UN NUOVO CASO

 

AUTRICE: MORGANA LA FATA

 

Disclaimer: I personaggi di BTVS sono di proprieta’ di Joss Whedon, mentre Amelia Sachs, Lincoln Rhyme e la loro combriccola sono di proprieta’ di Jeffery Deaver...

Rating: per tutti

Pairing: Buffy/Spike, Lincoln/Amelia

Spoiler per: ‘As you were’ e qlk altra cosina della sesta e settima serie

Timeline: Sunnydale, 7° serie

Summary: la polizia di New York vuole indagare sui misteriosi omicidi di Sunnydale...

 

1 – Welcome To Hellmouth

Due buchi…sul collo. Piccoli piccoli. Troppo piccoli per un coltello, troppo grandi per uno spillo. Il detective della polizia di New York, Lon Sellitto, uomo corpulento in divisa ormai da una vita, osservava corrugando la fonte spaziosa il cadavere di un giovane ragazzo di Sunnydale. Si era trovato per caso in quella piccola cittadina tetra, a causa del divorzio con la moglie troppo stanca per le sue continue e ripetute assenze, e si era visto attratto dagli strani omicidi che infestavano la citta’…beh, che l’avevano sempre infestata. Almeno a voler dar retta alla incompetente polizia locale. Eccoli la’ i suoi piccoli misteri. Due buchi. Sul collo. E un ragazzo completamente dissanguato. In quel corpo morto, bianco e freddo, non c’era piu’ nemmeno una goccia di sangue. Eppure, nel luogo dove il cadavere era stato rinvenuto, non c’era traccia del sangue del ragazzo. Un vicolo buio, dietro ad un locale molto frequentato. Il “Bronze”, gli sembrava si chiamasse. Ragazzo dissanguato, vicolo immacolato. Niente sangue, ne’ li’, ne’ nelle vicinanze. Dove era finito? Come aveva fatto a defluire da quei minuscoli buchi slabbrati e sanguinolenti che il ragazzo aveva sul collo? Non poteva essere sparito! Eppure non c’era!

Ecco un caso che stuzzicherebbe la curiosita’ di Rhyme…

Il detective penso’ al suo illustre collega. E decise che questo era un caso per lui. C’era troppo lavoro di mente. Lui preferiva il lavoro pratico. Inseguire, sparare, catturare, mandare i residui della societa’ in gattabuia. Questo era il lavoro per lui. Catalogare, studiare, giocare agli indovinelli con assassini e criminali, cercare di entrare nelle loro menti contorte, no. Questo lo lasciava fare a Lincoln Rhyme. Parlo’ con il capo della polizia locale, un armadio che ne sapeva di criminologia quanto di botanica (cioe’ proprio niente!), e lo persuase ad affidare il caso alla pluripremiata polizia di new York. Gongolante per le sue ormai note doti di persuasore, torno’ alla grande mela. Diretto fino a Central Park ovest, fino alla comoda, lussuosa abitazione del criminologo Lincoln Rhyme. Busso’ alla porta con la solita foga, contando i secondi che Tom impiegava per aprirgli. Dopo pochi istanti, un ragazzetto dai capelli scuri e impomatati e un simpatico sorriso sulle labbra accorse ad aprire. Ecco Tom Green. Tutore, aiutante, badante o come diavolo lo si volesse chiamare, di mister Rhyme.  Un breve saluto informale e poi di corsa su per le scale, mentre la solita, potente voce da tenore di Rhyme li accoglieva, cordiale come sempre.

“Tom! Tom!”

Il ragazzo entro’ per primo nella grande sala. Il criminologo se ne stava disteso sul suo letto a comandi a fiato da piu’ di mille dollari, osservando Tom circospetto. Lincoln Rhyme, quadriplegico da cinque lunghi anni, con uniche eccezioni per l’anulare della mano sinistra, due spalle e il collo. E il suo decantato cervello. Era stato capo detective per anni, poi l’incidente: una trave di quercia caduta mentre esaminava la scena di un delitto. Caduta proprio sulla sua spina dorsale. Che aveva smesso di sorreggerlo. Non poteva piu’ camminare sulle scene dei delitti, ma solo in teoria. Lui continuava a lavorare. Con l’unica cosa che la trave aveva risparmiato: il suo cervello. E, ora che non poteva impegnare il corpo in nessuna attivita’, aveva imparato a sfruttare al massimo la sua intelligenza. Quadriplegico, si’, ma ugualmente criminologo di successo. Con lo stesso carattere. Lo stesso brutto carattere.

“E’ Lon, Rhyme…”

“Oh, non ora! Sto esaminando queste maledette foto!”

L’aiutante sospiro’. Ormai erano anni che lavorava da Rhyme. Era abituato al suo caratteraccio. Era stato licenziato piu’ volte, si era licenziato tante volte da averne perso il conto. Pero’ era sempre tornato. Dopotutto Lincoln era un buon capo.

“Sta salendo, che dovrei dirgli??”

“Digli che sono andato a correre!”

Il pesante detective Lon Sellitto fece il suo ingresso nella stanza, sorridendo.

“Anche oggi di buon umore, giusto Linc?”

“Ciao Lon. Sono di ottimo umore! O meglio, lo sarei se ci fosse un po’ di lavoro! Sono stufo di stare qui senza far niente! Sembra che tutti i pazzi maniaci di New York siano andati in pensione!”

Tom fece un sorriso ironico, bisbigliando al corpulento poliziotto: “Tutti tranne lui…!”

Lon sorrise, poi torno’ a rivolgersi al criminologo, che aveva spento vocalmente il computer di fronte a lui.

“Allora, Lon, a cosa devo la tua visita? Se e’ solo per chiedere come sto, allora ti consiglio di prendere il tuo rispettabile posteriore e portarlo immediatamente fuori da casa mia!”

Il detective non bado’ alle parole di Rhyme. Poso’ sul proiettore una cartellina contenente documenti e foto. Gli occhi di Rhyme si illuminarono solo nel vedere l’ocra spento della certellina.

“Omicidio”

“Lavoro! Tom! Dove sei, maledizione?”

Il ragazzo sbuco’ dalla cucina, ancora la mano infilata nel guantone di stoffa.

“Cosa comanda, Buana?”

Gli occhi dei due poliziotti si posarono incuriositi su Tom. Nessuno dei due aveva capito l’ultima parola. Tom arrossi’.

“Significa ‘Capo’…che devo fare?”

Sellitto indico’ il proiettore e Tom accorse. Sfilo’ le foto e i documenti. Poso’ la prima diapositiva sulla macchinetta che proietto’ l’immagine sul computer davanti a Rhyme. Il criminologo la osservo’ attentamente. Immortalava con grossolana precisione il collo bianco di un ragazzo. Molto giovane, penso’ Rhyme. All’incirca vent’anni. Sul collo, due buchi. Piccoli, regolari, da cui colava un rivolo di sangue ormai nero. Subito la sua mente prese a congetturare sulla natura di quei due segni. Si rivolse a Sellitto.

“Simboli rituali di una qualche religione spiritista del sud africa?”

“Non saprei…”

Rhyme non capiva. Sembravano buchi di spillo. Li documentava un imponente servizio di macabre fotografie, di pessima qualita’, oltretutto. Perche’ cosi’ tante foto? Dov’erano le foto della ferita che l’aveva ucciso?

“Lon, perdonami…dove sono le altre foto?”

Il detective sembro’ sorpreso.

“Quali foto?”

“Quelli della ferita. Gli hanno sparato? L’hanno accoltellato? Quelli sul collo non sono fori di un proiettile. Allora, qual’e’ la causa del decesso?”

“Dissanguamento. E questa che vedi e’ l’unica ferita che il cadavere riportava. E sono state fatte minuziose ricerche…”

Lincoln fece una smorfia disgustata.

“Per favore, Lon, risparmiami i particolari! Dissanguamento? Quindi l’avrete trovato in un lago di sangue. L’assassino deve avergli bucato la giugulare…”

Ancora l’imponente poliziotto scosse la testa.

“Niente sangue…”

Rhyme sembrava sbalordito.

“Niente sangue??”

“Ne’ attorno al cadavere, ne’ nei luoghi circostanti la morte, che, sicuramente, e’ avvenuta in quel vicolo.”

“E’ assurdo, Lon! Se una persona muore dissanguata, si presume che attorno a questa persona ci siano minimo venti litri di sangue! Una persona dissanguata come quella attorno a se’ ha il lago di lockness!! Hai controllato personalmente?”

L’uomo annui’, angosciato. Davvero un mistero…

“Ho controllato personalmente. Niente ferite, nessun trauma cranico, nessun colpo. Niente proiettili o ferite da arma di altro tipo. Sono quei punti sul collo. Sono…no, Lincoln, so che stai per dire. Hanno fatto anche quei test. Niente droghe ne’ veleno. Tasso alcolico nella media. Anche se non so nemmeno io come ho fatto a prendergli un campione di sangue. Le vene di quel ragazzo erano a secco come il rubinetto di casa mia!”

Rhyme rise, una risata amara.

“Stai dicendo che quel ragazzo sarebbe morto dissanguato, praticamente senza nemmeno piu’ una goccia di dannatissimo sangue…per due buchi infinitesimali sul collo?? E’ assurdo!”

“Appunto, Linc…io pensavo che magari, anche se si tratta di Sunnydale…”

Lincoln Rhyme era gia’ a meta’ strada per quella cittadina. Gli occhi neri quanto la sua pelle gli si infuocarono.

“Voglio questo caso! Partiremo adesso!”

Tom lo guardo’, preoccupato. Se si eccitava troppo rischiava un attacco di disreflessia, il che non era una bella cosa…

“Lincoln…e Amelia? E’ al poligono, ricordi?”

Rhyme alzo’ gli occhi al cielo. Gia’, Amelia…quando ne aveva bisogno, quella ragazza non c’era mai!

“Chiamala! Subito! Telefono, cellulare, cercapersone, satelliti! Qualunque cosa! La voglio subito qui! Entro cinque fottuti minuti!”

 

quando ti muovi non possono prenderti…  

Si sposta piano, Amelia. Non resta mai ferma. Avanti, indietro. Destra, sinistra. La pistola, una piccola glock calibro 9 stretta nella mano destra. Il bersaglio li’ a cento metri da lei. Niente esitazioni. Un colpo solo. Al centro.

Una ragazza dai lunghi capelli rossi, alta e slanciata, dai grandi occhi blu, camminava carponi, cercando di ignorare le dolorose fitte alle ginocchia dovute all’artrite. Una grande distesa di erba sintetica. Cespugli di plastica, sassi di polistirolo. E bersagli di cartone. Alti, dipinti di bianco, cosparsi di cerchietti neri e concentrici. Il piccolo punto nero al centro dei cerchi. Il sogno di ogni tiratrice professionista. E Amelia Sachs era una grande professionista. Poliziotta da due generazioni, detective di primo grado insieme a Lincoln Rhyme, suo amico e amante e fidanziato. Tutta la sua vita. Era stato lui a convincerla a continuare sulla strada dei grandi poliziotti, mentre lei chiedeva il trasferimento per lavorare al settore minorile, piazzata dietro una scrivania. Ma lui non aveva mollato. L’aveva rincorsa, trovata, provocata. L’aveva convinta. E ormai lei lavorava a tempo pieno. Con lui. Per lui. A volte era cosi’ seccante. A volte era stupendo. Pericoloso, adrenalinico. Come piace a lei. A volte e’ “il momento dell’azione”, come amava definirlo suo padre. Quando ogni secondo fa la differenza. Quando puoi trovarti morta da un momento all’altro. Quando un’esitazione puo’ esserti fatale. Quelli erano i momenti migliori. Ma non l’avrebbe mai detto a Rhyme…anche se forse lo sapeva gia’…dopotutto c’era qualcosa che Rhyme non riuscisse a scoprire?

Penso proprio di no…

E poi libero’ la mente da ogni pensiero. Dimentico’ il mondo attorno a lei, persino l’artrite che le lacerava le ginocchia. Un respiro. Due. Tre. Via! Amelia sbuco’ fuori da un cespuglio dall’odore pungente della plastica quasi sciolta. Una frazione di secondo. Punto’ la glock e sparo’. Un secondo, forse meno. Poi la pallottola si conficco’ ad un centimetro dal pallino nero del centro. Altre due fermarono la loro corsa nelle vicinanze. Un applauso parti’ dietro di lei. Colleghi. Sorrise, Amelia, riponendo la pistola nella fondina. E allora senti’ lo squillo deciso del cellulare. Apri’ il marsupio, tiro’ fuori il vecchio siemens e rispose.

“Pronto?”

La voce tonante di Lincoln Rhyme le rimbombo’ nelle orecchie.

“Sachs! Dove diavolo sei?”

“Ciao Rhyme…sono al poligono, tutto bene?”

“Quando sarai qui andra’ meglio…partiamo per Sunnydale tra venti minuti. Pare che abbiano bisogno di noi laggiu’. Ti voglio qui tra un quarto d’ora.”

Non riusci’ nemmeno a rispondere. La comunicazione si interruppe. Amelia sospiro’, posando il piccolo cellulare nel marsupio. Saluto’ i ragazzi del poligono e corse a casa di Rhyme a bordo della sua scattante chevrolet gialla. Un po’ eccentrica, forse, ma veloce e affidabile. Aveva inseguito chissa’ quanti criminali con quell’auto. La fiancata riportava ancora l’ammaccatura frutto dell’ultimo inseguimento. Era andata a sbattere contro un cassonetto della spazzatura a duecento chilometri orari. E per poco non ci aveva lasciato le penne. Ma poi aveva arrestato il suo uomo e si era sentita meglio. Anche con tre costole incrinate e una spalla lussata. Era successo piu’ o meno tre mesi prima. Dopo di che, solo piccole rapine e furtarelli vari. Niente piu’ azione. E Lincoln era diventato intrattabile. Anche lui aveva bisogno dell’azione. E, a quanto pareva, ora gli si offriva un ottimo enigma da sciogliere. E a lei un assassino da incastrare. Anche se a Sunnydale, dove il caldo della California le avrebbe peggiorato parecchio l’artrite. Arrivo’ sotto casa di Rhyme esattamente quindici minuti dopo la sua telefonata. Un camioncino grigio era parcheggiato sul marciapiede, caricato fino a scoppiare di attrezzature scientifiche, provette, computer e tutto cio’ che la tecnologia piu’ avanzata aveva concesso a Rhyme. Un altro piccolo furgoncino, poco piu’ grande di una jip, era parcheggiato di fianco all’altro, col motore acceso. Una pedana per handicappati pendeva dal retro. Aspetto’ appoggiata a quest’ultimo veicolo. Non dovette aspettare molto. Lon sellitto usci’ canticchiando dall’imponente condominio gotico, seguito da un uomo alto e calvo, magro fino all’inverosimile, che saluto’ Amelia con un caloroso abbraccio.

“Ciao Mel!”

Mel Cooper, capo della polizia scientifica di New York, un vero asso con provette e microscopi. Lavorava con Rhyme da molto prima che Amelia piombasse nella vita del suo capo. L’uomo entro’ con disinvoltura nel furgone piu’ grande, al posto del guidatore. Accanto a lui prese posto il corpulento poliziotto di New York, dopo aver salutato Amelia con un educato cenno del capo. La donna torno’ a guardare verso il portone del condominio. E poi lo vide. Seduto sulla immancabile sedia “Storm Arrow” rossa fiammante che comandava alla perfezione grazie a semplici comandi a fiato. Tom gli stava dietro, aiutandolo di tanto in tanto e ricevendo come ringraziamento occhiate che avrebbero incenerito un iceberg. Amelia corse incontro a Lincoln. Lui la saluto’ con un sorriso meno ostile del solito e la invito’ a prendere posto nel furgoncino perche’ voleva partire e voleva partire subito. La poliziotta lo aiuto’ a salire la pedana e poi prese posto di fianco a Tom. I due furgoni partirono verso Sunnydale, mentre Amelia sfogliava le foto e i documenti sul caso e pensava: “Questo e’ un vero mistero…”.  

 

Sunnydale

“Maledizione, come fa a sfuggirmi ogni volta?!”

Una piccola ragazza bionda camminava su e giu’ per il vicolo buio dietro il Bronze, delimitato dal nastro giallo della polizia. Inquieta, guardava la sagoma del ragazzo trovato morto tracciata con del gesso bianco. Un altro. Un altro suo amico ucciso da un vampiro. Un vampiro che ogni notte intravedeva e ogni notte fuggiva via prima che lei potesse affrontarlo. Accanto al cartello luminescente del Bonze, Xander e Spike osservavano l’andirivieni irrequieto di Buffy. Sapevano cosa stava pensando. La polizia avrebbe solo peggiorato le cose. Questi non sono omicidi da poliziotti. In generale, non sono omicidi per comuni mortali. Non avrebbero scoperto niente e in piu’ avrebbero ostacolato il lavoro della cacciatrice. E stavolta Buffy era piu’ che intenzionata a trovare il colpevole. Questo era il secondo ragazzo. Uno l’aveva trovato nello stesso punto due notti prima. Aveva visto la sagoma alta e scura del vampiro, accucciato accanto al ragazzo. Ma poi lui se n’era andato di corsa. Dopo averle sorriso. Si’, ne era sicura. Le aveva sorriso. Un sorriso scintillante e cattivo. Un sorriso soddisfatto. E poi era sparito nel vicolo buio dietro il “Bronze”. Allora la polizia aveva fatto quello che normalmente faceva. Aveva raccolto il cadavere del giovane e l’aveva restituito alla famiglia. Questa volta no. Buffy aveva visto un detective. Basso, pesante, imponente. Con un pesante accento di New York. E aveva capito che il guaio peggiore stava per arrivare. Poliziotti che non avevano idea di quello con cui avevano a che fare. Sarebbero arrivati, avrebbero messo a soqquadro la citta’, avrebbero cercato inutili prove e poi se ne sarebbero andati, insoddisfatti. E lei avrebbe perso giorni, nel peggiore dei casi settimane.

Spike fumava, teso almeno quando Buffy. Xander girava gli occhi in tutte le direzioni per cercare qualcosa che li portasse al covo del vampiro misterioso. Lui e Spike avevano cercato in tutti i cimiteri di Sunnydale, avevano scandagliato tutte le cripte esistenti. Non avevano trovato altro che vampiri ubriachi e facilmente eliminabili. Ma Buffy era convinta che stavolta avevano a che fare con qualcosa di grosso. Nessun vampiro sarebbe scappato davanti a lei se non un vampiro con piani ben stabiliti. Un vampiro intelligente. E lei ne aveva conosciuti solo due, ed entrambi erano arrivati molto vicini ad ucciderla: Angelus e Spike. Ora innocui e tormentati dai sensi di colpa. Entrambi con un anima che abitava quel corpo morto. Ma non poteva dimenticare tutte le volte in cui aveva pensato che era davvero finita. Tutte le volte che si era salvata per miracolo. Non voleva che si ripetesse. Doveva trovarlo, e doveva ucciderlo. Da sola. O con Spike, come faceva spesso ultimamente. Gia’, Spike. Lo guardo’ di traverso, appoggiato contro un lampione spento, all’ombra del sole che batteva sulle loro teste. La guardava, come sempre. Con quello sguardo che a Buffy piaceva da morire. Ma non lo avrebbe mai ammesso. Quello sguardo un po’ triste. Un po’ teso. Sognante. Quello sguardo che riservava solo a lei. Con quella punta di timidezza e paura. Paura di lei. Della sua reazione a quegli occhi che la fissavano come se fosse l’unica donna sulla terra. L’unica, per lui. E perche’ lei non riusciva a reggerlo? Aveva forse paura che i suoi occhi potessero dirgli qualcosa che non avrebbe voluto ammettere nemmeno a se stessa? Aveva paura che i suoi occhi verdi potessero rivelargli piu’ di quanto pensava? E che cosa pensava lei, di Spike? Maledizione, quante domande!

Ah, mi sto concentrando sul vampiro sbagliato!

Scaccio’ quei pensieri scuotendo forte la testa. E torno’ a concentrarsi sulla sagoma bianca sull’asfalto. Almeno, ci provo’…

 

Sunnydale, al tramonto.

Lincoln Rhyme fissava stoicamente i tecnici che collegavano disordinatamente i vari macchinari trasportati da New York. Nella stanza d’albergo che aveva scelto come campobase, grovigli infiniti di fili elettrici si inseguivano per tutta la superficie del pavimento piastrellato. C’era a malapena spazio per camminare. Ma questo non era un problema che lo toccava particolarmente. Toccava invece Mel Cooper, che passava distrattamente tra i macchinari urlando ordini a destra e a manca. Erano tutti grondanti di sudore. Perfino Rhyme sentiva le piccole goccioline che gli imperlavano la fronte. Scendevano giu’, le sentiva. Dietro al collo, sulle spalle e poi…non le sentiva piu’, entravano nel territorio del suo corpo ormai insensibile. Tom gli si avvicino’ con un fazzoletto immacolato e gli deterse delicatamente la fronte.

“Dovresti riposare Lincoln. Il caldo non ti fa bene alla pressione…”

“Riposero’ quando avro’ tra le mani quel figlio di puttana, Tom. Ma grazie per l’interessamento. Ah, e immagino che Mel abbia piu’ bisogno di te di quanto ne ho io…”

Il ragazzo annui’ scocciato e corse ad aiutare un tecnico che portava faticosamente un gascromatografo/spettrometro di massa. Nonostante il nome astruso, era un macchinario molto semplice. Divideva i diversi componenti di un campione, di terra, di liquidi, di sangue, e il riportava separati su un grosso tabellone.

Amelia Sachs beveva un caffe’ forte, seduta su una sedia accanto a Lincoln Rhyme. Guardava interessata le foto della vittima. Strinse gli occhi, osservando attentamente i piccoli fori sul collo del ragazzo.

“Rhyme, cosa puo’ averli procurati? Non un proiettile, questo e’ sicuro. Magari un coltellino. Uno stretto e lungo. Gli ha bucato la giugulare…”

“Non so…dovrebbe essere un coltello circolare, Sachs…hai mai visto un coltello dalla punta rotonda?”

“Magari un…maledizione, per quanto ne so potrebbe anche averlo bucato con un cacciavite!”

Rhyme fece una risatina sarcastica.

“Oh, quello lo escluderei…niente tracce che riportino a qualcosa del genere. Insomma, stando a quel rapporto non e’ un foro di pallottola, non e’ una ferita da arma da taglio, il ragazzo non e’ stato avvelenato, ne’ tantomeno drogato…niente sangue sul corpo o sull’asfalto…tra poco mi diranno anche che il sangue l’hanno bevuto! E poi le avro’ sentite davvero tutte!”

Amelia gli poso’ una mano sulla spalla, in un punto dove lui poteva avvertire il suo tocco, sebbene debolmente.

“Calmati, Rhyme. Riusciremo a sgrovigliare anche questo groviglio. Come sempre. Io e te.”

Il criminologo annui’, gettando un’occhiata alle foto nella cartellina.

“Avanti, cosa abbiamo?”

“Un servizio fotografico del tutto scadente su due buchi dalla natura sconosciuta. Sul collo. Diametro…piu’ o meno…”

“Non voglio un ‘piu’ o meno’, Sachs. Cifre! Cifre esatte!”

La donna alzo’ gli occhi al cielo, meldicendosi per quest’errore.

“Scusa, Rhyme…allora, diametro quattro millimetri. Contorni slabbrati. Attualmente ritenuti causa della morte di Timothy Backett, vent’anni, avvenuta per dissanguamento attorno alle ventiquattro e quindici minuti del quattro aprile. I fori non sono stati provocati da armi convenzionali, almeno secondo i test effettuati. E sono tanti. Praticamente tutti i test esistenti. Nessun risultato. Diamine, Rhyme, e’ piu’ difficile di quanto pensassi…”

“Gia’…un vero mistero…”, il suo sguardo si poso’ su una foto che sporgeva dalla catellina, “…cos’e’ quella, Sachs?”

La donna tiro’ fuori la foto. Non l’aveva notata prima. Rappresentava una ragazza molto giovane, sui venti, ventidue anni, bionda, bassina. Molto carina. Lesse il rapporto accanto alla foto.

“La polizia l’ha rinvenuta sotto il cappotto della vittima. E’ una semplice polaroid, un’istantanea. E’ decisamente pessima. Sicuramente non e’ opera di un professionista. Sul retro c’e’ scritto ‘RICORDI?’ con il sangue della vittima. Dobbiamo dedurre che il morto sia una specie di regalino per questa ragazza? Non so, una vendetta?”

Gli occhi di Rhyme luccicarono.

“E’ probabile. Si e’ scoperto chi e’ la ragazza della foto?”

Amelia scorse con lo sguardo tutto il rapporto. Ah, eccolo li’.

“Si’…tu guarda…e’ la stessa che ha trovato il corpo. Che macabra coincidenza…”

Rhyme sembrava impaziente.

“Il nome, Sachs, il nome!”

“Summers. Buffy Anne Summers. Ventidue anni, ex studentessa alla Sunnydale University, nubile, attualmente consulente scolastica alla Hight School di Sunnydale. Nessun precedente. E’ stata indiziata per omicidio nel ’98, ma e’ stata riconosciuta innocente. Oh, particolare interessante…la gente di qui afferma di venire spesso salvata da malintenzionati proprio da lei. Sembra che sia piu’ efficiente della polizia.”

Ma Rhyme non l’ascoltava piu’…gia’ stava pensando alla ragazza della foto. Buffy.

“Falla chiamare”

“Cosa? Lincoln, non possiamo coinvolgere civili, ricordi?”

“Io sono un civile, eppure lavoro con la polizia. E poi magari questa ragazzina potrebbe rivelarsi non essere una civile…magari lavora in incognito. Comunque falla chiamare subito, voglio farmici una chiacchierata…”

Amelia Sachs non obietto’ piu’ di tanto. Quando Rhyme si mette in testa qualcosa nessuno puo’ dissuaderlo. E poi anche lei era curiosa di conoscere questa “Eroina” del paese. Prese il cellulare e compose il numero scritto sul documento.

 

Era nella cripta di Spike, discutendo della incombente minaccia. Discutendo di tutto, pur di non parlare di loro. E il suo telefonino aveva squillato. La polizia di New York. La volevano urgentemente alla loro base. Base. Un termine militare. Gli riporto’ alla mente Riley. Lui, felicemente sposato. Chissa’, magari ora e’ dall’altra parte del mondo. Con la sua mogliettina. Felice, sereno.

Non…non come me…

Per un momento rimpianse i bei momenti passati con lui. Gli aveva voluto bene. Non lo aveva amato, nemmeno per un istante. Ma gli aveva voluto bene. E avevano finito cosi’, per deludersi a vicenda. Lui, con il suo vizietto. Farsi mordere da quelle vampire…meglio farsi esplodere i polmoni a forza di inghiottire fumo, come fa Spike…ma lei non era stata da meglio. Lo aveva trattato come un estraneo. Come un ripiego. E poi l’aveva fatto di nuovo. Lo stesso errore. Con Spike. Usarlo, come se non fosse niente. Senza ritegno, senza vergogna, senza rispetto. Riley si era ribellato. Non poteva accettare di essere un ripiego, di non essere amato. Ma Spike no. Aveva sopportato i suoi malumori, i suoi insulti. L’aveva cercata sempre, si era sempre fatto trovare. Sempre pronto a perdonare. Sempre pronto a sperare. Magari e’ la volta buona. Si era lasciato usare. Gli bastava averla con se’, anche solo per ascoltare i suoi assurdi discorsi su cio’ che e’ giusto e cio’ che non lo e’. anche quando avrebbe potuto ucciderla. Quando avrebbe potuto dire ‘basta, ti sei divertita abbastanza’ e colpirla. Per non soffrire piu’. Buffy se ne rendeva conto a poco a poco. E si sentiva stupida. E cattiva. E allora non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi. E cercava il modo per farsi perdonare. Ma non lo trovava. Perche’ c’era una cosa, una cosa chiamata ‘orgoglio’ che le impediva di parlare. Di farle ammettere i suoi errori. Le sue colpe. Che le impediva di chiedere perdono. Anche perche’ non era sicura di meritarlo. Al posto di Spike, lei non l’avrebbe perdonata. Quindi perche’ lui avrebbe dovuto farlo? Una voce dietro di lei interruppe quei pensieri. Per fortuna.

“E’ qui, cacciatrice?”

Si giro’ verso Spike, che si era offerto di accompagnarla. Che male c’e’?, aveva pensato. Guardo’ l’enorme albergo che indicava. L’unico a Sunnydale, per la verita’.

“Si’, e’ questo. Decimo piano.”

L’ascensore sembrava cosi’ lento. Passarono orribili secondi in un imbarazzato silenzio. Finalmente arrivo’ al decimo piano. Con gli occhi cercarono nell’immenso corridoio l’interno quattrocentoventi. Lo trovo’ Spike. Buffy lo raggiunse e busso’. Un ragazzo dall’aria simpatica venne ad aprire. Rivolse un saluto educato ai due che entrarono in silenzio nella stanza. Un piccolo corridoio. Una porta chiusa. Un enorme soggiorno illuminato. Apparecchiature scientifiche disseminate ovunque. Diversi tecnici cercavano di far partire tutti quei computer.  Un uomo sulla quarantina, calvo e terribilmente magro, venne loro incontro, sorridendo.

“Lei e’ la signorina Summers, suppongo.”

“Si’, sono io. Spero non vi dispiaccia, mi ha accompagnata un amico.”

“No, certo che no. Sono Mel Cooper, capo tecnico della scientifica. Venite, vi accompagno dal grande capo!”

Buffy sorrise, mentre Spike osservava impressionato tutta la tecnologia racchiusa in quella stanza. Gli sembro’ di essere tornato all’organizzazione. Rabbrividi’, poi segui’ Buffy nella piccola stanza adiacente.

