ALPHA

Three children sliding on the ice
Upon a summer’s day,
As it fell out, they all fell in,
The rest they ran away.
Oh, had these children been at school,
Or sliding on dry ground,
Ten thousand pounds to one penny
They had not then been drowned.
Ye parents who have children dear,
And ye, too, who have none,
If you would keep them safe abroad
Pray keep them safe at home.



(Filastrocca popolare inglese)


I

February 27 2005, 11:52 PM



Il sangue faceva uno strano rumore, nel gocciolare sul tavolo. Diverso da quello prodotto dalle gocce d’acqua.

Era un suono più molle e prolungato.

Strano che non se ne fosse mai accorta prima. Eppure era un’esperta in fatto sangue al di fuori delle sue sedi naturali.


Buffy riusciva a vedere le gocce che dalla sua bocca cadevano sul tavolo a cui era seduta.

Era una strana prospettiva. Dall’alto.

La goccia appariva tonda, un globo che rimpiccioliva mentre cadeva, fino a quando non si schiantava, disseminando gocce più piccole lungo un’irregolare circonferenza intorno al punto dove era caduta. Anche il segno che lasciava sul laminato giallastro del tavolo, quella cosa che pretendeva di essere legno, era bizzarra.

Un cerchio raggiato, dalla circonferenza più spessa del centro, circondata da una corona di puntini dove la goccia, infranta sulla superficie, aveva a sua volta prodotto altre gocce


Probabilmente quel suono così bizzarro dipendeva dal fatto che il sangue era più denso dell’acqua. Non tanto da far si che le gocce mantenessero la loro coesione quando colpivano il tavolo, ma abbastanza da cambiare il suono.


Riusciva a distrarla dalle voci.

Le voci degli ‘altri’.

Erano agitati, gli ‘altri’. Si dimenavano, camminavano avanti e indietro, gesticolavano… parlavano.

Parlavano di lei, ma a se stessi, non a lei.


Che è successo?”

Era la prima cosa chiesta da Giles quando erano entrati in casa sua. Casa, perché per fortuna il semestre era finito ed era a casa, non a scuola. Così non avevano dovuto inventare una scusa del perché lei aveva la faccia coperta di sangue e teneva le mani a coprire la bocca.


La domanda era comprensibile.


Poi erano seguite altre domande.

Perché era successo, dove, quando…

E risposte, sempre più nervose e frammentarie, da parte di Xander e Cordelia.

E Giles continuava a chiedere.

E il suo sangue a cadere su un brutto tavolo giallo di cucina.


Perché lo ha fatto?”

Perché non lo chiede a lei? Ci ha detto solo quello che voleva fare e noi l’abbiamo seguita.”


Era stata Cordelia a rispondere, in tono forzatamente cortese.


Doveva intervenire nel discorso? In fondo, era del suo sangue e della sua carne e delle sue decisioni che parlavano.

Ma sembravano essere capacissimi di cadere nel panico da soli.


Il sangue non smetteva di gocciolare.

Lei non si muoveva e le gocce cadevano quasi tutte nello stesso punto. Avevano finito per formare una pozza sul tavolo, e tante altre macchie più piccole.

Non capiva perché a molta gente facesse impressione.

Era solo un liquido rosso e vischioso. Non molto diverso da vernice. Però a nessuno faceva impressione la vernice.

Era solo un tessuto. Non diverso dalla pelle, se non per il fatto che era tessuto allo stato fluido.

Tutti vivevano di questo tessuto.


Ma doveva ammettere che la vista di ‘questo’ sangue era fastidiosa.

Il suo sangue. Fuori dalla sua sede naturale.


Toccò con la punta di un dito le macchie sul tavolo, poi cominciò a tracciare segni circolari, spandendo il sangue e guardando il liquido rosso scuro imbrattare la superficie chiara.


Buffy! Diosanto, non fare così!” gridò Giles.

Le afferrò la mano con cui stava imbrattando il tavolo e la scostò bruscamente.


Per un istante, Buffy fu sul punto di colpirlo.

Non aveva capito chi l’avesse afferrata in modo così improvviso. Non aveva neppure recepito la presenza accanto a sé.

La sola cosa avvertita era la mano, grossa e invasiva, che la attaccava…

Giles!

Era Giles.

Giles che la fissava ad occhi sbarrati. Con quei suoi occhi vacui e acquosi dietro lenti di cui, forse, non aveva bisogno.


Ma represse l’impulso di attaccare. Era solo Giles, non un nemico…


E’ sotto shock…”

Era la voce di Xander, questa.


Lei non si sentiva sotto shock, ma non era certa di essere in grado di riconoscere la sensazione, se anche lo fosse stata. Però le sembrava di pensare in modo piuttosto lucido.

Era certa di non essere sotto shock.


Come ha fatto a farsi ferire in questo modo?”

La vampira che abbiamo scovato ha dato un’artigliata e per caso la faccia di Buffy si trovava lì. Giles, le spiace rimandare a dopo la relazione?”

Questa volta Cordelia non aveva neppure tentato di nascondere l’irritazione.

Era Cordelia, quella sotto shock, più o meno. La sua voce tremava quasi lei si stesse sforzando di non urlare.


L’uomo andò a prendere la cassetta del pronto soccorso.

Fastidiosamente, Buffy si ritrovò a pensare che ci erano voluti tempo e chiacchiere prima che l’Osservatore si decidesse ad un’azione concreta.


Giles cominciò a medicarla con attenzione. Appena la toccò, il dolore, che in quell’ultima mezz’ora si era attenuato, si fece risentire in tutta la sua violenza.


Aveva provato dolore, quando era stata ferita. Era stato come ricevere una sferzata e una scossa elettrica. Un dolore così acuto che, per alcuni istanti, le aveva impedito qualsiasi reazione, se non stringersi il volto ferito.


se non ci fossero stati Cordelia e Xander…


Però poi il dolore si era attenuato. Finché Giles non ci aveva messo mano con garza e disinfettante e lo aveva risvegliato. In una forma diversa, però.

Il dolore non era più continuo. Cresceva e decresceva in una bruciante pulsazione di sofferenza che batteva in sincronia con il cuore.


Giles si tirò finalmente indietro e la sua espressione era preoccupata. Cordelia sembrava solo schifata.


Buffy prese lo specchio contenuto all’interno della cassetta del pronto soccorso

Ora che gran parte del sangue era stato ripulito, appariva chiaro che la situazione era ben più grave di quanto non era sembrata all’inizio.

Le ferite erano corte, ma profonde. Cominciavano appena al lato destro del naso, e arrivavano al mento, attraverso la bocca.

Gli artigli avevano completamente passato da parte a parte le labbra, tagliato le gengive sino all’osso, e quasi avulso il canino e il premolare superiore destri.

Suo malgrado, provò paura.

Non era certo in pericolo, ma se non le fossero stati dati dei punti per far combaciare i lembi delle ferite, non aveva idea di come si sarebbero risistemate e, anche se le ferite inflitte dai vampiri erano praticamente asettiche, poteva aver raccolto qualsiasi tipo di patogeno, nel tempo in cui ci aveva messo ad arrivare qui.

E poi c’erano i denti. Avrebbe potuto perderli?


Ci vuole un medico.” decise Cordelia. Come al solito, la prima ad offrire una soluzione pratica.


L’apprensione per le ferite fu subito sostituita da un’altra paura, ben più intensa.


Hai bisogno di un medico.” ripeté Cordelia.

Lei scosse la testa. Non riusciva quasi a parlare dal dolore.

Buffy!” insistette Giles. “Perdi troppo sangue.”

No!” ringhiò lei “Non voglio medici.”

La bocca… devi sistemarla. Io non ne sono in grado.”

Niente medici!”


Ansimò. Appena parlato aveva sentito una nuova fitta acutissima e il dolore pulsante si estese alla testa. Perché non la lasciava stare? Le ferite si sarebbero chiuse da sole, come era sempre stato. Non era la prima volta che restava ferita.

Se l’avessero ancora obbligata a parlare…

Per dire poi qualcosa che sapevano benissimo.


Ma loro sembrarono rassegnarsi alla sua decisione. Con un certo sollievo. A nessuno andava a genio l’idea di avere a che fare con i medici.

Se non avesse sentito tanto male, Buffy avrebbe riso.

Perché non c’era proprio nessuna ragione per inventare una qualche storia a giustificazione delle sue ferite. I medici di Sunnydale vedevano molte ferite strane e, come tutti i cittadini, sapevano di cosa si trattava.

Avrebbe potuto dire che si era azzuffata con il gatto e avrebbero fatto finta di crederle.

Meglio così. Non aveva bisogno di insistere o pregare per non essere portata dal medico. Anche perché, a malincuore, doveva ammettere che avrebbero vinto loro.

Lei non diceva no.

Quasi mai.



II

March 23 2005, 10:25 PM



Una volta Giles aveva letto da qualche parte che alcuni parassiti controllavano il comportamento degli ospiti. Entravano nei loro corpi e ne prendevano il dominio. Talvolta costringevano lo sventurato ospite a compiere azioni suicide, a farsi divorare da altre creature. Era quello che il parassita voleva, perché era nel corpo di queste ultime che esso completava il suo ciclo vitale.

Giles ne era rimasto raggelato e disgustato, anche se non ci aveva del tutto creduto.

I parassiti erano solo animali, in fondo. Non potevano fare cose simili. Una cosa che somigliava troppo, davvero troppo…

Non era possibile! Non per dei semplici animali.

Ma forse Sunnydale poteva.

Forse era così che impediva ai suoi abitanti di andarsene. Si incistava nelle loro menti, proprio come l’uovo di un parassita, poi la bestia nasceva e gli ospiti, a quel punto, erano perduti.

Continuavano a muoversi, a parlare, a pensare, anche… ma tutti i loro movimenti, le parole, i pensieri, in realtà erano frutto dell’azione di quella cosa dentro di loro.

Che li costringeva a restare,

Che, se anche se ne andavano, li richiamava indietro. A morire qui, per nutrire la vita della città.


I ragazzi non se ne erano andati da Sunnydale una volta finito il liceo, eppure, per almeno due di loro, le prospettive di una vita lontana da Sunnydale erano più che promettenti.

Willow sarebbe stata accolta a braccia aperte da qualsiasi università, Cordelia avrebbe potuto permettersi qualsiasi retta.

Giles aveva creduto che entrambe avrebbero approfittato della prima occasione per allontanarsi. Dovevano solo scegliere e avevano scelto Sunnydale.


La gente sorprende.


Anche gente che non dovrebbe sorprendere. Gente che si crede di conoscere alla perfezione, di cui si è convinti di anticipare ogni pensiero, ogni azione.

E’ soprattutto questa gente che sorprende.


Giles non aveva mosso obiezioni quando anche Buffy gli aveva detto di volersi iscrivere all’università.

Ne era rimasto stupito, ma non si era opposto. Aveva sempre pensato che la politica migliore fosse concederle tutta la libertà possibile.

Meglio limitare al minimo le situazioni conflittuali fra loro. Dio solo sapeva se non erano già abbastanza.

Era convinto che i suoi amici avesse molto a che fare con quella decisione, che lo avesse fatto soprattutto per restare il più possibile vicino a loro.


Onestamente, doveva ammettere di essere stato anche incuriosito. Non c’erano precedenti. La maggior parte delle Cacciatrici riceveva la Chiamata quando erano più giovani di Buffy e morivano dopo due o tre anni di attività.

Di quel numero esiguo che aveva superato i sedici anni, nessuna era vissuta in epoche o luoghi dove l’istruzione era considerata normale. Oppure erano di quelle cresciute dal Consiglio e non avevano mai neppure concepito la possibilità di fare una cosa simile.

Era opinione comune che le Cacciatrici fossero creature di scarsa intelligenza e incapaci di apprendere oltre i livelli più elementari, tuttavia aveva avuto prova che le cose non stavano esattamente così.


Naturalmente era impensabile che lei ne ricavasse qualcosa di utile. Non aveva neanche creduto che la cosa sarebbe andata avanti a lungo.


I mesi erano passati e Buffy non aveva mostrato segni di insofferenza.

Invece, otteneva risultati eccellenti.

Al liceo, la ragazza non aveva mostrato particolare interesse o propensione per lo studio, anche meno di qualsiasi adolescente ‘normale’. Cercava ogni scusa per non studiare e più di una volta Giles aveva avuto la certezza che anche le sue ‘ronde’ servissero allo scopo.

