FIGLIO DELLA LUNA PIENA

Autrice: Monik

 

Note: Incentrata sui personaggi di Oz e Veruca, questa fiction si colloca alla fine di “New Moon Rising”. Oz è appena ripartito, dopo aver scoperto di Willow e Tara.

 

Disclaimer: Tutti i personaggi e i temi da cui prendo spunto sono di proprietà di Joss Whedon.

 

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!ATTENZIONE!

 

FAN FIC CON CONTENUTI PG - 13

 

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“Sarà meglio che vada” Disse Oz. Era dura, ma l’unica cosa da fare, non c’era più posto per lui a Sunnydale.

 

“Quando?” Domandò lei, e nonostante tutto i suoi occhi si riempirono di lacrime.

 

“Direi adesso” Fu la risposta. I loro corpi si unirono in un dolce abbraccio per l’ultima volta ed Oz si sentì morire di nuovo. Era tornato per lei, desiderando di non doverla più lasciare e invece si trovava ad abbandonarla per la seconda volta… ma non per sua volontà ora.  Impresse il suo profumo ed il suo calore nella sua mente e nel suo cuore e la lasciò andare una volta per tutte.

 

Accese il furgone e quasi scappò. Sapeva che se si fosse voltato, o avesse esitato anche solo un attimo, non sarebbe più stato capace di portare avanti la decisione che aveva preso. Lasciarle vivere la sua vita era la cosa più giusta da fare ma era anche così tremendamente difficile… Lei era Willow e staccarsi da ciò che rappresentava era come rinunciare a parte della sua vita.

 

Fuggì da Sunnydale, gli occhi fissi sulla strada che scorreva grigia davanti a lui. Le luci della città pian piano rimasero alle sue spalle e l’oscurità inghiottì lui ed il furgone, assieme al suo cuore.  Si fermò solo quando fu certo di aver lasciato tutto alle spalle, Sunnydale era solo un insieme di luci in lontananza. Accostò il furgone al ciglio della strada e lo spense, chinò la testa sul volante tentando di riprendere fiato. Si sentiva come se avesse nuotato leghe e leghe in apnea, gli mancava il respiro e la testa pulsava. Trattenne lo scroscio di lacrime, forse sarebbe stato liberatorio, ma lui non avrebbe pianto, temeva che se avesse iniziato non avrebbe più smesso e temeva anche di lasciar scivolare via tutto con le lacrime, era terrorizzato all’idea di perdere anche quel poco che gli rimaneva di Willow.

 

Rimase con la testa poggiata sul volante per un tempo indefinito, poi finalmente si decise. Sollevò lo sguardo e automaticamente aprì la portiera. Scivolò giù dal sedile ed inalò a fondo. Il profumo della notte e del bosco lo raggiunsero.  I suoi occhi si alzarono verso il cielo stellato, un cielo pulito, con milioni di puntini luminosi a dipingerlo ed un’unica, magnetica e quasi ipnotica palla bianca. La luna piena, ultimo giorno per quel ciclo in cui la si poteva ammirare così.

 

La fissò, quanto era stato felice di poter mostrare a Willow come fosse in grado di controllare il lupo che albergava in lui… ma era forse servito a qualcosa? Oh certo… a perderla! Se non fosse partito, forse sarebbero rimasti insieme, se non l’avesse abbandonata forse non avrebbe mai conosciuto quella Tara. Tutto inutile… Quante mattine Willow era andata a svegliarlo? E come sembrava pacifica nell’accettare quella situazione. Si amavano e tanto bastava… ma tutto ciò era prima.

 

Senza pensarci si incamminò verso il bosco, prima a piccoli passi che man mano divennero falcate, fino a tramutarsi in una corsa. Iniziò a togliere i vestiti, abbandonandoli lungo il cammino, lasciò che i suoi freni inibitori svanissero, dimenticò le lezioni imparate in Tibet e ascoltò invece il richiamo del selvaggio… il lupo stava prendendo il sopravvento e lui non lo combatteva.