 

Lincoln Rhyme se ne stava placidamente disteso sul letto. Davanti a lui, un computer e un tavolino con una bottiglia di ottimo whisky. Amelia era seduta vicino a lui. Continuava imperterrita a leggere il rapporto, commentando con Rhyme alcune parti. L’uomo immobilizzato senti’ dei passi nuovi in corridoio. Quelli leggeri di Cooper. E poi altri. Scattanti. I passi di qualcuno che sa il fatto suo. Decise che erano tre persone. La porta si apri’. Mel lascio’ entrare due ragazzi. Una fragile biondina dall’aria spaesata e un ragazzo alto e muscoloso. Biondo. Rhyme noto’ che aveva una piccola cicatrice sul sopracciglio sinistro. La ragazza si guardo’ intorno, impaurita. Poi il suo sguardo si poso’ sul criminologo. Di solito chi lo vedeva per la prima volta ne restava impressionato. Impaurito. A disagio. Molte persone lo trattavano come uno stupido solo perche’ non poteva muoversi. Pensavano che anche il suo cervello avesse smesso di funzionare. Rhyme odiava queste persone. E noto’ compiaciuto che Buffy Summers non era una di queste persone. Lo guardo’. Con curiosita’, si’, ma non con orrore. O con paura. Lo guardo’ esattamente come guardo’ Amelia. Come un essere umano. Anzi, Rhyme sembrava metterla a proprio agio. Lo smarrimento iniziale era scomparso dai grandi occhi verdi della ragazza. Amelia se ne accorse e si fece avanti porgendole una mano.

“Benvenuta, signorina Summers, io sono l’agente Sachs. Ma la prego, mi chiami Amelia.”

“Piacere. Buffy Summers. E, per favore, diamoci del tu, perche’ detesto le cose formali!”

La bella donna annui’, poi porse la mano a Spike. Lui la strinse, senza staccare gli occhi dalla donna che gliela porgeva. Buffy provo’ una irrazionale fitta di gelosia nel notare il suo sguardo interessato. Si rivolse ad Amelia, cercando di spezzare quell’atmosfera.

“Lui e’ Spike. Spike…Williams! Mi ha accompagnata.”

Spike la fisso’. Un sorrisetto compiaciuto gli increspo’ le labbra. Amelia distolse lo sguardo da Spike quel tanto che bastava per presentare ai due l’uomo disteso sul letto.

“Buffy, Spike…questo e’ Lincoln Rhyme, detective in pensione della omicidi. E’ un civile come voi, quindi niente formalita’!”

Buffy lo guardo’ un istante, rivolgendogli un cenno. Per fortuna non aveva cercato di stringergli la mano. Succedeva, qualche volta. Ed era imbarazzante. Per gli altri. Rhyme non ci faceva nemmeno caso. Non piu’. Come spinto dai suoi pensieri, Spike tese involontariamente la mano verso l’infermo. Rhyme lo fisso’ divertito. Buffy gli sposto’ la mano, incenerendolo con lo sguardo. Spike sembro’ arrossire.

“S…scusi…”

Rhyme accenno’ un lieve sorriso.

“Non importa. Succede. Bene, signorina Summers. Veniamo a noi. Siamo a conoscenza del fatto che e’ stata lei a rinvenire il corpo di quel giovane, la notte scorsa. Conferma?”

Indico’ con la testa un tabellone con affisse le foto della vittima. Erano macabre. Spaventose. Si aspettava che la ragazza le guardasse con paura. Nel peggiore dei casi si era aspettato un conato di vomito. Almeno una smorfia. Ma Buffy guardo’ con attenzione le foto senza battere ciglio. Rhyme nei suoi occhi verdi vedeva solo rabbia. Anche il ragazzo accanto a lei fissava interessato le foto. Salvo poi staccare gli occhi dalle polaroid per fissarli sul bel corpo di Buffy. La ragazza annui’, tornando a rivolgere la propria attenzione al criminologo.

“Si’, l’ho trovato io.”

Quella risposta incuriosi’ ancor di piu’ Rhyme. Non era bravo ad indovinare la psicologia delle persone, ma quella non era una risposta da civile. Non era una risposta da persona qualunque. Aveva parlato come un poliziotto. Come qualcuno che vedeva quegli orrori ogni giorno. La voce fredda, distaccata, decisa. Quello sguardo indagatore di chi vuole anticipare le tue mosse. Un comportamento prettamente da detective. E nessuna giustificazione. Rhyme aveva presieduto molti interrogatori, prima e dopo l’incidente. Quando veniva posta questa domanda l’interrogato puntava i piedi sulla difensiva. Diceva qualunque cosa pur di far capire che non c’entrava niente. Domandava se sospettavano di lui. Buffy no. Diretta, schietta, sicura. Come se gli parlasse da pari. Detective a detective. Rhyme era semrpe piu’ incuriosito.

“Conosceva la vittima?”

Buffy lancio’ uno sguardo malinconico alla foto. Torno’ a guardare Rhyme. Spike spostava nervosamente lo sguardo da Rhyme a Buffy. E qualche volta fissava Amelia.

“Si’, era un mio compagno del liceo. Sono uscita con lui un paio di volte, quattro o cinque anni fa. Non lo vedevo da mesi.”

Ancora una risposta secca, senza divagazioni. Aveva addirittura anticipato la domanda successiva di Rhyme: ‘che rapporti avevi con la vittima?’…il detective fece un cenno ad Amelia, che tiro’ fuori una polaroid dalla catellina. La porse a Buffy. Lei la prese con la solita freddezza. La guardo’, senza stupirsi piu’ di tanto nel vedere che rappresentava lei. Sembro’ vacillare leggermente solo nel notare la macabra scritta sul retro. Ma riacquisto’ subito un’espressione di ghiaccio. Chi invece ne rimase turbato fu Spike. I suoi occhi si erano rabbuiati non appena aveva scorto la foto nelle mani di Buffy. E si erano spalancati nel leggere la scritta sul retro. Rhyme non ebbe piu’ dubbi sulla natura dei suoi sentimenti per Buffy. A Lon sarebbe bastato molto meno per capire che il ragazzo era completamente andato per l’amica. Ma Lincoln Rhyme non era un osservatore. L’unica cosa che gli piaceva osservare erano le prove. Le capiva molto meglio della psiche umana. Amelia riprese la foto dalle mani ferme di Buffy.

“Pensiamo che il killer ce l’abbia con te. Magari una vendetta. Non hai idea di chi possa essere?”

La ragazza scosse la testa, ma Lincoln ebbe l’impressione che lo sapesse bene.

“Mi dispiace. Non posso esservi d’aiuto.”

Rhyme cominciava ad essere impaziente. Era convinto che la signorina Buffy Summers non fosse una civile. Era una convinzione che cresceva sempre piu’ dentro di lui. Provo’ il tutto e per tutto.

“Signorina Summers. Scusi la schiettezza, ma io sono uno che va subito al punto…lei lavora per il governo?”

La ragazza alzo’ gli occhi di botto. Spalancati. Li fisso’ in quelli neri di Rhyme. Cerco’ di sorridere.

“No, signore.”

Rhyme non mollava. A dispetto dello sguardo di rimprovero di Amelia.

“Perche’ se c’e’ qualcosa che ho capito da questo nostro incontro e’ che lei non e’ una civile! Inoltre la gente del posto afferma di venir spesso salvata da lei. Come lo spiega, signorina Summers?”

Il tono di Rhyme e il fatto che la chiamasse ostinatamente “signorina Summers”, le riportarono alla mente il preside Snyder. Ed era antipatico come lui.

“Non lo spiego, detective. Ho una forza discreta e se vedo gente in pericolo, la uso.”

Dannatamente calma. Troppo calma. Rhyme cominciava a perdere colpi.

“Dannazione Buffy! Io so che lei sa qualcosa! Perche’ non vuole aiutarci? Qualunque cosa potrebbe essere determinante per inchiodare l’assassino!”

“Mi ascolti, Rhyme. Voi non potete fare niente. Sunnydale e’ molto diversa da New York. Questi omicidi non possono essere risolti da voi. Non sono di vostra competenza. Quindi segua il mio consiglio, prenda i suoi uomini, raccolga tutti quei computer e torni alla sua citta’.”

“E immagino che invece lei saprebbe risolvere brillantemente questo caso, giusto?”

Buffy lo fisso’ con astio. A Rhyme non dispiaceva. Odiava i guanti di velluto. Preferiva che la gente gli dicesse le cose con schiettezza. Ma non sopportava di essere tenuto all’oscuro di qualcosa di importante.

“Esattamente, Rhyme. Vedo che cominciamo a capirci. Mi dia retta, lasci la citta’.”

Rhyme sorrise freddamente.

“Quindi avevo ragione a non considerarla una civile. Cos’e’, un agente segreto? FBi, CIA? Esercito? Per chi lavora, Summers?”

La ragazza esito’ per un istante. Lancio’ un occhiata a Spike, che se ne stava in un angolo a guardarla preoccupato.

“Per il consiglio. Signor Rhyme, non cerchi di piu’. La polizia di New York non puo’ fare niente. Non qui. Puo’ andare avanti pre giorni, settimane, mesi. Ma non trovera’ il colpevole. Puo’ sembrarle assurdo, ma e’ piu’ complicato di quanto immagina…”

“Allora ci spieghi com’e’, signorina, se lei ne sa tanto piu’ di noi!”

“Non posso. E comunque non ci credereste. Mi creda, qui non c’e’ niente per lei. Torni a casa, Lincoln.”

Buffy si giro’, avviandosi verso la porta chiusa. Spike rivolse un breve cenno ad Amelia e un occhitaccia a Rhyme. Aveva deciso che il criminologo gli stava antipatico. Stavano per uscire dalla stanza, seguiti dallo sguardo irato di Rhyme, quando la porta si spalanco’, prendendo in pieno Spike, che indietreggio’, una mano a massaggiarsi il naso dolorante. Buffy salto’ indietro, non poi cosi’ tanto sorpresa. Certo, non sorpresa come Lincoln e Amelia. Sulla soglia stava immobile un essere ripugnante, con il viso contratto in un orribile smorfia. Un viso trapassato da piaghe e cicatrici, penso’ Rhyme. La bocca era piegata in un ringhio animalesco, e il criminologo vide chiaramente che i canini sporgevano dalle labbra, bianchi e terribilmente lunghi. Si chiese se non fosse impazzito. Ma l’espressione choccata di Amelia gli disse che no, non stava sognando e non era pazzo. Si chiese se questo fosse un bene. Il mostruoso essere entro’ ghignando, con le mani alzate in segno di resa. Buffy lo osservava senza la minima traccia di terrore. Solo rabbia e disgusto. L’uomo (se cosi’ poteva definirlo Rhyme), porse una busta a Buffy, che gliela strappo’ di mano.

“Un regalino dal mio capo…per la cacciatrice.”

Lo stupore di Rhyme divenne choc allo stato puro nel vedere la ragazza, quella biondina all’apparenza cosi’ fragile e delicata, balzare addosso al mostro con un’agilita’ e una destrezza al di sopra dell’umana possibilita’. Anche Spike si butto’ nella mischia. E Rhyme noto’ con orrore crescente che anche lui aveva assunto le fattezze del mostro. un attimo prima era un normale ragazzo, un attimo dopo eccolo tramutarsi in un mostro. che, chissa’ per quale assurda ragione, combatteva non dalla parte del suo simile, ma contro. Segui’ una breve lotta, alla fine della quale Spike immobilizzo’ l’essere. Buffy infilo’ una mano nella cintura. Rhyme si immagino’ delle manette che uscivano tintinnando e finivano per richiudersi attorno ai polsi deformi dell’uomo. Ma la cosa ando’ diversamente. Al posto delle manette, dalla cintura Buffy tiro’ fuori un paletto di legno, piccolo, leggero e appuntito. Fu un attimo. La sua mano volo’, colpendo al petto il mostro che si contorceva inutilmente nella stretta di Spike. Ancora una volta Rhyme immagino’ l’urlo d’agonia dell’essere, il suo accasciarsi a terra, senza vita. Ancora una volta le sue aspettative furono deluse. L’urlo ci fu, ma era piu’ che altro un gemito soffocato. E l’essere cadde a terra, si’, ma sottoforma di cenere fumante. Buffy guardo’ soddisfatta il mucchietto grigio sulla moquette della stanza, mentre Spike tornava ad essere un normale ragazzo e si spolverava la giacca nera sporca di cenere. Tutto come se fosse perfettamente normale. E Rhyme temette che fosse davvero cosi’. Normale. Almeno per loro. Lui e Amelia rimasero pietrificati per qualcosa che sembro’ un’eternita’, mentre Buffy osservava incuriosita la busta portatagli da quell’inusuale messaggero e Spike fissava i due poliziotti con quello che sembrava un sorrisetto compiaciuto. Finalmente Rhyme sembro’ ritrovare l’uso della parola.

“Quel…quel…’coso’, li’…che diamine era?”

Buffy alzo’ lo sguardo su di lui. Sulle labbra aveva un sorriso che sembrava cantare ‘io te l’avevo detto’ sulle note di una polka.

“Vampiri…”

Lo disse gelidamente. Come se niente fosse. Amelia continuava a fissare il mucchietto di polvere sul pavimento. Rhyme fissava Buffy a bocca aperta. E Buffy fissava loro due, mentre Spike cercava un tagliacarte per aprire la busta. Il sorriso scomparve dalla bocca di Buffy.

“Benvenuti sulla bocca dell’Inferno…”

 

2 – You Can’t Stop Me

Buffy lascio’ i due poliziotti alle loro congetture e al loro giustificato stupore e corse in corridoio per occuparsi degli altri. Mel cooper, Lon Sellitto e Tom erano legati e imbavagliati accanto ai computer che stavano accendendo. Due tecnici visibilmente sotto choc erano sotto un tavolino da lavoro, legati anch’essi. Buffy ripete’ le poche parole di spiegazioni anche a loro. Entrarono tutti nella stanza di Rhyme. Tom corse a prendergli la pressione con mani tremanti. Amelia era rimasta nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata Buffy. Spike era riuscito ad aprire la busta. La porse a Buffy. In un religioso silenzio lei estresse un’altra istantanea. Ancora una sua foto. Vecchia. Almeno due anni prima. La giro’. Sul retro niente sangue. Tre parole scritte con una penna nera: ‘MI FERMERAI, CACCIATRICE?’. Le lesse a voce abbastanza alta da essere sentita nel silenzio di piombo della stanza. Amelia alzo’ la testa verso di lei. Rhyme fece altrettanto. Un sorriso sarcastico gli increspo’ le labbra.

“Cacciatrice? Cos’e’, un nickname da chat?”

Buffy alzo’ gli occhi verso di lui. Ardevano.

“Vuole proprio saperlo, Rhyme?”

Tono di sfida. Ma a Rhyme le sfide piacevano.

“Si’”

“Sono la prescelta. Combatto i vampiri. I demoni. E, quando serve, i ficcanaso come voi!”

Lincoln ci mise un attimo per riprendersi. Quanto gli era stato appena detto aveva sconvolto tutto quello in cui aveva sempre creduto. Era uno scienziato. Non poteva credere a demoni, vampiri…e cacciatrici. Eppure cio’ che aveva visto pochi minuti prima era reale. Terribilmente reale.

“E’ assurdo.”, sbotto’, tentando di mantenere ferma la voce.

“Come spiega quello che e’ successo pochi istanti fa, detective? Ci illumini, la prego. Perche’ io ho visto solo un dannato vampiro. Se lei ha visto qualcos’altro la prego di metterci al corrente…”

L’uomo rimase senza parole. Aveva visto. Aveva visto un vampiro. Nulla di piu’. E una ragazza con una forza sovraumana abbattere quell’essere. E un altro mostro aiutare la ragazza. E tutto questo, insieme, l’aveva sconvolto. Eppure Buffy non ne sembrava per niente turbata. Senti’ un balbettio accanto a lui. Era Amelia.

“Quindi e’ stato quel…’coso’ ad uccidere il ragazzo?”

“Uno come lui. Ma non lui. Il suo…capo…”

La donna strinse forte il braccio di Rhyme. Lui non poteva avvertire il suo tocco, ma poteva vedere la sua piccola mano stringersi con forza.

“Quindi…ce ne sono altri…”

“Piu’ di quanti immagini, Amelia…”

“E…ti stanno cercando…ma tu non sembri spaventata...”

Buffy si strinse nelle spalle con noncuranza.

“Sono quasi dieci anni che mi cercano. Mi hanno anche uccisa due volte. Per me e’ la routine. Apocalissi, catastrofi naturali, piani diabolici per distruggere il mondo…per voi arrestare criminali e’ cosa di tutti i giorni. Per me e lo stesso...solo che io li ammazzo, non li catturo…”

Amelia accenno’ un lieve sorriso, razionalizzando a poco a poco cio’ che la ragazza diceva..

“Beh…e’ un pochino diverso…”

“Un pochino.”

La cacciatrice avanzo’ veloce verso il letto di Rhyme. Mise una mano sulla spalliera. Fisso’ i suoi occhi in quelli di Rhyme.

“Ora capisce perche’ le ho detto di andarsene, detective? Questo non e’ un caso per la polizia. Ne’ per quella di Sunnydale, ne’ per quella di New York. Il governo ha gia’ provato ad immischiarsi in affari che non lo riguardavano. E mi creda, e’ successo di tutto. Quindi raccolga i suoi giocattoli e torni a New York. E’ il mio lavoro, e non puo’ farlo nessun altro.”

Il criminologo avrebbe voluto ribattere, ma non gli riusci’. Forse perche’ non aveva niente da obiettare. Quella ragazza aveva ragione. Non erano affari suoi. Anche se gli enigmi del caso continuavano a ronzargli nella testa. Aveva capito come il ragazzo era stato ucciso. Ma non aveva capito ne’ il perche’, ne’ chi lo aveva ucciso. Vampiri, licantropi, demoni…non gli interessava la razza. Voleva solo un colpevole. Ma forse da questa strana caccia ai mostri non sarebbe venuto fuori niente. No, proprio niente. Annui’ controvoglia. Buffy Summers sorrise soddisfatta. Raccolse la foto e la busta. Rimise il paletto nella cintura. Saluto’ con un freddo cenno i presenti, poi, insieme al vampiro biondo, varco’ la soglia della stanza di Rhyme. E qualcosa, dentro di lei, una vocina dispettosa, le diceva che quella non sarebbe stata l’ultima volta che usciva da quella stanza.

 

Tutta la scooby gang al completo…come ai vecchi tempi. Eppure non era una cosa che rallegrava completamente. Riunirsi tutti insieme era sinonimo di ‘catastrofe incombente’. Ma stavolta tutti erano convinti che Buffy stesse esagerando. Era solo un vampiro. Che tentava di ucciderla, ma ormai era come una specie di rituale giornaliero. Ogni vampiro della terra che passava per Sunnydale tentava di uccidere la cacciatrice. E lei non si era mai minimamente preoccupata. Perche’ ora tutta questa agitazione? Che c’era di diverso? Se lo chiedevano tutti, da Willow a Giles, da Xander ad Anya. Perfino Dawn, in un angolino, si chiedeva il perche’ di quella riunione fuoriprogramma. Xander sembrava il piu’ calmo.

“Buffy perche’ ti preoccupi tanto? E’ solo un vampiro!”

“Un vampiro che lascia mie foto in giro e me le fa recapitare tramite un postino un po’ morto? No, c’e’ qualcosa di diverso. Mi sento sempre osservata, dovunque vado. E queste foto…mi lasciano un tantino perplessa…”

Xander sorrise sarcasticamente, dondolandosi su e giu’ con la sedia. Spike, accanto a lui, lo guardava con un misto di odio e ripugnanza...come poteva non prendere sul serio una preoccupazione di Buffy?

“Andiamo, e’ solo un vampiro…con l’hobby della fotografia. Quando si ha tanta rabbia repressa la si deve pur sfogare in qualche modo…prendete Spike. Lui fuma dalla mattina alla sera…”

Il vampiro biondo lancio’ un’occhiataccia a Xander.

“Ehy, io non ho rabbia repressa!”

Willow si intromise per evitare la solita rissa.

“Ok, ok…stiamo calmi. Buffy io penso che abbia ragione Xander. E’ solo un vampiro. Un vampiro che vuole ucciderti. E ormai non c’e’ niente di strano in questo!”

“La cosa strana e’ che dissemina cadaveri di ragazzi con cui uscivo! Ai tempi del liceo, all’universita’…sai, sono contenta a volte che Riley non sia qui…”

Anya, tornata umana e ancora provata dalla morte della sua amica Halfreck, osservava stranamente in silenzio. Ma non era una situazione che poteva durare.

“Magari, che ne sai?, sta prendendo ragazzi a caso…i primi che escono dal ‘Bronze’. Forse dovresti appostarti li’ fuori…e pregare che non ti divori come ha facilmente fatto con gli altri due...”

Buffy sospiro’. A quanto pare si tornava al Bronze anche quella sera…forse avrebbe dovuto cambiare abitudini…quel locale cominciava a stancarla…troppi omicidi…

“Si’, hai ragione. Stasera andro’ al Bronze. Ma da sola. Non voglio mettervi in pericolo. Sul serio, stavolta ho paura che sia qualcosa di grosso…”

I ragazzi annuirono. Non erano minimamente preoccupati, penso’ Buffy. Forse sto diventando paranoica. Scruto’ i volti dei suoi amici. Anya, Willow, Xander, Dawn…Spike. Non la stava fissando. Buffy ebbe la sensazione che stesse pensando alla avvenente poliziotta di New York. La rossa. Amelia Sachs. E questo pensiero le fece male. Senza un perche’, si ritrovo’ a desiderare di incrociare il suo sguardo.

Perche’ diavolo non mi guardi?

Ma lui restava fermo, fissando ostinatamente il tavolo. Sembrava si fosse dimenticato di lei. Un'altra fitta. Allo stomaco. Ma perche’? Dovrei essere felice, ora finalmente spostera’ la sua attenzione su qualcun'altra! Si’, sono felice! Davvero…magari avrebbe dovuto farli incontrare di nuovo. Si sarebbe scrollata di dosso la sua ossessione. Gia’. Pero’, dannazione, perche’ non la guardava piu’?! E perche’ a lei dispiaceva tanto? Desidero’ di non essere mai andata dalla polizia. Cosi’, semplicemente, senza un perche’…avrebbe voluto non esserci mai andata…o esserci andata da sola. Ma ormai era fatta. E lei avrebbe dovuto esserne contenta. E dirgli che quella sera non avrebbe avuto bisogno di lui. Rispedirlo a casa. Voleva dirlo. Era semplice. Senti’ la sua voce pronunciare parole totalmente diverse. E non fece nulla per fermarsi.

“Spike, stasera vieni con me al Bronze…in compagnia daro’ meno nell’occhio…anzi, penso che ormai sia ora, andiamo.”

Lo aveva detto? Maledizione, lo aveva detto! E perche’ non se ne pentiva? Perche’ voleva, desiderava che lui venisse con lei, che la guardasse come prima? Perche’ voleva che dimenticasse la poliziotta dai capelli rossi? E perche’ diavolo stava arrossendo sentendo su di se’ il suo sguardo? Perche’ quegli occhi sorpresi (piacevolmente sorpresi), la facevano arrossire? Maledizione, smettila! Smetti di arrossire! Guardalo come sempre! Lo guardo’. Negli occhi. Fredda, glaciale come sempre. Perfetto, continua cosi’! Lui si alzo’ senza dire una parola e le apri’ la porta imitando un perfetto gentiluomo. Lei gli rivolse un breve sorriso (freddo e distaccato, freddo e distaccato!), poi usci’.

 

Il ‘Bronze’. Sempre affollato, non cambiera’ mai. Il banco del bar, pieno di ragazze e ragazzi uno vicino all’altro. I divanetti di pelle. I tavolini. La pista da ballo. E il palco. Con una band sopra. Suonavano. Cantavano. Buffy e Spike entrarono insieme, guardinghi. Non s’erano scambiati nemmeno una parola. La ragazza poso’ la giacca e prese un succo di frutta. Spike ordino’ il solito boccale di birra. Buffy gli rivolse un occhiata di rimprovero.

“Spike, siamo qui per evitare un omicidio…non per sbronzarci. Non mi servirai a niente se sarai ubriaco…non ho nessuna voglia di proteggere anche te.”

“Ahi, ahi…come sei acida stasera. Voglio solo bere un sorso, non mi sbronzero’, tranquilla, biscottino…”

Scosse la testa sconsolata, Buffy. Poggio’ una mano sul tavolino. Con l’altra reggeva un bicchiere colmo di succo d’ananas. Leggero. Buono. Cosi’ dolce. Volse la testa verso l’uscita. Nessun ragazzo che conosceva. Nessun vampiro. Torno’ per un attimo a guardare Spike. Era tutto preso dal gruppo che suonava quella sera. Aveva anche lui una mano sul tavolino. Con l’altra stringeva una sigaretta mezzo consumata. Ma sembrava essersene dimenticato. Il tizio al microfono sussurro’ lievemente il titolo della prossima canzone: Behind Blu Eyes. Buffy non amava particolarmente quel genere di canzoni. Torno’ a prestare attenzione all’uscita. La musica correva lenta nelle sue orecchie.

<Nessuno sa come ci si sente

ad essere l’uomo cattivo

ad essere l’uomo triste

dietro gli occhi azzurri…>

Per un istante penso’ che Spike le stesse parlando…un'altra assurda cantilena sull’ingiustizia del mondo. Poi si rese conto che erano le parole della canzone. La voce era dolce, la musica lenta. Guardo’ Spike e si accorse che anche lui la stava fissando. Le sorrise, un sorriso bellissimo. Peccato che lei non voglia apprezzarlo. Il sorriso di un mostro…

<E nessuno sa come ci si sente

Ad essere odiato…

Ad essere accusato di dire solo bugie…

Ma i miei sogni non sono cosi’ vuoti

Come sembra essere la mia coscienza…>

Perche’ deve avere un sorriso cosi’ bello? Cosi’ caldo, vivo, umano? E perche’ ho cosi’ tanta voglia di sorridergli? Buffy pensava cosi’, velocemente. Mentre la musica scioglieva il ghiaccio dentro di lei. Decise di sorridergli. Solo un pochino…non era poi cosi’ difficile…

<Nessuno sa come ci si sente

a provare questi sentimenti

come faccio io

e me la prendo con voi…>

No, nessuno lo sa…nemmeno lei. Lei che mi guarda con quegli occhi. E mi fa sentire cosi’ vivo. Lei che un attimo prima sembra capire tutto, ma poi…ma non e’ colpa sua. Come potrei chiederle di amarmi? Un’anima dannata…lei, un fiore, viva, autentica. E io cosa sono? Il niente assoluto. Non sono vivo. Ma ho un’anima. Non sono morto. Eppure mi hanno ucciso. Due volte. Prima Dru…ma la tortura peggiore me la infligge lei. Che mi guarda e non mi uccide…

<Nessuno sa cosa si prova

ad essere maltrattato                                   

Ad essere sconfitto

Dietro gli occhi azzurri…>

Gli occhi azzurri…i suoi occhi azzurri. Sembrano senza fine. Mi ci perdo dentro. Affogo…Dio mio, tirami fuori! Sto annegando. Ancora. Ma non mi dispiace. Dovrebbe? Dovrei dire che sono gli occhi di un mostro, ma mi ritrovo a pensare che sono quelli di un angelo. Che si nasconde li’ dietro. Dietro gli occhi azzurri. I suoi…

<Nessuno sa come dire

che e’ dispiaciuto

e non ti preoccupare

non dico bugie…>

Non le ho mai dette…ma lei come potrebbe saperlo? Non ho fatto abbastanza per dimostrarglielo. Ma ogni parola, ogni sguardo, ogni pensiero che le rivolgevo era cosi’ vero da spaventarmi. Perche’ in teoria non dovrei provare nulla di vero. E certe volte vorrei che fosse cosi’…solo una grande, enorme bolla di sapone. E mi convinco che e’ cosi’…ma la bugia piu’ grande la racconto a me stesso…

<Nessuno sa come ci si sente

Ad essere l’uomo cattivo

Ad essere l’uomo triste

Dietro gli occhi azzurri…>

E la musica smette. scuotono la testa, scacciano cio’ che hanno pensato. Che assurdita’…la musica fa uno strano effetto. Soprattutto quando e’ cosi’ vera…ma e’ meglio non pensarci. La vita non e’ una canzone. L’ha detto anche lui…uno sguardo sul tavolino. E scoprono pieni di un piacevole imbarazzo che le loro mani si sono intrecciate. Cosi’ senza volerlo. E quello sguardo di lui che scopre tutto…ma allora abbiamo pensato la stessa cosa…

Poi un altro sguardo. Lei a lui. Che uccide ogni sua speranza. Glielo legge negli occhi. Un attimo prima cosi’ dolci, ora sembravano gridare <si’, abbiamo pensato la stessa, stupida, cosa, e allora? Non cambia niente!>. La ragazza ritiro’ la mano di botto, arrossendo. Ma lui non vide quelle guancie macchiarsi di cremisi. Aveva gia’ voltato la testa, per nascondere una lacrima capricciosa, forse. Buffy guardo’ l’orologio. Le tre e mezza di notte. E niente di strano intorno a lei. Tranne il fatto che si era trovata a stringere la mano di Spike. Ma non aveva potuto evitarlo. E ora stavano di nuovo male tutti e due. Eppure sarebbe stato cosi’ semplice. Bastava avvicinarsi un po’ di piu’. Chiudere gli occhi e lasciarsi andare. Perche’ le sembrava cosi’ dannatamente difficile? Lo aveva fatto tante volte prima. Erano andati decisamente oltre i baci. Prima. Ma ora era un’altra cosa. Non aveva nulla da cui fuggire. Non aveva nulla con cui giustificarsi. Con gli altri, con se stessa. Baciare un mostro. Lo era sempre? Era sempre un assassino sanguinario? Quello con cui aveva appena condiviso un istante di tenerezza era davvero lo stesso che aveva tentato di ucciderla? Lo stesso che l’aveva incatenata per un’assurda prova d’amore era lo Spike tranquillo e innamorato che le stava davanti? Decisamente no…e allora perche’ si vergognava lo stesso? Perche’ aveva bisogno di giustificarsi? Possibile che avesse semplicemente paura?

L’amore attira i corpi…la forza di gravita’ pure....in entrambi i casi si rischia di cadere…

Gia’…ma faceva molto piu’ male cadere in amore. Soprattutto quando sai che la caduta e’ inevitabile. Stupida Buffy! Ci hai gia’ provato, te ne sei dimenticata? Con Angel e’ andato tutto male, con Spike perche’ dovrebbe andare meglio?

