A NEW BEGINNING

Di Mrs Bud Guy

 

Disclaimer: naturalmente tutti i personaggi in questa storia non mi appartengono, è tutto di Joss Whedon e di chi ne detiene i diritti.

Riassunto: è una storia spuffy-buffyverse, post Chosen.

Rating: Un blando NC-14 per la descrizione di alcune scene, ma niente di osceno!

Feedback: Questa è la mia prima ff quindi mi farebbero piacere tanti commenti, anche al mio indirizzo email: MrsBudGuy@virgilio.it

 

 

1° capitolo

 

I turok-hun avanzano velocemente verso di noi, il cuore comincia a martellarmi ferocemente nel petto.

Non ho paura di morire, quella mai.

 

Ho già provato la morte e, francamente, a volte mi ritrovo ancora a rimpiangerla.

 

Ma immaginare la morte delle persone che amo…è questo il mio vero terrore.

 

La battaglia procede, feroce, spietata. L’incantesimo di Willow ci rende tutte forti, ma cos’è la forza senza l’esperienza? Tante potenziali cadono davanti a miei occhi.

 

Poi all’improvviso la luce, la tua voce che mi chiama, disperato. In un lampo tutti i turok-hun sono polvere.

 

-Hai fatto abbastanza, vieni anche tu.-

-No, tu li hai battuti e io farò pulizia.-

 

La mia confessione d’amore, sempre troppo scarna, troppo semplice per te, che meriti di più.

I tuoi occhi colmi di felicità e di gratitudine, ricchi di mille promesse che avresti voluto mantenere, ma che si stanno dissolvendo davanti a te, davanti a noi.

Quegli occhi che tante volte mi hanno parlato, raccontandomi di verità a volte scomode. Quegli occhi, che non hanno mai conosciuto il rimpianto, perché nel bene e nel male, hai sempre agito col cuore.

 

Come ti invidio amore mio…come vorrei aver agito col cuore e non avere rimpianti nella mia vita! Quante cose, ora, sarebbero diverse. Quante volte avrei potuto vivere, e non sopravvivere.

 

Ma perché farmi comandare da questa stupida razionalità che non mi ha mai portato niente, se non sofferenze?

Le nostre mani infuocate si dividono per una scossa di terremoto, ma io non posso lasciarti qui…

 

Prendo il gingillo alla Liz Taylor, come l’hai definito tu, e te lo strappo dal collo.

 

La luce finisce, tu mi guardi con gli occhi fuori dalle orbite, non capisci, in realtà neanche io capisco cosa sto facendo. Ti prendo ancora per mano e cominciamo a correre, veloce, su per le scale, i corridoi, il tetto, e con un balzo siamo sul pullman.

Quando ci fermiamo a guardare i resti di una vita che ormai non ci appartiene più, tu mi prendi per mano. I tuoi occhi in questo momento sono di nuovo colmi di speranze e promesse, per me, solo per me, mi interrogano in una danza di sguardi che ci porta lontano da tutto e da tutti.

-Certo che è vero…- e tu questo lo sai.

 

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-BBBUUUFFFFYYYYYYYYYYYY!!!!!!!!!!!

 

La voce di mia sorella mi riporta alla realtà. Oggi è il suo primo giorno al college di Roma, è eccitatissima e cerca di trasmettermi un po’ della sua euforia per la nostra nuova vita.

O forse sarebbe meglio dire ‘per la sua nuova vita’.

 

Questa che conduco adesso si può chiamare vita, amore mio?

 

Mi avvolgo nella vestaglia che Dawn mi ha regalato, dicendo che faceva molto ‘signora italiana di classe’ e scendo giù per le scale a preparare la colazione.

 

Ormai i miei sogni non mi sorprendono più. All’inizio, quando eravamo ancora ospiti in Inghilterra da Giles, mi svegliavo di notte in preda ad una strana calma che mi accompagnava nella frazione di secondo immediatamente successiva al mio risveglio, credendo che fosse la realtà.

 

Poi tutto si dissolveva, quella profonda sensazione di calma e beatitudine si frantumava come un vetro, riportandomi a questa dura realtà. La conseguenza erano ore di pianto chiusa in camera, nascosta dal mondo, da sola, a pensare, e come al solito a rimpiangere…

 

Poi ne ho fatto l’abitudine, anzi, la notte è diventata il mio spiraglio di luce, i pochi momenti in cui vivo davvero, ma è mai stato diverso? Ho mai vissuto la mia vita alla luce del sole?

 

No, quelli erano solo surrogati di una vita che mi faceva fatica recitare, la mia vera vita era al buio. Ora, è nei miei sogni.

 

‘Ma voglio che tu sappia che io ti ho salvato, non quando contava purtroppo, dopo. Ogni notte nei miei sogni io rivivo tutto daccapo, ma in modo diverso. Sono sempre più veloce, reattiva. Dozzine di volte, sempre in modi diversi. Ogni notte io ti salvo.’

Già, ogni notte io ti salvo.

2° capitolo

 

-Allora Buffy, l’entrata è alle 8.00, in punto. Quindi vedi di fare in fretta perché non voglio arrivare in ritardo il mio primo giorno. Invece l’uscita è alle 14:10.

Le 14:10, ti rendi conto??????? Al liceo di Sunnydale a quell’ora eravamo a metà delle lezioni! E poi tutte le lezioni si svolgono in una sola aula, capito? Non dovrò cambiare aula ogni ora! Che bello! All’inizio ci sarà una professoressa che mi aiuterà con la lingua e…Buffy ma mi ascolti?

 

Soffoco uno sbadiglio e ho già voglia di ucciderla.

 

-Dawn, guarda che c’ero anch’io nella segreteria della scuola a parlare con il preside. Non c’è bisogno che mi ripeti tutto! E poi guarda l’orologio, non sono neanche le 7:00! Abbiamo solo un’ora di tempo, come faremo a prepararci e ad arrivare in tempo a scuola, rischi di arrivare davvero in ritardo! In fondo ci vogliono solo 5 minuti per arrivare da qui a scuola con la macchina!-

-Ma mi stai prendendo in giro?- mi dice, anche un po’ arrabbiata.

-No, ma come ti salta in mente? Comunque parliamo di cose serie, appena esci da scuola c’è il pullman che ti porta direttamente in hotel, c’è la fermata proprio di fronte. Io stacco alle 14:30, e poi andiamo a pranzo. D’accordo?-

 

Dawn annuisce, si alza da tavola con una frittella fra i denti e va su a prepararsi.

 

Ho trovato lavoro alla reception di un hotel, mi pagano bene, e seguo orari molto comodi. La mia madrelingua aiuta molto in questo campo, l’unico problema è l’italiano. Ma io sono una che impara in fretta.

 

Dopo circa mezz’ora siamo entrambe pronte. Accompagno Dawn e scuola e siamo in anticipo di 15 minuti! La lascio comunque all’entrata di scuola a parlottare con delle ragazze. Non farà fatica ad ambientarsi, è una ragazza in gamba.

 

Intanto mi rimetto alla guida, diretta all’hotel. Alla radio trasmettono una canzone dopo l’altra di cantanti di cui non so nemmeno il nome.

 

E’ incredibile come la mia mente riesca a cancellare tutti i suoi pensieri con il sorgere del sole.

 

Arrivo all’hotel e saluto tutti con un cenno della mano. Mi metto dietro il mio bancone e accendo il computer, appena ho un minuto devo ricordarmi di rispondere all’email di Willow.

 

Lei ora si trova in Africa a studiare delle misure di autocontrollo per il suo immenso potere. Con Kennedy è finita. Non so bene il motivo. Will mi diceva che litigavano spesso.

Kennedy è molto giovane, la sua idea di Africa era piramidi-sole-mare, invece si è ritrovata a vivere con tribù in un villaggio semi-sconosciuto. L’unico contatto con il mondo esterno erano il portatile di Will e il cellulare. Poi le liti sono culminate per colpa di un incantesimo molto potente andato male, non so altro.

 

In realtà Kennedy non mi è mai piaciuta, è molto diversa da Willow, ma, soprattutto è molto diversa da Tara.

 

La dolce e cara Tara…un’altra persona che abbiamo perso.

 

Kennedy ora si è trasferita a Los Angeles, lavora per Angel.

 

Xander invece è in giro per il mondo, l’ho sentito qualche giorno fa, era a Dublino. Si è ripreso bene dalla morte di Anya.

 

O forse non si è ripreso affatto.

 

So solo che dopo la distruzione di Sunnydale ci ha lasciati tutti, salutandoci con un biglietto dove c’era scritto che voleva girare il mondo senza pensare a niente, neanche a noi…

Ogni tanto mi chiama, è forse l’unico che riesce ancora a farmi sorridere. Lui ha superato il dolore con la spensieratezza.

 

Ed io?

 

Giles, invece, ha rimesso in piedi il Consiglio. I suoi aiutanti girano il mondo alla ricerca delle potenziali che si sono risvegliate, tra questi c’è anche Andrew. Lui e Dawn hanno costruito un bel rapporto d’amicizia, si sentono quasi ogni giorno per telefono, e lei quando sente la sua voce si illumina. Chissà, forse mi sta nascondendo qualcosa!

 

E così bello vedere Dawn tranquilla. Finalmente, dopo tanto tempo, ha ripreso a vivere.

 

Ed io, riprenderò mai a vivere?

 

Con lei non parlo mai di te, in fondo dopo quello che è successo a Sunnydale non ho più parlato di te con nessuno in base ad un tacito accordo che abbiamo preso con gli sguardi.

 

L’unica eccezione l’ho fatta qualche mese fa.

 

Eravamo appena arrivate a Roma, stavamo ancora sistemando la casa. Dawn era uscita a fare un giro, ‘per sentire l’aria italiana’, io ero da sola e guardavo fuori dalla finestra. Mi chiedevo se tu avessi mai visto la ‘città eterna’…non te l’ho mai chiesto.

 

Quante cose ci sono di te che non so, che non ho mai voluto sapere e che non ti ho mai chiesto.

Eppure ora mi ritrovo a pensare che in realtà non ti conoscevo affatto, mentre tu…tu mi conoscevi meglio di chiunque altro, persino meglio di me stessa.

 

Quanti errori a cui ora non posso porre rimedio…

 

 

Mi senti amore mio? Spike, mi senti?

Lo senti questo dolore che mi lacera l’anima e mi fa soffocare?

La senti questa solitudine che circonda come un mantello nero il mio cuore e mi toglie il respiro?

Mi guardi da lassù? Mi proteggi ancora, come hai sempre fatto?

 

Così, presa da questo attacco di malinconia, mi decisi a chiamare Will, per poter parlare con qualcuno e per non pensare a te. Riuscì a mettermi in contatto con lei dopo un po’.

Will era piuttosto euforica perché stava provando nuovi incantesimi ‘purificatori’ e perchè Kennedy sembrava aver accettato l’idea di rimanere con lei in quella tribù, di lì a poco invece partì per la California.

Cominciammo a parlare di tutto un po’.

 

Poi, all’improvviso, io scoppiai a piangere.

 

Non so perché, né come, ma in quel momento tutta la mia sofferenza e la mia insoddisfazione vennero fuori come un uragano.

Willow non disse niente, ascoltava i miei singhiozzi, colmi di mille parole e colmi di nostalgia.

 

Nostalgia di una vita che avevo sempre disprezzato, nostalgia di un’esistenza che mi aveva dato tanto dolore, nostalgia di mia madre, nostalgia degli amici che avevo perso, nostalgia di quello che per sette lunghi anni mi aveva fatto da padre, seppur sbagliando a volte, nostalgia dei miei amici.

Ma, soprattutto, nostalgia di te.

 

Mi manchi William, Dio sa quanto.

 

Chiusi la comunicazione con Willow con un peso in meno nel cuore.

Lei non mi aveva chiesto niente, aveva capito che, in fondo, non c’era molto da chiedere.

 

E anche se volessi parlarne con qualcuno, loro capirebbero? Mi hanno mai capita?

 

Prima Angel, poi tu…l’unico rapporto che hanno accettato è stato quello con Riley, e, forse non a caso, è stato il mio rapporto peggiore, quello che mi è rimasto meno dentro.

 

Angel…l’ho sentito prima di partire per Roma, sta prendendo decisioni che non mi piacciono, ma in fondo chi sono io per giudicarlo? Ho mai preso decisioni giuste?

Forse l’unica scelta giusta che ho fatto è stata quella che ho preso in una casa abbandonata più di un anno fa.

 

Decisione che, peraltro, ho rinnegato dopo poco.

3° capitolo

 

Il responsabile, il Signor Caroli, mi ha convocata nel suo ufficio. A quanto pare la settimana prossima arriverà un gruppo di dieci ragazzi inglesi in tirocinio qui a Roma e rimarranno per 2 settimane. Non ho capito bene il motivo. Cose da universitari. Siccome io sono l’unica che conosce bene la loro lingua, dovrò essere a loro completa disposizione per qualunque cosa.

Bene, questo vuol dire paga raddoppiata e possibilità di parlare di nuovo la mia lingua!

Mi ha anche accennato ad un ragazzo a cui dovrò fare particolarmente attenzione, ha avuto gravi problemi psicologici e non dovrò fare domande ‘indiscrete’.

Ma che razza di villano! Si è mai conosciuta una ragazza più discreta di me?

 

Torno al mio posto e comincio a lavorare. La giornata vola via in un baleno, non ho avuto neanche il tempo di rispondere all’email di Willow.

Ora sono in un ristorantino italiano seduta fuori con Dawn che fra un boccone e l’altro mi sta raccontando il suo primo giorno di scuola nei minimi dettagli.

 

In realtà non la sto ascoltando…i miei pensieri sono altrove.

 

Oggi è veramente una giornata bellissima, il sole splende alto e c’è un leggero venticello che profuma di primavera…hai mai sentito il profumo della primavera?

 

E’ un odore così delicato ed inebriante che ti entra nelle narici e sembra impadronirsi della tua mente. Niente a che fare con il tuo odore di alcool e tabacco!

 

Eppure mi manca anche quello…mi manca tutto di te.

 

Era questo quello che provavi mentre io ero morta? Era questa la tua sofferenza? Soffrivi davvero come soffro io in questo momento?…io penso di no.

Tu sentivi la mia mancanza, è vero. Ma avevi ancora te stesso, avevi ancora la tua promessa da portare avanti, avevi la tua forza.

A me che cosa è rimasto? L’unica parte ancora viva del mio cuore si è ridotta in polvere e si è posata in un cratere a sud della California.

 

Riuscirò mai a tornare a vivere? Riuscirò mai a sentirmi viva come mi sentivo fra le tue braccia, Spike? O questo tormento durerà in eterno?

 

Dawn finalmente smette di parlare a raffica per rispondere al suo cellulare.

Dio, sono così stanca….sono stanca di recitare la parte della ragazza felice e perfetta che si prende cura della sua sorellina.

Quanto vorrei scomparire, quanto vorrei raggiungerti…anche all’inferno, non mi importa, mi sembrerebbe il paradiso accanto a te.

 

E’ tutta colpa tua…non dovevi rimanere nei sotterranei della scuola, non avresti dovuto chiedermi di darti quel medaglione, non avresti….non avresti dovuto amarmi in quel modo.

Riuscirà un essere umano, o un vampiro con o senza anima, ad amare un altro essere come tu hai amato me? In un modo così totale, così incondizionato, così passionale?

 

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Questa mattina mi sono svegliata di soprassalto.

Ho fatto il mio solito sogno…ma questa volta…c’è stato qualcosa di diverso.

Mentre eravamo sotto il sole e ci tenevamo per mano, hai cominciato a bruciare. Mi hai preso per le spalle, con forza, e continuavi ad imprecare contro di me.

- Che cosa hai fatto? Che cosa avete fatto? E’ tutta colpa vostra se adesso sto bruciando all’inferno, è tutta colpa tua!- continuavi ad urlarmi in faccia con il viso ad un soffio dal mio.

E’ stato terribile. Non erano le tue parole a ferirmi, quanto il tuo viso…Mi guardavi con un’espressione di puro odio e terrore dipinta sul viso. Neppure quando eravamo ‘nemici mortali’ mi hai mai rivolto uno sguardo così carico di disprezzo e risentimento.

 

Mi odi adesso William? Dall’inferno mi maledici per quello che è successo? Oh, sapessi quanto mi maledico io ogni giorno della mia vita, in ogni momento!

 

Sono rimasta ancora un po’ nel letto, con le braccia che mi circondavano le ginocchia e il viso appoggiato su di esse. Le lacrime mi scendevano copiose sulle guance, e nonostante ciò, il magone che mi stringeva lo stomaco non accennava a sciogliersi.

Mi sono fatta una doccia bollente per rilassarmi ed esteriormente sono tornata come nuova, è interiormente che non tornerò mai come prima.

 

Oggi arrivano i ragazzi inglesi, sarò occupata tutto il giorno, un buon motivo per non pensare.

4° capitolo

 

Questa mattina c’era un gran fermento in hotel, il responsabile voleva far trovare tutto in perfetto ordine ai ragazzi inglesi.

Non ne capisco il motivo, in fondo sono solo ospiti come tutti gli altri!

 

Il pullman con i ragazzi è arrivato puntuale. E con loro è arrivato un gran trambusto, il che non ha giovato al mio mal di testa. I ragazzi sembrano tutti molto simpatici, appena scesi dal pullman sono piombati come furie alla reception facendomi domande a raffica!

 

Cavoli, che entusiasmo! Potessi avere io la stessa gioia di vivere!

 

Solo una cosa mi è sembrata strana. Mentre ero circondata dai ragazzi, alle loro spalle ho visto un signore anziano che parlottava con il responsabile, gli ha detto qualcosa nell’orecchio, lui ha annuito. Poi sono usciti. Sono rientrati dopo qualche minuto. Fra di loro c’era una persona di cui non si scorgeva molto l’aspetto. Era circondato da una pesante coperta da cui fuoriuscivano solo gli occhi che, peraltro, erano coperti da spessi occhiali da sole.

Non so chi sia, l’hanno accompagnato subito in camera.

Poi mi sono accorta che i ragazzi davanti a me erano nove, ne mancava uno…forse il ragazzo malato a cui accennava il Signor Caroli. Non capisco, se è così malato perché l’hanno portato fin qui? E perché accompagnarlo così misteriosamente nella sua camera?

 

Mentre ero così assorta nei miei pensieri non mi sono accorta del ragazzo che mi stava di fronte con gli occhi spalancati e che continuava a dire: -Buffy, sei proprio tu?-

Mi è preso un colpo quando l’ho riconosciuto!

Era Robert, un ragazzo che abita nello stesso condominio del Signor Giles, un tormento!

Prima di trasferirci a Roma, io e Dawn siamo rimaste due mesi da lui, e c’era questo Robert che mi seguiva dappertutto dicendo che si era pazzamente innamorato di me dal primo momento in cui mi aveva visto! Sono stati due mesi d’inferno! Non faceva altro che salire da noi con la scusa più banale e restare a parlare per ore della sua vita, le sue delusioni, le sue sofferenze! Io naturalmente non vedevo l’ora di scrollarmelo di dosso, ma purtroppo in questo non mi erano d’aiuto né Giles, né Dawn. Secondo loro avrei dovuto dargli una possibilità…io non gli rispondevo nemmeno.

 

Non ce n’era bisogno, come al solito non avrebbero capito.

 

Oggi non ho fatto nemmeno la pausa pranzo, il Signor Caroli mi vuole perennemente in hotel. E Robert non ha fatto altro che girarmi attorno.

 

Penso proprio che queste due settimane saranno un inferno.

 

Ho chiamato Dawn per dirle che non avrei potuto pranzare con lei perché ero impegnata. Quando le ho detto di Robert ha urlato così forte che ho dovuto allontanare il cellulare dall’orecchio.

-Buffy, ma è straordinario. Non capisci? Questo è un segno del destino, su datti da fare. Hai solo due settimane. Potrebbe essere l’uomo della tua vita!!-

Ho soffocato un sorriso …l’uomo della mia vita. Come sei ingenua sorellina cara.

Possibile che non vedi come io sia destinata a rimanere da sola in questo limbo tra la vita, quella vera, quella vissuta, e la morte? Non ti accorgi di come ogni giorno mi trascino per le scale di questa esistenza che non ho saputo gestire?

Come posso donare ancora amore se non riesco ad amare me stessa? L’ultima persona che ho amato, amato davvero, è morto nel momento in cui gli ho confessato il mio amore. E non mi ha nemmeno creduto…

 

Come hai potuto non credermi?