 

Era servito a qualcosa controllare le sue trasformazioni? No… tanto valeva lasciare che la sua natura emergesse poderosa, che il suo io più recondito sfogasse i suoi istinti. Il suo correre eretto d’un tratto divenne un correre su quattro arti ed il suo corpo nudo si coprì di folto pelo, le foglie e i rami bassi che gli frustavano il viso divennero presto impercettibili. Aveva fame… e provava una gran rabbia. Oz in quel momento era lontano, una coscienza sepolta, nascosta tra le nebbie della ricercata estraniazione.

 

Odore di preda… fame… istinti sani e semplici, ecco cosa gli serviva. Qualcosa che lo allontanasse da tutto e tutti. Con la voracità del lupo divorò un coniglio e con la furia della belva fiutò un odore familiare, ma di intruso. Stavano calpestando il suo territorio di caccia e senza il suo consenso, ma avevano scelto la notte sbagliata, avrebbero pagato col sangue.

 

Qualcosa di strano però… quell’odore, selvaggio e seducente… lo conosceva e ancora aveva lo stesso effetto di una volta su di lui. Seguì la traccia con la bramosia che cresceva ad ogni passo, non conscio di aver riconosciuto l’odore di qualcuno che doveva esser morto e sepolto ormai. Il profumo di una femmina lo chiamava, percepiva il desiderio ed il suo richiamo.

 

L’ombra saettò fuori dai bassi cespugli, avventandosi su di lui, costringendolo prima ad arretrare poi a rovinare a terra. Riconosceva quella figura… ma soprattutto riconosceva quell’odore che gli faceva perdere la ragione, in poco meno di un anno quelle sensazioni e quegli istinti non erano mutati, nulla era cambiato se non che lei doveva essere morta… L’aveva uccisa lui stesso. Veruca.

 

Annaspò sotto il suo peso, ma alla fine riuscì a liberarsi. Dominarla, questo richiedeva il suo istinto, per quanto riguardava il capire come potesse essere ancora viva… avrebbero dovuto aspettare il ritorno di Oz, la mattina dopo.  Si scagliò contro di lei e sentirla rispondere agli attacchi che lui sferrava per ridurla in suo potere, aumentava la necessità di ottenere il risultato. Affondò i suoi artigli nelle spalle di lei, per tenerla a terra ed impedirle di sgusciare via, il suo corpo mandò chiari messaggi… sottomissione o la vita…

 

La resistenza diminuì fino ad annullarsi e quel corpo ora inerme sotto di lui dava segno di sottomissione, ma gridava anche richieste, quasi implorava… Possiedimi!!

 

E lui non esitò, era la legge di natura: il più forte vince sul più debole e il maschio possiede la femmina. Fu violento, ma incredibile ed ogni ricordo del passato riaffiorò alla mente di Oz… memorie sepolte. In quegli istanti fu chiaro il motivo del tradimento, fu chiaro di nuovo il motivo della partenza e del perché aveva perso Willow… in quegli istanti il dolore si tramutò in rabbia e questa, sfogata in violento sesso tra mannari, fu lenita, momentaneamente.

 

I primi raggi di sole lo accarezzarono, la rugiada del mattino aveva inumidito la sua pelle nuda ed il letto di foglie su cui stava dormendo si era appiccicato al suo fianco destro.  Voltò la testa alle sue spalle, sperando che fosse stato solo un sogno, ma Veruca era lì, sdraiata accanto a lui, coperta di graffi e ancora addormentata. Si abbandonò di nuovo sul terreno, dolorante dalla testa ai piedi, incredulo.

 

Poco meno di un anno prima aveva ucciso lui stesso Veruca… come poteva essere lì ora? La mano calda di lei gli scivolò lungo il fianco ed un lieve mugugno gli comunicò che era sveglia, lo scricchiolio delle foglie accompagnò il movimento di lei nell’avvicinarsi al corpo di Oz, anch’esso marchiato dalla notte di sesso. Fu difficile resistere all’impulso di stringersi a lei… di cedere ai suoi seni sulla schiena, alle sue labbra carnose  e ai suoi occhi magnetici. Si ritrasse di scatto, cercando la posizione eretta. Fiammate di dolore gli attraversarono i muscoli ed i suoi movimenti, viziati dalle membra indolenzite, somigliarono spaventosamente a quelle del lupo che era stato la notte passata.