Angel se n’era andato. Poteva capirlo, era un vampiro. Avevano capito entrambi che era una storia impossibile. Riley se n’era andato. Lui non aveva giustificazioni. La loro storia andava cosi’ bene. Finita per qualche morso. Vampiri!

Maledizione, c’entrano sempre! Qualunque cosa faccio, con chiunque cerco di stare, eccoli che spuntano e rovinano tutto! Oh, Spike, ne ho di motivi per odiare la tua specie.

La tua specie. Non ne era cosi’ sicura mentre lo pensava. Anche lui era un vampiro. Ma non lo era mai stato del tutto. Troppo vicino ai vizi umani per essere una fredda creatura notturna. E c’erano sempre stati troppi sentimenti in quel cuore. Anche se morto. Lui aveva sempre odiato, era stato pieno di rabbia. Aveva adorato Drusilla come avrebbe fatto un uomo. Si era sentito tradito, frustrato, abbandonato. Aveva amato lei come e molto piu’ di Angel o Riley. Un amore del tutto diverso. Come se avesse dovuto riversare su di lei una vita e una non vita d’amore. Aveva avuto il suo corpo. Il corpo della cacciatrice. Il corpo della donna che desiderava. Non gli era bastato. Ad un vampiro qualsiasi sarebbe bastato. A Spike no. Certo, aveva ‘sopportato’. Gli era piaciuto. Ma non ne era stato soddisfatto. Non gli bastava. Se non poteva avere l’anima, il corpo non gli interessava piu’ di tanto. Aveva cercato in tutti i modi di assecondarla. Aveva fatto tutto quello che poteva per convincerla a fidarsi di lui. Non ci era riuscito. Eppure non si era arreso. E aveva fatto l’unica cosa che pensava potesse finalmente bastarle. Era andato fino alla fine del mondo per riprendersi cio’ che era stato tanto felice di lasciare, tempo prima: la sua anima. Atroci sofferenze, per poi tornare indietro, da lei, sperando che avrebbe capito. Ancora una volta le sue aspettative erano state calpestate. Per la sua sciocca paura di soffrire. Di nuovo. Ma si puo’ realmente sfuggire all’amore? Lui non ci sarebbe stato per sempre. Prima o poi si sarebbe detto che meritava di meglio. Magari era realmente cosi’…provava una stretta allo stomaco quando ci pensava. Il miglior modo per amare una persona e’ pensare che potremmo perderla. Cosi’, da un momento all’altro. E allora sarebbe stato troppo tardi. Troppo tardi per cercare di rimediare.

Basta, basta, basta! Esci dalla mia testa, maledizione!

Era tardi. Troppo tradi. Forse quella sera non ci sarebbero stati altri omicidi. Fini’ il suo secondo succo d’ananas e fece cenno a Spike di uscire. Uscita principale, dove di solito il misterioso vampiro lasciava i suoi regalini sull’asfalto. Un’occhiata veloce. Il vicolo era deserto. Il cartello del “Bronze” lampeggiava a scatti, facendo un po’ di luce in quel tetro vicolo buio. Spike guardo’ meglio, abituato al buio. Quel pensiero rattristo’ Buffy. Si chiese cosa provasse a non poter vivere di giorno. A non poter lasciarsi inondare dalla luce del sole. Non glielo aveva mai chiesto. Doveva essere una cosa triste. Appartenere alle tenebre…alzare gli occhi al cielo e non vedere altro che buio. La luna fredda. Le stelle indifferenti. Il vento saturo dell’odore di chi ha gia’ vissuto la sua fetta di giornata. E provare invidia, un invidia bruciante, per gli uomini comuni. Falliti, morti dentro, sofferenti. Ma legati alla luce del sole. Calda, viva, vera. Gia’, davvero molto triste. Ma qualunque cosa provasse per la sua condizione, Spike non lo dava a vedere. Ne sembrava del tutto indifferente. Ma non poteva essere cosi’. Buffy lo sapeva perche’ provava le stesse cose. Anche lei apparteneva alle tenebre. Alla notte. Era bastata una sua frase per farglielo capire. E nessuno avrebbe potuto mai provare il contrario. Lei viveva solo la notte. Di giorno non faceva altro che vegetare. Aspettare che il buio tornasse. Per poter vivere di nuovo.

Spike la chiamo’, ansioso. Buffy penso’ subito ad un altro cadavere. Ma nel punto in cui si trovava il vampiro non c’era niente. No, non proprio niente. Il ragazzo le indico’ una scritta sull’asfalto. Rossa. Sembrava scritta con il sangue. Ma Spike la rassicuro’ dicendole che doveva essere vernice rossa. Ancora una volta Buffy ebbe l’impressione di essere spiata. Giro’ gli occhi angosciata, ma non vide altro che la propria ombra. Guardo’ la scritta.

‘NON MI HAI FERMATO…’.

Buffy si guardo’ nuovamente intorno, aspettandosi di vedere un altro cadavere, magari nascosto. Un sibilo fendette l’aria attorno a lei. Buffy indietreggio’ prontamente, mentre una freccia fermava la sua corsa sull’asfalto a pochi centimetri da lei. Spike si guardo’ intorno, preoccupato. Buffy fece altrettanto, ma non videro niente. La freccia sembrava piovuta dal cielo sopra di loro. Buffy la raccolse. Sulla punta c’era una piccola pergamena. L’apri’. Poche parole a penna, come sempre.

‘HO SEMPRE SAPUTO CHE ERI UN’EGOISTA, UN’EGOCENTRICA. STAVOLTA TI COSTERA’ CARO…TI AVEVO DATO UNA CHANCE, L’HAI BRUCIATA. GUARDA BENE LA FOTO CHE HAI CON TE…FORSE HAI ANCORA UN PO’ DI TEMPO…’

Un brivido gelido le corse su per la schiena. Prese tremando la foto dalla tasca del cappotto e la guardo’ attentamente. C’era lei. Bionda, occhi verdi. Era lei, ne era sicura…alzo’ la testa verso il cielo scuro, riflettendo…

Egoismo ed egocentrismo…

Improvvisamente i suoi occhi verdi si spalancarono. Prese a tremare vistosamente, tanto che Spike temette che fosse stata colpita da una freccia. La ragazza sposto’ lentamente gli occhi sulla foto. Le manco’ per un attimo il respiro. Guardo’ meglio. Non era sola, in quella foto. Una sagoma inconfondibile stava nell’angolo destro. Il battito del suo cuore accellero’ fino all’inverosimile, mentre la pergamena e la foto le cadevano di mano e lei correva via, senza fornire ad uno Spike teso come non mai, una spiegazione. Sconcertato, il ragazzo raccolse la piccola pergamena. La lesse velocemente. Prese la foto. L’aveva vista solo una volta, di sfuggita, nell’albergo di quello strano poliziotto di New York. Eccola li’, Buffy. Piccola, minuta, semplicemente bellissima. Almeno per lui. Cosi’ terribile e cosi’ indifesa…perche’ era corsa via cosi’? In quel momento vide anche lui. E capi’ tutto, subito. Mise frettolosamente in tasca la foto e la pergamena e corse dietro a Buffy. Sapeva dove stava andando.

 

Il cuore le batteva forte. Le rimbombava nelle tempie. La stordiva. Le gambe le facevano male per quanto aveva corso. Le mancava il respiro. Ormai era quasi arrivata. E penso’ che non ce l’avrebbe fatta. Corri! Ignoro’ le dolorose fitte che le trapassavano il corpo e corse a perdifiato, cosi’ forte come lei non pensava di poter andare. Eccola li’. La vedo! Solo pochi metri. Rallento’ quel tanto che le permise di non andare a sbattere contro il portone del condominio dove abitava Xander. Dove aveva lasciato il ragazzo con Dawn. Fece le scale a quattro alla volta, fino al quarto piano. In due secondi era davanti alla porta. Chiusa. Non ebbe il tempo di pensare. Con un calcio, il piu’ forte e il piu’ sofferto che avesse mai dato, spalanco’ la porta. Ma aveva visto male. Era aperta. Si ritrovo’ lungo distesa nell’ingresso di casa di Xander. Si rialzo’. Non sentiva niente, tranne un leggero sfrigolare. Fuoco, forse. Nessuno corse a vedere cos’era successo. La paura di Buffy divenne terrore. Non riusciva piu’ a muoversi. Doveva andare avanti, ma era come bloccata. Tremava convulsamente. D’improvviso senti’ una mano fredda che le afferrava il braccio. Giro’ di scatto la testa. Spike era li’, vicino a lei. Aveva lo sguardo preoccupato. Ma sembrava piu’ lucido di lei. Quel tocco sul suo braccio, freddo eppure bollente, la calmo’ per un istante. Ma dall’interno della casa ancora nessun rumore se non quello sfrigolare monotono. E…Buffy tese l’orecchio. Si’, c’era davvero. Un gemito. Leggero, impaurito. Soffocato. Con uno strattone si libero’ dalla presa di Spike e corse verso il rumore. Il ragazzo la seguiva, circospetto. Buffy guardo’ la porta chiusa della stanza da letto. Si’, il rumore veniva da li’. Un altro calcio. Stavolta la porta era stata saldamente chiusa. Si spalanco’ con un sinistro rumore cigolante. Permettendo ad una Buffy sconvolta di vedere sua sorella ai piedi del letto, legata ed imbavagliata. Un brutto livido sullo zigomo destro. Il vampiro l’aveva stordita e poi aveva preso Xander. Buffy getto’ un’occhiata nella stanza, terrorizzata dalla possibilita’ di trovare il suo amico morto dissanguato in qualche angolo. Ma a quanto pare l’aveva solo portato via. Era stato di parola.

Forse hai ancora un po’ di tempo…

Stava giocando con lei. La stava sfidando a trovarlo. E, per movimentare la cosa, aveva deciso di farsi uno spuntino di nome Xander.

Maledizione, ma cosa ti ho fatto per meritarmi questo? E perche’ te la prendi con loro?!

Tiro’ un calcio alla gamba del letto, poi cadde a terra, singhiozzando. Spike stava slegando Dawn, sconvolta quanto Buffy. La piccola corse ad abbracciare la sorella, che la strinse forte, senza parlare. Spike rimase fermo, i pugni stretti, in un angolo. Furente. Xander gli era sempre stato antipatico, con il suo assurdo protezionismo nei confronti della sua preziosa Buffy. Ma lei gli voleva bene. E soffriva. Terribilmente.

Se al posto di Xander ci fossi stato io avrebbe pianto cosi’?

Non poteva eviatare di chiederselo, guardandola singhiozzare aggrappata alla maglietta di Dawn.  Era come se lui non esistesse, in quel momento.

No, certo che no…io non sono cosi’ importante. Magari sta pensando che sarebbe stato meglio se avesse preso me…

Dawn si sposto’ delicatamente dalla sorella maggiore. Aveva le guance rigate di lacrime rese scure del trucco. Ando’ verso Spike. Lui le tocco’ delicatamente lo zigomo, l’alone violaceo della brutta botta. Dawn gli butto’ le braccia al collo.

“Spike! E se prendesse anche te?!”

Piccola. La sua briciola. L’unica che cercava di capirlo. L’unica a volergli davvero bene.

Si’, lei avrebbe pianto allo stesso modo…

La strinse forte, immaginando che al suo posto ci fosse la sorella. Avrebbe dato qualunque cosa pur di sentire quelle poche parole da Buffy. Poche, ma gli avrebbero fatto esplodere il cuore di gioia. Stava per rassicurare Dawn, quando una voce flebile ma ferma riempi’ il silenzio della stanza.

“Non succedera’…non prendera’ piu’ nessuno. E Xander tornera’ qui. Molto presto. Vuole me? Vuole che lo trovi? Bene.”

Non piangeva piu’. C’era solo furia nei suoi occhi. Una furia che l’avrebbe uccisa. Spike lascio’ Dawn. Si avvicino’ a Buffy. Non la tocco’. In momenti come quelli era meglio tenersi alla larga. Non voleva altri insulti.

“Buffy…non puoi farcela da sola. Non sai dove puo’ averlo portato…forse dovremmo tornare da quei poliziotti…”

La ragazza lo guardo’. Spike resse il suo sguardo.

“Perche’? Loro non possono fare niente! Non sanno niente di demoni e vampiri! Loro combattono gli esseri umani!”

“Loro trovano le persone…le persone rapite. E spesso le trovano vive. Hanno tecnologie, microspie, telecamere. Potrebbero individuarlo molto piu’ velocemente. Dammi retta, per una volta, Buffy!”

Ci penso’ su. Un paio di secondi. Poi annui’ controvoglia. Qualche piccola lacrima scendeva dai suoi occhi. Dawn ando’ in cucina a prendere del ghiaccio da mettere sulla contusione. E Buffy, forse per il dolore, forse perche’ ne aveva voglia e basta, abbraccio’ forte Spike. Lui ricambio’ l’abbraccio dopo un secondo di confusione. Chiuse gli occhi, assaporando fino in fondo quella sensazione. E le sorprese non sembravano voler finire quel giorno. Alcune belle, altre molto meno.

“Cosa farei senza di te?”

Un bella sorpresa. Non l’aveva mai detto. Non a lui. Si senti’ importante, accettato, come raramente gli succedeva. La strinse piu’ forte. E Buffy si senti’ cattiva, perche’ usava il rapimento di Xander come giustificazione…

 

Lincoln Rhyme era alla finestra dell’albergo e guardava con una punta di amarezza la citta’ che stava abbandonando. Con tutti i suoi piccoli misteri. Mel Cooper stava finendo di scollegare tutte le apparecchiature, Sellitto se ne stava placidamente seduto a gustarsi un panino, rimuginando sugli avvenimenti di quella notte. Ormai era l’alba e dovevano partire. Amelia risistemava in silenzio i documenti nella cartellina ocra, rabbrividendo di tanto in tanto quando una foto del collo della vittima finiva nelle sue mani. La sua vita stravolta in un giorno. La vita di Rhyme, di Sellitto, di Cooper, di Tom. Credenze di una vita mandate a farsi benedire. Per colpa della irrefrenabile curiosita’ di Rhyme. E della causa di divorzio di Sellitto. Spero’ che l’aria di New York le avrebbe fatto dimenticare tutto questo. Lo sperava pur sapendo che nemmeno mille anni avrebbero potuto farle dimenticare quella interminabile notte. E quando a New York le si sarebbe presentato un caso strano? Cosa avrebbe fatto? Il tarlo del soprannaturale si sarebbe insinuato dentro di lei. Forse non sarebbe piu’ stata capace di indagare come prima. Avrebbe sempre avuto il timore di stare mettendo il naso in affari che non la riguardavano. C’erano cosi’ tanti casi strani nella sua citta’. Tanti casi irrisolti. Chissa’ se c’era una cacciatrice anche alla grande mela. Probabilmente no. E perche’ proprio a Sunnydale? Ah, gia’…

Benvenuti sulla bocca dell’inferno…

La bocca…dell’inferno…allora esisteva davvero. Inferno, paradiso. E, cosa aveva detto quella ragazza?

Mi hanno ucciso due volte…

Impossibile per una come Amelia crederci. Ma quella ragazza non mentiva. Era davvero morta. Non una, due volte! Ed era tornata? Certo, quello con cui aveva parlato non era affatto un fantasma. E i fantasmi esistevano? Beh, se esistevano demoni e vampiri perche’ non dovrebbero esistere i fantasmi? In fondo ci aveva sempre creduto. Ne aveva bisogno. Per pensare che suo padre non l’aveva completamente abbandonata. Era un pensiero confortante. Sorrise. Era tutte cosi’ irreale…

Rhyme aveva sempre evitato le domande di natura teologica. Era uno scienziato. Credeva nella materia, lo spirito per lui era frutto dell’invezione umana. Per far sentire i deboli meno soli, i tristi meno affranti. Eppure ora tutte le sue teorie erano state stravolte. In un attimo aveva perso tutto quello in cui aveva creduto. Era venuto a conoscenza di vampiri, demoni, licantropi, fantasmi…cacciatrici. Che nome banale. Penso’ che probabilmente si sarebbe ritirato. Basta cosi’. Non voleva ritrovarsi ancora un caso come quello. Anche se a New York di solito succedeva che un uomo uccideva un altro uomo, senza vampiri di mezzo. Ma poi avrebbe cominciato a congetturare, a domandarsi se per caso un vampiro avesse avuto voglia di uno spuntino alla grande mela o cose del genere. E non sarebbe piu’ stato capace di andare avanti.  Forse avrebbe potuto restare a Sunnydale. Studiare la bocca dell’inferno. Magari cercare un modo per chiuderla…

Oh, no, Rhyme…non ricominciare con queste assurde teorie…

Non erano affari suoi. Ma lui era sempre stato un gran ficcanaso. Ma stavolta no. Avrebbe fatto dietrofront e sarebbe tornato a New York. Avrebbe dato le dimissioni una volta per tutte. Avrebbe continuato la sua vita da civile. Con Amelia. Forse. Niente piu’ gli sembrava sicuro. Niente certezze. Faceva troppo male vederle portate via. Come da una folata di vento. In un secondo. E ti ritrovi a chiederti cosa ci sia di certo, di scontato nella vita. La morte? No, quella ragazza l’aveva vinta due volte. Nemmeno quell’ultima certezza gli era rimasta. Per un attimo odio’ Buffy. Con tutte le sue forze. Ma poi penso’ che in fondo non era nemmeno colpa sua. Era sicuro che non l’avesse chiesto lei l’oneroso compito di proteggere i comuni mortali dalla bocca dell’inferno. Forse anche lei si era sentita come loro. Anzi, sicuramente. Chissa’ cosa stara’ facendo. L’avra’ trovato quel vampiro? O sara’ morta di nuovo?

Come evocata dai suoi pensieri, la porta della stanza si spalanco’. Sulla soglia stava Buffy, tremante ma risoluta. Accanto a lei, ancora quel ragazzo, il vampiro innamorato. Li fissava diffidente. Buffy giro’ lo sguardo su tutti i presenti. Era uno sguardo sofferente, implorante. I suoi occhi si fermarono in quelli di Rhyme. Lui ebbe l’impressione di leggervi una supplica. La voce della cacciatrice suono’ chiara e forte alle sue orecchie.

“Ho bisogno del suo aiuto…”

 

3 – Time Is Running Out

“Ho bisogno del suo aiuto…”

Quelle parole arrivarono lente alle orecchie di Rhyme. Non fu nemmeno certo di averle sentite. Il suo smarrimento duro’ un solo attimo. Poi, una risata piena di un amaro sdegno riempi’ il silenzio della sala.

“Cosa?”

Buffy strinse i pugni. Gli occhi verdi divennero due piccole fessure, mentre rivolgeva uno sguardo carico di odio al criminologo.

“Le sto chiedendo di aiutarmi…mi ha sentito, Rhyme. Ho bisogno del suo aiuto, e ne ho bisogno adesso!”

Rhyme prese quelle parole come una vittoria personale. La cacciatrice che chiede aiuto al comune mortale…

“Oh oh, ma cosa sentono le mie orecchie…la grande, potente Sharlock Olmes che chiede aiuto al povero sciocco Watson…ah, non va proprio…mi dispiace ma come vede ho raccolto i miei giocattoli e sto per tornare a New York. Sono sicuro che la cacciatrice sapra’ cavarsela anche senza il mio banale aiuto…”

Uno sguardo ardente parti’ dagli occhi di Rhyme. E rimbalzo’ in quelli di Buffy. Si senti’ travolgere da un’ondata di odio. E disperazione. Ma la sua espressione divertita e soddisfatta non abbandono’ nemmeno per un istante il suo viso. Buffy tremava di piu’, ora. Per la rabbia. Stringeva i pugni con foga, rischiando di farsi male. Spike le si avvicino’. Provo’ a prenderle una mano, ma lei si ritrasse bruscamente. A quanto pareva l’orgogliosa Buffy Summers era tornata. Niente piu’ momenti di debolezza, ora.

“Rhyme, glielo sto chiedendo per favore…”

“Mi dispiace, non sono affari miei…la cacciatrice e’ qualificata per questi delitti…”

“non le sto parlando da cacciatrice!”

“Allora cominci a farlo, perche’ questi, glielo ripeto, non sono affari miei. E le ricordo che e’ stata lei a volermi fuori!”, le urlo’ contro il criminologo, rabbioso.

Buffy si imponeva di restare calma, anche se una parte piuttosto ampia di lei avrebbe voluto prendere a calci quel paralitico cosi’ pieno di se’ da scoppiare.

“Questo e’ stato prima che un vampiro rapisse il mio migliore amico…”

“Ah, e’ tutto qui…la potente cacciatrice Buffy Summers chiede aiuto quando si tratta dei suoi amici. Se avesse rapito qualcun altro mi avrebbe chiamato?”

“Io…”

“No, certo che no! Vuole sapere cos’e’ lei? E’ un’egoista. Se un caso la tocca da vicino allora, certo, mobilitiamo anche l’esercito…altrimenti si puo’ fare con calma. Si puo’ estromettere la polizia e pensare di poter risolvere sempre tutto da sola. E se scappa un cadavere, fa niente! Non sara’ certo lei a piangerlo!”

Per Buffy era troppo. Essere chiamata egoista due volte in un giorno, proprio lei che rischiava la sua vita ogni maledetto giorno per salvare il culo di quelli come Lincoln Rhyme. Chi era lui per giudicarla? Fece qualche passo avanti. Afferro’ Rhyme per le spalle. Amelia si mosse per aiutarlo, ma la mano fredda di Spike la trattenne. Gli altri capirono che era meglio restare al proprio posto. Nessuno, in quella stanza, sarebbe stato in grado di capire quali occhi ardevano di piu’. Quelli neri di Rhyme, o quelli verdi di Buffy?

“Mi ascolti bene, Rhyme. Io lavoro giorno e notte, rischio la vita, combatto, vinco, muoio per salvare paralitici narcisisti come lei, e cosa ho in cambio? Vengo chiamata egoista, egocentrica, assente, fredda! Nessuno sa quello che faccio. La gente non va a letto la sera pensando ‘possiamo dormire tranquilli, c’e’ la cacciatrice in giro’. Non sanno nemmeno della mia esistenza. E io combatto per loro. E nessuno mi ringrazia mai. Ho le mani sporche di sangue. A volte non riesco a comprendere la differenza tra bene e male e non c’e’ nessuno che mi consigli. Essere cacciatrici significa essere soli. Significa rinunciare a se’ stessi. Maledizione, non ho chiesto io di diventare quella che sono, sa? Non ci sono concorsi per aspiranti cacciatrici! Lo vieni a sapere da un momento all’altro e non puoi fare niente per evitarlo. In quel momento perdi tutto. Non hai piu’ diritto ad una vita normale. Io la mia piccola fetta di normalita’ l’ho costruita sudandomela giorno dopo giorno. I miei amici, la mia famiglia. Per voi avere amici e’ normale. Per me e’ una lotta continua. E a volte penso che, si’, sono egoista, perche’ li lascio camminare al mio fianco pur sapendo che corrono pericoli. Ma senza di loro impazzirei. Io non sono forte, ho bisogno di qualcuno che mi sostenga. Io…non posso perderli, capisce?”

Piangeva, Buffy. Senza accorgersene. Sentiva solo qualcosa di caldo scivolarle sulle guance. Lascio’ andare Rhyme. Si guardo’ intorno. Amelia la fissava commossa. Spike la guardava con orgoglio. Sembrava gridare ‘questa e’ la mia Buffy’. Lei si asciugo’ gli occhi. Torno’ a guardare Rhyme. C’era una quieta disperazione nei suoi occhi verdi, che lui riusciva a vedere benissimo. E che lo lasciava stranamente senza parole.

“Io…io non sono un’egoista Rhyme. Possono accusarmi di essere tutto, tranne che egoista. Non so nemmeno cosa significhi potersi dedicare esclusivamente a se’ stessi. E’ un concetto che non puo’ nemmeno sfiorarmi. L’unica cosa che mi preoccupa in questo momento e’ che questo vampiro ha con se’ Xander. E io lo trovero’ e lo uccidero’, con o senza di lei. Solo che senza ci mettero’ molto di piu’. Allora, detective, mi aiuta?”

Rhyme si guardo’ intorno per un attimo. I suoi occhi si posarono su Cooper.

“Mel, di’ agli operai di riportare tutto dentro. A quanto pare ritarderemo la partenza di qualche giorno…”

Un sorriso di trionfo illumino’ il volto di Buffy. Rhyme ricambio’ il sorriso. Stavolta sembrava molto meno forzato. La ragazza giro’ gli occhi, certa di incrociare lo sguardo sognante di Spike. Ma lui non la guardava. E Buffy noto’ tristemente che sorrideva malizioso ad Amelia Sachs. Anche Rhyme volse gli occhi verso la sua donna. Una terribile fitta sembro’ trapassarlo, anche se non avrebbe potuto sentirla. La poliziotta dai capelli rossi fissava interessata gli occhi blu di quel vampiro. Timidamente. Il criminologo torno’ tristemente con gli occhi verso Buffy. E si accorse che lei faceva la stessa cosa. Lentamente, spostava gli occhi su di lui. Senza terrore. I loro sguardi si incrociarono. La stessa triste rassegnazione. In quel momento, senza parole, capirono di essere uguali. Uno sguardo di alleanza. Quasi amichevole. Lo sguardo di due persone che, per quanto fossero diverse, recavano dolori profondi. Di cui nessuno era a conoscenza. Due persone sole. Due persone orgogliose e cocciute. Due persone diverse…

 

Circa tre ore dopo tutti i macchinari erano stati collegati alle prese elettriche. Un ronzio monotono riempiva l’aria della stanza. Un’aria terribilmente calda e opprimente, penso’ Rhyme. Buffy sembrava non far nemmeno caso al caldo. Stava seduta sul cornicione della finestra del soggiorno, contemplando le stradine sottostanti l’albergo. I suoi capelli biondi ondeggiavano lentamente nel vento. In una sorta di maliziosa danza senza fine. Salivano, scendevano, le carezzavano le guance. Ricadevano morbidi sulle sue spalle. I suoi occhi non osservavano nulla in particolare. Si spostavano nervosamente. Si richiudevano per istanti lunghissimi. Con la mano destra si tormentava le pellicine attorno alle unghie. Conficcava le unghie nella pelle fino a farla sanguinare. Rhyme penso’ che in questo era simile ad Amelia. Un vizio autodistruttivo. Eppure quanto la invidiava. Prima dell’incidente lui era solito camminare avanti e indietro, ininterrottamente, congetturando. Ora non poteva fare niente. E sfogava il suo nervosismo sugli altri. Era un buon antistress. Lo calmava per un po’. Ora pero’ avrebbe voluto poter conficcarsi le unghie nei palmi delle mani per la frustrazione. Non solo non aveva la minima idea di come risolvere questo caso, ma sembrava non poter contare nemmeno sull’aiuto psicologico e fisico di Amelia, troppo presa a chiacchierare con quel vampiro. Spike.

“E cosi’…tu hai un’anima?”

Il vampiro biondo annui’, rivolgendosi all’attraente donna che gli stava davanti.

“Gia’…beh, non e’ sempre una bella cosa…ma l’ho voluta io, e non me ne pento.”

“Deve fare molto male…insomma, tutti quei sensi di colpa…”

“Quello che me l’ha ridata l’ha paragonata ad una scintilla…una scintilla di vita. Ma i primi tempi era un fuoco incontrollabile. E mi sembrava che mi stesse uccidendo. C’erano tutte quelle voci. E tanti volti. Ma poi Buffy mi ha aiutato ad uscirne…”

Un sorriso triste si affaccio’ sulle labbra di Spike. Amelia noto’ che succedeva solo quando parlava di Buffy.

“Sei in pena per la tua amica?”

“Non voglio che soffra. E’ stata male abbastanza. Meriterebbe un po’ di felicita’…ma quando sembra che cominci a filare tutto liscio, ecco che compare il solito vampiro con le manie di grandezza e rovina tutto…”

“E’ per lei che hai voluto indietro la scintilla?”

Spike alzo’ gli occhi sulla donna. Somigliava un po’ a Buffy. Era piu’ alta, sembrava piu’ dolce, ma le somigliava. Avevano gli stessi occhi. Tremendi e impauriti. Spike ne rimase per un attimo stordito.

“Cosa te lo fa pensare?”

Amelia sorrise. Dio, sorridono allo stesso modo!

“Non per smontarti, ma si vede lontano un miglio che sei cotto di lei...te lo si legge negli occhi…e poi non vedo altra ragione. Solo un uomo pazzo o uno innamorato rischierebbe tanto…”

Spike abbasso’ timidamente lo sguardo.

“Dovro’ imparare a nasconderlo meglio…a lei non piacerebbe leggermelo negli occhi…forse dovrei comprarmi un paio di occhiali scuri…”

Risero lievemente a quella battuta.

“E cosi’ non ne vuole saperne di te?”

“Io sono solo un mostro…con o senz’anima…e una cacciatrice non puo’ amare un mostro…nessuno puo’ farlo…”

Lo disse con una quieta disperazione che tocco’ profondamente Amelia. Gli mise una mano sul braccio. A quel tocco, Spike alzo’ gli occhi su di lei.

“Hey…io non penso che tu sia un mostro…e sai perche’?”

Sembrava una buona mamma che cerca di consolare un bambino. E Spike aveva terribilmente bisogno di essere consolato. Le rivolse un sorriso.

“Perche’?”

La donna gli asciugo’ con una mano una piccola lacrima. Lui non s’era nemmeno accorto di piangere. Doveva aspettarselo. Quando pensava a Buffy gli succedeva sempre.

