VENDETTA


Lottava. Con tutte le sue forze. Senza fermarsi, senza pensare, senza riflettere. Era quello che

faceva, e lo sapeva fare bene. Lottare senza cadere. Picchiava forte, uno come lui. Scansò un

pugno, contrattaccò. Parò un calcio al volto, si girò su se stesso, paletto alla mano, polvere. Sul

volto, sulle labbra, in gola. Bruciava. Un colpo al volto lo sorprese. Sangue, sapore metallico.

Rabbia. Due nemici rimasti di fronte a lui. Caricò il primo, sbattendolo contro un muro con una

spallata, parò l’attacco del secondo. Sequenza di tre colpi, precisi, letali. Ginocchio, mento, cuore.

Altra polvere. Dolore alla schiena. Freddo e potente. Le ginocchia batterono sull’asfalto, altro

dolore. In fondo, si disse, nessuno poteva vivere per sempre. L’aveva sempre saputo, dalla prima

notte, dalla prima battaglia. Il calcio del vampiro che l’aveva colpito alla schiena con un coltello

quasi gli fratturò l’osso del collo, e lo mandò lungo disteso in quel vicolo puzzolente. L’urlo di

vittoria del mostro che gli si avvicinava, sicuro di aver ormai vinto la battaglia, fece scattare

dentro di lui qualcosa. Avrebbe potuto finirlo in silenzio, non si sarebbe lamentato, lo meritava.

Per essere stato tanto stupido da farsi colpire alla schiena. Avrebbe potuto ucciderlo velocemente,

o torturarlo, e non avrebbe fatto differenza. Faticava a muoversi, faticava persino a respirare. Non

avrebbe potuto difendersi neppure se l’avesse voluto, e non era sicuro di volerlo. Ma non esultare.

Aveva già sentito un vampiro esultare, tanto tempo prima, poco dopo che quella storia era

iniziata. E quel ricordo gli fece tornare alla mente il motivo della sua lotta. Non era un’eroe, e non

gli importava nulla di esserlo. Non aiutava le vecchiette ad attraversare la strada e non faceva la

carità ai vagabondi. Rubava per vivere, rapinava i ricconi nei vicoli bui e non se ne vergognava. A

dire il vero si era spesso chiesto se fosse migliore dei vampiri che massacrava, e il più delle volte

si era risposto che la cosa sarebbe importata a Dio quando fosse morto, non di certo a lui. Le altre

risposte che si era dato le aveva dimenticate perchè non era sicuro di volerle veramente cercare.

Combatteva per odio e per desiderio di vendetta, per rabbia, per dolore. E quel vampiro non

avrebbe dovuto esultare. Il mostro rimase non poco stupito quando vide il ragazzo, alto poco più

di un metro e settanta, di corporatura massiccia, che si rialzava come se non avesse subito danni.

Come se non avesse ricevuto una coltellata nella schiena e un calcio in testa tanto forte da stendere

un rinoceronte.

-Non stanotte.- disse, in un inglese un po’ stentato.

Parò un colpo dato senza troppa forza dal vampiro ancora troppo stupito per poter combattere al

meglio, e affondò per la terza volta nella serata. Altra polvere, sulla quale sputò. Un misto di

saliva e sangue.

-Bevi questo, ora, bastardo.

Ci aveva messo anni ad arrivare a quel punto, non si sarebbe certo fermato. Anche Lui aveva

esultato. C’era sangue dappertutto, c’erano tre cadaveri. Un uomo sulla cinquantina, quello che il

ragazzo tanto tempo prima aveva chiamato “papà”. Una donna, poco più giovane. “Mamma”. E

un corpicino minuscolo, che la sua memoria rammentava come fosse tanto piccolo da potersi

tenere in una mano. In realtà aveva tre anni, ed era una bella bambina dalle trecce dorate.

-Elisa.- mormorò il ragazzo. “Sorellina”. E tra i cadaveri c’era Lui. L’aveva trovato con la bocca

grondante di sangue, in un’espressione di trionfo, ancora chinato sul corpo della sorellina. Come

avevano potuto farlo entrare in casa? Quando vide il ragazzo entrare, alzò le braccia al cielo ed

esultò. Un urlo acuto, da cow boy. E poi sorrise. Non avrebbe mai più dimenticato quel volto,

quelle parole:- Questa sera ho bevuto abbastanza. Se non avessi visto la tua espressione di dolore

ti avreo ucciso, ma così per te sarà molto peggio. Ti avevo detto che l’avresti pagata. Vivi con il tuo

dolore, addio.

E poi se n’era andato. Il ragazzo aveva lasciato tutto quella notte stessa, prendendo soltanto tutti i

soldi che aveva potuto trovare in casa. Il resto dei suoi successivi sei anni si era consumato tra

treni e navi, polvere e cicatrici. Ma di Lui non aveva più trovato tracce. Finchè, mentre picchiava

a morte uno di quegli esseri schifosi, il vampiro aveva pronunciato il Suo nome. Lo uccise lo

stesso, accanendosi su di lui con rabbia ancora maggiore perchè sospettava che quei due potessero

conoscersi. Ma qualcosa di utile l’aveva avuto. Non era molto, ma tra quel nome e quella

descrizione, ormai era sicuro che sarebbe riuscito a trovarlo. Alto circa quanto lui, molto magro,

capelli ossigenati...e quel nome: Spike.


......................


Si sdraiò sul divano lercio e sgualcito nel suo appartamento spoglio e decadente di Los Angeles.

Dodici dollari la settimana, se li avesse pagati. Invece aveva caricato di botte il padrone di casa la

prima volta che si era azzardato ad alzare la voce per chiederglieli.

La schiena gli faceva male, ed era abbastanza sicuro di aver perso una discreta quantità di sangue.

Doveva alzarsi e prendere la sua “medicina” dalla borsa. Nell’appartamento non c’era nulla, solo

una specie di materasso, senza lenzuola, senza coperte, e un borsone da viaggio. Si alzò ed

estrasse dal borsone una boccetta contenente un liquido rosso e denso. Non era riuscito a

procurarsi altro liquido, quella sera, perchè aveva la mente impegnata in altri pensieri. Doveva

stare calmo. Era tanto vicino al suo obiettivo da perdere quasi la freddezza e la lucidità necessarie

a portare a termine il suo compito. Il mattino seguente, alle sette, avrebbe preso un autobus diretto

verso la sua meta finale, ora doveva prendere la “medicina” e riposare. Aprì la boccetta, non

gliene era rimasto molto, forse un paio di dosi ancora. Lo sentì scorrere in gola, bagnargli la

lingua e scendere giù nelle viscere. Sapore metallico e amaro. Sangue di vampiro. Ne beveva tutte

le notti. Gli provocava un dolore atroce a tutti i muscoli del corpo, e sapeva che stava morendo a

causa di quello, ma sperava di poter sopravvivere ancora un paio di notti. Gli sarebbero state

sufficienti. La ferita alla schiena si rimarginò in pochi istanti, e il ragazzo sentì le forze crescergli

dentro. La tensione nei suoi muscoli si poteva percepire, il fuoco che gli bruciava nell’anima

traspariva candidamente dagli occhi. Decise di andare a dormire, e si gettò sopra il materasso

sgualcito. Si addormentò quasi subito, giusto il tempo di rivedere nella sua memoria il volto di

quel bastardo assassino.



La mattina seguente partì, senza naturalmente pagare un centesimo per l’affitto dell’appartamento.

Che il vecchio grassone se la sbrigasse da solo. Il viaggio in autobus durò qualche ora, ma alla

fine il cartello con scritto “Benvenuti a Sunnydale” apparve sul lato destro della strada.

Odiò quel posto a prima vista. Un odio profondo e naturale, che sgorgava direttamente dal suo

desiderio di vendetta con tanta facilità da lasciarlo stupito.

Una volta sceso dall’autobus andò a prendersi un panino in un bar, aveva fame, era quasi

mezzogiorno. Aveva bisogno di vestiti. Le sue ultime rapine gli avevano fruttato un discreto

gruzzolo di banconote fruscianti, di quelle belle verdi con due zeri dopo l’uno. Non sapeva di chi

fosse la faccia stampata su quei pezzi da cento, ma la trovava estremamente attraente.

