BE MY VALENTINE

AUTRICE:FLO 83

Coppia: ovviamente la mia preferita, Buffy&Spike

Disclaimer: se fossero miei di sicuro, sarebbe finita in un altro modo dry.gif Sono tutti del sadico Joss!

 

Ambientazione: Post Chosen, in una ipotetica 5 stagione di Angel, dove non accade praticamente niente, a parte il fatto che Spike, tornando corporeo, non va da Buffy

 

Riassunto: Spike riceve un biglietto...

 

Piccola nota: mi sono presa qualche libertà con il tempo.

 

***

 

Los Angeles, Uffici della Wolfram&Hart, 13 Febbraio, ore 15.30

 

 

‘William, incontriamoci il 14 Febbraio al Rockfeller Center alle 19. Non mancare e sii puntuale’

 

Spike si rigirò tra le mani lo strano biglietto nella speranza di capirci qualcosa.

Non era firmato. E la carta su cui era stato scritto era una comunissima carta da lettera. La scrittura era sì, svolazzante, ma in ogni caso priva di un segno caratteristico che gli ricordasse qualcosa o qualcuno in particolare. Insomma, nessun indizio su chi gliel’avesse spedito.

Lo guardò ancora una volta, rileggendolo.

Che fosse per lui non c’era dubbio. Era indirizzato a ‘William’ ed il fattorino che l’aveva consegnato a Harmony quel pomeriggio aveva chiesto esplicitamente di lui. Difficile trovare un altro William The Bloody alias Spike nello stesso edificio.

Sospirando, anche se non n’aveva bisogno, si lasciò cadere di peso sulla poltrona al centro dell’ufficio d’Angel.

Quante possibilità c’erano che fosse una trappola?

Beh, praticamente zero, considerando che tutti i suoi creditori o erano morti nel crollo di Sunnydale oppure avevano perso le sue tracce. Aveva avuto persino poche possibilità di crearsi nuovi nemici, tenendo conto che era stato un fantasma per gran parte dell’anno precedente.

Ma allora chi glielo aveva mandato?

Un incontro il giorno di San Valentino. Che fosse… No, no. Meglio non fare andare i pensieri in quella direzione. Ormai era una faccenda chiusa. Aveva deciso di andare avanti, lei doveva vivere la sua vita e lui…beh, lui sarebbe sopravvissuto!

Scosse la testa, mordendosi il labbro inferiore. Adesso iniziava a raccontare bugie persino a se stesso…quant’era diventato patetico!

In ogni caso, patetico o meno, sarebbe andato a quell’appuntamento. Doveva assolutamente scoprire chi fosse il misterioso mittente.

 

***

 

In volo tra Los Angeles e New York, 14 Febbraio, ore 15.30

 

Spike guardò fuori del finestrino e tutto quello che vide fu cielo blu. Fortuna che il jet della Wolfram&Hart era costruito con vetri a prova di vampiro, altrimenti col cavolo che sarebbe riuscito a volare fino a New York in pieno giorno.

Usare il jet della compagnia era stato un vero colpo di genio, nonostante, per fare questo, avesse dovuto rivelare ad Angel il motivo della sua partenza. Lui gli aveva riso in faccia. Sì, perché Angel era convinto che si trattasse di una trappola, che sarebbe di sicuro caduto vittima di un qualche attentato, che avrebbe rischiato la pelle. Spike credeva che fosse quello il motivo che l’aveva spinto a concedergli l’uso del jet: la speranza di toglierselo finalmente di torno.

“Fottiti, Peaches”, borbottò Spike sottovoce.

 

***

 

New York, 14 Febbraio, 18.00

 

Maledetto fuso orario!

Più di 120 anni di non vita, viaggi in ogni parte del mondo, e ancora non aveva capito come diavolo funzionava quella roba.

Ed ora era in ritardo. In spaventoso ritardo.

E sul biglietto c’era espressamente scritto ‘Sii puntuale. Come se lo sapesse. Oltre il danno, la beffa.

Che almeno il dannato autista della Wolfram&Hart con la sua dannata macchina a prova di vampiro, arrivasse al più presto!

Avrebbero recuperato il tempo perduto superando qualche limite di velocità.

 

***

 

Ore 18.15

 

“Fottutamente grandioso!” sbraitò Spike quando, per l’ennesima volta, la macchina si fermò. “Che diavolo sta succedendo?” chiese all’autista.