“Perche’ i mostri non piangono per amore…”

Buffy aveva osservato i due parlare dalla finestra dov’era seduta. Non aveva sentito cosa si dicevano. Ma le erano bastate le immagini. Lo sguardo di Spike. Come quando guardava lei. Anzi, piu’ interessato. E Amelia…era cosi’ bella…quale uomo (o vampiro) non avrebbe perso la testa per lei? Gli occhi verdi, i capelli rossi…alta, slanciata. Con un bel sorriso. Un bel sorriso che stava rivolgendo a lui…si fissavano negli occhi. Sorridevano, parlavano. Buffy giuro’ di aver visto la mano di Amelia sulla guancia di Spike. E si era sentita tradita nel profondo. Ma perche’? Era Spike! Aveva tutto il diritto di amare qualcun’altra. Perche’ lei non poteva averla. Lei non avrebbe mai potuto essere sua. Ma, chissa’?, magari Amelia si’. Ma le dava cosi’ fastidio. Avrebbe voluto rimandare quella dannata poliziotta a New York. Con tutto il corredo di attrezzi elettronici e perfettamente inutili. Ma aveva bisogno di loro per trovare Xander. Distolse lo sguardo dai due seduti placidamente su un divanetto. Parlavano. Sempre piu’ vicini. E Spike aveva occhi solo per lei. Era come se Buffy non esistesse piu’. Guardami, guardami, guardami! E lui la guardo’. Si giro’ per un istante verso di lei. E tutto quello che Buffy seppe fare fu abbassare gli occhi, dopo avergli rivolto il solito sguardo di ghiaccio.

Stupida idiota, alza questi maledetti occhi!

Li rialzo’. Ma lui non la stava guardando piu’. Era tornato a fissare Amelia. Gli occhi verdi di Buffy si riempirono di lacrime. Di rabbia. Non avrebbe saputo dire perche’.

In quel momento, fortunatamente, Tom irruppe nella sala chiedendo a tutti di andare da Rhyme. Spike e Amelia si alzarono. Lui non guardo’ nemmeno di sfuggita la ragazza bionda che lo seguiva con gli occhi. Poi, anche Buffy scese dalla finestra ed entro’ titubante nella camera da letto.

 

Rhyme stava disteso sul letto. Un bicchiere colmo di succo di frutta (“troppo presto per il liquore”, aveva detto Tom rifilandogli un bicchiere di succo d’arancia), dava bella mostra di se’ su di un sottobicchiere posto poco distante dal viso di Rhyme. Una cannuccia gli arrivava a pochi centimetri dalle labbra.  Delle belle labbra, penso’ Buffy. Era la cosa che l’aveva colpita di piu’ in Rhyme, subito dopo gli occhi. Quegli occhi cosi’ duri e freddi non sembravano nemmeno appartenere ad un essere umano. Si prendevano gioco della gente. Ridevano di lei. E, insiegabilmente, sembravano chiederle aiuto. Solo a lei. Perche’ loro erano uguali…ugualmente diversi. Le labbra di Rhyme si mossero.

“Allora, Sachs, cosa abbiamo?”

La poliziotta avanzo’ verso Rhyme. Aveva un documento in una mano. Ma i suoi occhi fissavano Rhyme. Sembravano stupirsi del suo sguardo, stranamente gelido. Buffy penso’ che anche lui avesse visto la chiacchierata amichevole (terribilmente amichevole) tra lei e Spike. E si rodeva di gelosia quasi piu’ di lei.

“Stando a quanto raccolto fin’ora abbiamo due ragazzi morti assassinati. Del primo non si sa niente, il caso era ancora nelle mani della polizia locale. Del secondo sappiamo a tutt’oggi che e’ stato…morso da un vampiro. Sul collo. Causa del decesso: dissanguamento. Ora abbiamo aggiunto alla lista anche un caso di rapimento. Xander Harris, ventidue anni, attualmente caposquadra in un cantiere edile. Si presume che il rapimento sia opera di un…vampiro non meglio identificato. Non sono ancora stati effettuati rilevamenti sulla scena del crimine, ovvero l’appartamente numero nove-zero-uno di Mereduth street, a Sunnydale. Non c’e’ nient’altro. Qualcuno dovrebbe andare ad esaminare la scena. Magari potrebbe anche fare altri rilevamenti nella scena numero uno, il vicolo dietro il locale. Potrei…”

Rhyme la interruppe bruscamente. Fisso’ Buffy negli occhi.

“Certamente, Amelia. Summers, vorrei che sia lei ad esaminare la scena.”

Amelia rimase interdetta per un istante. L’aveva chiamata per nome…non lo faceva mai. E aveva intenzione di mandare una civile inesperta ad esaminare una scena al posto suo. Si senti’ bruciare di rabbia.

“Ma…Lincoln! Non puoi mandare una civile ad esaminare la scena di un crimine! E’ un lavoro delicato, non puo’ farlo chiunque! Manda me, come sempre!”

Rispose pacatamente, Rhyme. Come se tentasse di spiegare una lezione semplicissima ad un alunna un po’ tarda.

“Sachs, tu non conosci questa citta’. E non conosci i vampiri e tutto quello che li riguarda. Ti lasceresti sfuggire particolari importanti che una cacciatrice come lei noterebbe subito. E poi voglio proprio vedere come se la cava come poliziotta. Secondo me ha la stoffa della detective…”

Buffy senti’ le guance andare in fiamme. Tom, dall’altra parte della stanza rise scherzosamente.

“Ah, signorina! Si ritenga una delle persone piu’ fortunate al mondo! Lincoln le ha appena fatto un complimento…e le assicuro che non succede tutti i giorni!”

Lei sorrise lievemente. Si senti’ orgogliosa. Di se’ stessa. E incuriosita. Non aveva mai esaminato una “scena del crimine” come una vera detective. Era una cosa nuova. E la intrigava. Annui’. Rhyme le rivolse un cenno. Guardo’ Mel Cooper. L’uomo si avvicino’ a Buffy, porgendole faticosamente una ventiquattr’ore. Sembrava terribilmente pesante, e Rhyme si aspetto’ che la ragazza la lasciasse cadere, vinta dal peso eccessivo. Invece Buffy prese la valigetta dalle mani sudate di Cooper e la soppeso’ con interesse. La taneva stretta tra le mani come se fosse stata fatta di gommapiuma. Dopo un attimo di smarrimento e stupore, Rhyme chiamo’ il corpulento detective Sellitto, che se ne stava sprofondato su una poltrona.

“Lon, ti dispiacerebbe accompagnare la signorina sulla scena? Hai le chiavi del furgone?”

L’uomo annui’ e si avvio’ verso l’uscita. Rhyme torno’ a rivolgersi a Buffy.

“Non ti dispiace se ti do’ del tu, Summers?”

“No, va bene…Lincol…”

“Mai i nomi di battesimo…portano sfortuna…”

“Ah…”

L’uomo sul letto indico’ con cenno la valigetta che Buffy continuava a stringere con noncuranza.

“Li’ c’e’ un kit completo per analizzare le scene dei crimini. Pinze, buste di plastica, guanti di lattice, torce elettriche eccetera. Dovrebbero esserci anche un paio di cuffie. Indossale prima di cominciare e io ti guidero’ passo passo. La frequenze e’ 7.00. Non sara’ difficile.”

“Bene”

Si avvio’ verso l’uscita per andare a raggiungere Sellitto. Spike fece per seguirla, ma la voce tonante di Rhyme lo trattenne.

“Andra’ da sola. Non avra’ bisogno di te, Spike, fidati. L’aspetteremo qui. Magari bevendo un sorso di scotch.”

Tom sospiro’ esasperato e prese la bottiglia di liquore chiaro. Ne verso’ un po’ nel bicchiere di Rhyme. Ne offri’ a Spike, che bevve due lunghe sorsate. Amelia stava offesa in un angolo, torturandosi le unghie con le unghie. Semplicemente non le andava giu’ di essere stata rimpiazzata. Una fitta di gelosia attanaglio’ anche lei. E nello stesso momento, anche Spike guardava il criminologo pensando allo sguardo che aveva rivolto a Buffy. E la malattia che quel giorno dilagava sembro’ accorgersi anche di lui. E lo invase. Gelosia.

 

“E’ sempre stato cosi’?”

Sellitto si volto’ verso la ragazza bionda accanto a lui. Un vero bocconcino.

“Oh, a Rhyme e’ sempre piaciuto far saltare i nervi alle persone. E’ il suo secondo lavoro. E’ sempre stato un gran figlio di puttana!”

“Intendevo la parte fisica…”

“Ah, quella…un incidente. Qualche anno fa. Stava esaminando una scena. Avevano trovato un poliziotto morto in una vecchia galleria della metropolitana. Lui aveva insistito per controllare di persona. Nessuno gli aveva detto che la struttura era pericolante. Si e’ chinato sul cadavere. E una trave di quercia gli e’ caduta addosso e l’ha quasi tranciato in due…”

“Mio Dio…”

“Gia’…e’ un miracolo che sia vivo. beh, all’inizio lui non ne era cosi’ contento. Di essere vivo, intendo. Voleva farla finita. Aveva paura che un attacco di disreflessia potesse portarlo ad uno stato vegetativo. Aveva addirittura assunto un tizio per il suicidio assistito. Ma poi e’ arrivata Amelia. E ha saputo tenergli testa. L’ha aiutato. Ora si dedica al suo lavoro giorno e notte. Sempre con lei…”

Buffy torno’ a guardare la strada di fronte a loro. Sellitto guidava piano. Terribilmente piano. Si stava annoiando.

“Tra Rhyme e Amelia c’e’ qualcosa di piu’ che un semplice rapporto di lavoro, vero?”

Il detective si strinse nelle spalle, senza staccare gli occhi dalla strada.

“Rhyme e’ sempre stato molto criptico riguardo la sua vita privata. Non ne so molto. Ma penso che si’, ci sia qualcosa tra loro.”

Non le chiese nemmeno il motivo di quelle domanda. E per lei fu meglio cosi’. Perche’ in fondo non lo sapeva nemmeno lei perche’ glielo aveva chiesto. Semplice curiosita’, forse. Forse. Finalmente il furgone accosto’ al marciapiede. Il condominio di Xander. Buffy sali’ le scale lentamente. Quarto piano. Il corridoio. Eccolo, interno nove-zero-uno. Sulla porta aperta il nastro giallo della polizia. E una ragazza. Tremante. Piangeva in silenzio. Buffy le si avvicino’. La abbraccio’ forte, cercando di reprimere le lacrime. Anya si stacco’ lentamente da lei. Cerco’ di asciugarsi le lacrime.

“Da quanto sei qui, Anya?”

“Poco…un paio d’ore, forse. Non lo so. E’ venuta anche Willow. E il signor Giles. Buffy, devi trovarlo!”

Era a pezzi, povera Anya. Fino a due giorni prima avrebbe affermato di odiarlo, Xander. E ora piangeva per lui. L’amore non si cancella facilmente. Proprio no. Buffy le prese una mano. Come tremava!

“Lo trovero’, te lo prometto! Lo riportero’ qui!”

Anya annui’, assente.

“Non ero con lui…”

“Non sarebbe cambiato niente, lo sai.”

Anya si strinse forte alla ragazza. Piangeva di piu’, ora.

“Non gli ho nemmeno detto che l’amavo…nonostante tutto…”

“Glielo dirai…quando tornera’, glielo dirai…ora va’ a riposare, piccola.”

La ringrazio’, poi se ne ando’ tristemente. Buffy si inginocchio’ nell’atrio. Apri’ la valigetta e ne estrasse le cuffie. Regolo’ la frequenza.

“Rhyme, ci sei?”

La voce di Rhyme le rimbombo’ nelle orecchie. Il cuore prese a batterle piu’ forte, senza  motivo.

“Sono qui, Summers. Dove sei?”

“Nell’atrio del condominio. Davanti alla sua porta.”

“Bene. Entra.”

La ragazza entro’ cautamente nell’ingresso dell’appartamento. Era tutto come l’aveva lasciato lui. Provo’ una voglia irresistibile di piangere, ma si trattenne. Rinforzo’ la presa sulla valigetta nera che stringeva nella mano destra, conscia dello sguardo di Sellitto, che la controllava dalla porta.

“Summers, sei gia’ dentro?”

“Si’.”

“Fermati subito!”

“Che c’e’?”

Si arresto’, impaurita.

“Guarda nella valigetta. Ci dovrebbero essere dei guanti di lattice. Mettili. Accanto ci sono tre elastici per i capelli. Non voglio che la tua bella chioma contamini la scena. Legali. Gli altri due mettili intono alle scarpe. Cosi’ distingueremo le tue impronte da quelle del vampiro…i vampiri indossano scarpe, non e’ vero?”

La ragazza rise debolmente.

“Si’, la maggior parte. Almeno quelli che ci tengono all’immagine…”

Sistemo’ gli elastici attorno alle scarpe. Si sentiva un po’ ridicola. Ma era un’idea ingegnosa. Aspetto’ altri comandi. Ma dalle cuffie non si sentiva niente.

“Rhyme?”

“Si’?”

“Cosa devo fare ora?”

“Sellitto e’ con te?”

“Alla porta. Mi sorveglia come un mastino affamato…”

Senti’ la risatina di Rhyme.

“Mandalo al furgone. Lavorerai meglio se non ti senti osservata.”

Buffy riferi’ al detective gli ordini di Rhyme. Sellitto annui’ e si avvio’ verso l’uscita.

“Fatto”

“Prendi la torcia nera dalla valigetta. Puntala sul pavimento. Mettera’ in evidenza tutte le impronte presenti. Ricordi il numero di scarpe del tuo amico e di tua sorella?”

Lei ci penso’ su per un istante.

“Si’, quaranta e trent’otto.”

“Bene. Il numero di scarpe puo’ essere importante. Forse. Beh, nei casi normali lo e’. quindi fotografa tutte le impronte che non riconosci. Ci aiuteranno anche a capire la dinamica del rapimento. Se magari il vampiro ha toccato qualcosa. I vampiri hanno impronte digitali, DNA, eccetera, vero?”

“C-credo di si’…cioe’, io non ho mai avuto la necessita’ di prendergli le impronte o campioni di DNA, ma penso che ci siano. Dopotutto sono sempre persone. Morte, ma persone. C’e’ un database delle persone morte?”

“Posso cercare. Qualcosa ci sara’…”

Buffy si muoveva lentamente, puntando la torcia sul pavimento. Rhyme la interruppe.

“Sai come si percorre la griglia, Summers?”

“Percorrere…cosa?”

“E’ un metodo di ricerca degli indizi. L’ho inventato io. Consiste nel camminare per un tratto dell’area in linea verticale, muovendosi con passi di dieci, venti centimetri l’uno, poi ripercorrere il tratto al contrario. Si perde parecchio tempo, ma i risultati sono spesso soddisfacenti.”

Buffy torno’ sui suoi passi. Percorse un breve tratto. Torno’ nuovamente indietro. Solo impronte di Xander e di Dawn. Poi, il raggio della torcia si poso’ su un’impronta nuova, leggermente piu’ grande delle due precedenti. Un quarantadue, quarantatre al massimo. Segui’ le impronte. Ce n’erano tantissime.

“Ci sono, Rhyme!”

“Cos’hai trovato, Summers?”

“Impronte! Diamine, sono tantissime…si sovrappongono a volte.”

“Riesci a leggerle?”

Ancora una volta la cacciatrice non capi’.

“Cosa?”

“Riesci a capire cosa stava facendo guardando le sue impronte? I suoi movimenti?”

“Si’, si’, e’ semplice. E’ entrato correndo. Xander era in cucina. Dawn era vicino a lui. Il vampiro e’ arrivato davanti a Xander. Lui ha fatto un passo indietro. E dawn…”

Segui’ le piccole impronte sinistramente illuminate. Avanzavano. E poi, improvvisamente, retrocedevano, spostando tutto il peso sui talloni. Stava cadendo! L’aveva colpita li’. Ma con cosa?

“Dawn si e’ avventata contro il vampiro. Stupida ragazzina! Lui l’ha colpita. Lei ha barcollato all’indietro. E’ caduta…”

Segui’ le piccole impronte che indietreggiavano. La tenda era stata strappata. Si era appoggiata li’ per non cadere. Ma era caduta. Dietro la piccola poltrona. Buffy scosto’ la tenda. E lo vide. Il volto le si illumino’.

“L’ho trovato!”

“Cosa, Summers? Parla con me…”

“Il vampiro l’ha colpita, ma non con un pugno. E’ una brocca di metallo. Di quelle economiche. Piccola…”

“Summers, non voglio mai sentirti dire che una cosa e’ piccola o grande. Sono dati approssimativi. Una brocca puo’ essere piccola rispetto una casa e grande rispetto una penna. Come vedi sono dati non affidabili. Voglio sentire parlare di centimetri, diametro, materiali!”

Maledizione, Rhyme, ma io che ne posso sapere! Non sono la tua preziosa Amelia!

“Beh, e’ alta dieci centimetri e ha un diametro di cinque. Ma non ne sono sicura.”

“Non importa, niente e’ sicuro…”

“Sicuramente e’ d’acciaio. Abbastanza pesante.”

“Ottimo lavoro, Summers. Apri la valigetta. C’e’ una polilight. E’ una piccola torcia. Puntala sulla brocca. Se ci sono impronte, le vedrai.”

“Non c’e’ bisogno, Rhyme.”

Il criminologo rimase un secondo in silenzio.

“Che vuoi dire?”

“la brocca e’ sporca. Solo in alcuni punti. C’e’ molta polvere, ma il resto e’ pulito. Deve averla lasciata il vampiro. E, tracce di vernice. Rossa. Dev’essersi sporcato quando ha scritto il messaggio nel vicolo.”

Rhyme rimuginava ad alta voce.

“Polvere e vernice. Mani sporche di polvere…in che luogo uno puo’ sporcarsi di polvere tanto da sporcare la superficie di un oggetto?”

Buffy ci penso’ su per un istente.

“Beh, le cripte non sono molto pulite. Spesso sono piene di polvere. Ma non puo’ essere una cripta perche’ Xander prima di essere rapito le ha controllate tutte. In tutta la citta’. e non penso che il nostro amico abbia una tana fuori Sunnydale. Sarebbe troppo complicato…”

“Devi cercare qualcos’altro”

Buffy prese un sacchetto di plastica trasparente dalla valigetta. Mise delicatamente la brocca dentro la busta e la richiuse. La mise a posto e torno’ a muoversi lentamente per la casa. In soggiorno non c’era niente. Impronte di Xander, di Dawn. Ma Rhyme non le permise di passare alla camera da letto. Per arrivarci, il vampiro avrebbe dovuto per forza passare per il soggiorno. Buffy alzo’ gli occhi al cielo. Riprese rabbiosamente a camminare, cercando di restare concentrata. E le trovo’. Altre impronte. Di un uomo che cammina lentamente, portandosi dietro qualcosa. Trovo’ l’impronta delle corde che stringevano Dawn sul pavimento, dove avevano strusciato.

“L’ha trasportata lui…”

“Che hai detto, Summers?”

“Il vampiro! Il vampiro non ha lasciato che Dawn camminasse da sola fino alla stanza da letto e non l’ha fatta trasportare da Xander, perche’ le impronte non coincidono. Quindi l’ha trascinata lui. E per trascinare una persona…”

“…La si deve toccare per forza! Summers sei un genio!”

Un sorriso compiaciuto spunto’ sulle labbra di Buffy. Sulle corde avrebbero trovato delle impronte! Avrebbero individuato l’assassino e scoperto dove era stato seppellito. Poi avrebbero solo dovuto chiedere in giro. Erano vicini alla soluzione!

“Summers, dimmi se le impronte sulla brocca sono buone.”

“Che importa? Abbiamo la corda, no?”

“Voglio anche quelle impronte. Prendi la polilight e dimmi se sono impronte buone. Sai cosa significa?”

“Si’, credo di si’…”

Buffy torno’ in cucina. Apri’ la valigetta e tiro’ fuori il sacchetto di plastica con la brocca all’interno. Poi prese la polilight. Piccola. Mandava una fioca luce violacea. La punto’ sulla superficie polverosa della brocca. E, inspiegabilmente, non vide niente.

“Rhyme…non c’e’ niente!”

“Come? Hai detto che l’ha toccata!”

“Si’, l’ha toccata, te l’ho detto, ma c’e’ solo polvere. Niente impronte…”

“Summers, tocca la brocca con il guanto di lattice, poi passaci sopra la polilight…”

La ragazza non capi’, ma fece tutto quello che le era stato chiesto. E rimase di stucco quando noto’ il risultato.

“Oh mio Dio…aveva i guanti! Figlio di puttana!”

“Esattamente. Si tratta di qualcuno che sa fare il suo mestiere. Non e’ uno qualsiasi, giusto, Summers?”

“No…decisamente no…”

“Ok. Vai nel vicolo. Quello dietro al Bronze.”

“Bene. Ti richiamo quando sono li’.”

Poso’ le cuffie nella valigetta. Usci’ dall’appartamento, dopo avergli dato un’ultima, malinconica occhiata. Chiuse la porta. Perche’ diavolo sentiva che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo faceva?

 

Mezz’ora dopo era nel vicolo. Quello dietro al Bronze. Il vicolo degli omicidi. Per terra c’era ancora la scritta in rosso, quella che Spike aveva detto essere scritta con la vernice.

Non pensare a Spike!

Lascio’ Sellitto nel furgoncino. Rimise la cuffie sulle orecchie. L’accese. La voce di Rhyme l’accolse.

“Quanto tempo ci hai messo, Summers!”

“Anch’io sono felice di risentirti, Rhyme!”

“Ok, ok…cosa abbiamo?”

Si guardo’ intorno.

“Un vicolo. Sporco. Lungo una decina di metri. Termina con un muro alto quattro metri. A circa tre dal muro c’e’ una scritta. In rosso. Vernice. Di pessima qualita’, anche. Il testo lo sai gia’. Non penso ci sia molto, qui.”

“Controlla lo stesso”

Il vicolo era misericordiosamente ombreggiato, penso’ Buffy. Tirava una piacevole brezza. Tiro’ indietro i capelli con l’elastico. Prese la torcia per le impronte. Ce n’erano a milioni, tutte diverse. Impossibile stabilire quale fosse il piede dell’assassino. Lo disse a Rhyme. Lui le rispose di non preoccuparsi. Comincio’ a percorrere la griglia. Era a meta’ strada quando senti’ dei passi leggeri dietro di lei.

“Summers, cosa hai trovato?”

Nessuna risposta.

“Summers?”

Ancora niente. Rhyme cominciava a spaventarsi. Un urlo strozzato risuono’ nelle cuffie del criminologo.

“Summers! Tutto bene? Rispondimi!”

Finalmente la voce della cacciatrice suono’ forte e chiara alle sue orecchie. Un po’ ansimante.

“Si’, Rhyme?”

“Che diavolo e’ successo?”

“Solo un vampiro…”

Buffy si aspettava che le chiedesse se stava bene. Ma la voce del criminologo era seccata. La stava rimproverando.

“Hai ucciso un vampiro sulla scena??”

“Gia’, ma e’ stato facile, sto bene.”

“Ma e’ pieno giorno!”

“Il vicolo e’ ombreggiato…”

“Complimenti, Summers, hai appena contaminato irrimediabilmente la scena! Tutta quella polvere!”

Buffy si arrabbio’. Premette il microfono contro le labbra.

“Preferivi contaminare la scena con il mio sangue, Lincoln?”

“Non i nomi, Summers!”

“Nomi, cognomi, chi se ne frega! Senti, qui la legge e’ ammazzare o essere ammazzati!”

“Ma non potevi eviatare di combattere sulla scena?”

“Oh, certo, potevo dirgli ‘scusami, tesoro, e’ la scena di un crimine e la sto analizzando, potresti gentilmente uscire e farti uccidere un po’ piu’ in la’?’…dico, ma sei stupido, Rhyme?”

Il detective non sembro’ raccogliere. Parlo’ con la solita freddezza.

“D’accordo, hai ragione, non importa. Hai detto che ti e’ piovuta addosso una freccia. Da dove?”

“Non lo so…”, sbotto’ lei, ancora offesa ed arrabbiata.

“Non pretendo che tu lo sappia. Ma l’assassino lo sapeva. Entra nella sua mente, Summers…”

La voce di Rhyme si era fatta piu’ bassa. Sensuale. Buffy se ne senti’ come ipnotizzata.

“Che…vuoi dire, Rhyme?”

“Pensa come lui. Guarda come lui…diventa lui. C’e’ un confine sottile nella testa di un poliziotto, che divide il cacciatore dalla preda. Alcune persone, alcune persone molto dotate, riescono a passare da un ruolo all’altro. Tu hai questa potenzialita’. Varca quel confine.”

Buffy sapeva di volerlo fare. L’aveva fatto diverse volte. E ne era rimasta sconvolta. A volte, durante la caccia, cominciava a pensare non come la cacciatrice, ma come il vampiro. E rimaneva profondamente scossa nello scoprire quegli istinti che credeva che in lei fossero sopiti. Voleva farlo, aveva una strana attrazione per quello che c’era oltre quel confine, una macabra, crudele attrazione. Ma sapeva che era terribilmente pericoloso. A volte i due mondi si fondevano.

“Non posso Rhyme. Non sono sicura di poterlo controllare…”

“Ti riportaro’ indietro, Summers. Ci pensero’ io. Pensa come lui…”

E Buffy si lascio’ sedurre da quella voce. Chiuse gli occhi, permettendo ai suoi istnti piu’ nascosti di venire fuori. Senti’ un’ondata d’odio profondo scuoterla. Avverti’ il bisogno di fare del male.

Sono un vampiro…un vampiro orribilmente intelligente…

Apri’ gli occhi, sconvolta eppure attratta da cio’ che provava. La voce di Rhyme le permise di lasciarsi andare del tutto. Non era piu’ Buffy Summers. Ora era un vampiro spietato. Sadico. E, una piccola parte di lei ancora ancorata a Buffy, le gridava che conosceva questo vampiro! Che avrebbe dovuto saperlo!

“Sei in lui, Summers…cosa stai pensando?”

“Devo uccidere…devo uccidere gli uomini della cacciatrice…”

“Perche’?”

Lei ci penso’ su un attimo, il quesito le rimbombava nelle orecchie…perche’?...perche’?...

“Devo vendicarmi…”

L’aveva detto senza pensarci. Non era stata lei a dirlo, ma il vampiro che aveva liberato da quell’angolo nascosto dentro di lei. Il vampiro che Rhyme aveva liberato.

“Di che cosa? Per quale motivo vuoi vendicarti?”

Buffy penso’ a tutti i possibili moventi. Per cosa avrebbe voluto vendicarsi, lei?

“Mi ha fatto del male…la cacciatrice mi ha fatto del male…quando ero vivo…”

Si accorse di stare dicendo una cosa senza senso. Lei non faceva del male agli uomini. Non ai vivi. Ma sapeva, era certa di essere sulla strada giusta.

“Bravissima, Summers! Ora tu sei un vampiro…devi lanciare una freccia alla cacciatrice, senza colpirla. Come fai?”

Buffy chiuse gli occhi, aspirando profondamente l’aria della citta’, mista al suo stesso odore. Un sorriso crudele le increspo’ le labbra, senza che lei potesse impedirlo. Si stava spingendo in la’…molto in la’…forse, troppo in la’…ma era sulla strada giusta…

“Io…non voglio solo lanciarle la freccia…voglio guardarla…voglio vederla capire…soffrire. Voglio fare in modo di vederla senza essere visto…”

Buffy si guardo’ intorno, spaesata. Il suo sguardo si poso’ sulla terrazza di un palazzo dietro il Bronze. Da li’, chiunque avrebbe potuto lanciare frecce senza essere visto. Che strano, non ci aveva nemmeno fatto caso, prima…

“Ok, Summers, torna fra noi. Torna ad essere Buffy.”

La ragazza scosse la testa, forte, finche’ quei terribili pensieri non cessarono. Era stato terribile. Si sentiva sporca. Decise che non l’avrebbe fatto mai, mai piu’. Era troppo imprevedibile.

“Rhyme. Sono qui. Sono io.”

“Sei stata magnifica! Non  ho mai visto nessuno varcare quel confine come te! Perfetta!”

Buffy sorrise pensando allo choc che Amelia stava provando sentendo queste parole. Non doveva essere abituata a sentirsi superata.

“Hai capito da dove ha lanciato la freccia?”

“Si’…io…penso di si’. Una terrazza, un palazzo appena dietro al Bronze. Non c’avevo fatto caso. E’ nascosto da alcuni alberi, dietro il muro. Ma e’ un posto perfetto. Ci vado subito.”

Non chiamo’ nemmeno Sellitto. Corse verso il condominio, lo apri’ con un calcio e sali’ le scale piu’ in fretta possibile. La terrazza era chiusa da una pesante porta di vetro e ferro arrugginito. Un calcio potente la sradico’ dai cardini. La porta cadde sbattendo contro il pavimento piastrellato della terrazza. Fece qualche passo. Evidentemente l’assassino non si aspettava un suo arrivo li’, perche’ non aveva tolto niente. C’erano i guanti di pelle (non di lattice, sembravano quelli militari), un fucile di precisione, una balestra di legno e una faretra di frecce. Diversi fogli erano ammassati sul pavimento, in un angolo. Due barattoli di vernice rossa erano nell’angolo opposto. Uno era vuoto, l’altro era pieno per meta’. Un pennello dalle setole grosse sporgeva da quest’ultimo barattolo. E poi, come a formare un percorso, delle pietre. Grosse, squadrate, scure. Le aveva gia’ viste, solo non ricordava dove…accanto alle pietre c’era uno spiedo insanguinato. Buffy spero’ fosse solo vernice. In effetti, dopo aver annusato il liquido denso e rosso, si accorse che era solo vernice. Ce n’erano diverse gocce. Avevano tutte una forma strana. Sembravano preparate. In un primo momento non capi’ la strana forma.

Cuori...sono a forma di cuore...che vuol dire, dannazione?

Non diede importanza alla cosa. Giro’ attorno alle pietre. Rabbrividi’. C’era un’altra foto. Era stata strappata. La parte restante raffigurava lei. Era stata scattata pochi mesi prima. Di notte. O forse di giorno in un posto buio. Magari al Bronze. Lei non stava guardando l’obiettivo. Una foto rubata. Doveva esserci qualcuno vicino a lei. Si vedeva uno scorcio di maglione scuro. Niente di piu’. La raccolse, le mani avvolte nei guanti di lattice. La giro’.  Inchiostro nero.