Diede un rapido sguardo al suo abbigliamento per valutare che cosa avrebbe potuto tenersi e cosa

invece gli risultava inutile: chiodo di pelle: da tenere; maglia che un tempo era stata bianca: da

buttare; jeans blu, stracciati in vari punti: da buttare. Anfibi neri: da tenere; cintura con grossa

fibbia: da tenere.

Entrò in un negozio, dove non voleva rubare nulla. Era bene mantenere un basso profilo, per non

dare nell’occhio. Avrebbe comprato i vestiti necessari. Il negozio era uno di quelli che vendono

esclusivamente roba non firmata, di solito due volte più resistente rispetto a tutte le patacche da

400 dollari. Con centotrenta dollari aveva comprato un paio di pantaloni neri, di un materiale

simile al jeans ma più elastico e resistente, che gli permetteva di muoversi con più agilità, una

maglia dello stesso colore, a maniche lunghe, e uno zaino, sempre nero, che doveva avere almeno

una decina di tasche. Il passo successivo sarebbe stato comprare della stoffa, per cucire altre

tasche sulla maglia e sui pantaloni. Entrò in un altro negozio e si servì tranquillamente. Che non

fosse americano o inglese, tutti i commessi lo capivano subito, ma non riuscivano a capire da dove

venisse, e lui non aveva detto nulla a nessuno. La prudenza non era mai troppa. Non credeva che

quella cittadina buttata lì tra il mare e il nulla che la separava da Los Angeles ricevesse la visita di

molti turisti, e la presenza di Italiani doveva sicuramente essere esigua. Se la sua presenza in quel

luogo dimenticato da Dio fosse arrivata ad orecchie sbagliate, di sicuro avrebbe potuto passare dei

guai. Invece lui aveva bisogno di assoluta tranquillità, quella notte.

Dopo la sosta nel negozio di un sarto che vendeva anche stoffe si diresse verso la sua tappa

successiva: l’armeria. Comprò due coltelli a doppio taglio, un arco e un nunchaku, una faretra e

due fondine per infilare i coltelli da legare intorno alle gambe. Gli mancavano soltanto due tappe,

prima di cercarsi un posto per la notte. Entrò nel super mercato e comprò diverse bottiglie

d’acqua, due di birra, dei panini, cinque bottiglie di alcool, del cotone e della carta igienica.

All’uscita si fermò in un tabaccaio a comprare un accendino: aveva tutto quanto gli serviva sia per

mangiare che per costruire un buon numero di molotov. I sassi e i chiodi necessari a completare

l’opera li avrebbe cercati in giro. Ora gli rimaneva l’ultima cosa da fare, l’ultimo posto da visitare:

il cimitero, per cercare informazioni.


..................






I cimiteri non gli piacevano. Non era la sensazione inquietante che gli trasmetteva quel posto, che

glielo rendeva odioso. Sapeva bene che era molto peggio stare la notte in un vicolo buio, piuttosto

che in un cimitero. Nei vicoli bui si potevano incontrare cose anche peggiori dei vampiri, e una di

quelle era lui stesso. Odiava i cimiteri perchè non sopportava di vedere tutte quelle famigliole che

sembravano tristi una volta a settimana per qualche parente scomparso, quando invece per il resto

dei giorni andavano avanti come se nulla fosse successo. E quello lo odiava in modo particolare

perchè era sicuro che ci fosse passato Lui, il suo nemico. La sua ragione di vita e la fonte del suo

odio più profondo, il vampiro che aveva massacrato la sua famiglia senza battere ciglio: Spike.

A dispetto di tutto quello che pensava, vide una scena che, un tempo, forse lo avrebbe commosso.

Una bambina, doveva avere al massimo nove anni, che stava in piedi davanti ad una tomba

familiare. Quelli incisi sulle lapidi dovevano essere i nomi dei suoi genitori. Lei era troppo piccola

per poter pensare che le cose andavano avanti anche senza i suoi amati mamma e papà, e quindi

piangeva disperata e sincera. Nel profondo dell’anima il ragazzo sentì quasi il bisogno di andare a

consolare quella bambina, ma scacciò immediatamente quel pensiero. Aveva una missione da

compiere e non gli restavano ancora molti giorni per poterlo fare. Doveva trovare delle cripte che

fossero abitate da vampiri, per cominciare a chiedere informazioni su Spike. Iniziò a vagare quasi

senza meta tra le tombe, tendendo al massimo i suoi sensi resi più potenti dal sangue di vampiro

che sentiva ancora circolare nelle vene, per captare la presenza di qualcuno di quei maledetti

demoni. Gli avevano detto che Sunnydale era infestata di vampiri, che era la “bocca dell’Inferno”.

Eppure non aveva ancora sentito la presenza di un solo demone, da quando era arrivato. Che

fossero state tutte leggende?

D’un tratto vide una ragazzina avvicinarsi furtiva alla porta di una cripta. Si guardava intorno

come se volesse sincerarsi di non essere seguita. Capelli scuri, bel taglio degli occhi, anche se non

riusciva a capire di che colore fossero (ma dovevano essere scuri), snella, affascinante. Quando fu

sicura che nessuno la seguiva, entrò. Dilettante.

Il ragazzo sgusciò dietro di lei. La porta della cripta avrebbe fatto un rumore infernale, quindi

doveva essere rapido ad entrare. Non poteva non farla accorgere del suo ingresso, ma poteva lo

stesso coglierla di sorpresa se fosse stato abbastanza celere. Ci volle meno di un secondo.

Spalancò la porta e, prima ancora che lei si fosse voltata, lui le era addosso. La bloccò contro il

muro usando l’avambraccio sinistro, e le puntò un coltello alla pancia.

-Non dovresti essere qui, ragazzina. Non sai che i cimiteri possono essere pericolosi? Si possono

incontrare tipi come me.

Dopo un primo momento di terrore, la ragazzina si riscosse. Doveva avere qualche anno meno di

lui. Tirò fuori dalla tasca una croce di legno con un’estremità appuntita e gliela spiaccicò

letteralmente in faccia. Lui rise, e lei aprì la bocca emettendo un gridolino spaventato.

-Non sono un vampiro. Chi sei?

-Lasciami andare, se non vuoi passare dei guai! Chi sei tu, piuttosto?- rispose lei, insolente.

Doveva avere qualche anno meno di lui. Da quanto aveva visto, o era molto coraggiosa o era

sicura di avere le spalle coperte contro eventuali brutti incontri. E conosceva l’esistenza dei

vampiri. Le avvicinò il coltello alla pancia, premendo leggermente per farle sentire che non

doveva agitarsi, ma non abbastanza per tagliarla.

-Non sei nella posizione di fare domande, ragazzina. Chi sei e cosa ci fai qui?

Lei farfugliò qualcosa di incomprensibile. Il ragazzo ripetè la domanda.

-Mi chiamo Down, e sono venuta a prendere una cosa per un amico.

-Nella cripta di un cimitero? Non sei credibile. Chi è il tuo padrone?

Lei fece una faccia un po’ disgustata e molto sorpresa.

-Padrone? Ma da dove cavolo arrivi? Io non ho padroni.

-Allora riformulo la domanda- rispose lui, irritato. Con chi credeva di avere a che fare? -chi è il

vampiro che servi?

Di nuovo, lei lo guardò come se stesse dicendo chissà quale assurdità. Ma non era brava a fingere.

-Vampiri? I vampiri non esistono, hai letto troppi romanzi.

Lui premette ancora il coltello sulla pancia di lei, e questa volta un rivolo di sangue ne uscì,

seguito da un grido soffocato di dolore.

-E scommetto che a scuola ti insegnano a contrastare gli attacchi di eventuali aggressori con una

croce appuntita di legno. Parla, e vedi di non prendermi in giro o ti faccio fare una rapida visita

all’altro mondo.

Le parole uscirono dalla bocca di lei con rabbia:

-Mia sorella è la cacciatrice, va bene? Ora lasciami andare.

