SENZA TITOLO

AUTRICE:SASHA_ATK

E’ notte.

Una notte molto buia.

Non c’è la luna.

L’oscurità regna sovrana.

Una leggera nebbia invade le strade ormai deserte.

E’ tardi ormai….o forse è già presto per il domani…

La nebbia, compagna del fumo diurno, riveste ogni cosa…

…anche i vetri delle finestre…che sembrano dei veli…

Il silenzio regna sovrano…

…la città sembra addormentata…

…nessuno può sentire che un cavallo sta volando attraverso gli stretti vicoli…

…nessuno vede quel mantello nero fluttuare velocemente nell’aria ghiacciata…

…nessuno posa gli occhi sul lucente manto corvino di quel divino animale…

…nessuno vede…

…ma tutti sanno che qualcuno si muove nell’ombra…

…resta solo da stabilire se sia un bene oppure no…

 

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-Sir Robert, desiderate altro?- chiese educatamente il maggiordomo al suo signore.

-No Wyatt…vai pure…- scuotendo leggermente la testa e con un leggero movimento della mano liquidò il servitore.

Il Duca di Southampton si lasciò cadere sulla poltrona di pelle con un sospiro.

Era stanco.

Tempi duri per la nobiltà, specialmente la parte ‘reale’ dei nobili…

Re George non era ben visto dal popolo, e dopo l’esempio francese la situazione poteva presto degenerare.

Ripensò alla sua defunta moglie, Lady Elisabeth Sterne di Southampton, la luce della sua vita, ma anche la sua debolezza…

Se in quel momento fosse stata accanto a lui, lo avrebbe delicatamente rimproverato, ricordandogli che il rimuginare non è per i nobili d’alto rango come loro…

-eh già…- sospirò accarezzando la fede che dopo tanti anni portava ancora al dito.

-Noi siamo nobili…la nobiltà è benedetta dal Signore…-

Sir Robert era in preda ad un profondo sconvolgimento interiore, non era un buon momento per il ducato…gli abitanti di Southampton erano sempre più insoddisfatti, una manifestazione in piccolo di quello che invece stava accadendo in tutta l’Inghilterra e che aveva Londra come fulcro.

Il Re non era in grado di amministrare lo Stato, gli riusciva meglio seminare il malcontento fra il suo popolo e sotterralo di tasse, ma d’altra parte lui era il Re, la mano di Dio si appoggiava sul suo capo e il suo scettro era impugnato dalla volontà divina…

…o almeno questa era la convinzione di gran parte della nobiltà inglese…

-Avanti…-

Qualcuno aveva bussato e forse non soltanto una volta…

-Padre…felice di rivedervi…- una graziosa fanciulla fece il suo ingresso.

-Mia cara…che gioia…- il vecchio Robert si alzò e girando intorno alla sua grande scrivania si diresse verso la figlia.

La giovane duchessa avanzava sorridente verso il padre.

Era molto bella, i lunghi capelli castani erano magistralmente raccolti e ingentilivano il suo già grazioso viso. Il delicato collo era impreziosito da una raffinata collana ornata da piccole pietre blu…le spalle erano scoperte, il bel vestito fasciava la sua figura esaltandone le forme perfette senza tuttavia risultare volgare…seta azzurra sulla sua pelle.

-Siete sempre più graziosa figlia mia…-

La ragazza fece un leggero inchino mentre il vecchio padre prendeva una piccola mano guantata fra le sue…

-Padre siete sempre gentile…- rispose lei sorridendo.

-Siete arrivata con un giorno di anticipo…anche Liam è venuto con voi?-

-…veramente, Liam ci raggiungerà domani sera…sapete è partito ieri mattina presto per la famosa battuta di caccia tenuta dal marchese Johnson, non poteva proprio mancarvi…quanto a me ho deciso di partire ugualmente, se avessi atteso Liam…probabilmente domani sera alla festa sarei stata di cattivo umore per la stanchezza del viaggio…-

-Avete fatto bene allora…- annuì Sir Robert.

-Sapete quanto io adori queste cose…e dite avete già organizzato tutto…in ogni minimo dettaglio?- chiese la duchessina incuriosita.

-…Certamente mia cara….e la diretta interessata verrà tenuta egregiamente all’oscuro di tutto….fino…ecco….hem…fino al momento giusto….- dichiarò il padre forse un po’ imbarazzato.

-….oh cielo sento nell’aria il profumo di una grande sorpresa…quale sarà il vostro regalo padre?-

L’interessante discorso fu interrotto da un sommesso bussare alla porta…

-Avanti- disse ancora il Duca di Southampton.

Una giovane cameriera fece il suo ingresso, aveva la carnagione bianca come il latte e i capelli rossi come il fuoco raccolti in una treccia diligentemente sistemata al di sotto della bianca e immacolata cuffietta.

-Sir Robert…perdoni l’intrusione…mi hanno incaricato di venire a servirvi il the…non volevo disturbare…-

La ragazza era impacciata, non sapeva che insieme al duca ci fosse una delle figlie…non l’avevano informata e così il vassoio era fornito di tutto il necessario…ma solo per una persona.

-Entra pure…hem….- si oscurò per un attimo in volto, non ricordava il nome della cameriera…non lo riteneva un fatto di vitale importanza, ma in qualche modo gli dava sui nervi farsi cogliere impreparato dalla sua servitù.

-…Willow…Signore- si affrettò a dire la ragazza.

-Perdonate padre…lasciate fare a me…- Cordy, come veniva chiamata affettuosamente da suo padre e dalle sorelle, prese parola…

-Lascia qui il vassoio…e provvedi subito a portare un’altra tazza per me…come pensi che possa bere altrimenti?- la voce della duchessa risuonava forte e sicura, la fanciulla conosceva bene i suoi ‘poteri’.

La povera Willow iniziò a balbettare qualcosa in scusa, ma continuava a restare ferma e immobile al centro della stanza, con tanto di vassoio in mano nonostante questo cominciasse anche a pesare…

-Mi hai sentito? Su non stare lì ferma immobile…-

Gli occhi scuri di Cordelia brillavano di indignazione.

-Oh scusate duchessa…perdonate io non sapevo…- Willow appoggiò il vassoio sullo scrittoio del duca e poi sempre balbettando e ancora più pallida del solito uscì velocemente dallo studio per obbedire agli ordini della figlia del Duca di Southampton.

Povera Willow, neanche un mese di presenza al castello e aveva già avuto modo di incontrare Cordelia, una delle tre figlie del Duca…

Emily Cordelia Southampton era la secondogenita di Sir Robert e di Elisabeth di Southampton. Come le sue sorelle era una bella fanciulla, istruita come si conviene per una nobile del suo rango e altrettanto presuntuosa.

Non viveva più a Southampton, soltanto l’anno prima erano state celebrate le nozze con il marchese Liam Howell Evans Goldsmith, un affascinante aristocratico di origine irlandese, per la precisione di Galway…proprietario di una grande tenuta nel Dorset , dove vivevano per la maggior parte dell’anno, trasferendosi a Galway soltanto durante la stagione estiva.

Così nell’aprile precedente Emily Cordelia Southampton era diventata Emily Cordelia Southampton Goldsmith di Galway, una sfilza di nomi che contribuivano a renderla orgogliosa e sfacciata riguardo alla sua nobile condizione, a soli 23 anni grazie al buon matrimonio contratto era la ‘Signora di Galway’ come veniva spesso soprannominata nei salotti londinesi. Tutti la trattavano con grande rispetto lei e il marchese Liam erano tenuti in grande considerazione tra la nobiltà inglese, motivo d’orgoglio per il vecchio Duca di Southampton fautore dell’incontro fra i due giovani, come del resto era già avvenuto con la prima delle sue figlie.

La primogenita del ducato di Southampton era Lady Cecily, tra lei e Cordy correvano soltanto due anni.

Cecily Southampton era una vera nobildonna, i suoi modi e le sue maniere erano le più raffinate che mai si potessero riscontrare in una fanciulla di alto rango. Era la personificazione della perfezione, o almeno era questo che lei stessa pensava. Era una donna colta ma fredda, distaccata dalla realtà popolare e continuamente alla ricerca di un miglioramento della sua posizione…

…nell’aspetto si potevano riconoscere i tratti del padre un po’ come la sorella Cordelia…tuttavia il pensiero e l’azione era riconducibile agli ideali materni, seppur la fanciulla stessa non avesse avuto molto tempo per conoscerla.

 

La duchessa Elisabeth morì dando alla luce la sua terza figlia…una notte buia e fredda di metà gennaio aveva trovato Lady Elisabeth colta impreparata all’imminente parto…secondo il dottore, infatti, il tutto sarebbe dovuto accadere ben tre settimane più tardi…

…la bimba venne alla luce dopo un travaglio lungo e faticoso, durante il quale la duchessa si era molto indebolita…

Sir Robert era stato tenuto lontano a forza dalla stanza dove, sua moglie, stava trascorrendo le ultime ore della sua vita…una volta che sua figlia vide finalmente la luce lui non fu presente, era troppo ubriaco persino per tenere gli occhi aperti…

La bimba sembrava sana, piangeva senza sosta…la levatrice purtroppo dovette affidarla subito alla balia, doveva occuparsi della madre che pian piano stava spegnendosi a causa di una forte emorragia.

La giovane Joyce iniziò a ripulire la piccola duchessina che non smetteva di piangere, mentre la vecchia MaryJane si prodigava per la sua signora.

Quando la piccolina fu pronta per essere messa nelle braccia della mamma, Lady Elisabeth Sterne di Southampton non faceva più parte del mondo terreno.

Giorni funesti seguirono subito dopo.

Quando la mattina successiva venne presentata la piccola a Sir Robert, questi si rifiutò di vederla…in compenso si rinchiuse per tutto il giorno nella stanza dove giaceva il corpo della sua adorata Elisabeth. Ne uscì a tarda sera, ma non volle parlare con nessuno…si limitò soltanto a cacciare in malo modo la vecchia levatrice, colei che aveva fatto nascere anche le sue figlie più grandi.

Joyce e Antoinette, la dama di compagnia della duchessa, provarono ad avvicinargli la bimba, ma lui non volle saperne.

Passò una settimana e lui non aveva ancora guardato la sua bimba nemmeno una volta, in compenso si era consolato dedicandosi a svuotare bottiglie su bottiglie di wiskey. La piccola Cecily, che allora aveva cinque anni, quando capì che la sua mamma non sarebbe più tornata prese ad odiare la sua sorellina, per giorni si rinchiuse in un triste silenzio intervallato soltanto da qualche breve scatto di rabbia o qualche capriccio. Emily, anzi Cordy come veniva chiamata da Cecily, era troppo piccola per capire realmente cosa fosse successo, per lei la piccolina era come una bambola…già proprio come se una delle sue numerose bambole avesse preso vita…anzi non vedeva l’ora che crescesse un po’ per giocare insieme a lei.

Dopo dieci giorni, Sir Robert mutò completamente atteggiamento. La mattina del decimo giorno, molto presto, praticamente all’alba, uscì dalla sua stanza rimesso a nuovo…pulito ordinato, era tornato a essere il Duca di Southampton …

Si diresse verso la nursery e dopo qualche attimo di esitazione aprì lentamente la porta…

Il sole cominciava a illuminare debolmente la stanza, il fuoco ardeva nel camino e Joyce giaceva addormentata su una sedia accanto alla piccola culla.

Il Duca si avvicinò e la scosse leggermente.

Joyce aprì lentamente gli occhi, ma si alzò subito non appena vide il suo Signore.

-Ho bisogno di stare solo con mia figlia- le comunicò lui, con la massima calma.

La ragazza per qualche secondo fu presa dal panico e gettò uno sguardo preoccupato alla piccolina che dormiva placidamente.

-Per favore…- disse ancora il Duca…e quella fu probabilmente la prima in volta, in tutta la sua vita, che pregava una serva…

Joyce abbassò lo sguardo e uscì dalla stanza senza fiatare, dopo aver guardato gli occhi del suo Signore sapeva che qualcosa era profondamente cambiato.

Una volta che Joyce uscì, Sir Robert si avvicinò alla culletta, si chinò leggermente in avanti e sollevò il velo che la ricopriva.

E lì s’innamorò.

In quel momento non era più un duca, non era più un nobile era solo un marito disperato che aveva perso la sua adorata moglie…era solo un padre che vedeva per la prima volta la sua piccola creatura e se ne innamorava perdutamente.

-Mi dispiace piccolina…- gli occhi lucidi e parole sussurrate, le stesse che probabilmente si sarebbe trovato a pronunciare qualche anno più tardi.

Accarezzò gentilmente una guancia della sua bambina.

Era bellissima.

Aveva soffici capelli biondi, come sua madre e i graziosi pugnetti chiusi…il nasino piccolissimo e leggermente all’insù…

In quel momento la bimba aprì gli occhi e lui rimase folgorato…

…due bellissimi smeraldi si posarono su di lui e anche se probabilmente erano ancora troppo piccoli e inesperti per guardarlo veramente, lui ne fu ammaliato e in cuor suo sapeva già che in futuro avrebbe parecchio risentito di quell’effetto…

Inevitabilmente si commosse…

…quegli occhi erano gli occhi della sua sposa…

Lady Elisabeth aveva voluto fargli un ultimo regalo, lasciando un po’ di se stessa in quel fagottino…

Prese delicatamente una manina di sua figlia fra le sue…

-Ti voglio bene…Elisabeth…-

Quel giorno era finalmente nata la sua ultima bambina…

…la terza duchessina…

…non sapeva né come né perché…ma intuiva già che sarebbe stata speciale…

Elisabeth Anne di Southampton…

…la terza duchessina…

 

Col passare degli anni le tre giovani diventarono tre fanciulle graziose e rispettate all’interno della società aristocratica. Nonostante tutto Cecily aveva imparato ad amare sua sorella, a modo suo certo….ma l’amava. Tutte e tre erano dotate di bellezza e intelletto anche se come già detto, intrisi di altezzosità e presunzione, ma forse non era colpa loro…dopotutto erano nobili per diritto di nascita e come sempre aveva sostenuto la defunta Lady Elisabeth, ogni loro desiderio era un dovere per la ‘plebaglia’…

 

 

Elisabeth stava dormendo profondamente.

Lei adorava dormire sino a tardi il mattino, nessuno avrebbe mai osato svegliarla appena qualche minuto dopo che il sole iniziava a riscaldare il davanzale della sua finestra, dove si affacciavano le meravigliose rose che il duca stesso vi aveva fatto disporre quando la piccolina aveva compiuto tre anni.

Joyce entrò nella grande camera in punta di piedi.

Si avvicinò alla finestra e spalancò le tende…

…brillanti raggi solari danzarono tutt’intorno andandosi poi a posare sulla sua padroncina…

Joyce si fermò ad osservarla un secondo…

…eh sì la sua bambina, come ormai lei la considerava, era bellissima…

I lunghi capelli biondi erano sparsi sul morbido cuscino, la fanciulla aveva ancora gli occhi chiusi.

Joyce dovette riconoscere che sembrava proprio un angelo, almeno quando dormiva.

-Miss Elisabeth è ora di svegliarsi…- comunicò mentre le scuoteva gentilmente un braccio.

La fanciulla brontolò qualcosa, poi si girò su un fianco dandole le spalle e si coprì la testa col cuscino.

-Signorina forza vostro padre vi attende ed è arrivata stamani vostra sorella, la marchesa Emily…- disse ancora Joyce.

Queste parole sortirono il loro effetto, la giovane duchessa si voltò di scatto verso la sua dama di compagnia e si mise a sedere sul letto.

-Cordy è qui? Oh cielo perché non me lo hai detto prima?- velocemente indossò le sue babbucce e la vestaglia per andarsi a sedere alla toeletta.

-Presto Joyce, non voglio far aspettare oltre mia sorella…non è mai arrivata un giorno prima del mio compleanno…forse potremmo passare un po‘ di tempo insieme…-

Joyce si avvicinò alla sua Signora per iniziare a pettinarle i lunghi capelli dorati, ma maldestramente urtò un vaso di fine porcellana che era appoggiato su di una colonna vicino al letto.

Il vaso andò in frantumi e Joyce rimase immobilizzata ad un passo dai cocci.

-Joyce! Non sei più in grado di muoverti? Lascia stare…pulirai dopo…adesso vieni qui, aiutami…-

La giovane donna obbedì alla duchessa, eh già in certi momenti dimenticava che chi aveva di fronte era una giovane nobildonna e non più la piccolina che lei aveva accudito sin dalla nascita…le si stringeva il cuore quando la vedeva così simile a tutti gli altri…pensava che fosse diversa…ma forse era solo una leggera forma di presunzione, derivante dal fatto che lei stessa le era stata accanto quando aveva mosso i primi passi…

Forse da qualche parte, seppur ben nascosto, doveva esserci lo scrigno che conteneva tutte le meravigliose qualità che la sua Elisabeth aveva…e Joyce non poteva far altro che cullarsi in quest’illusione, specialmente quando la sua padroncina la rimproverava, o per esempio quando appena alzata da letto, si avvicinava al suo guardaroba…lo apriva e le dava disposizione in modo che gli abiti più…hem usati, e sottolineo il termine ‘usato’ perché vedete la nostra dama non utilizzava un abito per più di un ballo, al massimo lo riproponeva per un informale thè pomeridiano…dicevamo? Ah sì gli abiti più ‘usati’ dovevano essere impacchettati e spediti in solaio…ed era d’obbligo che subito venisse convocato il sarto per prendere le misure e confezionarne di nuovi…

-Non tirarmi i capelli…fa attenzione…- le disse la duchessina prima ancora che Joyce avvicinasse la spazzola a quella seta dorata….

-No signora…- rispose la nutrice.

Nella sua voce una puntina di rammarico, ma sicuramente la sua signora non l’aveva minimamente notata…

 

 

- Charles per favore chiudi quella tendina…il sole è fastidioso…ho già un gran mal di testa…questo viaggio è alquanto inopportuno e detestabile in ogni suo dettaglio…- una voce giovane e con un accento strascicato…

-Come desidera signore…-

L’uomo fece quanto gli era stato ordinato, poi tornò a sistemarsi quietamente al suo posto, sempre con il suo inseparabile fazzoletto bianco tra le mani.

Un lieve sobbalzo…il giovane alzò per un attimo gli occhi al cielo per poi chiuderli subito dopo, l’uomo che era insieme a lui si riportò il fazzoletto alla bocca forse per la milionesima volta da quando il viaggio era cominciato.

 

-Madre…-

La donna si voltò e la sua vita ricominciò nel momento in cui i suoi occhi incontrarono di nuovo quelli del suo ultimogenito.