Adesso si chiedeva se non fosse stato semplice disinteresse verso quello che si studiava, piuttosto che per lo studio in se.


La gente sorprende. Persino Buffy.


Giles aveva cominciato a pentirsi della sua liberalità. Solo un lieve senso di inquietudine, all’inizio, quando Buffy aveva cominciato a dedicarsi un po’ troppo e con troppo entusiasmo alla sua nuova attività.

Lo studio richiedeva impegno e tempo e, in fin dei conti, il tempo era quello che era. Persino per lei.

Lui poteva accettare una Cacciatrice che giocasse ad avere una vita normale, non una studentessa che a tempo perso facesse la Cacciatrice.

Alla fine si era deciso e l’aveva affrontata. La conversazione si era posta una sola volta, circa due mesi prima.


Le aveva detto che doveva lasciare l’università.

Si era aspettato che la ragazza si ribellasse ed era stato pronto ad affrontare il suo scoppio di collera.

Lei non aveva fatto una piega.


No.” aveva detto soltanto.


Questa era stata la seconda sorpresa, perché Buffy non si era mai rifiutata di fare quello che lui chiedeva.

Si era ribellata, a volte. Lo aveva fatto a malincuore, anche, ma alla fine lui aveva sempre vinto e più lei ci metteva forza e aggressività nel contrastarlo, più lui era certo che avrebbe ceduto, perché Buffy era aggressiva in quelle situazioni che non era capace di padroneggiare, quelle dove era debole.

Così, la sua voce calma e quasi indifferente lo aveva scosso.

Buffy non lo stava sfidando, gli stava solo comunicando una sua decisione.


Lui le aveva spiegato perché la necessità, per quanto dolorosa, di una simile decisione. Le aveva detto dell’impossibilità di sostenere tutti gli impegni, della fatica che avrebbe accumulato.

La ragazza non si era scomposta.

Non lo faccio, Giles. Si risparmi la fatica di cercare di convincermi.”


Poche sere dopo, Buffy aveva affrontato Spike e lo aveva quasi ucciso.


Giles aveva cominciato a preoccuparsi seriamente.


Quasi… era il problema.

Non avrebbe dovuto… quasi… ucciderlo, soprattutto considerato che lo aveva attaccato di spalle.

Un’imperfezione nella sua opera. Qualcosa che di fronte ad un avversario appena un po’ meno abile, probabilmente non avrebbe significato molto.

Di fronte ad uno appena un po’ più abile, avrebbe potuto significare la morte.


Buffy doveva lasciare la scuola che le occupava sempre più, sottraendole il tempo necessario a tenersi in allenamento, stancandola.

Il problema era che non sapeva come convincerla. Se fosse tornato sul discorso, non avrebbe fatto altro che far intestardire la ragazza sulla sua posizione.

Inoltre, Giles doveva tenere presente una cosa apparentemente ovvia. Lui non aveva mezzi materiali per controllarla.

Non la forza. Quella era fuori discussione.

Un Osservatore aveva la sua forza nel Consiglio e nei mezzi che esso gli metteva a disposizione, ma il Consiglio sarebbe intervenuto solo nel caso in cui fosse stato al corrente di eventi anomali, e chi riferiva gli eventi era lui.

Dopo il rito di maggiore età, Buffy aveva sviluppato un sacro terrore del Consiglio. Questo era uno dei motivi per cui Giles avrebbe cercato a tutti i costi che avesse a che fare con essi.

Le avevano fatto del male e lei ne aveva paura.

La gente sorprende, ma quando Buffy aveva paura non sorprendeva mai.

Le sue azioni erano prevedibili come il sorgere del Sole. Quello che la spaventava era un nemico e aveva un solo modo per rapportarsi con un nemico.

Giles non voleva modificare la sua visione di caccia cambiando la percezione che lei aveva degli umani. Territorio proibito.

Comunque il Consiglio sarebbe stato solo un sistema per risolvere il problema, ma c’era un prezzo.

Nessuno aveva mai cercato di recuperare una Cacciatrice inadeguata. Avrebbe voluto dire solo perdere tempo per una creatura dall’esistenza, in ogni caso, effimera.

No. Nessun recupero. Si passava direttamente alla prossima.


Invece la ragazza aveva molti mezzi a sua disposizione, anche legali. Qualcosa che nel suo mondo (il mio mondo?!) si tendeva spesso a trascurare, ma che era tutt’altro che trascurabile.

Buffy era una libera cittadina maggiorenne e capace di intendere e volere. Non sottoposta ad alcuna autorità. Avrebbe potuto semplicemente andarsene e nulla avrebbe potuto fermarla.

Non credeva davvero che lei si sarebbe mai rivolta alle autorità… Buffy cercava di avere il meno a che fare possibile con le persone al di fuori della sua strettissima cerchia… perlomeno mai per cercare aiuto…


Ma la gente sorprende. Chissà fino a che punto può sorprendere.


Eppure, per quanto Buffy non gli avesse obbedito, continuava a rispondere a lui. Non avrebbe attaccato Spike, né fatto altro, se non avesse creduto di dovergli qualcosa.


Lui non aveva mezzi materiali ma non significava che non avesse mezzi concreti.


Oggi la preoccupazione di Giles aveva subito un’impannata esponenziale.

Quando lei era entrata, con il volto coperto di sangue, aveva creduto che fosse arrivato ‘il Momento’. Quel momento che aspettava da anni, dall’attimo stesso in cui gli era stato affidato il suo incarico.

Quel momento che Buffy negava un giorno dopo l’altro, solo sopravvivendo.


Adesso se ne era andata a casa, accompagnata da Cordelia.

Xander invece era rimasto. Aveva aperto il frigorifero senza tanti complimenti e stava frugando all’interno.


Non ha una birra?” chiese, dopo avere cercato per svariati minuti.

No. Ho qualche alcolico più forte, se proprio vuoi.” esclamò Giles seccamente.


Non gli piaceva vedere i ragazzi bere.

Ragazzi… A gennaio Buffy aveva compiuto diciannove anni e Giles sapeva che Xander aveva qualche mese più di lei. Quasi vent’anni.

E poi che senso aveva, turbarsi per l’alcol?


Voglio solo qualcosa di fresco. Fa caldo.”

Ho dell’acqua.”


Il giovane gli lanciò uno sguardo incredulo e finalmente lasciò perdere il frigorifero per tornare in sala, un po’ contrariato. Evidentemente, non riteneva possibile che si potesse vivere senza coca-cola o birra o altri intrugli.


Si sedette sul divano, poi si rialzò subito e cominciò a percorrere su e giù il piccolo salotto, lanciando frequenti occhiate fuori dalla finestra.

Era molto contrariato. Non solo un po’. Forse non solo per la mancanza di bibite.


Adesso Buffy dovrà restare a casa, vero?” domandò il ragazzo.

Almeno per qualche giorno, certo.”


Xander si passò una mano nei capelli e sbuffò.


Cazzo…”


Allora, ora vuoi dirmi cosa è successo?”


Xander smise finalmente di muoversi in quel modo stizzoso e alzò le spalle.


Buffy ha voluto fare una battuta di caccia diurna. Sapeva dove abitava una vampira. E’ una cosa facile… ci siamo detti. Entriamo, la impalettiamo mentre dorme e andiamo a mangiarci un gelato. Lo sa? I vampiri non dormono affatto come morti. La puttana era sveglia.”


Per una frazione di istante, a Giles sembrò che in quello detto da Xander ci fosse un implicito… sbagliato, qualcosa che avrebbe dovuto chiarire.

Ma la sensazione passò subito e lui lasciò perdere.


Era così abile?”

Io e Cordy siamo riusciti ad immobilizzarla. Lei che ne dice?”

Allora Buffy come ha fatto a farsi ferire?”


Xander fece una smorfia.

Giles lo aveva già chiesto e i ragazzi si erano risentiti. Avevano creduto che lui fosse incapace di fare altro che collezionare dati futili.

Ma premeva saperlo. Era importante. Era vitale.


Non lo so.” rispose Xander.

Tu eri lì.”

Io ero lì, ma provi lei a seguire i movimenti di Buffy e di un vampiro, se ci riesce. Ad un certo punto Buffy era piegata in due e si teneva la bocca. Non credo che… si sia… fatta ferire. E’ successo.”


E con questo erano due. Due sbagli in pochi mesi. Più di quanti non ne avesse fatti in quattro anni precedenti.

Questa volta più grave, perché non era stato farsi sfuggire un avversario abile come Spike, ma essere stata sorpresa da una nemica da poco.


Ma perché ha fatto una cosa simile?”

Altra domanda già fatta e lasciata in sospeso.


Il ragazzo aggrottò la fronte, come se Giles gli avesse chiesto qualcosa di impensabile. Come se fosse inconcepibile che ci fosse una ragione dietro quello che era stato fatto. Sembrò intento a raccogliere le idee, prima di rispondere.


Ha detto che in questo periodo ci sono stati troppi attacchi e, visto che sapeva dove quella abitava, era inutile perdere tempo e aspettare la notte.”


(Ah)


Questo eliminava la componente di casualità all’azione di Buffy.

Un errore… quello c’era stato, si. Però ciò che aveva portato a quell’errore non stato un colpo di testa. Era stata ponderata.

Una reazione. E la causa era un’altra conversazione, avuta solo pochi giorni prima.


Angel sta diventando un problema ingestibile.”

Non ha fatto niente!”

Era stata precipitosa, Buffy, nel rispondere.

Niente di strano, negli ultimi tempi.” si era subito corretta.

Buffy, ragiona… tutti questi attacchi…”

Non è stato lui. E’ Spike. Angel è quasi del tutto tagliato fuori… ultimamente non lo vedo neppure in giro.”


La gente sorprende. Ma non sempre.


III

April 11 2005, 10:52 PM




Il Sole stava calando. Il che voleva dire che era fuori da un pezzo.

Quando Xander aveva lasciato Giles, era ancora giorno pieno. Aveva passeggiato per almeno tre ore e nemmeno se ne era accorto. A parte che ora si sentiva un po’ stanco, con le gambe un po’ pesanti.


Ora si trovava sul lungo mare, seduto su una delle panchine poste ad intervalli regolari sulla strada.

C’era una tale quiete…

Eppure i rumori non mancavano.

Le strida dei gabbiani, il continuo e lento sciacquio della risacca… C’era anche qualche voce umana. Ma i suoni sembravano avere perso forza. Erano come sbiaditi, e la sensazione che se ne ricavava era silenzio.

Era sempre così, in quest’ora del giorno. Non sapeva perché. Di certo Willow avrebbe potuto spiegarglielo, se solo lui si fosse interessato ad una cosa simile.


Adesso doveva proprio rientrare. Tra poco le strade si sarebbero fatte pericolose.


(… Le strade sono sempre pericolose…)


Sempre. In qualsiasi momento. I vampiri erano cacciatori notturni, ma a molti dei mostri della città non importava nulla dell’ora.

Importava a lui. La paura saltava fuori al buio. E doveva sottrarsi al buio.


Rientrare, certo…

A casa. Con mamma e papà.


La luce era gialla e brillante e priva di sfumature. Le cose erano illuminate oppure buie, senza ombre intermedie.

Era come trovarsi all’interno di una fotografia in color seppia un po’ sovraesposta.

Forse a causa delle pesanti nubi violacee che incombevano all’orizzonte e schermavano il Sole, lasciando filtrare solo alcuni raggi luminosi.

Chissà se si sarebbe messo a piovere ancora.

Fino a poche settimane prima, era piovuto continuamente. Temporali torrenziali, con raffiche di grandine, anche, interrotti solo da qualche ora o, al massimo, da un giorno di tregua. Nemmeno il tempo di lasciare asciugare le strade. Così per giorni e giorni. Poi aveva smesso, improvvisamente.


Per tutto quel periodo non avevano visto un solo vampiro.

Non che quegli esseri interrompessero le loro attività, ma non si facevano mai trovare per le strade.

Magari non gradivano la pioggia e se ne tornavano a casa appena finita la caccia.

O magari erano loro, quelli incapaci di muoversi bene in mezzo al diluvio.


Era proprio la luce che appariva prima di molti temporali, questa.

Tanto, per adesso non avrebbe combinato niente comunque.