Lui scosse la testa.

-Che cos’è una cacciatrice? E non mi hai ancora detto cosa ci facevi qui.

Down era stupita. Quel tale sembrava conoscere i vampiri, ma non la cacciatrice. E sembrava

possedere un odio feroce nei confronti dei vampiri. Decise di spiegargli chi era sua sorella,

tralasciando, o meglio, modificando un po’ i fatti che riguardavano Spike.

-La cacciatrice è la prescelta per ammazzare demoni, vampiri e ogni altro genere di mostri sputati

dall’inferno. E io sono qui perchè questa era la cripta di uno dei suoi nemici, e mi ha mandata a

prendere una cosa che lui teneva qui e che a lei serve.- balle, doveva prendere alcune vecchie

bottiglie di Bourbon per Spike, che viveva a casa loro.

Il ragazzo, questa volta, si convinse che quella ragazzina diceva la verità, e la lasciò andare.

-Mi hai convinto.- disse, e la lasciò. Lei si accasciò a terra, massaggiandosi il ventre che le faceva

male.

-Tu chi sei?- chiese.

-La cosa non ti riguarda.- rispose lui in tono sgarbato. -sono qui perchè ho da fare. Non sono

nemico della cacciatrice, ma non posso permettere che si sappia in giro che sono qui.- aggiunse

poi, calmo, pensieroso. Down si spaventò un po’. Lo trovava inquietante. Poteva percepire l’odio

nella voce del ragazzo, e sapeva che c’era qualcosa di strano, in lui. La sua forza, il modo in cui

l’aveva sbattuta contro il muro...la sua cattiveria nel puntarle il coltello alla pancia... non a caso

aveva creduto di trovarsi di fronte ad un vampiro: era troppo forte per essere semplicemente

umano.

-Non parlerò, lo prometto. Ma devi lasciarmi andare.- disse lei.

-Non posso fidarmi di te. Non posso fidarmi di nessuno.

-Cosa intendi dire?

Il ragazzo non rispose, ma, senza guardarla negli occhi, la sollevò da terra di peso e la sbattè

contro il pilastro che si trovava al centro della cripta. Down battè la testa e quasi svenne, mentre

lui le prendeva i polsi e li legava facendo passare la corda dietro al pilastro. La stessa cosa fece

con le caviglie. Down prese a scalciare, a urlare.

-Fermati! Perchè mi stai facendo questo? Lasciami, mia sorella verrà a cercarmi, ti troverà e ti

ucciderà!

-Lo so. Per questo non staremo qui molto. Devi aspettarmi giusto il tempo che io chieda un po’ di

informazioni su una cosa, poi ce ne andremo.

-Mio Dio! Devi lasciarmi andare!

-Non posso- disse lui, e, per la prima volta da quando l’aveva legata, la guardò negli occhi.

-Non preoccuparti, ragazzina. Non durerà molto. Starai con me un paio di giorni, giusto il tempo

di lasciarmi fare in pace quello che voglio fare. Poi ti libererò e te ne tornerai alla tua vita, senza

sentire mai più parlare di me.

Down rimase in silenzio. Aveva paura, ma si fidava di quello che le aveva detto il ragazzo.

Avrebbe potuto ucciderla, ma non l’aveva fatto. E quando l’aveva guardata negli occhi, lei vi

aveva letto delle emozioni che però non trasparivano dalla sua voce o dai suoi gesti: paura e

tristezza.


............






Quando tornò nella cripta era sporco di sangue e polvere dalla testa ai piedi. La scheggia del
paletto nella mano destra gli doleva, ma sarebbe passato presto. I vampiri di quella dannata città
erano più forti del solito. Niente di grave, comunque. Aveva scoperto cose interessanti...ed era
furioso.
Down lo vide entrare fissandola. Non c’era più traccia di paura o di tristezza negli occhi di lui,
soltanto odio. Odio feroce e cieco. Si diresse verso di lei con passo scattoso.
-Sto cercando un vampiro di nome Spike.- le disse - tu lo conosci, per caso?
Down fu colta alla sprovvista. I polsi e le caviglie stretti dalle corde le facevano male, e anche la
pancia. Iniziò a farfugliare qualcosa, ma lui la interruppe.
-La storia che collabora con tua sorella...è una farsa, vero? Non può essere!!- urlò,
schiaffeggiandola.
-Spike è uno dei buoni, ora! Ha un’anima!
-Me ne fotto, un’anima non mi ricompenserà di quello che mi ha portato via.
-Che cosa?- chiese lei, in tono di sfida.- che cosa può portare un ragazzo a rapire una ragazzina,
cosa può portare un ragazzo ad odiare il mondo in maniera feroce come fai tu?
Doveva ammetterlo, la ragazzina aveva del fegato.
-La mia famiglia. Ecco cosa. Lui, quel bastardo...li ha massacrati tutti. Me ne fotto se ora ha
un’anima, se combatte dalla parte dei “buoni”. Buono e cattivo in questo mondo non sono mai
così netti come sembrano. Ero anch’io un cacciatore di vampiri, una volta. Un ragazzo come lo sei
tu ora. Ho avuto la sfortuna di incontrarlo, e ora sono qui. E mi vendicherò.
-La vendetta non è mai una buona cosa. Credi che ti restituirà la tua famiglia, una volta morto?
Il ragazzo rise. Povera sciocca ragazzina.
-No. Non me la ridarà indietro. Ma mi farà sentire meglio quando mi ricongiungerò a loro.
Lei non capì. Non gli importava. Lui proseguì, in tono calmo, basso e minaccioso.
-Sai cos’ho scoperto, anche? Che sembra tenere molto a te, ora che è uno dei buoni.
Estrasse il coltello, e glielo puntò alla gola. Down cominciò a piangere, guardandolo negli occhi.
Occhi marroni. Belli e profondi. Innocenti, quasi. Come i suoi. Elisa...
Il ragazzo tagliò le corde che tenevano Down legata, e le diede un poderoso ceffone, che la
mandò a terra. “Merda” pensò “non ce la faccio ad ammazzarla.”
-Vattene da qui. Vai da lui. Digli che deve venire questa sera, solo, al cimitero. Fai in modo che
tua sorella non si immischi, o ve ne pentirete tutti.
La ragazzina esitò. Lui le diede un calcio nelle costole che la fece andare a sbattere contro la porta
della cripta. Urlò di dolore.
-Vattene! Ora!
E lei scappò, lasciandolo solo. Perchè era così sconvolto? Gli occhi di Down...erano simili a
quelli di Eli, ma avevano una luce diversa. Era stato un gesto di pietà, il suo, a lasciarla andare? O
non avrebbe potuto ucciderla comunque? Decise di non riflettere più di tanto su questioni che
comunque non erano utili, prese la sua roba dal pavimento della cripta e se ne andò a cercare un
posto per preparare in tranquillità le sue armi.


