ancora... di mandarmi via!... Non rinuncio a te, Will... non ci rinuncio!>. Le sussurrò all'orecchio Kennedy, ansimando per l'eccitazione e l'ira. Willow allora le sbottonò il reggiseno, poi affondò le proprie unghie nella pelle nuda dell'altra, lasciandole cinque graffi per ogni mano in un gesto lento che non aveva a che fare nulla con la lotta o la ribellione.

 

<Feriscimi pure... se ti fa piacere... ma non scappare!>. Le disse ancora, Kennedy, prendendo poi possesso delle sue labbra.

 

Fecero l'amore.

 

Non fu un amplesso dolce né romantico, tutt'altro anzi. Non durò ore, non fu paziente. Eppure fu ugualmente eccitante e travolgente, sconquassante almeno quanto i sentimenti d'ira e amore che Kennedy aveva dichiarato di provare con parole e gesti.

 

In molti avrebbero potuto giudicare male quella reazione, quella scelta... forse di entrambe.

 

Ma a nessuna delle due importava molto.

 

Si trattò quasi di una lotta, un combattimento durante il quale le due ritrovarono quell'intimità persa mesi prima. Kennedy voleva sentire che Willow ancora le apparteneva, voleva sentirla dentro, fin nel profondo di sé e voleva che la ragazza provasse la stessa cosa per lei.

 

E, anche se solo per poche ore, Kennedy si convinse di esserci riuscita perché l'altra aveva risposto colpo su colpo ai suoi baci, alle sue carezze indelicate, al suo tocco e persino ai suoi morsi, impedendole dopo un po' di scostarsi da lei con le braccai strette alle sue e le gambe attorno ai fianchi.

 

Quando tutto fu finito e Will sembrò essersi addormentata, Kennedy pianse silenziosamente, soffocando ogni singhiozzo o brivido che rischiava di venire a galla. Si domandò che cosa avesse fatto e quale risultato avesse ottenuto.

 

Aveva preso Will con la forza, quasi con violenza, nonostante l'altra poi avesse smesso di restarsene lì, passiva come una marionetta di legno. Non era mai successo prima, non ce n'era mai stato bisogno né lei ne aveva mai sentito la necessità di fare una cosa simile.

 

Che cosa aveva fatto? Era così che voleva aiutare l'altra a superare i propri blocchi?

 

Non era andata lì per quello, eppure... alla fine l'aveva fatta sua e lo aveva fatto nel peggiore dei modi, ma solo per ritrovare quel senso d'appartenenza che aveva perduto e che rivoleva con tutta sé stessa. Dov'era andata a finire la loro passione? Il loro amore?... E la loro felicità?

 

CAPITOLO VENTICINQUESIMO

 

Il cellulare di Willow trillò più volte e alla fine la ragazza allungò un braccio verso il comodino sul quale era riposto e lo afferrò rispondendo senza nemmeno guardare chi fosse.

 

 

 

    – Will, sono io!... Kennedy è lì da te? - Era la voce di Buffy.

 

    – Sì... -

 

    – Bene, passamela! -

 

    

 

Willow si voltò e trovò il viso serio di Kennedy che la guardava. Non si dissero nulla, semplicemente la prima passò alla seconda il telefono.

 

Kennedy sbuffò e rispose.

 

    – Pronto? -

 

    – Kenny! Ma sei scema? Porta subito il culo qui a San Francisco, abbiamo bisogno di te!... Siamo nei guai fino al collo!... -

 

    

 

Will rimase in silenzio a guardare il soffitto. Sentiva la voce della sua amica che sbraitava per telefono contro Kennedy: la ragazza era partita senza avvisare nessuno e Buffy non sembrava averla presa bene. La Cacciatrice, tuttavia, sembrava completamente disinteressata ai rimproveri che l'altra le stava strillando contro e non cercò giustificazioni per essere andata a Los Angeles senza dirlo, né per aver lasciato di proposito il cellulare a casa in modo da non essere facilmente rintracciabile.

 

La telefonata cessò dopo pochi minuti e Kennedy gettò il cellulare in mezzo a letto, poi si alzò. Era nuda e i graffi che Willow le aveva fatto la sera prima erano tremendamente evidenti, rossi, gonfi, numerosi. La rossa li guardò, ma non riuscì a provare rimorsi: era come se lei non c'entrasse nulla con quei segni.

 

<Devo tornare a Los Angeles, temo!... Hanno bisogno di me!>. Disse la Cacciatrice, andando verso il bagno. Si aspettava che l'altra dicesse qualcosa, ma ricevette solo silenzio in cambio. Allora Kennedy si bloccò sulla porta e si voltò. Aveva segni anche vicino al seno e sull'addome.

 

<Non hai niente da dire? Non t'importa se parto?>. Le domandò, guardando gli occhi di Will che ancora fissavano il soffitto. Fu solo allora che la rossa si voltò a guardarla ma sembrava davvero apatica.

 

<Che devo dire?... Sei venuta qui per scoparmi. Ora hai ottenuto quello che volevi... puoi tornare a San Francisco, se vuoi!>. Rispose Willow, parlando come se quella non fosse un'accusa grave e assurda. Kennedy sbarrò gli occhi per la sorpresa, poi la sua espressione divenne di pura indignazione e stava per ricominciare ad urlare come una pazza, ma non lo fece.

 

A cosa sarebbe servito?

 

Non era andata lì per... per soddisfare la sua esigenza di sesso. Ma infondo era quello che aveva dimostrato a Willow col proprio comportamento, con le proprie reazioni brutali. Voleva parlarle, voleva farle sputare il rospo e sentirla vicino a sé... e farle sentire quanto le fosse vicino. Invece aveva discusso con lei, ci aveva litigato dicendo parole che non voleva, che non pensava davvero e infine l'aveva presa, l'aveva spogliata e se l'era fatta come se si trattasse di una qualunque avventura, magari con una puttana, anziché di un amplesso che per lei normalmente significava solo amore.

 

<Non hai capito niente, Willow... proprio niente!>. Disse infine, lasciando scemare tutto il suo impeto iroso. Poi se ne andò in bagno, si lavò rapidamente, si vestì con gli abiti che indossava quando era arrivata e se ne andò senza neppure salutare.

 

Willow un paio di minuti dopo sentì il rumore della moto che si accendeva e seppe esattamente quando la ragazza ingranò la marcia e se ne andò.

 

Fu solo allora che Will si sbloccò. Rotolò nel letto, abbracciò il cuscino sul quale c'era ancora l'odore dell'altra e pianse, pianse singhiozzando, attutendo qualunque rumore premendo la faccia sempre di più nel cuscino.

 

Stava nuovamente facendo un casino.

 

 

 

Willow scese le scale quasi correndo. Erano le dieci passate e per rimuginare sulla sua storia con Kennedy quasi aveva dimenticato l'accaduto della sera precedente con Nicolas e Aaron. Le era venuto in mente all'improvviso ed era schizzata in bagno a rendersi presentabile: una doccia al volo, biancheria pulita, pantaloni della tuta, una maglietta dal collo largo ed era uscita.

 

Cordelia e Angel la videro precipitarsi al piano di sotto e si guardarono perplessi: che le era preso?

 

Angel stava sfogliando dei rapporti della polizia portati lì dalla sua amica ispettrice, ma quando vide Will correre in quel modo mise via il tutto e la rincorse fino alla soglia della porta: oltre non poteva andare, era pieno giorno.

 

<Willow, aspetta!>. Disse. L'altra si fermò e si voltò a guardarlo:<Che c'è?>. Gli chiese, stando sulle spine perché voleva andar via. Angel si passò una mano fra i capelli lavati di fresco:<Che succede? Dove corri in questo modo?>. Chiese il vampiro, con apprensione.

 

<Ieri sera... io e Kennedy siamo andate a cena da Nicolas, poi siamo uscite insieme a lui e a suo figlio per andare a prendere un gelato e dei vampiri ci hanno attaccati!... Erano in cinque. Nicolas ha visto tutto... devo spiegarli ora!>. Disse la ragazza, quasi con un tremito nella voce. Aveva la terribile sensazione che non sarebbe stato così semplice far capire a Nick cosa significava essere una strega o essere una Cacciatrice.

 

<Oh!... State tutti bene?... Kennedy?>. Chiese ancora Angel, un po' preoccupato. Tuttavia, in quel momento Cordelia s'intromise:<Oh, be', immagino che lei e Kennedy stiano benissimo! A parte i segni che la nostra strega ha sul collo, solo un sordo avrebbe potuto non sentirle stanotte mentre facevano sesso sfrenato!... Mi chiedo come facciano Buffy e sua sorella a convivere con voi due se tutte le volte che vi date da fare a letto fate quel casino!>. Disse la ragazza, con l'aria più ingenua del mondo. Willow sospirò e alzò gli occhi al cielo imprecando mentalmente per la stupidità di quella scema della sua ex compagna di liceo, ma poi, istintivamente, si sfiorò il collo e la spalla con la punta delle dita: aveva dei piccoli graffi anche lei. Non ci aveva fatto caso prima.

 

Comunque decise d'ignorare Cordelia e si rivolse nuovamente ad Angel.

 

< Vado da Nicolas a parlargli, ammesso che voglia ancora vedermi!... Non so quando torno, ma ho il cellulare con me, quindi se servisse... >.

 

< Sì, ma sta' attenta, ti prego! >.

 

< Certo! >.

 

Will fece per andare, ma Angel la fermò di nuovo richiamandola e lei si voltò ancora verso di lui.

 

< Hem... Nicolas potrebbe non capire, lo sai!... In quel caso... che farai? >.

 

Lei scrollò le spalle.

 

< Mi rassegnerò a... perdere questa nuova amicizia. Anche se mi dispiacerebbe davvero: ci tengo a lui e ci tengo moltissimo anche a suo figlio! >. Rispose poi, con un filo di voce.

 

Angel annuì pensando che non fosse esattamente una cosa positiva per lei quell'attaccamento a un bambino che non era il suo. D'altro canto, rifletté il vampiro, doveva aspettarselo fin dall'inizio che sarebbe successo, fin da quando Willow gli aveva detto che Nicolas aveva un figlio di un paio d'anni: era un fatto che la ragazza fosse ancora scossa dal suo stesso aborto. Decise di lasciarla andare, comunque, e di non dirle nulla riguardo perché in fin dei conti Will non era una ragazzina e non era nemmeno una stupida.

 

Fu così che la ragazza girò sui tacchi e se ne andò.

 

La residenza De Angelis quella mattina a Willow non parve l'enorme casa di sempre. Non sapeva come spiegarselo, ma era come se l'intera villa, giardino compreso, avessero perso di familiarità. Nicolas aveva scoperto la sua seconda vita o, piuttosto, quella parte della sua vita che lei cercava da anni di tenere nascosta a chiunque non avesse a che fare anche per conto suo con demoni e affini. Ma non era solo questo aspetto che la preoccupava. Infatti, volendo riflettere attentamente su ciò che il ragazzo aveva visto la sera precedente, Nicolas non aveva solo scoperto quanto orrore normalmente popolava la sua vita, ma aveva anche visto che lei stessa poteva creare orrore per qualcuno: era una strega, aveva poteri magici esattamente come fanno vedere nei film o descrivevano dei libri. Era una strega e non glielo aveva detto.

 

Citofonò come sempre e fu la voce di Nygel, l'autista, a risponderle. L'uomo le disse senza mezzi termini che Nicolas non voleva vederla e che quindi era pregata di andarsene; lei rimase ferita da quelle parole perché erano una chiara dichiarazione che ora il suo amico aveva paura di lei. Tuttavia, Will non era intenzionata a mollare così rapidamente: non sarebbe risalita in macchina buona buona e tornata all'Hyperon. Fissò per qualche secondo la telecamera puntata a guardia del cancello e con un lieve gesto delle dita la fece voltare altrove; poi fissò anche la serratura d'acciaio che le impediva di entrare nella residenza. Si avvicinò ad essa e la toccò bisbigliando qualcosa in galeno e dopo un momento il cancello elettrico cominciò ad aprirsi come se lei avesse avuto il telecomando d'apertura. Sorrise fra sé e sé constatando che nonostante negli ultimi mesi non avesse fatto uso di magia, i suoi poteri erano sempre lì, intatti e a sua disposizione.

 

Non ricominciare ad abusarne, però! Ok, Will? Frena l'entusiasmo che è meglio...!

 

 

 

Si disse, ricordando mentalmente che era meglio non eccitarsi troppo per una cosa del genere. Un momento dopo tornò alla propria auto e imboccò il viale della tenuta.

 

Arrivata vicino alla porta d'ingresso, scese e si avviò rapidamente verso la porta di casa ma essa si aprì e un giovane dai capelli rasati, tenuti ordinatamente su con una buona dose di gelatina, uscì sorridendo divertito. Indossava abiti da rapper ed era parecchio più giovane di Nicolas, lo si vedeva, ma quasi alto come lui e sicuramente bel allenato.

 

<Tu devi essere Willow!... Piacere di conoscerti!... Nick mi aveva detto che sei un tipetto ostinato, ma non avevo capito quanto!>. Disse, mostrando simpatia piuttosto che irritazione per la sua privacy disturbata da quell'irruzione. Will per un momento fu titubante, poi salì le scale e gli andò incontro:<Ciao! Tu devi essere Jaseper, il fratello di Nick, giusto?>. L'altro annuì, e stava per dire qualcosa, ma Aaron coi suoi gridolini li interruppe arrivando di corsa e buttandosi addosso a Willow che, sorridente, lo prese in braccio.

 

<Ciao, cucciolo!... - lo salutò, dandogli poi un bacio. Infine tornò a rivolgere l'attenzione a Jasper. - Dov'è Nicolas? Ho bisogno di parlargli!>. Disse. L'altro fece spallucce e l'a invitò ad entrare in casa sotto lo sguardo contrariato di Nygel che, tuttavia, salutò educatamente.

 

<Che diavolo è successo ieri sera? Qui tutti mi hanno raccontato che avete cenato insieme tu, mio fratello, Aaron e un'altra ragazza, una tua amica, e che siete stati bene. Poi siete usciti per un gelato e due ore dopo Nicolas è rientrato di pessimo umore, dando ordine perentorio di dirti che non voleva vederti in caso fossi venuta!>. Disse Jasper, rilassato come se stessero facendo due chiacchiere qualsiasi.

 

<Sì, be'... abbiamo avuto una discussione, tutto qui!>. Rispose Willow, restando sul vago. L'altro capì che non le andava di dare spiegazioni proprio come non andava a suo fratello, così decise di lasciar perdere.

 

<Senti... Nick è in piscina. Stamattina, oltre ad essere di cattivo umore non si sente nemmeno tanto bene. Io sono arrivato dall'accademia a colazione e ancora devi riuscire a scambiarci due chiacchiere decenti, ma se vuoi provare... va' pure!>. Esclamò Jasper, prendendo poi Aaron in braccio:<Intanto noi andiamo a fare due tiri al canestro, vero nanerottolo?>. Proseguì poi, strizzando l'occhiolino a suo nipote che cominciò a festeggiare chiassosamente quella proposta. Willow li lasciò andare, poi si voltò e si avviò verso la piscina.

 

<Ah, una domanda, scusa! - La richiamò Jasper, fermandola un momento. - Come hai fatto ad entrare qui con l'auto? Il cancello era aperto?>. Chiese.

 

La ragazza annuì:<Eh sì, spalancato!... Ma non è elettrico? Non dovrebbe richiudersi da solo? Forse è guasto! Io una controllata gliela farei dare!>. Rispose, con tono innocente. L'altro ragazzo annuì pensieroso, ma poi se ne andò e lei fu libera.

 

<L'accompagno io!>. Disse Nygel. Ma Will lo fermò con una mano:<No, non si disturbi!... Vado da sola o Nick se la prenderà con lei!>. Esclamò. L'uomo parve incerto se fare come diceva lei o no, ma alla fine annuì e le lasciò campo libero.

 

Willow attraversò il salone, andò in giardino e arrivò alla piscina. Entrò e vide Nicolas nell'acqua, poggiato al bordo della vasca dell'idromassaggio che stava ad un angolo del capannone, abbandonato con tutto il corpo e aggrappato solo con le mani, come se fosse svenuto. Willow si spaventò e corse verso di lui senza neppure togliersi le scarpe con le quali, in teoria, non avrebbe nemmeno dovuto avvicinarsi a quel pavimento, figuriamoci camminarci sopra.

 

<Nicolas, tutto bene?>. Chiese, scuotendolo un po' una volta che gli fu vicino. Il ragazzo alzo la testa: era pallido e si vedeva che non era uno dei suoi giorni migliori.

 

<Che ci fai tu qui? Va' via!>. Le disse duro, senza alzare la voce, però. Lei scosse la testa e iniziò a tirarlo per farlo uscire dalla vasca:<Nemmeno per sogno!... Dai, esci di lì che dobbiamo fare due chiacchiere!>. Nicolas si fece trascinare fuori e si mise a sedere su una delle sedie che c'erano come sempre lì accanto, ma non sembrava volerle dare l'opportunità di spiegare.

 

<Va' via di qui, ho detto!... Sei una bugiarda e... e... e sei pericolosa!>. Sentenziò il giovane, guardandola quasi in cagnesco.

 

<Falla finita e ascoltami: non sono affatto pericolosa!>. Ribatté Willow, ferma quanto lui e intenzionata a farsi ascoltare. Nicolas si massaggiava costantemente i polpacci e le cosce tese, come se fosse in preda ad un forte crampo.

 

< Non sei pericolosa? Ok, non lo sei! Ma sei una bugiarda e non mi fido più di te, quindi fuori! >.

 

< Ti ho detto molto più di quanto avrei dovuto su di me e non puoi dirmi che sono una bugiarda solo perché ho omesso qualcosa! >. Si difese Willow, mettendosi a sedere lì accanto.

 

< Qualcosa?... Mi prendi per il culo, rossa? Non hai omesso qualcosa, hai omesso che sei nella merda fino al collo con... con... quei... cosi che ti stavano cercando e che probabilmente ti cercano ancora! >.

 

Quello era vero, dovette ammettere Willow.

 

< E che avrei dovuto dirti, scusa?... Hai visto cosa sono quei cosi e se te ne avessi parlato prima... >.

 

< Io non ho visto niente e non voglio sapere niente! >.

 

< Invece mi ascolterai, chiaro, brutto testone?... E' inutile girarci intorno oramai... Quelli erano vampiri!... Sì, vampiri, quelli dei film che succhiano il sangue! Solo che non c'è un affascinante conte che combatte contro Van Helsing, ci sono solo centinaia di vampiri al mondo che vengono combattuti dalle Cacciatrici, ragazze dalla forza fisica sovrumana che vengono addestrate sin da giovani ad uccidere i succhiasangue e tutti gli altri demoni! >.

 

< Sei pazza! >.

 

< No, sono sincera e tu sai che non ti sto mentendo! >.

 

< Parli di vampiri, demoni e di ragazze che li ammazzano di mestiere e pretendi che non ti consideri pazza? Allora lo sei davvero! >.

 

Era evidente che Nicolas non sapeva ancora se crederle o no, ma era evidente che era spaventato. Allora Willow si armò di santa pazienza e gli raccontò per filo e per segno la storia della sua vita negli ultimi anni, cioè a partire dal giorno in cui conobbe Buffy Summers, testa calda appena trasferitasi da Los Angeles dopo essersi fatta buttare fuori dal proprio liceo. Forse non avrebbe dovuto, soprattutto perché non era certa che il ragazzo avrebbe capito; eppure doveva tentare assolutamente: non voleva perdere l'amicizia di Nicolas. Non sapeva come spiegarlo, ma era come se Nick fosse riuscito col suo modo di fare, con il suo modo di pensare, a distrarla dal proprio dolore e a farla andare avanti. Non che avesse smesso di sognare ogni notte il figlio che non sarebbe mai nato, ma almeno aveva smesso di desiderare di morire anche lei. Già, perché quando era arrivata lì a Los Angeles il suo pensiero più ricorrente, anzi... praticamente il solo pensiero lucido che riusciva a fare riguardava il desiderio di morire, di raggiungere il proprio bambino e magari anche Tara...

 

Tara... le raccontò per filo e per segno anche di lei: fino a quel momento gli aveva solo accennato qualcosa a riguardo. Ora, invece, gli disse come la incontrò dopo che Oz la lasciò da un giorno all'altro, come capirono di essere innamorate reciprocamente, come decisero di andare a vivere insieme in casa Summers, come Tara la lasciò per la sua dipendenza dalla magia e come, una volta tornate insieme, Warren la uccise. Infine, gli raccontò persino della propria follia omicida e tutto quello che accadde dopo, fino alla distruzione di Sunnydaile.

 

Quando terminò il suo racconto, durante il quale Nicolas non pronunciò una sola parola, il ragazzo rimase in silenzio per altri lunghissimi minuti. Poi, finalmente, esclamò:<Quindi è di questo che si trattava ieri sera... magia!>. Willow rimase interdetta da quell'affermazione, ma annuì.

 

<Sì! I vampiri... li ho polverizzati con sfere di pura energia!>. Rispose. Era difficile da spiegare per chi non ne sapeva proprio nulla, ma sperava tanto che l'altro si sforzasse di capire.

 

<E... come funziona... c'è un incantesimo?... Hai... conosci un incantesimo per tutto?>. Domandò ancora, più curioso che spaventato. Willow sollevò un sopracciglio e farfugliò qualcosa, presa in contropiede da quella domanda insolita. Poi sospirò e si spiegò meglio:<Per quasi tutto, direi!... Ma... ogni utilizzo della magia ha un prezzo e... più è grande l'incantesimo che fai, più è grande ciò che dovrai dare in cambio!... Comunque quella di ieri sera era solo energia magica, non un incantesimo!... Potere, tutto qui!>. Disse.

 

<Will... nemmeno io sono... stato del tutto sincero!>. Affermò Nicolas, improvvisamente. Willow lo guardò interrogativamente, cercando di capire a cosa si stesse riferendo. Intanto, però, il ragazzo continuava a massaggiarsi le gambe nervosamente e la sua pelle sembrava sempre più pallida. Aveva un'espressione quasi di sofferenza in viso e sembrava affannato come dopo uno sforzo; peccato che stava nell'idromassaggio quando Willow era entrata.

 

<Nicolas, stai bene? Hai la febbre, per caso?>. Gli domandò la ragazza, preoccupata.<Non sto bene oggi, ma... non è... nulla di grave!>. Disse lui, esitante. Tuttavia, Willow si rese conto che gli occhi del giovane stavano diventando vitrei, sempre meno espressivi. La strega balzò in piedi e gli andò incontro intuendo che stava succedendogli qualcosa, ma non fece in tempo a sostenerlo perché Nicolas svenne cadendo a bocconi sul pavimento. Will rimase assolutamente sbalordita e lo fissò a bocca aperta per un momento, senza sapere esattamente cosa doveva fare. Vide anche le gambe tremargli come, come se i suoi muscoli si stessero contraendo e decontraendo da soli. Fu allora che la rossa davvero si spaventò, anche perché Nick non rispondeva né alla sua voce che lo chiamava gridando, né ai suoi scossoni.