“C’è un ingorgo” rispose il tipo senza scomporsi più di tanto.

“E allora? Dobbiamo dannatamente rimanere fermi qui? Non può trovare una diavolo di strada alternativa? Una scorciatoia?”

“Potremmo, ma troveremmo solamente un altro ingorgo. Sono all’ordine del giorno qui a New York. Bisogna avere pazienza”

“Ma io non ho pazienza! E non ho neanche tempo da perdere” esclamò Spike. “Vado a piedi” E fece per aprire lo sportello.

“Vorrei ricordarle…ehm, signore, che a causa della sua, per così dire, condizione non le conviene uscire dalla macchina al momento” lo bloccò l’autista.

Spike si lasciò ricadere all’indietro sul sedile. “Oh, magnifico! Grandioso, davvero grandioso!” borbottò guardando fuori del finestrino il sole che ancora illuminava la città. “Che facciamo allora?”

“Aspettiamo”

 

***

 

Ore 18.30

 

“Abbiamo fatto a malapena 3 isolati! Questa storia è semplicemente assurda!”, Spike si mosse nervosamente sul sedile posteriore. Non sapeva perché ma aveva la netta sensazione che quell’appuntamento non fosse una trappola, anzi… Non poteva far tardi. Assolutamente no.

“Quanto siamo lontani dal Rockfeller Center?” domandò all’autista.

Il tizio si prese un paio di secondi di tempo per riflettere. “Non molto. Diciamo altri 4 isolati e dovremmo esserci”

“Meraviglioso” borbottò Spike fra i denti. Con la media di un isolato ogni quarto d’ora non sarebbe mai arrivato puntuale. “Quanto manca al tramonto?”

“Una decina di minuti circa”

“Grandioso” borbottò di nuovo.

 

***

 

Rockfeller Center, 14 Febbraio, ore 19.10

 

Fortunatamente non aveva bisogno di respirare, altrimenti a quest’ora avrebbe già rischiato di rimanerci stecchito!, pensò Spike mentre a grandi falcate correva verso il Rockfeller Center.

Non appena l’autista gli aveva fatto cenno che anche il più piccolo raggio di sole era scomparso, aveva aperto la portiera della macchina ed era partito a razzo. Aveva evitato macchine e persone a piedi, aveva rischiato di essere investito ad un autobus e che una vecchietta lo prendesse a borsettate in testa perché aveva osato spostarla per passare, ma alla fine ce l’aveva fatta.

Non appena arrivato capì perché gli era sembrato così essenziale raggiungere quel luogo.

Si fermò di colpo, incapace di muovere un altro passo. Semplicemente, si guardarono in silenzio per quella che ad entrambi sembrò un’eternità.

Buffy.

Era proprio lei. E se ne stava lì, bella da togliere il fiato, in un lungo cappotto rosso, i capelli sciolti sulle spalle, le braccia strette attorno al corpo nella speranza di riscaldarsi e un sorriso sulle labbra. Proprio così, un sorriso.

Spike non riuscì a credere ai suoi occhi. Non poteva essere vero. Probabilmente era tutto un sogno. O forse un’allucinazione. O qualcosa del genere. Beh, qualunque cosa fosse non gli interessava. Fino a che non sarebbe ritornato alla dura realtà, gli stava bene così.

Dopo qualche minuto, Buffy abbassò gli occhi rompendo il contatto visivo che avevano stabilito.

“Sei in ritardo”

Spike aprì la bocca per rispondere, per giustificarsi, ma non riuscì a spiccicare parola.

“Cos’è? Non parli? Non mi dici neanche ‘Ciao’?” chiese lei. Il suo tono di voce era timido, insicuro. “Sei rimasto senza parole? È perché sei sorpreso o perché sei deluso? Perché se ti aspettavi qualcun altro io…”

A quelle parole, Spike scattò. Con un balzo la raggiunse, tanto vicino da poterla toccare, anche se non lo fece. Lo sguardo di meraviglia nei suoi occhi fu sufficiente, però, perché Buffy capisse che il suo silenzio era dovuto alla sorpresa e non alla delusione.

Spike le sorrise e allungò una mano per allontanarle una ciocca di capelli dal viso, e nel fare questo le sfiorò la guancia. “Sei fredda” osservò con voce tremante.