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-Per essere bionda sei bionda...ma non gli assomigli molto. Ti manca la giacca di pelle e hai più
tette- disse una voce dietro a Buffy. Era notte, nel cimitero di Sunnydale. Il ragazzo apparve
dietro di lei.
-Si vede che il messaggio di tua sorella non è stato chiaro. Ho detto Spike. Solo. Cimitero. Qual’è
la parte che non avete capito?
-Se mettessi anche dei verbi e delle congiunzioni nelle frasi, magari sarebbero più chiare.- rispose
lei, sarcastica, voltandosi verso di lui. -Hai messo in mezzo mia sorella, questo non te lo perdono.
Dovevi lasciarla stare.
Fu un lampo. Alle spalle del ragazzo qualcosa si mosse, testa bionda, giacca di pelle. Spike. Gli
fu addosso in un attimo, ma il ragazzo si scansò di lato, colpendolo con un calcio al volto. Il
vampiro si girò subito su se stesso pronto a contrattaccare. Sinistro diretto al volto, seguito da un
destro e poi da un calcio. Il ragazzo li parò tutti e tre. Aveva sempre lo stesso modo di
combattere, non era cambiato di una virgola. Anzi, forse si era fiaccato, col tempo. Poi fu il turno
della cacciatrice. Più veloce, più letale. Il ragazzo evitò un destro al volto, piegandosi
leggermente, ma lei era un fulmine. Riuscì a parare una ginocchiata della cacciatrice, ma un
secondo pugno lo sorprese e lo colpì in pieno. Il ragazzo indietreggiò per non essere circondato
dalla cacciatrice e da Spike, e saltò sul ramo di un albero.
-Avevo detto che non dovevi immischiarti, cacciatrice. Ora ne pagherai le conseguenze.
-Se avessi un soldo per ogni volta che ho sentito quella frase...- ribattè lei, caustica.
Qualcosa scintillò fuori dallo zaino del ragazzo. Buffy e Spike si gettarono a terra, mentre lui
lanciava una molotov nella loro direzione. Un lampo di luce e di fiamme, poi il ragazzo era
sparito.
-Merda- imprecò Spike.
-Non potevi scegliere una parola migliore. Sai? Tutto questo è colpa tua.- gli ringhiò contro la
cacciatrice.
-Non c’è bisogno che tu me lo ricordi. Ho un’anima che non fa altro che ripetermelo da quando
ho saputo che era qui.
-Bene. Dobbiamo trovarlo. Se succede qualcosa a Down... io ti ucciderò.
-Ah, brava. Prenditela con me. Nel caso non te ne fossi accorta, il pazzo qui è lui. Ho smesso di
fare del male alla gente già da un po’ di tempo.
-Beh, si vede che non ti sei fermato in tempo. Quel ragazzo è qui perchè TU hai massacrato la sua
famiglia!
-Ero un altro! Ora non sono più così! E’ inutile tirarla per le lunghe. Io ero un vampiro, lui un
cacciatore. Abbiamo combattuto e, per circostanze fortuite, non ero riuscito ad ucciderlo ed ero
stato ferito. Volevo fargliela pagare.
-E ora, grazie alla tua bravata, siamo tutti in pericolo. Spero che la tua anima ti tormenti a
sufficienza, per questo.
Lui la guardò tristemente. Incurvò le spalle in un gesto di sconfitta e si voltò, per non guardarla in
faccia. Gli avrebbe fatto male leggere la rabbia sul suo volto.
-Lo fa già, cacciatrice.- disse, mentre se ne andava.
-Ehi, Spike...scusa. E’ che questa situazione mi sta dando ai nervi. Quel tale non doveva
permettersi di toccare Down. Me la sono presa con te perchè non ho lui davanti da massacrare.
-Non importa- rispose lui, mesto - in fondo hai ragione. Ora però dobbiamo trovarlo e fermarlo.
La cacciatrice annuì, e insieme si avviarono verso l’uscita del cimitero.


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La casa della cacciatrice era una comunissima villetta come ce n’erano a decine in quel quartiere.
Una casa in legno, bianca con il tetto nero. Tipico stile delle case medio-borghesi americane.
Sarebbe bruciata come un fiammifero. La puzza di benzina si poteva sentire da un chilometro,
circondava tutta la casa. Aveva speso una fortuna per comprarne abbastanza, ma non se ne
pentiva. Lo spettacolo sarebbe stato fantastico. Accese il fiammifero. Come le mani di un demone
infernale, le fiamme avvolsero la casa. Fu solo allora che il ragazzo si rese conto che all’interno
c’era qualcuno. Vide la sagoma alta e snella della ragazza agitarsi tra il fumo e le fiamme.
Cercava di raggiungere il telefono nel salotto, ma il fuoco le sbarrava la strada.
-Dannazione- disse il ragazzo. Cosa gli stava succedendo? Prima ancora di potersi domandare
perchè, aveva sfondato la finestra del salone, e si era precipitato a soccorrere Down. Lei era quasi
svenuta, ma lo guardò con un misto di odio e terrore. La prese in braccio, e la portò fuori da
quell’inferno in un attimo. Lei tossiva ed aveva la faccia ricoperta dalla fuligine. Svenne in pochi
istanti, ma era salva, e viva. Il ragazzo prese un biglietto dalla tasca e glielo posò sulla pancia,
prima di andarsene e sparire nel buio delle strade di Sunnydale. Sul biglietto c’era una frase:
“Ti avevo detto che te ne saresti pentita. Spike dovrà venire domani notte, solo, di nuovo al
cimitero. Non accadrà una terza volta, che io provi pietà per tua sorella, se accompagnerai di
nuovo il vampiro, lei morirà. Se mi lasciate in pace, se mi lasciate compiere la mia vendetta senza
intromettervi, vi lascerò stare e non sentirete mai più parlare di me. E’ l’ultimo avvertimento”



................

-Se hai intenzione di farmi l'ennesima predica, cacciatrice, lascia perdere.- disse Spike, senza guardarla negli occhi. Il luogo era freddo e buio, ma era l'unica cosa che il vampiro fosse riuscito a trovare: i sotterranei del nuovo liceo. Buffy stava in piedi davanti a lui, con sua sorella appoggiata a un braccio.

-Guarda il lato positivo- continuò il biondo -così Down non dovrà fare molta strada, per andare a scuola.

-Già, come se potesse andarci!- ribattè lei, inferocita. Down guardò in silenzio Spike, e lui non riuscì a sostenere lo sguardo della ragazzina. I suoi occhi stanchi gli gridavano: E' COLPA TUA. Era vero, ma cosa poteva farci ormai? Down e Buffy si comportavano come se lui avesse potuto cambiare il passato. E non poteva. Perchè avrebbe dovuto, poi? Dannazione era un vampiro, un dannato vampiro. Uccideva! Cosa c'era di sbagliato? Beh, in fondo lo sapeva cosa, ma... dannazione!

-Non abbiamo più una casa, non abbiamo più un soldo e siamo rintanate in uno schifoso sotterraneo, con uno schifo...- si bloccò un secondo troppo tardi.

-Avanti, cacciatrice. Continua. Uno schifoso vampiro, giusto? Perchè è questo che sono, giusto? Maledizione, Buffy, se anche ti dicessi che vorrei poter tornare indietro, cosa diavolo risolverei? Nulla. Ho ucciso, e massacrato, e ora ne pago le conseguenze.

-No, Spike, le conseguenze le paghiamo noi. Noi due. Io e Down, che non c'entriamo nulla.

-E' vero, Buffy, ma io ti amo, maledizione. Credi che non mi faccia male, sapere di averti fatto perdere la casa? Credi che non vorrei poter rimediare? Ti amo, e voglio bene a te, Briciola, credi che non avrei preferito mille volte bruciare in quella casa, piuttosto che farti correre il rischio di morire? Maledizione, Summers, e mi rivolgo a entrambe: mi avete stregato al punto da cercare di diventare un eroe, al punto da rinnegare quella che è stata la mia natura per oltre centoventi anni, da rinunciarvi per un'umanità che, sia quando ero in vita che ora che sono morto, mi ha lasciato soltanto sofferenza! Credete veramente che non mi importi delle vostre disgrazie? Se un operaio solitario che costruisce una casa di notte non destasse troppi sospetti, ricostruirei la vostra casa pezzo per pezzo, con le mie stesse mani. Ma non posso. Così come non posso cambiare il passato.


Rimasero tutti e tre in silenzio per alcuni istanti, poi, forse pensando alla scena di Spike che si martellava un dito nel tentativo di inchiodare un'asse, Down scoppiò a ridere. Buffy la guardò allibita, Spike sembrò offeso. L'atmosfera si rilassò per qualche istante.

-Ma certo, prendete in giro il povero Spike. Guarda, Down, che ora non ho più il chip nel cervello!

In realtà, quella risata aveva alleviato un po' il peso che sentiva schiacciargli il petto.

Poi però tornarono improvvisamente seri.

-Spike- disse Buffy -il tuo bel discorso non risolve comunque il problema. Dobbiamo cercare il modo di fermare quel...ragazzo? E' davvero umano? Come può essere tanto forte?

Down confermò che il ragazzo che l'aveva quasi uccisa due volte...e salvata una, era decisamente troppo forte per essere umano, eppure lo sembrava.