 

<Cazzo!... Aiuto! Jasper, Nygel! Aiutatemi! - Gridò più forte, affacciandosi dalla portafinestra del capannone, rivolta verso la casa. - Nicolas è svenuto!>.

 

 

 

L'ospedale era sempre un caos completo, con un continuo andirivieni di gente di ogni genere. Chi correva, chi piangeva, chi spingeva barelle o carrelli di vario tipo, chi chiacchierava tranquillamente coi colleghi. Sembrava Holliwood Boulevard all'ora di pranzo. Willow vedeva tante persone passare davanti alla porta della stanza di Nicolas, ma non guardava davvero nessuno: non le importava di nessuno di loro. Era ancora troppo impegnata a chiedersi che diavolo era successo. Jasper, seduto su una poltrona, accanto a lei, si fissava i piedi afflitto. Quando Nick aveva perso i sensi e le sue labbra erano diventate pian piano scure, Will lo aveva chiamato e lui aveva indovinato subito cosa stesse succedendo: suo fratello aveva un altro attacco. Avevano chiamato un'ambulanza e lo avevano portato in ospedale di corsa. I medici lo avevano ripreso per il rotto della cuffia: Nicolas aveva rischiato di soffocare.

 

Ora, tre ore dopo, il ragazzo era steso nel suo letto super moderno con una maschera per l'ossigeno a coprirgli naso e bocca e un monitor a controllare che i suoi parametri vitali non scendessero al disotto di valori accettabili. Era ancora pallido, ma le gambe avevano smesso di tremare e le labbra erano tornate di un tenue rosa.

 

La verità era che Nicolas De Angelis era malato; non lo aveva scoperto da molto, ma soffriva di una rara forma di distrofia muscolare che, progressivamente, avrebbe degenerato fino ad ucciderlo. Era inevitabile: una malattia simile non è curabile, avevano detto i medici. Willow aveva assorbito la notizia, datagli da Jasper, come fosse stata una bambina. All'inizio si era rifiutata di credere che Nick stesse così male e aveva tempestato il fratello del suo amico con miriadi di domande. Era stato così che aveva saputo che Nicolas aveva smesso di nuotare perché era quasi affogato in acqua, subito dopo l'ultima gara, per un crampo improvviso che lo aveva colto lungo tutto l'emilato destro del suo corpo; era così che aveva saputo che il medico curante di Nick, la dottoressa Ghert, aveva lo studio proprio difronte al luogo dove loro due si erano incontrati la prima volta; era così che Willow aveva scoperto che a volte Nicolas aveva dei momenti in cui i muscoli del suo torace faticavano a lavorare e il tutto si traduceva in una crisi respiratoria che per fortuna durava poco, ma che lo lasciava quasi senza fiato e gli provocava nove volte su dieci degli svenimenti.

 

Era questo che era successo quella mattina.

 

<Mi spiace che lui non te l'abbia detto prima!>. Disse Jasper, massaggiandosi le tempie. Will in quel momento notò la somiglianza fisica fra i due.

 

<Stava per farlo... quando si è sentito male, in piscina, stava per farlo!>. Rispose la ragazza. Jasper fissò suo fratello, poi guardò l'orologio e scoprì che si trovavano in ospedale da molto più tempo di quanto non pensasse: erano quasi le quattro del pomeriggio, ormai.

 

<Non posso credere che... non ci sia una cura!>. Disse poi Will, quasi parlando a sé stessa. Jasper sorrise amareggiato:<Già! Me lo sono detto anch'io molto spesso da quando abbiamo scoperto che è malato. Ma... sembra proprio che non si sia!... non sappiamo quanto sia lungo il decorso: Nick è forte e prima di ammalarsi i suoi muscoli erano ben allenati, il che potrebbe significare tutto o niente!... Potrebbe morire di qui a un anno o a dieci. I medici non lo sanno, non ne hanno la più pallida idea!>.

 

In quel momento Nicolas si mosse e lentamente aprì gli occhi. Willow e Jasper se ne accorsero all'unisono e gli andarono vicino quasi correndo. Il ragazzo guardò suo fratello e gli strinse forte la mano, quasi a volerlo rassicurare che la crisi era passata: era tutto a posto ora. Subito dopo, si voltò verso Willow e scansò lievemente la maschera dell'ossigeno per poter parlare.

 

<Mi spiace che tu l'abbia saputo così!>. Disse in un sussurro. Non ricordava quello che era successo, ma aveva riconosciuto la stanza d'ospedale a colpo d'occhio e non aveva bisogno di sapere la dinamica dei fatti perché la immaginava perfettamente. Willow scosse la testa:<Non importa, ma non capisco perché tu me l'abbia nascosto!>. Disse, con il tono dolce di chi sta rimproverando affettuosamente qualcuno a cui tiene.

 

<Non potevo, rossa, non potevo!>. Esclamò il ragazzo, stringendola la mano saldamente. Will ricambiò la presa, poi coprì quella mano con la sua.

 

< Perché no? >.

 

< Perché... non avrei sopportato di vederti negli occhi lo sguardo che hai ora!... Non voglio la pietà di nessuno, Will. Tanto meno la tua! >.

 

< Non mi fai pena, ma sono preoccupata per te! >.

 

Fu allora che Nick fece un cenno a suo fratello per farlo avvicinare, poi gli disse qualcosa all'orecchio e Jasper gli sorrise spettinandogli i capelli per poi girare sui tacchi e uscire dalla stanza.

 

< Che gli hai detto? >. Domandò Will, curiosa.

 

< Che volevo stare un po' solo con te! >. Rispose lui, sorridendo.

 

Willow rispose lievemente al sorriso con uno più tirato.

 

< Scemo! >.

 

< No, che volevo stare un po' solo con te è vero. Ma... era solo perché... devo parlarti, Will, e non volevo che Jasper ci ascoltasse! >.

 

< Cosa? Perché? >.

 

< Ho qualcosa da chiederti, Will. Io... ti prego, aiutami!... Sei una strega, lo hai detto tu e io ho visto solo una piccola parte di ciò di cui sei capace, ma... ti scongiuro, usa i tuoi poteri per guarirmi! >.

 

< Che...? >.

 

< Sono giovane, Will. Non voglio morire e soprattutto... non voglio morire di questa malattia!... Te l'ho detto e te lo ripeto: per favore, aiutami. Guariscimi! >.

 

Willow rimase assolutamente sbalordita da quella richiesta. Tutto si sarebbe aspettata da Nicolas, ma non che le chiedesse di usare i suoi poteri magici per guarirlo dalla sua malattia. Ma c'era un problema: quella richiesta era la prova tangibile che Nicolas aveva ascoltato il racconto della sua vita solo a metà perché, di fatto, non aveva capito niente della parte che riguardava la magia e il farne abuso. Se così non fosse stato, non le avrebbe mai chiesto di fare una cosa simile.

 

E la ragazza andò in crisi perché d'improvviso si rese conto che non poteva acconsentire a quella richiesta, ma non sapeva assolutamente come dirlo a Nicolas. Non poteva spiegargli semplicemente che ci sono delle regole da rispettare quando si pratica la magia e che una di queste regole importantissime è quella di non alterare l'Equilibrio Cosmico intervenendo nella vita, o nella morte, di una persona attraverso i propri poteri perché questo avrebbe potuto dare libero sfogo al Caos. La richiesta che Nicolas le aveva fatto era la prova tangibile di quanto lui non avesse capito quella verità, o non gliel'avrebbe fatta.

 

Ma Willow proprio non poteva acconsentire perché sapeva fin troppo bene cosa significasse oltrepassare la linea che divide da ciò che si può e ciò che non si può fare con la magia e... non era pronta a rischiare di nuovo. Fare uso dei propri poteri per far cessare una malattia degenerativa come quella che aveva colpito il suo amico avrebbe potuto significare commettere un grosso errore e la Strega Rossa, ma anche Willow Rosemberg, era cosciente del fatto che finora aveva commesso fin troppi errori gravi. Uno in più avrebbe significato la sua perdizione definitiva e magari anche una nuova Apocalisse.

 

<Mi spiace, Nicolas... ma... non posso aiutarti!>. Disse alla fine, sentendo una fitta al cuore appena finito di parlare. Non era così, eppure si sentì come se fosse proprio lei ad aver appena condannato a morte il suo amico. Nick la fissò coi suoi occhi chiari ora un poco lucidi, quegli occhi che più di una volta Willow aveva paragonato a quelli di Tara.

 

<Perché no?>. Le domandò, quasi con voce tremante.

 

< Perché non posso, Nick! Non posso usare la magia per interferire nella vita e nella morte di qualcuno, nemmeno se è qualcuno che vorrei disperatamente aiutare... Nemmeno se si tratta di te!>. Rispose la ragazza. Nicolas allora voltò la testa dall'altra parte, fissando un punto indefinito sulla parete più lontana nella stanza.

 

In quel la porta si aprì e fecero irruzione la signora De Angelis e Alexandra, la sorella di Nick. Martha De Angelis si precipitò al capezzale di suo figlio e lo tempestò di baci e di abbracci poco delicati, mentre lui si scostava quasi infastidito.

 

<Ciao, Nick! Come ti senti ora?>. Chiese Alexandra, fissando suo fratello con aria biasimante.

 

<Sto meglio!>. Rispose lui, secco. Allora intervenne Martha:<Oh, Nicolas! Ma perché sei stato così sciocco da interrompere le cure? Lo sai che l'Archicon ti serve come l'acqua ai pesci!... Sei stato uno sciocco!>. Disse la donna, con quella sua voce fastidiosamente stridula.

 

<Mi dava nausea e mi faceva sentire debole. Non lo prenderò mai più, tanto non è certo quella merda chimica che può evitarmi di crepare!>. Rispose il ragazzo, ancora più duro. Solo in quel momento le due donne s'interessarono a Willow che, colta alla sprovvista dalla loro entrata, era rimasta in disparte a guardare la scena.

 

<E tu chi sei?>. Domandò Alexandra. Lei andò a stringere la mano prima a lei, poi a Martha De Angelis:<Sono Willow Rosemberg, un'amica di Nicolas!>. Disse.

 

<Ah! Non sapevo che Nicolas frequentasse qualcuno! - Esclamò la donna più anziana, scrutando Will dalla testa ai piedi. - Ma sono certa che capirai che mio figlio non ha tempo da dedicarti in questo momento, quindi... >.

 

< Signora, io non credo spetti a lei decidere se... >.

 

< Tanto Willow stava andando via! >. Disse Nicolas, interrompendo la discussione sul nascere e lasciando stupita sia sua madre, in maniera positiva, che Willow.

 

< Non è vero, Nick! Non puoi liquidarmi in questo modo! >. Protestò la ragazza, capendo che la stava cacciando per punirla del fatto che si era rifiutata di utilizzare i propri poteri per guarirlo.

 

< Sì che posso!... Non abbiamo più niente da dirci io e te, quindi... addio, Willow! >.

 

< Non fare così, Nick! Ti prego, cerca di capire. Mi hai chiesto qualcosa che... va aldilà delle mie possibilità! >.

 

< Fottiti, Rosemberg! Non m'interessano le tue bugie: fuori di qui, ho detto! >. Sbottò Nicolas, aggressivo come la ragazza non l'aveva mai visto. Allora Aslexandra andò alla porta della stanza e l'aprì invitando l'amica di suo fratello ad andarsene esattamente come voleva lui.

 

<Per favore, vai via. Lui non ti vuole qui, è stato chiaro!>. Disse. Willow rimase ferma sul posto per alcuni istanti durante i quali valutò perfino di riconsiderare l'idea di acconsentire a guarire Nick. Ma poi tornò alla medesima conclusione di prima: non poteva aiutare lui rischiando di distruggere il resto del mondo.

 

<Io... Nicolsa, a San Francisco hanno bisogno di me. I miei amici sono in difficoltà, te l'ho detto stamattina, e io... domani partirò per tornare a casa a risolvere... i problemi di cui ti ho parlato. Ma tornerò presto e... vorrei incontrarti per... per chiarirci!>. Disse Willow, facendo qualche passo verso la porta. Intanto Jasper s'era affacciato sentendo suo fratello gridare.

 

<Non disturbarti a tornare, Willow! Non mi servi né tu, né la tua patetica compassione!... E non c'è proprio un bel niente da chiarire!>.

 

Willow guardò l'altro negli occhi dolendosi infinitamente per quella reazione che, pur essendo comprensibile, era pur sempre assurda e ingiusta. Forse Nicolas aveva bisogno di digerire il colpo perché infondo lei stessa aveva bisogno di digerirlo. Fu per questo che la ragazza uscì senza fare ulteriori resistenze. Passò vicino a Jasper e lo salutò dandogli un bacio lieve sulla guancia:<Abbi cura di lui. Tornerò presto, lo prometto!... E saluta Aaron per me, per favore!>. Gli disse. Poi se ne andò.

 

Non poteva aiutare Nicolas, davvero non poteva.

 

Ma aveva qualcosa da fare: era ora che la Strega Rossa tornasse in azione.

 

Non poteva aiutare Nicolas, non poteva salvargli la vita.

 

Ma poteva aiutare i suoi amici e la sua ragazza.

 

E lo avrebbe fatto.

 

©CAPITOLO VENTISEIESIMO

 

Angel tornò che era quasi il tramonto e notò che l'Hypern sembrava deserto: Gun non era in giro, ma nemmeno Willow sembrava essere stata lì di recente. Forse era ancora in ospedale da Nicolas, visto che l'ultima volta che l'aveva sentita per telefono, all'ora di pranzo più o meno, lei gli aveva raccontato dell'accaduto e ancora non sapeva se il ragazzo si sarebbe ripreso o no.

 

<Cordelia, per favore, controlla in segreteria, vedi se Will ha lasciato un messaggio!>. Disse il vampiro, mentre lui andava a rimettere in ordine le armi appena usate per ammazzare il demone Vog'Hajel di turno.

 

<Non è che posso controllarla dopo, vero? Puzziamo tutti e tre da morire e Westley ha qualcosa di assolutamente schifoso e viscido sui capelli!... Voglio andarmi a lavare!>. Rispose Cordelia, lagnosa come una bambina. Angel le lanciò un'occhiataccia:<Falla finita, Cordelia!... Sei vicino al bancone, quindi allunga un dito, pigia il tasto della segreteria e controlla quello che ti ho detto, grazie! Poi potrai andare dove ti pare!>.

 

<Dopo la caccia, anche spingere un bottone le fa fatica!>. Ridacchiò Westley, togliendosi dai capelli i pezzettini di robaccia che gli si erano appiccicati quando avevano inseguito il demone nella discarica di rifiuti. Cordelia sbuffò alzando gli occhi al cielo, poi finalmente controllò la segreteria telefonica che, tuttavia, rivelò solo messaggi di lavoro.

 

<Niente! La strega non ha chiamato!... Forse ha fatto qualche incantesimo al suo cellulare per non farla pagare quando chiama e l'ha rotto!>. Commentò Cordelia, ironica. In quel momento, però, alcuni rumori provenienti dal piano di sopra fecero sapere a tutti che l'Hyperon non era poi così vuoto come era apparso al loro arrivo.

 

<O è un altro demone, o direi che Willow è in camera sua!>. Sentenziò Westley. Angel annuì, finì di appendere l'ultima ascia, poi si avviò di sopra.

 

Quando arrivò davanti alla porta della stanza di Will, bussò ed entrò. La ragazza era vestita di tutto punto e stava... preparando i suoi bagagli.

 

<Che fai? Dove vai?>. Le chiese il vampiro, preoccupato. La rossa si voltò e gli sorrise appena, senza mai smettere i ficcare cose in valigia. <Torno a casa!>. Rispose. Angel rimase più che stupito da quell'affermazione e per un momento non seppe cosa dire. Poi si riprese e si avvicinò alla ragazza fermandola e prendendola per un polso.

 

< Che c'è? >. Gli domandò Will, non capendo.

 

< Perché hai preso questa decisione ora, così, all'improvviso? >.

 

< Perché è giusto che io torni, Angel. Lo sai anche tu! >.

 

< No, no. Io non so niente!... Sei stata tutto il giorno fuori e non deve essere stato facile restare in ospedale, quindi... non credi di aver preso questa decisione in maniera troppo frettolosa? A proposito, come sta Nicolas? >.

 

Willow s'intristì.

 

< Nick si è ripreso, ma... non sta affatto bene. Ha una rara forma di distrofia muscolare e... quando ci siamo incontrati, più o meno, ha interrotto la cura perché gli dava troppi effetti collaterali e soprattutto sembra che non fosse una cura: una cura non c'è. La malattia può essere ritardata, rallentata un po', ma non guarita!... E io... sono più che certa di voler tornare a San Francisco! >.

 

< Oh, c-cavolo! Mi spiace per... per il tuo amico!... Avevo notato il suo pallore, ma... non immaginavo che stesse... morendo! >.

 

< Già!... Non lo sapevo neanch'io, non me lo aveva detto! Ma il problema con lui ora non è questo... oggi pomeriggio si è ripreso e... sai cosa mi ha chiesto? Mi ha chiesto di farlo guarire con la magia! Di... fargli un incantesimo o roba simile e di guarirlo! >.

 

< Cosa? >.

 

< Proprio così!... Cazzo!... Avrebbe potuto chiedermi il mondo e io glielo avrei dato, pur di alleviare un po' la sua sofferenza o di regalargli un po' di... non so, di serenità!... E lui cosa mi va a chiedere? L'unica cosa che proprio non posso fare! >.

 

Angel fece un sospiro di sollievo e si rilassò un po': per un momento aveva temuto che Willow avesse fatto una promessa molto, molto stupida.

 

< Quindi gli hai detto di no, giusto? >.

 

< Potevo fare altrimenti?... Lo sai che dovrei castare un incantesimo di livello superiore e... a parte il fatto che sono anni che non uso la magia in maniera tanto marcata, non posso guarirlo: va al di là dei miei poteri!... Non posso alterare l'Equilibrio!... Gliel'ho spiegato, o almeno ci ho provato!... Ma lui non ha capito! >.

 

< Non ha capito? >.

 

< No!... Si è arrabbiato e mi ha cacciata! >.

 

< E tu vuoi tornare a San Francisco perché Nicolas ti ha cacciata dall'ospedale? Dagli tempo, Will. A nessuno piace sentirsi dire che quella che credeva essere la sua unica possibilità di salvarsi... in realtà non esiste!... E' umano! >.

 

< Non vado via per questo, Angel!... Davvero credi che io sia così sciocca?... Ok, ultimamente non ho brillato per mosse azzeccate, ma non sono completamente demente, chiaro?... Nicolas ha bisogno di tempo per accettare che... che non posso aiutarlo. Ma... sono sicura che alla fine capirà!... Se torno a San Francisco è perché questa mattina, Kennedy se n'è andata di corsa perché... be', principalmente è perché siamo due imbecilli che non riescono a parlare davvero fra loro, ma anche perché Buffy l'ha chiamata: quei dannati vampiri hanno serrato la caccia e stanno per scovarli! Hanno bisogno d'aiuto o nessuno di loro si salverà! >.

 

< Lo so che la situazione lì non è buona, ma... tornare troppo presto per te potrebbe essere... davvero distruttivo, te ne rendi conto? >.

 

Angel le lasciò andare il polso e le poggiò le mani sulle spalle, fissandola negli occhi. Non capitava spesso che fra loro si stabilisse quell'intimità, ma quando capitava Willow era grata all'altro: non era frequente che Angel si aprisse con qualcuno.

 

< Habel... è un mostro!... Non ucciderà solamente Buffy, Kennedy e gli altri... li torturerà prima, gli farà rimpiangere di essere nati e... loro sono la mia famiglia, Angel! L'unica che io abbia mai davvero avuto intorno, l'unica che io abbia scelto e che desideri!... Hanno bisogno di me e io non posso... non posso restare qui a nascondermi dal mondo, con le mani nelle mani, quando invece dovrei e potrei stare lì con loro!... Sono la Strega Rossa, che mi piaccia o no. E posso aiutarli davvero! >.

 

Fu allora che Angel l'abbracciò forte, facendole poggiare la testa sul proprio petto e carezzandole la nuca come fosse stata una bambina indifesa.

 

< Se hai deciso di andare, se sei davvero... convinta... allora va'!... Vorrei poter venire ad aiutarvi anch'io, ma non posso... qui... non ho ancora ritrovato la ragazza scomparsa e se non mi sbrigo rischio di ritrovarla cadavere, quindi... Ma ti prego: sii prudente! >.

 

< Devo farti proprio pena, eh? >.

 

Scherzò la ragazza.

 

< Non mi fai pena, Will!... So che sei forte, ma quello che ti è capitato sarebbe stato tremendo per chiunque e io... avrei voluto fare di più per te. Eppure... non ci sono riuscito perché, infondo, sono ancora una vera tragedia nei rapporti umani! > .

 

Risero insieme, ora.

 

< A chi lo dici?!... Se sopravvivo, dovrò sistemare un po' di cose... soprattutto con Kennedy!... Sono stata una vera stronza con lei: l'ho tradita, le ho mentito, e l'ho tenuta distante il più possibile da me, nel vero senso del termine, come se la sua presenza m'infastidisse... fino a fargliene rendere conto!... Ferendola ancora!... Viene qui a trovarmi dopo più di due mesi e la tratto ancora male, costringendola a... comportarsi in maniera orribile e poi ad andarsene prima che la cacciassi io!... Direi che è proprio ora di rimettere le cose a posto! >.

 

< Va bene, Will!... Va', allora, e aiuta i tuoi amici per poi... sistemare i pezzi della tua vita! >.

 

< Grazie di tutto, Angel! >.

 

< E di cosa? Non ho fatto niente, infondo! >.

 

< Grazie di esserci stato... nonostante tutto! >.

 

Buffy scaraventò a terra l'ennesimo vampiro e dopo un momento gli trafisse il cuore con un paletto lanciatole poco prima da Xander. Stavano lottando contro quel manipolo di mostri da circa due ore cioè da subito dopo il tramonto. Non avrebbero dovuto farlo, eppure erano tornati ancora una volta a casa loro per prendere altri effetti personali. La stessa Kennedy aveva proposto la cosa, quella mattina stessa, appena tornata da Los Angeles, e gli altri avevano accettato. Eppure non erano riusciti a recarsi alle ville in tmpi decenti, né a prendere ciò che serviva loro rapidamente questo perché casa Summers Rosemberg era ancora una specie di campo di battaglia dopo l'ultima irruzione di un qualche demone mandato da Habel, mentre la camera di Xander era sottosopra come sempre. Per non parlare del fatto che Buffy era uscita dal lavoro che erano quasi le sei e mezza di sera e di lì al tramonto non era passato molto.

 

Tuttavia, quando i primi vampiri li avevano aggrediti, nessuno di loro si era lasciato cogliere di sorpresa: quando avevano deciso di andare lì, sapevano bene che c'era la concreta possibilità di subire un attacco e infatti...