“3 a 0 per me, a quanto pare…ti rimane un ultimo tiro…chi fara’ canestro, micetto?”

Buffy leggeva, e ad ogni lettera il suo stomaco si stringeva sempre di piu’…il vampiro sapeva che lei avrebbe trovato quel posto? Sapeva che sarebbe riuscita ad indovinare il luogo da cui era stata sparata la freccia? E tutte quelle armi? Perche’ erano li’? erano indizi? La foto…chi rappresentava? E poi…Dio mio, perche’ tre a zero?

Non aveva ancora acceso le cuffie. Ma non le importava. Poi senti’ quel rumore…un leggero, quasi impercettibile cigolio di cardini. Ma non proveniva dall’entrata. C’era uno stipetto, li’ davanti a lei. Per le scope. Decise di dare un’occhiata. Si avvicino’ piano, mentre il cuore le rimbalzava fino in gola.

 

Lincoln Rhyme aspettava preoccupato notizie di Buffy. Girava ansioso gli occhi verso il computer. Sperava di sentire da un momento all’altro il leggero ‘clic’ delle cuffie. Ma il suono non arrivava. Buffy sembrava essersi eclissata. Un quarto d’ora…quindici dannati minuti! Cominciava a preoccuparsi. Non era normale. No, per niente. Nessuna notizia nemmeno da Lon. Guardo’ Spike. Guardava a disagio fuori dalla finestra. Amelia continuava a lacerarsi la pelle con le unghie. Ogni tanto rivolgeva a Rhyme uno sguardo offeso. Rhyme sapeva come si sentiva. Messa da parte. Forse aveva ragione. Ma non si era sentito tranquillo a mandare la sua donna incontro a mostri e vampiri. Buffy li affrontava ogni giorno, ma lei…

 

Buffy era davanti lo stipetto. Afferro’ con forza la maniglia. Esito’ per un istante. La mano era scivolosa e sudata. Tremava tutta. Aveva paura di cosa avrebbe potuto trovare li’. Una balestra con una freccia pronta a conficcarsi nel suo stomaco? Una pistola? Un barattolo di vernice rossa? Un’altra maledetta foto? Si fermo’ un momento. Lascio’ la presa dalla maniglia.

 

Spike se ne stava alla finestra, apparentemente tranquillo. Apparentemente. Ogni minimo rumore gli faceva girare di scatto la testa. Si aspettava da un momento all’altro di vedere il furgoncino di Sellitto. E i minuti passavano. Lentamente, gocciolanti. Come se andasse tutto al rallentatore. E Spike odiava il rallentatore, perche’ nei film preannunciava sempre catastrofi. Morte. Le pugnalate venivano sempre date al rallentatore. La morte del buono era sempre rallentata. Non aveva nessuna intenzione di perdere Buffy…non di nuovo. Sarebbe stato troppo…

 

Buffy aveva smesso di congetturare. Se non apriva quella dannata porta non avrebbe mai saputo cosa c’era al suo interno. Il cigolio continuava. Monotono. Insistente. Curioso. Afferro’ saldamente la maniglia e la giro’. Un respiro. Il tempo di prendere fiato. Controllare il suo cuore che andava capricciosamente a mille. Poi spalanco’ la porta. Qualcosa di pesante le piombo’ addosso, togliendole il respiro.

 

Venti minuti. Rhyme chiamava e non rispondeva altro che silenzio. Deprimente, pericoloso silenzio. Rotto solo dal ronzare dei macchinari. Rhyme convinse Tom a versargli un altro po’ di scotch. Spike se ne verso’ mezzo bicchiere. Se non beveva sarebbe impazzito. Improvvisamente, un sonoro e agitato ‘clic’ fece balzare il cuore in gola ai due uomini presenti. Tesero l’orecchio. Rhyme stava per parlare, ma Spike lo precedette.

“Buffy! Dio mio, tutto bene?”

Rispose, con sorpresa generale, un Sellitto ansimante.

“Rhyme, maledizione sono io…”

Rhyme urlo’ nel microfono, troppo distante da lui.

“Lon! Che significa? Dov’e’ Buffy?”

L’uomo rimase per un secondo in silenzio.

“Lon!”

“Rhyme...io…ha gridato…”

Spike strappo’ il microfono e le cuffie dalla testa di Rhyme.

“Cosa? Do-dov’e’? Dove diavolo e’?”

“E’ salita su quel terrazzo. Mi ha detto di restare al furgone. Non ho sentito niente per un po’. Poi…ha gridato, Rhyme. Forte. Un grido lacerante. Non sembrava nemmeno umano. Io non posso salire. Se fosse uno di quei cosi…”

Spike aveva lanciato il microfono ad Amelia. Aveva preso lo spolverino dall’attaccapanni e si era fiondato fuori dalla camera. Se avesse avuto un cuore, in quel momento gli sarebbe di certo scoppiato. Correva a piu’ non posso. Piu’ forte di quanto avesse mai corso. Non pensava a niente. Se avesse pensato sarebbe crollato li’, sull’asfalto. Piccola…si chiese se fosse troppo tardi. In meno di cinque minuti arrivo’ al furgoncino di Sellitto. L’uomo armeggiava con un cellulare. Forse stava cercando di chiamare Rhyme. Quando vide il vampiro si fece avanti per salutarlo, ma Spike, troppo impaurito per preoccuparsi di essere gentile, lo sposto’ senza mezze misure. Sali’ i gradini a quattro alla volta, rischiando piu’ volte di inciampare. Eccola li’, la porta. Buttata giu’. Da Buffy, spero’ con tutto il cuore. Fuori c’era il sole, ma lui fece come aveva fatto prima. Si mise il suo bel cappotto sulla testa e corse fuori. Nessun rumore. Non c’era nessuno, tranne…oh, no!

C’era un corpo, riverso sulle piastrelle del pavimento. Spike cerco’ di guardare attraverso il velo spesso di lacrime che gli appannava la vista. Guardo’ meglio il corpo. No, non era quello di Buffy. Ma allora lei dov’era? Usci’ ancora un po’, incurante del sole che ustionava le sue mani. E allora la vide. Stava tremante, bianca come un lenzuolo, accasciata accanto a quel corpo morto. Non piangeva. Stringeva i pugni, cosi’ tanto che le unghie le erano penetrate nei palmi, facendoli sanguinare. Non sapeva se tirare un sospiro di sollievo perche’ Buffy era viva o scoppiare a piangere per lo stato in cui si trovava.

“Buffy…”

Lei alzo’ lo sguardo su di lui. Non l’aveva mai vista cosi’ piena di odio e rabbia e frustrazione. E disperazione. Cosi’ tanta da essere quasi palpabile. A Spike sembrava di poterla toccare.

“Spike…e’…e’…”

Spike si inginocchio’ accanto a lei. Li’ c’era un po’ d’ombra. Si tolse lo spolverino dalla testa. Lei tremava cosi’ tanto da convincere Spike che aveva freddo. Avvolse la giacca attorno alle sue spalle.  Continuava a stringere i pugni. Un rivolo scarlatto le colava sul pantalone. Spike le prese delicatamente le mani. Le apri’. Brutte ferite. Si era fatta cosi’ male quasi senza accorgersene. Lei lo guardo’ con una tristezza infinita, che commosse anche lui.

“Spike…e’…”

Lui le mise un dito sulle labbra. Non doveva sforzarsi a parlare in quelle condizioni. La strinse forte, cercando di darle un po’ di conforto. Lei si lascio’ stringere. Finalmente scoppio’ a piangere. Fu come se una diga si fosse rotta. Bagno’ la maglietta di Spike. Ma a lui non importava. La tenne cosi’, stretta a se’ per un tempo che parve infinito. La lascio’ sfogare. E lei pianse, grido’, giuro’ vendetta, mentre Spike tentava invano di consolarla, la asciugava le lacrime, le carezzava i capelli. Sempre stretto a lei, le prese le cuffie dalla testa. Regolo’ la frequenza.

“Rhyme…”

“Spike! Che succede, tutto bene?”

“Buffy e’ qui.”

Il criminologo tiro’ un sospiro di sollievo.

“Meno male…”

“Ma…”

Non riusci’ a finire la frase. Rhyme strillo’ nelle cuffie. Sembrava sinceramente preoccupato.

“Ma…?”

“E’ morto, Rhyme…”

Spike guardo’ il corpo riverso accanto a loro. Due occhi morti fissavano il cielo infinito, senza espressione. Sul collo due buchi. Piccoli piccoli.  

 

4 – Death Or Alive

Un bel funerale. Era da tempo che non assisteva ad una funzione. Ma quello era un funerale speciale. Il funerale del migliore amico di lei. E Spike non pote’ restare a casa senza far niente. C’erano anche Amelia. E Lincoln Rhyme. Insieme a Tom. Erano tutti vestiti di nero. Buffy stava ferma insieme a lui e Dawn, poco distante dalla piccola buca scavata nella terra. Anya piangeva sommessamente tra le braccia del signor Giles, che tentava senza successo di nascondere le lacrime. Willow era vestita di viola. Si reggeva a stento in piedi. I genitori di Xander non c’erano. Spike si chiese se sapessero che il figlio era morto. E se lo sapessero, come potessero starsene a casa sapendo che la loro creatura stava per essere seppellita sotto due metri di arida terra. Per sempre. Aveva sempre odiato profondamente quel ragazzo, ma il dolore sordo che provava Buffy sembrava averlo contagiato. Sentiva la perdita della ragazza come se fosse sua. La sera era limpida, il cielo senza nuvole. Buffy aveva insistito perche’ la funzione si svolgesse di sera, forse per permettere a Spike di essere presente. O forse perche’ nel buio non doveva preoccuparsi di essere forte. Poteva piangere senza che nessuno scorgesse le sue lacrime. Dawn singhiozzava piano, accoccolata tra le braccia tremanti della sorella. Qualche volta Buffy cercava gli occhi di Spike. Se ne sentiva in qualche modo rassicurata. Gli aveva leggermente sfiorato la mano un paio di volte, ma appena lui tentava di stringerla, lei la ritirava. Aveva pianto poco, Buffy. Molto meno di quanto aveva pianto su quella terrazza, tre giorni prima. Cercando conforto nel freddo abbraccio del vampiro. Ma a lei era sembrato cosi’ caldo. Rassicurante. Come se quelle forti braccia avessero pian piano assorbito tutto il suo dolore. Non tutto. Ma una buona parte. La piu’ insopportabile. Si sentiva cosi’ colpevole. Se solo fosse arrivata poche ore prima…forse non avrebbe dovuto dare quella straziante notizia ad Anya. Lo ricordava cosi’ nitidamente. La speranza della ragazza svanire piano da quegli occhi ancora segretamente innamorati. La presenza di Spike. Senza di lui non avrebbe mai avuto la forza di affrontarla. Non Anya. E poi le lacrime, il dolore. Tanto. Tanto da rimanere soffocati. E pensare che e’ solo un incubo. Rendersi conto in un attimo che non lo avrebbe visto mai piu’…che non ci avrebbe piu’ litigato. Non avrebbero piu’ fatto pace. E non poteva fare niente. E poi altre torture. Telefonare a Giles. A Willow. Lei era stata la telefonata piu’ straziante. Si conoscevano da tanto. Dirlo a Dawn. Preparare il funerale da sola…perche’ lei e’ forte. Puo’ sopportare tutto quel dolore. Ma non e’ vero…solo che non riesce a dirlo. Nemmeno a Spike. Ma lui gia’ lo sa.

“Torno subito…”

Buffy si gira, Spike e’ gia’ andato via. Da Amelia. Si salutano. Si abbracciano. E Buffy si sente definitivamente sola. Stavolta veramente. E allora calca gli occhiali scuri sugli occhi e piange. E si sente ancora una volta cattiva. Vuole piangere per Xander. Ma di quelle mille lacrime solo poche sono davvero per lui. Le altre sono per Spike. Soprattutto, sono per se’ stessa.

 

Poche ore dopo. Nell’albergo di Rhyme. Buffy non c’e’. Non le si puo’ chiedere tanto. C’e’ solo Spike.

Voleva trovare a tutti i costi questo vampiro. Amelia stava sulla poltrona, gli occhi ancora leggermente arrossati. Aveva pianto anche lei. Quel funerale era stato uno strazio anche per lei. Troppo dolore. Anche per una poliziotta. Rhyme restava stranamente in silenzio. Nessuno sapeva che dire. Tutti gli indizi raccolti nella terrazza da Spike stavano su un tavolino da lavoro. Mel Cooper li fissava a disagio. Erano molti. Troppi. A Rhyme non faceva piacere quando c’erano molti indizi. Voleva dire che erano stati lasciati di proposito. Era meglio quando ce n’erano pochi ma importanti. Ma su quel tavolino c’era una foto a meta’, pagine di un libro strappate apparentemente a caso, barattoli di vernice rossa, armi di vario genere e una decina di pietre nere e porose. Non portavano da nessuna parte. Spike andava nervosamente su e giu’ per la stanza. Amelia allungo’ una mano, per tentare di fermare il suo andirivieni.

“Spike, siediti…”

Lui scosse la testa.

“No, io…devo andare da Buffy.”

Rhyme lo fisso’, seriamente.

“No. Spike, ha bisogno di stare sola.”

“Ha bisogno di qualcuno che la capisca!”

Il vampiro sembrava deciso ad uscire. Amelia si alzo’.

“No, non ha bisogno di nessuno. Certi dolori sono troppo grandi per poter essere condivisi o anche solo descritti. Lei…ha bisogno solo di razionalizzare l’accaduto. Di capire che non e’ colpa sua…”

“Ma lei e’ convinta che lo sia! Lei e’ convinta che sia per colpa sua che Xander e’ morto!”, urlo’ il vampiro, trattenendo le lacrime.

“E’ normale…e’ sconvolta. Ha bisogno di trovare qualcuno a cui dare la colpa di tutto. E non trova di meglio che se’ stessa. Ma se ci pensera’ un po’ su, capira’ che la colpa e’ dell’assassino, e comincera’ a stare meglio. Ci vorra’ un po’ di tempo. Ma deve farlo da sola. Devi starle vicino, ma non soffocarla. O cercare di farle capire a forza che non e’ colpa sua. Deve pensare. Sforzarsi di capire. Andare avanti. E per farlo ha bisogno di stare per conto suo per un po’…”

Lui sembro’ sul punto di piangere.

“Ma non posso! Non posso far finta di niente! Lei…non e’ giusto! E’ tutto orrendamente sbagliato! Voi non potete nemmeno immaginare cosa passa quella ragazza, notte dopo notte, mese dopo mese. E’ un continuo trascinarsi stancamente per la vita. Tutto questo…ho paura che sia troppo per lei!”

Rhyme intervenne, freddo e distaccato come sempre.

“E’ una donna forte.”

“No, non lo e’! E’ questo il problema! Lei fa di tutto per farlo credere, ma non lo e’! E’ fragile, e spaurita, e…dannatamente orgogliosa! Ed e’…tutto quello che ho! La ragione dei miei respiri…”

Rhyme rise.

“Tu non respiri, Spike!”

Lui rimase ammutolito per un attimo. La freddezza del criminologo lo disgustava. Eppure sapeva che anche una parte di lui era cosi’. Fredda e distaccata. Ma ora quella parte sembrava inesistente.

“Beh…oh, insomma! Avete capito cosa intendo!”

Amelia gli si avvicino’ ancora di piu’.

“Spike, puoi aiutare Buffy anche senza correre da lei. Abbiamo un assassino da inchiodare. Troviamolo e portiamoglielo. Cosi’ sapra’ a chi dare la colpa della morte del suo amico…penso sia l’aiuto che lei vorrebbe…”

Il vampiro biondo annui’ lentamente. Prese una pesante bottiglia di scotch e bevve due lunghe sorsate, lasciando che il liquido chiaro inondasse la sua gola. Una sensazione che stranamente non gli provoco’ il solito piacere.

 

Sola. Disperatamente, completamente, odiosamente sola. Piano piano se ne vanno tutti. Hanno tutti la loro piccola fetta di dolore incolmabile. E nessuno si preoccupa di spartirla con qualcun altro. Perche’, ovviamente, nessuno puo’ capire quanto si sta male. A nessuno interessa. Stupida convinzione. Che, stranamente, condividevano tutti. Willow e Anya se n’erano andate insieme, tristemente, dopo essere rimaste per un po’ da lei, senza dire niente. Forse non c’e’ niente da dire. O forse c’e’ troppo. Il signor Giles non era rimasto. Dopo il funerale era tornato a casa. Non l’aveva mai visto cosi’ scosso. Beh, tranne quando era morta lei, ma comunque non l’aveva visto…Dawn era in camera sua. Non voleva parlare. Anche lei era convinta che il suo fosse un dolore speciale. E a Buffy non restava che prendersela con se’ stessa. Perche’ era stata colpa sua, no? Non aveva fatto abbastanza per trovarlo. Non abbastanza per trovarlo vivo. Perche’ a trovarlo l’aveva trovato. Solo molto piu’ pallido. Se l’era aspettato diverso. Vivo, divertente. La sua battuta pungente. Ferito, si’. Ma non…non…non ci riusciva. Non riusciva ancora a crederci. Con sua madre era successa la stessa cosa. Non ci aveva creduto. Fino all’ultimo aveva pensato fosse tutto un sogno. Ma non era un sogno. Nessuno l’avrebbe svegliata da quell’incubo terribile. No, proprio nessuno.

Ok, basta cosi’. Pensa. Non piangere. Pensa. Cerca di essere quella che non sei. Sii razionale. Analizza la cosa. Fredda. Come Rhyme. Siamo uguali. Posso essere come lui. Si’, posso.

Buffy si stese sul divano. Non piangeva. Aveva smesso da un po’. Tanto non cambiava niente. Xander restava in quella tomba. Anche se avesse pianto per altri mille anni non ne sarebbe uscito. Era…morto. Lo penso’ fulmineamente. Come un flash. Poi ci torno’ su. Freddamente. Come un poliziotto. Come avrebbe fatto Rhyme. Cause e conseguenze…riflette’ sulla parola ‘morte’. La rigiro’, la interpreto’, la saggio’. Finche’ pensarci non le fece piu’ male. Le sembrava di poterla toccare, anche li’, stesa su quel divano. Dopotutto la assaggiava ogni notte. La morte. Era…si’, era la sua unica vera amica. Piu’ di Willow, piu’ del signor Giles. Aveva un rapporto ancora piu’ stretto con la morte. L’aveva provata due volte. Quella pace. Una triste quiete. Non sentire nulla all’infuori di te. Il battito che cessa. Il respiro freddo. L’ultimo. Sale piano, sforzato. Come una liberazione. Assaporarlo fino in fondo. Pensare che e’ finita, poi accorgersi che c’e’ ancora un po’ d’aria. Poi scivola via anche quel po’. Ti sforzi di pensare. Ma non ci sono piu’ pensieri. La mente e’ vuota. E, sorprendetemente, ti accorgi di non essere preoccupata. Che va bene cosi’. La morte. Sentirti completa. Unita. Non c’e’ niente che ti tocca. Sai di esserci e insieme ti senti persa. Scivolare via. Come l’acqua. Nessun rumore. Nessuna paura. Spike lo sapeva. La prima volta glielo aveva detto lui…ogni cacciatrice desidera la morte. Si’, l’aveva detto. E, malinconicamente, Buffy penso’ che aveva anche detto che quando lei l’avrebbe desiderato, lui sarebbe stato li’ per lei. Ora sapeva che sarebbe stato pre tirarla fuori.

Ma allora perche’ non ci sei? Ora la morte mi sembra cosi’ confortante…perche’ non corri a tirarmi fuori?

Forse ora voleva tirare fuori Amelia. E lei restava cosi’, a guardarlo scivolarle via. Lo stava perdendo. E, inaspettatamente, stavolta le importava. Non voleva. Aveva gia’ perso abbastanza. Per colpa mia…no…per colpa della vita. Io non c’entro. Mi ha tolto la normalita’. Mi ha tolto la mamma. Mi ha tolto il mio migliore amico…no, questo non era colpa della vita. Era colpa…di un vampiro. Un vampiro che gli stava rovinando quel po’ di vita che le era rimasta. Ma lei non glielo avrebbe piu’ permesso. Ora cominciava a capire. Cominciava a pensare come Rhyme. Distaccata e fredda. E le cose le capiva meglio. Ora aveva compreso. Si alzo’ dal divano. Scrisse un breve biglietto a Dawn. Lo lascio’ sul tavolino del soggiorno. Prese il cappotto e usci’ nella notte fredda di Sunnydale.

 

“No, non cosi’! maledizione, Mel! Non vedo niente cosi’! Tom, metti a fuoco! Ma non vedi che non si vede??”

Rhyme cercava inutilmente di osservare attraverso le lenti di un microscopio. Ma, senza poter alzare le mani per sistemare la messa a fuoco, era un’impresa tutt’altro che facile. Li’, sul vetrino, erano posate due piccole schegge delle pietre nere che avevano trovato sulla terrazza. E Rhyme non riusciva a capire da dove provenissero. Spike stava alla finestra. Guardava le stelle con un cannocchiale. Belle. Avrebbe voluto farle vedere a Buffy. Invece chiamo’ Amelia.

“Amy, vieni qui!”

Amy. L’aveva chiamata Amy…che strano, non era piu’ abituata a sentirsi chiamare cosi’. Lincoln la chiamava solo Sachs…

“Che c’e’?”

“Guarda che belle…non le avevo mai viste cosi’!”

Sembrava un bambino alle prese con un giocattolo nuovo. Era solo per tentare di scacciare la tristezza? Amelia non seppe rispondersi.

“Sono stupende…e stanotte brillano che e’ una meraviglia…forse e’ un tributo per il tuo amico…”

“Non era un mio amico…era un amico di Buffy…non ci siamo mai sopportati. Ma credo che mi manchera’…dopotutto era divertente…”

Si strinse nelle spalle, cercando di scrollarsi di dosso la malinconia. Gia’, sapeva che Xander gli sarebbe mancato. Poco. Ma gli sarebbe mancato. E soprattutto sarebbe mancato a Buffy. Era arrivato davvero nel patetico…soffriva perche’ LEI soffriva. Rideva perche’ LEI rideva. Gia’, veramente patetico. Ma non poteva farne a meno. Guardo’ Amelia. Si’, erano davvero simili. Esteticamente. Caratterialmente era tutta un’altra cosa. Era come le altre donne. Tenera, bisognosa d’affetto. Ma Amelia non lo nascondeva. Buffy si’. Sempre. Come se si fosse costruita un fortino intorno. Non lasciava entrare nessuno. Nemmeno lui. Soprattutto lui. Era stato con lei, e gli era sembrato di esserle piu’ distante che mai. Come se fosse irraggiungibile. C’era una dannata strada per il suo cuore? Un qualche sentiero che era tanto cieco da non vedere? No, le aveva provate tutte. Ed era solo stato male. Terribilmente. Perche’ non riusciva a buttarsela alle spalle?

Ma si puo’ dimenticare la ragione della propria esistenza?

Lascio’ il cannocchiale ad Amelia. Ando’ a sedersi sulla poltrona ancora segnata dalla lunga permanenza di Sellitto. Vi si accascio’ sopra, tristemente. Amelia era stata catturata dalla bellezza di quelle piccole, brillanti danzatrici notturne attorno alla luna. Spike l’aveva osservata a lungo, la luna. Pallida, distante, indifferente. Era a lei che rivolgeva ogni sua preghiera. E lei ricambiava solo con quei freddi raggi bianchi, senza conforto, per lui. Quella notte era una falce luminosa. Guardava dall’alto del cielo la sua vita…no, la sua non-vita sgretolarsi. Ma continuava a nascere e morire, notte dopo notte, del tutto indifferente. Spike giro’ gli occhi per la stanza. Il suo sguardo si poso’ su Rhyme. Lui stava placidamente disteso. Il vampiro penso’ agli occhi del criminologo. Quegli occhi cosi’ freddi, cosi’ duri, fissi su Buffy. Penso’ agli occhi di Buffy. Impauriti e risoluti. Che fissavano Rhyme. Non lui. Rhyme. Si accorse di star stringendo forte il bracciolo della poltrona. Le nocche erano sbiancate. I denti gli facevano male per quanto li aveva stretti. Una fitta gli attraverso’ lo stomaco. Non era mai stato geloso in tutta la sua vita…non veramente. E ora si ritrovava ad ardere, bruciare, fumare dalla gelosia. Maledizione!

La porta si apri’ all’improvviso. Lentamente. Tom entro’ sforzandosi di sorridere. Si avvicino’ a Rhyme.

“Lincoln, hai visite…”

Il criminologo si chiese chi mai, alle due e mezza di notte, in una citta’ dove non conosceva nessuno, potesse passare a fargli visita. Guardo’ interrogativo Tom. Lui strizzo’ l’occhio.

“Credimi, questa non te la vorresti perdere…”

Spike osservava incuriosito la scena. Amelia continuava a fissare le stelle dalla lente trasparente del cannocchiale. Rhyme annui’ verso Tom. Il ragazzo sorrise, usci’ dalla stanza, portandosi via la bottiglia mezza vuota di scotch, incurante delle lamentele di Rhyme. Spike, stanco di stare senza far niente, e non avendo capito una sillaba in quello strano scambio di sussurri, si alzo’, andando verso Amelia. Lei lo vide e sorrise. Gli porse il cannocchiale. Spike lo prese. Voleva ancora guardare le stelle. Magari ne avrebbe vista una cadente. Aveva voglia di esprimere un desiderio. Irrealizzabile, forse. Forse. Tom riapparve sulla porta, ma Amelia e Spike non ci fecero caso. Guardavano su, nel cielo. Innocentemente, a dire la verita’, ma la ragazza che stava ferma sulla soglia insieme a Tom si senti’ mancare il respiro per un istante. Voleva andarsene. Subito. Ma ormai era troppo tardi. Rhyme l’aveva vista, e la stava fissando sorpreso.

“Buffy…”

Spike si giro’ di scatto. L’espressione colpevole che aveva sul viso colpi’ Buffy come uno schiaffo. Avrebbe voluto piangere per la rabbia. Ma si trattenne. Ormai era diventata brava a nascondere le lacrime. Sorrise a Rhyme.

“Sono qui…”

Spike le corse incontro. Ma si fermo’ bruscamente a pochi centimetri da lei. L’aveva bloccato il suo sguardo. Gelido. Arrabbiato. E Spike si chiese se avesse frainteso la scena con Amelia. Poi si disse che era un’assurdita’ pensare che Buffy fosse gelosa di lui e interpreto’ i suoi occhi come sempre: <non ti voglio fra i piedi>. Si sposto’ di malavoglia, sforzandosi di sorridere. Dentro di se’, urlava. Amelia la saluto’ sorridendo. Buffy non ricambio’ il sorriso. La poliziotta penso’ lo facesse per la morte del suo amico. Rhyme fu l’unico che ebbe il privilegio di un suo sorriso. Lieve, appena percettibile. Come…segreto. Irrito’ Spike, tanto che ebbe voglia di tirarle uno schiaffo per come lo faceva sentire. Peggio di un uomo immobile. Lui, mister Rhyme, era piu’ meritevole dei suoi sorrisi…

“Non potevo restare a casa. Era troppo deprimente. Voglio trovarlo, Rhyme. Voglio trovarlo e voglio ucciderlo. Ma lentamente…”

“Bene. Lo troveremo. E’ una promessa, Summers…”

Lei annui’. Poi guardo’ gli indizi ammucchiati sul tavolino da lavoro. La sua attenzione venne atratta dalle pietre. Grosse, squadrate. Erano state staccate dalle pareti di un qualche nascondiglio? Buffy senti’ nuovamente che quel vampiro stava giocando con lei. La stava sfidando a trovare il luogo entro il quel si nascondeva. Ma perche’ ce l’aveva tanto con lei? Cosi’ tanto da…da…portarle via Xander? Aspiro’ profondamente. Due respiri lunghi. Si calmo’.

“Allora! Mettiamoci al lavoro. Prima di tutto voglio scoprire chi vorra’ prendere questa volta…”

Afferro’ dalla parete la foto che aveva trovato sulla terrazza. Guardarla le provoco’ una fitta al cuore. Guardo’ quel pezzetto di maglione scuro. A chi apparteneva? Rhyme non le permise di pensare.

“Buffy…sei stata con Xander? Insomma, i primi due erano due ragazzi con cui eri uscita, no?”

“Si’…ma con Xander non c’e’ mai stato nient’altro che amicizia. Insomma, al liceo aveva una specie di cotta per me, ma non siamo mai nemmeno usciti. Forse sta cambiando obbiettivo. Ha preso due con cui uscivo, ma che in fondo conoscevo appena…poi un amico…”

Ci penso’ su per qualche secondo. Guardo’ il maglione verde. Penso’ di aver capito. Si giro’ verso Spike.

“Giles!”

Spike annui’. Non aveva sperato nemmeno per un istante che si preoccupasse per lui. Era troppo doloroso sentire le proprie speranze calpestate. Quindi non ci aveva nemmeno pensato.

“Si’, potrebbe essere. Ha qualche maglione scuro. Vi conoscete da tanto, e’ una figura chiave nella tua vita. Penso anch’io che potrebbe prendere lui.”

Rhyme annui’ distrattamente.

“Mandero’ una squadra a sorvegliare questo…”

“Giles. Rupert Giles.”

“Rupert Giles…”

Tom usci’ dalla sala. Buffy penso’ fosse andato ad avvisare qualche agente. Non era sicura che qualche poliziotto avrebbe potuto fermare un vampiro inferocito, ma non obietto’. Meglio di niente. Torno’ a guardare le pietre raccolte sulla terrazza. Le aveva gia’ viste…ma dove? No, proprio non se lo ricordava. Ma qualcosa le diceva che era un particolare importante. Tremendamente importante.

“Posso guardare i frammenti al microscopio?”

