GOCCE DI MEMORIA


Category: Future, Rewrite.

Pairing: Buffy/Angel.

Rating: VM 14.

Genres: Drama, Romance


Timeline: Fatta eccezione per le parti in cui il timeline sarà indicato specificatamente, la fan fiction è ambientata due anni dopo l’episodio conclusivo della quinta stagione di Ats.


Summary: Buffy è ormai lontana, verso una nuova vita, mentre Angel sta combattendo la sua ultima guerra. Cosa è successo dopo “Not Fade Away”?


Spoilers: Riferimenti a tutta la serie di Ats, quindi ovviamente spoilers sulla seconda, terza, quarta e quinta stagione non andate in onda in Italia.


Disclaimer: i personaggi descritti appartengono a Joss Whedon, alla Mutant Enemy, alla WB e alla 20th Century Fox. L’autore scrive senza fini di lucro e per puro piacere personale. Non si intende infrangere alcun copyright.


NdA: Tutti gli avvenimenti accaduti in entrambi gli shows rimangono invariati e nella loro perfetta collocazione temporale, tranne i contenuti dell’episodio “The Girl in Question” che si riferiscono a Buffy e in generale tutti quelli che accennano a lei e a dove si trovi. La cacciatrice non è mai andata a Roma (stessa cosa per Xander, il quale non è andato in Africa, o per Willow, che non è andata in Brasile con Kennedy) e non si è mai messa con un demone chiamato l’Immortale. La mia testa ha accettato tutto il resto in quanto, ahimé, è quella di Joss che comanda, cercando di snocciolare per gli avvenimenti una logica indolore, ma si è categoricamente rifiutata di trovare una spiegazione per una cosa così ridicola.


PART 1



[Timeline: prima metà della settima stagione di BtVS e della quarta di AtS]


Dicembre 2002 – Metà strada tra Los Angeles e Sunnydale



<< Non sono molti>>,

esclamò il vampiro porgendo una busta di denaro all’uomo inglese che sorseggiava lentamente un the, fasciato in un impeccabile completo di tweed.

La cameriera che era passata a portare il latte e la panna gettò un’occhiata compiaciuta al tipo più giovane.

Quella giacca di pelle gli stava proprio da Dio e lì dentro non si vedeva spesso una tale mercanzia. Sistemò la camicetta tendendola sul seno, cercando di attirarne l’attenzione, ma l’aitante moro non la degnò di uno sguardo nemmeno quando premette audacemente la propria coscia contro le dure gambe di lui, mentre posava il vassoio.

Giles notò la frustrazione della donna e alzò un sopracciglio sorridendo impercettibilmente. Non appena la vide allontanarsi indispettita per il fallimento, riportò la propria attenzione verso il suo interlocutore:

<< Dovresti pensare a tuo figlio, Angel.

Lei se la cava benissimo. Adesso è un soldato.

La perfetta cacciatrice che tutti gli osservatori sognano>>

- considerò con una punta di malinconia; non era quello che sognava lui, non per la sua Buffy.

Posò tazza fumante e pacco bianco sul tavolino di legno scuro sul quale aveva involontariamente riversato dello zucchero -

<<…e poi se sapesse che questi soldi sono tuoi andrebbe su tutte le furie>>.

<< Ma lei non lo deve sapere>>

- ribatté prontamente l’altro serrando la mascella leggermente -

<< La storia del consiglio che paga qualche spesa mi sembra perfetta.

Odio il fatto che abbia lasciato il college per tirare avanti.

Deve almeno poter evitare di tornare a lavorare in un buco>>.

Il maturo osservatore riportò la tazza sulle labbra:

<< E non ci tornerà, te l’ho detto.

Ha trovato un lavoro al nuovo liceo di Sunnydale>>.

<< Già…oltre ad averci trovato Spike>>

- sottolineò Angel con una punta di malcelato sarcasmo.

Indietreggiò sullo schienale, guardandosi in giro con noncuranza. Poi il suo sguardo si adombrò mentre tornava a fissare Giles:

<< Sta – sta ancora con lui?>>.

Il britannico sorrise alla gelosia dell’amico e ne provò quasi tenerezza.

Era la persona più misteriosa e imperscrutabile che avesse mai conosciuto, ma quando si trattava di Buffy diventava un libro aperto.

<< Sono amici.

Lui la sta aiutando molto, ma no.

Non dormono più assieme, se è questo che intendevi>>.

Angel rimase silenzioso a soppesare quelle parole. Non sapeva se fosse più forte il dolore o il sollievo. In quella gara di sentimenti che durava da anni dentro di lui, non ne usciva mai vincente con se stesso.

<< Capisco.

Spike c’è dove io manco>>,

sospirò vinto da quella cocente consapevolezza.

Lui se n’era andato.

Spike invece era lì con lei e poteva incontrarla ogni giorno, sostenerla nelle sue battaglie, ascoltarne gli sfoghi e soprattutto vederla viva e reale.

<< Smettila, Angel.

Come attore sarai da oscar, ma con me non attacca.

So benissimo che se potessi mettergli le mani addosso…>>,

Giles aveva appena toccato la giusta corda.

<< Non me ne sono andato perché lei si mettesse con un vampiro, dannazione! - sussurrò tra i denti l’ultima parola, ma il tono era di puro veleno -

<< Pensavo che meritasse qualcosa che non fosse solo demoni e tenebre.

Ma lei ha scelto, no?>>.

<< Lei ha scelto?>>

- l’uomo lo guardò come se avesse due teste e il the gli andò quasi di traverso. Tossì fino alle lacrime -

<< Santo cielo, sono contento di essere l’unico a sentire questa nuova versione dei fatti, riveduta e corretta da colui che ha avuto un figlio da Darla!

Se Buffy lo scoprisse saresti polvere.

Inoltre sappiamo entrambi che se tu non te ne fossi andato non ci sarebbe mai stato uno Spike, né un Riley, né nessun altro per la miseria!>>

- si tolse gli occhiali con un gesto nervoso e protese il corpo allungandolo sul tavolo -

<< Esistevi solo tu…eri tutto.

Lei non ha mai avuto una scelta.

Anzi sì…quando s’è gettata da una torre per andare a morire>>

- s’era infervorato un po’ troppo per il suo spirito tendenzialmente mite.

Si impose di calmarsi.

Angel non aveva bisogno del suo riassunto; la sua anima gli forniva già da sé materiale sufficiente per sentirsi in colpa senza che qualcuno dovesse ricordarglielo.

<< Comunque…>>

- sospirò pesantemente –

<<…nemmeno io ho il diritto di parlare.

Ho gioito quando te ne sei andato>>.

<< Sei sempre stato brutalmente sincero>>,

osservò Angel, sorridendogli bonariamente.

Non lo condannava per questo.

Giles aveva tutte le giustificazioni del mondo per odiarlo ed il vampiro lo sapeva.

Forse il tempo e gli avvenimenti avevano cambiato l’opinione che aveva di lui; si sentivano spesso e il filo comune era Buffy.

Avevano anche collaborato scambiandosi informazioni e suggerimenti, riuscendo a creare qualcosa che assomigliava moltissimo ad un cameratesco rispetto, ma Angel non poteva dimenticare di aver ucciso Jenny e questo bastava a fargli capire che nemmeno Rupert avrebbe potuto davvero.

<< Ma vedendo quello che è successo dopo me ne sono pentito>>

- aggiunse l’osservatore alzando lo sguardo e fissando l’altro con occhi sinceri da cui traspariva una reale pena -

<< Buffy non è più stata la stessa, e questo muro che s’è costruita intorno è terribilmente…>>.

Angel non poteva sopportare quelle parole.

Non voleva sentire che le aveva distrutto la vita.

Non di nuovo.

Aveva davvero rinunciato a troppo per accettarne il fallimento.

Era cieco e sordo e non aveva il coraggio di ammettere che qualcuno lo avesse amato sul serio, anche se lui si considerava un mostro.

Spike era un vampiro e la voleva.

Lui era un vampiro e la lasciava:

<< Dalle questi soldi e accertati che lei stia sempre attenta>>,

si alzò e uscì velocemente dal locale semi-deserto.

Improvvisamente era come se quelle pareti scottassero.


PART 2



[Timeline: Quinta stagione di AtS]


Giugno 2003 – Los Angeles



Willow accelerò il passo mentre attraversava la strada.

Il ticchettio delle scarpe era attutito dal terriccio gommoso sull’asfalto, arso dalla calura estiva della California e per questo appiccicoso.

La borsa le cadde dalle mani e rapidamente si chinò per raccoglierla.

Sistemò i capelli che le erano scivolati sugli occhi ed aprì lo sportello della macchina fiammante parcheggiata nel vicolo:

<< Scusami per il ritardo>>,

esclamò un po’ imbarazzata.

<< Sono felice di vederti Willow, come stai?>>.

La ragazza rivolse un luminoso sorriso all’amico che sedeva dalla parte del guidatore.

Era in ritardo di due ore, più o meno, ma lui non glielo avrebbe fatto pesare.

