THE FORESTWIFE

AUTRICE:MORGANA

Prologo

 

<< A lungo aspetto’, appoggiata ad un albero, e mentre era li’ le parve che il tronco si facesse morbido e cedevole, e abbassasse i rami su di lei. D’improvviso i rami le si avvolsero intorno, ed erano due braccia. E quando si volto’ a guardare, l’albero era un bellissimo giovane che l’abbracciava. >>

 

1 - Elisabeth Summers

 

Ritta di fronte la scrivania di suo zio, su una piattaforma sopraelevata, Elisabeth aveva la mani che tremavano, e continuava a rigirarsi attorno all’indice un piccolo anello d’argento con granato. Un tempo era appartenuto a Joyce Summers, sua madre, ed ora era tutto quello che le restava di lei, e, poiche’ era troppo largo per tutte le altre dita, doveva portarlo all’indice.

Lo zio la fisso’ con aria severa, visibilmente irritato da quel gesto infantile.

C’erano molte cose che infastidivano Lord Rupert Giles.

Ma, la prima e la piu’ importante, era il fatto che, a diciassette anni, sua nipote Elisabeth non aveva ancora contratto un matrimonio conveniente. Eppure, guardandola con i suoi occhietti nocciola, si disse che non era affatto brutta.

Aveva folti capelli biondi, quel biondo che somigliava al grano smosso dal vento, che le ricadevano in morbide onde sulle spalle. Gli occhi erano verdi, spaventati e intensi come quelli di una cerbiatta. Aveva la pelle pallida, ma non troppo. Abbastanza per essere elegante senza dover ricorrere alla cipria. Il corpo minuto era fasciato da una veste di velluto rosso, dai bordi di pizzo color crema e le maniche a sbuffo.

Lord Giles si rigiro’ fra le mani il suo orologio da taschino, ed in quel momento decise che nessuna obiezione l’avrebbe smosso dalla sua posizione.

Se Lord Travers voleva Elisabeth, Lord Travers avrebbe avuto Elisabeth.

E lui c’avrebbe guadagnato un sacco di soldi...

Getto’ un’occhiata infastidita alla ragazzina di fronte a lui, e sbuffo’.

<< Dio solo sa, bambina, se non ho fatto del mio meglio con te. Mi auguro solo che tu non disonori mai il nostro nome. >>

<< Ma zio... >>, protesto’ Elisabeth, emettendo un timido bisbiglio.

<< Cosa? Alza la voce. >>

La ragazza prese un profondo respiro. Se c’era un uomo con cui era consigliabile non alzare mai la voce, quello era suo zio.

Lui l’avrebbe voluta silenziosa, immobile, trasparente.

Secondo lui sarebbe dovuta entrare in una stanza senza che nessuno s’accorgesse di niente.

Una brava Dama non fa rumore, nemmeno per sbaglio.

Questa era, piu’ o meno, la sua massima morale preferita.

Elisabeth odiava suo zio. Ma guai ad esternare, o anche solo accennare, quest’odio.

Cosi’ fece cio’ che le aveva detto Giles. Alzo’ la voce.

<< Zio, e’ cosi’...cosi’ vecchio! >>

Lord Quentin Travers non era vecchio. Era un monumento alla vecchiaia che riusciva ancora, miracolosamente, a muoversi ed a parlare. Il suo alito puzzava di birra, la sua pelle di grasso per le selle.

Non aveva denti. Quelli che un tempo erano i suoi denti, ora erano ridotti a mozziconi scuri, tinti di giallo laddove si univano alle gengive violacee. La barba cresceva indisturbata sulle guance cadenti, divorandogli il viso come un prato maltenuto.

Non poteva credere, Elisabeth, che un uomo tanto e brutto e tanto vecchio potesse aver chiesto a suo zio esplicitamente di lei. Allo stesso modo, non poteva credere al fatto che suo zio l’avesse venduta a quell’uomo come se fosse stata un formaggio.

Cosi’ come non credeva che le sue proteste sarebbero servite a qualcosa.

Suo zio si rilasso’ contro lo schienale della poltrona, sibilando il suo malcontento.

<< Inutile protestare e dare in escandescenze, sai. E’ per questo che viene allevata una ragazza: per sposarsi e fare figli. Quentin Travers e’ un partito eccellente per una marmocchia senza padre come te. Per amore della mia povera sorella morta, devi accettare la mia decisione. Ho ben altro di cui preoccuparmi che non delle tue sciocche paure di fanciulla. Prima re Riccardo che impone enormi tasse per finanziare le sue crociate, e adesso il conte Giovanni che pretende uomini e cavalli per rafforzare la sua guarnigione al castello di Tickhill. Scommetto che si sta armando contro il ritorno del fratello, e a me tocca tirar fuori denari per questi due Plantageneti in guerra. >>

Elisabeth strinse i pugni, e le sue guance avvamparono di rabbia impotente. Un grumo gelido le si rimestava lentamente nello stomaco.

Rupert Giles stava perdendo la pazienza. Si sporse verso la nipote e, stringendo i suoi vecchi occhi nocciola, disse

<< Ormai hai diciassette anni, e molte ragazze si sposano a quattordici, quindici anni! Ora va’, va’ da tua zia. Spetta a lei parlarti di queste cose, non a me. >>

Elisabeth senti’ il grumo gelido salirgli su per la gola. Era un grido, un forte, terribile grido di frustrazione contro quello zio che la vendeva al miglior acquirente come un salame, o una puledra.

Pure, quel grido non le sarebbe mai uscito di bocca. Lotto’ per ricacciare indietro le lacrime, e strinse i pugni fino a che le unghie non le si conficcarono nei palmi. Il dolore la distrasse per un momento, facendo ridiscendere il grumo gelido nel suo stomaco, al sicuro.

Abbasso’ gli occhi, arrendevolmente.

Suo zio la degno’ di un ultimo, severo sguardo, poi si alzo’ ed usci’ a grandi passi dal salone, gridando per chiamare un valletto.

 

Nel primo pomeriggio, Elisabeth sguscio’ fuori dalla porta posteriore, che dava sugli orti. Indossava il suo mantello piu’ pesante, anche se era giugno e faceva caldo.

Premette il gomito contro un fianco, per controllare che la forma di pane che aveva preso dalle cucine ci fosse ancora.

Aveva pianificato ogni cosa, sforzandosi di pensare lucidamente ed essere astuta.

Il mantello foderato di pelliccia le sarebbe servito per dormire all’aperto, il pane per non morire di fame.

Aveva lo stomaco contratto per la paura, e tuttavia si sforzo’ di camminare per l’orto con la solita pacata tranquillita’, facendo meno rumore possibile, come avrebbe detto suo zio. Doveva sembrare una fanciulla triste ma rassegnata, che passeggiava al fresco. Se solo avessero notato la rabbia che le ribolliva dentro, sarebbe stata persa.

Arrivo’ in fondo al filare dei legumi, ad un passo dal cancello di legno che dava accesso ai boschi e ai pascoli.

Suo zio ed il valletto uscirono dalle scuderie, forse diretti a caccia, ed Elisabeth si chino’ fin quasi a terra, fingendo di esaminare con minuziosa curiosita’ i baccelli carnosi delle fave. Rupert Giles le scocco’ un’occhiata soddisfatta, scrollo’ le spalle ed usci’ trottando dal bosco, diretto verso Sheffield.

Elisabeth sospiro’ di sollievo, e si avvicino’ al cancelletto. Sollevo’ il chiavistello, esitando. L’orto era silenzioso e deserto. Sua zia sonnecchiava nel solarium, certamente. Tuttavia esito’ per un istante.

Cosa ne sarebbe stato di Emma? Come poteva andarsene senza Emma, senza neppure dirle addio? Il suo desiderio di fuga era tale che le aveva impedito di riflettere.

Emma era arrivata al castello diciassette anni prima, per allattare Elisabeth, rimasta orfana. Sua madre, Joyce Summers, era morta in qualche vicino convento, dandola alla luce. Da allora Emma era stata una madre, per Elisabeth.

La ragazza riflette’ rapidamente. Se fosse tornata indietro a salutare Emma, rischiava di perdere questo momento di quiete. Senza contare che, se le avesse detto che stava scappando, la vecchia balia avrebbe insistito per andare con lei. E non era possibile.

In effetti non era poi cosi’ vecchia, ma ultimamente sembrava un po’ svanita, distratta, tornava la sera tardi, dopo essere stata fuori tutto il giorno, e sembrava non essersi nemmeno accorta del buio. No, prendere Emma con se’ sarebbe stato mettere nei pasticci entrambe. Molto meglio non dire niente. Se non sapeva niente, dopotutto, non avrebbe avuto niente da riferire.

Elisabeth sollevo’ il chiavistello e spinse lo sguardo attraverso il frutteto e poi lungo il pendio dei boschi e pascoli che ricoprivano tutta la collina.

La strada maestra correva lungo il fiume Sheaf e di li’ saliva fino al mulino, per poi proseguire in direzione dell’abbazia di Beauchief. Da quella parte non osava andare, perche’ c’era sempre un gran traffico di cavalli e viaggiatori. Prima o poi qualcuno l’avrebbe riconosciuta come nipote di Rupert Giles.

Doveva scegliare la direzione opposta e prendere il sentiero che portava a sud, verso i boschi della tenuta di Ecclesall. Li’, fra gli alberi, c’era piu’ speranza di passare inosservata.

Rapidissima, varco’ il cancello e corse fuori.

I boschi di Ecclesall non le facevano paura come le fitte, nere foreste selvagge di cui aveva sentito parlare. Erano attraversati da viottoli e discretamente popolati.

Vi abitavano i carbonai ed i minatori, le braccia scure di polvere di carbone.

Elisabeth continuo’ a correre, ma ogni volta che sentiva voci, o tonfi, o i colpi della gente al lavoro, si voltava e cambiava strada.

Ben presto si allontano’ dal sentiero principale.

Il cammino sembrava sempre piu’ difficile. Se era vero che le sue delicate scarpine di pelle non facevano rumore a contatto con il suolo, era anche vero che non potevano proteggerla dalle foglie di agrifoglio e dalle pietruzze appuntite che punteggiavano le strade. Dopo qualche ora di viaggio, comincio’ a sentirsi stanchissima ed accaldata sotto il pesante mantello foderato, ed aveva la brutta sensazione di aver solo girato in tondo, tutto quel tempo.

E poi arrivo’ al lago.

Un ruscello si precipitava spumeggiando in una conca scavata nella roccia, circondata da felci, muschi e altre erbe. Non era uno dei tanti bacini artificiali creati dai fabbri, ma un vero e proprio laghetto d’acqua fresca e limpida. Il solo vederlo le ricordo’ quanto avesse sete. Si chino’ quindi a bere, mettendo le mani a coppa. L’acqua era gelida, refrigerante, e ogni sorso sembrava un taglio sulle labbra. Ma era una bella sensazione. Si sedette, immergendo i piedi doloranti nella pozza, e srotolo’ la forma di pane, addentandola avidamente.

Eccola qui, sola nei boschi.

E se si fosse persa? Ma non era questo quello che voleva? Allontanarsi per sempre dal castello e da tutto cio’ che riguardava lo zio, il fasto, la nobilta’...e la terribile vergogna che pesava su di lei: era un’illeggittima, e gli unici sentimenti che, secondo lo zio, le era dato provare erano la gratitudine e la vergogna.

Sospiro’, felice, e sorrise fra se’. Ormai era libera da tutto questo, e per sempre. D’ora in avanti avrebbe badato a se’ stessa e sarebbe diventata una dama dei boschi.

Quand’era piccola, Emma le aveva raccontato la storia della Dama Verde, che con un solo gesto riempiva gli alberi di frutti e camminava nella foresta in compagnia dell’Uomo Verde, mano nella mano.

Sorrise nuovamente, e tiro’ i piedi fuori dall’acqua. Fu allora che colse, con la coda dell’occhio, un movimento furtivo alle sue spalle. I rami vibravano ancora quando, di scatto, si volto’ a guardare.

Qualcuno le ricambiava lo sguardo, seminascosto tra le foglie.

Elisabeth balzo’ in piedi, afferrando il mantello.

<< Chi e’? Chi mi spia in questo modo? >>

Una ragazzina dell’eta di Elisabeth spunto’ oltre il cespuglio. Sembrava terrorizzata.

<< Mi spiace...Milady. Non stavo facendo niente di male. >>

Elisabeth esito’, fissandola. Sembrava inoffensiva, ma nulla poteva impedirle di raccontare in giro quel che aveva visto. L’intrusa arretro’ di un passo, spaventata.