Si asciugò le mani sul vecchio grembiule e un pallido sorriso comparve sulle sue labbra…ma rimase ferma al suo posto…vicino alla fontana dove stava facendo quello che era il suo lavoro da quando…bè da quando aveva memoria…

Il giovane era a qualche passo di distanza, era molto magro…i vestiti che indossava non erano di certo della sua taglia ma sembravano puliti anche se tuttavia erano vecchi e contrastavano decisamente con l’aspetto malconcio del ragazzo.

-Madre…- ripetè di nuovo con voce incerta e flebile…

-Pete…oh Pete…sei davvero tu?-

Questa volta i grigi occhi della lavandaia si erano riempiti di lacrime, le sue mani livide e segnate di duroni e tagli stringevano convulsamente il grembiule….

-…sono libero…madre…- e il giovane piangendo si diresse verso l’anziana madre che l’accolse prontamente tra le braccia. Entrambi si ritrovarono a singhiozzare accasciati sul terreno fangoso…

-Figlio mio…non sai quanto ho pregato…quanto ho sperato…

Ed ora sei finalmente qui…oh Pete…un mese che mancavi da casa….-

-Madre…è tutto passato…ma io non ho rubato nulla, sai? Io non c’entro madre…- disse il ragazzo con una punta di ansia e paura nella voce…mentre guardava l’anziana donna negli occhi…

-Oh Pete…lo so…l’ho sempre saputo…e tuo fratello Jack voleva venire a liberarti…- e gli accarezzò dolcemente una guancia.

-Fortunatamente ti hanno liberato…hanno capito di aver fatto un errore…- e la donna sorrise di nuovo…

-No madre…non sono stato liberato da loro…non ci sono state scuse…e perdono…-

Un lampo di terrore passò sul volto della vecchia lavandaia…

-Oh Pete…e allora come?…- chiese confusa.-…sei…sei scappato tu?…-

-Madre…sono stato liberato da qualcuno…si fa chiamare Slayer…o almeno l’hanno chiamato così i soldati, quando è comparso all’improvviso in sella al suo cavallo, con la balestra in mano…- iniziò a spiegare Pete.

-Ma…ma…oh cielo Pete…ma dove…-

Ma il figlio la interruppe….

-Mi stavano portando alla gogna mamma…-

Il giovane deglutì e poi…

-…volevano lasciarmi lì per una settimana…prima dell’impiccagione…- terminò il ragazzo abbassando lo sguardo.

La madre divenne pallida come gli stracci che ogni giorno lavava in quella fontanella…

-Oh Pete…bambino mio…- e lo strinse di nuovo tra le braccia cullandolo dolcemente…

Sentii che il ragazzo si irrigidiva leggermente…lo fece voltare e iniziò a sollevargli la camiciola che indossava, il giovane provò a fermarla…ma lei continuò…

E lei vide…

…vide e sussultò, come se tutte le frustate che aveva ricevuto suo figlio, fossero inferte a lei in quel momento.

-Madre…è tutto finito ora…-

La donna lo interrogò con lo sguardo e poi parlò…

-Ma cosa farai adesso…cosa faremo?- domandò apprensiva, sicura che i guai per loro non fossero ancora finiti…

-Devo andarmene di qui…non posso correre il rischio che mi trovino a casa…vi farebbero del male…-

La donna tremò al pensiero che il suo Pete, appena quindicenne, avesse già dovuto sopportare tanto.

-Pete…-

Il giovane si sciolse gentilmente dal suo abbraccio e tirò fuori tre sacchettini di velluto nero che aveva nascosto in diversi punti strategici, stivali compresi…

-Oh per la Grazia Divina!…Figliolo…dove…-

E ancora una volta la donna venne interrotta…

-Dopo che mi ha liberato…il misterioso cavaliere mi ha fatto salire sul suo cavallo e siamo partiti al galoppo, sembrava quasi come volare…neanche una parola madre…dopo che aveva battuto tre soldati e mi aveva liberato siamo partiti veloci…abbiamo attraversato la campagna…poi ci siamo fermati in un bosco…ma non ha mai parlato…mi ha solo fatto cenno di scendere, ha aperto una bisaccia legata alla sella e ha tirato fuori un fagotto che conteneva questi abiti…- spigò indicando quello che indossava.

-…poi mi ha lasciato in mano questi sacchetti di monete…- concluse.

-Figliolo…non ho parole…- la sorpresa albergava sul volto della vecchia lavandaia.

Il giovane aprì un sacchetto e mostrò alla donna che conteneva un bel mucchio di monete d’oro.

-Sono tante…ecco…prendetele voi…- e lasciò nelle mani della donna due sacchetti, poi prese il terzo, lo aprì e versò in uno degli altri due metà del contenuto.

-Ecco tenete…a me basteranno queste monete…- e ripose il sacchettino semivuoto nello stivale sinistro.

-Bambino mio, se solo tuo padre potesse vederti…- la donna si commosse.

Il ragazzo abbracciò la madre.

-Sono sicura che lui vede madre, lui vede tutti noi…che il Buon Dio l’abbia in Gloria…-

Pete si sciolse delicatamente dall’abbraccio materno.

-E’tempo, devo andare adesso…- e la guardò amorevolmente negli occhi.

-Abbi cura di te figlio mio…- rispose la donna abbracciandolo di nuovo.

-Lo farò madre…abbracciate gli atri da parte mia…e forse un giorno ci rivedremo…-

-Lo farò Pete…-

-Andrò verso sud…ma sarà il destino a decidere la mia meta…pregate per me….addio mamma…- sussurrò il ragazzo con voce rotta dall’emozione.

-Lo farò Pete….lo farò…- lo lasciò andare e con gli occhi pieni di lacrime lo vedeva a malapena mentre si allontanava verso il bosco. Si udirono dei passi nel corridoio, leggeri e veloci, un attimo dopo la porta dello studio di Sir Robert venne spalancata…

Il vecchio Duca non aveva dubbi su chi avesse agito in modo così poco ‘ortodosso’…

-Cordy!-

Lady Elisabeth fece il suo festoso ingresso e corse ad abbracciare la sorella, la quale tuttavia rimase rigida nella sua posizione.

-Come sono felice di vederti!- e la strinse in un poco elegante abbraccio.

-Elisabeth, pensavo che i tuoi modi si fossero perfezionati col tempo, ma a quanto pare sono in errore…queste tue…manifestazioni…sono particolarmente infantili e inoltre mi stai sgualcendo l’abito…- Emily Cordelia di Galway redarguì la sorella minore.

-Chiedo scusa…Cordy. Hai ragione tu, mi sono lasciata trasportare ma ciò è dovuto al fatto che sono ben sei mesi che non ci vediamo.-

La duchessina si ricompose.

Sir Robert sorrise per un attimo…a volte la sua terzogenita gli sembrava diversa, ma forse era solo un’illusione.

-D’accordo Elisabeth…sei perdonata, ma ti rammento che in pubblico dovrai rivolgerti a me chiamandomi Lady Emily…o Lady Goldsmith…e non dovrai assolutamente darmi del tu…-

-Certo Cordelia.- adesso Elisabeth aveva pienamente riacquistato la serietà e la compostezza che la caratterizzavano.

-Padre se non avete bisogno che io resti qui con voi, chiedo il permesso di ritirarmi…-accennò Elisabeth con una riverenza.

-Certamente Elisabeth, se non sbaglio un’interessantissima lezione di storia ti attende in biblioteca…-

-Oh padre, perché mai volete costringermi a tali…torture…le lezioni sono noiose e la biblioteca è…buia, la mia pelle delicata ne risente…- si lamentò la duchessa imbronciata mentre si sfiorava delicatamente una guancia.

Sì sicuramente Sir Robert aveva delle allucinazioni saltuarie…

-Suvvia Elisabeth…andate. La conoscenza torna sempre utile, prima o poi…-

Elisabeth alzò gli occhi al cielo e svogliatamente si diresse verso la porta.

-Elisabeth…- la chiamò Cordelia un attimo prima che lei abbassasse la maniglia.

La giovane duchessa si voltò guardandola interrogativamente.

-…anche io sono felice di rivederti…- ammise Lady Emily con falsa non curanza.

Un sorriso illuminò il volto di Elisabeth…

-La ringrazio Marchesa Goldsmith, sono onorata che la Signora di Galway mi sia affezionata in questo modo…- e si esibì in un’elegantissima riverenza.

Cordelia si dimostrò compiaciuta.

-…spero soltanto che il regalo di Sua Signoria, per il mio compleanno, sia all’altezza di una nobildonna del mio rango.- e velocemente uscì dallo studio richiudendosi la porta alle spalle con un’espressione divertita dipinta sul volto.

Anche Cordelia non poté fare a meno di concedersi un sorrisino, prima di riportare l’attenzione verso il suo nobile genitore.

-Padre…state bene?-

Il vecchio duca si era avvicinato al camino e fissava pensieroso le fiamme.

-Certo mia cara…stavo solo pensando…- rispose voltandosi verso la figlia -…il tempo scorre inesorabile…mi sembra ieri quando non sapeva neanche parlare e invece guardala…- e si portò alle labbra la tazza di the, le fiamme che riscaldavano l’ambiente si riflettevano nei suoi occhi che erano diventati improvvisamente lucidi.

-Padre il tempo è al nostro servizio…basta volerlo…-

La Marchesa di Galway gli poggiò delicatamente una mano su una spalla…timido tentativo di conforto.

Di nuovo qualcuno bussava alla porta.

Il duca diede l’ordine di entrare senza neanche voltarsi.

-Signore!-

Un trafelato Wyatt fece il suo ingresso.

Il tono del maggiordomo, solitamente calmo e pacato, attirò l’attenzione del Signore di Southampton.

-Wyatt…a cosa devo tutta quest’urgenza?- domandò leggermente contrariato.

-Mi perdoni Signore ma la carrozza del Duca di New Castle Upon Tyne ha appena fatto il suo ingresso nel parco, fra meno di dieci minuti sarà qui…- riferì in ansia il maggiordomo.

-Santi Numi! Ma non era previsto così presto il suo arrivo….- si voltò verso la figlia spalancando gli occhi…Cordelia in risposta si strinse semplicemente nelle spalle.

-Va bene Wyatt. Schieratevi all’ingresso e accoglietelo come si conviene, mi raccomando informatelo che lo riceverò questo pomeriggio nel mio studio alle cinque precise…Dite che non sono venuto ad accoglierlo di persona…mm vediamo…ecco sì, ditegli che sto effettuando il consueto giro della tenuta in carrozza…Ah se Sua grazia desidera sarà servito il pranzo alle dodici in punto…naturalmente io non sarò presente, informate Lady Cecily e il conte Pryce che terranno compagnia al Duca di Southampton. Mi raccomando Watt fa in modo che l’istitutore trattenga Elisabeth in biblioteca fino alle tredici…Hum questo pomeriggio mia cara…- ora si rivolse a Cordelia - vi sarei grato se accompagnaste Elisabeth a Salisbury…dalla zia Agatha, purtroppo come sapete non sarà alla festa, ma desidererebbe ugualmente vedere vostra sorella …-

-Come volete voi…ma dite, state per caso cercando di…vediamo…nascondere Elisabeth al nostro illustre ospite?- domandò sicura la marchesa con un guizzo malizioso negli occhi color nocciola.

-Onestamente? Sì…- fu la sincera risposta di Sir Robert.

Cordelia annuì, ma in cuor suo si domandò come mai suo padre avesse disposto in tal maniera la faccenda…e poi la visita a zia Agatha, se tutto va bene non la vedevano da una decina d’anni…

-Wyatt…puoi andare…-

Il maggiordomo si inchinò rispettosamente e poi uscì…

-Mia cara se ora potete lasciarmi solo…vi farò chiamare io stesso,poco prima del pranzo…-

La marchesa diede un bacio al padre e poi dopo la consueta riverenza fece come lui le aveva chiesto, lasciandolo in compagnia soltanto dei suoi pensieri.

Tuttavia il duca non era l’unico a essere soprapensiero, anzi forse i pensieri del duca davano…da pensare alla marchesa, infatti costei era omai giunta in quella che era la sua stanza da fanciulla, quando un’idea prese forma nella sua mente.

Come mai suo padre voleva evitare che Elisabeth e il duca si vedessero prima della festa?…Perché ricorrere a tutta questa macchinazione assurda?…E soprattutto perché neanche lei poteva incontrare il prestigioso ospite prima dell’avvenimento del giorno dopo?

Ben presto fu letteralmente divorata dalla curiosità.

Doveva assolutamente vederlo questo famoso duca…

Uscì dalla stanza e scese dabbasso pronta a raggiungere l’ingresso e a fare gli onori di casa.

 -E così questa dimora sarebbe il vanto del Duca di Southampton?-

Una carrozza era da poco giunta nel grande parco antistante Southampton’s Manor.

Il giovane che vi era a bordo, di cui già prima abbiamo accennato, aveva spostato per qualche secondo la tendina per dare un’occhiata al di fuori. La sua mano finemente guantata era poi tornata ad adagiarsi mollemente sul bracciolo dell’elegante sedile.

-Ma signore, è nota in qualsiasi salotto borghese e perfino a corte la magnificenza e l’eleganza del ducato di Sir Robert di Southampton.- il buon Charles redarguì gentilmente il suo padrone, sapeva che nel momento in cui il signorino esprimeva un’idea sarebbe stato molto difficile fargliela cambiare, ma d’altra parte non poteva permettere che proprio il cugino del re liquidasse con sufficienza una delle più potenti famiglie di tutta l’Inghilterra.

-…allora così sia…- replicò il giovane, ma non vi era accondiscendenza nella sua voce.

La carrozza rallentò l’andatura e poco dopo si fermò del tutto.

Charles ripose prontamente il bianco fazzoletto nella tasca interna della sua livrea, quindi si alzò e scese.

Nel frattempo all’ingresso di Southampton House si erano schierati alcuni servi del duca e un passo davanti a tutti, pronto a ricevere l’illustre ospite, stava Wyatt.

Charles sbloccò una levetta al di sotto della carrozza e subito una scaletta dorata, composta da due gradini, si allungò verso il pavimento.

-Signori ho l’onore di annunciarvi Sir William Percy Atkinson Duca di New Castle Upon Tyne.- Charles si inchinò non appena il suo signore poggiò un piede sul primo gradino.

-Vostra Grazia, vogliate accettare il nostro benvenuto.- Watt e tutti gli altri si inchinarono davanti a giovane duca.

-Vi ringrazio…- rispose il giovane annoiato, senza neanche degnare di uno sguardo il maggiordomo del suo ospite…poi sbuffò leggermente…

-Sufficientemente educato da parte vostra, volete forse supplire in qualche modo al fatto che il vostro signore non è qui ad accogliermi come esige l’etichetta?- commentò petulante senza scomporsi di un millimetro.

Charles alzò brevemente gli occhi al cielo.

Wyatt sbiancò e la sua fronte si imperlò di sudore, nonostante Sir Robert l’avesse adeguatamente istruito in merito a come comunicare al giovane Atkinson la sua mancata presenza, non era pronto a ‘scontrarsi’ con una…seppur nobile…arroganza.

-Oh signore…vogliate perdonare, ma non sapevamo che la signoria vostra sarebbe giunta con così largo anticipo…e Sir Robert in questo momento…- il maggiordomo stava per avere una leggera crisi di panico…

-…ciò che il mio maggiordomo sta cercando di comunicarvi Sir…è che mio padre in questo momento è impossibilitato a ricevervi, spero comprendiate…e non consideriate l’avvenimento come una mancanza di rispetto nei vostri confronti. Sono Emily Cordelia di Southampton, siete il benvenuto nella nostra umile dimora…- concluse Cordy con una riverenza e poi porse la sua mano destra al duca Atkinson.

-My Lady…non potrei essere più onorato di ricevere un così caloroso benvenuto da una bellezza nobile e delicata come la vostra.-

William Atkinson si avvicinò alla duchessa con fare elegante, si inchinò come esigeva il galateo da un nobile del suo calibro e in seguito eseguì un perfetto baciamano.

-Sir Atkinson darò disposizione affinché i vostri bagagli vengano subito sistemati negli alloggi che vi sono stati riservati…Vi prego di rivolgervi a Wyatt se vi fosse un qualsiasi cosa che non incontra il vostro gusto. Mio padre, se per voi è comodo, avrebbe fissato un incontro per questo pomeriggio…alle cinque un tè nel suo studio, così avrete modo di parlare come si conviene…-

Cordy era una vera dama, perfetta e impeccabile in ogni occasione non mostrava mai le sue emozioni…non vacillava mai…

-My Lady sarebbe un onore e una delizia per il mio udito se dalle vostre soavi e perfette labbra potessi udire il mio nome…suonerebbe dolce come non è mai stato, chiamatemi William, Duchessa.- lo sguardo del Duca percorse, neppure troppo velatamente, la graziosa figura della sua interlocutrice.

Cosa dicevamo a proposito di Emily Cordelia di Southampton in Goldsmith?

Ah sì, che sapeva sempre controllarsi…

Bè quasi sempre…

-…Come…come desiderate voi Sir…William.- e per una frazione di secondo le sue gote divennero più colorate del solito.

-Wyatt occupati del nostro prezioso ospite, a più tardi duca.-

Cordelia si rivolse al maggiordomo e poi si congedò dal giovane William con una riverenza teatrale.

-Charles.- chiamò il duca schioccando le dita. Il maggiordomo si avvicinò prontamente al Signore.

-Fai recapitare immediatamente questa lettera a Lord Daniel Burrows, naturalmente spero di poter contare sulla tua discrezione…non sia mai che le mie questioni personali diventino soggetto negli sproloqui della servitù di mezza Inghilterra.- sentenziò con voce dura.

-No Signore…certo che no…- si affrettò a ribadire Charles nascondendo però la sua delusione. Quel ragazzo a cui lui stesso aveva insegnato a camminare e che era diventato un nobile pigro e scansafatiche, adesso lo considerava alla stregua di una qualsiasi servetta appena assunta e incapace di tenere la lingua a freno.

Pazienza un buon maggiordomo sapeva accontentarsi anche delle briciole che il suo Signore gli riservava…seppur queste fossero molto rare.

-Quanto a voi…mmm non ricordo il vostro il nome, procedete pure col trasferire i miei effetti personali…badate che niente venga rovinato, quei bauli costano una fortuna…- poi portandosi le mani alle tempie chiuse per un attimo gli occhi…

-Oh santo cielo, tutto questo parlare ha aggravato il mio mal di testa…Ho bisogno di riposarmi, fate in modo che nessuno mi disturbi. Charles, di grazia, un’ora prima dell’incontro pomeridiano col Duca…avvertimi. Mi raccomando, né prima né tanto meno dopo…-

-Certamente Sir…- Charles chinò il capo in segno di assenso.

-Sibille, John e Deacon…i bagagli del duca prego!- ordinò Wyatt con un battito di mani.