 

Avevano fatto fuori il primo gruppo di vampiri in meno di dieci minuti, anche grazie ad una Kennedy evidentemente furiosa. Una volta finito, pensavano di potersene tornare nell'appartamento di Tomas per riposare un po', invece avevano subito il secondo attacco e infine, anche un terzo che era ancora in corso dopo più di due ore.

 

<Porca miseria! Ma in quanti sono venuti, stavolta?!>. Commentò Xander, fracassando la testa dell'ennesimo nemico. Le braccia stavano cominciando a fargli male e anche il fiato era ormai diventato corto. Kennedy impalò un vampiro al suo posto, poi rifilò un calcio in faccia ad un altro che stava mettendo Dawn in difficoltà.

 

<Combatti e sta' zitto, Xander, che i nostri amici stavolta sono accorsi numerosi!>. Disse la Cacciatrice mora, a denti stretti. Non voleva sentirlo lamentare, non aveva la pazienza per ascoltarlo e nemmeno quella per ignorarlo. Era tornata da Los Angeles più turbata di prima e stava pensando seriamente di prendere armi e bagagli e cambiare casa: in quel modo Willow sarebbe potuta tornare e lei non avrebbe più rappresentato un problema per nessuno.

 

Cazzo! Non poteva credere a ciò che aveva fatto la sera prima: praticamente aveva violentato la persona più importante della sua vita.

 

Quella mattina, quando si era svegliata per il suono assillante del cellulare, non aveva realizzato subito ciò che era successo. Ma poi i ricordi della notte passata le erano venuti in mente tutti assieme e lei aveva messo a fuoco il fatto di aver praticamente costretto Willow a fare l'amore con lei e solo dopo averla maltrattata. Si era sentita un verme per questo e le era venuta immediatamente una fortissima nausea: stava per vomitare sul pavimento. Poi però Willow le aveva sputato in faccia il suo disprezzo e lei aveva avuto una reazione inaspettata...

 

Non si era odiata di più come avrebbe dovuto fare vista la situazione. No. Era stata assalita da un moto d'ira verso la sa ragazza, verso quella stronza che col suo atteggiamento l'aveva spinta a perdere ogni controllo. Questo aveva pensato quando Will le aveva detto sprezzante che poteva andarsene tranquillamente da Los Angeles, perché tanto era andata lì solo per scoparsela e nient'altro.

 

Lei non era andata lì per quello. Kennedy aveva preso la propria sacca e era montata in sella alla sua moto non per placare qualche bollente spirito, ma perché sentiva la mancanza dell'altra in una maniera quasi dolorosa e, soprattutto, ormai non aveva più idea se Willow si fosse lasciata andare completamente alla sua depressione o se invece stesse reagendo come Buffy aveva sperato; voleva vedere coi propri occhi, visto che non si fidava del fatto che, ogni qualvolta si sentivano per telefono, Will le diceva che stava bene ma che era molto impegnata ad aiutare Angel.

 

Sì! Aiutare Angel!

 

Giles e Dawn potevano anche aver abboccato, ma lei non ci aveva creduto nemmeno per un istante, tanto più che fingeva di non sapere della storia dell'aborto quando, invece, sapeva tutto per filo e per segno: aveva anche criccato l'archivio dell'ospedale per guardare la cartella di quel ricovero. Quindi, in realtà, non c'era proprio niente che Kennedy non sapesse di Willow. Ma l'altra continuava a tenerla lontana, ad evitarla come si evita un lebbroso e lei, invece, voleva aiutarla, voleva starle vicino e sostenerla nonostante tutto, nonostante lei stessa fosse una vittima delle azioni di Willow.

 

Complimenti, Kennedy! Le sei stata proprio d'aiuto!... Si disse, mentre decapitava un altro nemico con la spada presa in prestito da Giles.

 

Le sei stata talmente tanto d'aiuto che sarà un miracolo se non ti denuncerà alla polizia per stupro e percosse! Si disse ancora, scagliando l'ennesimo fendente.

 

 

 

Buffy stava al suo fianco e combatteva con lo stesso slancio, ma senza quella rabbia repressa che sbottava ogni volta che un altro vampiro si faceva avanti. La bionda, con la coda dell'occhio, studiava la sua amica per capire cosa diavolo avesse, visto che del viaggio a Los Angeles non aveva voluto parlare. Quando Kennedy era tornata, poco dopo l'ora di pranzo, lei e Dawn avevano chiesto com'era andata e come stesse Willow; ma lei aveva tagliato corto rispondendo semplicemente che Will stava benissimo, non zoppicava nemmeno più, e che presto sarebbe tornata a casa... probabilmente. A dire il vero, quell'ultima affermazione l'aveva fatta solo ed esclusivamente perché era quello che lei sperava, non perché l'altra le avesse detto qualcosa a riguardo; tuttavia, soprattutto da Dawn, quelle poche parole erano state prese felicemente per buone e lei non aveva aggiunto altro.

 

<Fuori un altro!>. Si vantò Xander, dopo aver polverizzato una vampira abbastanza aggressiva ma piuttosto mingherlina.

 

<Ne sono rimasti solo sei! Facciamoli fuori e andiamocene di qui che è meglio!>. Disse Buffy, colpendo al volto un nemico con un pugno. In quel momento, però, Kennedy fu scaraventata addosso alla porta del garage, poi afferrata nuovamente dall'enorme vampiro che la stava affrontando, e gettata all'interno, contro il banco da lavoro. La ragazza ruzzolò a terra e gridò di dolore quando alcuni chiodi le si conficcarono accidentalmente nella coscia sinistra, assieme alle schegge di vetro di un bottiglia che si era frantumata sotto il suo peso.

 

<Xander, va' da Kenny!>. Disse Giles, sbarrando la strada ad altri due vampiri mentre Dawn arrivava a dargli manforte. Il carpentiere annuì e impugnò meglio la propria arma, dirigendosi al contempo verso l'amica in difficoltà. Kennedy ce le stava prendendo davvero in quel momento: non riusciva ad alzarsi da terra e il suo nemico la colpiva ripetutamente con i piedi per assicurarsi che non riuscisse a tirarsi su.

 

Incassò l'ennesimo colpo e poi un altro ancora, fin quando non riuscì ad afferrare il piede del vampiro e a farlo cadere all'indietro con una rapida spinta. Xander arrivò in quell'istante e decapitò il vampiro.

 

<Tutto ok? Stai sanguinando!>. Disse il giovane, preoccupato nel vedere una grossa chiazza rossa che man mano si allargava sui pantaloni chiari della ragazza. Ma Kennedy non voleva il suo aiuto.

 

<Sto benissimo! Pensa a te, piuttosto!>. E in quell'istante un vampiro colpì Xander alla tempia con la mazza di una scopa. Il ragazzo capitolò a terra sotto gli occhi freddi della Cacciatrice che non mosse un dito per evitargli quel colpo. Il vampiro stava per infierire su Xander, ma finalmente Kennedy si mosse e, una volta disarmato il demone, lo trafisse con la sua stessa arma improvvisata.

 

<Ma perché non l'hai fermato se lo avevi visto?>. Sbottò Xander, rialzandosi e guardandosi le dita con sui si era appena toccato il punto dolente: erano sporche di sangue. Kennedy fece spallucce:<Non posso farti da babysitter!... Ti avevo detto di pensare a te stesso e non a me. Io me la cavo benissimo da sola!>. Rispose Kennedy, poi se ne andò sotto lo sguardo infuriato e stupito di Xander.

 

Anche Buffy sembrava essere un po' in difficoltà, ma sopraggiunse dal nulla Kaine che le tolse di dosso il nemico con uno strattone. Il vampiro finì letteralmente fra le braccia di Kennedy che lo impalò guardandolo nei raccapriccianti occhi gialli. Subito dopo Kaine staccò la testa dal collo dell'ultimo nemico rimasto in piedi e la battaglia poté definirsi conclusa.

 

<Dio!... Non potevi arrivare un po' prima? Qui abbiamo avuto un gran bel daffare!>. Disse Buffy, cercando di riprendere fiato. Kain lanciò uno sguardo a Kennedy che si stava scrollando di dosso un po' di terra e polvere, poi si rivolse alla Cacciatrice bionda:<Sono venuto a cercarvi all'appartamento, ma non vi ho trovati. Quindi ho immaginato che foste qui e sono venuto!>. Disse, controllando se per caso in giro ci fossero altri scagnozzi di suo fratello.

 

<Habel ce l'ha proprio con voi, eh? Dovete averlo infastidito parecchio, o non si darebbe tutto questo disturbo per cercarvi e farvi fuori!>. Commentò, con tono piatto.

 

<Be', che io sappia non sono molti i vampiri che non ci ammazzerebbero alla prima occasione!>. Rispose Dawn, controllando che la sua splendida giacca di Cavalli non si fosse rovinata nella lotta. <Già, e se continuano ad attaccarci con questo ritmo, prima o poi ci riescono pure ad ammazzarci!>. Disse Xander, tamponando la ferita alla tempia con un fazzoletto. Buffy lo vide e gli andò vicino:<Xan!... Fa' vedere, sembra una brutta ferita!>. Disse la ragazza, scostandogli la mano dalla testa.

 

<Non so se è brutta, ma fa male!... Grazie, Kennedy: mi sei stata di grande aiuto!>. Rispose ironico il giovane, lanciando un'occhiataccia all'altra Cacciatrice, mentre tutti si voltavano a guardarla perplessi. Kennedy, tuttavia, li stupì ancora reagendo come una tigre infastidita da molesti turisti e gli si avventò contro trascinando la gamba ferita. Lo afferrò per la camicia e lo strattonò.

 

<Non rompermi più le palle, ok, Xander? Non ti avevo chiesto aiuto, non avevo bisogno di te e se ti sei ferito per fare di testa tua, è un tuo problema, non mio, chiaro?>. Poi lo lasciò andare con un ultimo scossone, mentre Buffy si frapponeva fra i due.

 

<Kennedy!... Ma che ti è preso oggi? E' da quando sei tornata che sei irascibile!>. La rimproverò la ragazza, a brutto muso.

 

<No! E' da quando Willow è andata via che si comporta come una pazza!>. Esclamò Xander, sfidando l'altra con lo sguardo.

 

<Mi comporto come mi pare e piace, va bene?... Non potete accollarmi responsabilità che non ho! Se qui fra noi c'è qualcuno che non sa pensare a sé stesso mentre combatte, allora è meglio che quel qualcuno se ne stia buono a casa a fare la calza, anziché venire di ronda e rappresentare un problema per tutti!>. Ribatté la giovane, rivolgendosi in particolar modo al carpentiere. Xander ne aveva le scatole piene di quell'atteggiamento ingiustificato e decise che non se ne sarebbe più stato zitto ad un angolo a subire le sfuriate di Kennedy.

 

<Senti, ragazzina, io ho cominciato a combattere contro mostri e vampiri quando ancora tu andavi alle medie, chiaro? Quindi non venirmi a dire che non so difendermi perché non è così!... Ero distratto e sono stato colpito perché mi stavo preoccupando di quella stronza della ragazza della mia migliore amica che, guarda un po', saresti tu!>. Sbraitò, senza controllare nemmeno il tono di voce.

 

Fu allora che Kaine si convinse di dover far smettere immediatamente quei due: sembravano cane e gatto.

 

<Ora piantatela, mi avete rotto! - Disse, con la sua solita voce profonda. - Non sono venuto qui per perdere tempo e mi rifiuto di starvi a sentire mentre vi azzuffate come bambini!>. Aggiunse poi, facendo qualche passo verso Kennedy.

 

<Lui non è l'unico che s'è fatto cogliere di sorpresa, a quanto vedo! - Esclamò ancora, estraendo senza nessuna pietà uno dei chiodi dalla coscia di Kennedy e leccandone il sangue che lo ricopriva, sempre fissando l'altra negli occhi. - Quindi piantala di criticare e datti una calmata!... Anzi, datevela entrambi o vi spezzo il collo!>.

 

I presenti lo fissarono seri e Buffy pensò che, probabilmente, se Xander e Kennedy gli avessero davvero fatto saltare i nervi, probabilmente Kaine non ci avrebbe messo più di due secondi ad attuare la sua minaccia. Lei era quasi tentata di lasciarlo fare, a dire il vero. Ma non poteva.

 

<Ok... ora che ci siamo scambiati tutti un po' di coccole, parliamo di cose serie! Uno: perché questi attacchi ripetuti stasera? Tuo fratello si è fatto molto più insistente rispetto ai giorni scorsi. Addirittura ha fatto seguire Kennedy a Los Angeles per scovare Willow!... Due: perché ci cercavi? Che succede?>. Chiese, rivolta a Kaine che ancora fissava superbamente Kennedy, giocherellando col chiodo che le aveva estratto, ormai pulito da tutto il sangue.

 

<Una risposta per tutto! - Disse, staccando finalmente gli occhi dalla Cacciatrice mora e fissandoli su quella bionda. - Gli uomini di mio fratello hanno trovato il talismano di Siod!>.

 

Giles sobbalzò, soffocando un'esclamazione di terrore, mentre Buffy impallidì a vista d'occhio pensando immediatamente a tutto quello che comportava il fatto che Habel avesse trovato quel dannatissimo pugnale.

 

<Quando l'ha trovato e dov'è?>. Chiese Kennedy, allora, senza scomporsi minimamente, come se quella cosa non fosse incredibilmente grave.

 

<E' nelle fondamenta di una delle chiese sconsacrate in cui avremmo cercato anche io e i miei uomini, a nord, appena fuori città!... Più o meno a tre chilometri dall'inizio della tangenziale!... Me lo ha detto uno dei suoi adepti e siccome lo stavo torturando adeguatamente, sono più che certo che non abbia mentito!... Ma c'è un problema: il pugnale è seppellito a più di cento metri sotto terra e visto che una ruspa non c'entra nelle catacombe di una cappella grande quanto quel garage, gli uomini di Habel devono scavare a mano, con picconi e pale. Il che significa che gli occorrerà del tempo! Ecco perché stanno insistendo per farvi la pelle, ed ecco perché sono venuto a cercarvi!>. Spiegò Kaine, riassumendo in poche parole e in pochi secondi quello che lui aveva saputo con quarantott'ore filate di tortura allo scagnozzo del fratello.

 

<E qual è il tuo piano, scusa? Perché tu e i tuoi uomini non siete a massacrare Habel e i suoi per impedirgli di prendere il talismano?>. Chiese Dawn, apprensiva.

 

<Perché tu... ce l'hai un piano, vero?>. Aggiunse Buffy, preoccupata.

 

Kaine sorrise, divertito dalle loro facce. Ma tornò serio subito dopo.

 

<Certo che ce l'ho un piano!... Ma la fretta è cattiva consigliera e pessima compagna d'azione!>. Rispose.

 

<Taglia corto, Kaine, e dicci che cosa hai in mente!>. Esclamò Kennedy, senza moderare i toni nemmeno di uno spillo. Il vampiro le lanciò un'occhiataccia, ma poi tornò a rivolgersi a colei che riteneva essere il capo di quello strano gruppo di umani.

 

<Lottare ora contro Habel e i suoi adepti significa solamente creare uno scontro colossale dal quale probabilmente non uscirebbe un vero vincitore!... I miei uomini sono forti e ben addestrati, ma il gruppo di Habel è numericamente superiore. E qui entrate in gioco voi!... Fate fuori il numero più alto possibile di vampiri fedeli a mio fratello e intanto io lotterò personalmente contro di lui! Ovviamente sarete spalleggiati dai miei uomini. Ma per nessun motivo dovete lasciare che qualcuno s'intrometta fra me e Habel, chiaro? Lo fermerò prima che possa mettere le mani sul talismano!>. Disse il vampiro. Un momento dopo il vento sferzò i suoi capelli da un lato e Buffy notò un'enorme cicatrice sul suo collo; era troppo fresca per non essere stata fatta massimo un paio di giorni prima.

 

<E sei sicuro di poter tenere testa ad Habel fisicamente? Se prendesse il talismano prima di te, saremmo nei guai fino al collo!>. Fece notare Buffy.

 

<Certo che posso!>. Rispose Kaine, sicuro di sé.

 

<E quella ferita sul collo?>. Chiese ancora, la Cacciatrice.

 

<E' stato un momento d'esitazione!... Non ce ne sarà un altro!>. Assicurò il vampiro. Buffy ci pensò su alcuni istanti, lanciando occhiate ai suoi amici e al suo Osservatore sperando che qualcuno esprimesse la sua opinione riguardo a quel piano. Ma la verità era che c'era poco da fare: Kaine doveva riuscire a privare suo fratello del pugnale sacro o non ci sarebbe stato un poi di cui preoccuparsi.

 

<E va bene!... faremo come vuoi tu!... Quando agiamo e come dovremo muoverci noi?>. Disse alla fine, Buffy. Kaine parve riflettere, poi ficcò le mani in tasca e guardò il cielo: la luna era calante.

 

<Domani sera, subito dopo il tramonto, fatevi trovare al distributore di benzina che c'è subito dopo l'inizio della statale, sulla sinistra andando verso fuori. Arriveremo io e i miei uomini e ci muoveremo insieme!... Il vostro compito? Decimare i vampiri di mio fratello, non permettere a nessuno di loro d'intrommettersi fra me e lui! Un consiglio... armatevi fino ai denti, ma state attenti: quei maledetti sono infimi e pronti a tutto pur di assecondare quel pazzo di Habel!>. Esclamò Kaine, tenebroso. Un brivido corse lungo la schiena di Buffy, ma la ragazza si costrinse ad ignorarlo perché sapeva che non poteva permettersi di provare paura.

 

<Siamo d'accordo, allora!... Ci vediamo domani sera! - Esclamò la Cacciatrice che, subito dopo, si rivolse ai suoi amici. - Ora andiamocene a riposare e a... darci una rassettata. Ne abbiamo bisogno tutti, mi pare!>.

 

Giles, Dawn e Xander annuirono per poi avviarsi verso l'auto di quest'ultimo, mentre Kennedy non rispose: semplicemente andò verso la propria moto e salì in sella stringendo i denti per il dolore acuto che chiodi e vetri ancora le facevano provare alla gamba sinistra. Ma non poteva toglierli lì, in quel momento, aveva stabilito, o sarebbe morta dissanguata. Si sarebbe medicata a casa dove aveva tutto l'occorrente per fare un lavoro pulito.

 

<Kennedy, ce la fai?>. Chiese Buffy, un po' in pensiero per lei. L'altra annuì:<Non morirò per questo!>. Allora la bionda salì in macchina con gli altri e pochi attimi dopo l'auto partì.

 

Kennedy mise in moto e si stava infilando il casco quando Kaine la fermò.

 

<Ti do un consiglio, Cacciatrice: sfoga il tuo rancore verso il vero nemico o finirai per farti ammazzare e per far ammazzare i tuoi amici!>. Le disse, più pacato di quanto non fosse stato prima con lei.

 

<Non sono affari tuoi, giusto?>. Ribatté la ragazza, sfidandolo con lo sguardo e il tono della voce. Non si perdeva mai d'animo lei, ormai era chiaro persino a Kaine che la conosceva da così poco tempo. Il vampiro, in realtà, non sapeva se adorarla o trucidarla.

 

<No, non sono affari miei! Ma domani sera mi servi lucida e non voglio che ti fai passare per la testa belle idee come quella di stasera!>. Rispose il biondo, legandosi poi i capelli con un nastro.

 

<Di che stai parlando?>. Chiese la Cacciatrice, fingendo di non sapere.

 

<Ero lì, Kennedy. Ho visto... ti eri accorta del vampiro e hai visto che stava per colpire Xander! Non potevi intervenire perché eri a terra, ma potevi avvisarlo!... E' dolce la vendetta, vero Cacciatrice? Sugosa e attraente come un frutto maturo!... Ma sta' attenta, potresti scoprire a tue spese che quel frutto è velenoso quasi sempre!>. L'ammonì il vampiro, con un ghigno beffardo sulle labbra. Kennedy giunse alla conclusione che non stava dicendo cose poi così sbagliate, eppure non gliene importava un bel niente al momento se la vendetta era una lama a doppio taglio. Sì, non aveva avvisato Xander di proposito e sì, lo aveva fatto perché voleva che quel vampiro lo colpisse, che gli facesse male, visto che non poteva farlo lei di persona.

 

Non disse più nulla, comunque. Infilò il casco e se ne andò, sicura che Kaine stesse ancora ridendo di lei mentre la guardava andar via.

 

 

 

Buffy infilò la chiave nel portone del condominio dove aveva abitato Tomas fino a poco tempo prima. Era tutto illuminato e pulito, niente a che vedere con quello schifo dove avevano abitato lei e i suoi amici per tutto il periodo antecedente all'acquisto delle due villette. Era stanca morta, si sentiva le ossa a pezzi e le gambe pesanti. Non vedeva l'ora d'infilarsi a letto. Dawn, dietro di lei, sbadigliò con una mano davanti alla bocca.

 

<Cristoforo Colombo, che serata!>. Commentò la giovane, seguendo sua sorella fino all'ascensore. Giles e Xander erano appena dietro di loro e Kennedy entrò per ultima, sempre zoppicando. L'ascensore arrivò subito e loro imboccarono, felici di essere quasi arrivati.

 

<Non ti fa male la gamba?>. Domandò Buffy alla sua collega. L'altra fissò il punto della ferita e sfiorò i jeans con la mano libera dal casco.

 

<Un po', ma domattina sarò guarita!>. Disse, noncurante. Xander scosse la testa, ripensando amaramente a quanto fosse stata stupida e aggressiva la ragazza poco prima. L'ascensore si fermò e loro uscirono, ma ad attenderli, sul pianerottolo trovarono un altro comitato di benvenuto, molto più numeroso dei tre affrontati quella sera.

 

<Porca miseria! Ancora?!>. Sbraitò Buffy, alzando gli occhi al cielo. Subito dopo la Cacciatrice afferrò la propria balestra e, contemporaneamente a Giles, sparò due dardi uno dopo l'altro. Quattro vampiri furono colpiti e scomparvero accasciandosi al suolo. La battaglia riprese di nuovo, ma quello non era né il luogo né il momento più indicato. I vicini si sarebbero sicuramente lamentati e poi trovare una giustificazione verosimile sarebbe stato impossibile. Kennedy si scagliò come una furia nella rissa, ignorando il dolore lancinante e il sangue che copiosamente aveva ripreso a scorrerle dalle ferite, mentre Xander aveva nuovamente impugnato la propria spada per mettersi all'opera nonostante il mal di testa che lo attanagliava da quando era stato colpito. Anche Dawn iniziò per l'ennesima volta a menar fendenti, ma si rese subito conto di essere troppo stanca per poter proseguire a lungo in quel modo. I vampiri non solo erano tanti, ma erano anche armati di catene e spranghe e sembravano intenzionati più che mai a portare a termine il loro compito.

 

<Dio! Qui finisce male!>. Esclamò, evitando una catena che stava per frustarla in faccia. Buffy fu più che felice di notare quanto sua sorella fosse agile nello schivare i colpi.

