VORREI INCONTRARTI TRA CENT’ANNI

AUTRICE:LADY CANONE INVERSO

Disclamer: i luoghi e i personaggi descritti non sono di mia proprietà, ma appartengono ai loro creatori, a Joss Whedon, alla WB ed alla Upn. La storia è scritta per puro paicere personale, non rivendico sui protagonisti alcun diritto.

 

Sole rosso rubino e oro scuro che infiammava il cielo mentre ,ormai obliquo, si rifletteva sulla superficie traslucida, compatta, del lago.

Distesa di fuoco liquido, di oro fuso.

Placida immobilità.

Cielo sfumato d’acquarello. Perfezione che nessun dipinto impressionista non aveva mai raggiunto.

Tutto tremendamente perfetto. Inutilmente perfetto.

Splendida Los Angels in quel tramonto prezioso.

La città degli angeli.

Diversa, eppure immutabile nel suo fascino abbagliante.

Cento anni dopo.

Cento anni di vuoto.

Cento anni di nulla.

Lasciò vagare lo sguardo sui grattacieli avvolti in un bagno di luce, specchi abbaglianti di vanità.

Poi tornò a posare gli occhi sul lago di fuco silenziosamente adagiato in un piccolo parco che si stendeva ai piedi del palazzo, molti paini sotto.

Il sole non illuminava le sue fattezze perfette, che restavano avvolte nell'ombra dietro ai vetri a parete del grande appartamento.

Sole che non poteva scaldarlo.

Sole freddo, di ghiaccio.

Come di ghiaccio erano il suo cuore e la sua anima.

Si allontanò dalla vetrata che lo schermava dai raggi solari.

Era passato un secolo.

Un secolo senza vita. Senza amore. Senza senso.

Tempo che si accumulava in fardelli pesanti. Anni che colavano lentamente in decenni. Troppo lentamente. Mentre il tempo non smetteva di morire, indefinitamente. Istante dopo istante. In un susseguirsi di minuti vuoti, dolorosi, laceranti.

Il tempo moriva in ogni attimo. A lui non era concessa pace. A lui non era concesso riposo. A lui non era concessa la morte.

Eternità. Tempo senza tempo. Né inizio né fine.

Eternità. Condanna insopportabile, inconcepibile. Dopo di lei. Senza di lei.

Cento anni.... e niente aveva avuto più senso senza di lei.

Dopo di lei era rimasto solo il dolore. Il tormento. La rabbia impotente.

Anima lacerata. Sofferenza eterna.

Di nuovo, i ricordi tornarono da lui.

Implacabili fantasmi.

Dopo tanto tempo. Sentiva di nuovo e di nuovo soffriva.

Impossibile apatia. Cessazione d’ogni sofferenza agognata troppo a lungo. Irraggiungibile.

Lei tornava sempre.

Occhi di mare in tempesta. Fuoco di smeraldo. Incisi nella sua anima. Tatuati a fuoco dentro di lui.

Pelle di seta. E il suo sapore. Ancora sulle labbra. Agonia interminabile. Dolcissimo veleno.

Buffy. Troppo doloroso perfino pronunciare il suo nome.

Buffy. Tristezza fradicia di dolore.

Dolore. Fuoco che bruciava la sua anima. Il suo essere.

Fonte inestinguibile. In ogni attimo. Lui era solo dolore.

Impossibile cancellare il passato, dimenticare. Restava solo dolore. Sempre. Rimpianto. Colpa. E dolore... ancora e ancora.

Morta senza senso, senza un perché. Solo vent'anni. E tutto si era infranto. La luce si era infranta. Era rimasta solo l'oscurità della sua assenza. Oscurità fitta, in diradabile, pesante, opprimente. Sudario di solitudine.

La luce era morta con lei. Sole, luna, stelle. Nulla più poteva risplendere. Non dopo la sua morte. Non dopo di lei.

Il vento non poteva più soffiare, il mare infrangersi sulla sabbia, gli uccelli volare nel cielo. Con lei era morta ogni vita.

Con lei era finito un mondo. L'unico possibile. Era rimasta solo un'eternità vuota, insopportabile, incancellabile, tormentosa. Senza di lei. Secoli di nulla. Inferno senza fine.

Senza lei.

E i ricordi. Insopprimibili. Pungoli di fuoco nella sua anima ormai troppo nera, troppo prostrata, troppo annientata.

Ricordi che non annegavano nella dimenticanza. Né nel sangue, né nella rabbia, né nella follia, né nella distruzione di sé. Lei sopra tutto. Lei: oltre tutto restava in lui, sempre. Anche quando di lui non era rimasto più nulla.