-Sangue di vampiro.- esclamò Spike, inorridito.- è l’unica cosa che può renderlo tanto forte. Non credevo fosse possibile farlo. Quella roba lo uccide lentamente, ma gli dona una forza straordinaria, e gli permette di guarire in fretta dalle ferite. E' disgustoso... però...

-Però?- chiese Buffy, con la faccia sconvolta dall'orrore.

-Però forse so come fermarlo!- disse Spike, e, senza dare il tempo alle ragazze di capire cosa stesse succedendo, con uno scatto si allontanò per i cunicoli dei sotterranei.

-Dannazione!- urlò Buffy – Il sole è già sorto! Dove credi di andare?

Non ottenne risposta, Spike se n’era andato. Un paio di occhi, gialli e inumani, osservarono tutta la scena, poi svanirono nel buio.


Il vampiro entrò nel locale, correndo come un pazzo. Il locale era ampio e buio come può esserlo un magazzino portuale abbandonato, e all’interno stavano riposando una quarantina di vampiri. Helmut gettò un’occhiata agli altri abitanti del magazzino: reietti, disperati, uomini e donne che, in vita, erano appartenuti a diverse classi sociali, a diversi paesi e religioni, ora erano radunati tutti quanti insieme, come una banda di disperati. In mezzo a loro stava l’Antico. Egli non dormiva, tra gli altri vampiri correva voce che non ne avesse bisogno. Helmut era un vampiro tedesco di quattrocentododici anni e, a parte l’Antico, era il più vecchio della congrega. Uccideva, lottava e viveva al fianco dell’Antico fin dagli albori della sua esistenza come non-morto, e neppure lui ricordava di averlo mai visto dormire.

-Helmut.- disse, con voce profonda e senza tempo. Parlò senza muovere le labbra, eppure la sua voce era chiara, e le parole scandite. –Dimmi, ragazzo, hai trovato quello che cercavi?

-No, Antico, ma forse ho trovato di meglio. Il nostro nemico sembra essere scomparso nel nulla, ma ho trovato la cacciatrice.

-La cacciatrice? Parla, Helmut, perché la cacciatrice dovrebbe interessarmi? Non è lei che stiamo cercando, è il ragazzo. Tutti quelli che si trovano in questa stanza, a parte me e te, sono venuti da noi, cercando protezione da lui. Hanno parlato di un essere straordinario, di un sacrilego che beve il nostro sangue per rendersi più forte, per ucciderci. Non è certo per il mio buon cuore che ho scelto di aiutarli. Se il segreto del nostro sangue dovesse arrivare nelle mani del consiglio degli osservatori, ci ritroveremmo con un esercito di cacciatori potentissimi a intralciarci.

-Permettimi di dirti, Antico, che la cacciatrice conosce questo segreto.

-Che cosa? Come può? Raccontami tutto, mio fidato Helmut.

Così il vampiro iniziò a raccontare della cacciatrice e del vampiro biondo che le aveva svelato, con tanta leggerezza, un segreto così vitale, così sacro per la loro specie. Gli raccontò di come la ragazza si fosse scontrata con il cacciatore misterioso, che le aveva bruciato la casa, e ora lei fosse costretta a nascondersi in un sotterraneo.

-Così questo Spike è andato da solo a cercare il cacciatore? Un essere che conosce un tale segreto non può sopravvivere, così come non possono e non devono farlo la cacciatrice e il cacciatore. Confido, mio giovane amico, che tu avrai già studiato un piano per uccidere la cacciatrice.

-Si, Antico. Se saremo abbastanza veloci e coordinati potremo attaccarla nel sotterraneo. Non si aspetterà un attacco durante il giorno. Ho notato almeno quattro vie d’accesso che potremmo usare per entrare nel sotterraneo e coglierla di sorpresa. Da lì sotto si può fuggire soltanto da tre porte che conducono in superficie. Due potremmo bloccarle agevolmente, ma la terza è piuttosto vicina a loro e lontana dai nostri punti di accesso. Dovremo agire con astuzia, velocità e cooridinazione.

-Illustrami il tuo piano.

-Ci divideremo in quattro squadre, due più numerose e due più piccole. Le prime due squadre, più grandi, entreranno dai due accessi più vicini alle porte, bloccando due vie di fuga senza farsi notare. La terza squadra si farà avanti, tenendo impegnata la cacciatrice, mentre l’ultima squadra la aggirerà per bloccarle l’ultima via di fuga. A quel punto lei si troverà a combattere, sola, un piccolo esercito. Non avrà speranze.

-Hai parlato anche di un’altra ragazzina.

-Lei non è un problema: non sembra avere particolari poteri. L’unico problema che resta da risolvere, è quello del traditore, Spike, e del cacciatore.

-Il tuo è un buon piano, Helmut. Possiamo radunare anche quei due, nella nostra trappola. Li uccideremo tutti in una volta sola.

-E come possiamo fare?

-I miei poteri mi permettono di vedere molto lontano, amico mio. Non posso localizzare il cacciatore, ma quello Spike è un vampiro. Posso sentire i suoi movimenti anche da qui. So dove si trova, e so dove vuole andare. Posso leggere i pensieri di ogni vampiro che si trovi in questa città.

-Lo puoi fare davvero?- chiese Helmut, allibito. L’Antico annuì.

-Allora perché mi hai fatto raccontare? Tu sapevi già!

-Non è così, figlio mio. Posso leggere i pensieri, ma il procedimento è molto doloroso. Per questo non l’ho mai utilizzato su di te, e ti ho chiesto di raccontarmi tutto.

-Antico, i tuoi poteri non finiranno mai di stupirmi.

-Credo proprio di no, ragazzo. E ora chiama Ariel, quando avrò saputo da Spike dove si trova il nostro nemico, sarà lei a contattarlo e a rivelargli dove potrà trovare l’oggetto del suo odio.

-Ma lui la ucciderà.

-Credi che me ne importi?


…………………………………………………….

Dolore! Il mondo sembrò all’improvviso scomparire dalla sua vista, per lasciare il posto soltanto al più cieco dolore. Il chip che gli avevano piantato nel cranio, un tempo, provocava dolore, ma era un dolore fisico, non aveva nulla a che vedere con la sensazione terribile che stava provando. Era il dolore che immaginava dovesse derivare dalla morte al sole. Ma era in una fogna, accidenti. Immagini di un passato che avrebbe voluto lasciare sepolto invasero la sua mente, e poi venne lei. La sua cacciatrice. Nel sotterraneo del liceo, con sua sorella. Sola, avvolta da un alone di pericolo (un alone nero, in realtà, poteva essere semplicemente il buio, ma sapeva che non era così).

Improvviso come era venuto, il dolore cessò. Doveva tornare da lei, era sicuro che stesse per accadere qualcosa di terribile.


……………………………………………………………..


Il ragazzo stava preparando una delle sue bombe molotov. C’era qualcosa di strano nell’aria. Una sensazione sgradevole. Aveva imparato, ormai, ad associarla alla presenza di un vampiro. La botola del sotterraneo si aprì, lui scattò sulla difensiva, paletto alla mano. Entrò una ragazza. Lui le si avventò contro. Pugno destro al volto, lei cadde, lui le fu sopra. Poi parlò.

-Aspetta, ho un messaggio per te.

La punta del paletto le scalfì la pelle poco sopra il seno generoso.

-Parla. In fretta. Poi morirai.

Lei non mostrò segno di paura.

-In cambio dell’informazione che sto per darti, tu dovrai lasciare la città.

Il paletto si conficcò ancora per pochissimi millimetri. Non raggiunse il cuore. Non ancora.

-Vedrò cosa posso fare.- tossì, il dolore ai polmoni fu lancinante. Restava così poco tempo…

-Sappiamo che cerchi Spike. Lo troverai nei sotterranei del nuovo liceo.

-Perché mi dici questo?

-Vogliamo che tu te ne vada.- rispose lei, semplicemente. Poi restò solo la polvere.