Se Buffy fosse stata più attenta, ora lui sarebbe stato pronto ad uscire, invece di essere obbligato all’inattività, invece di nascondersi.


Diede un calcio ad un ciottolo, guardandolo rotolare finché non superò il bordo del marciapiede e cadde sulla spiaggia.


Era quello che faceva. Si nascondeva. Con due individui con cui odiava vivere ma la cui compagnia era sempre meglio della solitudine.

Non poteva fare altro, senza Buffy. Solo nascondersi.


Se solo avesse potuto…

Se solo fosse stato capace di affrontare e sconfiggere quelle cose da solo.

Come uno di quegli eroi da film, quelli che, da soli, dove un uomo solo riusciva a sbaragliare nemici in numero soverchiante, anche quando i nemici avevano una forza dichiarata molto superiore a quella di qualsiasi uomo…

Quei film dove l’eroe si allenava sino a diventare invincibile, con la meditazione e l’impegno… magari sculettando in equilibrio su un palo di legno…


(E se mi metto un mantello rosso e sbatto le braccia, forse riesco anche a volare…)


Chissà poi perché, tutti quei film presumevano che mentre l’eroe, assetato di vendetta e di giustizia, diventava sempre più forte e abile con gli anni e l’esperienza, i suoi nemici rimanevano invece congelati alle condizioni di partenza, senza imparare nulla, senza cambiare, senza adattarsi…

Non sarebbe stato male, no?

D’altra parte, i film erano divertenti proprio perché irrealistici.

Ma non si illudeva. Era una fantasticheria e doveva restare una fantasticheria.

La fantasia uccideva, se le si lasciava valicare i limiti dell’irreale e Xander non aveva davvero nessuna intenzione di morire.


Lui cacciava quegli esseri da quattro anni? Loro cacciavano gli uomini da molto più tempo.

In quegli anni lui era diventato più forte ed abile? In quegli anni loro avevano fatto altrettanto, ed erano più forti ed abili in partenza.

Lui li conosceva? Loro lo conoscevano meglio.

Erano sempre almeno un passo avanti a lui. Avanti a tutti i suoi simili.

Eccetto che a Buffy.


Chissà cosa voleva dire essere come lei…

Essere così forti, essere in grado di affrontare di tutto… Non dovere dipendere da niente e da nessuno.


Chissà cosa voleva dire essere in grado di uccidere con le sole mani.


Un arma rendeva l’esperienza astratta.

La pressione di un dito su un grilletto e la propria parte era finita. Da quel momento non aveva più il controllo di quello che succedeva. La vittima destinata poteva schivare il dardo, oppure essere colpita, ma lui non aveva più nulla a che fare con tutto ciò.

Poteva mirare bene, ma i vampiri avevano riflessi più veloci delle frecce, quindi non è che fosse così decisivo.

In un certo senso, il merito di salvarsi, la colpa di morire, era solo del nemico.

L’unica azione da lui compiuta era quella lieve pressione del dito.

Un modo indiretto, con un tramite fra lui e la sua vittima.


Ma qualche volta, sebbene di rado, aveva affondato il paletto o la lama nella carne del nemico.

Era diverso, così.

Si era sentito quasi male, le prime volte. Aveva dovuto scollegarsi da se per riuscirci. Un po’ come quando doveva immergersi nell’acqua gelida del mare. Se pensava al freddo, non ci riusciva. Doveva solo… farlo.


Un respiro e poi il tuffo e non c’è tempo per paura e ripensamenti.


Ma era stato così solo all’inizio. Ormai non c’erano più sensazione da cui doversi proteggersi. Una volta abituati al freddo, si sta bene in acqua.

Sembrava più vero, così. Come se il nemico fosse… più morto.

Come se lui fosse causa della morte in misura maggiore. Come se… avesse ucciso di più.


Un respiro e poi il salto al di là dello strapiombo.


Era la distanza, forse.

La distanza faceva una differenza, e la distanza che intercorreva fra lui e il suo nemico, in quel momento, era davvero minima.

Oppure la differenza era dovuta al fatto che fosse c’era un fattore intermedio di meno.


Se faceva tanta differenza così, come sarebbe stato farlo a mani nude?


Avere così tanta forza da potere fare una cosa simile…

Non solo esserne in grado. Farlo.


Avrebbe voluto dire non essere soggetti alla debolezza degli uomini.


Chissà cosa voleva dire avere un corpo non del tutto prigioniero delle limitazioni fisiche.

Essere liberi dalla debolezza, dalla vulnerabilità.

Dal tempo.

Chissà cosa voleva dire avere un corpo libero dalla schiavitù del tempo.


Essere liberi dalla vecchiaia…


Sapere di avere sempre tempo, per quanto ne fosse già passato, invece di arrivare ad un giorno in cui il tempo si sarebbe esaurito.

Lontano, ora. Lontano nei suoi pensieri. Magari venti anni, o trenta, o cinquanta. Ma sarebbe arrivato. A quel punto, tutto quello che era stato vissuto non sarebbe più esistito.

Lui si sarebbe ritrovato, in quel momento, a pensare al passato, a volere il passato, a volere ancora tempo che non c’era più. E la sola cosa a restare sarebbe stato il fatto che stava per morire.

Solo poco, pochissimo tempo prima, i venti anni gli erano sembrati appartenenti ad un futuro irraggiungibile, qualcosa su cui fantasticare, ma che non sarebbe mai arrivato. Invece…

Il tempo correva.

Sarebbero arrivati anche gli altri giorni, quelli ancora confusi nell’immaginazione.


Ad un tratto, sentì il cuore battere come se volesse esplodere.


Sarebbe arrivato l’ultimo giorno.


Voleva fermare il tempo, fermare quella corsa inarrestabile verso la fine.


Aveva la nausea.


Una volta aveva creduto di rammaricarsi per la mancanza di denaro, la mancanza di bellezza, la mancanza di intelligenza, la mancanza di affetto…

Una volta. Quando ignorava quale fosse la vera mancanza.

Erano sciocchezze. Tutto quanto era una sciocchezza. Alla fine si arrivava sempre a quel punto.

Mancava il tempo.


Che diritto avevano, loro, di continuare a vivere, quando a lui era concesso così poco tempo?

Che diritto avevano, tutti loro, di essere liberi, quando lui era imprigionato e condannato alla pena capitale per il solo fatto di essere quello che era?


Persino nella morte si beffavano della mortalità. Niente disfacimento, niente lenta putrefazione. Una cosa pulita, come se la decadenza non avesse l’ardire di infettare quei corpi inalterabili.


(Che diritto ha, lei, di essere forte, quando io sono così debole?)


Ma erano morti. Pulita o no, era sempre morte. Forse anche più sofferta di quella dei mortali, perché c’era così tanto più da perdere.

Polvere, non metaforica in questo caso, era tutto quello che restava, e tutti quegli anni accumulati, tutto quello che era stato fatto, tutto quello che era stato visto, tutto quello che avrebbe potuto essere… non avevano più importanza dei pochi anni e le poche esperienze di un uomo. Di quelli che avrebbe accumulato lui. Se non che c’erano più motivi di rimpianto.

Ed essi morivano solo nella sofferenza e nella paura.

Un pensiero soddisfacente.


Questo pomeriggio… l’essere che avevano ucciso.

Era stato tutto grazie a lui (e a Cordelia).

Buffy era stata solo l’arma. Come una balestra.


Chissà cosa voleva dire essere così forti da potere fare praticamente qualsiasi cosa. Da sola. Senza l’aiuto di nessuno.

E non farlo…

Essere solo uno strumento. Qualcosa da usare.


Qualcosa che lui aveva usato e avrebbe usato innumerevoli volte.


Alla fine, contava solo il risultato.


Un altro pensiero soddisfacente. Anche se non abbastanza.


IV

June 6 2005, 1:25 AM



Joyce bussò alla porta della camera.


Buffy, Giles è qui.”


Giles… Non ‘il signor Giles’.

Per Joyce la mancanza di un qualsiasi titolo, anche quello dovuto alla semplice cortesia, era sufficiente a mostrare la sua riprovazione.

Contenta lei…


La donna aprì uno spiraglio di porta per parlare con la persona all’interno.

Giles non riusciva a distinguere le parole, ma sentiva bene il tono sibilante della sua voce.


A Joyce lui non piaceva. Il che non lo sorprendeva certo, anzi…


L’antipatia era reciproca. Joyce era una donna di scarsa intelligenza e di anche più scarsa volontà.

Ed era un pessimo genitore, che passava arbitrariamente da un insensato permissivismo ad un’irragionevole severità con Buffy, limitandosi tuttavia ad azioni inconsistenti, senza mai cercare di proteggerla.

Pretendeva di comunicare e comprendere la figlia… Finché non le era stato detto, non si era mai neppure accorta dell’anormalità della vita di una ragazza che viveva sotto il suo stesso tetto, che avrebbe dovuto essere l’individuo più importante della sua esistenza.

Era certo che per Buffy sarebbe stata meglio se Joyce fosse morta anni prima. Paradossalmente, era proprio il comportamento noncurante della donna nei confronti della figlia ad averla salvata e, ormai, la presenza o meno di Joyce non costituiva più alcuna differenza.


Anche in questa occasione…

Per tre giorni lui aveva telefonato chiedendo di Buffy e Joyce gli aveva proibito di parlarle. Ma erano solo telefonate e non era difficile affrontare una voce.

Adesso, invece, che si era presentato di persona a casa, non lo aveva fermato. Si ergeva tra lui e sua figlia, ma cosa avrebbe fatto se lui l’avesse semplicemente spinta da parte e fosse entrato? Nulla, probabilmente.

Non aveva mai fatto nulla, se non urlare dietro alla ragazza. Avrebbe dovuto prendere un’ascia e spaccare la testa a lui, piuttosto. Se fosse stato al suo posto, lui lo avrebbe fatto.


Sicuramente. Lui sarebbe stato un buon padre. Solo che Buffy non era sua figlia


Joyce aprì la porta della stanza e si fece da parte, lasciandolo entrare.


Grazie.” mormorò lui.


La stanza era tanto buia da lasciarlo frastornato, incapace di sapere dove dirigersi. Solo dopo qualche istante si rese conto che, in realtà, era solo in penombra ed era il contrasto con il resto della casa fortemente illuminata che la faceva sembrare buia.


Joyce non se ne era andata. Lo fissava dalla porta. Aveva le labbra strette, ma alla fine si allontanò, lasciandolo solo con la figlia.


Buffy era seduta ad una scrivania dove c’erano aperti diversi libri coperti di grafici, numeri e simboli, tra cui delle specie di S stilizzate.

Lei picchiettava delicatamente con la matita su un notes altrettanto coperto di simboli, quasi volesse attirare la sua attenzione su quello che stava facendo.


Sapeva che Buffy aveva una vera passione per la matematica, ma da qui a risolvere integrali solo per passare il tempo…


Ciao, Buffy.”

Buongiorno. E’ stato gentile passare a trovarmi.”


Aveva il viso grottescamente gonfio e faticava a parlare. Aveva l’inflessione un po’ nasale e sillabava le parole con cautela e lentezza.

Sarebbe stato comico se solo Giles non si fosse sentito così allarmato. Non aveva mai visto Buffy serbare i segni delle ferite per più di un paio di giorni.


Allungò una mano verso il suo viso, ma la ragazza si tirò indietro prima che potesse toccarla.


Come ti senti?”

Lei si strinse nelle spalle.

Bene.”


Già, ovvio. Buffy non avrebbe mai ammesso nulla di diverso altro. Neanche quando era evidente il contrario.


Ti sei fatta visitare?”

Sta passando tutto. Non è brutto come sembra.”

Te la senti di parlare?”

Lei annuì e fece un gesto vago con una mano, come per invitarlo ad accomodarsi.


Giles si guardò intorno. La sola sedia della stanza era quella su cui era seduta la ragazza e non gli sembrava appropriato sedersi sul letto.

Buffy lo fissava incuriosita, ma senza alcun cenno di alzarsi e cedergli la sedia. Alla fine, Giles decise di restare in piedi, anche se questo lo metteva in condizione d’inferiorità di fronte a lei.


Si tolse gli occhiali e si sfregò la radice del naso.


Credo che tra qualche giorno potrò tornare…”

Buffy…” la interruppe Giles “Perché non mi hai detto quello che volevi fare?”

La ragazza si strinse nelle spalle.

Non ci ho pensato.”