Ricordi. Ondate furiose che lo travolgevano, portandolo lontano, troppo indietro.

Da lei.

Lei. Costante di dolore. Lei.

Lei che morendo aveva reso impossibile la pace, la tregua, la serenità, la vita. Rendendo la sua esistenza un'eterna fuga da se stesso, dalla sua maledetta anima. Perché la sua anima era lei.

Impossibile cancellare il dolore. Realtà quotidiana, realtà eterna. Impossibile. Annullare l'anima... ci aveva provato. Ma il dolore era rimasto. Incancellabile. Lei era tutto.

Buffy. Marea di sofferenza che lo travolgeva.

Un nome, eco di dolore che gli esplodeva dentro con la forza devastante di una deflagrazione nucleare.

Lei. Dentro ogni cosa, in ogni azione, in ogni pensiero. Veleno di pena.

Ricordi ancora. Mare in cui annegava senza fine.

I suoi occhi. Troppo verdi nella mente. Il suo respiro. Fuoco sulla pelle. Non avrebbe mai più respirato. Mai più riso: nessun suono aveva più senso. La vita, oceano di silenzio.

Le sue labbra. Troppi baci mai dati. Deliro intossicante.

Nessun addio. Nessun arrivederci. Morta. Impensabile. Inaccettabile. Allora... adesso. Mai.

__"Semioscurità. Odore di acqua stagnate, di chiuso.

Attimi di vuoto. L'odore del suo sangue nelle narici che gli strappava la calma.

"Dovresti sapere da che parte..." Tossì dolorosamente, ogni respiro un'agonia "...andare. E' la tua città..."

Pungente, astiosa... nonostante le ferite e la situazione critica. Sempre un po' di veleno tra loro.

Parole dure. Per impedire a sentimenti proibiti, banditi dal cuore, di emergere prepotenti. Per impedire alle labbra di cercarsi, agli occhi di amarsi.

Cinica, Buffy. Dolore di una donna che in fondo di sentiva ancora abbandonata.

Da lui. Che se n'era andato. Lontano. Per lasciarla libera.

Da lui. Che non era riuscito a spegnere il fuoco che li divorava entrambi. Che non aveva potuto farsi dimenticare.

Solo altro dolore, e solitudine.

"Non ho studiato a memoria le mappe di tutta la città... siamo in una zona che non avevo mai frequentato..."

Lei annuì debolmente. Cortine di buio davanti agli occhi. Coscienza che sfugge sottilmente, insieme al sangue.

Angel la sistemò delicatamente fra le braccia, scostandole i capelli dal viso.

Aveva la fronte terribilmente sudata. Fredda.

Paura travolgente di poterla perdere.

Silenziosa corsa per i tunnel.

La donna reclinò la testa sul suo petto, occhi pesanti.... fuochi verdi che si attenuano.

"Buffy... Buffy, non addormentarti. Non chiudere gli occhi Buffy. Resta sveglia, guardami. Siamo quasi arrivati. Forza parla, Buffy, parla. Guardami."

Ciglia spesse che si alzano su un palcoscenico di mare. Occhi impressi a fuoco nella sua anima che cercano i suoi. Annebbiati di dolore.

Voce di velluto. Troppo debole.

"E di cosa vogliamo parlare, Angel....?" Una smorfia di sofferenza le distorse il bel volto. "Ultimamente non facciamo che litigare.... anzi l'ultima volta ti ho praticamente cacciato da Sunnydale... bè, immagino che Faith sarà stata ben contenta di consolarti..."

"Sai benissimo che fra me e Faith non c'è mai stato nulla... l'ho solo aiutata in un brutto momento..."

Solo parole. Per tenerla sveglia, per non lasciarla scivolare nell'oblio... desiderio irresistibile di consolarla, baciarla... e dirle ,ancora una volta, che l'amava... Impossibile.

Aveva una vita adesso. Senza di lui.

Notte. Umida, impregnata di salsedine.

Il vampiro si orientò rapidamente all'aria aperta.

Troppo lontani dall'ospedale. Ormai Buffy era svenuta.

Il suo sangue sui vestiti.

L'avrebbe portata a casa sua. Doveva prima fermare l'emorragia, poi l'ospedale.

Pochi minuti per arrivare.

Spalancare la porta con quel tesoro prezioso fra le braccia.

Adagiarla sul letto.

Svenuta. Terribilmente pallida. Bellissima. Nonostante tutto.