Il ragazzo si alzò, si pulì i vestiti, legò alla vita una cintura con due pugnali e un paletto, infilò in spalla lo zaino, colmo di bottiglie molotov e di fumogeni, e fissò ai pantaloni una fondina con una piccola balestra e una faretra piena di dardi. Bevve l’ultimo sorso di sangue, e tossì di nuovo. Per un secondo gli mancarono le forze, poi si sentì invincibile. Non si voltò indietro, cominciò a correre per i cunicoli bui che attraversavano il sottosuolo di tutta la città.


………………………………………


Spike arrivò di corsa da un cunicolo, facendo sobbalzare le due sorelle.
-Dove sei stato? Hai trovato quel ragazzo?- chiese Buffy.
-No. Siamo in pericolo, qui. Dobbiamo andarcene.
-Calmati Spike! Cosa sta succedendo?
Una voce rimbombò all’improvviso nel buio.
-Invece non andrete da nessuna parte.
Era una voce fin troppo conosciuta. Crudele, rabbiosa, feroce. Il ragazzo, completamente vestito di nero, apparve dallo stesso punto in cui era apparso il vampiro biondo, e reggeva una balestra nella mano destra.
-Mi dispiace, cacciatrice. Non ho nulla contro di te, ma mi resta troppo poco tempo…
Il dardo partì, senza preavviso. Buffy lo vide saettare verso la sua testa. Era troppo buio per calcolarne la direzione precisa, non poteva spostarsi in tempo. Chiuse gli occhi e sentì un urlo.
Spike si rovesciò a terra ai suoi piedi, trafitto ad una spalla dal dardo sparato dal ragazzo. Lui si fece avanti, pronto ad attaccare di nuovo con un coltello, ma questa volta fu il turno della cacciatrice. Fermò un affondo diretto al suo stomaco con il braccio sinistro, e colpì il ragazzo con un calcio al volto. Lui indietreggiò, ma evitò un secondo calcio abbassandosi, e ripartì con un colpo diretto di sinistro al ventre di Buffy. La cacciatrice si piegò in avanti, e il ragazzo fu pronto a sferrarle una coltellata nella schiena, fulmineo, ma Spike lo fermò, di nuovo, saltandogli addosso e bloccandolo a terra. Iniziò a colpirlo con una tempesta di pugni al volto, deciso a non permettergli di riprendere fiato neppure per un istante. Poi tutto accadde troppo in fretta. Down urlò, e si ritrovò circondata da cinque vampiri. Spike si voltò per un attimo e il ragazzo lo scaraventò via con un pugno. Buffy era alle prese con un gruppo ben nutrito di vampiri apparsi dal nulla, mentre il cacciatore e il vampiro biondo furono circondati da altri quindici. Non ci fu il tempo per riflettere. Il ragazzo si lanciò sul cerchio di vampiri che gli stavano intorno, aprendosi un varco. Spike si lanciò in direzione di Down, e la liberò di tre vampiri, lanciandosi sopra di loro. Uno dei tre si divincolò e lo colpì con un calcio, ma Spike riuscì a reagire, sfilandosi il dardo di legno dalla spalla ferita e usandolo come arma. La polvere gli si appiccicò ai vestiti. Un colpo al volto lo fece indietreggiare di nuovo, poi qualcosa lo colpì alla schiena. Usò il braccio ferito per parare un terzo colpo, ma il dolore lo accecò.
Down intanto si era rifugiata in un angolo. Pessima idea, pensò, nessuna via di fuga. Due vampiri le stavano davanti. Uno si lanciò su di lei, che cercò senza successo di colpirlo con un pugno. Il vampiro riuscì a staccarla dal muro e la tenne bloccata per le braccia, pronto ad affondarle i denti nel collo. L’altro le si avvicinò da davanti, volendo banchettare anche lui.
Buffy era riuscita a prendere un paletto dalla tasca della giacca, evitò un colpo, girò su se stessa e affondò il paletto nel cuore del primo vampiro. Altri quattro le furono addosso contemporaneamente. Pesanti colpi si abbatterono sul suo volto, sulla schiena, nello stomaco. La cacciatrice si appoggiò con la schiena al vampiro che le stava dietro, e utilizzò quel punto di appoggio per sollevare entrambe le gambe e colpire il volto dei due vampiri che le stavano di fronte. Grazie allo slancio che si era data, poi, atterrò in piedi dietro al vampiro che prima le stava alle spalle e lo impalettò. Evitò un pugno dal quarto vampiro, gli prese il braccio e lo spezzò con un colpo secco, impalettando anche questo. Un ennesimo vampiro la colpì alla schiena.
Down sentì i denti del vampiro dietro di lei che affondavano dolorosamente nel suo collo, ma non perse le energie immediatamente. Disperatamente, scalciò alla cieca con tutte le forze che aveva…dritto tra le gambe del vampiro che le stava di fronte, che si accasciò al suolo con un urlo. La ragazzina urlò:
-Buffy!- ma la cacciatrice non poteva rispondere: era a terra.
Le energie cominciarono a mancarle, a quel punto, quando il vampiro in ginocchio di fronte a lei esplose in una nuvola di polvere, e quello che la stava mordendo d’un tratto si staccò, colpito da un dardo in mezzo alla fronte. Down aveva la vista annebbiata, ma riuscì comunque a distinguere la figura di quel ragazzo misterioso che le aveva salvato di nuovo la vita.
- Due pari…- mormorò, prima di svenire.
Spike combatteva come una furia. Scaraventò di lato due vampiri, ma un terzo lo colpì con un calcio al volto. Non riusciva a muoversi bene, per via della ferita alla spalla, ma riuscì comunque ad impalettare il suo nemico con la freccia che aveva usato già prima.
-Sono troppi, non ce la facciamo! – Urlò. –Dobbiamo andarcene!
Ma non riuscì a dare un seguito a quelle parole, perché venne di nuovo circondato da altri cinque vampiri… che all’improvviso sparirono in un’esplosione.
-Lui è mio, figli di puttana!- gridò il ragazzo, mentre lanciava un’altra molotov verso un gruppo di una decina di vampiri che arrivavano alla sua destra.
Buffy intanto si era rialzata e aveva finito i quattro vampiri contro cui stava combattendo. Ne rimanevano soltanto sette.
Buffy e Spike fecero istintivamente muro davanti a Down, che era a terra svenuta, mentre il ragazzo si tirò in disparte, su un lato del gruppetto di vampiri rimasti. D’un tratto una
forza misteriosa sollevò da terra tutti i vampiri rimasti e li fece esplodere in una nuvola di fuoco. Spike imprecò per la sorpresa, mentre il ragazzo si guardò intorno freneticamente, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
Dall’ombra uscirono due vampiri. Uno dei due indossava abiti leggeri ed eleganti, l’altro era vestito di nero e portava uno spolverino di pelle del tutto simile a quello di Spike.
-Pensavo che Spike avesse il monopolio sulle giacche di pelle. – disse Buffy, spavalda.
-Grazie tesoro – disse il biondo – voglio i diritti d’autore su queste cose.
Il vampiro con lo spolverino di pelle era più alto dell’altro, pallido all’inverosimile, e portava i capelli neri e lunghi sparati per aria. Il volto era affilato e crudele, calmo, profondo. Sorrise malignamente, e i suoi occhi azzurri fecero raggelare il sangue di tutti i presenti.
-Avevo sentito dire che non c’era da scherzare, con voi. Ma non credevo, sinceramente, che sareste sopravvissuti a questo attacco. Complimenti. Ora però, il gioco è finito, e dovete morire. Helmut, uccidili.
-Helmut uccidili?- ripetè Buffy. – Credi che un vampiro, da solo, possa sconfiggerci? Forse ti sei perso il resto della battaglia. E poi…che razza di nome è Helmut?
-Ora vedrai, cacciatrice. – rispose il vampiro, quello che si chiamava Helmut. Scattò in avanti, fulmineo, e colpì la cacciatrice così velocemente che lei sentì il colpo, prima di vederlo arrivare. Spike fece per mettersi sulla difensiva, ma quando Helmut partì per colpirlo, qualcosa lo fermò. Helmut si guardò il petto, dal quale spuntava un dardo.
-Che diavolo…- poi fu polvere.
-Odio ripetermi.- mormorò il ragazzo, mentre ricaricava la balestra.- ma Spike è mio.
Poi si rivolse all’altro vampiro:
-E adesso è il tuo turno, mi hai fatto perdere già abbastanza tempo.
Inaspettatamente, però, il vampiro con i capelli neri scoppiò in una risata.
-Signori miei… avevo quasi iniziato a pensare che non esistesse qualcuno in grado di uccidere Helmut. Sono letteralmente secoli, che non ho a che fare con avversari come voi. Che diavolo, sono secoli che neppure combatto, tanto sono inferiori a me i miei avversari. Vi siete guadagnati l’onore di vedermi all’opera, ma avete perso il diritto a vivere.
Un lampo forse sarebbe stato meno rapido. Mentre ancora l’ultima sillaba della frase riecheggiava nell’aria, il ragazzo stava già volando attraverso il seminterrato, andando poi a sbattere contro una parete. Il dardo della balestra partì, perdendosi nel buio.
Spike si lanciò contro l’avversario. Il pugno destro partì verso il suo volto, ma il vampiro chiamato Antico lo scansò senza difficoltà. Un sinistro di Spike andò nuovamente a vuoto, poi di nuovo un destro. Infine il vampiro biondo cercò di colpire l’altro con un calcio al volto, ma questi lo parò facilmente con il braccio sinistro, affondando poi un colpo in pieno petto a Spike. L’Antico afferrò Spike per lo spolverino, gli prese con tranquillità il pacchetto di sigarette dalla tasca interna, poi lo lanciò via. Si accese una sigaretta, facendo apparire la fiamma dalle dita, senza accendino. Buffy era attonita. Si alzò lentamente, poi corse verso l’Antico, cercando di colpirlo con un calcio al volto, ma lui si spostò di lato, facendole perdere l’equilibrio, poi la colpì in faccia con un destro e un sinistro in rapida successione, infine la lanciò contro un muro. Senza voltarsi evitò un ultimo dardo, che il ragazzo aveva sparato con la sua balestra da dietro di lui. Spike e il ragazzo attaccarono contemporaneamente. L’Antico evitò un calcio di Spike, ma non fece in tempo a scansare un destro al volto del ragazzo, che poi proseguì con un sinistro al ventre e di nuovo un destro in pieno naso. Un quarto colpo venne però parato, ma una ginocchiata nelle costole lo fece piegare di lato, dando il tempo a Spike di colpire il suo avversario alla testa con tutte le forze. L’Antico cadde a terra, scaraventato a diversi metri dai due combattenti.
-Sai, non siamo poi male, in squadra, io e te.- disse Spike, in tono beffardo. L’altro gli sputò, di rimando.
-E va bene! – ruggì l’antico, ora il suo volto era quello del demone. –Siete stati bravi, lo riconosco. Ora vi dirò per mano di chi morirete. Il mio nome è Marcus, di Roma, l’Antico!
-Mai sentito nominare.- ridacchiò Spike. –Forza, attacchiamo questo bastardo tutti insieme e facciamola finita.
Il vampiro biondo e il ragazzo, mortali nemici, si mossero come se fossero uno solo. Spike portò un destro al volto di Marcus, che lo evitò fulmineo, ma il ragazzo lo colpì con un calcio sotto al ginocchio. Marcus si piegò, ma riuscì ugualmente a mandare il ragazzo al tappeto con un potentissimo colpo al volto, che lo scaraventò contro il soffitto del seminterrato. Spike tentò nuovamente di usare il dardo che teneva in mano per impalettare l’Antico, ma lui fu più veloce e gli torse il braccio fino a spezzarlo…giusto un secondo prima di essere colpito al volto con un tubo di ferro, che Buffy aveva staccato dal muro. La cacciatrice utilizzò il tubo come bastone, colpendo senza sosta il vampiro allo stomaco, al volto e alle ginocchia, poi Spike si lanciò contro di lui con tutta la sua
forza e lo sbattè contro un muro. L’antico però si girò, e colpì Spike con un calcio in testa che lo fece rimbalzare a terra.
-Non devi mai concentrarti su un solo avversario, idiota!- esclamò Buffy, e lanciò il tubo come se fosse un giavellotto contro il petto di Marcus. Il vampiro urlò, e non fece in tempo a spostarsi: venne inchiodato al muro.
-Non è di legno, questo palo! Non mi fermerà!- gridò l’Antico, in preda ad una rabbia omicida.
-Non ti fermerà per molto, è vero- disse il ragazzo, che si era rialzato e teneva in mano una molotov. – ma guarda alla tua destra…
Alla destra di Marcus c’erano dei tubi, e una scritta: Pericolo- Gas.
-Fai ciao ciao con la manina, stronzo!

