TRY TO GO ON

Author: Melanyholland

Subject: stagione 5: cosa sarebbe successo se, per fuggire da Glory, Buffy fosse partita solo con Spike e Dawn?

Rating: R

Pairing: Buffy/Spike

Periodo di Produzione:  Agosto 2005 - Aprile 2006

Disclaimer:  tutto appartiene a Joss Whedon, alla Mutant Enemy, alla Fox. Io l’ho solo preso in prestito per divertirmi un po’.

Commento alla Storia: è nata da un’idea che mi ronzava nella testa sin da quando ho rivisto la puntata della quinta stagione intitolata “Spiral” (Spirale di Violenza). Se ricordate bene, mentre tutta la Scooby Gang è sul camper in fuga da Glory, Spike dice a Dawn, infastidito: “Avrei dovuto rubare la Porsche che avevo visto, c’era spazio sufficiente per Buffy e noi due”. Quando l’ho sentito, mi è scattato qualcosa nella testa (ebbene sì, mi scattano le cose nella testa), e ho cominciato ad immaginare come sarebbe stato se le cose fossero andate davvero così. Da qui, la fanfic. Gli eventi restano tutti uguali fino alla puntata in questione, da lì in poi invento io, anche se terrò uguali alcune cose.

Spero tanto che la storia vi piaccia. Se vi va, mandate qualunque commento, osservazione, critica a Melanyholland88@yahoo.it.

 

 

Try to Go On

 

 

1. In Viaggio

 

La macchina correva a gran velocità lungo la strada quasi deserta, macinando polvere di asfalto. Il sole di mezzogiorno era alto e picchiava con i suoi raggi sul tettuccio e il cofano della macchina facendoli scintillare di luce riflessa, ma non sui finestrini, che erano stati completamente anneriti eccetto un pezzettino davanti al posto del guidatore. Buffy sbuffò silenziosamente, sventolandosi con una cartina stradale che aveva trovato nel cruscotto; dovendo tenere i finestrini completamente chiusi sotto il sole cocente, la macchina si era trasformata in un forno rovente in cui era intrappolata. Aveva la fronte e il viso imperlati di sudore, i capelli biondi, legati in una coda dietro la nuca, le si appiccicavano fastidiosamente al collo, anch’esso madido, e sentiva che il trucco si stava sciogliendo catastroficamente. Scoccò un’occhiata a Dawn attraverso lo specchietto retrovisore, e vide che si era appollaiata stancamente sul sedile posteriore, gli occhi semichiusi, il viso arrossato e lucido per il caldo. Con la sua e la giacca della sorella si era organizzata una specie di cuscino supplementare, mentre i lunghi capelli castani, che di solito lasciava cadere distrattamente sulle spalle, erano stati legati in una coda alta sopra la testa. Aprì un po’ di più gli occhi quando si accorse che la stava osservando, e accennò ad un sorriso, che uscì piuttosto stentato e innaturale. Buffy ricambiò il sorriso debolmente, per poi distogliere lo sguardo. Dawn aveva l’aria così combattuta, esausta. Lei poteva capire quanto fosse spaventata, ora che Glory conosceva la sua vera identità. Era strano, vedere sul viso di sua sorella quelle occhiaie, quei segni che quell’orribile anno gli avevano lasciato. L’aveva sempre visto pulito, solare, a volte imbronciato, certo, ma aveva sempre conservato quell’innocenza tipica della giovinezza, quella purezza. Quella che a lei era stata negata fin dal momento in cui, mentre era seduta sulla scalinata della sua scuola, uno strano uomo in doppiopetto le aveva rivelato il suo destino, il suo futuro ricolmo di demoni e forze dell’oscurità, che le erano sembrati così inverosimili e inventati  sotto il sole di quel pomeriggio di primavera. Ma ora sapeva che tutto ciò era reale. Avrebbe voluto preservare la sua sorellina da tutto quello, tenerla al sicuro, lasciarle vivere la sua adolescenza nel modo in cui lei stessa aveva sempre desiderato, pur non potendo farlo, nemmeno fra un’apocalisse e l’altra.

Invece adesso si trovavano lì, in quella macchina, a fuggire di fronte ad una minaccia che Buffy sapeva di non poter affrontare, non senza perdere sua sorella e forse anche la propria vita. Non le era mai successo, finora. Qualunque fosse il suo nemico, per quanto invincibile le fosse sembrato all’inizio, lei aveva sempre trovato un modo per combatterlo e distruggerlo. Certo, la paura di perdere c’era sempre stata, in un angolo recondito del suo animo, ma era attenuata e in un certo senso annullata da un altro sentimento: la speranza. Fino a quel momento, l’aveva sempre tenuta nel suo cuore, e le aveva permesso di affrontare quei cosiddetti ’nemici invincibili’, uscendone vittoriosa.

Ora non sentiva alcuna speranza dentro di sé, ma solo una pesante, orribile consapevolezza di essere destinata a perdere. Non poteva battere una dea. Aveva provato e riprovato e lei l’aveva sempre sconfitta. Se non ci fosse stato quel camion, durante il loro ultimo scontro, adesso lei sarebbe morta, e sua sorella infilata in qualche serratura mistica.

Soltanto un’altra volta nella sua vita si era sentita così vuota e disperata, incapace di reagire, e cioè quando aveva sentito il signor Giles e Angel parlare della profezia riguardo a lei e al Maestro, il giorno che scoprì che sarebbe morta affrontandolo, a soli 16 anni. Ricordava la paura, le lacrime…la voglia di fuggire, chiedendo a sua madre di andare via, per allontanarsi da quel destino così ingiusto e orribile. Ma quella volta, la tentazione di scappare era stata scacciata, e lei aveva deciso di affrontare il Maestro, perché quello era il suo dovere, per quanto ingiusto, per quanto orribile.

Ed era morta.

Ma ora non poteva permettersi di rischiare, perché non c’era solo la sua vita in gioco. Se avesse fallito, avrebbe trascinato giù con sé anche sua sorella, che era ormai diventata tutta la sua famiglia, con la morte della madre e il completo allontanamento di suo padre. Non poteva permettere che le accadesse qualcosa. Così, per quanto umiliante, degradante, non degno di una guerriera, era scappata. Da Glory, dal pericolo…da tutto.

Per la milionesima volta si disse che era stata la scelta giusta, che non poteva fare altrimenti. In fondo, se anni prima fosse fuggita, invece di andare dal Maestro, non gli avrebbe mai permesso di risorgere, e non sarebbe morta. Sperava che anche stavolta fosse la cosa da fare, e non un disperato ultimo tentativo di sopravvivenza. Eppure, sembrava così poco convincente perfino nella sua stessa mente.

Sospirò di nuovo, impercettibilmente: non voleva che gli altri due si accorgessero del suo sconforto.

Era stata dura dover annunciare agli altri la sua decisione. I suoi amici riponevano in lei la massima fiducia, credevano che per l’ennesima volta avrebbe ideato un piano geniale che li avrebbe tirati fuori dal pericolo. I loro visi al suo annuncio di voler scappare sarebbero rimasti impressi a fuoco nella sua mente per sempre: sfiduciati, abbattuti, stanchi, tristi. Probabilmente ora Giles era deluso di lei, la riteneva un fallimento come Cacciatrice e come capo. Il pensiero le mandò una fitta dolorosa nel cuore già martoriato. Aveva suggerito che si dividessero per far perdere le loro tracce: insieme sarebbero stati un bersaglio troppo facile. Sapeva di metterli in pericolo agendo in quel modo, si sentiva terribilmente in colpa per questo. Però non doveva dimenticare che fra loro c’era una potentissima strega, Willow, finora l’unica che fosse riuscita a contrastare veramente Glory. Con la sua magia e la saggezza di Giles erano protetti. Almeno un po’. Inoltre, sperava che la dea non li prendesse di mira una volta scoperto che la sua preziosa Chiave non era con loro.

Sospirò. In ogni caso, i suoi amici potevano mettersi in contatto con lei in qualsiasi momento: mentre lei era andata a recuperare una macchina, il signor Giles aveva comprato un paio di telefoni cellulari; se ci fosse stata qualsiasi emergenza o novità l’avrebbero chiamata subito.

“Ci fermeremo da qualche parte per la notte?” sentì Dawn chiedere fiocamente da dietro le sue spalle, una lieve impronta del tono infantile nella voce. La guardò di nuovo attraverso lo specchio e riuscì a confezionare un sorriso migliore del precedente, sebbene non smagliante. Doveva tenere alto il morale, abbattersi non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.

“Non lo so, dipende da quanto arriviamo lontano.” Spiegò con voce dolce.        

“E dove siamo adesso?”

Buffy aprì la carta che stava usando per sventolarsi e aggrottò la fronte, scrutandola. Non era mai stata un granché come navigatrice, per quanto ne sapeva potevano essere in Madagascar. Fortunatamente, al suo fianco, Spike rispose per lei.

“Abbiamo superato Sunnydale da due ore, ormai. Non vedremo la prossima città prima di qualche giorno.” Borbottò, il solito tono duro e casuale. In sincerità, Buffy non aveva la minima idea di come potesse tener d’occhio i cartelli stradali e le altre macchine da quella fessura minima sul parabrezza, ma dopotutto, se se l’era cavata per tutti quegli anni viaggiando sempre in quel modo, non c’era motivo per cui dovesse sbagliarsi proprio quel giorno. Fissò il suo profilo, i capelli platinati, gli occhi nascosti dagli occhiali da sole, gli zigomi sporgenti. Sapeva che i suoi amici non approvavano il fatto che avesse scelto lui come ’autista’ per lei e sua sorella, conoscendolo, e fino a qualche giorno prima non le sarebbe passato nemmeno per l’anticamera del cervello. Insomma, quello era un assassino, un vampiro che aveva smesso di volere morti lei e tutti i suoi cari solo a causa del chip che aveva in testa. Non era come Angel, la cui anima gli permetteva di essere buono e di voler sinceramente espiare le sue colpe: Spike non era per niente pentito di tutto il male che aveva fatto, e di sicuro ne avrebbe fatto altro, se ne avesse avuto la possibilità. Questo lo rendeva un essere disgustoso e detestabile.

Eppure, nonostante tutto, Spike sembrava tenere davvero alla sua sorellina. E…sì, sebbene l’ammissione le causò un piccolo groppo in gola, anche a lei. Naturalmente, quando lui le aveva confessato di amarla, non gli aveva creduto. Come avrebbe potuto? Spike era un essere senz’anima, incapace di provare vero amore. Aveva sempre avuto una certa ossessione per lei, per ucciderla, e siccome adesso gli era impossibile, aveva tramutato il desiderio del suo sangue nel desiderio del suo…di qualcos’altro. Il pensiero le faceva venire i brividi. La sua era solo libidine, non poteva essere amore.

Ne era stata fermamente convinta sin dalla sua prima dichiarazione, tanto da non lasciargli finire nemmeno la frase, tanto era inorridita. Il fatto che poi lui l’avesse incatenata nella sua cripta non aveva fatto altro che rafforzare la sua idea: insomma, era disposto a farla uccidere dalla sua ex se non avesse ammesso di provare un minimo sentimento, e quella stessa sera aveva bevuto da un’innocente. Il sexy-robot era stata l’ennesima conferma che il suo era solo uno sporco desiderio carnale, e ancora adesso non era nemmeno in grado di immaginare le cose che lui si era fatto fare da quella sua gemella robotica. Le faceva venire la pelle d’oca solo a pensarci, quella cosa uguale a lei completamente sottomessa al suo volere, a ogni suo desiderio perverso. Quando l’aveva saputo, aveva all’istante deciso di ucciderlo, di picchiarlo fino allo sfinimento e poi ficcargli un paletto nel cuore, schifoso porco.

E fu allora che lui l’aveva sorpresa, in un modo piacevole e allo stesso tempo inquietante: vederlo disteso sulla sua bara, pieno di lividi e ferite, sapendo che era stato torturato per non aver rivelato l’identità di Dawn; sentire le sue parole nei suoi confronti, così cariche di affetto, di sincerità.

Se succedesse qualcosa a Dawn, lei ne sarebbe distrutta e io non potrei vivere sapendo che soffre. Lascerei che Glory mi uccidesse, prima. E ci è andata maledettamente vicina.

Non era qualcosa detto solo per impressionarla. Lui la credeva il suo robot, non c’era alcuna motivazione per cui dovesse fingere o mentire. L’aveva davvero colpita. Insomma, era ridotto proprio male: Glory doveva averlo sottoposto alle torture più atroci per farlo parlare. Chiunque al suo posto avrebbe spifferato tutto, specialmente dopo il modo in cui lei lo aveva trattato, ripudiando lui e i suoi sentimenti. Ma Spike era stato zitto, proteggendo lei e la sua sorellina, aveva sopportato un dolore che avrebbe fatto impazzire e capitolare chiunque altro. Per lei.

Baciarlo era stata una mossa istintiva, non ci aveva pensato su nemmeno un secondo. Aveva avuto un improvviso slancio di gratitudine e sì, forse anche di affetto, e subito aveva posato le proprie labbra sulle sue, in un bacio dolce e casto, a fior di labbra, che lui aveva ricambiato con altrettanta tenerezza, una cosa che non si sarebbe mai aspettata da lui. Era o no il giorno delle sorprese? L’aveva baciato, sentendo le sue labbra morbide contro le sue, mentre ricambiavano debolmente, avvertendo un lieve retrogusto di sangue. Aveva pensato di farlo solo per lui prima del contatto, e aveva continuato a essere convinta di averlo fatto solo per lui dopo. Ma durante…era stato diverso.

Le era piaciuto.

Sentì il calore salirle alle guance e scosse la testa, rifocalizzandosi sul nero deprimente del parabrezza: dannati vampiri con la loro ipersensibilità alla luce. Dannate le automobili con il condizionatore rotto. Dannato quel mondo schifoso dove si permetteva a demoni e mostri di vivere e a persone buone e meravigliose come Joyce Summers di morire per un maledetto aneurisma.

Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e le scacciò decisa, stringendo i denti: non poteva permettersi di piangere. Mai.

“Comunque dovremmo farla una sosta” insisté Dawn, con voce cauta, come se avesse paura che lei si arrabbiasse per averla contraddetta. Si era sporta leggermente in avanti.

“Prima o poi avremo bisogno del bagno, e magari di comprare qualcosa.”

“Se hai fame ho portato da mangiare, guarda nella borsa.” Disse Buffy in tono pratico.

“Briciola ha ragione, Cacciatrice.” Intervenne Spike, facendola sussultare. “Anche io avrò bisogno di una sosta, presto o tardi.”

“Devi andare in bagno anche tu?” Lo rimbeccò con voce scettica, inarcando un sopracciglio nella sua direzione.

“No”, borbottò lui “Ma non puoi pretendere che guidi 24 ore su 24 per giorni. E la macchina avrà bisogno di benzina”.

Non ci aveva pensato. Però l’idea che Glory potesse essere già alle sulle sue tracce, pronta a strapparle via la sorellina sotto il suo sguardo impotente, la terrorizzava. Scoccò una nuova occhiata a Dawn: anche lei doveva aver paura. Però, forse il fatto che lei e Spike la scortassero le dava conforto. Dopotutto, aveva sempre ammirato il vampiro platinato, e naturalmente riponeva la sua completa fiducia in lei. Era convinta che l’avrebbe protetta come sempre. Il pensiero le fece chiudere gli occhi, mentre le mani viaggiarono a massaggiarsi le tempie: si sentiva così stanca…

“Okay”, sospirò, aprendo gli occhi. “Stasera, dopo il calar del sole, possiamo fermarci ad un autogrill o qualcosa di simile”.

Dawn parve soddisfatta e tornò a poggiarsi contro lo schienale del sedile, serrando le palpebre come a voler dormire. Spike invece la fissò in tralice con le sopracciglia aggrottate per qualche secondo, prima di tornare a guardare davanti a sé. Buffy finse di non accorgersene, imitando la sorella e cercando di riposare un po’, sebbene sapesse che era impossibile. Cavoli, era passata un’eternità da quando aveva dormito davvero, in quel modo profondo e riposante che ti fa svegliare rilassata e di buonumore. Da quando quell’incubo era iniziato, i suoi sonni erano tormentati e leggeri, e la mattina si alzava sempre frastornata e ancora più stanca di quando si era coricata. Usciva più volte dal dormiveglia, e i suoi sogni erano costellati di immagini truculente e poco rassicuranti.

Anche ora, leggermente sballottata dal movimento dell’automobile, dietro le palpebre chiuse rivide il volto di sua madre, quando l’aveva trovata sul divano, il corpo immobile e pallido, gli occhi sbarrati e privi di vita, le labbra dischiuse nell’intento di pronunciare parole che nessuno avrebbe mai più udito. Si sentì di nuovo chiamarla, disperatamente, si rivide mentre, invece di soccorrerla, se ne stava lì imbambolata, a fissarla incredula. Di nuovo le labbra si strinsero cercando di reprimere le lacrime, e udì una voce chiederle se andava tutto bene. Per un attimo credette che provenisse da dentro la sua testa, poi si rese conto che veniva dal suo fianco.

Aprì gli occhi e assunse un’aria distaccata e tranquilla. “Sì, perché?”

Spike non rispose, ma si rabbuiò, continuando a guardare la strada. Buffy lo osservò per qualche istante, poi chiuse di nuovo gli occhi, cercando di pensare a qualcosa che la distraesse da quegli orribili ricordi. Come il momento in cui aveva chiesto al vampiro di accompagnarla nella sua fuga…

Era entrata cauta ma risoluta nella sua cripta, evitando come al solito di bussare. I suoi occhi avevano vagato per la stanza, e lui era riemerso da dietro la sua poltrona, con un’espressione di sorpresa sul volto. Aveva spento la tv, non prima che lei notasse che stava guardando una delle sue stupide telenovele, e aveva gettato il telecomando da parte, facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo, da capo a piedi e poi di nuovo al suo viso, le mani strette intorno alla cintura.

“Bene bene bene, guarda un po’ chi si rivede. Che succede, Cacciatrice?” Aveva chiesto, guardandola negli occhi. Lei aveva sostenuto il suo sguardo, esitando un momento nel parlare. Stava per chiedergli un favore. Beh, due, in effetti. Sperava che lui non facesse storie, dovevano muoversi il più velocemente possibile e non aveva tempo di fare i conti con il suo imprevedibile temperamento.

“Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.” Aveva detto seriamente, il solito tono freddo e calcolato. Lui aveva inarcato un sopracciglio, rendendo più evidente la cicatrice.

“Davvero? Di che si tratta?” Aveva domandato, con un mezzo sorriso. Evidentemente, il fatto che lei avesse bisogno del suo aiuto, di lui, gli faceva un immenso piacere. Anche considerando il fatto che qualche tempo prima gli aveva urlato in faccia con convinzione che una cosa del genere non sarebbe mai accaduta.

Era tentata di girare i tacchi e andarsene, ma sapeva che aveva davvero bisogno che l’aiutasse, così disse, invece:

“Mi serve un mezzo di trasporto, che sia veloce, pratico, almeno per tre persone, che possa percorrere lunghe distanze senza problemi, anche fuori mano.”

“Ti serve uno shuttle?” Aveva chiesto lui in tono divertito “Perché credo che la NASA...”

“Spike, non scherzare!” Lo aveva interrotto alzando un po’ la voce, che incrinandosi aveva tradito il suo sconforto interiore. Accorgendosene, Spike aveva sbattuto più volte che palpebre, diventando serio.

“Non ho niente del genere. La mia macchina non vincerebbe certo una gara di velocità. È…antica.” L’ultima cosa l’aveva detta con una punta di affetto. Buffy aveva sospirato, distogliendo lo sguardo da quello di lui. Stava per suggerire qualcosa di decisamente sbagliato, e sebbene sapesse consciamente che non poteva evitarlo e che era la cosa giusta da fare, inconsciamente non si sentiva a posto. Oh, al diavolo.

“Lo so che non la possiedi. Adesso, almeno.”

Ecco, l’aveva detto. Non lo stava guardando, ma poteva benissimo immaginare il suo viso contrarsi di nuovo in un’espressione di sorpresa quasi piacevole.

“Aspetta, Cacciatrice…” Aveva mormorato, evidentemente intrigato dall’idea. “…tu vuoi che la rubi?”

Aveva annuito, sempre fissando un punto imprecisato del pavimento. Non si era accorta nemmeno che lui si era avvicinato finché non aveva percepito il suo odore a pochi centimetri da lei, cuoio tabacco e alcool. Aveva alzato la testa e si era ritrovata riflessa in due occhi azzurri e intensi, il viso di lui a pochi centimetri dal proprio, le labbra che quasi si sfioravano. In un lampo le era tornato in mente il bacio che si erano scambiati, e altrettanto velocemente aveva scacciato quel pensiero, sentendo le guance accalorarsi. Arrossire di fronte a Spike. Brutta idea.

“Devi essere davvero nei casini, dolcezza.” Aveva pronunciato in un sussurro basso e caldo, che le aveva fatto venire i brividi lungo tutta la schiena. Aveva annuito di nuovo, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di lui, blu e scuri come l’oceano oltremare.

“Sì.” Un sospiro, più che una parola.

Gli aveva raccontato tutto, e lui era rimasto in silenzio, senza spostarsi dalla sua posizione, fissandola intensamente, come a volerle leggere dentro. Quando Buffy ebbe finito, vide la sua mano dirigersi cautamente verso di lei, come a voler accarezzarla o abbracciarla o fare qualunque cosa le desse coraggio. Ma poi era ricaduta sconfitta lungo il fianco di lui e Spike aveva detto:

“Posso procurarti la macchina stasera stessa, conosco il posto adatto.”

“Bene”.

Non gli aveva ancora chiesto il secondo favore, ma prima che potesse parlare il vampiro si era voltato, dirigendosi verso l’uscita della sua cripta e afferrando il cappotto di pelle.

“Se vuoi aspettami qui, in un paio d’ore dovrei essere di ritorno.” Aveva borbottato, mentre se lo infilava con il gesto fluido e pratico dell’abitudine.

“Aspettarti qui!?”  Non aveva potuto fare a meno di guardarsi intorno con una smorfia disgustata. “E cosa dovrei fare, nel frattempo? Contare le ragnatele?” Aveva aggrottato la fronte e lui le aveva sorriso in quel modo che le metteva i brividi.

“Non saprei, tesoro, ma se preferisci…” si era passato la lingua sui denti, famelico, facendo scorrere di nuovo lo sguardo sul suo corpo, soffermandosi sul rigonfiamento del seno sotto il golf, sui fianchi. “Posso restare qui e…intrattenerti”.     

“SPIKE!” Aveva gridato con voce disgustata e irritata, roteando gli occhi e ignorando la vera sensazione che gli avevano provocato le sue parole.  Il vampiro si era limitato a sghignazzare aprendo la porta della cripta per uscire.

Buffy ci aveva pensato su per qualche secondo, poi aveva mormorato un ’al diavolo’ e aveva seguito velocemente i suoi passi, cercando di assumere un’aria indifferente quando, vedendola al suo fianco, Spike aveva inarcato le sopracciglia con un sorriso allusivo. 

Sbuffò, aprendo gli occhi e passandosi una mano fra i capelli. Sapeva di aver fatto la scelta giusta, portandolo con sé, perché era un guerriero quasi al suo stesso livello e avrebbe potuto aiutarla contro Glory, in un eventuale scontro. Però, al di là delle sue qualità in combattimento, cominciava a conoscere Spike, il suo modo di ragionare, il suo carattere, ed era certa che non gli fosse sfuggito il fatto che si trovava a dover viaggiare solo con lei e Dawn, in posti sperduti. Né gli erano sfuggite le possibilità e le occasioni che la situazione gli regalava. Ne era sicura come era certa del suo nome, soprattutto dopo aver visto la scintilla che era balenata nei suoi occhi azzurri quando le aveva chiesto di accompagnarla.

Strinse le labbra, scoccandogli un’occhiata torva: beh, se Spike credeva di poter trarre vantaggio dalla sua posizione era totalmente fuori strada, per quanto fosse bravo a guidare. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era gestire la corte di un ex nemico mortale, quindi era decisa a scoraggiare qualsiasi tentativo di avvicinamento da parte di lui.

Non poteva certo immaginare che le cose sarebbero andate diversamente.

 

 

2. Sulla Strada del Nulla

 

Era da più di un anno che non si metteva in viaggio per un lungo percorso, esattamente dalla volta in cui aveva fatto una visitina a Angel per farsi ridare indietro la Gemma di Amara. Nonostante il fallimento della missione, doveva ammettere che si era divertito non poco a torturare quella femminuccia del suo Gransire. Sorrise diabolicamente al ricordo, affrettandosi a tornare serio per non attirare domande seccanti e inopportune dalla Cacciatrice seduta al suo fianco. Scoccò una rapida occhiata alla ragazza in questione, assorta completamente nei suoi pensieri che, a giudicare dalla tristezza che traspariva dai suoi occhi verdi, non erano affatto felici. I capelli erano stati legati dietro la nuca e lasciavano scoperto il collo candido e liscio, ad eccezione di una piccola cicatrice al lato di cui poteva facilmente immaginare l’origine. La camicetta era slacciata sopra, lasciando intravedere quel che bastava delle sue curve per far galoppare l’immaginazione. La pelle dorata era madida e bagnata, Spike seguì con gli occhi una goccia di sudore scivolare dalla curva del suo collo al petto, per poi scomparire nell’incavo fra i due seni. Si ritrovò senza volerlo ad immaginare cosa avrebbe provato a seguire lui stesso quel sentiero, la lingua che scorreva sensualmente sul corpo bollente di lei, e dovette riporre bruscamente l’attenzione sulla guida per placare la sua eccitazione ormai in crescita: se lei se ne fosse accorta, l’avrebbe buttato fuori dall’auto a calci in un secondo. Anche guardando la strada, però, non poteva ignorare il forte odore che emanava, un profumo delizioso, femminile, di vaniglia e sudore e calore. Il profumo di Buffy. Lo stesso che avrebbe sentito stando addosso a lei, nell’ora più buia della notte, pelle contro pelle…

La voce della piccoletta lo distrasse fortunatamente –o sfortunatamente, a seconda dei punti di vista- dai suoi pensieri. Non doveva dimenticare che quello non era un viaggio di piacere, sebbene avesse tutte le qualità per esserlo, una delle quali seduta accanto a lui. Erano partiti per proteggere Dawn da quella strega maledetta, e non si sarebbe mai permesso di metterla in pericolo. Nonostante tutto, la piccola gli piaceva, lo trattava con rispetto e ammirazione, a differenza di tutti gli altri della banda della Cacciatrice, che si rivolgevano a lui con disprezzo e aria di superiorità. Era una ragazzina a posto, e per molti aspetti gli ricordava Buffy: aveva la sua stessa determinazione, la stessa assoluta e seccante testardaggine.

Intervenne nella conversazione per comunicare alle sue due passeggere la loro posizione, quando si accorse che lo sguardo della Cacciatrice sulla carta era completamente perso nel vuoto, nonostante l’evidente impegno. Per lui che l’aveva vista e affrontata spesso in combattimento, assaggiando i suoi colpi forti e violenti, era difficile formulare un pensiero simile, ma doveva ammettere che con la fronte aggrottata, le ciocche bionde che le incorniciavano il viso e i denti che si mordicchiavano il labbro inferiore, era adorabile.

Spike appoggiò Dawn nella sua richiesta di fermarsi: una volta era esercitato a guidare per lunghe distanze, sempre in giro per il continente con la sua Dru, ma ora doveva riabituarsi ai ritmi. Era contento che alla fine Buffy avesse accettato, ma non poté fare a meno di notare il gesto di lei, il massaggiarsi le tempie con le dita: sembrava…esausta. Era stato un anno duro per lei, e poteva capire quanto fosse tesa e spaventata in quel momento. Di certo l’idea di fermarsi non la allettava per niente, con la minaccia che incombeva sulla sua e la testa della sorellina, doveva costarle un enorme sforzo emotivo. Spike notò preoccupato che era pallida quasi quanto lui, e aveva due profonde occhiaie intorno agli occhi, ora chiusi. Non aveva un aspetto sano: sembrava una ragazza stremata, che aveva visto e sopportato fin troppo tutto in una volta, e che non avrebbe resistito ad un altro duro colpo senza crollare. In quel momento, non somigliava per niente alla guerriera forte e coraggiosa che aveva conosciuto tre anni prima. Certo, quella specie di fatalità, quella stanchezza, c’erano sempre state sul suo volto, ma sembravano sempre sorrette e sconfitte dalla sua determinazione, dalla scintilla nei suoi occhi.

La scintilla che non riusciva più a scorgere in quel verde così intenso.

Le palpebre di lei si serrarono improvvisamente, mentre il labbro rosso fragola tremò leggermente come a voler reprimere le lacrime. “Tutto bene, dolcezza?”, chiese senza nemmeno accorgersene.

Buffy spalancò gli occhi all’istante, indossando immediatamente la sua maschera, nascondendogli tutte le tracce di debolezza che aveva scorto in lei. “Sì, perché?” Rispose come se nulla fosse.

Non replicò. Sarebbe stato inutile con lei, e comunque non voleva intraprendere un discorso del genere davanti alla piccoletta. 

Aveva avuto modo di osservare il comportamento di Buffy piuttosto spesso, da quando l’anno precedente aveva deciso di umiliarsi come non mai e aveva bussato alla porta dell’Osservatore in cerca di rifugio. Gli bruciava ancora, essere stato costretto a quell’atto estremo, ma da una parte, sin da quel giorno, aveva pensato che fosse una buona occasione per studiare la Cacciatrice. A quel tempo aveva creduto che gli sarebbe stato utile per ucciderla, una volta sbarazzatosi di quell’aggeggio che quei bastardi del governo gli avevano infilato nel cervello. Adesso, ammise a se stesso che l’idea di stare a contatto con lei l’aveva intrigato sin dall’inizio: di tutte le donne che aveva incontrato, vive o non-morte, non aveva mai conosciuto una con la sua grinta, la sua forza sia interiore che esteriore. Vederla combattere era un piacere immenso: si muoveva come un animale selvaggio, aggraziata e armoniosa ma allo stesso tempo feroce e fatale. Il modo in cui dimenava il suo corpo, all’apparenza così fragile e grazioso, sferrando pugni e calci con spietata bellezza, era estasiante. Nonostante l’avesse odiata con tutto se stesso in passato, l’aveva sempre ammirata come un valoroso avversario; e non poteva mentire a se stesso, ne era stato attratto quasi all’istante, vedendola ballare al Bronze, la sera in cui le disse che l’avrebbe uccisa. La sua luminosità, la sua energia, il modo in cui si agitava sensualmente a ritmo con la musica…

Ma c’era un’altra cosa che aveva avuto modo di notare a causa dei suoi forzati rapporti con la Cacciatrice: lei non si mostrava mai debole, di fronte a nessuno. Era disposta a caricarsi di tutte le responsabilità da sola, pur di non farle pesare ai suoi amici, non importava quanto sforzo e dolore le costasse. Era consapevole del suo ruolo di capo, di colonna portante del gruppo, e lo affrontava a viso aperto, senza riserve. Tenendosi tutto dentro.

Capiva quanto fosse difficile e stancante.

Avrebbe voluto che con lui si comportasse diversamente. Desiderava che lei si rivolgesse a lui quando aveva un problema, che si sentisse libera di piangere sulla sua spalla. In fondo, era una ragazza, aveva bisogno del sostegno di un uomo, e parlava di qualcuno forte quanto lei, non del soldatino scialbo, che non era mai stato in grado di capirla davvero. Spike sapeva di essere l’unico uomo davvero adatto a lei, e sperava che Buffy lo capisse presto. C’era sempre stato un legame, fra loro, che le piacesse o no: erano entrambi guerrieri valorosi, che potevano contare solo su loro stessi per vincere le loro battaglie. Spike era l’unico adatto a starle accanto, e lei aveva bisogno di lui. La prova era il fatto stesso che si trovasse lì. Non aveva chiesto all’Osservatore, o a Harris, o alla Rossa di accompagnarla. Ma a lui. E il ricordo gli faceva ancora affiorare un lieve sorriso sulle labbra.

Dopo essere irrotta nella sua cripta in tutto il suo splendore, i pantaloni di pelle attillati che le fasciavano le cosce e il sedere, il golf bianco che metteva in evidenza il seno, i capelli in una cascata bionda di riccioli morbidi sulle spalle, e averlo convinto a rubare una macchina –un qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di sentire dalla boccuccia di Buffy- aveva anche voluto accompagnarlo durante il furto. Non che gli dispiacesse sentire la sua presenza al proprio fianco, adorava ogni occasione di stare solo con lei, cosa piuttosto difficile, visto che era sempre attorniata dal suo fanclub di rompipalle. Però, aveva anche dovuto sopportare i suoi lamenti e le sue proteste, non altrettanto piacevoli.

“Non puoi rubare quella!” Aveva protestato, guardandolo storto con quell’occhiata velenosa firmata Buffy Summers.

“Per quale diavolo di motivo? È una porsche nuova di zecca! È quello che volevi, pratica, veloce, spaziosa…” Aveva replicato, lanciandole la sua occhiata velenosa, quella del Big Bad. Buffy aveva sbuffato, per nulla turbata.

“Secondo te, genio, a chi appartiene?”

“Che vuoi che ne sappia?? A qualche riccone…”

“Appunto.” Aveva sospirato, guardandolo intensamente con le sopracciglia inarcate, come se dovesse logicamente arrivare ad una conclusione. C’era stato qualche minuto di silenzio, in cui lui l’aveva fissata, confuso.

“Appunto che??” Aveva sbottato infine, stringendo i denti, sentendo crescere la collera. Lo stava trattando come uno stupido, la ragazzina. Buffy aveva alzato gli occhi al cielo, inspirando profondamente e mettendo così in evidenza il seno. 

“Rubiamo quella, e entro mezza giornata ci ritroviamo alle costole mezzo commissariato di polizia. E l’ultima cosa di cui ho bisogno è finire rinchiusa in galera!” Aveva spiegato, col tono paziente di chi cerca di far capire a un bambino cocciuto che non può mettere le mani nella presa della corrente. Spike aveva sentito la rabbia fluire via a poco a poco, rimpiazzata da un altro sentimento che l’aveva fatto sorridere, e aveva guardato la ragazza che gli stava di fronte inclinando la testa di lato. La Cacciatrice era rimasta interdetta per un attimo, sbattendo le lunghe ciglia coperte dal mascara, confusa.

“Beh? Che hai da guardarmi così?”

“Lo sai, Cacciatrice, parli come una delinquente abituata a questo genere di azioni.” Aveva detto lentamente, squadrandola divertito da capo a piedi e sorridendo ancora di più quando la vide arrossire. “E ora che ci penso, anche quando ero venuto a cercarti per l’alleanza contro Angelus avevi gli sbirri alle calcagna. Non è che…” Aveva insinuato, avvicinandosi al suo viso per sussurrarle all’orecchio, approfittandone per annusare avidamente  il profumo dolce dei suoi capelli, chiudendo gli occhi. “…c’è qualcosa che non mi hai detto, tesoro?”

Buffy l’aveva spinto via, tornando a fissarlo torva, senza riuscire però a nascondere il rossore che adesso spadroneggiava sulle sue guance.

“Piantala di fare l’idiota e cerca un’altra macchina.” Aveva ordinato, le mani sui fianchi, riacquistando la compostezza e la decisione. Lui non aveva potuto fare a meno di continuare a ridere anche dopo aver ripreso la ricerca. Adorava prenderla in giro, vedere le sue guance imporporate, gli occhi verdi sgranati…diventava ancora più bella.

Alla fine, avevano trovato la macchina giusta, una Cherokee non troppo nuova, ma pratica e veloce per le lunghe distanze. Certo, aveva avuto qualche difficoltà a metterla in moto, ma in oltre un secolo Spike si era abituato ad arrangiarsi anche nelle situazioni più critiche. Diavolo, aveva sconfitto e ucciso ben due cacciatrici, cos’era al confronto unire un paio di fili per far funzionare quella carretta? Così ci era riuscito, dopo qualche tentativo, nonostante i commenti seccanti e sarcastici della ragazza che lo accompagnava. Poi erano entrati entrambi in macchina, e Spike si era sentito seccato e decisamente abbattuto che la loro ’avventura’ insieme fosse finita così presto. Se Buffy stava per partire, non l’avrebbe rivista chissà per quanto tempo, e la cosa lo colpiva dolorosamente. Comunque, aveva nascosto i suoi sentimenti, pronunciando la frase seguente con la solita noncuranza e freddezza.

“Allora? Qual è la prossima fermata? La casa dell’Osservatore? Il Magic Shop? O la cantina di Harris?”

“Per tua informazione, Xander non abita più nella cantina dei suoi genitori!” Aveva replicato lei secca, poi era seguito quasi un minuto di silenzio, e Spike l’aveva guardata aggrottando la fronte: aveva le labbra strette, lo sguardo fisso sulle sue mani…insomma, l’aria di chi stava faticosamente convincendo se stessa a fare qualcosa. Infatti poco dopo Buffy aveva chiuso gli occhi e sospirato, riaprendoli per fissarli nei suoi, determinata come al solito.

“Ci serve della vernice nera.” Aveva detto, e Spike aveva inarcato un sopracciglio, cominciando a sospettare qualcosa che gli aveva fatto crescere un barlume di speranza, se non di gioia pura e semplice. Nonostante ciò, aveva replicato ingenuamente, non lasciandosi sfuggire l’occasione per stuzzicarla.

“Dolcezza, se non ti piaceva il colore della macchina, potevi dirlo subito, ne avremmo cercata un’altra.”

“O del catrame, non so cosa usate per annerire i finestrini.” Aveva continuato lei, ignorandolo. Spike si era costretto a reprimere il sorriso che gli stava affiorando alle labbra. “E perché?”

Buffy aveva sbuffato, lanciandogli l’ennesima occhiataccia.

“Oh, hai capito benissimo, Spike.”

“Non saprei.” Aveva replicato, stavolta sorridendole diabolicamente e abbassando il tono di voce in un sussurro provocante. “Dimmelo tu.”

La Cacciatrice lo aveva fissato per qualche secondo con rabbia, poi si era calmata con un respiro profondo, rassegnandosi. Probabilmente aveva capito che continuando così sarebbero andati avanti fino all’alba.

“Devi venire con noi, Spike. Con me e Dawnie.” Aveva detto, non col tono autoritario dell’ordine, ma con il suono morbido della richiesta, la voce quasi un sospiro. Mentre parlava aveva abbassato gli occhi, e ora si era rifocalizzata su di lui, gli occhi che brillavano di verde:

“Sei l’unico oltre a me in grado di combattere Glory”.

L’aveva guardata, e ogni intenzione di continuare a prenderla in giro era completamente evaporata: Buffy era sembrata così sconfitta e stanca, e in un attimo Spike si era reso conto di quanto fossero vecchi i suoi occhi, e del contrasto accecante fra essi e il suo viso di ventenne. Non aveva mai scorto uno sguardo simile negli occhi di una ragazza così giovane: era lo sguardo di qualcuno che era stato costretto a crescere troppo in fretta, e che ne aveva viste tante, troppe, in tutta la sua vita. Stanchezza unita alla consapevolezza che non sarebbe mai finita.

La considerazione gli aveva fatto stringere il petto dolorosamente, e in quel momento tutto ciò che aveva desiderato era stato prenderla fra le braccia e stringerla a sé per tutta la notte, mandando al diavolo tutto il resto, cullandola e rassicurandola, cercando di cancellare quello sguardo dai suoi occhi, prendendosi cura di lei per sempre in modo che potesse smettere di preoccuparsi del mondo e vivesse la vita felice che si meritava.

Avrebbe voluto farlo con tutto se stesso.

Ma non poteva, e non solo perché Buffy non gliel’avrebbe permesso. Soprattutto perché là fuori c’era un’altra persona che si meritava protezione, e che in nessun modo si sarebbe permesso di abbandonare.

Così aveva annuito solamente, reprimendo a fatica il suo istinto ad abbracciarla, e aveva ingranato la marcia, dirigendosi verso la sua cripta per sistemare la macchina.

Ed ora si trovava lì, insieme alla donna che amava e alla sua sorellina, a viaggiare su quella strada verso il nulla. Sapeva che Buffy contava su di lui, ed era deciso a non deluderla: se la troia maledetta li avesse trovati, si sarebbe battuto con tutta la forza che aveva pur di impedirle di catturare Dawn. E naturalmente, se Buffy avesse avuto bisogno anche di un sostegno morale, non gliel’avrebbe certo negato.

A differenza di ciò che poteva pensare l’idiota di Harris, non era un mostro.

 

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Willow accarezzava teneramente i capelli di Tara, guardandola con tutto l’amore che sentiva nel cuore, mentre lei giocava sorridente con uno dei lacci del pullover, apparentemente felice. Ma lei sapeva quanto la vera Tara stesse soffrendo, rinchiusa in quell’involucro buio incapace di uscirne, e ogni volta che ci pensava, praticamente quasi ogni minuto, il cuore le si stringeva in una morsa dolorosa e ogni momento in più era un pezzo di esso che si lacerava sanguinando. Avrebbe voluto aiutarla. Non poteva fare a meno di pensare che se fosse andata a quella maledetta fiera con lei, invece di lasciarla sola per quella stupida litigata, avrebbe potuto salvarla. Invece, l’aveva abbandonata a se stessa, alla mercé di Glory, e non era stata in grado di formulare l’incantesimo giusto nemmeno quando si era ritrovata a pochi centimetri da loro.

Se solo fosse stata più svelta, più reattiva…

Se solo fosse stata al suo fianco per proteggerla…

Ora Tara sarebbe ancora lì con lei, le sorriderebbe con quel suo sorriso dolce e unico che le regalava calore e speranza, le parlerebbe con quella sua voce così tenera e delicata, rassicurandola, e ognuna di loro avrebbe avuto l’altra a cui sorreggersi.

Invece erano entrambe sole con il proprio dolore, in quell’oscurità che sembrava non aver mai fine.

“Allora, quand’è che arriviamo?” Proruppe Anya, strappandola ai suoi pensieri. In un certo senso le fu grata, cominciava a sentire le lacrime premere agli angoli degli occhi.

Quando nessuno le rispose, Anya insisté: “Non è quello che chiedono i bambini viziati durante un viaggio?”

Il signor Giles sospirò impercettibilmente, concentrandosi sulla strada e ignorandola, Xander sembrava profondamente intento in qualcosa e, a giudicare dal colore verdastro che cominciava a comparire sulla sua faccia, Willow dedusse che si stesse impegnando per non dare di stomaco. Non se ne stupì, era sempre stato sensibile a viaggiare in auto per lunghe distanze: ricordava molti episodi di quel genere accaduti alle elementari, durante le gite scolastiche.

Anya sbuffò seccata, e allungò la mano per accendere la radio. Giles le lanciò un’occhiata fra l’esasperato e l’arrabbiato, e lei gli restituì lo stesso sguardo.

“Che c’è? È risaputo che quando si viaggia si sente la musica!”

“Anya, tesoro, questo non è un viaggio di piacere”. S’intromise Xander, e sembrava che avesse un rospo in gola. Willow gli diede una leggera pacca sulle spalle, sorridendogli dolcemente.

“Posso sapere almeno dove stiamo andando?” Continuò Anya imperterrita.

“Il più lontano possibile. Buffy ha detto che dobbiamo far perdere le nostre tracce”. Rispose Giles cupo, aggrottando la fronte. Willow aveva l’impressione che l’idea della sua migliore amica non gli piacesse granché, soprattutto considerando il fatto che aveva deciso di portare Spike con sé, ma che non volesse darlo a vedere. Stessa cosa si poteva dire per Xander. Il loro disprezzo per il vampiro era storia vecchia, ormai.

Per quanto riguardava lei, poteva capire come si sentisse Buffy in quel momento. Non era la prima volta che si trovavano in un grave pericolo, ma non era mai successo che lei fosse così totalmente priva di speranze da decidere di fuggire. Doveva essere stato frustrante, per Buffy, prendere quella decisione e poi seguirla. L’aveva capito guardandola mentre illustrava loro la sua idea: sotto la scorza decisa e fredda della Cacciatrice, aveva visto l’insicurezza, la sconfitta.

Ma anche la decisione di non arrendersi.

Spike era l’unico di loro abbastanza forte per combattere. Nessuna sorpresa che avesse voluto averlo al suo fianco, approvava la sua scelta. In fondo, il vampiro aveva già dimostrato di tenere davvero a Dawn e Buffy, in più di un’occasione durante quell’ultimo anno. Si augurava che potessero restare lontani dalle grinfie di Glory abbastanza a lungo.

Sospirò. Tara stava cominciando ad agitarsi, schiacciando il viso contro il finestrino e colpendolo con i pugni, sentendosi intrappolata. La prese fra le braccia e la cullò un po’, cercando di calmarla, sussurrandole all’orecchio che andava tutto bene e posandole un tenero bacio sulla tempia.

Si augurava anche che tutti loro riuscissero a sopravvivere, stando lontani a loro volta dalla dea. Ma in un angolo recondito del suo animo, senza che lei potesse ben accettarlo, c’era un altro sentimento.

La speranza.

Di fronteggiare di nuovo Glory, di fargliela pagare per ciò che aveva fatto a Tara, di trovare un rimedio alla sua follia.

Perché stavolta, Glory l’avrebbe trovata preparata.

 

 

3. Cose Cattive (Bad Things)

 

“Dawnie, resta in un posto dove ti posso vedere!” Buffy ammonì sua sorella, che si addentrava fra gli scaffali pieni di dolci e snack, la testa bruna che si confondeva con quella di altri avventori dell’autogrill, per lo più camionisti e autisti di pullman.

“Sì!” rispose noncurante Dawn, prendendo in mano una scatola di biscotti al cioccolato ed esaminandola con sguardo avido. Buffy sospirò, ma dentro di sé si sentì un po’ meglio: quella era la sorella che conosceva, viziata e spensierata, le piaceva vederla così. Capiva bene cosa significava essere poco più di una bambina e dover affrontare concretamente l’idea della propria morte, e non era una bella esperienza. Per di più, almeno lei aveva avuto i suoi poteri di Cacciatrice, la sua superforza, ad incoraggiarla. Dawn invece era una semplice ragazzina di 14 anni senza alcun potere speciale per difendersi.

“Ho fatto il pieno all’auto.” Una voce profonda e un respiro freddo sul collo la fecero sussultare e si voltò, incontrando un paio di occhi blu intensi concentrati nei suoi.

“Bene”. Rispose, non volendo dargli a vedere di averla colta di sorpresa alle spalle. Una delle regole sacre della professione era: mai far capire ad un vampiro di averti colta impreparata.

“Quanto credi che ci vorrà per arrivare alla prossima città?” Si informò, rivolgendo lo sguardo a sua sorella, che ora ammirava una confezione di merendine farcite alla crema con un sorrisetto famelico sulle labbra.

“Ora che è buio posso guidare molto più velocemente. Se viaggiamo per tutta la notte, credo che entro un paio di giorni dovremmo essere arrivati.” Rispose Spike dietro di lei.

“Bene. In una grande città, dovrebbe essere più difficile per Glory trovarci.” Concluse, passandosi una mano fra i capelli biondi, che ora ricadevano sciolti sulle sue spalle, leggermente bagnati. Quando lei e sua sorella erano andate in bagno, mentre Spike metteva benzina, ne aveva approfittato per darsi una rinfrescata, e adesso si sentiva decisamente meglio, con una maglietta pulita e senza la brutta sensazione del sudore appiccicoso sulla pelle.

Dawn trotterellò verso di loro, in mano la confezione di merendine che ammirava prima, e le sorrise. “Posso prendere queste?” domandò, con la voce tanto lamentosa quanto dolce che ogni bambina del pianeta deve imparare a saper padroneggiare. Buffy sospirò e annuì, guadagnandosi un fugace abbraccio prima che sua sorella si dirigesse verso la cassa, mettendosi in fila.

Ad un tratto il suo sguardo fu calamitato da una coppia davanti agli scaffali degli alcolici. L’uomo stava palesemente cercando di sedurre la fanciulla, sorridendole lascivamente e sussurrandole all’orecchio, mentre le mani scivolavano lungo la coscia fino al fondoschiena fasciato da una minigonna nera di pelle. La ragazza non sembrava lamentarsi né essere spaventata, nonostante l’omone fosse il doppio di lei, sia in stazza che in età. Anzi, gli sorrise complice, lo baciò fugace sulle labbra e gli fece segno di seguirlo, ancheggiando in direzione dell’uscita sui tacchi alti. Naturalmente, l’uomo non se lo fece ripetere due volte.

“Resta qui. Vi aspetto fuori”. Ordinò a Spike, che seguendo il suo sguardo capì e annuì senza obiezioni.

Una volta fuori, accolse con un respiro di sollievo la sferzata di aria fresca che le accarezzò il viso, e inspirò per qualche secondo a pieni polmoni, gli occhi chiusi, prima di concentrarsi sul lavoro. Scorse i due che si dirigevano sul retro del negozio e li seguì, estraendo dalla cintura il paletto.