-Sir Atkinson, la prego di seguirmi…La informo che alle ore dodici sarà servito il pranzo, il mio signore non sarà presente, ma se gradite sarete in compagnia della Duchessa e del Conte Pryce.- Wyatt si inchinò e il giovane duca lo precedette…ovviamente nessuno poteva camminare davanti al cugino del re, di norma infatti gli appartenenti a ranghi inferiori e a maggior ragione i servi, dovevano stare almeno due passi indietro…

 -Buongiorno mia adorata…-

Sir Robert si schiarì la voce.

-Fra poche ore la nostra bambina festeggerà il suo ventesimo compleanno…-

La voce tremava leggermente mentre una rosa bianca veniva deposta accanto alla lapide di Lady Elisabeth Sterne di Southampton.

-…e sai cosa accadrà domani vero? Spero solo di far la cosa giusta…perme rimane sempre una bambina…tuttavia il Duca di NewCastle è un ottimo partito, si paventa addirittura che possa essere il successore di re George…Ma ci pensi Elisabeth cara? La nostra bambina potrebbe essere la futura regina d’Inghilterra! Sii fiera di me tesoro, neanche tu saresti stata in grado di trovare partito migliore…-

Il vecchio Southampton si inginocchiò, chiuse per un attimo gli occhi e poi si rialzò.

Visitava ogni giorno la tomba della moglie e le parlava come se lei potesse ancora rispondergli.

Con passo stanco e sguardo pensieroso si preparò per tornare al suo studio, aveva ancora un po’ di tempo per riflettere su quello che doveva succedere l’indomani,prima di pranzare con la sua secondogenita.

 

-Arredi apprezzabili…ancora lontani dalla raffinatezza di NewCastle, ma tuttavia tollerabili.- decretò Sir William con la sua abituale cadenza strascicata nel momento in cui gli venne chiesto se le stanze fossero di suo gradimento.

-Desiderate qualcosa Sir?- chiese gentilmente Wyatt, ignorando deliberatamente l’ultima parte del commento di William.

-Sì…direi, direi dei tendaggi nuovi, neri per la precisione…tutto questo colore non giova certamente alla mia emicrania!- sbottò portandosi le mani alle tempie e massaggiando lentamente.

-Come sua Signoria desidera…- rispose il maggiordomo abbassando lo sguardo.

-Oh…un’altra cosa. Il viaggio è stato tremendo, la carrozza ha danzato un minuetto col mio stomaco…avreste per caso un gabinetto?- concluse piccato il Lord.

-Ma…ma naturalmente sir, la porta alla vostra sinistra…- balbettò Wyatt ancora con gli occhi fissi sul pavimento, quindi non riuscì a vedere il rapidissimo sorriso di scherno che animò per qualche secondo le labbra di Sir William.

-Bene…ora lasciatemi…- e lo liquidò con un gesto della mano.

-Buon riposo Sir…-

Wyatt uscì velocemente dalla stanza del Duca di New Castle, quell’uomo aveva il potere di innervosirlo…fatto di per sé anomalo dal momento che Wyatt era da sempre contraddistinto da una tranquillità e una pacatezza eccezionali.

-Charles, anche tu puoi andare…ah naturalmente vorrei sentirti bussare a quella porta esattamente dieci minuti prima del pranzo.- concluse sbadigliando.

-Naturalmente Sir…- anche Charles lasciò la stanza mentre e il suo padrone si lasciava ricadere mollemente sul letto.

 

-Vostra Maestà…come Sua Altezza Reale aveva ordinato sono appena giunti i Consiglieri Reali, desidera riceverli subito?-

-Non indugiamo oltre Samuel, per cortesia…- esclamò il Re d’Inghilterra guardando fuori dalla finestra.

-Sì Vostra Maestà.-

Il lacchè si diresse verso la porta e dopo averla aperta fece un elegante cenno ai tre uomini che erano fuori…in trepidante attesa.

-Vostra Maestà…ecco a voi il Duca Waterby, il Marchese Kennear e il Conte Harrington.-

I tre uomini fecero il loro elegante ingresso e si posizionarono di fronte al seggio reale, dopo un convenzionale e profondo inchino.

-Signori, ben trovati…vediamo di non perdere ulteriori minuti preziosi…Duca Waterby, avete buone notizie per me?- esordì bruscamente il sovrano.

 

Il Re, creatura divina e celestiale, a conti fatti a men di considerare i ricchi ornamenti dei suoi abiti, poteva tranquillamente risultare un comunissimo contadino.

I suoi tratti, di regale, avevano ben poco…

…le labbra erano pronunciate, il naso adunco, per non menzionare le maniere…perfino un popolano dell’ultima striscia di landa della Cornovaglia, in certe occasioni, si saprebbe destreggiare con molta più finezza di Sua Grazia. Certamente gli occhi piccoli e forse un po’ troppo vicini non contribuivano certamente a conferirgli neanche un minimo di fascino, notevole per un uomo che aveva più amanti che capelli in testa…hem parlando della parrucca, non della tabula rasa al di sotto.

 

-La nuova fabbrica procede abbastanza bene Vostra Maestà, ciò nonostante i guadagni non sono ancora sufficienti per retribuire tutti gli operai…- Sir Waterby lasciò il discorso in sospeso, mentre stringeva con moderata ansia il suo elegante cappello tra le mani guantate.

-Aumentate le tasse Duca!- decretò asciutto il sovrano quando stava già per rivolgere la sua preziosa attenzione a un altro dei ‘fortunati’ nobili a cui aveva concesso udienza.

-Hem…Vostra Maestà, già all’inizio dell’anno è stato chiesto un aumento…e come farebbero a pagare se loro stessi devono essere pagati…- azzardò timorosamente Waterby.

-E con ciò? Chiedetene un altro…devono essere pronti anche a morire di fame per il loro re! Naturalmente per aumentare la produzione potreste ricorrere ai piccoli scapestrati che vivono sulle spalle dei genitori…Londra ne è invasa…- propose GeorgeIII lanciando un’occhiata molto eloquente al Duca.

-Ma…Sire…- farfugliò poco dignitosamente questi in risposta.

-Duca di Waterby…il suo tempo è scaduto, ha già avuto le sue risposte…vada ora e pensi a quello che le è stato detto…- ribatté seccato il sovrano.

Il Duca si inchinò timidamente e uscì senza fare il minimo rumore.

-Marchese Kennear…si faccia avanti…questo pomeriggio ho una battuta di caccia e vorrei giungervi prima che liberino la volpe…- biascicò sarcasticamente Sua Altezza.

-Molto bene Elisabeth, credo proprio che sia giunto il momento di pranzare.- affermò soddisfatto Mr. Giles.

La sua pupilla non amava molto i trascorsi storici, ma in fondo quando poi lui le narrava le grandi gesta compiute dagli imperatori romani lei pendeva, letteralmente, dalle sue labbra.

L’istitutore si riscosse dai suoi pensieri e suonò il campanellino d’argento posto sul grande tavolo, da lì a qualche minuto sarebbe giunta una cameriera con il vassoio del pranzo…prima che la lezione avesse inizio il maggiordomo lo aveva avvertito che il Signor Duca aveva espressamente ordinato che le lezioni si protraessero anche nel primo pomeriggio.

-Giles questa sera non sarà possibile vederci…- disse improvvisamente Elisabeth.

Mr Giles alzò improvvisamente il viso su di lei, gli occhi spalancati per la sorpresa.

-Che cosa?-

-Mio padre vuole che vada a far visita, insieme a Cordelia, alla cara zia Agatha…a Salisbury…lei non potrà presenziare alla mia festa di compleanno…- spiegò la duchessina stringendosi nelle spalle, con espressione pensierosa.

-Oh bi ecco…in questo caso io…io comprendo…va bene…- farfugliò Giles in risposta mentre ripuliva nervosamente i suoi leggeri occhialini da lettura.

-Scusami ma mio padre sembra…come dire, particolarmente effervescente per questa festa di compleanno.- Elisabeth gli sorrise amabilmente e forse con una punta di imbarazzo.

-Gìà…immagino.- assentì distrattaente l’uomo.

Sentirono dei passi che si avvicinavano, ancora poco e avrebbero bussato…

-Elisabeth, vorrei che tu prestassi più attenzione…il tuo tono non può essere così…hm…confidenziale…quando siamo qui al castello, la cosa potrebbe essere notata prima o poi…potrebbe destare sospetti e pensa se venissimo mai spiati…o peggio scoperti!-

La voce dell’uomo era poco più di un sussurro, ma tradiva una certa ansia.

Mr Giles si era avvicinato alla fanciulla, chinandosi leggermente in avanti in modo da poterla guardare negli occhi, doveva essere sicuro che lei capisse alla perfezione l’importanza di quello che lui le stava dicendo.

-Domando scusa Mr Giles…ovviamente la sua saggezza è come sempre superba…-

-Molto bene duchessa…-e delicatamente le strinse una mano in segno d’intesa.

Sapeva che la giovane avrebbe capito.

Due colpi alla porta, poi la giovane Willow fece il suo ingresso con un grande vassoio tra le mani.

-Lady Elisabeth…Mr Giles…permettetemi di servirvi il pranzo…- annunciò con voce fievole la giovane cameriera.

-Prego Willow…accomodati…- le rispose cordiale l’istitutore mentre spostava la sedia di fronte a quella di Elisabeth e si sistemava in attesa che la ragazza apparecchiasse.

Willow avanzò incerta.

Elisabeth fissò la cameriera.

Nonostante fosse a servizio da loro ormai da un mese, l’aveva vista soltanto due o tre volte tanto che solo in quel momento veniva a conoscenza del suo nome.

Si rimproverò mentalmente…

…cosa mai doveva importare a lei del nome di una serva?

Proprio lei che conosceva solo quello della sua dama di compagnia e a stento quello del maggiordomo?

Tuttavia questa…Willow…la incuriosiva…

…era minuta e aveva i capelli rossi come il sole al tramonto e due grandi occhi scuri…impauriti.

Forse avevano la stessa età.

La guardò attentamente mentre disponeva le pietanze nei raffinati piatti, i suoi movimenti erano precisi e delicati ma le mani tremavano impercettibilmente.

Il tutto era quasi sistemato, ma ahimè il nervosismo gioca brutti scherzi e l’amico beffardo, più si tenta di tenerlo a freno, più scalpita per liberarsi.

…fatto sta che la povera Willow, dopo aver sistemato i bicchieri, urtò il piccolo vaso di cristallo che aveva sistemato tra i due commensali…proprio quello che conteneva due rose bianche.

Inutile dire che questo si rovesciò e l’acqua raggiunse lentamente il bordo del tavolo per andare a gocciolare proprio sull’abito della duchessa.

Elisabeth provò pena per la fanciulla che ora aveva entrambe le mani davanti alla bocca e un’espressione colpevole in viso.

-Oh…Mi…Mi…mi dispiace…mi dispiace…sono goffa…- continuava a farfugliare la giovane.

-Non importa…- sussurrò Elisabeth mentre aveva ancora gli occhi puntai su Willow,ma poi si riscosse.

-…prendi qualcosa per pulire.- aggiunse seccamente.

-Sì…scusate…scusatemi…- la cameriera fece una frettolosa riverenza e poi corse fuori dalla biblioteca in meno di un battito di ciglia.

-Buon appetito…Mr Giles…- disse infine la terzogenita di Casa Southampton lanciando un’occhiata più che significativa al suo tutore.

-Buon appetito a lei…Lady Elisabeth.-

 

-Lady Cecily…Conte Pryce…ho l’onore di presentare Sir William Percy Atkinson, Duca di New Castle Upon Tyne…- annunciò Wyatt, con tono cerimonioso, all’entrata della grande sala da pranzo.

 

Contrariamente a quanto decretato da Sir Atkinson, l’eleganza della dimora Southampton era impareggiabile…ricchezza e raffinatezza si deducevano anche dal più piccolo particolare.

Un bellissimo tavolo in ciliegio era elegantemente apparecchiato per tre persone, con posate d’argento e piatti di fine porcellana.

 

Appena il maggiordomo terminò di annunciarlo, il Duca in questione fece il suo ingresso con passo sicuro e sguardo altezzoso.

-Molto bene Wyatt…- rispose una voce di donna.

Per essere precisi la voce apparteneva a Lady Cecily Southampton.

Lei e il conte consorte, Wesley Wyndam Pryce, si alzarono e si inchinarono rispettosamente quando l’illustre ospite si fece avanti.

La primogenita di Sir Robert osservò attentamente il giovane che le giunse dinanzi e l’approvazione per ciò che vedeva…venne suggellata da un languido battito di ciglia.

-Leggiadra creatura…di rara bellezza…incantato di fare la vostra conoscenza…-

Sir William sembrò apprezzare la “confezione” di Lady Cecily e anche in quest’occasione si atteggiò come un perfetto gentiluomo…con un altrettanto perfetto baciamano.

-Sir William, sono onorata per aver avuto la possibilità di incontrarvi…lasciate che vi presenti il Conte Wesley Wyndam Pryce…mio marito…- concluse con un tono totalmente privo di enfasi, mentre un guizzo malizioso attraversava i gelidi occhi azzurri.

-Naturalmente…- concesse Lord Atkinson chinando il capo, senza neanche tentare di nascondere un sorriso divertito.

 

Come biasimarlo del resto?

 

Una marionetta del teatro dei b

-Mia figlia è ancora in biblioteca…come avevo disposto?- domandò Sir Robert.

-Certamente Signore.- confermò Joyce.

-Molto bene Joyce…fa in modo che Lady Emily mi raggiunga entro breve per il pranzo…- comandò l’uomo mentre sistemava il tovagliolo, in maniera tale che qualche ‘svista’ col cibo non andasse a macchiare l’elegante blusa…

-Non è necessario padre…-

Cordelia aveva appena fatto il suo ingresso, senza neanche bussare, dal momento che Joyce aveva già aperto la porta per uscire.

-Bene Joyce…mi raccomando, esigo che mia figlia Elisabeth sia pronta per le tre di questo pomeriggio.-

-Come desiderate voi…Sir-

Joyce uscì dallo studio dopo aver eseguito una cerimoniosissima riverenza.

Si diresse in cucina…finalmente anche per lei era giunto il momento di mangiare qualcosa…

 

La cucina di Southampton House era molto vasta, o meglio…erano molto vasti, dal momento che era composta da ben due ambienti.

Alcune cameriere erano già piazzate con la loro razione di porridge, da fuori stavano giusto rientrando i giardinieri.

-Joyce! Vieni…ragazza mia, se aspettavi ancora un po’ non trovavi più niente…Guarda quanta gente oggi!- Maggie, la cuoca ‘sergente’, non perse tempo a dire la sua.

-Grazie Mag…- rispose Joyce prendendole di mano un piatto fumante e andando a sedersi.

-Dì un po’…la tua protetta che cosa voleva questa volta?…Che le incipriassi il viso con un piumino d’oro?- la provocò bonariamente dandole una leggera gomitata e facendole anche l’occhiolino.

Joyce rispose con un mezzo sorriso, ma poi si concentrò solo ed esclusivamente sul suo pasto…

Non le piaceva quando l’argomento delle discussioni a tavola poteva diventare la ‘sua’ Elisabeth…cosa che purtroppo, ultimamente, si verificava con una particolare frequenza…

 

-Avete compreso mia cara?- si informò gentilmente Sir Robert pulendosi la bocca con un angolo dell’immacolato tovagliolo.

Cordelia stava seduta di fronte al vecchio padre con l’espressione tra le più sorprese che avesse mai sfoderato in tutta la sua esistenza.

Il flute di vino bianco era rimasto nella sua mano, anche dopo che lei ne aveva tratto un sorso a fior di labbra.

-Perdonate padre…scusatemi ma la vostra dichiarazione mi ha lasciata totalmente…sprovveduta di…parole…- la fanciulla poggiò il bicchiere e poi fece una strana espressione, riflesso certamente della sua confusione interiore, accompagnata da un gesto che potrebbe essere descritto come il tentativo di scacciare una mosca immaginaria.

-Spero che sia la scelta giusta…- sentenziò il padre come se non avesse neanche sentito quello che la figlia aveva appena detto.

-Santi Numi! Eccome se…- ma poi Lady Cordy si bloccò.

In fondo non poteva mica far intendere al genitore di aver incontrato Sir Atkinson, trasgredendo un preciso desiderio…hem ordinato.

Pensare che la sua cara sorellina sarebbe stata ufficialmente fidanzata con quell’affascinante nobile, appena il giorno dopo…le faceva accelerare i battiti del cuore per l’emozione…forse si stava immedesimando troppo nella parte, in fondo lei aveva Liam…

Bè…ma era anche un essere umano, donna per di più e quel Duca di Southampton sembrava così…così ammaliante…per non parlare della prestigiosissima posizione sociale che rivestiva…

 

Eh già, probabilmente per un brevissimo lasso di tempo la nostra Lady Goldsmith ha fantasticato di essere al posto della sorella minore…

Chi lo sa…

 

-Perdonatemi figliola, oggi sono più distratto del solito…stavate dicendo qualcosa?-

Sir Robert si era riscosso dal suo farneticamento mentale, ma a quanto pare l’educatissima figlia era ancora in preda al proprio, dal momento che le gote erano leggermente imporporate e si stava facendo ‘aria’ con il tovagliolo di portata.

-Cosa?…Io?…Oh…dicevo solo che la nostra Elisabeth non è più una bambina…e poi è in età da marito…e non potevate fare scelta migliore…- concluse con una

risatina sciocca.

urattini aveva, indubbiamente, molto più spirito di Lord Pryce…anzi ripensandoci e per meglio spiegare…

…Lord Pryce era una marionetta e i suoi fili erano ovviamente mossi dalla splendida e altezzosa sposa.

 

Il Conte si fece avanti e rigidamente porse la mano al Duca…

-Sir Atkinson…lieto di incontrarla…- formalizzò contritamente.

In risposta il Duca di New Castle gli rivolse un’occhiata mista di altezzosità e probabilmente una minima dose di compassione…

-Il piacere è tutto mio…Conte…Siete un uomo fortunato…spero che sappiate coltivarla adeguatamente la vostra…fortuna…- commentò Sir William spostando tutta la sua attenzione su Lady Cecily.

La donna in questione ebbe l’assurda pretesa di atteggiarsi come una tenera verginella di convento, arrossendo sfacciatamente! Poi però, dopo aver visto l’espressione del consorte, non propriamente lieta di tutta quella situazione, decise di rompere gli indugi.

-Duca…le andrebbe di raccontarci qualcosa della sua terra, mentre gustiamo il pranzo?-

-Lady Elisabeth, credo che per oggi sia effettivamente tutto…sono quasi le due…faccio chiamare Joyce così vi potete preparare per il viaggio…hm la visita…-

-Come meglio credete…Mr Giles…- rispose la fanciulla.

Il tutore si accigliò un istante.