L’esplosione che seguì scaraventò a terra tutti quanti, il fuoco bruciò buona parte dei loro vestiti e della loro pelle, una pioggia di scheggie di metallo e vetro, e detriti maleodoranti si riversò su di loro, quando il soffitto crollò.
Quando Buffy riaprì gli occhi, vide un debole raggio di sole filtrare tra la polvere e il fumo. Down era stata miracolosamente risparmiata dal crollo, ma lei aveva le gambe bloccate da un pesantissimo blocco di cemento. Probabilmente aveva entrambe le gambe rotte. La visuale era pessima, ma c’erano dei rumori intorno a lei. Alla sua destra, una figura si alzò in piedi e rimase immobile, mentre alla sua sinistra c’era qualcuno che si reggeva a stento sulle gambe. Quando una folata di vento proveniente dall’alto spazzò via la polvere ed il fumo, Buffy li vide. Un raggio di sole cadeva a picco esattamente in mezzo a dove si trovavano i due, Spike e il ragazzo misterioso, entrambi in piedi, a guardarsi fisso negli occhi. La cacciatrice notò che il braccio rotto di Spike, il sinistro, pendeva inerte dal suo corpo, mentre il ragazzo, che a prima vista sembrava non aver subito particolari danni, aveva la parte destra del volto completamente sfregiata, e il sangue scorreva copioso dall’orbita vuota. Il ragazzo estrasse un paletto da una tasca, e Spike si portò in posizione difensiva. Quello sarebbe stato il confronto decisivo.


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Dolore e rabbia, dannato vampiro. Dannato Spike. Non riusciva a vederci bene, e le ferite iniziavano a rimarginarsi troppo lentamente. I polmoni gli bruciavano. Tossì, sputando un fiotto di sangue che andò a colorare di rosso le macerie sulle quali stava in piedi. Il sangue gli colava in bocca, il suo sapore lo faceva rabbrividire. Il vampiro davanti a lui, ora, non aveva più l’espressione spavalda che aveva avuto un tempo. Era stanco e ferito. Lo era anche lui. Poteva vederlo, era decisamente più umano, glielo leggeva negli occhi. A lui non importava. Elisa. I suoi occhi nocciola, il viso dolce. Mamma e Papà. Non c’erano più, non c’era più nessuno. Probabilmente in Italia era ancora considerato egli stesso il responsabile di quella tragedia. La gente non crede ai vampiri. Non gli importava più, era l’ora della resa dei conti, la sua ultima battaglia. Contavano solo il dolore e la rabbia… e la vendetta.

Dannato ragazzino. Era tornato dal suo passato per sbattergli in faccia il dolore che aveva causato. Il braccio rotto pendeva dal suo corpo come un’appendice inutile, si reggeva male sulle gambe. Ma era la resa dei conti, non poteva tirarsi indietro. Buffy aveva le gambe bloccate, non poteva aiutarlo, come lui non poteva aiutare lei. Il ragazzo non lo avrebbe permesso. Chiudere quella storia avrebbe voluto dire, forse, chiudere con il suo passato di assassino, chiudere con le sofferenze. Cercò di illudersi per qualche istante. Non l’avrebbe mai fatto. Non sarebbe mai riuscito a rimuovere dalla sua nuova coscienza il rimorso per tutti quelli che aveva ucciso…ed erano spaventosamente tanti. Avrebbe dovuto aggiungerne un altro alla lista, se voleva sopravvivere. Perché di questo si trattava. Vita o morte, lottare per sopravvivere. Contava solo la lotta, la vita…Buffy.