<< Ferma! >>, grido’ Elisabeth. Poi, piu’ gentilmente: << Fermati un momento. >>

La ragazza aveva le guance macchiate di rosso, la stessa tonalita’ che avevano i suoi lunghi capelli lisci. Sembrava che glieli avessero cosparsi di sangue. Gli occhi verdi brillavano spaventati nel viso scarno. La braccia bianche erano coperte di polvere grigia. Era una carbonaia. Stringeva fra le mani un cestello di vimini ricolmo di fragoline. Era sottile e pallida, ma la logora sottana le si tendeva sulla pancia. Elisabeth capi’ subito di che si trattava.

<< Aspetti un bambino? >>, mormoro’.

<< Si’. >>, la ragazza ebbe un brivido, mentre stava rispondendo.

Elisabeth schiocco’ la lingua, esasperata. Perche’ doveva imbattersi proprio in questa patetica figura? La vista di quel ventre rigonfio su un corpo ancora infantile era come un’eco delle sue stesse paure. Abbasso’ gli occhi sulla mezza pagnotta che le era caduta mentre si rialzava, e la porse alla ragazza.

<< Grazie. >>, sussurro’ lei, e addento’ il pane avidamente.

Tese il cesto di fragole ad Elisabeth, sforzandosi di sorridere.

<< Per te...si’, per te. >>

La tranquilla dignita’ con cui offriva il suo dono suggeriva un’amicizia tra pari, o sembrava addirittura garantire una sorta di alleanza. Elisabeth ricordo’ che aveva un gran bisogno di entrambe le cose, e prese il cesto dalle mani della ragazza, ringraziandola.

<< Tu sai chi sono? >>

<< Si’. Credo di si’. >>

<< Se per caso Rupert Giles venisse a cercarmi, ti prego di non dirglielo. >>

La ragazza dagli splendidi capelli rossi spalanco’ gli occhi. Erano vivaci ed intelligenti, ma la loro luce sembrava come chiusa in una gabbia.

Elisabeth getto’ una vaga occhiata alla pancia gonfia della ragazza, e credette di capire il perche’.

<< Giurero’ che non ti ho mai vista. >>

Elisabeth sorrise.

<< Puoi mostrarmi dove porta il sentiero? >>

La ragazza non rispose subito, ma rimase qualche secondo ad osservare la figurina minuta della Lady. Poi s’incammino’, seguita da Elisabeth, fermandosi ad un crocicchio.

<< Quella che sale va’ al castello di Ecclesall. Quella che va’ dritta al ponte sul torrente Totley. Quella che scende conduce all’abbazia di Beauchief. >>

Elisabeth la ringrazio’ con un nuovo rispetto. Le sarebbe piaciuto conoscere il bosco bene quanto lei.

<< E adesso torno a casa mia. >>, aggiunse la ragazza. << Cosi’ non sapro’ mai che strada hai preso. >>

Senza voltarsi a guardarla, la ragazza riprese il sentiero da cui erano venute, in direzione del castello.

Elisabeth la fisso’ per un lungo istante, quindi fece dietro front e comincio’ a riflettere sulla strada da prendere...

2 - Emma

 

Elisabeth non esito’ a lungo. Inutile chiedere aiuto al Catello di Ecclesall, e oltre il villaggio di Totley cominciavano le lande di Barnsdale: terre deserte, vaste e pericolose, che si estendevano per miglia e miglia.

Percio’ prese il sentiero che conduceva all’abbazia di Beauchief, pensando che forse la’ avrebbe trovato soccorso.

La luce stava svanendo rapidamente, immergendo il bosco in una fresca foschia tinta d’arancio.

Elisabeth si strinse nel mantello, tirandosi il cappuccio sulla testa. La notte stava arrivando, e con lei il freddo. Aveva urgente bisogno di un posto caldo e sicuro dove dormire.

Attraverso’ il ponte di legno sul fiume Sheaf e comincio’ ad inerpicarsi lungo la collina dove sorgeva l’abbazia, tenendosi a ridosso degli alberi.

Piu’ s’avvicinava, tuttavia, piu’ i suoi dubbi affondavano radici dentro di lei. Come l’avrebbero accolta, quei monaci bianchi ed austeri? Aveva sentito parlare di gente accusata di qualche crimine che aveva trovato rifugio presso di loro, invocando asilo. Ma quelli erano uomini. Avrebbero accolto allo stesso modo anche lei, una ragazza?

Solenni litanie ondeggiavano nell’aria, attraverso campi e stagni, mormorando preghiere in lingua latina.

Elisabeth avanzo’ lungo il ciglio del bosco, mangiando avidamente le fragoline dal cestello che le aveva regalato la ragazza dai capelli rossi.

Il chiarore delle candele che brillavano dietro i vetri piombati delle finestre sembrava prometterle calore e sicurezza.

Si’, li’ avrebbe potuto trovare rifugio.

Dentro una nicchia accanto al portone c’era una Vergine di marmo, con la mano sollevata in un gesto benedicente. Un posto del genere non poteva che garantire la salvezza, penso’ Elisabeth. Avanzo’ di un passo, poi si fermo’, tremante. Guardo’ meglio la Vergine. Il volto della statua aveva un’espressione vuota, indecifrabile. Ed il gesto della mano non era affatto benedicente. La mano si levava per ammonirla.

Con un nuovo senso di terrore, Elisabeth corse indietro, nascondendosi fra le ombre degli alberi.

Appena in tempo, perche’ lo scalpitio di due cavalieri la fece voltare, allarmata. Galoppavano a tutta velocita’, spronando i cavalli, e si fermarono solo sotto il grosso portone dell’abbazia.

<< Aprite! Aprite! Un messaggio da parte di Lord Rupert Giles! >>

Elisabeth riconobbe le voci: erano i valletti dello zio. Senza aspettare di sentire quel che i monaci stavano rispondendo, si inoltro’ nuovamente nel fitto bosco, continuando a correre incurante dei rami che la graffiavano e delle pietruzze appuntite che le sfilacciavano le scarpine di pelle. Fu solo quando gli alberi divennero piu’ alti e radi, che rallento’ il passo. E alla fine dovette fermarsi, poiche’ le gambe le si erano irrigidite. Prosegui’ ancora un po’, barcollando, disperata.

Si stava dirigendo verso il luogo che piu’ temeva: la selvaggia desolazione delle Barnsdale, dove neppure la legge arrivava...

Era qui che si rifugiavano gli assassini, i ladri, malfattori di ogni risma. Anzi, ne conosceva addirittura uno: il nipote di Emma, William. Chissa’, forse si nascondeva ancora li’...

Le ginocchia le cedettero e cadde a terra, singhiozzando. Piangeva come una bambina, in quei boschi silenziosi, senza curarsi del rumore, senza pensare che qualcuno avrebbe potuto sentirla. Fu per pure stanchezza, che smise di piangere.

Via via che i singhiozzi tacevano, le parve di udire altri suoni: il fruscio di piccoli animali tra le felci, lo stridere di un gufo, un fioco gocciolare d’acqua. Che fosse la sorgente di San Quintino?

Una volta Emma gliene aveva parlato, promettendole che un giorno o l’altro sarebbero andate a visitarla. Le lacrime le punsero nuovamente gli occhi, al pensiero della sua vecchia balia.

Elisabeth si costrinse a rimettersi in piedi e segui’ il mormorio dell’acqua. La luna, apparsa alta e maestosa dietro una fitta coltre di nubi, rischiarava il bosco, filtrando tra i rami degli alberi.

Non ci mise molto a trovare la sorgente, che sgorgava dalle rocce in uno scintillio di spruzzi. Sorrise, felice, e bevve qualche sorso d’acqua gelida.

Forse c’era ancora speranza, per lei. Striscio’ sotto i rami penduli di un tasso che cresceva nei pressi della sorgente, e cadde in un sonno profondo.

 

La sveglio’ il suono familiare di una voce bassa e rauca che canticchiava. Sorrise nel dormiveglia, pensando di aver fatto chissa’ quale strano sogno, ma poi spalanco’ gli occhi e trasali’, accecata dai raggi di un sole luminosissimo che spezzava i rami degli alberi, arrivandole a pioggia sul viso.

Non era un sogno. Si trovava distesa sotto il grande tasso, ma quel canto non si era dileguato insieme al sonno.

Si guardo’ intorno, spaesata. Ogni mattina, dalla piu’ tenera infanzia, era stata la voce di Emma, a svegliarla. Ed era appunto quella voce che sentiva, li’, alla sorgente di San Quintino. Balzo’ a sedere, urtando un ramo basso con uno schiocco sonoro. Si massaggio’ la tempia dolorante, emettendo un cupo brontolio di protesta, e cerco’ di schiarirsi la vista. Un profumo delizioso permeava l’aria.

Elisabeth sgrano’ gli occhi: accoccolata accanto ad un fuocherello di sterpi secchi, stava Emma, che faceva arrostire alcuni grossi funghi, infilzati su stecchi.

<< Emma! >>

La donna si volto’ sorridendo, senza la minima traccia di risentimento o collera. Elisabeth sorrise, e poi scoppio’ in lacrime.

<< Che bella accoglienza! Dopo che sono corsa a cercarti su e giu’ per valli e colline, carica come un mulo di viveri e provviste! >>

Emma si porto’ le mani ai fianchi, fingendo di impermalirsi. Di colpo, la gioia di Elisabeth fu trafitta da un lampo di dubbio. Guardo’ la donna piu’ anziana negli occhi, severamente.

<< Puoi dire quello che vuoi, ma non voglio tornare indietro! Preferisco morire! >>

Emma ricambio’ il suo sguardo, dapprima sorridendo. Ma poi sembro’ indignarsi.

<< Insomma! Ancora non conosci la tua vecchia balia? Anch’io preferirei morire, piuttosto che riportarti indietro. Pensi forse che ti abbia allattato e ti abbia insegnato tutto quel che so, solo perche’ un vecchio, ricco porco ti usi come animale da riproduzione? >>

Elisabeth ebbe un sussulto. Strinse gli occhi e aggrotto’ la fronte, sorpresa.

<< Allora ho fatto bene a fuggire, secondo te. >>

Emma sospiro’, flettendo le dita irrigidite dall’artrosi.

<< Anch’io stavo facendo i miei piani, sai. Forse avrei dovuto parlartene. Ma non credevo che saresti partita al galoppo come un puledro rabbioso alla prima tirata di briglie...e ora basta, facciamo colazione. Non vorrai lasciar bruciare i miei funghi? >>

Elisabeth sorrise, al colmo della felicita’, e guardo’ Emma togliere una pagnotta fresca di forno da un grosso fagotto di stoffa. La balia gliene offri’ meta’, e la ragazza l’addento’ avidamente, mangiando tutto il resto come se non avesse mai visto del cibo.

Trovo’ fosse tutto infinitamente migliore alle pietanze servite agli interminabili pranzi al castello dello zio.

Solo dopo che ebbe divorato l’ultima briciola e bevuto alla sorgente, si decise a fare altre domande ad Emma.

<< Come hai fatto a trovarmi, Emma? >>

<< Come avrei fatto a non notare tutte le tracce che hai lasciato? No, non allarmarti. Non erano tracce che Rupert Giles potesse seguire, ma abbastanza chiare per me e per chiunque altro abbia gli occhi bene aperti. >>

Elisabeth aggrotto’ nuovamente la fronte, sistemandosi meglio sul soffice tappeto d’erba.

<< Chiunque altro? Ma chi? >>

<< Oh...mentre tuo zio continuava a strepitare e a chiamare i valletti, la sguattera mi ha detto di averti visto nell’orto. I servi pensano che sei una ragazzina capricciosa e viziata...inutile fare quella faccia, e’ quello che pensano di te, mia cara. Ma in ogni caso non amano il padrone e non ti augurano del male. Dopo la sguattera e’ stato il carbonaio a mettermi sulla giusta strada, anche se ho avuto un bel daffare con quella testarda di sua figlia. Sembrava muta. Non sono riuscita a cavarle nemmeno una parola. >>

Elisabeth sorrise.

<< Ah, quella ragazza! >>

<< Non mi ha detto niente, anche se capivo bene che sapeva. Percio’ mi sono fermata all’incrocio e c’ho pensato su. Conosco la mia bambina, e mi sono ricordata di quanto volessi visitare la sorgente di San Quintino. E cosi’ eccoci qua tutte e due, ma non possiamo trattenerci. Dobbiamo partire subito. >>

<< E dove? Nessuno ci aiutera’, hanno tutti paura dello zio! >>

Emma carezzo’ amorevolmente il viso di Elisabeth, spostandole una ciocca di capelli biondi dal viso. Una cascata di fiorellini di tasso cadde in terra, non appena la sua mano smosse la folta capigliatura.