Xander mi ha detto che quella donna che avete ucciso non era particolarmente importante o capace.”

No. Non era niente di speciale.”

Allora perché ?”

Buffy era perplessa.

Perché ho ucciso un vampiro?”

Voglio sapere perché sei andata addirittura a cercarla.”

Credevo volesse mettere fine a questa serie di attacchi.”

Certo. Ma non vedo la ragione di andare a cercare un individuo senza nessuna rilevanza. Cosa pensavi di ottenere con una simile azione?”

Ad ogni modo, ce n’è una in meno. Male non può fare…”

Se non a te.”

Giles, non è grave! Sta guarendo.”

E’ grave che tu ti sia fatta ferire. Stai bene?”

Glielo ho appena detto.”

Non intendo questo. Voglio dire… c’è qualcosa che non va? Come è successo?”

E’ stata più veloce di me.”

Buffy…”

Non crederà che io possa essere sempre la migliore, no?”

No, non lo credo ma, qualsiasi cosa io creda, tu devi fare del tuo meglio per smentirmi. Buffy, non devi mai agire senza informarmi. E’ pericoloso.”

Se anche avesse saputo, che differenza avrebbe fatto? Mi avrebbe accompagnata per proteggermi? Oppure si sarebbe armato e avrebbe fatto lei? L’ultima volta che ha deciso di giocare all’eroe, ho dovuto correre a tirarla fuori.”

Giles la fissò stupefatto.

Il tono con cui aveva parlato era volutamente maligno. Ma era stata attenta a non alzare la voce.

Mi scusi…” mormorò la ragazza.

Giles scosse la testa.

I fatti mi danno ragione. E’ pericoloso. Ti sei fatta ferire. Per fortuna con te c’erano almeno Xander e Cordelia.”


Buffy chinò il capo, rigirandosi la matita fra le dita.


Perché non hai teso piuttosto un agguato ai capi del gruppo?”

Non servirebbe.”

Il Consiglio cerca sempre di eliminare i membri di rilievo, per mantenere i gruppi instabili.”

Sono contenta per loro se funziona. Qui non serve.”

Invece così è servito?”

Buffy esitava e continuava a tormentare la matita.

Non lo so. Non sono andata a cercarla. E’ stato un caso. Sapevo dove trovarla. Tutto qui.”


Giles sospirò. Adesso voleva davvero sedersi.


Spike… hai detto che è la causa di tutto… Avresti dovuto ucciderlo molto tempo fa.”

Lo so. E’ stato un errore. Però lei non mi ha mai mandato contro di lui.”


Stava usando i suoi argomenti contro di lui. Solo un istante prima le aveva detto di non agire senza la sua supervisione.

Aveva ragione. Lui non l’aveva mai spinta direttamente contro Spike.


Spike è molto pericoloso…”


Buffy lo osservò attentamente. Faceva fatica a parlare e probabilmente sentiva male, però non era intontita o deconcentrata come si era aspettato. Anzi, sembrava fin troppo attenta.


Non è la sola cosa pericolosa.” gli disse.

Ma lui ti ha già sconfitta.”

Lei pensa che lo evito perché ho paura di lui?”

Sono solo due i nemici che ti ho vista davvero restia ad attaccare. Cosa dovrei pensare?”

Anche Angel è molto pericoloso, e anche Angel mi ha sconfitta, eppure lei non ha mai mancato di incitarmi contro di lui.”

Angel è pericoloso per te?”

Se lo mettessi alle strette, farebbe del suo meglio per difendersi, di questo può esserne sicuro.”

E in quel caso?”

Uno di noi due morirebbe. La sola incognita, ed è davvero una grande incognita, sarebbe chi di noi.”

Non credi che saresti in grado di sconfiggerlo?

Buffy scosse la testa.

Non le consiglio di scommettere tutto quello che ha su di me.”

Non sembrava particolarmente contrariata e neanche particolarmente convinta mentre lo ammetteva.

Per questo si era tanto infuriata quanto una sua sconsiderata azione l’aveva costretta ad affrontarlo in qualcosa di diverso da quel loro brutale gioco, come facevano di solito.


Hai paura a ritrovarti a combattere una battaglia che potresti perdere o una che potresti vincere?”


Giles si pentì di quella frase nel momento stesso in cui la pronunciava. Meglio interrompere quella conversazione. Aveva già perso abbastanza terreno con la ragazza. Aveva sperato di trovarla meno pronta. Ultimamente l’acume di Buffy stava diventando realmente ingestibile e bastava una parola per rivelarle troppo.


Chiamerò aiuti dal Consiglio.”

Buffy lo guardò ad occhi sgranati. Questa volta era stata scossa.

Anche il Consiglio è consapevole che, a volte, occorrono forze supplementari.” continuò Giles.

No. Posso farcela da sola.”

Fare cosa? Buffy, stai diventando irrazionale. Abbiamo perso il controllo della situazione…”


La ragazza alzò una mano per interromperlo.

Lui la ignorò.


Però non vuoi aiuto. Questa storia è grottesca e io non riesco a capirti.”

Non li ha mai chiamati, per quanto la situazione fosse difficile. Perché proprio adesso?

Dovresti chiederti perché siamo arrivati sino ad ora! Le altre volte avevi intenzione di trovare una soluzione. Questa volta non ne sono sicuro. Non è questa la causa dell’attuale situazione?”

Lei crede che si comportino così… Lei è convinto che io abbia allentato la sorveglianza e che tutto stia succedendo per questo.”

Non vedo altra ragione.”

Buffy si alzò in piedi facendo quasi cadere la sedia.

Non è una sorpresa, Buffy. Lo avevo anche detto.”

Buffy ridacchiò.

Noi non c’entriamo. E’ una faccenda fra loro.”


No. A questo Giles non credeva. Buffy stava solo cercando di sviarlo.


Cosa farebbero, questi suoi rinforzi?” chiese la ragazza.

Darebbero la caccia ai responsabili.”

Buffy fece un gesto noncurante con una mano.

Se sono così bravi e possono sostituirmi così bene, allora io a che servo?”

Non ho detto che possono sostituirti. Però, in questo caso, a loro non mancherebbe la volontà. Buffy, voglio che ti renda conto subito di ciò che comporta. Non ho intenzione di essere biasimato da te, in seguito. Verrebbero qua con l’intento di annientare l’intero clan. Non ci sarebbero eccezioni. Non potrei neppure dire loro che, finora, ci sono state eccezioni.”

Crede che riuscirebbero a prenderlo?”

Non aveva nominato il soggetto, ma non serviva. Qualche volta a Giles sembrava che Buffy faticasse a pronunciare il suo nome.

Perché no? Angel si è già dimostrato molto vulnerabile nei confronti degli esseri umani. Persino io una volta sono riuscito a sorprenderlo.”

Sarebbe la soluzione che lei preferirebbe, giusto?”

Se solo potessi, sarei io stesso a consegnarglielo.”

Che cosa vuole? Me lo dica, perché, onestamente, sono io a non capire lei. Mi minaccia…”

Io non ti minaccio!”

Minaccia di far arrivare il Consiglio. Questa ‘è’ una minaccia. Perché altrimenti si sarebbe premurato di venire a dirmelo?”


Era vero. Era una minaccia. Da’altra parte, Giles non era intenzionato a nasconderlo. Una minaccia non aveva valore se la parte cui era diretta non la capiva.


Vuole che trovi una soluzione, però non vuole che agisca.” continuò la ragazza “Vuole che faccia riferimento a lei e lei cosa mi direbbe? Va fuori e ammazza qualche vampiro. Cosa che ho fatto. Cosa che non le va bene. Cosa vuole da me? Me lo dica! Ho tentato e, a quanto pare, lei non capisce o fa finta di non capire che l’ho fatto per arrivare ad una soluzione.”


Adesso si stava stancando. O irritando. E, probabilmente, ora sentiva davvero male. Giles poteva vederlo senza che lei glielo dicesse. Anche se lei avrebbe negato.


Che non è servita. Non è servito a nulla. Il numero di attacchi non è diminuito e io non voglio che tu rischi ancora inutilmente.”


Buffy scosse la testa esasperata.


E’ un po’ tardi per preoccuparsi per questo, non crede? Continua ad ossessionarmi con questa storia del pericolo. Questo è pericoloso, quell’altro è pericoloso… Tutto quello che faccio è pericoloso! Ma se corro il rischio di farmi male sotto suo ordine, allora va bene? La infastidisce che mi sia messa in pericolo o che abbia agito senza consultarla?”

Buffy, tu sei diventata… incostante. Manchi di concentrazione, manchi di determinazione. I risultati si sono visti. Ti sei fatta sfuggire Spike in condizioni a te più che favorevoli. Ora questo. Il tuo modo di agire è inutilmente pericoloso e sembra che tu non te ne renda conto. Io cerco di evitarti qualsiasi rischio non necessario.”


Questa volta Buffy non replicò. Si era nuovamente seduta ed era tornata ad interessarsi solo a quella sua matita.


Il Consiglio arriverà in ogni caso, se le cose continueranno così, e allora sarebbe molto peggio. Si chiederanno perché non abbiamo richiesto il loro intervento anche se era chiaramente necessario. Si chiederanno cosa mi ha impedito di chiamarli.”


La ragazza sembrava solo abbattuta.


Spike… Ho lasciato stare Spike perché speravo che… la sua presenza evitasse che Angel prendesse troppo potere. Non vanno molto d’accordo. Credevo che lo tenesse occupato e destabilizzasse il gruppo. Ho fatto lo stesso ragionamento del suo Consiglio. L’instabilità al vertice si ripercuote su tutti i livelli inferiori. Evidentemente, ci sbagliavamo.”


(La soluzione sarebbe semplice, ma di questo non vuoi sentire parlare, vero, Buffy?)


Non glielo disse, però. Non sarebbe servito a nulla, se non ad innervosirla. Non sarebbe servito a nulla ‘ora’.

Bastava sapere che lei prendeva in considerazione quella soluzione. E la scartava. E faceva in modo che la scartassero anche gli altri.


Forse le cose qui sono diverse.”

Forse il Consiglio non ne sa quanto crede.”


Giles aveva visto giusto.

Fino a quando non aveva parlato con Xander, aveva creduto solo che Buffy si limitasse a non volere agire contro Angel, cosa cui si era rassegnato da tempo. Ma la situazione era ben diversa.

Il suo ruolo era attivo. In qualche modo, agiva per proteggerlo.

Non credeva che agisse solo per quello, però agiva ‘anche’ per quello e lui non aveva idea fino a che punto lo facesse.

La cosa lasciava intuire una possibilità inquietante.


Le Cacciatrici avevano una caratteristica.

Avevano la necessità di essere responsabili per la loro famiglia. Era il perno su cui ruotava la loro intera personalità.

Fare sì che considerassero l’umanità intera come ‘loro famiglia’, e gli Osservatori in particolare come punto di riferimento, diventava indispensabile, oltre ad essere il sistema per controllare e dirigere il loro agire.

Dovevano ricevere il giusto insegnamento durante determinati periodi cognitivi, periodi limitati ad alcuni anni della loro vita. I modelli che si fissano in questi periodi sensibili non cambiavano per tutta la loro esistenza. Quello che imparano, era quello che avrebbe influenzato tutto il loro comportamento futuro, il modo con cui avrebbero affrontato gli eventi cui sarebbero andate incontro.

Schemi di imprinting.

Nelle Cacciatrici, erano molto più compulsivi che tra i normali.

Per questo dovevano essere trovate il prima possibile.


Buffy era stata trovata quando era ormai uscita da gran parte delle finestre cognitive in cui ricevere il giusto imprinting durante le quali, invece, aveva avuto l’educazione di una normale ragazza occidentale, per di più figlia unica di genitori accomodanti e tolleranti, viziata e capricciosa. Aveva imparato a manipolare i suoi per ottenere quello che voleva e aveva imparato che quello che voleva, prima o poi lo otteneva. Aveva imparato a non ascoltare nessuno se non se stessa.

Peggio di tutto. Nel momento in cui era stata alla ricerca di un partner, aveva trovato Angel.

Non aveva idea fin a dove si estendesse il legame di Buffy con il suo vecchio amante, ma c’era, gli piacesse o no, e doveva farci i conti.

Adesso, cominciava a temere che lui fosse parte integrante di quello che lei considerava il suo gruppo, coloro da difendere a qualsiasi costo.