-Cosa vi accade Elisabeth…vi vedo malinconica…-

-Nulla…- e posò le mani in grembo, poi iniziò a giocherellare col bordo del tovagliolo…

-Suvvia…non avete un’espressione da ‘nulla’…ditemi cosa vi tormenta…- insistette Giles mentre la fanciulla non aveva neanche alzato gli occhi dal tovagliolo, continuava a piegare e ripiegare il lindo quadrato di stoffa.

-E’ una vostra impressione…- rispose continuando a ‘lavorare’ col tovagliolo.

-Elisabeth…- l’istitutore alzò gli occhi al cielo.

-Sì…ecco ho quasi finito…- continuò lei senza badare all’insistenza dell’uomo.

-Ecco…vedete…sono stata brava?…Non è bella?- domandò la fanciulla con voce sottile. Mr Giles la guardò attentamente, stava decisamente cercando di dissimulare la sua preoccupazione per qualcosa…faceva sempre così, provava a dirottare la sua attenzione su altro…ormai la conosceva.

-Molto brava…ma dubito che costruire una ninfea con un tovagliolo possa aiutarti a risolvere i tuoi problemi…- scandì leggermente alterato l’uomo, che senza accorgersene era passato a darle del tu.

Elisabeth si fermò e poggiò il fiore di stoffa sul tavolo…

-Avete ragione…-

-Molto bene, stabilito questo…per favore ditemi che cosa vi preoccupa…-

Giles si tolse gli occhiali e iniziò a pulirli con foga.

Elisabeth attese qualche minuto, forse per riordinare le idee…e poi…

-Ho paura…non fermatemi adesso, una volta che ho cominciato è meglio se mi lasciate andare avanti…-

Evidentemente il tutore stava per ribattere, ma un’occhiata della fanciulla lo convinse a tacere, sapeva come era difficile per lei dar voce ai suoi pensieri.

-Ho paura che cambi…tutto…non lo so ho questo presentimento, come se da domani niente potrà più essere come oggi…com’era ieri e prima di ieri…Potrà sembrare sciocco, ma questo…dubbio mi assilla da giorni…-

L’istitutore sorrise, la sua pupilla aveva semplicemente timore di crescere…

-Elisabeth…domani è indubbiamente un grande giorno…i venti anni sono un traguardo importante…- le disse gentilmente prendendole una manina fra le sue…

Lei si ritrasse…

-Non è questo Giles…sento che qualcosa cambierà…e niente sarà più come prima…- ribadì lei seria.

-Elisabeth…non precipitiamo gli avvenimenti…diamo tempo al tempo…- cercò di rassicurarla lui, anche se in fondo le parole della giovane gli davano da pensare…

-…e qualsiasi cosa succeda vi ho sempre detto che troveremo il modo di affrontarla…rammentate?- la mano di Giles tornò verso quelle della duchessina, per stringerle affettuosamente, stavolta lei non si mosse.

La fanciulla finalmente abbandonò il suo cipiglio pensieroso e si concesse un breve sorriso…

-Avete come sempre la ragione dalla vostra Mr Giles…-

-Bene Elisabeth, questo è lo spirito giusto…-

Giles la guardò sorridendo e poi si alzò per andare a suonare il campanellino d’argento…quello collegato con la cucina…

 

-Sir William…io e il conte Pryce ci rechiamo nella sala musica, sapete modestamente sono molto brava a suonare il piano…saremmo onorati se volesse unirsi a noi…- propose Lady Cecily con un accattivante sorriso.

 

Erano trascorsi dieci minuti da quando era stato servito il dolce, una deliziosa torta di mele…e Lady Cecily non aveva voglia di perdere tempo…questo giovane duca la intrigava parecchio…

 

-Vi ringrazio MyLady…acconsentirei più che volentieri alla vostra gentile offerta, ma vedete, purtroppo sono reduce da un lungo viaggio e questo pomeriggio ho un incontro con il duca…vostro padre e non vorrei presentarmi ancora con la stanchezza addosso…non ve ne dispiacete mia signora, amerei sentirvi suonare…vedere le vostre graziose mani scorrere sui tasti…- la voce di Sir William si abbassò volutamente, diventando leggermente roca.

Lady Cecily arrossì…bizzarro per una dama come lei…eppure quest’uomo l’aveva già colta in fallo due volte…

-Nessun cruccio Sir…siete libero di andare a riposarvi…- si intromise il consorte di Lady Cecily.

L’incanto svanì…Cecily riacquistò un minimo di dignità, sorrise al duca…

-Mio marito ha ragione…andate pure Duca…-

-Sapevo che avreste compreso madame…-

William le baciò una mano e poi si apprestò a uscire dalla sala da pranzo…riuscì comunque a captare la velenosa occhiata che Lady Cecily rivolse al marito…

 

-Lady Elisabeth…dovreste portarvi il manicotto di pelliccia…per il viaggio…-

Joyce stava cercando di preparare l’abito che avrebbe indossato la duchessina, impresa semplice se la diretta interessata avesse collaborato un minimo…

Ma niente, la fanciulla in questione se ne stava seduta davanti allo specchio e si pettinava i capelli, tuttavia senza dar pensiero a quello che stava facendo…

Joyce si domandò come mai la ragazza fosse tanto silenziosa, di solito si occupava personalmente di preparare il suo vestiario…ovviamente lei ordinava e Joyce eseguiva…

Ora invece niente…

-Joyce pensa tu a preparare l’abito, io ho bisogno di un po’ d’aria…-

Elisabeth si era alzata di scatto e si era diretta verso la porta-finestra che dava sul giardino.

-Ma…Lady Elisabeth fra meno di un’ora dovete partire con vostra sorella…- cercò di dissuaderla la governante.

-Non preoccuparti, faccio solo un giro nel parco…- prese il suo mantello preferito dalla sedia, lo indossò e uscì.

 

-Ha gradito il pranzo mio Signore?-

Sir William stava facendo ritorno nella sua stanza, accompagnato da Charles.

-Ho gradito la compagnia, ovviamente quella della duchessa…per quanto riguarda le portate…mmm nulla di speciale…- commentò il giovane con il suo solito pungente tono.

Segretamente Charles si domandò come mai William Atkinson fosse sempre così superficiale e distaccato da tutto quello che lo circondava…

-Vedo che non si sono ancora presi il disturbo di cambiare i tendaggi…- esclamò seccato.

-Se volete vado a sollecitare qualcuno Sir…- chiese premuroso Charles.

-Lascia stare…adesso voglio solo cercare di dormire…-

-Vi lascio…allora…- e si apprestò ad uscire.

-Charles…hai inviato la lettera?- domandò improvvisamente il Duca.

-Certamente Signore…- il maggiordomo uscì richiudendosi la porta alle spalle senza fare il minimo rumore, come se Sir William stesse già dormendo.

 

Il sole brillava nel cielo, nonostante fosse la metà di gennaio…la temperatura comunque non era delle migliori.

Lady Elisabeth si strinse nel suo mantello foderato…

Amava fare passeggiate, amava il parco in tutte le sue stagioni…

Sicuramente fra qualche giorno sarebbe nevicato e la giovane duchessa adorava la neve, rendeva più difficile spostarsi, ma erano meravigliosi i contorni che assumevano i paesaggi.

Si diresse verso il grande labirinto di siepi, molto ben costruito…quando era piccola vi si era persa due o tre volte, costringendo gran parte della servitù a cercarla…

Adesso lo conosceva perfettamente…poteva aggirarvisi senza aver più il timore di non riuscire ad uscirne.

Molte volte, facendo attenzione che nessuno se ne accorgesse, si rifugiava all’interno del grande labirinto dove aveva modo di restare sola con i propri pensieri.

 

 

Sir William sbuffò, poi si alzò e cominciò a girare per la stanza…

Si annoiava e non sapeva cosa fare per occupare il tempo.

Si tolse l’elegante blusa blu notte, quella con le rifiniture d’oro e la gettò sul letto rimanendo con la fine camicia bianca…poi si sciolse il nodo del cravattino che cominciava a stringergli troppo…infine si diresse alla finestra e con un gesto impaziente spostò la tenda color avorio.

La sua stanza si affacciava direttamente sul parco e essendo al secondo piano gli permetteva di avere un’ampia visuale di tutto l’insieme, per esempio del bel labirinto magistralmente creato da un abile intrico di siepi…

Si concesse ancora qualche minuto alla finestra e poi lasciò ricadere la tenda, proprio mentre qualcuno si avventurava all’interno del disegno di siepi.

 

 

-Accomodatevi pure Sir Atkinson…-

Wyatt aveva appena annunciato al duca di New Castle che Sir Robert era pronto a riceverlo.

Sir William alzò le spalle e con la sua solita aria arrogante varcò la soglia dello studio di Robert di Southampton.

-Sir Robert…lieto di vederla finalmente.- un saluto compito e formale.

-Sir William…onorato di fare la sua conoscenza, direttamente.-

Sir Robert era in piedi vicino al camino, con la sua pipa più bella tra le mani.

-Gradisce qualcosa da bere?- domandò cortesemente il vecchio Duca al più giovane.

-Per ora No…la ringrazio comunque…- rispose Sir William con le mani incrociate dietro la schiena.

-Sir William…sediamoci, dobbiamo parlare…- disse seriamente Sir Robert.

Il padrone di Southampton House prese posto dietro all’elegante scrivania, dopo aver preso una boccata dalla pipa guardò il giovane che gli stava davanti, ancora in piedi.

-Volete fumare?-

-No grazie…mi si rovinano i denti…- rispose questi con espressione leggermente schifata.

Sir Robert rimase per un attimo perplesso ma appoggiò comunque la pregiata pipa sul piattino…forse il giovane Atkinson non somigliava al padre, suo vecchio amico d’infanzia.

-Prego sedetevi…- ripetè il duca.

Con estrema eleganza nei movimenti il giovane spostò una sedia e prese posto di fronte al suo ospite.

-Avete qualche interesse particolare…?-

Sir Robert non sapeva come fare per iniziare una conversazione, il suo interlocutore, pur non facendo niente di speciale, lo metteva in imbarazzo.

Un sorrisino malizioso attraversò fugacemente le labbra di Sir William…

-Adoro cacciare…- poi la sua espressione tornò distaccata, tanto che Sir Robert pensò di averlo immaginato.

-Bene…questo è un buon passatempo…-

Bene il giovane aveva un buon interesse, forse da qui si poteva cominciare a intavolare il resto del discorso.

-…ma tuttavia è un’attività che comporta molta fatica…e io non amo affaticarmi…quindi non la pratico quasi mai…diciamo che preferisco divertirmi in altri modi…sapete io adoro divertirmi…- continuò sfacciatamente Sir William.

 

E quello cos’era?

Un altro guizzo di malizia o un’allucinazione di Sir Robert?

 

Di bene in peggio, il disagio di Sir Robert aumentava ad ogni parola del Duca di New Castle.

-…mi piace il rischio…- terminò accavallando elegantemente le gambe e passandosi una mano fra i lunghi capelli color miele, raccolti da un nastro di seta blu.

‘Non si direbbe…l’unico rischio che potrebbe contemplare è quello di non abbinare la blusa agli stivali…’ pensò il padre di Elisabeth tra sé e sé.

Tuttavia questo non era il peggiore dei mali…

-Giocate d’azzardo?-

-Qualche volta…ma in fondo la vita stessa non è un gioco?- ribattè il Duca di New Castle.

Sir Robert decise di versarsi un buon bicchiere di wiskey…se prima di incontrarlo aveva il timore di commettere un imprudenza, ora che lo aveva conosciuto era sempre più convinto che non fosse una buona idea annunciarne il fidanzamento con la sua Elisabeth.

-Sentite, sapete perché siete qui vero?-

Questo rampollo degli Atkinson si stava rivelando una completa delusione, per un attimo gli venne addirittura il dubbio che non lo avessero messo al corrente del motivo del suo viaggio a Southampton.

-Ma certamente Signore…pensate che io sia uno sprovveduto?- esclamò scandalizzato Sir William.

-Dio me ne scampi Duca, non era mia intenzione insinuare nulla…-

Sir Robert alzò le braccia in segno di resa e poi riprese in mano la sua pipa.

-Bene se siete edotto in merito alla vicenda, sappiate che se non avrete il massimo riguardo per mia figlia…ve ne farò pentire, nonostante la grande amicizia che mi lega a vostro padre.-

Questa volta Sir Southampton fu brusco e la sua espressione truce…

-Signore, francamente, a me non interessa la questione del matrimonio…probabilmente vi sarà giunta voce che non era affatto nei miei piani sposarmi, come vi ho già detto amo divertirmi…praticamente sono stato obbligato da mio padre ad accettare tutto questo…- esordì sfacciatamente il giovane.

-Vi prego di non dimenticare i benefici che potrete trarre da questa unione…- Sir Robert non sapeva più a cosa appellarsi per averla vinta, verbalmente almeno, su quel piccolo snob.

-Vi prego di non dimenticare quelli che trarrete voi…- ribatté Sir William sottolineando deliberatamente quel voi finale.

-Hmm…quando parlate di divertimento…- si azzardò a chiedere il vecchio Duca, cercando di mutare leggermente la rotta della discussione…

-Non temete…non amo andare alla ricerca di compagnia femminile…-

Ecco adesso Mr Southampton non sapeva se esserne sollevato o preoccupato…

-…vedete di solito sono le dame che cercano me…- concluse il giovane senza tuttavia risollevare il morale del suo ospite.

-Adesso, se non vi dispiace, vorrei ritirarmi…sono terribilmente stanco…-

Robert congedò il figlio del suo amico d’infanzia soltanto con un gesto della mano, neanche una parola.

Era rimasto senza…

Santo Cielo…chi aveva scelto per la sua bambina?

William Percy Atkinson…

…un giovane nobile…pigro…giocatore d’azzardo e probabilmente di facili costumi, in più…hem direzioni, a cui non importava nulla di niente e nessuno…

…se non se stesso.

 

-Oh Elisabeth…mia cara…sei un fiore…-

Lady Agatha si diresse lentamente verso le due nipoti accompagnandosi col suo fidato bastone, un bellissimo pezzo di tek sormontato da una testa di leone argentata.

-Cara zia…è un piacere vedervi…- si fece avanti Cordelia con il più suadente dei suoi sorrisi.

-Emily Cordelia Howell Evans Goldsmith…noto che non avete perso l’abitudine di portarvi al centro dell’attenzione.- la nobildonna redarguì la nipote.

Cordelia arrossì brevemente e poi abbassando lo sguardo si fece da parte per dar spazio a sua sorella, la diretta interessata…

-Zia Agatha…-

Elisabeth salutò l’augusta parente inchinandosi leggermente, il suo intento era quello di fare un’impressione più che buona su Lady Agatha.

-Figliola, assomigli ogni giorno di più a tua madre…-

Elisabeth sorrise senza dir nulla, d’altra parte lei non aveva mai conosciuto sua madre, tutto quello che sapeva le era stato raccontato da suo padre e da Joyce…qualche volta.

 

Effettivamente l’anziana donna aveva ragione, Elisabeth era l’unica delle tre figlie che somigliava alla defunta duchessa di Southampton, mentre Cecily e Cordelia avevano ereditato i colori e i tratti del padre.

 

-Norman…gradirei se preparassi del buon thè…per me e per le mie due nipoti…- la padrona di casa istruì elegantemente il suo maggiordomo.

-Certamente Signora…-

Elisabeth, seppur non palesava i suoi sentimenti, provava un’innata simpatia nei confronti di Lady Agatha.

 

Lady Agatha Southampton.

Già…proprio così, l’anziana donna altri non era che la sorella maggiore di Sir Robert, la vedova del Conte Quentin Travers.

La donna non aveva avuto una rosea esistenza, a partire dal matrimonio organizzato da suo padre…il promesso sposo si rivelò essere uno sprovveduto sperpera denaro, un uomo prepotente e dal carettere impossibile.

L’unico momento felice le fu rservato dalla nascita del figlio, Cester…ma purtroppo tutto svanì quando il bambino annegò nel laghetto della grande tenuta estiva dei Travers.

Aveva soltanto undici anni.

Lady Agatha ne fu distrutta, Sir Quentin non mostrò il minimo turbamento, continuò imperterrito a giocare le sue fortune…fino a che i debiti crebbero a dismisura…

Un mese dopo la morte del figlio, Lady Agatha diventò vedova.

Sei mesi più tardi, nell’elegante abbazia di Westminster, il giovane rampollo della casata Southampton…Robert per l’appunto…suggellava le sue promesse nuziali con Lady Elisabeth Sterne.

 

-Ditemi…come sta il mio caro fratello?- chiese gentilmente Lady Agatha mentre rimescolava il suo tè.

-Oh bene cara zia…vi manda i suoi saluti e vorrebbe rivedervi a Southampton un giorno…- cinguettò Cordelia.

-Gentile da parte sua, ma credo che sia più una forma di cortesia che non un desiderio vero e proprio…d’altra parte egli sa che sono anni che non esco dai confini di White Hill…- un breve sorso, poi riappoggiò la tazzina di fine porcellana sul tavolino.

Elisabeth si limitava a fissarla, con discrezione naturalmente.

-…Care nipoti, sono veramente felice di rivedervi…ma ditemi…vostra sorella Cecily, come trova la vita matrimoniale? Il conte Pryce è in grado di tenere a bada l’indomita sposa?- e proruppe in una risatina.

Cordelia preferì, molto diplomaticamente, non rispondere e concentrare tutta la sua attenzione sul biscotto che stava immergendo nel tè.

Elisabeth, invece, non potè fare a meno di seguire la zia in quell’attimo di sincero divertimento.

Già sincero…

 

Dovete sapere che nonostante si fosse autoconfinata a Salisbury, la vedova Travers era molto informata per quanto riguardava la vita al di fuori delle personali mura domestiche.

Sapeva molto…e intuiva molto…

…e a pelle poteva benissimo capire che la visita delle due figlie di suo fratello, esattamente il giorno prima del compleanno dell’ultimogenita, non era del tutto casuale…specialmete dopo dieci anni dall’ultima volta.

Ditemi…come sta il mio caro fratello?- chiese gentilmente Lady Agatha mentre rimescolava il suo tè.

-Oh bene cara zia…vi manda i suoi saluti e vorrebbe rivedervi a Southampton un giorno…- cinguettò Cordelia.

-Gentile da parte sua, ma credo che sia più una forma di cortesia che non un desiderio vero e proprio…d’altra parte egli sa che sono anni che non esco dai confini di White Hill…- un breve sorso, poi riappoggiò la tazzina di fine porcellana sul tavolino.

Elisabeth si limitava a fissarla, con discrezione naturalmente.

-…Care nipoti, sono veramente felice di rivedervi…ma ditemi…vostra sorella Cecily, come trova la vita matrimoniale? Il conte Pryce è in grado di tenere a bada l’indomita sposa?- e proruppe in una risatina.

Cordelia preferì, molto diplomaticamente, non rispondere e concentrare tutta la sua attenzione sul biscotto che stava immergendo nel tè.