Angel le tolse di dosso il suo cappotto, in cui l'aveva avvolta. La camicetta di stoffa sottile, con cui aveva cercato di tampinare il sangue, era impregnata, rorida.

La staccò con cura dal fianco della ragazza.

Scariche di dolore.

La vide trasalire, stimoli noci cettivi che lacerano le barriere dell'incoscienza.

Era una brutta ferita. Da parte a parte. Fortunatamente non gli sembrava avesse lesionato nessun organo vitale.

Un lembo di stoffa ,impastato di sangue, era appiccicato saldamente alla carne.

Strappo netto. Più male a lui che a lei.

La donna si riebbe immediatamente, afferrandogli un braccio per non urlare. Dita che segnano la pelle, unghie che lacerano la carne. Forza di cacciatrice.

"Mi spiace..."

Lei scosse debolmente la testa. Lasciandosi andare sul letto.

Il vampiro medicò in silenzio la ferita. Disinfettante, garze pulite.

Gesti che ripetevano una consuetudine antica. Intimità subito ritrovata.

Le dita fresche del vampiro, carezze di vento sulla sua pelle. Contatto di fuoco.

Una volta finito, diede un'occhiata alla gamba.

Il taglio orizzontale sulla coscia aveva margini sfilacciati, la pelle era fortemente danneggiata e congesta.

Odore di veleno.

"Chiamo l'ambulanza. Dobbiamo andare in ospedale. Sutureranno le ferite e bloccheranno l'emorragia al fianco... ti metto solo un unguento per il veleno sulla gamba mentre aspettiamo. Andrà tutto bene."

Le accarezzò dolcemente la fronte, una guancia.

Carezza troppo lunga. Dita che si soffermavano avide sulla sua pelle. Desiderio. Mancanza.

La cacciatrice gli strinse il polso. Movimento rapido che le provocò una smorfia di dolore.

"Non voglio andare in ospedale..."

Lui la guardò interrogativo.

"Chiamerebbero a casa, mia madre... sta male, lei non deve stressarsi.. preoccuparsi... non guarirà altrimenti..."

"Buffy, sei stata ferita gravemente. Ti hanno trapassato un fianco, e la gamba è in pessime condizioni... non so neppure se la fasciatura che ti ho fatto basterà a fermare l'emorragia..."

Lei lo fissò implorante.

"Angel.... per favore... ti prego..."

Dirle di no. Impossibile.

Con un'espressione di disapprovazione lui si chinò ad occuparsi della gamba, strappando i jeans per spalmare l'unguento e applicare la fasciatura.

Lei sorrise.

"Grazie...."

Di nuovo silenzio.

Rimanere semplicemente insieme. Vicinanza troppo agognata.

Silenzio di velluto.

Incroci di sguardi. Mille volte ancora.

Parole senza voce.

Angel finì e la lasciò sola mentre si toglieva i resti dei vestiti sporchi di sangue e si infilava in una sua camicia.

"Ce la fai...?"

Lei annuì, serrando le labbra.

Il vampiro andò a prenderle il cordless.

Strana sensazione vederla nel suo letto.

Nodo alla gola.

Flesch di un passato mai vissuto.

Strana sensazione averla così vicino... toccarla, sfiorarla... e sapere di averla persa... sapere che era di un altro...

Strana sensazione vederla ,bella da mozzare il fiato, con la sua camicia addosso. Scena di una quotidianità illusoria...

Rimase fermo sulla soglia per infiniti minuti, osservando quel volto pallidissimo abbandonato sul cuscino, gli occhi chiusi, i capelli sparsi attorno...

Immaginare tutto quello che non sarebbe mai stato... per loro.

Anima lacerata. Cuore che non batte più, ma che può ancora sanguinare. Ancora.

La ragazza aprì gli occhi, quasi richiamata alla coscienza dal suo sguardo penetrante. Richiamo imprescindibile. Incontrò gli occhi profondi, scuri, assorti di lui. Sorrise.

Angel le porse il telefono.

"Giles e gli altri saranno in pensiero..."

Lei scosse la testa.

"Si preoccuperebbero se sapessero... soprattutto se fossi andata in ospedale.."

Lui la guardò in tralice, sorridendo appena.

"Oh, invece sapendo che sei nel mio letto staranno più tranquilli...?!"

"Angel....!"

"Vorrei solo evitare che piombino qui ,Xander Harrisi in testa, armati di paletti ed acqua santa, pensando che noi..."

"Ma non c'è nulla da pensare, giusto...?"