Mel Cooper le si avvicino’. Le spiego’ come regolare la messa a fuoco, poi infilo’ un vetrino nell’attrezzo. Buffy guardo’ attentamente attraverso le lenti. Erano schegge nere. O forse grigio scuro. Porose. Qualche punto bianco. Non erano pietre che si trovavano nelle cripte. Non in quelle di Sunnydale. Magari qualche anfratto sottostante. O in una cantina. Andiamo, ricorda! Dove le hai gia’ viste? Sono importanti, le ha lasciate apposta. Ma Buffy non ricordo’ niente. Sapeva di averle viste, ma li’ finiva la sua scienza. Si sposto’ malvolentieri. Alle occhiate speranzose di tutti rispose con un sospiro e un cenno negativo. Niente. Maledettamente niente.

 

Un uomo. Solo. Attorno a lui, il nulla. Buio in ogni direzione. Come unico rumore, un monotono raschiare metallico. Lama contro lama. Come a voler contare lo scorrere del tempo. Un secondo. Due. Tre. Cambia lato, prende ad affilare un altro coltello. Piccoli, lunghi, affilati. Da’ uno sguardo al fucile nascosto in un angolo. E’ di precisione, di quelli che solo i militari hanno. Gia’, i militari. Si alza dall’angolo dov’e’ seduto. Resta immobile per un attimo. I capelli biondo scuro sono leggermente scarmigliati per la leggera brezza che spira anche li’ dentro, al confine del mondo. I suoi malinconici occhi azzurri (leggermente piu’ scuri di quelli di Spike), guardano senza vederla la parete di roccia davanti a lui. Parte un pugno. Potente, tanto da bucare la roccia nera. Estrae la mano sanguinante dal buco. La guarda, affascinato da quel liquido rosso e denso che cola fra le nocche, gli macchia la camicia immacolata da bravo ragazzo. Sfiora la ferita con un dito della mano indenne. Sorride.

“Non mi fa neanche male…”

E’ tutto quello che desiderava. L’uomo perfetto. Potente e solido. Piu’ potente e piu’ solido della roccia stessa. Si porta la mano sanguinante alla bocca. Ha ancora un rivolo di sangue all’angolo delle labbra. Xander era stato un buon pasto. Glielo aveva detto? Si’, un attimo prima di dargli il morso definitivo. Chissa’ se lui l’aveva sentito. Gli era sembrato cosi’ pallido…un po’ gli era dispiaciuto. Ma il passato e’ passato. C’era solo una cosa che doveva sistemare. Peccato non averlo fatto prima. Ma era stato cosi’ piatto e scialbo, prima. Ora no. Ora era lui. Lui veramente. E aveva un conto in sospeso con una ragazza. Non vedeva l’ora di mettere in scena il numero finale. Il piano dei piani. Era sempre stato bravo, riguardo ai piani. Aveva talento. Solo, l’aveva sempre utilizzato per la parte sbagliata. Ora aveva capito. Sorrise pensando all’espressione di Buffy quando aveva compreso il senso della sua lettera. Quella della freccia. Aveva pensato fosse piu’ sveglia. A quanto pareva si era sbagliato anche riguardo a questo. Si immagino’ la sua espressione nel vederlo. Come va, tesoro? Era tanto che non ci si vedeva, ho pensato di mandarti qualche regalino…anzi parecchi. Spero ti siano piaciuti…beh, mai quanto e’ piaciuto a me farteli. E guardarti riceverli.

Lo pervase una voglia incontrollabile di affondare i denti nel collo di Buffy. Il volto gli si sfiguro’ paurosamente. Scosse la testa, cercando di calmare i bollori del suo sangue. Non e’ ancora il momento. Il dolore e’ di gran lunga la miglior punizione…la morte e’ troppo sbrigativa. Quando hai visto Xander non hai desiderato morire? Ma si’…pero’ non sei morta…io si’…per colpa tua. E’ ora di ricambiare il favore, no, piccola? Sto progettando la tua morte…in modo negativo…molto negativo…

 

Aspettavano dei risultati. Un test, qualcosa del genere. Permetteva di stabilire il tipo di pietra che avevano davanti. Magari di individuarne la provenienza. Nel frattempo si stava in silenzio. Qualche chiacchiera. Cercando di non pensare troppo. Perche’ a volte pensare fa male. Riflettere, capire quanto la vita possa essere ingiusta. Pensare che mentre la tua esistenza va lentamente in pezzi il mondo continua a girare. E non puoi gridare “fermati, non vedi che sto morendo?”, perche’ non ti ascolta. Non ti sente. O forse ti sente e non vuole ascoltarti. E gira, gira, gira. Il sole nasce e muore. La luna. Le stelle. E’ tutto uguale al giorno prima. Al sole non interessa il fallimento della mia vita. Magari non mi ha nemmeno vista. Altrimenti si rifiuterebbe di sorgere in un mondo del genere.

Buffy sta ferma sulla finestra. Guarda le stelle. Sembrano malinconiche quanto lei. Spike parla allegramente con Amelia. E Buffy sente di odiarlo. Ma forse non e’ lui che odia…e’ solo se’ stessa. Ma fa troppo male ammetterlo.

Spike cerca di avviare una conversazione con quella donna che sembra cercare di capirlo. Parlano di Buffy. Chissa’ se lei li sente. Amelia non sembra annoiarsi, ascolta divertenti aneddoti della loro vita, fatta di addii, di ricerche, di ritrovarsi, perdersi di nuovo. Non giudica. Ascolta decisioni terribilmente sbagliate e non giudica. Sorride. Lo rimprovera lievemente con gli occhi. Lui li guarda, quegli occhi. E vede Buffy dentro. Buffy che parla, canta, gli dice di andare al diavolo, poi di tornare da lei. Buffy che non si decide. Che non riesce piu’ a capire cio’ che e’ giusto e cio’ che e’ sbagliato. Ma e’ una divisione stupida. Ogni cosa e’ giusta, ogni cosa e’ sbagliata. Dipende. Buffy dice che l’amore e’ una cosa giusta. Ma l’amore portato agli eccessi uccide e fa uccidere. Diventa una cosa sbagliata. Dare la morte e’ una cosa sbagliata. ma Lincoln Rhyme aveva provato a suicidarsi. A volte la morte e’ l’unica via di fuga da una vita troppo reale.

L’animo umano non puo’ sopportare troppa realta’.

Orribilmente vero. Era un concetto semplice. Ma perche’ lei non lo capiva? Perche’ doveva avere questa stupida, mediocre divisione, lei che di stupido e mediocre non aveva niente? Cosa semplificava questa visione distorta della realta’? La guardo’. I capelli al vento. Gli occhi tristi rivolti al drappo nero del cielo. Cosi’ bella. Eterea. Non perfetta. La perfezione e’ da stupidi. Solo per i mediocri. La vera bellezza, la vera perfezione, sta nell’unione armoniosa di pregi e difetti. Buffy Summers li aveva tutti. Difetti (tanti…tanti bellissimi difetti), e pregi. E per questo era perfetta.

Tu guardi le stelle, stella mia…ed io vorrei essere il cielo per guardare te con mille occhi…

Si giro’, Buffy. Come richiamata da quel filo speciale che li univa. Verso di lui. No. Non verso di lui. Verso Rhyme. Non si era soffermata che un istante sugli occhi blu del vampiro. Poi, aveva guardato Rhyme. I suoi occhi neri. Magnetici. E Spike era tornato a guardare Amelia. Una rabbia bollente gli cresceva nel cuore. Torno’ a parlare alla ragazza dai capelli rossi con un’allegria che nessuno riusci’ a trovare falsa. Solo che lo era.

Buffy scese dal cornicione della finestra. Si stiracchio’, miagolando. Sorrise a Rhyme. Il criminologo le fece cenno di sedersi con lui. Buffy guardo’ Spike. Fissava Amelia e rideva beato. Lei non esisteva piu’. Senti’ ribollire il sangue nelle vene. Con uno scatto nervoso afferro’ una sedia e si sedette vicino a Rhyme. Nonostante tendesse l’orecchio non riusciva a sentire cosa si dicevano i due piccioncini. E questo le fece ancor piu’ rabbia. Essere nella stessa stanza e non poter sentire. Scaccio’ quei pensieri. Ma loro restavano ostinatamente li’. Aveva voglia di schiaffeggiarsi fino a mandarli via, ma un residuo di sanita’ mentale la convinse che era una cosa stupida ed inutile. Non dargli questa soddisfazione. Si accorse che Rhyme le aveva sussurrato qualcosa.

“Cosa?”

“Ho detto: che stai aspettando?”

Buffy lo fisso’ sorpresa.

“Non ti capisco, Rhyme…”

“Devo parlare chiaro? Spike.”

Buffy mise prontamente il broncio.

“Che c’entra Spike?”, chiese, cercando vanamente di controllare il rossore che le inondava le guance.

“C’entra che sei innamorata…e hai voglia di piangere.”

“Ne’ l’una, ne’ l’altra cosa…”, rispose lei, incrociando le braccia sul petto.

Rhyme la fisso’ ostinatamente. Buffy resse il suo sguardo. Alla fine il crimonologo sospiro’.

“Parlagli…”

“Mi dici cosi’ solo perche’ lo stai vedendo con Amelia…”

“Puo’ darsi, Summers. Ma ne so abbastanza sulla mia donna da sapere che non stanno flirtando. Stanno parlando di te…”

“non e’ vero…”

Lo sguardo di rimprovero di Rhyme basto’ per sostituire un lungo discorso.

“Dopotutto non sono affari miei…scusa, non avrei dovuto parlare…”

“Non importa. Come se non fosse successo niente.”

Solo che era successo qualcosa. Rhyme chiamo’ Spike. Per un attimo Buffy penso’ che volesse dirgli qualcosa su di lei. Ne resto’ pietrificata.

“Buffy, Spike, forse voi dovreste andare a fare un giro di pattuglia. Magari fino a casa del vostro amico. A controllare. Non si sa mai…”

Buffy annui’, sollevata. Spike la segui’ tristemente fuori dall’edificio. L’aveva vista parlare con Rhyme. Arrossire. E questo non gli aveva certo giovato.

 

L’aria era piacevolmente fresca. Le vie tetre come sempre, con i cartelloni pubblicitari spenti e il buio profondo che si scorgeva nelle finestre delle case. Un silenzio di piombo regnava sulla citta’. La solita quiete prima della tempesta. I vicoli deserti. Solo due persone camminavano nervosamente per quelle lugubre stradine. Una biondina dall’aspetto fragile e un ragazzo avvolto in uno spolverino nero e bruciacchiato. Il silenzio era fin troppo opprimente. Era come se cercassero le parole giuste per iniziare un discorso tremendamente difficile. Nessuno dei due sembrava intenzionato a cominciare. Spike tento’ di fare una risatina allegra. Riusci’ solo ad emettere un gridolino nervoso.

“Wow…che silenzio…”

Buffy penso’ che fosse il momento buono.

“Gia’…forse avresti preferito continuare a chiacchierare con Amelia…”

“E’ simpatica…”, disse lui alzando impercettibilmente le spalle.

“Gia’…”

“…E mi ascolta…”

Buffy si senti’ ferita. La sua voce suono’ piu’ stizzita di quanto volesse. Ma non si puo’ sempre controllare tutto…

“Io invece no, vero?”

Lui tento’ di guardarla negli occhi, ma lei li teneva fissi sulla strada.

“Non ho detto questo…”

“L’hai sottinteso!”

Lui sorrise. Un sorriso con una nota di trionfo che irrito’ Buffy ancor di piu’.

“Sei gelosa?”

“Chi, io? No, per niente…”

“Bugiarda…”, sussurro’ lui, senza smettere di sorriderle sornione.

Lei gli si paro’ davanti, minacciosa.

“Perche’ dovrei essere gelosa? Perche’ pensi che debba interessarmi la tua vita privata? Perche’ pensi che debba interessarmi tu??”

Una slavina di domande, tutte addosso a lui. Aveva mancato la piu’ importante: perche’ la guardi come se fosse l’unica donna al mondo?

Spike indietreggio’. C’era una leggera sorpresa nei suoi occhi.

“Calmati. Ho solo frainteso. Come sempre…ora ti interessa Rhyme, giusto?”

Sbatte’ le ciglia un paio di volte, Buffy. Ma che aveva capito? Cerco’ di ridere. Ma era troppo arrabbiata. Come poteva aver frainteso cosi’?

“Cosa??”

“Andiamo, non fare quella faccia…pensi che non vi abbia visti? State sempre a fissarvi e a bisbigliare. Sembra che i vostri occhi li abbiano attaccati con la colla!”, sibilo’ Spike, in un basso ringhio.

“Ma cosa ne vuoi sapere tu? Con che diritto pretendi di sapere chi mi interessa e chi no?”

Lui la fisso’. Disperazione. Risolutezza. Ghiaccio.

“Hai ragione, Buffy. Non ne posso sapere niente di te. Dopotutto perche’ dovrei? Sono solo quattro anni che cerco di dimostrarti che ti amo! Se non ci sono riuscito allora evidentemente hai ragione. Non ne so niente di te. Proprio niente…forse Rhyme riuscira’ a capirti meglio!”

Buffy avrebbe voluto solo stringerlo forte. Dirgli che aveva sbagliato tutto. Dal primo momento. Dirgli che Rhyme non le interessa perche’ l’unico che le interessa veramente e’ lui. Ma, chissa’ perche’, non ci riusci’. Dalle sue labbra, solo veleno…

“Anche un caprone riuscirebbe a capirmi meglio di te! Sono sicura che non ti dispererai stavolta! Ora c’e’ Amelia, no? E lei e’ simpatica, e ti ascolta! Cosa che io non sono disposta a fare un secondo di piu’!”

Si scambiano un ultimo sguardo. Sembra carico d’odio, ma se guardassero bene, se guardassero oltre, vedrebbero i loro occhi gridare, chiamarsi disperati. Ma in quel momento sono ciechi entrambi, e si lasciano andare cosi’. Buffy va’ verso casa di Rhyme. Spike va’ dalla parte opposta. Ha bisogno di camminare. Di non pensare. Perche’ se pensa esplode.

 

La porta della stanza che si apre pesantemente. Una ragazza dagli occhi rossi che entra, nervosa. Posa il cappotto sull’attaccapanni e si siede sulla poltrona. Non saluta nessuno, non guarda nessuno. E’ troppo presa a commiserare se’ stessa. Rhyme guarda Amelia. ‘L’ha fatto’, sembra sussurrarle senza parole. Ha fatto quella grandissima sciocchezza che Rhyme sapeva che avrebbe fatto. Ma non aveva fatto nulla per fermarla. Quando ci si trova davanti due come loro, le sciocchezze si devono fare. E’ cosi’ bello litigare. Perche’ poi le cose si mettono a posto da sole. Ed e’ splendido fare pace. Sapeva che quei due non sarebbero stati lontano a lungo. Anche Sellitto l’aveva detto. E se l’aveva detto Sellitto, il poliziotto della gente, colui che vede l’invisibile, allora non poteva che essere vero.

“E’ successo qualcosa al signor Giles?”

Buffy alzo’ gli occhi su Rhyme. Lanciavano saette. Aveva ripreso ad odiarlo. Peccato, era una ragazza simpatica.

“No, e’ successo qualcosa alla signorina Summers, maledizione!”

In un impeto di trasgressione totale, Buffy afferro’ la bottiglia di scotch. Se ne verso’ mezzo bicchiere, tanto per essere sicuri che facesse effetto. La mando’ giu’ in un sorso. Senti’ ardere la gola. Un bruciore dolce. Si senti’ sollevata per un attimo. Poi, una fitta allo stomaco. Era lo scotch, non Spike, si disse. Non era abituata all’alcool. Le bruciava le viscere come olio bollente. Eppure se ne verso’ un altro fondo di bicchiere. Di nuovo d’un botto. Stavolta lo trattenne in bocca per qualche secondo. Un gusto forte. Lo mando’ giu’ piano. Una sensazione di calore la investi’. Di nuovo un atroce dolore allo stomaco. Ma non voleva smettere. Stava per afferrare nuovamente la bottiglia di liquore, quando Tom gliela tolse di mano. Aveva il solito sorriso gioviale che irrito’ Buffy. Tuttavia, non protesto’. Ricordava bene l’ultima volta che si era sbronzata. Aveva fatto la fine di Cita. Senza Tarzan pero’…Tom porse una busta ad Amelia.

“Penso siano i risultati delle analisi alla roccia…”

“Grazie Tom.”

La donna estrasse i risultati dalla cartellina. Un paio di documenti, qualche foto ingrandita dei campioni. E poi, ecco il responso. Lo proietto’ sul computer di Rhyme. Buffy si alzo’, spostandosi accanto al criminologo. Si sentiva ancora terribilmente avvilita, nonostante i due bicchieri di liquore…nemmeno quella piccola consolazione le era concessa…

“Ecco risolto il mistero. E’ una pietra vecchia, proveniente da altrettanto vecchi cunicoli o gallerie. E’ tipica della zona nord, nord-est di Sunnydale. Dicono che da quelle parti ce n’e’ molta…beh, non restringe molto il campo…”

Buffy ebbe come un’illuminazione…ma certo, che idiota! Non ci aveva pensato prima!

“Restringe eccome! Quelle sono le rocce che si trovano in alcuni cunicoli utilizzati dall’organizzazione, un’ente segreta del governo che si occupava di mostri e vampiri a Sunnydale…ci facevano degli esperimenti. Ma l’organizzazione non c’e’ piu’, e’ stata smantellata anni fa…”

Rhyme tento’ di capire…

“Organizzazione? Una sorta di ghostbusters dei vampiri, giusto?”

“Piu’ o meno…io non li conosco bene. Riley li usava spesso quei cunicoli…”

Rhyme odiava le frasi in cui c’erano nomi che non conosceva…

“Riley? Sarebbe…?”

“Il mio ex.”, fece triste Buffy. “Faceva parte dell’organizzazione…se solo fosse qui…”

“Sai, Summers, anni fa un tizio di nome Bells ha inventato un simpatico attrezzo chiamato telefono…forse il tuo ex ne e’ a conoscenza…”

Buffy sorrise. Un sorriso un po’ forzato.

“Sara’ in missione con la moglie, come sempre…nessun contatto con i civili…e’ perfettamente inutile provare a rintracciarlo. Dovremo fare da soli.”

Amelia la guardo’. Poi distolse lo sguardo.

“Potremmo chiedere a Spike…lui magari li conosce…”

Buffy le lancio’ un’occhiataccia. Amelia resse quegli occhi duri per qualche istante. Poi abbasso’ lo sguardo. Chiedendosi perche’ ce l’avesse tanto con lei…

“No. Immagino che Spike non voglia piu’ partecipare alle ricerche…”

Rhyme annui’ soprappensiero. Beh, non cambiava molto. A parte che il morale di Buffy era sotto le scarpe. Piu’ di prima.

 

Spike camminava per le fredde stradine della citta’. Rassegnato. Triste. Solo. Un po’ arrabbiato. Solo un po’. Teneva le mani nelle tasche dello spolverino nero, che ondeggiava e frusciava nel silenzio fermo della notte. Mancavano poche ore all’alba. Due, non di piu’. Doveva cominciare a tornare. Si chiese dove. A casa? Avrebe dovuto affrontare Buffy. E prima di lei, la solitudine e le riflessioni. A lui non piaceva riflettere. Si limitava a pensare sconnessamente. Poche frasi. Per argomenti diversi. Ma quando restava solo era costretto a portare questi pensieri su una scala piu’ ampia. Ad approfondirli. Una semplice parola poteva portarlo a riflessioni lunghissime, esasperanti. E tristi. Perche’ tutti i suoi pensieri erano tristi. Quelli felici sembravano essere spariti. Quelli felici rincorrevano lei. La trovavano. Ma poi un pensiero realistico interrompeva quella strana magia. Fantasia. Sogni. L’immaginazione di un folle. Che correva, cercando un posto che non c’e’, per riposare in pace. E si accorgeva che l’unico posto che voleva non poteva essere suo. E soffriva. Come un perfetto idiota. Dio, come si era ridotto. Stava tornando ad essere William…perche’ non faceva niente per impedirlo? Possibile che Spike stesse morendo dentro di lui, per un paio di occhi chiari? Si’, ma non due occhi qualsiasi. Due occhi verdi. Buoni, puliti, innocenti. Tristi, malinconici come i suoi. Ghiaccio sciolto. E fuoco. Poco, ma c’era. Nei suoi occhi verdi. Come il mare. Al tramonto. Quando il sole vi affoga dentro. Mandavano la stessa luce. Abbagliante, eppure morente. Sembra sempre sul punto di spegnersi. Ma c’e’ qualcosa che le impedisce di farlo. E lui si ritrova a chiedersi ancora cosa. Perche’ vorrebbe essere lui. Il motivo di quel rinnovarsi infinito, di quel fuoco che le si accende piano negli occhi, poi sembra morire, e poi ancora, splende, piu’ forte, piu’…Spike sorride a quel pensiero…piu’ rifulgente…eh, si’. William stava tornando per davvero. Era cosi’ palese, eppure lei…sembra non farci nemmeno caso. Lei vede solo Spike, quello pericoloso che provo’ ad ucciderla quando si incontrarono la prima volta…e non vede William, che compone stupide, ridicole poesie solo per farsi notare da una donna che lo trova inferiore…e non sta pensando a Cecily…

Cammina cosi’, pensando velocemente, senza guardare la strada. E non si accorge di andare a sbattere contro qualcuno. Alza gli occhi, arrabbiato. Ci mancava solo il deficiente di turno. E rimane cosi’, immobile, guardando la figura che troneggia davanti a lui. E pensa che, no, e’ impossibile. Chiude gli occhi, li riapre. E’ possibile. Il ragazzo davanti a lui sorride. Un sorriso scintillante e cattivo.

“Ciao Spike…”

Il vampiro biondo rimase sconvolto. Provo’ a dire qualcosa. Gli usci’ dalle labbra strette appena un sussurro.

“Tu?”

Non fece in tempo a sentire la risposta. Qualcosa di pesante gli piombo’ sulla testa. E fu tutto nero. Fuori e dentro di lui…

 

Un leggero bussare alla porta principale della camera. L’hanno sentito tutti. Rhyme, Amelia e Buffy nella stanza da letto. Sellitto, Cooper e Tom nella sala principale. Il ragazzo dai capelli impomatati corse ad aprire. Buffy spero’ fosse Spike. Voleva chiedergli scusa. Magari non proprio scusa. Insomma, voleva far pace. Tutto come prima. o magari un po’ meglio. Ma Tom apparve sulla soglia della stanza da letto senza nessuno al seguito. Tra le mani stringeva un pacchetto regalo. Abbastanza grande.

“Non c’era nessuno. Solo questo…”

Rhyme guardo’ la scatola rettangolare, impacchettata e infiocchettata con cura. Poi guardo’ Amelia.

“Sachs, ti dispiace controllare che non faccia ‘tic tac’?”

La donna ando’ verso la scatola. La prese con cautela dalle mani sudate di Tom. La soppeso’. Era terribilmente leggera. Poso’ l’orecchio sulla scatola. Un paio di secondi in perfetto silenzio. Nessun rumore.

“Non e’ una bomba.”

Stacco’ il biglietto, attaccato con un gran bel fiocchetto rosa.

“Credo sia per te…”

Lo porse a Buffy. Lei aveva una terribile paura di leggerlo. Intanto Rhyme fece telefonare a casa del signor Giles, per appurare che li’ andasse tutto bene. I poliziotti riferirono che non c’era assolutamente nessun problema. Giles era sano e salvo.

Buffy apri’ il biglietto con il cuore piu’ leggero. Lo lesse ad alta voce.

“’Ho sempre amato i gran finali…immagino ora tu sappia dove trovarci…’. Che significa trovarci? Ha dei comlici? Giles e’ a casa sano e salvo! Apri il regalo…”

Amelia scarto’ con la solita calma il pacchetto. La carta da regalo era a fiori gialli e rossi. La sua preferita, penso’ Buffy. Che avesse tirato ad indovinare? Sotto lo strato di carta fiorita c’era un pacco rettangolare. Il colore era un cupo giallo smorto. Le fece paura. Fermo’ Amelia un attimo prima che potesse aprire quell’inatteso regalino. Voleva farlo lei. Le mani erano ferme. Apri’ piano. Qualcosa di nero all’interno. Qualcosa di familiare. Sembrava una coperta. Il cuore di Buffy inizio’ a pulsare piu’ forte. Tamburi le battevano nelle tempie. Prese la ‘cosa’ dal fondo del pacco. Venne fuori ondeggiando e frusciando. Era uno spolverino di pelle. Nero. Le cadde dalle mani, mentre un’atroce consapevolezza le attanagliava il cuore. Un sussurro che sa di disperazione.

“Spike…”

No, spike no! Non ci fu bisogno di altre spiegazioni. Indosso’ il cappotto beige ed usci’ come una furia dall’albergo. Rhyme e Amelia si fissarono preoccupati. Buffy corse veloce, volo’, sulle stradine asfaltate di Sunnydale. Sapeva dove doveva andare…e stavolta intendeva arrivarci in tempo…

 

5 – My Last Breath

Una caverna. Buio tutt’intorno. Ma forse e’ solo l’effetto della botta. Spike apre piano gli occhi. Lo zigomo brucia, sente qualcosa di caldo scivolargli sul viso. Sangue. Non ricorda niente. Nelle sua mente ancora annebbiata si fa spazio un suono. Un rumore che viene da li’, vicino a lui. Qualcosa di metallico che struscia. Sbatte. In un ticchettio monotono e terrorizzante. Cerca di muoversi, gli fanno male le braccia. E in quel momento capisce perche’. Sono legate, sopra di lui. Catene. Gli bloccano i polsi. Stringono. Anche le gambe sono bloccate. Non puo’ muoversi che di pochi centimetri. Cerca di tirarle giu’. Ma piu’ tira, piu’ si stringono. Smette di sforzarsi un attimo prima che la pressione possa spazzargli un polso. Si guarda intorno. Ma e’ tutto cosi’ buio. Anche per lui. E poi, improvvisamente, una luce accecante lo investe. Per un attimo non vede niet’altro che flash bianchi. Poi i suoi occhi si abituano a quella sinistra luce che invade la grotta. 

E allora lo vede. Li’, di fronte a lui. L’ultima persona che avrebbe pensato potesse combinare tutto quel macello…ma a volte le apparenze ingannano. Mai apparenza ha ingannato piu’ di questa volta. L’uomo avanza. Sul viso contratto ha un ghigno soddisfatto. Batte qualcosa sulla mano destra. Spike si accorge con orrore che e’ uno spiedo. Pulito stavolta. Fa male solo guardarlo. Mio Dio, no! Cerca di ritrarsi contro la parete fredda. Le catene stringono. Una delle mani non la sente nemmeno piu’. La morsa e’ troppo stretta.

“Perche’?”

L’uomo continua lentamente ad andare verso di lui. Una lentezza estenuante. Perche’ se l’attesa e’ piu’ lunga c’e’ piu’ divertimento. Fai rosolare la vittima nella paura finche’ e’ cotta al punto giusto.

“Spike…Spike…Spike…perche’ un uomo fa cio’ che non dovrebbe? Per lei…”

Uno schiaffo. Lui non aveva mosso un muscolo. Ma Spike aveva sentito uno schiaffo in pieno viso. Per quelle parole. Perche’ le aveva dette lui. Perche’ erano sue! Di Spike!

“Per Buffy?”

“Perspicace, amico mio…”

“Ma perche’?”

“Perche’ la amo…”

Oh no, di nuovo…la storia di Angelus che si ripeteva…solo che il protagonista era un po’ diverso…no, molto diverso…la amo, allora le uccido tutti quelli che ama, poi ammazzo lei…

“Certo, voi vampiri avete un concetto molto contorto della parola ‘amore’…”

 Il vampiro libero squadro’ Spike con aria di sufficienza.

“Voi vampiri? Sbaglio o anche tu fai parte del club?”

“Non piu’…troppa classe per uno come me…e una visione semplicistica dell’amore…”

“Amore senza sofferenze…”, disse ghignando l’altro.

Spike cerco’ di sorridere, nonostante il dolore alla mano destra aumentasse di momento in momento. Teneva gli occhi fissi sullo spiedo che il vampiro batteva incessantemente sulla mano destra.

“Che vuoi farci, sono masochista…”

Spike cerco’ di fermare per un attimo tutti i suoi pensieri. Guardo’ l’altro. Com’era cambiato. I capelli portati perennemente ordinati erano una nuvola bionda sulla sua testa. Aveva gli occhi incavati, senza espressione. L’azzurro era diventato un grigio spento. Sul collo aveva diverse cicatrici di morsi. Una era quasi aperta. Doveva essere stata l’ultima. Attorno alle labbra aveva un segno rosso, lasciato dalle bottiglie di alcolici che in quella stretta, inospitale grotta, la facevano da padrone. Era anche un po’ ingrassato. Portava una sobria camiciola a scacchi bianchi e azzurri. Un paio di jeans stinti. Era patetico. Eppure aveva messo su tutto quello spettacolo. Pazzesco…assolutamente impensabile. No, tutto questo dev’essere solo un dannato sogno. Anche se lo spiedo che il vampiro batte in una mano e’ incredibilmente reale. E maledettamente vicino. Se quell’uomo avesse emanato calore, Spike sarebbe stato in grado di percepirlo, tanto era arrivato vicino a lui. Le mani del vampiro ricaddero lungo i fianchi. Lo spiedo arrivava a toccare terra. Lui ci disegnava piccoli cerchietti, nella terra. Facevano un rumore sfrigolante. Spike comincio’ a sudare freddo. Teso al massimo. Un altro passo. Ora e’ cosi’ vicino che Spike riesce a sentire l’odore di alcool che emana. Un conato di vomito gli Sali’ alla gola. Con uno sforzo non indifferente lo ricaccio’ indietro. L’uomo ghigno’, poi alzo’ lo spiedo. Sembro’ scendere, ma si fermo’ a mezz’aria. Spike si ritrasse involontariamente contro la roccia. E questo movimento fece stringere ancor piu’ la catena attorno al suo polso. Quello destro emise un leggero schiocco. E si spezzo’. I suoi occhi si spalancarono. Un dolore acuto lo trapasso’. Un grido alto e stridente, da sembrare piu’ il grido di un animale in gabbia che quello di un uomo dolorante. L’uomo di fronte a lui rise. Rise di lui. E lo spiedo stavolta scese. Veloce. In una frazione di secondo. Non senti’ niente, Spike, per un istante. Poi, una sensazione innaturale di vuoto alla bocca dello stomaco. Non oso’ abbassare gli occhi. Aveva paura di cio’ che avrebbe potuto vedere. Ma stavolta non urlo’. Strinse i denti finche’ non fecero male. Lo spiedo era di nuovo tra le mani dell’uomo. Spike lo guardo’. Ora era intriso di un liquido rosso e denso. Sangue. Il suo.