Beh, del resto era la stessa persona che si era gettata su di lei salvandola dalla fiamma di Mynhegon quando tutti loro lo volevano morto.

Era colui che l’aveva tirata fuori, e con lei Xander e Giles, da quello scantinato dove Marcie Ross li aveva rinchiusi per ucciderli col gas.

Ed era sempre quello che aveva letteralmente preso Xander salvandolo dalla furia di Faith, che aveva prestato il suo corpo per combattere il demone che si era impossessato della Calendar ed era l’uomo innamorato che si era battuto infinite volte per salvare la vita di Buffy, nonché lo schivo eroe dell’umanità intera.

Ma essere un vampiro era sempre stata la sua condanna.

Non lo avevano mai accettato.

Lo avevano sempre tenuto a debita distanza perché per loro lui era un mostro e nient’altro.

E quando il demone dentro di lui era riemerso, non per sua scelta, avevano trovato una giustificazione a tutto quell’odio che avevano sempre conservato per la giusta occasione, incanalandolo finalmente libero di distruggere.

<< Sto benissimo ed anche io sono felice di vederti, specie quando hai l’anima.

Sei molto più affettuoso>>,

osservò strizzandogli l’occhio.

Angel rise di gusto a quell’affermazione: ricordava benissimo l’ultima volta che Willow aveva castato l’incantesimo dei non-morti per restituirgliela.

Angelus non aveva gradito.

La domanda premeva sulle sue labbra con urgenza e la lasciò libera di tagliare l’aria:

<< E Buffy? Lei…lei come sta con tutta questa nuova cosa delle cacciatrici e del potere condiviso?>>

La potente strega che un tempo era stata a un passo dal distruggere il mondo, coi capelli rossi che le incorniciavano il perfetto viso ovale e alabastrino e che erano il suo marchio caratteristico, sospirò di piacere al pensiero della sua migliore amica finalmente serena:

<< Sta vivendo Angel.

Mi sembra rinata.

Volevo ringraziarti per le rate del college che le hai pagato, non so davvero cosa dire per esprimerti quanto io ti sia grata>>,

prese la grande mano del vampiro e la strinse tra le sue con genuino affetto.

<< Willow, lei fa parte della mia vita>>

- incespicò nei propri pensieri.

Lei ERA la sua vita.

Lo era con un’intensità tale da ferirgli il cuore ogni volta che pensava che per Buffy non era così. Si corresse –

<< voglio dire, non nel senso che si intende con…>>,

provava un dolore sottile per quelle parole che uscivano con difficoltà dalla sua bocca.

Era così difficile da accettare.

Willow lo interruppe con dolcezza:

<< Ho capito, Angel…e lo so.

Ma questo non significa che tu non stia facendo una cosa meravigliosa>>.

L’uomo ritrasse delicatamente la mano e guardò un punto indefinito sulla strada.

In realtà si trovavano in un passaggio cieco e di fronte a lui uno spesso muro di mattoni nascondeva la visuale di un probabile cortile, ma i suoi occhi guardavano al di là e si perdevano nelle atmosfere lontane e nebulose di un passato fatto di capelli d’oro e gemme profonde che, quando si ingrigivano nella rabbia, fendevano la sua anima in due.

<< Come hai giustificato quei soldi sul conto?>>,

chiese ad un tratto timoroso.

<< Beh, è stato piuttosto facile.

- sorrise la giovane donna accompagnando le parole con un ghigno compiaciuto -

<< Ho semplicemente manomesso l’inesistente fondo fiduciario di Joyce, apparso per magia da quando lavori per la Wolfram & Hart.

Mi sento in colpa a mentirle, ma se sapesse che ci sei tu dietro…ecco…>>,

abbassò gli occhi verso le sue mani che si congiungevano nervose.

<<…mi manderebbe al diavolo e addio college.

Puoi dirlo, Willow…lo so benissimo che mi odia>>,

finì Angel per lei, con una voce indifferente che non tradiva la devastazione del suo spirito a quel pensiero.

Willow rispose con tutta la sincerità del mondo:

<< Non ti odia, Angel.

Non è proprio la parola giusta per definire cosa la lega a te.

E’ che…è che non ti ha mai perdonato>>.

Angel si fece silenzioso.

L’allegria lo aveva rapidamente abbandonato e chiuse gli occhi per riportare alla mente l’ultima volta che l’aveva incontrata.

Era stato meraviglioso vedere il suo sorriso illuminarle il volto appena lo aveva visto porgerle la mano ed aiutarla ad alzarsi; sentirla pronunciare il suo nome con voce calda ed avvolgente, piena di meraviglia e di felicità.

E quando lei gli si era gettata tra le braccia e lo aveva baciato con passione - morbida, calda e completamente abbandonata al suo corpo mascolino che vibrava di piacere - era stato come tornare indietro nel passato, quando Buffy era solo una ragazzina innamorata ed incosciente…e lui un vampiro vecchio 243 anni.

Poi c’era stato il ritorno al presente e lei si era nascosta di nuovo dietro un muro.

La barriera del tempo e del rancore l’aveva chiusa, ancora una volta.

Non lo amava più e non lo stava aspettando.

Era davvero così?

C’era Spike nel suo cuore.

Lui lo sapeva già, ma sentirlo dalla sua voce era stato insopportabile.

Se gli avesse conficcato un paletto nel petto, Angel avrebbe potuto cancellare quella frase che rimbombava nelle sue orecchie, ma non era stato così.

Lei aveva preferito rendere il suo cuore polvere con il legno della gelosia.

Lo amava dunque?

Non gli aveva detto questo…no, ma lui aveva avuto paura.

Paura che lo avesse dimenticato davvero, nonostante fosse andato via da lei proprio per questo.

Poi però lo aveva chiamato.

Lo aveva fermato, mentre si allontanava nel buio come una sera di tanti anni prima, e gli aveva detto che lei pensava al futuro.

Significava forse che per loro c’era un domani?

Lui era sempre un vampiro e questo non era cambiato.

Ed ora che lei era finalmente libera dalla sua missione e libera di vivere una vita vera, ora…più che mai…non ci sarebbe stato nessun domani per loro.

<< Lei…parla mai - parla mai di me?>>,

chiese improvvisamente dando fiato a quel bisogno che gli stava ossessionando la mente.

A Willow si strinse il cuore:

<< No Angel, mi dispiace>>,

gli toccò un braccio cercando di trasmettergli tutta la sua amicizia e il suo calore.

Il vampiro tentò di riprendersi scacciando via quel tarlo doloroso che gli mangiava l’anima:

<< Meglio così, no?>>,

abbozzò un debole sorriso per rafforzare quelle parole a cui nessuno poteva credere.

Nemmeno lui.

La rossa cercò di indirizzare la discussione su binari più semplici:

<< E con Spike come va?>>.

<< Bene, non ci siamo ancora impalettati a vicenda.

Credo sia un passo avanti, anche se non posso garantire che non succederà>>,

stavolta sorrise sinceramente.

<< Ci credo!>>,

confermò la ragazza muovendo la testa e immaginando la scena dei due vampiri che se le davano di santa ragione…per Buffy, ovviamente.

Questo però era meglio non dirlo.

Aprì la borsa e ne estrasse un involucro di carta:

<< Ho pensato che avresti avuto piacere ad averle>>,

esclamò mentre glielo porgeva.

Angel aprì la busta e tirò fuori il contenuto: una Buffy più bella che mai lo stava osservando sorridente.

Gli occhi gli si annebbiarono, ma ricacciò indietro la violenta emozione che gli stava facendo martellare il petto.

Lui non aveva un cuore che batteva.

<< E’…è bellissima.

E’ davvero stupenda, Wil.

Grazie per avermele portate>>,

non riusciva a staccare gli occhi da quelle immagini.

Era così facile illudersi che lei fosse lì vicino a lui…

<< So che le tue non sono più recenti, era il minimo che potessi fare per te>>,

gli sorrise ancora una volta osservandolo intenerita, poi domandò:

<< Non mi hai ancora detto come stai. E gli altri?>>.

Angel fece spallucce:

<< Stanno relativamente bene, a parte Cordelia, certo, che purtroppo è sempre in coma e disperiamo di riaverla tra noi>>.

Willow aveva notato benissimo che l’amico aveva glissato la domanda che lo riguardava direttamente.

Non avrebbe di certo infierito.

<< Mi dispiace così tanto>>.

<< Lo so>>,

conosceva la giovane strega ed era una delle persone più dolci e squisite che avesse mai avuto modo di incontrare.

Sentire la sua sincera partecipazione infondergli un tiepido calore lo quietò. Willow sospirò profondamente guardando l’orologio che portava al polso e si rattristò:

<< Ora devo proprio andare.

Il mio autobus è tra mezz’ora>>.

Il vampiro annuì con la testa, consapevole:

<< Certo.

Quando partirete per New York?>>

<< Domani pomeriggio>>

<< Buona fortuna allora. Immagino che non ci rivedremo mai più>>,

esclamò guardando fuori dal finestrino.

Non era sicuro che i suoi occhi non tradissero la sua angoscia.