Occhi di tristezza.

"No."

"No. Non si preoccuperà nessuno... penseranno che sia da Riley..."

Lui distolse lo sguardo.

Troppo in fretta.

Dolore mal celato.

Dolore di sempre.

E lei se ne accorse.

"E' meglio che ti lasci riposare...."

"Non ti piace vero...?"

Nessuna risposta.

"Lui ce la mette tutta... è un bravo ragazzo..."

"E' un ragazzo..." Era tornato a guardarla negli occhi. " E questo è sufficiente..."

Dolore liquido che correva fra loro. Vento di gelo. Rimpianto.

Avrebbe voluto cancellare la sofferenza che si leggeva nei suoi occhi... e stringerlo fra le breccia... e... solo sogni.

"Sei stato tu a lasciarmi..... e adesso....sei geloso?"

Nessuna risposta. Ancora.

Poi, improvvisa, quella domanda.

A bruciapelo.

"Lo ami?"

Uno schiaffo che brucia sulla pelle.

Vuoto intorno a lei. Aria rarefatta.

"Non puoi chiedermi questo..."

"Non so cosa mi abbia preso.... io, scusami. Buonanotte."

Andare via da lei. Mettere qualcosa fra loro. Che gli impedisse di prenderla fra le braccia. Di stringerla fino a farle male. Di baciarla fino a toglierle il fiato, fino a incendiare la sua pelle.

Cancellare il ricordo, la presenza di un altro, dalla sua pelle. Dal suo corpo. E leggere nei suoi occhi che non c'era nessun altro nel suo cuore.

"Angel? Non puoi andartene così. E' troppo facile. Sai che non posso seguirti..."

Impulso irresistibile di prenderla a schiaffi. Di farla tacere. Troppo facile.

Troppo facile. Non aveva neanche idea quanto gli costasse starle lontano.

Non immaginava neppure cosa volesse dire sentirle addosso l'odore di un altro.

Non poteva sapere cosa significasse vivere lontano da lei, dalla sua luce. L'unica luce possibile.

Lui, di spalle, chiuse gli occhi un attimo. Solo un istante per riprendere il controllo. Per arginare le emozioni.

"Per qualsiasi cosa... io sono di là..."

Voce soffusa di dolore.

Morsa di ferro al suo cuore così giovane. Non poteva cancellare tutto in un bacio. E annegare la realtà in un abbraccio.

Poteva solo guardarlo andare via.

"Lo so. Angel."

"Angel......?"

Attimi senza tempo. Vuoto di sensazioni.

Solo loro.

Troppo lontani.

"Consoci la risposta... solo, fa troppo male dirlo."

Lui non disse niente.

Non c'erano parole.

Avrebbe voluto poter trarre un profondo respiro.

Socchiuse la porta.

Aveva voluto tenere il fuoco fra le mani. Aveva voluto sfidare il fuoco. E si era bruciato.

Buffy. Fuoco.

Sì, conosceva la risposta.

L'aveva letta nei suoi occhi, nei suoi gesti, nel suo cuore, nella sua voce, nella sua anima.

E faceva male. Ancora più male che pensare che lei l'avesse dimenticato.

Faceva male. Avrebbe fatto male per l'eternità.

Notte insonne. Notte troppo lunga. Senza pace.

Fra loro, impossibile essere in pace.

Inferno di lontananza.

Inferno essere così vicini... eppure sempre troppo lontani.

Solo fuoco. Che consumava le loro anime. I loro corpi.

Guardare senza vederle le mille carte impilate sulla scrivania, consapevole solo che lei era al piano di sotto. Che lei era lì.

Lei. Pensiero senza fine. Delirio.

Angel si alzò di scatto, rovesciando la sedia, e si precipitò verso il bagno.

L'aveva sentita urlare.

Spalancò la porta, rompendo la serratura.

E rimase immobile, interdetto, l'acqua che gli schizzava addosso come una pioggia gelata.

Acqua, dovunque, cascata d'arcobaleno a cromo.

E lei. Lunghissimi capelli bagnati incollati al corpo e addosso solo una salvietta fradicia, combatteva con una tubatura.

Occhi verde acceso dentro ai suoi suoi.

Stupore che si mescola ad altro stupore.

Tensione che si scioglie.

Aveva creduto di trovarla in un lago di sangue.... i demoni che avevano tentato di ucciderla la notte prima sopra di lei.

Occhi che si sorridono.

Acqua fra di loro. Muro di rugiada.

Angel strinse con una mano la tubatura, piegando l'accaio.