 

<Ragazzi, finiamola qui o non andremo mai a riposarci!>. Incitò la Cacciatrice, trafiggendo prima un vampiro, poi un altro e poi un altro ancora.

 

<Non ce la faremo mai a farli fuori tutti!>. Sentenziò Giles barcollando un po' dopo aver colpito un nemico. Possibile che non finissero davvero mai? Era evidente che Habel volesse la loro pelle a tutti i costi.

 

<Avete bisogno di una mano? Per la Dea, ragazzi, non posso lasciarvi soli nemmeno per un momento che vi ficcate subito nei guai!>. Esclamò una voce ironica, proveniente da difronte a loro. Willow era comparsa dal nulla, spuntando dalla porta delle scale, esattamente alle spalle dei vampiri. Gettò la propria valigia a terra, poi puntò le mani spalancate verso il drappello di succhiasangue che stava dando del filo da torcere ai suoi amici e infine pronunciò il solito incantesimo per manipolare la propria energia fino a formare le sfere elettriche che andarono a schiantarsi sui vampiri, una dopo l'altra, uccidendoli tutti. Non avrebbe potuto fare di meglio senza ricorrere alla Magia Superiore e guardò il risultato ottenuto con compiacimento, complimentandosi mentalmente con se stessa per la rapidità d'azione e la precisione avuta.

 

Buffy e gli altri rimasero assolutamente stupiti da quell'improvvisata e quando tutto fu finito, si precipitarono ad abbracciarla, felici di rivederla. Solo Kennedy rimase in disparte, poggiata al muro per non cadere.

 

<Sono felice anch'io di rivedervi!>. Disse Willow, quando anche l'ultimo abbraccio di Giles si sciolse.

 

<Entriamo in casa ora, però!... Parleremo dopo!>. Decise la rossa. Buffy annuì e tirò fuori da una tasca le chiavi dell'appartamento. Un momento dopo tutti entrarono. Willow stava per seguire Dawn all'interno, ma notò che Kennedy non si era mossa ancora dalla sua posizione, poi vide la gamba ferita e sanguinante. Allora andò da lei e le fece mettere un braccio sulle sue spalle:<Vieni, ti aiuto!>. Le disse. Kennedy accettò malvolentieri il suo sostegno, ma dovette cedere perché si rese dolorosamente conto che i chiodi erano finiti più dentro, meglio conficcati nella sua carne, fin quasi a toccare l'osso.

 

Xander chiuse la porta a doppia mandata, mettendo anche il gancio di sicurezza, mentre le due ragazze andavano verso il tavolo della cucina. L'appartamento era semivuoto, ma in qualche modo rispecchiava esattamente la personalità del suo proprietario: Tomas.

 

<Ho faticato un po' per trovare questo posto!>. Ammise la strega, mentre faceva sedere cautamente la sua ragazza su una sedia.

 

<Be', per fortuna che l'hai trovato comunque o saremmo stati davvero nei guai!>. Rispose Xander, con un sorriso sincero sulle labbra. I due si scambiarono un'occhiata, poi l'attenzione della strega tornò alla gamba ferita della sua ragazza.

 

<Come mai sei tornata senza avvisarci? Tutto... a posto lì a Los Angeles?>. Chiese Buffy, un po' incerta. Willow annuì andando a prendere un paio di forbici per liberare la gamba di Kennedy dalla stretta dei pantaloni.

 

<Non è proprio tutto a posto. Ma vi racconterò domani!... Ora rattoppiamo le varie ferite e andiamocene a dormire: non so voi, ma io sono esausta per oggi!>. Disse la ragazza, iniziando a tagliare la stoffa. Le ferite erano peggio di quello che sembravano e i chiodi erano ben conficcati, proprio come aveva stabilito Kennedy poco prima.

 

<Ma come diavolo è successo?>. Chiese Willow, studiando la gamba. Kennedy fece spallucce:<Sono ruzzolata sul bancone da lavoro di casa nostra!>. Rispose la Cacciatrice, evitando di guardare la sua ragazza in faccia.

 

<Quello a cui hai messo fine tu era il quarto attacco che subivamo dacché è tramontato il sole oggi!>. Disse Buffy, occupandosi della ferita alla tempia di Xander. Willow sollevò un sopracciglio, sorpresa nell'apprendere quella notizia.

 

<Siamo alla resa dei conti, vero?>. Domandò retoricamente.

 

<E tu come lo sai?>. Ribatté Dawn, portando delle garze a sua sorella. Willow le lanciò una breve occhiata:<Perché altrimenti Habel non s'impegnerebbe tanto contro di noi!>. Esclamò la rossa. Un momento dopo si alzò da terra e prese Kennedy per mano, portandola in camera da letto. Poi andò in bagno e prese un asciugamano grande, lo piegò in tre e lo mise sul lenzuolo candido; infine, disse a Kennedy di sedersi lì. La Cacciatrice lo fece, ma chiese quali fossero le intenzioni dell'altra.

 

<Voglio curarti, Kenny!... Ma devi stenderti e lasciarmi fare!>. Rispose Willow, sospirando. Un momento dopo la strega tornò in soggiorno e si avvicinò a Xander, posandogli una mano sulla fronte ancora sanguinante.

 

<Il solito pasticcione!>. Gli disse, amorevolmente. Un istante dopo iniziò a sussurrare qualcosa fin quando una luce candida non scaturì dalla propria mano e la ferita del suo amico si chiuse magicamente. Sparì il sangue, il rossore dell'infiammazione e il gonfiore. Al loro posto, comparve una piccola cicatrice non più lunga di un apio di centimetri.

 

<Fatto!>. Esclamò la rossa, sorridendo. Xander le prese la mano fra le proprie e gliela baciò.

 

<Grazie Willow!... E scusami... di tutto, ti prego!>. Esclamò il giovane, sinceramente contrito. Willow gli ravviò i capelli e gli posò un delicato bacio nel punto dove prima stava sanguinando.

 

<Hai chiesto scusa abbastanza, Xander!... Non farlo più, non serve! Abbiamo sbagliato in due e abbiamo pagato in due. Ora basta!>. Gli disse, deponendo le armi in maniera definitiva contro di lui. L'altro annuì, poi la lasciò tornare da Kennedy.

 

Willow si mise seduta al fianco della ragazza e le carezzò la coscia delicatamente, vicino alla ferita.

 

<Pronta?>. Chiese, mentre anche Buffy entrava nella stanza. Kennedy annuì sicura di sé. Allora la strega estrasse i chiodi uno a uno, rapidamente, senza esitazione e subito dopo fece lo stesso coi vetri. Kennedy più volte dovette serrare la bocca per non gridare, ma non pensò neppure per un secondo di dire all'altra di smettere: era come se volesse quel dolore, come se se lo meritasse. E non aveva intenzione di sfuggirgli.

 

Quando anche l'ultima scheggia fu rimossa, Willow premette un panno sulle ferite e Buffy disse:<Vado a prendere la valigetta del pronto soccorso. Credo proprio che le servano dei punti!>. Ma Willow scosse la testa e fissò Kennedy negli occhi, costringendola a non distogliere lo sguardo da lei stavolta.

 

<Non servono punti. Penso io a lei!>. Esclamò Willow. Un momento dopo, così come lo aveva fatto per Xander qualche minuto prima, guarì le ferite della propria ragazza col tocco della propria mano e il potere magico da essa scaturito. Un minuto dopo solo piccole ferite a forma di stella marchiavano la coscia della giovane.

 

<Finito anche qui!... Ora andiamocene a dormire, vi prego!... Sono davvero esausta e non mi riposo da questa mattina!... Parleremo domani, promesso! Mi aggiornerete in mattinata!>. Propose la Strega Rossa, sbadigliando e stiracchiandosi un po'. Nessuno ebbe da ridire, nemmeno Dawn che sembrava incontenibilmente felice di riavere Willow lì.

 

<Va bene, tesoro! Facciamo come vuoi e domani parleremo. Su una cosa hai ragione... con Habel siamo arrivati alla resa dei conti e... dovremo combattere di nuovo con tutte le nostre forze, temo!>. Disse Buffy, seria.

 

Willow annuì.

 

Avrebbero combattuto anche con le unghie se fosse stato necessario, e poi lei sarebbe tornata da Nicolas: non l'avrebbe lasciato solo, non sarebbe uscita dalla sua vita senza nemmeno tentare di farlo ragionare. Anche per lui e Aaron avrebbe lottato.

 

CAPITOLO VENTISETTESIMO: L'ULTIMA ALBA

 

             Era notte fonda ormai, anzi fra un paio d'ore al massimo avrebbe cominciato ad albeggiare. Willow aveva cercato di dormire, ma proprio non era riuscita a prender sonno ripensando alla discussione con Nicolas e alla prognosi che Jasper le aveva rivelato. Si era girata e rigirata nel letto, cercando di far piano per non svegliare Kennedy e Dawn che le dormivano affianco. Non era un problema di spazio: il letto di Tomas sembrava enorme e tre persone c'entravano benissimo.

 

E non era nemmeno un problema di posizione o di stanchezza perché la ragazza si sentiva talmente tanto esausta che avrebbe dovuto riuscire a dormire anche su un letto di chiodi durante un bombardamento.

 

Eppure le sue palpebre si riaprivano dopo pochi minuti dall'essersi chiuse.

 

Era per questo che aveva deciso di alzarsi e fare qualcosa. Ma cosa? Quella casa non era piccola, ma non bastava per sei persone o, almeno, non bastava per far sì che una di loro potesse sfruttare la sua insonnia per fare qualcosa di costruttivo senza disturbare gli altri. Fu così che la ragazza decise di andare a prendere una boccata d'aria sul terrazzo. Da lì c'era una vista stupenda, notò appena uscita. Si affacciò alla balconata e fissò le fioche luci della città, ricordando i bei momenti in cui aveva fatto qualcosa di simile a casa sua, dalla finestra della piccola soffitta che spiccava al disopra quasi di tutte le altre ville attorno alla sua e che le permetteva di guardare San Francisco da una posizione privilegiata. Adorava quella veduta e in quel momento averla a disposizione anche lì, in quella specie di rifugio arrangiato, le diede un senso di conforto che non si aspettava.

 

Indossava solo una canottiera leggera in microfibra e dei calzoncini, due dei pochi indumenti che Buffy aveva pensato di prenderle e di portare lì quando si erano trasferiti da casa; soffiava una brezza leggera, ma la ragazza non aveva freddo: era come se da quella mattina nulla più potesse scalfirla. Tornò dentro un momento, giusto il tempo per prendere un po' di thé freddo dal frigorifero; poi tornò fuori e poggiò un gomito alla ringhiera in ferro battuto.

 

Ricordava anche di aver fatto una cosa simile quando stava a Los Angeles: dal tetto dell'Hyperon c'era un panorama bellissimo, anche se a lei era sembrato terribilmente freddo. Ripensandoci, però, arrivò alla conclusione che di notte le città da lontano si somigliano tutte. Quindi probabilmente aveva giudicato Los Angeles fredda solo perché lei non aveva voglia di stare lì e aveva accettato solo per far piacere a Buffy e per evitare ulteriori problemi con Kennedy o con altri.

 

Il rumore della portafinestra che scorreva alle sue spalle le disse che non era più sola sul quel terrazzo; allora si voltò a vedere chi fosse e trovò la sua ragazza vestita più o meno come lei che la fissava appoggiata allo stipite della porta, a piedi nudi e braccia conserte. Le cicatrici sulla sua coscia brillavano nella penombra, anche se era una notte quasi senza luna.

 

<Stai male?>. Le chiese la ragazza, fissandola con quello sguardo triste che lei detestava. Lo odiava profondamente perché quando Kennedy era triste, solitamente era a causa sua.

 

<No! - Rispose – Ma non riuscivo a dormire!>. La ragazza mora annuì, come a dire che anche lei aveva quel problema e difatti era lì con lei anziché nel letto. Willow si voltò di nuovo e diede un'altra rapida occhiata alla città, come se fra quelle finte lucciole potesse trovare l'ispirazione per parlare con Kennedy: era arrivato il momento di smetterla di scappare.

 

Sospirò, poi bevve l'ultimo sorso del proprio thé e si voltò di nuovo verso l'altra.

 

<Io... non credi che abbiamo qualcosa da chiarire?>. Disse, posando il bicchiere sul tavolo di legno che aveva vicino. Kennedy la fissò negli occhi cambiando espressione, indurendosi, serrando la mascella.

 

< No, non ho voglia di parlare di niente ora! >. Esclamò secca. Willow si passò una mano fra i capelli, ravviandoli in un gesto frustrato.

 

< Andiamo, Kenny!... Se non vuoi parlare allora perché sei qui? >.

 

< Perché pensavo che stessi male! >.

 

< Oh, sto benissimo fisicamente: dovresti essertene accorta, a Los Angeles! >. Ribatté, dando un colpo a ll'altra che in realtà non aveva voluto lanciarle di proposito.

 

Kennedy si ritrasse e drizzò le spalle, scostandosi dalla finestra: la sua reazione a quelle parole.

 

< Me lo rinfaccerai a vita, vero? Ok, va bene, me lo merito!... Ma non mi va di parlarne ora! Non è il momento ed è tardi, dovremmo dormire visto che domani ci aspetta una giornata molto piena e una nottata... mah! Non so nemmeno se sopravviveremo domani notte! >. Disse la Cacciatrice, come se non le importasse poi molto l'esito della battaglia che avrebbero combattuto.

 

< E' proprio perché non sappiamo se ne usciremo fuori vive che dovremmo approfittare di questo momento e parlare! >. Disse Willow, decisa a farsi dare ascolto. Ma Kennedy si chiuse in un mutismo serrato, fissandosi i piedi come fosse stata una bambina che stava prendendo una sonora sgridata dalla maestra.

 

La rossa attese che l'altra dicesse qualcosa, che la guardasse, ma Kennedy per lunghi istanti non si mosse, quasi fosse imbalsamata. Allora Willow si fece coraggio e iniziò per prima.

 

< Va bene! Non vuoi parlare? Almeno ascolta, però!>. Esclamò, andandole vicino e prendendole una mano nelle sue. <Mi spiace se ti ho fatta preoccupare... se ti ho ferita!... Io... non volevo, lo giuro, tesoro!... Ti amo e non ti ferirei mai volontariamente!>.

 

Kennedy alzò gli occhi verso i suoi, ma rimase in silenzio.

 

 

 

Allora perché sei andata a letto con Xander? Perché lui è riuscito a darti il conforto che io non riesco a darti mai, nonostante i miei sforzi? Pensò, dolorosamente, la Cacciatrice. Eppure non parlò.

 

 

 

<L'incidente... l'operazione... mi hanno spaventata, Kennedy, mi hanno reso vulnerabile perché... perché finora pensavo di potermela cavare in tutte le situazioni: sono sopravvissuta a ben più che uno scontro con una vetrina!... Eppure... Tomas ha parlato chiaro, molto chiaro. E ha detto che sono stata ad un passo dalla morte, viste le ferite riportate e l'emorragia che ne è conseguita... Ho perso qualcosa in quello scontro e non parlo di sangue, non parlo di coraggio...>. Aggiunse Willow, prendendo poi una pausa ma senza mai smettere di carezzare le dita dell'altra con le sue. Quello che le aveva detto finora non era una bugia, ma era solo parte della verità e non era certa di volergliela dire tutta. Anzi, non poteva proprio dirgliela tutta.

 

Ma Kennedy non sapeva cosa le passasse per la testa.

 

 

 

Avanti, Will!... Dimmi del bambino! Dimmi di te e Xander!... Sii completamente sincera con me per una volta!... Dimmi che hai perso la tua unica speranza di diventare madre e piangi con me... affidati a me!... Avanti!... Pensò Kennedy, mentre l'altra iniziava a tremare impercettibilmente.

 

Dimmelo e ti perdonerò, sarà tutto passato... tutte le mie ferite si rimargineranno in un momento perché... non posso vivere senza di te!

 

 

 

<... Ho perso la mia incoscienza, Kennedy! La mia certezza di essere in qualche modo invulnerabile... e ho preso violentemente atto che potrei essere uccisa in qualunque momento e che le persone che amo, tutte le persone che amo, potrebbero fare la mia stessa fine! >.

 

Kennedy sorrise ironica, improvvisamente piccata per non essersi sentita dire ciò che aveva sperato.

 

Era combattuta fortemente fra il senso di colpa per averla trattata male, a Los Angeles, e il sentirsi vittima delle bugie della rossa. Erano giorni che si sentiva così e la sua coscienza altalenava continuamente fra il rancore e il rimorso. Ma in quel momento vinse il rancore.

 

< E te ne sei accorta solo ora? Sono anni che fai questa vita, Will. Non è stata la prima volta che hai rischiato la vita e sicuramente non sarà l'ultima, quindi... scusa, ma non ti capisco! >. Ribatté dura, quasi beffarda nei confronti dell'altra.

 

< Non mi capisci?... Come puoi non farlo?... Non m'importava più di tanto se mi facevo male io, mi bastava che voi foste al sicuro! Ma ora mi hanno dato la prova tangibile che mi sbagliavo perché non sono così forte come pensavo, né fisicamente né psicologicamente e... >.

 

< E cosa? Ora non vuoi più farti male ma possiamo farci male noi? Hai cambiato le tue regole, l'importante è che tu non soffra? >.

 

Willow spalancò gli occhi, sinceramente ferita da quell'accusa affatto velata che l'altra le stava rivolgendo.

 

< No, non sto dicendo questo, maledizione!... Penso ancora che è mille volte meglio se soffro io e non qualcuno di voi, ma... ho bisogno del tuo sostegno, Kennedy, o non riuscirò ad andare avanti, non riuscirò a combattere ancora! >.

 

< Cristo, Will! Parli come se io non ti avessi mai dato il mio sostegno quando invece sai che morirei per te! >.

 

Sbottò Kennedy, liberando la mano con uno strattone. Stava cercando con tutta sé stessa di controllarsi, ma non era semplice perché non sopportava l'idea che l'unica persona che contasse qualcosa nella sua vita le stesse mentendo.

 

No, va bene, non le stava mentendo completamente. Però stava omettendo i motivi che l'avevano mandata in crisi; eppure le stava chiedendo di aiutarla. Ma come poteva riuscirci in quelle condizioni.?

 

< Vuoi il mio sostegno, Will? Ce l'hai, eccomi, sono qui solo per te!... Vuoi il mio amore? Hai anche quello: hai il mio cuore, la mia anima e il mio corpo, ogni volta che vuoi, ogni volta che ti serve, che ne senti il bisogno!... Eppure... quando ho cercato di starti vicino, di non farti sentire sola... tu mi hai allontanata da te!... Va bene, Angel aveva bisogno di te... ma sei sparita per quasi tre mesi! Al telefono sembrava che ti dessi fastidio ed ero sempre io a chiamarti, a cercarti!... Cazzo, non c'eri mai, o eri impegnata, o eri a casa di quel Nicolas!... Come credi che mi sia sentita? E quando parlavi con me... mi trattavi come se fossi una compagna di scuola con la quale avevi poco a che spartire oltre ai compiti, mentre io... io sarei partita tutti i giorni per venire da te! Mi sarei fatta più di cento miglia solo per stringerti cinque minuti fra le braccia, darti un bacio e poi ripartire per tornare qui a combattere, lavorare e... diventare matta dietro a due fottuti vampiri che si fanno la guerra l'un l'altro! >.

 

< Dea Santa! Ma io non volevo escluderti, Kennedy! Solo che... >.

 

< Solo che quando sei in crisi, proprio non riesci a volermi al tuo fianco!... E allora mi chiedo... che ci faccio qui, Will? Che stiamo facendo io e te sotto lo stesso tetto? >.

 

< Non devi prenderla in questo modo, tesoro! Lo sai che ti amo e che... io ho bisogno di te, ma penso sempre che sia ingiusto appoggiarmi sulle tue spalle! >.

 

< E perché trovi ingiusta una cosa simile ora che sei la mia ragazza, ma non la trovavi ingiusta quando stavi con Tara? >.

 

Willow boccheggiò al sentire quel nome uscire proprio dalle labbra di Kennedy. Non capitava spesso che la cacciatrice tirasse in ballo Tara nei loro discorsi, e soprattutto non capitava mai che lo facesse quando litigavano.

 

< Che... che c'entra Tara?... Non tirarla in ballo! >.

 

< Oh, invece la tiro in ballo eccome!... Io e te siamo una coppia, presumibilmente. Ed è normale sostenerci l'un l'altra!... Questo ragionamento ti stava bene quando stavi con lei, no? L'hai difesa dai suoi parenti quando volevano trascinarla via da Sunnydaile e lei si occupava di te quando avevi l'influenza o quando ti ferivi in qualche scontro. Me lo hai raccontato, ricordi? Ma adesso non ti sta bene fare lo stesso con me! >

 

< Non è vero quello che dici! Io voglio essere un sostegno per te e vorrei anche che tu mi sostenessi quando ne ho bisogno, ma... stavolta è stato diverso! Non l'hai visto? >.

 

< Diverso perché? >.

 

Kennedy le stava dando un'altra opportunità di vuotare il sacco, un'altra possibilità di dirle la verità e di smettere di nascondersi dietro a bugie e silenzi come aveva fatto fino a quel momento.

 

 

 

Ti prego, Will! Fidati di me...! La supplicò mentalmente Kennedy, senza mai staccare i propri occhi da quelli più chiari della strega.

 

 

 

Ma Kennedy non sapeva che Willow si era ripromessa di non rivelarle mai quella verità perché riteneva che la cosa sarebbe stata troppo dolorosa da sopportare per la sua giovane ragazza, tanto impulsiva quanto bella. Inoltre, non voleva distruggere quella che considerava la loro famiglia ed era certa che se anche Giles e Dawn avessero saputo di lei e Xander, quella peculiare unione fondata sulla fiducia e sull'affetto si sarebbe spezzata, come il cuore di Kennedy.

 

 

 

< Perché... perché stavolta... ho visto la morte in faccia e ho avuto paura, paura di non riuscire a riprendermi. E quando sono dovuta partire... semplicemente ho deciso di farcela da sola! >.

 

Aveva mentito ancora.

 

Kennedy abbassò lo sguardo fino a chiudere gli occhi, poi sorrise amareggiata e profondamente  ferita: aveva appena ricevuto la conferma che Willow non aveva un minimo di fiducia in lei. Avrebbe voluto morire, lì, sul quel terrazzo, in quel preciso istante.

 

Per un momento pensò di dirle che lei sapeva tutta la verità e che non le avrebbe permesso di prenderla ancora per il culo, magari di darle quello schiaffo che avrebbe voluto darle fin dall'inizio e di urlarle contro che non era giusto come si era comportata e che era ancora più ingiusto come si stava comportando ora. Forse avrebbe potuto andare di là, in soggiorno, e trascinare Xander per i capelli fino a portarlo davanti a lei e farli confessare.

 

Ma a cosa sarebbe servito?