Era arrivato il momento di lasciarsi.

Di lasciare che quel filo sottile che lo legava a Buffy si spezzasse.

Per sempre.

<< Già. Credo proprio che questa sia l’ultima volta, ma io ti farò sempre avere nostre notizie…lo sai. Foto, mails, telefonate, insomma tutto!>>,

provò una pena sconfinata per lui.

Se solo Buffy avesse saputo tutto quello che Angel aveva fatto per lei, agendo nel buio!

Si sarebbe arrabbiata, questo era certo, poiché lei era stata tenuta all’oscuro di tutto - come al solito - ma una gioia senza fine avrebbe riscaldato la sua vuota esistenza, la sua vita dopo che lui era andato via…per non tornare mai più.

<< Lo so, Willow, grazie>>

- Si abbracciarono con tanta malinconia.

Angel avvertì una morsa alla gola, come se quell’abitacolo fosse improvvisamente diventato troppo stretto e lui avesse bisogno di aria per respirare.

Adesso sarebbe finito anche questo piccolo, effimero legame che lo teneva ancorato alla sua Buffy.

Buffy la cacciatrice ribelle e temeraria, forte e appassionata, vivace e luminosa più di quel sole che non poteva bagnargli la pelle.

Non avrebbe più potuto sgusciare a Sunnydale, tra le ombre della notte che lo avvolgevano occultandolo, per guardarla sorridere, arrabbiarsi, lottare, innamorarsi…per vederla semplicemente vivere.

Non sarebbe più rimasto immobile dietro ad un cespuglio o al di là di una finestra, mentre lei cresceva per diventare più donna di chiunque avesse mai incontrato in secoli di esistenza.

Andava a New York, lontanissima da lui…verso un altro oceano -

<< Stalle sempre vicino, mi raccomando>>,

sussurrò con voce incrinata, fissandola con occhi imploranti.

Le stava cedendo il suo compito.

Quello che era sempre stato il suo scopo per andare avanti e per cercare una redenzione.

Per poter essere, un giorno, degno di lei.

Buffy era tutta la sua forza, ma era anche la sua più grande debolezza.

Adesso era arrivato il momento in cui doveva lasciarla andare davvero.

Aprire il bozzolo perché la farfalla spiccasse il volo.

Sola.

Senza di lui.

Era per questo che avvertiva il freddo?

<< Lo farò. E tu…riguardati>>,

Willow si sciolse dall’abbraccio e uscì in fretta dall’automobile.

Non voleva fargli vedere che stava piangendo.


PART 3



[Timeline: finale quinta stagione di AtS]


Maggio 2004 – Los Angeles



Orde di bestie demoniache avevano attaccato da ogni parte.

Invadendo il cielo con le loro ali infuocate, spaccando la terra con artigli sfregianti, emergendo dal mare con nere fauci affilate.

In centinaia, forse migliaia, erano sparse tutt’intorno a lui e si estendevano a perdita d’occhio come una fitta macchia infausta e scura.

Era la fine. Angel poteva sentirlo.

Ogni cellula del suo corpo avvertita la disfatta scorrere veloce su binari di morte.

La fine del mondo per come lo aveva sempre conosciuto.

E per quel mondo che non lo aveva mai voluto, né quando era stato un giovanissimo ribelle che sfuggiva alle imposizioni paterne per ricercare un’ingannevole felicità, né quando si era trasformato in un vampiro sanguinario e spietato che aveva sparso sulle strade devastazione e terrore, né infine quando si era ritrovato addosso un peso troppo grande da portare, ma di cui si era fatto carico con umiltà e coraggio cercando, a qualsiasi prezzo, di scontare il passato, per quello stesso mondo Angel adesso stava combattendo la sua ultima guerra.

I tagli profondissimi su ogni parte del corpo pulsavano trasmettendogli un immenso dolore che pareva spaccarlo in due.

I vestiti laceri erano intrisi della pioggia battente che non permetteva al sangue caldo di raggrumare.

Sopra di lui, un cielo nero come piombo era venato di sottili strisce rosse che ricordavano il liquido viscoso di cui era pregna la terra sotto i suoi piedi.

Alte e sinistra grida si levavano da lontano.

Uomini squarciati, smembrati, uccisi, stavano fornendo un trastullante pasto a quelle belve impazzite.

L’inferno era sceso sulla terra.

Il vampiro dannato avrebbe tanto voluto deporre la spada e trovare la pace. Anelava ad essa.

Ogni fibra di lui desiderava immensamente cessare quella assurda esistenza. Lasciarsi trasportare nel limbo del nulla.

Lo attendeva la dimora di Lucifero, ne era consapevole, ma era sempre meglio che esserci già dentro con gli occhi aperti e una vivida coscienza.

Stava aspettando la morte con una bassa gioia martellante.

Il momento in cui avrebbe cessato di soffrire perché in quello stesso attimo sarebbero volati via i ricordi.

La memoria degli uomini.

La sua croce.

Quel passato in cui aveva cercato…e cercato...e cercato.

E poi improvvisamente - quando la parola tutto significava nulla, quando la linea tra il vivere e il morire era più sottile del filo di una ragnatela - l’esistenza buia era diventata una giornata di accecante sole, proprio davanti ad una scuola…mentre una ragazza scendeva dei gradini e lui l’amava già.

Quello stesso passato in cui aveva trovato…e perduto.

Ma adesso lui era in piedi e lottare era la cosa giusta.

Tutto quello che aveva sempre fatto da quando gli era stata concessa la possibilità di scegliere.

Combatteva per chi era morto e per chi era sopravvissuto.

Per chi, ignaro del furore che campeggiava fuori, giaceva su una poltrona ad aspettare fiducioso il domani.

Per tutte quelle persone che avevano ancora qualcosa da dare.

Per lei…perché era in quel mondo che Buffy viveva.

Il sangue gli usciva colando a fiotti e nelle parti in cui erano state recise le arterie addirittura schizzando, ma nonostante le molteplici ferite che ad un corpo umano avrebbero procurato la morte istantanea, Angel si sentiva trascinare da un nuovo vigore ad ogni colpo sferrato contro il demoniaco avversario.

Li aveva visti cadere tutti, uno ad uno.

Gunn, squarciato dai profondi morsi di una enorme massa ricoperta di bocche dentate, giaceva dilaniato con quello che restava di lui, il viso contorto in una smorfia di dolore.

Spike, polvere che si alzava fluttuando a mulinelli, era stato decapitato dalla stessa ascia di Gunn sputatagli addosso dall’animale proprio quando era accorso in aiuto dell’amico nel tentativo di salvarlo da quella orrenda fine.

Illyria, le cui membra erano sparse ai quattro venti dopo che un’enorme piovra blu aveva avvolto i suoi tentacoli lungo il corpo flessuoso del demone e aveva fatto leva spezzandola come burro.

Era rimasto solo, tenuto in piedi unicamente dalla sua furia.

La raccapricciante belva enorme e selvaggia di fronte a lui aprì la bocca da cui alitava sentore di morte.

Si accingeva a sferrare l’ultimo attacco: una lingua di fuoco pronta ad arderlo rendendolo grigia cenere.

Angel, col volto distorto in una maschera demoniaca dai lunghi canini, gli occhi gialli, vitrei e inespressivi, raccolse tutte le sue forze sollevando la spada bronzata con entrambe le mani sopra la testa, tendendo i muscoli delle braccia allo spasimo.

Slanciatosi in avanti con un balzo inumano, conficcò la lama nelle fauci aperte del drago, trapassandole in tutta la loro lunghezza per finire nella parte posteriore del collo pieno di protuberanze.

La bestia immonda emise un urlo agghiacciante mentre si dibatteva impazzita dal dolore.

Nello stesso istante il cielo plumbeo cominciò a diradarsi velocemente e lembi di luce accecante penetrarono nella cappa nera della terra bruciando tutti i demoni di ogni razza e dimensione nel raggio di parecchi chilometri.

In un ultimo, febbrile movimento del drago, la cui carcassa si accasciava al suolo con un enorme frastuono, la coda lunghissima e pesante colpì il vampiro con forza inaudita, schiacciandolo.

Angel sussultò per un breve momento, poi un silenzio totale e immobile lo avvolse mentre il demone che lo aveva posseduto per secoli abbandonava rapidamente la terra assieme a tutti i suoi compagni di morte, lasciando che il corpo di Liam, spentosi 251 anni prima, raggiungesse finalmente la pace eterna.


PART 4



[Timeline: finale quinta stagione di AtS]


Maggio 2004 – Los Angeles



<< E’ qui>>.

La gonna leggera e setosa fluttuava morbida assecondando il tiepido venticello che si levava dal mare poco lontano.

Stava albeggiando e il cielo era tinto di varie tonalità di rosa, crema e pesco spruzzate in un azzurro tenue.

Tutto era devastazione.

I palazzi nelle immediate vicinanze erano per la maggior parte rasi al suolo, mentre quelli che ancora stavano in piedi erano solo dei distorti scheletri fatiscenti.

L’Hyperion non c’era più.