Con un grido disperato il ragazzo si lanciò in avanti, cercando di affondare il paletto nel cuore di Spike, ma il vampiro evitò il colpo, rispondendo con un destro al volto, seguito da un rapido calcio al ventre. Il piede destro di Spike, però, scivolò sulle macerie, e lui si ritrovò in ginocchio. Il ragazzo rialzò la testa, sferrandogli un calcio in faccia che lo scaraventò all’indietro, poi si gettò con tutte le sue forze sopra al vampiro, per affondare il paletto. Spike gli afferrò il braccio destro con il suo, e tenne il paletto lontano dal suo cuore, ma il ragazzo lo colpì al volto con un sinistro. Spike
sbattè la testa violentemente contro un sasso, a causa del colpo, cui succedette un altro e un altro ancora. Il sangue schizzava sui pezzi di soffitto crollato. Doveva usare anche l’altro braccio. Facendo appello a tutte le sue forze e al suo coraggio, in previsione del dolore che quel colpo avrebbe dato anche a lui, Spike sollevò il braccio sinistro e colpì l’orbita con l’occhio mancante del ragazzo, che rotolò via urlando di dolore e di rabbia. Il sangue iniziò a sgorgare di nuovo rapidamente. Spike sapeva di cosa aveva bisogno per poter combattere più a lungo… leccò via il sangue del suo avversario dalla sua mano sinistra ferita. Quel sapore lo rinvigorì. In fondo era un mostro, lo sapeva. E voleva sangue. Il sangue lo estasiò, lo fece riprendere, annegò il dolore al braccio nel piacere di poter finalmente bere di nuovo sangue umano, così potente per giunta. Si rialzò con un colpo di reni, e si diresse di nuovo verso il ragazzo.
-Avresti dovuto farti una ragione, della morte della tua famiglia, ragazzo. Non avresti dovuto sfidarmi, non avresti dovuto sfidare il mostro.
Il ragazzo, ancora in ginocchio, iniziò a ridere. Una risata carica di odio.
-Sfidare il mostro? Oh, si! E’ l’unica cosa che mi è rimasta, ucciderti! Farti patire sofferenze atroci, toglierti ogni singola goccia di sangue e spargere le tue ceneri su di esso. Ecco cosa mi ha fatto andare avanti in tutti questi…
Tossì, e sputò un altro fiotto di sangue. Non riusciva a fermarsi, e Spike ne approfittò per sferrargli un calcio alle costole. Il ragazzo rotolò a terra e si rimise in ginocchio, ma quando il vampiro fece per dargli un secondo calcio, la sua gamba colpì qualcosa di molto più duro e tagliente delle costole.
Il ragazzo si rialzò, brandendo un coltello, e tentò l’affondo al collo del vampiro. Spike riuscì a deviare di poco la traiettoria del fendente, ferendosi però alla spalla destra. Senza indugio, il ragazzo partì con una gomitata al volto, ma il vampiro si spostò quel tanto da impedire al colpo di andare a segno, poi colpì a sua volta il fianco del suo nemico. Tentò anche un colpo al volto, ma il ragazzo piegò la testa di lato e lo scansò, dando subito dopo un calcio nella gamba ferita di Spike.

Fu in quel momento che il mondo divenne rosso. Nel momento in cui il vampiro cadeva e la rabbia rompeva ogni argine mentale che lui gli avesse posto in tutti quegli anni. Il sangue iniziò a risalire dai polmoni, dallo stomaco, impedendogli di respirare normalmente, il suo occhio sano iniziò ad avere problemi e la vista si annebbiò, e il mondo continuò ad essere rosso. Ma doveva ancora uccidere Spike. Lo sollevò per lo spolverino, ed iniziò ad affondare il coltello nel suo stomaco ripetutamente. Due, cinque, dieci, trenta volte. Poi con tutta la forza che gli era rimasta, lanciò il vampiro contro un pezzo di ferro che sporgeva dal cumulo di macerie, che si conficcò nella schiena di Spike. Ora il vampiro era caduto a terra, inerme. La gamba destra del ragazzo cedette, e un nuovo accesso di tosse lo stordì e lo rese preda di convulsioni assurde.
Buffy aveva visto tutta la scena ed era rimasta ammutolita. Solo in quel momento urlò.
-Spike! No! Non ucciderlo! No! Adesso lui è… io lo…
Ma il ragazzo non la ascoltò. Le gambe non lo reggevano più, ma iniziò a strisciare, lasciando dietro di se una traccia di sangue rosso. Stringeva di nuovo il paletto adesso. Mancavano solo tre o quattro metri, ma di nuovo le convulsioni…di nuovo il sangue… urlò dal dolore e dalla disperazione. Doveva andare avanti! Strisciò di nuovo, poche decine di centimetri e ce l’avrebbe fatta… Spike non si muoveva. Aprì soltanto gli occhi, ma non poteva muoversi, né parlare. Il ragazzo strisciò ancora, era a solo mezzo metro… allungò il braccio, tenendo sempre il paletto ben saldo… ancora sangue, ancora dolore, di nuovo piccoli fremiti di convulsioni. Ormai i suoi muscoli non avevano più la forza di contorcersi…
-Non…può essere…- mancavano pochi centimetri… sollevò il paletto… e lo portò a contatto con la pelle di Spike proprio nel punto esatto del cuore… ma non poteva alzarsi, non poteva imprimere la forza necessaria per spaccare la cassa toracica e il cuore… era troppo… debole…
Le lacrime iniziarono a uscire dall’unico occhio che gli era rimasto, e sibilò… ma forse il suo voleva essere un urlo…
-No… non ora… ho fallito… così vicino… così vicino… Elisa, aspettami…
E poi morì. Con l’occhio aperto in un’espressione di odio feroce rivolto a Spike, il ragazzo morì.
Per Spike il pericolo non era ancora passato, però. Il sole stava cambiando posizione, e stava per raggiungerlo… e lui non era in grado di muoversi. Potè soltanto dire:
-Buffy…ti prego, aiutami!
Ma la cacciatrice era bloccata sotto le macerie, forse con entrambe le gambe rotte, e le energie iniziavano a venirgli meno. La vista era sempre più confusa, e d’un tratto, impotente, svenne.
Il raggio di sole toccò le gambe morte del ragazzo, si spostava rapidamente… pochi minuti, forse pochi secondi, e Spike sarebbe bruciato…
Poi due mani esili, con poca forza, lo sottrassero alla morte. La sua vista era annebbiata, ma gli parve di riconoscere la sua salvatrice:
-Grazie…briciola…- poi svenne.


Il sole tramontò sulla cittadina, mentre una cacciatrice molto provata era distesa sul letto dell’ospedale. Le avevano ingessato la gamba destra, la sinistra non presentava fratture. Down sedeva su una sedia di fianco a lei, mentre Xander camminava avanti e indietro ai piedi del suo letto.
-Raccontami… di nuovo… - chiese Buffy all’amico.
-Te l’ho già detto, Buffy… Non c’era nessun cadavere la sotto. Quando sono arrivato ho trovato soltanto te e Down.
La ragazza più giovane chiese, forse per la quarta volta:
-Sei sicuro che non ci fossero tracce nemmeno di Spike?
Xander scosse la testa.
-Mi dispiace… ma quel posto era del tutto inondato dalla luce del sole quando sono arrivato… io… probabilmente è…
Buffy cominciò a piangere in silenzio, e Down la abbracciò. Xander scosse la testa, sconsolato, e decise di andarsene. Non aveva mai sopportato Spike, ne Angel prima di lui. Decise di andarsene, non era partecipe di quel dolore. Ma capiva una cosa: ora Buffy si sarebbe sentita di nuovo sola, senza nessuno. Per quanto non potesse concepire l’idea che lei amasse Spike, ormai l’aveva accettata passivamente. Sapeva che ora avrebbe dovuto rimanerle vicino, e lo avrebbe fatto, perché è questo che fanno gli amici. Si avviò in silenzio verso l’uscita dell’ospedale, chiedendosi cosa ne fosse stato del ragazzo misterioso.

(wip)