Elisabeth, invece, non poté fare a meno di seguire la zia in quell’attimo di sincero divertimento.

Già sincero…

 

Dovete sapere che nonostante si fosse auto confinata a Salisbury, la vedova Travers era molto informata per quanto riguardava la vita al di fuori delle personali mura domestiche.

Sapeva molto…e intuiva molto…

…e a pelle poteva benissimo capire che la visita delle due figlie di suo fratello, esattamente il giorno prima del compleanno dell’ultimogenita, non era del tutto casuale…specialmente dopo dieci anni dall’ultima volta.

 

-Cordelia cara, perché non ci delizi con i tuoi meravigliosi arpeggi?-propose gentilmente Lady Travers alla maggiore delle sue nipoti.

Senza aspettare risposta, l’anziana signora si alzò dal sofà e prese in mano il suo prezioso bastone da passeggio, un chiaro invito a seguirla.

Le fanciulle seguirono l’anaziana Lady attraverso i lunghi corridoi di White House.

 

Contrariamente a quanto si possa pensare, nonostante non fosse mai stata molto mondana, la vedova Travers non si era affatto preclusa la conoscenza per ogni forma d’arte.

La tenuta vantava un piccolo teatro dove ogni due sabati venivano inscenate alcune commedie, talvolta alcune tragedie, da una piccola compagnia di attori direttamente finanziati dalla Signora.

Per non parlare poi dei giovani pittori di cui si circondava Lady Travers…le mura di quasi ogni stanza erano ricche di dipinti e i soggetti erano squisitamente diversi l’uno dall’altra…

Tuttavia l’orgoglio di Lady Agatha era proprio la sala musica del palazzo.

Una stanza singolare…

…perfettamente rotonda e sormontata da una cupola di vetro, ancora più fantastico il fatto che, metà perimetro del salone non fosse costituito da un semplice muro, ma al contario, una vetrata contribuiva ad aumentare la luce che già entrava abbondantemente dal cielo.

Spesso Agatha aveva raccontato che all’epoca in cui il marito aveva deciso di acquistare quella proprietà, quella stanza fosse una specie di ortobotanico, ma il defunto Quentin Travers aveva subito deciso di trasformarla…così il pavimento in terra battuta fu prontamente sostituito da un sontuosissimo parquet e al centro aveva fatto posizionare un grande tavolo da biliardo…col tempo aveva aggiunto altri strumenti dediti ai suoi passatempi e la sala rotonda divenne la sala da gioco di White Hill.

Quando la sfortuna si accanì per ben due volte sul casato dei Travers, una volta rimasta sola, la vedova decise di dedicare quella bellissima stanza alla sua più grande passione…

…la musica.

Così un bellissimo pianoforte prese posto proprio sotto la cupola e una serie di divanetti venne sistemata davanti alla vetrata…nella parte opposta si poteva ammirare una bellissima arpa con preziose rifiniture in oro, per non parlare dei due meravigliosi violini esposti nelle bacheche di vetro e una serie di scaffali, costruiti appositamente in modo che seguissero la linea circolare della stanza, colmi di preziose e antiche scritture musicali che la contessa collezionava personalmente.

 

La nostra cara Emily Cordelia Southampton Howell Evans Goldsimth si ritrovava così separata dalle altre due damigelle che nel frattempo si erano accomodate su uno dei bellissimi sofà.

La manovra poteva risultare palese e forse leggermente offensiva nei confronti di Cordelia, ma quest’ultima non mostrò il minimo turbamento, così d’altra parte le era stato insegnato…

 

Il dubbio che il tutto fosse stato attentamente pianificato dalla vecchia zia…diciamo che aleggiava….

 

Elisabeth prese posto a fianco alla zia paterna, prestando attenzione a non sgualcirsi troppo l’elegante vestito, non si accorse che lo sguardo grigio della Signora era posato su di lei.

Agatha Travers si soffermò ad ammirare per qualche secondo la candida bellezza della giovane nipote, poi leggermente infastidita volse lo sguardo verso la parte opposta della stanza, dove l’altra nipote stava accingendosi a pizzicare le preziose corde.

Un breve sospiro, Lady Elisabeth osservandola non fare a meno di pensare che probabilmente qualcosa la turbava…

-Dite cara zia…non state bene? Devo far chiamare qualcuno?-

Lady Agatha si riscosse dai suoi pensieri…

-Che cosa?- domandò mentre con un ventaglio si faceva frettolosamente aria.

-Vi ho vista strana cara zia…vi domandavo dunque se stavate poco bene…- rispose la fanciulla un tantino confusa.

Agatha sorrise e poggiò il ventaglio, chiuse per un attimo gli occhi poi, ancora una volta, tornò a fissare Elisabeth…

…la fanciulla la guardava a sua volta in attesa…l’anziana donna allungò il braccio e le accarezzò dolcemente una guancia…

 

Finalmente le corde dorate dell’arpa iniziarono a cantare…

 

 

-Mia cara Elisabeth…sei già così cresciuta…- e forse i suoi occhi si velarono.

-Sei così bella mio piccolo tesoro…-

Elisabeth sorrise imbarazzata.

-…e dimmi hai già fatto breccia nel cuore di qualche baldo giovanotto?- chiese poi tornando a usare il ventaglio.

-Oh bè…io…io non saprei…- balbettò confusa e rossa in volto.

-Andiamo figliola…avrai delle simpatie…- insistette gentilmente la donna.

-Io veramenete…-

La giovane duchessa tentava di trovare una risposta adeguata quando l’anziana donna la interruppe improvvisamente.

-Ascoltami tesoro…non lasciare andare la tua dote…- la donna le prese entrambe le mani fra le sue guardandola attentamente negli occhi.

Elisabeth rimase basita dal tono accorato usato e spiazzata dall’argomento che sua zia stava considerando.

-…voglio dire se il momento non è ancora arrivato…fa in modo che se dovesse arrivare sia…con qualcuno che ami…è importante tesoro mio…-

-Zia…cosa state dicendo?…Perché siete così agitata?-

La fanciulla non riusciva proprio a comprendere le ragioni di una simile chiaccherata.

-Oh figliola cara…ti sto solo dicendo che…se mai un giorno dovessi incontrare una persona speciale, non esitare se senti dal profondo del tuo cuore che è la persona giusta…lascia perdere le convenzioni vivi il tuo attimo speciale, perché purtroppo la vita spesso ci riserva momenti e condizioni dove l’amore non è affatto contemplato…e allora rimani schiava di qualcosa che è solo…disgustoso e doloroso sia per il cuore che la tua mente…senza via d’uscita…- mentre parlava le guance della sorella di Sir Robert vennero solcate da scintillanti lacrime e le mani presero leggermente a tremare.

La confusione di Elisabeth venne sostituita dalla pietà, pietà per quella povera donna che dalla vita non aveva avuto nient’altro che dolore…e un una sensazione di angoscia le prese allo stomaco, quando intuì che tutto quel discorso strano probabilmente serviva a metterla in guardia…

…la sensazione che presto la sua vita sarebbe cambiata tornò più forte che mai.

 

-Il Duca di Southampton la riceverà subito…- annunciò Wyatt all’uomo che gli stava di fronte.

-Se vuole seguirmi…- e si incamminò verso lo studio di Sir Robert.

-Certamente…- rispose questi con una leggera risatina.

Dopo che ebbe bussato, il maggiordomo entrò e come esigeva l’etichetta l’uomo che l’aveva sin lì seguito aspettò tranquillamente fuori.

Pochi attimi dopo Wyatt fece un cenno e l’uomo si apprestò a varcare la soglia.

-Sir Robert Duca di Southampton ho il piacere di annunciarle l’arrivo di Stefan Floette, musico alla corte francese…- esordì in tono piatto.

L’uomo sentitosi chiamato in causa fece un trionfale ingresso nello studio del Duca.

 

Sir Robert fissò attentamente il famoso musico di corte, il genio che il suo caro cugino…Cretienne Larovenne…gli aveva caldamente raccomandato.

Monsieur Floette doveva avere circa una trentina di anni, era molto magro e non molto alto…zoppicava leggermente e in mano aveva una quantità mostruosa di fogli di pergamena completamente pieni di note musicali.

Questi ordinati spartiti vennero prontamente appoggiati sulla scrivania senza nemmeno averne chiesto il permesso…

Sir Robert si accigliò un istante, poi decise di alzarsi dalla sua poltrona preferita per dirigersi verso il nuovo venuto…

-Vostra Grazia…- il musico fece un breve cenno con la testa e poi scoppiò a ridere.

Prontamente si coprì la bocca sbarrando gli occhi.

-Hem…pe..perdonate sono piuttosto nervoso.-

-Monsieur Floette…benvenuto a Southampton…- il Duca lo squadrò attentamente poi fece il giro per prendere posto dietro al suo elegante scrittoio, forse stava anche borbottando qualcosa…

 

…già sicuramente qualcosa che aveva a che fare con l’uomo che gli stava esattamente di fronte in quel momento…

…lui e la sua blusa color avorio con svariate chiavi di violino ricamate in un’accesa tonailità rosa…e la sua parrucca coordinata!

 

‘Fortuna che questo dovrebbe essere il musico a corte!’ pensò mentre la sua fedele acidità di stomaco tornava a farsi sentire…

-Monsieur Floette spero sappiate che non tollero errori…e domani tutto dovrà essere perfetto…-

‘Almeno la musica…’ aggiunse mentalmente il Duca.

-Vostra Grazia…non preoccupatevi, siete in buone, anzi ottime mani…-

Altra risatina.

Il Duca di Southampton alzò gli occhi al cielo e decise che forse alla fine di quell’incontro avrebbe bevuto un sorso di brandy…per quel giorno ne aveva abbastanza di colloqui!

 

 

Southampton Manor-mezzanotte in punto.

 

La carrozza con lo stemma del ducato fece il suo ingresso nel grande parco della tenuta.

I quattro cavalli bianchi che la trainavano sbuffarono stanchi, lo scalpiccio degli zoccoli era l’unico rumore che si poteva udire…per il resto il silenzio avvolgeva la grande dimora.

La notte era fredda.

Cordelia fu la prima a risvegliarsi.

-Elisabeth…Elisabeth…- bisbigliò scuotendo delicatamente la sorella.

La fanciulla si riscosse leggermente, nel frattempo il lacchè venne ad aprire la porta della carrozza e ad aiutare le due duchesse a scendere.

-Signore…siamo giunti a Southampton Manor…-

La più giovane delle due fanciulle si svegliò del tutto e insieme alla sorella scese dalla carrozza.

Wyatt comparve sulla porta e si inchinò di fronte alle due duchesse.

-Bentornate Signore…il viaggio è stato confortevole…?- domandò cortesemente.

- Quanto può esserlo un viaggio in carrozza di notte…e con questa temperatura…- rispose leggermente seccata Cordelia.

 

Qualcosa della visita alla vecchia zia non doveva esserle andato molto a genio…

Elisabeth si astenne da qualsiasi commento.

-Occupatevi delle nostre cose…- ordinò Cordelia.

-Elisabeth io mi ritiro nella mia stanza…sono molto stanca e infreddolita…-

-…Buonanotte Cordelia…- rispose piano la fanciulla.

-Buonanotte a te…Elisabeth…- e si avviò verso la grande scala.

La fanciulla stette per un attimo ferma nel grande ingresso poi sentìi dei passi che si avvicinavano velocemente.

-Oh signorina…ben tornata…-

Era Joyce.

Era ancora vestita con l’abito da lavoro, nemmeno i capelli erano stati sciolti, probabilmente aveva atteso sveglia il ritorno della sua padroncina.

Un moto di tenerezza e affetto animò la duchessa Elisabeth che strinse Joyce tra le braccia…

La donna rimase piacevolmente colpita e strinse a sé la sua pupilla.

Elisabeth si sciolse dall’abbraccio e la guardò…

-Ritirati pure Joyce…mi praparerò da sola per la notte…-

L’attimo era già finito.

Joyce si inchinò…

-Lady Elisabeth la festa avrà inizio alle ore undici, verrò nella vostra stanza alle otto…dovrà prepararsi adeguatamente…-

-Se mio padre vuole così…così sia…- rispose sospirando la giovane.

-Dolci sogni Lady Elisabeth…- Joyce si inchinò ancora una volta e poi si diresse verso la propria stanza, consapevole che tuttavia non sarebbe riuscita a prendere sonno dal momento che qualcosa turbava la sua duchessina.

-…lo spero…- mormorò Elisabeth, poi anche lei si apprestò a salire la grande scala.

Giunta al primo piano si incamminò verso l’ala sinistra del grande palazzo.

Camminò per un lugno corridoio illuminato da qualche candelabro lasciato acceso per precauzione…giunta a metà si fermò e alzò gli occhi verso il grande dipinto che si trovava sulla sua destra.

Contemplò per qualche secondo la persona che vi era ritratta e poi allungò una mano per accarezzare la tela…

…poi riprese a camminare lungo il corridoio.

 

Sir William Percy Atkinson non riusciva assolutamente a dormire e probabilmente il fatto non era da imputare al letto estraneo…

Si alzò e con la candela che aveva lasciato accesa si avvicinò alla toeletta per prendere il suo orologio da taschino.

Si sorpese quado vide che era soltanto mezzanotte e dieci, gli sembrava di essere in attesa del sonno da moltissime ore ormai.

Fece per tornare al giaciglio di seta che gli avevano accuratamente praparato, quando sentì un piccolo rumore provenire dal corridoio…

…un sottilissimo fruscio e un leggero battere di tacco, probabilmente qualcuno stava rientrando cercando di non farsi sentire.

Il debole tacchettio si interruppe proprio davanti alla sua porta, Sir William appoggiò la candela, quasi consumata, sul comodino e rimase immobile…che fosse Lady Cecily?

…o magari la sua promessa sposa…Lady Cordelia…

No, impossibile…non avrebbero rischiato così tanto, dopotutto erano dame…nobili…

…o no?

 

Nonostante fosse occupato a congetturare sulla serietà o meno delle Duchessine di Southampton, riuscì a sentire che quel presunto qualcuno aveva ripreso a camminare…

La curiosità fu forte, il più silenziosamente possibile si avvicinò alla porta della sua stanza e l’aprì confidando nell’efficenza degli ingranaggi…

Neanche un cigolamento.

Si affacciò nel corridoio e non vide nessuno ma d’altra parte l’illuminazione non era delle migliori…

Fece per tornare alla sua privata insonnia quando lo sguardo venne catturato dal grande dipinto che era appeso proprio di fronte la sua porta.

Un bellissimo ritratto di una nobildonna, raffigurata seduta su una poltrona con una bimba di pochi mesi in braccio e una che probabilmente aveva già tre o quattro anni, in piedi con una manina appoggiata al bracciolo della poltrona.

Il giovane duca pensò che la bellezza della dama era alquanto singolare, rimase colpito quando lesse la targa sul bordo inferiore della cornice…

‘Lady Elisabeth Sterne Southampton’

…senza far rumore tornò indietro.

 

 

Londra- poco dopo la mezzanotte

 

-Hai apprezzato l’opera mia cara?- sussurrò un gentleman alla sua compagna mentre tenendola a braccetto si incamminava verso la sponda del Tamigi.

-Certamente Agenore…sai come io adori queste cose…- cinguettò l’elegante dama in risposta.

-Mon chery, sai che per me ogni tuo desiderio è un ordine…-

L’uomo si fermò e baciò delicatamente una mano della donna, guardandola profondamente negli occhi.

-Adulatore…- sorrise liberandosi giocosamente da i ‘tentacoli’ del suo accompagnatore.

-Marianne, so che l’ora è tarda, ma ti andrebbe di fare una piccola passeggiata nel parco?…Poi potremmo sederci su una panchina e guardare la luna…hai visto quanto è luminosa stasera?- propose mentre il suo cuore batteva all’impazzata nella speranza che lei accettasse la sua proposta.

La fanciulla annuì contenta, non riusciva nemmeno a trovare le parole tanta era la sua gioia per quell’inaspettato risvolto, che forse il suo fidanzato avesse deciso di fare La proposta?

-Agenore…ma i cancelli saranno chiusi…- bisbigliò eccitata.

-Mia cara sai quanto io sia pieno di risorse…si da il caso che il custode notturno sia una mia conoscenza.-

Arrivarono davanti al cancello principale e infatti lo trovarono solo accostato.

L’uomo prese per mano la fanciulla e la guidò all’interno del parco.

 

Quel meraviglioso e grande giardino se durante il giorno era di già una meraviglia regale, la notte diventava una superba bellezza.

I grandi salici creavano dei piccoli sipari con le loro fluenti chiome, il sentiero era debolmente illuminato…l’atmosfera risultava surreale…

…magica…

-Vieni mia cara…accomodiamoci su questa panchina…- l’uomo propose alla giovane al suo fianco, lei lo seguì con un sorrisino gioioso sulle labbra.

Un cestino d pic-nic era appoggiato lì vicino insieme ad una coperta.

-Oh Agenore…- un’espressione di candida sorpresa sull’elegante volto di lei.

-Chery quando sono con te mi sento il padrone del mondo…- le disse dopo che lei si era sistemata.

-…e tu mi rendi felice Agenore Wilson…- sussurrò lei presa dall’emozione.

-Marianne…- iniziò lui e poi le si inginocchiò davanti…

Alla fanciulla si bloccò il respiro…aveva avuto un giusto e buon presentimento…finalmente la fiaba poteva avere inizio.

Agenore prese la mano destra della donna fra le sue e dopo averla lievemente baciata…

-Marianne Clarence Smith…la mia vita è bellissima e gioiosa da quando ti ho conosciuta, ma diventerebbe assolutamente perfetta se tu volessi diventare…- prese un respiro…

-…mia moglie…- chiuse gli occhi non avendo il coraggio di vedere la reazione della sua interlocutrice.

 

L’aria intorno a loro era immobile.

Il tempo sembrava essersi fermato e i due innamorati non smettevano di guardarsi negli occhi colmi di emozione.

-Oh Agenore…io…-

Una folata di vento improvvisa interruppe la donna…il fruscio prodotto dalle chiome dei salici non era per niente confortevole…

L’uomo si alzò in piedi e le strinse le mani guardandosi intorno con attenzione…

Un rumore alle spalle.

L’uomo si voltò ma ciò che vide lo paralizzò dalla paura.

Davanti a lui stava un demonio!

 

Una figura alta e tutta nera.

-Agenore…ho ho paura…- farfugliò Marianne stringendosi al suo promesso sposo.

-…schh…ci sono qua io mia cara…non permetterò che ti faccia del male…- rispose parandosi davanti alla damigella e nascondendola col proprio corpo…

-…andate via!- urlò imperiosamente.

 

Non si sa bene come mai quando si è spaventati aleggia la convinzione che urlare sia di qualche aiuto…

 

La figura nera fece un passo verso la coppia.