Sparito.

Scomparso come tutto ciò che si era ritrovato nel cammino dei senior partners.

Pietrame, blocchi di cemento, ferro arroventato e semi-sciolto erano riversi lungo le strade dentro cui si aprivano profondi crateri.

Qualche albero che aveva avuto la sfortuna di crescere da quelle parti era stato sradicato e arso come un piccolo cerino.

Le automobili sfondate erano ribaltate sul dorso e formavano un informe ferraglia; le insegne di vetro erano sparse in miriadi di pezzi e ovunque si vedevano corpi inanimati, privi di vita, riversi in pozze di sangue diluito dall’acqua piovana.

<< Questi terroristi ci sono proprio andati giù pesante>>,

Holland Manners, ritto e greve accanto alla donna minuta, sogghignò al suono della sua stessa voce mentre si guardava intorno osservando lo scenario raccapricciante.

Come al solito si sarebbe trovata la perfetta spiegazione per quell’insolito pranzetto primaverile.

<< E’ morto>>,

continuò la ragazza, come se non avesse nemmeno udito quelle parole.

Si abbassò sul corpo immobile del bellissimo uomo e gli accarezzò il viso.

Aveva un’espressione di serenità e pace, come se nel momento in cui aveva sentito la *vita* scivolare via dal corpo avesse raggiunto la perfezione.

I lineamenti perfetti erano incorniciati da capelli scuri, bagnati e cosparsi di fango, e le labbra avevano un taglio che si allungava sulla guancia destra per toccare il sopracciglio aperto nettamente in due.

Le possenti braccia fasciate da pelle nera correvano lungo il busto squarciato da cui usciva un sottilissimo rivolo di sangue.

In realtà non c’era alcun movimento, era solo un’impressione dovuta alla lucentezza del liquido rosso e pastoso.

Gli arti posteriori avevano una frattura scomposta che si mostrava vistosa dai pantaloni facendo sussultare d’orrore la donna non appena aveva posato lo sguardo più in basso.

<< Suvvia bambina, lo sapevi>>

- Holland si abbassò sui talloni e adagiò una mano sulla spalla della figlia, in un gesto di conforto.

Uno spettatore esterno avrebbe potuto credere che fosse sentito e reale.

Che quell’uomo anziano, coi capelli canuti, stesse piegandosi dal dolore per quella visione che gli si parava cruenta agli occhi.

Non chi conosceva davvero Holland Manners.

Vicepresidente della divisione “progetti speciali” della Wolfram & Hart.

Dissanguato a morte da due vampire.

Vivo e presente ad occupare il suo posto nelle fila dell’inferno.

Perché l’inferno è vivere su questa terra.

Lo aveva detto ad Angel quella sera quando l’ascensore correva verso il piano più basso, il piano delle strade di Los Angeles.

E il vampiro aveva osservato attonito la scena che gli si presentava di fronte.

Quella giungla di belve feroci che era la vita.

Dentro ogni uomo albergava la cattiveria…e si vedeva dai piccoli gesti di intolleranza, di egoismo, di cecità, di disprezzo.

Per questo il male non avrebbe mai avuto fine…perché avrebbe trovato linfa e nutrimento in ogni stilla di umano odio.

Adesso Holland era lì, vestito nel suo elegantissimo abito di lana estiva, con un contratto inscindibile con l’altro mondo.

Un patto eterno –

<< per quello che riguarda quest’uomo mi reputo a malincuore sconfitto su tutta la linea.

Avevamo riversato così tanto in lui…e invece nulla.

Tutto andato perso per quella sua odiosissima anima dannata.

Gli siamo stati addosso tallonandolo, alitandogli il fiato sul collo, cercando con ogni mezzo di portarlo dalla nostra parte.

Abbiamo riportato Darla in vita per poter mettere le mani su Angelus, ma non gli bastava!

Eh no…non poteva trovare quella stupidissima felicità perfetta con lei.

Un sacco di soldi e risorse sprecate.

Di piani falliti uno dietro l’altro.

Se penso ancora di averci rimesso una moglie e non me l’hanno nemmeno restituita…>>.

<< Ti prego smettila, stai parlando di mia madre!>>,

Eve si allontanò oltraggiata dal sarcasmo dell’uomo alla sua sinistra.

<< Devi farne di strada, mia piccola avvocatessa impettita>>,

le diede un buffetto sulla guancia, poi prese ad osservare nuovamente il cadavere con occhi di ghiaccio:

<< Con la storia di Spike e della coppa del Tormento c’eravamo quasi riusciti.

Santo cielo, eravamo ad un passo dall’averlo!

Era così abbattuto, così spezzato…aveva veramente cominciato a credere di non essere lui il vampiro con l’anima della profezia.

Era caduto nella trappola ad occhi chiusi!

Tu e il tuo amico tatuato avevate fatto un ottimo lavoro anche con la storia del medaglione, quando gli insinuasti nella mente la possibilità che forse era destino che l’oggetto finisse nelle mani di quell’altro.

Uno spiacevole disguido, quando ci eravamo resi conto che era Spike ad essere di nostra proprietà e non lui, si stava invece alla lunga rivelando un ottimo profitto.

Purtroppo quella sua anima malefica era veramente assurda!

Non era un’anima semplice, da soggiogare e plasmare a nostro piacimento.

Accanto ad essa c’era qualcos’altro…qualcosa che non poteva morire.

Quando credevamo di averlo in pugno, prostrato ai nostri piedi, illusi di vedere finalmente Angelus varcare quella soglia, puntualmente quel qualcosa che aveva dentro, annidato nelle viscere, tornava a risorgere e a farsi sentire…la sua maledettissima, inamovibile speranza!

Quella piccola voce che gli sussurrava conforto e gli infondeva forza.

Era come se fosse un microscopico puntino a parte, ma dall’enorme potenza.

In tutti questi millenni non ho mai visto niente del genere e non riesco a spiegarmelo.

Ha del misterioso e dell’affascinante, per certi versi>>

- si tastò il mento con la mano, come a ponderare pensoso.

Poi la serrò a pugno, alzandola all’altezza degli occhi, e digrignò i denti -

<< Se solo avessi potuto strappargliela!

E non solo il demone in lui non è riemerso, ma quando l’Arciduca Sebassis gli ha fatto firmare la rinuncia allo Shanshu e lui ha accettato per la salvezza del mondo, Angel ha definitivamente vinto mandando a rotoli qualsiasi mio tentativo di riaverlo e dimostrando senza possibilità d’appello il suo sconfinato eroismo: ha firmato con la penna intrisa del suo sangue la rinuncia a tornare ad essere di nuovo umano, un giorno.

Né i membri del Circolo del Black Thorne né io stesso avevamo sospettato una simile conseguenza a quel gesto.

Tante fatiche per nascondere quella profezia e poi per aggirarla e…>>.

<< Povero papà, potrei quasi commuovermi se solo la tua perdita non fosse il mio guadagno>>,

la ragazza tirò su le spalle, sospirando con falsa partecipazione.

<< Già. Adesso non avrò più la possibilità di avere al mio fianco quella mente criminale di Angelus.

Dovrò semplicemente accontentarmi di non avere più Angel tra i piedi a mettermi i bastoni tra le ruote...>>

- Eve gli regalò uno splendido, raggelante sorriso compiaciuto che ricordava molto di chi fosse la degna figlia -

<< ...e poi certo, in fondo sono sempre lieto quando posso comprare un nuovo giocattolo per la mia bambina>>,

ricambiò con un ghigno diabolico mentre sollevava il braccio facendo un lieve, impercettibile gesto.

Due uomini immediatamente furono alle loro spalle e si accinsero a sollevare il corpo morto dell'eroe caduto dentro una barella.

Il vampiro con l’anima avrebbe avuto un ruolo determinante nell’Apocalisse, si era detto, ma non era dato sapere se si sarebbe schierato dalla parte del Bene o del Male.

Non ci sarebbe stata alcuna fine del Mondo, era ovvio.

La Wolfram & Hart non lo avrebbe mai distrutto, il suo obiettivo era sempre stato dominarlo, ed era stato così sin dalla notte dei tempi.

Le guerre si erano succeguite, le Apolissi avvicendate, ma il mondo era sempre rimasto in piedi...fino al prossimo tributo di sangue.

Ciò che contava, però, era che lo credesse Angel…che il vampiro si convincesse...e che scegliesse.

E lui, purtroppo per loro, aveva scelto.


PART 5



Presente – Los Angeles



La casa si estendeva in un solo piano. Tre camere, una cucina, un bagno. Quest’ultimo punto non incontrava molto il suo favore.

Litigare per i turni lì dentro era l’ultima cosa che si augurava; aveva sempre amato i momenti in cui poteva ritirarsi nell’intimità di una calda vasca bollente ricolma di schiuma, mentre i muscoli indolenziti scioglievano i nodi della fatica e si lasciavano andare godendo del relax.

Vedeva già questa pace andarsene via sfumando come una nuvoletta.

Non che ci fosse stata altra scelta.

Aveva deciso all’improvviso, su due piedi.