Come hai potuto non vedere l’amore nei miei occhi quando ti sono venuto a salvare nella caverna dal First? Come hai potuto non vedere l’ansia di saperti morto per mano di Wood? Come hai potuto non sentire il mio cuore accelerare quando eravamo abbracciati su quel letto?

Davvero credi che io non ti abbia amato? Che io non ti ami ancora?

 

Robert è un bel ragazzo, sembra molto dolce, protettivo. Non fa altro che dirmi che ho degli occhi meravigliosi, che sembrano due smeraldi.

Due smeraldi…non mi sorprenderebbe se non ne avesse mai visto uno.

Lo smeraldo è una pietra che sembra riflettere di una luce propria, che risplende illuminando ciò che lo circonda con i suoi riflessi verdi.

I miei occhi non hanno quella stessa luce.

I miei occhi non brillano più.

Non ostante il colore, sembrano due pozzi neri senza fine.

Come possono essere paragonati ad una pietra così bella?

 

Oggi pomeriggio eravamo tutti nella hall dell’albergo. I ragazzi erano appena rientrati da un giro per la città di Roma, e mi stavano raccontando animatamente quello che avevano visto.

 

Il sole era tramontato da poco.

Mi sono dovuta allontanare dal gruppo per rispondere al telefono. Da lontano ho visto un ragazzo scendere le scale ed unirsi al gruppo di inglesi.

Riuscivo a vederlo solo di spalle, aveva i capelli un po’ lunghi, probabilmente ricci. Di un colore chiaro, biondo forse, le spalle larghe e non esageratamente alto.

 

Ho chiuso la comunicazione e mi sono avvicinata di nuovo ai ragazzi. Mentre camminavo sentivo il mio cuore accelerare, non so perché ma…quei capelli, ora li vedevo meglio. Un po’ ondulati, biondi alle punte, identici ai tuoi quando ti rividi nello scantinato della scuola.

 

Persa nei miei pensieri non mi sono accorta del filo per terra…e sono inciampata.

Dio, che vergogna! Un paio di ragazzi si sono avvicinati per aiutarmi, mi sono ritrovata una mano vicinissima al viso.

 

L’ho presa ed ho alzato il volto…

 

Penso che in quel momento il mio cuore si sia fermato del tutto per qualche secondo…poi ha ripreso a battere all’impazzata. Prima che l’immagine che mi si parava davanti potesse essere messa a fuoco dal mio cervello, i miei occhi si sono riempiti di lacrime…perché hanno riconosciuto i tuoi occhi, e si sono persi nel loro azzurro.

Non ricordo più niente, solo la testa che ha preso a girarmi velocemente, e poi il buio.

5° Capitolo

 

Mi sono risvegliata in una stanza grande, illuminata da una luce color indaco, con riflessi rosati.

Erano gli ultimi raggi del sole che scompariva all’orizzonte e che si affacciava alla grande vetrata dietro di me per un ultimo saluto.

 

All’inizio non sono riuscita a capire cosa fosse successo, poi è arrivata mia sorella correndo, col viso rigato di lacrime e il cellulare attaccato all’orecchio.

I venti minuti successivi al mio risveglio sono stati un via vai di persone e di telefonate. Dawn aveva chiamato Will, Xand e Giles per dire che non mi ero sentita bene. La conseguenza è stata che Willow e Giles arriveranno col primo volo, e Xand arriva fra qualche giorno.

 

Io continuavo a dire che stavo bene, che era stato solo un calo di pressione, ma niente. Il responsabile si è sentito in colpa pensando che fosse dovuto al troppo lavoro e mi ha chiesto di rimanere a riposare in quella stanza per un po’.

 

Nel giro di qualche minuto sono rimasta di nuovo sola.

 

Mi trovavo in una stanza dell’hotel. Non ne avevo mai vista una, eppure lavoro qui da quasi tre mesi.

La stanza è abbastanza grande, le pareti sono di un celestino chiaro, che ogni tanto si sfuma di una tonalità più scura. Ad un’altezza media c’è un motivo floreale intagliato nel muro dipinto di un giallino chiaro. Il letto è grande, ricoperto da un copriletto con i toni del blu.

La stanza nel suo complesso è molto bella, e dà un tono di romanticismo con questi colori chiari, tutti sul blu … e su questo pensiero che mi sono ricordata tutto.

 

Il blu, lo stesso blu dei tuoi occhi, che qualche minuto fa ho rivisto…

 

Eri tu, il mio cuore lo sapeva perché non ha retto all’emozione. Ma com’è possibile?

Ora come un puzzle tutti i pezzi tornano al loro posto…un inglese, con problemi di salute, che sembra non sopportare la luce…solo che mancano i pezzi più importanti. Perché? Come?

Ma soprattutto…perché sei ritornato dall’inferno e non sei corso subito da me?

Perché Spike? Allora è proprio vero che mi odi?

 

Mi sono alzata a fatica dal letto con la morte nel cuore e un macigno sulla testa. Sono uscita dalla stanza con un unico obiettivo: capire.

I ragazzi inglesi dovrebbero alloggiare nel corridoio opposto, stando ai numeri delle stanze.

Cercando di fare meno rumore possibile ho camminato per il corridoio fino a raggiungerle. Secondo la prenotazione, le stanze erano cinque. Una per il professore, tre per i ragazzi con tre letti ciascuna, e l’altra?

Forse è la sua.

Ho bussato ad una porta che sembrava la più silenziosa annunciando il servizio in camera. Non mi ha risposto nessuno, così sono entrata richiudendo la porta alle mie spalle.

La stanza era piuttosto in ordine, la valigia ancora intatta. Il piccolo armadio di fronte al letto leggermente aperto e alcuni fogli sparsi sul letto.

Ho preso i fogli e c’erano vari scarabocchi… ma i miei occhi si sono fermati su dei versi.

 

Sento sulle labbra un sapore

 

Di morte e terrore.

 

Vedo intorno a me

 

Visi che sanno di morte.

 

La luce mi abbaglia e mi ferisce.

 

E la notte mi trascina nell’oblio.

 

Riccioli dorati mi incatenano

 

E mi feriscono.

 

Ed io mi perdo in quegli abissi di smeraldo.

 

E’ questa la causa delle mie pene?

 

E’ questo il motivo del mio dolore?

 

Il mio cuore sa

 

Il mio cuore conosce

 

Eppure respira tuttora l’amore

 

Ma la mia anima urla

 

Urla ancora di dolore.

 

Sono ancora persa in questi versi quando sento dei rumori provenire dal corridoio. Mi avvicino alla porta e sento i ragazzi che si allontanano. Così apro piano la porta e sguscio via.

Sono quasi arrivata alla mia camera quando sento una voce alle mie spalle:

-Buffy, che ci fai qui?- è Robert, e il mio cuore mi martella così forte il petto che ho paura che se ne accorga - Non dovresti essere in giro, perché non sei in camera a riposare?-

E’ in quel momento che mi viene in mente una brillante idea..

 

-Robert, sei tu!- sfodero il mio più bel sorriso e…- Ero stanca di stare stesa, ho bisogno di una bibita fresca! Che ne dici di accompagnarmi al bar dell’albergo?-

E lui non può fare altro che guardarmi estasiato ed accompagnarmi.

 

Passiamo i primi dieci minuti a parlare di lui e dei suoi progetti, poi, mentre lui si ferma un attimo per ingoiare la sua coca, io parto all’attacco.

- Robert toglimi una curiosità - ancora quel sorriso – ho sentito che tra voi c’è un ragazzo che ha gravi problemi di salute, ma penso di non averlo ancora visto in giro, come mai?-

- Oh, certo che lo hai visto, prima di svenire, è quel ragazzo che ti ha offerto la mano per rialzarti, ma tu appena alzato lo sguardo sei caduta come una pera cotta! - lascio stare il commento della pera cotta per pura bontà d’animo e torno all’attacco.

- Ma cos’ha che non va? -

- Mah, in realtà non so, nessuno di noi conosce la sua storia. So solo che qualche mese fa il professore l’ha preso sotto la sua protezione. Ci ha raccontato che l’ha trovato sull’uscio di casa sua, sconvolto e affamato. A volte ha delle crisi e dice frasi senza senso. Non sopporta il sole, lo infastidisce, e di notte ha degli incubi terribili. Povero ragazzo. Dice di aver perso la memoria, non ricorda niente del suo passato, sa solo che è inglese e che si chiama William.-

 

6° Capitolo

 

Per la seconda volta in un giorno mi sono sentita la testa girare in un vortice e le lacrime spingere prepotentemente dietro le palpebre.

 

Robert si è accorto del mio stato e mi ha chiesto cosa avessi. Io gli ho risposto balbettando che non mi stavo sentendo bene e desideravo andare nella stanza a stendermi un po’.

 

Lui non ha obiettato.

Quando sono arrivata nella stanza mi sono buttata letteralmente sul letto ed ho cominciato a piangere.

 

Non erano singhiozzi disperati, e nemmeno un pianto di felicità.

Ho pianto semplicemente perché in quella giornata troppe cose, troppe emozioni stavano susseguendosi nel mio cuore. Un pianto silenzioso, ricco di amarezza, curiosità, gioia e gratitudine.

 

Sono grata a quella entità che per la seconda volta ha strappato dall’inferno la persona che amo riportandola a me.

Mentre pensavo a questo mi sono tornate alla mente i versi di quella poesia.

 

Riccioli dorati mi incatenano

E mi feriscono.

Ed io mi perdo in quegli abissi di smeraldo.

 

Ti riferivi a me? Sono i miei riccioli dorati e i miei occhi che ti feriscono William?

Eppure, mi sembra tutto così strano. E’ lui, ora ne sono sicura, troppe coincidenze. Ma ancora troppi misteri, continuo a chiedermi come è potuto succedere.

 

Ma la vera domanda che mi pongo è: perché non sei venuto da me? Quando mi hai offerto la tua mano mi hai vista, perché ora non sei in questa stanza con me a tenermi stretta?

 

E per la seconda volta in un giorno mi sono ritrovata a girovagare nei corridoi diretta alla tua stanza.

Mi sono avvicinata alla porta, e stavo per aprirla, quando una voce alle mie spalle mi ha fermata.

- Signorina, mi cercava? -

Ecco, ora posso dire che per qualche lunghissimo secondo il mio cuore ha smesso di battere. Sei tu, ora ne ho la certezza. Quella voce, la tua voce, che per notti intere mi ha accompagnata nei miei sogni e nei miei incubi, come potrei non riconoscerla?

 

Per un attimo mi sono sentita persa.

Mi sono girata molto lentamente, ed ho fatto fatica a tenermi sulle gambe, che, intanto, avevano preso a tremarmi.

Quando mi sono trovata col viso di fronte al tuo, non so come, né dove, ma sono riuscita a trovare una forza che non credevo di possedere, e con calma quasi studiata ho cominciato a parlare, e le parole uscivano lente e misurate dalle mie labbra.

- Si, in verità la stavo cercando…Volevo scusarmi per questo pomeriggio e ringraziarla. Sa, non ho avuto cinque minuti di tregua per seguire voi ragazzi, e quindi la stanchezza ha avuto la meglio sul mio corpo! -

-Non c’è bisogno che mi ringrazi, ora se vuole scusarmi.- e ti sei avviato nella tua stanza, ma ancora una volta quella forza è venuta fuori e mi ha fatto parlare.

-No, aspetta Spike…- e non mi sono neanche resa conto di averti chiamato così.

-Mi scusi, signorina, ma vorrei coricarmi, è piuttosto tardi. E poi mi confonde con qualcun altro, il mio nome è William, non Spike. E non penso d’averla mai vista, quindi non comprendo il motivo per cui lei mi dia del tu.- e la tua voce è piena di una muta rabbia che mi spaventa.

 

-Ma che dici, come non ci siamo mai visti, Spike ma che dici? - e ho sentito quella forza che mi stava tenendo ancora lì affievolirsi, le mie gambe e la mia voce tremare, e le lacrime, che fino a quel momento avevo faticato a tenere nascoste, uscire e brillare sulle mie guance. Tu ti sei girato e mi hai quasi urlato in faccia:

- Le ho detto di non chiamarmi più in quel modo, io non l’ho mai vista, e spero di non vederla più, ora se vuole scusarmi.- e sei entrato nella tua camera sbattendo rumorosamente la porta.

 

Hai scandito ogni parola con una lentezza quasi calcolata, e con una rabbia e una freddezza che non sapevo tu potessi avere. E il tuo sguardo…ora lo ricordo, lo stesso di quel sogno. Quello stesso disprezzo e quel risentimento nei tuoi occhi.

 

Ecco che ora, come una profezia, i miei incubi diventano realtà.

 

Eppure lì, in fondo all’azzurro profondo del tuo sguardo, ho visto qualcos’altro.

 

Tristezza.

 

Un baratro di tristezza che rendevano i tuoi occhi del colore del mare in tempesta in cui io mi sarei persa e sarei annegata.

Sono rimasta davanti alla tua porta per non so quanto tempo.

Poi sono scesa alla reception, ho preso le mie cose e sono tornata a casa senza dire niente a nessuno.

 

Per fortuna Dawn non c’è. Mi sono chiusa nella mia stanza e mi sono addormentata tra le mie stesse lacrime.

7° Capitolo

 

Mi sono risvegliata con il sole già alto. Ho passato una notte piuttosto tranquilla, per fortuna senza sogni, o incubi.

Sono scesa in cucina ed ho trovato un biglietto di Dawn:

 

Non ho voluto svegliarti, dormivi così profondamente. Ho preso il pullman per andare a scuola. A lavoro ho chiamato io dicendo che ti prendevi un giorno di ferie. Stai a casa e rilassati un po’, hai il viso troppo stanco! Ci vediamo a pranzo al solito ristorante, ti voglio bene. Dawn.

P.s. Dimenticavo, oggi arriva Giles. Non preoccuparti, ho già chiamato il taxi che lo porterà direttamente a casa!

P.p.s. Ti rendi conto di che sorella perfetta hai?

 

Sono salita di sopra per farmi una doccia ed ho acceso la radio alzando un po’ il volume. Oggi non ho voglia di pensare, anche perché sento di non averne la forza.

Appena uscita dalla doccia, mi sono seduta un attimo sul letto, con l’accappatoio che avvolgeva il mio corpo ancora bagnato e mi sono soffermata a sentire una canzone, non so chi sia il cantante, ma esprime una malinconia che mi porta in una dimensione tutta mia, in cui niente esiste, solo la mia anima che in questo momento è inquieta e triste, proprio come la canzone, ma anche piena d’amore. Le parole sono più o meno queste:

 

Take it take it all away (mi lasci, mi lasci)

Take my breath away (mi lasci senza fiato)

 

Look into my eyes and you’ll see (guardami negli occhi e vedrai)

I’m the only one (che sono l’unico)

You’ve captured my love (hai catturato il mio amore)

Stolen my heart (rubato il mio cuore)

Changed my life (cambiato la mia vita)

Everytime you make a move (con ogni tuo movimento)

You destroy my mind (annienti i miei pensieri)

And the way you touch (e il modo in cui mi tocchi)

I lose control and shiver deep inside (mi fa perdere il controllo e mi dà i brividi)

You take my breath away (mi lasci senza fiato)

 

You can reduce me to tears (puoi farmi piangere)

With a single sigh (con un solo sospiro)

Please don’t cry anymore (per favore non piangere più)

Every breath that you take (ogni respiro che fai)

Any sound that you make (ogni suono)

Is a whisper in my ear (è un sussurro al mio orecchio)

I could give up all my life (potrei cedere la mia vita intera)

For just one kiss (per un solo bacio)

I would surely die (morirei sicuramente)

If you dismiss me from your love (se mi privassi del tuo amore)

You take my breath away (mi lasci senza fiato)

 

So please don’t go (quindi,ti prego non andartene)

Don’t leave me here all by myself (non lasciarmi qui da solo)

I get ever so lonely from time to time (a volte mi sento così solo)

I will find you (ti troverò)

Anywhere you go, I’ll be right behind you (ovunque andrai sarò proprio dietro di te)

Right until the ends of the earth (fino in capo al mondo)

I’ll get no sleep till I find you to tell you (non dormirò finchè non ti avrò trovata e non ti avrò detto)

That you just take my breath away (che tu mi lasci senza fiato)

 

I will find you (ti troverò)

Anywhere you go (ovunque andrai)

Right until the ends of the earth (fino in capo al mondo)

I’ll get no sleep till I find you to (non dormirò finchè non ti avrò trovata)

Tell you when I’ve found you (per dirti, quando ti avrò trovata)

 

I love you (ti amo)

 

(You take my breath away, Queen)

 

 

La canzone è finita, eppure le parole continuano a ronzarmi nel cervello, e tutto mi riporta a te. Sembra che sia stata scritta per me. Solo un piccolo particolare è diverso.

 

Io ti ho ritrovato, ma tu non mi hai riconosciuto.

 

Il campanello interrompe i miei pensieri. Vado ad aprire e mi ritrovo Giles davanti, mi ero quasi dimenticata del suo arrivo. Appena apro la porta vengo sommersa dal suo abbraccio e dalle sue domande. Lo lascio un attimo per andare a prepararmi.

 

Quando scendo lui è indaffarato a spiegare qualcosa al telefono. La telefonata dura troppo poco per permettermi di decidere se parlare con lui o meno di quello che è successo ieri, decido di prendere tempo.

Dopo un’oretta io, lui e Dawn siamo al ristorante a parlare delle ultime novità. Io, naturalmente, non li ascolto. Sto ancora pensando alle parole di quella canzone.

 

Devo saperne di più, e l’unico che può soddisfare la mia curiosità…è William.

 

Dopo il pranzo decido di recarmi in hotel nonostante le proteste di mia sorella. Quando arrivo noto una strana calma e vengo subito raggiunta dal responsabile.

- Buffy, che ci fai qui? Non eri in ferie oggi? -

- Si Signor Caroli, ma… ieri ho lasciato il telefonino nella stanza dove sono andata a riposarmi, e siccome sono uscita per andare a pranzo, ho pensato di passare a prenderlo, le dispiace? - cerco di inventare al momento col migliore dei miei falsi sorrisi.

- Oh cara, certo. Ecco la chiave. –

 

Salgo le scale e mi avvio alla sua stanza, cercando di tenere a freno il mio cuore e la mia impulsività. Busso piano e una voce flebile e ovattata mi dice di accomodarmi.

Lo trovo in piedi davanti alla porta del bagno, con solo un jeans addosso e un asciugamano fra le mani.

 

Quante volte ti ho visto così? Anche con meno di un jeans a coprirti. Eppure mi sento terribilmente in imbarazzo, forse perché ho paura che il desiderio che ho di sentirti mio e di tornare a possederti si veda dai miei occhi e dalle mie guance arrossate.

 

Deve essersi appena svegliato, il suo sguardo è stanco e frustrato. Il letto ancora disfatto e le pesanti tende blu a coprire la finestra. Decido di partire all’attacco prima di essere sbattuta fuori.

 

- Ehm, buongiorno. Io volevo scusarmi per l’ennesima volta con lei per quello che è successo ieri. Ero piuttosto stanca e devo averla scambiata con un mio vecchio amico inglese che le somiglia molto. Sono stata maleducata e sfacciata. Mi dispiace davvero molto.- non riesco neanche a guardarlo negli occhi mentre recito questa parte, non ho mai saputo recitare davanti a te.

 

Ma, all’improvviso il suo sguardo si raddolcisce e un piccolo sorriso inarca le sue labbra.

- No, sono io che devo chiederle scusa, non avrei dovuto risponderle in quel modo. E’ che ero piuttosto nervoso perché anche lei somiglia molto a … no, lasci stare. Per farle capire che mi dispiace molto ti prego di darmi del tu, io sono William. - dice porgendomi la mano.

- Io sono Buffy, piacere - e intanto mi perdo per l’ennesima volta nel suo sguardo e non faccio neanche in tempo a rendermi conto di quanto la sua mano sia calda che lui la ritrae e mi fa una proposta che mi lascia nel più puro sgomento.

- E per farmi perdonare, visto che il mio gruppo oggi pranza fuori e io ho una gran fame, ti propongo di tenermi compagnia a pranzo, che ne dici? -

- Bhè in realtà ho già pranzato, ma ti tengo compagnia con piacere! –

 

Indossa velocemente un maglioncino leggero grigio e qualche minuto dopo siamo insieme al ristorante dell’hotel a parlare di Roma e delle sue attrattive.

Mi sembra di vivere in un sogno. Sembriamo due ragazzi normali che si conoscono da tanto tempo e che parlano del più e del meno. Mentre lui mi racconta del brutto tempo londinese, un raggio di sole entra dalla finestra e illumina il suo viso.