 

Lei non avrebbe ottenuto giustizia perché aveva imparato che la giustizia non è di questo mondo; e non avrebbe ottenuto sollievo o soddisfazione perché, una volta realizzato anche solo uno di quei propositi, se ne sarebbe dovuta andare e avrebbe perso definitivamente la sua dea. Sì, perché che lo volesse o no, Willow per lei era come la Dea che la sua strega tanto adorava. Era come l'aria nei polmoni o come l'acqua per una pianta.

 

Inoltre, se avesse agito in quel modo, l'indomani notte probabilmente nessuno di loro sarebbe stato pronto per combattere contro Habel e i suoi vampiri e il Mondo avrebbe rischiato ancora di essere distrutto.

 

 

 

Mettere di nuovo le necessità di tutti gli altri sopra alle mie... Sono una Cacciatrice, che posso aspettarmi altrimenti? Ora capisco perfettamente cosa provava Buffy quando diceva così...

 

 

 

<Va bene, Willow! Ho capito... Ora però... è tardi. Vado a dormire e... ti consiglio di fare lo stesso. Buona notte!>. Sussurrò Kennedy. Willow stava per avvicinarsi di nuovo, forse per toccarla o magari per baciarla. Ma l'altra non le diede il tempo perché si voltò e se ne andò.

 

La strega sbuffò frustrata, lanciando un'ultima occhiata alle luci della città e vide che il cielo si stava schiarendo all'orizzonte. Quello che non vide fu una lacrima di Kennedy che spuntò rapidamente dall'occhio e scese senza freni giù per la guancia, fino al mento, per poi cadere a terra. L'aveva ferita molto più di quanto non avesse calcolato... solo che non lo sapeva.

 

 

 

 

 

 

 

            Il fuoristrada di Willow si fermò vicino alla stazione di servizio che Kaine aveva indicato a Buffy. Era tutto spento e in giro non c'era nessuno. Avevano deciso di andare tutti con una sola auto per rimanere sempre insieme, qualunque cosa accadesse: Buffy era convinta che fosse l'unico modo per sopravvivere nel caso i seguaci di Habel si dimostrassero più accaniti e addestrati di quanto non fossero sembrati fino a quel momento. Tuttavia, Willow per sicurezza volle parcheggiare sul retro. Ogni componente del gruppo scese rapidamente e come fossero stati militari di un commando, un momento dopo aprirono il cofano posteriore dell'auto e iniziarono a scaricare le armi che avevano scelto da portare con loro per quella battaglia; si trattava per lo più di balestre, ma c'era anche qualche coltello ben affilato, un paio di katane e un'ascia abbastanza grande da poter spezzare di netto un femore.

 

<Carina quella!>. Commentò Xander, guardando Kennedy mentre la prendeva per poi poggiarla a terra, assieme alle altre cose. La ragazza le lanciò una breve occhiata: era nuovamente di pessimo umore.

 

<Queste sono meglio!>. Rispose, mostrando al carpentiere dei pacchetti di un qualcosa che sembrava pongo tutti non più grandi di un accendino. Xander ne prese uno in mano e lo studiò attentamente. Dopo un momento sgranò gl occhi e sussultò.

 

<Ma sei scema? E questo dove l'hai preso?>. Chiese, quasi dimenticandosi di parlare sottovoce. Il suo tono allarmato richiamò l'attenzione degli altri che si avvicinarono a lui e alla Cacciatrice per capire perché Xander aveva gridato.

 

<Che succede? Abbassate la voce, non si sa mai chi c'è in giro!>. Disse Buffy, strattonando il suo amico. Xander le mostrò il pacchetto che ancora teneva in mano.

 

<Succede che Kennedy è imbecille!... Ha portato con sé dell'esplosivo al plastico, cazzo!>. Disse Xander, guardando la ragazza della sua migliore amica in cagnesco.

 

<Tu... cosa?>. Chiesero all'unisono Giles, Dawn e Buffy. Fu allora che s'intromise Willow:<Sono stata io a chiederglielo... questa mattina!>. Disse la strega, togliendo l'esplosivo dalle mani di Xander e rimettendo il pacchettino assieme agli altri. Tutti la fissarono sbalorditi e contrariati.

 

<Ok, o sei diventata matta o hai un piano preciso di cui non ci hai parlato ancora!>. Sentenziò Buffy, cercando di essere paziente. Willow annuì:<Ho un piano, ovviamente!... Se Kaine non riuscisse a tenere testa ad Habel o se il nostro caro vampiro sanguinario riuscisse a mettere le mani sul talismano di Soid prima del suo gemello... ci servirà un piano bi e... quel plastico è il nostro piano bi!>. Spiegò la rossa, finendo di scaricare le ultime cose rimaste sulla sua auto assieme ad una silenziosa Kennedy. Quest'ultima sembrava non essersi nemmeno scomposta quando Xander le aveva dato dell'imbecille, come se non le importasse essere offesa da lui o da chiunque altro. Willow l'aveva notato e se n'era dispiaciuta, anche se decisamente quello non sarebbe stato il momento migliore per una discussione.

 

Le venne spontaneo comunque domandarsi se le cose fra loro sarebbero mai tornate normali.

 

<E siccome tu sei un soldato esperto in esplosivi, sai anche quanto plastico mettere e dove per... ottenere qualunque cosa tu voglia ottenere!>. Disse Buffy, guardando la sua amica come se fosse stata una pazza.

 

<No, l'esperto soldato non sono io ma Xander!>. Ribatté Willow. Il ragazzo sorrise incredulo:<Io?>. Chiese, indicandosi. L'altra lo guardò annuendo:<Certo, tu!... Ricordi la faccenda di Halloween e tutto il resto? Io fantasma, Buffy gatta e tu soldato?>.

 

<Certo che lo ricordo e ricordo pure l'addestramento che non ho mai fatto e tutto il resto! Ma temo che dovrai spiegarmi meglio il tuo piano per fare in modo che io possa attuarlo!>. Sbottò Xander. La verità era che non aveva affatto voglia di giocare con qualcosa che poteva fargli saltare chiappe e annessi.

 

<Il piano è semplice! Tu ti studi la piantina della chiesa e delle sue fondamenta. Mentre noi combattiamo, tu corri nei punti strategici a piazzare cariche d'esplosivo in modo che se decidessimo di attivarle... la chiesa crollerebbe con dentro tutti i vampiri. E quando dico tutti, intendo tutti!>. Disse Willow, guardando l'altro negli occhi.

 

<Compresi gli uomini di Kaine? Non è molto leale il tuo piano!>. Commentò Dawn.

 

<E chi se ne frega?!... Nella mischia sarà difficile per noi riconoscere nemici e alleati. Se Kaine fallisce, dobbiamo assicurarci che né suo fratello né nessuno del suo clan sopravviva per darci la caccia o non riusciremo più a girare di notte senza rischiare d'essere aggrediti per vendetta!>. Rispose Willow, con tono duro. Quel che diceva era vero, pensò Giles.

 

<Ok, penso che lei abbia ragione!>. Disse allora, l'Osservatore. Gli occhi degli altri ora si puntarono su di lui.

 

<Davvero, Giles? Cioè, parla sul serio?>. Chiese Buffy, quasi incredula per la sorpresa.

 

<Sono serissimo!... Dobbiamo avere un... hem... piano di riserva e distruggere tutto, sotterrando i nemici... è il piano migliore che possiamo attuare in così poco tempo! E visto che Willow ha procurato anche il materiale occorrente, oltre ad elaborare l'idea... penso che dovremmo appoggiarla!>. Disse l'uomo, con un tono calmo che quasi stonava con tutta la situazione. Xander sbuffò, accarezzandosi ripetutamente il pizzetto che si era lasciato crescere nelle ultime settimane e pensando intanto alla fattibilità di quell'idea. Dopo alcuni secondi disse:<Ok, ci sto!>.

 

<Ottimo!... Nella sacca c'è anche un detonatore. Basta far esplodere una carica per far sì che l'esplosione coinvolga anche le altre cariche. Quindi non sarà un lavorone. Ma devi comunque sbrigarti: ci servi per combattere!>. Esclamò Willow, indicandogli una delle borse che Kennedy aveva appena finito di scaricare dall'auto.

 

Qualcuno dalle loro spalle iniziò ad applaudire.

 

Tutti loro si voltarono di scatto minacciosi, credendo che fosse un attacco a sorpresa. Ma si sbagliavano. Dall'ombra, infatti, spuntò Kaine vestito interamente di nero, coi capelli legati e un sorriso splendente che faceva risaltare come sempre la sua dentatura aguzza, bianca e perfetta.

 

<Porca puttana, Kaine! Rifallo e t'impaletto io personalmente, con le mie mani!>. Esclamò Kennedy, fissando il vampiro con rabbia. L'altro le si avvicinò e le carezzò una guancia sotto lo sguardo stupito degli altri, Kennedy lo lasciò fare come se quello fosse un gesto abituale. E, in effetti, nell'ultima settimana lo era diventato davvero perché nonostante la scarsa pacatezza della ragazza, il vampiro aveva trovato in lei quella dolcezza che raramente aveva visto in qualcuno. Kennedy era impetuosa e spesso sgarbata coi suoi modi spiccioli; eppure l'aveva studiata, osservata attentamente, ascoltata in tutti i suoi sfoghi casuali e non...

 

Kennedy era più fragile di chiunque avesse mai conosciuto, ma aveva imparato benissimo a dissimulare la sua vera essenza e per questo aveva preso molti calci sui denti in vita sua. Gli ultimi, glieli aveva dati proprio l'ultima persona che avrebbe dovuto farlo: la ragazza di cui si era perdutamente innamorata. Willow, l'unico essere umano per cui Kennedy si sarebbe lasciata ammazzare senza ripensamenti.

 

Kaine aveva pena per lei.

 

Kaine provava ammirazione per lei.

 

Kaine aveva imparato in qualche modo a volerle bene nonostante tutto.

 

E Kennedy, pur non ammettendolo apertamente, aveva accettato quell'affetto e lo aveva sfruttato per restare in piedi.

 

<Non sono solo, naturalmente. Ma eravate troppo impegnati a parlottare fra voi per accorgervene! - Disse il vampiro, indicando il buio alle sue spalle. Da lì spuntarono gli uomini del suo clan e davanti a tutti l'albino.- Bel piano, comunque, strega!... A quanto pare sei brava nell'elaborare... strategie di riserva!>. Aggiunse, dopo un momento.

 

< E tu che ne sai di cosa sono brava a fare?... Tu, piuttosto, vedi di non fallire o sotto le macerie potrei sotterrartici senza scrupoli. Hai sentito anche questa parte del discorso, giusto? >.

 

< Sì, e l'approvo. Ma... ti do un consiglio, strega: corri veloce nel caso decidessi di attuare... il tuo piano bi!... Potresti rimanerci anche tu sotto le macerie! >.

 

I due si fronteggiarono guardandosi negli occhi, sfidandosi silenziosamente. A Willow non era piaciuta la carezza che quel non morto aveva dato a Kennedy, la sua Kennedy. D'altro canto, Kaine non aspettava altro che una mossa falsa della Strega Rossa per rinfacciarle i suoi errori e le sue mancanze nei confronti della Cacciatrice mora. Era una questione di simpatia: nessuno dei due ne provava per l'altro.

 

<Ok... adesso basta! Si è fatto tardi e dobbiamo andare!>. Intervenne Kennedy, spingendo delicatamente Kaine affinché si allontanasse da Willow di un paio di passi. L'altro la guardò e capì che non era il caso di continuare con quel gioco o ce l'avrebbe avuta contro.

 

<Hai ragione!... Muoviamoci!>. Ordinò Kaine, perentorio. Ce l'aveva più coi suoi uomini che con gli altri, ma anche il gruppo di Buffy si mosse.

 

Era davvero arrivato il momento di dare inizio alle danze.

 

Willow afferrò una delle spade e ne legò il fodero alla cintura, poi s'incamminò sicura e irritata verso il luogo prestabilito per la battaglia. Kennedy la raggiunse e l'afferrò per un braccio, fermandola e facendola voltare.

 

<Dobbiamo parlare un attimo!>. Disse, mentre i loro amici e i vampiri le sorpassavano. Kaine le guardò per un momento, ma poi passò oltre anche lui in silenzio.

 

<Non è questo il momento, Kennedy! E poi... ci siamo già dette tutto ieri notte!>. Ribatté Willow, irritata inspiegabilmente anche con lei.

 

< Non ci siamo dette tutto! Molto... ma non tutto! >.

 

< E ti sembra questo il momento per farlo? >.

 

< Potrebbe non essercene un altro! Quindi... sì! >.

 

Willow abbassò lo sguardo per un momento, poi si arrese a quella verità.

 

< Ok, Kenny! Ti ascolto! >.

 

La verità era che la cacciatrice aveva riflettuto di continuo sulla loro situazione, su quello che avevano fatto e non fatto, su ciò che si erano dette e su ciò che si erano taciute; la sua coscienza era ancora altalenante, ma lo scontro che la strega aveva appena avuto con Kaine l'aveva convinta di una cosa: per quanto Willow si fosse comportata male con lei, non aveva mai avuto l'intenzione di ferirla. Lei, invece, quando l'aveva aggredita con parole e fatti, l'aveva fatto con il preciso intento di riscattarsi, di darle pan per focaccia e di colpirla provocandole dolore. Si era vendicata. Non era giusto e non era una cosa che si fa a qualcuno che si ama davvero, ma l'aveva fatto. Così stavano le cose. L'aveva accettato e ne avrebbe pagato le conseguenze.

 

< Bene!...- disse, temporeggiando pochi istanti - Mi dispiace per l'altra sera... a Los Angeles!... Mi dispiace infinitamente per il mio comportamento, per la mia aggressività. Ma... mi hai mandata fuori di testa, Will. Tu... tu... ti sei allontanata da me e io ho creduto che volessi fuggire da noi, dalla nostra storia oltre che dalla nostra casa e... mi sono sentita morire! >.

 

Era incredibile: Kennedy le stava chiedendo scusa. La vittima stava chiedendo scusa al carnefice. Willow si sentì per l'ennesima volta profondamente sporca e sleale, uno schifo di persona che faceva vivere all'inferno chiunque l'amasse.

 

< Kennedy, non devi... >.

 

< Sì che devo! Zitta e ascoltami, ti prego!... Non volevo farti male, non volevo violentarti. Non ti farei mai del male, piuttosto mi taglierei una mano! Ma ho perso la ragione e la pazienza e... ho fatto quello che ho fatto. Eppure, ti giuro su ciò che ho di più caro che non sono venuta a Los Angeles per controllarti o per ferirti, né per... usarti come sfogo per le mie esigenze sessuali. Davvero! Lo giuro sulla mia anima, se vuoi! E... se vorrai, quando questo sarà finito... potrai chiedermi di andare via. Lo farò senza battere ciglio, perché lo merito e tu meriti pace. Ma non aver paura di me... non sono un pericolo per te! Non ti toccherò mai più se non vorrai, promesso! >.

 

Sembrava sinceramente costernata da quello che era accaduto. In lei non c'era più nessuna traccia della persona che aveva preso Willow e l'aveva sbattuta sul letto, giorni addietro. Ne' c'era traccia della donna che la sera prima aveva messo un muro fra sé e la sua ragazza dopo che quest'ultima si era rifiutata di dirle la verità.

 

C'era solo una poco più che ventenne che parlava alla persona che amava quasi tremando, con gli occhi lievemente lucidi e le labbra tirate, sull'orlo del pianto.

 

 

 

In cosa l'ho trasformata, Dea Santa?... Dov'è quella ragazza sicura di sé che mi ha baciata con tanta sfrontatezza in camera mia, la prima volta...?

 

 

 

Si chiese amaramente, Willow.

 

Stava per risponderle, per dirle che non doveva assolutamente scusarsi perché ce l'aveva trascinata lei verso quella sfuriata e perché non era stata assolutamente una vera violenza, solo un modo diverso di amare e sentirsi reciprocamente. Sì perché lei, Willow, avrebbe potuto fermarla, volendo, quella sera. Ma non aveva voluto e non l'aveva fatto. Non era stato sesso violento come lo stava definendo Kennedy, solo amore disperato e dimentico della dolcezza che normalmente lo distingueva. Solo quello.

 

Ma Kennedy non le diede tempo di parlare perché un momento dopo girò sui tacchi e correndo raggiunse Kaine, mettendosi esattamente al suo fianco. Willow la fissò per un momento, poi anche lei raggiunse il gruppo, affiancandosi a Buffy.

 

<Ora so che vinceremo!>. Sentenziò, sicura. La Cacciatrice bionda la guardò strana e ironicamente sorridente:<E come lo sai, di grazia? Hai avuto una visione?>. Le chiese Buffy, non molto sicura che la sua cara amica strega avesse ragione.

 

<No! E' che devo dimostrare a Kennedy che la amo e se crepiamo in questa battaglia, non potrò farlo. Quindi... sono certa che vinceremo!>. Disse.

 

Buffy non capì bene quella frase perché non sapeva degli avvenimenti di Los Angeles, visto che Willow aveva evitato accuratamente di raccontarglieli. Comunque sorrise di più e fece una smorfia d'assenzo.

 

<Se lo dici tu, Strega Rossa... chi sono io per smentirti?... Diamoci da fare, dunque!>.

 

 

 

 

 

            Arrivati vicino alla piccola chiesa fatiscente, i vampiri di Kaine si sparpagliarono scomparendo nel buio della notte ormai calata ovunque; invece il Maestro e il suo fidato braccio destro, Malvius l'albino, rimasero col gruppo di Buffy e insieme a loro si nascosero dietro a dei furgoni. Quel posto brulicava di non morti fedeli ad Habel e quasi tutti erano armati almeno di spranghe e catene. Alcuni di loro erano stati messi appositamente a guardia della zona, altri invece erano intenti a lavorare come piccole formiche indaffarate. Kaine contò tutti gli uomini che erano fuori e, sebbene non fosse certo di aver contato bene, disse a Buffy che erano quasi ottanta.

 

<Fantastico! E dentro ce ne saranno altrettanti... i tuoi quanti sono?>. Chiese la Cacciatrice al suo alleato. Kaine sorrise beffardo:<I miei sono centododici precisi, compreso Malvius!>. Rispose.

 

<Perfetto! Siamo morti!>. Esclamò Kennedy. Il vampiro le lanciò un'occhiata:<Calmati, ragazzina!... I miei sono tutti vampiri anziani, hanno tutti più di cento anni. Quelli di mio fratello no!... Evidentemente lo sciocco ha pensato di espandere il suo clan, ma non ha pensato che un neogenerato non ha nemmeno un quarto dei poteri di un anziano!... Diciamo che avremo parecchio da fare ma che non è un'impresa impossibile!>. Sentenziò, apparendo sicuro.

 

<Ok, quando attacchiamo?>. Chiese Dawn, caricando la balestra a doppia freccia che aveva scelto come propria arma. Kaine controllò attraverso l'oscurità che i suoi uomini fossero in posizione e lo erano quasi, quindi cominciò il conto alla rovescia.

 

<... Tre... due... uno... ora!!!>. Gridò con tutto il fiato che aveva in gola e all'istante i suoi delicati lineamenti divennero quelli deformi del vampiro che era in lui. Con uno scatto felino e un balzo invidiabile a una pantera si catapultò proprio davanti ad un gruppo degli uomini di suo fratello, imitato all'istante da Malvius e dai loro uomini.

 

<C'è Kaine, c'è Kaine!>. Gridò un vampiro operaio, gettando da una parte la carriola che trasportava e preparandosi a colpirlo con un piccone. Ma Kaine lo afferrò per il collo e lo tenne fermo come un coniglio nelle mani del contadino che sta per fare di lui il suo pranzo.

 

<Sì, c'è Kaine! E voi siete tutti morti!>. Disse il Maestro. Un attimo dopo gli ficcò una mano nel petto e gli strappò via il cuore, riducendolo in polvere all'istante. La lotta aveva avuto davvero inizio.

 

Alcuni vampiri, probabilmente i nuovi adepti di cui aveva parlato Kaine, tentarono la fuga ma a quel punto Buffy e i suoi intervennero e fu il caos più totale. Solo Xander rimase nascosto in un angolo a preparare la carica portante di esplosivo al plastico: era quello il suo compito. Preparare le cariche e posizionarle mentre tutti gli altri lottavano. Kennedy aveva deciso di non allontanarsi troppo da lui, in caso avesse avuto bisogno d'aiuto; non che ne fosse entusiasta, ma non aveva poi molta altra scelta. A causa di Xander oppure no, sentiva di aver perso Willow. Il minimo che poteva fare era proteggere i suoi amici, anche se si trattava di qualcuno che in quel periodo avrebbe strozzato volentieri con le proprie mani.

 

Buffy affrontò immediatamente tre vampiri in contemporaneamente e li fece fuori uno dopo l'altro, senza troppi problemi. Dawn si mise a scagliare frecce quanto più rapidamente possibile e constatò una volta in più quanto la sua mira fosse migliorata in quegli anni: una freccia, un vampiro polverizzato. Non male per una che non era ancora nemmeno una matricola universitaria.

 

Anche Willow si stava dando parecchio da fare con la spada: era stato Angel ad insegnarle qualcosa sull'uso della lama giapponese, anche se lei non amava le armi. In quel modo, tuttavia, stava risparmiando energia magica e fisica per un eventuale intervento che avrebbe dovuto fare più tardi. Giles, infine, aveva preso l'ascia che solitamente amava utilizzare Xander e si stava dando da fare sulla destra, accanto a Malvius e a un paio di altri vampiri del suo clan. Era quasi incredibile quello che stava succedendo, si disse: lui che lottava al fianco di quelli che normalmente erano nemici. Se quelli del Consiglio lo avessero saputo, probabilmente lo avrebbero sbattuto fuori di nuovo.

 

            La Strega Rossa si liberò di cinque o sei vampiri con un paio di scariche di fuoco magico per poi continuare a fendere colpi con la spada. Teneva tutta la scena sotto controllo, come se i suoi occhi fossero quelli di un falco intento della caccia. Kennedy si stava dando fin troppo da fare, notò e Xander stava ancora finendo di preparare le cariche esplosive. Uccise un altro vampiro, poi si rese conto che il carpentiere aveva finito perché stava riponendo tutto nella sacca per il trasporto e intanto stava anche dando un'occhiata rapida alla cartina della chiesa che lo stesso Kaine gli aveva fornito. Passarono un altro paio di minuti, poi finalmente Xander la guardò come se si fossero accordati.

 

 

 

Sei pronto? Gli chiese mentalmente, mentre affrontava un altro nemico.

 

 

 

Quando vuoi, Will! Rispose lui.

 

 

 

Conta fino a sessanta, poi scatta! Io, Kennedy e l'albino ti copriremo!

 

 

 

Va bene, Will!

 

 

 

Allora Xander cominciò a contare e a guardarsi intorno, sempre cercando di rimanere nascosto. Doveva trovare la via di fuga più praticabile, un punto di passaggio in quella folla caotica, uno spazio da attraversare senza incorrere in troppi problemi o non sarebbe riuscito ad intrufolarsi nella chiesa. Lo trovò: era sulla sinistra, a un centinaio di metri da sé. Doveva correre a perdifiato per arrivarci rapidamente e passare da lì, ma non gli importava: l'avrebbe fatto.