Forse anche più di chiunque altro.

Perché era pur vero che lei considerava la protezione dei suoi amici di prioritaria importanza ma essi, appunto, erano solo quello. Amici. Angel aveva un vantaggio su tutti loro. Era realmente parte della sua famiglia, non per un’alterazione prospettica. Era, a tutti gli effetti, il suo compagno, qualunque cosa potesse significare per una Cacciatrice. Ancora una volta, non c’erano troppi precedenti. Ma, naturalmente, gli schemi delle Cacciatrici non cambiavano mai.


Angel aveva messo il re sotto scacco. Non credeva che fosse stato intenzionale da parte di lui…


questo avrebbe voluto dire che non solo conosceva le Cacciatrici quanto il Consiglio, ma che aveva agito consapevolmente. Che aveva agito consapevolmente fin dall’inizio…


però era successo. Aveva trovato il modo più efficace per legarla a se.


Qualche volta si sorprendeva a desiderare che Angel facesse qualcosa di folle, di realmente distruttivo.

Era abbastanza sicuro che allora Buffy sarebbe intervenuta ma, evidentemente, tutti gli esseri umani che uccideva non erano un comportamento che Buffy considerava abbastanza distruttivo.

Anni prima, sulla tomba di Jenny, lei gli aveva promesso di ucciderlo e la promessa era durata il tempo di una notte. Ammesso che avesse mai avuto un valore diverso da quello della rabbia di un momento.

Forse avrebbe dovuto progettare di lanciare una bomba atomica sulla città.


Questo costituiva un ulteriore impedimento alla reale possibilità di chiamare il Consiglio. Ancora più della paura personale che Buffy provava per loro. Era sicuro che sarebbe successo un disastro.

Perché, se un essere umano avesse dovuto minacciare Angel…

Ma Buffy non doveva saperlo. Il Consiglio era il suo solo asso nella manica.


Buffy gli aveva chiesto cosa voleva.

Non lo sapeva proprio.

Non sapeva come rimediare alla situazione. Era un caos. Un caos da cui non vedeva modo di liberarsi. Non riusciva nemmeno a fare chiarezza. Andava avanti sperando di fare le cose giuste, e qualche volta lo erano ma qualche volta no e lui non aveva direttive. Non c’erano precedenti cui fare riferimento. Non poteva neppure fare riferimento ai suoi superiori.


Al Consiglio non piacevano le novità. Peggio. Il Consiglio considerava le novità una condizione ostile. Non si confrontava con esse. Non si adeguava.

Faceva sì che rientrassero nei binari del consueto.


Buffy era una novità. Una serie di novità e finora essi le avevano accettate. O tollerate. O, semplicemente, ignorate perché non ne erano a conoscenza.


Erano stati scettici su di lei fin dall’inizio.

Troppo vecchia. Troppo estranea al loro mondo.

Ma non era la prima a presentare quelle caratteristiche. Non era la Cacciatrice più vecchia e certo non la sola a non essere cresciuta dal Consiglio.

Un po’ meno frequente era il caso di una Cacciatrice che possedesse entrambe queste caratteristiche ma, ancora, non era un precedente.


Le vere novità cominciavano ora.


Le Cacciatrici vivevano pochi anni.

Quelle come lei, quelle trovate tardi al di fuori del Consiglio, in genere non erano molto abili e morivano anche prima.

Buffy era sopravvissuta e sopravviveva, negando una realtà storica un giorno dopo l’altro.


Le Cacciatrici vivevano in solitudine.

Lei aveva stretto rapporti con alcuni comuni mortali.

Questo al Consiglio non era piaciuto affatto.

Ma quei mortali la legavano al mondo umano e alla fine lo avevano capito. Lo aveva spiegato loro, aveva detto che l’amicizia con quei ragazzi era qualcosa che sopperiva al mancato condizionamento.

A malincuore, ma avevano accettato.

In fondo, nemmeno quella era proprio una novità. Da sempre le loro file erano state incrementate da gente venuta da fuori. Erano abbastanza realisti da sapere che non potevano sopravvivere solo tra loro. Erano troppo pochi.


Le Cacciatrici obbedivano.

Questa era quasi divertente.


Il Consiglio l’avrebbe accettata senza riserve solo se fosse stata la migliore delle Cacciatrici. Forse neanche allora.

La verità era che Buffy era tutt’altro che invincibile. Ogni volta che aveva avuto a che fare con un nemico superiore alla mediocrità, era stata sconfitta. Il Maestro l’aveva sconfitta psicologicamente, Spike l’aveva sconfitta fisicamente, Angel l’aveva distrutta emotivamente.

Era sopravvissuta per una serie di ragioni che nulla avevano a che fare con la sua pura forza ed era questo che gli Osservatori cercavano. Forza e concentrazione. Uno scopo unico e chiaro e la capacità di focalizzarsi solo su di esso.

Buffy non era particolarmente forte ed era una massa di contraddizioni e confusione.

Non era quello che essi volevano.

Se lo avessero saputo.

Ma non potevano saperlo. Non la conoscevano e non volevano conoscerla. Bastava loro sapere quello che faceva. Bastava quello che lui riferiva.


Se avessero anche saputo del suo ambiguo rapporto con la stirpe nemica… ecco, quello non l’avrebbero mai accettato. Mai, per nessun motivo.

Avrebbero chiesto ragioni a lui. Ragioni che non avrebbero mai ascoltato e non avrebbero capito.

Questo Giles lo sapeva. Lo sapeva fin dall’inizio.

Ecco perché loro non avevano mai sapevano nulla.


Le Cacciatrici non pensavano.

Talvolta (un talvolta che si faceva sempre più frequente) Giles non riusciva più nemmeno a starle dietro.


Va bene.” mormorò “Per adesso lasciamo stare. Riposati ancora per qualche giorno. Appena ti sentirai meglio, decideremo. Finora… abbiamo sbagliato entrambi. Basta azioni avventate. Dobbiamo valutare bene cosa fare.”

Lei annuì, in apparenza del tutto disinteressata.


Hai… avuto notizie di Willow?” le chiese come ultima cosa.

Mi ha telefonato. Sono a New York. Mi ha detto che, al massimo, torneranno fra un paio di settimane.”


Non diede altri particolari. Non aveva più voglia di parlare, neanche del ritorno a casa di Willow.

Giles non avrebbe ottenuto altro da lei. Così, fece per andarsene.


Quindi lei ha paura per me, vero?” disse Buffy.

Giles riaccostò la porta che aveva appena cominciato ad aprire.

Certo.”

E odia Angel.”

Puoi biasimarmi per questo?”

Buffy gli sorrise.

Mi dica la verità. Non mi spinge ad attaccare Spike perché teme per la mia vita… Le credo, sa? Lei non odia Spike, neanche ci pensa. Spike non è nulla per lei. Le importa così poco, che è disposto persino a lasciare che non rischi la vita contro di lui, e all’inferno il mio dovere di Cacciatrice e il suo di Osservatore… Chissà quanto sarebbe contento il Consiglio, visto che ne parliamo… E poi c’è Angel. Che è pericoloso come Spike, ma non è come Spike. Lui è tutt’altra faccenda, vero?”


No, non lo era. Angel lo aveva colpito nel personale. Continuava a colpirlo.

Tutti avevano sempre frainteso. Non a causa di Jenny. Anche per lei, questo si, ma non a causa sua. Jenny era stata solo… un qualcosa in più… e un alibi.

Grazie a lei, gli era consentito odiarlo pubblicamente… Ma non aveva iniziato a odiarlo con Jenny. Forse, se fosse stato solo a causa di Jenny, avrebbe smesso di odiarlo da molto tempo.


Me lo dica, per favore.” stava dicendo Buffy “Lo odia più di quanto ha paura per me?”


Questo Giles non lo sapeva davvero.



V

July 3 2005, 10:44 PM




Buffy si rigirò nervosamente nel letto. Il movimento le fece urtare la guancia contro il cuscino e la staffilata di puro dolore ricevuto in conseguenza la fece rialzare di scatto.


Aveva mentito. Non stava bene.


Non era una ferita molto grave, però aveva una caratteristica. Era dolorosissima.

Dopo giorni, il dolore non accennava a diminuire. Peggiorava, semmai. Fitte sorde e continue alla bocca che, quando si coricava, si trasformavano in un pulsare torpido esteso anche alla testa e al collo.

Le impediva del tutto di dormire. Già dormiva poco di natura, da quando era rimasta ferita non riusciva a riposare.

Non riusciva nemmeno a mangiare. Riusciva a malapena a bere e inghiottire qualcosa di freddo e molle


Si alzò e andò in bagno. Nell’armadietto, nascosto da cosmetici e boccette di profumo, c’era un angolo pieno di flaconi di diverso genere.

Ingoiò due pastiglie di Tylenol, poi si appoggiò al lavabo, guardandosi allo specchio. I tagli spiccavano scuri sulla carne rossa e tumefatta. Sollevò il labbro. All’interno della bocca la situazione era anche peggiore e i due denti interessati non erano più saldi negli alveoli dilaniati.

Premette leggermente i bordi delle ferite e dai tagli sgorgò un po’ di sangue misto a siero, accompagnato da una nuova sferzata di dolore bruciante che arrivò ad intorpidirle la radice del naso. Nonostante questo, nessuna traccia d’infezione. Il sangue era pulito.

Non riusciva a smettere di tormentare le ferite, con la lingua o anche toccandole.

Avevano un aspetto disgustoso.

Chissà se i segni sarebbero rimasti. Non le restavano mai cicatrici. Magari ci volevano anni, ma sparivano tutte perfettamente.

Questa volta sarebbe stata disposta ad accettare di restare sfregiata, purché la bocca le tornasse a posto e i denti si ricementificassero e non andassero in necrosi.


Non era sicura che le pastiglie le avrebbero fatto effetto.

All’inizio sì ma, quasi da subito, l’effetto era diminuito fino a sparire e aveva dovuto aumentare le dosi che stavano a loro volta perdendo efficacia.

Avrebbe dovuto cambiare farmaco ma era sicura che, in ogni caso, la situazione si sarebbe ripetuta.

Il suo organismo si adattava in tempi brevissimi pressoché a qualsiasi condizione, annullando ogni elemento estraneo, compresi gli effetti farmacologici.

Una cosa che condivideva con i suoi nemici. Giles le aveva detto che era praticamente impossibile tenere sedato un vampiro per lungo tempo, a meno che non si cambiasse continuamente tipo di sedativo, ma non aveva detto che anche le Cacciatrici condividevano quella particolarità.

Forse non lo sapeva. Non c’erano molte Cacciatrici su cui sperimentare, in fondo.

Però era una conseguenza prevedibile, un effetto collaterale delle capacità di guarigione, le stesse che le impedivano di avere cicatrici. Anche se al momento le sue capacità sembravano essersi messe in anno sabbatico, almeno per quanto riguardava il dolore.

Forse era stata colpita in un punto particolarmente sensibile o semplicemente era quella la sua velocità di risanamento di una profonda ferita da taglio.

Non lo sapeva.


Prese altre due pastiglie di antidolorifico e, dopo un attimo di esitazione, ne aggiunse una terza.


Nonostante quello che aveva detto a Giles, non aveva mai ricevuto ferite degne di questo nome.

Era stata artigliata innumerevoli volte, ma erano sempre stati graffi superficiali e mai in volto. Era sempre stata attenta a non scoprirsi. Miravano alla faccia e avrebbero potuto strapparle gli occhi con facilità.

Il Maestro l’aveva morsa, ma erano stati shock e sorpresa e un qualche assurdo stato d’animo a metterla fuori combattimento molto più di una ferita oggettivamente insignificante. Un morso poco profondo dato ad una spalla, neanche alla gola.

Le ferite più gravi gliele aveva inferte Angel, quel giorno in cui era stata malata e abbastanza stupida da decidere di affrontarlo. Ma, anche allora, i danni si erano limitati a lividi e un braccio slogato. Il peggio lo aveva fatto un banale virus.


La verità è che non aveva la più pallida idea di quali fossero le sue capacità e i suoi limiti.

Una cosa però l’aveva scoperta. I limiti c’erano. Erano diversi da quelli degli altri, ma non erano inesistenti.

Non era indistruttibile.

Poteva ammalarsi. Poteva stancarsi. Poteva distrarsi.