Aveva detto sì senza nemmeno fermarsi a pensare.

Trovare un appartamento a Los Angeles non era per niente facile e il passo successivo a questa constatazione della realtà dei fatti era stato adeguarsi e accettare.

Del resto a Sunnydale erano stati in duemila ad occuparle il bagno, c’era stato di peggio.

Per fortuna Dawn era in Inghilterra con Giles. Non avrebbe dovuto accapigliarsi anche con lei. Per lo meno su quel fronte avrebbe avuto vita facile.

Non era stato per nulla semplice ritrovarsi a 20 anni a far da madre.

Non era stata una cosa che aveva voluto.

Non lo aveva chiesto.

Aveva solo desiderato vivere come una ragazza normale per tutta la sua vita, e invece non aveva fatto altro che lottare, cadere, rialzarsi…e smettere di sognare.

Non riusciva nemmeno a ricordare quali fossero le sensazioni di un’adolescente.

Battere le ciglia con espressione sognante dietro a un divo del cinema, uscire con le amiche per andare a fare del terapeutico shopping, accoccolarsi sul divano e guardare un film d’amore mangiando quintali di burro d’arachidi e cioccolata.

Tutto questo le era stato strappato via il giorno della chiamata.

Era troppo giovane.

Era troppo presto.

Ma lei era la cacciatrice, la prescelta, e il suo era un sacro dovere, qualcosa per cui non era contemplato il verbo *scegliere*; *essere* era ciò che era…era semplicemente parte di se stessa.

Nata per questo.

Un duo inscindibile. Nome e missione.

Buffy Summers. Cacciatrice di Vampiri.

Era lei che aveva avuto bisogno di una madre che l’appoggiasse, che la guidasse, o che semplicemente fosse lì per lei…una figura forte e silenziosa che la facesse sentire al sicuro, lontano dalle brutture con cui si trovava quotidianamente a combattere.

E invece l’aveva persa.

Joyce se n’era andata.

In qualche posto dentro se stessa aveva dovuto trovare la forza necessaria per andare avanti.

Tutti se lo aspettavano.

Lei era Buffy.

Dawn aveva bisogno di lei e c’era Glory che voleva la chiave.

Doveva proteggerla, doveva salvarla.

Doveva combattere per il mondo.

Avrebbe solo voluto piangere.

Avrebbe solo voluto avere il diritto di portare il lutto. Di sentire il dolore di quella perdita spaccarla in due e fare il suo corso, per poi liberarla piano piano.

Era a questo che servivano gli sfoghi.

Angel. Se non ci fosse stato lui quella notte, il tempo non sarebbe mai passato e lei non avrebbe mai trovato la capacità di mettere un passo dopo l’altro e allontanarsi dal cimitero.

Se non ci fosse stata quella mano stretta nella sua, pronta a guidarla tra le ombre della notte…

Se non ci fosse stato quel corpo freddo, ma che la bruciava terribilmente come una vivida fiamma, a sorreggerla nel conforto dell’abbraccio…

Se non ci fossero state quelle parole calmanti e quello sguardo che la osservava partecipe e presente…

quelle labbra calde che prendevano il suo dolore e restituivano amore…

Era stato così semplice sfogarsi con lui, così naturale.

Raccontare le proprie emozioni traboccanti come un fiume in piena.

Non era riuscita a condividere con nessuno quel peso.

Con nessuno che non fosse Angel.

Non era forse sempre stato così?

Non era da lui che correva quando gli incubi venivano a turbare il suo sonno?

Non erano le sue braccia che cercava quando voleva sentirsi sicura e protetta?

Non erano i suoi baci che desiderava ardentemente, per far volare il suo cuore nel petto e toccare una felicità sempre più grande?

Non era forse lui il suo immortale conforto, il suo balsamo lenitivo, la sua infiammante passione?

Aveva sempre avuto paura di apparire debole perché non aveva mai potuto permetterselo, perché tutti gli altri riponevano le loro speranze in lei, ma con Angel era stato diverso.

Con Angel poteva essere semplicemente se stessa.

Anche quando Angelus era tornato libero sulla terra


***“ogni volta che succede qualcosa del genere, il mio primo istinto è ancora quello di correre da Angel…”***.


Persino quello stesso demone spietato e sanguinario l’amava.


***“Tu sei ancora l’unica cosa a cui lui pensa”***.


In un modo malato, contorto, sbagliato, ossessionante, ma Angelus la voleva e non l’avrebbe mai lasciata.


***“Se potessimo vivere senza passione forse potremmo conoscere la pace. Ma saremmo esseri vuoti. Stanze vuote. Buie e inutili. Senza passione saremmo come morti.”***


Era sua. Gli apparteneva.

Angel invece lo aveva fatto.

Una notte densa di fumi e aria bruciata l’aveva ossessionata rovinandola per sempre.

Non aveva più niente.

Colui che amava più della sua stessa vita, colui per il quale non aveva esitato a donare il proprio sangue e a sputare addosso alla propria missione andando ad uccidere un essere umano, non era rimasto a lottare per lei.

Non era servito a nulla dirgli che tutto quello che vedeva e desiderava nel suo domani era lui e lui solo.

Che amarlo non era stata una scelta perché non si può pilotare un cuore, ma lo era senza alcun dubbio volere che tutta la sua vita fosse con lui.

Lei non poteva cambiare e non poteva fare a meno di amarlo.

Per Angel non era stato abbastanza.

Era solo una ragazzina che non aveva pensato veramente al proprio futuro.

Prima o poi avrebbe voluto tutto.

Era un maledetto stupido…non sapeva che il suo tutto era lui?

<< O.K. Qualcuno mi ricorda perché siamo qui?>>,

Xander si guardò intorno spaesato.

<< Mio Dio come sei pesante! Non hai fatto altro che ripeterlo per tutto il viaggio in aereo. Stavo per tele-trasportarti fuori dal finestrino!>>,

Willow sbuffò spazientita.

<< Oh, oh, oh, come siamo simpatiche. Una vecchia megera, ecco cosa sei! Manca poco che ti spunti qualche bubbone sul naso e poi sarai una stregaccia perfetta>>.

<< Esatto!! E questa megera sente molto la mancanza di un topolino da compagnia. Sappilo>>,

gli fece una lunguaccia.

L’agente immobiliare in gessato scuro sgranò gli occhi parecchio perplessa.

Quei ragazzi erano diciamo…strani.

Sistemò gli occhiali neri sul naso alzando lo sguardo dal materiale cartaceo e spostandolo su di loro per squadrarli bene.

Buffy tossì nervosa:

<< Ehm bambiiini, su…fate i bravi. Non vorrete che la signorina O’Sallivan scappi a gambe levate prima di lasciarci il contratto, vero?>>.

Xander arrossì e fissò gli occhi in un punto indefinito oltre la porta che lo separava dal bagno.

La signorina O’Sallivan era bellissima e lui era davvero un idiota.

Willow sghignazzò non riuscendo a trattenersi e per sfuggire all’occhiataccia del suo migliore amico si precipitò ad osservare meglio la cucina.

La ragazza bionda sospirò con le mani ai fianchi e un’impercettibile sorriso le increspò le labbra.

Era tutto come al solito.

Per fortuna.


PART 6



Avevano cominciato ad aprire gli scatoloni e a sistemare la roba negli armadi e negli scaffali, ma erano ben lontani dall’aver finito e il caos più totale regnava in ogni angolo della casa.

La strega rossa osservò il disordine con un piccolo magone.

Awww, se solo avesse potuto usare la magia tutto sarebbe stato al proprio posto in un attimo.

Ricacciò indietro quel pensiero ricordando perfettamente quali erano state le conseguenze del suo scriteriato uso del potere.

La vita era davvero meravigliosa ora che era così semplice…del resto bastava guardare Buffy per convincersene.

Per convincersi che fingere di non essere chi si era equivalesse a stare bene.

La sua amica era così brava in questo.

Si era laureata in storia dell’arte ed era diventata una quotatissima gallerista.

Aveva questa perfetta vita che aveva sempre rincorso e disperatamente voluto.

Un’esistenza normale in cui lei era solo una ragazza con più forza del dovuto e due amici squinternati che l’adoravano, una sorella e un *papà* lontani che le scrivevano chilometriche lettere e un lavoro che la teneva impegnata e le dava molte soddisfazioni.

Tutto stupendo, tutto come doveva essere.

Si toccò la fronte con le dita meditando pensierosa.

Stava solo chiedendosi quanto tempo sarebbe passato prima che scoppiasse la bomba.

Il primo passo per innescare il detonatore era stato fatto. Erano tornati a Los Angeles.

Ora aspettava la deflagrazione.

<< Buffy, quando cominci a lavorare tu? Domani mattina mi aspettano al cantiere per il colloquio finale. Spero non ci siano problemi>>,

Xander addentò un pezzo di pizza gigante al formaggio, spaparanzato sul divano.

<< E non ci saranno. Hai quella lettera di referenze, un curriculum perfetto e sei dannatamente bravo nel tuo lavoro>>,

Willow gli strizzò l’occhiolino mentre a sua volta mangiava un toast imburrato.