“Beh, cosa ti aspettavi? Sono quasi venti minuti che ti aspetto qui fuori e New York non è esattamente famosa per il clima soleggiato come la California, nel caso non l’avessi notato”

Spike non sapeva cosa dire, cosa fare. Non era preparato ad una cosa di questo tipo. Rivedere Buffy dopo tutto questo tempo era semplicemente un sogno. E l’aveva fatto molte volte, sognare di rivederla cioè. Ed accadeva ogni volta in modo diverso, a volte romanticamente, con la giusta atmosfera, i fiori e i violini, altre volte sognava semplicemente di presentarsi alla porta di casa sua, suonare e venir accolto a braccia aperte.

Aveva sognato di tutto, ma non questo. Mai di poterla incontrare a New York, il giorno di San Valentino e che lei se ne stesse lì, bella come il primo giorno che l’aveva vista, in attesa che lui le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. Solo che non ci riusciva, l’emozione era talmente tanta da bloccargli la capacità di parlare, di pensare.

“Cosa…” Si fermò, si umettò le labbra scotendo la testa e poi ricominciò. “Cosa ci fai qui?” Maledizione, aveva usato il tono sbagliato! “Non che non sia felice di rivederti, si capisce” aggiunse in fretta, cercando di porre rimedio al suo errore.

Diavolo, se era felice di rivederla!

“Qui a New York, vuoi dire?”

Spike annuì.

“Perché non New York?” rispose lei, deglutendo. Gli occhi fissi su un punto oltre le spalle di Spike. “Sono stata praticamente ovunque nel corso dell’ultimo anno. Ho visitato l’Europa, girato in lungo e in largo gli Stati Uniti, tutto per reclutare le nuove Cacciatrici e… Sai che ho sempre voluto viaggiare, no? Beh, viaggiare è stato bello. Bello, ma non fantastico. Solo che non è stato come me l’ero immaginato in tutti gli anni in cui non ho potuto farlo. Allora ho deciso di fermarmi, qui, a New York. C’è uno dei più grandi centri di reclutamento qui, lo gestiscono Faith e Woods e ho pensato...perchè no? Un posto vale l’altro, in fondo… E allora, mi sono stabilita qui e…”

Buffy odiava quando inizia a straparlare ma in quel caso non poteva proprio farne a meno, perché se si fosse fermata sarebbe crollata. Se si fosse fermata gli avrebbe chiesto quello che la stava torturando da quando aveva scoperto che era tornato. Se si fosse fermata si sarebbe comportata come una sciocca ragazzina viziata e avrebbe pretesto delle spiegazioni. Se si fosse fermata gli avrebbe buttato le braccia attorno al collo e avrebbe iniziato a piangere…

“Buffy”

Alzò gli occhi colmi di lacrime su di lui e non riuscì più a trattenersi.

“Perché non me l’hai detto? Tutto questo tempo… sei tornato e non me l’hai detto” mormorò, la voce rotta dal pianto. “Come hai potuto?”

“Come ho… Per l’inferno maledetto!” esclamò Spike incredulo. “Non starai mica dicendo sul serio, vero?”

“Ti sembra stia scherzando?” ribatté Buffy. L’espressione del suo viso gli fece capire che era seria.

Spike sospirò. “Secondo te perchè l’ho fatto?” Scosse la testa. “Per la stessa ragione per cui ho fatto qualsiasi cosa, Buffy. Per te. Pensi che mi piaccia davvero così tanto stare alla corte del grande musone da preferire rimanere con lui piuttosto che tornare da te? Beh, lasciatelo dire, passerotto, vivere con Peaches non è uno spasso. Ogni dannato giorno, da quando sono tornato, non faccio altro che pensare che voglio venire da te”

“Allora perché non l’hai fatto? Io non capisco” mormorò Buffy, le lacrime le scorrevano libere lungo le guance.

“Davvero? Davvero non capisci?” chiese Spike. “L’ho fatto per te. Tutto quello che ho sempre voluto è che tu fossi felice. E adesso ne hai l’opportunità. Puoi avere la vita normale che hai sempre desiderato, sei libera di fare quello che vuoi, quando vuoi senza che qualcuno ti fermi. Come entro io in questo quadretto? Ti sarei stato solo d’intralcio e…”

“Oh, piantala, per cortesia!”

Spike sgranò gli occhi. “Scusa?”