Lo portava sempre con sé. Non sapeva bene perché, ma stringerlo in mano, sentire il freddo ruvido del legno contro la pelle, la faceva sentire sicura, senza paura di niente e nessuno. Era come se quella semplice asta appuntita le ricordasse chi era, una guerriera invincibile, destinata a salvare il mondo, forte e coraggiosa. Ricordava che una volta aveva provato a spiegarlo a Angel, senza riuscirci. Nonostante la loro intimità, il loro rapporto, quella era una sensazione personale, non poteva condividerla con nessuno. Soprattutto con un vampiro per cui il paletto era simbolo solo di morte.

Svoltò l’angolo e scorse nel buio i due, avvinghiati l’una all’altro, ma non nel modo in cui lui avrebbe voluto. I lineamenti prima bellissimi della ragazza si erano deformati, il suo viso era affondato nel collo dell’uomo, che gemeva impotente e dolorante, i capelli rossi di lei che gli coprivano il viso.

“Ehi, che sta succedendo qui?” domandò inquisitoria, il paletto nascosto nella mano dietro la schiena. La vampira alzò la testa, fermando il suo assalto, mentre un rivolo di sangue le colò dalle labbra fino al mento. L’uomo cercò di scrollarsela di dosso, sempre gemendo, ma la presa di lei era troppo forte. “Aiutami, ti prego” mormorò in un lamento, guardandola impotente con le lacrime agli occhi. E dire che sembrava un omaccione così spavaldo, poco prima.

“Va’ via, ragazzina, e forse ti risparmio.” Replicò la rossa, chinandosi di nuovo per affondare i denti nel collo del camionista. Con un balzo, Buffy fu davanti a loro, la afferrò per il collo con una stretta decisa e la scaraventò contro il muro, costringendola a mollare la presa. L’uomo si rannicchiò per terra, piangendo e gemendo, la vampira sgranò gli occhi gialli e la fissò, immobile.

“Tu sei la Cacciatrice.” Sibilò, la paura che cominciava ad affiorare.

“Sì, mi hanno detto qualcosa del genere”. Confermò Buffy in tono amabile, avanzando verso di lei col paletto pronto. La vampira cercò di sferrarle un calcio che lei schivò, e poi un pugno, ma Buffy lo bloccò e approfittò della presa per scaraventarla a terra, mettendosi a cavalcioni su di lei e ficcandole decisa con un gesto preciso il paletto nel cuore attraverso la schiena. Le sue ginocchia toccarono terra con un tonfo quando la vampira si trasformò in polvere.

Si alzò, spolverandosi i pantaloni di pelle con noncuranza, e lanciò un’occhiata a metà fra il dispiacere e la pietà all’uomo accoccolato per terra. “È tutto finito, stia tranquillo”. Disse, e i singhiozzi di lui si placarono un po’, senza cessare del tutto.

Lo lasciò al suo dramma e si diresse verso l’entrata dell’autogrill, quando un altro vampiro le bloccò la strada, le zanne scoperte dalle labbra tese in un ringhio, gli occhi gialli puntati in  quelli verdi di lei.

“Hai ucciso la mia Childe, Cacciatrice.” Ruggì, mettendosi in posizione di attacco. “Me la pagherai. Bada, era la sua prima volta, ma non la mia. E…” il ringhio si trasformò in un ghigno. “…nemmeno la loro.”   

In un attimo, fu accerchiata da un gruppo di altri quattro. Buffy sospirò, seccata: si era appena cambiata la maglietta e stava per sudare di nuovo.

Dannati vampiri.

 

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Spike osservò la Cacciatrice uscire dall’autogrill, i capelli dorati che ondeggiavano fluenti dietro la schiena ad ogni suo movimento, i pantaloni attillati che mettevano in risalto la curva appetitosa delle natiche e la maglietta aderente che seguiva ogni suo movimento mentre avanzava decisa nell’oscurità. Di certo non avrebbe avuto bisogno del suo aiuto contro una sola vampira, quindi si diresse tranquillo verso Dawn, che ormai era arrivata alla cassa, la osservò pagare e ne approfittò per comprare a sua volta un pacchetto di sigarette, che il venditore teneva dietro il banco.

“Dov’è andata Buffy?” chiese la piccoletta, guardandosi intorno mentre lui porgeva una banconota spiegazzata al commesso, che lo guardava con sospetto e disapprovazione, indugiando sui suoi capelli. 

“Al lavoro.” Infilò il pacchetto in tasca e si mosse, seguito da lei. Ma quando passarono attraverso i pannelli posizionati ai lati dell’uscita, quelli si misero a suonare.

“Bloody Hell” mormorò, mentre i clienti si voltavano curiosi verso di loro, e il commesso aggrottava la fronte, abbandonando il suo posto dietro il banco e dirigendosi verso di loro torvo. Accanto a lui, percepì la piccoletta irrigidirsi, il cuore che le batteva forte.

“Le dispiace vuotare le tasche?” Gli chiese il commesso in tono tutt’altro che amichevole. Spike si incupì.

“Certo che mi dispiace.” Replicò, e mentre si voltava per uscire l’uomo gli strinse una mano intorno al braccio, fermandolo. Il demone dentro di lui ringhiò rabbioso e Spike non poté fare a meno di pensare che se avesse potuto avrebbe sgozzato quel mentecatto in un secondo, restando a guardare compiaciuto mentre agonizzava in una pozza di sangue. Non si sarebbe degnato nemmeno di berlo.

“Vuoti le tasche, o chiamo la polizia”. Lo minacciò, con un’occhiata che doveva ritenere minacciosa. Ma a Spike non fece alcun effetto, e sfoderò invece il suo sorriso tutto crudeltà e perfidia,  guardandolo con gli occhi che luccicavano in modo temibile, con il riflesso ambrato del demone assetato di sangue che dimorava dentro di lui. Funzionò, perché il commesso lasciò la presa sul suo braccio e indietreggiò, cercando comunque di rimanere deciso.

“Senta, facciamo così: lei tira fuori qualsiasi cosa abbia preso, la paga, e farò finta che non sia successo niente. Non la denuncerò, non chiamerò la polizia. Deve solo pagare ciò che ha preso. Mi sembra una buona soluzione.” Insisté. Spike poteva fiutare perfettamente l’odore della sua paura, e ne era inebriato: il tizio non gli era piaciuto fin dal momento in cui lo aveva osservato come se fosse una qualche specie di rifiuto della società, e vedendolo arrossire e sudare copiosamente si sentì soddisfatto e appagato. Tuttavia, doveva ammettere che il grassone aveva fegato.

“Sentimi bene, palla di lardo, non ho intenzione di vuotare le tasche, perché non ho rubato niente. Sta’ sicuro che se avessi voluto prendere qualcosa da questa bettola te ne saresti accorto…” il sorriso diabolico s’intensificò, e il resto lo disse in un sussurro freddo e spaventoso “…ma non te ne saresti preoccupato, te l’assicuro. Saresti stato troppo impegnato a soffrire per le tue ferite. A urlare”.

Afferrò la maniglia della porta, che era di metallo, e la strinse forte fino a piegarla, in modo che solo il grassone vedesse. 

Il commesso impallidì di colpo, diventando cadaverico, lo sguardo fisso sul metallo che era stato piegato come se fosse di carta. L’odore della sua paura adesso era così forte e intenso che gli dava alla testa, il demone che lottava furiosamente per uscire. Se solo avesse potuto…

“I-io chiamerò la p-polizia” Balbettò il venditore, la voce acuta e tremante.

“Non lo farai.” Replicò Spike in un mormorio lento, il luccichio crudele stabile nei suoi occhi blu.

“P-perché no?”

“Perché sai che se lo fai…” Spezzò del tutto la maniglia, senza staccare gli occhi di dosso all’uomo “…io tornerò.”.

Fece cadere l’oggetto nelle sue mani, e si voltò per andarsene. Stavolta nessuna stretta lo costrinse a fermarsi, e accanto a lui sentì Dawn esclamare: “Wow!! Sei stato grandioso!!” Si voltò verso di lei, lo fissava con gli occhioni azzurri che luccicavano di ammirazione, rossa in viso, il sorriso sulle labbra. Accidenti, si era totalmente dimenticato della piccoletta per tutto il suo confronto col commesso. “Quasi spaventavi anche me!! Eri terrificante, ma come hai fatto??”

“Anni di pratica, dolcezza”. Replicò, e non poteva negare che tutta quella ammirazione e quelle occhiate estasiate gli facevano davvero piacere. Se solo anche l’altra ragazza Summers gli avesse rivolto quello sguardo…

“Ma adesso dimmi: per che cosa ho dovuto esibirmi là dentro?” Le chiese Spike, un sopracciglio inarcato. “Non che non mi sia divertito, ma sai, sarebbe piacevole scoprire se ne è valsa la pena.”

Lei lo guardò impallidendo di colpo. “C-che vuoi dire?” Replicò, con un tono innocente per nulla persuasivo. Il vampiro sospirò:

“Non c’è bisogno che fai la commedia con me. Avanti, dimmi cosa hai preso.”

Dawn sembrò profondamente indecisa per qualche attimo, poi infilò timidamente la mano tremante nella tasca del giacchetto rosa e ne estrasse un CD, le guance in fiamme.

“I-io non intendevo…cioè, mi piaceva ma…”

Spike rise: “Ti stai giustificando con me? Ti rendi conto di chi sono io, piccola?” le chiese divertito. Dawn lo guardò un pochino risollevata:

“Lo dirai a Buffy?” sussurrò con un fil di voce, la paura negli occhi. In quel momento, realizzò lui, sembrava dieci anni più piccola.

Il vampiro ci pensò su un attimo: “Sarebbe la cosa giusta da fare…” disse in un mormorio profondo, mentre lei impallidiva. “…ma noi mascalzoni non facciamo mai la cosa giusta, dico bene?” Le sorrise e lei lo ricambiò, gli occhi che luccicavano. “Grazie Spike! Prometto che…”

“Non promettere.” La ammonì lui, improvvisamente più brusco. “Non a me. E se proprio non ci riesci, sta’ più attenta, la prossima volta”.

Raggiunsero il parcheggio, ma Buffy non era vicino alla macchina. Possibile che le ci volesse tutto quel tempo per impalettare una sola vampira?

No. Conosceva bene quella Cacciatrice. Avrebbe già dovuto essere di ritorno.

“Resta vicino a me”. Ordinò a Dawn, che assunse un’aria preoccupata. “Che succede?”

“Fa’ come ti ho detto.” Ripeté, dirigendosi verso il retro dell’edificio, seguendo l’odore di Buffy ancora forte nell’aria, la piccoletta alle calcagna. Svoltò l’angolo e finalmente la vide, intenta ad un combattimento contro un gruppo di vampiri: si muoveva con agilità e grazia, sferrando colpi con una ferocia incredibile per una ragazza di quella corporatura, tenendo testa a tutti e cinque. Spike non poté fare a meno di ammirare con un sorriso compiaciuto quella fiera bellezza mentre combatteva senza riserve, muovendo ogni parte del suo corpo con grande armonia e forza, ora tirando un pugno, ora sferrando un calcio in aria, ora rialzandosi con uno scatto di reni, i capelli che ondeggiando accompagnavano ogni suo movimento. Era un vero spettacolo, vederla in azione; avrebbe voluto poter lui stesso ballare con lei per tutta la notte, avvertire il suo corpo agitarsi contro il proprio, l’odore del sudore misto al sangue che pompava violento nelle vene, carico di adrenalina…

Perso nella contemplazione di lei e della lotta quasi sobbalzò quando sentì una voce dietro di lui chiedere allarmata: “Non l’aiuti?”

“Se sarà necessario, piccola.” Replicò, il sorriso sempre più estasiato mentre ammirava Buffy in tutto il suo splendore.

“Ma ne dubito. Ne dubito fortemente”.

 

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Buffy schivò l’ennesimo calcio da parte di uno dei vampiri, l’adrenalina che pompava nelle sue vene. Non aveva avuto un combattimento del genere da moltissimo tempo, e tutto il suo corpo stava reagendo sfoderando un’energia e una grinta senza pari: ogni pugno che sferrava, ogni calcio che tirava, ogni volta che colpiva l’avversario era come se qualcosa esplodesse dentro di lei, un misto di euforia e furore che le conferivano vigore e forza, facendola sentire di nuovo potente, di nuovo la Cacciatrice temuta da tutti, l’eroina invincibile, e non più la patetica fuggitiva. 

Due di loro la presero per le spalle per bloccarla e dare modo ad un terzo di colpirla, ma prima che il vampiro davanti a lei riuscisse a toccarla sfruttò il sostegno datole dai due per saltare e sferrare un calcio con entrambi i piedi al tizio che le stava di fronte, che fu scagliato contro il muro e si afflosciò a terra con un gemito. I due vampiri che la tenevano, colti alla sprovvista da quella mossa, allentarono la presa, e Buffy ne approfittò per scrollarseli di dosso e far scontrare le loro teste. Dopodiché usò il paletto prima contro uno, poi contro l’altro, lanciandosi contro un terzo vampiro ancor prima che quelli divenissero polvere. Combatté con lui, quando uno le venne alle spalle cercando di colpirla con una spranga di ferro, ma si abbassò appena in tempo e il colpo andò a vuoto, mentre con un calcio faceva cadere a terra l’assalitore. Purtroppo però l’altro riuscì a darle un calcio in pieno stomaco e Buffy gemette, stringendo i denti e raccogliendo la spranga di ferro caduta per colpirlo alle ginocchia. Si alzò con uno scatto di reni, spingendo il paletto nel petto di uno dei due, poi colpì l’altro con un calcio potente, facendolo barcollare all’indietro, gli sferrò un pugno che lui schivò distraendosi però dall’altra mano, che gli infilò l’asta di legno nel cuore. L’aria ormai era pregna delle ceneri dei quattro vampiri. Buffy si voltò verso l’ultimo, quello che aveva scaraventato al muro, con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo minaccioso, alcune ciocche bionde che le andavano sugli occhi, il petto che si alzava e abbassava velocemente. Si accorse che l’ultimo rimasto era proprio il Sire della rossa, e le venne da sorridere. Quello la guardò spaventato, tornando alle fattezze umane e affettando un sorriso che gli uscì molto poco convincente.

“Ehm, okay, direi che hai ucciso abbastanza di noi per stasera…che ne dici di…lasciarmi stare?”

Buffy gli si avvicinò lentamente, il sorriso sempre sulle labbra rosse, rigirandosi il paletto fra le mani, i tacchi delle scarpe che risuonavano sordi per il viottolo deserto. “Non posso, sai come si dice…” scrollò le spalle, preparandosi a ucciderlo “…questione di ruoli.” Il vampiro fece un ultimo disperato tentativo di sottrarsi alla morte, tirandole un pugno, ma lei lo schivò e prima che lui potesse rendersene conto la punta del paletto gli aveva perforato il cuore. Buffy guardò con disinteresse la polvere che si depositava sul marciapiede, e si infilò di nuovo il paletto nella cintura, accorgendosi solo ora del sudore che cominciava a formarsi sul collo e il torso. Mentre si passava una mano fra i capelli spettinati per rimetterli in ordine, udì un applauso non lontano da lei e si voltò di scatto, assumendo un’aria infastidita quando Spike emerse dalle ombre, il solito sorriso seccante sulle labbra, battendo le mani in un infallibile effetto di déjà-vu.

 “Ottimo lavoro, dolcezza.” Si congratulò, annuendo soddisfatto. Di che cosa fosse soddisfatto esattamente Buffy non ne aveva idea. Gli lanciò la solita occhiataccia, sbuffando.

 “Non ti aspetterai che ti chieda chi sei, spero. Non ho intenzione di ripercorrere il viale dei ricordi stasera, Spike.”

“Ma di che parli? Quali ricordi?” Solo allora Buffy si accorse della presenza di Dawn dietro le spalle del vampiro. Guardava dall’uno all’altra perplessa, i lunghi capelli castani di nuovo lasciati liberi che le incorniciavano il viso.

“Niente”, le rispose, decisa a chiudere la discussione. Purtroppo, contemporaneamente Spike si era rivolto verso la sorellina sempre con lo stesso sorriso.

“Big sis si riferiva al nostro primo incontro. È così che l’ho conosciuta.”

“Credevo che allora volessi ucciderla.” Ribatté Dawn, poco convinta.

“Sì, è per questo che la osservavo in combattimento.”

“E adesso perché la osservi?” Insisté sua sorella, e Buffy si sentì un po’ a disagio al pensiero che Spike l’avesse fissata per tutto quel tempo. Prima di rispondere, il vampiro le lanciò un’occhiata, un luccichio lascivo negli occhi.

“Per altri motivi.” Disse solamente, in un sussurro provocante, facendo scorrere la lingua sui denti e lo sguardo sul suo corpo in quel modo che la faceva sentire nuda sotto il suo scrutinio, nonostante gli indumenti.

Era una cosa che la metteva profondamente a disagio, facendola rabbrividire, ma che allo stesso tempo le scatenava una forte sensazione di calore e formicolio nel basso ventre. Sentì le guance avvampare e distolse lo sguardo, decisa a riprendere il controllo della situazione.

“Basta chiacchiere. Dobbiamo rimetterci in viaggio.” Esclamò, col suo solito tono autoritario, cercando di nascondere il rossore. Si diresse a passi decisi verso l’automobile, ignorando il ghigno apparso sul viso di Spike.

Come aveva detto?

Dannati vampiri.

 

 

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“Come sarebbe a dire che la Cacciatrice è scomparsa?” Tuonò Glory, prendendo per la toga uno dei suoi servi e scrollandolo violentemente. “Dov’è andata?”

“Mia Signora, Grande e Potente Splendore, la sua casa è vuota, e anche quella dei suoi compagni.” Rispose quello, affettando un tono riverente e  devoto per nascondere il terrore. Glory strinse i denti e lo scaraventò contro il muro, che crollò con uno schianto.

“Non può essere scomparsa!! Ha la mia Chiave!!” Urlò, stringendo i pugni,  le unghie smaltate di rosso e affilate che perforarono la sua stessa carne, facendola sanguinare.

“No, no, no!”

Sferrò un pugno, lasciando un cratere nel muro, i servi intorno a lei che si inchinavano quasi fino a toccare il pavimento col naso. “Mia Signora, Eccellentissima, Bellissima, Unica e Sola…vi prego di calmarvi…”

“COME POSSO CALMARMI??” Sbottò, prendendo Jinx per il collo. “Ce l’avevo fatta, capisci? Ero sul punto di…ma poi quell’idiota di Ben è riapparso e io l’ho persa! E ORA NON HO PIU’ TEMPO!!”

Lo lasciò andare, scaraventando una lampada contro il muro e lasciandosi cadere sdraiata sul letto a baldacchino, i riccioli sparsi sul copriletto color rubino. “Devo trovarla. Ha la mia chiave. Subito. Il tempo scorre.” Mormorò, il braccio sugli occhi.

“Possiamo cercarla, Vostra Squisitezza…” Si offrì uno di loro, inchinandosi.

“NO.” Replicò Glory dura, alzandosi seduta. “Voi siete degli incapaci.”

“Lo siamo sicuramente se voi lo dite, Mia Signora.”

“Oh, chiudi il becco.” Sbottò, portandosi le mani alle tempie. “Devo riflettere. Devo trovarla. Jinx, ho bisogno di un cervello fresco.”

“Potete prendere il mio oh Eccelsa…”

“Ho detto fresco.” Replicò con un ringhio. “Devo studiare un piano. Ho in mente qualcosa, ma…” scosse la testa, le mani su di essa. “Non riesco…a pensare…in questo momento. Ho bisogno di un cervello. Subito.”

“Lo avrà immediatamente, oh Sublime Malvagità, Somma Bellezza…”

“MUOVITI!”

Il demone sparì di corsa. Glory cominciò a tamponarsi il sudore che le imperlava la fronte.

“La Cacciatrice me la pagherà cara. Non avrebbe dovuto farmi questo. Se ne pentirà, la ragazzina. O forse sarà troppo…morta per pentirsi, dopo che l’avrò trovata”. Rise, e intorno a lei i suoi leccapiedi fecero lo stesso, servili.

 

 

4. Sentimenti & Sensazioni

 

Buffy guardò depressa la sua immagine riflessa nello specchietto tascabile: era un vero disastro. Il trucco sugli occhi si era completamente sciolto, cerchiandoli di nero  e facendola sembrare un panda, o peggio, una appena uscita da una rissa –impressione non del tutto sbagliata, in effetti- finita male, il lucidalabbra era praticamente inesistente. Sospirò, prendendo una salvietta e pulendosi accuratamente il viso, mentre nella testa le risuonavano le parole di Dawn qualche minuto prima:

“Lo sai, Buff, sembri la strega di Blair”. Aveva ridacchiato, le mani sulla faccia. Lei le aveva lanciato un’occhiata velenosa attraverso lo specchietto retrovisore.

“Non direi, Briciola.” Aveva replicato Spike serio, e Buffy l’aveva guardato perplessa, le sopracciglia inarcate, imitata dalla sorellina.

“Somiglia più a un demone Turok. Sai, quelli con la faccia di mille colori.” Aveva continuato con un sorriso maligno.

Dawn era scoppiata a ridere e Buffy aveva sbuffato, imbronciandosi: era evidente che c’era una congiura contro di lei, in quella macchina.

“L’hai mai vista la strega di Blair?” aveva chiesto Dawn quando finalmente era riuscita a smettere di ridere, asciugandosi le lacrime agli occhi. Spike aveva sorriso.

“Puoi dirlo forte, e credimi, è un vero schianto.” Si era leccato le labbra e Buffy aveva distolto lo sguardo roteando gli occhi, decisa a non entrare nella conversazione, e lo aveva sentito continuare:

“Se si sorvola su quella sua strana ossessione per i berretti di lana.”

“Berretti di lana??”

“Oh sì, ne aveva di tutti i tipi. Li fregava a tutti quegli idioti che cercavano di filmarla”.

Entrambi i suoi compagni di viaggio avevano riso e Buffy si era accorta di sorridere: Dawn non era stata così allegra da quando la mamma era morta.

Distolse un attimo la sua attenzione dalla pulizia del viso e scoccò un’occhiata di apprezzamento all’uomo -vampiro, ricordò a se stessa- seduto accanto a lei: per la seconda volta in pochi giorni sentì una forte ondata di gratitudine  e calore travolgerla nel guardarlo. Per quanto volesse negarlo, a se stessa e agli altri, Spike non era privo di sentimenti: le aveva dimostrato che era in grado di provare abbastanza affetto da lasciarsi torturare, dunque perché non avrebbe potuto anche provare tutto il resto della vasta gamma di emozioni umane?

Perché lui non è umano. È un mostro.

Già. Così le avevano insegnato: vampiro = creatura demoniaca priva di sentimenti interessata solo a uccidere e provocare sofferenza e distruzione. Come comportarsi se se ne incontrava uno? Varie alternative: paletto, croce, acqua santa, luce del sole, o una sana, vecchia decapitazione.

Una regola che non aveva mai messo in discussione, se non per Angel; ma lui era diverso, aveva un’anima, e questo faceva di lui una persona degna di rispetto e di amore.

Spike non aveva un’anima, era un ordinario, classico, vampiro. Il problema era che in Spike non c’era niente né di ordinario, né di classico, e la cosa le faceva quasi rabbia. Prima di incontrarlo era tutto così semplice! Perché diavolo insisteva a comportarsi così bene, quasi come un fratello maggiore con la sua sorellina? Perché dimostrava di tenere così tanto a lei se non aveva nemmeno uno straccio di anima? Tutto ciò che avrebbe dovuto desiderare era farla fuori, non scarrozzarla in giro per il continente. Lei era la Cacciatrice e lui un vampiro! Era così difficile per Spike entrare nel suo ruolo una volta per tutte?

Sospirò: stava ingannando se stessa, non voleva realmente che fosse così. Aveva bisogno di Spike in questo momento, era sollevata che fosse dalla sua parte, e gli era grata per tutto ciò che stava facendo per lei e per Dawn. Il problema era che la sua vita era già tanto complicata, aggiungerci la cotta di un ex nemico mortale era decisamente troppo. Non poteva gestire una situazione del genere, non adesso. Forse lui l’aveva capito, non aveva più accennato ai suoi sentimenti da quando erano partiti, grazie al cielo…

Comunque restava il fatto che aveva continuato a dimostrarli. E se provava vero affetto per Dawn, chissà, magari poteva anche provare l’amore che declamava per lei.

Scosse la testa e si rimproverò mentalmente, cercando di non arrossire. Uno sport in cui si stava specializzando, ultimamente, realizzò. Tornò al suo viso, aprendo la trousse portatile e prendendo la matita nera per gli occhi, pronta ad applicarla.

“Perché lo fai?” chiese Spike in un sussurro curioso. Buffy sbuffò, irritata. “Fare cosa?”

“Truccarti. Che senso ha?” insisté.

“La tua preziosa Drusilla non te l’ha mai spiegato?”, ribatté acida. “Se non sbaglio, anche lei non scherzava in quanto a trucco.”

“Primo, chiedere spiegazioni a Dru era utile solo per procurarmi un mal di testa.”

Buffy ridacchiò, ma non disse nulla.

“Secondo, non volevo entrare nella complicata e assurda psicologia di voi donne. Ti stavo solo chiedendo che senso ha farlo adesso.”

 “Adesso, dopo, che differenza fa?” Replicò “E poi, mi mette a disagio non essere truccata se sono…ehm, in pubblico.”

“Beh, metà del tuo ’pubblico’ è fuori gioco già da un po’, ormai.” Disse Spike, indicando con un cenno del capo la figura accoccolata sul sedile posteriore, in posizione fetale, che dormiva profondamente il sonno degli innocenti. Buffy sorrise e si mosse per coprirla con la propria giacca, per poi tornare a sedersi composta.

“E poi fra un po’ dormirai anche tu, dunque continua a non avere senso, per me.” Concluse Spike con un’alzata di spalle.

“Non ho sonno.” Replicò lei, ed era vero. Oh sì, era stanca, esausta, a pezzi; ma non avrebbe potuto dormire, non per rivedere il viso di sua madre privo di vita, pallido, mentre lei se ne stava lì impalata a non fare nulla. Non per chiedersi di nuovo cosa sarebbe potuto accadere se avesse fatto subito il massaggio cardiaco, la respirazione bocca a bocca.

I medici avevano detto che probabilmente non avrebbe fatto alcuna differenza.

Probabilmente.

“Dovresti comunque riposare.” Insisté Spike, con quel tono caldo e premuroso che gli aveva sentito raramente e che ogni volta la faceva sentire strana, raddolcendola suo malgrado.

“No, non ne ho voglia adesso.” Ripeté, più gentile.

“Fa’ come vuoi.” Si arrese, svoltando ad una curva.

Trascorsero qualche minuto in silenzio, l’unico suono era quello dell’aria attraverso i finestrini, finalmente aperti alla brezza notturna. Buffy si rigirò la matita in mano per un po’, indecisa, guardando allo specchio il suo viso acqua e sapone, poi lanciò una rapida occhiata al vampiro.

“Spike?”

“Che c’è?”

Buffy abbassò lo sguardo sulla confezione del make-up, mordicchiandosi il labbro inferiore.

“E l’altra metà del mio pubblico?”

Ecco, ora avrebbe giurato di averlo sentito sorridere. Stavolta non riuscì a impedirsi di arrossire, il viso praticamente bollente mentre il cuore cercava di sfondarle il petto. Perché diavolo poi gli aveva fatto quella domanda? Cosa le importava di quello che il vampiro pensava di lei? Era solo un maledetto autista! Se non fosse stato per le sue abilità alla guida e in combattimento non si sarebbe trovato nemmeno lì!

Non le rispose, tipica tattica per farla sprofondare nell’imbarazzo più assoluto, realizzò, e sentì la rabbia crescerle di nuovo in corpo, fino a sopraffare la vergogna. Alzò lo sguardo, dritto nel nero del parabrezza incatramato.

“Hai conosciuto davvero la strega di Blair?” Chiese distaccata, intenzionata a fargli intendere che anche la prima domanda era solo un tentativo di fare conversazione, e che non le importava niente che non avesse risposto.

“Sicuro.”

“Già, certo…” Scrollò le spalle, sorridendo maligna “…adesso mi dirai che avete avuto una storia.”

“Oh, no. Non che mi sarebbe dispiaciuta una sveltina…” Buffy fece una smorfia di disgusto “…ma sai, avevo già Dru, e per di più a lei non piaceva. La luna le aveva sussurrato che non c’era da fidarsi.”

“Ha detto proprio così?” Chiese Buffy freddamente, inarcando un sopracciglio. Spike scoppiò a ridere di sincero divertimento.

“Vuoi scherzare? Ha blaterato per dieci minuti almeno, ma il succo era quello. Era completamente fuori di testa!” Il riso si trasformò in un sorriso, carico di benevolenza e affetto. “Era quello che mi piaceva di lei. Così imprevedibile, attraente e sofisticata, eppure così innocente…ingenua…come una bambina”.

Buffy si accorse che si stava perdendo nei ricordi, gli occhi azzurri che brillavano, e così sbuffò, più sonoramente del dovuto, commentando caustica:

“Una bambina che si divertiva a torturare e uccidere la gente. Proprio innocente”.

Spike scrollò le spalle e non disse più nulla sulla sua ex, anche se il fantasma del sorriso rimase sulle sue labbra. Buffy sospirò, diede un’ultima occhiata alla trousse che aveva in grembo, poi la richiuse con uno scatto. Al diavolo, Spike aveva ragione: non c’era nessuno che dovesse abbagliare col suo fascino, lì intorno. Si abbandonò sul sedile, inclinando la testa in modo che il vento fresco le accarezzasse la fronte, facendo ciondolare le ciocche di capelli e dandole sollievo. Inspirò profondamente l’aria notturna, profumata di fresco e di umidità, perdendosi nel silenzio, rotto solo dal rombo del motore, e socchiuse gli occhi.

“Lo sai cosa pensa.” Sentì dire da una voce profonda al suo fianco.

“Uh?” Girò la testa verso Spike, che guardava dritto davanti a sé, e gli rivolse uno sguardo interrogativo, le sopracciglia aggrottate. “Di chi parli?”

Lo vide prendere un profondo, non necessario respiro. “Dell’atra parte del tuo pubblico.” Le spiegò, sempre senza guardarla. Buffy rimase interdetta per un attimo, sorpresa e colpita, fissandolo.

“Che cosa pensa?” Chiese con voce morbida, in un sussurro. Non sapeva nemmeno perché gliel’avesse chiesto, solo che sembrava…la cosa giusta da fare in quel momento.

“Che sei comunque bellissima, Buffy”.

Se avesse potuto, era certa che sarebbe arrossito. Da parte sua, lei era rimasta senza parole: insomma, era sorprendente come Spike riuscisse a passare dall’essere un vampiro violento, presuntuoso e lascivo all’essere una persona dolce, gentile, perfino romantica. Sorprendente e straordinario. In momenti come questo, Buffy dimenticava quasi chi fosse in realtà, e riusciva a guardarlo come una persona normale, degna di fiducia, di affetto, e forse… forse anche di amore. 

“Lo so, suona un po’ cliché”, aggiunse Spike, con un sorriso forzato, probabilmente interpretando male il suo silenzio. “Ma è la verità”.

Sembrava più rigido del solito. Buffy sorrise, posandogli delicatamente una mano sul braccio muscoloso, e  lui sussultò lievemente al contatto, per poi rilassarsi.

“No, è stato carino” Lo rassicurò lei, con voce dolce. “Grazie”.

Il sorriso di lui si trasformò da forzato in soddisfatto. Buffy lo guardò, inspiegabilmente contenta di averlo rassicurato, e indugiò di proposito con la mano sul suo braccio: sapeva che ogni contatto con lei era importante per lui, e senza che Buffy stessa se ne rendesse conto, lo stava diventando anche per lei.

Dopo qualche momento però, fu costretta a ritrarre la mano e si lasciò andare contro il sedile, chiudendo gli occhi. Non voleva dormire, ma Spike aveva ragione quando le aveva detto che aveva bisogno di riposare un po’. Inoltre, era così piacevole starsene lì, adagiata sul sedile morbido della Cherokee, cullata dai lievi sobbalzi dell’automobile, il vento fresco fra i capelli…

Scivolò nel sonno senza accorgersene. Spike la guardò con un sorriso, e approfittò dell’occasione per accarezzarle i lunghi capelli biondi con le dita: li adorava. Il modo in cui le ricadevano a boccoli sulle spalle, in cui le incorniciavano il viso, in cui ondeggiavano quando si muoveva o combatteva. Di notte, baciati dalla luna, avevano degli splendidi riflessi argentati che li rendevano ancora più belli.

Pensandoci bene, avrebbe potuto aggiungere ‘Riccioli d’Oro’ alla serie di nomignoli che già usava per rivolgersi a lei. Era sicuro che l’avrebbe irritata tanto quanto divertiva lui. Era meraviglioso vedere il suo viso imbronciato, soprattutto per il modo tanto adorabile quanto sexy in cui sporgeva il labbro inferiore, facendogli venire voglia di morderlo, baciarlo, sentendo sotto i denti la morbidezza e assaporando il lucidalabbra alla frutta. Non aveva dimenticato cosa si provava a farlo, sebbene fosse passato più di un anno dall’incantesimo di matrimonio della Rossa. Né avrebbe mai potuto dimenticare cosa voleva dire avere il corpicino caldo della Cacciatrice accoccolato in grembo, avvertire ogni suo minimo movimento, la pressione del suo seno sodo contro il petto, la sensazione delle sue labbra premute sulle proprie, della lingua di lei che esplorava la sua bocca desiderosa di assaporare ogni centimetro, prendendo, gustando…

Sospirò, cercando di placare la sua eccitazione e di concentrarsi: non doveva farsi illusioni. Quella volta erano tutti e due sotto un incantesimo, non poteva sperare che lei lo facesse di sua volontà. Buffy non gli aveva dato un piccolo barlume di speranza riguardo al futuro nemmeno quando ne dipendeva la sua vita. Okay, forse incatenarla nel sotterraneo della sua cripta minacciando di farla uccidere dalla sua ex non era stata la mossa più saggia per conquistare il suo cuore, ma diavolo, la ragazzina se l’era cercata. Aveva tentato di essere civile, di parlarle, ma lei non ne aveva voluto sapere, era scappata piantandolo in asso ancor prima che lui riuscisse a dichiararsi. Cos’altro avrebbe potuto fare per farsi ascoltare? Vedeva ancora nella sua mente il viso di lei inorridito, non appena aveva intuito che voleva dichiararle il suo amore, e faceva male. Tanto male quanto udire la sua voce aspra e carica di disgusto sostenere che lui non poteva avere veri sentimenti, né provare amore, perché era un mostro senz’anima; tanto male quanto vedere i suoi occhi gelidi e senza pietà mentre gli sbatteva la porta in faccia, dopo aver revocato il suo invito in casa, e nella sua vita. Tanto male quanto osservarla civettare al Bronze con un ragazzino che di sicuro non l’amava né l’avrebbe mai amata quanto faceva lui, con tutto se stesso, ardentemente. Un dolore profondo, che lo dilaniava dall’interno, che lo faceva soffrire molto più di qualsiasi pugno o calcio avesse ricevuto in più di un secolo di non-vita.

Quando pensava a momenti come quello, credeva di poter smettere di amarla. Di più, riusciva quasi a convincersi di poterla odiare di nuovo. Perché no? Volerla morta era sicuramente più facile, più divertente, più giusto. Non avrebbe più dovuto sentire quella morsa straziante al petto ogni volta che la vedeva, non avrebbe più dovuto andare contro la sua natura e i suoi istinti. Avrebbe potuto tornare ad essere William il Sanguinario, il temibile e pericoloso vampiro che aveva sterminato e messo in ginocchio intere città, che aveva ucciso due cacciatrici e assaggiato il sangue di una. 

Ma anche quella era un’illusione. Era sempre stato uno schiavo dell’amore: lo era stato William  per Cecily,  Spike per Drusilla, e ora per Buffy. Non avrebbe più potuto ucciderla, neppure se lei gli avesse offerto il collo di sua volontà. La prova gli era stata data mesi prima, quando invece di spararle due pallettoni nel cranio con il fucile era finito a confortarla e rassicurarla seduti insieme sotto il suo portico. Sommerso dalla rabbia per le sue parole, che lo avevano ferito tanto da ridurlo quasi in lacrime in quel lurido vicolo, era certo di poterlo fare; di potersi liberare di lei, della sua costante presenza in tutti i suoi pensieri e in tutti i suoi sogni, solo premendo un paio di volte il grilletto. Semplice, no?

No. Più che difficile: impossibile. Probabilmente, anche se non l’avesse trovata in lacrime, non ci sarebbe riuscito. E non per il chip. Magari. Piuttosto per il fatto che lei non era più la Cacciatrice, per lui.

Lei era Buffy.

Così, gli era impossibile odiarla, e lei gli impediva di amarla. Cosa avrebbe dovuto fare allora? Un interrogativo che non gli dava pace, e che lo faceva soffrire a tal punto da costringerlo ad ammortizzare il dolore con qualche litro di bourbon, o magari con una copia robotica che gli desse l’illusione di stare con lei, di poterla toccare, parlarle, senza ricevere pugni e calci in cambio, oppure insulti e parole cariche di odio e repulsione che poi facevano anche più male. Quella giornata con il Buffybot era stata meravigliosa, e non per il sesso, per quanto ne potessero pensare Buffy e tutta la sua gang di sfigati. Okay, anche per il sesso, lo ammetteva, ma soprattutto perché gli era sembrato davvero di poter stare bene, guardando quella bambola fatta di circuiti e silicone e illudendosi che fosse davvero la sua Buffy, che fosse lei a rivolgergli quello sguardo dolce, privo dell’onda di disprezzo che scorgeva sempre riflessa insieme al proprio viso negli occhi dell’originale. Era stato bello. Ma non l’avrebbe soddisfatto a lungo, una piccola parte della sua mente ne era consapevole sin da quando aveva commissionato l’ordine al ragazzino. La Buffybot, per quanto somigliante, per quanto perfetta, non era quella vera, quella di cui si era innamorato. Probabilmente, se non gliel’avessero tolta, avrebbe fatto la fine della robot di Warren. Non si poteva scambiare il vero amore con quella realtà fittizia, perché per quanto ideale, per quanto meravigliosa fosse, era come un sogno, magnifico, sì, ma da cui prima o poi avrebbe dovuto svegliarsi.

Aveva pensato seriamente che lei l’avrebbe ucciso, una volta scoperta la sua ’gemella’. Non si sarebbe mai aspettato quello che era successo, era stato tanto piacevole quanto sorprendente, e aveva riacceso un piccolo barlume di luce nel vuoto oscuro che si era formato nel suo cuore sin da quando lei gli aveva chiuso la porta in faccia quella notte.

Era stato il bacio più bello che avesse mai ricevuto.

Ne aveva ricevuti e dati tanti, meno innocenti, più passionali e travolgenti, ma quello era stato meraviglioso. Aveva capito quasi all’istante che non era stata la sua robot a darglielo. No, le sue labbra erano troppo calde, troppo morbide e dolci, per essere fatte di materiale sintetico. Avevano accarezzato le sue con tanta tenerezza, tanto calore, lasciandolo contraccambiare per un momento, permettendogli di assaporare il sapore di fragola. Quando era stato chiaro nella sua mente che era davvero lei, per riflesso, senza pensarci, si era staccato, e ora lo rimpiangeva.

Avrebbe voluto che durasse di più.

Avrebbe voluto che durasse per sempre. 

Sospirò, anche se non ne aveva alcun bisogno, e smise di accarezzarle i soffici riccioli biondi. Probabilmente quella era stata l’unica occasione che avrebbe avuto nella vita di baciarla. Ma ora le cose erano cambiate, Buffy gli permetteva di starle vicino, gli parlava come a chiunque altro della sua banda di amici; aveva perfino smesso di guardarlo con disprezzo, di chiamarlo mostro, e poco prima era stata addirittura dolce con lui.

Per adesso era tutto ciò che chiedeva.

 

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“Non credo che Buffy abbia fatto la scelta giusta.” Disse Xander in un mormorio, avvicinandosi al signor Giles. Si erano fermati un attimo ad un autogrill per fare rifornimento e andare in bagno, e adesso entrambi erano poggiati con la schiena alla macchina, mentre Willow imboccava Tara per farla mangiare, seduta su una panchina non molto lontano: era diventata sempre più irrequieta man mano che le ore passavano, aveva bisogno di un po’ d’aria fresca. Cinque in una macchina non era il massimo! Anya si era addormentata un’ora prima, e ora russava lievemente sul sedile anteriore del passeggero.

“Buffy ha passato un anno molto duro, il più difficile della sua vita.” Spiegò Giles in tono indulgente, ma il suono non era quello di una giustificazione. Xander annuì.

“Lo so, è per questo che non credo sia lucida. Avremmo dovuto cercare di convincerla a cambiare idea, non obbedire passivamente.” Insistette il ragazzo, la fronte aggrottata. Non gli piaceva parlare male della sua migliore amica, si sentiva un po’ in colpa. Le voleva bene, e capiva quanto dolore dovesse provare, ma non riusciva proprio a mandar giù la decisone di allontanarli e andarsene in giro con quel…coso senz’anima, interessato solo a entrarle nelle mutandine. E accidenti se ne avrebbe avute, di occasioni, adesso!

“Sai bene che quando si mette in testa una cosa è irremovibile.” Ribatté Giles con il solito tono pacato, poi sospirò, togliendosi gli occhiali e tirando fuori dalla tasca della giacca di tweed un fazzoletto. “E su una cosa ha ragione: Spike si renderà utile in uno scontro.”

“Beh, non è il suo ruolo in una lotta che mi interessa. Insomma, sappiamo tutti che intenzioni ha, riguardo a Buffy, e adesso che sono insieme giorno e notte…”

“Buffy non è una stupida. Credo sia perfettamente in grado di gestire la situazione, anche considerando che Spike è del tutto innocuo, finché il chip è nel suo cervello.” Disse Giles, strofinando la lente destra degli occhiali, e dentro di sé pensò amaramente: se vuole gestirla.   

“È vero, ma…” Xander sospirò pesantemente. “…avrei voluto essere al suo fianco. Insomma, è sempre stato così, no? Tutti insieme contro il cattivo di turno. Perché adesso ci ha estraniati?”

Giles era passato alla lente sinistra, e scosse la testa, chiudendo gli occhi. “È solo preoccupata per noi. Tutto qui.” Rispose quieto.

“Possiamo andare?”

La voce dolce di Willow li riscosse dai loro pensieri. Giles annuì, inforcando gli occhiali, e Xander sospirò di nuovo, riprendendo posto nella macchina.

“Potresti metterti tu alla guida?” gli chiese l’Osservatore, quando lo vide sul sedile posteriore. “Ho portato con me alcuni libri che il Consiglio mi ha mandato poco prima che partissimo. Il sole sta per sorgere e vorrei fare delle ricerche.”

“Certo.” Acconsentì, scambiando posto con Giles, che prima di rientrare in macchina estrasse dal bagagliaio una pila di volumi polverosi dall’aria estremamente vecchia. Willow ne prese uno e quasi automaticamente si mise a sfogliarlo con una mano, mentre l’altra era poggiata sul fianco di Tara. Giles la premiò con un sorriso dolce e quasi orgoglioso.    

Xander mise in moto e partì; non poteva fare a meno di ripensare alle parole di Spike quando avevano parlato, prima della partenza, davanti casa Summers, mentre Buffy e Dawn erano dentro a prendere le poche cose essenziali che avevano deciso di portare e gli altri erano troppo lontani per sentirli.

“Se fai loro qualcosa, ti uccido.” Aveva mormorato minaccioso al vampiro, ancora pieno di rabbia per la decisione della sua migliore amica di portare lui, anziché la gang di amici leali e fidati. Spike aveva ghignato perfido, accendendosi una sigaretta. “Tranquillo, Harris…” aveva detto, con falso tono rassicurante “…di giorno, farò in modo che le fanciulle siano sane e salve, e di notte, quando la piccola dormirà…” Lo aveva guardato con una scintilla di derisone negli occhi, il sorriso che si allargava lascivo “…la Cacciatrice potrà dimostrarmi tutta la sua riconoscenza”.

Aveva avuto un forte impulso a prenderlo a pugni, la rabbia che ardeva dentro di lui infiammandolo, e l’avrebbe fatto, se in quel momento Buffy e la sua sorellina non fossero uscite dalla casa, raggiungendoli. Il sorriso di Spike si era fatto davvero rassicurante quando si era rivolto a Dawn, e lei gli aveva sorriso di rimando, salendo in macchina. Buffy, da parte sua, doveva essersi accorta dello stato d’animo del suo migliore amico, perché l’aveva ammonito con un’occhiata severa, del tutto ignara delle parole che Spike aveva detto poco prima. Xander era sicuro che l’avrebbe picchiato lei stessa se l’avesse sentito.

Buffy li aveva salutati, riempiendoli di raccomandazioni e abbracciandoli, e poi era salita in macchina sul sedile anteriore. Spike gli aveva scoccato un’ultima occhiata beffarda prima di scomparire a sua volta all’interno della vettura, l’alba che ormai cominciava a rischiarare il cielo a est.

Xander digrignò i denti, rabbioso. Decisamente Buffy non aveva fatto la scelta giusta.

 

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 “Aaah”, sospirò Glory con un sorriso di sollievo, ritirando le mani dalla testa di un malcapitato “Così va molto meglio”.

Si lasciò cadere sdraiata sul letto, mentre l’uomo cominciava a bofonchiare qualcosa di incomprensibile, aggirandosi per la stanza con il volto pallido e lucido di sudore.

“Buttatelo fuori!” Ordinò sventolando una mano ai suoi servi, che si inchinarono e obbedirono subito. Jinx si avvicinò a lei con un sorriso rispettoso e disse, con tono umile:

“Oh, Eccelsa, mi duole disturbarvi, ma il tempo stringe e…”

“Lo so, razza di mostriciattolo idiota” Replicò duramente Glory, sedendosi e accavallando le gambe sinuose. Lo guardò e sorrise, dolcemente, accarezzandogli i radi capelli neri.

“Mi hai detto che la Cacciatrice è scappata con la mia Chiave…” Sussurrò teneramente.

“Sì, Mia Signora”

“…e che non hai idea di dove cercarla…”

“Esatto, Sublime Malvagità…” Jinx cominciava ad allarmarsi, ma affettò comunque un perfetto tono servile.           

“…e che non abbiamo più tempo.” Continuò, le dita con le lunghe unghie smaltate di rosso che continuavano a giocherellare con le ciocche di capelli.

“S-sì.” Annuì Jinx, reprimendo un tremito. “Ma, possiamo cercarla alla svelta, controllare tutti i posti possibili, chiedere agli altri demoni se l’hanno vista, oh Suprema Grandezza.”

“No.” La mano strinse con forza in una morsa d’acciaio i capelli dell’essere, che non riuscì a reprimere un gemito soffocato per il dolore. “Non faremo niente di tutto ciò.” Replicò Glory, in un mormorio mortalmente lento.

“C-come desiderate, Mia Signora”.

La dea lo lasciò andare, spingendolo a terra, e si alzò, muovendosi per la stanza con il ticchettio attutito dei tacchi sulla moquette. “Non cercherò la Cacciatrice” Ordinò, e i servi annuirono e si inchinarono intorno a lei. Glory sorrise, soddisfatta, passandosi una mano fra i capelli ricci.

“Sarà lei, a venire da me. Prima di quanto pensa”.

 

 

5. Motel “Pleasant Dreams”

 

Un’altra giornata era passata senza interruzioni e ostacoli, mentre il sole tramontava all’orizzonte color arancio. Buffy, sebbene sempre in allerta, cominciava a sentirsi più rilassata. Erano passati già due giorni da quando erano partiti e né Glory né quegli strani cavalieri avevano interrotto la loro corsa. Sperava intensamente di poter restare lontana dai guai ancora un po’: qualche ora prima Giles le aveva telefonato sul cellulare, avvertendola di una nuova scoperta che aveva fatto leggendo dei libri mandati dal Consiglio degli Osservatori. Quando aveva udito le sue parole, era stato come se un barlume di luce si fosse acceso nel tunnel buio e desolante in cui si era persa da quando tutte quelle disgrazie erano piombate nella sua vita, travolgendola: la scoperta della vera identità di Dawn, la morte di sua madre, l’abbandono di Riley, e ultimo ma non meno grave l’invincibilità di Glory. Finalmente, in mezzo a quella valanga soffocante di brutte notizie, era venuto alla luce qualcosa di buono.

“Secondo quanto si dice in questi libri, Glory non ha un tempo illimitato per portare a termine i suoi piani.” Aveva detto Giles, con il solito tono pacato e ragionevole.

“Dice sul serio?” Aveva esclamato lei, con voce improvvisamente più squillante. Sia Dawn che Spike a quel punto l’avevano guardata sorpresi, sua sorella con un improvviso luccichio di speranza negli occhi.