Era due volte più alto un uomo normale e dove doveva scorgersi il volto vi era invece un pesante cappuccio nero con due piccole fessure…

 

-…chi siete…? Cosa volete?!- urlò ancora l’uomo sempre più terrorizzato.

In risposta la personificazione della paura allargò le braccia fino a quel momento tenute lungo il corpo.

Il grande mantello si gonfiò, più che mai la presenza sembrava essere un gigantesco pipistrello.

Marianne cominciò a urlare e a stringersi convulsamente al suo gentiluomo.

Con un balzo il gigante nero fu davanti all’uomo e in battito di ciglia gli squarciò la gola con la sua mano artigliata.

Agenore cadde a terra con gli occhi sbarrati e una mano sulla gola.

Il sangue stava velocemente ricoprendo il suo elegante panciotto.

Marianne stava ancora urlando…

 

Gli artigli malefici splendevano sotto la pallida luce della luna, le lame affilate brillavano di rosso vermiglio…

Marianne prese a indietreggiare sino a che non scontrò la panchina dietro di lei finendoci seduta contro la sua volontà…

La paura più potente aveva ghiacciato il suo soffio vitale…

Le pupille erano dilatate più del normale…

La voce non esisteva più, non riusciva più a uscire…

Lo sconosciuto demonio le si avvicinò con grazia e data la sua notevole altezza si abbassò fino a incontrare gli occhi spauriti della giovane dama…

Avvicinò quello che doveva essere il suo dito,ma che invece era una lama tagliente, al volto nobile della fanciulla quasi accarezzandolo…

Una lacrima prontamente si tuffò sulla lama splendente…

 

La donna si ritrovò a fissare due profondità piene di nero o forse semplicemente vuote…

 

Mentre la ‘mano’ destra del grande pipistrello era ancora ferma sul volto della povera e innocente vittima, l’altra guizzò dalle voluttuose pieghe del pesante mantello e con violenza e rapidità si conficcò nello stomaco della sfortunata donna.

 

Le lame spensero il grido di sorpresa e dolore che prontamente stava per emergere dalle morbide labbra della fanciulla, sostituendolo con il suo stesso sangue.

 

Ducato di Southampton -la mattina dopo

 

-Chester fate avvisare mia moglie, la marchesa Emily, che sono finalmente arrivato…- annunciò leggermente seccato Liam Howell Evans Goldsmith, mentre si toglieva i guanti di pelle.

-Subito Signore…-

Il fido accompagnatore del Signore di Galway si diresse verso il salone principale, dove sicuramente si trovava Wyatt intento a disporre gli ultimi accorgimenti per la festa che si sarebbe tenuta di lì a poco.

Sir Liam rimase fermo al centro dell’atrio con un espressione corrucciata, erano le sette e mezza del mattino, la grande tenuta cominciava a risvegliarsi…

 

Sir Robert stava terminando di abbottonare l’elegante giacca che aveva scelto di indossare per la festa…

Con un’espressione tutt’altro che allegra si avvicinò allo specchio bordato d’oro e si scrutò attentamente.

Il tempo aveva inevitabilmente segnato il volto del Duca, il dolore lo aveva modellato ma la notte appena trascorsa aveva ‘depositato’ sotto i suoi occhi due incredibili occhiaie…

 

Tuttavia il sonno si era fatto desiderare ardentemente anche da altri ‘abitanti’ di Southampton Manor…

Rupert Giles era sempre stato un uomo perspicace, a causa di questa sua straordinaria dote poteva anch’egli ‘sentire’ che il giorno che si era appena affacciato su di loro sarebbe stato speciale…

Dal canto suo Lady Elisabeth dopo il ritorno da White Hill e il pomeriggio trascorso con l’adorata Zia aveva faticato molto a prendere sonno e ahimè quando Morfeo le si presentò anzi che un riposo dorato, le portò in dono un cesto di incubi.

 

Quando Charles si recò nella stanza del padroncino lo trovò di già alzato e si stupì addirittura che avesse già indossato gli abiti preparati per quest’avvenimento…

Aveva bussato alla porta e poi come al solito era rimasto in attesa della risposta.

Sir William era in piedi, davanti alla finestra e guardava fuori…non si era neppure voltato quando il suo maggiordomo era entrato.

-Buongiorno Signore…- disse Charles facendo un piccolo inchino alle spalle del suo padrone.

Silenzio.

Charles non vi prestò molta attenzione, ormai si aspettava di tutto da Sir Atkinson…

-Vedo che siete già pronto Sir…- azzardò l’uomo.

-Una cameriera…una certa Joyce…è stata a mia disposizione…- rispose assente il giovane.

-Molto bene Lord…vuole che…-

Ma Charles venne interrotto…

-Hai visto che bel giardino Charles?…Mi ricorda molto quello di casa…la mia vecchia casa, quando la duchessa Anne era ancora viva…- e finalmente si voltò verso il suo fido servo.

Charles, ancora una volta, venne preso alla sprovvista…non ricordava di aver mai visto il suo Signore così malinconico…

-Sir…la duchessa vostra madre vi manca ancora molto…- disse piano.

A quelle parole il giovane si riscosse, il suo sguardo tornò quello di sempre e la malinconia scivolò via…

-Fai strada Charles…che lo spettacolo cominci…-

Il Padrone era tornato nei suoi soliti panni.

 

Joyce quella mattina aveva parecchie cose da fare e non era certa di poter portare a termine tutti i suoi compiti con la sua consueta bravura, l’agitazione infatti animava sfacciatamente il cuore nel suo petto e le causava un leggero affanno più che se stesse correndo attraverso i lunghi corridoi di Southampton Manor.

Innanzitutto doveva assolutamente occuparsi della sua pupilla…per questo corse nell’ala dove si trovava la stanza di Lady Elisabeth.

 

La povera Joyce quella mattina si era dovuta alzare alle cinque e unirsi al resto della servitù per preparare la grande sala da ballo con gli adeguati accorgimenti e allestire i numerosi tavoli che avrebbero ospitato il grande banchetto del pomeriggio.

Bussò delicatamente alla porta della stanza della sua padroncina.

-Avanti…- un invito sussurrato.

 

Inutile dire che Joyce rimase stupita di trovare Elisabeth già alzata.

A quanto pare quella mattina il castello riservava bizzarre sorprese ai suoi abitanti.

 

-Buongiorno Lady Elisabeth…-

Joyce si richiuse la porta alle spalle e si avvicinò alla fanciulla.

-Buongiorno a te Joyce…- la giovane continuava a guardare fuori dalla finestra.

-Sta piovendo…- sussurrò come se parlando a voce più alta avesse rischiato di interrompere quel normale avvenimento atmosferico.

-…vero madamigella…proprio come il giorno che siete venuta al mondo…- ricordò la donna mentre sia avvicinava alla duchessina, ancora di spalle.

-…ho paura Joyce…-

La donna rimase ferma immobile, non era sicura di poter prestare fede a quello che le sue umili orecchie le avevano riportato.

-Che cosa?- domandò avvicinandosi maggiormente.

La fanciulla non parlò più, ma inaspettatamente si voltò e si rifugiò tra le braccia della sua fidata balia.

Joyce la strinse, mentre i suoi pensieri le ricordavano che nelle ultime ore aveva abbracciato la ‘sua’ bambina più che negli ultimi dieci anni…

Tutt’altro che con intenzione la balia si sciolse dall’abbraccio e si apprestò a svolgere il suo dovere, guardando negli occhi la padroncina si sentì stringere il cuore…le lacrime scendevano silenziose su quelle gote d’alabastro e la donna comprese che il tumulto che albergava nell’animo della giovane fanciulla era terribilmente vero e sembrava scuoterla nel profondo…stranissimo avvenimento per una giovane snob e viziata d’alto rango com’era la minore del Ducato di Southampton.

-MyLady è ora di prepararsi…-

La fanciulla si diresse mansueta verso la stanza da bagno, contrariamente al suo solito non sembrava aver intenzione di parlare.

 

-Mia adorata moglie…buon giorno…-

La voce di Liam risvegliò Emily Cordelia Goldsmith dai suoi sogni…

 

A quanto pare il buon vecchio Chester non aveva avuto il coraggio di entrare nella stanza della marchesa, dopo che questa non aveva dato segno di esser sveglia…

-Mio Signore, ho bussato tre volte ma…- si scusò imbarazzato una volta che ritornò al cospetto del marchese che attendeva ancora nel grande ingresso della tenuta.

-Sì va bene…farò da me…come al solito!- lo interruppe questi bruscamente e con un gesto stizzito lasciò cadere i guanti bagnati sul pavimento, ai piedi del servo inadempiente, per dirigersi di buon grado verso la sua bella sposa ancora addormentata.

 

La marchesa aprì lentamente gli occhi e si stiracchiò leggermente…

-Ben arrivato…adorato marito…- mormorò senza avere ancora il pieno controllo della sua voce.

-Cordy…vi ho già detto che siete meravigliosa appena sveglia?-

Liam si avvicinò al letto e vi poggiò sopra il ginocchio destro, sporgendosi verso la donna, appoggiando entrambe le mani sul materasso ai lati del corpo della moglie.

-Marchese…suvvia…- cinguettò Cordelia facendo segno di coprirsi maggiormente col lenzuolo.

Liam sorrise maliziosamente, un luccichio di lussuriosa voglia gli accese lo sguardo…

-Non copritevi madamigella…lasciatevi ammirare…- e con una mano spostò il lenzuolo.

Cordelia sorrise divertita…

Liam cominciò a sciogliere i numerosi nastri della preziosa camicia da notte…

Cordelia chiuse gli occhi e appoggiando le sue mani su quelle del marito lo accompagnò nei suoi gesti…

Il marchese si accomodò meglio sulla donna, sovrastandola completamente, per poi impadronirsi del suo fine collo per divorarlo di baci.

Il fango gocciolante dagli stivali del nobiluomo aveva sporcato le linde lenzuola di seta pregiata.

La fanciulla gemeva soddisfatta mentre faceva vagare le sue mani lungo il panciotto del suo sposo.

L’assalto del marchese raggiunse ciò che i preziosi nastri avevano ormai lasciato scoperto…

-Si farà tardi…- mormorò la marchesa in estasi mentre si inarcava verso il suo ‘assalitore’…

-Che importa…- rispose distrattamente Liam preso a torturare una delicata punta protesa verso le sue labbra.

-Ci sentiranno…e se venisse qualcuno a chiamarmi?…-

Cordelia recuperò un attimo di lucidità…

-Lasciateli chiamare…- sospirò lui prima di dedicarsi all’incavo fra le due preziose colline di quella liscia e profumata valle.

-Forse sarà il caso che mi prepari…fra poco dovremmo presentarci al cospetto di mio padre…- insistette Cordelia tra un gemito e l’altro.

-Per tutti gli accidenti sacri…- imprecò il marchese profondamente seccato.

Si fermò e fissò duramente la consorte…

-Si può sapere che cosa vi prende?…Ho affrontato un lungo viaggio per giungere qui in tempo…questa sarebbe la vostra gratitudine verso una cortesia che vi presto?-

Serrò le sue mani intorno agli esili polsi della moglie e li inchiodò sul materasso, lungo il corpo della donna, quasi totalmente scoperto…

La marchesa rimase senza parole…

-Siete mia moglie e dovete soddisfarmi…il matrimonio si basa su questo…non vi è ancora chiaro?- domandò tagliente l’uomo squadrandola gelidamente.

 

Per la prima volta nella sua intera esistenza Emily Cordelia si sentì in trappola e forse nel suo più recondito angolo della mente si insinuò un dubbio…

…il terribile dubbio che probabilmente il suo adorato marito fosse tutto tranne che un gentiluomo…

 

-Mio Signore…perdonate l’avventatezza…- ribatté con un velo di sarcasmo…

-Ma vi ricordo che stiamo alloggiando nella dimora di mio padre, nel caso che l’abbiate dimenticato, Sir Robert Southampton…è un Duca alquanto potente…e non conviene molto contrariarlo, specialmente in occasioni importanti…- terminò pungente Cordelia, ancora tenuta ‘prigioniera’ dalle mani del marito.

Liam la guardò attentamente e poi la ‘liberò’.

-Perdonami Cordelia…-

Lei non lo guardò e prese a massaggiarsi i polsi…

-Mi avete fatto male…-

Il marchese si alzò dal letto lasciando ‘tracce’ fangose del suo turbolento passaggio.

-Ti ho chiesto scusa…-

-Siete un bifolco, arrogante e insensibile essere…- poi alzò lo sguardo verso gli occhi scuri del suo sposo.

-…ma forse è anche per questo che dopotutto ti amo…- mormorò la fanciulla con una punta di disperazione…

Liam sorrise vittorioso e poi si avvicinò a quelle labbra perfette e le divorò con un impetuoso bacio.

-Siete perfetta…- constatò Joyce ammirando la giovane Elisabeth, finalmente pronta.

-Grazie Joyce…- rispose educatamente la duchessina lisciandosi il vestito.

Qualcuno bussò alla porta.

-Mia Signora…- salutò Wyatt con un inchino…

-…vostro padre e alcuni ospiti vi attendono nella sala da thè…-

-Molto bene Wyatt…informate mio padre che sarò tra loro fra poco…- e lo congedò con un gesto.

Joyce pensò che probabilmente Lady Elisabeth avesse riacquistato la sua abituale sicurezza.

Il maggiordomo uscì e si richiuse la porta alle spalle.

-Signora io mi ritirerei…- chiese Joyce dal momento che ormai non aveva più nulla da fare lì in quel momento…

-Ancora un attimo Joyce…-

La donna si fermò e guardò la damigella in attesa…

-Sulla mia toilette c’è una scatola di velluto…aprila per favore…-

Joyce eseguì gli ordini e si ritrovò tra le mani la collana più bella che avesse ai visto…

-Lady Agatha…ieri me ne ha fatto dono, pregandomi di indossarla oggi…per il mio compleanno. Potresti aiutarmi a indossarla?-

La balia obbedì.

-Grazie.- disse poi Lady Elisabeth.

Joyce si avvicinò alla porta e la tenne aperta per far passare la sua Signora.

Lady Elisabeth sembrava aver dimenticato l’episodio lacrimevole che l’aveva colta quella mattina, la sua espressione era tornata quella di sempre…altezzosa e regale.

-Madamigella…- disse Joyce mentre la fanciulla le passava di fianco.

La duchessa di Southampton si voltò…

-…Buon compleanno…-

La fanciulla accennò un breve sorriso, poi riprese a camminare.

 

Joyce la vide camminare verso il lungo corridoio, con quel regale incedere e il leggero strascico dell’abito che accarezzava il pavimento.

In quel momento le sembrava una regina…

La sua regina stava per incontrare il suo destino…

Un lungo tavolo era stato magnificamente preparato, le migliori stoviglie si mostravano splendenti sulla pregiata tovaglia.

Bellissime composizioni di rose bianche erano disseminate un po’ qua e un po’ là…

Sir Robert era ovviamente nervoso e certamente il continuo parlare del musico di corte francese non contribuiva alla distensione dei suoi nervi…

Stefan Floette stava decantando le meraviglie del grande carillon che il Duca aveva fatto appositamente costruire per il compleanno della figlia minore.

 

D’altra parte il resto dei commensali non era certamente meglio disposto d’umore…

Lady Cordelia sedeva impettita al suo posto con lo sguardo fisso sul tovagliolo piegato a forma di ninfea che ‘galleggiava’ nel suo piattino. Il suo consorte discorreva di non si sa bene cosa con la nobile cognata, Lady Cecily…l’insolenza dimostrata nel privato con la moglie sembrava sopita…

Lord Wesley sedeva, anch’egli impettito e rigido, ironia della sorte di fronte alla sua controfigura del momento…Lady Cordelia.

Non dimentichiamoci, ovviamente, dell’illustre ospite…

Lord William Percy Atkinson sedeva di fianco al Marchese Goldsmith, mentre di fronte aveva casualmente Lady Pryce che tra un discorso e l’altro non riusciva proprio a fare a meno di lanciargli occhiate…diciamo…interessate.

Lord William cercava di non manifestare la sua agitazione…l’aver scoperto che Lady Emily non era la sua promessa…l’aveva decisamente spiazzato, lasciandolo nella sgradevole attesa, condita da una buona parte di ansia…riguardo a quale allora sarebbe stata la sua promessa sposa…

In aggiunta a questa scomoda sensazione di attesa, Lord Atkinson aveva potuto intendere, non appena erano state fatte le presentazioni, di non essere risultato molto simpatico al Marchese di Galway…

 

Sir William provò a prendere parte a qualche conversazione, ma non trovandone nessuna particolarmente stimolante per i suoi gusti, decise di lasciar perdere…e ingannò la sua personale e snervante attesa guardando fuori dalla grande vetrata…

 

-Signori…-

Wyatt fece un cerimonioso saluto per poi fermarsi sulla soglia della sala.

In quell’istante calò il silenzio.

-Sono lieto di annunciarvi…Lady Elisabeth, Duchessa di Southampton…- e si inchinò rispettosamente, quasi a sfiorare il lucido pavimento con la mano destra.

Appena due attimi dopo la giovane duchessa fece il suo ingresso.

Istantaneamente tutti i nobili che sedevano all’importante tavolo indossarono dei gioiosi quanto falsi sorrisi…

 

Gigli Bianchi a Londra

 

Il Giglio e la Rosa

 

 

 

Elisabeth si ritrovò al centro della stanza a dispensare sorrisi a tutti gli ospiti, ma non fece neanche in tempo a rendersi conto di quanta gente vi fosse che il padre richiamò la sua attenzione…

-Elisabeth mia cara…buon compleanno…-

Il vecchio Duca si era alzato e si era avvicinato alla figlia salutandola con un perfetto baciamano.

-Oh padre…vi ringrazio…-

-Mia cara fanciulla prima che la colazione possa essere servita lascia che ti presenti il nostro illustre ospite…il Duca William Percy Atkinson di New Castle…-

Sir Robert indicò il giovane nobile che si alzò dal suo posto, per aggirare il tavolo e raggiungere la nuova arrivata.

-Sir William…costei è Lady Elisabeth Southampton, la mia ultimogenita…- e scoccò un’occhiata significativa al giovane.

 

‘Quale meravigliosa e celestiale creatura nascondeva Sir Robert…è molto somigliante alla dama ritratta in quel grande affresco che ho visto ieri notte, se non fosse impossibile penserei che si tratti proprio di lei.’

Proprio così, la mia prima impressione è di ritrovarmi davanti la Signora di Southampton, ma ovviamente ciò è dovuto all’iniziale sorpresa.

Quando mi avvicino mi rendo effettivamente conto che la fanciulla dinanzi a me ha qualcosa di diverso rispetto alla donna del dipinto, ma tuttavia non riesco a dare un nome o una spiegazione a questo qualcosa.