 

 

 

Kennedy, Malvius! Dobbiamo fare in modo che nessuno tocchi Xander mentre corre per entrare nella chiesa e mettere le cariche al loro posto. Ho bisogno di aiuto da parte vostra!...

 

Disse Willow, sempre con la forza del pensiero.

 

 

 

Il vampiro e la Cacciatrice la guardarono e annuirono. Un momento dopo si posizionarono in modo da poter agire come richiesto.

 

Finalmente Xander scattò e iniziò a correre.

 

Kaine lo vide e si buttò addosso a dei nemici per fare in modo che la via di passaggio fosse un po' più larga; immediatamente, Malvius e Kennedy andarono ad aiutarlo mentre Willow incenerì tutti i vampiri che tentarono di afferrare Xander. Il giovane, fortunatamente, sembrò non accusare i colpi che riceveva di striscio e continuò a correre. Stava per essere colpito da una spranga, ma fu Kennedy a mettersi in mezzo e a ricevere il colpo sulla spalla. Xander la vide piegarsi sulle ginocchia e gridare:<Ah!>. Ma non poteva fermarsi e così proseguì.

 

Un attimo dopo arrivò Kaine e uccise il vampiro che aveva appena colpito la Cacciatrice.

 

<Tutto a posto, Kennedy?>. Le chiese, dandole una mano a rialzarsi. Lei scosse la testa tenendosi il braccio.

 

<Credo che mi abbia rotto la clavicola!>. Disse, massaggiandosi tutto il braccio dolente.<Allora sta' nelle retrovie da adesso in poi!>. Sentenziò il Maestro.

 

<Scordatelo!>. Rispose Kennedy, poi si gettò nuovamente nella mischia, combattendo con la stessa decisione e aggressività di poco prima.

 

Li raggiunse Willow.

 

<Kenny sta bene?>. Domandò a Kaine. Il vampiro scosse la testa:<Per ora regge, ma se va avanti così, si farà ammazzare!... Pensa tu a lei, io vado oltre!>. E scomparve nella folla.      Willow allora si voltò e cercò la sua ragazza con lo sguardo; la individuò quasi subito e notò immediatamente che la Cacciatrice si teneva una spalla. Lei non poteva usare i suoi poteri per guarirla in quel momento, però poteva cercare di renderle la lotta più semplice. Così le corse incontro e con qualche scarica  elettrica la liberò dai nemici che la circondavano, poi uccise gli ultimi con qualche colpo di spada ben assestato.

 

<Qui tutto bene?>. Domandò Buffy, raggiungendole e polverizzando un altro vampiro con il proprio paletto appuntito e lucidato per quell'occasione. La strega dai capelli rossi annuì:<Sì, non preoccuparti! Va' nella chiesa e fa' in modo che Kaine possa affrontare personalmente suo fratello, prima che sia troppo tardi!>. Disse Willow. La bionda però non si mosse perché dubitava che lasciare il fulcro della battaglia fosse una buona idea. Allora intervenne Kennedy:<Ha ragione Will! Devi entrare nella chiesa e aiutare Kaine! Qui ce la caveremo anche senza di te e, tra l'altro, se Habel s'impossessa di quel dannatissimo pugnale, possiamo stare certi che la tua presenza qui sarà stata completamente inutile!>. Disse, cercando di apparire sicura di sé e poco sofferente. Ma la verità era che la spalla le faceva un male bestiale e che aveva il terrore di riceverci un altro colpo sopra. Comunque il suo tono e la sua espressione risultarono convincenti perché Buffy prese la spada di Willow e dicendo:<Non fatevi ammazzare, mi raccomando!>. Si allontanò correndo.

 

<Speriamo che lei e Kaine riescano a far fuori quel folle!>. Commentò Willow, fra sé e sé. Kennedy la guardò e sorrise sarcastica.

 

<Se non ci riescono non avrà importanza perché saremo tutti morti!>. Disse.

 

 

 

            Intanto, all'interno della chiesa sconsacrata e fatiscente Xander si muoveva prudente a piccoli passi, strisciando nell'ombra, fra le panche di legno e le mattonelle dissestate dal tempo per riuscire a posizionare quelle maledette cariche d'esplosivo. Le aveva messe quasi tutte: gliene mancavano solo tre da mettere nei sotterranei e poi il suo compito sarebbe giunto al termine. Contemporaneamente, Kaine stava affrontando tutti i vampiri di suo fratello che, non appena aveva messo piede lì dentro, gli si avventarono contro gridando e agitando le loro spranghe, le pale, le catene e tutto ciò che avevano trovato in giro da usare come arma. Xander, per un momento, quando aveva visto quell'assalto di massa aveva pensato di rivelare la sua presenza lì e di andare ad aiutare Kaine; ma ci aveva subito ripensato perché il Maestro vampiro sembrava tutto fuorché in difficoltà. Riceveva qualche colpo, di tanto in tanto, e i suoi vestiti si laceravano, le sue mani diventavano rosse e la sua pelle sanguinava; eppure continuava a scagliare pugni, calci, a strappare cuori dai petti e a staccare teste di netto, come se nulla fosse. Non sembrava disposto a farsi arrestare da qualcuno di loro. Fu per questo che Xander decise di non intervenire ma di portare a termine la propria parte e sgattaiolò via, verso gli ultimi punti strategici individuati da lui stesso su quella vecchia cartina.

 

Kaine si stava quasi divertendo: erano anni che non gli capitava di potersi confrontare con gli adepti di suo fratello. Aveva pensato d'incontrare difficoltà nell'affrontare i suoi simili, ma aveva scoperto quasi subito che, in realtà, quella forza che lo aveva sempre caratterizzato, l'abilità nel combattere a mani nude e l'energia che gli scorreva in ogni fibra del corpo, non l'avevano mai abbandonato. Un vampiro lo colpì al volto con un pezzo di marmo proveniente dagli scavi che stavano facendo; la sua pelle si lacerò e la ferita cominciò a sanguinare copiosamente. Lui fissò con odio quello stupido che aveva osato tanto, poi si toccò la ferita con la punta delle dita e infine se le leccò, assaporando il sapore del proprio sangue.

 

<Non avresti dovuto!>. Gli ringhiò contro, poi lo scaraventò addosso alla parete con un calcio violentissimo sullo sterno che, un momento dopo, si fracassò e trapassò il cuore del vampiro polverizzandolo. Pochi secondi dopo, Kaine proseguì la sua ricerca: doveva trovare Habel e fermarlo.

 

Anzi, no.

 

Non lo avrebbe fermato perché Habel nella sua follia non si sarebbe mai fermato. Doveva ucciderlo e dargli quella pace che ad entrambi mancava da secoli e secoli.

 

Raggiunse il fondo della chiesa e trovò le scale che conducevano alle catacombe: lì c'era sicuramente suo fratello. Un altro vampiro lo affrontò e gli conficcò un asta di metallo nella pancia. Lui gridò di dolore, ma rimosse subito il ferro dal proprio corpo e lo usò per fracassare la testa al nemico che ruzzolò giù per le scale.

 

<Maledizione!>. Imprecò Kaine, guardando la ferita che gli avevano appena procurato. Se non fosse stato un succhiasangue, come Kennedy definiva quelli come lui, sarebbe già crepato, si disse. Eppure non aveva tempo di fare quelle considerazioni, così riprese la sua avanzata e finalmente vide suo fratello. Stava spronando quei pochi uomini rimasti lontani dalla lotta a scavare più velocemente con le loro dannate pale; gridava, li insultava, gli sputava contro dicendo che erano troppo lenti. Ma  appena suo fratello mise piede in quell'androne, Habel lo avvertì e lo fissò coi suoi occhi piccoli e gialli. Ironia della sorte, lui indossava abiti chiari.

 

Opposti i colori che avevano scelto per quella sera, così come erano opposti i loro caratteri, così come, un tempo, era stata opposta la loro indole.

 

Loro... il giorno e la notte. L'estate e l'inverno. L'acqua e il fuoco.

 

Per un momento, Kaine ripensò a quei tempi lontani, quando era stato un essere umano assieme ad Habel ed erano poco più che ragazzini che giocavano sulla riva di un fiume o tra le pecore dei loro genitori. Dove erano finiti quei due ragazzini? Dov'era il fratello che si occupava di lui nonostante i dispetti che per divertirsi gli faceva?

 

La verità, si disse, era che quel ragazzino era morto da secoli e al suo posto c'era solo un demonio assetato di sangue e potere.

 

Doveva mettere fine a tutto quello... immediatamente.

 

I due fratelli si fissarono negli occhi per alcuni stanti, poi Habel ordinò ai suoi uomini di continuare a scavare qualunque cosa accadesse, minaccioso come raramente si mostrava. Un momento dopo, Abele e Caino corsero uno contro l'altro pronti ad aggredirsi a vicenda.

 

Il momento della verità era vicino. Solo uno di loro avrebbe vinto.

 

 

 

            Buffy arrivò nel punto dove i due fratelli stavano scontrandosi accanitamente, come iene che lottano per aggiudicarsi il pasto della giornata. Vide subito che i due erano concentratissimi su quello scontro, ma che gli uomini di Habel stavano continuando a scavare. Proprio in quel momento, uno di loro disse agli altri di fermarsi e ficcò le mani nella terra, togliendone ancora a palate da quella fossa che avevano creato. Un momento dopo un ghigno maligno gli si disegnò sul viso ed estrasse qualcosa dal terreno. Buffy non riuscì a vedere il talismano, ma solo un fagotto involtato in alcuni stracci lerci e consunti quanto le bende di una mummia dell'antico Egitto.

 

<Eccolo, finalmente!>. Esclamò il vampiro che lo aveva preso dal suo nascondiglio.

 

Non c'era altro tempo da perdere o quel bastardo lo avrebbe consegnato dritto nelle mani del suo Maestro.

 

Buffy diede un'occhiata rapida in giro e non vide alternative: prese la rincorsa e con un incredibile salto mortale scavalcò i fratelli che stavano ancora lottando fra loro senza risparmiarsi colpi; la ragazza atterrò a un paio di passi dagli uomini di Habel e immediatamente colpì con un calcio quello che teneva in mano il fagotto contenente il talismano. Il pugnale fu sbalzato via e nel ricadere a terra si srotolò dalla stoffa che lo aveva protetto, andando poi a conficcarsi nel terreno. Habel lo vide e i suoi occhi brillarono; un attimo dopo si gettò verso l'oggetto sacro, allungando una mano per prenderlo. Riuscì ad impugnarlo, ma suo fratello fu rapido quanto lui e lo colpì sul polso, facendoglielo cadere ancora. Intanto, Buffy prese a combattere coi vampiri che cercavano disperatamente di raggiungere di nuovo il pugnale.

 

<Togliti dalle palle, Cacciatrice. O farai una brutta fine!>. La minacciò uno di loro, colpendola al viso con una gomitata. Lei accusò il colpo e barcollò per alcuni secondi, ma si riprese subito, restituendo il colpo con eguale violenza, tanto che il vampiro ruzzolò nella buca scavata da lui stesso e dai suoi compagni.

 

<Se dessi retta a tutti quelli che mi dicono una cosa simile... Sono la Cacciatrice, scemo!>. Rispose Buffy, soddisfatta del risultato ottenuto e adirata per quel dolore acuto e intenso che sentiva al viso. Probabilmente aveva uno zigomo rotto. Ma non ebbe il tempo per soffermarsi su questo perché gli altri vampiri le si fecero sotto e lei dovette riprendere a combattere, non notando che Kaine era in seria difficoltà. Il vampiro biondo, infatti, stava subendo colpi a raffica da suo fratello che, divertito dallo svolgimento della lotta, continuava a pestarlo impietoso.

 

Un colpo, un altro, un altro ancora...

 

<Vediamo quanto sei pericoloso, Sciagura, senza il tuo braccio destro!>. Disse Habel, ghignando malefico. Un momento dopo colpì col tacco dei suoi anfibi l'omero di Kaine che si fratturò irrimediabilmente.

 

<Aaah!>. Sbraitò il vampiro, contorcendosi dal dolore.

 

Fu proprio in quel momento che arrivarono Kennedy e Xander, spuntando dalla piccola entrata alle catacombe. Kaine li vide e il suo voltò perse tutti i tratti demoniaci. Faticosamente si girò supino e cercò di riprendere fiato, come se veramente gli servisse respirare per vivere. Stava capitolando, ecco come stavano davvero le cose. Suo fratello non era più forte di lui, ma possedeva qualcosa che a lui mancava fin dal momento in cui era stato vampirizzato: la crudele follia omicida che pervadeva ogni minimo capillare di Habel. Non avrebbe battuto il sangue del suo sangue, non sarebbe riuscito ad ucciderlo perché gli mancava il coraggio di farlo di nuovo...

 

<Fate ciò che dovete!>. Gridò, fissando Kennedy negli occhi nocciola arrossati dalla fatica, dal dolore e dalla paura. La Cacciatrice lo guardava ansimante.

 

Scosse la testa:<No!>. Gli rispose. Non voleva assecondarlo: sapeva bene che si stava riferendo al far saltare tutta la chiesa, con lui dentro ovviamente.

 

<Fatelo!>. Disse lui, ancora più deciso. Buffy anche capì, ma volle fare un ultimo tentativo: polverizzò l'unico vampiro ancora rimasto in piedi, poi si scagliò contro Habel che, con un semplice gesto del braccio, la colpì all'addome e la sbatté contro la parete di pietra ruvida della catacomba. Buffy cadde a terra stordita e senza fiato e quasi credette di soffocare prima di riuscire a far entrare nuovamente aria fresca nei polmoni. Habel era troppo forte anche per lei. Kennedy e Xander si precipitarono a tirarla su.

 

<Stai bene?>. Le domandò Xander, preoccupato, tirandola su per un braccio. Lei si tenne l'addome, lì dove era stata colpita.

 

<Ho provato di peggio, ma porca miseria che botta che ho presto!>. Rispose, respirando ancora a fatica.

 

<Buffy, non voglio far saltare le cariche!>. Disse Kennedy, supplicandola con lo sguardo. La Cacciatrice bionda allora guardò la lotta fra i due fratelli vampiri e ancora una volta Habel sembrava essere in netto vantaggio. Sia lui che Kaine avevano afferrato il pugnale e se lo stavano contendendo a strattoni, ma non c'era dubbio su chi avrebbe vinto quella disputa.

 

<Non abbiamo altra scelta!>. Sentenziò Buffy. Poi, senza aggiungere altro, corse via per uscire di lì il prima possibile. Xander e Kennedy non poterono far altro che seguirla ma prima di andarsene, la Cacciatrice dai lineamenti meticci non poté non lanciare un'ultima occhiata a quello strano essere che l'aveva presa in giro mille volte, che l'aveva criticata senza mezzi termini, che l'aveva lasciata sfogare ogni volta che lei ne aveva sentito davvero la necessità, che l'aveva protetta e le aveva regalato la propria amicizia senza aspettarsi poi molto in cambio. Avrebbe voluto salvarlo, ricambiare il favore che lui le aveva fatto: sì perché in realtà Kaine l'aveva salvata da sé stessa non lasciandola sola a crogiolarsi nel proprio rancore e nel proprio dolore. Ma non poteva, non sarebbe riuscita a salvarlo perché era debole e ferita e perché Habel avrebbe ammazzato chiunque avesse tentato di sottrargli il pugnale. Allora si voltò e scappò via, correndo rapida come il vento. Kaine forse non ne sarebbe uscito vivo, ma Habel sicuramente doveva morire.

 

            Appena fuori dalla chiesa, Buffy vide che la lotta tra i due clan ancora proseguiva crudele e ostinata. Cercò l'albino con lo sguardo e lo trovò quasi subito grazie ai suoi capelli bianchi che spiccavano al disopra delle altre teste. Corse da lui evitando qualche attacco.

 

<Dov'è Kaine?>. Le domandò Malvius, appena la vide. Sembrava stanco: aveva perso molte energie combattendo.

 

<E' nella chiesa e il talismano è stato dissotterrato, ma... non ce la farà. Non riuscirà a battere Habel!>. Lo avvisò Buffy. Quelle parole potevano significare solo una cosa e Malvius sapeva bene cosa: avrebbero fatto esplodere la chiesa e sotterrato Habel sotto le macerie. Benissimo! Kaine sarebbe morto con suo fratello, ma non sarebbero stati gli unici vampiri a crepare nell'esplosione, decise l'albino.

 

<Spingeteli ad entrare nella chiesa!>. Ordinò ai suoi uomini, con un grido che sembrò più il ruggito di un leone. I suoi uomini lo fissarono e capirono; un momento dopo iniziarono a spingere i nemici nella chiesa e quando tutti furono buttati dentro, Malvius stesso chiuse le pesanti porte in legno massello.

 

<Ora mettete in atto il vostro piano bi!>. Disse il vampiro dai capelli candidi come neve, rivolto a Willow. La Strega Rossa sigillò le porte e le finestre della costruzione con la magia, poi si voltò verso Xander:<Fallo ora, Xan, o sarà troppo tardi!>. Gli disse. Poi tutti si allontanarono dalle mura della chiesa, compreso il carpentiere che per uno strano motivo non riuscì a staccare gli occhi da quelli lucidi di Kennedy: era come se sentisse il suo dolore e, ancora una volta, si sentì in colpa verso di lei.

 

Eppure strinse i denti e... click! Spinse il tasto del comando a distanza del detonatore della carica principale. Un istante dopo si sentì un boato tremendo e la chiesa crollò fra le fiamme, come fosse stato un castello di carte esposto al vento di una tempesta nel deserto. Non c'era rimasto più nulla e il buio della notte era squarciato dai tanti incendi che si erano scatenati.

 

Xander allora distolse lo sguardo e lasciò cadere il comando fra la polvere, incurvando le spalle, svuotato da ogni energia.

 

<E' finita...>. Sussurrò. Ma Kennedy corse verso le macerie e iniziò a scavare con le mani, incurante del dolore alla spalla e delle piccole schegge che le ferivano le dita.

 

<Kaine!... Kaine!>. Chiamò, ma non ebbe risposta. Buffy e Willow si lanciarono un'occhiata a vicenda, poi la strega si avvicinò alla sua ragazza e le mise una mano sul braccio.

 

<Kennedy... niente può essere sopravvissuto all'esplosione!... Mi spiace...!>. Le disse, col tono più dolce che riuscì a trovare.

 

Ma proprio in quel momento, da sotto alcune tavole di legno spuntò Habel che si alzò in piedi e fissò con odio la Cacciatrice. Kennedy non ebbe il tempo di reagire perché fu colpita violentemente dal pugno chiuso del vampiro e crollò a terra. Intervenne Willow che scagliò contro Habel una scarica elettrica fortissima che, purtroppo, il vampiro evitò facendo un balzo indietro.

 

<Brutta puttana!>. Gli sbraitò contro il vampiro, lanciandole poi un sasso che la colpì sulla fronte e la fece cadere a terra sanguinante. Habel poi prese un tubo di ferro da terra e si scagliò contro la strega.

 

<Odio le streghe e odio te perché il tuo provare sensi di colpa mi fa vomitare!... Ho ucciso il tuo sangue, ora ucciderò anche te!>. Disse il vampiro, crudele e intenzionato ad impalare la ragazza con l'arma rimediata dalle macerie. Poi si sarebbe occupato degli altri. Ma Kennedy si frappose fra lui e Willow e bloccò con la mano il tubo.

 

<Non te lo lascerò fare!>. Gli disse, stringendo i denti e rendendosi conto in quel momento che Habel, quando aveva mandato i suoi uomini a cercarli dopo l'accordo fatto al porto, era ben cosciente del fatto che Willow fosse incinta e l'aveva fatta attaccare per ammazzare lei e la sua prole.

 

Stavolta, Kennedy non gli avrebbe permesso nemmeno sfiorarla.

 

<Sta' tranquilla, Cacciatrice. Ammazzo la strega e poi ammazzo te, così vi ricongiungerete all'inferno!>. Disse il vampiro, divertito da quegli occhi scuri che sprizzavano scintille. Li considerava poco più di occhi di un cucciolo arrabbiato e le avrebbe insegnato a non opporsi mai a chi è innegabilmente più forte.

 

Con uno strattone tolse a Kennedy l'impugnatura sull'asta, poi abbassò di nuovo il braccio e le conficcò il tubo nella coscia, la stessa che la sera prima Willow le aveva curato. La ragazza gridò dalla sofferenza e crollò spalle a terra, inerte. Habel sorrise soddisfatto e non si curò di Buffy che stava per aggredirlo per salvare le sue amiche perché voleva finire il lavoro iniziato con quelle due  sporche puttane da quattro soldi. Fu per questo che estrasse con un altro gesto il tubo dal corpo di Kennedy e lo indirizzò verso Will. Voleva davvero che morisse perché quella sciocca non meritava di continuare a vivere: lei aveva il potere e non lo usava. Ebbene, avrebbe rimpianto quell'errore madornale.

 

Il vampiro mosse ancora il braccio per dare il colpo finale alla Strega Rossa, ma un dolore lancinante lo attraversò da parte a parte, partendo dalla sua schiena e arrivando al suo torace, poco sotto il petto, mentre una mano spuntata da dietro lo tratteneva per la gola. Era Kaine e lo aveva pugnalato poco sotto le scapole col talismano di Soid.

 

< C-come... sei... sopravvissuto? >. Gli domandò Habel.

 

< Una lastra di marmo... mi ha... mi ha protetto dal fuco... E' finita, fratello. Il nostro viaggio finisce qui! >.

 

Habel sorrise mettendo la propria mano su quella di suo fratello.

 

< E il... tuo braccio... spezzato? >.

 

< Sono mancino, Habel. Non ricordi?... Non ricordi più chi eravamo, vero? >.

 

Una lacrima scese sulle guance di Kaine, sporche di fuliggine e fango.

 

< E... tu? >.

 

< Sì, io sì!... E' questo che fa la differenza fra noi!... Mi spiace Abele, fratello mio... riposa in pace e che Iddio ci perdoni entrambi! >. Disse. Poi gli posò un lieve bacio sulla nuca e, infine, estrasse il pugnale per infilarlo nuovamente nelle sue carni, un momento dopo, esattamente lì dove c'era il suo cuore. Habel si trasformò in cenere fra le sue braccia come fosse stato di paglia e qualcuno gli avesse dato fuoco dopo averlo cosparso di benzina.

 

Quando la cenere fu portata via dal vento tutta, Kaine cadde sulle ginocchia, crollando come un sacco vuoto. Kennedy si sforzò di raggiungerlo strisciando fra la terra. Lo abbracciò e lo sostenne facendolo appoggiare a sé. Non aveva potuto vederlo prima, ma Kaine era pieno zeppo di ferite e fiumi di sangue scorrevano via dal suo corpo.