<< Certo, tesoro mio, ma io so bene dove andare. >>

Sembrava estremamente sicura di quel che diceva.

Immerse le mani nel suo fagotto e ne tiro’ fuori un paio di robusti stivaletti di cuioio grigio, porgendoli ad Elisabeth.

<< Li ho presi al valletto piu’ giovane. Dovrebbero andarti bene. >>

Elisabeth infilo’ quelle rozze calzature, gettando nel fagotto le sue belle scarpine ormai sbrindellate. Si senti’ pesante e goffa, con quegli stivali ai piedi, ma avverti’ una rassicurante sensazione di calore. Poi Emma le porse un fazzoletto rosso scuro. Sembrava un brandello di sole al tramonto.

<< Legatelo intorno alla testa, come me. forza, fallo da sola. Devi imparare, perche’ io ho cose piu’ importanti a cui pensare, che fare la cameriera a una damigella. >>

Elisabeth fece quanto le aveva detto Emma, arrossendo per la nuova, inaspettata rudezza della balia e per quegli indumenti cosi’ volgari.

<< E adesso arrotola la sottana e tirala su, fino al ginocchio. Ti ci troverai molto meglio a camminare, vedrai. E metti via quel mantello viola, bisogna cambiarlo! Toh, indossa questo, e’ molto caldo. Prendi anche quest’altro fazzoletto, facci un fagotto uguale al mio. >>

<< D’accordo, d’accordo! >>, Elisabeth raduno’ le sue cose, chiudendole nel fagotto. << Sei meravigliosa, Emma. Sarei persa senza di te. >>

Riempirono due fiasche dell’acqua di San Quintino, e quindi partirono nella mattina assolata.

Elisabeth si sentiva felice. Aveva Emma con se’, ora. E, respirando a pieni polmoni l’aria del bosco, si rese conto di quanto fosse stantia e viziata l’atmosfera del castello, con i pavimenti coperti di tappeti che raramente venivano cambiati o sbattuti. Li’, all’aperto, l’aria sapeva di pulito e di resina.

Attraversarono i boschi di Chancet per poi dirigersi ad est, verso Leeshall ed i boschi di Buck, sempre tenendosi nei sentieri interni. Incrociarono pochi passanti, che ogni volta facevano cenni di saluto, e poi se ne andavano per la loro strada, senza mostrare interesse per quelle due donne dai rozzi fagotti.

Ad un certo punto incrociarono un uomo che tirava per la cavezza un mulo carico di legna. Emma si tocco’ il cappello in cenno di saluto e lui fece lo stesso, ma mentre superava Elisabeth grugni’ e di scatto l’afferro’ per il polso. Ad attirare la sua attenzione era stato l’anello d’argento e granato che la ragazza portava all’indice.

Elisabeth urlo’.

Lui la teneva stretta con una mano, gli occhi accesi. Lascio’ la cavezza del mulo per tirarle via il fazzoletto con l’altra mano, rivelando le sue belle trecce ben curate. D’improvviso, tra loro brillo’ un lampo d’argento. Emma aveva estratto un coltello e lo puntava alla gola del vecchio.

L’uomo rise, ma la sua risata si spense nel vedere l’espressione negli occhi della donna.

<< Lasciala andare. >>, sibilo’ lei.

Il vecchio capi’ che era pronta ad usare il coltello, e obbedi’.

<< Vattene per la tua strada. >>, ringhio’ ancora Emma.

<< Vado...vado... >>

Il mulo era gia’ partito senza di lui, trottando lungo il sentiero. Emma, col coltello in pugno, lo guardo’ correre all’inseguimento della bestia. Si volto’ verso Elisabeth, con gli occhi seri e severi.

<< Quel dannato anello. >>, borbotto’. << Era meglio gettarlo nell’acqua. >>

Tremando, Elisabeth se lo sfilo’ dal dito.

<< E’ l’anello di mia madre. Non voglio separarmene. >>

<< Beh, almeno mettilo via, ti pare? Legatelo al collo con un filo di canapa. >>

Sconvolta, Elisabeth tiro’ furoi dal fagotto la canapa e si fabbrico’ una catenella di fortuna a cui appese l’anello, nascondendolo poi sotto il vestito. Terminato il lavoro, le mani le tremavano un po’ meno. Vide Emma riporre il coltello, e a quella vista il suo respiro torno’ quasi normale.

<< E adesso dobbiamo sbrigarci. Muoviti, sciocca ragazzina. >>

 

Emma era in collera con lei, era evidente. Alle sue domande non dava altro che risposte brevi e secche.

Elisabeth la segui’ con incertezza crescente, ripensando all’episodio di poco prima. la fulminea reazione di Emma l’aveva di certo salvata, ma la rapidita’ e la ferocia con cui aveva agito l’avevano addirittura sconvola. Questa era una donna sconosciuta, sorprendente, ben diversa dalla sua vecchia balia brontolona.

Emma era sempre stata diversa dalle altre serve, come se obbedisse solo a leggi proprie. Per esempio aveva preteso che ogni pochi mesi la lasciassero far visita al fratello e al nipote, che vivavano molto lontano, nella valle di Loxley. Ebbene, chissa’ come, Rupert Giles le aveva accordato quel permesso. Qualsiasi altro servo sarebbe stato punito a frustate per tanta sfacciataggine, ma Emma no. Naturalmente, al castello avevano bisogno di lei, anche perche’ era una bravissima erborista. Tutti sapevano che era stata Emma a salvare la vita del balivo, quando era stato aggredito dai briganti, ed erano i balsami e le pozioni di Emma che curavano i dolori e gli acciacchi di tutti gli abitanti del castello. Mentre rimuginava su questo, Elisabeth si rese conto che al castello avrebbero sentito la mancanza di Emma molto piu’ della sua.

Noto’ con sgomento che stavano dirigendosi verso i grovigli piu’ intricati delle Barnsdale. Le erbe alte si attorcigliavano a cespugli sempre piu’ contorti, gli alberi erano ancora piu’ fitti ed alti, e la massa verde delle canne, in lontananza, rivelava la presenza di paludi e acquitrini. Il sentiero che seguivano, pero’, sembrava solido e ben battuto.

Il sole di mezzogiorno era alto nel cielo, quando Elisabeth vide davanti a loro un antico pozzo di pietra. Emma, che la precedeva, si fermo’ a bere e poi tiro’ fuori dal fagotto l’ultima forma di pane. La spezzo’ in due e ne porse meta’ ad Elisabeth, che arrancava zoppicando dietro di lei.

<< Quale pozzo sarebbe, questo? >>, chiese la ragazza, aspettando la risposta con timore.

<< Il Pozzo della Vecchia, naturalmente. >>

Elisabeth si accascio’ ai piedi della vecchia vasca, lasciando cadere il fagotto. Quando parlo’, la voce le usci’ in un sussurro rauco. In parte era dovuto alla stanchezza, in parte ad una terribile paura.

<< Perche’ mi hai portata qui? Dicono che chi oltrepassa questo pozzo sta seguendo il sentiero segreto per cercare la Donna della Foresta nel bosco di Barnsdale. >>

Emma addento’ il pane, sorridendo sarcastica.

<< Gia’, e’ proprio cosi’ che dicono, vero? >>

Elisabeth si rialzo’ di scatto, in preda ad una rabbia improvvisa. Le guance le avvamparono e le mani presero a tremarle, minacciando di lasciar cadere la forma di pane.

<< Come osi condurmi qui? Questo e’ un posto diabolico. Tutti quelli che vivono lungo la valle dello Sheaf hanno paura della Donna della Foresta! E’ una strega della peggior specie! Rovina i raccolti con sortilegi e fatture, e nessuno si salva dalle sue maledizioni! >>

Imperturbabile, Emma continuava a masticare il proprio pane.

<< E’ vero che ne hanno paura, ma scommetto che nessuno, al castello, ha mai posato gli occhi su di lei. Senti, ragazza mia, la foresta di Barnsdale e’ l’ultimo posto dove si sognerebbero di cercarci, e cosi’...e’ proprio dalla Donna della Foresta, che stiamo andando. >>

Elisabeth sgrano’ gli occhi, ed il verde delle iridi luccico’ di paura, sgomento e sorpresa.

<< Devi essere matta! >>

Emma scoppio’ a ridere, e raccolse il suo fagotto.

<< Bene. E’ li’ che vado io. Tu fai pure come credi. >>

Si incammino’ senza aspettarla, per un sentierino ripido e dissestato. Elisabeth non ci penso’ che un istante. O dalla Donna della Foresta, ma con Emma, o nel bosco, da sola.

<< No...aspetta, Emma! Torna indietro! >>

Le arranco’ dietro, le braccia che le dolevano per il peso del fagotto ed il cuoio degli stivali che le lacerava la pelle.

La luce del pomeriggio cominciava gia’ a sbiadire. Pur non osando perderla di vista, Elisabeth si teneva a distanza dalla balia. Tutta la gioia del risveglio era svanita, e la foresta non era altro che un luogo freddo, umido e terrorizzante. Le fronde degli alberi respingevano ogni raggio di sole, e il terreno spoglio sapeva di marciume e di morte. Emma, la sua salvatrice, si era fatta acida e guardinga.

Eppure...dov’era finita la distratta, smemorata Emma?

Negli ultimi tempi, al castello, la vecchia balia non era piu’ stata la stessa.

Elisabeth si acciglio’, cercando di ricordare.

Doveva essere passato un anno, da quando era arrivata la notizia: il fratello di Emma era stato trovato morto nei campi di Loxley, accanto al suo aratro. William, il nipote, era scomparso, e l’avevano accusato dell’omicidio di suo padre. Non c’era da stupirsi se era piu’ di quanto Emma poteva sopportare.

Cominciava a perdere le cose e dimenticare cio’ che faceva. Aveva addirittura cominciato a vagabondare fuori, certe volte per l’intera giornata, senza mai spiegar nulla.

I servi bisbigliavano che la notizia le avesse sconvolto la mente.

Nella penombra della foresta, Elisabeth scruto’ la piccola figura col fagotto. Stavano forse andando in cerca di quel crudele nipote? Emma aveva sempre sostenuto l’innocenza di William, com’era logico aspettarsi...

Vide che si fermava all’incrocio tra due sentieri. Rimase indecisa per qualche secondo, poi imbocco’ sicura quello di destra. Sembrava quasi, penso’ Elisabeth, sembrava quasi conoscesse la strada. Come se ci fosse gia’ stata altre volte.

Alla fine la sua rabbia fu cancellata dal freddo e dal dolore fisico. Non poteva impedirsi di battere i denti, ne’ poteva frenare il tremito delle spalle, ed il dolore ai piedi si stava facendo insopportabile. Strinse i denti e prosegui’, decisa a non perdere di vista Emma. Una guida irascibile che ti porta dritta verso streghe e assassini le sembrava comunque meglio che nessuna guida, in quel nero e sperduto angolo di mondo.

Dopo un po’ Emma si fermo’ ad aspettarla, e, quando le parlo’, lo fece con una nuova gentilezza.

<< Non manca piu’ molto, tesoro mio. Ti prometto che presto saremo in salvo. >>

Elisabeth annui’, senza smettere di tremare ne’ d’avere dubbi, e la segui’.

Il buio prese il posto della soffice penombra, un buio fitto e compatto, senza luna, come Elisabeth non ne aveva mai visti.

Dopo poco raggiunsero una radura, e il disco pallido della luna comparve fra le fronde degli alberi, piu’ radi. I freddi raggi erano appena sufficienti ad illuminare una capanna al centro della radura. Dall’interno non trapelava nessuna luce, ma si sentiva un tremendo frastuono:versi di galline e di capre, ed un forte, violento starnazzare e battere di ali.

Emma avanzo’ di qualche passo. Davanti alla quercia c’era un cippo di pietra che sembrava molto vecchio, tutto coperto di sculture in bassorilievo. Sulla sommita’ concava era posata una piccola pietra a forma di cuneo, che puntava verso la porta del cottage. Emma tocco’ la pietra.

<< Si’, dovrebbe essere qui. >>

Elisabeth lascio’ cadere il fagotto. Vide gatti che correvano fra le zampe delle capre, e, anche nel buio della notte, era chiaro che le povere bestie avevano un bisogno disperato di essere munte. Tutto s’era aspettata, tranne questo starnazzante, domestico caos.

Emma spinse la porta della capanna, mise dentro la testa e saluto’. Nessuna risposta.

<< Beh, non so che dire. Proprio non lo so. >>

Emma usci’ per girare attorno all’abitazione.

Elisabeth afferro’ al volo un gattino a macchie bianche e nere che stava per saltare addosso ad una pollastra.

<< Via! >>

Lo rimise a terra e si passo’ un dito su una guancia. L’aveva graffiata!