Forse sono i suoi occhi verdi…sembrano racchiudere un intero mondo, appena la giovane ha alzato il suo viso verso di me, mi sono sentito completamente al di fuori della realtà…

-Lady Elisabeth…incantato di fare la vostra conoscenza…- declamo con un breve inchino, poi prendo una sua mano tra le mie e la sfioro con le labbra.

 

‘Padre siete sempre così premuroso nei miei confronti…’

Una sensazione di pura tenerezza si fa strada in me quando vedo mio padre che si alzava per raggiungermi e farmi i suoi auguri di buon compleanno.

Devo ammettere che sono un po’ preoccupata per lui, in queste ultime settimane lo vedo più stanco del solito…mi sembra addirittura invecchiato di colpo.

Forse per lui non è un avvenimento così felice il mio compleanno, dopotutto è a causa della mia nascita che lui e le mie sorelle hanno perso una madre…e una moglie.

‘…ma mio padre ha fatto in modo che io non mi sentissi mai colpevole…’

Sorrido radiosa e do una veloce occhiata intorno…poi la voce del mio caro genitore richiama la mia attenzione…

Devo ammetterlo mi sono persa nei miei pensieri, così non ho captato interamente le parole che mi ha rivolto.

-Lady Elisabeth…incantato di fare la vostra conoscenza…-

Mi ritrovo davanti un gentiluomo, elegantemente vestito.

Ha lunghi capelli color del miele raccolti in un codino tenuto fermo da un nastro blu di velluto.

La mia attenta analisi subisce…uno scossone…quando questi rialza lo sguardo dalla mia mano, che ha galantemente sfiorato, e mi fissa.

Posso constatare che probabilmente ha pochi anni più di me, ma il fatto più sconvolgente è il suo sguardo…così…così…

‘…blu…’

Subito mi riprendo e rispondo cortesemente…

-Il piacere è tutto mio…Lord Atkinson…- accennando un inchino.

Noto che il suo sguardo zaffiro è calamitato dalla mia scollatura e la cosa mi infastidisce leggermente…tuttavia meglio rimanere in silenzio.

-Padre avete visto che meraviglioso dono mi ha fatto Lady Agatha?…Non è splendido?…- e sono felice.

 

Nonostante fuori non splenda il sole, la duchessa ne sembra pienamente illuminata…non posso fare a meno di pensare che forse la divina luce nasce direttamente dai suoi capelli dorati..subito mi rendo conto di tale sciocchezza…

Più la osservo e più non riesco a fare a meno di paragonarla a una ninfa…

Il vestito che indossa è di pregiatissima fattura e le sta divinamente, la sua intera bellezza viene maggiormente esaltata da una meravigliosa collana di smeraldi e diamanti che si poggia sulla sua delicata scollatura…

 

Sir Robert dopo aver presentato il Duca alla sua ultimogenita notò che quella collana gli ricordava qualcosa…quando sua figlia gli spiegò la provenienza una scomoda sensazione alla bocca dello stomaco lo pervalse…

Sua sorella Agatha aveva donato a Elisabeth la collana che lei stessa aveva ricevuto in dono da Lord Travers…il giorno delle loro nozze.

Una coincidenza…o semplicemente il frutto della lungimiranza della vedova Travers?

Preferì non pensare in quel momennto alla risposta, però non potè fare a meno di consideralro una sorta di cattivo presagio per l’immediato futuro.

 

Forse mio padre non è entusiasta di questo regalo…

‘…probabilmente ritiene di non aver provveduto altrettanto…adeguatamente…’

Gli prendo gentilmente il braccio e poi…

-Non preoccupatevi padre…sono sicura che il vostro regalo sarà ancora più bello…- e gli sorrido radiosamente mentre ci andiamo a sistemare ai nostri posti.

Piccola dimenticanza…non abbiamo avvertito il nostro ospite e il cerimoniale è rigido in questo senso…

Mio padre sembra leggermi nel pensiero e si volta nel punto dove Sir William attende…

…bè in realtà…dovrebbe attendere…

…a quanto pare il Duca ha pensato a ‘congedarsi’ da solo dalla nostra presentazione e adesso sta seduto al suo posto e parlotta allegramente con la maggiore delle mie sorelle…

…Cecily.

Mio padre corruga momentaneamente la fronte poi però ordina a Wyatt che ci venga servita la colazione…

 

‘Bellissima accoglienza e cortesia...probabilmente avrei avuto maggior considerazione se avessi avuto un grosso rubino attaccato al collo…’

Sono evidentemente seccato, così decido di tornare al mio posto senza troppe cerimonie…

Lady Cecily sembra attendermi con ansia…questa donna deve avere un debole per me…

‘Ci sarà da divertirsi…’ penso e mi accorgo di essere molto nervoso, dal momento che sotto il tavolo il mio piede destro continua a battere ritmicamente sull’elegante pavimento…

-Mia cara Elisabeth…diventate sempre più bella…è solo passato un anno dall’ltima volta che vi ho veduta e devo ammettere che sono ammirato…-

Il marchese Goldsmith accennò un breve inchino in direzione della fanciulla seduta di fianco a suo suocero.

La fanciulla arrossì brevemente e ringraziò il cognato.

 

Le cameriere stavano portando in tavola superbe prelibatezze…la colazione veniva consumata quasi in perfetto silenzio, eccezion fatta per Sir William e Lady Cecily che sembrava non smettessero mai di trovare argomenti comuni di cui discorrere…

Improvvisamente Liam decise di volgere la sua attenzione verso il famigerato Duca di NewCastle, facendo parecchia fatica per contenere l’innata antipatia che provava nei confronti di un così annoverato…giovincello.

-…Ditemi…Sir Atkinson…di cosa vi occupate esattamente?…- la domanda dell’uomo risuonò strana, sembrava essere già in partenza una sottile presa in giro, indipendentemente dalla risposta.

Sir William finì educatamente di masticare e poi, senza alcuna fretta si passò un tovagliolo sulle labbra…solo dopo che lo ebbe riposto accanto al suo piattino si considerò pronto per rispondere alla domanda che gli era stata posta.

-Vedete marchese, ho una grande passione per la poesia…- iniziò a spiegare, ma fu prontamente interrotto da Liam…

-Suvvia Signore…non intratteneteci con i vostri passatempi scialbi…la mia intenzione era quella di sapere cosa fate…realmente…durante le vostre giornate…- ghignò Lord Goldsmith.

Inutile dire che l’intera sala trattenne per qualche secondo il respiro, sembrava che il marchese irlandese non tollerasse molto la presenza di un simile damerino e faceva di tutto per provocarne una qualsiasi reazione…

Cordelia in cuor suo sognò per un attimo che anche il suo nobile marito avesse una tal sensibilità d’animo, si rammaricò inoltre della piega che stava prendendo la discussione.

-Oh Signore…lungi da me voler arrecare scherno a una personalità fine come la vostra…vedete voi mi avete fatto una domanda e io ho semplicemente risposto…realmente mi occupo di poesie e letteratura.- rispose cortesemente il Duca di Newcastle mascherando perfettamente la sottile ironia con cui aveva posto la sua risposta.

 

Sir Robert alzò gli occhi al cielo, grazie alla strafotenza del marito di sua figlia Cordelia ora veniva anche a sapere che il partito scelto da lui per la sua figlia più piccola, trascorreva il suo tempo a poetare…

 

Non posso fare a meno disorridere, nonostante spesso sia un po’ grezzo, mi piace il modo di fare di Liam…ovviamente nessuno deve saperlo, quindi mi astengo saggiamente dal dire qualcosa.

Liam Goldsmith dev’essere un marito perfetto, Cordelia è stata fortunata, mio padre è riuscito a trovarle un nobile uomo, giovane e intraprendente…

Devo ammettere a me stessa che un po’ la invidio, ma in fondo non penso minimamente al matrimonio…è un argomento che per adesso non sfiora nemmeno le mie idee…tutt’altro.

‘Sono ancora troppo giovane e devo fare ancora un sacco di cose prima di convolare a nozze…’

Effettivamente per adesso non voglio nessun legame…meno che mai un promesso sposo e un matrimonio imminente.

 

‘A quanto pare il marchese irlandese si diverte a stuzzicarmi…e sia lasciamo pure che il bamboccio si diverta…’ penso mentre con non chalance mi guardo intorno. Sembra che il mio ospite sia un po’ a disagio, forse ha ritenuto che il suo caro genero fosse troppo invasivo…poi lo sguardo cade su Lady Elisabeth e devo ammettere che la sua risatina mi innervosisce, per non parlare poi dell’occhiata che scocca, convinta di non essere vista, al caro cognatino mentre questi sta discorrendo con Sir Pryce…

 

-Non trovate che sia tremendo?-

Sir Wesley stava giusto raccontando che quella mattina si era recato nel paese per sbrigare qualche commissione dal suo ragioniere e gli era giunta voce che un terribile fatto aveva sconvolto la notte di Lomdra…

Un famoso agente di borsa…tal Agenore Wilson venne brutalmente ucciso insieme a una nobildonna…al secolo Marianne Clarence Smith, mentre si trovavano in un parco e probabilmente stavano consumando un pic-nic al chiaro di luna…

-Mio caro Wesley…è indubbiamente una vicenda brutale, ma stai pur certo che un avvenimento del genere può capitare soltanto a un uomo stolto…e incapace di difendersi…- commentò superficialmente Sir Goldsmith dopo un sorso di vino rosso e brillante.

-Non credo che sia così Sir Liam…si diceva che ad aggredirli fosse stata una specie di creatura infernale…- si accalorò Wyndam Pryce.

-Non diciamo eresie…mi meraviglio di voi Wesley…un uomo di conoscenza quale siete, che presta attenzione a dicerie di eco medievale…no no no mio caro, la caccia alle streghe è finita da un bel po’ di tempo…ormai.- e stropicciò le labbra in un sorriso di scherno.

-Liam…gradirei se fossi meno…brillante…nelle tue osservazioni…- intervenne Cordelia per niente soddisfatta del modo di porsi del suo consorte.

-Non potremmo cambiare discorso…? Oggi è un giorno di festa…e non mi sembra che a Elisabeth giovi una conversazione così…truculenta.- insistette Cordelia.

Aveva visto sbiancare la sua sorellina e non voleva che simili discorsi, intrisi di violenza e crudeltà, venissero fatti in sua presenza.

-Come vuoi tu mia cara…ma vedi i fatti sono i fatti…voi cosa ne pensate Sir William?- continuò Liam come se la consorte non avesse parlato.

 

‘Quello che è successo è terribile…non riesco neanche a concepirla una cosa del genere…’

Sono sconvolta, questa conversazione non mi piace, mi rende più nervosa di quanto già non sia e adesso non ne ho proprio bisogno…ma pare che il marito di mia sorella non sia dello stesso avviso e sono proprio curiosa di vedere come se la cava il nostro ospite…

…il poeta elegante…

 

-Vedete Sir Liam…- iniziò chiamandolo anch’egli per nome, dal momento che l’altro aveva fatto lo stesso senza prima formalmente chiederlo…

-…preferisco non pronunciarmi su taluni fatti…ritengo che per certe vicende sia il caso di ricorrere soltanto alla polizia…- sentenziò leggermente turbato il giovane Duca.

-Signori se siete d’accordo preferirei cambiare agomento…- intervenne Sir Robert per prevenire una sicura battuta del marchese irlandese sulla poca iniziativa del Duca di Newcastle…

 

Penso che la mia espressione abbia avuto un che di buffo dopo che ho sentito come il duca di Newcastle ha risposto riguardo il terribile avvenimento di Londra.

‘Un damerino…un perfetto damerino…’ e poi sbirciando l’accuratezza dei suoi movimenti e la compostezza con cui porta la forchetta alla bocca me ne convinco sempre di più.

-Padre…come mai Mister Giles non è con noi?-

Prendo alla lettera le parole di mio padre e ne approfitto per chiedere come mai il mio tutore non è seduto con noi oggi…

-Non preoccuparti mia cara…Mister Giles ci raggiungerà oggi, nel pomeriggio…Questa mattina aveva diverse faccende da sbrigare…- e mi sorride accondiscendente.

‘Faccende? Quali faccende…? Me lo avrebbe detto…’

Sono leggermente perplessa, solitamente il mio tutore ed io siamo in buoni…rapporti, ci diciamo tutto…non c’è segreto che rimanga tale tra noi due.

 

La sua voce cattura inevitabilmente la mia attenzione…

…devo ammetterlo questa fanciulla mi incuriosisce, è frivola e non credo proprio che sia possibile intrattenere una conversazione intelligente con lei, ma d’altra parte quale dama è preparata a elaborate discussioni, piuttosto che a più semplici e interessanti pettegolezzi?

Ma…

…c’è sempre questo qualcosa in lei che in qualche modo mi attira…

A proposito, qualcos’altro mi sta attirando in questo momento…

Madame Pryce si sta esercitando in un perfetto piedino…con me!

Questa donna riesce a spiazzarmi totalmente…

‘Santi Numi…ma è seduta di fianco al marito!!!’ e pian piano allontano il mio stivale dalla sua scarpetta.

 

Stefan Floette non aveva parlato per tutta la durata della colazione, solo un breve accenno quando Sir Wesley aveva introdotto la notizia del delitto di Londra…

Il musico di corte aveva sgranato gli occhi e sbiancando ulteriormente aveva detto, non si sa bene a chi…

-…Terrificante…terrificante davvero, risuona come una Messa da Requiem…ma certo!!! Mozart…il Dies Irae fa da sfondo alla scena…- poi aveva chiuso con una sua brillante risatina.

William doveva averlo sentito dal momento che un sopracciglio alzato esprimeva la sua perplessità riguardo alla sanità mentale di quell’individuo…

 

-Elisabeth cara…sei pronta per ricevere il tuo regalo?- domandò ad un certo punto Sir Robert. Per i suoi gusti erano stati seduti a quel tavolo sin troppo.

Era giunto il momento di andare avanti, il tempo passava e il pomeriggio presto sarebbe giunto insieme ai suoi ospiti.

 

-Oh padre…non vedo l’ora…- e batto le mani per l’eccitazione.

Non vedo l’ora di alzarmi da tavola, non si può dire che vi siano stati momenti divertenti, escludendo le risatine di Monsieur Floette.

Sì decisamente ho proprio voglia di alzarmi e poi devo assolutamente vedere Giles…ho bisogno di parlargli.

Bevo un sorso d’acqua fresca dal flute di cristallo e sento che qualcuno mi sta fissando, non faccio molta fatica a trovare gli occhi responsabili del mio leggero disagio.

Liam di fronte a me non ha fatto altro che lanciarmi sfuggevoli sguardi per tutta la durata della colazione.

Ho sempre ammirato la bellezza di Liam e forse dopo un anno che non ci siamo visti posso dire che sia addirittura migliorata.

I suoi occhi scuri sono affascinanti, l’ho sempre pensato, ma oggi ne ho la conferma dal momento che li vedo spesso…

Mi sta sorridendo e noto un bagliore che si estende dalle iridi scure sino alle labbra distendendole in un sorriso…

…un sorriso seducente…

…ho un crampo allo stomaco…

Subito sfuggo da quell’ardore e senza accorgermene i miei occhi sono questa volta catturati da mia sorella Cecily…sta parlando con il duca di Newcastle e dai suoi gesti posso intuire che la sua opera è cominciata…

…certamente tra qualche giorno il giovanotto impomatato sarà la ‘vittima’ dei giochi di mia sorella, lei riesce sempre ad ottenere quello che vuole…non mi spiego solo cosa possa trovare in un individuo come Lord Atkinson, anche perché paragonato a questi…Sir Wesley è Riccardo Cuor di Leone…

‘povero Wesley…’

E’ lì vicino e sembra non accorgersi di tutto quello che mia sorella riesce a combinare, anche solo con uno sguardo…tutto ciò è seccante.

‘Potrebbe avere più rispetto di suo marito, almeno nelle occasioni importanti…’

A volte mi ritrovo a pensare alla situazione di Wesley e mi ripeto che non vorrei mai e poi mai ritrovarmici…Zia Agatha è un altro triste esempio.

Forse è anche per questo che non penso al matrimonio…preferirei morire piuttosto che vivere come zia Agatha…

Una volta ne ho parlato con Giles, ma lui mi ha assicurato che per me sarà diverso…un eventuale noi sarà per me una gioia…non una fonte di dolore…

 

-Wyatt…- chiamò imperiosamente Sir Robert alzandosi in piedi.

Il resto dei commensali si alzò subito dopo come imponeva il galateo.

Il maggiordomo comparve immediatamente sulla soglia della porta…

-Ai suoi ordini Sir Robert…- rispose inchinandosi perfettamente come sempre.

-Facci strada nella sala musica…naturalmente prima sapete cosa dovete fare…vero?- ordinò il vecchio duca con la voce, ma maggiormente con gli occhi.

-Certamente Sir…vado e torno…-

Con grande eleganza il maggiordomo uscìi.

 

Mentre attendevano in piedi al centro della sala, proprio di fronte al tavolo…un allegro tintinnio animò lo scomodo silenzio che era di nuovo calato.

Sir Robert cercò di trovare la fonte di tutto ciò…un leggero sbuffo quando capì…

-Monsieur Floette…di grazia…cosa state…- ma venne interrotto da un allegro motivetto.

 

Il musico della corte francese aveva trovato come esprimersi, approfittando del fatto che erano stati ormai abbandonati dai possessori, radunò sette flutes che contenevano diverse quantità di bevande e li mise in fila…da quello che conteneva più liquido per arrivare al più vuoto, sistemando quando era necessario facendo delle aggiunte.

Poi prese un cucchiaino e iniziò a picchiettare su ciascun flute…finchè non venne fuori l’allegra aria di Papageno.

Sir Robert stentava ad ammetterlo persino a se stesso, ma rimase piacevolmente colpito dall’ingegno dell’uomo, forse cominciava a capire perché fosse diventato musico reale…

 

Il Duca di Southampton fu il primo ad applaudire…seguito poi da tutti gli altri…

-Oh grazie…grazie Signori…-

Stefan Floette si voltò verso di loro e cominciò a ringraziare lanciandosi in una serie di inchini che sembrava non avere mai fine.

Quando ritenne di averne fatti abbastanza si rimise dritto e iniziò col ciclo di risatine…

Sir Robert si rimangiò il suo precedente forse…

-Onoratissimo Signori…perdonate la stonatura, ma i bicchieri erano un po’…scordati…- e ricominciò a ridere.

Sir Robert chiuse gli occhi e scosse la testa…la figlia Elisabeth proruppe in una risatina divertita.

-Signori…la sala musica vi attende…-

Wyatt era tornato e adesso era pronto a condurli dove desiderava il suo padrone.

-Elisabeth cara…lasciate che vi accompagni, così potrete raccontarmi come avete trascorso l’ultimo anno…- il marchese Goldsmith si avvicinò alla giovane cognata, solo dopo si ricordò di rivolgersi alla moglie.