L'acqua smise di zampillare.

Tornò a incontrare i suoi occhi.

Ferma dietro di lui.

Troppo facile allungare una mano e toccarla.

Troppo vicina la sua pelle.

Troppo forte il suo profumo.

Imbarazzo adesso nei loro sguardi.

Eppure impossibile rompere l'attimo, separarsi, chiudere il sipario.

"Io credevo che.... ti avessero attaccato...."

Risa mal imbrigliate.

"L'acqua è schizzata all'improvviso, era gelata..."

Lui annuì, di nuovo fermo sulla porta.

Attratto come da una calamita. Senza riuscire ad andarsene.

"io... ecco.. sarà meglio che..."

Uscì, chiudendosi bruscamente la porta alle spalle.

Lasciandola immobile, sola.

Brividi lungo tutto il corpo. Non per il freddo.

Nodo allo stomaco.

Si infilò un accappatoio troppo grande per lei.

Unica consapevolezza, i suoi occhi addosso.

Si precipitò fuori dal bagno, lungo le scale dietro a lui.

Il vampiro si girò verso la ragazza, già a metà scala.

Niente parole.

Solo i loro occhi che si trovavano.

E poi le sue braccia al collo, il suo corpo fra le dita.

E poi solo un bacio interminabile.

Passione e disperazione sulle labbra.

Bocche che si cercano affamate.

Follia che dilaga nelle vene. Delirio di fuoco.

Il suo sapore in bocca. Fame di pelle.

Tempo immobile.

Sospiri troppo caldi nel silenzio.

Baciarsi ancora. Divorarsi ancora. Volersi ancora. Ancora di più.

Tempo senza tempo. Lei, abisso d'infinito.

Dimenticare che esiste una fine.

Immobili nel tempo che scorre. Illusione d'eternità.

Chiudere gli occhi. Labbra sulle labbra. Solo respiri senza fiato.

Dolore d'addio.

Ancora troppo presto.

Lasciò lentamente scivolare via le braccia dalla vita della ragazza che tornò ad appoggiare i piedi nudi a terra.

Solo sguardi. Ancora un po' di tempo.

Voce di sale.

"Devo tornare a Sunnydale..."

"Lo so."

"Io... conosco la strada niente addii..."

"No."

Lei si alzò sulle punte per sussurrargli all'orecchio.

"Niente adii... non sarà mai un addio. Alla prossima volta Angel."__

Dopo, l'aveva rivista solo per il funerale di sua madre.

Solo una volta.

Nessun addio.

Fra loro nessun addio. Come era sempre stato.

Ma non ci sarebbe più stata un'altra volta. Un altro insopportabile arrivederci.

Solo un salto di cento piani nel vuoto.

Che aveva mandato in frantumi tutto il mondo.

Che aveva rubato la sua vita.

Gli aveva chiesto di restare... per sempre. Non l'aveva ascoltata.

E adesso gli restava solo cenere fra le mani. Dolore che non smetteva di bruciare.

Incancellabile colpa. Non l'aveva salvata.

L'aveva lasciata sola. Ad affrontare un destino che non la meritava.

Colpi alla porta.

Fuori il sole era annegato in un mare di lava.

Come sempre la notte era tornata.

Oscurità eterna.

Sapeva chi era. Passato che torna.

Tutto quello che restava di quel passato... solo l'ennesimo fardello di eternità.

Fissò quegli occhi di ghiaccio per lunghissimi attimi.

Stesso dolore. Stessa pena. Stesso vuoto.

Si scostò per lasciar entrare il child di Drusilla.

Silenzio di vetro.

"Loquace come sempre.... non sei cambiato."

Angel si sedette su una poltrona, indicandone un'altra al vampiro biondo.

"Tu sì."

Spike sapeva a cosa si riferiva.

Sofferenza, marchio indelebile in ogni sua azione. Nel suo sguardo.

"Un'anima non fa differenza, sire, lei era luce. Dopo è rimasta solo oscurità a brandelli."

Angel non disse niente.

Pessima idea quell'incontro.

I ricordi lo uccidevano già in silenzio, senza dare loro volto e voce.

Dopo cento anni.

In quell'anniversario di morte, di nuovo insieme, due vampiri.

Cambiati. Irriconoscibili.

Un tempo erano stati legati dal sangue, ora da un ricordo verde mare.

Accese una sigaretta.

Piccola brace nel buio rado della stanza.

Non avevano bisogni di luce artificiale per vedersi.

Spike fece lo stesso.

Lunghe boccate di fumo azzurro.