<< Elisabeth, vieni subito qui! Prendi una candela e accendi! >>

La ragazza ascolto’ la voce concitata della balia che la chiamava da dietro il capanno. Fece come diceva e le corse incontro, con una candela e un fiammifero fra le dita.

<< Svelta, bambina mia, svelta! >>

Finalmente la candela fu accesa. Elisabeth si chino’ su Emma, e le manco’ il respiro.

Distesa a terra c’era una donna vecchissima, piena di rughe. Era immobile, e la luce della candela dava alla sua pelle una sfumatura giallastra.

<< E’ morta? >>, chiese Elisabeth con un fil di voce.

<< Si’, purtroppo. >>, sospiro’ Emma. << Morta da almeno un giorno e una notte, direi. >>

Elisabeth rimase a fissare quel volto sereno per qualche secondo. Poi volto’ la testa verso Emma.

<< Ma...chi e’? >>

Emma si mise in piedi, e Elisabeth vide una lacrima scendere sulla sua guancia.

<< E’ Shamila. E’ la Donna della Foresta. >>

<< No! >>, Elisabeth scosse forte la testa. << E’ solo una vecchia donna! >>

Emma sorrise.

<< Solo una donna. Solo una donna, come me e te. Povera Shamila, ha gia’ aspettato anche troppo. Puo’ aspettare fino a domani mattina, e poi la seppelliremo.

La lasciarono distesa dov’era, ma Emma la copri’ con la sua coperta.

<< Entriamo a vedere cosa si deve fare. >>

Le due donne entrarono in casa, e, per prima cosa, nutrirono e munsero gli animali. D’un tratto, Elisabeth si sporse verso la balia e disse

<< Sai cos’ho pensato? Che forse eri venuta qui per cercare tuo nipote... >>

Emma sembro’ sorpresa, ma poi scosse la testa con fermezza.

<< Non ho nessun bisogno di cercare William. Verra’ lui a cercarmi. >>

 

La mattina seguente, dopo una bella dormita, Elisabeth e Emma seppellirono Shamila.

Prima di immergerla nella terra, Emma le sfilo’ dalle mani una spessa cintura finemente lavorata, e per meta’ della mattina stette a contemplarla, mentre Elisabeth esplorava i dintorni della capanna.

Verso il tardo pomeriggio torno’ dalla balia, che stava seduta su un ceppo, poco distante da un cumulo di terra fresca.

Si mise le mani sui fianchi e disse

<< Quindi ora non c’e’ piu’ la Donna della Foresta? >>

Emma riflette’ per qualche minuto, in silenzio. Guardo’ la cintura, poi la tomba di Shamila. Infine si infilo’ la cintura sulla gonna, alzando risoluta la testa verso Elisabeth. Aveva gli occhi che ardevano.

<< Certo che c’e’. Ce l’hai davanti. >>

<< Tu? >>, chiese Elisabeth, incredula.

<< Esattamente, tesoro mio. C’e’ sempre bisogno si una Donna della Foresta, di questi tempi. >>

Elisabeth sgrano’ gli occhi.

<< Vuoi dire che c’era un’altra donna della foresta, prima di Shamila? Che c’e’ sempre stata una Donna della Foresta? >>

<< Guarda oltre la tomba di Shamila. >>, mormoro’ Emma. << E conta le gobbe nel terreno. Sono altrettante tombe. >>

<< Ma...io ho sempre avuto paura di loro! Dicono che sono maligne e terribili! >>

Emma rise.

<< Una pessima reputazione ha i suoi vantaggi. Tiene alla larga i visitatori inopportuni, e quelli che vengono qui sono davvero disperati. >>

Elisabeth aggrotto’ la fronte.

<< E cosi’...la Donna della Foresta non e’ malvagia? >>

Emma scosse la testa, sorridendo.

<< Al contrario. No, non sono malvage, te l’assicuro, tesoro mio. >>

Elisabeth ricordo’ la maestria di Emma nel comporre pozioni e cataplasmi, nel curare le ferite, nell’alleviare dolori.

E poi, diciamolo...Emma era un po’ strega.

La ragazza annui’.

<< E cosi’...tu sei la nuova Donna della Foresta, Emma, e puoi svolgere benissimo questo lavoro, perche’ ho sempre saputo che sei una strega. Ma io chi sono? Qual e’ il ruolo che dovro’ recitare? >>

Emma ci penso’ su un istante, ed un radioso sorriso le illumino’ il volto. Guardo’ Elisabeth negli occhi, e le parlo’ con gentilezza.

<< Ti daro’ un nuovo nome, per una nuova vita. Non sei piu’ Elisabeth Summers. Ti chiamero’ Buffy. Sei la Dama Verde dei boschi... >>

3 - La Figlia Del Carbonaio. La Moglie Del Fabbro.

 

Buffy tolse dall’acqua di tintura il suo bel mantello viola. Aveva precedentemente tolto l’imbottitura di pelliccia, ed ora era solo un grosso pezzo di stoffa, tinto dello stesso colore della foresta. Il verde spiccava in miliardi di sfumature, ricoprendo il rettangolo di stoffa grezza. Quando fu asciutto se l’avvolse sulle spalle, scoprendo che era morbido e caldo, ma non piu’ appesantito dalla pelliccia, e che il verde luccicava come le foglie degli alberi, alla luce del sole. E s’intonava perfettamente al rosa delle sue guance ed al biondo dei suoi capelli. Guardo’ Emma, sorridente.

<< Beh, sembra proprio che tu abbia preso il posto di Shamila. >>

Emma annui’, ma sembrava stanca e triste. Buffy la fisso’ per qualche secondo.

<< Tu la conoscevi, vero? >>

Emma si volto’ verso di lei. Sorrideva, ma di un sorriso triste.

<< Si’, conoscevo Shamila. Una volta mi ha aiutata, tanto tempo fa. Ci sono molte cose che tu non sai, sulla tua vecchia balia, tesoro mio. E te le raccontero’. Ma al momento opportuno. >>

Buffy non insiste’. Poteva accontentarsi di questo, per ora. Guardo’ un sacco colmo di piselli e getto’ uno sguardo al recinto delle capre. Ne mancava una. Certo. Avevano prestato soccorso ad una famiglia nelle vicinanze, e gliene avevano lasciato una. Loro avevano offerto come pagamento un sacco di piselli secchi e, mentre Buffy era stata pronta a replicare, Emma aveva ringraziato, prendendo il sacco. A Buffy questa cosa non era esattamente chiara.

<< Perche’ hai accettato quei piselli secchi, e gli hai lasciato la capra? Come sai che la rivedrai, quella bestia? >>

Emma arriccio’ il naso, come se fosse stata una domanda sciocca. Ma poi sorrise e rispose.

<< I piselli li ho presi come pagamento. Mi sembra piu’ che giusto...e poi hanno il loro orgoglio da difendere, ti pare? La capra gliel’ho lasciata perche’ avevano bisogno del latte, e questo dimostra che mi fido di loro. Ci siamo assunte un compito che forse non tu non hai ancora capito sino in fondo, credo. Non ancora. >>

Buffy aveva incrociato le braccia al petto, inclinando la testa di lato, con curiosita’.

<< Cosa intendi? >>

Emma tamburello’ adagio sulla cintura della Donna della Foresta: non era un ornamento da signora, ma era pur sempre un oggetto bellissimo, tessuto e ricamato nel modo piu’ complesso e fantasioso, e tinto nei pastosi colori della foresta.. aveva i bordi di cuoio finemente intrecciato, ed era chiusa da una pesante fibbia di metallo.

<< E’ un patto antico e segreto. Un accordo fra noi e la gente della foresta. Ci assicura la salvezza, perche’ nessuno sapra’ e neppure chiedera’ mai i nostri nomi: la Donna della Foresta ha diritto ai propri misteri. Ci proteggeranno, ma in cambio dovremo essere sempre qui, pronte ad aiutare quelli che ne hanno bisogno. Avremo un rifugio, ma, credimi, dovremo anche lavorare duramente. >>

Le previsioni di Emma sul duro lavoro si rivelarono esatte. Dal primo mattino fino a tarda sera ci fu un costante via vai di gente miserabile che veniva a chiedere soccorso.

Buffy ed Emma facevano quel che potevano. Ma era evidente che da sole non ce l’avrebbero mai fatta.

Una mattina arrivo’ alla capanna della Donna della Foresta un ragazzino. Ardeva di febbre ed aveva i piedi tumefatti. Racconto’ che il Tribunale della Foresta aveva condannato i suoi genitori, che erano finiti in carcere. Lui era stato cacciato di casa. Era denutrito, ed i begli occhi azzurri apparivano infossati e rossi nel visetto pallido e scarno. Emma lo accolse, curandolo amorevolmente, e, quando il bimbetto si rimise in forze, anziche’ ripargarle in denaro o cibarie, si offri’ di aiutarle.

Buffy e Emma, che si erano gia’ terribilmente affezionate al ragazzino, acconsentirono volentieri.

Si chiamava Tom, ed aveva undici anni. Conosceva il bosco come se fosse stato casa sua, e mostro’ alle due donne diversi spiazzi in cui costruire capanne e piccole abitazioni per i disperati. Era anche un ottimo falegname, proprio come suo padre. I capelli scuri gli ricadevano in larghi ricci sul viso, e Buffy scommise che sarebbe stato un gran bel ragazzo, una volta cresciuto.

Aiutavano tutti. Emma ascoltava tutti. I solitari, i malati d’amore, i pazzi, gli affamati...e i loro poveri cani resi zoppi dal Tribunale perche’ fossero inutili per la caccia.

Solo una volta Emma si rifiuto’ di aiutare una donna rabbiosa e villana che voleva maledire la suocera.

<< Devi inventartela tu, la maledizione. >>, le disse. << Ma sta attenta, perche’ chi maledice, puo’ essere quello che ci rimette di piu’. >>

La donna ando’ via schiumante di rabbia, trascinandosi dietro il suo pallido figlioletto.

Tom e Buffy avevano riso per mezz’ora, mentre Emma scuoteva sconsolata la testa.

Ogni volta che c’era un attimo di pace, Buffy veniva mandata nella foresta.

<< Non c’e’ tempo per riposare, ragazza mia. >>

La’ raccoglieva fragole e more e mirtilli, e poi timo selvatico, ruta amara, rosmarino e salvia per le pozioni di Emma. Fiori di Olmalia e caglio insaporivano le loro bevande e profumavano i graticci di canne stesi sul pavimento. Gli occhi di Buffy impararono a distinguere le forme dei funghi sotto le foglie cadute. Durante la notte crescevano magici, strani grappoli di pelosi funghi bianchi, ma bisognava raccoglierli prima che diventassero neri o prendessero un cattivo odore.

Buffy faceva quello che le veniva ordinato, e usciva volentieri alla ricerca di erbe e frutti, anche se non ne vedeva il bisogno. Ognuno le pagava come poteva, e ben presto ammassarono una buona scorta di grano e altri viveri. Ma Emma non voleva toccarla. Diceva che dovevano conservarla per l’inverno.

<< Non so perche’ le provviste ti preoccupino tanto, Emma. >>

<< Lo capirai da te quanto sia necessario averne una buona scorta... >>, le diceva, sospirando. << Prima della prossima primavera. >>

Cosi’ Buffy percorreva in lungo e in largo i boschi, con Tom come guida, carica di sacchi e panieri. Le sue gambe s’irrobustirono, le mani s’indurirono, le dita divennero agili e forti.

I boschi e le paludi di Barnsdale non la spaventavano piu’: nascondevano una ragnatela di viottoli e sentieri segreti. Ben presto Buffy scopri’ che gli stessi pericoli della foresta diventavano una fonte di protezione per chi li conosceva a fondo. Comincio’ a riconoscere ogni albero per un raggio di tre miglia intorno alla radura; a conoscere ogni capanna e ogni casa; ad individuare un avvenimento in ogni suono o odore.

Ormai, il bosco era la sua casa. Il suo castello.

 

Era una sera d’agosto, e Buffy rientrava nella radura col cesto pieno di funghi, di mirtilli e fragoline.

Davanti alla pietra indicatrice c’era una ragazza, in atteggiamento esitante.

Anche se aveva imparato a muoversi nel massimo silenzio, Buffy si preoccupo’ di non spaventarla, e fece un lieve rumore. Aveva visto giusto, perche’ la ragazzina sobbalzo’ e si giro’ di scatto verso di lei. Nella penombra il suo viso era di un pallore spettrale, ma i suoi capelli rossi e lunghi brillavano quasi di luce propria. Buffy ebbe un tuffo al cuore. Conosceva la ragazza, e conosceva il suo ventre rigonfio.