Il ragazzo fece la sua solita faccia “ma WOW!” tutto contento e si sistemò meglio i cuscini sulla schiena.

Buffy si sentiva agitata. La domanda rivoltale era passata completamente inascoltata.

Non riusciva a trovare una posizione che la soddisfacesse per vedere quello stupido reality alla tele.

Forse era la presentatrice. Aveva qualcosa che le dava sui nervi.

La smise di prendersi in giro ed improvvisamente decise di dare fiato alle parole:

<< Credete che dovrei chiamare Angel?>>,

la buttò lì con noncuranza, continuando a fissare lo schermo.

Xander sputò tutto il contenuto che aveva in bocca nel cartone vuoto sul tavolino di fronte a lui.

Ringraziò la sua buona sorte che non gli fosse andato di traverso:

<< COSA??? Ma Buffy, che diavolo stai dicendo?>>.

<< Beh, magari potrebbe venire a sapere che siamo qui e pensare che siamo dei maleducati>>,

lo guardò con aria tranquilla.

Era così sicura di se stessa, così felice di essere arrivata ad un grado di freddezza tale da poter parlare di lui come di una qualsiasi altra persona.

C’era stato un tempo in cui non aveva sopportato nemmeno di sentirne pronunciare il nome.

Ne aveva fatta di strada da allora.

<< Los Angeles è grande. Immensa!>>

- la voce gli uscì un tono troppo alto dalla gola e risuonò insopportabilmente stridula. Si ricompose cercando di ritrovare un timbro più mascolino -

<< Tu ed Angel non potete stare nella stessa frase, Buffster.

Succederanno solo guai e io non voglio essere lì quando questo accadrà.

Mi prenoto sin da ora per un “te l’avevo detto”>>.

<< Finiscila, Xan.>>

- la cacciatrice sbuffò infastidita roteando gli occhi –

<< Angel ed io siamo adulti. Voglio dire, io adesso sono adulta.

Ho 25 anni. E’ passata una vita.

Posso stare nella stessa stanza con lui ed uscirne indenne.

Abbiamo superato i nostri rancori e potremmo anche essere amici.

Non voglio che pensi che lo stia evitando>>

- non aveva raccontato a Xander che l’ultima volta che aveva visto il vampiro moro gli si era gettata tra le braccia con la mente oscurata dalla felicità.

Non era necessario che lo sapesse.

Willow, però, sapeva e la stava guardando con una strana espressione di compatimento.

Beh, del resto alla stessa maniera gli era scivolata via ed era andata avanti.

Non lo amava più da molto tempo ormai.

La rossa sapeva anche questo quindi poteva smetterla di aver l’aria di chi la sa lunga.

Le avrebbe strappato quel sorrisino dalla faccia -

<< E poi è già sicuramente a conoscenza del nostro arrivo. Abbiamo una spia nelle nostre fila, non lo sai?>>,

lanciò uno sguardo tagliente alla sua migliore amica, che però non parve affatto toccata da quel basso tiro.

Era come se fosse completamente assorbita da altri pensieri.

Gli occhi di Willow si strinsero in due piccole fessure, cercando di focalizzare lontani ricordi, ombre di un passato che non aveva mai potuto confessare a Buffy perché l’aveva giurato ad un uomo innamorato:

<< Non lo sa. Ecco, lui…lui è come sparito>>,

sussurrò l’ultima parola sfuggendo gli occhi dell’amica fissi su di lei.

La stavano trapassando in due.

<< Che significa sparito? Perché non me l’hai detto?>>,

il tono non era cambiato, eppure sia Willow che Xander lesserò una malcelata punta d’accusa.

<< Cosa dovevo dirti Buffy? Non mi hai mai chiesto nulla di lui.

Non l’hai mai cercato.

Sapevi anche che Spike era tornato in vita – beh, non in senso letterale, ovvio - e sapevi che era qui a Los Angeles. Non l’hai mai chiamato, non hai mai cercato nemmeno lui…>>

<< E per dirgli cosa, Will? Per dirgli esattamente cosa?>>

- si alzò dal divano e prese a vagare per la stanza, dando loro le spalle -

<< Non potevo dargli quello che voleva e tu lo sai.

Lo sapeva anche lui.

E’ morto e lo sapeva.

Ne era più che mai consapevole.

Io gli voglio un bene dell’anima e l’ho fatto soffrire troppo. Non potevo illuderlo ancora.

Ho superato quel periodo tormentato in cui prendevo e non davo.

Ci siamo feriti a vicenda, ma non potevo continuare a stare con lui, non posso semplicemente amare una persona perché quella persona ama me; l’ho fatto anche con Riley…non funziona così.

L’ho lasciato libero. Era il più grande regalo che potessi fargli>>.

<< Hai ragione su Spike e Riley, l’ho sempre saputo anche se non me l’hai mai detto.

Ma di Angel che mi dici? In fondo non hai mai chiamato nemmeno lui…>>

<< E’ diverso il motivo, Will…dannazione!>>

- si girò di scatto, infuriata –

<< E’ stato lui che mi ha lasciata. Te lo ricordi?

E’ lui che un giorno ha deciso di non voler più fare parte della mia vita.

Cosa dovevo fare?

Elemosinare la sua attenzione?

Attaccarmi al telefono sperando di convincerlo per sfinimento?

Cosa pensi che provassi ogni volta che mi rendevo conto che VOI lo sentivate ed IO no?

Come credi che mi sentissi io, quando tu e Giles sapevate cosa stesse passando, cosa stesse pensando, come stesse vivendo, mentre io ne ero completamente esclusa?

Persino quando veniva a Sunnydale io non ne sapevo niente!

Niente di niente!

E l’ultima volta che ero andata io a Los Angeles mi aveva chiaramente sbattuto in faccia che la sua vita non mi riguardava!>>

- La rabbia colò a picco mentre un doloroso ricordo le balenava alla mente –

<< Poi, quando…>>

- si interruppe repentinamente mordendosi le labbra –

<< Non importa.

Ti dico solo che eravamo arrivati al punto che era Faith a portarmi i suoi saluti. Non lo trovi divertente?>>

<< Capisco cosa puoi aver provato e perché tu abbia…>>

<< Oh davvero? Bene!!!>>

- piroettò su se stessa regalando alla rossa uno splendido, vuoto sorriso -

<< Ne sono felice ma no, grazie…non ho bisogno di una seduta da psicanalisi.

Sono sopravvissuta. L’ho superata.

Come vedi sono qua e sono in piedi. In fondo devo ringraziarlo.

Se n’era andato per darmi una vita normale, no? Beh, ce l’ho. Ho tutto quello che desidero.

Gli devo un favore>>.

Willow ascoltò in silenzio lo sfogo dell'amica.

Quanto male le avevano inconsapevolmente fatto in tutti quegli anni!

Avevano agito tutti per il suo bene, certo...anche Angel, eppure ormai da molto tempo non era più sicura che quella fosse stata la scelta giusta.

Buffy si sentì osservata e quasi spogliata dagli sguardi indagatori di Willow e Xander. Ne era davvero infastidita:

<< O.k. adesso possiamo capire cosa significa *sparito*?

Vedrò di restituirglielo, questo favore...una volta tanto.

Da quanto non lo senti? Un giorno, una settimana?

Sarà partito per qualche viaggetto con i suoi nuovi compagni: la reginetta Cordelia e l'inamidato Wesley.

Magari le poste hann semplicemente smarrito la cartolina, Will>>,

il sarcasmo pungente di Buffy. La sua più grande barriera.

<< Due anni>>

- nel momento stesso in cui Willow pronunciò quelle due parole, Buffy si sentì risucciata dal vortice della paura.

Era una sensazione che non provava da tantissimo tempo ormai, da quando Angel...

Schiacciò indietro quell'immagine, nascondendola nelle pieghe profonde del ricordo, insabbiandola freneticamente con la stessa ansia con cui aveva raschiato la terra per tornare alla superficie -

<< Due anni che non ho notizie né di lui, né di Wesley. Non hanno più chiamato ed io non sono riuscita in alcun modo a rintracciarli.

Cordelia è morta, Buffy. Era stato lo stesso Angel a dirmelo>>

- si girò verso Xander che la guardava allibito. Il ragazzo aveva la bocca aperta come se volesse parlare, ma non usciva alcun suono -

<< mi dispiace Xan. Non volevo che lo sapessi così. Non volevo che lo sapessi affatto>>.

Cordelia Chase era stata la sua prima ragazza. Era stata nella sua vita con la sua esuberanza, il suo cipiglio un po' arrogante ma irresistibile...e lo aveva amato.

Lui invece l'aveva ferita.

Prima lei, poi Anya.

Nessuna delle due adesso avrebbe più avuto il tempo di perdonarlo.

<< Cordelia è morta>>

- ripetè Buffy incredula -

<< lei era così...vitale>>,

le sembrava davvero assurdo.

L'unico aggettivo che le veniva in mente per definire la sua vecchia compagna di classe in quel momento era proprio quello, e faceva dannatamente a pugni con la parola morte.