Lui strabuzza un po’ gli occhi, poi sembra abituarsi a quella luce, e con un gran sorriso sul volto continua a parlare a raffica.

 

E io intanto mi perdo in quegli occhi bellissimi.

 

Non lo avevo mai visto alla luce del sole, ed è stato lo spettacolo più bello a cui ho assistito negli ultimi tempi. Intanto i suoi spaghetti al pomodoro e il mio frappè alla fragola arrivano, e lui, fra un boccone e l’altro, comincia a lodare l’Italia e la sua cucina.

Quasi non sembra il ragazzo scontroso che ho incontrato ieri sera, in realtà non sembra nemmeno il vampiro che mi ha fatto innamorare.

Il pranzo finisce troppo presto, sarei voluta rimanere qui in eterno.

All’improvviso smette di parlare e mi guarda dritto negli occhi, e io sento che potrei perdere l’anima in quel momento e finire all’inferno pur di rimanere per sempre persa nell’azzurro dei suoi occhi.

 

- Ascolta Buffy, non vorrei sembrarti inopportuno, ma vorrei chiederti un favore. -

- Dimmi William.- e se in questo momento tu mi chiedessi di accompagnarti in capo al mondo e poi morire tra la tue braccia, io lo farei, senza ripensamenti, senza rimpianti.

- Sai, io la sera non riesco a dormire molto bene, e i miei compagni sono molto pigri, e vanno a letto presto. Senza contare che non conoscono la città. Mi piacerebbe uscire e andare magari in qualche posto a bere qualcosa … con te. Che ne pensi? -

-Bhè, io…non so che-che dire…ce-certo. Non ho impegni stasera, mi piacerebbe, ma stasera sei tu mio ospite!- quasi non credo a quello che sta succedendo.

- D’accordo, allora ci vediamo qui alle 9? -

- Facciamo le 9.30 -

- Ok. Allora a stasera, e grazie. –

 

Oh angelo mio, sono io che devo ringraziarti. Mi sembra tutto così incredibile.

Mi sembra di essere rinata, di non aver mai incontrato un vampiro e non aver mai evitato nemmeno un’apocalisse.

Sono io che devo ringraziarti!

8° Capitolo

 

Alle 9.25 sono in macchina davanti all’hotel ad aspettarlo.

Quando sono tornata a casa, Giles era andato a riposare perché era stanco per il viaggio e Dawn stava studiando. Quando le ho detto che sarei uscita è rimasta un po’ perplessa.

- Esci? E perché? Cioè come mai? Cioè…voglio dire, con chi? –

- Perché mi va, ed esco con una collega dell’hotel. Ah, la seconda domanda non l’ho capita, che significa come mai? -

- Bhè è strano, non sei mai uscita di casa da quando…da quando ci siamo trasferite a Roma. E poi stasera arriva Willow, te l’ho detto oggi a pranzo, ricordi? -

- Ah…bhè potete andare tu e Giles a prenderla. Io la saluterò quando torno, tanto il letto è sistemato nella mia stanza, quindi avrò tempo per salutarla. Scusami con lei, ma è un appuntamento importante! - e si spiega tutto dal mio sorriso…

- Ma che significa importante? E poi chi è questa collega, tu a malapena le saluti le tue colleghe!- se fossi tornata a casa con un braccio rotto e i vestiti strappati avrebbe fatto meno domande. E’ così strano che anche io abbia una vita sociale?

 

Bhè, effettivamente…

 

-Dawn, è semplicemente una ragazza che ho scoperto molto simpatica e soprattutto molto DISCRETA e siccome oggi è il suo compleanno le avevo promesso che saremmo uscite insieme, ora non posso tirarmi indietro. - sto diventando una campionessa nell’inventare scuse al momento!

 

E finalmente dopo un lungo interrogatorio, mi lascia andare nella mia stanza. Ho dormito qualche ora, poi mi sono fatta un bagno rilassante e ho cominciato a prepararmi. Ho indossato un top verde di raso, che riprende il colore dei miei occhi, e un semplice jeans chiaro. I capelli sciolti sulle spalle, un tocco di mascara e un velo leggero di lucidalabbra. Semplice e carina. E ora sono qui, con 5 minuti in anticipo ad aspettare William.

 

Mi sembra tutto così irreale, sono quasi tentata dall’idea che quel ragazzo non sia lui. O forse è Spike che è tornato umano e non ricorda niente di quello che è successo. In entrambi i casi potrei sperare di averlo ancora accanto. Come un uomo qualunque, il mio uomo.

E’ così che mi trova William, con lo sguardo perso nel vuoto e un sorrisetto idiota stampato in faccia.

 

Ok, la mia prima orribile figuraccia della serata l’ho fatta.

Lui comunque è gentilissimo, appena entra in macchina comincia di nuovo a parlare a raffica raccontandomi della sua giornata. Cavoli, non lo ricordavo così logorroico!

 

Indossa un maglioncino celeste, stretto, che gli faccia il torace tornito, e un jeans scuro.

Dopo un po’ d’indecisione decidiamo di fermarci in un locale molto carino, vicino al Colosseo, che è arredato in stile giapponese. Molto originale.

 

Ci sediamo ad un tavolino un po’ appartato ed ordiniamo qualcosa da bere. In un momento di silenzio ne approfitto per chiedergli qualcosa di lui.

- Allora William, raccontami qualcosa di te. -

- Bhè non ho molto da raccontarti, tre mesi fa sono tornato in Inghilterra e sono andato a vivere con il professor Stevens. Lui è molto carino con me, mi tratta come se fossi suo figlio. Infatti non ha voluto lasciarmi da solo due settimane mentre era a Roma. E’ una persona fantastica. -

- Sei tornato da dove? -

- Come? - ok, vuole fare il furbo.

- Prima hai detto che tre mesi fa sei tornato in Inghilterra, dov’eri prima? - vorrei anche chiedergli come ha conosciuto il professore, ma diventerei troppo indiscreta.

- Bhè sai…io non ricordo molto. Ho avuto un incidente e … non so. Non ricordo. - i suoi occhi si fanno di nuovo tristi e mi sento terribilmente in colpa per averlo costretto a parlare di queste cose. Così con un’abile cambio di discorso cerco di far sparire quella malinconia. A quanto pare ci riesco e lui torna sorridente e allegro come prima.

 

Pensando a quello che mi ha detto Robert e al suo mini-racconto di poco fa, arrivo alla conclusione che è tornato in vita e non ricorda niente del suo passato da vampiro. Mi sento al limite della felicità, non ostante ci siano ancora molti lati oscuri. Come è tornato? C’entra qualcosa il medaglione? E cosa sono le crisi e gli incubi di cui mi parlava Robert? Decido che questo non è il momento di pensarci, anche se una strana voce mi dice che lo scoprirò presto, e torno a guardarlo negli occhi e a perdermi in essi.

 

Dopo il locale decidiamo di farci una passeggiata, e lui, da vero gentiluomo, mi offre il braccio. E camminiamo così, a braccetto, parlando del più e del meno, ridendo insieme, come una vera coppietta. Ed io mi sento al settimo cielo.

 

Mentre parla mi rendo conto di come il suo linguaggio abbia qualcosa di antico ed affascinante, molto diverso dal modo di parlare scontroso e a volte volgare che aveva prima. Però mi rendo conto che tante volte gli ho dato modo di essere scontroso con me, quindi non c’è motivo di sorprendersi.

 

La serata finisce troppo presto, non ostante io abbia l’impressione che il tempo si fermi ogni volta che mi ritrovo i suoi occhi fissi nei miei.

Lo accompagno fino all’hotel e scendo con lui, con la scusa di avvisare che domani torno a lavoro.

La reception e la hall sono deserte, così lascio un bigliettino.

 

Mi giro e lo ritrovo a qualche centimetro di distanza da me, e allora sento che il cuore è arrivato all’altezza della gola, e immagino che lui possa vedere chiaramente quest’ultima battere al ritmo del cuore. Così cerco di darmi un contegno e cerco di parlare senza balbettare.

-William ho passato una serata davvero molto piacevole in tua compagnia e…- alzo lo sguardo e mi ritrovo i suoi bellissimi occhi inchiodati dentro i miei. Lui alza lentamente una mano e prende ad accarezzarmi i capelli.

- Hai dei capelli bellissimi Buffy, te l’ha mai detto nessuno? - mi dice con la voce bassa e rauca.

- Si, una persona…- cerco di dire in un soffio, sperando che lui non si accorga del mio imbarazzo.

- Bhè, doveva essere una persona molto intelligente - e intanto scende ad accarezzarmi lentamente il braccio nudo, poiché il cappotto l’ho lasciato in macchina, pensando che sarei uscita dopo poco…

Continua a muovere sensualmente e dolcemente le dita sul mio braccio mentre i suoi occhi rimangono incollati dentro i miei. Sento che i miei sensi si stanno risvegliando, sento il corpo in fiamme, e le mie labbra che fremono per ricongiungersi con le sue.

 

Ma ho paura.

 

Non voglio prendere l’iniziativa, ho paura della sua reazione. Non faccio neanche in tempo a finire questo pensiero che lui scende piano a posare le sue labbra sulle mie. E tutti i miei controlli e le mie paure vengono meno, frantumandosi in un’esplosione di puro piacere.

 

All’inizio è un delicato sfiorarsi, dolce e sensuale. Poi la passione divampa e le nostre lingue prendono a duellare tra di loro mentre le sue mani corrono veloci e frenetiche sulla mia schiena.

Qualche secondo dopo siamo nella sua stanza, stesi sul letto a baciarci freneticamente.

 

Sembra che questi terribili mesi siano spazzati via con un soffio, sembra che non sia passato neanche un giorno dall’ultima volta in cui le nostre bocche si sono incontrate ed assaporate. La passione è sempre la stessa. Ma questa volta c’è qualcosa di più.

 

C’è l’amore disperato di una persona che pensava che tutto fosse finito, che pensava che mai più un uomo l’avrebbe posseduta ed amata come solo lui sapeva fare. C’è la speranza che questo momento e questa felicità non finiscano, mai.

C’è l’amore.

Quello vero, quello sentito, quello che si mischia alla passione ed ottenebra la mente e i sensi, quello che ti fa vivere e sospirare. Quello che finalmente sono riuscita ad ammettere e a ritrovare.

 

E così facciamo l’amore. Per la prima volta, facciamo l’amore. Perché questo non può definirsi sesso, ci sono troppi sentimenti in ballo.

Lui mi spoglia delicatamente e mi guarda come incantato, poi una luce si accende nei suoi occhi e prende a baciarmi piano tutto il corpo, sembra che non voglia lasciare neanche un centimetro della mia pelle immune dalla sua scia di baci. Poi io prendo a spogliare lui, e dopo qualche secondo siamo entrambi nudi a rotolarci nel letto senza staccare le nostre mani dal corpo dell’altro. Eppure non è tutto così frenetico. I nostri movimenti sono calmi e misurati, e nonostante la passione sia forte e incontrollabile, i nostri corpi tornano a scoprirsi dopo tanto tempo con una lentezza calcolata che lascia entrambi in estasi.

 

Arriviamo al culmine del piacere insieme, ed è come tornare a volare dopo tanto tempo. La sensazione di intorpidimento e stanchezza delle ali non può superare la gioia e l’emozione di sentire l’aria sfrecciare sul viso e i profumi invadere le tue narici.

 

E’ così che mi sento.

 

Come se avessi abbandonato per troppo tempo l’altra metà di me, quella che mi rende completa e soddisfatta, ed ora mi ritrovassi a volare con lui verso quel punto di non ritorno che ti dà il piacere massimo, fisico e spirituale.

 

Lui si stacca da me con il fiatone e si stende a fianco a me. Io mi incollo nuovamente a lui e mi appoggio sul suo petto.

 

E per la prima volta, lo sento battere.

 

Sento il suo cuore battere. Ed intimamente spero che batta per me, solo per me.

 

 

Con ogni tuo movimento annienti i miei pensieri, e il modo in cui mi tocchi mi fa perdere il controllo e mi dà i brividi, mi lasci senza fiato.

9° Capitolo

 

Non avrei voluto addormentarmi, volevo godermi ogni singolo istante di quella gioia immensa che il mio cuore stava provando.

 

Chissà se mi sono mai sentita così felice…non lo ricordo più.

 

Sono sempre stata combattuta da sentimenti contrastanti, dalla sensazione che tutto fosse o giusto o sbagliato. In realtà ero io quella sbagliata. Ora ho capito che non esiste il bianco o il nero, ci sono tante bellissime sfumature che possono riempire la tua vita di ogni singolo battito, di ogni singola emozione. Queste sensazioni, questa passione, questo sentimento, che è riuscito a far battere nuovamente il mio cuore non è sbagliato, ma forse non è neanche giusto.

Semplicemente esiste, ed io non posso rinnegarlo, non più.

 

Ho aperto gli occhi con una strana sensazione nel cuore, qualcosa di indecifrabile. Un’ansia che scaraventava il mio cuore nelle tenebre, sentivo il suo battere feroce nelle orecchie. Qualcosa di furioso che mi urlava che qualcosa attorno a me stava cambiando, quella felicità doveva spezzarsi presto.

 

Appena sono riuscita a riprendere coscienza di ciò che mi circondava, ho notato di non essere più aggrappata al suo petto. Ero stesa sul letto a pancia in giù. Ho alzato il viso ed ho visto William, rannicchiato dall’altra parte del letto, con le braccia che gli circondavano le ginocchia e il viso affondato in esse.

 

L’ho chiamato, piano, dolcemente e lui è sembrato come spaventato dalla mia voce. Ha alzato di scatto il viso ed ho notato che esso era rigato di lacrime, i suoi occhi avevano ancora quella luce nello sguardo. Qualcosa di profondo e sconcertante, quasi odio.

 

Ho allungato una mano per toccarlo e lui si è discostato da me come se avesse ricevuto una frustata, poi ho notato che tremava, era percorso da lunghi brividi di…frustrazione, o forse rabbia. Non saprei. Poi ha cominciato a parlare, e la sua voce era scossa dai singhiozzi, ed era colorata di un dolore che mi ha spezzato il cuore.

 

-Tu non sai quello che hai fatto, tu hai riportato alla luce la scintilla. Lei avrebbe dovuto spegnersi per sempre, ma voi mi avete riportato indietro, con quella stupida bramosia umana di voler avere sempre tutto. Siete contente? Sei contenta cacciatrice? Hai idea di come loro urlino vendetta? Hai idea di cosa significhi sentire il loro sangue sulla coscienza? Hai idea di come queste lacrime pesino come fardelli sulle tue spalle? Sei tu la colpevole, sei tu. Sempre e solo tu. Sempre e solo tu nella mia vita. A distruggere la mia vita. A distruggere la mia anima. A distruggere la mia pace… -

 

All’inizio aveva la voce impastata di lacrime e parlava quasi urlando. Poi la sua voce è andata affievolendosi ed io non mi sono neanche accorta di come le mie lacrime stavano bagnando il cuscino. Non ho saputo cosa dire, nella mia testa continuavano a rimbombarmi le sue parole come un martello che continua a colpire il capo già scosso da dolori lancinanti di emicrania. Mi sono seduta sulle ginocchia ed ho cercato di avvicinarmi a lui che intanto aveva preso a farfugliare parole senza senso. Lui si è girato ancora come una furia verso di me e mi ha urlato di andare via.

 

Qualche minuto dopo sono entrata di soppiatto nella mia stanza. Willow è stesa sul letto a fianco al mio che dorme beata. Appena ho richiuso la porta dietro di me, lei ha aperto gli occhi.

- Scusami, non volevo svegliarti - ho detto con un tono più cupo di quello che volevo lasciar trasparire.

- Buffy, ma che dici? Vieni qua, fatti abbracciare!!! –

 

Mi sono seduta e ci siamo abbracciate. Ho affondato il viso nell’incavo del suo collo. Le narici si sono riempite del profumo dei suoi capelli ancora troppo lunghi, e sono scoppiata a piangere. Come un fiume che abbatte una frontiera e straripa distruggendo tutto ciò che incontra sul suo cammino.

Scaraventando giù ogni emozione, ogni battito, ogni sensazione che in quei giorni si stavano susseguendo nel mio cuore. Siamo rimaste così per non so quanto tempo. Non ricordo quante volte ho abbracciato Willow e sono stata consolata da lei per via delle mie scelte sbagliate, che come fantasmi ritornavano sempre sulla mia strada. Lei sapeva sempre cosa dirmi.

 

Ed ora saprai cosa dirmi Willow? Saprai rendere il mio cuore più leggero? Saprai lenire questa sofferenza che come un incubo torna prepotentemente nella mia vita?

 

Le ho raccontato tutto nei minimi particolari, la prima volta che l’ho visto, il nostro incontro, la serata appena trascorsa e la sua reazione. Lei mi ha guardato molto profondamente negli occhi, che nel frattempo erano diventati lucidi…

 

-Will, cos’hai? –

-Sai Buffy, quando tu cominciasti la tua relazione con Spike, io non ne fui sorpresa. – ha cominciato a dire, molto lentamente, come se quelle parole pesassero come macigni - In fondo abbiamo sempre saputo dei suoi sentimenti per te, anche se credevamo fosse solo un’ossessione. Ci siamo ricreduti quando tu sei morta. La sua disperazione ogni volta che guardava il Buffybot, quella luce nello sguardo, così profonda e triste, io la captavo sempre. E quando sei tornata, ti ho quasi invidiata. Essere amata in un modo così totale e devoto. Lui era un vampiro, per giunta senza anima, eppure riusciva a provare un sentimento molto più grande di lui, di noi. Mi sono ritrovata spesso a chiedermi se anche Tara mi amasse così. Ed è una cosa relativamente stupida, mi sembrava impossibile che un vampiro potesse amare in quel modo. Ma lui è sempre stato speciale e mi sorprendeva il fatto che tu non riuscissi a scorgerlo.

Poi ho scoperto tutto. Ed è stato come ricevere un colpo al cuore. Tu stavi con Spike, avevi una relazione con lui, eri combattuta se questa fosse giusta o sbagliata, e non ne hai parlato con nessuno. Neanche con me. Non hai idea di come questo mi abbia ferita. E’ stato forse per questo che quel giorno a casa tua ti ho tradita, unendomi agli altri e mandandoti via.

Forse per vendetta.

Non sto cercando di giustificarmi, solo di farti capire. Ed ora, Buffy, io sono onorata che tu abbia deciso di confidarti con me e chiedere il mio aiuto. Fosse l’ultima cosa che faccio, ma ti aiuterò. Scopriremo tutto, e risolveremo tutto. Come abbiamo sempre fatto. Insieme. –

 

Bhè, forse non ha cancellato il dolore che provo, ma lo ha alleviato. Sapere di non essere completamente da soli aiuta. Eccome.

 

Mi sono risvegliata nel letto di Will. Abbiamo dormito insieme, abbracciate. Come due bambine.

Sono andata a lavoro, e lei è rimasta a casa a fare ricerche sul medaglione. In realtà mi è sembrata un po’ strana, ha detto di dover fare alcune telefonate a persone che potevano aiutarci ed è corsa via. Ho come l’impressione che ci sia qualcosa che non mi ha detto. Abbiamo deciso di non dire nulla a Giles e a Dawn. Almeno fino a che non ne sapremmo di più.

 

Mi sono avviata a lavoro con una pesantezza nel cuore difficile da decifrare. Non riuscivo a capire se fosse ansia, dolore o paura. Appena arrivata in hotel ho trovato il responsabile ad aspettarmi, doveva parlarmi.

Mi ha subito chiesto se avevo ascoltato la segreteria. Non l’ho fatto.

Mentre parlavo con lui, mi sono sentita strana, come sporca. Come se quella notte avessi fatto qualcosa di cui vergognarmi, mi sembrava che tutti sapessero e mi guardassero con aria di rimprovero.

 

Ma in fondo cos’ho fatto di male? Mi sono data corpo e anima all’uomo per cui sono morta qualche mese fa?

Perché è questo quello che è successo. Sì, io sono morta con te in quel burrone. Quella che ho vissuto dopo non poteva essere la vita. Quell’esistenza di insufficienza che mi trasportavo dietro come un fardello. Vivevo per inerzia, per un motivo che non mi apparteneva, non più. Eppure stanotte il mio cuore ha ripreso a battere. Fra le tue braccia, cullata dal battito del tuo cuore e riscaldata dal tuo corpo, il mio essere ha ripreso a sospirare.