 

L’alba. Qualche tiepido raggio comincia a scaldare il mondo. Non ci sono piu’ stelle alle quali affidare un desiderio. L’unico. Non c’e’ piu’ la luna. Non c’e’ nemmeno il sole, ancora nascosto dai monti dietro Sunnydale. Il vuoto assoluto. Quel lungo istante in cui niente e’ definito. Il cielo non ha un colore. Non e’ blu come durante la notte. Non e’ azzurro come durante il giorno. Tutto sembra in attesa. Sospeso, come in un mondo diverso. Tutto e’ immobile. No, non proprio tutto. C’e’ una ragazza, che corre, i cui pensieri non sono affatto sospesi. Non sono immobili. Roteano, corrono incessantemente nella sua testa. Lei li insegue, li afferra, li soppesa. E alcuni li lascia andare, perche’ sono troppo dolorosi. Altri li tiene stretti, perche’ sono loro a darle la forza di muoversi. Di correre al posto del vento, che in quel momento e’ sospeso come tutte le cose. Tranne i suoi pensieri. Le sembra di essere stata catapultata in un romanzo di Stephen King. Di quelli dove i buoni muoiono sempre. E se se la cavano, sono sempre soli. Per una volta vorrebbe trovarsi in una favola di grimm. Di perrault. Quelle dove alla fine i buoni la fanno pagare cara e amara ai cattivi. E sull’ultima pagina c’e’ sempre scritto ‘e vissero per sempre, felici e contenti’. Felici…e contenti. In quel momento non era ne’ l’una ne’ l’altra cosa. Era solo arrabbiata e terrorizzata. Piu’ arrabbiata che mai. Perche’ per arrivare a lei questo vampiro usava il suo dolore. Gli stava portando via tutto. Due amici. Xander. Questo glielo avrebbe messo nel conto. Ma Spike…era davvero troppo.

Prova ad uccidermi…mandami contro tutte le legioni infernali, mandami contro un esercito di vampiri, va tutto bene…ma Spike…lui non me lo dovevi toccare!

Questo misterioso assassino aveva fatto il suo primo ed unico passo falso. Tentare di uccidere Spike. E l’avrebbe capito. E come l’avrebbe capito! In quel momento aveva voglia di sterminare tutti i vampiri dell’inferno. Non poteva, certo, quindi avrebbe sfogato tutto su un unico vampiro. Una morte lenta e atroce. Molto lenta. E stavolta si sarebbe gustata ogni secondo. Normalmente quei pensieri l’avrebbero spaventata a morte. Lei che vuole uccidere. Che sente il bisogno di uccidere piano, lentamente. Ma ora non aveva tempo ne’ voglia per soffermarsi su discorsi moralisti. Se Faith l’avesse vista ora. Ma lei non avrebbe capito. Lei uccideva perche’ le piaceva e basta. Buffy stava desiderando di uccidere, e di uccidere piano, per…perche’? Perche’ se pensava che Spike poteva morire da un momento all’altro il sangue le ribolliva nelle vene? Ci penso’ un attimo su. Impaurita finalmente dalla rabbia che le montava dentro come una belva impazzita.

Basta mentirsi, Summers…

Gia’, basta. Basta perdere tempo con inutili paure, inutili congetture. Paura di non poter amare piu’, poi di essere troppo piena d’amore. Ora era certa di sapere perche’ stava correndo cosi’. Perche’ aveva una voglia matta di stringere un vampiro biondo tra le braccia. Stringerlo fino a morirne. Senza piu’ paura. Senza piu’ timore. Abbandonarsi e basta, come diceva lui. Perche’ lui aveva sempre avuto ragione. E lei sempre torto. Doveva capire prima perche’ dava di matto quando le dava della bugiarda se lei diceva di non essere gelosa o di non amarlo…perche’ sapeva che aveva ragione. E ne aveva paura. Stupida ragazza. Ma ora non aveva tempo per rimproverarsi. Doveva correre. Piu’ in fretta che poteva. Senza pensare al dolore lancinante che le lacerava le gambe, le braccia, tutto il corpo. La sua mente non percepiva nemmeno piu’ quel genere di pene. Era troppo piena da dolori psicologici per dar peso a sciocchi crampi. Il sole si scorgeva appena fra i monti. Il cielo era piu’ luminoso, ora. L’attesa di ogni cosa era finita. Il giorno aveva vinto, la notte perso. Era mattina. Il vento aveva ripreso a soffiare. E si meravigliava di quella ragazza che correva piu’ veloce di lui…

 

Nessun pensiero…era morto? No, purtroppo no…sentiva ancora dolore. Tanto. Troppo. Non poteva piu’ sopportarlo. Sentiva l’anima scivolare via. Insieme al sangue…tutto quel sangue…impregnava i suoi vestiti, la sua pelle. Dove c’era ancora. Eppure restava impietosamente lucido. A questo pensava. C’era quella figura alta appena a una spanna da lui. Anche lui era pieno di sangue. Il suo. Non lo vedeva chiaramente. Aveva come una patina opaca sugli occhi. Il velo della morte? Spero’ di si’, con tutta l’anima. Beh, quel po’ che gli era rimasta. Una figura gli passo’ davanti agli occhi, come in un flash. Non era reale, ma lui la trattenne finche’ pote’. Era una donna bionda, bassina, che lo guardava sorridendo, con gli occhi verdi come smeraldi fissi nei suoi. E gli diceva di non preoccuparsi. E di lottare. Ma come? Aveva un polso rotto, una gamba completamente maciullata. Il busto non lo sentiva nemmeno piu’. Solo un dolore sordo, lontano. Come se non fosse nemmeno suo. Non aveva piu’ voce. E la chiamava. Senza voce. Le urlava di venire da lui. Di avvicinarsi almeno un po’. Almeno quel dolce sollievo. E senti’ una mano, piccola, dolce. Impalpabile. Sembrava fusa con l’aria stessa. E leggera come l’aria, rinfrescante, rigenerante, si poso’ sulla sua guancia, oltre il velo rosso del sangue che scorreva, zampillava come da una fonte, dal suo sopracciglio. Spike senti’ quel tocco leggero, delicato. Mentre nell’aria stava sospeso un sorriso. E due occhi, verdi, che lo fissavano comprensivi. E gli restituivano l’anima che pensava di aver perso. Insieme ad una piccola luce. La vedeva, li’ davanti a lui. Come una stella. La piu’ bella, la piu’ splendente. La sua stella. Unica, piccola, brillante speranza nel buio tetro di quella galleria. Vi si aggrappo’ con tutte le sue forze. La figura davanti a lui, quella fin troppo reale dell’uomo, continuava a deriderlo e a colpirlo. Ma lui non sentiva. Non piu’. Non voleva piu’ morire. Decise che avrebbe sopportato anche millenni di queste torture, ma non sarebbe morto. Perche’ c’era la sua stella. E non poteva lasciarla andare cosi’. Non ora. La guardava splendere. Investirlo con quella luce irreale. Bianca. Pura. La luce che circonda solo le stelle piu’ belle. Le stelle che portano un desiderio dentro. O quelle stelle che, guardando giu’, notano una persona speciale. Una di quelle che non brilla, nemmeno un po’. Senza luce. Senza speranza. Che guarda su, e vede quella stella. La piu’ bella. E se ne innamora. E quella stella, alta nel suo splendore, nella sua purezza, non vorrebbe avere niente a che fare con lui…ma c’e’ qualcosa che la colpisce, in quell’uomo.   E decide di donargli un po’ della sua luce…senza un motivo preciso, pensa di farlo per puro altruismo…e non si accorge, brillante e cosi’ cieca, che, senza volerlo, se ne e’ innamorata…

 

Lei cammina per la stanza, irrequieta. Si mangia le unghie. Stringe i pugni. Non vuole aspettare. Lui, steso sul letto, cerca di far trasparire una parvenza di calma. Ma e’ preoccupato e frustrato quanto la sua donna. Perche’ li’ fuori, correndo, o subendo atroci torture, ci sono due persone che hanno conosciuto. Due persone che non meritano il dolore che stanno provando. Due persone splendide, unite e cosi’ distanti l’una dall’altra. Che non riescono a vedere oltre. E quando ci riescono c’e’ sempre qualcosa di piu’ grande a rovinare tutto. Fuori dalla finestra il cielo e’ terso. Il sole e’ ormai alto. Sono le sette. La brezza rende gradevole la temperatura. Ma nessuno ci fa caso. Tom va su e giu’, smonta i macchinari insieme ad un silenzioso Mel Cooper. Rhyme li osserva. Si chiede se tra un po’ la porta si aprira’ e comparira’ Buffy e gli fara’ rimontare tutto. Perche’ e’ di nuovo fuggito, dopo aver ucciso anche Spike. E Rhyme spera di no. Perche’ sarebbe troppo anche per una donna forte come lei. Lui lo sapeva. Prima di Amelia aveva perso la sua compagna. Prima dell’incidente. Un’amante. Come dire, una storia extra-coniugale. Perche’ lui era stato sposato. Un matrimonio bugiardo ed ipocrita. Finito come finiscono la maggior parte dei matrimoni bugiardi ed ipocriti. Davanti ad un avvocato. Ma prima del divorzio, prima dell’incidente, oltre che sua moglie Blaine, c’era stata Claire. Un’apparizione celestiale, non una donna. La migliore. Bella, simpatica, attiva, sveglia. Un ottima detective. Ridotta a semplice tecnico della scientifica. Ma lei mirava in alto. Si erano incontrati per caso. Era successo all’istante. Qualcosa. Qualcosa di inspiegabile. Ma forse e’ inutile cercare di trovare le parole adatte per descriverlo. I sentimenti non si descrivono. Si vivono e basta. Era stato difficile all’inizio. Ma non perche’ erano entrambi sposati…perche’ non si potevano vedere. Come Buffy e Spike. Si amavano, ma si ostinavano a restare in silenzio. Come in un gioco. Si insultavano, si mandavano al diavolo. Ma c’era sempre qualcosa che li riportava indietro. Come quei due. Il vampiro e la cacciatrice. Che si detestano e si amano insieme. Per questo sono spaventati. Come lui e Claire. Loro alla fine avevano ceduto. Era stata la storia migliore della sua vita…beh, a parte Amelia…ma con Claire era tutta un’altra cosa, da non poter fare nessun paragone. Era un amore strano, che aveva il fascino del proibito. Un amore rabbioso. Come Buffy e Spike. Oltre le regole. Ma forse Lincoln Rhyme era stato piu’ coraggioso. Di piu’ di Buffy, di piu’ di Spike, che sembravano quasi rassegnati ad amarsi in silenzio. Lui quell’amore l’aveva vissuto. E gli era stato portato via cosi’, sotto i suoi occhi. Per un ignobile scherzo del destino. Un caso. Lo ‘scheletro che balla’…ovviamente assegnato a lui. La scena di un crimine. Un vecchio edificio. Un vecchio studio contabile. Claire e un altro tecnico, che lui aveva mandato sul posto a raccogliere indizi. Perche’ lui non era potuto andare di persona. Tragica coincidenza. Un biglietto dentro un cestino della carta straccia che attira l’attenzione della giovane Claire. E’ un indizio, gli dice nelle cuffie. Lui le chiede di raccoglierlo. Lei lo fa. Non ha il tempo di dirglielo, pero’. Nelle cuffie solo un enorme fragore. Un botto. Una bomba, scopriranno piu’ tardi. Lasciata li’ apposta. Un regalino per in tecnici. E Rhyme costretto subito dopo ad esaminare quella macabra scena di persona. Non se lo sarebbe mai dimenticato. Il calore. Il lezzo di carne bruciata. E il corpo esile di Claire carbonizzato dall’esplosione. Insieme ad un altro tecnico. L’aveva lasciato cosi’ tremendamente segnato da pensare di non poter amare piu’. Aveva chiuso i battenti, tagliato i ponti con il mondo reale. Ma solo dentro di se’. Perche’ non poteva far vedere la sua sofferenza. Tutti sarebbero venuti a conoscenza della loro storia. E Rhyme non voleva offendere il buon nome di Claire. Era quasi impazzito. E lui era un uomo. Un uomo forte. E comunque gli restava un ricordo stupendo della loro storia. E poteva ancora sentire la voce della piccola Claire dirgli ‘ti amo’. Non immaginava nemmeno come si sarebbe sentita Buffy se quel pazzo le avesse ucciso Spike. Un amore che non aveva avuto il tempo di vivere. Era la punizione peggiore per un delitto, per una colpa. Che Buffy non aveva commesso…

“Basta, devo uscire!”

Amelia aveva messo gia’ il cappotto e si stava avvicinando rapidamente alla porta, dando le spalle al criminologo.

“Amelia…”

“No, non dire niente…sono troppo nervosa…sai che non ce la faccio a stare ferma…”

Rhyme penso’ che era colpa sua. Era stato lui ad indottrinarla.

Quando ti muovi non possono prenderti…

Eh, gia’…valeva per i criminali quanto per i brutti pensieri. Annui’.

“Va bene, Sachs…ma torna presto…”

Lei giro’ la testa. Fisso’ i suoi begli occhi in quelli di Rhyme. Sorrise. Poi si avvio’ verso la porta. Rhyme ricordo’ che era il suo modo per dire ‘ti amo’…

Amelia era gia’ sparita oltre la porta principale quando Rhyme poso’ gli occhi sul tavolino da lavoro dove stavano ancora in bella mostra tutti gli indizi…no, un momento, mancava la balestra. E anche alcune frecce.

“Tom! Tom!”

Il ragazzo accorse. Aveva i capelli scarmigliati ed era grondante di sudore. I suoi occhi erano preoccupati quanto quelli di Rhyme.

“Che c’e’?”

“Chi ti ha detto di portare via la balestra e le frecce?”

Lui si strinse nelle spalle.

“Non ho portato via niente…nemmeno Mel e’ entrato qui…”

Rhyme rimase senza parole per un attimo…gli succedeva raramente. Boccheggio’.

“Tutto bene, Rhyme?”

Lui guardo’ Tom. Cerco’ di ritrovare la sua espressione di sempre. La trovo’ e se la stampo’ sulla faccia.

“Si’, tutto ok, sto bene…”

Il ragazzo sorrise lievemente e torno’ ad occuparsi dei giocattoli di Cooper. Rhyme guardo’ la finestra. Aveva gli occhi colmi di rabbia e lacrime.

“Amelia…”

 

Era arrivata…ci aveva messo un bel po’ di tempo, ma c’era arrivata…era tutta un fascio di muscoli doloranti. Boccheggiava disperatamente, cercando di prendere aria. I polmoni le bruciavano. Ogni respiro era come aspirare gas bruciante. I piedi non li sentiva piu’. Le sembrava di fluttuare nell’aria fetida attorno i cunicoli dell’organizzazione. Dentro era tutto tremendamente buio.

Hai paura del buio, Buffy?

Un brivido la assali’, facendole quasi perdere l’equilibrio. Stava li’, appoggiata contro la parete fredda all’entrata di una di quelle gallerie. E non riusciva ad entrare. Non era solo per il dolore che sentiva in ogni punto del suo corpo. Aveva paura. Paura di cosa avrebbe potuto trovare. Paura di quello che si celava nelle viscere buie della terra. Non poteva muoversi. Nella sua mente c’era quella maledetta immagine. La assillava da quando era uscita da casa di Rhyme, dopo aver visto lo spolverino. Spike agonizzante che la chiamava. E lei che tendeva la mano senza riuscire nemmeno a sfiorarlo. Ma se non fosse arrivata, se non avesse continuato a camminare, se non lo avesse trovato vivo lo avrebbe deluso. Non voleva deluderlo. L’aveva fatto troppe volte. Ora aveva davvero bisogno di lei. E lei doveva esserci. Tutte le volte che era stata lei in pericolo lui l’aveva sempre trovata. Si era materializzato come d’incanto. L’apparizione della sua salvezza. E quando lo vedeva sapeva gia’ di essere salva. Bastava la sua immagine a infonderle speranza e coraggio. E allora va’! Si mosse. Pochi centimetri alla volta. Non tremava. Ma aveva paura. Piu’ di quanta ne avesse mai avuta. Entro’ nella grotta. Alla prima svolta si ritrovo’ immersa nell’oscurita’ piu’ cupa e totale che avesse mai visto. Rabbrividi’. Faceva anche tremendamente freddo la’ dentro. Forse avrebbe dovuto portarsi dietro anche lo spolverino di Spike. Ma ormai era fatta. Un passo alla volta. Nonostante fosse immersa nelle tenebre gia’ da alcuni minuti, i suoi occhi continuavano a non abituarsi al buio. Sembrava farsi piu’ fitto passo dopo passo. Ando’ a sbattere varie volte contro la parete ruvida di roccia nera. Tutto era nero li’ dentro. Le sembro’ di essere diventata nera lei stessa. Il piede inciampo’ in un sasso. Mise istintivamente le mani in avanti per fermare la caduta. E ando’ prontamente a sbattere contro un'altra parete rocciosa. Un’altra svolta. Sembrava un dannato labirinto. Non aveva neppure una torcia con se’. Ma non era di questo che si preoccupava. Ogni suo pensiero era rivolto ad un vampiro. Non sapeva bene se Spike o il suo rapitore. I pensieri le si accavallavano nella testa. Un groviglio intricato di pensieri, piani, sogni, speranze. Non l’aiutavano di certo. E poi lo vide. Un bagliore leggero, appena percettibile. Avanti. Non sapeva bene dove. Ma lo vedeva. Nessun rumore. Tranne…un ticchettio frenetico. Irritante. Un battito ferroso. Lama contro lama. Sembrava contare lo sgocciolio del tempo. Tic tac. Tic tac. Continuamente. Con una mano prese il paletto dalla cintura, mentre la sua mente seguiva come ipnotizzata quel ticchettio. Tic tac. Fino a quella svolta. Poi dritto. Strinse ancor piu’ il paletto. Quella presenza levigata e legnosa le dava conforto. Mister punta…il paletto di Kendra. Non l’aveva mai tradita. Non farlo ora, ti prego…ancora qualche passo. Anche fino alla fine del mondo. E sembrava essere molto vicina. Un posto sperduto. Tetro. Pauroso. Ma non per lei…un ultimo sforzo. Ancora pochi passi…

 

“Sai Spike…ho sempre ammirato in te la testardaggine. Non credi che sia ora di metterla da parte? Mi sto un po’ stancando le braccia…mi faresti il favore di arrenderti e morire?”

Uno sputo, implacabile e preciso, fu l’unica risposta dell’essere ferito e sanguinolento che gli stava davanti. Lo colpi’ sul sopracciglio. Fece un passo indietro, scocciato. Afferro’ da un tavolino un piccolo fazzoletto di stoffa. Bianco. Si asciugo’. Spike lo osservava. Ogni suo movimento. Ogni minimo spostarsi di ogni muscolo. Riusciva a scorgere ogni poro sulla sua faccia, ogni punto. Ora non aveva piu’ l’espressione da vampiro. Era quel semplice ragazzo che lui ricordava. Penso’ all’espressione che avrebbe avuto Buffy vedendolo. Per un attimo desidero’ di non essere trovato…lo choc sarebbe stato cosi’ forte. E lui non poteva nemmeno esserle d’aiuto mezzo morto com’era. Ora sentiva dolore. Gli avevano sempre detto che era un buon segno. Vuol dire che non stai morendo. Che sei ancora vivo. Molto vivo. piu’ dolore senti, meno grave e’ la ferita. Le ferite, in questo caso. Spike immaginava di non aver piu’ un solo centimetro di carne sana. Sentiva bruciori dappertutto. Il sangue colava via veloce, lo inondava. Non doveva essere un bello spettacolo…proprio no…il vampiro di fronte a lui si allontano’ per un istante. Passo’ accanto una vecchia radio.

Si tratta bene il ragazzo…anche in trasferta si porta le comodita’.

Prese qualcosa dal buio. Spike percepi’ che stava tornando da lui. La vista cominciava a farsi piu’ chiara. Non lo colpiva piu’ da cinque minuti, piu’ o meno. Vide un secchio blu tra le mani dell’uomo. Non vedeva chiaramente cosa c’era all’interno. Acido, penso’. Si ritrovo’ a pregare di avere una morte breve. Sapeva che l’acido era lento. Lo aspettava una morte atroce. Penso’ a Buffy. Guardo’ dritto davanti a se’. I due occhi, quei due smeraldi, continuavano a fissarlo, ma cominciavano a sbiadire, pian piano. Eppure lui avvertiva chiara la sua presenza. La presenza della sua piccola Buffy. Chiuse gli occhi, mentre il secchio si inclinava e gli lanciava addosso il suo contenuto. Un liquido incolore. Spike si senti’ investire dal getto. Un gavettone. Una sferzata. Doloroso si’…ma un dolore cosi’ dolce…apri’ gli occhi. Ma…non stava bruciando…e sentiva solo un dolce sollievo…era acqua! I capelli biondi gli ricadevano a riccioli sul viso. Bagnati. Una sensazione stupenda. Gli sembro’ che l’acqua portasse via tutto il suo dolore. Il sangue continuava a scendere, ma era di meno. Si sentiva pulito. Nuovo. Stava bene. A parte qualche doloretto sparso…parecchi doloretti sparsi…stava meglio. Guardo’ interrogativo l’uomo dinanzi a se’. Purtroppo ripiombo’ nella disperazione nell’accorgersi che stringeva un paletto.

“Scusa, non volevo che lei ti trovasse in quelle condizioni…era solo una pozione, Spike…me l’ha data una mia amante strega, su al nord…cosi’ non diventerai polvere quando ti ficchero’ questo in quel tuo bel cuoricino pieno fino alla nausea di sentimenti…per la MIA Buffy! Quante volte credevi di portarmela via? Quante volte credevi di poter vincere? Ho vinto io, stavolta…e lei sara’ mia…ancora…”

Spike tento’ di parlare. Aveva la nausea, nonostante non fosse sicuro di avere ancora lo stomaco…

“Finche’ avra’ vita…non verra’ mai…con te, lo sai!”

L’uomo sorrise. Un ghigno beffardo.

“Appunto, Spike, appunto…finche’ avra’ vita…”

Si avvicino’ ancora di piu’. Aveva gia’ il paletto alzato. Glielo aveva visto tante volte in mano…ma sempre per aiutare Buffy, mai per farle del male…beh, non cosi’ male…ma quello era il passato. Ora era tutta un’altra musica, maledizione! E cosi’ quella era la fine. Beh, non poteva dire di non essere stato avvertito. L’ultima…no, la penultima volta che l’aveva visto glielo aveva detto…’toccala con un dito e ti ammazzo…’. A quanto pareva aveva deciso di mettere in atto quell’idea assurda. Avrebbe solo voluto vederla un’ultima volta…si erano salutati malino…anzi, non si erano salutati affatto. Si erano mandati al diavolo. Come sempre…e non riusciva a mandar giu’ l’idea che stavolta non sarebbe riuscito a chiederle scusa. Stavolta non avrebbero fatto pace. Lei non gli avrebbe dato dello stupido e lui non avrebbe ribattuto con la sua solita risposta sarcastica. Niente di tutto questo…

La prossima volta che mi vedra’ io saro’ morto…in via definitiva…

Chiuse gli occhi. Non gli si poteva chiedere di guardare quello strumento di morte scendere e bucargli la carne fino al cuore. L’ultima cosa che vide fu il vampiro che alzava il paletto sulla sua testa. Ma non scese. Spike si fece coraggio e apri’ gli occhi. Cio’ che vide lo stordi’ per un istante. C’era Buffy che teneva la mano del vampiro. Non gli aveva permesso di scendere. La ragazza giro’ la mano, la piego’. Poi ributto’ indietro il vampiro. Il tutto in poco piu’ di un secondo. Non lo aveva ancora visto in faccia. Spike provo’ una gioia infinita nel vedere Buffy, la sua Buffy, ferma, sorridente e un tantino preoccupata, vicino a lui. Non avrebbe mai toccato un simile livello di felicita’. Ma poi si ricordo’ del vampiro. E ricadde nello sconforto piu’ totale. Lei lo abbraccio’ nonostante il sangue e l’acqua che grondava. Lui fece una leggera smorfia. Buffy lo guardo’ negli occhi. Sorrideva.

“Aspettami…ora sistemo questo bestione e poi ti libero, ok? Tu resta vivo...cioe’ morto…cioe’…resta cosi’!”

Sempre voglia di scherzare lei…tra un po’ non piu’. Sicuramente. Buffy lascio’ Spike e corse verso il vampiro che si rialzava faticosamente dopo la botta contro la parete rocciosa. C’era abbastanza luce li’. Buffy non riusciva a vedere il volto del suo avversario. Poi, rialzatosi, l’uomo venne sotto la luce. La ragazza ebbe un sussulto. Indietreggio’, mentre nella sua testa un pensiero girava vorticosamente: ‘non e’ possibile, non e’ possibile…’. Il ragazzo sorrise. Un sorriso scintillante e cattivo.

“Ciao, Buffy…”

Un unico sussurro usci’ da quelle labbra tremanti.

“Riley…”

 

No, no, no, no! E’ tutto sbagliato! Perche’ c’e’ Riley davanti a me? Non posso, non voglio! Svegliatemi, tiratemi fuori da questo incubo terribile! O…o esplodo! O impazzisco o esplodo…non posso reggerlo, non questo! Cos’e’, una persecuzione? Non voglio Riley qui, voglio il super cattivo di turno! Perche’ mi danno il mio ex? Non puo’ essere, non puo’ essere…

Sommersa dai pensieri. Si sente stretta, come se le pareti della galleria le si stringessero attorno, fino a soffocarla. Il suo stomaco si contorce, grida, urla. Lacrime fredde le bagnano le guance, mentre guarda l’uomo di fronte a lei…Riley…e’ davvero lui? Per l’amor del cielo! Non puo’ essere, Riley e’ sposato, ha una moglie, vive…non so dove vive, ma e’ lontano da qui! E allora perche’ e’ qui, di fronte a me e mi guarda come se recassi tutti i mali dell’universo?

“Ricordi il mio vizietto, Buffy? Beh, forse era qualcosa di piu’ di un vizietto…e’ diventata una dipendenza. Ero schiavo. Finche’ una notte non mi hanno trovato morto. La fine di una condanna. E ho capito tutto…c’era tutto quel dolore in me, per colpa tua…e sua. Voi due mi avete rovinato la vita! Ed ora io la sto rovinando a voi…ma ora basta scherzare…si fa sul serio, cacciatrice…o io o tu…”

“Riley…no…”

Ma non riesce a parlare. Ha un nodo che le serra forte la gola. Una gelida morsa. Come una mano. Una mano ossuta che la stringe, la comprime fino a che non puo’ piu’ respirare. Peggio, non puo’ piu’ pensare. E’ vuota e fredda. Il suo cuore batte impazzito, lo sente dappertutto. Vorrebbe solo cadere sulle ginocchia e piangere, fino allo svenimento, fino a consumarsi. Perche’ deve ucciderlo? Non puo’ semplicemente darla vinta a lui, per questa volta? Lasciarsi uccidere? E’ questo che vuole, lui. Ma forse lo vuole anche lei. Dopo quello che ha visto vorrebbe solo sprofondare. Ma c’e’ Dawn…Willow. Giles. Spike. La memoria di Xander. In un istante le passa davanti agli occhi un’immagine, velocissima. Buffy la insegue, riesce ad acchiapparla. La guarda. E’ Xander, disteso su quella terrazza, freddo, esanime. Vede se’ stessa piangere accanto a lui. Disperatamente. E promettergli vendetta. La piu’ tremenda. Un altro piccolo flash. Lo spolverino di Spike tra le sue mani. Tremano per la rabbia. Come ha osato? Si vede correre veloce fin li’, dolorante. Trattenendo le lacrime. Buffy gira gli occhi per la caverna. Incrocia lo sguardo di Spike, ancora legato. E’ pieno di ferite. Il sangue sgorga, lo investe. Se ne sente piena anche lei. Spike che la guarda. Vuole solo farle forza. Un lieve sorriso le arriva, come una ventata d’aria buona. No, niente morte. Non per me. Si convince che quello che ha davanti non e’ Riley. Non quello vero. Non e’ difficile, l’ha fatto mille volte. Per un secondo la sua mente ostinata non vuole crederci. Poi, soccombe a quell’idea cosi’ semplice. Non e’ Riley, non e’ Riley. E allora alza gli occhi su di lui. Troppo tardi, pero’. Un pugno la colpisce in pieno viso. Forte, terribilmente forte. Barcolla all’indietro, cercando di respirare, anche se il sangue le inonda il naso. Niente dolore, non e’ il momento. Si riprende, scuote la testa. E si avventa contro Riley, senza pensare, come fa sempre. Una serie infinita di pugni, calci, gomitate, testate. Colpisce lui. Poi lei. In una danza turbinante in cui sembra non esserci mai un vincitore e un vinto. Sono entrambi sanguinanti. Buffy ha il naso a pezzi. Riley un sopracciglio squarciato. Entrambi hanno le labbra un po’ gonfie. Ma non fa male. Ci sara’ tempo per pensare al dolore. Si staccano per un istante, per riprendere fiato, anche se Riley non ne avrebbe bisogno. Sono testardi. Nessuno vuole perdere. Nessuno vuole morire. Si attaccano alla loro vita usando tutti gli appigli possibili. Non mollano. Riley combatte per se stesso. Per vendicare la sua stessa morte. Buffy per gli altri. Non c’entra niente con lei. Vuole tornare a casa per gli altri. I suoi amici, la sua famiglia…Spike. Vuole tornare per loro.

Egoista, Riley…non so nemmeno cosa sia l’egoismo...