Avanzo’ a mani tese, in segno d’amicizia, ma lei non la riconobbe. I suoi occhi verdi si dilatarono nel viso smunto, mentre evidentemente cercava di frenare il tremito che la scuoteva. Era esausta e pronta a partorire.

<< Hai fame? >>, chiese Buffy, offrendole le bacche appena raccolte.

Ma la ragazza allungo’ una mano tremante e cadde a terra, svenuta.

Buffy cerco’ goffamente di rialzarla, chiamando Emma a gran voce. La donna usci’ dalla capanna, e fra tutte e due la portarono dentro. Tom era via, a cercare legna, o a vagabondare per il bosco.

<< Hai visto chi e’? >>, chiese Buffy. << Non mi ha riconosciuta. >>

Emma annui’, fissando preoccupata la ragazzina svenuta.

<< Si’, l’ho vista. Speriamo di poterci fidare di lei. >>

<< Sta per avere il bambino? >>

Emma annui’ nuovamente, schioccando la lingua. Non era un buon segno, quando lo faceva.

Adagiarono la ragazza sui sacchi ricolmi di felci, e le fecero bere del latte imboccandola con un cucchiaino. Finalmente riprese i senti. Sospiro’, guardando Emma con sorpresa.

<< Ti conosco, ma io sono venuta a cercare la Donna della Foresta. >>

<< L’hai trovata, cara! >>

Emma rise, e Buffy rise insieme a lei. La piccola sposto’ nervosamente lo sguardo dall’una all’altra, sbigottita. Ma fu solo un attimo, poi la sofferenza torno’ a sommergerla.

<< Spero tanto che tu possa aiutarmi, perche’ ho una gran voglia di morire. >>

Piano, lentamente, con qualche lacrima, racconto’ la sua storia.

Si chiamava Willow, era la figlia di un carbonaio, e un giorno il balivo di Ecclesall l’aveva sorpresa da sola nei boschi e violentata, minacciandola di raddoppiare l’affitto a suo padre se avesse detto qualcosa. Piu’ tardi, con infinito terrore, si era accorta di essere incinta. Il padre si era arrabbiato, ma non l’aveva cacciata di casa. E poi, via via che il bambino cresceva nella sua pancia, aveva cominciato ad accettarne la presenza, a desiderare di proteggerlo, e infine, quasi ad amarlo. Ma d’improvviso, due giorni prima, il piccolo aveva smesso di muoversi e scalciare.

<< Cosi’ sono venuta a cercare la Donna della Foresta, sapendo che mio padre sarebbe ben contento di vederci morti, me e il bambino. Mi pesa nella pancia come una pietra. Lo so che e’ morto, e anch’io voglio morire. >>

I suoi occhi verdi, cosi’ profondi e intelligenti, erano spenti, scuri, pozze verdi e liquide, indecifrabili. C’era soltanto dolore. Tanto. Buffy si accorse di avere le lacrime agli occhi. Prese una mano di Willow tra le sue.

<< No, non devi! Non devi pensare cosi’! >>

Ma Emma scosse la testa.

<< Lasciamola riposare. Non puo’ ragionare bene, dopo una camminata cosi’ lunga e faticosa, e in questo stato. Ne riparleremo domattina. >>

Stavano andando fuori, quando Willow socchiuse gli occhi, ed una strana scintilla le si accese in quel verde, debole, esitante, ma vera. Curiosita’. Afferro’ il mantello di Buffy, costringendola gentilmente a girarsi.

<< Tu sei...la Lady... >>, bisbiglio’. << Tuo zio e’ ancora infuriato con te, ma io non ho mai detto niente... >>

Buffy le sorrise, rimboccandole amorevolmente le coperte.

<< Certo. So che non hai parlato. >>, fece una sommessa risatina. << Adesso mi chiamo Buffy, e sono la Dama Verde. >>

Quando la videro sprofondata in un sonno esausto, Emma e Buffy sedettero sulla soglia.

<< Puoi far niente per aiutarla? >>

Emma sospiro’, contrita.

<< Posso fare ben poco, perche’ Willow ha ragione. Quel povero bambino e’ morto, dentro di lei. Posso solo aiutarlo a nascere. E poi, magari, quella ragazza ritrovera’ le forze, e vivra’...se ne avra’ voglia. >>

<< Deve trovarla... >>, disse Buffy, mentre una lacrima le rigava silenziosa una guancia.

il giorno seguente fu duro, per tutte e tre. Emma preparo’ una pozione per Willow, sempre piu’ sconsolata. Nel tardo pomeriggio, Buffy fu spedita a alla tomba di Shamila, per scavare una nuova, minuscola tomba. Poi, al calar del sole, fu la stessa Willow ad uscire dalla capanna, a passo lentissimo, aiutata da Emma, portando un fagotto avvolto con cura. Buffy corse a prenderle il fagotto dalle mani, ma Willow scosse la testa.

<< Lascia che lo faccia lei. >>, gli disse Emma, con fermezza.

Com’e’ dura, penso’ Buffy, ritraendosi. Ma poi, quando vide con quanta tenerezza Willow seppelliva il suo povero bambino morto, capi’ che era giusto cosi’. Per la prima volta le venne in mente che anche Emma doveva aver avuto un bambino. Cos’era successo, al piccolo? L’aveva sepolto come stava facendo Willow, adesso? Che stupida, si disse, a non averci mai pensato prima.

Poso’ alcuni rametti di sorbo rosso sul piccolo cumulo di terra, poi entrambe aiutarono Willow a rientrare nella capanna, e Emma le preparo’ una pozione per farla dormire.

 

Al tramonto, Buffy vagava da sola, oppressa dalla tristezza. Piano piano raggiunse il cerchio di tassi al margine della radura, e si avvicino’ a quello piu’ imponente, che protendeva sull’erba una vasta raggiera di rami. Con un sospiro scivolo’ lungo il tranco. Non aveva mai provato un tale senso di forza e di liberta’ come nella foresta, eppure era sopraffatta dall’angoscia. La nascita di quel povero bambino morto era la cosa piu’ terribile che avesse visto finora.

Sospirando, abbraccio’ il tronco dell’abero come per cercare conforto. Mentre le ombre scivolavano nella foresta, Emma usci’ a cercarla.

<< Che spettacolo sei, tesoro. Forse la nostra Dama Verde s’e’ innamorata di un albero? >>

Buffy non pote’ fare a meno di sorridere. Emma allungo’ una mano, per aiutarla ad alzarsi.

<< Temo di non essere cosi’ brava, come strega. >>, disse. << Ma, se lo fossi, trasformerei quell’albero in un bel giovane, tutto per te. Ti senti sola, bambina mia? >>

Buffy rise.

<< Mi fai lavorare troppo perche’ abbia il tempo di sentirmi sola, vecchia strega! >>

Tornarono alla capanna.

<< Ce n’e’ un’altra, qui, che ha un gran bisogno di amici...io posso aggiustare i corpi, ma... >>

<< Saro’ sua amica. >>, disse convinta Buffy.

Willow passava le sue giornate davanti alla tomba del suo bambino. Tom e Buffy facevano di tutto per distrarla, ma senza successo. Sembrava veramente decisa a lasciarsi morire. Alla fine furono il carbone di legna e l’inesperienza di Buffy, a dare a Willow un motivo per aggrapparsi alla vita.

Il carbone nella capanna stava per finire, e cosi’ Emma spedi’ Tom e Buffy a far legna. Loro si misero al lavoro di buona lena, tagliando e segando. Erano bravi, in questo. Ma quando fu la volta di preparare una catasta di fronte al cottage, comincio’ la tragedia. Emma li osservava da lontano, soppesando l’idea di aiutarli. Ma poi torno’ risoluta nella capanna. Willow sedeva irrequieta su un gradino, guardando ora verso la tomba del suo piccolo, ora verso Buffy e Tom, che si gridavano l’un l’altro istruzioni confuse e contorte. La catasta crebbe disordinatamente. Willow continuava a rigirarsi le mani nelle mani, e, alla fine, si alzo’. Ando’ decisa verso la catasta di legna, le mani sui fianchi.

<< Se la costruite qui, la catasta, riempira’ di fumo mezza casa. E se la tirate su in questo modo, brucera’ mezza radura. >>

Tom e Buffy alzarono gli occhi, sbalorditi. Willow si lecco’ un dito, e lo alzo’.

<< Il vento soffia da dietro la capanna. Dovete costruire la catasta laggiu’. Vicino al ruscello. Dev’essere compatta e rotonda, con un po’ di spazio al centro. Qua, e’ meglio che v’insegni! >>

Poco dopo Emma fece capolino e sorrise. Andava tutto bene. Il lavoro proseguiva tra ordini, risposte obbedienti e un amichevole scambio di chiacchiere. E al comando delle operazioni stava la figlia del carbonaio.

 

Un giorno Tom arrivo’ da dietro la capanna. La malattia era sparita del tutto dal suo corpo robusto, ma aveva un’ombra di paura negli occhi sgranati.

<< Hey Tom, cosa c’e’ che non va? >>, gli chiese Buffy.

<< Non e’ niente, solo quel pianto nella foresta che fa’ paura... >>

<< Quale pianto? >>, domando’ lei, aggrottando la fronte.

<< Non l’hai sentito, Milady? A me capita spesso, lungo il sentiero. Ma non saprei dirti da dove viene, non ne sono sicuro. Certi giorno sembra che arrivi da tutto le parti. >>

Buffy sorrise.

<< La foresta e’ piena di rumori e sospiri, ma quasi tutti hanno una spiegazione. Sei tu che me l’hai insegnato, no? Se ti succede ancora di udirlo, avvertimi, cosi’ lo sentiro’ anch’io. >>

Ma il pianto della foresta fu subito dimenticato, poiche’ dal sentiero sbuco’ Willow, trafelata per la corsa e sconvolta dalle ultime notizie che arrivavano dalla contea vicina, Langden. Emma usci’ dalla capanna, attirata dalla voce scossa di Willow. Un contadino era morto, e nemmeno era stato seppellito che gia’ gli sgherri del signore di Langden avevano cacciato di casa la moglie, Drusilla. L’avevano trovata gli abitanti della foresta dopo tre giorni, mezzo congelata e completamente impazzita. Ma non era tutto.

<< La moglie del fabbro, Anya, si e’ arrabbiata moltissimo, ed e’ andata dritto dal signore di Langden per protestare contro il pessimo trattamento riservato alla moglie di un buon uomo. E’ entrata nel castello, fino al salone, e ha urlato a Liam di Langden che Drusilla doveva essere riportata a casa e accudita. >>

Sia Emma che Buffy sussultarono.

<< E cos’e’ successo? >>, chiese la Dama Verde.

Willow si morse le labbra.

<< Le hanno messo un morso da cavallo, con la catena e tutto, e poi l’hanno legata ai ceppi. E Liam di Langden ha chiesto alla sceriffo che venga dichiarata fuorilegge. La marchieranno e la scacceranno dalla comunita’. >>

<< Marchiarla? >>, chiese Buffy, atterrita. << Vuoi dire che la bruceranno? >>

<< Certamente. >>, disse Willow, rossa di collera. << Con un marchio rovente. Le restera’ per sempre impresso sulla fronte. >>

Restarono in silenzio, le facce pallide e tese. Solo Buffy non riusciva a star ferma: camminava avanti e indietro per la radura, come una bestia in gabbia, stringendo i pugni, mentre le guance avvampavano ed il suo mantello frusciava.

<< Vieni a sederti, tesoro mio. >>, la prego’ Emma. << E’ davvero una cosa tremenda trattare cosi’ quella povera donna, ma in certi casi non c’e’ niente da fare. >>

Improvvisamente Buffy interruppe il suo irrequieto andirivieni. Aveva il fuoco negli occhi, ed i pugni stretti tanto che le nocche erano sbiancate.

<< No, Emma. Possiamo almeno cercare di impedire che sia marchiata. Dobbiamo farla scappare da Langden, questa notte stessa. >>

Appena scese il tramonto, Buffy, Willow e Tom partirono per il viaggio. Emma si limito’ ad accompagnarli fino al ciglio della radura, perche’ la Donna della Foresta doveva rimanere nella capanna. Prese Buffy per un braccio, la faccia tirata per la preoccupazione.

<< Devi proprio farlo, tesoro? Qui siamo al sicuro. Devi proprio andare in cerca di guai? >>

Per un attimo esitarono tutti, spaventati dai loro stessi progetti. Ma poi fu Buffy a rompere il silenzio.

<< Si’. Devo. >>

Emma sospiro’, ma sorrise.

<< Sei una ragazza fiera e avventata, ma comincio ad intuire il ruolo che dovrai svolgere. >>

Buffy l’abbraccio’.