“Sì, a quanto pare la Chiave le serve per aprire un portale dimensionale. Non so ancora le ragioni per cui vorrebbe farlo, ma presumo che...”

“Giles, non m’importa se è perché si annoia oppure perché aprire portali dimensionali è l’ultima moda trendy dell’estate per gli dei infernali che fanno tendenza” lo aveva interrotto lei, recuperando un po’ del suo sarcasmo. “Mi dica solo se ho qualche possibilità in più.”

“Sì.” Aveva detto subito l’Osservatore, non lasciandola per niente sulle spine. A quel punto lei aveva tirato un sospiro di sollievo.

“Solo in un determinato momento ci saranno tutte le condizioni necessarie perché il portale si apra. Superato quello, ci vorranno altre centinaia di anni prima che possa riprovarci.”

“È magnifico!” Aveva esultato con un sorriso “Mi basta tenermi lontana per un po’, allora.”

“Esatto. Ma, Buffy, ricordati che non siamo ancora del tutto fuori pericolo. Glory è molto potente e…”

A quel punto il suo caro Osservatore era partito in quarta per predicalandia, e lei aveva usato l’unica tecnica efficace per quelle situazioni, brevettata fin da quando l’aveva conosciuto: far finta di ascoltare assentendo ogni tanto, libera nel frattempo di pensare a quello che voleva.  Finalmente ora aveva una speranza concreta, e se prima scappare le era sembrato un ultimo, disperato tentativo di salvezza, ora cominciava a pensare che fosse la scelta giusta. Una volta passato il tempo limite, che Giles ancora non era riuscito ad individuare con le sue ricerche, Glory non avrebbe più avuto bisogno della sua Chiave. Certo, immaginava che se così fosse stato la dea sarebbe stata un tantino infuriata per ciò che era accaduto, e quindi cento volte più pericolosa, ma Dawn sarebbe stata salva, e lei avrebbe dovuto preoccuparsi solo di liberarsi di Glory: insomma, una cara, vecchia, solita sfida a due, Cacciatrice contro Cattivo del Momento.

Così non sarebbe grave anche se non dovessi farcela…

Quando finalmente si era congedata dal suo Osservatore, aveva spiegato tutto ai due compagni di viaggio, e Dawn ne era stata più che sollevata, anche perché Buffy aveva glissato su alcuni punti, sostituendoli con delle piccole bugie inventate di sana pianta. In fondo, la sua sorellina quattordicenne non aveva bisogno di sapere che, anche passato il tempo-limite, Glory avrebbe potuto farli fuori tutti quanti. Le aveva infatti detto che, fallito il suo piano, la dea non avrebbe più avuto motivo di rimanere lì e dar loro la caccia, e se ne sarebbero liberati. Ora come ora Dawn aveva solo bisogno di rilassarsi, di poter dormire sonni tranquilli senza preoccuparsi delle vendette di dei infernali, e fu felice di averle mentito una volta visto il sorriso ricomparire sulle sue labbra e le guance dipingersi di un colorito più roseo. Sorrise: aveva sempre rimproverato tutti per essere troppo protettivi nei suoi confronti, sostenendo che anche se era solo una bambina doveva conoscere la verità per non commettere errori stupidi, e adesso era proprio lei a mentirle per tranquillizzarla. Il loro rapporto era davvero cambiato, da quando la mamma era morta, si erano molto avvicinate. Da una parte le faceva piacere, sentiva di volerle davvero bene, non le importava quale fosse la verità sulla sua nascita: per lei era sua sorella, lo era sempre stata. La Chiave non era reale. Dawn sì.

Dall’altra, non poteva dimenticare il motivo per cui si erano avvicinate, e faceva davvero male. Avrebbe voluto che sua madre fosse lì con loro, a calmarle e rassicurarle, con la sua saggezza e dolcezza. Le mancava davvero tantissimo.

L’altro compagno di viaggio, purtroppo, con alle spalle più di un secolo di esperienze con esseri demoniaci e infernali, non aveva bevuto la storiella de ‘l’orologio fa din don, la strega muore e tutti vivono felici e contenti per sempre’. Infatti, aveva inarcato lievemente un sopracciglio nella sua direzione, lo sguardo scettico, ma fortunatamente non aveva fatto commenti inopportuni. Una parte di lei gli era grata per questo.

Il resto della giornata era passato senza eventi eclatanti.

Finora.

“Abbiamo compagnia.” Borbottò Spike, le sopracciglia aggrottate, guardando attraverso lo specchietto retrovisore esterno. Buffy non vedeva nulla a causa dei finestrini neri e istintivamente abbassò quello dal suo lato, tirando fuori la testa e guardando indietro, i lunghi capelli biondi trascinati dal vento. Fortunatamente, il sole ormai era uno spicchietto così piccolo che non trasformò il vampiro alla guida in una torcia.

Quello che vide le fece sbarrare gli occhi dalla sorpresa: una decina di uomini, vestiti come cavalieri in procinto di partire per una crociata medievale, li inseguivano al galoppo dei loro destrieri, incredibilmente veloci.

“Ma chi sono quei tizi? Comparse da film di serie b?” Chiese Spike, perplesso e seccato allo stesso tempo. Dawn a sua volta osservò sorpresa gli uomini, abbassando il suo finestrino.

“No. Solo dei rompiscatole.” Rispose Buffy, ritraendo la testa in tempo per non essere trafitta da una freccia. “Dawn!! Abbassa quel finestrino e sta’ giù!!!” Gridò all’istante, vedendo la sorellina affacciata come se nulla fosse.

“Anche tu l’hai fatto!” Si lamentò quella risentita, ma obbedì alla sorella maggiore, rannicchiandosi sotto il sedile. Proprio in quell’istante una freccia colpì il parabrezza posteriore e lo infranse.

“Ci stanno raggiungendo! Accelera!” Ordinò a Spike, che sbuffò. “Sono già al massimo, dolcezza.”

Un’altra freccia andò a conficcarsi nella ruota destra posteriore, forando il copertone. La macchina sbandò, rallentando, e Spike infuriato si lanciò in una marea di imprecazioni piuttosto volgari, alcune delle quali Buffy non le aveva nemmeno mai sentite. Roteò gli occhi, esasperata, mentre un’altra freccia li sfiorava di poco. I cavalli ormai li stavano raggiungendo, e si udì un lieve suono attutito sul tettuccio. La lama di una spada sbucò da sopra, fortunatamente andando a vuoto.

Doveva prendere in mano la situazione.

“Spike, qualunque cosa accada, continua a guidare. Dawn, resta giù e non muoverti per nessun motivo”.

Attese che una freccia fosse scoccata dal suo lato e poi, più rapidamente che poté, si issò a sua volta sul tettuccio, allargando le braccia per bilanciarsi. Si trovò faccia a faccia con uno dei cavalieri, che la guardò torva, e le frecce smisero di essere scoccate.

“Dovete fermarvi, fanciulla. Consegnateci la Chiave e non vi faremo del male.” Disse quello, cordialmente minaccioso, la spada puntata nella sua direzione. Buffy sorrise beffarda.

“Voi far del male a me?” Con un calcio tentò di disarmarlo, ma quello la schivò, pronto a conficcarle la spada nel petto. Buffy bloccò la lama con le mani, sentendo una frizione bruciante sui palmi, ma la ignorò e con la forza spinse indietro l’arma, facendo in modo che il cavaliere fosse colpito dall’elsa e barcollasse all’indietro, perdendo l’equilibrio.

Gli archi degli uomini furono subito pronti. Buffy scaraventò giù dalla macchina il cavaliere con un calcio e poi si appiattì a sua volta sdraiata sul tettuccio, in modo che le frecce non riuscissero a colpirla. Altri cavalieri cominciarono a raggiungerli, disponendosi ai lati.

“Bloody Hell!”  Imprecò Spike, vedendo quegli idioti circondarli.

“Che succede?” Chiese allarmata Dawn, la voce soffocata. “Buffy sta bene?”

“È tutto a posto, piccola. ” La rassicurò lui. Doveva seminarli, prima che bucassero anche le altre ruote e lo costringessero a fermarsi. La Cacciatrice aveva già i suoi guai, là fuori, e a quel che vedeva i rompipalle erano umani, dunque non avrebbe potuto pestarli a dovere. Spinse l’acceleratore a tavoletta, e sebbene la ruota posteriore facesse resistenza, riuscì a muoversi a zigzag in modo da scontrarsi contro i cavalli spingendoli fuori strada e ferendoli, senza preoccuparsene minimamente.

La macchina spintonò uno dei cavalieri prima che avesse il tempo di colpirla con la sua spada, già alzata sopra la testa di lui e in procinto di abbattersi sul suo corpo disteso e inerme. Buffy cercò di rialzarsi, scoccando un’occhiata da sopra la spalla ai rimanenti alle loro spalle. Ce n’erano ancora altri cinque, pronti ad attaccare, sia con gli archi che con le spade. Se si fosse alzata ora, sarebbe stato come dipingersi un bersaglio sul petto e gridare: ‘Sono qui, fatemi fuori!’

D’improvviso, le venne un’idea. “SPIKE!!” Gridò, sperando che la sentisse. I vampiri non avevano capacità speciali, come superudito o roba del genere?  

“CHE C’E’?”

Un sospiro di sollievo.

“INVERTI LA DIREZIONE E GUIDA VERSO DI LORO!”

Lo sentì replicare qualcosa, ma non capì che cosa, il vento nelle orecchie. Pazienza. Doveva essere stato un reclamo unito a qualche imprecazione e insulto, di qua e di là. Sbuffò.

“FA’ COME TI HO DETTO, SPIKE!” Confezionò la voce più brusca e autoritaria che poteva. Un altro borbottio senza senso, e poi la macchina frenò bruscamente lasciando un’impronta di bruciato sull’asfalto, quasi sbalzandola giù se non fosse stato per la  presa salda sul bordo del tettuccio, e con un testacoda si ritrovò puntata nella direzione opposta, un nuvolone di polvere intorno a loro. Buffy tossì, e non ebbe il tempo di rendersi conto che si erano fermati perché subito l’auto ripartì a razzo con uno stridere assordante di gomme. In un angolo della sua mente, quello non concentrato nella battaglia, ebbe il tempo di domandarsi infastidita e arrabbiata dove diavolo il vampiro avesse imparato a guidare in quel modo folle.

Si alzò in piedi, tenendosi in equilibrio a fatica. Come previsto, i cavalieri furono spiazzati da quella mossa e non contrattaccarono subito. Buffy sospirò: poveri cavallini. Sperava che Willow non lo venisse mai a sapere: probabilmente si sarebbe infuriata come quella volta alla cena del Ringraziamento, quando le aveva chiesto informazioni per uccidere lo spirito di quel nativo americano.

Incapaci di sottrarvisi, i tre centrali furono investiti in pieno, mentre lei colpì con un pungo uno dei cavalieri più laterali, facendolo disarcionare dal cavallo. L’altro più esterno ne approfittò per saltare sul tettuccio e colpirla alle spalle con la spada, fortunatamente non conficcandole la lama della schiena. Con un gemito di dolore, Buffy strizzò gli occhi e perse l’equilibrio, afferrando all’ultimo secondo il braccio del suo assalitore facendo in modo che entrambi cadessero giù, colpendo con un tonfo doloroso l’asfalto e rotolando fuoristrada. Visibilmente dolorante e affaticato, il cavaliere si alzò in ginocchio, sguainando la spada pronto ad ucciderla, ma Buffy, restando distesa, lo disarmò con un calcio potente, spezzandogli il polso, e quello urlò, dandole la possibilità di raccogliere la spada e colpirlo in testa di piatto, facendogli perdere i sensi. Il movimento le causò una fitta molto dolorosa alla schiena, che la fece ricadere all’indietro, ansimante, gli occhi chiusi.

“Che cosa è stato quel tonfo??” Chiese agitata e impaurita Dawn, quando si scontrarono frontalmente con i cavalieri, alzando la testa senza riuscire a trattenersi e sbirciando dal finestrino, ancora semi aperto. Fu così che sentì il gemito acuto di sua sorella, e la vide cadere insieme ad una figura vestita di nero e argento.

“Spike!! Buffy è caduta!!”

“Me ne sono accorto” Borbottò lui, le labbra strette, la fronte aggrottata.

“E allora fermati!!”

“Non posso.” Replicò duramente. “I freni sono andati.”

Dawn si agitò ancora di più, se possibile. “Che facciamo, allora??”

Sul viso del vampiro apparve un sorriso strano, decisamente poco rassicurante, che le fece venire i brividi.

“Metti la cintura e reggiti forte a qualcosa, piccola.” Le ordinò, e Dawn obbedì, sebbene non del tutto sicura. Non le piaceva affatto, quel sorriso. Sembrava…pazzo. Ma non pazzo buffo, o divertente.

Pazzo pericoloso.

“F-fatto.” Lo avvertì, la cintura stretta in vita e le mani aggrappate così saldamente ai manici sul tetto dell’abitacolo che le nocche erano bianche. Il sorriso di lui si stirò, scoprendogli i denti:

“Bene. Ora chiudi gli occhi.”

“O-okay” Li serrò, e tutto ciò che sentì fu uno schianto mostruoso che la sbalzò in avanti, nonostante la cintura e le mani, mozzandole il fiato. Poi ricadde con la schiena all’indietro, tutto ciò in una manciata di secondi, una lieve fitta alla schiena. Non aveva il coraggio di riaprire gli occhi, il corpo intero scosso da tremiti irrefrenabili, il cuore che le sfondava il petto, il respiro affannoso. Dopo un tempo che le parve un’eternità, una mano le si posò delicatamente sulla spalla. “Puoi riaprire gli occhi, Briciola.” Sentì la voce profonda di Spike sussurrarle, e li riaprì, trovandosi davanti gli occhi incredibilmente azzurri di lui, carichi di sincera apprensione. Il sorriso folle era scomparso, e ora Dawn si chiese se lo avesse solo immaginato, dato che era spaventata a morte. “Tutto a posto?”

“Credo di sì.” Rispose, annuendo, e lo vide sorriderle.

“Scusa lo schianto, era l’unico modo di fermarci.” Si giustificò, quasi imbarazzato, e lei gli sorrise a sua volta, ogni riluttanza nei suoi confronti scomparsa. “Di nulla, è stato…impressionante.” Anche in quella situazione, non poté fare a meno di pensare quanto fosse bello e incredibilmente sexy, e si sentì arrossire.

“Vado a vedere come sta tua sorella. Resta qui.” Le ordinò, ora serio, e la lasciò.

Dawn si affrettò a slacciarsi la cintura, pronto a seguirlo, ignorando il suo ordine. Cavoli, Buffy era sua sorella!

La trovarono a non molta distanza da loro, sdraiata sull’asfalto a bordo strada. Ansimava, gli occhi chiusi, la fronte aggrottata e i denti stretti. Accanto a lei, uno dei cavalieri giaceva svenuto, la spada a pochi metri dalla sua mano.

“Buffy, stai bene?” chiese subito Dawn, vedendola distesa a terra, e si inginocchiò al suo fianco, il viso contratto dalla preoccupazione. La sorella maggiore aprì gli occhi, riuscendo a sorriderle a fatica, anche se le venne fuori una smorfia.

“Sì, tutto bene. Sto solo…recuperando. Fra un minuto sarò di nuovo in piedi”.

Ora, Dawn non si intendeva di medicina, né di ferite di guerra, ma solo una completa cretina non si sarebbe accorta dell’evidente dolore dipinto sul viso di Buffy. Di certo le ci sarebbe voluto più di un minuto per riprendersi.

“Va’ a prendere il kit del pronto soccorso nel bagagliaio”, disse Spike, lei fece per alzarsi ma la voce della sorella la bloccò.

“NO!” Gridò, alzando istintivamente la testa e sussultando dal dolore, per poi ricadere giù. “Dobbiamo andarcene prima che si riprendano. Se mi aiutate a risalire in macchina, possiamo ripartire subito.”

“Non possiamo.” Rispose subito il vampiro, con severa rassegnazione. Buffy sbuffò scocciata.

“Andiamo, non morirò durante il tragitto verso l’auto, ve l’assicuro!!”

Dawn si rese conto solo ora che sua sorella non era al corrente delle…novità riguardo il loro mezzo di trasporto. Lanciò un’occhiata a Spike, e lo vide rabbuiarsi in un’espressione a metà fra il preoccupato e il teso. Evidentemente l’idea di aggiornare Buffy su quello che era accaduto non gli piaceva più di tanto. Decise di accorrere in suo aiuto.

“La macchina è fuori uso, Buffy. Nella battaglia contro i cavalieri si è distrutta. Siamo a malapena riusciti a fermarci.” La informò, sorvolando sul volontario incidente di Spike. Lui le sorrise compiaciuto e riconoscente e Dawn sentì di nuovo le guance infiammarsi, oltre ad una strana sensazione di contentezza e soddisfazione nel cuore.

“Coosa??” Esclamò allarmata la sorella, di nuovo provando a rialzarsi e di nuovo cadendo abbattuta da una fitta di dolore.

“Eh già, Cacciatrice. Ma non preoccuparti, a poco più di un chilometro dovrebbe esserci un motel, ho visto un’insegna. Possiamo fermarci lì per la notte, per farti…com’era? Recuperare.” Intervenne Spike con un lieve sorriso, flettendosi sulle ginocchia per avvicinarsi a Buffy, distesa per terra. Lei fece per replicare, gli occhi sbarrati solo al pensiero di fermarsi per un’intera notte, ma il vampiro la fece tacere posandole un dito sulle labbra. “Piantala di fare la rompipalle. È l’unico modo. Mi procurerò un’altra macchina e continueremo il viaggio. Ora, se non vuoi perdere altro tempo, smetti di dare fiato a quella boccaccia maledetta e lascia almeno che ti tamponi la ferita. Sistemeremo meglio la medicazione in stanza.” Disse, lievemente infervorato. Buffy lo guardò male, ma non protestò, e Dawn si mosse verso il bagagliaio, recuperando il kit come Spike le aveva chiesto.

Era preoccupata anche lei per quella sosta forzata, ma si convinse a restare il più calma possibile. In fondo, le facevano da scorta i due guerrieri più forti di questo mondo, e anche se una al momento era un po’ fuori gioco, conosceva i tempi di guarigione della sorella, ed erano molto rapidi. Una volta Willow le aveva spiegato che era una caratteristica delle cacciatrici. Dunque, non c’era niente di cui allarmarsi: l’avrebbero protetta, come avevano appena fatto contro quei cavalieri.

Si fidava ciecamente di loro due. 

 

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Il motel era piuttosto piccolo, con un  minuscolo parcheggio interno in cui c’entravano a malapena cinque macchine e un’insegna luminosa con parecchie lampadine fulminate, che rendevano illeggibili la maggior parte delle lettere del nome del motel. Buffy riconobbe una P una L e qualche S, provando a mente qualche possibile soluzione per quel rebus; quando furono abbastanza vicini, scoprì che il nome era Pleasant Dreams. 

“È carino” Commentò Dawn accanto a lei, il fiato spezzato; di certo non era stato il massimo camminare per un chilometro sorreggendola. Buffy ne era davvero seccata: con Glory e i cavalieri di Bisanzio alle calcagna l’ultima cosa di cui aveva bisogno era una ferita. Per loro fortuna non era grave, era certa di poter guarire anche dopo una sola notte; ma cavolo, detestava essere costretta a rallentare! Il pensiero che avrebbero dovuto passare immobili tutto quel tempo la faceva rabbrividire: era sicura che i cavalieri si fossero divisi per cercarli, per questo il gruppo che li aveva attaccati non era molto numeroso; ma adesso erano al corrente della loro posizione, e una volta ripresi i sensi quelli avrebbero radunato le forze, attaccandoli di nuovo in chissà quanti. E Spike era inutile contro di loro, quindi se fossero tornati, avrebbe dovuto battersi da sola. Rimpianse amaramente di non aver portato con sé anche Willow, magari sarebbe stata in grado di fare un incantesimo per depistarli, ma fu solo per un attimo: era tranquilla sulla sorte dei suoi amici proprio in virtù del fatto che la strega fosse con loro, non li avrebbe mai privati anche di quella difesa.

Però chissà, forse poteva organizzare qualcosa anche a distanza…

“Quanto per un paio di stanze per stanotte?”

Chiese Spike freddo una volta arrivati alla reception, senza tanti preliminari. L’uomo dietro il banco, un tizio sulla cinquantina calvo, in canottiera bianca e calzoncini, rispose con voce meccanica, senza nemmeno alzare gli occhi dalla rivista che stava sfogliando. “600 dollari”.

Il vampiro le scoccò un’occhiata da sopra la spalla, e lei sospirò, tirando fuori il portafogli: quando aveva deciso di partire aveva  ritirato del contante con il suo libretto di risparmio, per ogni evenienza. Aveva quel libretto fin da quando aveva undici anni, era stata un’idea di suo padre per impedirle di spendere tutti i soldi della paghetta in scarpe e vestiti. Sorrise nostalgica al ricordo: considerando le sue abitudini e il suo carattere prima di scoprire di essere la Prescelta, Hank Summers era stato decisamente previdente.

Contò le banconote che aveva, 850 dollari in contanti. Certo, era una bella cifra per una notte in un pidocchioso motel come quello, ma non aveva molta scelta. Si avvicinò al banco e lo posò davanti all’uomo, che finalmente si degnò di alzare gli occhi da Penthouse  per osservare le banconote con una smorfia sprezzante. “600 dollari l’una, signorina”. Ribatté, con la stessa voce meccanica e incolore.

Buffy sgranò gli occhi per un attimo, sorpresa, poi si accigliò: “Come sarebbe a dire!?” Protestò infuriata, sbattendo una mano sul banco e provocandosi involontariamente una fitta di dolore quando i palmi feriti colpirono il legno. “È troppo!!”

“Libera di rifiutare e andarsene.” Replicò l’uomo scrollando le spalle, poi fece un sorriso strano, del tutto privo di allegria o cortesia, incolore quanto il suo tono di voce. “Il prossimo motel è a 3 miglia da qui.”

Buffy sentiva la rabbia infiammarle tutto il corpo: prima l’attacco di quegli idioti in costume, poi la distruzione della macchina, poi ancora la sua ferita alla schiena e alle mani, e adesso questo disgustoso omuncolo senza cervello che era sicuro di poter approfittare della loro situazione chiedendo cifre esorbitanti. Tutta la frustrazione accumulata stava lottando furiosamente per liberarsi, tutto ciò di cui aveva voglia era scaraventare a terra quel bastardo e picchiarlo fino a farsi male alle mani, ficcandogli la sua rivista oscena dove non batteva il sole e…

Le immagini truculente che le si stavano formando nella mente furono smorzate all’improvviso quando udì la vocetta della sua sorellina minore dire candidamente: “Beh, potremmo sempre prendere una stanza sola.”

Si voltò verso di lei, il viso stanco e tirato, i lunghi capelli bruni scompigliati, i vestiti sporchi e sgualciti, e si ricordò perché e soprattutto per chi stava facendo tutto questo: Dawn. Stavano scappando da una dea che voleva farle del male, non poteva permettersi simili sciocchezze: se avesse pestato quell’uomo, la polizia si sarebbe messa sulle loro tracce, ed era l’ultima cosa di cui aveva bisogno, vista già la folla che li tallonava. Niente errori: ne dipendeva la loro vita. Chiuse gli occhi e prese dei respiri profondi, cercando di domare la collera, e dopo quattro o cinque inspirazioni ed espirazioni si reputò abbastanza calma da poter guardare di nuovo l’uomo in questione. Di più, riuscì perfino a sorridergli:

“Giusto, è una buona idea. Prendiamo una stanza sola.” Concluse con voce falsamente gentile, tamburellando con le dita sul banco. L’uomo scrollò le spalle, prese i soldi e le porse una ricevuta e una chiave, appesa ad un portachiavi a forma di nuvola. Non chiese loro né i nomi né i documenti, evidentemente nella quota erano comprese le spese per qualsiasi danno avrebbero potuto arrecare alla camera. In ogni caso, Buffy gli avrebbe mentito, se gliel’avesse chiesto.

“Buona serata signori”. Disse con voce atona, perdendosi di nuovo nelle foto della rivista.

La stanza non era male, piccola ma confortevole: le pareti erano dipinte di rosso ciliegia, il letto a due piazze sembrava piuttosto comodo, in più c’era un piccolo televisore a colori su una mensola, un comò con specchio e un balconcino fuori dalla finestra. Il bagno era pulito e provvisto di vasca da bagno, cosa di cui Buffy fu felicissima, dato che non ne faceva uno da giorni e aveva tanta voglia di cambiarsi. Anche Dawn parve della stessa idea. “Io vado per prima!” Gridò subito con voce squillante non appena visitarono il bagno, quasi leggendole nel pensiero. Lei alzò gli occhi al soffitto con uno sbuffo, poi annuì.

“D’accordo, fai pure.” acconsentì, dirigendosi verso il letto e distendendosi con un sospiro di sollievo, chiudendo gli occhi. Parevano secoli che non si sdraiava su un vero letto, aveva dimenticato quanto fosse piacevole la sensazione di morbidezza sotto la schiena, l’impressione di affondare in una nuvola soffice senza alcuna preoccupazione…

Percepì Dawn frugare nella borsa, estrarre degli abiti e sparire dietro la porta smaltata di bianco del bagno, poi dopo un po’ lo scrosciare dell’acqua nella vasca. Si ricordò di non essere sola solo quando udì la voce profonda di Spike dire da un punto imprecisato della stanza: “Forse è meglio controllare quella ferita, dolcezza.”

Sobbalzò, alzandosi seduta e procurandosi un gemito di dolore. Strinse i denti, posandosi una mano sulla schiena: “Non è niente, Spike.” Replicò aspra “Vedrai che già domani sarà solo un ricordo.”

“Sì, ma oggi questo niente è abbastanza da farti male ogni volta che ti muovi” ribatté, avvicinandosi a lei. “Fammi dare un’occhiata.”

Buffy gli rivolse un sorriso che non si estese agli occhi, inarcando le sopracciglia. “Oh, certo, sono sicura che ti piacerebbe molto dare un’occhiata” disse falsamente dolce, lui si accigliò “ma puoi anche scordartelo, non-morto. Tu sei qui solo perché mi servi, non certo perché mi piaci, o per farti guadagnare punti sul tabellone. La mia opinione di te è sempre la stessa.” Concluse freddamente, ogni traccia di sorriso, per quanto fasullo, scomparsa. Spike la guardava furente, una scintilla di odio negli occhi, i pugni stretti, e Buffy capì che aveva una grandissima voglia di colpirla, di farle male. La cosa non la turbò minimamente, anzi, sperò che lui perdesse il controllo: non sapeva perché, ma in quel momento tutto ciò che voleva era continuare a maltrattarlo, senza preoccuparsi di cortesia o gratitudine o sciocchezze del genere. In fondo, lui era solo un vampiro.

Poi accadde una cosa strana e decisamente insolita; Spike parve trovare la calma da chissà dove, e le labbra contratte per la rabbia si stirarono in un sorriso, più vero di quello che lei aveva fatto in precedenza, ma non più gentile. Buffy conosceva bene quell’espressione, l’aveva vista più di una volta quando combattevano l’uno contro l’altra, in passato. Specialmente ricordava la volta in cui avevano lottato alla luce del sole, e lui le aveva detto tutte quelle cose orribili e volgari, che l’avevano ferita anche più dei suoi pugni, rinfacciandole il suo errore con Parker, dandole della ragazza facile e stupida.   

Era un sorriso crudele, di derisione.   

“Strano che tu faccia tante storie” ribatté con voce leggera, guardandola freddamente come a volerla perforare con gli occhi. “Non è così che Angel è riuscito a portarti a letto, prima di mollarti?”

Buffy raggelò, strabuzzando gli occhi e restando senza parole, mentre una spina le si conficcava nel petto. In un flash si rivide quella notte, diciassettenne, sfuggire al Giudice, evitando la sua e la morte di Angel; risentì quasi i brividi di freddo per la corsa sotto la pioggia, e di paura per averlo quasi perso. Si rivide seduta sul letto di lui, nel suo appartamento, mentre si toglieva il golfino e la canottiera per lasciargli vedere la sua ferita. Avvertì di nuovo le sue labbra fredde sulle proprie, in quel bacio sempre più carico di passione, e poi le sue braccia che la stringevano, le sue mani sul proprio corpo, quella sensazione di benessere e completezza.

Poi, in un altro lampo, rivide il viso dell’uomo che aveva amato con tutta se stessa guardarla con un sorriso crudele, dicendole parole taglienti e beffarde che le avevano spezzato il cuore, risentì quella sensazione di dolore e vuoto interiore, di lacerante solitudine. Sapeva che quello era Angelus, non il suo Angel. Ma faceva ugualmente male, anche a distanza di anni.

Sprofondata nell’abisso dei ricordi fu come se le seguenti parole di Spike venissero da un punto molto lontano:

“Me l’ha raccontato, sai? Ne parlava come se fosse stata la cosa più divertente che gli era accaduta in moltissimo tempo. E probabilmente era così. Mi disse con quanta facilità fosse riuscito a convincerti a spogliarti, di come ti fossi arresa subito, pronta a farti fare qualsiasi cosa, dopo un paio di toccatine nei punti giusti”.

Alzò gli occhi su Spike, faticosamente, ancora scossa da quei ricordi impressi a fuoco nella sua mente e nel suo cuore, lo stomaco stretto in una morsa dolorosa, e lui dovette scorgere qualcosa nel suo sguardo, perché il suo sorriso si incrinò e negli occhi si spense quella luce diabolica.

“Sei un porco, Spike.” Pronunciò gelida, trasformando il dolore in rabbia e guardandolo come se fosse la cosa più orribile e disgustosa dell’intero universo. Il sorriso di lui era del tutto scomparso e ora sembrava addirittura essere mortificato per quello che aveva detto, ma la cosa non la raddolcì affatto, anzi: la voglia di maltrattarlo era cresciuta ancora di più travolta dall’onda della collera. “Sei solo un mostro schifoso senz’anima, una cosa.” Disse dura, e rincarò la dose: “Non sei degno nemmeno di pronunciare il nome di Angel.”

Se c’era una cosa da dire sul vampiro ossigenato, era che non riusciva a nascondere i suoi sentimenti: nei suoi occhi blu Buffy riconobbe senza difficoltà l’offesa, la frustrazione, il dolore e infine la rassegnazione susseguirsi in quell’oceano. La ragazza provò una lieve fitta al petto, ma fu soffocata dalla rabbia che imperversava nel suo animo: odiava il modo in cui lui riuscisse sempre a capire quale fosse la cosa giusta da dirle per farle davvero male; detestava il fatto che conoscesse dettagli così intimi e personali della sua vita, e che li usasse contro di lei per ferirla dritta al cuore, senza pietà. In quel momento, odiava ogni centimetro di lui, da quei capelli assurdi alla punta degli stivali infangati. Aprì la bocca per riversargli addosso altri insulti, per ferirlo ancora, per vedere di nuovo il dolore in quei suoi occhi così insopportabilmente azzurri, per fargli male quanto lui ne aveva fatto a lei con quelle parole e anche di più; ma prima che la voce le uscisse fuori la porta del bagno si spalancò, riempiendo la stanza di un profumo gradevole di fiori di pesco, e Dawn uscì fuori, i capelli avvolti in un asciugamano candido, con indosso un paio di jeans sformati e una maglietta rosa pastello con le maniche rifinite e la scritta Sweet Girl dorata sul petto. Sorrideva, del tutto ignara di ciò che era accaduto mentre si crogiolava nell’acqua della vasca, e posò lo sguardo prima su di lei, ancora con la bocca aperta per parlare, e poi sul vampiro, e aggrottò la fronte.

“Ho interrotto qualcosa?” Chiese, perplessa.

Buffy scosse la testa, confezionando un sorriso più che convincente. “Niente, Dawnie. Io e Spike stavamo solo parlando di alcune cose riguardo il viaggio.” Spiegò, scoccando uno sguardo al vampiro per un cenno di avvertimento, ma lui le aveva voltato la schiena.

“Oh.” Fu l’unico commento al riguardo che fece Dawn, prima di dirigersi verso lo specchio del comò, liberare i capelli bagnati dall’asciugamano e cominciare a pettinarli. Buffy si alzò con un suono soffocato, rovistò nella sua borsa ed estrasse i vestiti di ricambio.

“Vado a lavarmi. Tu resta qui con Spike, non dividetevi per nessun motivo.” Ordinò, e lasciò la stanza, chiudendosi nel bagno senza degnare di un’altra occhiata il vampiro in questione. Una volta sola e immersa completamente fino al collo nell’acqua calda e profumata, di nuovo si impose la calma, respirando profondamente e sperimentando il consiglio di Willow di qualche anno prima, cioè di contare fino a dieci. Quando arrivò a sette, era già molto più tranquilla, anche se un po’ della rabbia e del dispetto ristagnavano ancora nel suo animo. A dieci, riuscì perfino a pensare a qualcosa che non fossero altri insulti da dire al vampiro ossigenato.

Una di queste, Glory. Non era stata una grande idea litigare in quel modo con l’unico alleato che avrebbe avuto se lei avesse fatto irruzione nella loro stanza in quel momento. Cavoli, non si era detta poco prima di non fare errori stupidi?

Spike se l’è cercata, con tutto il suo discorsetto su Angel. Non avrebbe dovuto dirmi quelle cose, doveva aspettarsi una reazione violenta. Sì, se l’è cercata…

Cercò di convincersi di aver ragione. Insomma, l’aveva provocata, no? E lei aveva reagito come chiunque altro avrebbe fatto al suo posto. Non era colpa sua. Giusto. Esatto. C’era solo un piccolo particolare: lui l’aveva provocata per reazione a quello che lei aveva detto. Conosceva bene il temperamento del vampiro, sapeva a cosa andava incontro quando gli aveva risposto male in primo luogo. E lui era solo preoccupato per la sua ferita…

“Aargh” Tuffò la testa nell’acqua e poi riemerse dopo qualche secondo, frustrata, i capelli bagnati che le si appiccicarono sulle guance e sul collo. Ecco, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era sentirsi in colpa nei confronti di un vampiro. Insomma, stava parlando di un assassino senz’anima che aveva ucciso e torturato chissà quanti innocenti nella sua esistenza. Non meritava né riconoscenza né considerazione. Non era nemmeno una persona!

Perché Buffy…l’altra, non troppo piacevole, Buffy…se succedesse qualcosa a Dawn ne sarebbe distrutta e io non potrei vivere sapendo che soffre. Lascerei che Glory mi uccidesse, prima. E ci è andata maledettamente vicina. 

Di nuovo quelle parole così sincere, così cariche di affetto le risuonarono nella mente incontrollabili. La fitta al petto stavolta fu più intensa e Buffy la registrò, non più ottenebrata dalla rabbia, sentendosi improvvisamente in colpa. Cavoli, non poteva evitarlo. Non dopo averlo visto così ridotto male, non dopo quelle parole.

Sospirò, abbandonandosi nella schiuma con gli occhi chiusi, posando la testa sul bordo nella vasca e lasciando che i lunghi capelli si dipanassero nell’acqua, permettendo ai muscoli di rilassarsi in quella culla calda e accogliente, lo scoppiettio delle bolle nelle orecchie. Per ora non voleva pensarci. Voleva solo godersi quell’unico momento di relax che poteva avere in quella guerra.

A tutto il resto avrebbe pensato dopo.

 

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“Sì, signore, abbiamo trovato la Chiave.” Disse uno dei cavalieri, l’orgoglio nella voce percepibile nonostante fosse soffocata dal dolore. La maledetta gli aveva rotto un braccio.

“L’avete distrutta?” Chiese il generale, guardandolo freddamente. Il cavaliere si sentì pervadere dall’imbarazzo e abbassò gli occhi, mentre dalla voce trapelò una nota di indignazione.

“No. La Cacciatrice ci ha ostacolati.” Rispose a denti stretti. Il generale gli mise una mano sulla spalla e quello alzò gli occhi, incontrando il suo sguardo benevolo, ma severo.

“Avete fatto quello che avete potuto.” Si voltò, rivolgendosi agli altri cavalieri con voce tonante e sicura:

“Il momento si avvicina. Niente più errori potranno essere commessi, da adesso in poi. Raggiungeremo la Chiave della Bestia e la distruggeremo. La Cacciatrice non ce lo impedirà, attaccheremo con il massimo delle forze. Non fatevi scrupoli ad ucciderla se dovete, ricordate che un piccolo sacrificio è necessario perché la vita continui a esistere sulla terra, e lei ha già dimostrato di non voler collaborare. Finché protegge la Chiave, tutti siamo in pericolo. E ora, dobbiamo fermarla prima che la Bestia arrivi a lei”.

I cavalieri annuirono decisi, montando a cavallo. Il generale fece lo stesso, sguainò la spada e la puntò vero il cielo, prima di incitare i soldati a seguirlo al galoppo.

Si preparava una battaglia che non potevano permettersi di perdere.

 

6. Noi Due

 

Spike & Dawn

Dawn cercava di districare i capelli con il pettine, non senza qualche sforzo: non li spazzolava da quando erano partiti e i risultati erano evidenti dai numerosi nodi. Sono Dawn, the knot Slayer, pensò con un risolino, spicciando l’ennesima ciocca. Era così concentrata che si accorse a malapena della presenza di Spike, anche perché non poteva vederlo riflesso nello specchio, e sobbalzò quando udì una voce femminile estranea risuonare nella camera. Si voltò di scatto, il pettine ancora in mano, e tirò un sospiro di sollievo quando vide che era solo la voce di un’annunciatrice della tv, che il vampiro aveva acceso, sedendosi sul bordo del letto. Come sempre si fissò a guardarlo, il petto e i muscoli scolpiti, la giacca di pelle, quei bei capelli…

Spike si accorse dello scrutinio e la guardò interrogativo, cosa che la fece subito arrossire e agitare, e Dawn cercò di mascherare l’imbarazzo formulando la prima domanda che le veniva in mente: “Che guardi?”

Lui scrollò le spalle. “Fra poco inizia Passioni.”  Disse con il solito tono distaccato. Però lei si accorse che c’era qualcosa di strano: i suoi occhi riflettevano la luce dello schermo, ma parevano persi nel vuoto. Inoltre, sembrava più serio e cupo del solito.

Si era sempre ritenuta una grande osservatrice; non una Giles in miniatura, per carità! Solo al pensiero le veniva la nausea e storceva il naso. Nel senso che riusciva a capire il comportamento delle persone che le stavano intorno. Per esempio, era stata la prima ad accorgersi che Spike provava qualcosa per sua sorella; ne era stata certa fin da quando Buffy aveva portato lei e la mamma nella sua cripta per farle stare al sicuro, era evidente da come la guardava, quasi fosse la cosa più bella che avesse mai visto, e da come non si lasciasse sfuggire nemmeno un’occasione per sfiorarle i capelli, o per avvicinarsi abbastanza da sentire il suo profumo. Ammetteva di aver provato un po’ di invidia, a quel tempo.

Okay, molta invidia, e non si poteva dire che adesso le fosse passata; ma riusciva a conviverci. Ehi, era una ragazza saggia e matura, lei. Non era una bambina, per quanto tutti la trattassero in quel modo!

Buffy sosteneva che era un tipo pericoloso, e che lei non doveva fidarsi; ma personalmente, Dawn riteneva che non avrebbe mai potuto aver paura di Spike, e non capiva dove fosse tutto questo pericolo: lui la faceva sentire al sicuro, la trattava bene, era carino con lei. Era convinta che anche se si fosse tolto il chip lui non le avrebbe mai fatto del male. Inoltre, Buffy non aveva alcun diritto di farle la predica: lei era stata per ben tre anni con un vampiro!

Si accorse che stava divagando e si sforzò di restare concentrata: Spike sembrava triste, e lei non capiva il perché; chissà, magari era successo qualcosa mentre si faceva il bagno, qualcosa che Buffy non voleva che lei sapesse. Uffa, quando avrebbe smesso di trattarla come una poppante e di nasconderle le cose? Si accigliò seccata, abbandonando il pettine e la lotta contro i suoi capelli e sedendosi vicino al vampiro sul bordo del letto.

“Spike?” chiamò, con voce dolce.

“Che c’è, dolcezza?” chiese lui, e Dawn si sentì arrossire. Adorava i suo nomignoli.

“E-ecco, mi chiedevo se ci fosse…” caspita, fronteggiarlo era più difficile del previsto, sebbene lei di solito non avesse problemi a dire in faccia agli altri quello che pensava. Lui si voltò a guardarla e Dawn dovette abbassare gli occhi, colta da un’improvvisa, strana agitazione che le faceva sentire il viso bollente.

“..ehm, beh, qualcosa che non va.” Riuscì ad espellere, e alzò lo sguardo. Lui si era voltato di nuovo verso il televisore, un’altra volta le immagini scorrevano sui suoi occhi senza apparentemente entrarvi.

“Niente, Briciola.” Disse, ma aveva indurito la mascella, così come il tono. “Non c’è un maledettissimo niente che non va. È tutto perfettamente, maledettamente come al solito.” Ripeté, a denti stretti.

Dunque aveva fatto centro: Spike sembrava allo stesso tempo arrabbiato e ferito. Dawn dovette confessare a se stessa che aveva un po’ di timore a continuare: l’ultima cosa che voleva era che il vampiro se la prendesse con lei, non voleva rovinare il loro rapporto facendolo innervosire; però era anche profondamente curiosa di sapere cosa fosse accaduto, così riuscì a chiedergli, temeraria:

“Hai litigato con Buffy?”

Lui si rabbuiò ancora di più, se possibile, impugnando il telecomando con tanta forza che si spaccò, mentre il profilo delle vene si disegnava sul suo braccio.

Fu l’unica risposta di cui Dawn aveva bisogno.

Ma perché diavolo Buffy non faceva altro che discutere con Spike?? Non era difficile andare d’accordo con lui! Conosceva sua sorella, era una vera piattola se ci si metteva, ma sperava che, date le circostanze, avrebbe smesso di essere la solita rompiscatole.

Spike continuava a fissare lo schermo, stringendo la mascella, e lei si accorse che non voleva guardarla di proposito. Improvvisamente, un pensiero orribile si insinuò nella sua mente: e se avessero litigato per colpa sua?

Dawn si incupì, abbassando lo sguardo sulle sue mani. Era possibile. in fondo, era sempre colpa sua. Non si sarebbero nemmeno trovati lì se non fosse stato per lei: era colpa sua se Glory era alle costole di Buffy, colpa sua se tutta la gang era stata costretta a fuggire, colpa sua se Spike era stato torturato, colpa sua se Tara era impazzita. Se non fosse stata una stupida chiave, tutti loro sarebbero stati meglio, e al sicuro. Aveva chiesto a Glory se la Chiave fosse cattiva, e lei aveva risposto di no. Eppure, non faceva altro che provocare guai e dolore a chi le stava intorno.

Non sono nemmeno umana…sono un mostro…

Senza che potesse fermarle le lacrime cominciarono a scorrere sulle sue guance, e dovette coprirsi gli occhi con le mani, il petto scosso dai singhiozzi mentre una morsa dolorosa le attanagliava il cuore. Quando Spike se ne accorse lo sentì chiedere allarmato:

“E-ehi, che ti prende?”. Poi avvertì due mani posarsi sulle spalle. “Che cos’hai?”, ripeté, la voce carica di apprensione, e Dawn si costrinse a togliere le mani dal viso per guardarlo e parlargli.

“È stata colpa mia?” Chiese con voce rotta, tra un singhiozzo e l’altro. Spike la guardò senza capire per un istante, poi realizzò.

“Ma no! Tu non c’entri niente con quello che è successo fra me e  big sis.” Esclamò, poi addolcì il tono e aggiunse in un mormorio: “Perché lo pensi?”

Sentendo la voce di Spike così tenera nei suoi confronti, Dawn percepì un confortante tepore al cuore e si calmò un poco, tirando su col naso.

“È sempre colpa mia. Tutto ciò che è accaduto, la nostra fuga…tutto.” Sentì un groppo in gola, impossibile da inghiottire, mentre una lacrima scivolò dalla guancia fino al mento. Si stava trattenendo dal piangere a dirotto e nella laringe sentiva una sensazione bruciante.

Spike le sorrise in quel modo accattivante che l’aveva sempre emozionata.

“Beh, questa nostra fuga non è male, se ci pensi: scontri in macchina da mozzare il fiato, per chi ce l’ha, alloggi lussuosi…insomma, un bel viaggetto, dee zitelle cellulitiche e fenomeni da baraccone a cavallo esclusi”.

Dawn ridacchiò, un pochino risollevata.

“E poi, mi sembra un po’ presuntuosa questa pretesa di essere la causa di tutto. Insomma, non ho messo a ferro e fuoco interi continenti per oltre un secolo per poi farmi rubare il merito da te, ragazzina.” Continuò, falsamente risentito, e Dawn riuscì a sorridere, asciugandosi le guance con il pugno.

“Eri tanto terribile?” Chiese, la vocetta ancora acuta per il pianto. Il sorriso di Spike si trasformò in rimembrante e nostalgico.

“Oh, puoi dirlo forte, dolcezza.”

“Se non è per me, perché avete litigato?” Volle sapere, e quasi si pentì di averlo chiesto, perché il sorriso di Spike si spense all’istante, e il suo viso cupo si rivolse di nuovo al televisore.

Restarono in silenzio per parecchi minuti. Dawn era sicura che ormai non gli avrebbe più risposto, e così si alzò, tornando allo specchio: aveva gli occhi gonfi come palloni e arrossati, e un parte dei suoi capelli era ancora piena di nodi. Riprese in mano il pettine e non appena i denti affondarono nel castano, sentì Spike dire sommessamente, più a se stesso che a lei:

“È sempre uguale. Credevo che le cose fossero cambiate da quando…ma non è così”.

La ragazza non capì bene cosa intendesse, ma lo guardò addolcita: sembrava così triste e abbattuto. Si sentì improvvisamente in difetto: lui l’aveva consolata e invece lei non sapeva cosa fare per farlo stare meglio.

“Non essere così giù.” La frase le scappò dalle labbra prima che potesse fermarla, e quando Spike la guardò sentì ancora al petto quella strana sensazione di disagio e agitazione.

“I-insomma, io e Buffy litighiamo spesso, e ci diciamo delle cose brutte, ma non significa che non ci vogliamo bene. E poi alla fine facciamo sempre pace.”

Spike fece un sorriso amaro, ma non disse nulla. Dawn si voltò verso lo specchio e riprese a pettinarsi, rendendosi conto che, se non lo guardava, era più facile parlare. “Io ho due modi per far pace con lei: o mi mostro tristissima, parlando poco eccetera, così lei si sente in colpa e fa la prima mossa”, spiegò, districando un nodo particolarmente grosso. “Oppure le faccio dei complimenti. Lei adora i complimenti, è così vanitosa.”

“Lo so.” Lo sentì ridacchiare, quasi con affetto.

“Vedrai, funzionerà.” Lo rassicurò.

“Cosa funzionerà?” Sentì chiedere la voce di sua sorella, e sussultò sorpresa: era in piedi davanti alla porta del bagno, i capelli biondi che le ricadevano bagnati sulle spalle, con indosso una maglietta bianca, attillata, e un paio di pantaloni aderenti chiari.

Solito abbigliamento da Buffy, insomma.

La fissava con sguardo sospettoso e severo, le mani sui fianchi, ergendosi in tutta la sua --pff-- altezza.

Solito atteggiamento da Buffy, insomma.

“Niente di importante, sorellina” le rispose, con voce squillante e un sorriso a trentadue denti. Se lei prima le aveva mentito, perché non fare lo stesso? “Ho spiegato a Spike come cucinare i pancakes.”

“Ah sì?” Replicò lei scettica, inarcando un sopracciglio. Improvvisamente sbatté le palpebre, accigliata, e le si avvicinò preoccupata,  osservandole attentamente il viso.

“Dawnie, hai pianto?”

Soppesò l’idea di dirle una bugia, di raccontarle che il sapone le era finito negli occhi e per questo erano rossi e gonfi. Poi lanciò un’occhiata a Spike e seppe all’istante come ripagarlo per la sua gentilezza.

“Una crisi di nervi, niente di importante.”, rispose con un sorriso. “Spike mi ha consolata. È stato davvero carino, mi ha fatto sentire meglio.”

“Oh.” Buffy parve sorpresa e colpita, scoccò uno sguardo fugace al vampiro e poi si allontanò verso la sua borsa, cominciando a rovistarvi dentro. Dawn sorrise: missione compiuta.

“Credo sia il tuo turno, Spike.” Borbottò Buffy con indifferenza, sempre apparentemente concentrata nella ricerca, i capelli che le nascondevano il viso. “E non metterci una vita, che dopo devi andare a cercare un’altra macchina!”

Dawn osservò il vampiro mentre si dirigeva verso il bagno e si chiudeva la porta alle spalle, non prima di averle scoccato un sorriso. La minore delle sorelle Summers si sentì improvvisamente piuttosto contenta.