<< Già. Ma era anche molto cambiata. Le sue visioni l'avevano fatta maturare...è una storia lunga>>.

La mente di Buffy volò nuovamente ad Angel e si avvicinò alla strega rossa fissandola con occhi spiritati.

Strani lembi di fuoco parevano fuoriuscire da essi.

Era una furia fredda:

<< Willow, mi stai dicendo che sono due anni che Angel è sparito e tu hai taciuto?!

Io...io non posso crederci!

Non riesco a capire perché tu l'abbia fatto. E' assurdo!

Saremmo potuti volare qui a Los Angeles subito, vedere cosa era successo!!!>>.

<< Volevo dirtelo Buffy, ma sarebbe stato tutto inutile>>

- si giustificò la rossa, mortificata, ma aveva davvero agito nell'unico modo che aveva reputato possibile -

<< Non c'era più nulla che potessimo fare.

Ti avrei dato solo un dolore e non volevo.

Circa una settimana dopo aver smesso di ricevere sue notizie, infatti, feci un incantesimo localizzatore.

Lo castai parecchie volte, ma nulla: Non c'è più nessun vampiro con l'anima, Buffy. Non su questa terra>>.

Buffy scosse la testa con un frenetico diniego:

<< Hai sicuramente sbagliato. Quell'incantesimo non ha funzionato. Dobbiamo cercare bene. Dobbiamo scovare le tracce, tornare a dov'era l'ultima volta che l'hai sentito e...>>.

La interruppe cercando di non essere troppo brusca, ma ormai doveva dire tutta la verità. Non aveva senso prolungare ancora quella tortura:

<< Buffy, quando sono tornata in California per andare a trovare i miei...non era vero. E' qui che sono venuta.

Ho cercato ogni informazione possibile.

Quello che sono riuscita a trovare erano solo tre tombe: quelle di Wesley, Fred e Gunn, che lavoravano con lui.

Tutti morti.

Di Angel ovviamente non ho potuto trovare una prova concreta, ma putroppo l'incantesimo non può sbagliare.

Nessun vampiro con l'anima vaga su questo mondo. Nessun non-morto porta questo peso>>.

<< Mi stai forse dicendo che è morto? Che è polvere alla polvere?>>,

la guardava con le pupille dilatate.

Quella parola aveva un gusto velenoso in bocca.

Si sentiva le labbra impastate, imbevute di metallo.

<< Buffy, Buffy!!! Mi stai facendo male!>>,

la cacciatrice l'aveva afferrata per un braccio e glielo stava stringendo come in una morsa.

Xander si avvicinò per separarle:

<< Buffy, lasciala andare!>>,

si mise tra loro spingendo la ragazza bionda che indietreggiò di qualche passo, mollando la presa.

Non si era nemmeno accorta di quello che stava facendo.

Una piccola, ulteriore pressione, e l'osso di Willow si sarebbe spezzato in due.

<< Tesoro, so cosa stai provando..so che vorresti piangere e...>>,

Willow le si avvicinò di nuovo, accarezzandole i capelli con dita tremanti.

Provava una tale pena per lei.

Era la stessa che aveva provato sulla sua pelle quando Tara era morta.

<< Piangere?>>

- Buffy uscì dallo stato di shock in cui era scivolata, riprendendosi lentamente e tornando alla realtà -

<< Tutte le mie lacrime per Angel sono state versate. Ho finito la dose>>,

sorrise sadica.

Si era chiusa ancora di più in se stessa. Di nuovo.

Nessun dolore. Nessuna pena.

La verità era che piangere avrebbe voluto dire accettare che Angel fosse morto, ma lei non poteva.

Semplicemente non era in grado di farlo.

Aveva vissuto una vita lontana da lui.

Era andata, come ripeteva sempre, avanti.

Mattone dopo mattone s'era costruita il suo bel muro all'interno del quale si sentiva sicura.

Non aveva bisogno di Angel. Aveva potuto vivere anche senza di lui.

Le sue gioie e i suoi dolori erano trascorsi come i fotogrammi di una pellicola, e anche se nulla era davvero al proprio posto, aveva potuto mettere un passo dopo l'altro...perché Angel era vivo!

L'aveva lasciata, se n'era andato, ma Buffy sapeva che lui c'era.

Stava vivendo da qualche parte.

Calpestava il terreno del suo stesso mondo.

L'aveva dimenticata, e seppur con disperazione se n'era fatta una ragione.

Aveva finito con l'accettare che lui non fosse parte del suo futuro.

Ma Angel doveva vivere! DOVEVA VIVERE!

Gli aveva donato il suo sangue...gli aveva donato tutto.

Come sarebbe stato svegliarsi senza Angel adesso?

Come avrebbe potuto affrontare le tenebre ora che il suo cuore sapeva che lui non c'era?

C'era troppo buio...troppo buio in quella stanza. Non vedeva più niente.

Meccanicamente si allontanò dai suoi amici correndo a rifugiarsi nella solitudine della propria camera.

Un tempo, quando giaceva angosciata e preoccupata nella vecchia stanza di Sunnydale, qualcuno scivolava tra le ombre scure della notte, entrava dalla finestra...e la cullava.

Non poteva sentirne il respiro, ma sapeva che lui era lì dentro.

Lì a vegliare il suo sonno facendola scivolare, finalmente tranquilla, tra le braccia di Morfeo.

Se chiudeva gli occhi poteva ancora rivivere quelle sensazioni.

La sera, quando nessuno poteva vederla, quando le sue stesse barriere cadevano vinte dalla stanchezza, poteva lasciarsi andare all'immaginazione e di nuovo percepiva quella presenza, quella placida calma tutto intorno a lei...come un'aura protettiva che la avvolgeva con calore.

Adesso le avevano strappato anche questa remota illusione.

Si gettò sul letto passandosi un cuscino sulla testa.

Se avesse pianto avrebbe voluto dire che Angel era morto, e non poteva.

Non. Poteva.

Lacrime salate le stavano rigando le guance scendendo disperate, mentre profondi singhiozzi le squarciavano il petto.

Non poteva piangere.

Willow, in piedi di fronte all'uscio sbarrato, percepiva impotente il dolore lacerante dell'amica e lo condivideva.

Era stata preveggente. Non sapeva di avere anche queste doti.

La bomba era scoppiata.



PART 7



Erano passati 4 mesi da quando era venuta a conoscenza della verità.

Angel non c'era più.

Sapeva che era morto anche Spike, lo aveva compreso perfettamente.


***Non c'è più nessun vampiro con l'anima, Buffy. Non su questa terra.***


Anche Spike era tornato polvere. Quelle parole non lasciavano spazio ad altro.

Ma Spike non era Angel. Non lo era mai stato.

Si era rattristata per la sua scomparsa quando lo aveva visto bruciare sotto la luce del medaglione, ma poi, passato quel momento, aveva dimenticato.

Era stata legata a lui, aveva imparato ad apprezzarlo, a volergli bene, ma non ne era mai stata innamorata.

Non aveva sentito quel fuoco.

Si era appoggiata a lui e ne aveva tratto forza per andare avanti.

Poi Spike era morto e lei aveva potuto vivere in un mondo senza di lui.

Non era mai riuscita a vivere in un mondo senza Angel.

Aveva provato sulla pelle entrambe le perdite, ma le sensazioni che aveva avvertito erano lontane anni luce l'una dall'altra.

Era scappata da se stessa quando la sua spada gli aveva trapassato il ventre.

L'aveva ossessionata nei suoi sogni, nei suoi ricordi.


***Anche se fossi cieco ti troverei.***


Il vampiro biondo se lo era lasciata alle spalle a Sunnydale, e questa recente consapevolezza che lui fosse morto di nuovo, e per sempre, le lasciava addosso una lieve malinconia.

Il vampiro moro non se lo era mai lasciato indietro.

L'ultima volta che lo aveva visto era davanti a lei. Le dava il profilo e le stava sorridendo sornione. Le diceva che la stava aspettando. Che lui era eterno.

Invece era morto. Questa certezza le portava dentro una cocente devastazione.


***L'ho amato più di ogni altra cosa che amerò mai su questa terra...***


Aveva cercato con disperazione ogni traccia, aveva indagato, seguito, fiutato...aveva guardato in ogni angolo, ma Angel era stato risucchiato via per sempre.

Di lui non era rimasta nemmeno una nuda pietra da poter accarezzare.

Niente.

Quel corpo che era stato il principio e la fine stessa di tutta l'esistenza di Buffy Summers non poteva essere nemmeno pianto.

Un amore violato.

Quando era tornata a Los Angeles lo aveva fatto perché una vecchia conoscenza di Joyce le aveva offerto il posto di direttrice della galleria che era stato della madre.

Aveva accettato con entusiasmo mettendo a tacere le malelingue della propria coscienza che le urlavano che stava tornando per lui.

Lo stesso nome della città non le avrebbe comunque permesso di dimenticare che lui era lì: Gli Angeli.

Esisteva forse un nome più bello?