 

Il Signor Caroli mi ha chiesto di rimanere al lavoro solo di mattina e il pomeriggio di andare a riposare. Vuole che stanotte rimanga in hotel perché la ragazza che di solito fa il turno notturno si è ammalata. Non ho obiettato. E’ come se ora tutto ciò che accade attorno a me siano le riprese di un vecchio film girato al rallentatore. Come se tutto ciò appartenga ad un’altra dimensione di cui io non riesco a farne parte. La mia mente è ancora offuscata da quelle sensazioni. Sento ancora le tue mani correre lente sulle braccia, il tuo respiro soffiare ansioso sul mio corpo e la tua pelle scivolare deliziosa su di me. Tutto il resto non conta.

 

La mattina è passata piuttosto velocemente perché ho avuto molto da fare. William non si è visto. In realtà non so neanche se è uscito con il gruppo o è ancora in camera sua. Nel pomeriggio sono tornata a casa. C’era un biglietto con su scritto che Will era in biblioteca, e Giles e Dawn a pranzo e poi in giro a fare compere. Sarebbero rientrati in serata. Dopo essermi fatta una doccia mi sono letteralmente buttata sul letto per riposare. Ho l’impressione che quella di oggi sarà una lunga notte.

 

 

10° Capitolo

 

Prima di uscire di casa ho cenato con gli altri a casa mia. Sono rimasti tutti un po’ contrariati da questo turno notturno. Soprattutto Giles. Dice che dopo il mancamento di qualche giorno fa dovrei restare più a riposo, e non lavorare di notte. Ho spiegato loro che lo faccio per ricambiare il signor Caroli della sua gentilezza, se non fosse stato per lui ora mi troverei ancora a vivere in Inghilterra e a gravare sulle spalle del Consiglio.

E dentro di me ho pensato che forse non avrei mai potuto rivedere William.

 

Willow mi è sembrata piuttosto strana. Per tutta la cena è rimasta in silenzio, sembra quasi che eviti il mio sguardo, poi quando in cucina le ho chiesto se avesse scoperto qualcosa, mi ha risposto di no ed ha cercato subito di cambiare discorso. La conosco troppo bene, lei sa qualcosa che non mi vuole dire. Comunque avrò tempo domani per parlarle più tranquillamente.

 

Arrivata in albergo ho incontrato il responsabile che stava per andare via. Mi ha raccomandato di chiamarlo per qualsiasi problema, e mi ha detto che se mi veniva fame sarei potuta andare tranquillamente in cucina a prepararmi qualcosa. Gli ho detto di non preoccuparsi.

L’inizio della serata è stata piuttosto movimentata. Non avevo idea che i clienti rientrassero così tardi. Anche il gruppo di Londra è rientrato piuttosto tardi. Strano, mi aveva detto che i suoi amici escono di rado in serata.

 

William non era con loro, forse è rimasto in camera. Non ho voluto chiedere a nessuno di lui per non destare sospetti. Dopo un po’ di confusione i ragazzi sono andati tutti a ritirarsi nelle loro stanze. In qualche minuto il silenzio è tornato sovrano nell’hotel. Io mi sono seduta alla reception e mi sono messa davanti al computer a bazzicare un po’, non sono mai stata molto simpatizzante della tecnologia, né tanto meno essa lo è con me.

 

All’improvviso sono stata distolta dal mio avventurarmi in questa scatola luminosa da un rumore. Qualcuno era entrato in hotel.

Sono uscita silenziosamente dalla scrivania e appena superata la colonna che copre l’entrata me lo sono ritrovata davanti.

 

Entrambi ci siamo spaventati nell’incontrarci, lui non si aspettava di incontrare me al suo ritorno, di solito c’è Marika, né tanto meno io mi aspettavo di vederlo rientrare a quell’ora tarda da solo.

 

C’è stato un minuto, o forse di più, di silenzioso imbarazzo, in cui forse l’unico rumore che si sentiva erano i nostri respiri affannati, poi…

 

- Ciao…Buffy…come mai qui? –

- Ciao William, bhè vedi Marika non stava bene, così la sostituisco io stasera. –

- Capisco, ascolta…io vorrei parlarti –

 

Già, ci sarebbero così tante cose da dire. Ad esempio come sei tornato, perché sembri avere questa doppia personalità, o forse perché io ho perso un anno della mia vita ad usarti come cavia dei miei problemi, quando avrei potuto amarti liberamente a dispetto di tutto e vivere finalmente in modo, non dico normale, ma almeno felice.

 

Gli ho proposto di parlare davanti ad una tazza di buon cioccolato caldo. Così siamo entrati insieme nella cucina e mentre prendevo le bustine del preparato, lui mi ha preso saldamente un braccio, ed io ho tremato a quel contatto.

- Ma no dài, non vorrai usare quelle bustine? Sono orribili!!! Ci vuole poco per fare un buon cioccolato caldo, io ti dico come fare e tu esegui, ok? –

 

Gli ho risposto di sì senza pensarci due volte, aveva un sorriso dipinto sul volto a cui era difficile resistere. Così mentre lui era comodamente seduto al tavolo della cucina ad impartire ordini, io ero lì ad eseguire fiduciosa.

Mentre versavo un pugno di farina me ne è caduta un po’ sulla divisa e lui è scoppiato a ridere di gusto. Così per vendicarmi ne ho preso un pugno e gliel’ho buttato in faccia. E’ stato così che è nata una piccola guerra all’insegna della farina, ma quando ha cominciato a prendere il cacao e tirarmelo contro, bhè a quel punto ho dato sfogo alla mia ira ed è diventato un vero conflitto!!! Questo non lo doveva fare!

 

Mentre correvo attorno al tavolo per sfuggire ad un altro lancio di cacao, mi sono fermata per prenderne un pugno di farina e controbattere. Lui mi ha raggiunto troppo in fretta, e in un nanosecondo me lo sono ritrovato dietro che mi stringeva i polsi.

Aveva il fiatone, lo potevo sentire benissimo respirare affannosamente sul mio collo, pian piano si è avvicinato sempre di più alle mie spalle aderendo perfettamente ad esse. Io mi sono rilassata contro il suo petto appoggiandoci il capo. Lui ha abbassato un po’ il viso fino a sfiorare i miei capelli con le labbra, poi ho sentito che con una mano allargava pian piano la maglietta sotto la giacca della divisa. Io era già sul precipizio, mancava poco che perdessi completamente i sensi lasciandomi cullare da lui e…ho sentito una polvere invadere la mia maglietta…Ci aveva buttato un pugno di cacao dentro!!!

 

Mi sono girata di scatto con il viso in fiamme per la rabbia e l’imbarazzo mentre lui rideva di gusto a questo bello scherzetto.

Appena ho girato il capo, mi ha di nuovo preso saldamente le braccia e mi ha spinto verso di lui con forza baciandomi con passione. A quel punto la rabbia è scomparsa e mi sono lasciata andare a quel tripudio di sensazioni che tornavano ancora dentro di me grazie a lui.

 

Questa volta non c’era più la paura di tornare a scoprirsi, non c’era il dubbio di non poter più amarsi come una volta, c’era solo quella passione che ci ha sempre contraddistinti, che riesce a bruciare tutto, corpo e anima, in una sola notte. Che riesce a cancellare tutto, dentro e fuori.

 

Mi ha tolto la giacca e ha infilato le mani sotto la maglietta. Sentivo sulla pelle le sue mani scorrere veloci e il cacao che lui mi aveva buttato graffiarmi dolcemente la pelle. Questa sensazione mi ha eccitata ancora di più, ed ho cominciato ad emettere piccoli urli di piacere che soffocavo nella sua bocca quando ha cominciato a tormentarmi il seno.

Sentivo la sua eccitazione che premeva contro di me. Quel contatto, diviso solo dai nostri abiti, si è fatto più vivo quando i suoi jeans sono stati strappati via e la mia gonna è salita a lambirmi i fianchi.

Mi ha spinta prepotentemente sul tavolo, mentre continuava a carezzarmi con le mani, quasi avesse paura di interrompere quel contatto. Le sue spinte si sono fatte più lente e calcolate fino a quando non abbiamo raggiunto il piacere insieme, soffocando ancora l’orgasmo nelle nostre bocche calde e bramose di baci e piacere.

 

Qualche minuto dopo eravamo entrambi imbarazzati, col viso incollato al pavimento, a raccogliere i vestiti. Quando entrambi eravamo a posto, ci siamo guardati e lui ha cominciato:

- Bhè che ne dici se ora ne parliamo? – ha detto timidamente.

- Ok, però prima la cioccolata! – ho risposto sorridendo per allentare la tensione.

Abbiamo preparato insieme la tanto ambita cioccolata calda, cercando anche di nascondere il caos che avevamo fatto. Abbiamo riso e scherzato insieme, fino a che ci siamo seduti al tavolino e ci siamo trovati di fronte alla verità.

 

- Buffy ti racconterò tutto quello che mi è successo, o almeno quello che ricordo. E ti prego di non interrompermi, perché prima finirò, e meglio mi sentirò - ho acconsentito e lui ha cominciato a raccontarmi.

 

- Circa 3 mesi fa mi ritrovai a Londra. Ero vestito di stracci, i miei vestiti sembravano come bruciati, e dentro di me sentivo quello stesso calore. Cominciai a camminare per la città senza sapere dove andare. Non sapevo dove mi trovavo, né tanto meno chi io fossi. Avevo la mente annebbiata e dentro di me regnava la più pura confusione. Camminai per non so quante ore, fino a che, stanco e affamato, mi sedetti sul portico di una villa e mi addormentai. Quando mi risvegliai era l’alba. Vidi il sole sorgere e mi parve uno spettacolo bellissimo, era come se non vedessi il sole da troppo tempo. Quando poi esso cominciò a riscaldarmi con i suoi raggi e a illuminare il mio corpo, cominciai ad urlare e a cercare di rannicchiarmi all’ombra, ma non ce la facevo, ero troppo debole. Così continuai ad urlare, sperando che qualcuno mi aiutasse. Avevo come la sensazione che quei raggi mi avrebbero ucciso.

Il padrone della villa fu svegliato dai miei lamenti e uscì fuori come una furia. Quando mi vide, credendo forse che io fossi uno straccione o un tossicodipendente, mi tiro giù a calci, urlandomi di andare via. Molte persone erano accorse a quel caos, fra queste c’era il professor Stevens. Ebbe pietà di me e mi portò a casa sua. Mi lavò, mi vestì e mi nutrì. Quando qualche giorno dopo presi coscienza di quello che mi era accaduto, lui mi chiese chi fossi e da dove venivo. Io non ricordavo niente. O meglio, avevo tanti ricordi dentro che non riuscivo a mettere a fuoco e a catalogare. Vedevo una città antica, delle persone lontane, eppure vicine, vestite in modo strano e sfarzoso che mi parlavano, poi vedevo altra gente, dei ragazzi, una casa. Non riuscivo a ricordare nient’altro oltre al fatto che mi chiamavo William, e dal mio accento si capiva che fossi inglese. Passarono i giorni e cominciarono gli incubi…sognavo creature terribili che mi condannavano e sangue…tanto sangue…che…- si ferma un attimo per riprendere fiato e calmare il suo cuore che batte all’impazzata al ricordo di quei giorni, così come batte il mio al pensiero di quello che deve aver passato.

 

- Non so spiegarti quegli incubi…vedevo tante persone, tanta sofferenza, tanto sangue e sapevo che io ero il colpevole. Sentivo il loro sapore sulle labbra, un sapore ferroso e pungente che sembrava darmi la vita, ma strapparmi l’anima allo stesso tempo. Così poi sono cominciate le mie crisi. Non so cosa dico in quei momenti. Il professore dice che parlo di cose sconnesse, di vampiri e cacciatori. Di colpe ed espiazione. Io non ricordo mai dopo. Di solito mi danno un calmante e mi metto a dormire, e la mattina dopo non ricordo niente. Però so che qualcosa è successo. Con il passare dei giorni sto riuscendo a mettere a posto i visi, i ricordi, ma tutto è ancora molto offuscato. Il tuo viso però è ben nitido. E’ come se quello fosse l’unico appiglio, l’unico sostegno a questa pazzia. E’ per questo che quando ti vidi la prima volta ti trattai così male. Avevo paura, ero terrorizzato. E poi quel nome…Spike, mi sembra così familiare, come se veramente mi appartenesse. E tutto ciò mi spaventa. Però starti vicino…entrare dentro di te e sentirti mia, è come se io sia sicuro che il mio passato e il mio futuro sia tu. –

 

Quando ha alzato lo sguardo verso di me, è rimasto sorpreso delle mie lacrime.

Ma come hai potuto sorprenderti che questo racconto mi abbia sconvolta?

E sentirti dire che il tuo passato e il tuo futuro sono io…mi ha spiazzata. Ancora mi sorprendo di quanto siano grandi i tuoi sentimenti.

Stavo per parlare, quando un campanello mi ha bloccata. E’ la reception. Sono uscita di controvoglia e c’era una signora che alloggia in una stanza che diceva che la televisione non si spegneva. Sono salita nella sua camera e sono felice che non si possa leggere nei pensieri altrui, altrimenti risulterei piuttosto maleducata in questo momento. E poi io mi chiedo che cavolo ci faceva a quest’ora a guardare la tv? Se non riusciva a prendere sonno potevo stenderla io con un pugno!

 

Ho risolto il problema in fretta, e sono tornata nella cucina. Appena entrata ho subito notato che non era più seduto al tavolo. Il cuore si è fatto improvvisamente pesante ed ho cominciato a cercarlo con lo sguardo. L’ho visto seduto in fondo, per terra, nella stessa posizione in cui lo trovai ieri notte al mio risveglio. Però aveva il viso alto, rivolto alla piccola televisione accesa.

Ma era ugualmente rigato di lacrime.

Ha girato il viso verso di me ed aveva le lacrime che scendevano veloci verso il collo, che però era stranamente rilassato, come se quel confidarsi lo abbia un po’ sollevato.

Mi sono precipitata quasi correndo da lui e mi sono piegata sulle ginocchia fino ad abbracciarlo. Lui ha affondato il viso in quel seno che poco prima desiderava avidamente, e che ora gli faceva da cuscino e testimone della sua sofferenza, ed ha pianto. Silenziosamente e solennemente. Io l’ho abbracciato forte, quasi dimenticando il suo bisogno di respirare, e le mie lacrime si sono mischiate alle sue, anch’esse silenziose e solenni.

 

- Oh William, io ti aiuterò. Scoprirò cos’è successo e ti aiuterò, e ti amerò come non ho fatto mai. Come hai sempre meritato. Ti amerò. - Gli ho detto con un flebile filo di voce.

 

E questa è la prima missione che sento di desiderare con tutto il cuore. Aiutarlo. Ma soprattutto amarlo. Come si è sempre meritato.

 

11° Capitolo

 

 

Sono ritornata a casa stamattina presto. Non ostante la stanchezza non riesco a prendere sonno. Le parole di William continuano a ronzarmi in testa.

La sua sofferenza, la sua passione, il suo calore.

E’ come un manto che mi avvolge e mi riscalda. E’ come se ora io riesca a capire cosa mi ha spinto ad andare a avanti.

Lui è sempre stato con me. Mi proteggeva e mi ascoltava nell’attesa di rivedermi. Ed io vivevo e respiravo nell’attesa di rivederlo.

 

Dopo il pianto liberatorio che ha sorpreso entrambi, siamo rimasti un po’ insieme.

 

Abbracciati.

 

Senza parlare.

 

In fondo non ce n’era molto bisogno. Forse ci sarebbero tante cose da dire, ma la confusione che regna ora in me, e forse anche in lui, non ci permetteva di dire niente.

Anche se a volte il silenzio vale più di mille parole.

E’ come un vetro, delicato quanto prezioso, nel quale ci specchiamo, rivelando verità che non si possono nascondere. A quel vetro basta una folata di vento, come una parola mancata, per far cadere tutto in mille pezzi.

Il vetro come il cuore. Come la pace.

 

Lui poi è andato nella sua stanza. Dio sa quanto avrei voluto seguirlo e farlo addormentare fra le mie braccia, ma il responsabile doveva trovarmi nella hall al suo arrivo.

Mentre sono a letto penso a quello che diranno gli altri quando racconterò loro di quello che è successo. Ho deciso di rivelare a tutti la verità. Stanotte è arrivato anche Xander, che non ho ancora avuto la possibilità di salutare, quindi saremo tutti al completo e potrò vedere cosa ne pensano loro.

Ho un po’ di paura. Non di quello che diranno, ho smesso di preoccuparmi del giudizio degli altri.

Ho come l’impressione che parlandone ancora potrei rompere questo delicato equilibrio che sono riuscita a costruire con la sua presenza accanto a me.

 

Mi sono svegliata verso mezzogiorno. In casa non c’era nessuno, però mentre bevevo il caffé sono rientrati tutti insieme. Xander mi ha subito rapita nel suo abbraccio. L’ho trovato diverso.

Molto.

I capelli più lunghi, la barba incolta, sembra invecchiato di colpo. Come se tutti quegli anni vissuti nella speranza di non so cosa si siano fatti sentire, rivelando la loro pesantezza. Lo sguardo rilassato, o forse rassegnato. Era comunque felice di rivedermi, come ne ero felice io.

Sinceramente.

Abbiamo preparato il pranzo tutti insieme, ricordando i vecchi tempi e tralasciando le cose tristi.

Quante cose tristi sono successe nella nostra vita. Faccio quasi fatica a ricordarle tutte. Quante persone perse, quanti amori che sono svaniti e ritornati, quante incomprensioni. Eppure dopo otto lunghi anni ci ritroviamo ancora nella stessa stanza a ricordare la danza di snoopy-doo di Xander e la vampira Willow!

Ho approfittato di un attimo in cucina per dire a Willow che avevo notizie importanti su Spike e che ne avrei parlato a tavola, davanti a tutti. Lei ne è sembrata felice e con un flebile sorriso ha detto che anche lei aveva notizie da darmi, e che ne avrebbe parlato a tavola. Mi ha incuriosito.

 

A tavola erano tutti euforici. Continuavano a parlare a ruota, senza mai fermarsi. Solo io e Will eravamo piuttosto silenziose. Si vedeva che avevamo altro di cui pensare.

Mentre tutti si sono fermati nei loro racconti per assaporare il dolce fatto da Dawn, che ultimamente ha scoperto una passione prima sconosciuta per la cucina, ne ho approfittato per attirare l’attenzione su di me.

- Ragazzi devo parlarvi di una cosa molto importante. E seria.- ho detto con tono solenne.

- Cosa sarà mai? Un’apocalisse? Mi dispiace, già fatto! – e Xand non si smentisce mai.

- No. Non è un qualcosa di cui avere paura. Né una cosa da combattere. Io non lo permetterei. – e le risate per la frase di poco prima sono state spezzate, e finalmente hanno capito che non c’era più il tempo per ridere. Ora dovevano sapere.

 

Ho cominciato a raccontare tutto nei minimi dettagli, proprio come feci con Willow. Ho parlato senza paura, senza timore.

Mai come ora sono sicura che tutto quello che ho scelto, tutto quello che ho fatto, l’ho fatto col cuore. E quindi non c’è niente di più giusto.

Ho anche detto loro che Will sapeva già tutto e che le avevo chiesto di fare delle ricerche. Poi sono passata a raccontare l’ultimo nostro incontro, la notte appena trascorsa, il suo racconto, le sue lacrime.

Quando ho finito erano tutti sconvolti. La prima a reagire è stata Dawn. E’ corsa verso di me con le lacrime che le rigavano il volto dicendomi:

 

- Oh Buffy, come sono felice per te. Spike è vivo, è vivo. Ed è umano, ti rendi conto? Mio Dio umano, chi l’avrebbe mai detto? Non poteva succedere una cosa più bella, non vedo l’ora di riabbracciarlo, mi è mancato così tanto! – è partita in quarta, ed è stato Giles a fermarla. E quando ho visto il suo sguardo truce ho capito che non era felice quanto mia sorella delle ultime novità.

 

- Dawn smettila. Non puoi parlare così. Hai ascoltato quello che ha detto tua sorella. Lui è umano è vero, ma non ricorda niente di quello che è successo in passato. E possibile che ricordi ancora la sua vita umana, o peggio che gli vengano in mente le torture che per secoli ha inflitto ad esseri umani innocenti. Ti rendi conto? Potrebbe impazzire, diventare pericoloso e..- io ero ancora in silenzio ad ascoltare, volevo sentire fino in fondo cosa ne pensava, ma questa volta è stata Dawn ad interrompere lui.