 

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Willow & Tara

“È una buona idea, ma…non so se ci riesco, Buffy”.

La voce di Willow era esitante, e si accorse che stava impugnando il telefono con tanta forza che il palmo sudava. Sospirò e allentò la presa.

“Vorrei che almeno ci provassi, Will. Quando ci attaccheranno di nuovo saranno molti di più. E io… ” Insisté la sua migliore amica, poi la sua voce si fece flebile. “…non so se riuscirò a salvare Dawn da loro senza il tuo aiuto.”

“Mi piacerebbe tanto aiutarti, davvero, ma un incantesimo di questo genere è già molto complicato, se ci aggiungi la lontananza…” la voce di Willow sfumò a poco a poco, depressa. Il signor Giles accanto a lei la guardò con un cipiglio perfettamente inglese, vale a dire perfettamente incomprensibile.

“Sono certa che puoi farcela. Sei molto migliorata in quest’ultimo anno! Sei anche più brava di quanto lo era Amy!” La incoraggiò Buffy fiduciosa, e Willow si sentì arrossire. 

“B-beh, mi sono esercitata molto, tutto qui. Sai, io e Tara…” Il resto della frase le morì in gola, mentre il cuore le si riempiva di nuovo di angoscia. Rivolse lo sguardo alla ragazza che amava più di se stessa, la testa appoggiata sulla sua spalla e un sorriso radioso e innocente sul viso; avrebbe tanto voluto aiutarla…e farla pagare a Glory per il male che le aveva fatto. Se solo fosse riuscita a trovare un incantesimo abbastanza potente da farle davvero male, farle rimpiangere quello che aveva fatto alla sua dolce Tara…

“Scusa, Willow. Non avrei dovuto…” Si scusò la sua migliore amica dall’atra parte del telefono, la voce sinceramente rammaricata. La rossa riemerse da quei pensieri di vendetta: le facevano quasi paura. Lei non era mai stata una persona cattiva, né avrebbe voluto esserlo, ma tutto quell’odio e quella rabbia che provava sembravano più forti e violenti della sua stessa volontà, e la spaventavano. Davvero. Nei momenti in cui la travolgevano completamente, come quando era andata nella villa di Glory per eliminarla, si sentiva capace di fare qualunque cosa, non importava quanto crudele e terribile.

Qualunque cosa.

“Non importa, Buffy, sta’ tranquilla.” La rassicurò con voce dolce, sforzandosi di sembrare più allegra e scacciando quei pensieri oscuri. “Ci sto lavorando su, sai? Credo di poter trovare un modo per…guarirla.” Era vero. Aveva fatto molte ricerche dopo l’accaduto, quando finalmente si era calmata e la ragione aveva avuto il sopravvento sulla rabbia, e aveva trovato un  rituale che, con qualche piccola modifica, forse avrebbe potuto aiutarla. Dio, sperava con tutto il cuore che funzionasse: Tara le mancava così tanto che certi giorni pensava di non farcela, tanto forte era il dolore e la disperazione, ma si era sempre fatta forza, per lei. Anche se non fosse più tornata quella di prima, non l’avrebbe mai abbandonata. Sarebbe rimasta per sempre la sua ragazza, non importava cosa sarebbe successo. Unite per la vita.

“Sarebbe magnifico!” Commentò Buffy solidale. Poi aggiunse, con riluttanza: “Ehm…riguardo al mio incantesimo?”

“Ci proverò.” Acconsentì Willow, con un respiro profondo. “Farò del mio meglio, Buffy. Magari mi può aiutare il signor Giles.”

L’uomo in questione si schiarì la gola. “Certamente.”, acconsentì, e Willow gli sorrise.

“Perfetto, allora. Fammi uno squillo per farmi sapere come è andata, se posso rilassarmi un po’ o se devo cominciare ad affilare i coltelli!” Concluse Buffy, con tono più leggero.

“Non farai male ai cavalli, vero?” Chiese Willow dubbiosa, colta all’improvviso da un pensiero orribile. La sua migliore amica esitò un attimo, ma subito rispose, con la voce più alta di qualche ottava:

“Ma no, Will! Non preoccuparti, non farei mai del male a delle bestiole indifese.”

“Uuhmm…se lo dici tu”. Scrollò le spalle, ancora non molto convinta. Dopo gli ultimi saluti interruppero la comunicazione e Willow si rivolse all’Osservatore: “Dovremmo fermarci da qualche parte per l’incantesimo.” Lo informò, Giles annuì. “Bene. Xander…?”

“Ricevuto, capitano.” Scherzò il ragazzo, cercando il primo posto adatto per fermarsi.

Willow sospirò, accarezzando delicatamente i capelli di Tara e rispondendo al suo sorriso rilassato. La baciò dolcemente sulla testa. “Non preoccuparti, piccola mia. Sono qui”.

Incredibilmente, la ragazza annuì, e si strinse a lei ancora di più. I suoi occhi erano sempre gli stessi da quando Glory l’aveva aggredita: svagati, senza intensità, distratti. Ma dopo queste parole, incredibilmente, Willow scorse qualcos’altro nel verde, qualcosa che le accese il cuore di speranza, qualcosa che stentava a credere fosse solo frutto della sua immaginazione: amore. Così profondo e sincero che si ritrovò a dire, quasi senza accorgersene:

“Ti amo anch’io, Tara”.

 

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Buffy & Dawn

Una volta riagganciato il telefono e abbandonatolo sul comodino, Buffy si lasciò andare sdraiata sul letto, i capelli biondi ancora un po’ umidi che si sparsero sul cuscino, bagnandolo leggermente, e le gambe distese sul copriletto soffice. La ferita alla schiena le faceva ancora male, ma il dolore era diminuito molto rispetto a prima e lo sopportava bene. Sia ringraziato il potere rigenerante delle cacciatrici, pensò risollevata.

Accanto a lei, Dawn stava seduta a gambe incrociate, sgranocchiando dei grissini che aveva tirato fuori dalla borsa.

“In che cosa consiste esattamente l’incantesimo che hai chiesto a Willow? ” Chiese, con la bocca piena.

“Una barriera.” Spiegò, voltandosi verso di lei. Dawn annuì, addentando un grissino e facendo cadere una manciata di briciole sui suoi jeans e sul copriletto. Buffy sbuffò.

“Quante volte devo dirti di non mangiare a letto?” La rimproverò, severa. Sua sorella s’imbronciò, inghiottì ciò che restava del suo grissino e mise via la scatola, spolverandosi i pantaloni con le mani e facendo così in modo che altre briciole finissero sul copriletto. Buffy roteò gli occhi imponendosi pazienza, e non aggiunse altro.

“Non posso infilarmi qualcosa per dormire?” Chiese Dawn, scostando le coperte e arricciando il naso “È scomodo, stare a letto vestite.” Si lamentò.

“Puoi farlo se vuoi”, acconsentì lei con indifferenza, stringendosi nelle spalle “Ma poi non ti lamentare se, costretti ad andarcene in fretta e furia per qualche motivo, ti ritroverai a fare il resto del viaggio in pigiama”.

Dawn sembrò considerare l’idea per qualche secondo, poi sbuffò e si infilò sotto le lenzuola in jeans e maglietta.

Restarono in silenzio per un po’. Buffy affondò una mano sotto il cuscino e si mise ad osservare le ombre degli alberi che l’insegna luminosa all’esterno disegnava sul soffitto, riflettendo. Si augurava che Willow riuscisse a creare una barriera protettiva intorno alla loro auto, in modo da essere protetti durante il resto del viaggio dagli attacchi dei cavalieri. Non che sperasse che la barriera li salvasse da Glory, per quanto avesse fiducia nelle abilità della sua migliore amica era consapevole che la dea era troppo potente per essere fermata con un simile stratagemma. Però, avrebbero avuto un problema in meno a cui far fronte, il che non era male; inoltre, se davvero aveva i minuti contati, forse presto non avrebbe più dovuto pensare a salvare sua sorella dalle grinfie di Glory.

Il problema era che quella sosta proprio non ci voleva. Stavano perdendo tempo, e fermi erano un bersaglio fin troppo facile. Davanti a lei c’era un’intera notte, e nella sua esperienza di Cacciatrice aveva imparato che fra il tramonto e l’alba potevano succedere un mucchio di cose terribili ed inimmaginabili, molte più di quante ci si aspetterebbe. Avrebbe voluto che Spike tornasse in fretta dalla sua missione per recuperare un’altra macchina, in cui si era impegnato dopo la doccia.

Spike…

Sospirò e chiuse gli occhi: come se non avesse abbastanza cose a cui pensare, doveva cimentarsi anche con quella brutta sensazione alla bocca dello stomaco che le si era formata dopo lo spiacevole ’incidente’ con Spike. Era inutile, per quanto si ripetesse che sentirsi in colpa nei confronti di un vampiro assassino era assurdo e senza senso, e che comunque era stata colpa sua se lei aveva reagito in quel modo, non riusciva a far smettere quella sensazione. Era fastidiosa e seccante, e se possibile era cresciuta ancora di più dopo essere venuta a sapere che Spike aveva consolato la sua sorellina facendola smettere di piangere. Perché doveva sempre essere così maledettamente gentile con Dawn? Per quale motivo non poteva ricominciare a essere il solito vampiro arrogante e perfido? Sarebbe stato bello se lei l’avesse trascinato lì con la forza, magari con la promessa di un compenso monetario: le avrebbe aiutate comunque e non ci sarebbero state tutte queste complicazioni fuorvianti.

Fuorvianti?!? Oh mio Dio passo troppo tempo insieme a Giles!!

Sorrise, per poi ridiventare seria quando provò una fitta pulsante alla bocca dello stomaco, come se quella dannata sensazione volesse richiamarla all’ordine senza permetterle alcuno svago. Sbuffò, non sapeva se era seccata più con il vampiro o con se stessa. Erano in pericolo di vita e lei perdeva tempo a pensare a stupidi litigi con stupidi non-morti. Insomma, quando era diventata Cacciatrice era stata convinta che li avrebbe solo fatti fuori, nient’altro. Perché continuava a coinvolgersi con loro?

Arrossì, rendendosi improvvisamente conto di ciò che aveva appena pensato. Lei, coinvolta con Spike?? Certo che no, come le era venuto in mente?? Lui era lì solo perché sapeva guidare, e combattere, nessuna altra ragione. Se non fosse stato contrario ai suoi principi uccidere una creatura indifesa, l’avrebbe ridotto in cenere già da tempo, non appena si era presentato a casa di Giles il giorno del Ringraziamento chiedendole aiuto. In fondo, non si poteva dire che non lo meritasse.

Adesso invece era lì, a prendersi cura della sua sorellina. Dawn le diceva spesso che le piaceva la compagnia di Spike, che lui la faceva sentire bene; okay, era evidente che sua sorella aveva una cotta per lui, non più seria certamente di quella che aveva avuto prima per Xander, ma il vampiro doveva pur aver fatto qualcosa per entrare nelle sue grazie. E se la trattava davvero bene come raccontava, poteva darsi che…

“Dawnie, sei ancora  sveglia?” Chiese in un sussurro, voltandosi verso di lei. La sorella aprì gli occhi all’stante. “Certo.”

“Perché esattamente prima ti sei messa a piangere?” Le domandò, il più dolcemente possibile.

Dawn arrossì e distolse lo sguardo: “Beh, sai…”, esordì con voce fioca, “…per tutta questa situazione...”

Sembrava stesse cercando disperatamente il modo di esprimere ciò che provava. Buffy non la forzò, ma aspettò pazientemente che trovasse le parole giuste, allungando una mano per accarezzarle i capelli con tenerezza. Lei sorrise lievemente al tocco, e dopo qualche minuto riuscì a dire, sempre con voce flebile:

“È tutto così difficile, Buffy. Prima di scoprire…le mie origini…che iniziasse tutto questo, la paura più grande che avevo provato in vita mia era stata quando avevo rotto il vaso preferito di mamma. Invece adesso…io…” Represse un singhiozzo, e immediatamente Buffy si mosse per abbracciarla, lasciando che la sua testa riposasse sulla propria spalla, la mano che continuava a sfiorarle i capelli. “Adesso è tutto così…brutto…non sappiamo nemmeno cosa vorrebbe fare di me Glory…e se mi catturasse…”

“Non lo farà”, la rassicurò la sorella, stringendola un po’ più forte a sé. “Non le permetterò di farti del male.”

Dawn annuì, il viso ancora affondato nella sua spalla, facendole il solletico con i capelli.

“Però ho paura.”

“È normale.” Concesse Buffy, perdendosi con lo sguardo fuori dalla finestra. “Tutti ne abbiamo.” Le si stringeva il cuore sentendo la sorellina parlare in quel modo. Naturalmente se l’aspettava, che fosse spaventata e demoralizzata, ma udire le parole direttamente dalle sue labbra era terribile. Avrebbe tanto voluto dirle che avrebbe sconfitto Glory per lei…ma non poteva. Era inerme contro la dea.

“Vorrei che la mamma fosse qui.” Sussurrò Dawn tristemente, e lei sentì di nuovo molto la sua mancanza. Non che ci fossero momenti della giornata in cui non volesse averla accanto, in cui non rimpiangesse con dolore che se n’era andata…ma certe volte, la realizzazione che non l’avrebbe rivista mai più, né avrebbe potuto parlarle, o abbracciarla, l’aggrediva tutto in una volta, lasciandola senza difese, sofferente. Quella era una di quelle volte.

Baciò la sorellina sulla testa. “Anch’io. Ma lei non vorrebbe che ci rattristassimo così.” Disse dolcemente, Dawn si staccò da lei, strofinandosi gli occhi azzurri da cui era scivolata via qualche lacrima. Buffy le sorrise, poi le arruffò i capelli.

“Ehi!” Protestò la sorella, divincolandosi. “Piantala! Sai quanto c’ho messo a sistemarli?”

Si guardarono storto per qualche attimo, poi risero. La sensazione di vuoto al pensiero della mamma ristagnava ancora nel suo cuore, ma Buffy cercò di ignorarla: se avesse lasciato che il dolore e le lacrime prendessero il sopravvento, probabilmente non sarebbe più stata in grado di fermarli. Non poteva permettersi di crollare, non subito dopo aver promesso alla sua sorellina che non avrebbe permesso che le accadesse nulla di male. Doveva essere forte, come sempre.

Dawn si distese di nuovo sotto le coperte e Buffy si allontanò, sedendosi dalla sua parte con la schiena contro il cuscino. Era meglio lasciarla dormire, adesso. Dovevano approfittare di ogni momento per riposare, non sapevano mai quando ne avrebbero avuto di nuovo la possibilità. Dopo qualche minuto passato in silenzio, la voce di Dawn la riscosse di nuovo dai suoi pensieri, il tono ovattato di chi sta per sprofondare nel sonno.

“Grazie, Buffy. Per tutto quello che fai per me.”

Lei sorrise amaramente. “Non sto facendo poi molto.”

Dawn si voltò su un fianco, con gli occhi socchiusi, guardandola attraverso le ciglia:

“Stai facendo molto più di quello che avrebbe fatto chiunque altro. Quindi grazie.”

“Di niente.” Rispose lei, e quando guardò di nuovo la sorella, si accorse che si era addormentata. Le rimboccò le coperte e poi tornò a guardare le ombre sul soffitto, con un sospiro. Avrebbe voluto poter fare molto di più per lei, ma per quanto lo desiderasse, e per quanto si sentisse umiliata e infuriata per fuggire a gambe levate davanti al pericolo, invece di affrontarlo, sapeva che non aveva altra scelta. Almeno per ora.

 

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Spike & Buffy

Stava quasi per appisolarsi anche lei quando udì la porta della stanza aprirsi con un cigolio lamentoso e un suono di passi sul pavimento di linoleum. Accanto a lei, Dawn emise un grugnito e si mosse nel letto, mentre lei teneva gli occhi serrati, consapevole che avrebbe dovuto parlare al vampiro per accertarsi che fosse tutto a posto ma decisa a ritardare quel momento più che poteva. Non aveva alcuna voglia di affrontarlo dopo quello che era successo, ancora meno adesso che si sarebbero trovati soli, con sua sorella nel mondo dei sogni.

Dopo qualche minuto, sospirando internamente, frustrata, si costrinse ad aprire gli occhi, e con la vista abituata all’oscurità e l’aiuto dell’insegna luminosa fuori scorse il vampiro con la schiena appoggiata al muro davanti al letto. Non poteva vedere il suo viso, nascosto nell’ombra, cosa di cui fu grata.

Si alzò, dirigendosi verso il balcone e facendo segno a Spike di seguirla, in modo da poter parlare senza rischiare di svegliare Dawn. Lasciò che lui la precedesse fuori e poi si chiuse la portafinestra alle spalle, incrociando le braccia ed evitando di guardarlo quando esordì, con tono distaccato:

“Hai trovato un’altra macchina?”

“Ce n’è qualcuna nel parcheggio del motel.” Lo sentì rispondere, il suo stesso tono.

“Pessima idea” Replicò subito, scoccando un’occhiata al di là della ringhiera “Le finestre delle camere danno sul parcheggio; il proprietario potrebbe vederci e denunciarci. Altre idee?”

“Siamo nel bel mezzo del nulla. Non so se hai notato ma non ci sono saloni di auto e concessionarie da queste parti.” Ribatté, la voce più dura. Buffy sbuffò, permettendosi di lanciargli un’occhiataccia.

“Beh, qualcosa dobbiamo inventarci. Non possiamo restare qui per sempre.” Disse petulante.

“Allora fallo, Cacciatrice. Inventa. Ma fallo alla svelta prima che quelli ritornino e concludano il servizietto che hanno fatto alla tua schiena”.

Sentì di nuovo la rabbia infiammarle il corpo e strinse i pugni, desiderosa di colpirlo: perché diavolo doveva sempre essere così insopportabile? La sensazione alla bocca dello stomaco era stata del tutto scacciata quando replicò, alzando un po’ la voce:

“Ma certo! Tanto devo sempre pensare a tutto io, vero? Una cosa ti avevo chiesto Spike, una, non mi sembrava difficile perfino per te: trovare una macchina. E tu torni a mani vuote dopo mezz’ora! In più, sei del tutto impotente contro i cavalieri, e adesso che ci penso l’ultima volta contro Glory ti sei fatto mettere k.o. subito. Non mi sei di nessun aiuto!”

“Se ben ricordi non sono stato io ad insistere per venire con te! Io me ne sarei stato tranquillo nella mia cripta a Sunnydale se tu non fossi venuta a strisciare implorando il mio aiuto, bellezza.”

Questo era troppo. Buffy arrossì mentre la rabbia cresceva ancora di più, invadendola.

“Non ho bisogno di te, Spike!” Ringhiò, stavolta guardandolo dritto in faccia. “Hai proprio ragione, ho commesso un errore a venire da te. Avrei fatto meglio a chiedere ad Angel di aiutarmi, lui sicuramente sarebbe stato migliore di te!!”.

Si sentì soddisfatta quando vide dal suo volto di averlo colpito: conosceva bene la sua rivalità nei confronti del proprio ex, quanto odiasse essere paragonato a lui. Riuscì a leggere una punta di dolore nei suoi occhi blu prima che lui la mascherasse con il suo solito sorrisetto beffardo.

“Va bene, allora. Se ti sono d’intralcio, Cacciatrice, non c’è nessun motivo per cui debba rimanere”.

Nei pochi istanti che le ci vollero per registrare quelle parole si sentì spaccata in due: una parte di lei, più orgogliosa, voleva lasciarlo andare; al diavolo, non aveva bisogno dell’aiuto di un vampiro per proteggere sua sorella, se la sarebbe cavata benissimo da sola. In fondo, era la Prescelta, inoltre non aveva alcuna voglia di dare a Spike la soddisfazione di credere di esserle indispensabile.

L’altra parte invece, più ragionevole, si sentì spaventata: non poteva perdere l’unico alleato che aveva, non voleva restare sola in quella guerra; e se Dawn fosse stata catturata perché era stata troppo presuntuosa per chiedere aiuto? Non avrebbe mai potuto perdonarselo. Per quanto difficile e amaro, aveva bisogno di qualcun altro. Si sentiva già esausta per il peso delle responsabilità che portava sulle spalle, senza doverlo raddoppiare. 

Mentre il conflitto interiore la consumava, il vampiro la oltrepassò, aprendo la portafinestra e tornando nella stanza, deciso. Non gli piaceva l’idea di abbandonare le due ragazze a se stesse, ma quella stronza non aveva fatto altro che sputargli addosso insulti da quando erano arrivati al motel, del tutto dimentica del clima disteso e quasi di amicizia che avevano istaurato nell’abitacolo della macchina, e la cosa lo faceva davvero infuriare. Senza contare i suoi continui riferimenti a quell’idiota di Angel, appositamente per ferirlo. Non la sopportava più, nemmeno l’amore che provava per lei calmava la collera che gli pulsava nelle vene, il suo demone di nuovo in agitazione, che lottava per uscire.

Non aveva mai avuto un carattere riflessivo e in passato, prima della maledetta Iniziativa e dei suoi esperimenti, aveva sempre rigettato il suo furore uccidendo qualcuno. Tutte le volte in cui Angelus aveva messo le mani addosso a Drusilla, per esempio, aveva sempre massacrato qualche stupido umano, e il loro terrore, il sangue e le urla erano stati abbastanza soddisfacenti da quietare il demone, permettendogli di sopportare anche se a stento l’idea di lui che se la faceva.

Adesso si sentiva ancora di più arrabbiato al pensiero che anche dopo anni e con tutto l’affare della maledizione zingara che l’aveva trasformato in una femminuccia piagnucolosa, Angel riuscisse ancora a mettersi fra lui e la donna che amava. Faceva male ancora di più di tutti gli altri insulti che la Cacciatrice poteva riversargli addosso. Così, evitando di proposito di guardare la ragazzina addormentata, l’unica che lo avesse trattato con un po’ di rispetto in tutta la Scooby Gang e Cacciatrice compresa, aprì la porta della stanza e se ne andò velocemente fuori. Se Buffy lo avesse voluto indietro, stavolta avrebbe dovuto davvero implorarlo in ginocchio, maledetta bastarda orgogliosa.

L’aria fresca dell’esterno non migliorò il suo umore. Grugnì, guardandosi intorno alla disperata ricerca di qualcosa da uccidere, un demone, un vampiro, qualunque cosa per sfogare tutta la rabbia e la frustrazione che lo attanagliavano, per potersi togliere dalla testa il viso duro e gli occhi carichi di disprezzo e di odio con cui la Cacciatrice l’aveva apostrofato. Purtroppo, il posto era deserto, e il demone dentro di lui si agitò ancora di più,  costringendolo a scaricarsi sferrando un cazzotto al muro con tutta la forza che aveva.  Vi lasciò un cratere un po’ più grande del suo pugno, i calcinacci caddero a terra e la mano cominciò a pulsare dal dolore. Maledetta troia, chi si credeva di essere per trattarlo in quel modo!?

“Spike?”

Sentì chiamare la donna in questione, la voce debole ma decisa. Naturalmente aveva percepito la sua presenza non appena era uscita a sua volta dal motel, il suo profumo dolce e intenso nelle narici, il sangue che le scorreva nelle vene, pulsante.

Stavolta non l’avrebbe aiutata: avrebbe dovuto dire chiaramente di aver bisogno di lui, avrebbe dovuto scusarsi, supplicarlo…

“Spike.” Un sospiro, come se si stesse convincendo a dire qualcosa; lui non si degnò nemmeno di guardarla. Forza bellezza, pensò spietato Sono sicuro che puoi farcela.

“Torniamo dentro”.

Un comando, pronunciato col solito tono freddo a autoritario. Niente scuse, niente spiegazioni, niente suppliche, nemmeno un tentativo di essere gentile. Se possibile, la cosa lo fece accalorare ancora di più. Strinse i denti:

“Te lo puoi scordare.” Ringhiò, e fece per allontanarsi quando la mano di lei gli circondò il braccio in una stretta decisa, di ferro. Si voltò, ritrovandosi il volto della ragazza a pochi centimetri dal proprio, gli occhi di smeraldo luminosi e intensi, le sopracciglia aggrottate, le labbra rosse serrate. Per un secondo, si ritrovò ad ammirare quel viso così perfetto, così fresco, riempiendosi i polmoni del profumo della sua pelle, imbambolato dalla sua bellezza. Subito dopo scacciò quei pensieri, avvertendo di nuovo la furia e il dolore e ricordandosi tutto quello che lei gli aveva detto, e il suo cuore tornò freddo come il ghiaccio, così come la sua voce quando parlò:

“Lasciami andare, Cacciatrice.”

“No.” Lei era ancora fiera e distaccata. “Non puoi andartene, Spike.”

“Scommettiamo?” Replicò, divincolandosi dalla sua stretta e accingendosi ad allontanarsi. Di nuovo, lei lo afferrò, stavolta con più violenza, e lo sbatté con la schiena contro il muro, bloccandolo lì. Malgrado se stesso e la sua rabbia, non poté fare a meno di trovare eccitante la furia di lei, il contatto con il suo corpo caldo schiacciato contro il proprio, della stretta delle sue mani, una sul collo della maglietta nera, l’altra sull’avambraccio.

“Che vuoi farmi, Cacciatrice?” Le rivolse il suo solito sorrisetto, quello che la faceva tanto arrabbiare, e si passò la lingua sui denti, allusivo.

Buffy ignorò volutamente la sua domanda. Sperava intensamente che la piantasse di fare il testardo rompiscatole e la seguisse in camera. Lasciare da sola Dawn le era costato un grande sforzo, ma sapeva che se non l’avesse inseguito lui se ne sarebbe andato davvero. Spike non era il tipo da bluff intellettuali, era più il tipo da ’segui il tuo sangue e fregatene del resto’. Sebbene fosse disposta ad ammettere che lui provava qualcosa per lei e sua sorella, era consapevole che qualunque cosa fosse non era più forte della sua rabbia e della sua cocciutaggine. Cavoli, era disposta a scommettere tutti i suoi risparmi che sarebbe uscito fuori dal motel anche se fosse stato pieno giorno, a costo di morire bruciato dal sole, pur di non dargliela vinta e starsene buono in camera.

“Devi restare.” Ripeté, guardandolo dritto in quegli occhi blu ora gelidi come iceberg. Lui si aspettava un qualche genere di scusa, ne era certa, ma anche lei era testarda. Spike la fissava in silenzio, lo sguardo ostinato e la mascella contratta, senza dire una parola. Buffy sbuffò, roteando gli occhi: così non sarebbero andati da nessuna parte. Doveva cedere, almeno un po’, anche se non voleva certo dargli più soddisfazioni del dovuto. Con un grosso sforzo di volontà, continuò:

“Lo sai che mi servi in combattimento. Non vorrai abbandonare Dawn, spero.”

Aveva giocato la carta più preziosa che aveva, sperando che la questione si chiudesse alla svelta. Funzionò, perché vide il suo sguardo vacillare, ma il vampiro si ricompose quasi subito, continuando a fissarla con freddezza. Capì che doveva accentuare il messaggio, e ammorbidì la voce quando aggiunse, liberandolo dalla presa:

“E dire che lei si fida così tanto di te. È convinta che la proteggerai. Cosa penserà domani quando le dirò che l’hai piantata in asso?”

La Cacciatrice conosceva bene i suoi punti deboli, Spike si accorse. Non era difficile, dopotutto: Angel per farlo arrabbiare, Dawn per farlo capitolare. Gli venne quasi da ridere, ma si trattenne: era vero che in nessun modo voleva deludere la piccoletta, era piacevole stare con lei e non avrebbe voluto che le accadesse qualcosa per colpa sua; ma allo stesso tempo era deciso a non cedere tanto facilmente: Buffy aveva volutamente sottolineato il fatto che soltanto la sorellina aveva bisogno di lui, e Spike era deciso affinché ammettesse che lei non era da meno.

“Nasconderti dietro tua sorella non ti servirà, stavolta.” Replicò duramente, e quando la vide aprire la bocca stupita, sorrise: “Se mi vuoi, devi chiedermelo.” Aggiunse con voce profonda, in un sussurro. Dire che fu compiaciuto quando la vide accigliarsi, mordendosi il labbro inferiore, era dire poco. Senza contare il brivido di eccitazione che pervase il suo corpo nel vedere quel gesto, la voglia di afferrarla e baciarla, morderla…

“Te l’ho già chiesto.” Disse Buffy ostinata, riferendosi sia alla prima volta, nella Cherokee, sia a qualche minuto prima. Spike incrociò le braccia.

“Beh, non è stato abbastanza.”

Fece un passo avanti, eliminando quasi del tutto la distanza che li separava, tanto da poter sentire il suo respiro, il suo calore sulle labbra. Allungò un mano e prese fra le dita una ciocca di capelli dorati, giocherellandoci, mentre il viso si muoveva per sussurrarle all’orecchio:

“Devi dirmelo, piccola. Dimmi che tu hai bisogno di me, non tua sorella, non i tuoi amici. Tu.”

Buffy rabbrividì quando percepì il suo fiato freddo sul collo, le sue dita fra i capelli. Voleva disperatamente spingerlo via e andarsene, ma non poteva, se ne rendeva conto. Strinse i denti con risentimento: ma perché doveva farla tanto lunga? Che cosa ci avrebbe guadagnato da quella ammissione, a parte soddisfare il suo stupido ego maschile? Per di più, come si permetteva di starle così vicino, di toccarla con tanta confidenza, di sussurrarle nell’orecchio con quella voce così suadente…

Si sentì arrossire. Che cavolo le era preso? Non era il momento di pensare ai movimenti di Spike, ma a convincerlo a restare. Eppure, era così difficile, con la sua mano che ora scivolava lungo l’avambraccio, facendola rabbrividire, che sfiorava appena la curva del seno, dirigendosi verso la coscia, un tocco così delicato, ma così intenso. Lì cominciò a formare dei circoli con le dita, accarezzandola, e Buffy chiuse gli occhi, improvvisamente invasa da uno strano calore, le ginocchia molli e il respiro accelerato.

“Mi vuoi, Buffy?”

Le sussurrò ancora Spike, dannatamente sensuale, sfiorandole l’orecchio con le labbra. Lei sospirò, lasciandosi andare, incapace di pensare. La mano di lui, lenta, raggiunse l’interno delle sue cosce, continuando ad accarezzarla, mandandole scariche elettriche per tutto il corpo. Il viso di lui affondò nel suo collo, annusando avidamente il suo profumo, per poi posarvi baci sempre più roventi, assaporando la sua pelle con la punta della lingua, mordicchiandola appena con i denti.

Il suo corpo non ubbidiva più ai suoi ordini. Era incapace di muoversi, di parlare, voleva solo restare lì, a farsi toccare in quel modo, esigendo sempre di più da lui…arcuò la schiena verso le sue dita, con un sospiro tremulo, incapace di trattenersi, affondando il viso nell’incavo della sua spalla e annusando il suo odore di cuoio e tabacco.

La bocca di lei si dischiuse di nuovo, in un gemito frustrato, quando lui si staccò dal suo collo per guardarla negli occhi, la mano che smise di lisciarle la coscia, rimanendovi però poggiata sopra con confidenza, le dita che sfioravano volutamente senza toccarlo il centro del suo piacere.

Buffy sapeva cosa stava aspettando, ma ora che quel sensuale assalto si era fermato cominciava a riacquistare lucidità, ed ebbe un tuffo al cuore quando capì quanto l’aveva lasciato andare avanti senza fermarlo, quando capì che l’aveva desiderato.

E che lo desiderava ancora.

Ne fu spaventata, voleva fuggire il più lontano possibile senza voltarsi indietro. Ma i suoi occhi blu la fissavano, quasi ipnotici, e lei ancora non riusciva a muovere un muscolo.

“Sì.” Ammise, a labbra strette, avvertendo di nuovo un po’ del risentimento e della rabbia; però, stranamente, ora sembravano non avere importanza, come appartenenti ad un remoto passato. “Ti voglio. Ho bisogno di te.”

Spike sorrise, soddisfatto e compiaciuto, di nuovo inclinando la testa verso il suo orecchio:

“Brava. Non era così difficile, vero?” 

Fece per baciarle di nuovo il collo ma Buffy stavolta si ritrasse, spingendolo via e guardandolo torva: le ultime parole, non sapeva perché, l’avevano infastidita molto. Forse era stato il tono arrogante con cui le aveva pronunciate, come a sottintendere che lei era sotto il suo controllo, che aveva mosso i fili e lei aveva obbedito come una marionetta. Oppure quell’espressione insopportabile di trionfo che gli aveva illuminato il viso, mentre la guardava beffardo.

O forse era solo la presa di coscienza di avergli permesso di spingersi troppo oltre….e di quanto le fosse piaciuto.

Il vampiro la guardò spiazzato, senza capire, la fronte aggrottata.

“Sì, ho bisogno di te, per proteggere Dawn. Solo per questo.” Rettificò, la voce più aspra. Spike parve di nuovo rabbuiarsi, e una scintilla color ambra gli attraversò gli occhi.

“E se ti azzardi di nuovo a toccarmi, Spike, ti ritroverai in cenere prima ancora di rendertene conto!” Aggiunse, furibonda.

Spike avvertì di nuovo la rabbia che aveva accantonato non appena aveva sentito l’odore di lei, il calore del suo corpo, la morbidezza dei suoi capelli. Esplorarla in quel modo con le mani era stata una mossa istintiva, che non aveva potuto controllare, e si era aspettato che lei lo picchiasse per questo. Invece, Buffy si era lasciata andare sotto il suo tocco, gli aveva permesso di assaporare il suo collo, accarezzare la sua pelle calda, e aveva provato vero piacere, ne era sicuro: l’odore dell’eccitazione di lei era inconfondibile. Ma adesso, la Cacciatrice si rifiutava di ammetterlo, assumendo di nuovo quel comportamento da bastarda, rinnegando perfino le sue parole.

“Se ti faceva tanto schifo, perché non mi hai fermato?” Replicò, con un sorrisetto. Buffy parve raggelarsi, poi di nuovo il fuoco incendiò il suo corpo e si scaraventò contro di lui, sferrandogli un pugno contro il naso. Spike, dolorante, barcollò all’indietro con un gemito soffocato, le mani sul viso. Faceva un male cane, ma non voleva darle soddisfazione e per tutta risposta si mise a ridere, guardandola con scherno.

“Allora ho ragione! Ti è piaciuto!” Esclamò, contento di vederla arrossire.

“NO!” Urlò Buffy decisa, sentendo sempre più imbarazzo e umiliazione e avvicinandosi di nuovo a lui, i pugni alzati, pronta a colpirlo di nuovo. 

“Sì invece.” Insistette Spike in un sussurro, con un sorriso dannatamente sexy. “E ti piacerà anche questo.”

La ragazza aprì la bocca per rispondere ma prima che potesse farlo Spike la afferrò per gli avambracci, forte ma non abbastanza da farle male,  e schiacciò le labbra fredde contro le sue.

Fu un bacio veloce e lieve, solo un misero contatto di labbra che durò meno di un secondo, un battito di ciglia. Buffy non fece in tempo a rendersi conto di ciò che succedeva che era finito, la presa sui suoi avambracci abbandonata. Guardò perplessa e impietrita il vampiro, che si era allontanato di un passo.

Spike la osservò, il cuore stretto in una morsa: non avrebbe dovuto, sapeva che non era la cosa giusta da fare, ma se ne era accorto un istante troppo tardi.  Quel bacio era così tremendamente freddo e orribile in confronto a quello che si erano scambiati nella sua cripta: non c’era affetto, non c’era calore, nemmeno desiderio. Niente di niente. Era stato dato solo per rabbia, e adesso si rese conto che aveva rovinato ciò che aveva instaurato con Buffy da quel meraviglioso giorno, che l’aveva perso, solo per uno stupido gesto fatto nella furia del momento. Lei non gliel’avrebbe perdonato, lo capì ancora prima di vedere gli occhi verdi di lei riempirsi di orrore alla realizzazione di ciò che era accaduto, ancora prima di vederla voltarsi in direzione del motel e scomparire senza un’altra parola.

Aveva rovinato tutto.

 

7. Paura, Sangue e Lacrime

 

Buffy affondò la testa nel cuscino, rannicchiandosi sotto le coperte. Erano ormai dieci minuti che era tornata in stanza e ancora il cuore le batteva forte, ancora si sentiva estremamente male e a disagio. Quello che era successo fra lei e Spike…era stato terribile. Non che si fosse scandalizzata per un semplice bacio, per giunta così innocente; bensì l’insieme di quello che era accaduto la spaventava: il modo in cui lui si era comportato, il modo in cui il suo corpo aveva reagito al tocco delle mani di lui, con quello che era senza ombra di dubbio desiderio.

Questo la terrorizzava.

Non poteva essere attratta da Spike, non in un momento come quello, non con tutti i guai che stavano passando. Il suo unico pensiero doveva essere quello di proteggere Dawn, non di coinvolgersi con un altro vampiro, soprattutto quel vampiro: un assassino spietato le cui vittime preferite erano proprio le cacciatrici come lei. Che cosa avrebbero pensato i suoi amici? Vedeva già la faccia delusa di Giles, la rabbia bruciante di Xander, la compassione di Willow…

No, non poteva permetterselo. Anzi, non voleva. Lei odiava Spike, era suo nemico, non ne era attratta. Sarebbe stato sbagliato.

Dawn si rigirò nel sonno e Buffy si voltò verso di lei, calmandosi un po’ quando scorse attraverso le ombre il suo profilo delicato, il viso innocente. Le sorrise dolcemente, anche se lei non poteva vederla: ecco a chi doveva pensare, alla sua sorellina! A portarla in salvo. Doveva dimenticarsi di stupidi vampiri ossigenati e focalizzarsi su di lei.

L’avrebbe lasciata dormire per un’altra oretta e poi l’avrebbe svegliata: secondo quanto le aveva detto Spike all’autogrill, non erano lontani dalla prossima città; l’avrebbero raggiunta a piedi e lì avrebbero trovato un’altra automobile con cui proseguire il viaggio. Sperava solo di non fare pessimi incontri, nel frattempo.

Sbadigliò, chiudendo gli occhi per riposare la vista, e  di nuovo le tornò in mente ciò che successo. Sbuffò: non voleva più rimuginare sull’accaduto, aveva già fatto abbastanza. Quando si fossero ritrovati faccia a faccia si sarebbe comportata come al solito, facendo finta che nulla fosse accaduto, e Spike avrebbe fatto meglio a seguire il suo esempio, perché se avesse pronunciato anche solo una parola al riguardo avrebbe fatto la conoscenza di Mr. Punta.  Ghignò soddisfatta, mentre senza che se ne accorgesse il sonno ebbe la meglio su di lei.

 

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Buffy si alzò dal letto, strofinandosi gli occhi e sbadigliando. Si diresse verso la porta della stanza, chiudendosela alle spalle e facendosi strada fra la folla verso il bancone del bar, ordinando una birra. La musica era bassa e piacevole, una canzone di cui non ricordava il titolo, cantata da una voce femminile. Il barista le consegnò la bibita, senza alzare gli occhi dalla sua rivista, e dicendo con voce meccanica: “Sono 600 dollari”.

Mise senza fiatare la somma sul bancone, battendo il piede a ritmo della musica. Non vedeva l’ora di scendere in pista a scatenarsi.

“600 dollari l’una, signorina”. Replicò il barista, e lei si imbronciò, guardandolo storto e dicendo con voce lamentosa: “Ne ho ordinata una, infatti!”

“E a me non pensi, Buffy?” Riconobbe subito la voce e si voltò, felicissima, incontrando il viso bellissimo e sorridente del suo primo amore. “Angel!” Gridò, abbracciandolo. “Che ci fai qui?”

“Ho saputo che sei nei guai”. Rispose lui, accarezzandole i capelli con dolcezza. Notò che portava al dito l’anello che aveva regalato anche a lei per il suo diciassettesimo compleanno. Si sentì improvvisamente a disagio pensando che lei non l’aveva portato, ma poi si accorse che lo indossava già e tirò un sospiro di sollievo. Angel la strinse a sé con affetto:

“Non posso vivere sapendo che sei in pericolo, Buffy. Per questo sono venuto. Non ti avrei mai lasciato ad affrontare da sola i tuoi problemi”.    

Gli sorrise radiosa: sapeva di poter contare su di lui, era sempre stato così. Una sensazione di gioia e di pace la colmarono, e Buffy si lasciò trasportare sulla pista da ballo, la testa poggiata sul petto di lui, cullata dal ritmo lento e dolce della musica.

“Non mi lascerai mai più?” Chiese in un sussurro, conoscendo già la risposta.

“Certo che no.”

Le prese il mento fra le dita e la costrinse con dolcezza a guardarlo negli occhi.

“Sarà tutto come prima, amore mio”. Le mormorò, accarezzandole la guancia con il pollice, e lei annuì serena. “Staremo di nuovo insieme.” Continuò Angel dolcemente. “Potrò di nuovo divertirmi con te.”

“C-cosa?”Chiese Buffy spiazzata, lui la baciò sulla fronte e poi le sorrise, tornando a guardarla.

“Sì, Buffy. In fondo, è facile portarti a letto. Ti faresti fare qualsiasi cosa, dopo un paio di palpatine nei punti giusti. L’ho detto anche a Spike.”

Lei si ritrasse dal suo abbraccio, orripilata. Quello non era più il volto tenero del suo primo amore: era il viso spietato di Angelus, che la guardava sogghignando, gli occhi color ambra.

“So quello che avete fatto tu e lui, piccola. Deve aver seguito il mio consiglio… a quanto pare, ogni tanto mi ascoltava quando gli parlavo. Vuoi farti scopare anche da lui, eh?”

“Smettila!” Gridò Buffy, voltandosi per scappare. Non poteva resistere a quegli occhi crudeli, alle sue parole malvagie.

“Credi davvero che lui ti aiuterà? Povera ragazzina: sei sola, in questa guerra. Alla fine, tutti ti abbandonano, sempre. In fondo, perché qualcuno dovrebbe desiderare di stare con te? Non vali nulla!” Angelus rise, crudelmente.

“Basta!” Gridò, cercando di andarsene. Ma qualcuno la afferrò per le spalle, scuotendola.

“Smettila, ho detto!” Replicò, divincolandosi.

“Ma devo farlo!” Insistette una voce più profonda, dall’accento inglese. “Devi svegliarti!”

 

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Aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi davanti il volto determinato di Spike, le sue mani sulle spalle che la scuotevano con poca delicatezza. Subito si divincolò dalla presa, guardandolo con odio:

“Che vuoi?” Ruggì, con rabbia, nel cuore ancora l’angoscia che aveva provato in quello che, realizzò, era stato solo un incubo.

Lui le lanciò un’occhiata seccata, poi sospirò: “Sono arrivati qui.”

 “Chi?” Ma conosceva già la risposta. Balzò giù dal letto e in un attimo si affacciò alla finestra per scrutare attraverso l’oscurità. Quando li vide, sgranò gli occhi dall’orrore: sapeva che sarebbero tornati con i rinforzi, ma non avrebbe mai immaginato che fossero così tanti: c’erano cavalieri all’entrata e tutto intorno al motel, decine di puntini argentati e neri sui loro destrieri, tanto numerosi da non poterli contare, da confondersi l’uno con l’altro alla vista. Buffy si sentì morire: non avrebbe avuto alcuna speranza contro tutti quelli, non poteva combattere un intero esercito da sola. Una parte del suo cervello però, quella non ancora completamente concentrata nell’ideazione di un piano per salvarsi, registrò un dettaglio:

“Non si muovono. Perché non fanno irruzione?” Chiese a bassa voce, più a se stessa che a chiunque altro. Spike evidentemente la udì perché rispose, con tono freddo:

“Vogliono trattare con te.”

“Come sarebbe a dire?” Quasi lo aggredì, voltandosi con un fruscio di capelli biondi. Solo allora si accorse che Dawn si era svegliata, e guardava prima l’una e poi l’altro dall’angolo della stanza, con la paura disegnata chiaramente sul suo viso, pallida come un lenzuolo. Evidentemente aveva già assistito allo spettacolo all’esterno.

“È da due minuti che lo urlano.” Rispose sua sorella, la voce acuta e flebile. “Ti ordinano di uscire fuori per trattare.”

Buffy corse subito al suo fianco, accarezzandola dietro la schiena per calmarla. Sotto il suo tocco, i muscoli di Dawn si rilassarono, anche se di pochissimo. Dentro di sé, la Cacciatrice era piena di interrogativi: perché questa improvvisa voglia di parlare? I cavalieri sapevano bene che se avessero attaccato tutti insieme avrebbero avuto la meglio. Nemmeno si  poteva ipotizzare che fosse una trappola per catturare sua sorella, sarebbe stato inutile ricorrere a certi sotterfugi data la loro superiorità di forze. Certo, la notizia che non sarebbero irrotti nella stanza a spada sguainata non le dispiaceva, ma era decisamente strano, e nei suoi anni di esperienza come Prescelta aveva imparato che strano era sinonimo di pericoloso.

“D’accordo, andrò a parlare con loro.” Disse, con il solito tono autoritario che assumeva in quei casi. “Voi nel frattempo dovete chiamare Willow, e dirle di alzare la barriera intorno al motel immediatamente. Io cercherò di intrattenerli più tempo possibile, ma voi sbrigatevi”.

Spike afferrò subito il cellulare che lei aveva lasciato sul comodino. Intanto, Buffy si voltò verso la sorella e le mormorò, più dolcemente possibile:

“Tranquilla Dawnie, non ti accadrà nulla. Se anche solo uno di loro si azzarda a toccarti lo sistemo io.”  Dawn accennò ad un sorriso, che stonava decisamente con l’espressione impaurita che si leggeva chiaramente nei suoi occhi azzurri. Buffy le diede un’ultima carezza e poi si diresse fuori dalla camera. Qualunque cosa volessero quei tizi, non si sarebbe data per vinta.

Mentre lei si apprestava a ’trattare’, Willow ricevette la telefonata di Spike. Quando venne a sapere del guaio in cui si trovavano e del fatto che la vita della sua migliore amica e di sua sorella dipendevano da lei, fu come se un gigantesco sasso le si fosse incastrato in gola. Comunque, non fece domande e subito afferrò il libro degli incantesimi, senza preoccuparsi nemmeno di riattaccare il telefono, e sfogliò febbrilmente le pagine alla ricerca del rito. Giles la fissò, senza capire cosa fosse successo ma intuendo che fosse grave, e impedì a Xander di interrompere la strega quando fece per domandarle spiegazioni. Willow sperava con tutto il cuore di essere all’altezza, mentre scorreva velocemente le pagine, il respiro e il battito cardiaco a mille.

Buffy si diresse all’esterno, superando il tizio alla reception che si era addormentato con la testa sulla rivista aperta, sbavando su una delle fotografie, del tutto ignaro dell’esercito che aveva circondato il motel. Un passo avanti a tutti, smontato da cavallo, stava un uomo vestito in modo diverso dagli altri, un mantello rosso sull’armatura, lo sguardo orgoglioso e deciso che non la lasciò per tutto il tragitto. Dedusse che doveva essere il comandante di quel branco di rompiscatole bloccati mentalmente al medioevo. Quando fu a pochi centimetri da lui, Buffy incrociò le braccia sul petto, un’espressione determinata e pericolosa sul viso, fredda e fiera.

“Dunque voi siete la Cacciatrice.” Esordì quello, con tono falsamente cortese.

“Cosa volete tu e i tuoi uomini?” Chiese lei, gelida. Il suo atteggiamento non doveva far trasparire quanto fosse preoccupata, perciò ostentò la solita sicurezza.

“Mi sembra chiaro, fanciulla.” Replicò quello calmo. “La Chiave.”

Willow trovò la pagina, ma non ebbe nemmeno il tempo di rallegrarsene. Subito si concentrò, estraniandosi dal mondo esterno e concentrandosi sull’energia mistica dentro di lei, richiamandola a sé in tutta la sua potenza, facendo in modo che ogni fibra del suo corpo la assorbisse, pronta a liberarla.

“Credete davvero che ve la consegnerò?” Ribatté acida, fissandolo torva. Il comandante la guardò quasi compassionevole.

“Dovete farlo. Credete che se volessimo non potremmo prendercela con la forza?” Disse arrogante, Buffy si incupì, senza smettere di squadrarlo con odio, ma non rispose.

“Forze dell’oscurità io vi invoco…” Recitò Willow, voce forte e risoluta, allargando le braccia. “…mani infernali, alzate i muri…”

“In questo edificio vi sono persone innocenti.” Spiegò il Generale pacatamente. “Non vogliamo coinvolgerle nella nostra battaglia, a meno che non ne saremo obbligati.” La guardò intensamente, e disse con tono ragionevole:

“La vita di queste persone dipende dalla vostra scelta, fanciulla.”

Quelle parole, pronunciate con quel tono, con quella pretesa di essere loro i buoni dalla parte del giusto, quelli che si preoccupavano della vita delle persone, fecero esplodere la rabbia della Cacciatrice.