"Hai detto che dovevi parlarmi."

"Si, era un po' che ti cercavo. Non avevo messo in bilancio di trovarti proprio oggi."

"Non ho voglia di parlare, Spike."

"Di pure che non hai voglia di parlare di lei..."

"No."

Spike scosse la testa.

"E' andato tutto in pezzi dopo che lei è... Giles tornato in Inghilterra, sparito nel nulla. Willow e Tara perse nei meandri della magia nera. Dawn.."

"Non voglio ascoltarti, Spike. Sono tutti comunque morti adesso."

"Vuoi farmi credere che hai dimenticato?"

"Ho cercato di perdermi, di distruggermi..."

"Lo so, giravano molte voci..."

"Sono fuggito da me stesso e dal suo ricordo. Per tutto il mondo, fino all'inferno. Non è servito."

"Lo so. Lei ti resta dentro, per sempre."

Angel si alzò, tornò alla finestra, dando le spalle al vampiro più giovane.

"Che senso ha l'eternità? Quale, quale dei mie terribili peccati ha scontato lei al mio posto...?"

"Nessuno Angel... Era il suo destino..."

Sentì l'altro irrigidirsi.

Ridere di scherno.

Ridere di lui.

Che ancora credeva nel destino.

Pallida scusa per attenuare la sofferenza...

"Il destino... che razza di sadico poeta l'ha scritto quel maledetto libro del destino? Solo dolore e solitudine. Lei non meritava questo.... l'ho lasciata sola Spike... l'ho lasciata morire."

"Non eri là, non sapevi...."

"Avrei dovuto.."

"No." Aveva alzato la voce. "Non gliel'avresti potuto impedire. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per te, ma non questo. Doveva scegliere.... ed ha scelto di salvare sua sorella. Non avresti potuto fare niente."

"Non lo sapremo mai."

"Io c'ero Angel. Vederla morire mi ha spezzato dentro. Ma adesso so che non avrei potuto fermarla. Né io.... né tu."

"Non sei venuto fin qui per dirmi questo."

Voce fredda, regolare.

Terrificante assenza di emozioni.

Avulso da qualsiasi sensazione.

Spike si domandò come si potesse soffrire più di quanto aveva sofferto lui stesso.

Ricordò. Volo infinito. Ali di un angelo che si spezzano. Un mondo che finisce.

I suoi occhi spenti. Il suo corpo riverso fra le macerie. L'odore del suo sangue che si consuma. Lacrime di fuoco, che disseccano l'anima.

Tornò a rivolgere la sua attenzione ad Angel.

Lontano Angel. Intoccabile, nella sua corazza di solitudine, nella sua torre di dolore.

"No, non per questo. Ma finché ti compatisci per non averla salvata, non mi sarai d'aiuto."

Ancora silenzio di vetro.

"Ho sentito che hai ricominciato ad aiutare gli innocenti..."

Già, giravano voci sul vampiro con l'anima nella città degli angeli. Dicevano che era tornato a casa... che combatteva di nuovo il male.

Per questo Spike l'aveva cercato dopo tanto tempo.

Dopo aver creduto che Angelus fosse tornato.... dopo aver preso le sue tracce.

Angel si girò verso di lui.

Occhi di fuoco nero.

"Sono passati cento anni....cosa vuoi? Non ho bisogno di te per ricordare! Non abbiamo mai avuto nulla in comune, nulla che ci unisse. Neppure adesso è così. Tu non hai neppure idea di cose significhi sapere che lei..." Si fermò, esasperato. Tremava. "Non importa adesso. Sì, aiuto gli innocenti... qualcuno lo deve fare. E l'eternità è troppo lunga da ingannare. Ma non mi servi tu fra i piedi, il passato è irrecuperabilmente lontano."

Spike abbassò lo sguardo.

"Non potremo mai dimenticare, ma..."

"Non esiste ma."

"Se sei così convinto.... perché non la fai finita?"

Pungente Spike. Arrabbiato.

Colpito da quel dolore privato, tabernacolo di sofferenza.

Non solo Angel aveva perso tutto quella notte.

"Sarebbe troppo facile..."

Di nuovo silenzio.