-Cordelia, vi dispiace se passo qualche istante con la vostra sorellina?- domandò quando in realtà aveva già Elisabeth a braccetto.

-Fate pure Liam…- ‘concesse’ Lady Goldsmith.

 

William osservò l’intera manovra del ‘granduomo’ così, prima che la consorte di Lord Pryce potesse avvicinarsi, raggiunse Cordelia e sorridendole…

-Madame…permettete che vi accompagni?-

Cordelia annuì e gli porse il suo braccio.

Cecily fece una smorfia e si avvicinò al marito senza dire una parola.

 

Percorriamo in silenzio il lungo corridoio che ci separa dalla nostra sala musica, il cuore mi batte furiosamente nel petto, ovviamente ciò non è da imputare al fatto che Liam mi sia così vicino…sono proprio curiosa di vedere la sorpresa che mi ha preparato mio padre.

-Elisabet cara, fermati un momento…-

Mio padre è dvanti alla porta chiusa e estrae da una delle sue tasche un fazzoletto di seta bianca…

E’ certamente riuscito a catturare l’attenzione generale.

Monsieur Floette annuisce soddisfatto e i suoi risolini rieccheggiano tutt’intorno.

Senza neanche accorgermene lascio il braccio del marchese, mio cognato.

-…vieni qui vicino a me per favore…-

Obbedisco, naturalmente….e una volta che l’ho raggiunto mi benda col fazzoletto che aveva preparato apposta.

 

‘Senza dubbio il vecchio Duca è un uomo pieno di risorse…non nasconde per niente che ha un debole per la giovane bambolina qui…’

Siamo tutti in attesa di vedere cosa succederà ora…la duchessina è stata bendata e sorride beata.

Proprio ora quel tipo strano, il musicista o qualsiasi cosa sia è scivolato oltre la pesante porta.

‘…sembra un coniglio, zoppica saltellando….’

Io intanto rimango tranquillamente a braccetto con la mia dama, gongolando per il semplice fatto che il marito di costei…il marchese delle mie brache…se ne sta tutto impettito e rigido come un baccalà dopo che la piccola donnina lo ha ‘dimenticato’ per correre a vedere la sorpresa del padre…

 

Sir George fece un cenno col capo a Monsieur Floette, questi sgusciò al suo posto.

Stefan Floette ‘corse’ al suo posto, si avvicinò alla sua creazione e dopo aver girato e sistemato alcune chiavine d’oro si affrettò a schiarirsi la gola…in modo che da fuori lo sentissero.

-Prego…- disse Sir Robert spingendo leggermente la sua ultimogenita all’interno della stanza.

Subito una dolce melodia si liberò nell’aria.

 

Lady Elisbeth rimase immobile, la dolce musica aveva operato un incantesimo su di lei.

Il Duca di Southampton fece il suo ingresso seguito a ruota dagli altri ospiti.

Tutti rimasero incantanti dalla vista di ciò che ancora era nascosto alla festeggiata.

 

Mio padre ha sempre idee meravigliose…è unico nel suo genere, sa rendere speciale ogni mio compleanno.

Un brivido cresce lentamente dentro di me mentre una dolce melodia inizia a suonare…

…e quando la riconosco l’emozione è talmente forte che probabilmente tremo leggermente.

‘…è la ninnananna che mi canticchiava mio padre quando ero bambina…’

Non potevo non riconoscerla, ha accompagnato i miei sogni sino ai sette anni…

‘…non riuscivo mai ad addormentarmi facilmente…e mio padre veniva personalmente a darmi la buonanotte e…cantava per me…’

La chiamava la ninnananna della principessa…

 

-La ninnananna della principessa…- sussurrò la duchessina socchiudendo poi le labbra per la sorpresa.

-Mia cara…ricordi?- le domandò il padre avvicinandosi per liberarle la vista.

-Certamente padre…- la fanciulla tenne ancora gli occhi chiusi come per rivedere quel dolce passato, poi li riaprì…

…e si trovò davanti la creazione più stupefacente che avesse mai visto in tutta la sua nobile esistenza…

Un carillon…

…un gigantesco carillon stava ‘cantando’ la buonanotte della duchessina.

Monsieur Floette se ne stava vicino alla sua ‘creatura’ tutto orgoglioso e giocava con le chiavine d’oro che aveva usato per metterlo in movimento…

L’opera era realmente magnifica, i tasti che ricordavano quelli di un clavicembalo, si muovevano da soli mentre alcuni fiori di legno sbocciavano lentamente…a tempo di musica…e lo sfondo scorreva mostrando le immagini del sole…dall’alba al tramonto…

 

-Elisabeth ci sarebbe ancora una cosa…-

La figlia lo guardò interrogativamente, poi docilmente lo seguì…

Il vecchio Duca fece un cenno e Wyatt prontamente si mosse, dopo un attimo si avvicinò al grande tavolo vicino alla finestra e vi poggiò sopra un vassoio…

 

Il vassoio d’argento aveva il compito di sostenere, niente di meno che…una mini riproduzione del grande carillon costruito dal musico francese…

Sir Robert si schiarì la gola e senza badare alle occhiate di pura curiosità che emergevano spontanee dai volti degli ‘spettatori’ si avvicinò e premette un tastino sul piccolo oggetto….

…subito la stessa melodia di prima si udì, seppur in volume inferiore…

…anche in questa miniatura vi era uno sfondo scorrevole, la differenza tuttavia erano i fiori…

…ebbene in questo caso non fiorivano, ma si spostavano…Nessuno parlò…

Monsieur Floette si guardò intorno eccitato e annuendo con fervore…

…non si sa di preciso quale fosse l’interpretazione del suo annuire…

Dalla piccola apertura emerse un sostegno con sopra un anello…

 

-Padre…- mromorò Elisabeth ammirata e forse anche un pochino commossa.

Lady Cecily si sporse leggermente in avanti per osservare meglio la sorpresa emersa dal carillon, poi con un’espressione tutt’altro che lieta ritornò sui suoi passi…

 

…sicuramente Sir Atkinson sentì la sua compagna irrigidirsi al suo fianco mentre osservava come la festeggiata veniva rapita dalla meraviglia che in quell’istante luccicava davanti a lei…

 

‘Donne…farebbero di tutti per bagliori del genere…si calpesterebbero addirittura fra loro, incredibile quanto siano frivole…’

Sono perplesso in seguito allo spettacolino che ho di fronte.

La damina d’onore sembra quasi commossa sino alle lacrime…la sorella maggiore la fulminerebbe con uno sguardo…mentre la qui presente marchesa Irlandese sembra vittima di un salasso…

 

-Shhh…non dir nulla tesoro mio…lascia soltanto che ancora una volta ti porga il mio più affettuoso augurio di buon compleanno…-

Il vecchio Duca, commosso, si avicinò alla sua ‘bambina’ e le baciò delicatamente la fronte…

 

‘Santo Cielo…’

Mi sembra incredibile, eppure è tutto vero…

Mio padre mi sta regalando qualcosa che per lui è preziosissimo…

‘…l’anello che regalò a mia madre per il loro matrimonio…’

Sono veramente colpita da ciò…capisco quanto bene mi vuole, ma forse non ne ho inteso a pieno la reale immensità…

…mi bacia la fronte e io torno bambina…

…per un attimo torno ad essere la principessa Elisabeth della mia ninnananna…

 

Rupert Giles stava facendo ritorno alla tenuta di Southampton.

Aveva avuto la mattinata libera, il Signore gli aveva fatto gentilmente capire che la sua presenza a colazione non era…indispensabile.

 

Proprio la sera prima, quando si riteneva che il Duca fosse già nel mondo dei sogni, l’istitutore ricevette una convocazione proprio dal suo signore…

Agitato e nervoso per quell’evento inaspettato si diresse nello studio di Sir Robert mentre la pendola nell’ingresso batteva dieci rintocchi.

Una volta che la porta di quercia si richiuse alle sue spalle Rupert Giles venne messo a parte di quale fosse l’imminente destino della sua pupilla.

 

“Sarà una bellissima sorpresa per Elisabeth…” aveva concluso il vecchio Duca.

Rupert Giles non aveva replicato sul momento, si era solo limitato a dare una spolveratina alle sue lenti.

 

Tutto il sentimento gli scorreva velocemente nelle vene proprio ora mentre camminava velocemente per raggiungere il suo studio.

Al pensiero di tutto una violenta nausea pervadeva il suo essere.

Si richiuse la porta alle spalle facendo scattare il chiavistello.

Non era dell’umore adatto per ricevere eventual visite.

Accese il candelabro posto sul tavolo di quercia e poi dopo una breve occhiata, del tutto priva di significato ma nell’intento calmante…alla finestra, tirò la pesante tenda e fece lo stesso con l’altra.

Al diavolo tutta quella luce!

Voleva stare a rimuginare in pace…e considerava il buio un ottimo aiuto.

Si avvicinò alla libreria e spostò un volume…si udì uno scattò…

Rupert Giles allungò ulteriormente il braccio e trovò quello che cercava…

Dietro ai libri si era spostato un piccolo pannello che nascondeva uno scomparto segreto…

…tastò qualcosa e un guizzo soddisfatto gli distese per un attimo la ruga che gli solcava la fronte…

…estrasse un libro e tornò verso il tavolo…lo appoggiò vicino alle candele e si sedette…

Sospirando lo aprì e dopo qualche secondo, impiegato per raccogliere i pensieri, iniziò a scrivere sul suo diario.

Finalmente sono solo nella mia stanza.

‘Teoricamente dovrei prepararmi per il pranzo…ma forse il recente svolgimento della colazione blocca i miei slanci…’

Sono decisamente scombussolato e annoiato, così mi lascio cadere stancamente sul letto.

‘Elisabeth…’ penso chiudendo per un attimo gli occhi.

‘Indubbiamente è stata fortunata…’

Sono vanitoso, lo confesso.

La bambolina sembra saper il fatto suo, non si può neanche negare che sia un piccolo fiorellino…

‘…peccato che sia vuota come una zucca…e probabilmente la scaletta della mia carrozza ha più personalità…’

E’ incredibile, non sono neanche ufficialmente fidanzato, che già la condizione mi pesa…figurarsi il matrimonio.

Dare l’addio al celibato non era affatto nei miei piani, devo il tutto al mio augusto padre…

‘Dannato vecchio…’ sbuffo mentre mi ritiro su inizio a slacciarmi la cravatta di seta che ho al collo.

‘Mi sta strangolando…’

-Charles…- chiamo a voce alta.

Il mio maggiordomo fidato mi sentirà sicuramente, conoscendolo sarà nelle immediate vicinanze.

Infatti dopo un breve attimo bussano alla porta e il ‘mio uomo’ entra inchinandosi.

-Signore…-

-Aiutami a prepararmi…- ordino seccato.

Ormai sono in ballo e devo ballare…

…e voglio farlo al meglio.

…e sinceramente, non so neanche io perché, ma voglio che gli occhi di Elisabeth siano puntati su di me…e non su quello stupido di Liam Goldsmith.

 

-Mia cara, ti chiederei se potessi evitare di flirtare con chiunque ti venga a tiro…almeno in mia presenza.-

Wesley Wyndam Pryce stava sistemandosi il colletto della sua elegante camicia con gesti misurati e controllati, nonostante tutto le sue parole non erano altrettanto pacate.

 

Oh cielo non stava urlando e sembrava meno arrabbiato di quanto in realtà non fosse, ecco diciamo che era…piccato?

E questo era già molto per lui.

Sir Pryce controllava sempre molto le sue reazioni, era un vero gentiluomo.

Bè…o era realmente così…o era davvero un fantoccio come la sua devota moglie sosteneva.

Forse le mani gli tremavano impercettibilmente per la rabbia?

 

-Oh suvvia Wesley…non vorrai darmi qualche spocchiosa lezione di morale ed etichetta?…Fammi il favore…chiudi il tuo elegante becco…- rispose Cecily Pryce mentre stava seduta alla sua toeletta a darsi gli ultimi ritocchi al trucco.

Al contrario del marito, dai gesti della signora, emergeva una sorta di rabbia repressa.

Lady Cecily era scontenta, molto scontenta…e indubbiamente ciò che era accaduto a colazione non contribuiva sicuramente a distendere il suo incontentabile animo.

Era terribilmente invidiosa…aveva sempre saputo che il suo vecchio padre aveva una sorta di predilezione per la sua cara sorellina…Elisabeth…ma non sarebbe mai arrivata a pensare che fosse così..tanta.

Non era nemmeno l’ora di pranzo che quella piccola smorfiosa aveva già avuto l’anello della madre…figurarsi entro la fine della giornata.

 

Cecily gettò un’occhiata al marito e poi tornò a fissarsi allo specchio.

Voleva assolutamente trovare un modo per divertirsi…

…qualche idea solleticava già la sua fantasia…

Sorrise maliziosamente alla se stessa che la guardava da dietro la superficie trasparente…

…in un modo o nell’altro avrebbe giocato.

-Attenzione là sotto!!!- urlò qualcuno da un punto imprecisato sopra la testa del ragazzo.

Pitt alzò lo sguardo e poi, ringraziando il cielo che lo aveva dotato di buoni riflessi, si spostò prontamente di lato, prima che una bella quantità di acqua gelata e sicuramente non pulita…gli finisse addosso.

-Hey…che diavolo…- sbottò il ragazzo.

Quella città non gli piaceva per niente.

Dopo che aveva lasciato la casa di sua madre e, metaforicamente parlando, la sua fanciullezza…aveva imboccato un sentiero che ben presto si era trasformato in una strada in terra battuta abbastanza grande da permettere il passaggio di due carrozze reali affiancate, senza però sapere minimamente dove lo avrebbe condotto.

In quel momento, a dirla tutta, non gli interessava più di tanto visto che camminava da un giorno intero e aveva assolutamente bisogno di mangiare qualcosa che fosse diverso da formaggio ammuffito e prosciutto secco.

Con le preziose e benedette monete che si era tenuto aveva acquistato una piccola parte di formaggio e un pezzo di prosciutto da un pastore che aveva incontrato nella sperduta e immensa campagna che aveva attraversato.

Non era mai stato in una città così grande…e importante…

 

Non che fosse Londra…ma comunque influente.

Forse arrivare proprio il giorno della fiera non era una mossa astuta, ma d’altra parte come poteva saperlo?

 

-Nastri…guardate che bei nastri…venite Signori…comprate fiocchi per le vostre Dame…- urlava qualcuno che aveva le braccia coperte di serpentelli colorati.

-Spostati ragazzo…non stare lì come un baccalà…devo comprare il pane prima che finisca…- urlò una donna mentre lo urtava bruscamente.

-…e guarda dove vai…- si sentì di nuovo sbraitare addosso, questa volta era un uomo alto e magrissimo con uno strano cappello in testa.

Quando Pitt riuscì a rimettersi su tutte e due i suoi piedi, rimanendoci anche in equilibrio, notò che aveva urtato un pittore…e visto l’orrore che stava sulla tela il fanciullo si rammaricò di non aver scontrato anche quella.

Facendosi coraggio decise di affrettare il passo, facendo attenzione a non scontrarsi più con nessuno…impresa non poi così semplice dal momento che l’intera Inghilterra sembrava essersi riversata in quella strada.

Adocchiò qualche bottega ai margini della via, attraverso stralci di panorama forniti dai ‘buchi’ dei passanti.

L’odore di pane appena sfornato gli fece venire l’acquolina in bocca e la sua mano destra, come animata di vita propria, volò al piccolo rigonfiamento sotto la camicia.

Sognava già un tozzo di pane fragrante e caldo…

-E’ tornato…ieri notte…Londra nel panico…Londra nel panicooooo…-

La stridula voce di un ragazzino catturò la sua attenzione.

-Terribile morte a Londraaaaaaaaaaaa…colpisce solo di notteeeeeee…-

Si avvicinò all’angolo della strada dove un ragazzotto, che aveva probabilmente due o tre anni meno di lui, sbraitava per vendere giornali.

-Il vampirooooooooo…il demonio colpisce ancoraaaaaaaaaaaaaa…- strillò ancora più forte il venditore per poi iniziare a tossire convulsamente.

Pitt decise di saperne di più e abbandonò definitivamente l’idea del pane.

-Hey tu…che è successo?- domandò al ragazzino che non smetteva di tossire.

Questi, ormai paonazzo, si voltò verso di lui.

-Uno scellino e puoi leggerlo tu stesso…- bofonchiò il ‘giornalaio’.

-Dieci penny e me lo dici tu…-ribattè Pitt.

-Hey amico…sei pazzo?- rispose l’altro che sembrava essersi ripreso un minimo, anche se la sua voce era ancora più stridula.

-Uno scellino…o niente…- e soffocò un altro colpo di tosse.

-Nove penny…o niente…- continuò Pitt.

Il ragazzo lo scrutò per un attimo, poi scoppiò a ridere.

-Ma che fai? Ribassi?…Niente giornale, niente informazioni.-

Pitt sbuffò.

-E’ tornato il vampirooooooooo…Londra tremaaaaaaaa….- riprese a urlare.

Pitt si spazientì e lo prese per un braccio.

-Hey ascoltami pidocchio…non so leggere…quindi o ti accontenti di otto penny e mezzo…o tanti saluti…non mi sembra che tu stia facendo molti affari…- lo riprese rivolgendo poi lo sguardo sulla grande pila di giornali che stava ai piedi dello strillone.

Il ragazzo parve rifletterci un po’ su…

-Va bene…otto penny e mezzo, più una cioccolata bella calda…fumante…-

-D’accordo…- si arrese Pitt alzando gli occhi al cielo.

-Seguimi, bisogna conoscere i posti giusti in città…- prese la sua pila di carta inchiostrata e fece strada a Pitt.

Si avventurarono verso la periferia della città.

Passarono davanti al municipio e affisso al muro stava un manifesto con rappresentata una figura che gli era molto familiare, vestita di nero su un cavallo altrettanto scuro.

Il cuore gli batté forte per l’emozione.

C’era anche qualche parola scritta a grandi caratteri, ma ovviamente lui non sapeva assolutamente quale fosse il significato.

Avrebbe voluto chiedere al suo accompagnatore, ma dubitava che fosse in grado di aiutarlo.

Tuttavia era già felice di averne visto una traccia, il suo eroe era conosciuto da quelle parti.

Sorrise mentre correva dietro al piccolo e astuto strillone e cominciò a pensare che forse poteva anche fermarsi per un po’ lì…in quel posto.

Nel profondo del suo animo sentiva che era una buona idea e che forse proprio il destino lo aveva condotto in quella caotica cittadina.

Sì, decise di stabilirsi per qualche tempo lì…

Felice di questa decisione tornò a guardare il ragazzino che correva di fronte a lui e costeggiando la sponda di un fiume raggiunsero la parte meno ‘nobile’ del paese.

 Tbc…..