“Cosa???” Gridò, infuriata “Dite di voler salvare delle vite e poi siete disposti ad uccidere una ragazzina, mille volte più innocente di qualunque ospite di questo pidocchioso motel?!?” Fece un passo in avanti, minacciosa, i cavalieri dietro che subito si misero in guardia.

“…da colei che è stata Scelta andate in aiuto…”

“La Chiave deve essere distrutta per salvare l’umanità.” Spiegò il Generale, per nulla turbato “Ora la Chiave è in forma umana. Un sacrificio insignificante per la salvaguardia del-”

Non poté terminare la frase perché alla parola ’insignificante’ Buffy lo aveva aggredito, la rabbia che imperversava nel suo animo che aveva attraversato il suo limite di sopportazione. Lo colpì due volte con i pugni, poi uno dei cavalieri le fu addosso, costringendola a mollare la presa per schivare un fendente della spada. Anche il generale sguainò la sua e fece per ferirla, ma lei bloccò la lama, sferrandogli un calcio per disarmarlo mentre un altro avversario la spingeva a terra. Buffy rotolò per evitare di essere trafitta, impugnando la spada sottratta al comandante, quando si accorse che uno dei cavalieri galoppava in direzione del motel.

Fece cadere a terra con un calcio quello che la stava attaccando e lanciò la spada, infilzandola dritta nella schiena dell’uomo, che si accasciò nell’atrio.

“…innalzate la barriera…”

Altri cavalieri al attaccarono. Mentre li combatteva, il Generale e un altro seguirono l’esempio di quello che aveva bloccato, facendo irruzione nel motel e terrorizzando l’uomo alla reception, probabilmente convinto di essere ancora in qualche strano sogno. “No!” Gridò Buffy, incapace di fermarli, e uno dei suoi nemici ne approfittò per ferirla, riaprendo la vecchia ferita sulla schiena che cominciò subito a sanguinare, il liquido caldo e viscoso che scorreva lungo la colonna vertebrale. Si vendicò sull’uomo storcendogli il braccio, in modo che fosse trafitto dalla sua stessa arma, mentre ancora la impugnava.

“ORA!!” Willow aprì gli occhi di scatto, i bulbi completamente neri, e una scarica di energia si liberò da lei. Allo stesso tempo, intorno al Pleasant Dreams comparve un campo di energia a forma di cupola che respinse i cavalieri all’esterno, permettendo a Buffy di liberarsi di quelli che l’avevano attaccata, che furono sbalzati fuori, e di correre più veloce che poté verso la stanza, impugnando un’ascia rubata ad uno di loro. Quando arrivò, vide che uno era stato già messo k.o, probabilmente da Spike, che ora stava accasciato a terra con la testa tra le mani, gemente dal dolore, mentre il Generale era davanti a una Dawn terrorizzata, la spada sopra la sua testa, pronto a sferrarle il colpo fatale.

Buffy lo bloccò, sferrandogli una ginocchiata dolorosamente potente sulla schiena, facendolo gridare e cadere a terra. Lo sovrastò, mettendosi a cavalcioni su di lui, e cominciò a tirargli pugni con odio, rompendogli il naso, spaccandogli il labbro, accanendosi anche dopo che quello perse i sensi. Maledetto bastardo, come aveva osato cercare di uccidere la sua sorellina? La paura che lei stessa aveva provato vedendolo ad un passo dall’assassinarla si era tramutata in furia, voleva colpire a sangue ogni centimetro di quel lurido verme che stava per privarla della sua famiglia. Quando finalmente riuscì a calmarsi aveva il fiatone: improvvisamente si accorse del dolore lancinante alla schiena e con un gemito si alzò, lasciandosi cadere sdraiata sul letto, esausta. Dawn era ancora tutta tremante, si avvicinò barcollando verso il letto e si accoccolò vicino alla sorella maggiore, il cuore che le sfondava il petto.

Dal cellulare, proveniva martellante la voce ansiosa di Willow. Spike capì che le altre due adesso non avrebbero risposto, così con un grugnito e ancora un vago dolore per le scariche elettriche esplose nella sua testa quando aveva colpito l’umano, lo afferrò e borbottò:

 “Tutto a posto.”

“Davvero!? Ha funzionato!?” Esclamò la Rossa, con voce piacevolmente risollevata. “E Buffy come sta? E Dawn??”

“Tutto a posto.” Ripeté lui, percependo l’odore del sangue della Cacciatrice. “Stanno bene.”

“WoW!” L’urletto della Rossa quasi gli spaccò un timpano, e decise di interrompere la comunicazione lì senza tanti complimenti, augurandosi che quella non lo trasformasse in un rospo per questo.

Lanciò un’occhiata fredda al Generale ed estrasse una sigaretta dal pacchetto comprato dal grassone dell’autogrill, facendo uscire la fiamma dal suo accendino preferito con uno schiocco e fumando avidamente, dirigendosi verso la finestra per non riempire la stanza di fumo: non che gli importasse qualcosa, ma non aveva alcuna voglia di sorbirsi le lamentele assillanti della Cacciatrice. Fuori, i cavalieri stavano ancora tentando di oltrepassare la barriera aggredendola con le spade, poveri idioti.

“Spike, lega il Generale e butta fuori l’altro.” Ordinò Buffy, la voce autoritaria come sempre ma piuttosto deboluccia. La perdita di sangue stava avendo i suoi effetti, realizzò il vampiro, chiedendosi se stavolta quella testarda orgogliosa gli avrebbe permesso di curarle la ferita. Si concesse qualche altro minuto per godersi la sigaretta fino alla fine e poi obbedì, mentre la Cacciatrice e la piccoletta restavano sdraiate sul letto, la prima per riprendersi dalla lotta, la seconda dallo spavento.

Sospirò, piegandosi verso l’uomo svenuto a terra.

 

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“Dov’è la Cacciatrice?” chiese Glory, la mano stretta sul collo di una donna tutta tremante, le unghie ben curate nella sua carne. Il marito guardava tutte e due terrorizzato, accasciato a terra, entrambe le gambe fracassate e il volto sanguinante, i gemiti della sua amata Connie che gli risuonavano nelle orecchie facendolo sentire un verme impotente, il cuore spezzato.

“I-io non c-capisco” Piagnucolò lei, la voce piccola e spezzata, il viso zuppo. “L-la prego, non m-mi faccia del male...”

“Sì, p-può prendere tutti i nostri soldi!” Insistette Christopher, con voce implorante, la mascella che gli tremava “Ma ci lasci andare, p-per favore…”

“Così non sapete nulla. Me l’immaginavo.” Sospirò Glory seccata, mollando la presa. Connie restò appiccicata al muro, incapace di muoversi, ansimante e gemente, le lacrime che rotolavano sulle guance incontrollabili. Glory le sorrise dolcemente, accarezzandole i lunghi capelli castani e sistemandole una ciocca dietro l’orecchio.

“Ehi, cara, non c’è bisogno di piangere in questo modo. È tutto a posto.” Esclamò rassicurante, Connie fece un sorriso stentato di rimando. “N-non mi farà del male..?”

“Oh…” Il sorriso si addolcì ulteriormente, e con uno scatto veloce la mano si conficcò nel petto della ragazza, che sgranò gli occhi dalla sorpresa, e dalla bocca spalancata non uscì nemmeno un suono: era morta all’istante. Il marito urlò, coprendosi gli occhi con le mani e singhiozzando. Glory estrasse la mano con un gesto secco e il sangue cominciò a zampillare come una macabra fontanella, impiastricciando l’abito da sera di seta viola mentre il corpo senza vita si accasciava a terra.

“Io di solito non perdo tempo con queste sciocchezze. Voglio solo al mia Chiave.” Spiegò la dea, afferrando il mento del marito per costringerlo a guardarla, sporcandogli la faccia del sangue della moglie.

“Ci sono stata costretta. La Cacciatrice lascia la città alla mia mercé? Ne pagherete voi umani le conseguenze, ora che chi dovrebbe difendervi scappa a gambe levate. Ringrazia lei, mio caro amico.”

Christopher chiuse gli occhi, pregando a labbra strette, pronto a subire la stessa sorte della moglie. Invece Glory lo lasciò rudemente, andandosene ticchettando sui tacchi a spillo, i ricci che fluttuavano sulle spalle.

L’uomo restò a piangere e a disperarsi sul marciapiede per un’altra ora, in preda allo shock, prima che una vecchia signora lo trovasse e chiamasse la polizia.

 

8. Un Attimo di Pace

 

Buffy si accorse che la ferita non accennava a smettere di sanguinare copiosamente e di prosciugarle tutte le energie. Avrebbe dovuto medicarla al più presto, ma non voleva che Dawn la vedesse: immaginava che non fosse un bello spettacolo e non voleva che si preoccupasse più del dovuto. In fondo, fra i doni che l’essere la Prescelta le aveva fornito, oltre all’impossibilità di una vita sociale e di avere una relazione stabile con un uomo normale, c’era fortunatamente anche la capacità di guarire in fretta; ma se Dawn avesse visto quella brutta ferita avrebbe potuto impressionarsi, ed era già abbastanza terrorizzata, per quella notte.

“Dawnie, potresti andare a prendermi una bibita fresca?” Chiese, voltandosi verso di lei. “C’è un distributore alla fine del corridoio.”

La sorella la guardò dubbiosa, costringendola ad aggiungere:

“La barriera tiene lontano i cavalieri. Sei al sicuro.” A questo punto, Dawn annuì debolmente.

“Che bibita?”

“Uhm…una Coca-Cola.” Rispose, pensando che un po’ di caffeina non le avrebbe fatto male: sarebbe potuta essere una lunga notte. La sorellina prese qualche moneta dal suo portafogli e uscì.

Subito, Buffy si rivolse a Spike: “Aiutami ad andare in bagno.”

Il vampiro fu subito accanto a lei, le circondò il fianco con il braccio e lasciò che lei gli passasse il proprio sulle spalle. Sentirlo così vicino,  anca contro anca, le gambe che strusciavano l’una contro l’altra mentre camminavano, l’odore di lui tutto intorno a lei, le fece tornare in mente il momento in cui lui aveva giocato con i suoi capelli, in cui l’aveva toccata, sussurrandole nell’orecchio, e sentì di nuovo uno strano calore nel basso ventre, e subito dopo un’onda di disagio al petto.

“Tornerà prima che tu abbia finito.” Borbottò Spike, facendole di nuovo sentire il fiato gelido contro la pelle. Rabbrividì, ma lui non ci fece caso, probabilmente pensando che fosse per lo sforzo. Quando finalmente registrò la sua domanda Buffy si chiese con un angolo della mente come cavolo facesse il vampiro a capire sempre al volo ciò che pensava. Era come se riuscisse a leggerle dentro, un fatto profondamente seccante, ma che allo stesso tempo le dava una strana sensazione di…conforto.

Cosa che naturalmente rendeva tutto ancora più seccante, dato chi ne era l’artefice. 

“Lo so.” Ribatté freddamente, mentre lui allungava una mano per abbassare la maniglia della porta del bagno.

“Mi lasci qui, esci e le dici che devo medicarmi la ferita, ma che non è il caso di preoccuparsi perché è solo un graffio.” Sospirò. “Se non la vede è più probabile che ci creda.”

Spike la fece scivolare seduta per terra, con un’attenzione e una delicatezza sorprendenti.

“Dolcezza, nel momento stesso in cui vedrà la pozza di sangue che hai lasciato sul copriletto, capirà che non è solo un graffio”.

Buffy sgranò gli occhi, sbigottita: era un particolare a cui non aveva pensato. Abitualmente non avrebbe fatto un errore del genere, ma ora si sentiva debole ed esausta, aveva un cerchio alla testa e le palpebre pesanti, oltre ad una fastidiosa sensazione di nausea alla bocca dello stomaco; tutto ciò di cui aveva voglia era chiudere gli occhi e dormire per venti ore di fila. Comunque, con uno sforzo considerevole, si spremette le meningi per trovare una buona scusa:

“Dille che è di uno dei cavalieri…oppure che ti è caduto del sangue sul letto mentre lo stavi bevendo dalla busta! Sì, può funzionare.”

“Oh, ma certo! Mi sono fatto un drink proprio nel punto su cui eri sdraiata tu, imbrattando tutto di sangue, e nel frattempo, guarda caso, tu ti sei nascosta in bagno a disinfettarti un taglietto da niente che in altri casi non avresti neppure guardato.” Esclamò, con tono falsamente convinto, inarcando un sopracciglio in atteggiamento di scherno nella sua direzione.

“Sei un genio, dolcezza. La berrà di sicuro. Oh, e già che ci sei, perché non le racconti che i cavalieri là fuori fanno parte di una troupe cinematografica che vuole solo conoscerla per proporla come nuova star del loro film?”

Buffy lo guardò torva, digrignando i denti e con una voglia improvvisa di picchiarlo. Quello che aveva detto era vero, nonostante il tono sarcastico, e forse era proprio questo a bruciarle tanto. Maledetto vampiro! Perché non chiudeva una buona volta quella boccaccia?? E soprattutto, perché doveva proprio aver ragione??

 “Hai un’idea migliore, Mr. Perossido?”

In quel momento, udirono la porta della stanza aprirsi con un cigolio, un breve silenzio attonito e preoccupato e poi la vocetta incerta di Dawn: “Ehi, dove siete?”

Spike le lanciò un’ultima occhiata velenosa prima di voltarsi e uscire dal bagno.

Buffy ce l’aveva ancora a morte con lui, sperava che almeno dopo la battaglia, dopo che si era fatto quasi scoppiare il cervello per colpire l’idiota in costume, avrebbe dimenticato il piccolo incidente avvenuto fra loro. In fondo, se l’era cercata! Prima quell’atteggiamento da bastarda orgogliosa, poi l’avergli fatto credere di avere una possibilità, lasciando che lui la toccasse, poi di nuovo il gelido disprezzo e la rabbia…maledetto il giorno in cui si era innamorato di quella rompipalle lunatica e acida! E lui che credeva che non avrebbe mai più sofferto così tanto per amore dopo l’affare con Dru. Illuso! La Cacciatrice sapeva davvero strapazzarlo per bene, piccola ragazzina insopportabile e petulante…

“Spike!”

Gridò Dawn con sollievo quando lo sentì arrivare, distogliendo per un momento lo sguardo angosciato dalla grossa macchia rossa e ancora calda sul copriletto.

“Dov’è Buffy??”

“In bagno.”

“È ferita!! Oh mio Dio, sta male???” Dawn lasciò cadere per terra la lattina di Coca-Cola e fece per correre in bagno, il viso pallido preoccupato e teso. Il vampiro la bloccò prima che potesse entrare, una stretta decisa ma non tanto da farle male sugli avambracci.

“Sta bene, tranquilla. Le cacciatrici  hanno la pelle dura, e tua sorella è la più coriacea che abbia mai incontrato. Deve solo medicarsi e già domani potrà fare di nuovo i salti mortali.”

Dawn lo guardò incredula, il colore dei suoi occhioni blu che risultava ancora di più rispetto al volto color latte scremato.

“Non è una bugia, vero? Sta bene?”

“È okay.” La rassicurò, mollando la presa. “Tu resta qui mentre io l’aiuto.” 

“Non posso aiutarla anch’io?”

“Meglio di no. Non è un bel vedere”.

La piccola parve di nuovo preoccupata, ma Spike le diede una leggera pacca sulla schiena, in segno d’incoraggiamento.

“Non è grave, l’ho vista guarire da cose dieci volte peggiori. È solo che tua sorella sanguina come un maledetto maiale sgozzato. Ma sta bene, ha ancora la forza per insultare, protestare, rompere il c….”

Si bloccò, sbuffando: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era sentire la Cacciatrice strepitargli nelle orecchie per aver ‘corrotto’ l’innocenza della sua sorellina. Dawn ridacchiò, visibilmente risollevata.

“Okay. Ma se vi serve qualcosa…”, lasciò intendere la brunetta, lui annuì, prese il kit del pronto soccorso e si diresse di nuovo verso il bagno, chiudendosi la porta alle spalle.

Buffy si era abbandonata con la schiena contro il lato della vasca, gli occhi chiusi, il volto sudato e cadaverico, e respirava a fatica. Spike aprì la valigetta e prese la Cacciatrice per le spalle per voltarla, ma appena le sue mani la sfiorarono lei aprì gli  occhi di scatto.

“Devo voltarti per medicarti la schiena.” Disse freddo, lasciando trapelare l’ovvietà della spiegazione e anche quanto l’idea di toccarla gli fosse del tutto indifferente. Una scintilla bellicosa brillò negli occhi verdi della Cacciatrice, ma la bionda assecondò i suoi movimenti senza una parola. Si sentiva senza forze: la perdita di sangue la stava danneggiando ancor più di tutto il viaggio e della battaglia contro i cavalieri. Era a pezzi.

Il vampiro prese le estremità della sua maglietta, ormai diventata rossa, e la lacerò in due con uno strappo secco, rivelando la pelle nuda della schiena, la chiusura del reggiseno bianco e il grosso taglio. Subito percepì la Cacciatrice irrigidirsi.

“Vedi di non farti venire strane idee!” Riuscì a dirgli lei, con voce roca. Nemmeno Buffy sapeva se si riferiva alla tentazione di bere il suo sangue o di guardarla e toccarla.

Probabilmente a entrambe le cose.

Spike rispose con uno sbuffo seccato, ma dovette suo malgrado sforzarsi di placare il suo demone, che all’odore del sangue di un’umana dopo tanto tempo, soprattutto quello della Cacciatrice, si era rivoltato. Chiuse per un po’ gli occhi, respirando profondamente sebbene non ne avesse bisogno, scacciando gli istinti che premevano affinché affondasse i canini nella tenera carne di lei e succhiasse avidamente, bloccando il demone che lottava per uscire.

Quando li riaprì, la sua mente ora fredda e distaccata gli permise di cominciare a pulire la ferita con una garza bagnata nel disinfettante. Al più presto però avrebbe dovuto saziare il demone in qualche modo.

Buffy strinse i denti, soffocando i gemiti per il bruciore alla schiena provocato dallo sfregamento e dall’antisettico; era abituata a sopportare il dolore, ma non poté impedire al respiro di accelerare, né al suo corpo di rabbrividire e di sussultare. Faceva davvero male, la ferita doveva essersi infettata. Forse avrebbe fatto meglio a farsela medicare sin dall’inizio…

“Resisti solo un altro po’. Ho quasi finito.” Sentì dire da Spike, la voce profonda incredibilmente dolce e premurosa. Quel cambiamento la fece arrossire malgrado se stessa: era lo stesso tono che usava quando diceva di amarla.

“Non preoccuparti. Sto bene.” Disse sforzandosi, con voce strozzata. 

Dopo quell’ultima frase, Spike si ritrovò a sorridere: eccola, la solita Buffy. Fiera e presuntuosa. Probabilmente avrebbe detto esattamente la stessa cosa anche se avesse avuto un buco nella schiena che la attraversava da parte a parte, grande come una pallina da tennis. Era una cosa che lo faceva infuriare, ma che allo stesso tempo lo attraeva dannatamente: il suo coraggio e la sua altera determinazione erano le qualità che la rendevano la più grande guerriera che avesse mai incontrato, un’avversaria degna di stima e rispetto. Non importava quanto la buttassi giù. Lei era sempre pronta a rialzarsi e ad affrontarti a testa alta.

Quella era la sua Buffy, la Buffy di cui era innamorato.

Cercò di ammorbidire al massimo il tocco quando chiuse le due estremità della ferita con dei cerotti appositi, piccoli e bianchi, simili ai punti di sutura. Il corpo di lei era teso, tutte le funzioni vitali accelerate, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono, nemmeno il minimo gemito o sospiro, per tutta l’operazione. Quando Spike terminò anche di fasciarla, prese una salvietta bagnata per pulirle dalla schiena i residui di sangue, e lei si rilassò un poco quando sentì il fresco sulla pelle.

Buffy percepiva il suo tocco, così straordinariamente delicato, attento a non farle male, e nella confusione di pensieri che aveva nella testa in quel momento, si ritrovò a chiedersi se fosse stato altrettanto premuroso con Drusilla durante la sua malattia.

Incredibile come riuscisse a trasformarsi da guerriero feroce ad amante tenero in uno schiocco di dita.

Incredibile come riuscisse prima a farla infuriare e poi a farla stare bene in una manciata di secondi.

“Ti faccio portare dei vestiti puliti da Briciola.”

La informò il vampiro, la voce tornata fredda, alzandosi per uscire dal bagno.

“Spike?”

Lui si voltò immediatamente al suono della sua voce, in attesa, guardandola con quei suoi occhi azzurri straordinariamente belli. Buffy esitò, perdendosi un momento in quello sguardo –da quando in qua un vampiro poteva avere degli occhi così intensi e sinceri?-,  poi sospirò:

“Grazie di essere rimasto.” Disse con voce fioca, ma ugualmente dolce. “E…di tutto il resto.”

Per la prima volta in ventiquattr’ore, il viso di Spike s’illuminò, e le sorrise senza alcuna traccia di derisione, o di cattiveria. Solo un sorriso onesto e tenero.

“Qualunque cosa per te, Buffy. Lo sai.”

La guardò con affetto per un altro momento, poi scomparì dietro la porta. La Cacciatrice chiuse gli occhi, lasciandosi andare, godendosi il sollievo che la fasciatura le stava donando. Si sentiva molto meglio, e una parte di lei sapeva che non era solo per la medicazione. 

Il rilassamento durò poco più di un minuto, perché subito si ritrovò a sobbalzare col cuore in gola allo sbattere della porta che veniva spalancata senza tanti complimenti, mentre la sua adorata sorella minore si precipitava in ginocchio accanto a lei. Sospirò, imponendosi la pazienza.

Anche Dawn sembrava stare meglio dall’ultima volta che l’aveva guardata: le guance avevano ripreso un po’ di colore, e la pelle sembrava molto meno tirata di prima. Teneva fra le braccia una maglietta a maniche lunghe verde acqua che aveva sottratto dalla sua borsa, e quando le parlò, sentì che il suo fiato sapeva di Coca-Cola, cosa che le fece intuire che fine avesse fatto la sua bibita.

“Buffy, stai bene?” Chiese ansiosa, allungandosi per scrutarle la schiena e coprendole così la faccia con una massa di capelli bruni, che le fecero venire da starnutire.

“Sì, sto bene.” Rispose lei, sputacchiando capelli. Per qualche inspiegabile motivo tutto ciò le stava facendo ricordare perché a casa non riusciva a sopportarla.

“Vuoi che ti aiuti a infilarti la maglietta pulita?” Si offrì, con voce squillante. Buffy sorrise: per fortuna l’attacco di quel bastardo non l’aveva traumatizzata. Era forte, la sua sorellina. Annuì, e con qualche sforzo riuscì a cambiarsi.

“Io so che quando perdi molto sangue devi mangiare zuccheri.”

Disse Dawn, una volta che la sorella maggiore si sdraiò di nuovo sul letto con un roco gemito. Spike se ne stava fuori al balcone, ad osservare i cavalieri e a trangugiare una tazza di sangue di maiale, col sorriso sulle labbra.

“È per questo che ti sei bevuta la mia coca?” Chiese Buffy, inarcando un sopracciglio. Dawn ebbe almeno la decenza di arrossire.

“Ehm…avevo un po’ di sete. E ne ho bevuta solo un pochino.” Si scusò, porgendole la lattina. La Cacciatrice sospirò, portandola alle labbra e finendola con tre lunghe sorsate.

Dawn sbadigliò, strofinandosi gli occhi col pugno in un gesto tanto infantile quanto adorabile.

“Torna a dormire, Dawnie. Il pericolo è passato, per stanotte.” Le suggerì, con voce calda.

“Non ho sonno!” Mentì lei, con voce impastata.

“Okay. Allora sdraiati solo qui con me.”

La sorellina obbedì, distendendosi accanto a lei. Dopo cinque minuti, Buffy la sentì russare leggermente, il petto che si alzava e abbassava a ritmo regolare. Sospirò, chiudendo gli occhi e seguendo l’esempio di Dawn non più di qualche minuto dopo.

Fu così che Spike le ritrovò, quando rientrò dal balcone. Era decisamente più risollevato e di buon umore per essere riuscito a far pace con la Cacciatrice. Non gli piaceva affatto che ce l’avesse con lui per qualche motivo, e quella sua gentilezza aveva fatto rinascere nel suo cuore la speranza che, magari, un giorno…

Le contemplò benevolo per un momento, la bellezza splendente di Buffy, con quei capelli meravigliosi, quelle curve mozzafiato, la dolcezza di Dawn, col suo visetto innocente, le lentiggini sul naso.  Le mie ragazze… pensò con un sorriso compiaciuto, e oltrepassò il letto per andare a controllare il prigioniero nell’altra stanza, prima di coricarsi anche lui. 

Dopotutto, era l’uomo di casa.

 

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Il cellulare trillò acuto e Giles si svegliò di soprassalto, gli occhiali di traverso. Il sole sembrava sorto già da un po’. Con un gemito sommesso per il mal di schiena da posizione, l’Osservatore si raddrizzò sul sedile per rispondere, ma Willow, già desta da un po’, lo precedette, costringendolo ad ascoltare una conversazione unilaterale.

“Buffy!! Allora come va? Ieri avete avuto un bel trambusto…state tutti bene? Sì, ho parlato con Spike, ma dev’essere caduta la linea, ad un certo punto……Ah…! Sì, in effetti l’avevo immaginato, ma sai, odio i pregiudizi. Comunque, come va la barriera?.......Sì, credo che possa reggere per un’altra giornata, non di più. Credi di poter escogitare qualcos’altro? ….Oh, sono sicura che ce la farai, Buff. ……il signor Giles? Sì, è sveglio, te lo passo…”

Giles prese il cellulare che Willow gli passava e rispose. A quanto pareva, Buffy era riuscita a catturare il Generale delle truppe dei cavalieri.

“L’ho interrogato proprio questa mattina.” Lo informò la sua Cacciatrice, seria. “Mi ha detto che Glory vuole servirsi della Chiave per aprire un portale dimensionale che la riporterà nel suo inferno d’origine, dove governava con altri dei finché non l’hanno esiliata. In pratica, vuole solo tornare a casa. Come Lassie.” Aggiunse con ironia.

Il signor Giles, che aveva da tempo rinunciato a capire il senso dell’umorismo degli americani e in particolare di questa, chiese pignolo: “Sai a che dimensione si riferisse?”, senza in effetti aspettarsi nulla.

“Non ne ho idea!” Rispose Buffy candidamente.

Appunto.

“Ha detto che se Glory ci riesce, sulla terra si sprigionerà il caos, perché non solo la sua, ma tutte le dimensioni infernali si apriranno. Ma chissà, forse mentiva…”

“Mi dispiace deluderti, Buffy. È la verità. Le mie ricerche sui libri del Consiglio lo confermano.”

“Oh”.

Una pausa pensierosa carica di gravità. Giles aspettò pazientemente che la sua Cacciatrice riordinasse le idee.

“Comunque,” riprese Buffy “Non ha saputo spiegarmi come si svolge il rituale. Però ha detto una cosa strana, e cioè che Glory, quando è stata mandata in esilio sulla terra, è stata imprigionata nel corpo di un uomo, nato per essere la sua prigione.” Un’altra pausa, stavolta perplessa. “Io gli ho detto che Glory non ha né la barba né il petto villoso, ma lui sostiene che tutti noi abbiamo visto solo una faccia della dea.”

“Sa qual è l’identità di quest’uomo?”

“No, e credo sia sincero. Ma mi ha dato da pensare, insomma, questo tizio è umano, se eliminassimo lui, allora…”

“Anche Glory morirebbe. Ma certo.” Esclamò Giles, capendo benissimo la luce di speranza che doveva essersi accesa nel cuore di Buffy.   

“È un’ottima notizia, non le pare, signor Giles?”

“Sì.”

“E mi dica, lei ha scoperto qualcosa di nuovo?” Chiese la sua Cacciatrice, incuriosita.

“Non ancora. Ma ci sto lavorando.” Disse, un po’ imbarazzato per essere stato surclassato da lei, in quanto a ricerche. Buffy dovette percepirlo perché ridacchiò soddisfatta.

“Beh, ora la lascio. Saluti tutti.”

“Buffy..?” Chiamò. Doveva assolutamente dirle qualcosa. Non sapeva bene il perché, ma gli sembrava importante.

“Sì?”

“Stai facendo un ottimo lavoro. Sono fiero di te.” Disse sorridente, e giurò di averla sentita ricambiare il sorriso.

“Grazie, signor Giles.” Disse lei dopo un po’, compiaciuta.

Riagganciò soddisfatto, la mente pregna delle nuove informazioni e avida di saperne di più, forse anche un po’ per prendersi la rivincita. “Ehi!” Protestò Xander dal sedile anteriore, i capelli arruffati e la voce ancora assonnata. “Volevo parlarci anch’io!”

“E perché mai?” Chiese sospettosa Anya, imbronciandosi. “Sei il mio ragazzo, non il suo!”

Brontolò a voce più bassa, incrociando le braccia.

“Perché è mia amica, tesoro.” Replicò il ragazzo. “È normale che sia preoccupato.”

“E di che? Ha detto che sta bene, no?” Ribatté Anya, ancora non convinta.

“Sì, ma…” Xander sospirò “Lasciamo stare.”

“Ti conviene. Non dire nulla che mi costringa a non fare più sesso con te.” Lo avvertì l’ex demone minacciosa, e a quel punto Giles dovette schiarirsi la gola per interrompere quella conversazione potenzialmente pericolosa.

“Visto che siamo tutti svegli, ripartiamo. Fa’ attenzione alla guida, Xander.” lo ammonì distrattamente, aprendo l’ennesimo volume e cominciando a sfogliarlo.

“Crede davvero che sia una buona notizia?” Gli domandò Willow, la voce cauta e falsamente casuale. Giles corrugò la fronte, capendo all’istante a che cosa si riferisse: evidentemente la ragazza aveva ascoltato attentamente la loro conversazione, e la sua mente sveglia e intelligente aveva rielaborato le informazioni in tempi brevissimi, come il più sofisticato dei computer.

“Immagino di sì.”

“E…” La rossa non lo guardava, giocherellava con i bottoni della sua giacca a quadri “…pensa che sia giusto uccidere un essere umano? Insomma, non sappiamo nemmeno se sa di essere il…” aggrottò la fronte alla ricerca del termine adatto. “…’portatore’ di Glory.”

Giles sospirò con gravità. “Per salvare l’umanità, sì.”

Willow non parve colpita, solo una preparata rassegnazione nei suoi occhi. Stavolta fu il suo turno di sospirare, mentre Tara al suo fianco si rigirava nel sonno, mugugnando qualcosa. La rossa le scostò delicatamente una ciocca che le era finita sulla guancia.

“Buffy non ce la farà. Lo sa questo, vero?”

Lo sapeva. Conosceva molto bene la sua Cacciatrice: per quanto fosse abituata a sterminare vampiri e demoni senza battere ciglio, in nessun modo sarebbe riuscita a far fuori un essere umano, per quanto malvagio. E non era detto che il ’portatore’ lo fosse. Giles ricordava bene quanto la sua protetta fosse sconvolta, anche solo dopo aver assistito all’omicidio compiuto per sbaglio da Faith in quel vicolo. Buffy si era sentita tremendamente in colpa, sembrava che il mondo le fosse crollato addosso, e dire che non aveva alzato un dito contro la vittima, si trovava solo lì al momento del fatto.   

“Troveremo un modo.” Replicò semplicemente, Willow annuì e non aggiunse altro, tirando fuori dalla borsa qualcosa da mangiare per Tara una volta che si fosse svegliata. Ma se l’avesse guardato in faccia, avrebbe visto una scintilla pericolosa danzare sul fondo dei suoi occhi.

Non più lo sguardo di Rupert Giles, bensì gli occhi gelidi e spietati dello Squartatore.

 

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Dawn era seduta per terra, il mento appoggiato sulle ginocchia, le braccia che circondavano le gambe. Aveva insistito per assistere all’interrogatorio del Generale, spinta dal desiderio di conoscere a fondo cosa fosse esattamente. Scoprire che poteva essere la causa della distruzione di tutti gli universi e le dimensioni era più di quanto si aspettasse, e ora quasi si pentiva di aver ascoltato; forse la Chiave in sé non era malvagia, ma quello che faceva, sì. Per colpa sua, tutti i suoi amici, sua sorella, le persone a cui voleva bene e anche che non conosceva, avrebbero sofferto pene infernali per l’eternità. Represse un singhiozzo, mentre lo stomaco si riempiva di piombo incandescente. La sua intera vita era finta, creata apposta dai monaci. Lei era nata ed esistita solo per compiere quell’opera di distruzione, era destinata a far del male alla gente. Non era nemmeno una persona. Era un mostro.

Una forma di energia… la corresse la sua mente, con amara ironia.

Quando sua sorella finì di parlare con il signor Giles, si voltò verso di lei e in un secondo le fu subito accanto, un’espressione preoccupata sul viso.

“Dawn, ti prego, non tormentarti così.” Le mormorò dolcemente, capendo subito cosa la affliggeva. “Non è colpa tua, ma solo di Glory. È lei che vuole aprire il portale.”

“Sì, ma attraverso me.” Replicò lei, con voce flebile, gli occhi lucidi.

“Questo non significa niente. Io ti conosco, tu non faresti del male a una mosca. Non sei cattiva, Dawnie. Credimi, io me ne intendo di creature malvagie, e tu non lo sei.” Le sussurrò Buffy incoraggiante, accarezzandole i lunghi capelli.

“Big sis ha ragione, piccola.” Intervenne Spike con la sua voce profonda, entrambe gli rivolsero l’attenzione.

“Lo stesso fatto che ti preoccupi così tanto di esserlo significa che non lo sei. Ad un vero Big Bad non interessano gli esami di coscienza.”

“Sentito? Spike ha ragione!” Insistette Buffy, sorridendo alla sorellina. “Guarda lui, per esempio: ha sterminato mezza Europa e se ne va in giro come se niente fosse.”

Il vampiro sbuffò, Dawn sorrise tristemente. “È vero, ma quello che posso fare…”

“Anch’io, se volessi, potrei uccidere centinaia di persone, con la mia forza!” Replicò Buffy, decisa. “Ma questo non significa che sono cattiva. No?”

Dawn cominciava a sentirsi un po’ meglio. Annuì, scacciando via le lacrime che si stavano accumulando fra le ciglia. Il sorriso della sorella maggiore si fece canzonatorio:

“E poi non si è mai visto un cattivo che indossa magliette rosa con la scritta ‘Sweet Girl’!”

Dawn arrossì, scoccando uno sguardo fugace al proprio petto, poi colpì Buffy con un pugno sull’avambraccio mentre rideva.

“Piantala, Buffy!!” Le gridò con voce lamentosa “Ricordati che questa maglietta è stata tua, prima che passasse a me!” Disse, un’espressione trionfante sul viso quando la vide arrossire di colpo e lanciare occhiate nervose al vampiro. Spike, da parte sua, stava sorridendo divertito.

“Davvero interessante.” Mormorò, mentre Buffy aveva l’aria di vivere i dieci secondi più imbarazzanti della sua vita. Stavolta fu il turno di Dawn di ridere a sue spese.

“V-vado a controllare il prigioniero” Balbettò la bionda, uscendo in fretta dalla stanza. Spike la seguì con lo sguardo, sempre sorridente, poi si rivolse alla piccoletta:

“Ehi, Briciola, conosci altri particolari così interessanti della vita di big sis?” Chiese avido, già pregustando il momento in cui  avrebbe rinfacciato tutto alla Cacciatrice.

“Uhmm…” Dawn sembrò ponderare seriamente l’idea di rivelarglieli, poi sorrise diabolica: “…è meglio se ti metti comodo. Non sarà una cosa breve.”

Spike rise di gusto, sedendosi.

 Adorava quella ragazzina.

 

9. Decisioni Difficili

 

Dopo aver camminato intorno al perimetro del Pleasant Dreams per un quarto d’ora, in parte per prendere una boccata d’aria fresca che le permettesse di calmarsi dopo lo scherzetto di Dawn, in parte per controllare la situazione ’assedio’, Buffy si sentiva piuttosto preoccupata. La barriera di Willow, come lei stessa aveva ammesso, non sarebbe durata per sempre e doveva escogitare un modo per aprire un varco nelle forze nemiche e scappare, impedendo loro di ucciderli tutti come topi in trappola. I cavalieri l’avevano osservata scuri in volto per tutta la passeggiata, brandendo le spade minacciosi, mentre due preti pregavano con i rosari fra le dita e il palmo dell’altra mano sulla barriera, con un’aria di assoluta concentrazione. Buffy deglutì rumorosamente: sperava solo che non riuscissero ad abbatterla addirittura in anticipo sui tempi previsti.

Rientrò nel motel. Alla reception non c’era traccia dell’uomo che li aveva accolti, ma si disse senza tanti problemi che non aveva il tempo di pensare anche a lui, dovunque fosse finito, -ehi, era la Cacciatrice, non Santa Buffy!- e si diresse verso le scale che portavano alle camere, sempre riflettendo. Uno scroscio di risate la accolse nella stanza, e guardò perplessa i suoi due compagni di viaggio, seduti uno davanti all’altra, come li aveva trovati un po’ di tempo prima nella cripta di Spike. Aveva l’impressione che Dawn avesse parlato fino ad un secondo prima che lei entrasse, ma ora si era zittita e la guardava con un sorriso a trentadue denti:

“Buffy! Sei tornata! Allora, com’è la situazione?”. La voce della sorellina era allegra, squillante… anche troppo. La guardò con sospetto, stringendo le labbra.

“Di che parlavate, voi due?” Domandò inquisitoria, socchiudendo gli occhi e incrociando le braccia sul petto nella sua migliore interpretazione di Buffy-la-sorella-maggiore.

Dawn scoccò un’occhiata complice al vampiro, che si limitava a sorridere soddisfatto, senza guardarle.

“Niente di importante.” Scrollò le spalle la brunetta, sul viso un’espressione innocente, gli occhioni grandi grandi e le guance piene, in un impeccabile atteggiamento il cui messaggio era: come potresti mai sospettare di me??Ma guardami! Sono Miss Candore e Innocenza.

Buffy conosceva bene quell’espressione: gliel’aveva sempre vista in viso intorno agli adulti, ogni volta che aveva combinato qualcosa. Ricordava in particolare un episodio in cui l’aveva sorpresa nella sua stanza, e più tardi aveva ritrovato il suo diario in un luogo diverso da dove l’aveva lasciato.

Socchiuse ancora di più gli occhi, scrutandola severa; Dawn continuò a sorriderle sfacciata, nemmeno un piccolo segno d’imbarazzo sulle guance. Per quanto riguardava loro due il tempo poteva essersi fermato, era una tacita battaglia tra sorelle in cui nessuna delle due voleva arrendersi. Probabilmente Spike se ne rese conto, perché esordì:

“Hai già trovato un modo per fare breccia nello schieramento, Cacciatrice?”

Buffy si riscosse, focalizzandosi su di lui e ignorando il sorriso di trionfo della sorella.

“Ci sto lavorando.”

“Beh, abbiamo il Generale.” Suggerì Spike “Possiamo usarlo come scudo umano e…”

“Io non uso scudi umani!” Ribatté lei indignata, aggrottando le sopracciglia. “È sbagliato, sleale e meschino.”

“Invece assediarci con decine di uomini armati fino ai denti decisi a far fuori una ragazzina indifesa è perfettamente leale.” Replicò il vampiro, e mentre entrambi ignoravano la protesta offesa di Dawn – “Non sono una ragazzina!” - lei dovette ammettere che aveva ragione. Quei bastardi non avevano nulla di cavalleresco, a parte l’abbigliamento. Il suo astio nei loro confronti s’intensificò, e la sua mente elaborò spietata una modifica al piano di Spike.

“Li ricatteremo.” Spiegò, con voce autoritaria. “Se non ci lasceranno passare, uccideremo il Generale; o almeno è quello che faremo credere. In più, avanzeremo con la forza, eliminando il maggior numero di loro. Se ci permettono di superarli invece, riconsegneremo loro il comandante senza un graffio. Beh,” aggiunse con un sorrisetto imbarazzato, pensando ai lividi che gli ricoprivano la faccia “per modo di dire.”

Spike sorrise a sua volta, con quello che sembrava orgoglio nei suoi confronti.

“Ci servirà una macchina.” Constatò, più calmo di prima.

“Prenderemo quella del tipo alla reception, di sicuro si trova nel parcheggio, e quindi al riparo sotto la barriera. Ora come ora non credo che al proprietario dispiacerà.” Aggiunse, con una meschina soddisfazione che non poté controllare. Il vampiro ora sembrava addirittura ammirato.

“Come la riconosceremo?” Chiese Dawn, perplessa. Buffy si strinse nelle spalle.

“Cercheremo le chiavi fra la sua roba dietro il bancone. La prima serratura in cui entra…”

La sorellina annuì, gli occhi illuminati di comprensione. La bionda tornò a focalizzarsi sul vampiro, affettando un tono sbadato e mieloso:

“Oh, e quando dico cercheremo, intendo cercherai.”

Spike assunse un’espressione seccata, il sorriso completamente sparito dalle labbra. Sospirò con rassegnazione, guardandola male ma senza protestare, forse in onore della riappacificazione appena avuta, e uscì dalla stanza con un fruscio di cappotto di pelle,

Buffy tornò a guardare la sorella.

“Non saprò mai cosa vi siete detti, vero?”  Chiese infastidita. Dawn balzò sdraiata sul letto, mettendosi in bocca una caramella alla fragola. “Chissà”.

Si strinse nelle spalle e incrociò le braccia dietro la testa, guardandola divertita in un atteggiamento tipico di Spike che la fece rabbrividire profondamente. Okay, sua sorella stava passano decisamente troppo tempo con lui. Non era un bene che una ragazzina facilmente influenzabile crescesse a contatto con vampiri killer piuttosto seccanti.

Ancora scossa e turbata, si sedette sul bordo del letto e accese la tv per distrarsi, dato che comunque non avrebbero potuto attuare il piano prima del tramonto, con Mr. Pelle-Delicata-che-si-Scotta-Facilmente-al-Sole.

Sul primo canale stavano trasmettendo il telegiornale. Mentre la giornalista annunciava le notizie Buffy cercò con lo sguardo il telecomando, e quando lo trovò, per terra, un’espressione infastidita e quasi arrabbiata le si formò sul volto: era stato spaccato in due. Sbuffò, chiedendosi che avesse fatto di male nella vita per meritarsi di fare i conti con un vampiro irascibile e incontrollabile, ma all’improvviso, tutta la sua attenzione fu calamitata dal discorso dell’annunciatrice alla menzione di un nome:

“Sunnydale, cittadina della California, è stata travolta da un’ondata di crimini atroci ed efferati: tredici vittime finora, mutilate e poi uccise in modo crudele e senza pietà; ad alcuni sarebbe stato strappato il cuore dal petto, ad altri spezzate braccia e gambe, o perfino tagliata la testa. I pochissimi superstiti, tutti feriti in modo grave, hanno dato alla polizia una descrizione dettagliata della colpevole, una donna sui trent’anni, ma nonostante ciò le autorità non sono ancora riuscite né ad identificarla né a catturarla. A quanto sembra, l’assassina chiede a tutte le sue vittime, prima di ucciderle ferocemente, se sanno dov’è una certa ’cacciatrice’, che a quanto pare possiederebbe la sua ’chiave’. Nessuno capisce bene a cosa si riferisca, ma il criminologo assegnato al caso ha fatto un’ipotesi:

“Probabilmente si tratta di una psicopatica, che agisce senza nessun fine, spinta solo da una furia omicida provocata forse da un trauma infantile. Magari questa ‘cacciatrice’ è proprio la madre, dato che alle sue vittime dice che è colpa sua se saranno uccise. La prova che non ci sia premeditazione è la scelta del tutto casuale delle vittime: uomini, donne, di tutte le età, che non hanno niente in comune. La sua totale mancanza di organizzazione è un punto a favore della polizia: non ci sono dubbi sul fatto che presto sarà catturata.”   

Naturalmente tutti noi ci speriamo, nel frattempo si raccomanda ai cittadini di Sunnydale e dintorni di essere cauti: la donna è molto pericolosa e instabile. Passiamo ad un’altra notizia: a Los Angeles…”

Ma Buffy non ascoltava più: le parole della giornalista e le immagini truculente che avevano fatto scorrere sullo schermo l’avevano ghiacciata dentro, il suo cervello fisso su un solo pensiero: la colpevole era Glory. Tredici persone erano morte perché lei era fuggita, lasciando la città in balia dei demoni…e della dea infernale.

Crimini atroci ed efferati…tredici persone uccise…per colpa mia.

Glory non si sarebbe fermata, lo sapeva. Non prima che lei fosse tornata a Sunnydale. Non era una stupida, era questo il piano della dea: costringerla a tornare con Dawn per fermare quelle crudeli uccisioni. Ecco perché si era fatta vedere in volto da quelli che risparmiava, ecco perché aveva parlato loro della Cacciatrice e della Chiave: era una trappola.

Sentì qualcosa morirle dentro: se avesse deciso di assecondare i piani di Glory, la sua sorellina sarebbe stata di nuovo in pericolo, e molto probabilmente sarebbe stata catturata. Se avesse ignorato quella notizia e avesse continuato quel viaggio, la dea non avrebbe avuto scrupoli a sterminare l’intera città, e poi a passare ad un’altra. Dunque, centinaia di persone sarebbero morte in modo atroce per colpa sua e del suo egoismo.

Però Dawn sarebbe salva…

Si sentiva angosciata, sconfitta, esausta. Qualunque fosse stata la sua decisione, avrebbe ucciso persone innocenti, avrebbe decretato la loro morte senza battere ciglio, come quegli imperatori romani dopo aver assistito al combattimento dei gladiatori. Aveva una sola scelta: pollice verso il basso. L’unica cosa che le restava da decidere era chi sarebbe morto in questa lotta. Questa consapevolezza le provocava un dolore sordo in tutto il corpo, una sensazione terribile e nauseante che la stordiva, rendendola incapace di muoversi, di parlare, perfino di battere le palpebre: tutto ciò che riusciva a fare era fissare lo schermo davanti a sé, senza vedere nulla, forse in un’inconscia illusione che, bloccando il proprio tempo, anche quello esterno si sarebbe fermato, e lei non avrebbe dovuto prendere quella decisione atroce. Non stava nemmeno pensando: il suo cervello ripeteva solo le informazioni che aveva, come un disco rotto.

Probabilmente sarebbe rimasta così per un bel pezzo, se la vocetta di Dawn non l’avesse riscossa, facendole realizzare solo in quel momento che lei aveva sentito tutto, arrivando disgraziatamente alle sue stesse conclusioni.

“Torneremo indietro, vero?” Il tono era spaventato, acuto, disperato e allo stesso tempo dolorosamente rassegnato. La Cacciatrice si risvegliò dal torpore e la guardò, gli occhi azzurri che avevano perso ogni speranza, il terrore impresso a fuoco nelle pupille, come se, al contrario di Buffy stessa, sapesse già quale sarebbe stata la sua decisione.

“Non lo so ancora” le rispose con voce fioca, ma nemmeno lei ci credeva. Dio, voleva bene a sua sorella con tutto il cuore, era la sua famiglia, tutto ciò che le era rimasto. Di più, era una parte di lei, estratta dai monaci per darle forma umana: la sua parte più innocente, più profonda, quella della ragazza che sarebbe stata se il destino non l’avesse Scelta. Se l’avesse abbandonata, avrebbe ucciso se stessa, ma il prezzo della sua protezione era eccezionalmente alto. Dawn stessa non avrebbe sopportato di restare in vita sporcandosi del sangue di tante persone. In poco tempo l’avrebbe distrutta, divorandola da dentro e lasciandola vuota e spenta. Un fantasma che si sarebbe trascinato stancamente sulla terra, senza mai riuscire a vivere.

“Bugiarda!” L’accusò Dawn, con la voce rotta dal pianto, le lacrime che scivolavano incontrollabili lungo le guance, mentre sorrideva. Un sorriso terrificante. “Sai che alla fine succederà così!”

Buffy non rispose, il cuore che le sfondava il petto, l’angoscia che le graffiava l’anima, mentre il corpo era scosso da un violento tremito interiore. Era vero, lo sapeva: sarebbero tornati a Sunnydale. Lei avrebbe affrontato Glory. Quello che sarebbe successo dopo era scuro e indefinibile, impossibile da prevedere. E dolorosamente spaventoso.

Il pianto di Dawn adesso era incontrollabile, aveva le mani sul viso, i capelli che le coprivano il volto come una scura maschera mobile; i suoi singhiozzi risuonavano per la stanza, sovrastando la voce ferma e sicura della giornalista, ognuno infliggendo una pugnalata nel cuore sofferente di sua sorella.

“Non voglio morire, Buffy!! Ti prego non farmi morire!!” Era una supplica disperata, pronunciata con voce spezzata tra lacrime brucianti. La sorella si avvicinò a lei e la abbracciò, stringendosela al petto, cullandola.