 

“Cosa diavolo ci fai qui?” Domandò senza troppi convenevoli, la sua voce era fredda, perentoria e autoritaria.

 

Veruca rotolò lasciva su un fianco, per avvicinarsi a lui, quel suo sorriso stampato sul volto. “Sono qui… per darti ciò che hai desiderato per tanto… tanto tempo” La sua voce era rimasta suadente e sensuale.

 

“Io… ti ho uccisa! Come…” Le sue certezze stavano crollando come mura sotto assedio.

 

Ancora quel sorriso. “Questo è ciò che tu hai voluto credere, per scappare dalla tua natura, da ciò che volevi veramente…” Strisciò sul letto di foglie fino a lui. Le sue labbra sfiorarono il suo ginocchio, poi si issò per guardarlo dritto negli occhi. “Quello che avevamo insieme… ti ha spaventato perché ha fatto vacillare tutte le tue certezze, perché d’improvviso desideravi più me che la tua ragazzina perfetta…”

 

“No!!” La interruppe Oz, ma aveva ragione, come avrebbe trovato argomentazioni per negare l’evidenza? “Eri morta! Ricordo ancora il sapore del sangue.” Provò ad insistere.

 

“Oh certo… Hai colpito duro, pur di essere credibile, ma non abbastanza a fondo.” Ridacchiò e fu ancora più vicina. Oz era incapace di muoversi, i suoi occhi volarono lungo la linea del suo collo e le vide… le cicatrici che le aveva lasciato erano lì. “Il lupo che vive in te, ti ha impedito di colpire a fondo a sufficienza… non avrebbe mai ucciso la sua unica, possibile compagna.” Gli fece l’occhiolino e quasi di sorpresa le loro labbra si incontrarono e le loro lingue si cercarono.

 

“No!” Di nuovo. Interruppe il bacio con grande sforzo di volontà, per rendersi conto che non poteva negare.

 

“No…” Sussurrò ancora scotendo la testa.

 

Un ampio sorriso scoprì i denti bianchi di Veruca. “Smettila… e vieni a prenderti quello che desideri…” Bisbigliò con voce accattivante. Oz era sopraffatto da quel suo parlare a da quell’agire. Gli mancò per un attimo il fiato quando lei si sollevò sulle ginocchia e si mosse per montargli a cavalcioni.

 

La bloccò, ponendo entrambe le mani sulle sue spalle e tenendola indietro. “Dimmi cosa vuoi da me… non voglio altro” Riuscì in una voce ferma, ma il suo corpo diceva l’esatto contrario.

 

“Nient’altro?” Chiese maliziosa, sollevando il sopracciglio. “Non sembriamo tanto sicuri…” Disse poi continuando a provocarlo ed abbassando lo sguardo a conferma che il suo corpo lo stava tradendo.

 

Con uno sforzo di volontà la spinse indietro e si alzò. “Vattene” Le intimò, avviandosi sulla strada per tornare al furgone. I suoi vestiti erano ancora lì, li raccolse e li indosso mentre camminava, lanciando occhiate irritate a Veruca che lo seguiva placida, i suoi vestiti sotto braccio. “Vattene!” Ripetè più convinto “Non mi interessano più le tue spiegazioni”

 

“Io dico di si invece… e lo sai anche tu” Ancora quell’occhiolino che gli fece ribollire il sangue nelle vene. Oz si fermò, ma non parlò. “Tu vuoi che io ti trovi un buon motivo… qualcosa che ti leghi a me, dietro cui nasconderti per non ammettere che mi hai amata dal primo istante in cui mi hai posato gli occhi addosso” Si stava avvicinando di nuovo. “Io ho il motivo che cerchi Oz…” Gli sussurrò a pochi centimetri dal viso.

 

“Cioè?” Cedette lui alla fine. Il sorriso di Veruca a questo punto si aprì ancora di più, senza fiatare si incamminò verso il furgone. “Dimmelo!” Insistette lui irritato oltremodo. Ma l’unica risposta fu un accenno a seguirla.