Adesso che Angel non c'era più si era lentamente rassegnata ad ascoltare quelle intime voci.

Era vero: era per lui che era tornata.

Avrebbe voluto avere la possibilità di urlargli in faccia quanto lo odiasse.

Quanto lo detestasse nel profondo.

Gli avrebbe sbattuto i pugni sul petto, gli avrebbe riversato addosso tutta la sua rabbia.

Lo avrebbe deriso, schiaffeggiato, umiliato...come lui aveva fatto con il suo cuore.

Gli avrebbe restituito tutti i tagli della sua anima.

Avrebbe chiuso il loro maledettissimo conto.

Invece non le restava altro che tenersi tutto dentro.

Non avrebbe più trovato pace.

Non si sarebbe più liberata del suo fardello.

Avrebbe continuato ad ossessionarla con quei ricordi.


***Per sempre. E' proprio questo il punto.***



La galleria era piena di gente.

Buffy poteva chiaramente sentire il mal di testa crescere in maniera esponenziale. Quel cicaleccio fitto stava diventando insopportabile.

Non aveva dormito in previsione della mostra di quel giorno perché sapeva quanto ci tenessero i dirigenti della catena per cui lavorava e adesso ne stava pagando le conseguenze.

Tutta la crema di Los Angeles era affollata in quei vasti spazi e lei non aveva trovato il tempo di fermarsi nemmeno un secondo.

Si era divisa tra le mogli dei senatori che volevano qualche delucidazione su questo o quel quadro e aveva fatto da spola tra alcuni degli uomini più importanti d'America e il capo cameriere, accertandosi che garantisse loro il calice sempre colmo.

Holland Manners discorreva amabilmente sfoderando un'impeccabile conoscenza d'arte con cui intratteneva delle giovani signore, tra cui la figlia Eve che se ne stava ritta e assorta ad osservare una scultura ricurva dell'era post-moderna accanto a Lindsey McDonald.

L'affascinante avvocato elegantissimo in abito scuro, con spalle larghe e possenti e uno sguardo penetrante, sorseggiava dello champagne fingendo di prestare orecchio alle chiacchiere di alcuni suoi colleghi che avevano formato un piccolo cerchio al centro della sala principale.

Lentamente arretrò e si diresse verso un quadro che lo aveva irresistibilmente attratto.

La tela, dipinta ad olio, ritraeva una giovane donna dalle spalle nude.

Il volto si scorgeva appena, in un accenno di profilo, perché volgeva la schiena allo spettatore.

Una cascata di capelli biondi cadevano sul lato sinistro del quadro, coprendone la scapola e correndo fino all'altezza delle reni.

Il dipinto era in chiaroscuro e una piccola striscia luminosa batteva all'altezza delle labbra, di cui si percepiva solo la fulgida pienezza.

Buffy si stava velocemente avvicinando all'ennesimo gruppetto di signori impettiti quando sentì un calore fortissimo uscirle via da dentro all'altezza dello stomaco.

Si piegò in due bloccandosi nel punto in cui si trovava e spalancò gli occhi riconoscendone il significato.

Lo aveva provato così tante volte che non aveva mai potuto dimenticare.

Una sensazione fortissima di richiamo si stava rapidamente irrorando in tutto il suo corpo trasformandosi in adrenalina liquida.

La cicatrice, di cui si vedeva solo un leggerissimo segno nel punto in cui il collo incontrava la clavicola, prese a pulsare di vita propria.

Ogni parte di lei si era svegliata e aveva riconosciuto quella voce.

Ogni parte di lei stava letteralmente urlando.


***So solo che quando tu sei vicino a me, sia che ti veda o no, io ti sento - dentro - e questo mi fa stare male.***


Angel.

Lei gli apparteneva.

Ogni fibra del suo essere glielo stava ricordando.

Angel non era morto.

Angel era lì.

Si girò freneticamente cercandolo tra la folla. Incespicò muovendo piccoli passi, disperata.

Lui era lì, doveva essere lì. Non poteva essersi sbagliata.

Il suo sguardo correva in tutta la sala, ripercorrendo in lungo e in largo gli spazi, fissandosi su ogni volto, su ogni figura.

Finché lo vide.

Sentì le gambe cedere sotto il proprio peso.

Il cuore prese a batterle all'impazzata.

Credette che da un momento all'altro potesse quasi sfondarle la cassa toracica.

Mio Dio...Angel!

Si avvicinò a lui quasi trascinandosi. Barcollando.

Avvertiva una stranissima sensazione dentro a cui non riusciva a dare un nome.

Allungò una mano per toccarlo, ma si bloccò.

Aveva paura che tutto svanisse dentro la nube dell'illusione.

<< A-Angel...>>,

balbettò con una voce che era solo un debole, piccolissimo soffio.

L'uomo alto avvertì una presenza alla sua destra e si voltò per vedere chi fosse.

Una donna incantevole lo stava fissando con uno sguardo che lui non poté definire.

Lunghissimi capelli color miele, su cui scorrevano fili d'oro puro, risplendevano di serica lucentezza incorniciando il viso più bello che avesse mai avuto modo di ammirare.

Due occhioni grandi, imperlati da ciglia scure, baluginavano scintillando in un verde pieno che nemmeno un genio della pittura sarebbe stato in grado di riprodurre.

Le labbra morbide e socchiuse formavano un tenero cuore rosato che lo attirava irrimediabilmente verso di lei come il canto ammaliatore di una sirena.

Ebbe quasi la sensazione che stessero lievemente tremando, ma non poté giurarlo.

Si sentì toccato. Toccato dentro.

<< Lindsey, caro...papà ci sta aspettando>>,

Eve si avvicinò alla sinistra dell'avvocato per richiamare la sua attenzione.

I loro amici ed Holland stavano lasciando la galleria. Era arrivato il momento di andare.

Non si accorse nemmeno della donna bionda a qualche metro da lei.

Ma Buffy la vide.

Notò la mano che si posava sul petto di Angel in segno di possesso.

Sussultò nell'udirlo chiamare con un altro nome, andando quasi in shock.

Cosa significava tutto questo?

Lui aveva fissato il suo sguardo su di lei per un lunghissimo istante, ma era sicura che non l'avesse riconosciuta.

Com'era possibile?

La donna minuta ritornò velocemente verso il gruppetto ed Angel volse a prestare nuovamente la propria attenzione a Buffy:

<< Trova che sia un angelo? Sì, sono assolutamente d'accordo>>,

le sorrise amabilmente posando lo sguardo sul dipinto di fronte a lui.

Uno dei suoi spettacolari, avvolgenti sorrisi.

Quelli che avevano sempre avuto il potere di farle dimenticare tutto il resto.

<< Lindsey, allora?>>,

la voce di Eve risuonò lontana, ma si percepì chiaramente una nota di nervosismo.

Adesso la ragazza si era accorta che stava parlando con qualcuno, anche se non poteva vedere chi fosse perché il possente corpo dell'uomo copriva l'altra figura.

Angel, visibilmente rammaricato, fece un piccolo inchino di congedo verso Buffy e rapidamente si allontanò.

Raggiunse il resto del gruppo, che frattanto aveva guadagnato l'ingresso, e assieme ad Eve superò la soglia vetrata mentre Buffy continuava a fissarlo, sempre più lontana.

Un fascio di luce solare lo investì in pieno.

Il suo magnifico viso dai tratti perfettamente mascolini ed affascinanti era bagnato dai raggi del sole che facevano risplendere i suoi profondissimi occhi scuri.

Buffy si sentì morire.

Strabuzzò gli occhi profondamente colpita da quella visione.

Il respiro le si mozzò nel petto e la fronte bianca si imperlò di goccioline di sudore.

L'accelerazione del polso aveva assunto ritmi vertiginosi.

Angel era vivo...vivo!!!

Mio Dio com'era meraviglioso assistere a quello spettacolo!!!

Vedere il sole toccargli la pelle!

Sapere che lui era umano!

Era ferma...eppure la sua anima stava turbinando.

Angel, prima di sparire dietro il muro grigio del palazzo, volse lo sguardo nella sua direzione cercandola tra la folla e i loro occhi si incontrarono...ancora una volta.

Immediatamente la cacciatrice riuscì a dare un nome alla sensazione che prima l'aveva invasa senza riuscire a capire di cosa si trattasse.

Corse via dalla sala, cercando un riparo nel suo studio in fondo alle scale.

Si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò improvvisamente spossata, mentre le gambe cedevano sotto il suo corpo che finalmente si abbandonava a quel caleidoscopio di sfaccettatissime emozioni.

Piangeva e rideva senza riuscire a fermarsi, e poi rideva e poi piangeva ancora.

Fiumi di lacrime liberatorie uscirono via dai suoi occhi e un'immensa felicità, che finalmente aveva riconosciuto, la pervase facendola tremare.

E in quella orda di eventi che si erano rapidamente susseguiti non si era nemmeno resa conto che il dipinto che Angel aveva fissato con occhi adoranti non era altro che una Buffy ad olio.

Il suo ritratto.

Lei.


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