 

<Sei ferito!>. Disse Kennedy, stringendolo a sé. Lui sorrise come sempre beffardo:<Anche tu, ragazzina!... Il tuo odore mi fa sentire fame, sai?>. La ragazza sorrise:<Oh, piantala!>. Gli disse, in un finto rimprovero. Buffy si precipitò a soccorrere Willow, ancora distesa a terra, stordita; mentre Malvius e gli altri vampiri circondarono la Cacciatrice e il Maestro.

 

<Ce l'ho fatta, Malvius.... Hai visto? Non ha... vinto lui... non ha vinto lui!>. Disse Kaine, faticando a parlare. L'albino sorrise tornando alle sue fattezze umane.

 

<No, Kaine. Non ha vinto lui!... Sei stato coraggioso come sempre!>. Rispose il suo fidato amico.

 

<Kennedy, tu stai bene? Bisogna immediatamente portarti in ospedale: Will non è in grado di curarti quelle ferite e stai sanguinando molto!>. Disse Giles, accucciandosi al fianco della ragazza per osservare meglio i segni della lotta. Kennedy scosse il capo:<Io non mi muovo di qui!>. Affermò e non l'avrebbe fatto davvero. Giles lo capì e non solo lui.

 

Xander spuntò da dietro a tutti e strappò la propria camicia facendola a strisce che legò fra loro e che, infine, usò per fasciare stretta la gamba di Kennedy.

 

<Non è molto, ma almeno non morirai dissanguata!>. Le disse, rialzandosi in piedi. Kaine sorrise malizioso.

 

<Ecco perché la tua donna non riesce a buttarlo fuori dalla vostra vita... questo scemo è troppo buono!>. Esclamò. Kennedy annuì, asciugandosi una lacrima col dorso della mano e tirando su col naso mentre Xander li guardava perplesso.

 

<Malvius... ora sei tu il capo del clan. Giurami che seguirai le mie orme!>. Disse dopo pochi istanti Kaine, guardando l'amico vampiro in quegli occhi di ghiaccio che ora sembravano quasi essersi emozionati.

 

<Perché? E tu che farai?>. Gli domandò Malvius, preoccupato. Kaine strinse la mano di Kennedy e la guardò per un istante per poi tornare al viso dell'amico:<E'... giunto il momento per me... di vedere la mia ultima alba!>. Sussurrò.

 

<Ma ora hai il talismano, ce l'hai! Puoi trovare la pace che cerchi da secoli!>. Ribatté l'albino. L'altro scosse la testa:<Mio fratello voleva il potere assoluto, io volevo solo... pace!... E' questo che mi ha regalato il talismano... la possibilità di avere pace!... Non potevo lasciare che Abele... camminasse su questa terra senza di me. Ora Abele non c'è più e io... posso avere ciò che desidero... la mia ricompensa... il riposo eterno!>.

 

I due si fissarono per lunghissimi istanti e non ci fu più bisogno di dire nulla: infondo vivevano insieme da più di un millennio. Le parole erano superflue. Malvius gli porse la mano sinistra  e Kaine la strinse nella sua; poi l'albino si alzò e gli fece un rispettoso inchino, imitato da tutti i suoi seguaci ancora in piedi.

 

<Ti auguro di trovare la pace che cerchi, Maestro!... Buona alba!>. Disse Malvius. Poi il vampiro lanciò un'ultima occhiata al cielo e vide che all'orizzonte si stava lentamente schiarendo. Un paio d'ore, forse tre e il sole sarebbe sorto.

 

<Ci rincontreremo, Cacciatrici, e il mio braccio sarà sempre vostro perché così vuole Caino e questo è ciò che sarà!>. Disse il vampiro a Buffy e Kennedy. Poi girò sui tacchi e, senza dire una sola altra parola, se ne andò seguito da tutti i suoi simili. Buffy e i suoi amici li videro sparire così come erano arrivati: nel buio della notte.

 

<Resta con me, ragazzina!... Fammi compagnia mentre guardo la mia ultima alba!>. Chiese Kaine a Kennedy, che ancora lo sosteneva col proprio corpo. Lei annuì:<Come vuoi, Caino!>. Il vampiro sorrise.

 

< Odio quel nome...! >.

 

< Già, ma è il tuo nome e... non si cambia ciò che si è! Ricordi? Te l'ho già detto una volta! >.

 

Kaine tossì leggermente e sorrise ancora.

 

< Sì, ragazzina. Me lo hai detto... e hai ragione tu, temo! >.

 

Poi la Cacciatrice guardò i propri amici e Willow che era riuscita a mettersi in piedi di nuovo.

 

< Andate a casa. Io vi raggiungerò... dopo il sorgere del sole! >.

 

Disse Kennedy, ravviando i capelli sudati dal viso di Kaine. Buffy esitò e si scambiò sguardi con gli altri, tutti perplessi come lei. Poi annuì e fece per andar via affiancata da sua sorella, sostenendo col braccio Willow; ma la strega la bloccò e si staccò da lei. Zoppicando vistosamente si avvicinò alla sua ragazza e al vampiro, poi si chinò su di loro e sorrise a Kennedy.

 

Mise una mano sulla sua gamba che ancora perdeva sangue: uno, due, tre... e la carne della coscia si rimarginò proprio come era successo la sera prima. Un momento dopo Willow ripeté il gesto sulla sua spalla e il dolore passò all'istante.

 

<Ti aspetto a casa, amore mio!>. Le disse, mentre tornava da Buffy con passo incerto. Kennedy annuì e la lasciò andar via con gli altri.

 

Forse fra loro era finita, ma ci avrebbe pensato più tardi.

 

Ora c'era qualcun altro che aveva bisogni di lei.

 

< Sai quanti anni sono passati dall'ultima volta che ho visto il sole sorgere? >. Le chiese Kaine, lasciandosi confortare dal suo abbraccio.

 

< No. Quanti? >.

 

< Troppi... perché non me lo ricordo neppure io! >.             

 

CAPITOLO VENTOTTESIMO: VITTORIE E SCONFITTE

 

Kennedy rientrò a casa che erano le nove passate. Il sole aveva ormai inondato ogni anfratto di San Francisco e il quartiere residenziale dove si trovava la sua villetta sembrava essere ancora più tranquillo del solito, nonostante fosse lunedì. Sul vialetto, l'auto di Willow era stata parcheggiata di sbieco. Aveva i vetri laterali rotti... probabilmente quello era il risultato dello spostamento d'aria provocato dall'esplosivo al plastico. O magari qualcuno degli uomini di Habel, fuggendo, li aveva colpiti per sfregio, anche se la ragazza non credeva che qualcuno di loro si fosse salvato. Continuò a camminare e salì i pochi gradini della veranda per poi sedersi sull'ultimo e stendere le gambe indolenzite. La ferita sulla coscia gliel'aveva guarita nuovamente Willow, eppure le sue ossa cominciavano a risentire dei colpi incassati, dei tonfi e dello sforzo fisico fatto nello sferrare a sua volta calci e pugni. I piedi non li sentiva nemmeno più: era rimasta fino all'ultimo con Kaine, ma poi era tornata a casa a piedi, camminando lentamente, infilando un passo dietro l'altro più per forza d'inerzia che per altro. Non poteva rimanere lì ancora, visto che tra l'altro qualcuno doveva aver chiamato pompieri e polizia, a giudicare dalle sirene che aveva sentito avvicinarsi dalla statale. Aveva rischiato di essere arrestata, ma era voluta rimanere lì, esattamente nel posto in cui Kaine aveva deciso di assistere letteralmente alla sua ultima alba.

 

Lo aveva tenuto abbracciato a sé come se fossero stati fratello e sorella, come se si conoscessero da una vita anche se così non era. Avevano chiacchierato per un po' come spesso era capitato durante i loro incontri notturni e lei gli aveva confessato ciò che aveva fatto quando era andata a trovare Willow a Los Angeles e Kaine l'aveva sorpresa dicendole che, infondo, la rossa se l'era andata a cercare nel senso che l'aveva punzecchiata, istigata, provocata fino a farla scattare; inoltre, Kaine aveva affermato che secondo lui l'atteggiamento della strega era stato proprio mirato a quello: Willow si sentiva in colpa e aveva fatto in modo che lei perdesse la pazienza e la trattasse male per pareggiare i conti. Kennedy aveva riso nell'ascoltare quella teoria perché aveva sempre ritenuto la sua ragazza una persona complessa, ma non una masochista. Eppure Kaine era rimasto della sua idea e considerando che aveva tanti anni quasi quanti quelli del mondo, alla fine la Cacciatrice giudicò probabile anche quella verità.

 

Poi erano rimasti in silenzio fino a che il cielo, all'orizzonte, non era diventato prima violaceo e poi azzurro sempre più acceso.

 

<Sei sicuro di voler... assistere alla tua ultima alba?>. Aveva chiesto la Cacciatrice al vampiro. Kaine le aveva preso la mano e le aveva baciato il dorso per poi carezzarlo con la propria guancia. <Sì. E' proprio questo che voglio!>. Le aveva risposto. Allora lei l'aveva stretto più forte a sé e lui si era lasciato cullare da quell'abbraccio come se fosse stato un bambino fra le braccia di sua madre. <Devi promettermi un'ultima cosa, ragazzina! - Le aveva detto poi, mentre i raggi del sole avanzavano a vista d'occhio verso di loro. Lei non aveva proferito parola e aveva aspettato che il vampiro terminasse la sua frase. E Kaine lo fece senza farsi attendere molto. - Non vivere mai da sola, mai!... La solitudine uccide l'anima, io lo so, credimi. Giurami che amerai qualcuno e che lascerai che ti ami tanto da completarti davvero... come meriti!... Io nacqui solo e ci ho vissuto per secoli interi ma... grazie a te, non terminerò questo viaggio da solo... giurami che farai in modo che anche per te sia lo stesso!... Giuramelo...!>. In quell'istante il sole li aveva raggiunti e Kaine aveva versato alcune lacrime sussurrando quasi delirante che aveva dimenticato quanto fosse bello il cielo di giorno. Kennedy sentì il suo corpo diventare inconsistente sotto alle proprie mani. Pochi istanti e il vampiro, sorridente, con lo sguardo sereno come non l'aveva mai visto, si trasformò in cenere che fu portata via lentamente dal vento, come se Dio gli avesse concesso un'altra manciata di secondi per ammirare il risplendere del sole.

 

<Te lo giuro...!>. Aveva sussurrato Kennedy, lasciando che le lacrime cominciassero a scorrerle sul viso. Ma oramai non c'era più nessuno ad ascoltare quelle parole.

 

Poi aveva sentito le sirene e si era costretta ad andar via di lì, portando con sé il talismano di Siod: l'avrebbe conservato lei, lo avrebbe custodito come il più prezioso degli oggetti. E quando qualcuno le avesse chiesto di quel pugnale, lei avrebbe detto che esso era stato la condanna e la salvezza di Caino e Abele.

 

 

 

Entrò in casa e richiuse subito la porta alle proprie spalle. Dal soggiorno, Buffy, Dawn e Willow si precipitarono da lei per abbracciarla. La Cacciatrice si lasciò stringere dalle sorelle Summers, ma non dalla propria ragazza: le aveva promesso che non l'avrebbe mai più toccata e aveva intenzione di mantenere quella promessa.

 

<Che è successo?>. Chiese Dawn, curiosa di sapere gli eventi dopo che lei e gli altri erano andati via. Lei fece spallucce:<Caino cammina fra le ombre esattamente come suo fratello, ora!>. Disse.

 

<Ho qualcosa da chiederti, Kenny... non sapevo che fossi diventata amica di Kaine. Come... com'è successo?>. Domandò Buffy, cauta. In realtà voleva togliersi un sospetto che l'attanagliava già da qualche settimana e che era stato scatenato in lei a causa della scostanza che Kennedy aveva ostentato ultimamente.

 

<Era un buon ascoltatore, anche se era convinto un po' troppo di saperla lunga sulla vita!... Tutto qui!>. Rispose la ragazza. Poi si massaggiò un fianco ancora dolente come le sue gambe.

 

<Scusate ragazze, ma... ho bisogno di un bagno. Ci vediamo dopo!>. Disse alcuni istanti più tardi, Kennedy. Poi si avviò al piano di sopra, nella propria camera. L'acqua magari avrebbe tolto un po' di quella malinconia che le si era incollata addosso da quando, quella mattina, il sole era sorto.

 

 

 

Dawn andò in cucina a preparare qualcosa da mangiare per tutti: Buffy aveva già chiamato a lavoro per avvisare che stava male e non sarebbe andata, mentre lei per quel giorno... niente studio. Xander aveva telefonato un'ora fa al cantiere,prima di andare a fare una lunga doccia e a disinfettarsi le ferite riportate, convinto più che mai di non voler essere guarito dalla magia di Willow. E Giles... be', Dawn non sapeva dove fosse finito, ma era andato via poco dopo il loro ritorno a ca, dicendo che aveva molte cose da fare e poco tempo per farle.

 

Buffy si sedette pesantemente sulla poltrona, mettendo un po' di ghiaccio sulla guancia dolorante e gonfia e stendendo le gambe stanche sui braccioli. Willow le si sedette difronte, sull'altra poltrona, muovendosi cautamente per non sentire troppo male: le doleva tutto, in verità, come quando era appena uscita dall'ospedale. La verità dei fatti è che questa volta ce le avevano prese tutti di santa ragione come se avessero partecipato ad una serie di enormi risse con huligans o roba simile.

 

<Santo Cielo!... Come sono contenta che tutto questo sia finito! Giuro che non uscirò di ronda per almeno un mese!>. Commentò Buffy, massaggiandosi la spalla con la mano libera. Willow la fissò e notò che, tutto sommato, non aveva riportato troppe ferite rispetto alle altre volte.

 

<Se vuoi ti rimetto in sesto io! Sono un po' stanca, ma posso farcela benissimo!>. Le propose, osservando le sue smorfie di dolore ogni volta che le dita toccavano i punti critici.

 

<No, Will, tranquilla!... Le ferite guariranno tutte entro pochi giorni. Ricordi? Super poteri da Cacciatrice!>. Esclamò Buffy, sorridendole. L'altra annuì:<Volevo rendermi utile prima di partire di nuovo!>.

 

In quel momento Buffy sbiancò e Dawn corse lì dalla cucina guardando entrambe la loro amica come se avesse affermato che la terra è piatta.

 

<Che... che significa, Will? Che vuol dire che partirai di nuovo?>. Domandò Buffy, cauta, togliendosi il ghiaccio dalla faccia.

 

<C'è qualcosa che non vi ho raccontato quando sono tornata... Nicolas, il mio amico... lui... ho scoperto un paio di giorni fa che è affetto da una grave forma di distrofia muscolare e... mi ha chiesto di guarirlo coi miei poteri, ma...>.

 

<Ma Will! Non puoi guarire le persone dalle malattie, lo sai! Me lo hai detto tu stessa più volte e io non credo che in questo caso...>. Iniziò Buffy, preoccupata che la sua amica potesse ficcarsi nuovamente nei guai on l'utilizzo della magia. Quella era una paura che, purtroppo, non l'abbandonava mai. Ma Willow la interruppe.

 

<Lasciami parlare, Buffy. Non ho finito!... Gli ho detto di no!>. Esclamò la strega, abbassando lo sguardo sinceramente dispiaciuta.

 

< Cosa? >. Domandò Buffy, leggermente sollevata.

 

< Gli ho detto che non posso farlo, che non posso utilizzare la magia per... per guarirlo!... Ma lui non ha capito, mi ha cacciata e... non ho avuto modo di spiegargli meglio, di chiarire! Invece Nicolas deve capire che non è che io non voglia aiutarlo è che non posso davvero! >.

 

< Avete litigato, quindi! >. Disse Dawn, guardandola.

 

Willow annuì.

 

< Sì e poi... è arrivata sua madre e io dovevo tornare qui perché sapevo che avevate bisogno di me e... ho lasciato quella questione in sospeso con lui, ma non può rimanere così, non è giusto né per me né per lui!... Devo tornare a Los Angeles, vederlo, parlargli e spiegarmi! >.

 

< E credi che capirà? >. Chiese Buffy, cupamente.

 

Lei, Dawn, Xander e Giles avevano visto cosa succedeva se Willow si lasciava controllare dalla magia, ma nessun altro lo sapeva davvero; il che significava anche ce sarebbe stato difficilissimo che Nicolas De Angelis, entrato solo di recente nella vita della ragazza, avrebbe potuto capire.

 

< Poi però tornerai, vero? Voglio dire... non ti fermerai ancora per mesi lì a Los Angeles!? >. Chiese Dawn.

 

< No, state tranquille!... Parlerò con Nicolas e tornerò qui. Poi lo andrò a trovare nei week end, o quando avrò qualche giorno libro. Il più frequentemente possibile, ma... - e lanciò un'occhiata d'intesa a Buffy – non posso trasferirmi lì. La mia vita è qui a San Francisco, voi, la mia famiglia, siete qui. Kennedy è qui e anche il mio lavoro, quindi... >.

 

< Già, e poi Angel non ha più bisogno di te, quindi... - Esclamò Buffy, per dissimulare le parole dell'amica. Ma poi domandò più cupa - L'hai detto a Kennedy che partirai di nuovo? >. Domandò la Cacciatrice.

 

< No, non ancora! Vado a dirglielo adesso, anzi. Non c'è stato molto modo di parlare fra noi in questi giorni, figuriamoci di parlare di Nicolas! >. Ripose Willow. Poi si alzò e aggiungendo che sarebbe tornata più tardi, raggiunse la propria ragazza in camera loro.

 

 

 

 

 

Kennedy si era spogliata e si era infilata nella vasca da bagno dopo aver chiuso il tappo e versato un po' di bagnoschiuma mentre l'acqua scorreva. Il corpo le doleva, ma era niente in confronto alla sofferenza che sentiva nel profondo del suo cuore. Non sapeva più nemmeno lei cosa doveva fare. L'istinto le diceva che doveva andare via da quella casa, da Willow. Lontana mille chilometri anche, magari su un altro continente. Ma i suoi sentimenti le gridavano a gran voce nelle orecchie di rimanere esattamente lì dov'era, di andare da Willow e stringerla forte a sé per far cessare quel dolore acuto che sentiva. Non si era mai sentita tanto sola come in quel momento e quella sera non ci sarebbe stato Kaine ad ascoltare il suo dolore e a lenirlo in qualche modo. Sì, perché era per questo che si era affezionata a quel dannatissimo vampiro: era perché lui aveva il potere di farla sentire al sicuro, di far scomparire la sua solitudine... anche se era sempre stato per poche ore a notte. Lei, Kennedy, non era cresciuta navigando nell'oro e a scuola ci era sempre andata controvoglia, saltandola ogni volta che aveva potuto e diplomandosi a fatica senza una media altissima; non era una stupida, anzi. E' che detestava i libri e il tono autoritario che normalmente usavano i professori. Di amici non se n'era fatti mai troppi perché era un leader o almeno ne aveva l'indole, quindi si era sempre circondata di poche persone fidate con le quali usciva e andava a divertirsi... fin quando il suo primo Osservatore non l'aveva rintracciata e le aveva svelato quale fosse il suo destino. Poi era arrivata Willow e con sé aveva fatto entrare nella sua vita anche Buffy, Dawn, Xander e Giles. Kennedy ne era stata felice perché vivere con loro era stato come tornare ai tempi della scuola, anche se non sempre andava d'accordo con tutti, in particolare quando si trattava di Buffy. Inoltre, non era stata più costretta a combattere da sola e Willow, la ragazza che amava, era sempre con lei. Eppure... questo ultimamente non le era più bastato.

 

La porta scattò e Kennedy voltandosi vide Willow che la fissava tenendo ferma una mano sulla maniglia. La Cacciatrice scosse tristemente la testa:<Non ora, Will. Ti prego... lascia che mi tolga un po' di polvere e di fatica di dosso, poi, se vorrai, me ne andrò!>. Disse. Ma l'altra richiuse la porta e scosse a sua volta la testa, guardandola avvilita.

 

< Perché sei passata tanto repentinamente dall'essere arrabbiata con me al chiedermi scusa per... una sfuriata quantomeno giustificata? >. Le chiese l'altra.

 

Kennedy corrugò la fronte e fu quasi sul punto di dirle la verità, di rispondere sinceramente. Ma ormai che differenza faceva?

 

< Non era giustificata - disse alla fine - Era esagerata, spropositata e violenta! >.

 

< Me la sono meritata, credo! >.

 

Possibile che fosse Willow a voler svuotare il sacco?

 

< Perché? >. Chiese Kennedy, cautamente.

 

< Perché tutto quello che mi hai detto è vero!... Non ho avuto fiducia in te, non tanta da chiederti aiuto quando ne ho avuto bisogno. Ed è come dici tu: sono scappata, ho approfittato... della gentilezza di Angel e tutto il resto e... sono scappata dalla mia vita, dalle mie responsabilità, da te. E non ho giustificazioni per questo! Non sei tu a doverti scusare, ma io! >. Disse Willow, facendo qualche passo verso di lei e togliendosi la maglietta, rimanendo in reggiseno.

 

< C-che... fai adesso? >. Chiese Kennedy, deglutendo a vuoto.

 

< Non fuggo più!... Sono triste, Kenny. Triste perché sembra che la pace non faccia parte delle nostre vite e perché... non faccio altro che ferire le persone che amo! Che ferire te... Ma non voglio che tu vada via: morirei senza il tuo sostegno!... Che tu te ne renda conto o no, sei la cosa più bella che mi sia capitata in questi ultimi anni e... ti voglio con me, Kenny! Ti voglio sempre... anche adesso! >. Kennedy non riuscì a proferire parola e Willow proseguì a spogliarsi lentamente, ma senza nessuna esitazione. L'amava, la voleva, rivoleva quel senso di tranquillità che riusciva a provare solo quando era fra le sue braccia.

 

Rimase solo con la biancheria intima addosso a fissare Kennedy che, con le labbra secche, si alzò dalla vasca e continuò a fissarla in silenzio.

 

< Non ho paura di te, Kenny. Non ne ho mai avuta perché so che non mi farai mai del male... Toccami, Kennedy. Te lo sto chiedendo io e mi hai promesso che lo avresti fatto se... se te lo avessi chiesto! Toccami!... Non mi hai violentata! Io ti ho portata a perdere la testa, io ti ho assecondata in quella pazzia e ho colpe quanto te!... Toccami, ti prego! >.

 

Dicendo queste ultime parole, Willow si tolse il reggiseno e lo lasciò scivolare a terra avvicinandosi alla vasca, incollando i propri occhi a quelli dell'altra. Quando furono abbastanza vicine, la rosa prese le mani calde e graffiate di Kennedy per poi mettersele sui fianchi lattei. Sentiva quelle dita tremare sulla propria pelle e capiva quanta paura potesse avere la sua ragazza di fare la cosa sbagliata. Il cuore di Kennedy batteva all'impazzata e il suo fiato si fece improvvisamente corto, ma il suo sguardo era dolce e la guardava quasi adorante.

 

< Non è così... che... possiamo risolvere... i nostri problemi! >. Obiettò debolmente, la Cacciatrice.