”Hai per caso dimenticato l’ultima cosa che ti ho detto, Spike? Da quando sei tornato soffri forse d’amnesia? Come hai potuto dimenticare le parole che hai aspettato tanto di sentire?” Buffy scosse la testa, incredula. “Sei morto, miracolosamente sei tornato indietro, la donna che dichiari d’amare più di qualsiasi altra cosa al mondo proprio prima che morissi ti dichiara finalmente il suo amore, e tu cosa fai? Cerchi di trovarla? No! È assurdo. Quanto tempo ci hai messo a trovare questa stupida scusa della ‘vita normale’ per giustificare il fatto che non mi hai cercato? Avanti, sono curiosa” concluse Buffy incrociando le braccia.

Spike abbassò gli occhi, imbarazzato. “Un mese circa, più o meno”

“Non è divertente, Spike!” sbottò lei, dandogli una pacca sul torace.

“Non voleva esserlo, passerotto”

“Cos’è, stare troppo tempo con Angel t’ha fatto diventare come lui? Adesso anche tu prendi le decisioni al posto mio? Credevo avessi capito che non è una cosa che mi piace”

“Non paragonarmi ad Angel” borbottò Spike in tono basso.

“Mi spieghi come faccio a non fare paragoni? Ti sei comportato esattamente come lui. Hai deciso al posto mio cosa mi avrebbe fatto felice. Beh, lascia che ti dica una cosa, Spike: ho pianto per te. Ho creduto fossi morto, perso, andato per sempre. Ho dovuto vivere per quasi un anno con la consapevolezza che non c’eri più. E tu cosa hai fatto in tutto questo tempo? Eri a Los Angeles!” Scosse la testa. “Cos’è, credevi che non l’avrei mai scoperto? Ti rendi conto di come mi sono sentita quando l’ho fatto?”

Spike distolse lo sguardo. “No, io… io… Oh, e va bene, non c’ho mai pensato. Ho pensato solo…”

“Hai pensato solo nel modo sbagliato. Hai scelto proprio la volta sbagliata per diventare altruista” lo bloccò lei.

“Beh, scusami se c’ho provato” sbottò Spike. Si stava arrabbiando. E la cosa che lo faceva ancora più infuriare era che non sapeva se si stava arrabbiando con lei oppure con se stesso. Solamente in quel momento si stava rendendo conto di quanto fosse stato idiota tutto il suo ragionamento. Ogni singolo motivo che lo aveva tenuto lontano da lei, gli sembrava ora sciocco e senza senso.

L’aveva fatto perché voleva che lei fosse felice. Ma lei aveva tutto il diritto di scegliere con chi e come essere felice. L’aveva fatto perché voleva che il suo ultimo ricordo di lui fosse quello di un eroe. Ma il fatto di essere tornato aveva forse sminuito il suo gesto sulla Bocca dell’Inferno? No. Era semplicemente stato un codardo. Aveva avuto paura che lei lo rifiutasse. Era stato semplicemente terrorizzato all’idea che lei si rimangiasse quello che gli aveva detto e l’avesse mandato via. Cosa avrebbe fatto allora? Aveva preferito non scoprilo. Ed era stato quello il suo errore.

“Guarda, è il giorno di San Valentino” iniziò Buffy, in tono più dolce. “Mi sei mancato ogni singolo minuto di ogni singolo giorno. Perderti mi ha fatto capire quanto sei importante per me, quanto fai parte della mia vita e quando sia essenziale che ti abbia al mio fianco. E ora sei qui, sei in piedi di fronte a me, e invece d’essere grati perché abbiamo una seconda possibilità, ci stiamo comportando come degli idioti e stiamo discutendo su cose che non hanno la minima importanza. Non era così che me l’ero immaginato”

“Come te l’eri immaginato, Buffy?” chiese lui piano.

Lei fece un piccolo sorriso poi abbassò gli occhi, imbarazzata. “Non lo so… magari come in uno di quei film d’amore” Rialzò gli occhi. “Tu che mi vedi, io che ti vedo e poi ci corriamo incontro l’un l’altro. Qualcosa del genere…non lo so. Ma di sicuro non come sta succedendo adesso. In piedi, uno di fronte all’altro, come se fossimo due estranei”

Spike non le lasciò neanche finire la frase che la prese tra le braccia e la strinse forte.

“Mi dispiace, amore. Mi sei mancata anche tu, tantissimo, non ne hai idea, ma…”

“Ma cosa?” chiese lei, il viso schiacciato contro il suo torace.

