DUST IN THE WIND

AUTRICE: Mrs Bud Guy

 

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, alla Mutant Enemy, e a quanti altri li possiedano. Quest'opera non è stata realizzata a scopo di lucro, ma per puro piacere personale.

Shipper: E’ una storia spangel, AU.

Rating: Per tutti.

Feedback: Molto gradito, a MrsBudGuy@virgilio.it

 

 

 

William si guardò intorno, non gli erano mai piaciuti i locali troppo affollati.

Dove c’era troppa gente si sentiva piccolo, solo, indifeso, e cominciava ad essere incazzato col mondo.

Vedere quel groviglio di persone agitate, ubriache, che volevano divertirsi a costo di tutto e di tutti, gli sembrava così patetico.

Guardò una ragazza che ballava freneticamente.

Bella, non c’era che dire.

Alta, bruna come la notte. Occhi altrettanto scuri da sembrare violetti. Un vestitino color vermiglio che lasciava poco all’immaginazione.

Rideva, ballava, beveva.

E magari a casa aveva una famiglia che non sapeva nulla di lei, e un appuntamento dallo psichiatra per il giorno dopo.

Dettagli.

Avrebbe voluto prenderla lì, tra la folla, e dimostrarle che al mondo non si è altro che … polvere.

Polvere nel vento.

Lui non era meno di quello stronzo su cui si stava strusciando.

Basta, stava cominciando a farneticare, aveva bisogno di incamerare aria fresca, o tabacco.

Faceva lo stesso.

Uscì fuori e guardò l’orologio. Era passata da poco l’una.

Era stato in quella dannata discoteca per più di un ora, poteva andarsene senza sentire troppe lamentele dai suoi amici.

Si mise in macchina e cominciò a guidare.

Il finestrino aperto permetteva all’aria gelida di entrare a colpirgli il viso.

 

Era di nuovo solo.

Poteva di nuovo respirare.

 

Aveva voglia di chiamarlo, di sentire la sua voce che lo prendeva in giro e lo infastidiva.

Liam era quella sorta di nemico di cui non si può fare a meno.

L’aveva conosciuto quando si era trasferito dalla grande città degli angeli in una piccola provincia sconosciuta, Sunnydale.

O Sunnyhell, a seconda dei punti di vista.

Suo padre aveva ricevuto una cattedra all’università locale, e non poteva rinunciarvi. William era furioso.

Aveva 12 anni, ed era costretto a lasciare tutto per trasferirsi in una cittadina che non era segnata nemmeno sulle cartine geografiche.

Qualche giorno dopo il suo trasferimento, e cioè quando aveva deciso di mettere fine al suo sciopero-protesta, si era deciso ad uscire per potersi guardare un po’ intorno.

Appena fuori lo aveva notato subito.

Stava giocando a pallacanestro nel giardino della casa a fianco alla sua.

Ne rimase colpito da subito.

Sembrava più grande di lui, era decisamente più alto.

Aveva dei capelli corti, neri come l’ebano.

E il suo sguardo. Non poteva distinguerlo bene data la lontananza, ma sembrava di una profondità sconcertante.

Era bello da fare rabbia.

Si avvicinò e fecero subito amicizia. Lui era l’unico quattordicenne nelle vicinanze, e non aveva amici. Fu felice di dividere il suo gioco con lui.

Di lì a poco divennero inseparabili.

Entrambi ragazzi arrabbiati, soli, e adolescenti.

E il tempo in cui giocavano e si divertivano insieme, anche solo parlando, era proporzionale al tempo che passavano a litigare.

Liam era un tipo testardo, a cui piaceva tenere il gioco, e William invece un ragazzo fragile, che però non voleva farsi comandare.

Liam lo stuzzicava di continuo, e cominciavano a litigare ferocemente, per poi finire nella stanza di uno dei due a mangiare pop-corn ed a giocare ai videogiochi.

Dieci anni dopo, però, Liam aveva deciso di andare a vivere da solo a Los Angeles.

Buffo il destino.

Liam era fuggito in quella città dalla quale William era arrivato.

 

Dio, come gli mancava.

Non glielo avrebbe mai detto, ma gli mancava da impazzire.

Le chiacchiere, le risate, i pettegolezzi sulle ragazze, e le liti, sì, anche quelle.

Gli mancava tutto. E si sentiva terribilmente solo.

Liam gli aveva persino proposto di andare con lui.

Ma lui doveva continuare gli studi e laurearsi in giurisprudenza, aveva a Sunnydale tutta la sua famiglia, o quello che ne rimaneva, ed i suoi amici. Anche se niente valeva quanto lui.

 

Sapeva per certo che anche lui mancava terribilmente a Liam.

Quando quel giorno l’aveva salutato, prima di partire, avrebbe giurato di aver visto una lacrima nei suoi occhi tanto scuri.

E quelle chiamate improvvise, nel cuore della notte, per parlare di cose inutili e senza senso, e ridere, e prendersi in giro.

A volte era anche piombato all’improvviso a casa sua.

Lo chiamava e gli diceva di essere sul portico.

E passava la notte con lui, ad ubriacarsi per poter dimenticare lo stress della vita in città, tanto diverso dalla tranquillità di quella sperduta cittadina.