Tornò a letto, questa volta usando due cuscini per tenere la testa e il busto in posizione sollevata, e aspettò (sperò) che le pastiglie facessero effetto.

Tanto non si sarebbe riaddormentata.

Ecco, anche questa faccenda del sonno…

Come era possibile che dormisse sempre meno?


Giles le aveva rinfacciato una sgradevole realtà.

Se fosse stata sola, la vampira avrebbe potuto ucciderla.

Questo era un fatto.

Lei si era comportata con sufficienza e così era stata colpita.

Anche questo era un fatto.

Poi, il dolore l’aveva scioccata e la sua nemica avrebbe potuto approfittarne, se solo non fosse stata presa dagli altri due.

Questo era un altro fatto. Un fatto doloroso e umiliante.


Stava diventando… non disattenta o debole, come diceva l’Osservatore. Era altro il suo difetto.

Era la presunzione, l’arroganza.

Aveva dimenticato il basilare rispetto che doveva a tutti coloro con cui si scontrava.

Aveva sottovalutato la sua avversaria che era giovane, inesperta e sola. Una ragazzina neppure tanto sveglia da vivere insieme agli altri. Non valeva la sua attenzione.

Ma il colpo fortuito di un ragazzino poteva fare quello che nemici più abili non erano riusciti a compire.

Anche lei era una ragazzina. I suoi compagni erano ragazzini. Eppure avevano ucciso gente molto più anziana di loro, molto più esperta. Non era pensabile credere che la cosa non potesse essere reciproca.

Non sarebbe stata fortunata una seconda volta. Non si trattava più di affrontare il Maestro. Al momento in città non c’erano vampiri fanatici religiosi. Il giorno in cui uno di loro fosse riuscito ad avvicinarla tanto da morderla ed ad immobilizzarla il tempo sufficiente a farlo, l’avrebbe uccisa.

Così, ora doveva la vita a due… (nullità?)


Adesso, se non fosse stata attenta, mancanza di sonno e cibo avrebbero potuto realmente causare la sua fine. Avrebbero potuto essere causa di quel lieve rallentamento, quella lieve fatica che avrebbe fatto la differenza.

Il dolore poteva distrarla. Gli antidolorifici, in dosi sufficienti ad eliminarlo, potevano intorpidita.

Non era proprio il momento giusto per non essere in piena forma.

Non poteva restarsene a casa.

Doveva fare qualcosa e doveva farlo al più presto. Non sapeva fino a che punto la minaccia di Giles sarebbe rimasta solo una minaccia. Non era stato solo un bluff, ne era sicura.

Era lei la causa per cui l’uomo non chiamava il Consiglio, di questo ne era più che consapevole.

Giles si preoccupava per lei. Diventava sempre più preoccupato.

Non per qualcosa in particolare, solo… solo per il tempo. Un tempo che non sarebbe dovuto esserci.

Le Cacciatrici vivevano poco. Quanto poco, non lo sapeva, ma poco. Sapeva anche che stava avvicinandosi al limite. Forse lo aveva anche superato. E allora, se nessuna della sua stirpe era mai sopravvissuta oltre quei pochi anni, perché doveva riuscirci proprio lei?

L’Osservatore temeva ogni giorno, perché ogni giorno era preso in prestito. Cercava di evitarle tutto quello che avrebbe potuto farle del male, quello che avrebbe potuto renderla nervosa. Il Consiglio rientrava a pieno titolo nella categoria delle cose che la innervosivano e non era tanto stupida o ingenua da credere che Giles non se ne fosse reso conto.

Non era neanche tanto stupida o ingenua da non capire che un simile comportamento non sarebbe stato di sicuro gradito al Consiglio e che Giles aveva quindi più di una buona ragione per non rivolgersi a Loro.

Ma era un Osservatore e faceva violenza su se stesso ad agire in quel modo. E odiava ferocemente Angel.

La combinazione di odio e rabbia e quello che succedeva in città avrebbe potuto vincere paura e ansia e farlo decidere.


Aveva sperato che cacciare i vampiri di giorno, quando erano tanto vulnerabili, li avrebbe scossi. Aveva sperato che fosse un’azione abbastanza rilevante proprio perché non l’aveva mai compiuta.

Un altro errore di valutazione.

Un’occhiata ai giornali era bastato a confermarlo e se si ritrovava almeno un morto dopo ogni notte, significava che ce n’erano molti di più, perché a Sunnydale la maggior parte dei cadaveri spariva in fretta.

La carne non si sprecava e non si rifiutava un pasto gratuito.


C’era sempre un errore da parte sua.


Come aspettarsi che in pieno pomeriggio i suoi nemici dormissero profondamente.

Era quello che Giles le aveva detto. Durante il giorno tornavano alla morte.

Non aveva mai visto un vampiro dormire. Neppure Angel aveva mai dormito di fronte a lei. Anche quando lo vedeva durante il giorno, era sempre sveglio.

Forse non dormivano affatto.

Si era fidata della parola di Giles, senza nulla a suffragare i fatti.

Questo voleva dire che Giles non lo sapeva.

Questo voleva dire che lui non sapeva tutto, che potevano esserci altre cose che non conosceva.

Quante altre cose?


(Perché io non dormo?)


Peggio. Voleva dire che era stata stupida.


Neppure ricordava quando si era messa a osservare i suoi nemici.

Poco dopo che Angel l’aveva lasciata, immaginava. Poco dopo quei primi, frenetici mesi di panico, quando le cose si erano riassestate, quando avevano preso il ritmo indolente di una routine.

Studiarli le serviva per riuscire a combatterli meglio, si era detta, eppure non sapeva abbastanza e non applicava quello che sapeva. Invece, continuava a dipendere dagli Osservatori.


Andava avanti a caso, senza un punto di partenza, senza uno scopo che non fosse segnare una nuova tacca sul suo metaforico fucile da caccia.


(Uno squalo… ecco cosa sono. Una macchina demente che uccide solo per riflesso. No… non sono ai livelli di uno squalo. Uno squalo uccide per sopravvivere… io probabilmente morirò per uccidere…)


Vagava per la città, uccidendo quello che incontrava incidentalmente.

Anche gli ordini di Giles e del Consiglio, quell’intenzionalità nello scegliere i bersagli, erano solo apparenza. L’idea che uccidendo i capi i gruppi si disperdessero… su cosa era basata, se non sapevano?


(Un cane. Un cane rabbioso…)


Non sapere, o sapere le cose sbagliate, portava ad errori gravissimi.

Quando aveva risparmiato Spike, aveva creduto che l’inimicizia ai vertici della loro comunità si sarebbe ripercossa anche al loro comportamento ‘esterno’ rendendoli nervosi e meno attenti.

Invece pareva che la cosa non turbasse più di tanto i loro compagni. Perlomeno, non li turbava in quelle cose che la interessavano.

Se il ragionamento fatto da Giles e dal Consiglio, e anche da lei, fosse stato corretto, in questo momento l’instabilità avrebbe dovuto raggiungere i livelli massimi ma, visto che l’uscita di scena di Angel aveva coinciso con l’inizio di quella serie di attacchi, sembrava semmai che il risultato fosse il contrario.


Eppure avrebbero potuto pensarci.

Anche quando aveva ucciso il Maestro la crisi era durata si e no un paio di mesi e non era neanche sicura se fosse stata provocata da quella ‘morte eccellente’ o dal fatto che, insieme al Maestro, erano morti molti dei componenti del gruppo.

Eppure il Maestro aveva esercitato sui suoi un dominio ben più ferreo di quello di Angel e di Spike.

In tutta onestà, non capiva come funzionassero le cose fra i vampiri. Sembrava che tutto si basasse su una serie di coalizioni e alleanze, su un delicato equilibrio mantenuto fra i membri del gruppo, piuttosto che su una vera e propria gerarchia, ma non ci capiva nulla.


Adesso non poteva più andare avanti in modo tanto casuale.

C’erano gli Osservatori.

C’era Spike.


Spike voleva ucciderla.

Lo aveva detto per interrompere la predica di Giles, eppure aveva visto più giusto di quanto avesse pensato lei stessa.

Voleva ucciderla e, il giorno in cui si fosse deciso a fare sul serio, aveva buone possibilità di riuscirci.

La prima volta l’aveva sconfitta in pochi istanti ma era l’altra sconfitta, quella recente, che bruciava di più. Lo aveva preso eppure, per quanto gravemente ferito, le era sfuggito. Non era solo forza, la sua. Era abilità. Oppure era una sua mancanza.

Ad ogni modo, in scontro diretto Spike era più capace, doveva ammetterlo.


Dal suo punto di vista, era una gran brutta prospettiva.


Angel le aveva detto che Spike braccava le Cacciatrici.

Non era un comportamento comune. La maggior parte dei vampiri le attaccavano solo se le trovavano sulla loro strada. Ma Spike le cercava intenzionalmente.

Questo voleva dire che aveva dei motivi suoi particolari.

La soddisfazione di farlo, d’accordo, ma quale era la radice di quella soddisfazione?

Odio?

Possibile, ma non credeva che Spike la odiasse. Non attaccava lei in quanto Buffy. La attaccava perché era una Cacciatrice.

Come il Maestro. Anche lui voleva ucciderla per quello che lei rappresentava, non per chi era.

Ai vampiri piaceva uccidere ma c’era una differenza sostanziale con gli esseri umani. La soddisfazione che provavano non sembrava avere nulla a che fare con la soggettività della preda. La sola cosa importante era che fosse una preda, qualcosa da cacciare e catturare. Non cercavano il brivido o il confronto. Non erano ‘uccisori sportivi’.

Sembravano ottenere la stessa soddisfazione nell’uccidere un uomo o un ratto.

Sceglievano attentamente le prede, ma non le cercavano in quanto individui. Non erano legati loro da altro che la necessità. Il loro sistema di selezione si basava sulla pura opportunità. Volevano quelle più facili.

Aveva visto troppi vampiri lasciare la preda designata se solo si intrometteva un fattore imprevisto o se c’era la possibilità di fallire e andarsene senza mostrare particolare disappunto.

Uccidevano gli umani per sopravvivere. Che poi provassero piacere nel farlo, era un effetto collaterale. Lo scopo era trovare cibo.

Ma lei… lei era diversa. Lei non era solo cibo o un gioco.

Quello che Spike voleva da lei era diverso. In un certo senso, la sceglieva per motivi opposti a quelli degli altri vampiri.


Ma perché affrontare un nemico pericoloso o una preda potenzialmente letale?

Perché gli esseri umani praticavano la caccia grossa?


Lei, una volta, si era sentita orgogliosa della sua forza. A quel tempo provava una strana sensazione nel vincere i suoi nemici.

Non appagamento, quello lo provava sempre e, semmai, sempre più intenso.

No, era una cosa diversa. Era più la sensazione che, poiché lei ‘doveva’ vincere, la vittoria confermasse la giustizia di quello che era, di quello che faceva. Confermasse il suo essere bene.

Come tutti i bambini, credeva che ci fosse qualcosa di sostanzialmente nobile nell’essere… forti. Nell’essere capace di sopraffare un nemico fisicamente.

I primitivi risolvevano le loro questioni con un bel duello. Il vincitore aveva vinto perché era più forte ed era più forte perché aveva la ragione dalla sua parte e l’appoggio di dio. Tanti saluti allo sconfitto e al raziocinio.

Ma un camion guidato da un conducente ubriaco che le fosse passato sopra mentre lei camminava sulle strisce pedonali si sarebbe mostrato molto più forte di lei. Tanti saluti a chi aveva ragione.


Che fosse quello?

Forse anche Spike ragionava come un bambino. Io sono più forte, io sono più bravo. Io sono più forte, io valgo di più.

E gli Osservatori… Gli Osservatori che avevano preteso che lei affrontasse un avversario in condizioni sfavorevoli…

Solo che loro non erano i bambini.


Conferme.

Della propria ragione, del proprio valore, della propria esistenza…

Sempre conferme.


Le conferme occorrevano dove non bastava la sicurezza.


Ecco cosa stava facendo Spike. Appariva.

Non ai suoi occhi, naturalmente. Lei era solo una bestia.

Non agli occhi degli umani, quelli erano solo un gregge.

Agli occhi degli altri vampiri.

Agli occhi di se stesso.


In un certo senso, questo rendeva Spike simile a lei. Lo rendeva più comprensibile.

Ora era sicura di essere realmente in grave pericolo.