“Ma non voglio trattenerti dal trovare la felicità. Non capisci? Ora che ci sono tutte le altre Cacciatrici, hai finalmente la possibilità di vivere una vita normale. E, di sicuro, in questa vita normale non c’è posto per un vampiro addomesticato che ti sta sempre tra i piedi. Io voglio che tu sia felice”

“Ma allora non capisci? Io sono felice se ci sei tu!” gli urlò quasi contro lei.

“No, non è vero. Tu non sei felice se ci sono io. Stare con me ti rende infelice, ti uccide, ricordi?”

“Davvero pensi questo?” gli chiese Buffy. “Dio, devo essere stata davvero convincente quando lo dicevo…” mormorò quasi rivolta a se stessa, abbassando lo sguardo. Poi tornò a guardarlo. “Spike, io ero felice con te” Allo sguardo incredulo del vampiro, aggiunse: “Okay, forse non all’inizio perchè non volevoessere felice, ma c’eri anche tu lo scorso anno, hai visto tutto quello che ho dovuto superare…beh, senza di te non ce l’avrei mai fatta. Non sarei riuscita a sopravvivere alla battaglia finale senza di te. E non sto parlando del fatto che ti sei sacrificato” Si mordicchiò il labbro inferiore. “Certo, anche quello ha aiutato”

Spike la guardò inarcando un sopracciglio. Lei gli rivolse un sorrisetto.

“Stavo dicendo sul serio, quando ti ho detto quelle parole” riprese Buffy, tornando seria. “Io ti amo. Non m’importa più del nomale. Tu stesso mi hai mostrato che non c’è niente di male se la vita non è poi così normale. E… se me n’avessi data la possibilità, se mi avessi chiamato per dirmi che eri tornato, sarei salita immediatamente sul primo aereo per Los Angeles per venire da te” Lo guardò speranzosa. “Devi credermi. So che avresti tutte le ragioni per dubitare di me, ma è la verità. Io ti amo, Spike”

Spike abbassò gli occhi per evitare che lei vedesse le lacrime che vi si erano formate. Alla fine cedette e la attirò di nuovo fra le braccia, nascondendo il viso nei suoi capelli. “Sto piagnucolando come un bambino. Non è molto da eroe, vero?”

Buffy lo strinse più forte. “Il tuo segreto è al sicuro con me, Eroe. Nessuno saprà mai che hai pianto. Tranne… potrei dirlo a Xander? Sarebbe un regalo perfetto per il suo compleanno”

Un ringhio proveniente dal torace di Spike, la fece scoppiare a ridere. “Okay, va bene, non lo dirò a nessuno”

Rimasero abbracciati per qualche minuto, poi Spike si tirò leggermente indietro, e la guardò. Le sue labbra si avvicinarono a quelle di Buffy così che riuscì a sentire il suo alito caldo contro la pelle. Le mise alcune ciocche di capelli dietro l’orecchio. “Quindi… ora è tutto a posto? Posso baciarti, giusto?” chiese con un mezzo sorriso.

Lei sorrise e annuì con la testa prima che le labbra di Spike toccassero le sue. Si erano baciati molte volte in passato, ma il bacio che si scambiarono in quel momento fu semplicemente unico nel suo genere. Con quel semplice gesto Buffy riuscì a capire tutto quello che lui aveva provato in quel periodo lontano da lei, quanto l’amasse, e quanto gli era mancata. Alla fine, non riuscì a trattenere un sospiro che le attraversò il corpo di fronte alla disperazione e al dolore che quel contatto le aveva trasmesso.

Spike si tirò indietro, un sorriso estasiato sul viso. “Credo che dovremmo andare da qualche parte prima che tu prenda troppo freddo. Potresti ammalarti”

Lei annuì, un sorriso altrettanto abbagliante sul suo viso.

Lui le prese la mano e lentamente iniziarono a camminare.

Dopo qualche passo, lei lo fermò.

“Mi stavo domandando…”

“Cosa?”

“Sicuro che non posso raccontare a Xander di…”

Non fece neanche in tempo a finire la frase che Spike le lasciò la mano per caricarsela di peso sulle spalle. Buffy emise un urlo di sorpresa, quando si ritrovò sottosopra, poi scoppiò a ridere subito seguita da Spike.

La gente intorno a loro pensò che era bello vedere una coppia felice e innamorata il giorno di San Valentino. Faceva davvero bene al cuore.

 

FINE