E il mattino dopo ripartiva, senza dare spiegazioni di nulla. Come se quelle visite fossero la cosa più logica del mondo.

 

Si, l’avrebbe chiamato. Voleva ridere e smettere di pensare alla sua rabbia interiore per tutto ciò che fosse reale, perfetto, e felice. Come lui non si sentiva di essere.

Arrivò nel portico di casa sua, impaziente per la telefonata che lo aspettava, e non credette ai suoi occhi.

Liam era lì.

Se ne stupì, eppure non c’era nulla di strano.

Si salutarono come al solito, e William nascose volontariamente la sua intenzione di chiamarlo, sicuramente lui lo avrebbe schernito, ed ora non ne aveva voglia.

Qualche ora dopo, erano entrambi addormentati.

Liam era sembrato strano.

Sembrava nervoso, ansioso di qualcosa. Aveva detto di non sentirsi sereno con sé stesso, pur non sapendone il motivo.

William non aveva voluto approfondire.

In fondo, quella stessa inadeguatezza, la sentiva anche lui.

All’improvviso, William si svegliò di soprassalto.

Guardò l’amico, che dormiva nella sua stanza, nel letto accanto al suo, e si sorprese a fissarne i lineamenti perfetti, decisi. Gli occhi chiusi a nascondere quella gioia scura che erano i suoi occhi.

Le ciglia nerissime ad incorniciargli lo sguardo, e i capelli neri e spettinati a chiudere quel viso perfetto.

Non era mai stato attirato dagli uomini, nonostante la sua immagine piuttosto ambigua.

Eppure, quella notte, al riverbero della luna, si fermò a guardare quel viso, così familiare e così sconosciuto, ad accarezzarne i lineamenti e a desiderare di segnarli con le sue labbra.

E si scoprì eccitato.

 

****

 

La mattina dopo, tutto procedeva come al solito. William che preparava la colazione, Liam che si faceva una doccia veloce, e poi i soliti saluti contenuti sul portico, in attesa della prossima, improvvisa, visita.

Eppure, quella mattina, c’era qualcosa di diverso.

Entrambi si muovevano con lentezza esasperante, ed evitavano di guardarsi.

Fino a che, sulla porta, furono costretti ad incrociare lo sguardo in un modo repentino, quanto profondo.

E, all’improvviso, fu chiaro ad entrambi cosa c’era da fare.

Si aggrapparono uno all’altro, spaventati di cadere, di perdere il respiro.

Fu una cosa così veloce che nessuno dei due si rese conto di cosa stava accadendo.

Liam prese il volto dell’amico, quel volto così angelico, che tante volte, di notte, si era soffermato a guardare, ammirandone i tratti decisi e marcati, e lo avvicinò al suo, per rubarne i respiri affannati e smaniosi.

Non sapeva cosa fare, si sentì all’improvviso inadatto a quella situazione, agitato.

 

Ma William prese in mano la situazione.

Non voleva farlo andare di nuovo via, ora tutto era così limpido nella sua testa, da essere naturale e bellissimo.

Per la prima volta si sentiva appartenere davvero a questo mondo di merda che non ti dà mai quello che vuoi.

Che ti fa impazzire nella ricerca di qualcosa di migliore, quella cosa che, una volta trovata, ti sfugge via come l’olio se non riesci a tenertela stretta, e tu rimani di nuovo a mani vuote, e con il cuore a pezzi.

Poggiò le mani su quelle di lui, così grandi e forti, che tenevano ancora saldamente il suo viso tra le mani, e si avvicinò alle sue labbra, baciandolo con delicatezza.

Quando, poi, Liam aprì le labbra in segno di sottomissione al suo comando, il bacio divenne all’improvviso violento, passionale come niente era mai stato nelle loro vite.

Nessuno dei due aveva mai baciato un altro uomo, eppure era così bello scoprire un sapore nuovo, ma così conosciuto, così sicuro, così caldo.

 

Quel bacio sembrò durare all’infinito.

Quando riaprirono gli occhi si guardarono per un lungo istante.

Occhi azzurri in occhi neri.

Non sapevano cosa fare, cosa dire.

Ma William era sicuro di una cosa, non lo avrebbe fatto andare via un’altra volta.

Appoggiò di nuovo le labbra sulle sue, per respirare ancora il suo profumo, per riempirsene cuore e anima, e due parole, solo due, uscirono da quelle labbra per tuffarsi nella bocca di Liam:

- Non andartene.

 

Desiderava troppo averlo ancora accanto, per poter sentire ancora il suo profumo muschiato nelle narici, e il suo sapore di uomo sulle labbra.

Liam non poté dire di no.

Rimase lì un giorno, e un altro ancora. E il momento più felice della giornata era quando, la sera, si stringevano nel letto, dando sfogo a tutta la loro passione.

A quell’amore covato da anni, che all’improvviso era diventato così forte da sembrare solido.

Pesante.

Onnipresente.

Oh sì. Ci sarebbe stato tempo per parlarne, per affrontarne gli ostacoli. Per decidere delle loro vite.

Ma quella, da quel giorno in poi, era la loro vita.

Insieme, come sempre.