 

- Lei è solo un insensibile. Per anni si è occupato di noi come un padre. Ma lo faceva perché ci voleva davvero bene come figlie o perché non riusciva ad appagare il suo bisogno di sentirsi realizzato dato la mancanza di una famiglia vera? Buffy è stata male per mesi interi. Io l’ho sentita piangere e lamentarsi per mesi nel suo letto. Lei ha perso delle persone care come tutti noi, delle persone che amava, eppure ora non riesce a capire cosa questo potrebbe significare per lei? Spike è stato forse meglio di tutti noi messi insieme negli ultimi anni, non ostante abbia commesso errori imperdonabili. Ha combattuto al nostro fianco, ci ha protetti, ha rischiato la vita più e più volte, e come scusa aveva solo una promessa, neanche un’anima! Neanche quando aveva un’anima lei è riuscito ad accettarlo. Eppure io ora mi chiedo se al posto di Spike lei avrebbe sacrificato la sua vita per la salvezza del mondo. O della persona che amava. -

 

Siamo rimasti tutti sorpresi da queste parole. Io forse più di tutti.

 

E’ davvero mia sorella questa ragazza, questa piccola donna, che ora difende me e l’uomo che amo a spada tratta? E’ la stessa bambina che voleva a tutti i costi rubarmi l’affetto di mia madre e dei miei amici? E’ la stessa che si cacciava nei guai per attirare l’attenzione? E’ la stessa che una sera di un po’ di tempo fa si è coalizzata con gli altri contro di me?

 

Giles è rimasto quasi paralizzato da queste parole, ma non ci ha messo tanto a riprendere in mano la situazione.

- Io ho ammirato Spike per la sua forza e la sua determinazione, ma questo non significa che dobbiamo sottovalutarlo. Ok è umano, ma perché è tornato? E questo cosa ne comporta? Dobbiamo farci queste domande..-

- Io non la penso così. – e ora è Xander che mi stupisce – D’accordo, era un vampiro cattivo, ed ha sbagliato, più di una volta. Ma ora questo non conta, non era William, ma il demone quello che uccideva. E non ostante questo, lui è riuscito a mettere da parte quel demone per amore di Buffy. Ma ora quel demone non c’è più. C’è solo un uomo. Dobbiamo scoprire perché è tornato, e cosa questo ne comporti. Ma non è la cosa più importante. L’importante ora è che Buffy possa pensare un po’ a se stessa e alla sua felicità, e questa è l’occasione giusta. –

Queste parole mi hanno rincuorata. Tanto. Forse tutto il dolore provato, le sofferenze, la solitudine, hanno cambiato inesorabilmente anche loro. La loro prospettiva sulla vita. E sull’amore.

Giles ha dovuto arrendersi, anche se so che non sarà così facile. Ora però è giunto il momento di Willow. Deve dirmi cosa ha scoperto.

 

- Allora Buff. Ho fatto delle ricerche sul medaglione, su quello che è il suo potere, ma soprattutto le sue conseguenze. Non ho scoperto molto, come immaginavo. Speravo di trovare la spiegazione nel medaglione, ma non è stato così. La spiegazione si trova da un'altra parte. Proprio dove avevo il timore che si trovasse. La colpa di quello che è successo è solo ed esclusivamente mia.-

12° Capitolo

 

- Parlerò senza interruzioni, perché è già difficile così, raccontandovi tutto quello che è successo.

Tutto è accaduto qualche giorno dopo il tuo trasferimento a Roma. Io avevo fatto un sogno.

C’eri tu, in una stanza buia. Avevi il volto rigato di lacrime, ma il viso era sereno. Rilassato. Poi la stanza si riempiva all’improvviso di gente sconosciuta. Tu ti asciugavi velocemente le lacrime e i tuoi tratti diventavano improvvisamente ansiosi. Sembravi agitata di qualcosa, nervosa. E sembravi volerti nascondere da quella marea di gente. Cercavi una via d’uscita e all’improvviso la stanza si riempiva di acqua e tu ci affogavi dentro.

Nel villaggio c’era una donna anziana che sapeva interpretare i sogni. Mi disse che tu stavi male. Che soffrivi profondamente di una mancanza, di un dolore profondo. E che le persone attorno non ti aiutavano, anzi, aumentavano la tua disperazione perché nessuno poteva capirti.

Non ci fu bisogno di cercare nei meandri della mia memoria il motivo della tua sofferenza. Era limpido.

Così una piccola luce cominciò ad insinuarsi nei miei pensieri…cominciai a fare domande, a documentarmi fra i vecchi saggi della tribù. Volevo sapere se esisteva un incantesimo, qualcosa, per riportare Spike in vita. Mi dicevo che non volevo provarci, volevo solo ‘sapere’.

Il pomeriggio dopo tu mi chiamasti. Fu come una scossa. Sentivo dall’altra parte la tua voce che si sforzava di essere normale, serena.

Eppure quella sofferenza, quella pesantezza che tu avevi nel cuore arrivava chiaramente dritto a me. E quando scoppiasti a piangere, fu come ricevere il fatidico colpo di grazia. Mi sentì morire. In quel momento riuscivo perfettamente a provare i tuoi stessi sentimenti, e fu come ritornare alla morte di Tara. Le lacrime cominciarono a scorrermi frenetiche sulle guance. Era insopportabile.

In un lampo capì il motivo per cui alla sua morte mi comportai in quel modo.

E’ una sofferenza inumana.

Senti tutto l’amore che hai dentro per una persona trasformarsi in disperazione pura, quasi solida. E’ come sapere di essere morti dentro ma trascinarsi a stento su un territorio che ormai non si riconosce più. E’ l’inferno. E’ veramente quello l’inferno.

Ed io non ho saputo sopportarlo. Ho trasformato tutto in odio e vendetta perché era troppo per me. In fondo, alla fine, siamo solo esseri umani.

E riuscivo chiaramente a distinguere quelle sensazioni in te, Buffy, e non ho saputo sopportarlo. Ho cominciato a fare ricerche, ad impegnarmi, a chiedere. Tutti mi dicevano di lasciar perdere. Compresa Kennedy, che si allontanava sempre più. Forse perché l’ombra di Tara si era di nuovo insinuata prepotentemente fra di noi.

Alla fine però riuscii a trovare l’incantesimo. Tutti mi dicevano che non sarebbe andato come mi aspettavo. Che lui non mi sarebbe apparso davanti come per magia in forma umana, ma io dovevo provare. Pensavo che se l’incantesimo avesse funzionato, io l’avrei sentito, e sarei partita per la California alla sua ricerca. Davo per scontato che lui sarebbe riapparso dove era morto.

L’incantesimo andò male. Almeno così pensavo. Durante la sua esecuzione, ci fu un forte fascio di luce che colpì anche Kennedy.

Il giorno dopo decise che fra noi era finita. Che io ero troppo testarda, che lei per me non sarebbe stata mai importante quanto Tara. O quanto Buffy.

In fondo era vero. E lei lo ha capito per me. Tara era la mia vita. Voi siete la mia famiglia.

Ho fatto delle ricerche sull’incantesimo che ho utilizzato. Ho scoperto di aver resuscitato William, non Spike. Si è risvegliato a Londra perché è lì che è morto realmente. Non ricorda distintamente la sua vita da umano perché è molto lontana. E la sua vita da vampiro…forse fra un po’ ricorderà solo da quando ha riavuto l’anima. Quello che era prima, forse non ricorderà mai la sua vita da vampiro. Avrà solo ricordi fugaci e imprecisi, ma questo non è sicuro. I testi che ho trovato erano piuttosto imprecisi, a quanto pare ho usato un incantesimo molto antico e potente.

So che ho sbagliato, non avrei dovuto seguire il mio istinto. Tante volte ho sbagliato e quasi sempre qualcuno di voi ne ha pagato le conseguenze.

Ma io l’ho fatto per te Buffy. Forse dentro di me era come se resuscitando Spike e alleviando il tuo dolore, avrei alleviato anche il mio. Tara mi manca ancora così tanto.. – e i singhiozzi l’hanno raggiunta impetuosamente, togliendole ogni forza per continuare.

 

Siamo rimasti tutti qualche minuto in silenzio, a pensare. Giles si è alzato pulendosi gli occhiali, e in quel gesto così conosciuto e usato ho visto tutta la sua delusione ed il suo nervosismo. L’idea di andare in Africa a studiare nuove forme di autocontrollo era stata sua.

Xander, che era il più vicino a Will, le accarezzava dolcemente la mano per tranquillizzarla.

Dawn aveva il viso basso e gli occhi lucidi. Molto probabilmente pensava alla cara Tara, manca tanto anche a lei.

Io non sapevo che fare, cosa pensare, cosa dire, come comportarmi.

I pensieri mi ronzavano nervosi ed imprecisi nella testa, senza darmi risposte, né vie d’uscita.

Il cuore, che aveva preso a battermi furiosamente nel petto, tradiva tutta la mia insicurezza ed il mio nervosismo.

Willow ha tentato un incantesimo difficilissimo e molto antico per risvegliare l’uomo che amo ed alleviare le mie sofferenze.

Cosa devo esserle?

Grata?

Riconoscente?

Ha anche fatto questo incantesimo senza prendersene le dovute responsabilità. Non ne ha parlato con nessuno. Non si è documentata abbastanza. E il prezzo da pagare quale sarà?

 

Per fortuna Giles ha preso la parola. Interrompendo i singhiozzi di Willow ed i miei pensieri.

- Ora basta piangere Will. Calmati. Quello che è fatto è fatto. Non possiamo annullare un incantesimo così radicale e potente. Però dobbiamo cercare di limitarne i danni. Per prima cosa dobbiamo assolutamente scoprire se Spike ricorderà la sua vita da vampiro o meno. Se così fosse, abbiamo l'obbligo di evitarlo. Potrebbe impazzire ricordando tutte le persone che ha ucciso e le torture che ha inflitto per anni a esseri umani innocenti. –

- Bhè potremmo trovare un incantesimo che gli faccia ricordare solo la sua vita dopo il chip, non possiamo permettere che non ricordi mai tutti noi, quando abbiamo combattuto insieme, e le persone che ha anche aiutato nella sua vita da vampiro. – ha detto Dawn, forse con la paura che Spike possa non ricordare mai il bene che le voleva.

- Dawn non esiste un incantesimo del genere, o possiamo fargli ricordare tutto, e lui sicuramente ne morirebbe, o possiamo permettere che non ricordi mai. E penso che sia preferibile. –

- E se facessimo un incantesimo per farlo tornare il vampiro di una volta? – forse Xander vuole scherzare ancora? – Così ricorderebbe tutto e non avrebbe sensi di colpa. – no, a quanto pare non scherza.

- Xander ma scherzi? Dovremmo farlo tornare un vampiro? Ma ti rendi conto quando dici queste baggianate? – si vede che parla mia sorella, la stessa cosa che ho pensato io!

- No Xander, a parte che non sarebbe giusto nei confronti dell’essere umano che è ora, e poi non possiamo prenderci così gioco del destino. Il dubbio ora è decidere se lui debba o no ricordare tutto. Buffy tu che ne pensi?- mi chiede Giles con una speranza che io non posso confermargli.

- Non so ragazzi. Penso però che prima di prendere qualsiasi decisione dovremmo saperne di più sull’incantesimo. Ricordate quando sono tornata io cos’è successo? Dobbiamo informarci. Quindi ora sparecchiamo e ci mettiamo subito a lavoro. – sembrano tutti d’accordo.

Soprattutto perché vedono i miei occhi così decisi.

 

Sapeste che tempesta vige ora dentro di me.

 

Devo pensare alla sua incolumità? Ai suoi sentimenti?

Se così fosse non potrei permettere che ricordi niente. E’ vero, ha fatto tanto cose di cui andare fiero. Di cui io stessa ne vado fiera.

Ma tutto il resto?

Quante persone avrà torturato ed ucciso nella sua vita da vampiro? Quanti uomini? Quanti bambini? Quante donne?

Di quante persone avrà sentito esalare l’ultimo respiro, tenendole ancora fra le braccia per prenderne quell’ultimo soffio di vita e sentirlo dentro, nel profondo, a riscaldare le membra fredde di una vita che ormai non esisteva più?

Un essere umano potrebbe sopportare tutti questi sensi di colpa? Tutto il dolore ed il sangue versato?

 

Oppure devo pensare ai miei sentimenti?

Potrei sopportare il dolore nel vedere l’indifferenza nei suoi occhi?

Sentirlo lontano perché ormai non condivide con me ricordi, seppur dolorosi, ma comunque importanti?

Potrei sopportare di vederlo andare via da me un’altra volta, perché, almeno da parte sua, non c’è nient’altro che lo leghi a me?

Devo essere così egoista?

O devo rassegnarmi all’idea di perderlo ancora? Questa volta definitivamente?

 

Intanto i ragazzi sparecchiano velocemente, nessuno ha più voglia di mangiare, né tanto meno di parlare.

Willow si alza per andare in bagno a sciacquarsi il viso ancora rigato dalle troppe lacrime, spese per un amore che non le riempirà più la vita e per un incantesimo che aveva lo scopo di aiutare un’amica, ma che si sta rivelando un altro fallimento.

La raggiungo velocemente e sulla porta del bagno l’abbraccio, calorosamente, come forse non ho fatto mai.

Poi le stringo forte il viso fra i miei palmi, il mio volto a qualche centimetro dal suo. Le nostre lacrime a quella stessa flebile distanza.

- Will, voglio che tu sappia che io non sono arrabbiata con te. Come potrei? Hai rischiato tutto per ridarmi una felicità che avevo ormai definitivamente smesso di cercare. E per questo te ne sono grata. Non importa quello che succederà, non importa se dovrò soffrire ancora. Davvero. Non importa. So che tu lo hai fatto solo per me. Per vedermi di nuovo felice. Per farmi tornare a vivere. L’ho capito Will, e ti ringrazio per questo.-

Lei ha coperto le mie mani con le sue per rendere quel contatto ancora più forte.

- Oh Buffy, io non sapevo. Davvero. E sono felice che tu lo abbia capito, non sai quanto. Grazie…grazie.-

E ci siamo abbracciate ancora, riscoprendo ancora un’amicizia, forse scalpita da brutti ricordi e scelte sbagliate, ma ancora forte e solida. Che ora come ora mi dà tanto conforto.

 

Ci siamo divise perché la scena stava diventando troppo tragica, ridendo insieme all’idea. Lei si è chiusa in bagno ed io ho detto a tutti che uscivo a fare due passi, prendendo velocemente il cappotto e dileguandomi fra visi interrogativi che mi sbirciavano dalla cucina.

Appena fuori, ho respirato a pieni polmoni l’aria fresca, come se la mia casa fosse diventata una prigione dorata che non mi permette di respirare tranquillamente.

 

Ho alzato il viso cominciando a camminare e i miei occhi si sono inchiodati in un lago ghiacciato, che sa darmi ugualmente tanto calore.

 

- Ho chiesto alla reception dove abitavi. Ed eccomi qua. Volevo vederti.-

13° Capitolo

 

Abbiamo cominciato a camminare per le vie di Roma, senza parlare, senza sfiorarci.

Una volta avevo paura del silenzio, di quello che nascondeva.

 

Ma ora…

 

Ora non mi spaventa più. So che questo non è un silenzio ricco di imbarazzo, o di rabbia. So che ora siamo finalmente liberi di camminare uno a fianco dell’altro senza dire niente, essendo semplicemente noi stessi, e godendo uno della presenza dell’altro.

 

Non c’è nient’altro da dire.

Se non che io mi sento ancora una nullità.

 

C’è una pesantezza sul mio cuore, che quasi mi soffoca. Cerco di ignorarla, di nasconderla a me stessa, ma sono tentativi vani.

Lui è stato del tutto sincero con me. Ha messo da parte le sue paure, le sue angosce, e ha aperto il suo cuore.

 

Io cos’ho fatto?

 

L’ho abbracciato in silenzio, l’ho consolato, gli ho offerto il mio aiuto. Ma lo sto davvero aiutando? E’ questo quello di cui lui ha bisogno? Menzogne? In fondo io so cosa gli è successo. Ora lo so.

Eppure cammino al suo fianco stasera senza parlare, godendo del suo calore, del suo amore.

Perché è sempre stato così. Non c’era bisogno di baci, carezze, o amplessi sessuali acrobatici. Poteva anche solo camminare al mio fianco.

Ed io sentivo il suo amore.

 

- E’ una bella serata, vero? – mi fa lui con l’aria innocente.

- Si, bella. Anche se un po’ malinconica. – gli faccio io soprapensiero e più cupa di quanto cerchi di sembrare.

- Non sono le serate ad essere malinconiche. Ma siamo noi a renderle tali, nella speranza di avere qualcosa a farci compagnia con il nostro stesso umore. – mi dice lui con una naturalezza inaspettata.

Io aspetto un po’ a rispondergli, dato che per l’ennesima volta mi fisso sul suo bel profilo e mi chiedo quando sia diventato così saggio.

 

Lui forse si accorge dei miei pensieri e guardandomi mi sorride nel suo solito modo, inclinando un po’ la testa in un gesto per lui così naturale, che esprime tutta la sua sincerità istintiva. Quel modo che gli illumina il viso e rende i suoi occhi ancora più azzurri.

 

Quel modo che, e me ne rendo conto solo ora, mi ha fatto innamorare.

 

Io gli sorrido di rimando, più per imbarazzo che per altro.

I miei sentimenti per lui sono diventati così limpidi e chiari negli ultimi mesi, che ancora me ne vergogno.

Soprattutto con me stessa.

Decidiamo insieme di fermarci su una panchina a parlare un po’. Poi alla fine nessuno dei due si siede, e ci appoggiamo entrambi, uno al fianco dell’altra, ad un muretto.

 

Sono io a cominciare:

- Hai detto che volevi vedermi. Perché? –

- Bhè sai, dopo quello che è successo stanotte, io … insomma volevo sapere cosa avevi pensato. Tu in fondo non mi hai detto niente. Ma non fraintendermi, ti sono grato per essermi stata accanto ed avermi consolato. Non sai quanto ne avevo bisogno. Ma ora…-

- Io …, William sai benissimo che ci sono cose che non sai, e che ti legano alla mia vita, inesorabilmente. Ma, bhè, penso che sarebbe meglio aspettare. Vedere come evolve la situazione. Capisci? – gli ho detto con la faccia spaventata.

- Capisco che tu hai paura della mia reazione. E capisco che tu sai tutto quello che io vorrei sapere, ma non vuoi spaventarmi, perché si tratta di qualcosa di terribile. –

 

Per un istante mi sono sorpresa di questa sua risposta cruda, quasi arrabbiata, ma soprattutto della sua perspicacia. Poi ho sorriso tra me e me di questo mio stesso pensiero.

 

Come mi sentirei io al suo posto?

Ferita?

Tradita?

Indifesa?

 

Lui sa che c’è qualcosa di terribile che lo riguarda, qualcosa che non potrebbe accettare. Ed è sicuro che solo io potrei illuminarlo. Ed abbatterlo allo stesso tempo.

E’ stato forse in quel momento che ho deciso cosa avrei fatto.

Io lo amo.

Questa non è più una cosa da nascondere, o da ostentare. E’ semplicemente così.

Ed io devo salvarlo.

A discapito di tutto.

A discapito di me stessa.

A discapito di quello stesso amore che mi ha tenuto in vita in questi mesi.

Se salvarlo significherà accettare la sua dipartita, io lo accetto. Sono pronta.

Ma non deve più soffrire. Mai più.

 

- William, hai ragione. Ci sono tante cose che dovrai sapere. Ed accettare. Ma non sarò io a dirtele. Sarebbe difficile, complicato. E forse ti sembrerei una pazza. Ho parlato con una persona che ne sa molto più di me di magie e fenomeni paranormali, e lui ha detto che possiamo aiutarti con lo stesso mezzo che ti ha riportato qui, la magia. Abbi fiducia in me, e presto tutto ti sembrerà chiarissimo.- ho detto con la voce ferma e sicura di chi sa quello che sta dicendo.

 

Lui non ha battuto ciglio, forse si aspettava questa risposta da me.