<< Torneremo prima di quanto pensi, stai tranquilla. >>

Si allontanarono in silenzio, nella notte incombente.

 

Il viaggio non fu difficile. Si muovevano furtivamente, imbacuccati nei loro mantelli per nascondersi meglio tra il fogliame. Buffy s’era infilata il coltello nella contura e continuava a stringere l’impugnatura, come se temesse di doverlo sfoderare da un momento all’altro, o come se volesse farlo.

Alla fine arrivarono in vista dei ceppi, piazzati al centro del villaggio.

La moglie del fabbro, Anya, stava dritta, in piedi, come una nera ombra al chiaro di luna. Non la sorvegliava nessuno, perche’ chi mai avrebbe osato salvarla? Buffy indugio’ ad osservare l’immobile figura della donna. Non era affatto vecchia come aveva pensato, anzi, doveva avere pochi anni piu’ di lei. Intorno alla testa aveva la pesante imbrigliatura metallica che reggeva il morso. Come poteva starsene cosi’, da sola al freddo, rifiutando di sedersi, o anche solo di rilassarsi? Davvero una donna forte.

<< Guarda quell’orrenda catena. >>, mormoro’ Willow. << Come facciamo a levargliela? >>

Buffy ci penso’ su un istante. Poi capi’.

<< C’e’ un solo uomo che potrebbe tagliarla. >>, dichiaro’. << Il marito di Anya. Il fabbro. >>

<< Credi che sia disposto a rischiare? >>, chiese Willow, dubbiosa.

Buffy la guardo’, con occhi fiammeggianti.

<< Sara’ meglio che lo faccia. >>

Tom fu mandato subito alla fucina del fabbro, per assicurarsi che tutto fosse pronto. Buffy era disposta anche a minacciarlo col coltello, se fosse stato necessario. Non poteva sopportare la vista di quella donna orgogliosa e sofferente.

<< Bene. >>, disse Buffy. << Adesso andiamo a liberarla. >>

Si mossero lentamente, fino ad arrivare ai ceppi. Anya non fece un movimento, quando li vide. Solo i suoi occhi luccicarono di angoscia per un istante. Buffy si accosto’ al suo orecchio.

<< Va’ tutto bene, Anya, ora ti liberiamo. >>

La donna non rispose, ma nemmeno si ritrasse. Buffy non perse tempo a recidere la corda che la teneva legata ai pali. La guardo’ meglio. Aveva gli occhi castani, profondi e furbi, ed i capelli biondo scuro, quasi castano. Da vicino sembrava ancora piu’ giovane. Le diede vent’anni, non di piu’. S’incamminarono verso la fucina.

Il fabbro aveva acceso le candele e predisposto gli strumenti, pronto a tagliare la catena. Willow fece sedere Anya, e intanto le carezzava le mani e le mormorava parole di conforto. In questo era certamente meglio di Buffy, che andava irrequieta avanti e indietro, guardando Tom di continuo, che stava alla porta a controllare che nessuno venisse da quella parte.

Il fabbro era piu’ piccolo di sua moglie, ma i muscoli delle sue braccia sembravano funi ritorte. Lavorava svelto e deciso, anche se non riusciva a trattenersi dal piangere.

Il lavoro non era ancora finito, quando Tom corse ansiosamente nella stanza.

<< C’e’ un cane che abbaia, e vedo delle luci accese al centro del villaggio! >>

<< In fretta, non abbiamo piu’ tempo! >>, disse Buffy.

Il fabbro diede un ultimo, poderoso colpo di lima e la catena si spezzo’. Anya gemette, ma non pianse nemmeno una lacrima. E, mentre le sfilavano dalla testa la pesante imbrigliatura metallica, la donna le guardo’ con gli occhi sbarrati ed il volto pallidissimo. Macchie nere di sangue rappreso le imbrattavano le labbra, e altro sangue fresco le colava lungo una guancia. L’ultimo colpo di lima le aveva graffiato il viso. Le ragazze l’aiutarono ad alzarsi e corsero via, coi mantelli che svolazzavano.

<< Non lasciatemi qui questa roba! >>, gemette il fabbro, mostrando l’odiosa briglia di ferro.

<< La prendo io, signore! >>, si offri’ Tom.

E, mentre correvano nella notte, sentirono urla e passi concitati e videro torce fiammeggianti che si avvicinavano sempre piu’. Molti del villaggio li avevano visti scappare, ma al capo delle guardie e ai suoi armigeri indicarono la direzione sbagliata. Langden ritrovava ancora una volta il suo coraggio.

Raggiunta la foresta continuarono a correre, e all’inizio sembro’ andare tutto bene, ma poi la preoccupazione per Anya li indusse a rallentare. Era una donna forte, ma, via via che si allontava da Langden e dalla sua terribile prova, l’orgoglio che l’aveva tenuta in piedi fino ad allora si dileguo’. Comincio’ a tremare, a rabbrividire e a gemere.

<< C’era da aspettarselo. >>, disse Willow, preoccupata. << Quegli orribili morsi lacerano la linga. Dobbiamo portarla subito dalla Donna della Foresta. >>

Durante l’ultimo tratto dovettero quasi portarla di peso, ma alla fine raggiunsero la radura e la moglie del fabbro fu affidata alle cure di Emma.

Per tutto il giorno successivo Anya fu imboccata col cucchiaio, ma lei non faceva altro che sonnecchiare senza emettere suono. Emma l’osservava ansiosamente, e sussurro’ a Buffy le sue paure.

<< Un morso di ferro puo’ ferire la lingua a tal punto che non si riesce piu’ a parlare chiaramente. Prego Dio che non sia questo caso, tesoro mio. >>

Alla sera Anya si mosse e apri’ gli occhi. Allungo’ una mano verso Buffy, che sedeva al suo capezzale, e fisso’ le altre donne che riempivano la piccola capanna con stupore. Sentendo che stava per succedere qualcosa, anche Tom si fece largo fra le donne e le gallide, seguito da un paio di capre e qualche micio zampettante.

<< Abbiamo ben poco per darti il benvenuto. >>, disse Buffy. << Ti abbiamo liberata dai ceppi per impedire che ti marchiassero. Ma in cambio ho paura che ti abbiamo sfregiato la faccia... >>

Anya si passo’ la punta delle dita sulla guancia, trasalendo dal dolore quando sfioro’ il nuovo, profondo taglio infertole dalla lima del fabbro. Poi si mise a sedere. Non voleva saperne di starsene a letto. Respinse la mano tesa di Willow e si rimise in piedi. Ed eccola la’, dritta come quando era in ceppi: ma ora i suoi occhi nocciola ardevano di trionfo. Comincio’ a muovere la bocca, goffamente, come se masticasse.

Tutti trattennero il respiro.

Poi, lentamente, ma chiaramente, la donna parlo’.

<< Gliel’abbiamo fatta vedere, a quelli del castello! >>, disse.

Tom batte’ le mani, capre e mici risposero belando e miagolando, e la capanna risuono’ di risate.

La moglie del fabbro non torno’ al suo giaciglio, ne’ quel giorno ne’ il giorno dopo. Diede una rapida occhiata alla capanna e alla radura, e dichiaro’ che alla Donna della Foresta serviva un’altra stanza. I giorni successivi seghe e martelli funzionarono senza sosta. Tom e Buffy facevano del loro meglio, con quel poco che avevano. Era Anya a sobbarcarsi i lavori piu’ faticosi, come sollevare tronchi, chiacchierando come se non fosse tutto faticosissimo.

Willow contribuiva ai lavori, anche se era ancora un po’ debole, e qualche volta intravidero anche la povera Drusilla, impazzita come Willow aveva detto. A poco a poco, su un fianco della capanna crebbe una nuova casetta, e lo spazio raddoppio’. La nuova costruzione era solida e sapeva di quercia fresca, e gli ospiti di Emma potevano dormire al sicuro e all’asciutto.

4 - L'uomo Verde

 

Una sera di fine settembre, mentre un vento gelido soffiata tra i tassi, anche Buffy senti’ lo strano lamento della foresta.

La radura era silenziosa, perche’ Anya e Tom erano andati a raccogliere fragole, portandosi dietro anche la povera Drusilla, che si era persa di nuovo, ed appariva sgomenta.

<< Gli laberi gridano. >>, diceva. << Perdono le foglie e si lamentano, e piangono. >>

Gli altri le avevano sorriso gentilmente, ma Buffy aveva ricordato il lamento udito da Tom, ed aveva preso a rifletterci su.

Emma era nella nuova ala della capanna, macinando erbe insieme a Willow per poterle mettere in appositi vasi per usarle durante l’inverno.

E, d’improvviso, rimasta sola, anche Buffy credette di aver sentito quel pianto. Non disse nulla, ma comincio’ a vagare per la radura leccandosi un dito e levandolo in aria come faceva Willow. Il vento poteva portare i suoni da molto lontano, questo almeno l’aveva capito.

Si avvicino’ al suo albero preferito, il grande tasso, e rimase per un momento soto i suoi rami, giocherellando con i piccoli frutti rosa ed assaporando la pulita fragranza della resina.

Ripenso’ a tutto quello che le era successo in quelle poche settimane. Sorrise al pensiero. Era scappata di casa, aveva cambiato nome, era diventata la Dama Verde dei boschi, viveva in una piccola capanna nella foresta, aveva salvato la vita ad una donna ed aveva trovato due nuove amiche.

Eppure si sentiva incompleta. Era come se mancasse un pezzo fondamentale per completare il suo puzzle. Sapeva esattamente cosa le mancava, ma preferiva non pensarci. Avrebbe tanto voluto trovare qualcuno, qualcuno che la amasse e da amare. Non il genere di amore che provava per Emma, e nemmeno il tipo d’affetto profondo che la univa a Willow ed ora anche ad Anya, e poi a Tom. Sapeva che esisteva un altro tipo di amore, che lei non aveva mai provato prima, quel genere di amore di cui le aveva parlato Emma raccontadole le favole da piccola. Sorrise tra se’, cercando di immaginare un viso. Un viso qualsiasi, capace di farle provare l’illusione d’essere innamorata. Non ci riusci’, pero’. Sospiro’, scuotendo la testa. Forse avrebbe fatto meglio a tornare da Emma e Willow e ad aiutarle a sbriciolare le erbe. Quella malinconia era soltando passeggera, evanescente ed incerta come il misterioso pianto della foresta. Promise a se’ stessa di scoprire da dove venisse. Ma non quel giorno.

E di colpo, mentre si voltava per andarsene e abbassava gli occhi su un rovo in cui il suo piede s’era incastrato, vide qualcosa che le fece mancare il cuore. Da sotto un groviglio di felci spuntava una mano! Era difficile distinguerla, perche’ la pelle aveva lo stesso colore bruno-fulvo delle felci morenti.

Col cuore che le batteva forte e la gola stretta dalla paura, Buffy si chino’ a scostare le foglie, delicatamente.

E li’, ai piedi dell’albero, ben nascosto tra le piante del sottobosco, c’era un uomo profondamente addormentato.

Era giovane, con le guance magre e scavate e delle bellissime labbra sottili, dischiuse. Indossava un farsetto di pelle grigia, cosi’ logoro da apparire argenteo come la corteccia del tasso, e braghe aderenti di un cupo color fulvo. Il mantello era verde bosco, come il suo. Aveva folti capelli biondi, piu’ scuri alle radici, che gli ricadevano in morbidi ricci sul viso. Buffy lo fisso’ un momento, sbalordita, e poi alzo’ gli occhi verso i rami del tasso, pensando per un attimo alla Dama Verde e al suo innamorato. L’uomo sembrava far parte del bosco stesso, come se a generarlo fossero stati gli alberi, le felci ed il terriccio scuro. Era molto bello.

D’improvviso il giovane gemette nel sonno e borbotto’ qualcosa, irrequieto. Buffy si chino’ su di lui e, arricciando il naso, vide che aveva una ferita al viso. Esamino’ il mantello: era di ottima fattura, ma consunto e sbrindellato. Che stupida, penso’. Quello non era un amante da fiaba. E poi non stava dormento, era malato. Sotto le macchie di terra e fango che gli imbrattavano le guance, traspariva una pelle bianca ed umida. Era decisamente reale, e aveva un che di familiare. Si’...le mani le tremarono al pensiero. Lo conosceva: l’aveva visto una volta, anche se da lontano, quando era andata al mulino da Maud e Harry.

Era il nipote di Emma, William, il bandito.

L’uomo emise un suono basso e ringhiante, che faceva pensare ad un orso ferito.

<< Mamma... >>, sembrava gridare.

Si rotolo’ su un fianco. Mano e stomaco erano impiastricciati di sangue secco.

Buffy si alzo’, tremante, e corse a chiamare Emma, gridando.