La morte è il tuo dono…

Le parole della Prima Cacciatrice risuonarono nella sua testa, e quando parlò di nuovo, lo sguardo di Buffy era perso, vuoto come una conchiglia abbandonata sulla spiaggia.

“Non accadrà, Dawn. Te l’ho promesso. Non lascerò che ti faccia del male, anche se torneremo indietro. Fidati di me.” La voce era piatta, incolore.

Dawn continuava a singhiozzare disperata, inzuppandole la maglietta, e lei continuava a cullarla sussurrandole dolcemente all’orecchio che sarebbe andato tutto bene, di stare tranquilla, proprio come faceva sempre la mamma quando erano piccole e si svegliavano da un incubo.

Ci vollero parecchi minuti perché la sorellina smettesse di piangere. Quando il suo viso arrossato finalmente la guardò, Buffy riuscì a confezionare un convincente sorriso rassicurante, coccolando il corpo tremante fra le sue braccia.

“Mi fido di te.” Disse Dawn, la voce flebile.

Fu allora che Spike irruppe nella stanza.

“Ho trovato le maledette chiavi, ma-“  Si bloccò, sbigottito dalla scena che si era trovato di fronte.

“Che cosa è successo?” Mormorò, perplesso e preoccupato.

Buffy lo guardò in modo grave, sempre stringendo Dawn al proprio petto, sentendo il suo fiato che sapeva di fragola, il forte calore del suo viso arrossato, il cuore che batteva veloce come quello di un cucciolo spaventato.

“Torniamo indietro.”

“COSA!??” Gridò Spike aspramente, incredulo “Ti ha dato di volta il cervello?!?”

La Cacciatrice prese un respiro profondo, poi gli raccontò tutto quello che era accaduto a Sunnydale, le riflessioni che aveva fatto, la sofferta decisione che aveva preso; mentre parlava, la sorellina si staccò da lei, opponendosi alla sua leggera resistenza a lasciarla, e si allontanò verso il balcone, guardando fuori con sguardo afflitto e angosciato.

“Capisci adesso perché è necessario?” Gli chiese Buffy alla fine, sebbene la risposta fosse evidente dagli occhi infuocati e dal viso furente del vampiro.

“Mi stai dicendo che vorresti uccidere tua sorella solo per salvare la pelle a un branco di sconosciuti?! È evidente che è una trappola!! Al diavolo tutti! Quel che è importante adesso è proteggerci!” Ringhiò, misurando la stanza a passi svelti e concitati. La bionda gli lanciò un’occhiataccia, sebbene meno intensa di come era solita fare.

“Non ho altra scelta.” Cercò di dire con voce ferma, ma le uscì piuttosto come una scoraggiata ammissione. Spike la scrutò attentamente, come a volerle leggere dentro per capire le sue ragioni, ma dopo un po’ scosse la testa sconfitto e rabbioso.

“Ce l’hai invece! Continuare a scappare. Non è una bella scelta, ma…”

“Credi davvero che potrei fare finta di niente mentre decine di persone vengono massacrate per colpa mia?!?” Reagì Buffy infuriata, alzandosi per fronteggiarlo. “Credi che Dawn potrebbe?!?”

“Allora meglio andare dritti da quella stronza infernale, così massacrerà noi!!”

Dawn li osservava dal lato della stanza mentre si urlavano contro, consapevole che era solo colpa sua. Non poteva sopportare anche tutto questo, non dopo aver capito che quel viaggio era solo stata una piccola parentesi di tranquillità prima di affrontare il suo destino. Si erano illuse, sia lei che Buffy, di poter sopravvivere in quel modo; ma era stata una soluzione effimera, inutile, adesso entrambe se ne rendevano conto, così come fra poco l’avrebbe compreso anche Spike. Dovevano affrontare la dea. Aveva fiducia nella sorella maggiore, sapeva che avrebbe fatto del suo meglio per proteggerla; ma il suo meglio era abbastanza per sconfiggere Glory? Certo gli eventi passati non erano a suo favore…

“Io vado un attimo fuori.” Annunciò, interrompendo la feroce disputa fra i due. Aveva parlato a voce bassa, debole, ma tanto era bastato perché le rivolgessero la loro attenzione.

“Dawn, forse è meglio che…” Cominciò sua sorella, preoccupata, ma lei scosse la testa decisa.

“Sto bene. Vorrei stare un po’ da sola…riordinare le idee.” Si giustificò, ma la verità era che non sopportava di sentirli urlare e insultarsi a causa sua: era troppo. Si sentiva ancora più male, se era possibile. Ma quanto dolore poteva sopportare l’animo umano prima di esplodere?

Buffy aprì la bocca per replicare, ma quasi subito la richiuse, infelice. Lei le lanciò uno sguardo di gratitudine e poi uscì dalla stanza, a passi lenti e strascicati, lo sguardo basso. In realtà non aveva nessuna idea da riordinare: il suo futuro era marchiato dolorosamente sulla sua coscienza, rovente. Nonostante tutta la fiducia che riponeva nella sorella, una parte di lei, sebbene non l’avrebbe mai ammesso con se stessa, era cosciente che Buffy non avrebbe potuto aiutarla, che avrebbe fallito. Scacciò le lacrime che lottavano per uscire e si diresse verso il distributore automatico.

 

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 “Visto? L’hai sconvolta!!” Inveì Buffy contro il vampiro, non appena Dawn si fu chiusa la porta alle spalle.

“Io!? Tu le hai detto che stai per ucciderla!” Replicò Spike arrabbiato, a denti stretti. La Cacciatrice accusò il colpo, ma lo nascose quasi subito:

“Non è quello che voglio! Io-“ La voce le morì in gola e ricadde sconfitta sul letto, le mani sulla testa, gli occhi fissi sul pavimento. Per la prima volta da quando era iniziata la discussione, Spike si accorse di quanto stesse male, di quanto fosse demoralizzata e profondamente turbata. Si rimproverò per non averlo capito subito, per aver permesso al suo caratteraccio di avere come al solito la meglio sulla voce della razionalità.

“Io non ho altra scelta”, ripeté lei, con voce fioca e tremante, come il suo corpo “Ti prego, cerca di capire...”

Di nuovo, Spike ebbe un forte impulso ad abbracciarla: voleva confortarla, sussurrarle all’orecchio che sarebbe andato tutto bene, contrapporre alla sua disperazione il proprio sostegno. Di nuovo, domò il suo impulso.

“Ti capisco, Buffy.” Mormorò con voce dolce, sedendosi accanto a lei.

“Non voglio perdere Dawn. Darei qualsiasi cosa per impedirlo, ma…” Scosse la testa, sempre rivolta verso il basso, facendo oscillare i boccoli di capelli color oro, l’unica cosa che in quel momento a Spike era permesso di vedere. Non disse nulla, capendo che lei in quel momento aveva solo bisogno di sfogarsi.

“Vorrei poter fare di più per lei. Io…devo poter fare di più, insomma, sono la Cacciatrice! I demoni dovrebbero aver paura di me, non il contrario!” Esclamò, ritrovando un po’ del proprio fuoco, della propria determinazione, ciò che lui amava tanto. “Invece sono…un fallimento.” Concluse, con voce spezzata.

Spike si mosse per darle una lieve carezza sulla schiena, esitante. Probabilmente lei lo avrebbe respinto malamente, ma doveva almeno provare, non sopportava di vederla così senza poter fare niente.

Nell’istante in cui la mano sfiorò la sua spalla Buffy si voltò, posando il proprio viso sul petto di lui, il corpo scosso da tremiti. Lui ne rimase così sorpreso che per un secondo rimase impassibile, immobile. Poi, la circondò con le proprie braccia, il viso affondato nei capelli di lei, facendo del suo meglio per donarle tutto il conforto di cui aveva bisogno. Poteva sentire il suo respiro accelerato, il cuore che batteva forte contro il suo petto, il calore della sua pelle.

Era come tenere fra le braccia il tesoro più prezioso del mondo.

Cominciò ad accarezzarle teneramente i capelli, chiudendo gli occhi, assaporando il suo profumo dolce e screziato: gli si spezzava il cuore a vederla stare così male, certo, ma una parte di lui non poteva che essere felice di quel contatto, sebbene sapesse fosse stato dettato solo dalla disperata ricerca di appigliarsi a qualcuno, non per un vero gesto di affetto. Lei gli stava permettendo di tenerla stretta ed era meraviglioso, poter finalmente capire cosa significasse averla tra le braccia, poterla accarezzare, il suo corpicino esile e sottile premuto contro il proprio.

Era consapevole che Buffy aveva bisogno di sostegno, schiacciata dal peso delle responsabilità e da quest’ultima decisione, e gliel’avrebbe dato.

“Shh” Le sussurrò nell’orecchio, facendo ciondolare alcune ciocche di capelli biondi, quando sentì un singhiozzo scuotere il suo petto. Incoraggiato dalla sua disponibilità, si permise di posarle un bacio leggero e impercettibile sulla testa.

Buffy si era aggrappata a Spike, disperatamente, senza nemmeno pensarci. Dio, si sentiva così scoraggiata, impotente, esausta. Aveva fatto tutto quello che aveva potuto per preservare Dawn dal pericolo, e aveva fallito miseramente. In fondo, tutta la sua vita era una serie di insuccessi: come studentessa, non era riuscita a laurearsi; come donna, non era riuscita a trovare un bravo ragazzo che l’amasse e non l’abbandonasse; come figlia, non aveva potuto salvare sua madre; come sorella, non era stata in grado di proteggere Dawn; come Cacciatrice, aveva appena fatto uccidere in modo raccapricciante tredici persone.  

Consapevole e distrutta da questi pensieri, non appena aveva sentito la mano di Spike sulla spalla non era riuscita a trattenersi: lui diceva di amarla, le stava accanto, e Buffy aveva bisogno del suo conforto, delle sue braccia forti intorno al corpo, del suo petto fermo contro il proprio tremante, perfino delle sue carezze sui capelli. Era sconvolta, voleva disperatamente avere qualcuno a cui assicurarsi, e lui era lì, e sapeva che non gliel’avrebbe mai negato. Così, persa in quell’abbraccio, nella sensazione di protezione e calore che le stava donando, per la prima volta si sentì più calma, il peso delle responsabilità e delle vite che doveva proteggere molto più leggero: la solidità e il coraggio di lui le conferivano sicurezza.

“Conosci quel detto secondo cui ci vuole più coraggio ad ammettere i propri limiti, che fingere di non averne?” Le chiese lui, ritrovando in sé un po’ del vecchio William.

“Chi l’ha detto? Un vigliacco?” Replicò Buffy ironica, staccandosi un po’ per guardarlo in faccia. Le sue braccia non smisero di stringerla, cosa che le fece un piacere immenso. Il petto di lui vibrò quando rise sommessamente.

“Può darsi. Ma è vero. Tu sei una grande Cacciatrice, la migliore dell’ultimo secolo.” Disse con orgoglio, poi le rivolse un sorrisetto compiaciuto, mostrandole denti bianchissimi, per un fumatore:

“La prova? Sei riuscita a compiere un’impresa quasi impossibile: non farti uccidere da me.”

Buffy non poté trattenere un lieve sorriso, e lui ne fu piacevolmente soddisfatto.

“Oh, ma quello è stato un gioco da ragazzi.” Ribatté lei, visibilmente più calma, anche se il dolore e la disperazione facevano capolino dietro il verde dei suoi occhi.

Spike decise di non rispondere alla provocazione e il suo sorriso si addolcì:

“Hai fatto ciò che ti sembrava più giusto per salvare tua sorella. Non darti colpe che non hai.”

“Avrei dovuto affrontare Glory, non scappare a gambe levate” replicò lei tristemente, abbassando il capo.

“Non potevi. Se avessi perso, avresti condannato per sempre tua sorella, lo sai. Smettila di darti addosso.” Le sistemò delicatamente una ciocca dietro l’orecchio. “Forse per te non conta molto, ma…” distolse lo sguardo, e lei lo fissò incuriosita. Infine, Spike scosse la testa con un sorriso abbattuto.

“Lasciamo perdere.”

“No, dai dimmelo!” Replicò Buffy, con uno sguardo che lo fece capitolare subito. Sospirò.

“…io ti ammiro. Hai passato un anno d’inferno, un anno che avrebbe distrutto eserciti di uomini più vecchi e con più esperienza di te, e ne sei uscita quasi illesa. Sei forte, Buffy.”

Lei arrossì, ma sorrise afflitta: “A volte vorrei poterlo non essere.” Sussurrò.

Spike decise che era l’ora di darle uno scrollone: era andato avanti coi guanti di velluto fin troppo.

“Invece lo sei. E devi prenderti le responsabilità che questo comporta!” Disse aspramente, Buffy sgranò gli occhi sorpresa, poi s’imbronciò, aggrottando le sopracciglia.

“E secondo te non lo sto facendo??” Ringhiò, ad alta voce.

“Bene, allora smettila di frignare e ricomponiti! Tua sorella ha bisogno di te, così come il resto di questo maledetto mondo!” Gridò a sua volta, lo sguardo determinato, la mascella contratta.

“Io non frigno!!” Replicò Buffy, sporgendo leggermente il labbro inferiore in quell’espressione che lo faceva impazzire.

“Brava. Andremo dalla bastarda e gliela faremo vedere.” Ammorbidì il tono quando aggiunse: “Sono sicuro che riuscirai a sconfiggerla, alla fine. Credo in te.”

La ragazza lo fissò stupita per qualche secondo, cercando di scrutare dietro quel volto, dietro quegli occhi azzurri che ora non la guardavano. Le parole di Spike l’avevano colpita nel profondo, non credeva che lui potesse essere così arguto, così saggio…

Così dolce…

Solo in quel momento si accorse che per tutto il tempo lui non aveva smesso di tenerla stretta nel suo confortevole abbraccio. Si sentì arrossire, improvvisamente conscia della sensazione delle braccia di lui intorno a lei, della mano fra i suoi capelli, e delle sue stesse braccia posate sugli avambracci muscolosi del vampiro. Era…bello. Non c’era altra parola per descriverlo. Non si era mai sentita tanto protetta, tanto al sicuro, nemmeno fra le braccia di Riley.

Il pensiero che lui cercasse di far durare il più a lungo possibile quel momento, la confidenza che si era preso, di solito l’avrebbero disgustata e fatta infuriare; ma lui non la stringeva per libidine, non ci stava provando con lei: il suo era un semplice gesto di affetto incondizionato, che le scaldò il cuore. Aveva capito che ne aveva bisogno e l’aveva fatto. Punto. Niente sotterfugi e doppi fini. Fino a qualche settimana prima, l’avrebbe dichiarato impossibile.

Ma Spike era fatto così: imprevedibile, nel bene e nel male. 

Gli rivolse un sorriso sincero e grato, soddisfatta quando lo vide illuminarsi: sicuramente, se avesse potuto, sarebbe arrossito. Poi, sentendo dentro uno slancio profondo e incontrollabile, alzò la testa verso la sua e chiuse gli occhi, posando le labbra su quelle di lui proprio come quel giorno di poco tempo prima. Cominciò accarezzandole, sfiorandole leggermente, e lui rispose con altrettanta tenerezza, stavolta non ritraendosi come aveva fatto nella sua cripta. Si baciarono così per un po’, finché lei non dischiuse le labbra, permettendo alla lingua di lui di entrare, di esplorare la sua bocca e di gustarla, mentre lei faceva lo stesso con la propria.

Ora Spike muoveva le sue labbra sempre più spasmodicamente, premendole su quelle di lei, cercando di toccare, mordere, assaporare ogni centimetro della sua bocca con voglia, il bacio che divenne sempre più rovente, mentre lei rispondeva con un gemito di piacere soffocato. Anche le braccia la stringevano con più vigore, una mano che scivolava sotto la sua maglietta, cercando la sua pelle calda, accarezzando la curva del suo seno per poi posarvisi sopra possessivo. Spike ruotò, facendola sdraiare sul letto, sempre continuando a baciarla, lasciando che lei si staccasse solo per respirare qualche secondo, per poi riaffondare la lingua in lei. L’altra mano le afferrò la coscia, sfiorandola con le dita, sempre più internamente, mentre la sovrastava sul letto.

Buffy non capiva niente, la sua mente alla deriva, concentrata solo nell’assecondare i movimenti della sua lingua, sulla sensazione delle sue mani che la toccavano, la sua eccitazione che cresceva, sempre più umida. Dio, nessuno l’aveva mai trattata così, nessuno le aveva mai fatto provare un piacere del genere solo accarezzandola, baciandola. Nessuno le aveva mai fatto desiderare tanto di avere di più.

Gemette, staccandosi per un attimo dalle sue labbra, quando la sua mano si chiuse all’interno delle sue cosce. Aprì gli occhi, fissandolo con le guance roventi, gli occhi lucidi: “Spike” senza fiato. Lui cominciò a baciarla sul collo, sfiorandole con le labbra la cicatrice, sussurrandole con un misto di desiderio e bisogno:

“Ti amo, Buffy. Ti amo da morire!”

Lui l’amava, e la stringeva, e la voleva, e tutto sembrava perfetto. Aveva sempre avuto paura di rimanere sola, e adesso c’era qualcuno che era lì per lei, che lo sarebbe sempre stato, che l’avrebbe aiutata…

Spike strinse forte entrambe le mani e di nuovo lei gemette, inarcando la schiena e scontrandosi così contro di lui, schiacciando i fianchi contro i suoi, e ansimò percependo quanto la desiderasse. Cercò di nuovo le sue labbra, baciandolo appassionatamente, spingendolo contro di lei sul materasso e cercando la cerniera dei jeans neri con l’altra mano, gli occhi chiusi, persa nelle sensazioni che le stava facendo provare. Non si era sentita così viva da mesi.

Buffy spostò le sue labbra sul collo di lui, sempre più desiderosa di averlo, e ansimò quando le dita di lui si insinuarono nella chiusura dei suoi pantaloni, strisciando languide sotto il cotone della sua biancheria intima e poi premendo il centro del suo piacere, e lei gemette incontrollabile, divaricando le gambe, desiderosa di un contatto più intimo, più interno…

La maniglia della porta si abbassò e quella cominciò ad aprirsi, il cigolio che rimbombava per le pareti della stanza come i loro respiri affannosi. Buffy all’istante sgranò gli occhi e disarcionò il vampiro, facendolo cadere a terra con un roco gemito di protesta. Si alzò seduta, il volto in fiamme, e guardò dritta verso la ragazzina che era appena entrata nella stanza.

“È successo qualcosa?” Chiese Dawn mestamente, guardando prima la sorella e poi Spike che si rialzava dal pavimento, strofinandosi la testa dove aveva sbattuto.

“Niente!” Rispose la bionda, ignorando lo sbuffo del vampiro platinato. In un secondo, realizzò ciò che stava per fare, ciò che aveva fatto, e un brivido gelido le percorse la schiena: nonostante la situazione critica, il pericolo in cui si trovava la sorellina, tutto ciò che aveva desiderato qualche momento prima era stato…

Si sentì improvvisamente sporca. Disgustata di se stessa. Come aveva potuto? Lasciarsi andare a quel modo…e con Spike!! L’esperienza con Angel non le era bastata? Ancora non aveva imparato la lezione: ’Non si va a letto con i vampiri’?!? Per di più lei non lo amava, e lui era un assassino senz’anima, senza una quadratura morale, senza rispetto…

E si è approfittato di me…

L’impeto di rabbia travolse l’ondata di vergogna che aveva provato. Lanciò un’occhiata torva al vampiro, che la guardò senza capire per poi incupirsi, e andò verso la sorella.

“Dawnie, non preoccuparti per me. Tu come ti senti?” Chiese, chioccia. La brunetta si strinse nelle spalle.

“Bene, credo. Insomma, so che mi proteggerai…” Accennò ad un sorriso, e lei lo ricambiò.

“Lo farò.” Le promise, con voce più calda “Sei una ragazza coraggiosa, sorellina.”

Dawn annuì, sedendosi sul letto.

“Avvertiamo anche gli altri della novità?” Chiese, studiando il pavimento.

“Sì. Ci riuniremo tutti a Sunnydale, per studiare un piano.”

“Che bellezza!” Commentò sarcastico Spike a bassa voce. Entrambe lo ignorarono.

“Partiremo appena cala il sole.” Stabilì Buffy, con voce fredda e decisa, ignorando gli sguardi intensi e significativi che Spike le stava lanciando.

“Siate pronti. Si torna a Sunnydale”.

 

10. Amore e Odio

 

Si erano riuniti tutti al Magic Box, come al solito. Buffy aveva spiegato loro la situazione, parlando con il solito tono autoritario, senza incertezze, misurando la stanza a grandi passi: avrebbero dovuto incontrare Glory, per farla smettere di uccidere persone innocenti, ma per tutto il tempo Dawn avrebbe dovuto essere fuori pericolo. La Cacciatrice avrebbe combattuto la dea, mentre gli altri avrebbero pensato ai suoi leccapiedi.

“Giles, ha notizie dell’identità del ’portatore’ di Glory?” Chiese la bionda, le mani sui fianchi. L’Osservatore scosse la testa, cupo:

“A quanto pare, o nessuno l’ha mai visto, o nessuno è vissuto abbastanza per lasciarne testimonianza.”

“Pazienza.” Sospirò lei, “Cercherò di cavarmela. Will, hai trovato qualche incantesimo efficace per contrastarla?”

Willow la guardò rassegnata, arrossendo imbarazzata e afflitta:

“B-beh, ho trovato una magia che permette di bloccare l’avversario per qualche minuto, ma funziona solo con le vespe. Mi dispiace.” Si scusò, con voce onestamente rammaricata e quell’espressione dolce e adorabile tipica di Willow, a cui nessuno poteva rimanere indifferente. Lei le sorrise, indulgente.

“Ehm…Buffy?”

“Sì, che c’è?”

“Non so se servirà a qualcosa, ma…” la rossa respirò profondamente “…vorrei venire con te. Sai, per aiutarti con qualche magia, nel caso…fossi in difficoltà. Magari potrei ripetere il teletrasporto, o cose così.” I suoi occhi erano imploranti, quasi, la guardava con speranza. Lei annuì:

“D’accordo, verrai con me; ma se le cose si mettono male…”

“Me ne vado. Certo.” Le assicurò la sua migliore amica di slancio, e Buffy sorrise.

“Verrò anch’io?”

La voce profonda e baritonale di Spike la fece trasalire. Naturalmente sapeva che era lì, ma la sua mente aveva convenientemente rimosso quel pensiero per farla concentrare sui piani di battaglia. Per tutto il viaggio di ritorno lui non aveva fatto altro che cercare di parlarle di ciò che era accaduto fra loro, e lei era sempre riuscita fortunatamente a evitarlo, non restando sola con lui per più di un minuto, e chiedendo con voce squillante qualcosa a Dawn ogni volta che lui le accennava l’argomento in macchina. Affrontare un discorso del genere con il vampiro, in un momento già così difficile di per sé, era più di quanto potesse sopportare. Tutto ciò che voleva era dimenticare quei minuti di pura follia, -perché solo di follia si era trattato, ne era certa- e andare avanti.

“No, tu proteggerai Dawn.” Gli ordinò, con tono distaccato, evitando accuratamente di guardarlo. “Portala nelle caverne dell’Organizzazione.”

“Ehm…Buffy?”

Di nuovo Willow. Lei si voltò verso l’amica, che la guardava esitante. “Sì?”

“Che succede se i cavalieri che vi hanno attaccato tornano a farsi sentire?”

“Li combatteremo. In confronto a Glory, sono delle pappemolli.” Rispose decisa, distogliendo lo sguardo.

“Non credo dovremmo sottovalutarli.” Intervenne Giles, togliendosi gli occhiali e corrugando la fronte. “Hai detto che erano piuttosto numerosi.”

“Lo sono.” Confermò Buffy “Ma siamo riusciti a scappare dal motel, e Sp-Spike” accidenti, che diavolo le era preso adesso? Perché aveva balbettato? Sentì le guance infuocarsi e gli sguardi di tutti fissi su di lei, ma deglutì e continuò stoica: “…prima li ha seminati, andando nella direzione opposta a Sunnydale, poi è tornato indietro su un’altra strada. Probabilmente, credono ancora che stiamo fuggendo.”

“È un trucco che funziona. L’ho collaudato più volte con gli idioti dell’Iniziativa!” Sentì vantarsi il vampiro, compiaciuto con se stesso. In effetti, doveva ammettere che era stata una buona idea.

“Io che faccio?” Chiese Xander, guardando speranzoso la sua migliore amica. Lei lo fissò per qualche secondo, il cervello che lavorava furiosamente. Non voleva farlo sentire un inutile incapace, ma non aveva niente in mente che potesse andar bene per lui.

“Puoi restare qui, ad aiutare Anya nelle ricerche.” Suggerì, e lo vide rabbuiarsi deluso, mentre la ragazza in questione, al suo fianco, sorrideva radiosa. “Oh, sì, resta qui ad…aiutarmi nelle ricerche, Xander.” Disse ammiccante, accarezzandogli il braccio. Lui sbuffò.

“Non posso fare nient’altro?”

“Ehm, ecco…”

“Piantala, Harris. Risparmiale la fatica di inventarsi qualcosa solo per non offendere il tuo fragile ego da falegname.” S’intromise Spike, guardando il ragazzo con un misto di cattiveria e derisione. Xander gli restituì uno sguardo torvo, ma lei si accorse di quanto le parole del vampiro avessero colpito il suo migliore amico nel profondo. Di nuovo, sentì un moto di odio verso di lui.

“Xander è importante per la nostra squadra, Spike. Molto più di te. Perciò chiudi il becco!” Gli ordinò aspra, fulminandolo con lo sguardo. Lui le rivolse un sorrisetto allusivo, squadrandola da capo a piedi, poi scrollò le spalle.

“Continua pure a farglielo credere, Cacciatrice”. 

Da quando era diventato così insopportabile? Oh, certo: lo era sempre stato.

“È meglio che vai a prendere le armi, ora.” Li interruppe Giles, con il tono di chi torna al tema principale. Buffy lanciò un’ultima occhiataccia al vampiro e si voltò, avanzando decisa verso la stanza degli allenamenti sul retro. Era così furiosa e disgustata con se stessa per avergli permesso di andare così oltre con lei, non avrebbe mai dovuto! Lui era sempre il solito, repellente, crudele Spike, e adesso cominciava seriamente a pensare che tutto il suo discorsetto e quell’abbraccio fossero davvero dei preliminari calcolati: forse aveva studiato tutto solo per poterle mettere le mani addosso.

Si sentiva ribollire il sangue, prudere le mani: se non avesse avuto bisogno del suo aiuto in battaglia, gli avrebbe infilato un paletto nel cuore e tanti saluti.

Aprì il baule che avevano sistemato in fondo alla stanza e cominciò ad esaminare le armi con attenzione, quando all’improvviso sentì la porta dietro di lei aprirsi e richiudersi. Trasalì, con un pessimo presentimento, e si girò lentamente, confermando così i suoi timori.

“Che diavolo vuoi, Spike?” Gli chiese, scontrosa. Non si era ancora tolto dalla faccia quel suo sorrisetto odioso, e di nuovo fece scorrere uno sguardo vizioso sul suo corpo, dandole un brivido su per la schiena e facendola infiammare quando i suoi occhi indugiavano su alcune parti un istante di troppo.

“Dobbiamo parlare.” Disse autoritario, avanzando verso di lei, lento e inesorabile. Buffy sbuffò, cercando di ignorare l’agitazione che provava.

“No.” Ringhiò.

“Quello che è successo tra noi…” continuò Spike imperturbabile, sempre più vicino “…è stato importante.”

“Per te, forse!” Replicò lei, acida, voltandosi. “Io voglio solo dimenticare. È stato uno sbaglio.”

“Oh, no. Non te la caverai così.” Ribatté lui, ora vicinissimo. Buffy deglutì rumorosamente, facendosi forza: doveva fronteggiarlo, convincerlo a passare sopra a ciò che era accaduto. Non che avesse fiducia nella vittoria; aveva dato al vampiro una cosa che bramava da quando le aveva rivelato i suoi sentimenti: una speranza concreta. Dubitava che lui l’avrebbe gettata al vento con tanta semplicità.

“Ero vulnerabile, e tu ne hai approfittato. Dovrei polverizzarti solo per questo!” Ruggì, estraendo un paletto dal baule e impugnandolo minacciosa. “Anzi, lo sai che ti dico? Una sola altra parola su questa storia e lo faccio!”

Spike rise, facendo montare ulteriormente la sua collera.

“Per ballare il tango bisogna essere in due. E tu mi sembravi disposta a ballare per tutta la notte, piccola”.

Buffy si sentì avvampare, digrignò i denti furiosa e lo colpì forte con un pugno sul naso, facendolo indietreggiare.

“Sei disgustoso, Spike!”

“E tu sei una bugiarda.” Replicò lui, ogni traccia di sorriso scomparsa mentre si massaggiava il punto percosso. Era mortalmente serio, cosa che la agitò ancora di più. Quasi sperava che ricominciasse col sarcasmo.

“Tu lo volevi. È questo che non ti va giù.” Continuò, deciso, le sopracciglia aggrottate. “Hai paura di lasciarti andare con me.”

“Io non voglio. È diverso.” Ribatté, cercando di aggirarlo e superarlo, ma lui la bloccò stringendole il braccio sottile con una mano. Buffy lo guardò, feroce. “Lasciami!”

Spike indurì la mascella, gli occhi che brillavano d’ambra mentre la fissava furioso e ferito, blu che si perdeva nel verde:

“Non puoi trattarmi così! Prima mi illudi che qualcosa sia cambiato, mi dai delle speranze, e poi? Di nuovo ti comporti da stronza! Credi di poter giocare così con i sentimenti delle persone?”

“Tu non sei una persona!” Replicò la bionda spietata, ignorando il dolore acuto che le sue parole avevano provocato dentro di lei. Vide tutto il suo volto scurirsi, invaso dalla rabbia: in quel momento, riconobbe in lui l’avversario pericoloso che aveva incontrato anni prima nel vicolo del Bronze.

“Ferirmi stavolta non ti servirà, Cacciatrice.” Replicò, il tono basso e minaccioso. “Le regole del gioco sono cambiate. Tu le hai cambiate.” Le afferrò anche l’altro braccio, senza smettere di fissarla, attirandola a sé. Buffy cercò di divincolarsi, ma la stretta era salda, sebbene non tanto da farle male. Inoltre, non riusciva a staccare gli occhi da quelli di lui, il suo cipiglio imperscrutabile, profondo e sinistro come un crepaccio. Standogli così vicina, il suo corpo si ricordò delle sensazioni che aveva provato quando lui l’aveva abbracciata, quando le sue labbra fredde avevano catturato le sue, quando le mani di lui l’avevano esplorata, e si ritrovò a fissare i lineamenti marcati del suo viso, poi il suo collo e il petto muscoloso, la maglietta nera aderente come una seconda pelle, che lasciava poco all’immaginazione riguardo al suo fisico.

Si sentì la bocca improvvisamente arida: fino a qualche secondo prima aveva una marea di cose da dirgli, ma ora non gliene veniva in mente nemmeno una. Era come se il suo cervello fosse stato svuotato.

Non solo lei però era stata scombussolata da quel contatto. Non appena la ragazza gli si era avvicinata tanto da fargli di nuovo sentire il suo calore, il suo respiro caldo sulla pelle, Spike si era di nuovo perso nel suo profumo, nella contemplazione di quel viso bellissimo e di quelle curve perfette, e ancora una volta tutto il suo corpo si tese, bramoso di possederla, di annegare in lei…

Il bacio fu improvviso e benvoluto da entrambe le parti, le labbra che si cercavano desiderose le une delle altre, le lingue che assaporavano ogni centimetro della bocca dell’altro. Fu un contatto carico di passione, bruciante, da mozzare il fiato – almeno per quanto riguardava lei- , e presto la stretta di lui si trasformò in un abbraccio, mentre lei gli circondava il collo, intrecciando le mani dietro la nuca e premendo il seno contro il suo petto.

Buffy fu la prima a interrompere il bacio, le guance color porpora e il respiro affannoso. Lo sguardo di lui era cambiato, ed ora la fissava intensamente, l’azzurro che rispecchiava timore e speranza allo stesso tempo. Lei provò un’improvvisa angoscia, combattuta fra il senso di colpa che di nuovo si era fatto strada nel suo animo, accompagnato da un fiume di pensieri tormentosi quali è un vampiro è cattivo sei pazza non puoi è sbagliato è disgustoso e un qualcosa che sembrava… affetto nei suoi confronti, accompagnato da un unico pensiero che era più spaventoso di tutti gli altri messi insieme: potrei dargli una possibilità.

Un’idea che apriva porte che avrebbe voluto lasciare sbarrate per sempre; qualcosa che le riportò alla mente quanto difficoltosa e dolorosa fosse stata la barriera fra lei e Angel: per quanto si amassero profondamente, la differenza fra di loro, fra le loro vite, era troppa, il muro invalicabile. Coinvolgersi con un altro vampiro, dopo tutto ciò che aveva sofferto, era impensabile; per di più uno che non aveva un’anima.

Aveva provato ad avere un ragazzo normale: Riley, a parte il suo affare con l’Iniziativa, era un comune, stereotipato, dolce e vivo studente del college. Avevano passato dei bei momenti insieme, era stata bene, soprattutto era stato meraviglioso poter fare con lui meravigliosi pic-nic alla luce del sole, e anche meravigliose gite al mare.

Oh, sì, tutto era stato meraviglioso.

Eccetto il suo tradimento con quelle vampire; lì non c’era stato niente di meraviglioso. Buffo, l’unico ragazzo normale che aveva avuto, aveva finito per farsi corrompere dall’oscurità, a suo dire per lei. Questo faceva capire quanto il suo esperimento di avere un ragazzo che non fosse una creatura della notte fosse fallito miseramente. Perché illudersi inutilmente? Una che poteva scrivere sulla sua autobiografia ’Cacciatrice di Vampiri’ non era in grado nemmeno di sperare in una vita normale.

Difatti, il problema qui era un altro: lei non aveva paura di coinvolgersi con un altro vampiro.

Aveva paura di coinvolgersi e basta.

“Spike”, mormorò con un fil di voce, guardandolo intensamente, gli occhi che luccicavano. “Che vuoi da me?”

“Lo sai.” Rispose lui, con tono morbido, accarezzandole il viso con delicatezza.

“No invece!” Obiettò lei, con un lieve tremito nella voce. “Cosa vuoi? Sesso? Qualcuna che possa sostituire Drusilla? Oppure solo un nuovo passatempo mentre aspetti di avere l’occasione di liberarti del chip?”

Parlava a raffica, in una cascata angosciosa, e fu allora che Spike riuscì a capirla davvero, a leggere dentro quelle pozze verdi cosa la tormentava:

era spaventata.

Era comprensibile, dati i suoi precedenti in fatto di relazioni sentimentali: il suo primo amore, Mr. Mi-Struggo-di-Sensi-di-Colpa, l’aveva scopata e poi l’aveva mollata, provando ad uccidere lei e i suoi cari. Al suo secondo tentativo, quel Parris, Palmer o come diavolo si chiamava aveva fatto lo stesso, a parte l’affare delle uccisioni. Il suo terzo ragazzo, il soldatino smidollato, non era mai riuscito veramente a capirla e aveva finito per farsi mordere da quelle vampire di facili costumi. Non c’era da stupirsi se non si buttava tranquilla fra le braccia del primo venuto: una che era stata scottata così tante volte doveva per forza aver paura dell’acqua calda.

Doveva rassicurarla, farle capire che lui era diverso, che non l’avrebbe lasciata nemmeno per tutto il sangue fresco che c’era sulla terra. L’avrebbe protetta, e amata, e niente avrebbe potuto separarli, se lei gli avesse concesso il suo cuore, la sua passione, se stessa.

“Niente di tutto questo.” Rispose deciso, continuando a guardarla negli occhi, augurandosi che lei leggesse dentro di lui e capisse che stava dicendo la verità. “Voglio solo te. Poterti stare vicino, stringerti tra le mie braccia, baciarti…insomma, poterti amare…nient’altro.”

Buffy lo fissò per un lungo istante, senza battere ciglio, un’espressione seria e concentrata. Poi, deglutì rumorosamente e disse, in un sospiro quasi impercettibile:

“Mi uccideresti?”

“Coosa?” Il vampiro sgranò gli occhi: era una domanda così inattesa e incoerente che pensò di aver capito male. La ragazza continuò a scrutarlo con quell’espressione determinata e indecifrabile, come se fosse divenuta all’improvviso di pietra. 

“Se ne avessi la possibilità…se il chip smettesse di funzionare…”, spiegò, sempre a voce bassa “…proveresti ad uccidermi? A mordermi?”

Capì quello che intendeva dire, e per un momento pensò di rispondere con il suo solito sarcasmo allusivo. Ma il suo volto, il suo tono, gli avevano fatto capire che era molto importante per lei. Inoltre, non voleva rompere quel delicato equilibrio che si era instaurato fra di loro, e di certo un ’Morderti? Beh, dipende dove’ l’avrebbe spezzato per sempre. C’era posto solo per la verità. Era il momento di scoprire le carte.

“No.” Disse sincero, continuando a sperare che lei vedesse attraverso di lui, così da credergli.

“Perché vederti morire, Buffy, ucciderebbe anche me.”

Sentì un vuoto alla bocca dello stomaco, una sensazione dolorosa e profonda che aveva imparato ad accostare a tutte le volte che scopriva i suoi sentimenti, mettendo il suo cuore su un piatto d’argento e offrendolo alla donna che amava, permettendole di farne ciò che voleva: Cecily l’aveva calpestato sotto il tacco della scarpa, Dru ci aveva giocato un po’, lasciandogli credere di accettarlo, e poi l’aveva divorato da dentro. Buffy, la prima volta, lo aveva rifiutato malamente. E adesso lui glielo offriva di nuovo. Per quanto Spike fosse diverso dal William che era stato, per quanto fosse più coraggioso, sfacciato, arrogante, sicuro di sé e forte, c’era una parte del poetucolo umano che gli era rimasta: la sua brutta abitudine di rendersi completamente vulnerabile davanti alle persone a cui teneva davvero. 

Il silenzio che ne seguì fu agghiacciante per entrambi. Quando finalmente la vide prendere fiato per parlare, avvertì il tempo fermarsi, tutto il sui io, il suo mondo, concentrato sulla risposta che gli avrebbe dato. Se avesse respirato, in quel momento avrebbe trattenuto il fiato.

La porta della stanza si aprì di scatto, e quasi all’istante Buffy si liberò dall’abbraccio del vampiro, indietreggiando con un balzo senza guardarlo. “Bloody hell” Mormorò, la rabbia che gli invase tutto il corpo: quei maledetti non potevano lasciarli in pace??

“Ti sta dando fastidio, Buff?” Chiese Xander, lanciando uno sguardo velenoso al vampiro, che gli restituì la stessa occhiata, fissandolo furibondo. Lei guardò d’istinto l’orologio che aveva al polso e si accorse che erano là dentro da più di dieci minuti. Nessuna sorpresa che i suoi amici si fossero fatti delle domande.

“Ehm, no…parlavamo della…ehm, strategia di attacco.” Balbettò, infuriata con se stessa per non riuscire ad avere un tono calmo e deciso. Sperando di rendersi meno evidente, si voltò di nuovo verso il baule, rovistando fra le lame affilate. Se il suo migliore amico non vedeva il rossore sulle guance, magari se la sarebbe cavata.

“Credevo che lui non partecipasse all’attacco.” Replicò Xander sospettoso, con un accento di disgusto sul ’lui’. 

Non le piaceva per niente come si stavano mettendo le cose.

“Sì, ma sai com’è fatto”, obiettò lei, con falsa disinvoltura “Spike non può fare a meno di dire la sua opinione”.

Dalla sua posizione, il vampiro in questione guardava torvo dall’uno all’altra, chiedendosi infastidito se erano coscienti che lui era ancora là con loro.

“Beh, è meglio se torni di là.” Suggerì Xander, ancora dubbioso “Così mettiamo a punto gli ultimi dettagli sul piano.”

“Okay”.

Si avviò a passi decisi seguendo l’amico, impugnando un’ascia, ignorando gli sbuffi di Spike, immerso in pensieri non molto confortanti: magnifico, la Cacciatrice aveva lanciato un’occhiata sdegnosa al suo cuore e poi l’aveva tralasciato. Non sapeva se era peggio quella totale indifferenza o un semplice, chiaro rifiuto. Sospirò, seguendo la scia del profumo di Buffy nell’altra stanza.

“Bene, io e Will ci occupiamo di Glory.” Annunciò la bionda, il solito tono autoritario e freddo. “Il signor Giles, Xander e Anya resteranno qui a cercare qualcosa su di lei e la Chiave sui libri del Consiglio. Dawn, tu andrai con Spike.”

La brunetta si accostò al vampiro, senza entusiasmo, lo sguardo basso e vacuo. La fronte di Buffy si corrugò, preoccupata: la piccola era rimasta di quell’umore da quando avevano lasciato il Pleasant Dreams. Sembrava totalmente senza speranza, un guscio vuoto e afflitto. Avrebbe tanto voluto confortarla, assicurarle al 100% che l’avrebbe salvata.

Ma non poteva.

Di nuovo sentì quel gelo dentro di lei, quella consapevolezza amara e crudele che non ce l’avrebbe fatta. Di nuovo nelle orecchie della sua mente la voce della Prima Cacciatrice, che le sussurrava, con quel tono grave e spietato che riecheggiava nelle silenziose lande deserte:

la morte è il tuo dono.

Voleva dire che avrebbe fallito? Che avrebbe regalato la morte alla sua sorellina, lasciandola uccidere dalla dea?

Si rabbuiò, stringendo le labbra: probabilmente sì. Il pensiero la divorava dentro come un mostro affamato e crudele. Dovette distogliere lo sguardo da Dawn: non riusciva nemmeno a guardarla. Fu così che incontrò gli occhi azzurri di Spike, che la fissavano preoccupati. Sicuramente doveva essersi accorto del suo scompenso, della sua disperazione, sebbene li celasse sotto una maschera di sicurezza e coraggio. Si fissarono per un lungo istante, e lei si ritrovò a pensare a ciò che le aveva rivelato poco prima: sembrava davvero sincero…i suoi occhi, che come al solito dimostravano i suoi sentimenti come se fossero scritti a caratteri cubitali sulle pupille, confermavano ogni parola che aveva detto.

Per un secondo, Buffy si chiese se fosse davvero così difficile lasciarsi andare con lui, permettersi di dividere con Spike un po’ del suo dolore interiore, che teneva nascosto a tutti, persino ai suoi migliori amici.

Chissà, forse lui l’avrebbe capita…può darsi che non sarebbe riuscito ad aiutarla, ma…Dio, aveva così bisogno di qualcun altro, altrettanto forte, altrettanto resistente, che le desse sostegno. Il peso che doveva portare sulle spalle era così terribile, un parassita che succhiava via da lei ogni energia, e mai avrebbe potuto condividere la sua stanchezza interiore, lo sfinimento, con i suoi amici. Perché loro contavano su di lei, e non poteva dimostrarsi debole. Mai.

Spike era diverso. Magari avrebbe potuto migliorare le cose, perché, anima o no, lui aveva dimostrato di tenere davvero a lei. Inoltre, non aveva mai conosciuto un vampiro che mantenesse così tante caratteristiche umane, dopo la trasformazione. Perfino Angel senz’anima era un completo bastardo, sadico, perverso, crudele…un vero mostro, del tutto privo di umanità. Spike invece aveva provato che era in grado di amare, voler bene, oltre ad una vasta gamma di sentimenti che dovrebbero essere preclusi ad una creatura demoniaca. Per quanto volesse negarlo a se stessa, era la verità: lui era in grado di provare qualcosa.

Non solo, Spike era disposto a fare qualsiasi cosa per la donna che amava: era rimasto accanto a Drusilla per oltre un secolo, sopportando tutti i suoi tradimenti con Angelus, prendendosi cura di lei quando era diventata debole, impegnandosi a fondo per guarirla. Avrebbe fatto lo stesso anche con lei, le sarebbe stato vicino, se solo lei gli avesse permesso di..?

“Buffy? Terra chiama Buffy?”

Si riscosse come da una specie di torpore, e guardò Xander sbattendo le palpebre, emettendo un suono strano con la bocca che la fece sentire piuttosto stupida: “Ohè..?”

Il ragazzo la fissò perplesso, così come il resto della gang, e lei si schiarì la gola, cercando di darsi un contegno:

“Cosa dicevi, Xander?”

“Ho detto”, ripeté lui con una punta d’impazienza “Se hai studiato qualche nuova mossa speciale, non so, per affrontare Glory. Come speri di combatterla?”

Buffy trattenne quasi il respiro: in effetti, non aveva ideato alcuna strategia particolare, e non credeva affatto che stavolta sarebbe andata diversamente rispetto ai loro precedenti scontri. Sentì riaffiorare quella sensazione di dolore sordo, ma la scacciò, e fissò il ragazzo negli occhi con decisione, alzando l’ascia davanti ai suoi occhi.

“Eccola, la mossa speciale. Gliela ficco nel cranio e stiamo a vedere che succede.” Disse dura, dirigendosi a passi veloci verso l’uscita. Willow la seguì, senza dire una parola.

“A voi non sembra che Buffy sia…ehm, un po’ fuori fase?” Commentò Xander preoccupato, dopo che lei se ne fu andata.

“Perché non chiudi quella fogna e non cominci a fare il bravo topo di biblioteca, Harris?” Gli ringhiò contro Spike, scrutandolo con odio profondo.

“Che ti prende, Succhiasangue? La difendi davanti a Dawn perché speri che lei glielo riferisca e ti faccia guadagnare punti?” Reagì Xander, e prima che se ne rendesse conto Spike gli fu addosso, sbattendolo violentemente contro il muro e bloccandolo. Strizzò gli occhi un momento, evidentemente dolorante a causa delle scosse del chip, poi li riaprì, focalizzandosi su di lui con gli occhi che brillavano di una luce pericolosa. La sua stretta era di ferro, Xander non poteva muoversi.

“Ehi!” Sentì protestare Anya da qualche parte, ma il ragazzo era troppo concentrato in quello sguardo per rendersene conto: quello che aveva davanti era di nuovo William Il Sanguinario, temibile, spaventoso, minaccioso.

Non poté ignorare la sensazione di paura che gli affiorò nell’animo, malgrado ci provasse.

“E tu invece? Per quale motivo insulti la Cacciatrice davanti alla piccola?” Gli chiese in un mormorio basso e profondo, di una calma mortale. Xander si accorse che stava cominciando a sudare copiosamente.

“Non stavo insultando B-Buffy” Balbettò, la voce soffocata. Lo stava stringendo in un modo che quasi gli bloccava il respiro, un artiglio intorno alla gola.

“Credi che sia facile per lei!?” Continuò Spike furioso, come se non l’avesse sentito “Tutte le responsabilità, le preoccupazioni…tutte quelle maledette cose che non ti rivela e non ti rivelerà mai perché ha il cuore troppo tenero!? Credi che se la goda??” Lo scrollò, e lui scosse la testa.

“Io capisco che sia sotto pressione!” Ribatté Xander, deciso.

“Smettetela.” Udì Giles ordinare, brusco.

“Tu non capisci niente.” Ringhiò il vampiro, lasciandolo andare con un gesto secco e continuando a squadrarlo con disprezzo. Xander restò appiccicato al muro, i polmoni che finalmente si gonfiarono di ossigeno ora che la gola era libera, e fissò il vampiro con un misto di paura e rabbia. Spike fece per andarsene, poi sembrò ripensarci, un sorrisetto di scherno che  gli deformò le labbra. Quando parlò, fu in un sussurro divertito quasi impercettibile, tanto che Xander stesso, a pochi centimetri da lui, lo udì a stento:

“Fra l’altro, Harris, che cosa ti fa pensare che io non abbia già ottenuto quello che voglio da Buffy?”

A quel punto, la rabbia sovrastò la paura. Xander digrignò i denti, furioso, e cercò con lo sguardo un paletto. Gliel’avrebbe ficcato dritto nel cuore, a quella creatura disgustosa, non importa cosa pensavano tutti, non avevano bisogno di lui! Se l’erano cavata per anni senza l’idiota ossigenato!

Il suo sguardo cadde invece su Dawn, che aveva raggiunto il fianco del vampiro mentre si dirigeva verso l’uscita del negozio.

No, non poteva farlo fuori. Il suo aiuto era prezioso, in un momento del genere. E forse lui non avrebbe dovuto criticare così alla leggera Buffy, dopo tutto quello che aveva passato. Sospirò, mentre anche l’ultima parte del cappotto di pelle di Spike spariva dietro la porta.

Per quanto riguardava le parole del vampiro, si disse che non doveva dar loro peso: probabilmente l’aveva detto solo per infastidirlo e farlo infuriare, proprio come la frase vicino alla macchina. La sua migliore amica era troppo intelligente per farsi incastrare da quello lì.