- Scusami Buffy, non volevo essere così irritato e risponderti in quel modo. Ma tu per me sei l’unica ancora di salvezza, l’unica persona che mi dà sicurezza, che mi fa sentire reale. E non solo un miraggio. Da quando mi sono ‘risvegliato’ a Londra, è come se avessi vissuto in un limbo tra la ragione e la follia. Sapere di avere una lunga vita alle spalle, fatta di amori, odi, scelte, e non ricordarne niente. Sentirsi sbagliato, perché so, sento che in realtà non dovrei essere qui, è una sensazione terribile. Ed ora che mi sei accanto tu, ora che so che mi sto avvicinando inesorabilmente alla verità, ne sono spaventato e sollevato allo stesso tempo. Io devo sapere Buffy. Altrimenti credo che impazzirò. -

I suoi occhi…oh, i suoi occhi si sono trasformati in due pozze di lacrime. Ed io l’ho sentito così giusto.

 

E’ così giusto tutto questo.

 

Lui sta soffrendo, ed io vorrei strappargli un po’ di quella sofferenza e tenerla per me.

Ma averlo qui con me adesso, vedere i suoi bellissimi occhi, sentire il suo respiro affannato, è un’emozione così profonda, così giusta, che mi sconvolge.

 

Non ho resistito e, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime come i suoi, mi sono messa di fronte a lui ed ho preso il suo viso così perfetto, e così segnato dalla sofferenza, e l’ho strinto tra i palmi delle mie mani.

L’ho portato vicino al mio, ad un soffio dalle mie labbra.

- No, non dirlo. Non è sbagliato che tu sia qui. Io ho vissuto la mia vita nella ricerca di qualcosa che mi è sempre sfuggita. E per la rabbia di quella rincorsa, quando l’ho trovata l’ho scacciata via in malo modo. Tu sei qui perché devi vivere. Devi vivere una vita che hai sempre meritato. Forse più di me. Io potrei accettare di saperti lontano da me, ma non potrei accettare di sapere che tu non stai godendo appieno di questa dono che hai sempre meritato. Tu vivi perché non c’è niente di più giusto di questo. Come non c’è niente di più giusto del mio amore per te. -

 

Lui ha messo le mani dietro le mie spalle, ed io ho vibrato al quel contatto. Poi ha avvicinato le sue labbra al mio viso ed ha baciato i miei occhi, raccogliendo tra le labbra le mie lacrime. E’ sceso lentamente accarezzando tutto il mio viso, fino ad arrivare alle labbra. Mi ha dato un leggero, casto bacio sulle labbra, che mi ha riempito il cuore di amore e sicurezza.

Io ho fatto scivolare piano le mani dal suo viso, e le ho avvolte intorno al suo collo.

Lui mi ha strinto più forte a se, ed abbiamo respirato ognuno nell’incavo del collo dell’altro.

Ci siamo abbracciati.

Quanto può essere dolce un abbraccio?

Quanto ti può rincuorare?

Come ho potuto farne a meno?

Questa è la prima volta che ci abbracciamo davvero. Ed è stato il momento più bello della mia vita.

 

 

Siamo rimasti in quella posizione per non so quanto tempo. E’ stato meraviglioso. Non mi sarei più mossa da lì, avrei aspettato l’ultimo mio respiro in quella posizione, se fosse stato possibile.

 

Così, abbracciati. Isolati dal mondo. Godendo l’uno del supporto dell’altro. Del suo odore, del suo calore.

 

Poi ci siamo riscossi e abbiamo continuato la nostra passeggiata per le vie romane. Con le mani incrociate, scossi dalla forte emozione di poco prima, ed ancora restii a separarci del tutto.

Abbiamo parlato e scherzato di cose senza importanza, senza valore.

Come una vera coppia. Come un uomo ed una donna che si amano e che si stanno riscoprendo. Finalmente.

Ci siamo accorti con tristezza che la serata stava volando via, ed io dovevo tornare a casa. Siamo arrivati davanti alla porta del mio palazzo e la mia voglia di averlo ancora accanto ha parlato al posto mio.

- William ascolta, che ne dici se entri con me? Dentro ci sono le persone più care che ho al mondo, e che tu in passato hai conosciuto. Potresti ricordare i loro volti. Che ne dici? –

- Bhè non so, non vorrei spaventarli, hai già parlato loro di me? –

- Certo che ne ho parlato! Dai, vieni con me! – e l’ho trascinato all’interno di casa mia.

Appena entrati, nel salone c’erano solo Willow e Xander che guardavano la televisione e che mi davano le spalle. Io li ho salutati entrando e si sono entrambi girati verso di me.

Sono rimasti immobili.

Gli occhi e la bocca sbarrati. In silenzio.

Ed io mi sono subito pentita di aver fatto questa mossa forse un po’ troppo azzardata.

Dopo qualche lunghissimo secondo, è arrivata Dawn dalla cucina e, appena ha riconosciuto Spike, ha lanciato un urlo, lanciandosi tra le sue braccia.

Sembrava una scena tragi-comica. Dawn aveva il viso affondato sul suo petto, e William stava dritto e teso e le dava leggeri colpetti sulla spalla per smorzare i suoi tenui singhiozzi.

Fortunatamente la scena si è ripresa dopo poco, quando è arrivato anche Giles e con Xander e Willow hanno salutato William, offrendogli ognuno la mano per presentarsi. Dawn continuava a guardarlo come abbagliata.

William dal canto suo rimaneva tranquillo a rispondere alle domande stupide e superflue che i miei amici gli rivolgevano.

 

Poi è successo qualcosa che non avevo preveduto.

William ha cominciato ad impallidire. Mi ha lasciato di scatto la mano ed è corso a nascondersi in un angolo buio della stanza, scosso dai fremiti e singhiozzi.

Io mi sono spaventata e l’ho seguito, ma lui continuava a tenermi alla larga ed ha lanciare insulti a noi tutti, dicendo frasi sconnesse e senza senso.

 

Tremava e piangeva.

Ed il mio cuore con lui.

In un momento in cui è sembrato quietarsi, mi sono avvicinata e l’ho stretto fra le braccia, cullandolo dolcemente.

Lui è entrato in una specie di catalessi ed io l’ho trasportato di peso su nella mia stanza, Willow mi ha seguito con uno dei suoi tranquillanti ed un bicchiere d’acqua.

Una volta steso, gli ho fatto prendere la pillola e sono uscita dalla stanza solo quando ero sicura che stesse dormendo.

Sono scesa ed ho telefonato all’albergo avvisando che William non sarebbe rientrato perché non si era sentito bene. Fortunatamente mi ha risposto Marika, e non mi ha fatto molte domande.

 

Poi mi sono girata e quattro paia d’occhi mi guardavano curiosi.

 

- So quello che state pensando, e vi precederò. William ha avuto una delle crisi di cui vi ho parlato, sarà stata scaturita da voi, e da ricordi che molto probabilmente gli saranno riaffiorati alla mente. Stasera ho parlato con lui, vuole sapere, vuole ricordare. Ma noi non possiamo permetterlo. Se lui dovesse ricordare tutto impazzirebbe. Sicuramente. Quindi stasera ci metteremo a lavoro per trovare l’incantesimo che servirà a non fargli ricordare nulla della sua vita da vampiro e di tutto il resto. Non voglio commenti, né proteste. Si fa come ho deciso io, dato che si parla della vita dell’uomo che amo. Quindi ora, senza proferire parola, ci mettiamo tutti a lavoro. Voglio trovare quell’incantesimo il prima possibile. –

14° Capitolo

 

Nessuno ha replicato le mie parole. Non ce ne sarebbe stato bisogno, né motivo.

Ci siamo messi tutti a lavoro, chi sui libri, chi al computer, a cercare qualsiasi informazione e speranza su un incantesimo che potesse aiutarci.

 

Dopo qualche ora, i miei occhi erano stanchi e si ribellavano alla stanchezza mentale più che a quella fisica.

Mi sono alzata e sono andata alla finestra ad inspirare aria fresca, per liberare i pensieri e cercare di sentirmi più leggera. Non ha funzionato granché.

 

I miei pensieri sono in una stanza al piano di sopra, che accompagna i sogni, forse molto tormentati, di un uomo che mi ha cambiato la vita, non ostante tutto.

E’ strano pensarci ora, a distanza di tanto tempo. Eppure dal primo momento in cui lui è apparso nella mia vita, l’ha cambiata.

Inesorabilmente.

E’ stato un nemico temibile, che mi ha spaventato con la sua mania di uccidere cacciatrici.

E’ stato anche un alleato, seppur per un breve momento.

Poi è diventato uno scocciatore, che mi stava sempre tra i piedi.

Ma, man mano che passava il tempo, si è preso sempre più spazio nella mia vita.

A volte a piccoli passi. Altre con vere e proprie spinte, e si è insinuato in essa.

Ed io non ho potuto evitarlo.

Quando mi capitava di pensare a lui, mi chiedevo sempre come fosse possibile che lui a volte fosse così… umano.

Si, umano è la parola giusta.

Era così singolare come vampiro. Amava le cose terrene, provava sentimenti tanto profondi, quanto ossessivi.

Soffriva.

Ed ora che è davvero umano? Sarà sempre lo stesso? Il demone lo aveva cambiato davvero così poco?

Questa sensazione è come se mi spaventasse.

La paura di non ritrovarlo com’era. Di cominciare a riscoprirlo, a riconoscerlo, e di trovarlo mutato.

Diverso. Più “umano”. Più fragile. O forse più forte.

Inconsciamente forse la mia paura è che lui si distacchi da me, che si renda conto che io non sono più la sua ancora di salvezza. Se mai lo sono stata.

Stiamo facendo ricerche, ci stiamo impegnando per trovare un incantesimo.

E lo troveremo.

Prima che sia troppo tardi.

Perché è sempre stato così.

Abbiamo lottato, abbiamo perso alcune battaglie.

Ma alla fine abbiamo sempre vinto la guerra.

E sarà così anche questa volta, troveremo quell’incantesimo e gli faremo dimenticare tutto.

E non soffrirà più.

E non piangerà più.

E riposerà, come non ha mai riposato.

E, forse, non mi amerà più.

 

 

L’aria fresca che respiravo dalla finestra non mi ha poi aiutata più di tanto. Sento il bisogno di muovermi, di darmi da fare, di non pensare.

Di sentire il suo calore.

Già, sento di non poter più fare a meno di quello.

Per un momento ho pensato di uscire a fare una passeggiata, questa volta da sola.

Poi, però, le mie gambe hanno cominciato a salire gli scalini, contro la mia volontà.

Sono arrivata nel corridoio, e mi sono quasi aggrappata alla porta della mia stanza, dove lui ora dorme.

Ho poggiato le mani sul legno ruvido, cercando di non far rumore, e mi sembra quasi di poter sentire il suo respiro irregolare, affannato. Mi sembra quasi di poter sentire il suo calore a quella distanza, proprio come successe tempo fa…

Ho poggiato la fronte alla porta.

Sono esausta.

- Ti prego perdonami, William. –

Non so per cosa esattamente, ma ho tanto bisogno di essere perdonata.

L’ho detto sottovoce, più rivolta a me stessa che a lui, ma in quel momento ho sentito la sua voce che in modo flebile e stanco mi chiamava e mi invitava ad entrare, così ho aperto la porta.

Era al buio, la finestra era aperta e la luce di una meravigliosa luna piena gli illuminava il volto.

Lui era steso nel letto, la coperta che lo copriva fino alla vita, e il capo girato verso di me.

I suoi occhi rivolti verso di me.

Due fari che mi illuminavano nel buio.

Una visione.

Sono rimasta a contemplarlo per un po’. Lui si è accorto di questo e ha accennato un piccolo sorriso socchiudendo gli occhi.

Dio…

- Vuoi restare lì impalata ad ammirami per tutta la notte? –

- Non montarti la testa! Anche se non sarebbe una cattiva idea! –

Abbiamo sorriso insieme, e lui ha dato qualche colpetto al materasso per invitarmi a sedere con lui.

- Come stai? –

- Meglio, e scusa per la scenata di prima. In realtà non ricordo nemmeno quello che è successo, ma scusa ugualmente. –

- Non c’è niente di cui scusarti, è colpa mia. Non dovevo portarti da me, è stata una mossa troppo azzardata. Pensavo che ti avrebbe aiutato, invece… -

- No, ti sbagli. Mi ha aiutato. E molto. Se nonché adesso sto dormendo nel tuo letto! –

Com’è bello vederlo sereno. Ridere con lui, parlare, scherzare e accarezzarci.

Cose normali che fanno parte della quotidianità delle persone.

Ma non della mia.

Sto avendo così tanto in questi giorni, ho accanto un uomo normale, ma con la bellezza di un vampiro, è proprio il caso di dirlo, con cui vivo questi momenti fatti di normalità.

Semplice e pura.

E non importa se potrebbero finire da un momento all’altro.

Per il momento ho proprio intenzione di godermeli.

 

Dopo un altro po’ di simpatiche freccette sono finita nel letto accanto a lui, e ci stiamo persino ammazzando dal ridere con il solletico.

Mi sembra quasi di guardarmi dall’alto. Non posso essere io la persona che sta vivendo questa storia, dev’essere una qualche dimensione infernale che mi farà tornare bruscamente con i piedi per terra tra qualche giorno.

Bhè, in effetti la vita è questo.

Un inferno che può anche darti momenti felici, solo per la gioia di vederti crollare quando questi sono finiti.

O almeno la mia vita è stata così.

- Buffy, cosa faremo ora? – mi spaventano questi suoi sbalzi d’umore repentini, sembra me.

- Potremmo continuare a giocare come due stupidi, oppure parlare seriamente di quello che sta succedendo… . Ok, vada per la seconda! –

- Mi hai detto che tu e i tuoi amici cercherete di risolvere tutto, e mi fido. Ma cosa facciamo nell’attesa? Forse dovrei mettermi al lavoro anche io con loro. O fare sedute di yoga. O prendere a pugni qualcosa. O fare sesso sfrenato con te…- come amo il suo sopracciglio alzato…sì, è stato quello che mi ha fatto perdere la testa!

- Bhè effettivamente…io sono propensa per lo yoga! Fa sempre bene all’anima un po’ di meditazione! - chissà se sono stata convincente!

- Si, certo. Raccontatela. Tornando seri, dovrei fare qualcosa. Tipo chiamare il professore, sapeva che c’era qualcosa che mi legava a te, ne abbiamo parlato ieri, quindi non penso che sia così preoccupato. Però bisogna informarlo, decidere il da farsi. Tra poco più di una settimana torneremo tutti in Inghilterra, ed io…-

- Stai scherzando vero? Non puoi tornare in Inghilterra, quello non è il tuo posto. Il professore capirà, ne sono sicura! –

- Forse hai ragione, dovrei andare a parlarci, spiegargli tutto. –

- William ora è tardi, dormi per un po’. Domattina andremo insieme! –

- Solo se stanotte resti con me. –

- E dove credi che possa dormire? E’ pur sempre la mia stanza questa! Ora faccio un salto giù ad avvisare i ragazzi che stai meglio, e a dir loro di riposare un po’. Arrivo tra un po’. –

- Ok, ti aspetto. –

 

Quando sono risalita, lui era già nel mondo dei sogni.

Sono rimasta sulla soglia per un po’ a guardarlo.

Non mi stancherei mai di farlo, eppure la stanchezza si fa sentire.. . Soffoco uno sbadiglio e mi infilo nel mio pigiamino con le paperette, certo non sarà molto sexy, ma mi permette qualsiasi movimento. Intanto sento il suo respiro regolare alle mie spalle, e questo mi riempie di serenità.

Faccio un salto veloce in bagno, e dopo poco mi infilo sotto le coperte, cercando di non svegliarlo.

Lui sente qualcosa e si agita nel sonno, poi mi circonda le spalle, ed io mi appoggio sul suo petto, cullata dai battiti del suo cuore, e riscaldata dai suoi respiri…

 

Mi sono svegliata di soprassalto, mi sentivo infreddolita.

Eppure le coperte erano al loro posto sulle mie spalle, e il pigiamino caldo mi avvolgeva il corpo.

Ah… lui non c’era.

Ho sentito un vuoto improvviso e incolmabile nel cuore. Come quelle protagoniste sfigate dei romanzi che finiscono per ritrovarsi sempre sole senza motivo.

Poi, quando il buio della stanza è diventato meno buio, e le mie facoltà hanno ripreso a funzionare, ho captato il rumore dell’acqua nella doccia, e una calda voce maschile che canticchiava un motivetto per me sconosciuto.

Ho sorriso tra me e me, aspettando il suo arrivo.

Che è avvenuto da lì a poco.

E’ uscito dal bagno, ed io ho fatto finta di continuare a dormire. Poi, lui ha cominciato a chiamarmi piano e con dolcezza, e a me sembrava di essermi risvegliata in Paradiso…

Ho sorriso lentamente ed ho aperto piano un’occhio.

- Dài, principessa, alzati! – ha detto, dandomi un bacio sulla fronte.

Mi sono messa seduta, e lui intanto ha aperto un pò le tende. La luce lo infastidisce ancora un pochino.

E così ho potuto vedere tutta la sua figura che si stagliava davanti alla finestra.

Aveva solo un asciugamano a coprirgli la vita, e i capelli che facevano cadere lunghi goccioloni d’acqua sulle sue spalle. I suoi occhi brillavano di una luce sconcertante.

Sembrava una di quelle pubblicità di bagnoschiuma, con quei modelli bellissimi come testimonial per farti morire d’infarto ogni volta che li vedi.

Io quel modello lo avevo di fronte a me!

Lui ha sorriso nel suo solito modo, perché sapeva che mi stavo godendo lo spettacolo, e io mi sono indispettita così tanto!

- Se rimani ancora lì impalato, mi inonderai la camera da letto! – gli ho detto con una stizza di rabbia, alzandomi a fatica dal letto.

Lui ha fatto una faccia un po’ stranita, ma poi con un balzo felino mi è arrivato alle spalle, e mi ha di nuovo buttato sul letto, schiacciandomi sotto il suo peso.

- Bhè, qualcuno dovrebbe asciugarmi… - ed io lì ho smesso di respirare.

L’ho baciato così, all’improvviso, senza che lui se ne potesse rendere conto. Ho insinuato la mia lingua prepotentemente nella sua bocca, giocando con la sua. Danzando.

Lui non si è lasciato perdere l’occasione, e ha cominciato a correre veloce sul mio corpo con le sue grandi mani. Su e giù. E poi ancora su.

Avevo la mente così annebbiata che non riuscivo più a pensare.

Dawn, i ragazzi, potevano entrare da un momento all’altro e scoprirci. O sentirci.

Ma il mio corpo si era già fatto cera fra le sue mani esperte, ed io non ne avevo più il controllo.

Abbiamo fatto l’amore così. Come cani selvaggi. Come umani innamorati.

 

La mattina è trascorsa velocemente. Abbiamo fatto colazione con gli altri, poi siamo usciti insieme, lasciando gli altri sui libri.

Il viaggio in macchina è stata la cosa più strana che abbia mai vissuto.

Io che guidavo per andare al lavoro, e un uomo, il mio uomo, accanto a me. Illuminato dalla luce del sole, ma con un sorriso che superava di gran lunga quello splendore, che mi parlava del più e del meno, e che cambiava continuamente stazione alla radio.

Una cosa normale e quotidiana, per la maggior parte delle persone.

 

Una volta in albergo, siamo subito andati nella stanza del professore, e siamo entrati mano nella mano.

Lui ci ha guardati sorridendo e non ha preteso molte spiegazioni. E’ un brav’uomo.

Poi William è stato un po’ con i suoi amici, a parlare, mentre io lavoravo.

Ogni tanto lo guardavo ridere e scherzare con gli altri, e mi sembrava la cosa più bella su cui i miei occhi si fossero mai posati.

Capitolo 15

 

 

Il professor Stevens è stato davvero più che gentile.

Quella sera, prima di andare via ha chiamato William nella sua stanza e gli ha consigliato di tornare un attimo a Londra per prendere le sue ultime cose e trasferirsi definitivamente qui a Roma.

Mentre lo diceva gli ha anche dato un biglietto aereo per il giorno dopo, e lo ha abbracciato.

Si sono emozionati entrambi, ed anche a me è caduta una lacrimuccia.

William non finiva più di ringraziarlo e di dirgli quanto lui fosse stato fortunato ad averlo incontrato.

Si sono promessi di continuare a sentirsi, e poi siamo andati via.

Una volta a casa, abbiamo preparato la cena, e Wlliam era piuttosto silenzioso mentre guardava programmi senza senso alla tv.

I ragazzi non hanno fatto ricerche davanti a lui, dato che non dobbiamo fargli capire che in realtà stiamo cercando un incantesimo per evitare che ricordi, e non uno per fargli tornare la memoria.

 

Abbiamo cenato tranquillamente e poi ci siamo ritirati nelle nostre stanze.

William non ha parlato molto, e una volta a letto si è subito addormentato.