 

Non potè far altro che mettersi di nuovo alla guida del furgone e seguire le sue indicazioni. Lo portò di nuovo verso Sunnydale e fu costretto a reprimere l’istinto di frenare e prendere di corsa la strada opposta, ma si controllò e guidò il furgone verso l’albergo appena fuori città dove lei disse di avere una stanza.

 

Il sole era ormai alto nel cielo, la sera prima quando era partito aveva sperato di essere già molto lontano da tutto per quell’ora, e invece eccolo lì… Sunnydale sembrava tenerlo legato a forza, mentre lui desiderava solo lasciarsi tutto alle spalle.

 

Fu riscosso dalla mano di Veruca che stringeva la sua, mentre si avviava alla sua stanza. Razionalmente sapeva di doversi sentire infastidito da quel tocco, lei aveva cercato di uccidere Willow, di rovinare la sua vita… o forse solo di dargli ciò che veramente desiderava? Oz aveva represso questa domanda centinaia di volte dopo quella notte, per non trovarsi costretto a rispondere o peggio, a mentire a sé stesso, ma ora tutto riaffiorava con la forza di un vulcano in eruzione. Il rumore della chiave nella toppa rimbombò nella sua testa ed il sorriso di Veruca prima che entrasse gliela fece girare. La ragazza si portò un dito alla bocca… silenzio? Che necessità avevano di non fare rumore? Era confuso e spaesato.

 

La porta si richiuse alle sue spalle e fu ancora la mano di Veruca a condurlo verso il letto. “Il tuo motivo, Oz…” Disse fermandosi.

 

Il bambino tendeva le braccia con un sorriso sdentato. Oz pensò di morire… Sgranò gli occhi verso la ragazza che lo guardava sorridendo.  Tutto quello doveva essere il peggior incubo della sua vita. Non aveva senso, ma la vita insegnava che proprio quando le cose sembrano troppo assurde per essere vere, allora sono la realtà.

 

“Prendilo…” Lo invitò lei, ma lui era troppo scioccato per muovere anche solo un dito. Si ripetè che stava giungendo a conclusioni affrettate, che si stava facendo prendere dal panico inutilmente e che tutta quella situazione doveva avere una spiegazione più semplice e meno drammatica.

 

“C-chi…?” Le parole gli morirono in gola. Gli si interruppe il respiro e fu costretto a sperare che Veruca capisse ugualmente il senso della sua domanda. 

 

“Tu, Oz…” Rispose lei, prendendolo per i fianchi e stringendosi a lui. “Sei tu il padre.” Confermò, poi senza aspettare la sua reazione lo baciò, sensuale. Lui non potè sottrarsi a quel bacio.

 

“Non… non è possibile.” Protestò lui, quando le loro labbra si separarono, ma lui stesso sapeva che invece era la verità. Non riusciva a capire come, ma percepiva come suo quel bambino che gli sorrideva e gli tendeva le mani… era suo figlio.

 

“Il tuo cuore sa cosa è vero e cosa non lo è…” Si allontanò di un passo da lui e si voltò verso il bambino. “Si chiama Daniel… come il padre.” A queste parole il cuore di Oz mancò un battito, non poteva appellarsi a nulla… aveva l’età giusta, tecnicamente era più che possibile e poi c’erano le sensazioni che provava. “Tuo figlio ti chiama, Oz…” Disse ancora lei, e lui dovette arrendersi al fatto che quelle parole non gli sembrarono poi così orribili.

 

Si chinò sul letto e sollevò tra le braccia il piccolo Daniel, gli scappò un sorriso, quando le mani del bambino sfiorarono il suo viso, ed in quell’istante comprese che la sua vita era davvero cambiata. Non come lui sperava, d’accordo, ma era pronto per un nuovo inizio, un inizio senza Willow, senza i suoi amici… forse si stava lasciando davvero tutto alle spalle, nonostante non fosse quello il modo che aveva sperato.

 

“Puoi odiare me Oz, ma non puoi odiare lui.”  Disse ancora con la sua solita voce sensuale. “Ma tu non riesci ad odiare neppure me, vero?” Gli sorrise e gli cinse la vita con un braccio, stringendosi a lui. I loro occhi si fissarono per pochi secondi prima di tornare a guardare il loro bambino… il figlio della luna piena.