L’avrebbe uccisa appena avrebbe avuto strada libera. Appena si fosse liberato di Angel.

La presenza di quest’ultimo era un deterrente. Angel non voleva ucciderla, in questo Giles aveva tutte le ragioni.

Perché avrebbe dovuto? Lei non voleva uccidere lui e lui non aveva ragione di eliminarla e magari trovarsi fra i piedi una nuova Cacciatrice senza gli stessi scrupoli.

Angel non voleva affrontare nemici pericolosi. Non gli interessava appendere il trofeo al muro. A lui non servivano conferme. Gli importava solo del suo benessere e della sua incolumità e lei era una garanzia.


Si lasciò sprofondare tra i cuscini.

Il dolore si era calmato. Non sparito completamente, ma era come se fosse solo il ricordo di un dolore. Si sentiva anche del tutto intorpidita e… il termine più adatto a descrivere quello che provava era ‘fluttuare’. La quantità industriale di codeina assimilata aveva fatto effetto, ma stava agendo come un narcotico.

Non era una sensazione sgradevole.


Angel non si batteva mai, se possibile. Sfogava la sua naturale aggressività in modo molto meno diretto e con prede più deboli e inermi possibili.

In quel modo, era sopravvissuto un secolo in condizioni spaventose.

Non affrontando. Risolvendo.


E le Cacciatrici vivevano pochi anni.

Non risolvendo. Affrontando.

Mordevano e abbaiavano e si lanciavano a testa bassa contro il nemico…


Ma adesso Angel non si faceva trovare.

Poteva avere abbandonato o essere stato scacciato dal clan ma, per quanto ne sapeva lei, poteva anche essere già morto.

Giles non aveva preso in considerazione quell’eventualità, come se uno come Angel potesse venire ucciso solo da Buffy stessa o dal Consiglio o da qualcosa di… ordine superiore.

Idiozie.

Poteva essere stato ucciso da un sacco di cose del tutto ordinarie, compresi dei comuni umani.

Però era certa che lo avrebbe saputo, se fosse morto.

Qualche settimana prima, quella parte della sua coscienza che appartenevacondivideva con lui era stata attraversata da leggere increspature di sofferenza. Ma ora nulla la turbava. Era serena. Fiduciosa, avrebbe detto.


Sentiva la mancanza di Willow.

Con lei non era uno scontro senza fine. Non doveva continuamente difendersi. Willow l’avrebbe aiutata a trovare una soluzione.


I vampiri erano tutt’altro che invincibili, ma erano impensabilmente adattabili e tenaci. Sembravano capaci di superare qualsiasi trauma.

Forse erano solo tanto stupidi da non avere capito significato e conseguenze del suo gesto. Ma con ogni probabilità aveva sbagliato mezzo. Aveva usato quello che credeva avrebbe potuto terrorizzarli perché era quello che avrebbe terrorizzato lei e quelli che lei conosceva, ma non era detto che quello che dovesse impressionasse anche loro.

Non era neanche detto che avessero punti deboli. Quanto bisognava essere forti, quando ci si aspettava di vivere non decenni, ma secoli, nel modo in cui vivevano loro?

Non temevano la morte, questo era chiaro. Ne erano troppo assuefatti. Se l’avessero temuta come gli uomini avrebbero dovuto raggomitolarsi in un angolo a tremare, senza più nemmeno osare muoversi.

Lei li aveva cacciati e uccisi in ogni modo, eppure ancora non la temevano. Avevano paura, ovviamente, e facevano del loro meglio per evitarla, ma non vivevano nel terrore a causa sua.

La sua presenza non rendeva la loro vita molto più precaria o difficile di quanto non sarebbe stata anche senza di lei. Non perdevano tempo a temere un nemico che in fin dei conti era solo una dei tanti.

Anche avere ucciso quella ragazza in pieno giorno, entrando in casa sua… forse era solo una cosa che essi mettevano in preventivo. Al diavolo, persino nei vecchi film si uccidevano i vampiri sorprendendoli di giorno.

Non erano sconvolti neanche dalla violenza. Non si aspettavano mai niente altro da nessuno ed erano i primi ad applicarla su loro stessi.


Sopprimevano quelli che restavano menomati, quelli inutili. Non avevano considerazione per nessuno.


Così le avevano insegnato. Come le avevano insegnato che di giorno dormivano.

Darla…

Darla non aveva ucciso Angel quando era diventato peggio che menomato, peggio che inutile.

Angel non faceva del male a Drusilla, adesso che era di nuovo debole e aveva visto di persona Drusilla prendersi cura di Spike e viceversa.

Spike aveva addirittura rinunciando ad uccidere lei, pur di salvare Drusilla.

Angel aveva portato Spike nella nuova casa quando Giles aveva distrutto la fabbrica, anche sapendo quanti problemi gli avrebbe causato. Quella era la cosa più assurda. Spike era suo nemico. Avrebbe dovuto avvalersi del fatto che era paralizzato e inerme per eliminarlo.

Del pugno di vampiri di cui conosceva qualche frammento di vita, almeno quattro avevano compiuto azioni che, secondo le sue credenze, rappresentavano delle impossibilità. E quello che ne aveva compiute di più, forse era solo perché lei lo conosceva meglio degli altri.

Quattro… Tutti.

Quante altre eccezioni alla regola potevano esserci? Forse ognuno era un’eccezione.

Non aveva ragione logica di credere che quei quattro fossero diversi dagli altri.


(Se ognuno è un’eccezione, che fine fanno le regole?)


Sembrava proprio che quando si trattava della loro progenie, del loro sangue, fossero molto meno feroci e decisi di quanto gli Osservatori li pretendessero. I vampiri erano creature passionali. I legami che si formavano tra i membri delle famiglie dovevano essere molto più vincolanti di quanto avesse inizialmente immaginato.


(Io non sono un cane. Non devo morire prima dei vent’anni. E’ solo una faccenda di circostanze, non di natura…)


Chiuse inutilmente gli occhi. Nonostante il torpore, non aveva per niente sonno.



VI

September 19 2005, 1:12 AM



Da un’altra prospettiva, il palazzo sarebbe apparso solo come una ciclopica massa di pietra e cancelli di ferro battuto e filigranato.

Da dove si trovava lei, era una composizione di elementi solidi e luci e acqua che rifletteva le luci.


Chiunque o qualunque cosa fossero stati gli architetti, avevano spianato sul fianco occidentale della collina una specie di terrazza piatta, su cui avevano poi edificato l’edificio.

Il versante sud della terrazza, dove c’era l’ingresso principale, digradava dolcemente verso la valle dove si trovava la città, mentre ad ovest il pendio era molto più ripido, una vera parete verticale, e dava sul mare.

A est la terrazza era interrotta dalla parete della collina che si innalzava sino alla cima, una stretta cresta coperta di alberi da dove si aveva una panoramica perfetta della casa e di tutto ciò che la circondava.

Si poteva persino vedere l’interno delle sale.

Era facile osservarli.


C’era anche un’altra conseguenza ad una simile collocazione, una strana particolarità del muro.

In pratica circondava il palazzo solo su tre lati, perché sul lato orientale si fondeva con il fianco della collina e, dall’esterno, era a livello del terreno, nient’altro che una serie di pietre a corona del bordo della parete.

Una scalinata scolpita nella pietra scendeva dalla sommità del muro sin all’interno del giardino.

Era facile anche entrare.


Non c’erano guardie alla porta. Non c’erano sentinelle a sorvegliare i paraggi, nessuno che pattugliasse la zona. Forse non c’era neanche la porta chiusa.

In certe cose erano bizzarramente imprudenti. Probabilmente pensavano che qualcuno in grado di costituire un pericolo per un gruppo così numeroso, non si sarebbe certo fatto fermare da una porta.

Forse erano solo stupidi. O arroganti.

Non aveva senso credere che la stupidità e l’arroganza fossero prerogative umane.


Buffy era qui dal primo pomeriggio.


Con l’avanzare della sera, gli abitanti della casa avevano ripreso le loro attività. Dietro alle finestre, qualcuno di loro aveva scostato le tende, esponendosi alla luce del Sole basso ma ancora perfettamente visibile nel cielo.


La prima volta che li aveva visti fare così ne era rimasta sconvolta, finché Willow non aveva trovato la risposta, del tutto impensabile nella sua materiale semplicità, probabilmente ovvia ed immediata a chiunque eccetto che a loro stessi. Era bastata una breve ricerca per confermarla.

D’altra parte, lo aveva sempre saputo che i vampiri erano vulnerabili solo al pieno ed integro complesso dello spettro solare. Bastava filtrare alcune frequenze, come durante le giornate molto nuvolose o all’ombra, e non avevano problemi.

Le tende nere erano senza altro pittoresche e scenografiche ma, con ogni probabilità, le tenevano solo per attenuare l’eccesso di luce e rendere l’ambiente a loro più confortevole, forse anche per ulteriore sicurezza, certo non come principale sistema a salvaguardia della vita.

Perché affidarsi solo a teli di stoffa, quando c’erano a disposizione vetri filtranti capaci di abbattere la quasi totalità della radiazione ultravioletta?


Erano usciti, l’uno dopo l’altro. Quasi tutti da soli, qualcuno in coppia, nel loro modo pigro e disordinato. Non agivano quasi mai in gruppo. Mai, se erano impegnati nelle loro attività normali. A loro non piaceva dividere nulla.

Era la sua fortuna, quella.


Aveva aspettato, contando ed identificando quelli che lasciavano la casa, rigirando fra le dita il pugnale che si era premurata di portare, finché non aveva stabilito che era il momento giusto.

Ormai se ne erano andati oltre la metà. Quelli rimasti erano solo i più giovani del gruppo.

A parte Angel e la sua famiglia, al momento nel clan erano pochi a superare qualche decennio, ma quelli realmente giovani, tanto da non essere in grado di vivere indipendentemente, erano anche meno.


Una cosa strana, che Giles aveva fatto fatica ad accettare, era l’improbabilità che qualcuno fosse trasformato. Un evento talmente raro da rappresentare l’eccezionalità rispetto al numero delle vittime.

Gran parte degli attuali membri del clan provenivano dall’esterno. Di quelli rinati qui, molti erano stati trasformati poco dopo la distruzione del gruppo del Maestro. Dopo di che, erano stati aggiunti individui alla comunità solo saltuariamente. Di solito, alla fine dell’estate o all’inizio dell’autunno.

Anche se l’ultimo risaliva solo a qualche settimana prima.

Un universitario, un ragazzo che aveva conosciuto superficialmente.


Chissà perché proprio lui e non altri. Cosa avevano quelli che venivano scelti in più degli altri, quelli semplicemente dilaniati e lasciati ai divoratori di carogne?

Non c’era una vera e propria costante negli individui trasformati. Di solito, erano giovani adulti in senza difetti fisici, ma quella era una cosa comprensibile. Però avevano scelto studenti geniali e criminali, atleti fuoriclasse e ragazzine depresse, emarginati sociali e brillanti affaristi.

Sempre più spesso si era trovata a pensare che fosse questa, la costante. Si trattava di individui… anomali, in bene o in male. Gente troppo competitiva o troppo sensibile, troppo aggressiva o troppo timida. Gente che, in qualche modo, si distingueva. Gente che non riusciva mai ad amalgamarsi ai propri simili.


Qualche volta aveva temuto per Willow, Xander e Cordelia. Tutti loro rientravano appieno nella categoria.


Per i vampiri sarebbe stato ridicolmente facile trasformarli e usarli contro di lei. Le occasione le avevano avute ma non lo avevano fatto. Non c’erano mai state neppure minacce in questo senso.

Trovarsi a combattere e uccidere Willow… Rabbrividì.

Eppure era sicura che la conoscessero abbastanza da sapere bene quale trauma devastante sarebbe stato per lei.


E allora chissà perché proprio quei particolari individui.

E chissà proprio perché in quei particolari momenti.

Però il loro numero non cresceva mai indiscriminatamente. Anzi, non cresceva proprio, se non per minime fluttuazioni.


Forse lei aveva solo una casistica troppo limitata per essere significativa.


Comunque fosse, i più giovani ed inesperti del gruppo venivano spesso lasciati a casa mentre i loro familiari erano a caccia.


Discese il pendio, avvicinandosi al palazzo.

Nonostante la brezza di terra che soffiava verso il mare e verso l’edificio, lei era in posizione riparata dal vento e non avrebbero sentito il suo odore.