"Già... a volte penso che sarebbe successo comunque. Che differenza avrebbe fatto allora o 10 anni dopo...? Tentammo un incantesimo per riportarla in vita, sai. Tu eri già sparito, avevamo perso le tue tracce. Come dire, eri già partito alla ricerca della tua distruzione. Provammo con Giles, Willow, Tara, tutti gli altri. Magia nera. Proibita dal Consiglio. Abbiamo solo rischiato di perdere la ragione. Non abbiamo potuto riportarla indietro. Altro dolore. Rabbia. Frustrazione. Niente ha un senso in realtà. Non esiste giustizia. Lo sapevo già, ma non volevo accettarlo. Ma il tempo continuò a scorrere... certe volte è insopportabile."

Sembrava che Angel non lo ascoltasse neppure.

Ma Spike continuò a riempire il silenzio. Voce e fumo.

Parole per convincere se stesso, non il suo silenzioso interlocutore.

"Lei adesso non ci sarebbe comunque. Lei era mortale.... l'eternità in sua assenza è la punizione per aver osato pensare di poterla amare."

"L'esistenza è solo un gioco d'azzardo. Un'immensa beffa. Non c'è perché. Non esiste punizione perché non esiste neppure nessuna ricompensa. Niente ha un senso...."

Cose che Spike già sapeva. Che non voleva sentirsi ripetere. Per affrontare il tempo aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa. Speranza.

Fragile ancora.

Cercò di riportare la conversazione sui binari. Solo due vecchi conoscenti che parlano di -lavoro-.

"Il Consiglio ha bisogno di una mano. Gli osservatori, ehm scarseggiano. A volte li ho aiutati, e adesso mi hanno chiesto di allenare la nuova cacciatrice. Ma ho pensato che tu saresti stato più adatto...Non sono molto portato per questo genere di cose. Non sono bravo a insegnare, e tutte le altre scemenze... Tu invece..., Angel?"

Parlare. Cambiare argomento.

Per non lasciarsi travolgere dal dolore di Angel, che era il suo stesso dolore.

Andarsene al più presto.

Sbrigare quello per cui era venuto, e poi andare via. Dimenticare il sire di Drusilla.

Dimenticare il riflesso di verde mare che poteva leggere nei suoi occhi.

Essere lì, insieme, ricordare, significava ammettere che lei era stata reale. Che lei non c'era più. Che l'eternità non aveva fine, né senso.

Troppo dolore.

Solo altro dolore. Spike si ripeté per l'ennesima volta che andare lì era stato uno sbaglio.

Ma non aveva avuto scelta. Non poteva allenare una cacciatrice. Non rivedere in ogni suo movimento Buffy...

Adesso sapeva che neppure Angel poteva.

Era stato un pazzo a pensare altrimenti.

Angel lo fissò negli occhi.

Troppo a lungo.

Quegli occhi gli misero addosso una paura strisciante.

Paura di qualcosa che non sapeva.

"Hai detto che lei era mortale, Spike. Come lo sai? Chi te l'ha detto?"

Spike rimase inchiodato alla poltrona. Sospetti mai ammessi che venivano a galla.

Le parole di Angel. Pericolose. Insinuanti. Strappavano veli che il vampiro biondo aveva sempre preferito non sollevare.

Pericolosa verità. Devastante.

*Sta' zitto... non dirlo... non parlare più... lasciami andare via... solo dimenticare Angel... non so neppure perché sono venuto qui... perché? Cosa volevo che mi dicessi?.... non voglio ricordarla più. Non voglio più morire in ogni istante, senza lei.*

Ma Angel non rimase in silenzio, non più.

"Si, Spike, lo sai già. L'hai intuito. Le cacciatrici non sono mortali. Per combattere il fuoco ci vuole altro fuoco. Non sono mortali. Angeli o demoni, ma non mortali. Mezzo sangue. Eternità in potenza."

Un pungo allo stomaco, improvviso bisogno d'aria. Anche se non respirava più da secoli.

Crudele Angel. Voce senza espressione. Rabbia ormai macerata, cancellata.

Desiderò solo che non fosse vero. Che il vampiro bruno si sbagliasse. Che fosse stato solo uno scherzo della sua mente. In realtà Angel non aveva detto nulla... solo silenzio di vetro tra loro. Spike lo desiderò ardentemente, ma l'altro continuò a parlare.

Impietoso, Angel. Distrutto, Angel. Terribilmente solo.

"Il Consiglio si dimenticava sempre questo particolare.... nessuna cacciatrice muore di morte naturale, né invecchia. Possono solo venire uccise. Morte violenta. Demoni, vampiri, divinità. O possono scegliere di morire. Troppo stanche di combattere. O ,come Buffy, scegliere di sacrificarsi... perché credono che non esita altro modo. Ma è un segreto che va custodito con cura... non sia mai che una cacciatrice si rifiuti di combattere per loro. Hanno paura di perdere il controllo sulle loro graziose macchine da combattimento. Le usano. Per loro non valgono nulla. E non vogliono che conoscano la loro natura fino in fondo, diventerebbero consapevoli, pericolose."