<< Beh? Che c’e’, bambina? >>

Emma si affaccio’ sulla soglia, stringendo un mazzo di lavanda fra le mani.

Buffy le corse incontro, bloccandosi a meta’ strada. Non voleva aiutare William. Ma non avrebbe mai fatto niente che avrebbe potuto far soffrire Emma. Sapeva che lei era molto affezionata a quello strano nipote.

<< Emma! E’ laggiu’, disteso sotto il grande albero! E’ William! Sta male e grida il nome di sua...mamma? >>

Emma lascio’ cadere in terra il mazzolino di lavanda, sul viso un’espressione tirata e preoccupata.

<< Mostrami dove. >>

Buffy l’accompagno’ sotto i rami del tasso, e la vide cadere in ginocchio di fianco al ragazzo. Gli tocco’ la testa, gli prese la mano.

<< Mamma... >>, di nuovo quel ringhio animale.

Emma alzo’ il viso, incontrando lo sguardo perplesso di Buffy, che tremava come una foglia al vento.

<< L’ha trovata, sua madre. >>, disse. << Perche’ William non e’ mio nipote, e’ mio figlio. >>

Buffy la fisso’ sbigottita, la bocca aperta e gli occhi sgranati mentre cercava di capire quanto Emma le aveva appena detto. Ma William gemette di nuovo, ed Emma torno’ ad occuparsi di lui.

<< Non e’ il momento di starsene a bocca aperta, ragazza mia! Prendilo per le gambe, io lo sollevo per le spalle. Ah, com’e’ leggero! Chissa’ cos’ha fatto in questi ultimi mesi? >>

Lentamente lo portarono nel cottage e lo deposero sul giaciglio. Willow venne a dare una mano, immaginando fosse uno dei tanti giovanotti sfortunati che erano venuti a cercare la Donna della Foresta.

Anche la camicia era sporca di sangue coagulato. Emma apri’ il farsetto, schioccando preoccupata la lingua nel vedere altri grumi di sangue nero. Poi gli giro’ la testa da un lato, teneramente, tastandogli le tempie. Aveva un occhio nero e la fronte tumefatta di lividi gialli e grigiastri.

Emma torno’ a schioccare la lingua.

<< Una randellata in testa ed un taglio di spada. Buffy! Prendi dell’acqua, svelta! >>

Buffy corse fuori, afferrando il secchio.

Lo tuffo’ nella sorgente cercando di fare il piu’ presto possibile, anche se le sue mani non smettevano di tremare. Poi le tornarono alla mente le parole di Emma, e per un attimo rimase immobile, aggrottando la fronte: proprio non riusciva a capire.

“Che cosa avra’ fatto in questi ultimi mesi?”, aveva detto. Per quanto ne sapeva lei, pero’, Emma non lo vedeva da almeno un anno, quel William, e poi...cosa aveva detto? Suo figlio?

Buffy scosse la testa: no, proprio non capiva, ma non era il momento di fermarsi a pensare.

Tornata alla capanna, trovo’ Emma e Willow chine sul giovane, le teste accostate, intente a tagliare i brandelli di stoffa intrisi di sangue che si erano appiccicati attorno alla ferita. Noto’ che Willow rivolgeva brevi occhiate ansiose prima ad Emma, e poi a William. La Donna della Foresta doveva averle detto qualcosa. Willow sapeva tutto, evidentemente.

Senza aspettare che glielo ordinassero, Buffy immerse uno straccio nell’acqua calda e dopo averlo ben strizzato, comincio’ a lavare il viso ed il petto del giovane. William continuava a ruotare la testa e a farfugliare parole senza senso, la mente persa chissa’ dove. Buffy si chino’ su di lui, ripulendo delicatamente la faccia dalle macchie di terra e fango. Arriccio’ il naso quando scorse delle lacerazioni sulla pelle del cranio, sotto la massa arruffata dei capelli. Una parola le guizzo’ veloce nella testa.

Assassino...

William era un assassino, un brigante, un bandito della peggior specie, e lei gli aveva salvato la vita.

Ricaccio’ indietro le lacrime. Come poteva averlo creduto cosi’ bello, come poteva aver pensato a lui come...come al magico Uomo Verde?

 

Malgrado le offerte d’aiuto delle due ragazze, Emma insiste’ per passare la notte al capezzale del figlio, e la mattina dopo la sua devozione fu ricompensata.

William era tranquillo, sveglio e sorrideva alla madre, benevolmente. Un sorriso che, guardandolo da lontano, Buffy non poteva credere fosse di un assassino.

Quando lei gli porto’ una ciotola di pane imbevuto nel latte di capra, la luce del sole pioveva in faccia al ragazzo, e solo allora Buffy si accorse che aveva gli occhi di un azzurro quasi impossibile, limpidi e dolci, e non di quel blu ghiacciato che s’era aspettata di vedere.

Quasi trasali’ per la bellezza di William, ma le basto’ ripensare alla parola ‘assassino’ per tornare ad odiarlo.

S’inginocchio’ rigidamente al suo fianco, porgendogli la ciotola. Lui le sorrise e bisbiglio’ un grazie, poi si rivolse alla madre, mentre Buffy restava immobile accanto a lui.

<< A proposito, dov’e’ finita la tua damigella capricciosa? >>

Buffy s’irrigidi’, ed Emma strinse la labbra, reprimendo una risatina.

William spostava lo sguardo dall’una all’altra, e poi un’incredula sorpresa gli si dipinse sul volto. Per un momento fu adorabile.

<< Non sara’ lei? >>, disse guardando Buffy, e poi fece una risatina che gli strappo’ una smorfia di dolore. << La piccola Lady Summers, questa qua? Con le lentiggini sul naso e la faccia sporca? >>

Rise di nuovo, mentre le guance di Buffy avvampavano di rabbia impotente. Strinse i pugni, mentre guardava in terra. Emma si mise le mani sui fianchi, fissando William con rimprovero.

<< Ti darei una buona bastonata, ragazzo, se non avesse gia’ provveduto qualcun altro. >>

Le mani di Buffy ripresero a tremare, mentre lei alzava dignitosamente lo sguardo su William. In quel momento decise che lo odiava. Lo guardo’ negli occhi, e senti’ solo odio. Una piccola scarica le attraverso’ la spina dorsale, ma fu solo un attimo, quando i suoi occhi verdi incontrarono quelli blu di lui.

<< Io sono Buffy. >>, disse a testa alta. << Non sono piu’ Elisabeth Summers. >>

William non disse nulla, nemmeno la guardo’, ma ridacchio’ tra se’. Chiaramente la disprezzava, penso’ Buffy, anche se non riusci’ a capirne il perche’.

<< Dammi quella ciotola. >>, disse Emma, prendendogliela dalle mani. << Non farci caso, tesoro mio, lui non sa proprio un bel nulla. E credimi, quando la sua testaccia sara’ guarita la pensera’ in tutt’altro modo. >>

Di nuovo quella risata sprezzante. A Buffy sembrava di essere trafitta da un pugnale, ogni volta che la sentiva. Riusciva persino a sentire l’odore del sangue.

Dio, quanto l’odiava!

<< Non credo proprio, mamma... >>

Buffy rimase zitta, aspettando che anche l’ultima eco delle sue parole sparisse come fumo nella stanza. Fu Emma, a parlare. Anche se Buffy si scopri’ a pensare che avrebbe fatto meglio a stare zitta.

<< Dovresti ringraziarla, invece di fare lo spaccone. E’ stata lei a trovarti. >>

William sembro’ sorpreso per un attimo, ed il suo volto assunse quell’espressione adorabile che aveva avuto pochi minuti prima. Guardo’ Buffy, e le fece un lieve inchino, abbassando dolorosamente la testa.

<< Allora la ringrazio, Milady, per aver avuto pieta’ di questo povero bandito... >>

Il tono sarcastico della sua voce la fece infuriare. Ma non disse nulla, ancora, limitandosi a fissare il pavimento. Non voleva la sua riconoscenza, per falsa che fosse.

Emma prese a parlare scherzosamente, cercando di catturare lo sguardo di Buffy e farla sorridere.

Ma Buffy non poteva sorridere. Resto’ qualche altro secondo inginocchiata dov’era, i pugni stretti, lottando per trattenere le lacrime. Poi d’improvviso balzo’ in piedi e corse fuori, nella fresca aria pulita.

Odiava Williaa, per malato che fosse, con la sua bocca beffarda. Odiava l’odore stesso che emanava da lui. E poi, non era un assassino?

S’incammino’ fieramente attraverso la radura, prendendo il solito viottolo che portava al grande tasso, ma mentre alzava le mani per toccarne i rami si fermo’ di colpo, ricordando come l’avesse trovato li’ sotto. Si volto’, piu’ furiosa che mai. Quell’uomo aveva profanato il suo albero, e non poteva tornarci senza pensare a lui, senza che quella maledetta risata sarcastica, come pugnali nella carne, l’inseguisse e la circondasse.

Mentre stava per andarsene, pero’, con la coda dell’occhio colse un movimento improvviso. Allora giro’ rapidamente la testa, ma ebbe solo la sensazione di un’ombra che guizzava via, e percepi’ un debole crepitio di foglie secche. Vide tremare i rami di un altro tasso, piu’ piccolo, ma quando vi si avvicino’ non c’era niente. Eppure erano rami grossi e robusti, ed il vento era calato...

In quel momento Emma usci’ dal cottage, e si mise a chiamarla. Buffy non si mosse. Penso’ di nascondersi, per punirla.

La vecchia la vide ferma fra i tassi e la chiamo’ di nuovo. Buffy rimase ferma dov’era, la faccia voltata e nelle orecchie l’odiosa risata di William, finche’ Emma non venne a prenderla per mano.

<< Lascia che ti spieghi, tesoro mio. Me lo devi. L’ho lasciato con mio fratello quando aveva meno di due anni. L’ho lasciato e sono venuta al castello di tuo zio, per farti da nutrice. >>

<< D’accordo. >>, sospiro’ Buffy. << Immagino che dovrei ascoltarti... >>

Emma la riporto’ in casa, ma non nella stanza dove c’era William. Entrarono nella nuova stanza. Buffy si soffermo’ sulla porta. Getto’ una breve occhiata alla figura di William steso sul letto, mezzo addormentato, e poi i suoi occhi si volsero alla radura.

<< Credo di aver visto qualcosa, un attimo fa, qualcosa che si nascondeva tra gli alberi. E mi e’ sembrato di sentire una voce... >>

Emma le venne vicina per guardare, ma non colse ne’ suoni, ne’ movimenti.

<< Forse hai davvero visto qualcosa. >>, le disse. << Ci sono degli altri, e verranno a cercarlo. >>

Si sedette in un angolo, accanto ai recipienti delle erbe. D’istinto riprese il lavoro interrotto cosi’ bruscamente, la sera prima, quando sbriciolava lavanda per riempirne i vasi. Buffy prese un mazzo di fragranti spighe azzurrine, e si mise anche lei a lavorare.

<< Suo padre... >>, comincio’ Emma. << Suo padre, mio marito, era Adam Fitzooth, agricoltore e uomo libero. Avevamo un pezzo di terra dalle parti di Wakefield, che affittavamo dal signore di Oldcotes, e in cambio gli davamo del denaro, aravamo i suoi campi e mietevamo il suo grano. >>

Buffy smise di sbriciolare lavanda, e guardo’ Emma, sorpresa. Riusci’ persino a sorridere.

<< Cosa? Non riesco proprio a vederti come donna sposata. >>

Emma rise.

<< E invece lo sono stata, e per parecchi anni. Ero felice con lui, anche se desideravamo tanto dei bambini, ma non venivano mai... >>

<< Ma...? >>

Emma la guardo’, scuotendo la testa.

<< Non farmi fretta, ragazza. Lascia che ti racconti le cose a modo mio. Dunque, vivevamo bene, insieme...ma poi tutto e’ andato storto. Era l’anno della grande ribellione. I signori del nord si erano rivoltati contro Re Enrico, e c’era una grande chiamata alle armi. Adam era il piu’ bravo arciere della contea, e ando’ a combattere per il Re. Il Lord di Oldcotes l’aveva mandato al posto suo, promettendogli oro e doni. Ma Adam non aveva accettato per il denaro, lui andava a combattere per il Re...quello stupido. >>

Le parve che Emma stesse lottando per non piangere. Il tono con cui aveva detto le ultime parole l’aveva scossa ed intenerita. Le sarebbe piaciuto conoscere questo Adam. Se piaceva tanto ad Emma, doveva essere certamente un brav’uomo...