 

< Invece sì perché... ti sto dimostrando che non ho paura di te e che ti amo!... Ti voglio... voglio che tu sia mia e voglio essere tua, come la prima volta! >.

 

Will sorrise lievemente e quelle labbra ricurve bastarono a convincere Kennedy che stava dicendo sul serio e che, in qualche modo, le stava chiedendo di perdonarla per quell'inferno in cui l'aveva spinta.

 

Non le avrebbe confessato dell'amplesso con Xander né del bambino; ma le stava chiedendo ugualmente scusa. Si stava affidando a lei, le stava mostrando la sua vulnerabilità tanto complessa quanto radicata in ogni sua viscera.

 

Allora tutti i propositi di resistenza di Kennedy svanirono, si spensero, e rimase solo l'improvvisa voglia di prendere quelle labbra e baciarle, sovrastarle con le proprie.

 

E lo fece. L'attirò a sé e la baciò famelica, come se fino a quel momento avesse trattenuto il fiato e ora stesse respirando aria pura.

 

L'amava. Era un'idiota ma l'amava e solo con lei si sentiva felice, solo con lei si sentiva completa, proprio come Kaine le aveva detto di cercare di essere.

 

<Io sono tua... sempre!>. Sussurrò la Cacciatrice, continuando a baciare la sua ragazza e a stringerla a sé, facendole scorrere le mani lungo tutto il corpo.

 

<Hai la mia anima... e... sarà sempre... così!>. Disse, mentre la portava nella vasca con sé, pregando disperatamente che l'altra la ricambiasse con tutta sé stessa, senza le riserve che aveva avuto fino ad allora.

 

Solo loro due...

 

Loro due e nessun altro...

 

Loro due e il loro amore...

 

 

 

 

 

EPILOGO

 

 

 

 

 

 

 

Guardando i lussuosissimi palazzi di Los Angeles, Willow si rese conto che infondo quel posto non le era mancato affatto. Non sapeva spiegarsi bene perché, eppure sentiva di preferire mille volte San Francisco alla capitale di Holliwood, come se a quest'ultima mancasse qualcosa che solo nell'altra poteva trovare. Non era stata male quando aveva vissuto da Angel, nonostante tutto. Ma casa era casa, si disse mentre passava l'ennesimo incrocio con la propria uto, e Los Angeles non era casa sua.

 

Era riuscita a far restare Kennedy, a farsi perdonare da lei e a rassicurarla sul fatto che non la riteneva responsabile di nulla perché lei stessa l'aveva istigata portandola sull'orlo della pazia. Avevano fatto l'amore ed era stato dolcissimo; poi Kennedy si era stretta contro il suo corpo, rannicchiandosi come un cucciolo in una cesta, e l'aveva tenuta così per molte ore senza mai muoversi, senza mai stancarsi di accarezzarla, di baciarla lievemente e di ripeterle quanto l'amasse.

 

Molto tempo dopo... dopo averle raccontato di Nicolas e di quello che lo riguardava, Willow era andata a cercare Xander e gli aveva chiesto scusa esattamente come con Kennedy. I due amici si erano abbracciati come quando erano piccoli, avevano parlato e lei era anche riuscita a farlo con una certa dose di serenità; si erano spiegati, avevano detto apertamente i loro sentimenti reciproci su ciò che li aveva uniti e divisi al contempo. Willow, inaspettatamente, aveva scoperto che Xander aveva pianto per la perdita del bambino perché, dopo un primo momento di smarrimento che l'aveva sorpreso alla notizia che sarebbe diventato padre, aveva cominciato a desiderare di esserlo, a voler bene a quel piccoletto che la ragazza portava in grembo e che apparteneva ad entrambi. Era stato uno shock anche per lui sapere di averlo perso, ma aveva pianto in silenzio perché aveva pensato che fare diversamente sarebbe stato inopportuno ed egoista. Solo Buffy, una sera, l'aveva sorpreso fra i singhiozzi e lo aveva consolato, o almeno ci aveva provato. Ma poi lui stesso aveva deciso di non toccare più l'argomento... fino a quel giorno con Willow.

 

Infine, la ragazza aveva preparato in fretta e furia una borsa col minimo indispensabile dentro ed era salita in macchina. Si era diretta al cimitero a trovare Tara e gli altri: era davvero troppo tempo che non andava a trovarli e aveva sentito la loro mancanza proprio come l'aveva sentita di casa, di Buffy e degli latri. Era rimasta lì, seduta sotto al solito albero per quasi un'ora a parlare col vento fingendo che le rispondesse la voce di Tara. Poi l'aveva salutata promettendole di tornare a trovarla presto e, infine, era partita per andare a mantenere la promessa fatta a Nicolas: non l'avrebbe lasciato solo, anche se non poteva guarirlo.

 

 

 

Il cancello della residenza De Angelis era spalancato e molti operai erano intenti a risistemare il giardino. Willow entrò senza suonare prima al citofono e scese dall'auto solo quando fu arrivata alla porta della villa. Proprio lì davanti, Aaron stava giocando allegramente con Jasper e Alexandra che gli lanciavano la palla a turno e aspettavano che lui la prendesse, la mettesse in posizione e gliela ricalciasse. Quando Willow mise piede sul selciato, il ragazzino la vide e gettò via il proprio gioco per poi correrle incontro a braccia spalancate, festeggiando il suo arrivo con un largo sorriso e numerosi gridolini festanti che per un momento spiazzarono i suoi zii che non avevano visto subito l'amica di loro fratello.

 

Willow prese in braccio il bambino e lo salutò con un forte abbraccio, ricambiando i suoi piccoli baci sulla guancia.

 

<Ciao cucciolo!... Come stai?>. Gli chiese, mentre Jasper e Alexandra le si facevano incontro. Il bambino le mostrò un ginocchio sul quale si era procurato una brutta sbucciatura, forse cadendo. Willow gliela carezzò lievemente:<Ti fa male?>. Gli chiese e lui annuì; allora la ragazza gli passò nuovamente le dita sulla piccola ferita non ancora deltutto secca e un momento dopo gli chiese ancora:<Adesso fa male?>. Aaron sorrise e scosse la testa.

 

<No!... Ma come hai fatto?>. Ridacchiò gioioso e lei, ravviandogli i capelli corti, gli fece locchietto e disse:<E' una magia!>. Non poteva guarirlo lì davanti a tutti, ma poteva almeno togliergli il dolore.

 

<Ciao Willow!... Bentornata!>. La salutò Jasper, sorridente come sempre. Lei ricambiò il saluto e fece lo stesso con Alexandra che, tuttavia, fu molto più dura.

 

<Che ci fai qui? Mio fratello è stato chiaro l'ultima volta, no?>. Le disse la ragazza, secca e diretta. Willow rimase un po' perplessa da quell'atteggiamento, ma decise di essere altrettanto diretta:<Devo parlare con Nicolas. Gli avevo promesso che sarei tornata dopo aver sistemato i problemi che mi si erano creati a casa!>. Esclamò.

 

<Be', non credo che Nick voglia vederti!>. Ribatté Alexandra, togliendole poi Aaron dalle mani. Willow la fissò negli occhi chiari: non era lì per discutere, ma non sarebbe andata via senza neppure parlare con Nicolas.

 

<Dov'è Nick? E' ancora in ospedale o è qui?... Jasper, dimmelo per favore. Se tuo fratello ti ha parlato di me, allora ti ha anche detto quanto io sia cocciuta!>. Disse la rossa, senza arretrare di un millimetro. Le due donne si squadrarono, pronte tranquillamente a tenersi testa. Ma Jasper non era della stessa opinione di Alexandra perché Nicolas stesso, tempo addietro, gli aveva detto quanto tenesse a quella ragazza dalle lentiggini e i capelli rossi che era piombata improvvisamente nella sua vita.

 

<E' in camera sua, al piano di sopra!... E' uscito ieri dall'ospedale, ma non so se sarà disposto a parlarti, Will! I medici... gli hanno detto che la malattia ha accelerato il suo decorso e lui non l'ha presa bene!>. Spiegò il giovane, rammaricato sinceramente. Sua sorella gli indirizzò un'occhiataccia.

 

<Ma che fai, glielo dici?!>. Lo rimproverò, come se avesse rivelato all'altra la combinazione della cassaforte o un codice segreto d'importanza vitale per la loro compagnia.

 

<Certo! Nicolas è un testone, ma sono certo che gli farà piacere vederla!>. Rispose lui. Willow gli fu immensamente grata per il sostegno e istintivamente gli posò una mano sul braccio in un gesto di silente affettuosità; il giovane le sorrise:<Dai, vai!>. Le disse. Willow annuì lanciando un'ultima occhiata ad Alexandra che, nonostante l'irritazione, la lasciò andare senza dire nulla. All'interno, Nygel vide Willow e la salutò con una cordialità inaspettata per una persona sempre così silenziosa come lui; poi la lasciò andare su per le scale.

 

Willow arrivò in poco tempo alla stanza di Nicolas, ma esitò alcuni istanti prima di bussare. Forse era vero che il suo amico non voleva vederla... eppure doveva almeno provarci.

 

Bussò, dunque, ed entrò senza aspettare una risposta. Nicolas era alla scrivania e stava scrivendo qualcosa.

 

<Nygel, per favore, lascia il thé lì sul tavolo. Lo lascio freddare e poi lo bevo assieme alle pasticche!>. Disse il ragazzo, non accorgendosi che non era certo il suo autista tuttofare ad essere entrato.

 

<Non sono Nygel!>. Disse Willow, esitante. Nick raddrizzò le spalle e smise di scrivere all'istante, restando immobile come se fosse stato pietrificato. Poi finalmente ruotò la sedia girevole sulla quale era seduto e la fissò con occhi gelidi e la mascella serrata.

 

<Tu che ci fai qui?>. Le chiese duro. Lei chiuse la porta e si avvicinò di qualche passo.

 

<Ti avevo detto che sarei tornata al più presto!... Abbiamo sconfitto i cattivi ed eccomi qui!>. Esclamò Will, cercando di apparire rilassata come proprio non si sentiva.

 

<Nessuno ti ha chiesto di tornare, anzi!... Potevi risparmiare tempo e benzina e restartene a San Francisco, coi tuoi amici!>.

 

Nicolas era deciso a usare il guanto di ferro con lei e se Will non si fosse imposta, sicuramente non l'avrebbe lasciata parlare.

 

<Smettila di trattarmi così, per favore! Non credo di meritarlo. Tu non hai capito il discorso che ti ho fatto!>. Disse allora, la rossa, smettendo di fingere pacatezza. Non era andata lì per discutere, ma non aveva nessuna intenzione di essere cacciata via senza aver parlato prima.

 

Nicolas rise ironico, quasi crudele.

 

<Certo che ho capito, Willow, ho capito perfettamente! Ti sei spiegata più che chiaramente: non mi aiuterai! Che altro c'è da capire?>. La stava odiando. La voce non era alta e le labbra non gli tremavano. Ma i suoi occhi esprimevano perfettamente ciò che in quel momento Nicolas De Angelis provava nei confronti di Willow.

 

<Smettila di fare il bambino per favore e ascoltami!... Cerca di capire ciò che ti dico: l'incantesimo che tu mi chiedi appartiene alla Magia Nera e va contro tutte le Regole Naturali! Castarlo significherebbe solo farci piombare addosso una miriade di guai, chiaro? Non è certo che tu guariresti, anzi, sono quasi sicura che la malattia sparirebbe per qualche tempo per poi tornare più aggressiva di prima perché questo genere d'incantesimi ti si rivoltano sempre contro, credimi: io lo so! Ci sono già passata!... Tu non guariresti e io rischierei di tornare preda dell'Oscurità che s'impadronirebbe di nuovo di me e mi farebbe fare cose... >.

 

< Il punto è che non me ne frega niente se devo rischiare una cosa simile! Non ho niente da perdere io! >.

 

< E' qui che sbagli! Hai da perdere la tua anima e la tua umanità! Non è un prezzo ragionevole per... forse qualche anno di buona salute! E io ho da perdere un valore altrettanto grande! >.

 

< Hai detto che ti hanno messa nel cerchio delle Streghe Supreme! Che vuoi rischiare, tu? Sono io che sto crepando al ritmo di uno stillicidio! >.

 

< Ho molto potere, è vero, ma non sono una Dea!... Continui a non capire Nick, maledizione! In preda alla magia io ho ucciso un essere umano e ho tentato di far fuori i miei amici oltre che il mondo intero! Mi hanno fermata per un pelo e sono passati anni, il mio potere probabilmente è cresciuto anche se non l'ho testato. Stavolta sarebbe difficilissimo fermarmi! E non ha senso rischiare un cataclisma per un finto benessere che si ripercuoterà anche contro di te! >.

 

Allora Nicolas scattò in piedi e le si avventò contro zoppicando: le contrazioni avute con l'ultima crisi gli avevano prodotto più di una lesione al muscolo della gamba. Sarebbe passata, ma era ancora presto. La prese per il bavero della giacca e la spinse contro la porta facendocela cozzare poco delicatamente. La stava fissando con occhi di fuoco e Willow pensò anche che l'avrebbe schiaffeggiata, ma non lo fece. Un momento dopo, infatti, Nick la lasciò andare ma rimase col viso vicino al suo, quasi ringhiandole contro.

 

< Ho poco più di vent'anni, Willow! Ho un figlio che non ne ha nemmeno tre e che ha già perso sua madre. Aaron rimarrà solo senza di me! Solo! E crescerà con quella stupida di mia madre che è convinta che i soldi risolvano tutto e che le apparenze siano l'unica cosa che davvero conta nella vita!... Che cazzo vuoi che me ne freghi se la salute che mi puoi regalare è solo fittizia? L'incantesimo mi darà tempo ed è quello che voglio!... Giorni, ore, minuti per vedere mio figlio crescere, per non lasciare nulla d'incompiuto nella mia vita, per respirare e guardare il sole che sorge e tramonta una volta in più!... La mia anima è un prezzo alto secondo te? Be', io la vedo diversamente perché non ci faccio proprio un cazzo di niente con un'anima se sono un cadavere! >.

 

Ora aveva alzato la voce, era diventato quasi isterico e la guardava come fosse stato un folle pronto a spaccarle la testa contro la parete al suo primo accenno di opposizione.

 

Mai come in quel momento, Willow avrebbe voluto non essere chi era e dover decidere del destino di quel giovane che le aveva donato la sua amicizia e che l'aveva aiutata a rialzarsi da terra.

 

Ma non era come diceva Nicolas: l'anima di entrambi e quelle di tutte le persone esistenti al mondo era davvero un costo sproporzionato per ciò che le stava chiedendo di fare, soprattutto considerando che non era comunque sicura di poterlo realizzare.

 

Gli occhi verdi della strega s'inumidirono e due lacrime scesero silenziose cadendo dalle palpebre, scivolando lungo le guance arrossate e finendo sul mento per poi cadere a terra senza che nulla frenasse il loro precipitare.

 

Si sentiva come se stesse uccidendo lei stessa quel ragazzo e solo la Dea sapeva quanto stesse soffrendo in quel momento perché, se avesse avuto davvero una scelta, avrebbe dato la propria vita in cambio di quella di Nicolas. Ma come già le era capitato nella vita, non l'aveva un'opzione secondaria da prendere. Non aveva una via di fuga e non poteva dane una al suo amico col quale si sentiva tremendamente in debito.

 

Chiuse gli occhi e li riaprì un istante dopo; quelli di Nick erano sempre lì che la supplicavano muti e arrabbiati: arrabbiati con la malattia che lo aveva colpito, col mondo perché sembrava più importante di lui, con Willow che non poteva dargli l'aiuto che le aveva chiesto, col destino che era stato così poco pietoso nei suoi confronti.

 

<Mi spiace, Nicolas. Non posso guarirti!>. Sussurrò Willow, dopo interminabili istanti, fissandolo angosciata e sinceramente addolorata. Lui rimase immobile ancora un po', poi si drizzò e sorrise cattivo.

 

<Bene! Allora avevo ragione io: non abbiamo proprio più niente da dirci! Conosci la strada. Vattene e non tornare!>. Esclamò freddo, duro, crudele.

 

Willow sentì che qualcosa dentro di lei si spezzava inesorabilmente e il cuore cominciò a sanguinarle come se fosse stato trafitto. Nicolas non aveva capito... non aveva accettato quella verità che lei aveva dovuto mettergli davanti agli occhi. E ora non c'era altro che poteva fare. In un angolino della sua testa la ragazza sperò con tutta sé stessa che le cose potessero cambiare, ma non potevano... non in quel momento.

 

Forse un giorno Nicolas l'avrebbe richiamata e le avrebbe detto che aveva capito, che non ce l'aveva con lei e che le voleva bene comunque. Ma tutto ciò non sarebbe successo lì in quel momento né in un futuro prossimo.

 

Allora Willow si arrese e annuì lentamente, scrollando le spalle e piangendo le sue ultime lacrime per l'amico appena perduto.

 

<Come vuoi... - disse in un sussurro appena percettibile. - Ma se un giorno mi vorrai al tuo fianco... io ci sarò! Questo è tutto ciò che posso prometterti. Me stessa e il mio affetto!>. Aggiunse, in maniera più udibile.

 

<Mi spiace, rossa. Non so che farmene al momento del tuo affetto falso!>. Rispose Nicolas. Le diede un ultimo sguardo glaciale, poi girò sui tacchi e tornò alla scrivania, dandole le spalle per ricominciare a fare ciò in cui era impegnato quando lei era entrata lì. Willow attese ancora un momento senza trovare il coraggio di andarsene davvero, ma alla fine realizzò che non poteva restare lì e così uscì dopo aver guardato un ultima volta l'altro. Tornò di sotto e incontrò Nygel che stava portando il thé al padrone di casa e che capì all'istante che Willow aveva fallito nel suo intento di riappacificarsi con Nicolas, qualunque fosse il motivo per cui avevano litigato. L'uomo le posò una mano sulla spalla e lei gli fu grata per quel gesto di comprensione; poi se ne andò.

 

Fuori, Aaron giocava ancora coi suoi zii e ancora una volta le si gettò in braccio quando la vide, abbracciandola come se sapesse che non si sarebbero rivisti o, almeno, non si sarebbero rivisti tanto presto.

 

<Non sei riuscita a far pace, vero?>. Chiese Jasper, mettendo la palla sotto al braccio. Willow scosse la testa e si asciugò un'ultima lacrima col dorso della mano.

 

<No. Tuo fratello... non vuol sentire ragioni!>. Esclamò, con un mezzo sorriso tirato. Jasper annuì assieme ad Alexandra che, stranamente, sembrava concordare con loro sul fatto che Nicolas, talvolta, fosse la persona più irragionevole dell'universo.

 

<Mi ha chiesto ancora di andare via e di non tornare e... per il momento farò come vuole lui. Ma... posso chiamarti, di tanto in tanto, per sapere come sta o se gli serve qualcosa?>. Domandò la giovane, ficcando una mano in tasca alla ricerca di qualcosa. Jasper annuì e prese il bigliettino che Willow dopo un momento estrasse dalla giacca.

 

 

 

Ing. Informatico Willow Rosemberg

 

Capo settore “Giochi e Grafica” della M*******T Company

 

 

 

c'era scritto, e di seguito i suoi numeri di telefono e il suo indirizzo e-mail.

 

Jasper rimase stupito leggendo e rileggendo quelle poche parole stampate sul cartoncino.

 

<Tu sei l'ingegnere capo della... Dio! Ma è incredibile!>. Esclamò, quasi incredulo. Willow annuì:<Sì. Già da qualche tempo! Ma che vuoi che conti...?>.

 

In quel momento arrivò la signora Martha De Angelis che si fermò a pochi passi da loro e fissò Willow con sufficienza.

 

<Ancora qui? Mi pare che mio figlio sia stato chiaro sul fatto che devi andartene!... Sei rimasta delusa, vero? Pensavi di poterlo manipolare a tuo piacimento solo perché è malato, così magari ti saresti arricchita e saresti entrata nella cerchia della gente che conta? Be', ti è andata male!>. Disse la donna, tagliente e arrogante. Willow sostenne il suo sguardo senza problemi, dandole mentalmente della stupida.

 

<Ora capisco anche di più perché Nick è preoccupato per il futuro di suo figlio!... Lei non sa chi io sia e le do un consiglio, signora: mai giudicare dalle apparenze!>. Rispose con tutta la calma di cui fu capace, anche se avrebbe voluto prenderla a schiaffi e farle scomparire una volta per tutte quel sorriso beffardo. Ma lei non era così e non avrebbe dato sfogo alla sua frustrazione aggredendo la madre di Nick, anche se era una vera stronza.

 

Guardò Aaron e lo strinse forte, baciandolo poi sulla guancia morbida. Infine lo rimise a terra facendogli una carezza e regalandogli un sorriso triste ma sincero.

 

<Lo sai che ti voglio bene, vero cucciolo?>. Disse. Il bambino annuì e le tirò la giacca per farla abbassare e baciarla a sua volta.

 

<Anch'io, Will!>. Rispose, come se fosse stato un adulto e si rendesse conto di ciò che stava succedendo. Poi Willow si rialzò e guardò Jasper:<Ci sentiamo presto. Ti chiamerò e... non farti scrupoli a fare lo stesso: non mi disturberai mai. Ok?>.

 

Il giovane l'abbracciò annuendo, regalandole un po' di gratitudine per il sostegno che fino a quel momento aveva dato a Nicolas.

 

<Come no? Ci sentiamo presto. Non permetterò che quello stupido di mio fratello ti sbatta davvero fuori dalla sua vita!>. Le disse, sinceramente dispiaciuto.

 

Poi Willow salutò anche Alexandra con un cenno della testa e infine si voltò a guardare per un'ultima volta la finestra della stanza di Nicolas, rammaricandosi per non essere riuscita a fargli capire.

 

Salì in macchina e mise in moto, ingranò la marcia e diede gas. Stava tornando a casa non perché Nick l'avesse cacciata, ma perché non c'era più nulla che potesse fare per lui, lì, in quel momento.

 

Nella testa le rimbombavano ancora le parole disperate e amare che Nicolas le aveva gridato contro poco prima e si chiese per un'ultima volta se davvero non potesse fare niente per aiutarlo con la sua magia.

 

Ma la risposta fu sempre la stessa: non poteva mettere il bene di uno davanti al bene di tutti.

 

Un tempo, forse, lo avrebbe fatto; sarebbe stata sciocca ed egoista e lo avrebbe fatto per non essere più guardata in quel modo da qualcuno che le aveva voluto bene e che lei stessa amava. Ma quella Willow sconsiderata e imprudente era morta tanto tempo fa... assieme a Warren Miles e alla sua dolcissima Tara.

 

La Willow di adesso non si sarebbe mai comportata tanto stupidamente perché sapeva a quali conseguenze sarebbe andata incontro; anche se questo significava altra sofferenza, altra solitudine da sopportare.

 

Willow Rosemberg, la ragazzina corrosa e accecata dalla voglia di rivalsa era morta.

 

Ora, c'era solo Willow: la Strega Rossa.

 

..FINE..