L’incontro con il professore deve averlo messo in ansia.

La mattina dopo l’ho accompagnato all’aeroporto, e l’ho abbracciato forte prima di farlo andare via. Lui continuava ad essere scosso.

 

***

 

Questi due giorni senza William sono stati un inferno.

Ci siamo sentiti un paio di volte per telefono, e lui sembrava piuttosto tranquillo.

Io invece ero sempre agitata e nervosa.

Willow mi ha detto proprio ieri che sono a buon punto con l’incantesimo.

Fra un po’ avranno tutti gli ingredienti che servono e potremo finalmente agire.

Mi ha spiegato anche un po’ come funziona.

Si tratta di una specie di pozione magica, da ingerire, che lo farà addormentare subito. Durante il suo sonno, Willow parlerà con lui, “costruendo” quella che sarà la sua memoria.

Abbiamo deciso che gli diremo che lui studiava all’università di Sunnydale, e che era nel nostro gruppo.

Poi, durante il terribile terremoto che ha distrutto la città, lui è entrato in coma e noi l’abbiamo fatto trasferire all’ospedale di Londra per paura che potesse morire, e per fargli quindi “vedere” la città un ultima volta.

Lui però si è risvegliato dal coma senza memoria, ed è scappato, cominciando a girovagare per la città in uno stato confusionale, senza ricordare nulla.

Le crisi erano solo un residuo dello shock avuto durante il terremoto.

 

Mentre Willow parlava sentivo l’ansia aumentare.

Tutto quello che mi stava raccontando sarebbero stati i nuovi ricordi di William fra un po’ di giorni.

Niente vampiri, niente apocalissi, niente anime, niente morte.

Solo una semplice vita umana, plasmata dai poteri della mia amica.

Spike sarebbe definitivamente morto, lasciando rinascere dalle sue ceneri William.

Il percorso inverso.

 

Willow ha notato il mio sguardo perso, e teso.

Mi ha spiegato che l’ultimo ingrediente che manca è un’erba speciale che stavano cercando di farsi arrivare da un posto sperduto di cui non ricordo il nome.

Senza questa erba, l’effetto della pozione sarebbe stato inverso, e cioè William avrebbe ricordato esattamente tutto.

Dalla sua nascita nella Londra vittoriana di fine ‘800, alla sua nascita come vampiro.

Avrebbe ricordato della sua spregevole famiglia, delle cose orribili che insieme avevano fatto. E poi di Sunnydale, del chip, dell’anima, del Primo… tutto insomma.

Avrebbe ricordato tutto. Solo un’erba a cambiare il suo destino.

 

Willow mi ha anche chiesto se ero sicura di quello che stavo facendo.

- Buffy ti vedo così felice in questi giorni. Stai avendo tutto quello che hai sempre desiderato. Sei sicura di volere che Spike non ricordi nulla? –

- Non chiedermi questo Will, davvero. Spike è morto. L’anno scorso, in un terribile terremoto. Ora c’è William, e lui non può pagare con il suo tormento tutto quello che ha fatto il vampiro. Ne morirebbe, anche se non ne ha colpa. Quindi ti prego Willow, non chiedermelo più. Trovate quell’erba e facciamo quello che serve.-

Non sono stata molto convincente, lei mi ha guardata ancora con l’aria perplessa.

 

No, non posso permettere che William ricordi tutto. Ne morirebbe, di nuovo.

 

Ora sono in aeroporto, e aspetto di vedere i suoi capelli ossigenati solo per metà. Mi prende un colpo quando riesco ad identificarlo fra la marea di gente che si spinge e si abbraccia.

I capelli sono tirati all’indietro, più corti e completamente ossigenati. Lo spolverino nero a circondargli il corpo, e a danzare con lui ad ogni suo passo.

 

E’ Spike. Ed io mi sento morire.

 

Lui si avvicina a me con un sorriso radioso ed un piccolo bagaglio a mano. Mi guarda colpevole indicando la sua borsa e mi dice:

- Non avevo molta roba!- io ricambio gentilmente il sorriso, ma sono ancora scossa da questa sorpresa dei capelli e dello spolverino. Lui non sembra dare importanza alla cosa e comincia a camminare davanti a me, raccontandomi del suo viaggio.

Io lo seguo ubbidiente e arriviamo così alla mia macchina.

Lo aiuto a mettere la sua borsa nel bagagliaio, e mi giro per andare al posto del conducente. Lui però mi ferma per le spalle e circonda un braccio intorno alla mia vita.

Sento il suo respiro che mia accarezza i capelli, e il suo braccio, sotto il mio seno, che mi possiede.

- Mi sei mancata, passerotto.- mi dice ad un soffio dal mio orecchio, solleticandomi il lobo ed accendendo mille scintille bollenti nel mio stomaco.

Poi, come se niente fosse, slaccia il suo braccio, e va a sedersi in macchina, con un ghigno divertito sul volto.

 

Oh…anche tu mi sei mancato. E chissà quanto mi mancherai…

 

Arriviamo a casa in poco tempo, non ostante il traffico romano, e appena dentro rimaniamo entrambi esterrefatti. Il divani del salotto sono stati spostati negli angoli più lontani, e nel mezzo della stanza spicca il grande tavolo, ricoperto di patatine, panini ed altre cose. Sopra di essi un grande cartello con su scritto “Welcome William” a caratteri cubitali, e due palloncini che circondano il cartello completando l’atmosfera festosa.

Dopo un primo momento di sorpresa da parte dei ragazzi nel vedere il nuovo look di William, Dawn ci corre incontro abbracciandolo. Poi, mentre anche gli altri seguono il suo esempio, chi con un sorriso sincero, chi con uno di circostanza, Dawn si avvicina a me e mi sussurra all’orecchio:

- Buffy ho pensato che gli avrebbe fatto piacere, così potrà sentirsi più a casa e rilassarsi, mi ha aiutata Willow, Xander e Giles non erano molto d’accordo, dicevano che era inopportuno. Io però non li ho ascoltati. Dici che ho fatto male?-

Io le ho detto che aveva avuto un pensiero molto dolce, e che William ne era rimasto colpito. In quel momento ci ha raggiunto Willow ed abbiamo cominciato a scherzare, prendendo in giro Dawn per i suoi modi ancora un po’ infantili.

 

***

 

La festa è stata davvero molto carina, abbiamo mangiato le cose preparate da Dawn, e abbiamo riso e scherzato. Ad un certo punto Xander ha messo su persino un karaoke improvvisato, e tutti abbiamo avuto il nostro momento di gloria, cantando vecchi successi.

Anche William, istigato dal senso di familiarità che oggi si sente in casa, si è fatto coraggio ed ha cantato una canzone dei Nirvana, Come as you are se non ricordo male. Una canzone molto bella e triste, che lui ha interpretato con la sua voce profonda e sensuale.

Non ha staccato per un attimo gli occhi da me mentre cantava, ed io ne sono stata lusingata, non provando un minimo di imbarazzo, o fastidio. Lui l’ha capito e mi ha sorriso, poi, quando è tornato sul divano seduto vicino a me, mi ha strinto forte la mano.

Tutti hanno visto, ed hanno capito i nostri segnali, ma non ho cercato di constatare la loro reazione, non mi interessa.

 

 

Quando poi la serata era già inoltrata, abbiamo acceso un po’ la tv, mentre mettevamo in ordine il casino che avevamo fatto. Il mio occhio è caduto sul telegiornale che la tv stava trasmettendo. Era in italiano, e non ho capito molto, ma le immagini parlavano chiaro. Una ragazza, scomparsa qualche giorno fa, è stata trovata giù in un burrone dissanguata, e con due fori sul collo.

Non mi sono neanche accorta che William era dietro di me e stava guardando le stesse immagini.

Mi sono avvicinata velocemente al televisore, spegnendolo e rivolgendogli un sorriso falso.

 

Dopo poco, io, Willow e Giles eravamo nella cucina a parlare della notizia sentita in tv.

Sento ancora quall’ansia attanagliarmi lo stomaco.

La paura invaderlo.

E la consapevolezza farsi strada dentro me.

Bisogna uscire di ronda.

Anche qui.

Mentre ne parlavamo, una frase è uscita dalle labbra di Giles che mi ha freddato all’istante:

- Chissà se William ha capito di cosa si tratta guardando la televisione, ed ha sospettato qualcosa. In fondo, fino a poco tempo fa, lui era uno di loro.-

Non ho fatto in tempo a rendermi conto di quelle parole così crudeli ed inopportune in questo momento.

Ho sentito una rabbia cavalcarmi dentro, che forse non sarei riuscita a reprimere facilmente, se l’espressione terrorizzata di Willow non mi avesse fatto girare verso la fonte di quello stupore.

William era dietro me e Giles.

Un’espressione indecifrabile sul volto, madido di sudore e sgomento.

Ha lasciato cadere i bicchieri che aveva fra le mani e che stava portando in cucina, per poi precipitarsi verso la porta con gli occhi spalancati e colmi di lacrime, e uscire in strada, correndo verso un punto indecifrabile.

 

Io ci ho messo un po’ a riprendermi.

Ho guardato Giles, che era accanto a me, con un’espressione di puro odio sul viso.

Solo questo riesco a provare in questo momento.

Odio.

Non sono servite parole, il mio sguardo era abbastanza chiaro, tanto che lui ha dovuto abbassare il suo in segno di scusa.

No, non serviranno delle scuse per questo.

Non servirà il pentimento.

Se entro stasera io non riporterò William a casa sano e salvo, e se entro domani non riusciranno a trovarmi quell’erba magica, così da evitare dolorose spiegazioni, qualcuno la pagherà. E non starò a guardare il volto di quella persona, e l’importanza che potrebbe aver avuto per me in passato.

Sono stanca di essere comprensiva.

Stanca.

Capitolo 16

 

 

Uscì di casa correndo, non riuscendo neanche a respirare ansiosa com’ero di correre, di guardarmi attorno, di cercare, di sperare.

Le persone si susseguivano veloci davanti ai miei occhi indagatori, colmi di paura.

Il cuore batteva forte, tenendo il ritmo con il muoversi fugace dei miei occhi, alla ricerca dei suoi.

Sentivo l’aria mancarmi, la forza venirmi meno.

Speravo, pregavo il cielo rivolta ad un Dio che non ho mai sentito vicino, di farmi scorgere quei capelli, quelle spalle, quegli occhi, quel profumo.

Non riuscivo a pensare con razionalità, a riflettere. In una di quelle migliaia di strade immense c’era un uomo la cui esistenza si stava sgretolando, per l’ennesima volta.

Ed un vampiro, forse più di uno, che seminava panico in città.

 

Si sa, i vampiri sono attratti dalla paura.

Hai paura adesso, amore mio?

Io si, ne ho tanta. Ho paura dei tuoi pensieri che sicuramente ora si susseguono fugaci ed imprecisi nella tua mente. Ho paura della tua reazione, del tuo istinto e di quello che senti. Ho paura di ritrovare solo i pezzi di quell’anima che ha sempre brillato nei tuoi occhi, anche quando era oscurata dal demone.

Non distruggerti amore mio, non farlo.

Non distruggere quel cuore così pieno e pulsante di sentimenti che mi ha riscaldato nelle notti fredde, per il gelo che albergava nel mio cuore.

Io ho bisogno di te.

Di sentirti vivo tra le mie braccia. Di sentire il tuo cuore battere, e di farmi riscaldare dai tuoi respiri. Ho bisogno di vedere il tuo riflesso, e di specchiarlo con il mio.

Ho finalmente voglia di vivere, ma ad una condizione. Saperti vivo.

 

Continuavo a correre tra le strade, con la gente che mi guardava incuriosita.

Non so precisamente di cosa avessi paura in quel momento, quali erano le mie paure maggiori.

Vedevo immagini confuse che mi annebbiavano la mente, lui che veniva braccato da quei vampiri, lui che veniva ucciso, o lui che decideva spontaneamente di togliersi la vita.

O, peggio, lui che si faceva vampirizzare.

E allora scorgevo i suoi occhi che abbandonavano ancora la vita.

I suoi occhi così dolci ed espressivi, che in quel momento esprimevano solo dolore.

Perché in quell’istante lui si addormentava, ma come un incubo riviveva tutto davanti a suoi occhi, che colmi di troppo dolore, rimpianti e colpe si chiudevano prima del sospiro finale, come a voler cacciare quegli spiriti.

Eppure, anche con gli occhi socchiusi, mentre beveva il sangue di quello che sarebbe stato il suo nuovo, indegno sire, si scorgeva comunque il dolore lancinante, che deformava i suoi tratti decisi, bagnati dalle lacrime.

Questa scena, come una parodia di un film dell’orrore, era così pesante sulla mia schiena, che rallentai impercettibilmente la mia corsa, vinta dal dolore che quella potesse essere la realtà.

E i pensieri non riuscivano ad andare avanti, ad immaginare quello che sarebbe diventato, e quello che io avrei dovuto fare.

Non riuscivo, perché il dolore questa volta, era veramente troppo grande.

Come aveva detto Willow qualche giorno prima, alla fine, siamo solo esseri umani.

 

Mentre proseguivo la mia corsa, con gli occhi annebbiati dal dolore, e la testa pesante, il fiato corto, sentii delle urla provenire da una traversa buia.

Forse quel vampiro stava facendo la sua nuova vittima, che poteva non essere William, poteva trattarsi di una giovane donna, di una bambino, in quel momento terrorizzato di fronte a quei occhi intessuti d’oro e malvagità.

Entrai nella strada senza pensare. Eppure, che Dio mi perdoni, in quel momento volevo solo trovare lui. Sentivo di non avere né voglia, né interesse di salvare altri innocenti.

Ma il mio istinto di cacciatrice come sempre prese il sopravvento, e mi lanciai in quella lotta.

Tuttavia, quello che vidi in fondo a quella stradella, mi sorprese come poche cose nella mia vita hanno fatto.

Una donna, incinta, seduta in un angolo, che piangeva e tremava ripetendo come una nenia insopportabile:

- Polvere.. si è fatto polvere.. è polvere.. non esiste.. è polvere.. aiuto.. polvere.. –

Seguii gli occhi della ragazza per vedere, per scorgere qualcosa..

E nel buio vidi.. e il mio cuore si fermò..

William con un pezzo di legno fra le mani. Ricoperto di polvere.

 

Ecco, non riuscivo più a pensare, più a respirare.

Cominciai a correre verso di lui e mi gettai sul suo corpo steso, e fui felice di sentirlo caldo sotto il mio tocco, ma quello che vidi nei suoi occhi, mi dilaniò il petto.

William si alzò a fatica, sorreggendosi con il mio corpo, ed io lo abbracciai forte.

Ma lui non piangeva. Era immobile, il suo sguardo era immobile.

- William, come stai? Cosa è successo? –

- Buffy come hai potuto? Come hai potuto nascondermi una cosa del genere? Come hai potuto? Buffy…-

 

Sentire il mio nome, pronunciato con quella voce tremante, mescolato alle sue lacrime.. mi sconvolse.

Non ebbi il coraggio di dire niente. E cosa potevo dire?

Lo feci rialzare con la forza, facendolo appoggiare a me. Camminammo così. Le sue gambe che non lo reggevano, e lui che continuava a piangere e a tremare. Una persona si fermò per chiedermi se avevo bisogno d’aiuto. In un italiano stentato le risposi di no.

Com’è facile fingere.

Dio solo sapeva quanto avevo bisogno d’aiuto in quel momento.

Non riuscivo più a sentire niente. Perché il dolore mi stava consumando.

Vedere il suo volto, trasformato dal dolore, fu una tortura.

 

Arrivammo così a casa, e Willow corse ad aiutarmi per portarlo di sopra. Lui si distese nel letto e mi cacciò via, rifiutando qualsiasi tipo d’aiuto che io potessi offrirgli.

Evitai di proposito lo sguardo di tutti, Giles compreso.

Rimasi semplicemente seduta sul divano, a guardare il vuoto.

Non riuscivo neanche a pensare.

Non sentivo nemmeno il mio cuore battere.

Chissà se adesso, alla luce di tutto quello che è successo, batte ancora.

 

Dopo una mezz’ora, forse di più, cominciai a sentire dei rumori in camera mia, William si era alzato.

Salii lentamente le scale per raggiungerlo, timorosa di essere sbattuta fuori dalla sua stanza a calci.

Lo trovai vicino alla finestra, lo sguardo rivolto alla luna, e un’espressione assente sul volto. Non si girò nemmeno sentendo i miei passi e la mia voce che lo chiamava piano. Cominciò a parlare, la voce priva di qualsiasi sentimento.

- Quante urla ho sentito in tutta la mia vita, Buffy, quante? Quanti respiri smorzati, quanti sorrisi spenti, quante speranze uccise? Quella donna era incinta, ed io l’ho capito prima di scorgere il suo pancione arrotondato. Era come se riuscissi a sentire il piccolo cuoricino del feto battere, ed insieme a quel piccolo rumore, sentivo il ritmo, molto più veloce, di quello della madre. Ed è stata una sensazione orribile. Come sentire un martello nella testa, bum bum bum, sembrava volesse fracassarmi il cranio. Non l’ho sopportato, e mi sono lanciato su quell’uomo. Uomo.. era un uomo quello? Aveva qualcosa di… umano? Sapevo che lui sentiva lo stesso pulsare che sentivo io nelle orecchie, e l’ho odiato per questo, perché lui ne traeva qualcosa di.. eccitante. L’ho sentito. Ho sentito quell’eccitazione. Quella voglia di sentire quel cuore battere solo per la gioia di poterlo spegnere, e sentire dopo poco il cuoricino del feto morire. Forse avrei provato anche io gioia nel sentirli spegnere sotto le mie mani.. Così mi sono buttato su di lui, e abbiamo lottato, ma io ero accecato dal.. dolore. Chissà se questa sensazione è dolore. Chissà se sono capace di provare dolore, i mostri non soffrono. Forse è solo consapevolezza questo pugno che sento sullo stomaco. Ora so ciò che ero. Ora lo sento. Prima, mi sono svegliato di soprassalto. Sentivo di essermi trasformato. Sentivo la pelle della fronte grinzosa e tesa. E lunghi canini sotto le labbra. Forse mi sono trasformato davvero… Io sono solo un mostro. Non ho il diritto di vivere alla luce del sole.. dovrei bruciare. E SMETTILA DI BATTERE NEL MIO PETTO, IO NON CE L’HO UN CUORE. –

 

Gridò all’improvviso, dopo aver come cantilenato tutte le altre parole. Io, in un primo momento mi spaventai. Poi, quando mi accorsi che continuava a graffiarsi il petto, corsi vicino a lui e gli presi le mani fra le mie. Lui si fermò all’improvviso, e girò lentamente il viso verso di me.

- Vai via. –

Lo disse piano, e molto lentamente.

Io non ressi il suo sguardo. Era così carico di sentimenti, rabbia, dolore, smarrimento, da sembrare sfigurato. I suoi occhi erano privi di quell’amore che mi riscaldavano fino a qualche ora prima.

C’era davvero troppo racchiuso in quelle iride azzurre. Troppo dolore.

E non seppi cosa dire, cosa fare. Non ne ebbi il coraggio. Mi sentì crollare davanti a quello sguardo.

 

Sì, è stato quello il momento in cui tutto mi è scivolato dalle mani. Inesorabilmente.

Ho perso la mia vita, la speranza, la gioia, in quel momento. Davanti al suo sguardo.

 

E uscì così dalla sua stanza. Sapendo che lui non mi stava seguendo con gli occhi. Sapendo che lui mi considerava già lontana.

Lo lasciai così, a farsi compagnia con la luna. A confidare a lei le sue pene. A confidare a lei il suo dolore, e non a me.

Non c’era più spazio per me in quella stanza, e chissà se ce n’era mai stato.

 

E’ forse quello il momento in cui ho sentito davvero di averlo perso. Tutto quello che è venuto dopo, è stata solo una prova. Una consolidazione.

Era tutto già scritto, ed io lo sapevo.

Ma continuavo a recitare la mia parte.

Capitolo 17

 

 

Quella notte la passai con Willow nella stanza di Dawn. Inutile dire che lei non fosse molto felice dell’assalto nella sua stanza. Eravamo anche piuttosto strette.

Ma William aveva bisogno di stare solo, ed io non avevo neanche il coraggio di affacciarmi alla sua stanza.

 

Quella sera avevamo parlato a lungo di quello che era successo. Giles si era scusato più volte, non ottenendo da me nessuna risposta. Dawn continuava a dire che non era giusto giocare con la sua mente, che non eravamo corretti. Ma dopo aver sentito le parole che lui sussurrando mi aveva rivolto nella mia stanza, capì che in quel momento William stava soffrendo troppo, anche se ancora non ricordava tutto.