Marea di dolore.

Assenza incolmabile.

Mondo che si sgretola, perde di consistenza, di dimensione.

Contorni che si sciolgono.

Nessuna certezza.

Solo dolore.

Per l'eternità.

Dolore che cadeva sulle spalle di Spike come un universo che implode su se stesso.

"Vuoi dire che... che anche Giles, sapeva..?"

"Forse. Il Consiglio sa. Non tutti i suoi membri però sono a conoscenza di questo. Non mi importa. Che sapesse o no per me fa lo stesso."

Duro Angel, implacabile.

Ancora in piedi mentre la tempesta lo travolgeva, nonostante tutto.

Ancora in piedi, mentre lui si sentiva incapace di compiere qualsiasi altra azione che non fosse lasciarsi annegare.

Apatia totale. Immobilizzante.

Cento anni dopo. Ancora dolore. Era rimasto solo dolore.

"Come lo sai....?"

Voce piatta Spike.

Allora era stato tutto inutile. Tutto falso. Commedia di nulla. Aiutare il Consiglio, cercare la strada della luce. Cercare un perché...

Tutto inutile.

Spike era annientato.

Non c'erano neppure più lacrime. Allora almeno, aveva trovato forza per urlare, per disperarsi, per piangere. Desiderio di combattere, di ribellarsi... adesso: solo vuoto.

Dolore così denso da generare solo altro dolore, da assorbire ogni vita attorno.

La voce di Angel tornò a strapparlo a quello che gli rimaneva di sé.

"Ho attraversato tutto il mondo. Prima cercando di ritrovare Angelus... poi semplicemente cercando di annullare il tempo. Esiste un numero infinito di libri mai letti..."

Lei, sopra di loro. Occhi di fuoco verde. Ricordo incancellabile.

Ricordo che ,adesso, li univa.

"Così hai scoperto la storia delle cacciatrici in qualche libro mai letto Angel?"

Domanda inutile.

Bisogno assurdo di conoscere i particolari. Solo per farsi altro male.

"Sì. Non ricordo più dove... ero annientato, accecato. Credevo di volere vendetta. Sangue per il suo sangue versato. Ho inseguito i membri più insigni del Consiglio. Li ho cacciati come topi, li ho stanati. Braccati, uccisi. Uno dopo l'altro. Persi perfino il conto. Ma poi capii che la vendetta non me l'avrebbe riportata...qualsiasi fuoco si spegne con il passare del tempo, anche quello della vendetta. E non può cancellare il dolore della sua assenza, nulla può. Restava sempre solo quello alla fine, polvere fra le dita."

"Loro, il Consiglio... non sapevo che avessi dato loro la caccia. Hanno insabbiato tutto. Forse temevano che anche io scoprissi che..."

Non poteva dirlo. Non riusciva a dirlo. Dolore, diffuso nel suo corpo come un morbo.

Adesso sapeva come Angel aveva potuto soffrire anche più di lui...

Adesso capiva.

Lei poteva essere immortale... come loro.

Loro che ancora esisteva...senza meritarlo. Mentre lei era morta.

Lei... luce.

Angel gli passò davanti.

Silenzio di dolore. Impassibilità prostrata.

Raccolse un mazzo di rose bianche che erano appoggiate su un tavolo lì accanto.

Spike era consapevole solo in parte di lui, dei suoi movimenti.

"Se vuoi scusarmi, io ho un appuntamento a Sunnydale.... tu va pure da aiutare il consiglio se vuoi."

Andava da lei.

Rose bianche. Memoria che non muore.

Appuntamento con il dolore.

Un luogo fisico nel caos del tempo in cui piangerla senza lacrime.

Spike ricordò la sua tomba. Non vi era tornato mai più dopo il funerale...

Angel stava andando da lei.

Ormai da anni tornava su quella collina, limbo di nebbia e passato.

Tornava da lei.

Rose bianche.

Spike si alzò e in silenzio seguì il vampiro più anziano.

Angel non disse nulla.

 

 

Quella notte due vampiri lasciarono dei fiori bianchi su una vecchia tomba. Una tomba di cui nessuno si ricordava.

Il tempo attorno a loro naufragò in ore.

Silenzio e vento.

Cent'anni.... ma l'amore non può annegare.

Restava solo dolore... eternità di vuoto.