Poi, nel silenzio rotto solo dai colpi incessanti dei due combattenti, si sente un gemito. Leggero. Buffy si gira di scatto. E’ Spike. Ha mosso una gamba. Forse si e’ rotto la caviglia. Si distrae un secondo, Buffy. Giusto per vedere se e’ tutto ok, a parte la caviglia. E quell’attimo le e’ fatale. Riley le si avventa contro, buttandola a terra. E’ sopra di lei. Stringe un coltello. Tremendamente appuntito. Con la mano libera tiene ferma la sua preda. Buffy cerca di divincolarsi con tutte le sue forze, ma il suo avversario e’ troppo forte. Ed ha vinto. Il coltello si alza sempre di piu’, sopra di lei. La mano di lui si ferma per un attimo.

“Addio, Buffy…e’ stato bello finche’ e’ durato…”

Buffy spalanca gli occhi. Se deve morire vuole guardare la morte in faccia. Il suo volto ossuto. E in un certo qual modo confortante. E poi, l’inaspettato. La mano di Riley non scende. Lui si irrigidisce. I suoi occhi azzurro-grigi si spalancano, guardano il vuoto davanti a lui. Le ricade addosso, pesantemente. E, incredibilmente, senza vita. Buffy lo guarda, incredula. Lo sposta da sopra di se’. Guarda verso Spike. Lui sorride e indica l’entrata della grotta. Li’, ritta, anche se lievemente tremante, sta Amelia Sachs. In mano stringe una balestra di legno. La freccia e’ nella schiena di Riley. Al cuore. Ma lui non e’ polvere. Guarda Spike, che le spiega in poche parole la pozione che Riley gli ha buttato addosso. Buffy non riesce a capirne il perche’. Insomma, con Spike aveva senso, voleva farle trovare il corpo. Ma che senso aveva buttarsi addosso quella pozione?

In quel momento ha la risposta. Riley si muove leggermente. Afferra con un ultimo, disperato sforzo, un telecomando. Preme un bottone, prima che Buffy abbia il tempo di allontanarlo. Lo stereo si accende. Tutto qui? Poi, silenziosamente, Riley sprofonda nell’oblio. Di lui non resta che un corpo morto. Definitivamente.

Amelia ha slegato Spike. Buffy si gira verso di loro. E un dolore acuto e lancinante la trapassa.

Spike guarda la sua cacciatrice. E’ stranamente rigida. Il combattimento e’ stato duro. Si tiene lo stomaco, nel gesto che fanno alcune persone quando riprendono fiato. Gli occhi sono lucidi. E’ normale, ha appena visto morire il suo ex ragazzo. Si rivolge ad Amelia.

“Non che io non sia felice di vederti, Amy…ma come ci hai trovati?”

Lei mostra la balestra.

“Ho trovato una buona guida!”

“Ormai ci stai facendo l’abitudine!”

Lei sorride. Guarda Buffy. Non sorride affatto, lei. Si tiene lo stomaco. Riprende fiato. Ha le mani sporche di sangue. Il sangue di Spike, sicuramente.

“Si’, questa citta’ comincia a piacermi…”

In quel momento Buffy apri’ bocca per la prima volta dalla fine del combattimento. Ma la sua voce suono’ dolorante e roca.

“Visto…che ti stai ambientando, Amy…ti dispiacerebbe…chiamare…un’ambulanza?”

Lei la guardo’ interrogativa.

“Cosa? So che ti dispiace, ma Riley e’ morto, e…oh, mio Dio!”

Non fece in tempo a finire la frase. Buffy sposto’ le mani dallo stomaco. Una grossa macchia rossa si allargava sul suo maglione verde. La punta di una freccia spuntava tra le sue dita.

 

Spike corse da lei, la sorresse un attimo prima che si accasciasse a terra.

“Buffy!”

Amelia li raggiunse. Aveva gli occhi lucidi, lo sguardo allarmato.

“Ma…com’e’ successo? Sono stata io?”

Buffy si sforzo’ di parlare. Pochi sussurri.

“No…il telecomando…qualche meccanismo…collegato…allo stereo…”

Spike la fece distendere. La teneva tra le braccia, cullandola come una bambina, e le accarezzava i capelli. Piangeva. Amelia li guardo’, allarmata. Era una brutta ferita. Si allontano’, cerca nella borsetta il cellulare. Lo trovo’. Ma nella grotta non c’era campo.

“Spike! Devo uscire, non posso chiamare da qui…non farla parlare, tampona la ferita con qualcosa. Devi fermare il sangue…Dio mio, tutto quel sangue…”

Non ce la fa. Usci’ correndo, componendo il numero giusto. Buffy tremava tutta. Aveva gli occhi velati e lucidi. Lacrime che non avevano la forza di scendere. La macchia rossa sulla sua maglia si allargava sempre di piu’. Spike fece appello a tutte le sue forze. Estrasse la freccia fingendo di non sentire le grida di Buffy, i suoi lamenti, le sue lacrime. Piangeva anche lui. Dallo stereo parti’ una musica dolce e malinconica. Riley l’aveva messa apposta, ne era sicuro.

La canzone si chiama ‘Last Breath’.

<Abbracciami, amore…

Sai che non posso restare a lungo

Tutto cio’ che volevo dirti e’ ‘ti amo’

E non ho paura…>

Buffy sente freddo. Si stringe finche’ puo’ a Spike. Sente la musica come un’eco lontana. Vede le lacrime di Spike. Oh, Dio…eppure no, non ho paura. Sto bene…vorrei solo che questa tortura finisse…ho qualcosa da fare, prima, pero’…

“Spike…”

Lui le mette un dito sulle labbra. Trema quanto lei. Piange anche di piu’.

“Shhh…non dire niente, sta tranquilla. Andra’ tutto bene, te lo prometto…”

Buffy cerca di sorridere. Ogni movimento le strappa una smorfia. Ma ce la mette tutta. No, non andra’ bene, sembra gridare con gli occhi. Ma mette a tacere quel grido. Sussurra. Flebile come il vento che le scompiglia i capelli.

“Ti amo…”

<Puoi sentirmi?

Riesci a sentirmi nelle tue braccia?>

Oh, mio Dio, Buffy! Perche’ me lo dici? Perche’ ora? Ti prego, sta zitta! Me lo dirai, me lo dirai ancora…e’ una dannata promessa. Lo dirai cento volte, e lo dirai ai tuoi amici, li stringerai forte ed io pensero’ di essere di troppo, e tu dovrai rincorrermi e darmi dello stupido...mi macherebbero i tuoi insulti, lo sai? Mi mancherebbe tutto di te…ti sento dappertutto. Sei nelle mie viscere, nella mia gola…tra le mie braccia. Non puoi andartene cosi’…

<Tenendo il mio ultimo respiro

al sicuro dentro me…>

Fa male respirare...perche’ non ne sento il bisogno? Perche’ ogni respiro fa cosi’ male? Non puo’ finire cosi’, eppure sento che sta finendo…sta finendo tutto…ed io non ho paura…sono solo…stanca. Cosi’ stanca…vorrei chiudere gli occhi, ma riuscirei a trovare la forza per riaprirli, se lo facessi? Cos’e’ che mi tiene ancora qui, adesso?

<Tutti i miei pensieri sono per te…>

Tutti i miei pensieri…cosi’ fragili, come anfore di vetro. Le vedo andare in pezzi, lentamente. Ad una ad una, cadono tutte. E spargono i miei sogni sulla terra, in una macchia rossa come questo sangue. Lo sento. Scivola lento sul mio maglione. Mi appiccica la pelle. E’ caldo e denso. Ma io sento solo freddo…intorno a me e’ tutto buio…vedo solo piccoli flash bianchi. Sono stelle…voglio seguirle…andare via. Mi mancherai tanto, Spike…

<Dolci luci estasianti

Finisce qui, stanotte…>

Stanotte finisce la mia vita. Stanotte finisce la mia non vita. Stanotte finisco io, se finisci tu...stanotte non c’e’ salvezza. Stanotte non c’e’ speranza. Tu sei speranza, e stai morendo fra le mie braccia. Stanotte. Niente luci estasianti, stanotte. Finisce il mondo, stanotte. Il mondo inizia e finisce nei tuoi occhi...se tu li chiudi per sempre, dove sara’ piu’, il mondo?

<Mi manchera’ l’inverno

Un mondo di cose fragili…>

Mi mancheranno i tuoi occhi verdi…la tua risata dolcissima…la curva delicata del tuo corpo…il tuo calore, la tua freddezza…la tua perfezione, la tua parte sbagliata…c’e’ una parte sbagliata, in te? Oh, se solo ci fosse vita in me…se solo scorresse vita, e non morte, in questo vecchio corpo…la donerei a te, e tu vivresti, com’e’ giusto che sia…non staresti guardando le stelle bianche…so che le guardi, sai? So che le vedi. E so che vuoi seguirle. Ma non farlo, amore mio…loro portano solo buio. La luce e’ qui, in questo mondo cosi’ fragile, che senza te non sarebbe piu’ lo stesso…mai.

<So che puoi sentirmi,

Posso vederlo nelle tue lacrime…>

No, amore, non piangere…vedi, i miei occhi sono asciutti, e la mia anima e’ intrisa di lacrime che non scenderanno mai…non piangere, non essere triste…mi senti? Puoi sentirmi? Senti me come io sento te? Sei in ogni angolo del mio essere, eppure non sei da nessuna parte…non riesco nemmeno a sfiorarti, tesoro. Se lo facessi, spariresti, come nei sogni che hanno popolato il mio sonno, ed ora invadono la mia veglia? Se ti sfiorassi, resteresti con me per sempre? Oh, la morte scende a prendermi, la vedo…oh, non ha il tuo viso, amore mio…tu non sei la morte…dopotutto, lo sai…il sangue, e’ la vita…

<Di’ buonanotte

non avere paura…>

Adesso…e’ adesso…per favore non guardarmi cosi’…e’ qualcosa che non posso sopportare…lasciami morire in pace, lasciami dormire come vorrei…e’ il tuo sguardo che mi tiene qui, nel dolore e nel rimpianto…dimmi buonanotte, ti prego. Cosi’ potro’ chiudere gli occhi felice…abbandonarmi a quest’ultimo respiro che non arriva…e’ tutto per te, il mio ultimo respiro, lo sai? Un ultimo dono…

<Chiamandomi, chiamandomi…

mentre scompari nel buio…>

C’e solo buio, qui, Buffy. Respiro buio, vedo solo nero. E in mezzo ci sei tu, mia povera bambina…chi ha deciso tutto questo? Perche’ devo vivere, se tu non puoi piu’? Ti sento chiamarmi, Buffy…cosa vuoi dirmi? Cosa puoi dirmi? Quanto tutto questo sia ingiusto? Oh, lo so. E’ ingiusto…la vita e’ ingiusta, ed a volte la morte lo e’ ancora di piu’…l’aria muore nei tuoi respiri…sento il tuo cuore…cosi’ debole…quel tamburo che ti batteva nel petto, portando il tempo di una meravigliosa danza? Quel tamburo splendido, dov’e’, ora? Perso negli abissi di te stessa, forse? L’aria muore nel tuo respiro…e’ freddo…oh, ti prego, non andare…

<Tenendo il mio ultimo respiro

al sicuro dentro me

Tuti i miei pensieri sono per te…

Dolci luci estasianti

Finisce qui, stanotte…>

Buffy chiuse gli occhi…Spike la guardo’. Piangeva. Lacrime fredde e bollenti ricaddero sul viso di lei, che non poteva vederle. Quelle fragili goccioline di sofferenza, infrantesi sulle sue guance. Aveva gli occhi chiusi. Respirava cosi’ debolmente. Tra le labbra l’aria volo’ via. In quel respiro. Quello freddo. Mentre la sirena di un’ambulanza fendeva il silenzio terribile del mattino…

 

Epilogo – How You Remind Me

L’edera cresce veloce. Circonda quella bella lapide di marmo. A volte copre la scritta. Il sole batte sul marmo bianco. E’ abbagliante. Meno grottesco di quanto sembri. Una infinita processione di amici e conoscenti lasciano biglietti e fiori. Anche se sono passati due mesi dalla sua morte. Ma non c’entra niente. Il tempo non cura completamente certe ferite. Alcuni si fermano piu’ degli altri, parlano, fanno interi discorsi immaginando di essere sentiti. Magari si aspettano anche una risposta. E’ comprensibile. Era una persona speciale. Di quelle che non si possono dimenticare e anche quando non ci sono piu’, bisogna sempre illudersi che possano sentire la moltitudine di persone che parlano davanti alle loro tombe. E aspettano risposte che non arrivano. Ma non importa, basta crederci. Una di quelle persone stava appoggiata ad un albero, poco lontano da quella tomba. Le lacrime pungevano gli occhi, ma non sembrava farci caso. Succede ogni volta. E’ normale. Glielo dicono sempre. Un ragazzo dai capelli biondi si avvicina alla malinconica figura appoggiata al tronco. Sorride. Ha ancora qualche cicatrice.

“Andiamo? Gli altri ci aspettano…”

Buffy stacco’ gli occhi dalla tomba di Xander. Incontro’ quelli di Spike. Da quel giorno in cui lei aveva sfiorato la morte non si erano parlati molto. No, non si erano parlati affatto.

“Si’, sto arrivando. Tu va’, ti raggiungo subito…”

Lui la guardo’. Rassegnato. Non aveva dimenticato quel giorno. Non potrebbe mai. Aveva pensato seriamente di impazzire. L’ambulanza. Le ore interminabili fuori da una spoglia sala operatoria. Poi la bella notizia, e’ fuori pericolo. Non gli sembrava vero. Aveva voglia di stringerla forte, di dirle quanto l’amava. E poi sarebbero vissuti per sempre felici e contenti. Stupido sciocco, queste cose funzionano solo nelle fiabe. Perche’ lei si era svegliata, e ai suoi occhi lucidi aveva risposto con il solito sguardo ghiacciato. Aveva detto di non ricordare niente. Bugiarda…ma era inutile insistere. Come al solito si era solo illuso.

Si avvio’ verso un piccolo bus bianco e verde. Il signor Giles gli apri’ la porta. Dentro stavano Anya, Dawn e Willow. Gli sorrisero. Buffy li raggiunse pochi minuti dopo. Zoppicava ancora un po’, la ferita si faceva ancora sentire. Ma era tutto a posto. Quella sera si andava al Bronze. Un po’ di sano divertimento ci voleva. Xander avrebbe voluto questo…

 

Sono tutti li’, a bere e chiacchierare come ai vecchi tempi. Ma c’e’ qualcuno che non scherzera’ e non ridera’ piu’ con loro. Una perdita che si fa sentire. Tanto. Davvero tanto. Ma e’ per quella memoria che non bisogna smettere di ridere. Di vivere. Ora lo sanno. Buffy chiacchiera allegramente con Willow. Anya gioca con Dawn a pollice di ferro. Lo faceva anche con Tara. Un’altra incolmabile perdita. D’improvviso Buffy nota l’assenza di Spike. Ne e’ stranamente preoccupata.

“Will, hai visto Spike?”

“Si’…non guardarmi cosi’, e’ qui. Non so dove, ma e’ qui. Ha detto solo che aveva una piccola sorpresa.”

“Ah…”

Buffy guardo’ distrattamente la gente chiusa nel locale con loro. Di Spike nessuna traccia. Non amava particolarmente le sorprese, Buffy. Troppo imprevedibili. E lei non amava le cose imprevedibili. Aveva gia’ la sua vita, e tanto bastava. Ma, stranamente, era curiosa di sapere che genere di sorpresa le stava preparando Spike. Non avevano piu’ parlato da…da allora. Lui c’aveva provato, ma lei si era chiusa nel solito guscio di vetro. A prova di missile, a quanto pareva. Perche’ non era andato in frantumi al primo colpo? Avrebbe tanto voluto parlare di quello che aveva detto, che aveva sentito, che ancora sentiva. Ma era cosi’ difficile. Ed era praticamente impossibile. Lei e Spike. No, e’ assurdo. I miei amici la prenderebbero malissimo. Non voglio dare un’altra delusione a quelli che amo. Ma tra questi c’e’ anche Spike ed io gli sto facendo cosi’ male. Lo so cosa sta provando. Perche’ io sento le stesse cose. E non posso fare niente. Perche’ non posso affondare le dita nel mio cuore e strappare via questi sentimenti? Sarebbe cosi’ semplice…

“Finiscila di torturarti cosi’, una buona volta, Buffy!”

Aveva parlato Willow…nonostante tutto era sempre una grande strega. Potente. Ma soprattutto era la sua migliore amica. Capiva sempre tutto. L’aveva sempre fatto. Si giro’ a guardarla. Willow la fissava severamente. Sembrava chiederle come potesse anche solo aver pensato di darle una delusione stando con l’uomo che amava…e Buffy si senti’ ancora piu’ stupida. Perche’ l’aveva creduto veramente. Le sorrise debolmente. Willow ricambio’ il sorriso. Guardo’ sul palco. Un’espressione sorpresa le illumino’ il volto. Buffy si giro’ verso il punto che fissava Willow. Spalanco’ gli occhi. Li’ sul palco, c’era il signor Giles, con tanto di chitarra elettrica a tracolla. Buffy rise, poi guardo’ il ragazzo che stava provando l’audio al microfono. Aveva una chitarra elettrica anche lui. Il cantante. Capelli di un impossibile biondo ossigenato, e occhi profondi ed intensi come il mare. Buffy penso’ che come cantante Spike non era niente male. Con quello spolverino nero che ondeggiava sul palco e l’aria da duro. Solo l’aria. Ma andava bene cosi’. Dopo un ultimo prova, Spike fece un cenno affermativo ad un Giles molto teso. Torno’ a guardare la moltitudine di gente sotto il palco. C’era qualcosa di simile alla paura, nei suoi occhi. Buffy capi’ che doveva costargli molto tornare ad esibirsi in pubblico, dopo il completo fallimento della sua vita da poeta incompreso. Lui incrocio’ i suoi occhi. Era serio. E triste. Cosi’ triste come non l’aveva mai visto. Sorrise lievemente. Lui rispose a quel debole sorriso con un’occhiata piena d’amore. Avvicino’ le labbra al microfono.

“Questa e’ per una persona molto speciale. Spero non le dia fastidio.”

 

Attacco’ la musica. Prima dolce, poi sempre piu’ forte, decisa, prorompente. Giles suonava veloce la chitarra. Le mani volavano sulla tastiera. Sembrava ringiovanito di vent’anni. Aveva addirittura un’aria pseudo-sexy che diverti’ alquanto Willow, che ricordo’ ancora una volta i tempi in cui aveva una cotta per lui. Buffy osservava il ragazzo al centro del palco. Suonava bene. Un altro talento di cui lei era all’oscuro. Li aveva scoperti tutti, a poco a poco. Solo che non si finisce mai di conoscere una persona. Finalmente, canto’. Aveva una voce ipnotica, melodiosa, dolcissima. Eppure piena di rabbia e tristezza. Le venne da piangere mentre ascoltava quelle parole cantate con quell’irresistibile accento inglese che tirava fuori nelle occasioni ‘speciali’…

<Non ce l’ho fatta da uomo saggio

non ce l’ho fatta da povero che ruba...>

L’aveva scritta lui, la canzone. Lo si leggeva facilmente tra le parole...Buffy lo capi’ subito.

Perche’? Perche’ non ce l’hai fatta? Perche’ ti ostini a pensare di essere un fallimento? Ah, lo chiedo proprio io, che non faccio altro che ripeterglielo...forse so da dove gli viene, questa assurda convinzione...ora mi sembra tutto cosi’ assurdo...anni ed anni a farsi del male, e poi...tu ce l’hai fatta, Spike...io non ce l’ho fatta...non sono una donna saggia, non lo sono mai stata. E se lo fossi le cose sarebbero andate diversamente...non sono mai stata povera e ladra...eppure ho derubato te...adesso lo so...

<Mi sono stancato di vivere come un cieco

Sono nauseato dagli sguardi senza sentimento…>

Mi senti, adesso? Buffy sto cantando, lo sto gridando a tutta questa gente...io non pretendo che tu sappia quanto mi costa farlo...voglio solo che tu sappia che sono pieno...la misura e’ davvero, davvero colma...credo sia arrivato il momento di aprire gli occhi, amore mio...e se gli unici sguardi che puoi darmi sono questi, freddi e senza sentimento, allora amore...io sono stanco...

<Ed e’ cosi’ che mi ricordi

mi ricordi cosi’

per cosa sono veramente…

mi ricordi cosi’…>

Cosa sei realmente, tu? Chi sei? Io non posso ricordarti per quello che sei, perche’ sono cosi’ cieca da non capire chi sei! Vorrei saperlo, Spike...vorrei poter dire che sei...importante...che sei...mio. Vorrei poter dire che...sono innamorata. Ecco, vorrei poter dire questo. Ma poi, chissa’, starei male di nuovo? Posso rischiare ancora, Spike? Posso gridarlo al vento, e non sentirmi travolta dalla tempesta? Posso sussurrarlo ad una farfalla, e sapere che non volera’ via col mio segreto? Spike...posso tenerti con me?

<Non e’ da te dire mi dispiace...>

Ora mi dispiace di non averti mai detto ‘mi dispiace’, Spike…

<Ho sbagliato a volerti dare un cuore che poteva spezzarsi...>

Non lo so, Buffy...ho sbagliato? Ora che il mio cuore e’ spezzato, mi sto chiedendo: ne e’ valsa la pena? Il mio cuore e’ in frantumi...lo raccoglierai pezzo dopo pezzo? O lo calpesterai, come hai sempre fatto? Beh, forse non voglio scoprirlo, dolcezza...forse ho paura, troppa paura, di scoprirlo...ed allora non te lo chiedero’ nemmeno. Lancero’ pezzi del mio cuore nel vento, sottoforma di versi...riuscirai a capirlo ed apprezzarlo, Buffy? Mi chiedo solo questo...

<E mi sono sbagliato, mi sono sentito giu’

giu’ fin nel fondo di ogni bottiglia...>

Sai, e’ che, semplicemente...mi sono sbagliato...io...ho creduto veramente che potessimo essere insieme, noi due. Ho pensato realmente che le fiabe potessero essere realta’...ma, sai, non e’ cosi’...le fiabe non piacerebbero tanto, se non fossero illusioni...mi sono stancato di vivere in un’illusione, Buffy. La mia bolla di sapone e’ scoppiata, ed io sono scivolato giu’...quale bottiglia di liquore puo’ salvarmi, adesso?

<Queste cinque parole nella mia testa

Gridano “Ci stiamo ancora divertendo?”>

Oh, no...il divertimento e’ finito, Spike...o forse non c’e’ mai stato...c’e’ stata rabbia, e furore, e grida silenziose, e voglia di essere chi non potevamo essere. E’ stato aggrapparci l’un l’altra per difenderci da qualcosa dentro di noi...il divertimento non c’era, e ce lo siamo inventati. Ed ora fa cosi’ male, sentirsi rinfacciare tutto quello che ho fatto...e soprattutto, tutto quello che non ho fatto...fa male...Dio, cosi’ male...

<Non e’ che tu non lo sapevi

Ti ho detto ‘ti amo’, e giuro che ti amo ancora...>

Lo so. E’ vero, Buffy, ti amo ancora. Ma che importanza ha, dirtelo, adesso? Cosa cambierebbe dirtelo una volta in piu’? Calpesteresti il mio cuore una volta in piu’, lo so. E’ che forse mi sto rendendo conto che ti chiedo qualcosa che tu non mi puoi dare...o non vuoi...ecco, vedi, ci ricasco sempre. E’ che la speranza agonizza, ma non muore mai. E’ come l’araba fenice. Conosci l’araba fenice, Buffy? Quell’uccello che brucia, e poi rinasce dalle sue ceneri, in un ciclo infinito? Beh, credo sia l’incarnazione perfetta della speranza. Ma...e se qualcuno disperdesse quelle ceneri? Ce lo siamo mai chiesti? Come farebbe a rinascere, se mancassero le ceneri? Fa male, cuore mio, ma ho l’impressione che sia giunto il momento di rinascere per sempre, o di gettar nel vento le ceneri della speranza...ti amo ancora...

<E dev’essere stato cosi’ brutto

Vivere con me deve averti quasi ucciso…>

Reprimere i miei sentimenti. Questo si’, mi sta uccidendo. E se non faccio al piu’ presto qualcosa, Spike, finiro’ per soffocare. Ma, vedi, ho cosi’ paura...e se fosse solo un altro grande errore? E se dovesse finire tutto, come tutto e’ finito con Angel? Oh, so che sei diverso da Angel, e ti infurieresti, per un paragone simile. Finiresti per restare con me solo per essere diverso da lui...orgoglioso vampiro...ecco, eccole, le lacrime. Guardarti cosi’, mentre canti e mi guardi in quel modo...non ce la faccio...il cuore mi scoppia nel petto. Forse per dolore, per amore, per rabbia...chissa’...so solo che se non esco di qui, soffochero’. Perdonami, se puoi...sono una vigliacca, lo sai...

Buffy non ne puo’ piu’. Mentre la musica sale e s’infrange contro le persone che l’ascoltanoo ipnotizzate, una ragazza dagli occhi lucidi esce silenziosamente dal locale. Rimane fuori, dietro la porta. Sente ancora l’eco di quelle parole. Fanno male come se le avesse lanciato contro coltelli appuntiti. E’ salito li’ sul palco e le ha rinfacciato una vita di sofferenze. Per colpa sua. E Buffy sta male perche’ avverte che ogni verso racchiude una dolorosa verita’. Gli ho fatto tutto questo male...cosa sono? Cosa sono diventata? Mi sento cosi’ stupida!

La musica smette. Per lei e’ quasi un sollievo. Si asciuga velocemente gli occhi. Qualcuno esce, decide che la serata e’ finita li’. Tra loro c’e’ anche un ragazzo biondo. Buffy gli volta le spalle, cerca di non farsi trovare. Non vuole affrontarlo. Ma lui la vede. Come potrebbe non vedere la sua stella?

“Buffy...”

Lei si gira. Cerca di nascondere le lacrime. Ancora una volta il suo orgoglio ha la meglio. Vorrebbe buttargli le braccia al collo. Ma non lo fa.

“Spike...”

Lui la guarda. E’ imbarazzato.

“Io...”

“Era una bella canzone...sul serio...”

Lui la guarda negli occhi. Buffy si sente sciogliere. Sciogliere dentro.

“Non era una canzone...”

“Lo so...era una tua poesia...”

“Non sono mai stato bravo come poeta, lo sai…”, le dice, forzando una risata.

Lei cerca di sorridere.

“No, no...era bellissima, davvero. Solo, non ce l’ho fatta...”

“A fare cosa?”

Come se non la sapessi gia’ la risposta…

“A sentirla tutta...sentirmi rinfacciare tutto quello che hai passato per colpa mia...”

“Non volevo...”, sussurro’ Spike, contrito.

“Non importa...”

Come non importa? Idiota che non sei altro, Buffy! Digli che t’importa! Ma lui la precede.

“A me si’, Buffy...”

“Lo so...”

Sono soli. Nessuno. Nessuno li’ intorno. Vorrebbe solo baciarlo. Ma quando lui le si avvicina, si sposta. Abbassa la testa. Perche’ dev’essere cosi’ complicato? Lui torna sui suoi passi. La guarda. Lei alza gli occhi su di lui. Cio’ che vede e’ un’immensa tristezza.

“Ho capito...era semplice, ma non ci sono arrivato prima...io ti voglio, ti amo e tu lo sai. Ma tu non mi vuoi, ne’ mi ami...vedi, e’ semplice! Almeno credo...tutto quello che voglio e’ un cenno. Se la mia presenza ti da’ tanto fastidio, se non puoi vivere serena con me intorno, allora schiocca le dita. E non mi vedrai piu’…ma smettila di promettermi cose che non puoi darmi...”

Non permise alle sue dita di muoversi. Si sarebbe tagliata le mani, piuttosto. Una lacrima scese sul suo viso. Una sola. Brillante come un piccolo diamante.

“Maledizione, ma non lo capisci? Non e’ con te che non posso vivere, e’ senza di te che morirei!”

Era assurdo, per lei, avere quella conversazione. Aveva sperato che quel momento non arrivasse mai. Quello di scegliere tra le proprie paure e il proprio cuore. Spike rimase interdetto per un istante. Gli sembro’ che il suo cuore ricominciasse a battere. Sentiva chiaramente un pulsare oppressivo nelle tempie. Le si avvicino’. Piangeva, Buffy. Lei lo guardo’ negli occhi.

“Io...ma e’ una follia, non lo capisci?”

Spike sorrise...ma non e’ l’amore una discreta pazzia, un’amarezza che soffoca, ed una dolcezza che guarisce?

“L’amore fa sempre fare delle pazzie...”

“Non cosi’ grandi...”

Stavolta non le lascio’ il tempo di riflettere. La strinse forte, sussurrandole all’orecchio poche parole.

“Allora passeremo alla storia per aver fatto la pazzia piu’ grande del mondo...”

Stavolta si lascio’ stringere. Basta mentirsi. Basta compromessi. Basta pensare al futuro. Il presente e’ di gran lunga migliore. Avvicino’ piano il suo viso a quello di lui. Una fiammata sembro’ attraversarla al contatto con quelle labbra cosi’ fredde, ma frementi di vita. Il bacio piu’ lungo, piu’ bello...soprattutto, piu’ desiderato della sua vita. Stava baciando Spike. Un mostro…doveva essere pazza. E prego’ che quella pazzia durasse per sempre...ma cos’e’ un bacio? Un apostrofo rosa tra le parole t’amo, un segreto detto sulle labbra...

Spike si stacco’ leggermente. Sorrideva, felice come non lo aveva mai visto.

“Hey...devo aspettare che un’altra freccia ti colpisca allo stomaco per sentire ancora quelle parole?”

Lei sorrise, scherzando. Fingendo di non capire...

“Quali?”

“Lo sai, dolcezza...ti amo...”

Buffy smise di sorridere. Lui penso’ stesse per respingerlo. Ma quando vide i suoi due occhi (due smeraldi), brillare, riflettendo i raggi della luna, non ebbe dubbi. Tuffo’ le sue mani nei capelli dorati di lei. Mentre alle sue orecchie arrivava la piu’ dolce musica che avesse mai sentito.

“Ti amo...”