Tuttavia, c’era quel brutto formicolio nello stomaco che non gli dava pace; e chissà perché, non riusciva a fare a meno di pensare alla posizione in cui erano prima che irrompesse nella stanza degli allenamenti e si staccassero bruscamente, o allo sguardo lungo e intenso che si erano scambiati poco prima.

Tutta quella faccenda non gli piaceva per niente.

 

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Le due ragazze avanzavano veloci nelle ombre della notte, in direzione della suite della dea. Buffy scoccò uno sguardo all’amica, sembrava tesa e profondamente concentrata, muoveva le labbra velocemente senza che ne uscisse alcun suono. Sorrise nostalgica: Willow faceva sempre così anche alle superiori, quando c’era qualche compito in classe; ripassava le nozioni ripetendole a mente. Probabilmente in quel momento stava rivedendo alcuni incantesimi.

Il sorriso scomparve quando si rese conto che stavolta, un fallimento non sarebbe costato loro un brutto voto, ma la vita. Sperò che l’amica si dimostrasse altrettanto brillante nelle magie, perché a quanto ricordava, non aveva mai preso un’insufficienza in quei test.

All’improvviso, le sue orecchie percepirono il calpestio lento e regolare di piedi sull’erba e si arrestò, bloccando con un cenno anche Willow. I suoi sensi di Cacciatrice non la ingannavano mai: nonostante il buio, era sicura che qualcuno si stesse avvicinando a loro. Entrambe si spostarono dietro ad un albero, aspettando. Buffy impugnò più saldamente l’ascia, tutti i muscoli tesi e pronti all’azione. Ormai, chiunque fosse, era vicinissimo: poteva quasi sentire il rumore del suo respiro, nel silenzio della notte rotto solo dai trilli delle cicale…

Balzò fuori dal suo nascondiglio, l’ascia pronta a colpire, e si sentì gelare quando vide chi era il misterioso individuo:

Ben.

Era perplesso e sorpreso, immobile come una statua di sale, gli occhi fissi sulla lama puntata contro di lui. La ragazza si sentì avvampare, e abbassò subito l’arma e gli occhi travolta dall’imbarazzo: ecco che cosa succedeva ad essere troppo nervosi. Si sentiva la faccia bollente, il cuore che le sfondava il petto.

“Ehm, ciao Ben.” Lo salutò con una vocetta piccola piccola, tutta di gola.

“Oh, ciao Buffy.” Rispose lui cercando di essere cortese, ma era ancora piuttosto scosso, si vedeva. Lei desiderava solo sprofondare, in quel momento.

“Che…ehm, fai di bello?” Chiese Ben, esitante.

Il suo cervello lavorava furiosamente: qual era una spiegazione plausibile per trovarsi di notte, in un bosco, con un’ascia, e venir fuori dai cespugli brandendola contro la gente? Okay, riformulando la domanda: esisteva una spiegazione plausibile per una cosa del genere, a parte la verità?

“Oh, io stavo…tagliando gli alberi!” Disse trionfante, quando le si accese la lampadina, e conficcò con un gesto secco la lama nella corteccia. Okay, non era una grande idea, ma era meglio della prima che aveva pensato, ovvero che stava girando un film horror. “Ma poi ti ho sentito e credevo fossi un lupo, e così…”

Ben la fissava ammutolito, lanciando occhiate incerte all’ascia, ora piantata nell’albero. “Oh.”

“E tu invece?” Chiese Buffy, decisa a cambiare argomento. Lui parve ritrovare un po’ di lucidità. “Passeggiavo.” Rispose semplicemente, scrollando le spalle.

“Beh, ho sentito che presto ci sarà un acquazzone da queste parti. Secondo me, è meglio che torni a casa, subito.” Suggerì lei: ora che l’imbarazzo si era un po’ attenuato, si rese conto che Ben stava correndo un grave pericolo, andando in giro da solo lì intorno. Glory avrebbe potuto trovarlo, e succhiargli il cervello, e non poteva permetterlo. Non ad un ragazzo così carino e gentile, che si era preso cura di Dawn quando era scappata di casa, che l’aveva fatta giocare con lo stetoscopio, e che aveva cercato di confortarle entrambe mentre la mamma era all’ospedale.

“Il cielo è sereno.” Commentò il dottore alzando gli occhi, e il riflesso delle stelle li fece luccicare, rendendoli bellissimi. Senza contare le altre qualità fisiche del ragazzo, si ritrovò a pensare lei, accarezzando con lo sguardo il suo profilo, prima di darsi una scrollata mentale:

“Sì, ma qui in California le tempeste improvvise sono molto frequenti. Torna a casa, è meglio.” Insistette, lui le sorrise.

“D’accordo, se lo dici tu.”  

Cavoli, era davvero attraente quando sorrideva.

“Buonanotte e…buona potatura!” Scherzò lui, allontanandosi. Quando le ombre lo inghiottirono, Buffy tirò un sospiro di sollievo, sconficcando l’ascia ed esaminandola con un leggero cipiglio. Chissà cosa avrebbe pensato il signor Giles se gli avesse detto che aveva usato una pregiata arma gotica per tagliare gli alberi. Willow uscì fuori dal nascondiglio, fissò prima il taglio netto sulla corteccia, poi scoccò uno sguardo di rimprovero all’amica, stringendo le labbra.

“Ehm, ho dovuto” Si giustificò nervosamente lei. La rossa la guardò severa per qualche altro secondo, poi posò la mano sulla ferita del tronco e mormorò qualche parola in latino, una lieve luce venne sprigionata e quando tolse la mano l’albero era intatto.

“Possiamo andare.” Disse freddamente, cominciando ad avanzare. Buffy annuì e la seguì.

Da lontano, Ben le osservava, le braccia conserte; non voleva farlo, davvero, ma non poteva evitarlo. Gli piaceva la ragazzina, avrebbe voluto risparmiarla…ma era l’unico modo che aveva per salvarsi: se Dawn fosse morta, quell’incubo sarebbe finito per sempre. Sospirò, estraendo un bisturi dalla tasca della giacca. Perché di tutti gli uomini sulla terra doveva essere capitato proprio a lui quel supplizio? Tutto ciò che desiderava era essere un bravo medico, aiutare le persone. Invece, era intricato in tutto quel caos, schiavizzato dalla presenza sempre più predominante della dea infernale, con un solo modo per liberarsene, un modo raccapricciante.

Sospirò, una sensazione pesante e bruciante di senso di colpa che lo divorava a poco a poco, facendolo sentire un verme, mentre la lama del bisturi cominciava ad affondare nella pelle del braccio.

 

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“Non è il caso di buttarsi giù così, Briciola.” Sbottò improvvisamente Spike, stufo di vedere la sua brunetta preferita con quello sguardo vuoto e quella smorfia vacua sul giovane viso.

“La Cacciatrice prenderà a calci nel culo quella bastarda! Credimi, è una forza della natura quando ci si mette.” Gli affiorò alle labbra un lieve sorriso, gli occhi improvvisamente persi nella contemplazione di un’immagine mentale: Buffy che attaccava, gli occhi verdi decisi, le labbra contratte, le sopracciglia aggrottate in un’espressione determinata, i capelli dorati che le ricadevano a boccoli sulle spalle, ciondolando ad ogni movimento, il sudore che le imperlava la fronte e il petto, rendendo il suo odore più intenso, soffocante. Poi il suo corpo mentre lottava, muscoli tesi e flessibili allo stesso tempo, ogni movimento armonioso e fluido, furia e grazia tutte insieme, bella e letale. Si passò la lingua sulle labbra, ricordandosi della sensazione che aveva provato quando l’aveva baciata, quella morbidezza di seta, il sapore dolce del lip-gloss alla frutta, il calore della sua bocca, del suo respiro. Bloody Hell, sapeva fare certe cose con quella lingua! Se baciare Buffy era stato così incredibilmente fantastico, che cosa avrebbe provato sopra di lei, nuda, fra le lenzuola del suo letto?

Hey, calmati amico si disse, scoccando un’occhiata preoccupata alla piccoletta, che per fortuna fissava il terreno. Era in presenza di una minorenne, per di più sorella della Cacciatrice, e quei pensieri potevano portare a qualcosa che lei non doveva assolutamente vedere. Cercò di cancellare l’immagine di Buffy dalla sua testa, focalizzandosi sulla brunetta:

“Hai capito quello che ti ho detto?” Le chiese, corrucciato. Non gli piaceva proprio vederla così.

Lei annuì. “Sì, Buffy è forte.” Confermò con poca convinzione.

Il vampiro sospirò, sedendosi accanto a lei.

“Non ti fidi di lei?”

“Farà di tutto per proteggermi, lo so. Ma…” un sospiro “…Glory è davvero potente.”

“Credimi, l’ho vista far fuori un mucchio di Super Cattivi presunti invincibili. Io ho provato sulla mia pelle quanto sia coriacea.” Sbuffò, e provò una punta di trionfo quando la vide sorridere appena. D’accordo, era una specie di lieve e quasi impercettibile piegatura delle labbra, ma pur sempre qualcosa.

“Quando si mette in testa una cosa, la porta a termine. Vincerà lei alla fine, te lo dico io.”

“Hai molta fiducia in lei, vero?” Chiese Dawn, posando lo sguardo su di lui.

“Tu non ne hai?” Replicò Spike inarcando un sopracciglio.

“Sì.” La piccola guardava di nuovo il terreno, la fronte aggrottata; si sistemò una lunga ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio, poi si morse nervosamente il labbro inferiore, in un gesto che gli ricordò subito a chi era imparentata. 

“Spike?” Esitante, insicura.

“Sì, dolcezza?” La incoraggiò lui, guardandola con le sopracciglia aggrottate, dandole tutta la sua attenzione. Era bravo in questo. Spesso nella sua non-vita aveva dovuto…spingere Dru a rivelargli i suoi pensieri, soprattutto durante la sua malattia, e dall’esperienza aveva imparato che le persone si aprono molto di più se si presta loro ascolto senza insistere o tempestarle di domande, mostrandosi solo profondamente interessato ad ascoltare.

“Tu credi che Buffy abbia fiducia in se stessa?” Gli chiese titubante.

“Perché mi fai questa domanda?” Domandò lui a sua volta, profondamente colpito.

Dawn fece un sorrisetto amaro: “Beh, negli ultimi tempi sembra piuttosto giù di corda. E…non so, mi da l’impressione che non sia più sicura di sé come prima.”

“Ha dovuto sopportare molte cose, è normale che sia un po’ malconcia, ma questo non vuol dire che sia più debole di prima, piccola. È sempre la sorella maggiore che conosci.” Rispose deciso, sperando che la questione fosse chiusa: non gli piaceva come stavano andando le cose. Inoltre, da quando in qua la ragazzina era così arguta e recettiva? Credeva che alla sua età si pensasse solo ai cartoni animati e roba del genere.

Dawn si focalizzò su di lui, uno sguardo deciso e determinato identico a quello di Buffy, se non fosse che questo brillava di azzurro e non di verde.

“Lo so. Ma non hai risposto alla mia domanda.” Insistette, cocciuta. Lui sorrise:

“Certo che crede in se stessa. È la persona più presuntuosa che conosco! Insomma, credo che dopo aver sventato un paio di apocalissi chiunque si sentirebbe una specie di divinità. Se ci aggiungi tutta la cantilena del ’Per ogni generazione ce n’è una e solo una, scelta per salvare il mondo e i marmocchi e il Natale’ …fatti i conti!”

Questa era una gran bella bugia, farcita con la solita ironia, e lui lo sapeva benissimo. Ma dopotutto, il Big Bad non era tenuto a dire sempre la verità, semmai il contrario!

Dawn sorrise timidamente. “Sì, forse hai ragione.” Ci ripensò su un attimo e aggiunse: “Non me al ricordavo così, la profezia.”

Spike rise sommessamente e scrollò le spalle. “Questioni di punti di vista”.

Rimasero in silenzio per qualche minuto.

“Spike?”

“Sì, Briciola?” Chiese lui con noncuranza, le parole un po’ storpiate perché teneva fra le labbra una sigaretta, che aveva appena sfilato da un pacchetto tutto ammaccato.

“Sei davvero innamorato di Buffy?”

Lo prese così alla sprovvista che quasi si bruciò le dita con la fiamma dell’accendino d’argento. Dawn lo fissava solenne, in attesa, e dal suo sguardo capì che non avrebbe lasciato perdere finché non le avesse risposto. Non che avrebbe mai confidato i suoi problemi sentimentali ad una quattordicenne, diavolo!

“Non sono affari tuoi, mocciosa.” Sbottò scontroso, lanciandole un’occhiataccia targata Big Bad, di quelle che facevano tremare di paura tutte le sue vittime ancor prima che assumesse il volto della caccia.

“Insomma, che hai una cotta per lei è evidente da secoli, ormai”, continuò Dawn imperturbabile, come se non l’avesse visto né udito, e Spike si sentì al contempo infuriato e umiliato: grande, per anni aveva terrorizzato interi continenti e adesso non riusciva nemmeno a far star zitta una ragazzina delle medie.

“Mi stavo chiedendo se fosse più di questo, ecco. Se ne fossi davvero innamorato.”

“Vuoi dire come si vede in tv? Con gli uccellini che cantano quando la guardo, le serenate fatte sotto il balcone al chiaro di luna e roba del genere?” La prese in giro lui, poi fece una smorfia. “Torna a vedere i Teletubbies, ragazzina.”

“Non abbiamo un balcone”, replicò distrattamente lei, mandandosi indietro i lunghi capelli con un gesto secco “Ma se ti vergogni tanto ad ammetterlo, chissà…” Sospirò, tirando fuori dalla tasca un pacchetto di gomme e scartandone una.

Spike prese una grossa boccata di fumo. Che demonio di ragazzina, ci si metteva anche lei adesso.

“Sono pronto a morire per lei.” Sbottò con stizza, stringendo la sigaretta fra i denti. “Ti pare una cotta, questa?”

Non sapeva neppure lui perché avesse sentito il bisogno di mettere in chiaro le cose con la piccoletta, ma gli dava piuttosto fastidio il fatto che lei non credesse alla profondità dei suoi sentimenti. Insomma, da tutto il resto della banda non si era aspettato granché, ma da lei…era come essere stato pugnalato alle spalle.

Dawn sorrise davvero per la prima volta da quando erano tornati dal motel. “Fantastico. Proprio come pensavo.”

Il vampiro la fissò allibito per un po’, poi sbuffò e gettò la sigaretta per terra.

“Sei davvero terribile, lo sai?” Le disse, più calmo e in un certo senso rassegnato. Lei annuì vigorosamente.

“Me lo dicono tutti”.

 

11. Questioni di Fiducia

 

“Cos’è successo?”

Chiese subito allarmato il signor Giles, quando vide le due ragazze tornare al negozio trasportando un uomo svenuto. Buffy lo fece sdraiare sul pavimento, con cautela, rivoltandolo a pancia in su, e l’Osservatore notò che il vestito del ragazzo –non poteva avere più di venticinque anni- era strappato in più punti, con ferite sanguinati da tutte le parti.

“È stato attaccato dai servi di Glory.” Annunciò preoccupata la Cacciatrice, esaminando le ferite con occhio esperto.

“Per fortuna non ha niente di grave.”    

“Ma chi è? Perché l’hai portato qui invece che all’ospedale?” Chiese Giles, scrutandolo attentamente con le sopracciglia aggrottate: gli sembrava di averlo già visto da qualche parte, ma non riusciva a realizzare né dove né in che occasione…

“Si chiama Ben, è un medico. Ha aiutato Dawn quando era scappata di casa, si ricorda?” Lo esortò lei, guardandolo speranzosa. Dopo un po’, l’Osservatore annuì. Certo, aveva visto quel giovane dottore anche quando aveva accompagnato Buffy durante l’operazione della madre.

“L’ho portato qui”, proseguì la Cacciatrice decisa “Perché prima di svenire mi ha detto che quegli strani individui butterati che l’hanno aggredito hanno detto che dovevano portarlo a Glory per informazioni sulla Chiave. Ben era molto confuso, non capiva a cosa si riferissero, anche se aveva sentito qualcosa del genere al telegiornale. Signor Giles, credo che Glory abbia scoperto che ha avuto contatti con la mia famiglia e con Dawn, e se gli dà la caccia non possiamo abbandonarlo in ospedale!”. Si fermò a riprendere fiato, guardando apprensiva il ragazzo.

Il signor Giles annuì. “D’accordo. Anya, c’è una cassetta del pronto soccorso in quell’armadio dietro il bancone, vai a prenderla.”

“Oh, non sono in servizio in questo momento. Mi pagherà gli straordinari?” Chiese speranzosa, ma ad un’occhiataccia dell’uomo si rabbuiò ed annuì. “Va bene, va bene, niente extra!” Acconsentì con un gesto plateale delle mani, dirigendosi verso il luogo indicato e aggiungendo, più a bassa voce: “Taccagno!”

Giles fece finta di non sentirla, non poté trattenersi però dall’alzare gli occhi al soffitto.

Aiutata da Willow, la Cacciatrice sfilò il cappotto al medico privo di sensi, poi cominciò a sbottonargli la camicia lacera: la maggior parte dei tagli erano lì, sul petto. Voleva disinfettare le ferite al più presto, anche se nessuna era davvero preoccupante. Ben era un ragazzo innocente, coinvolto in tutto questo solo perché era stato carino con lei e sua sorella. Non era giusto, non avrebbe mai potuto permettere che gli accadesse qualcosa per colpa sua. Prese la cassetta che gli porgeva Anya impaziente e ne estrasse una garza. Proprio mentre si accingeva a pulirgli la ferita, la porta del Magic Box si aprì di scatto.

“Bloody Hell! Quei dannati-“ Spike aveva fatto irruzione nella stanza, e quella che doveva essere una sfuriata si bloccò improvvisamente alla scena che gli si presentò davanti: Buffy, la sua Buffy, era china su un ragazzo, il viso preoccupato, una mano piccola e candida posata con delicatezza sul petto nudo di lui, l’altra che teneva in mano una garza. Lo stava medicando, era evidente, ma questa realizzazione non frenò l’impeto di gelosia che lo travolse completamente allo spettacolo. Conosceva quel bellimbusto, aveva visto la Cacciatrice fare la smorfiosa con lui in più di un’occasione: al Bronze, alla festa dei collegiali a cui si era imbucato…

“Spike!” Tuonò subito lei, squadrandolo torva. “Che diavolo ci fai qui!? Dovevi rimanere nella caverna con Dawn!! Lì eravate al sicuro!”

“Non più.” Rispose Dawn per lui, al suo fianco. Spike non riusciva a distogliere lo sguardo dalla mano di lei, ancora posata con confidenza sul pettorale dell’idiota, mentre dentro di sé si sentiva bruciare di gelosia, di rabbia. 

“Perché?” Chiese Buffy allarmata “Siete stati attaccati?”

Ancora una volta, fu Dawn a rispondere. Lui teneva i denti così stretti che non sarebbe riuscito ad emettere alcun suono, l’odore del sangue del pivello che gli entrava nelle narici, facendogli venire l’acquolina in bocca. Avrebbe voluto prosciugarlo fino all’osso, divorarlo, ucciderlo, usare i suoi ossicini come stuzzicadenti.

“Sì. Sono stati i mostriciattoli di Glory, mandati a cercarmi.” Dawn deglutì rumorosamente: “Spike li ha fatti fuori quasi tutti, ma uno è riuscito a scappare mentre teneva a bada gli altri. Ora Glory saprà delle caverne.” Concluse tristemente, lasciandosi cadere sulla prima sedia disponibile.

“A voi com’è andata?” Chiese, guardando con un cipiglio ansioso dalla sorella maggiore al medico svenuto. 

La bionda sospirò, riprendendo a pulire la ferita.

“Siamo state nella suite di Glory, ma era vuota. Tornando, abbiamo incontrato Ben che scappava disperato, ridotto in questo stato.” Riassunse in breve.

“Se la caverà?” Chiese Dawn corrucciata. Le piaceva il giovane medico: le aveva prestato lo stetoscopio ed era stato ad ascoltarla offrendole da bere quando ne aveva avuto bisogno.

“Sì, sono solo graffi.”

“Allora smettila di perder tempo con lui! Abbiamo altro a cui pensare!” Sbottò il vampiro furibondo, stringendo i pugni con tanta forza da farsi male. Lei gli scoccò uno sguardo esasperato.

“Ha bisogno di aiuto.”

“Fallo fare a qualcun altro!! Dannazione donna, sei la Cacciatrice o la Guaritrice?” Obiettò gridando, incapace di placare la sua ira. Buffy lo fulminò con lo sguardo, stringendo le labbra:

“Voglio farlo io. Qualche problema?” Replicò soave, incapace di trattenere un’occhiata maligna. Dio, le faceva davvero saltare i nervi! Non era quello il momento di fare il geloso, perché era evidente che era così, stava solo medicando quel poveretto che era stato così gentile con lei! Da come si stava comportando il vampiro, sembrava quasi che li avesse scoperti nudi e pronti a saltarsi addosso!

Spike da parte sua aveva una gran voglia di schiaffeggiarla. Certo, prima si faceva toccare, baciare da lui, poi lo costringeva a buttar giù le sue difese, a rendersi vulnerabile, infine la trovava lì a coccolare quell’idiota per un paio di graffietti che se avesse avuto lui non avrebbe degnato di uno sguardo! Combattendo contro quegli scabbiosi si era procurato un bel po’ di lividi, ma sicuramente se le avesse detto che voleva essere vezzeggiato per questo gli avrebbe riso in faccia!

Aveva bisogno di prendere una boccata d’aria, non per l’ossigeno certo, quanto per il fatto che se fosse rimasto a guardarla un altro secondo mentre accarezzava quel tipo sarebbe esploso. Uscì in fretta dal Magic Box sbattendo la porta, tanto che il campanello appeso sopra cadde per terra e il muro tremò. Buffy sospirò, scuotendo la testa, Dawn guardò impietosita il punto dove prima si trovava il vampiro, Xander ridacchiò soddisfatto. Anya, da parte sua, insorse: “Ehi! Quello dovrai ripagarlo!” e Willow la guardò inarcando un sopracciglio, ma senza commenti.

Dieci minuti dopo, la Cacciatrice finì di medicare Ben. Quello si svegliò, con un gemito soffocato, e la guardò sbattendo le palpebre, la confusione e la paura chiaramente impressi nelle pupille.

“B-Buffy...!” Disse, in un soffio senza voce “Che…” I suoi occhi improvvisamente s’illuminarono di comprensione e cercò di alzarsi a fatica, ma lei lo spinse di nuovo sdraiato, con delicatezza ma decisione.

“Ehi! Tu sei il dottore, e io devo dirti che i pazienti devono stare riguardati dopo una brutta esperienza come la tua?” Scherzò, per alleggerire la tensione. Lui la guardò ansioso.

“Ma quegli uomini…credo che lavorino per quella donna, quell’assassina di cui parlano in tv, dobbiamo chiamare la polizia!” Insisté, di nuovo cercando di muoversi, ma la pressione di lei era stabile.

“Me ne sono già occupata. Tranquillo, riposati.” Lo calmò, premurosa.

Ben la guardò dubbioso per qualche secondo, poi si lasciò andare, chiudendo gli occhi. Doveva essere stata un’esperienza traumatizzante per lui, realizzò Buffy, e lo guardò con tenerezza.

“Che si fa adesso?” Chiese Dawn, dopo essersi fatta scivolare con rapidità e noncuranza nella tasca un opale rosa che stava sullo scaffale vicino a lei. La sorella maggiore la guardò con un’espressione chiusa e concentrata, che lei aveva imparato a catalogare come il suo stato di profonda concentrazione. Dopo un po’, si alzò dalla posizione in ginocchio in cui era rimasta da quando era tornata, guardando decisa il gruppo, uno dopo l’altro.

“Dobbiamo prendere tempo. Se la foga di Glory è così aumentata significa che ormai è agli sgoccioli; volevo affrontarla per renderle nota la mia presenza e farla così smettere di uccidere, ma ormai è inutile: uno dei suoi servi ormai le avrà già detto di aver trovato Dawn nelle caverne dell’Iniziativa.” Spiegò, decisa. Probabilmente Ben ora si stava chiedendo in che gabbia di matti era andato a capitare, ma la cosa non la impensieriva più di tanto: aveva dimostrato di essere uno di cui potersi fidare.

“Allora che facciamo? Scappiamo di nuovo?” Domandò Giles, con falsa noncuranza; era evidente che la possibilità non lo allettava per niente.

“No, restiamo a Sunnydale.” Replicò “Solo che non sbandiereremo ai quattro venti la nostra posizione, non la andremo a cercare, al contrario: tenteremo di starle il più lontano possibile.”

“Ma che bel discorsetto articolato per dire che dobbiamo nasconderci.” Commentò con tono di scherno una voce maschile e profonda dietro di lei, e Buffy roteò gli occhi: eccolo qui, di nuovo in scena, signore e signori. Se non altro, sembrava essersi calmato.

“L’influenza di Rupert si fa sentire, eh?” Continuò Spike, sorridendole in maniera irritante quando si voltò a guardarlo. Il vampiro evitò per pochissimo di calpestare Ben mentre passava, non risparmiando però i suoi vestiti, e Buffy lo guardò storto.

 “Già di ritorno, Spike?” disse scocciata, incrociando le braccia sul petto.

“Ho pensato che avresti sentito la mia mancanza” Rispose, infilando le dita nella cintura dei jeans e ignorando il suo sbuffo sarcastico “Inoltre, ho paura che presto incontreremo di nuovo i nostri vecchi amici”.

La Cacciatrice sgranò gli occhi, turbata: “Come sarebbe?”

“I cavalieri. Stanno arrivando.” La informò, ora serio, e Buffy si sentì gelare. “Fantastico! Ci voleva proprio!”

“Posso innalzare di nuovo la barriera.” Si offrì subito Willow, lieta di poter essere utile. La sua migliore amica la premiò con un sorriso soddisfatto: “Perfetto. Li terrà a bada.”

“E intrappolerà noi.” S’intromise Spike “Il che renderà impossibile il tuo piano. Da quanto ne so, Glory conosce questo posto, e la barriera della Rossa non è abbastanza potente per lei”.

C’era da dire che i vampiri erano maestri nel vedere il lato negativo delle cose, soprattutto questo qui.

“Beh, se preferisci restare lì fuori, nessuno ti obbliga a rimanere, Spike.” Ribatté lei burbera, perfettamente consapevole che lui aveva ragione. Il vampiro sbuffò, ma non aggiunse altro, appoggiandosi con la schiena al muro.

“Okay, Will. Fa’ l’incantesimo.” La esortò Buffy, poi si rivolse agli altri “Però dobbiamo comunque tenerci pronti alla battaglia, in caso Glory entrasse in gioco”.

Tutti annuirono, gravi. La Cacciatrice si inginocchiò di nuovo vicino a Ben, che aprì lentamente gli occhi e le sorrise, a fatica: “Avevo capito subito che eri speciale.”

Buffy arrossì, in sottofondo lo sbuffo esasperato di Spike.

“Diamine, cosa sei? Una specie di agente segreto?” Chiese il giovane medico, guardandola ammirato. Lei si strinse nelle spalle, imbarazzata: “Qualcosa del genere.”

“Mi dispiace interrompere questo bel momento, ma non credi che dovremmo andare di là a prendere qualcosa con cui difenderci, Cacciatrice?” Proruppe il vampiro, una scintilla color ambra che attraversò il blu dei suoi occhi sotto le sopracciglia aggrottate. Sembrava pronto ad azzannare Ben alla giugulare, incurante di chip e Prescelta.

Lei lo ammonì con uno sguardo gelido, alzandosi per fronteggiarlo.

“Scusalo Ben, Spike è un tantino nervoso stasera.” Disse rivolta al dottore, ma guardando fisso il vampiro.

“D’accordo, andiamo di là”.

I due si allontanarono decisi, senza smettere di fissarsi l’un l’altra torvi. Ben li osservò con la coda dell’occhio finché non furono scomparsi dietro la porta di legno in fondo al negozio. Mi dispiace tanto Buffy, pensò con un sospiro, ma devo farlo…non ho altra scelta… Spostò lo sguardo sulla ragazzina seduta vicino al tavolo, e inspirò profondamente.

Quella di armarsi era un pretesto ed entrambi lo sapevano, anche se ognuno di loro aveva determinate motivazioni da nascondere. Non appena si furono chiusi la porta alle spalle, Buffy si voltò infuriata verso di lui, le mani sui fianchi.

“Si può sapere che diavolo ti è preso!? Ti sembra il momento di fare il geloso adesso??”

“No di certo! È il momento di flirtare e fare la scema con il primo bellimbusto che incontri!” Replicò lui, altrettanto furibondo. Lei gli fece cenno freneticamente di abbassare la voce, non voleva che gli altri sentissero.

“Io non stavo flirtando con nessuno!” Ribatté, lottando con se stessa per non urlare “Lo stavo solo medicando! È anche colpa mia se è ridotto così!”

“Ma andiamo! Non si era fatto praticamente niente! Se fossi stato io-“ Si bloccò, non voleva nemmeno finire la frase; a che pro? Per farsi dire che per lui era diverso, perché non era una persona, un essere vivente, ma solo un mostro, o peggio, una cosa!? Non aveva alcuna voglia di essere di nuovo ferito, quella sera. Distolse lo sguardo, con un sospiro.

“Per te è diverso. Lui è umano.” Disse lei fredda, dando voce ai suoi timori. Ecco, non importava che stesse facendo di tutto per proteggere lei e la sorellina. Tutte le cose che aveva fatto, i sacrifici, per lei non avevano alcun peso, non cambiavano l’immagine che si era fatta di lui. Per la Cacciatrice, lui era e sarebbe rimasto per sempre un mostro.

Improvvisamente, sperò di non essere mai entrato in quella maledetta stanza.

“Già, dimenticavo.” Commentò, con un sorriso ironico che doveva mascherare il dolore che stava provando. “L’ottica della Cacciatrice: gli umani, buoni o no, devono essere a tutti i costi salvati, preservati dal dolore, mentre noi vampiri possiamo anche soffrire da cani, tanto chi se ne frega! Giusto?” Era una valanga di emozioni che si agitavano tutte dentro di lui. Buffy lo guardò perplessa, completamente disorientata:

“Cosa? Ma di che..?” Si bloccò, gli occhi s’illuminarono di comprensione e poi sbuffò.

“Spike, razza di idiota! Intendevo dire che gli umani guariscono più lentamente, una ferita che a te si risana in un’ora a loro può durare per giorni!” Spiegò, spazientita, con il tono di una che stava parlando ad un bambino cocciuto e un po’ ritardato. Nonostante questo lo irritò, le sue parole lo risollevarono, facendolo sentire meglio. Tuttavia, c’era ancora qualcosa che doveva assolutamente chiarire con lei. L’avrebbe fatto molto prima, se quello scimmione di Harris non li avesse interrotti.

“Buffy?”

Lei lo guardò, improvvisamente tesa e curiosa: niente nomignoli, niente ’Cacciatrice’. Quando lui la chiamava per nome significava che stava per dire qualcosa di importante, e il pensiero la spaventò e l’attrasse allo stesso tempo.

“Sì?” Rispose solenne, perdendosi nel blu dei suoi occhi.

“Mi hai chiesto cosa sei per me, e io ti ho risposto.” Disse serio, le pupille che rispecchiavano il suo disagio interiore, il suo desiderio di sapere, a tutti i costi. “Adesso ti prego dimmi: cosa sono io per te?”

La domanda da un milione di dollari. La bionda sospirò, distogliendo lo sguardo: cos’era per lei Spike? Fino a poco tempo prima la risposta sarebbe stata semplice: un vampiro, ex nemico mortale, perverso, immorale, cattivo. In sintesi: un essere da evitare e maltrattare senza rimpianti o sensi di colpa.

Ma adesso, dopo la scoperta dei suoi sentimenti, di quanto teneva a lei e alla sorellina, dopo aver visto tutto quello che aveva fatto per salvarle, non ne era più sicura. Una parte di lei voleva continuare a rifiutare il suo amore, perché era estremamente più facile: niente emozioni = niente sofferenza. Non poteva sopportare di nuovo il dolore di un abbandono, non dopo quello che era successo, prima con Angel, poi con Riley. Ripudiarlo aspramente, convincersi che era la cosa giusta da fare perché lui era solo un mostro e i suoi sentimenti non reali, chiudersi completamente, era comodo, indolore.

Un’altra parte di lei invece avrebbe desiderato tanto accettarlo, perché dover sopportare tutto senza aiuto, sentirsi sempre sola, era terribile. La Prima Cacciatrice le aveva detto che era piena d’amore, ma la verità era che lei si sentiva arida, incapace o forse solo spaventata al pensiero di donarlo. E Spike…lui diceva di amarla, era pronto a farsi torturare a morte per lei, e l’ultima donna di cui era stato innamorato l’aveva avuto al suo fianco, compagno fedele e devoto, per oltre un secolo. Dunque perché lei avrebbe dovuto aver paura di essere abbandonata da lui? Il vampiro era uno che seguiva i suoi sentimenti, appassionatamente, senza neanche pensarci. Uno che era disposto a fare qualunque cosa per la donna che amava. Non era quello che aveva sempre desiderato? Sì: qualcuno per cui lei fosse più importante di chiunque altra, al primo posto nei suoi pensieri, sempre. Qualcuno che l’avrebbe amata nonostante i suoi difetti, nonostante rischiasse di essere ucciso ogni notte solo per il fatto di aver deciso di starle accanto. Perché ammettiamolo, per quanto desiderasse un ragazzo normale, lui sarebbe stato continuamente in pericolo, dato il lavoro che lei era costretta a fare. Spike invece era forte quanto lei, non aveva bisogno di essere difeso e salvato -beh, la maggior parte delle volte, in ogni caso-  e conosceva già la sua identità. Dunque perché non provare?

Perché è un assassino…perché non ha un’anima…

Giusto. Quello era l’ostacolo, ripido e invalicabile. Certo, lui aveva dichiarato di essere pronto a voltare le spalle al male per lei, ma avrebbe potuto credergli? Okay, il chip che aveva in testa lo rendeva innocuo, ma questo non voleva  dire che fosse anche buono; insomma, cosa sarebbe successo se il congegno avesse smesso di funzionare? Probabilmente non avrebbe morso né lei né Dawn, certo, ma tutto il resto del mondo? Sarebbe stato in grado di reprimere la sua voglia di uccidere?

Angel una volta le aveva confessato piuttosto sofferente che, a volte, il desiderio di sangue umano era così violento e schiacciante che riusciva a stento a trattenersi, e lui aveva un’anima! Il vampiro platinato era bloccato in ogni caso dal chip, ma non aveva la garanzia che avrebbe funzionato per sempre, soprattutto considerando che era una soluzione ancora sperimentale, all’Iniziativa. 

Era davvero disposta a concedersi a qualcuno che, da un momento all’altro, avrebbe potuto sterminare decine di persone senza alcun rimorso, magari tornando come se niente fosse la mattina dopo da lei?

“Buffy…”

Un richiamo disperato.

Alzò di nuovo gli occhi su di lui: la guardava, sulle spine, aspettando la sua risposta, teso e vulnerabile come quando, nei sotterranei della sua cripta, le aveva chiesto se avrebbe mai avuto una speranza di conquistarla. Buffy deglutì rumorosamente, guardandolo con intensità.

“Spike, io ti sono grata per quello che stai facendo, per me e per Dawn, davvero.” Disse, in un mormorio. “Quel chip ti trattiene dall’uccidere, ma niente ti obbliga ad aiutarmi, soprattutto dopo il nostro passato. Eppure lo fai, e di questo ti ringrazio”.

Lo vide rilassarsi. Appena un po’.

“Però…”, sospirò, guardandosi le mani. “…questo non cancella il fatto che sei un vampiro senz’anima, capace di qualsiasi cosa. Se il chip si guastasse…” Scosse la testa, lasciando in sospeso la frase.

“Capisci, io…non posso fidarmi di te.”

“COME PUOI DIRMI QUESTO!?” Sbottò irato Spike, e lei lo guardò in tralice, le sopracciglia aggrottate. “Te l’ho già detto che non ti farei mai del male!! E Dawn?? Ti fidi di me per proteggerla, no!? O è solo per questo maledetto aggeggio che ho nel cranio!?!”

“È diverso.” Replicò Buffy grave. “Tu tieni a noi due. Ma…andiamo, ammettilo! Se potessi, uccideresti ancora!”

“Non se sapessi che la cosa potrebbe ferirti.” Ribatté lui, convinto, e dai suoi occhi era evidente che stava dicendo la verità.

O almeno quella che lui credeva fosse la verità.

“Sono sicura che lo pensi”, disse lei, conciliante “ma questo non significa che lo faresti davvero.”

“Significa che ci proverei! Tu non-” Scosse la testa, esasperato, muovendosi nervosamente per la stanza. “Ti rendi conto di quello che ti sto dicendo, ragazzina?!?” Sbottò infine, fermandosi e guardandola storto. “Ti sto dicendo che sono pronto a reprimere tutti i miei istinti, a buttare all’aria tutto ciò che sono e che sono sempre stato solo per te!! Credi che sia una cosa da niente??”

“Io…” Cercò di dire lei, ma Spike la precedette.

“Certo, sarebbe difficile, può darsi che all’inizio avrei qualche ricaduta…” Buffy arricciò il naso quando lo sentì definire l’uccisione di qualcuno una ‘ricaduta’, ma tacque, lasciandogli finire il suo sproloquio. “…ma farei del mio meglio, combatterei il mio demone, per te”.

Si avvicinò a lei, guardandola intensamente. “Quanti vampiri credi che lo farebbero?” Chiese, in un sussurro. “Diavolo, quanti umani pensi che sarebbero disposti a fare un sacrificio simile solo per avere la possibilità di amarti?”

Questo la colpì suo malgrado. Era vero, non aveva mai conosciuto qualcuno che fosse disposto a tanto solo per lei. A Los Angeles era uscita con qualche ragazzo dopo aver scoperto di essere la Prescelta, e non era stata una bella esperienza: tutti i suoi accompagnatori finivano feriti e/o spaventati a morte dalla comparsa di qualche creatura della notte nel bel mezzo dell’appuntamento. Se riusciva a salvarli e a farli sopravvivere, il giorno dopo scappavano a gambe levate se solo tentava di rivolger loro la parola.

Dubitava che qualcuno avrebbe fatto un sacrificio del genere per stare con lei, reprimendo se stesso, dolorosamente. Angel stesso non si tratteneva certo per lei, quanto per i sensi di colpa che lo attanagliavano, per la sua moralità. Però…

“Sei sicuro che riusciresti a sopportarlo, Spike? Insomma, l’hai detto anche tu, sarebbe contro la tua natura…”

“Ormai sono quasi due anni che mi nutro solo di sangue animale, non ho più crisi d’astinenza da quello umano da mesi! Trattenermi sarebbe difficile, ma non impossibile. E poi andiamo! Il maledetto chip funziona, te l’assicuro! Tutta questa conversazione è una cretinata!”

“Non lo è invece! Devo potermi fidare di te se voglio-“ Improvvisamente, si rese conto di ciò che stava per dire e arrossì furiosamente, abbassando la testa. Spike la fissò allibito per qualche secondo, gli occhi che ora luccicavano di speranza:

“Se vuoi cosa, dolcezza?” La incoraggiò teneramente, prendendole il mento fra le dita e costringendola a guardarlo con delicatezza. Lei scrollò la testa per liberarsi dal tocco, ma continuò a fissarlo, le labbra serrate.

“Andiamo”, insisté lui “Non puoi farmi accendere così e poi lasciarmi a bocca asciutta”.

Buffy continuava a non parlare, rimpiangendo amaramente quella frase che si era lasciata sfuggire. Dio, ora Spike l’avrebbe tormentata finché non avesse risposto! Sperò con tutto il cuore che qualcuno dei suoi amici irrompesse nella stanza e la salvasse da quel supplizio, ma la porta rimase sfortunatamente e dolorosamente chiusa.

“Ti prego, Buffy.” Disse lui implorante, guardandola con quello sguardo carico di amore e devozione che la colpiva profondamente. Nessuno l’aveva mai guardata così. Nessuno. 

“Io…sono così stanca!” Si sfogò infine, permettendosi di posare la guancia sul suo petto, gli occhi chiusi. Quasi all’istante, lui la circondò con le proprie braccia, sospirando: non era la risposta alla sua domanda, ma le avrebbe dato tutto il tempo che le ci voleva per riordinare le idee, se questo fosse servito ad avvicinarla a lui. Così, non protestò e stette ad ascoltarla, tenendola fra le braccia, sentendo il suo profumo delizioso, il battito del suo cuore.

“Dover combattere, sopportare sempre tutto da sola…io…non ce la faccio!” Continuò Buffy, affranta.

“Non sei sola.” Replicò lui dolcemente, stringendola a sé.

“Sì invece! Non posso condividere tutto con i miei amici, loro…certe cose…lo so che vogliono aiutarmi, che mi sono vicini, e voglio loro molto bene, ma…” Scosse la testa, i capelli che gli stuzzicarono il collo.

“Ho bisogno di qualcuno che sia forte quanto me…qualcuno con cui condividere il peso di tutto questo. Spike, tu non puoi nemmeno immaginare quanto sia soffocante.”

“Lo sai che farei qualsiasi cosa per te, Buffy. Dimmi solo cosa devo fare per farti sentire meglio.” Si offrì lui, sinceramente. Lei alzò la testa per guardarlo, gli occhi lucidi.

“Stammi vicino. Ti chiedo solo questo.” Rispose, senza voce, i palmi delle mani aperti sul petto di lui. Spike le posò un bacio sulla testa. “Sempre, Buffy”.

La Cacciatrice sorrise, avvicinando abbastanza il viso al suo da permettergli di baciarla sulle labbra, ricambiandolo all’istante. Il bacio stava già cominciando ad infuocarsi quando la voce di Willow la riscosse:

“BUFFY!! VIENI DI QUA, PRESTO!”

Si staccò immediatamente dalle labbra avide e seducenti del vampiro, che roteò gli occhi scocciato mormorando una delle sue strane imprecazioni in inglese. Si precipitò nell’altra stanza, guardando la sua migliore amica, preoccupata: “Che cosa è successo?” domandò ansiosa.

“La barriera”, rispose subito lei, pallida. “L’ho evocata, come volevi tu, ma…sembra più debole. E credo che presto i cavalieri la distruggeranno.”

“Come fai a dirlo?” Chiese sorpresa, ma affacciandosi alla finestra poté dedurlo da sé: ad ogni fendente delle spade dei loro nemici la barriera vibrava pericolosamente, sempre più forte e più a lungo.

“Com’è possibile?”

“Non lo so. Il rito è lo stesso!” Willow sembrava davvero sconfitta, sfogliava abbattuta le pagine del libro, scuotendo la testa.

“Bene, allora dobbiamo armarci. Tutti quanti.” Ordinò, riacquistando la sua freddezza.

“Sono troppi! Non ce la faremo mai!” Obiettò Xander, guardando disperato le truppe fuori, pronte ad attaccare.

“Non tutti.” Confermò a sua volta Spike, raggiungendo il fianco della Cacciatrice. Lei sospirò: “Beh, dobbiamo provarci! Non abbiamo altra scelta!”

“Potete dar loro quello che vogliono.” S’intromise Ben, ora in piedi vicino a Dawn. La sua espressione era cupa e decisa, nell’insieme piuttosto triste. Buffy lo guardò perplessa.

“Cosa..? Tu come fai a sapere..?”

“È l’unico modo per salvarci. È terribile, lo so ma…”, scosse la testa, disperato. “…non possiamo fare altrimenti.”

Ora tutti lo fissavano sbalorditi e spaventati allo stesso tempo. Il signor Giles fu il primo a parlare:

“Vuoi dire che tu sai cosa sta succedendo?” Chiese lentamente.

“So cosa va fatto.” Rispose Ben, afferrando all’improvviso Dawn e tenendola stretta saldamente fra le braccia mentre si divincolava e urlava.

“LASCIALA!”Gridò la sorella all’istante, mentre sia lei che Spike fecero per avventarsi sul ragazzo. Lui indietreggiò e tirò fuori dalla tasca un bisturi affilato, puntandolo alla gola di Dawn.

 “Un solo passo e la uccido.” Minacciò, con voce tremante, ed entrambi si arrestarono. Ben era pallido come un cencio, ma lo sguardo era determinato, gli occhi scintillanti e febbrili.

“Ti ho già accennato al tuo pessimo gusto in fatto di uomini?” Mormorò il vampiro al suo fianco, fissando il ragazzo. Lei lo ignorò:

“Perché fai questo?” Chiese fredda al medico, sentendosi tradita.

“Perché non posso fare altrimenti, mi dispiace.” Si scusò, a quel che pareva sinceramente rammaricato. Non che questo la addolcì.

“Schifoso bastardo! Mi fidavo di te!!”

“Non farlo, ti prego!” Lo implorò Dawn, le lacrime agli occhi.

Ben fece un po’ più pressione sul collo della giovane, tanto da imprimerle un segno rosso sulla tenera carne. Fallo gli disse la sua voce interiore senza il suo sangue Lei non potrà compiere il rito e tu sarai salvo!

Strinse gli occhi, il pugno sudato, pronto ad ucciderla…

Ma non ce la fece, naturalmente. Lei era piccola, e innocente…aveva parlato, giocato con lei, l’aveva conosciuta. Non avrebbe mai potuto, e forse lo sapeva fin dall’inizio. Poteva darsi che inconsciamente si fosse esposto così per far capire alla Cacciatrice chi era, per fare in modo che lei ponesse fine al suo incubo nell’unico modo possibile. No, non avrebbe mai potuto vivere col peso della vita di una ragazzina sulle spalle, era troppo.

Lasciò andare Dawn, che corse immediatamente fra le braccia della sorella, la quale guardò il medico stupita e confusa, sebbene covasse ancora astio nei suoi confronti. 

“Scusate, io…” Ben sembrava quasi sul punto di piangere, si inginocchiò per terra, le mani sulla testa. “Io…io…”

“Tu cosa?” Gridò Buffy infuriata, guardandolo torva. “Cosa vuoi?”

“Io…” Era strano. La voce stava cambiando, era più acuta. E anche il suo corpo…

“Io voglio…la mia Chiave.” Rispose Glory trionfante, alzandosi da terra e guardandosi intorno sorpresa. Gli abiti di Ben le ricadevano sformati sul corpo, soffocando le curve. Tutti erano pietrificati, fissavano terrorizzati e increduli il punto dove prima si trovava il ragazzo.

“Oh, ma guarda. Il piccolo Ben deve averne fatta finalmente una giusta.” Sorrise radiosa la dea contemplando ammirata Dawn. Buffy prese istintivamente la sorellina fra le braccia e fece per correre via, il cuore in gola, ma Glory le fu davanti in un attimo e la colpì forte con un pugno, scaraventandola a terra. Afferrò il polso di Dawn prima che lei potesse reagire e prese a correre fuori dal negozio, respingendo sia Xander che Spike, entrambi saltati addosso a lei per prendere la ragazzina.

“NO!” Gridò Buffy disperata, correndole dietro senza pensarci. Quando arrivò fuori, la dea era scomparsa, mentre intorno al Magic Box giacevano i cadaveri dei cavalieri dell’Ordine di Bisanzio.

Dawn era stata rapita.

 

12. Affrontare il Dolore

 

Dawn era stata rapita.

Dawn era stata rapita.

Unico pensiero, martellante, nella mente di Buffy. Cadde in ginocchio. I suoi occhi erano vuoti, spenti, fissava l’orizzonte senza vedere nulla, le labbra che si muovevano senza che emettessero alcun suono. Non si accorse dei suoi amici che la circondavano, né che Spike la superava per correre dietro a Glory. In quel momento, percepiva solo se stessa, e il dolore straziante esploso nel suo cuore.

Ansioso, teso, Xander chiese subito:

“Che cosa facciamo ora, Buffy? Dobbiamo inseguirle? Oppure aspettiamo?”

La voce del ragazzo sembrava lontana mille miglia, un’eco proveniente da un altro mondo. Buffy la sentì, senza però registrarla, e continuò a fissare il vuoto, quasi catatonica.

“Buffy? Che cosa facciamo?” ribadì, insistente, il ragazzo. La tensione e la paura l’avevano reso incapace di accorgersi dello stato dell’amica, per quanto evidente fosse. Willow, al contrario, aveva conservato abbastanza lucidità per capire. Posò saldamente una mano sulla spalla di Xander, che tacque improvvisamente al suo sguardo di ammonimento, e si avvicinò all’amica, esitante.

“Buffy…tutto okay?” domandò, con voce dolce.

Passarono lunghi attimi di silenzio. Poi, quando Willow stava per parlare di nuovo, accadde qualcosa di così inaspettato, così incongruo, così assurdo, che li lasciò tutti senza fiato, stupiti e confusi.

Buffy sorrise.