 

Willow spiegò agli altri come funzionava la pozione magica che lui avrebbe preso. La storia dell’erba, e della memoria ricostruita. E ci disse anche che aveva telefonato nel pomeriggio, durante la festa, per sollecitarne l’arrivo.

 

Durante la festa..

 

Già.. quel pomeriggio avevamo festeggiato il ritorno di William. E prima ancora, all’aeroporto, lui mi aveva abbracciata per dirmi che gli ero mancata.

Mi sembrava un momento già lontano. Eppure era ancora così vivo.. quelle emozioni che avevo provato nel sentirmi amata, erano ancora così vive.

Forse, la cosa più dolorosa, era proprio il ricordo di quelle sensazioni, di quei momenti..

 

Quella notte fortunatamente riuscì a dormire. Un sonno senza sogni, calmo e necessario. Ma anche molto leggero.

Più volte avevo sentito la voce di Dawn che imprecava per il poco spazio, o i movimenti di Willow nel sonno.

Avevo anche sentito la porta della mia stanza aprirsi e chiudersi un paio di volte, ma non gli avevo dato importanza. Forse William non riusciva a dormire ed usciva dalla stanza per trovare un po’ di pace.

 

La mattina dopo erano tutti più rilassati della sera prima. C’era una strana calma nell’aria, un silenzio inquietante.

Facevamo tutti colazione coi visi sul proprio cibo, senza rivolgere parola a nessuno, dopo uno stentato buongiorno.

William non c’era. Xander era andato a chiamarlo nella sua stanza, ma lui aveva risposto di non avere fame.

Xand mi aveva anche detto di aver sentito dei rumori nella stanza, uno sfogliare di libri e un rumore di vetri, ma ancora una volta non detti importanza a quei segnali che cercavano di avvisarmi di quello che stava succedendo.

Andai a lavoro, chiedendo agli altri di non disturbare William per nessun motivo.

Willow mi disse che nel pomeriggio l’erba sarebbe arrivata, e in serata, al mio ritorno, la pozione sarebbe stata completa ed avremmo potuto agire.

Quindi, almeno per quel pomeriggio, potevo lasciare che lui rimanesse da solo, tranquillo.

Mentre, in macchina, accompagnavo Dawn a scuola, lei mi disse delle cose che continuarono a ronzarmi in testa per tutta la mattinata.

- Buffy, stanotte non sono riuscita a dormire, visto anche che tu e Willow non mi lasciavate spazio, ed ho pensato un po’ alla situazione che stiamo attraversando. Insomma, parliamo di questo incantesimo come se fosse la fine del mondo. Guardiamola da un punto di vista ottimista. William, l’uomo, rinascerà da questa sera. Non ricorderà tutto ciò che noi, come gruppo, abbiamo fatto, ma è anche vero che non ricorderà come alcuni di noi lo hanno trattato, non ricorderà che lo usavi come pupazzo per i tuoi desideri sessuali, e non ricorderà tutte le persone che sono morte tra le sue braccia, e..-

- Io non lo trattavo come un pupazzo..- le risposi a denti stretti.

- Si, certo. Dicevo.. insomma, vivrà come un ragazzo normale, e non è detto che ci lasci definitivamente. L’uomo che è in lui potrebbe anche innamorarsi ancora di te, potreste sposarvi, avere figli, e potremmo vivere tutti insieme. Come una famiglia normale! –

- Dawn, hai dimenticato felici e contenti! Ora va a scuola,e smettila di sognare ad occhi aperti! –

- Io vado a scuola, ma tu smettila di guardare il mondo attraverso fette di prosciutto ammuffite! –

 

Il suo ultimo commento mi divertì molto, e non nego di aver pensato a quello che aveva detto.

Alla possibilità che davvero questo incantesimo mi avrebbe avvicinata, e non allontanata da lui.

Questo pensiero però mi mise ancora più di cattivo umore, e tutti al lavoro lo notarono. Anche quando il professore si avvicinò per chiedermi come stava William, gli risposi a monosillabi.

Il problema è che non sono abituata a pensare in modo ottimista.

Devo sempre pensare al peggio, per poter essere preparata a quell’eventualità.

Se comincio ad immaginarmi futuri rosei per me e per chi mi sta vicino, ho paura di cominciare a sperare e, dopo, la delusione sarebbe ancora più grande.

 

Il lavoro, fortunatamente, mi diede abbastanza tregua quel giorno, e riuscì a sedermi al computer e perdere un po’ di tempo in quel modo.

Andai a vedere le ultime mail nella mia casella.

Willow che mi parlava dell’Africa, di Kennedy. Del suo sentirsi sola, anche in mezzo a centinaia di persone. E così cominciai a pensare all’inizio, lì a Roma. A quella solitudine che mi consumava, ai miei sogni, che non facevo più da ormai troppo tempo.

E in poco, ero già affogata nei ricordi.

Angel, e il suo amore distruttivo.

E poi Spike e Drusilla.

Acathla.

E Riley, l’Iniziativa e il chip.

E ancora Spike..

E poi Dawn, i monaci e Glory.

E mamma..

Che la sentivo così lontana.. eppure così calda nel mio cuore..

Io, sempre isolata nel mio dolore, volevo qualcuno che lo condividesse con me.

Cercavo qualcuno che mi capisse, che mi aiutasse.

Chiedevo solo comprensione.

Perché tutto, alla fine, si dissolveva.

E allora, in quel pomeriggio troppo assolato, chiedevo solo di avere un’altra possibilità. E chiedevo che nessuno me la portasse via, chiedevo che non si dissolvesse un’altra volta.

Volevo avere qualcosa di concreto fra le mani. Volevo stringerlo ed esserne strinta.

Volevo finalmente mettere un po’ di ordine dentro e fuori me stessa.

E volevo specchiare la mia vita nei miei occhi verdi, e amarla.

Si, desideravo amare la mia vita.

E, per un attimo, solo per uno, mi resi conto che quell’incantesimo era ciò di cui avevo bisogno.

Quello che serviva per ricominciare tutto da capo. William sarebbe rinato, e con lui rinascevo anch’io.

 

Persa in questi pensieri, mi addormentai sulla tastiera del computer e sobbalzai nel sentire la suoneria del mio telefonino che squillava allegramente.

Risposi al telefono con la voce impastata dal sonno e gli occhi ancora un po’ chiusi, ma stranamente felice.

Quella remota possibilità di futuro, mi aveva rallegrata inconsciamente.

Sul display avevo riconosciuto il numero di Willow e risposi chiedendo subito se l’erba fosse arrivata.

La voce di Willow mi arrivò a tratti e non riuscì a capire in un primo momento.

Però captai una forte paura, nervosismo e mi parve quasi di vedere il suo viso di porcellana contrarsi mentre mi ripeteva, quasi urlando:

- Buffy, lascia tutto e vieni a casa. E’ successa una cosa terribile.. William è scappato! –

 

Ed ecco che ancora una volta, il mio pessimismo vinceva la lotta.

 

Entrai in macchina senza neanche recuperare il cappotto.

Sentivo in lontananza il Signor Caroli che mi chiamava, ma non mi fermai.

Cominciai a guidare velocemente, zigzagando fra le auto.

Non sapevo cos’era accaduto veramente, sapevo solo che William era introvabile in casa mia.

Non riuscivo a fare ipotesi, come mio solito.

Non pensavo a niente. Il nulla.

Volevo solo arrivare il prima possibile fra le mura di casa mia, e capire cosa era successo. Perché William era scappato un’altra volta.

 

Entrai trafelata dentro casa, e riconobbi la stasi che avevo lasciato quella mattina.

Erano tutti seduti in soggiorno. I visi bassi e preoccupati. Un libro, e boccettine vuote sul tavolo.

- Cos’è successo?- lo chiesi in un soffio, inciampando anche con le parole.

Fu Willow ad alzarsi e venirmi incontro. Nel suo sguardo, mille parole.

- Buffy, tu ci avevi detto di lasciare William in pace nella tua stanza per questo pomeriggio senza disturbarlo, e noi l’abbiamo fatto. Non potevamo immaginare cosa stesse facendo.. mi dispiace! – la sua voce tremava e continuava a strofinarsi le mani.

- Willow, so bene cosa vi ho chiesto, non c’è nessun bisogno di ripeterlo. Ora voglio sapere dov’è William. O se sapete almeno il motivo per cui è scappato.- le mie parole ora uscivano distintamente dalle mie labbra troppo serrate dall’ansia che mi stava avviluppando.

- L’erba è arrivata qualche minuto fa con un fattorino. Così ho chiesto a Dawn di aiutarmi a prendere il libro di magia e tutti gli ingredienti, per preparare finalmente la pozione e poterla utilizzare su William al tuo ritorno. Solo che Dawn mi ha chiamata dicendo che il libro e gli ingredienti erano scomparsi dal cassetto dove li avevo riposti. Così abbiamo cominciato a cercare.. ma non li abbiamo trovati..-

Un dubbio, piccolissimo, si stava insinuando nella mia mente..

– Continua. -

- Così.. mi è venuto un dubbio.. sono andata di sopra, ed ho bussato alla porta della tua stanza, chiamando William con una scusa.. ma non mi ha risposto nessuno.. così sono entrata e.. ho visto il libro sul letto, e le mie boccettine vuote, la finestra aperta.. e lui non c’era..-

- Willow.. cosa stai cercando di dirmi? –

- Buffy, William ha fatto da solo l’incantesimo per recuperare la memoria. Ed è scappato.-

Capitolo 18

 

 

Non mi precipitai fuori, correndo per le strade di Roma, a cercarlo.

Sentivo che non ce n’era bisogno.

Mi sedetti. Le mani giunte sul mio grembo. Lo sguardo spento, il viso tirato. Gli altri mi guardavano in modo comprensivo e addolorato. Volevano in qualche modo aiutarmi. Forse lenire la mia sofferenza.

Ma io non soffrivo.

Mi chiedevo, semplicemente, perché.

Perché quando cercavo di fare qualcosa che avrebbe potuto lontanamente aiutarmi, tutto cambiava rotta e gli avvenimenti prendevano il sopravvento.

 

Rimasi in quella posizione per non so quanto tempo. Minuti, ore, giorni.

Gli altri cercavano di parlarmi, di aiutarmi, di darmi conforto. In qualche modo.

Conforto.

La mia anima non poteva avere conforto. O pace.

Quella pace che per pochi istanti aveva sfiorato la mia vita, rendendo la sua mancanza più dolce e amara allo stesso tempo.

Ero destinata alla rincorsa, allo sfinimento, al rimorso.

 

Mi riscossi da quel torpore quando Willow mi porse una tazza di tè.

Guardai il suo viso e mi ricordai di quando, tempo fa, aveva invaso la mia mente, i miei sogni, per riportarmi alla realtà. Una realtà in cui mia sorella stava per essere sacrificata.

Ora, era altro l’oggetto del sacrificio.

Bevendo quel liquido caldo e dolce e sentendo la sua voce che mi diceva come avremmo potuto ritrovarlo, ricominciai a destarmi e a prendere atto di quello che era successo.

William aveva ricordato tutto. Tutto.

Come poteva sentirsi in quel momento?

Cosa stava facendo?

Dov’era?

 

Alla prima domanda avrei potuto dare una risposta solo guardandolo negli occhi. Quegli occhi che non sapevano mentire.

Le altre risposte potevano venire da sole, pensandoci un po’ su.

Era passato un po’ di tempo da quando era fuggito via, abbastanza per potersi allontanare. Per cambiare città.

Infatti, l’incantesimo di localizzazione di Willow non riuscì a dare nessun risultato, perché lui era troppo lontano.

Dall’altra parte del mondo.

Eravamo così lontani in quel momento.

Eppure mi sembrava di sentire ancora il suo calore, il battito del suo cuore, il suo dolore…

 

Prenotai il volo in serata, non ostante gli altri non fossero molto d’accordo.

Dawn voleva venire con me. Willow mi chiedeva di aspettare perché avrebbe potuto potenziare il suo incantesimo. Xander mi diceva che ero avventata e che non potevo essere sicura di dove si trovasse.

Ma io ero certa che si trovasse lì.

 

Naturalmente non ascoltai nessuno di loro.

Presi l’aereo da sola quella sera stessa, non mi serviva niente e nessuno.

Giles aveva addirittura detto che potevamo lasciarlo solo qualche giorno e poi riportarlo a Roma con noi, per dargli la possibilità di prendere coscienza di quello che era successo.

Gli spiegai con molta calma che io non avevo nessuna intenzione di riportarlo a casa con la forza.

Avrebbe deciso lui cosa fare, come comportarsi.

Io volevo solo vederlo. Sapere cosa pensava di tutto ciò che era successo.

Cosa pensava di me.

Se capiva.

 

Arrivai dopo parecchie ore di volo a Los Angeles.

Lì era ancora notte e aspettai un pullman che mi portasse a destinazione.

Non avevo avvisato Angel del mio arrivo. Volevo solo trovare William e parlargli.

Poi tornare a casa e continuare a vivere. Senza testimoni. Senza domande.

Perché sapevo che sarei tornata da sola.

Arrivai davanti al cratere di Sunnydale con l’alba. Tirava un leggero vento e la polvere si alzava facilmente occupando la mia vista. Era piuttosto fresco e mi si strinse il cuore rivedere quel posto.

C’era il nulla, certo.

Ma in quel nulla era contenuta tutta la mia vita.

I ricordi, i profumi, i colori, erano tutti racchiusi in quel cumulo di terra. Dove ora c’era il vuoto, prima c’era stata la mia vita. E quella voragine mi provocava una dolce malinconia sul cuore che faticava ad andarsene, ed ora che ero ancora una volta di fronte a quel cumulo di terra senza fondamenta, sentivo il peso opprimente di quella malinconia. Sentivo la mancanza di tante piccole abitudini che mi avevano accompagnata per anni.

 

Quando mi riscossi da questi pensieri mi guardai un po’ intorno e non ci misi molto a riconoscere la sua ombra.

Sembrava un pipistrello.

Lo spolverino nero seguiva le onde del vento e la leggera nuvola di polvere che si alzava creava una leggera nebbia che offuscava i suoi contorni.

Il sole poi era ancora nascosto all’orizzonte, e lasciava intendere solo pochi raggi di luce rosea, il che rendeva tutto surreale.

 

Mi avvicinai piano a lui, fino a raggiungere la sua linea. E mi affiancai, senza guardarlo veramente.

Mi faceva male guardarlo.

Guardare quegli occhi che tante volte mi avevano amata, spogliata, desiderata.

Ed allora decisi di continuare a guardare quella voragine, che tanto ci aveva portato via, aspettando di poterlo guardare negli occhi senza soffrire.

 

- Sapevo che mi avresti trovato, lo sentivo.- mi disse silenziosamente, come se fosse stato stanco.

- Ed io sentivo che tu saresti venuto qui, dove tutto è cominciato. O finito. –

- Mah… non so. Se è cominciato o finito, intendo. Da qui è sicuramente partita una linea di separazione. Ma non saprei dire se in meglio o in peggio. Tutto è cambiato. –

- E cambierà ancora. La nostra vita, in fondo, è un continuo mutamento. –

- Già…-

 

Non gli dissi che avrei voluto fermare il tempo a quei momenti, in quell’hotel, quando dopo l’amore mi addormentavo al suono del suo battito e mi riscaldavo col suo calore. No, non lo dissi.

 

- Sai che non tornerò con te a Roma, vero? –

- Si, lo so. –

- E allora perché sei venuta? –

- Volevo vederti, sapere come stavi. –

- Come sto? E’ una domanda un po’ azzardata. Non credi, Buffy? –

- Non puoi impedirmi di preoccuparmi di te. –

- Oh, ma io non cerco di impedirti nulla. Solo, credo che questa sia una domanda inutile. Dovresti immaginare come mi sento. O forse no. Fatto sta che non potrei spiegarti. Non puoi capire. –

- Provaci. –

- D’accordo ci proverò. Immagina di svegliarti un giorno e non ricordare più nulla. Di sentirti persa, debole, quasi morta. Di non riuscire a ricordare il volto delle persone che ami, e di avere il terrore di essere sola. Davvero sola. Poi un giorno incontri una persona che comincia a farti ricordare qualcosa. Sensazioni. Sentimenti. Stare insieme a lui ti fa sentire a casa. Ti fa sentire completa. Quasi rinata. E allora senti che la verità è vicina, che quel ritorno a casa può essere definitivo. Non ti senti più sola perché sai, speri, che quella persona ti condurrà mano nella mano a casa tua, dalla verità. Ma poi scopri che quel qualcuno ti stava solo conducendo nella menzogna, in una menzogna più grande di quella in cui vivevi. Che quella persona ti vuole nascondere la verità, una verità fatta di omicidi, sangue, vendette, sofferenza. E non sai se per troppo amore o troppo egoismo. -

- Non ho mai agito per egoismo. –

- Bè di questo permettimi di dubitarne Buffy. Avevo bisogno di sapere. Seppur dura da mandare giù, volevo la verità. –

- Io non volevo farti soffrire. –

- Ma non puoi essere tu a decidere. Anche la sofferenza è necessaria, non ci hai mai pensato? Cosa credevi? Che una volta avermi raccontato mille frottole mi avresti potuto avere tutto per te? Che sarei rimasto intrappolato tra le tue braccia? –

 

A questa domanda non risposi, non ci riuscì.

In realtà pensavo di perderlo per sempre, ma volevo comunque salvaguardare la sua felicità. Ma mi sembrava inutile dirlo. Lui si sentiva usato, ferito, ed in più sentiva sulla coscienza tanti delitti di cui il suo demone, e non lui, era colpevole. Rimasi in silenzio a guardare l’orizzonte.

Il sole che piano sorgeva e rivelava al mondo le mie lacrime amare, silenziose. Che lui fino a quel momento non aveva visto. Perché non si era girato nemmeno per un istante.

Era rimasto immobile a fissare l’orizzonte.

 

- Scusa, non voglio ferirti e farti piangere. Forse è stata dura anche per te, e non ho il diritto di giudicare. Vuoi sapere come sto? Bene, per quanto possa essere possibile. Mi sento ancora un po’ confuso… I ricordi di William sono chiari, ricordo mia madre, Cecily… Poi, quando il demone è entrato dentro me ho avuto un nuovo risveglio, non ero io ad agire, era lui. Ma conservo i suoi ricordi, le sue voglie. E il ritorno dell’anima ha segnato un nuovo inizio. E’ tutto molto confuso, te l’ho detto. Ho bisogno di tempo per riprendermi, per capire. Ho già detto ad Angel che mi trasferirò da lui per un po’. Sento il bisogno di qualcuno che mi possa capire, con cui parlare francamente, senza paura di ferire. Con te l’ho già fatto. Scusami, davvero. Ma c’è troppa rabbia ora dentro me e... –

- Non preoccuparti, capisco benissimo il tuo bisogno di stare da lui. Ti lascerò vivere tranquillamente. Voglio solo dirti che... ho ammirato il tuo gesto, il tuo sacrificio. Sei stato sempre nei miei pensieri da quando sei andato via, ti sentivo vicino, parlavo con te, ti sognavo ogni notte. Ricordi quando mi dicesti che tu mi salvavi ogni notte? Bè anche io salvavo te. E tra le lacrime e i sogni ti rivedevo, e mi mancavi. Come l’aria. Vivevo perché dovevo, per mia sorella. Per quella nuova opportunità che mi era stata data. Per te. Ma mi sentivo morta dentro. Vuota. E quando ti ho rivisto, quando ti ho strinto la mano ed ho sentito il tuo calore, quando abbiamo fatto l’amore, mi sono sentita così completa e unica, e felice… Voglio solo ringraziarti. Perché mi hai dato tanto. Mi hai amata tanto. E ti amo anch’io. Mai come oggi ne sono sicura. Perchè voglio la tua serenità sopra ogni cosa. La tua felicità. –

- Lo so. –

Furono le ultime parole che mi disse.

Ci guardammo un’ultima volta, ci salutammo con lo sguardo. E me ne andai.

Sapevo che aveva bisogno di questo.

Doveva ricominciare tutto da capo. Senza di me.

Perché io, in fondo, avevo sempre condizionato le sue azioni.

Ripresi l’aereo in tarda mattinata. Ero triste, certo che lo ero.

Ma sentivo dentro una strana stabilità.

Tutto da quel giorno ricominciava.

La mia e la sua vita.

Distanti, certo.

Ma sereni.

 

 

FINE