<< Tu non volevi che c’andasse? >>

<< No. Re Enrico se ne infischiava dell’Inghilterra, e suo figlio e’ ancora peggio. Era solo un’altra stupida lite fra gente che vuole ancora piu’ potere, dico io. A me non importava affatto chi vinceva o perdeva. Ma Adam non mi diede retta, e cosi’...beh, e’ partito...e poi non c’e’ piu’ molto da dire. E’ stato ucciso in battaglia, e quando abbiamo ricevuto la notizia, come ringraziamento il signore di Oldcotes mi ha scacciato dalla nostra terra. Ero incinta, capisci, e non piu’ molto giovane. Era ovvio che non potevo fare il lavoro che gli dovevamo in cambio della terra. Ed io aspettavo un bambino, si’: finalmente il mio desiderio era stato esaudito, ma troppo tardi... >>

Buffy lascio’ cadere la lavanda e prese tra le sue mani le mani di Emma.

<< Tutti questi anni, ed io non sapevo niente! E poi che ti e’ successo? >>

Emma fece un sorriso triste, ed il suo sguardo volo’ al cumulo di terra che ospitava Shamila.

<< Ho incontrato Shamila, ecco cosa mi e’ successo. Per giorni e giorni avevo vagato qua e la’, infelice, affamata e ammalata...per settimane, addirittura, ma alla fine sono capitata in questa radura. Avevo sentito le storie piu’ terribili, sul conto della Donna della Foresta, ma ero disperata, un po’ come la povera Willow. E Shamila mi ha accolta. >>

Buffy sedeva in silenzio, carezzando amorevolmente le mani di Emma, che sorrideva, anche se era evidente che stava lottando contro le lacrime.

<< Sono stata piu’ fortunata di Willow, perche’ il mio bambino e’ nato sano e forte. Abbiamo abitato con Shamila per piu’ di un anno. Forse dovevo restare, ma...forse era destino che succedesse quel che e’ successo. >>

Emma strinse il braccio di Buffy, con affetto.

<< Mio fratello abitava nella valle di Loxley, e lavorava un piccolo pezzo di terra. Io avevo ripreso le forze, e volevo fargli vedere mio figlio. Cosi’ sono andata a trovarlo. Ci ha accolti con calore, pregandoci di rimanere con lui. E’ stato allora che Maud e Harry ci hanno detto che tua madre era morta e che Lord Rupert Giles aveva bisogno di una balia per la figlia di sua sorella. Cosi’ ho pensato di offrirmi... >>

Buffy strinse gli occhi, gettando un’altra occhiata alla stanza accanto, nella quale William dormiva tranquillo.

<< Ma...e William? >>

<< Aveva quasi due anni ed era forte e robusto, e pronto ad essere svezzato. Una balia guadagna un bel salario, come nessun altra donna potrebbe mai sperare. Volevo rimanere con te solo un anno o due. Ho raccontato che il mio bambino era morto, perche’ era quello che volevano sentirsi dire: non gradivano una balia che potesse mettere al primo posto il suo marmocchio. Mio fratello adorava William e mi ha giurato che si sarebbe preso cura di lui come se fosse stato suo figlio. Ed ha mantenuto la parola, fino alla fine. Cosi’ li ho lasciati insieme, affezionati l’uno all’altro come padre e figlio. Pensavo di risparmiare un piccolo gruzzolo e poi tornare da loro... >>

Buffy sorrise.

<< E poi cos’e’ successo? Perche’ sei rimasta cosi’ tanto al Castello? >>

Emma si strinse nelle spalle, sospirando.

<< Non ce l’ho fatta a lasciarti, quando e’ venuto il momento... >>

<< Ero cosi’ adorabile? >>, chiese Buffy, stringendole le mani.

<< Macche’! Eri una povera bambina scontrosa e ribelle. Il fatto e’ che ti volevo un gran bene... >>

<< Huh... >>, Buffy si attorciglio’ una ciocca di capelli fra le dita. Ancora il suo sguardo volo’ alla stanza di William. << Sicche’...lui e’ arrabbiato perche’ tu sei rimasta con me? >>

Emma aggrotto’ le sopracciglia.

<< Si’, e’ arrabbiato, anche se sa bene quanto l’amavo. Quante volte ho attraversato le colline per andare a trovarlo. Gli portavo cibo e indumenti, il meglio che c’era al Castello. E quando mio fratello e’ stato assassinato e William accusato dell’omicidio, e’ andato a nascondersi nei boschi di Beauchief... >>

<< Ma...? >>, comincio’ Buffy, ma Emma l’interruppe, severamente.

<< No. Non e’ stato lui ad uccidere mio fratello, anche se di stupidaggini ne ha fatte parecchie. William amava mio fratello, e non puo’ averlo ucciso. E cosi’ si e’ nascosto nei boschi, e a portarmi i suoi messaggi era il figlio piu’ piccolo di Maud e Harry, Andrew. Dove credi che andassi, quando sparivo? Al Castello pensavano che fossi impazzita, ed io...beh, gliel’ho lasciato credere. Ne approfittavo per portargli tutto cio’ che gli serviva. >>

Buffy continuo’ ad attorcere ciocche di capelli attorno alle dita, tirandole pensosamente.

<< Sicche’, quando io sono scappata, William e’ rimasto solo? >>

<< Ma no, no. Era gia’ via da un pezzo. Aveva saputo che lo sceriffo stava armando il Castello di Nottingham e non faceva troppe storie nell’assumere i volontari. E’ un bravissimo arciere, mio figlio, proprio come suo padre. Voleva combattere, e cosi’ si e’ offerto, portandosi dietro Andrew. Abbiamo provato a fermarli, ma non c’e’ stato verso... >>

<< E come si e’ ferito? >>

Emma scosse la testa.

<< A dire il vero non l’ho capito bene, ma William e’ come suo padre, anche lui fedele al Re, e aveva scoperto che in realta’ lo Sceriffo di Nottingham stava armando il Castello in favore del Conte Giovanni, contro il ritorno di Riccardo. E’ finita in una rissa e hanno dovuto aprirsi la strada a suon di botte e fuggire...finche’ William non e’ arrivato alla foresta di Sherwood. >>

Rimasero in silenzio per un momento, mentre Buffy cercava di digerire tutto quello che aveva sentito. Emma sospiro’.

<< Ecco com’e’ fatto William, tesoro mio. Non prendertela per quello che dice, sai. Anche se e’ mio figlio, so bene che ragazzo selvaggio e spericolato e’. Ho paura per lui. >>

Dalla radura giungevano risate e grida di saluto. Anya era di ritorno, accompagnata da Tom, con cesti e panieri carichi di bacche, erbe e frutti d’ogni tipo.

Emma si alzo’, arrotolandosi le maniche per tornare al lavoro.

<< E adesso sai come sono andate le cose, piccola mia. Che siano giuste o sbagliate, sono successe e non possono piu’ essere disfatte. Quanto a William...credi di potergli perdonare quei modi rozzi? >>

Buffy si acciglio’. Avrebbe voluto rispondergli che non aveva niente a che fare con quelli come William, e che se lo odiava non poteva farci niente. Invece annui’, sforzandosi di sorridere. Non voleva deludere la sua vecchia balia.

<< Si’, forse ci riusciro’. >>

Ben presto la capanna fu piena di trambusto e spiegazioni. Anya non fu affatto sorpresa nella scoprire che la Donna della Foresta avesse un figlio, e William fu coccolato e festeggiato a sazieta’. Non parlo’ piu’ con Buffy per tutto il giorno, anzi, la ignoro’ ostentatamente, e lei si tenne alla larga, dedicandosi silenziosamente ai compiti piu’ noiosi, come prendere l’acqua, raccogliere la legna, accudire gli animali.

 

Passarono due giorni, e William migliorava a vista d’occhio. I movimenti bruschi gli strappavano ancora smorfie e gemiti, ma gli era tornato il colore, e trascorreva gran parte del suo tempo a chiacchierare con Willow ed Anya. Raccontava le sue avventure del breve periodo passato al soldo della sceriffo. I bagordi e le scaramucce in cui si erano gettati lui ed i suoi amici. La scoperta del tradimento ed il trambusto che questa aveva provocato. Willow l’ascoltava timidamente, con un incerto sorriso sulle labbra. Piu’ esuberante, Anya gli pizzicava le guance, gli dava pacche amichevoli sulla schiena e commentava entusiasta ogni racconto.

Poi fu la volta delle due donne, di raccontare la loro storia. Quella di Willow si esauri’ in poco tempo, in un imbarazzato silenzio. Quando fu la volta di Anya, la capanna sembro’ rianimarsi.

Buffy era a prendere l’acqua, quando il racconto comincio’.

<< Non c’e’ molto da dire. Vengo da Landen, e tutti sanno che razza di uomo sia Liam di Langden. Sua moglie e’ sempre malata, ma e’ una buona donna, e se potesse, certamente rimetterebbe in riga il marito. Ma e’ sempre a letto, ed ogni movimento sembra troppo duro, per lei. Tutti sanno che il signore di Langden ha la sua amante, Helena di Holt. Ma...beh, non dovrei parlare di lui, davvero. C’e’ stato un omicidio, al villaggio, il marito di una certa Drusilla, una mia amica, e’ stato ucciso. E cosa fa Liam di Langden? Caccia di casa la sua povera moglie, rendendola pazza di dolore. Sapevo quanto fosse rischioso sfidare quell’uomo e la sua donna, ma come potevo stare zitta? Sono andata al Castello e gli ho sputato in faccia tutto il mio odio, portandomi dietro la mia povera amica. La conseguenza, tutto sommato, era prevedibile. Drusilla e’ stata scacciata dal villaggio, ed ora vaga qui intorno, Dio solo sa dove. Ed io sono stata legata ai ceppi al centro del villaggio, con tanto di briglie e di un morso da cavallo. Dovevo essere marchiata come fuorilegge e poi scacciata dalla comunita’. >>

William ascoltava in silenzio, fissando Anya.

<< Dev’essere stata un’esperienza terribile...come sei riuscita a scappare? >>

Anya sorrise, cercando con gli occhi Buffy, nella penombra della stanza. Ma Buffy non c’era.

<< E’ stata Buffy a liberarla. >>, disse Willow, con un sorriso.

William la fisso’, sorpreso.

<< Chi? >>

Willow arrossi’, ma rispose.

<< La...Lady. Elisabeth...Buffy... >>

William aggrotto’ la fronte, e guardo’ Anya, in attesa di sentire l’ultimo pezzo della sua storia. Anya getto’ un ultimo sguardo alla porta, ma Buffy non accennava a tornare.

Si rivolse a William.

<< Non ti sta molto simpatica, vero? >>

<< Di solito evito le principessine viziate...non sanno niente della vita, loro. >>

Anya gli sorrise.

<< Beh, dovresti parlarci. E’ una ragazza straordinaria. Capisci, poteva lasciarmi marchiare, insomma, non mi aveva nemmeno mai vista! Invece e’ corsa a Langden, trascinandosi dietro Willow e Tom, e mi ha liberata. Intendeva minacciare mio marito se non mi avesse tolto il morso, ma lui ha collaborato...beh, anche se la sua precisione ha lasciato il segno... >>, disse, sfiorandosi con le dite la cicatrice rosea sulla guancia.

In quel momento Buffy rientro’, senza degnare di uno sguardo il gruppetto attorno al letto. Anya nemmeno s’accorse che era tornata, e continuo’.

<< Senza di lei sarei stata marchiata, capisci? >>

Buffy alzo’ la testa dal catino, di botto. Il secchio quasi le cadde dalle mani. Anya si giro’ verso di lei, prima che potesse andarsene.

Con la sua solita schiettezza disse

<< Gli stavamo raccontando di quando mi hai fatta scappare dai ceppi di Langden. >>

William fece un sorrisetto imbarazzato e distolse lo sguardo per un attimo. Giusto in tempo per non vederla arrossire.

<< Ah...davvero? >>

Continuo’ a rovesciare l’acqua nel catino, ma le mani le tremavano e il silenzio stava diventando opprimente.

La voce di William quasi la fece sobbalzare.

<< A quanto pare, hai un vero talento a salvare le vite degli altri, Milady... >>

Buffy poso’ il secchio vuoto accanto al catino, specchiandosi in quelle acque limpide. Era sempre bella. Si volto’ verso William, sicura.

<< Faccio quello che posso. Chiunque l’avrebbe fatto, al posto mio... >>

William sorrise sarcasticamente, sollevando un sopracciglio, sul quale spiccava una lunga cicatrice orizzontale.

<< Oh...sei anche modesta...non ti manca proprio nulla, a quanto pare, Milady. >>

Buffy strinse i pugni, decisa a non perdere il controllo.

<< Non sono piu’ una Lady. Ora sono solo Buffy. >>, disse, e si precipito’ fuori.