“Certo, Will” rispose allegra, alzandosi. “Tutto okay”. Si spolverò i pantaloni con noncuranza, come se fosse inciampata e caduta casualmente mentre passeggiava. Aveva ancora quello strano sorriso stampato sulle labbra.

Il primo a riprendersi dalla sorpresa fu Giles:

“Hai in mente un piano per salvare Dawn?” chiese, la fronte aggrottata. In realtà, non credeva veramente che Buffy avesse un piano, ma anche lui aveva bisogno di aggrapparsi a delle illusioni, qualche volta. La ragazza si voltò verso di lui, e ciò che vide nei suoi occhi non gli piacque per niente. Era… una luce folle.

“Dawn?” ripeté meccanicamente Buffy, il sorriso s’incrinò un momento, ma ridiventò subito smagliante. “Non abbiamo bisogno di un piano! Dawn tornerà presto. Ora però devo andare a casa. Ci vediamo domani, ragazzi!”

Trotterellò verso la strada, i capelli biondi fluenti dietro le spalle. Restarono tutti allibiti, e Xander esclamò, incredulo: “Ma che cavolo le prende? È impazzita?”

Giles sospirò, pesantemente, corrugando la fronte. Willow guardò l’Osservatore con occhi tristi:

“È crollata, non è così?” bisbigliò. L’uomo annuì, grave.

“Il dolore è stato troppo violento. Non riesce a sopportarlo. Io non sono un esperto di queste cose, ma ritengo che, per schermarsi e non soffrire, Buffy ora stia…rifiutando la realtà.”

“Lo penso anch’io” concordò la rossa. “Al corso di psicologia della professoressa Walsh abbiamo affrontato questo tema, una volta. Il rifiuto è uno degli stadi della sofferenza.”

“Ma di che diavolo state parlando?” proruppe Spike, che li aveva appena raggiunti. Sembrava affannato e irritato, e un rivolo di sangue gli colava dal naso. Evidentemente, la sua missione di recuperare Dawn era fallita miseramente.

“E dov’è la Cacciatrice?”

Tutti si scambiarono sguardi tesi e stanchi. Alla fine, Giles sospirò e lo informò brevemente dello stato di Buffy. Spike esplose, irato:

“Beh, e che avete intenzione di fare!? La piccoletta è in pericolo, se non ve ne siete accorti! Non possiamo aspettare che Raggio di Sole sperimenti tutti i maledetti stadi della sofferenza!! La vado a prendere e le do una scrollata!”

“NO!” gridò Willow, disperata. “Dobbiamo lasciarle del tempo per…”

“Non c’è tempo!” la interruppe il vampiro, gli occhi fiammeggianti, e si diresse velocemente sulle tracce della Cacciatrice. Willow fece per richiamarlo, ma Giles la trattenne per il braccio e mormorò:

“Lascialo andare.”

“Ma…” obiettò lei, debolmente.

“Anche se mi costa ammetterlo, e non sai quanto…” l’uomo sospirò “…Spike ha ragione. Il tempo stringe e Buffy deve reagire quanto prima, o per Dawn e per noi tutti sarà la fine.”

“Lo so, ma sarà il caso di lasciarla nelle mani di…” fece un cenno eloquente verso il punto dove prima si trovava Spike, lo sguardo avvilito. 

“Può darsi che con la sua… irruenza Spike si dimostri più abile di noi nel convincerla”.

Willow e Xander sembravano ancora poco convinti. Alla fine, il ragazzo sospirò:

“D’accordo. In fondo non può farle del male, ha il chip…”

La rossa annuì. Anya, che era rimasta in disparte, incrociò le braccia e borbottò:

“Beh, mi auguro che la faccia rinsavire al più presto! Non ho alcuna voglia di morire!”

Willow le lanciò un’occhiata esasperata e domandò, facendo un grande sforzo per mantenersi calma e lucida:

“Signor Giles, noi nel frattempo che cosa facciamo?”

L’Osservatore si tolse gli occhiali, strofinandoli con un fazzoletto preso dalla tasca della giacca.

“Cercheremo altre informazioni sul rito. Non possiamo fare altro”.

Esausti, scoraggiati, delusi, si diressero tutti verso il negozio, a passi strascicati.

 

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Buffy stava spazzando il vialetto di casa sua. Se non fosse stato per la drammaticità degli eventi, Spike l’avrebbe trovato squisitamente buffo.

Ora, lo fece solo maledettamente infuriare.

“Ma che diavolo ti è preso?” sbottò, e Buffy sussultò, girandosi verso di lui quasi fosse stata strappata da un sogno. Sbatté le ciglia, perplessa, poi tornò a dedicarsi al vialetto.

“Non lo vedi da te?” ribatté, irritata. Spike la afferrò per il polso e lei trasalì di nuovo. “Lasciami!” reagì, si divincolò e lo spintonò via.

Lui rise, bilanciandosi. Un po’ più di forza e l’avrebbe fatto cadere.

“Rimbambita oppure no, resti sempre uno zuccherino con me, eh?” esclamò ironico, facendo oscurare ulteriormente il viso di lei, che aveva abbandonato la scopa per mettersi in posizione di attacco. Spike guardò la sua posa e sospirò:

“Non è con me che devi combattere” ribatté secco “Sfoga la tua furia su qualcun altro.”

“Ad esempio?” sputò lei, guardandolo al di sotto delle sopracciglia aggrottate, i pugni ancora alti.

“Ad esempio la troia che ha rapito tua sorella e sta per ammazzarla”.

Questo la colpì. Buffy abbassò i pugni, lo fissò con occhi grandi e smarriti per qualche attimo, poi si girò di nuovo verso la scopa.

“Devo pulire, questo viale fa schifo” Affermò, un tremito nella voce appena percepibile. “Va’ via.”

“No!”

“Spike-“ Ma prima che potesse aggiungere qualcos’altro lui la prese per le spalle e la scaraventò contro il muro esterno della casa, provocandosi una leggera fitta alla testa. La ramazza cadde con un tonfo, Buffy urlò, ma solo per la sorpresa: non le aveva fatto male.

Anche se per un attimo, invaso dalla rabbia verso di lei, suo malgrado l’aveva desiderato.

“Lurido bastardo! Prova un’altra volta a toccarmi e io-“ Spike si lanciò contro di lei, schiacciandola con il proprio peso contro il muro. Il suo corpo reagì, come al solito, alla vicinanza di lei, ma era troppo infuriato per assecondarlo. Le bloccò i polsi, e Buffy tentò di liberarsi, ma senza successo. La sua forza sembrava essere volata via insieme alla sua razionalità.

“Torna in te, Cacciatrice” ordinò, gelido. Il viso di lei era a pochi centimetri dal proprio e poteva scorgere benissimo i suoi occhi verdi, colmi di disperazione e dolore. Ne fu risollevato: significava che una parte di Buffy era cosciente di ciò che stava accadendo, che la sua noncuranza era solo superficiale, e poteva essere abbattuta.

Se gli occhi di lei fossero stati vuoti, avrebbe saputo di averla persa per sempre. Ed era qualcosa che non riusciva nemmeno a immaginare di affrontare.

“N-non so di che parli!”  singhiozzò la ragazza, mentre le lacrime cominciavano a imperlarle le ciglia. “Ti prego, lasciami in pace”.

La sua supplica era carica di bisogno, di dolore. La fermezza di Spike vacillò, mentre guardava la donna che amava sopra ogni altra cosa rivolgergli una preghiera che mai avrebbe potuto assecondare. “Vorrei…” sussurrò, ma si riscosse subito, quando l’immagine dell’altra ragazza Summers si fece largo nel suo cuore. Entrambi dovevano essere forti, e dovevano farlo per Dawn. Lei contava su di loro. 

Strinse i denti, e la presa sui polsi della Cacciatrice, che gemette mestamente.

“Non posso! Questa non sei tu!” gridò, e lo pensava veramente. Buffy era una guerriera, Buffy era in gamba, Buffy era gloriosa. Non quell’ammasso piagnucoloso che gli stava davanti.

“Non ti credevo così vigliacca! Hai sempre affrontato tutto ciò che ti è venuto contro, per quanto ti costasse! Cristo, hai mandato Angel all’Inferno, pur di salvare il mondo! E adesso non riesci a raccogliere le forze per combattere Glory?!?”

“Io…Dawn…” balbettò lei, sconfitta, scie bagnate su entrambe le guance.

“Tua sorella è stata solo rapita, non è morta!!” replicò, “Ma lo sarà presto, se non corri ad aiutarla.” Aggiunse spietato.

“Io non…io non…” Buffy lo guardò dritto negli occhi, ritrovando un  po’ della propria forza per gridare: “Io non posso salvarla!! Non posso!!”

“No, se resti qui a frignare e a pulire.” Sospirò. “Da anni rischi la tua vita per salvare un mucchio di sconosciuti. Come puoi non avere il coraggio di rischiarla per tua sorella?”

“Non si tratta di questo” mormorò Buffy, così a bassa voce che, se lui non avesse avuto sensi più affinati, non l’avrebbe udita. Distolse lo sguardo da lui, e continuò, con voce incrinata di pianto, in quel sussurro quasi impercettibile. “Lei è tutto ciò che mi resta. Se fallisco…”

Fu come se qualcuno avesse spinto un interruttore. Buffy si spense, fissando il vuoto, senza nemmeno più piangere. Spike si accorse che l’unico motivo per cui non scivolava a terra era che lui la bloccava contro il muro. Era inerte come una bambola, una bambola a grandezza naturale con lo sguardo più triste e desolato che avesse mai visto. 

“Ehi, Cacciatrice?” chiamò, ma lei non reagì. La scrollò, continuando a chiamarla. “Cacciatrice..? Buffy? Ehi!”. Niente.

La sua pazienza, già al limite, sfumò del tutto. Alzò una mano e la colpì, lo schiocco dello schiaffo che risuonò per la strada quasi deserta. Il dolore gli esplose nel cervello, tanto violento che lasciò la ragazza per portarsi le mani alla testa, gemendo e strizzando gli occhi. Buffy, privata del suo sostegno, scivolò lungo il muro, ma per il resto sembrò che lui non l’avesse mai toccata. Spike la fissò, puntini bianchi che luccicavano davanti ai suoi occhi per la sofferenza appena ricevuta, molto maggiore di quella che le aveva arrecato con lo schiaffo.

Solo l’amore che provava per lei lo trattenne dal colpirla ancora, e più forte. 

“Tanto non ti lascio in pace!” le disse, stizzito come un bambino. “Sono abituato a trattare con donne fuori di testa! Credi di poter essere più esasperante di Dru!? Ha, la vedremo!” La afferrò per il gomito, issandosela fra le braccia e la trasportò fino ad un punto preciso del prato, da dove, alzando la testa, si poteva vedere…

La finestra della camera di Dawn.

Stavolta Buffy reagì. Lui percepì un tremito attraversarle il corpo, e la sentì stringersi più forte a lui, quasi spaventata. “No” soffiò, in un bisbiglio implorante, contro il suo petto.

“Oh sì!” replicò lui, spietato, lasciandola cadere seduta a terra. 

Buffy tremava visibilmente, ora.

“Vuoi uccidere tua sorella!? Bene! Abituati ad entrare in quella stanza e a trovarla vuota; abituati a sentirti male ogni volta che ci vai; abituati al pensiero che se lei non c’è, è solo colpa tua!”

“È il mio dono, Spike.” mormorò lei, abbracciando le proprie gambe, posando la testa sulle ginocchia. La sua voce era addolorata, ma rassegnata.

“Cosa?” domandò lui, preso in contropiede.

“La Prima Cacciatrice…mi ha detto che la morte è il mio dono. Mi ha detto che ucciderò mia sorella, e io non posso farci niente. Perché lottare, allora? Per averla sotto gli occhi mentre muore?” Scosse la testa, facendo ondeggiare seccamente le ciocche disordinate di capelli biondi.

“Ho visto il cadavere di mia madre, Spike. Non voglio vedere anche quello di mia sorella. E mi dispiace se la cosa non ti va giù, ma non posso fare niente nemmeno per questo.” Posò lo sguardo su di lui, le sopracciglia aggrottate, e finalmente, anche se stanca e sofferente, lui rivide la Buffy di sempre, gli occhi verdi che brillavano.

“Vattene via, adesso.”

“No” rispose ancora una volta lui, e si sedette accanto a lei. “Hai detto la prima Cacciatrice, eh?” ad un suo cenno di assenso, continuò: “Cos’era, una specie di scimmia che camminava carponi e si annusava sotto le ascelle? Wow, una fonte davvero attendibile!”

“Era uno spirito” replicò lei, quasi offesa.

“Sì, forse. Ma non ti hanno insegnato che non si deve mai prendere troppo sul serio le profezie? Sono dannatamente noiose, e hanno almeno un centinaio di interpretazioni. Chi ti dice che la tua sia esatta?”

“Beh…che altro potrebbe voler dire?” ribatté, scontrosa.

“Te l’ho detto: un centinaio di altre cose. No, Buffy, lottare ha senso: non puoi sapere cosa ti riserva il futuro, finché non lo affronti. Né può saperlo lo spirito di una che non si cambia mai le mutande.” Lei scosse la testa, poco convinta, ma Spike le prese le mani, costringendola a guardarlo:

“Non condannare a priori tua sorella. Dalle una possibilità…e concedila anche a te stessa.”

Buffy sospirò, abbattuta. “Ho paura” confessò. “Ma anche Dawn deve averne, in questo momento. Hai ragione, non posso abbandonarla”.

Spike le sorrise.

“Questa è la mia ragazza!” esclamò, fiero. Lei lo guardò storto, alzandosi.

“Torniamo al Magic Box, i ragazzi ci staranno aspettando e non possiamo perdere altro tempo.” Ordinò autoritaria, come se non fosse stata proprio lei a far perdere tempo. Spike sbuffò, mentre un sorrisetto gli si formava sulle labbra: era proprio tornata quella di sempre.

Prima di andare, Buffy gli si avvicinò e lo baciò leggera sulla bocca. “Grazie” sussurrò, e lui ebbe appena il tempo di sentire quanto erano calde le sue labbra e salate per le lacrime che il pugno, inaspettato e doloroso, lo colpì sul naso, facendo esplodere di nuovo mille scintille luminose dietro le palpebre. Gemette, portandosi le mani al viso, e asciugandosi il sangue.

“E questo è per lo schiaffo, Spike. Provaci un’altra volta e al pugno in faccia sostituirò un paletto nel cuore!” 

Esclamò lei, ostile, voltandogli le spalle e dirigendosi verso la strada a passo sicuro. Spike la guardò male, ma la seguì.

Eh sì. La Cacciatrice era tornata quella di sempre... accidenti a lei.

 

13. Il Dono

 

Erano state ore davvero terribili.

Sapere che sua sorella era nelle mani di Glory, che stava per compiere il rito che l’avrebbe uccisa, la realizzazione che aveva fallito su tutti i fronti, che aveva ucciso tutta la sua famiglia, erano calate sulla sua testa come un’ascia affilata, tagliandola in due dolorosamente. Era incapace, stanca di ribellarsi, tutta la sofferenza di quell’ultimo anno concentrata dentro di lei le risucchiava tutta l’energia, la volontà, come un gigantesco buco nero. Era riuscita a trovare dentro di sé la forza di reagire, ancora una volta, ma la pesantezza, l’odio per se stessa e per la sua incapacità gravavano ancora sulle sue spalle martoriate, soprattutto adesso che aveva scoperto che, se Glory avesse cominciato il rito, l’unico modo per salvare il mondo sarebbe stato uccidere sua sorella. Si era opposta, naturalmente, quando Giles gliel’aveva detto: non avrebbe mai potuto farlo. Non le importava che il suo Osservatore si fosse infuriato, urlandole che avrebbe fallito condannandoli tutti, sebbene facesse male; non le importava cosa pensassero tutti i suoi amici, o quale fosse secondo la Prima Cacciatrice il suo dono. Avrebbe salvato Dawn, perché lei era tutta la sua famiglia, e sua madre stessa riviveva attraverso loro due. Non si sarebbe perdonata di perderla, per nessun motivo; e se il prezzo da pagare sarebbe stata la dannazione eterna…beh, faceva paura, ma qualsiasi cosa era migliore di vivere sapendo che aveva tradito sua sorella, la sua fiducia, il suo affetto. Non avrebbe più potuto guardarsi allo specchio, sapendo di averla uccisa; e comunque non ce l’avrebbe mai fatta, non sotto i suoi occhioni azzurri che la guardavano, imploranti e fiduciosi, convinta che fosse lì per salvarla.

Avrebbe salvato Dawn, a tutti i costi.

Avevano studiato un piano, incredibilmente grazie anche all’aiuto di Anya, e adesso lei si stava dirigendo verso casa sua, al fianco di Spike, desiderosa di allontanarsi per un po’ dal clima pressante che c’era al Magic Box, dagli sguardi infuocati di Giles. Il vampiro se ne stava in silenzio, lanciandole ogni tanto uno sguardo di apprezzamento, preoccupato.

“Come ti senti, Summers?” Chiese ad un certo punto, l’apprensione nascosta sotto il tono disinvolto.

“Pronta a prendere a calci qualche grosso sedere divino?”

Buffy sorrise, senza allegria. “Certo.”

“Coraggio, sono sicuro che la piccoletta se la sta cavando bene! Manca ancora qualche ora al rito, secondo i calcoli di Rupert.” Continuò imperterrito lui, ma gli occhi verdi di lei rimanevano desolatamente vuoti e depressi, mentre annuiva.

Spike sospirò, pronto ad aggiungere qualcos’altro, poi scosse la testa e richiuse la bocca, sconfitto.

Dopo qualche altro minuto di silenzio, fu Buffy ad esordire: “Credi che abbia ragione?”

“Uh?” Il vampiro la guardò sbattendo le palpebre. “Vuoi dire…l’Osservatore?”

“Sì. Credi che sono un’illusa? Che fallirò e condannerò il mondo perché sono troppo debole per fare ciò che deve essere fatto?” Chiese lei con voce incolore, fissando il marciapiede. Lui posò lo sguardo su di lei, il suo profilo pallido e smunto, le occhiaie profonde sotto gli occhi, la pelle tirata, i capelli scompigliati e legati svogliatamente dietro la nuca. Da quando la conosceva non l’aveva mai vista così trasandata, eppure, sotto i riflessi argentei della luna piena, gli sembrò la donna più bella che avesse mai incontrato.

“No. Credo che tu stia facendo la cosa giusta, e Rupert è stato un bastardo anche solo a chiederti di sacrificare tua sorella. Non ci si può mettere contro la propria famiglia.” Sentenziò deciso, infuriato con l’Osservatore: aveva notato quanto le parole di lui l’avessero sconvolta, sebbene gli avesse tenuto testa. Era evidente che la Cacciatrice teneva molto all’opinione del vecchio.

“Sei un’eroina, Buffy. Sono sicuro che riuscirai a salvare il mondo senza abbandonare Briciola.” La incoraggiò.

“Ne sei davvero convinto?” Chiese lei scettica, inarcando un sopracciglio. “Potrei fallire, e condannarvi tutti all’Inferno.” Il tono di Buffy era freddo, ma si percepiva chiaramente il dolore dietro le sue parole.

“Beh, mi sa tanto che io ho già un posto prenotato da quelle parti” scherzò, scrollando le spalle “Se ci finisco con te, tanto meglio: sembrerà il paradiso.”

Lei sorrise appena, arrossendo. “Dico sul serio.”

Erano arrivati di fronte al portico illuminato di casa Summers. Spike le posò una mano sul braccio, cosicché, per istinto, lei si voltò a guardarlo: i suoi lineamenti erano maggiormente marcati dal gioco di luci ed ombre, gli occhi blu sembravano quasi luccicare.

“Pensiamo prima a fermare il rito.” Disse lui con voce vellutata. “Poi penseremo al resto. Per quanto mi riguarda, io non mi fascio mai la testa prima di rompermela”.

Stavolta il sorriso di lei fu più accentuato, mentre replicava ironica:

“Perché tu sei un incosciente immaturo.”

“Bada a come parli, ragazzina! Ho un centinaio d’anni più di te.” Replicò lui, fingendosi arrabbiato. In realtà, gli aveva fatto un piacere immenso vederla sorridere in quel modo.

“E il cervello di un ragazzino presuntuoso”.

Buffy oltrepassò la soglia di casa, senza accorgersi che lui non era al suo fianco.

“Prendi solo le armi pesanti.” Ordinò, improvvisamente seria.

“Ehm…Buffy?”

Si voltò verso di lui, sorpresa. Spike se ne stava in piedi davanti alla porta, impossibilitato ad entrare dal suo incantesimo di cancellazione del primo invito. I suoi occhi azzurri erano velati e tristi, memori del giorno in cui gli aveva sbattuto la porta in faccia.

Buffy ricordava bene la sua espressione di quel momento: come ne era rimasto profondamente colpito, come aveva cercato di sorridere ironico, ma il dolore e la delusione erano troppi, e il sorriso si era spezzato sul suo viso. L’aveva guardata come se non potesse credere che lei gli avesse fatto una cosa simile, ferito, sconcertato, deluso. Niente scenate di rabbia o urla.

E da come si stavano mettendo le cose, si accorse che avrebbe preferito che fosse andata così.

A quel tempo, non le era importato nulla: l’aveva incatenata, l’aveva minacciata, era troppo arrabbiata con lui per provare qualcosa nei suoi confronti; ma ora, ricordando quello sguardo sofferente, si sentì improvvisamente stringere il cuore.

“Puoi portarmele qui, se vuoi.” Mormorò lui, rassegnato. Non c’era ironia, nessuna implicita richiesta a permettergli di entrare. Se possibile, Buffy si sentì perfino in colpa per avergli fatto un torto del genere.

“Entra, Spike.” Disse calma, e quando lui sorrise sollevato e appagato, come se avesse appena ricevuto un bellissimo regalo, non poté che sentirsi a sua volta soddisfatta. Dopotutto, Spike se l’era più che meritato.

Il vampiro si diresse verso il baule delle armi.

“Non ce la faremo tutti, lo sai questo?” Chiese Buffy, grave. Lui le sorrise, scrollando le spalle.

“Beh, ho sempre saputo che sarei morto in battaglia”.

Era disposto a combattere per lei, perfino a morire, senza battere ciglio. Nonostante le sue riserve, una parte di lei si ritrovò a rimpiangere di non aver subito accettato il suo amore, quando gliel’aveva rivelato.

Non importava che non fosse umano, ormai non poteva più negare a se stessa che i suoi sentimenti erano reali.

Ma ora che la situazione era precipitata, non aveva più il tempo di pensare a se stessa, a qualcosa che avrebbe potuto farla stare meglio. Doveva concentrarsi solo su Dawn. Forse ci sarebbe stato il tempo di dargli una possibilità dopo la battaglia.

Forse.

“Conto si di te, per proteggerla. In caso non dovessi farcela.” Voleva almeno fargli capire che si fidava di lui. Dopotutto, si sarebbe sentita molto meglio se avesse saputo che anche lui vegliava sulla sua sorellina: Spike non era solo forte fisicamente; era disposto a tutto per le persone che amava, per proteggerle, lei lo sapeva bene.

“Fino alla fine dei giorni.” Promise lui, sincero “Anche se dovesse essere oggi”.

Il tono dolce e profondo della sua voce le scaldarono il cuore. Annuì, sperando che lui riuscisse a leggere la gratitudine nel verde dei suoi occhi, e cominciò a salire le scale per prendere le armi che teneva in camera sua. 

“So che non mi amerai mai.” Udì all’improvviso la voce di Spike, pacata e triste. Si voltò verso di lui, il petto stranamente pesante e corrucciato. “Sono un mostro…ma mi tratti come un uomo…ed è…” lasciò in sospeso la frase, scuotendo la tesa.

Buffy annuì di nuovo e salì le scale, desiderando suo malgrado che avesse terminato la frase. Un mostro…fino a poco tempo fa si sarebbe trovata d’accordo su quell’affermazione, ma ora? Sentendolo parlare con quel tono dolce e rassegnato, vedendolo impegnarsi tanto per salvare Dawn, gli occhi blu che luccicavano di vera preoccupazione e affetto…adesso, era d’accordo? Non credeva che un mostro avrebbe potuto provare certi sentimenti, e di certo non lo trattava come un uomo per fargli un favore. La verità era che aveva cominciato a vederlo in modo diverso sin dal loro primo bacio nella cripta, da quando lui le aveva dimostrato quello che provava. Da quando era riuscita a vedere al di là della sua maschera di spavalderia e perfidia e aveva scorto il vero Spike, vulnerabile, devoto, dolce e innamorato. Di lei, di Buffy Anne Summers.

Una volta arrivata nella sua stanza, si sentì improvvisamente più sola e disperata che mai. Ricordava tanti momenti, passati con la sua famiglia lì: tutte le volte che la mamma era entrata nella sua camera, lamentandosi del disordine; tutte le volte che aveva cacciato via la sorellina, nonostante lei insistesse per entrare; le notti in cui, spaventata dal temporale, la piccola Dawn si era rifugiata tra le coperte del suo letto e lei, tornando dalla ronda, l’aveva trovata lì, accoccolata fra le lenzuola, come se il solo fatto che appartenessero alla sorella maggiore, solo la possibilità di sentire il suo odore, la rassicurassero. Quelle notti non se l’era mai sentita di scacciarla, e si era sempre invece sdraiata accanto a lei, attenta a non svegliarla, offrendole il conforto del calore del proprio corpo, sentendo nelle narici il suo profumo dolce, come di zucchero a velo.

Ricordava le mattine in cui si svegliava cullata dell’aroma dolce della cioccolata calda e delle frittelle che la mamma preparava per colazione, soffici e fragranti. Sono senza calorie solo se le faccio per te. Logica di mamma., le aveva detto una volta Joyce, con uno dei suoi dolci sorrisi. Buffy sentì l’amaro in bocca a quel ricordo. Le tornavano alla mente, una dopo l’altra, tutte le occasioni passate insieme con la sua famiglia, come in una pellicola a colori; ed ogni immagine, un’effimera felicità seguita subito da accecante dolore, amara consapevolezza che tutto quello era passato, e non sarebbe mai tornato. 

Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi: niente sarebbe stato come prima. Mai più.

“Tutto bene, Buffy?”

Si riscosse all’improvviso, guardando Spike sulla soglia della sua camera, che la fissava preoccupato.

“Sì, perché?” Chiese, ancora un po’ disorientata, strizzando un attimo gli occhi per reprimere le lacrime. Lui la guardò intensamente, gli occhi azzurri preoccupati.

“Ci stavi mettendo un bel po’, e ho pensato…”

“Mi ami?” Chiese Buffy all’improvviso, senza guardarlo. Dio, si sentiva così vuota, così fredda, e istintivamente, quasi senza accorgersene, si abbracciò, massaggiandosi gli avambracci. Tutto quel calore passato, ora scomparso nella realizzazione del presente, aveva avuto l’effetto di ghiacciarla dentro, farla sentire terribilmente sola.

“Sì, certo.” Rispose lui, confuso. Si avvicinò a lei, posandole le mani sulle spalle, e Buffy alzò la testa per guardarlo negli occhi. “Ti amo.” Ripeté, gli occhi blu che riflettevano chiaro come il sole i suoi sentimenti.

“Grazie.” Disse lei con un fil di voce, sinceramente riconoscente. Non era la risposta che voleva, era chiaro, ma Spike sospirò, abbracciandola comunque. Il fatto che non insistesse, che non pretendesse di più, la sorprese piacevolmente e la costrinse a dargli una spiegazione, mentre si lasciava cullare dalle sue braccia forti e muscolose, così assurdamente rincuoranti.

“In questo momento, non posso pensare a me, a noi, lo capisci? Devo concentrarmi su Dawn.” Gli confidò.

“C’è un noi?” Chiese lui, il tono pacato che lasciava trapelare la speranza, il desiderio.

Buffy sospirò, raccogliendo buona parte del suo coraggio per aggiungere, in un sussurro:

“Potrebbe esserci”.

Spike la guardò come se non potesse credere alle sue orecchie, la gioia impressa a fuoco nei suoi occhi.

“Dici sul serio?”

“Sì”.

Era vero. Forse con lui non ci sarebbero mai stati meravigliosi pic-nic o meravigliose gite al mare, ma le sarebbe stato accanto, e l’avrebbe amata al di sopra di ogni altra cosa, ora ne era convinta. Per adesso era tutto ciò che desiderava.

Spike sorrise radioso, ancora incredulo e frastornato.

“Ad una condizione.” Disse improvvisamente lei, ma questo non parve scoraggiarlo.

“Qualunque cosa, Buffy.” Rispose sincero, fissandola come se fosse un dono celestiale, come un bambino che vede per la prima volta Babbo Natale.

“Non deludermi.” Abbassò gli occhi, il dolore che ancora ristagnava dentro di lei, la voce incrinata.

“Non abbandonarmi.”

“Non lo farò.” Promise lui. “Qualunque cosa succeda.”

E quelle sarebbero condizioni? In tutta onestà Spike pensava che solo un perfetto idiota si sarebbe lasciato scappare quel tesoro così prezioso dopo averlo trovato. Non per niente, i suoi ex erano il soldatino smidollato e lo sdentato piagnucoloso.

Buffy gli sorrise, poi ridivenne seria, e aggiunse, quasi in tono di scusa:

“Non ti amo, lo sai questo?”

Spike annuì.

“Posso aspettare. Darti tutto il tempo che ti serve.”

La rincuorò. Avere avuto quella speranza e, per ora, era il regalo più bello che potesse ricevere. “Tanto, so che alla fine sarai pazza di me! Come potresti resistere al mio fascino sinistro?” Si vantò con un sorriso, che lei ricambiò.

“Te l’hanno mai detto che sei un pallone gonfiato?” Replicò maligna.

Risero, e per lei quella risata fu una liberazione. Lo guardò, riconoscente, e sussurrò:

“Grazie.”

Spike le posò un bacio sulla fronte, senza commenti.

Ora Buffy sembrava profondamente indecisa riguardo a qualcosa, gli occhi lucidi che fissavano un punto imprecisato del pavimento.

“Spike?” Bisbigliò.

“Che c’è?”

“Abbiamo ancora un po’ di tempo prima di dover andare.”

“Sì.” Non capiva dove voleva arrivare. O meglio, lo immaginava, ma era più la voce del desiderio soggettivo che della ragione obiettiva.

Buffy si focalizzò su di lui, gli occhi che brillavano desolati, le guance lievemente imporporate.

“Amami. Fammi sentire amata.” La voce tremante era quasi supplichevole.

Spike non rispose, ma la baciò, appassionatamente, cercando di riversare in quel bacio tutto l’amore che provava per lei, per confortarla, rassicurarla che era al suo fianco e che non l’avrebbe mai abbandonata, non importa cosa avrebbe dovuto sopportare, o quanto avrebbe dovuto aspettare.

Buffy si lasciò andare in quel bacio, completamente, permettendogli di stringerla a sé, di esplorarla, le mani di lui che la accarezzavano, dovunque. Si staccò un attimo, gli occhi fissi nei suoi, e si sciolse i capelli, che ricaddero in boccoli soffici sulle sue spalle.

“Adoro i tuoi capelli, lo sai?” Disse lui estasiato, ammirando le curve dorate e prendendo una ciocca fra le dita. Lei gli sorrise, riprendendo a baciarlo, mentre le sue mani gli accarezzavano il petto, i muscoli degli avambracci, e il suo corpo si protendeva verso di lui, percependo anche attraverso il denim dei jeans quanto la desiderasse. Spike le sfilò la maglia, rivelando il reggiseno candido, accarezzando la sua pelle calda, la curva dolce del seno, la volta del suo collo morbido, che prese a baciarle e mordicchiarle, assaporandola avido. Buffy gemette, persa nel suo tocco, incapace di ragionare, di pensare. Si lasciò andare sdraiata sul letto, prendendo i bordi della sua maglietta nera e sfilandogliela da sopra, rivelando il busto perfettamente modellato e cominciando a baciarlo, mentre le mani di lui si dedicavano ai suoi pantaloni. Quando fu finalmente libera, lui la contemplò estasiato,  come se non avesse mai visto una cosa tanto stupenda in vita sua, gli occhi che scorrevano sulle curve, sulla pelle candida, sul rosa perla della punta dei seni e del suo sesso. Un po’ imbarazzata dal suo scrutinio, lei gli prese la testa fra le mani e lo costrinse a baciarla, godendo dei movimenti delle sue labbra, della sua lingua.

Dio, era fantastico: il modo in cui la toccava, come a voler coprire ogni centimetro del suo corpo, i suoi baci, roventi nonostante le labbra fredde, lui ardito e dolce allo stesso tempo, che la esplorava accarezzando e baciando e leccando dappertutto, facendole dimenticare tutto, il dolore, la stanchezza, le responsabilità.

“Spike, ti prego” Sussurrò, nel suo orecchio, quando vide che esitava. Così lui spinse dentro di lei, ed entrambi gemettero di piacere annegando l’uno nell’altra, il volto di lui affondato nel suo collo, le sue braccia che la cingevano, tenendola stretta a lui, come se avesse paura di perderla. 

La fece sentire completa e amata per la prima volta dopo tanto tempo, accontentando i suoi desideri, donandole tutta la sua passione e il suo amore, come d’ora in poi, lei se ne rese conto, avrebbe sempre fatto.

 

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“Come ti senti?” Le sussurrò dolcemente nell’orecchio, accarezzandole i capelli. Buffy teneva gli occhi chiusi, un lieve sorriso sulle labbra dolci. Il corpo di lei era caldo e tremava ancora un po’ per l’intensità dell’unione, il suo cuore palpitava ancora velocemente. Spike la teneva fra le braccia e  guardava il suo grazioso viso ancora soffuso di rossore con adorazione, accarezzandola con lo sguardo, oltre che con i gesti. Sorrise: era stato meraviglioso. In più di cento anni era stato a letto con molte donne, ma non aveva mai provato qualcosa di così travolgente, di così appagante, di così speciale come durante quel momento con Buffy. Si sentiva integro e felice, come se ogni sensazione negativa fosse stata cancellata da quell’angelo che ora teneva stretto tra le braccia, che gli aveva permesso di amarla e davvero, era stato stupendo. Aveva immaginato tante volte come sarebbe stato farlo con lei, sapeva che sarebbe stato straordinario, incredibile, ma questo andava oltre ogni sua fantasia.

Per la prima volta dopo un secolo e ventisette anni si sentì veramente vivo.

“Bene.” Sospirò lei, ed era vero. Ancora cullata da un leggero torpore, stretta fra le braccia di lui che la circondavano, dandole una meravigliosa sensazione di protezione, si sentì dopo tanto tempo riposata e calma. Ora sapeva che lui le sarebbe stato vicino, qualsiasi cosa fosse successa, che avrebbe protetto lei e la sua famiglia, aiutandola, sempre.

Non sarebbe stata più costretta a combattere da sola, e il pensiero che qualcuno ci sarebbe sempre stato, le dava sostegno, l’aiutava. Era stato un anno doloroso e difficile, aveva perso molte persone care, e aveva creduto di non potercela fare. Ma adesso, seppure fosse consapevole che di lì a poco avrebbero dovuto alzarsi per andare a combattere una battaglia che avrebbe potuto ucciderli tutti, sapeva che qualsiasi fosse il suo destino, non avrebbe avuto rimpianti. Certo, il peso del mondo gravava ancora sulle sue spalle, e il dolore per la morte della sua mamma, per il pericolo che non era riuscita ad evitare alla sorellina, continuava a pesare su di lei, come una roccia impenetrabile. Tuttavia, quegli istanti che aveva passato con lui, dimenticandosi di tutto, provando di nuovo cosa fosse il vero piacere, cosa volesse dire essere amati al di sopra di ogni altra cosa…l’avevano confortata, e ora l’avrebbero aiutata a combattere la sua guerra contro Glory.

Non sapeva se ci sarebbe stato mai un futuro per lei e per Spike. Il domani era scuro e fosco, tutte le decisioni, le scelte che avrebbe dovuto fare sembravano lontanissime, sfocate. Il momento che avevano passato insieme era stato importante per lei, e di sicuro anche per lui, e non avrebbe mai finto che non fosse successo nulla, però…

Avrebbe mai potuto dimenticare il suo passato, chi era stato prima? Avrebbe mai potuto guardarlo senza vedere in lui un assassino? Avrebbe mai potuto fissarlo negli occhi senza scorgere il demone che albergava in lui?

Insomma, avrebbe mai potuto amarlo?

Questo non lo sapeva. Ma gli era grata per averle donato tanto tepore, tanto amore, in una notte in cui sentiva che il ghiaccio che dilaniava il suo animo stava pian piano allungando le proprie spire sul suo cuore. Gli era grata per starle accanto, per averle promesso di proteggere Dawn, qualunque cosa fosse successa. Non avrebbe mai potuto lottare con tutta se stessa, se fosse stata soffocata dalla preoccupazione e dall’ansia che, se avesse perso, sua sorella sarebbe stata condannata. Ora era abbastanza tranquilla, perché consapevole che, se le fosse accaduto qualcosa, Dawnie avrebbe avuto al suo fianco qualcuno di cui si fidava, che l’avrebbe protetta e aiutata.

Se le cose si fossero messe male per tutti loro, se fosse stata costretta a far aprire le porte degli inferi… almeno sarebbe morta sapendo di non essere sola, sapendo che per qualcuno lei era davvero importante, preziosa, la regina del suo cuore. E Dawn, come aveva detto anche a Giles, l’avrebbe vista combattere strenuamente per proteggerla, fino al momento del suo ultimo respiro.

“Dobbiamo andare.” Esordì con voce fredda, sciogliendosi decisa seppur a malincuore dal suo abbraccio e cominciando a rivestirsi. Spike sospirò, ma obbedì, afferrando i jeans neri da piedi al letto.

“Andiamo a salvare il mondo.” Annunciò lui, con voce per metà ironica e per metà rassegnata. “Non avrei mai creduto che sarei finito così.” Borbottò fra sé e sé.

“Ricordati la tua promessa.” Gli disse lei, con un fil di voce, mentre si allacciava il reggiseno. Sapeva che Spike stava scherzando, ma le sue parole le avevano lasciato addosso un senso di inquietudine che l’aveva costretta a parlare.

In realtà, le aveva fatto molte promesse in una sola sera, e lui non capì a quale precisamente si riferisse. Comunque disse di sì per tutte.

Sì. Avrebbe protetto Dawn, impedendo a qualsiasi costo che le accadesse qualcosa.

Sì. Avrebbe fatto felice Buffy, negandole ogni motivazione per dubitare di lui, o per soffrire per il suo comportamento.

Sì. Le sarebbe rimasto accanto, non l’avrebbe mai abbandonata, qualsiasi cosa fosse successa, confortandola, semplicemente facendole sapere che l’amava e che c’era per lei, sempre.

Sospirò: questo vizio di essere disposto a fare qualsiasi cosa per amore gli aveva sempre procurato più guai che altro. Forse avrebbe dovuto…

Buffy si voltò verso di lui, il viso luminoso ancora velato da quella fatalità, da quella tristezza, ma sempre straordinariamente bello. Lo guardava con affetto, gli occhi verdi scintillanti, rivolgendogli un lieve sorriso disarmante.

Tutte le sue esitazioni crollarono all’istante. Non avrebbe mai potuto tradirla, farle del male. Lei era così perfetta, così stupenda, che probabilmente se gli avesse chiesto, guardandolo con quegli occhi di infinita bellezza, parlando attraverso quelle labbra morbide e dolci, di iscriversi con lei ad un corso di cucito, probabilmente le avrebbe detto di sì. Dio, avrebbe fatto qualsiasi cosa solo per avere la possibilità di essere guardato con tanta amorevolezza, senza il solito disprezzo nelle sue pupille, nella sua voce, solo per vedere il suo sorriso.

Per vederla felice.

Buffy ti amo…ti amo da morire…

“Andiamo, Spike?” Lo esortò lei, il tono spazientito, sebbene ancora gentile.

Guardami ancora in quel modo e ti seguirò anche dopo il sorgere del sole, pensò lui con un sorriso, e annuì. Si avvicinò a lei, la attirò a sé e la baciò, con passione, amore, e cercando ancora una volta di riversare in quel bacio tutta l’immensità dei sentimenti che provava per lei. La sentì sorridere contro la sua bocca prima di ricambiare, di lasciarsi andare a sua volta.  

Buffy fu la prima a staccarsi, e gli fece cenno di andare. Lui la sorpassò, si diresse verso la porta accostata e la tenne aperta per lei. Buffy sorrise, stavolta senza protestare come quella notte di un tempo che sembrava remoto, e lo precedette di sotto.

La sua guerra stava per cominciare, e avrebbe combattuto, a testa alta, come aveva sempre fatto. Qualunque fosse stato l’esito della battaglia, non dipendeva solo da come avrebbe combattuto Glory. Soprattutto, dipendeva da come avrebbe affrontato se stessa, e la sensazione che si era insinuata nel suo animo sin da quando il mondo aveva cominciato a crollarle addosso, la stessa sensazione che l’amore di Spike era riuscito a farle dimenticare e che adesso, nella pungente brezza notturna, tornava a martoriarla, divorandola senza pietà.

Una sensazione che, la prima volta che l’aveva sentita, l’aveva spaventata a morte, lasciandola incredula e scossa.      

Una sensazione che il vampiro al suo fianco conosceva bene, e di cui in passato aveva approfittato, per conquistarsi la fama che aveva ora.

“Tutto okay, amore?” Chiese Spike, corrucciato, vedendola rabbuiarsi. Lei annuì, decisa, accelerando il passo.

Era vero. Andava tutto bene, perché ora quella sensazione la conosceva, la capiva.

E soprattutto, non ne era più spaventata.

 

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Fu una battaglia come tante altre, all’inizio. Il Buffybot fu usato come diversivo, e avvantaggiata dall’effetto sorpresa e dal martello del dio troll Buffy poté combattere e sconfiggere Glory.

Ma Dawn aveva cominciato a sanguinare. E il portale ad aprirsi su dimensioni infernali, in procinto di inghiottire Sunnydale e il resto del mondo.

Buffy capì subito cosa doveva fare. Non perché qualche spirito l’aveva annunciato, non perché riflettendoci era arrivata a quella conclusione. Semplicemente, appena il portale si aprì, lo seppe.  E senza indugi, senza esitazioni, lo accettò.

Ma non era l’unica che aveva percepito quella verità. Dawn, davanti a lei sulla torre, ancora sanguinante, capì subito cosa stava per fare.  Ma la sua innocenza e la sua giovinezza non le permisero di ammetterlo, di arrivare a quella calma consapevolezza di inevitabilità, e così si mise a piangere.

“Ti prego, non farlo” gemette, e Buffy la prese tra le braccia, un’ultima volta, cullando il suo corpo tremante, gracile, da bambina, sussurrandole ciò che voleva ricordasse, portasse con sé nella sua vita senza di lei. Intorno a loro c’erano fulmini, il crepitio stridente e assordante della realtà che soffriva, squarciata da altri mondi, creature mostruose che si intravedevano attraverso le crepe. Ma a Buffy non importava. Era il momento, l’ultimo momento, in cui doveva dedicarsi completamente alla sorellina. Farle capire quanto l’amava, e che, nonostante tutto, le cose sarebbero rimaste così per sempre.

C’era un’altra persona che sapeva cosa stava per fare. Buffy lo vide raggiungerla sulla torre, incurante della stanchezza e delle ferite provocate dalla battaglia. Lo osservò al di là della spalla di Dawn, che ancora teneva stretta al petto, fermarsi di fronte a lei, e guardarla, ansante.

Spike era terrorizzato.

Terrorizzato al pensiero di perderla, al pensiero di non poterle stare più accanto, di non poter più vederla sorridere, o udire una delle sue battute, o perfino ricevere uno dei suoi pugni. Spaventato a morte all’idea di continuare a esistere su questa terra, per l’infinito resto della sua non-vita, senza avere la possibilità di parlarle, di baciarla, o semplicemente di saperla viva. Non l’aveva mai vista veramente felice, e questa era la cosa che più lo faceva soffrire.

Buffy scorse tutto questo nell’azzurro dei suoi occhi, insieme all’immensità dell’amore che provava per lei. E ne fu commossa, perché non si era mai resa conto di quanto profondo e reale fosse il suo sentimento per lei, se non nell’attimo in cui i loro corpi si erano uniti, e anche allora la realizzazione era durata solo un attimo, ed era subito sfuggita. Capì veramente, solo in quel momento, tutto ciò che lui era disposto a donarle, tutta la felicità che avrebbe potuto avere se solo si fosse permessa di aprirgli prima il suo cuore.

E come aveva saputo all’istante cosa era necessario fare, allo stesso modo ora seppe qualcos’altro.

Ma la terra stava collassando e non poteva più indugiare. Si sciolse dalla stretta disperata di Dawn, le posò un bacio sulla guancia e poi andò da lui. Comprendeva che avrebbe dovuto dirgli qualcosa, altrimenti lui l’avrebbe fermata.

Al contrario di Dawn, Spike aveva la maturità per ammettere che il suo sacrificio era indispensabile. Ma come sua sorella, non era disposto a perderla per questo, un istinto egoistico, seppur comprensibile. In fin dei conti, lui era pur sempre un demone.

Si fermò a pochi centimetri da lui, guardandolo con intensità.

“Lo sai che devo.” Bisbigliò, risoluta ma dolce. Lui divenne di nuovo teso.

“No”. Ma era una flebile protesta.

Buffy si alzò in punta di piedi e lo baciò. Spike ricambiò rigidamente all’inizio, ma poi si sciolse nel bacio e vi si immerse a sua volta come se ne dipendesse la sua vita, come se sperasse che, continuando a baciarla, il tempo si sarebbe fermato, avrebbe evitato l’inevitabile sofferenza. Quando lei si staccò, si accorse del sapore salato rimastole sulle labbra e tese una mano per accarezzargli il viso, teneramente, asciugando una delle sue lacrime.

“Ti amo” le disse lui, disperato. “Ti prego, Buffy.”

Lei scosse la testa. Un fulmine cadde così vicino a loro che poté sentire l’odore di bruciato.

“Ricordati la promessa.” Sussurrò a Spike, che l’aveva afferrata per gli avambracci, come se volesse trattenerla. Ma le sue braccia, solitamente forti, la stringevano debolmente, inermi. 

 “Qualsiasi cosa accada…” aggiunse, lui annuì “…ricorda sempre che ti amo, William.”

Buffy non gli diede il tempo di assorbire ciò che gli aveva appena rivelato. Lo spinse via, mandandolo contro l’inferriata. Si voltò, e prese a correre. Corse per quella che le sembrò un’eternità, corse per un percorso che parve infinito, sentendo remoti i singhiozzi di Dawn, l’urlo disperato di Spike.

Quando spiccò il salto, chiuse gli occhi.

E non li riaprì più.

 

Spike la vide cadere, le sue parole ancora nelle sue orecchie, nel suo cuore, e il dolore esplose dentro di lui, frantumando ogni centimetro di se stesso, squarciando e lacerando ogni fibra del suo essere. Pianse e invocò la morte, maledisse la sua vita immortale, pregò che il portale risucchiasse anche lui perché la sofferenza era troppa, troppa, non riusciva a sopportarla, voleva morire per non sentire più quella voragine che lo inghiottiva e consumava, per non stare più così male. Implorò che smettesse, perché non poteva, no, basta, non poteva sopportare ancora, un secondo di più quel dolore lancinante, straziante. Non poteva continuare a vivere così, no, era insopportabile, ne era incapace, voleva morire, affinché smettesse, morire ora, lassù, all’istante.

Poi guardò Dawn. Ricordò ciò che Buffy aveva detto, la promessa che le aveva fatto. E capì che mai avrebbe potuto permettersi di infrangere quell’impegno, di deluderla.

Mai avrebbe potuto concedersi di smettere di soffrire. Anche se sarebbe stata dura, ora toccava a lui provare ad andare avanti.

Si avvicinò a Dawn e lasciò che lei lo abbracciasse e piangesse contro il suo petto. Cercò di trattenere le proprie lacrime ma ora era incapace anche di questo. Il dolore lo schiacciava, lo divorava, ma avrebbe dovuto sopportarlo, conviverci, per mantener fede alla promessa e proteggere la sorella della donna che amava. Della donna che lo amava, e che era morta sotto i suoi occhi.

Seppe con assoluta chiarezza, in quel momento, che sebbene il portale fosse stato chiuso dal sacrificio di Buffy, sebbene la terra fosse salva…

L’Inferno lo aveva preso con sé.

 

                                                                         Fine

 

 

Note dell’Autrice: direi che, alla fine di questo capitolo, un tributo a Joss Whedon è doveroso, dato che ho ripreso la scena in casa di Buffy che si vede anche in “The Gift” (naturalmente modificandola e ampliandola a mio piacimento :P), la sfuriata di Giles e il combattimento contro Glory con l’espediente del Buffybot e del martello troll. Grazie Joss, quindi, e un grazie a tutti coloro che hanno letto questa storia.

 

-Melany