Si fermò proprio sulla cima del muro, dove cominciava la scalinata.


Una coppia stava parlando in giardino.

Non capiva e neppure voleva capire quello che si stavano dicendo ma, ad un certo punto, il maschio tornò all’interno. La donna, invece, rimase seduta sulla panchina di metallo battuto, con le braccia distese lungo lo schienale.

Era del tutto tranquilla, apparentemente persa nei suoi pensieri. Era evidente che non si aspettava niente di pericoloso. Non lì, a casa sua.

Non si aspettava la nemica che la ghermì alle spalle, e non poté reagire.


Buffy le aveva passato l’avambraccio intorno al collo e se gli si stringeva la gola con sufficiente forza si riusciva quasi a paralizzarli.

La obbligò ad alzarsi e, tenendola come scudo, entrò nel palazzo.

Non era molto agevole spingere la vampira molto più alta di lei ma, almeno, questa non cercava di opporsi in nessun modo. Anzi, era costretta a collaborare con la sua catturatrice, perché Buffy le puntava il paletto sotto le scapole, all’altezza del cuore e la ragazza terrorizzata doveva inarcare la schiena e sforzarsi nel disperato tentativo di non cadere sulla punta acuminata. A Buffy sarebbe bastato tirarla appena verso di sé per ucciderla.


Nella sala c’erano quattro individui che scattarono indietro appena lei apparve, sorpresi. Era riuscita a far sì che non si fossero resi conto del suo arrivo prima del suo ingresso.

I vampiri si allontanarono ringhiando e soffiando, senza però fare gesto di attaccarla.

Apparivano confusi, più che furiosi. Sicuramente, molto più confusi che decisi.

I quattro erano sparsi nel salone. Se fossero stati meno inesperti, averli intorno in quel modo avrebbe voluto dire essere in una situazione quasi sicuramente senza scampo, ma i vampiri non erano portati ad agire in gruppo. Dovevano imparare a farlo, ed allora erano anche molto abili, ma non era una cosa che venisse loro spontanea. La loro natura era quello del cacciatore singolo. In circostanze critiche ed improvvise, la prima cosa che facevano era tornare agli schemi istintivi e i giovani, come questi, erano sempre molto individualisti.

Anche se come forza congiunta costoro erano senz’altro superiori a lei, si limitavano a tirarsi indietro e a comportarsi come se ognuno fosse del tutto solo.

Poteva percepire il modo in cui si chiudevano in se stessi, senza neppure valutare la presenza dei propri compagni, senza pensare alla possibilità di agire in concerto per abbatterla.

In più, c’era un’altra cosa.

Se fossero stati loro a trovarla, non avrebbero avuto esitazioni, ma essere attaccati non rientrava nella loro forma mentis. Non concepivano realmente la possibilità di diventare prede.

Anche questo, soprattutto questo, era qualcosa che doveva essere appreso e, finora, questi erano sempre stati protetti dalle loro famiglie, tenuti pressoché isolati dal mondo esterno. Non avevano esperienza diretta.

L’idea che qualcuno li aggredisse, soprattutto che li aggredisse nella loro casa, doveva essere stata semplicemente impensabile ed ora non riuscivano a gestire la situazione.

Aveva contato su una reazione simile.

Considerando le sue condizioni fisiche non ottimali, doveva accumulare più vantaggio possibile ed il suo unico vero vantaggio era il contesto stesso.


Un altro vampiro apparve sulle scale che portavano ai piani superiori.

Buffy lo riconobbe come l’universitario scomparso qualche settimana prima.

Forse era più sveglio degli altri, nonostante l’età, perché, senza la minima esitazione, scese le scale e corse verso una delle porte che dava sull’esterno.


Con questo tutti quelli che vivevano nel palazzo e non aveva visto uscire erano presenti al conto.

Tutti eccetto Angel e Drusilla, naturalmente.

Non ne restavano altri che avrebbero potuto sorprenderla.


Spinse il paletto nel cuore del suo ostaggio ed una dei quattro attaccò subito. Buffy afferrò un portacenere di vetro dal tavolino accanto e lo scagliò a piena forza contro la vampira. Questa scansò il proiettile improvvisato, perdendola di vista un attimo. Buffy la prese e uccise anche lei.

A quel punto, si scatenò il panico e ognuno dei rimasti cercò di scappare.

Uno di loro raggiunse la porta. La cacciatrice non perse tempo a seguirlo, così come non pensò all’altro che era riuscito a sfuggirle.

Ce n’erano ancora due.


Strana cosa la casualità. Decideva anche solo per la posizione spaziale.

Al momento del suo ingresso si erano trovati lontano da ogni via d’uscita ed ora lei sbarrava loro la fuga.

Avrebbero dovuto tentare. Uno dei due ce l’avrebbe fatta, forse.

Invece, corsero verso un’arcata che dava all’interno, con lei al loro inseguimento.


La distanziarono subito, ma non poteva perderli.

Entrarono in una stanza dove lei fece irruzione un attimo dopo.


La prima cosa che registrò, fu la presenza di Drusilla.

Era lì, seduta a gambe incrociate accanto ad un muro. Non si muoveva, come se fosse catatonica.


L’attenzione di Buffy tornò ai due fuggiaschi.

Non potevano andare da nessuna parte. La camera aveva finestre e una porta sull’esterno, tutte sbarrate da inferriate di ferro.


Uno dei due l’assalì subito, mentre l’altro squassava inutilmente l’inferriata che bloccava la porta, nel tentativo di svellerla.

Per qualche istante il vampiro riuscì persino ad impegnarla, poi si scoprì e Buffy lo colpì con un calcio ad un’anca, frantumandogliela.

L’uomo cadde a terra e contemporaneamente lei lo trafisse.


L’altro ragazzo aveva fatto la cosa più stupida, non approfittando del momento che gli era stato regalato per tentare di fuggire.

Quando vide morire il suo compagno, sembrò perdere del tutto le capacità razionali e si scagliò insensatamente contro le finestre e le sbarre che lo imprigionavano.


Era talmente rapido che Buffy non riusciva a metterlo bene a fuoco. Però non era solo quello. Se ne era resa conto anche altre volte.

Accelerazione.

I vampiri raggiungevano la massima velocità in un tempo pressoché nullo, quasi che per loro il tempo non scorresse nel modo in cui faceva per il resto del mondo. Persino per come faceva per lei.


Ma questo non gli serviva, adesso. Non poteva attraversare i muri. Era in una vera trappola e non aveva modo di evitarla.

Gli si lanciò addosso.

Distava solo pochi metri. Una distanza che non le era sufficiente per acquisire un grande slancio ma, con la sua massa notevolmente superiore a quella che avrebbe dovuto essere data la piccola mole, bastò a travolgere il vampiro e a stordirlo. Rotolarono a terra avvinghiati. Prima che potesse riprendersi, Buffy lo afferrò per i capelli e gli tagliò la gola.


Drusilla aveva osservato tutto senza scomporsi.

O, almeno, sembrava che osservasse, visto che aveva gli occhi aperti, però era completamente inerte.


Adesso Buffy era riemersa dalla frenesia del combattimento e, quasi suo malgrado, si trovava a valutare consapevolmente quello che la circondava.


Adagiò con cautela il ferito sul pavimento e si rialzò.

Si avvicinò di qualche passo a Drusilla.

La mancanza di una qualsiasi reazione da parte della vampira la disturbava.

Non aveva mai visto nessuno osservare la sua prossima morte così passivamente.


Sapeva già che Drusilla non era più in grado di costituire un pericolo, eppure la vista della donna la innervosiva più di quanto le piacesse ammettere. Molto più di quanto avrebbe dovuto fare. Non c’era senso perché provasse inquietudine alla vista di una nemica incapace di muoversi.

Non se l’aspettava così. Non sembrava nemmeno lei. Per una volta, indossava una comune tuta da ginnastica, invece degli abiti che era abituata a vederle addosso, aveva i capelli corti ed era magra fino ad essere scheletrica.

Anche la stanza appariva innaturale.

Era quasi completamente spoglia. Solo un letto, una scrivania, una sedia. Per il resto era quasi asettica. E poi c’erano le inferriate.

Perplessa, Buffy guardò fuori. La porta dava su un piccolo giardino privato, circondato da mura.

Perlomeno, ora capiva perché i due si erano diretti da questa parte. Se solo la porta non fosse stata sbarrata, avrebbero potuto fuggire.


Si scosse.

Stava facendosi domande accademiche a cui poteva pensare in seguito. Forse stava solo prolungando i tempi.

Ma non poteva attardarsi, anche se non sembravano passati più di pochi minuti dal momento dell’irruzione. Doveva tenere bene a mente che, se fossero tornati, forse questa volta si sarebbe trovata di fronte avversari superiori alle sue possibilità


Uccise Drusilla, quindi tornò nuovamente ad occuparsi dell’uomo che aveva ferito.


Aveva già ripreso coscienza e, appena gli si avvicinò, fece il gesto di attaccarla.


La capacità di recupero di quegli esseri era stupefacente. Aveva visto vampiri feriti in modo tale da sembrare impossibile che sopravvivessero e che, invece, si erano ripresi perfettamente.

Di una cosa però era sicura. Certe ferite non potevano sanarle. Aveva visto uno di loro privo di una mano e sapeva che stavano attenti, molto attenti, a non farsi colpire agli occhi dagli artigli dei loro simili ed erano anche la prima cosa a cui puntavano, quando combattevano.

No, decisamente non potevano rimediare a tutto e, per una volta, la loro resistenza giocava a suo favore.


Lo osservò attentamente, mordicchiandosi le labbra.


La creatura si era raccolta su sé stessa. Tremava e aveva le pupille talmente dilatate che coprivano la quasi totalità degli occhi. La loro fosforescenza le faceva sembrare fari che generassero luce propria.

Era terrorizzato.


Questo bastò a cancellare ogni indecisione.


Questa volta Buffy non aveva intenzione di esporsi, neppure con quello che sembrava un nemico inerme.

Si tolse la giacca di pelle e la tenne davanti a sé come uno scudo e, quando lui fece per attaccarla di nuovo, gliela tirò sulla testa.

Nell’istante di confusione in cui il vampiro cercò di riflesso di districarsi, lo ghermì e gli legò le mani dietro la schiena con le maniche della stessa giacca.

Un sistema simile non avrebbe trattenuto un vampiro per più di un istante, ma per questo, indebolito e sotto shock, era più che sufficiente e a lei bastava che non potesse colpirla con gli artigli.

Lo girò sulla schiena e gli si mise a cavalcioni, schiacciandogli le braccia sotto il peso del suo stesso corpo.

La sua vittima ebbe uno scatto convulso di forza sorprendente che lei cercò di contrastare stringendolo alla gola. Le dita scivolarono sul sangue senza riuscire a fare presa.

Allora usò gli avambracci per schiacciarlo a terra, premendo con tutto il suo considerevole peso.


Il battito del cuore le rimbombava nelle orecchie ed anche un suono lontano e scandito che forse era il suono del suo stesso sangue ma che sembrava tanto il rumore della risacca (ma il mare era troppo lontano per sentirlo così chiaramente).

Aveva la sensazione di ritirarsi in un nucleo minuscolo di consapevolezza, perso in uno spazio che diventava sempre più ampio. Uno spazio pieno di quel suono monotono e confortante.

La tentazione di arrendersi ed esistere solo come funzione delle sue azioni era pressante, ma non doveva. Lo avrebbe ucciso, se si fosse lasciata andare.

Si costrinse a ritornare e si accorse che il vampiro la combatteva ora troppo debolmente perché le fosse d’ostacolo.


Appoggiò la punta del coltello sulla palpebra inferiore, all’infossamento tra il globo oculare e la cavità orbitale.

Non dovette esercitare quasi nessuna pressione. Era solo carne, senza la barriera delle ossa. Non c’era bisogno della forza che le occorreva a vincere la resistenza della cassa toracica e trafiggere il cuore.


Quando si rialzò, il ragazzo non era morto.

Eppure, era morto comunque. Non poteva esistere in quelle condizioni, non nel suo mondo. Ma avrebbero dovuto pensarci loro.


Si attardò solo un attimo per slegarlo e recuperare la sua giacca, prima di abbandonare la stanza e tornare nel salone.


Si sentiva fluttuare, come sotto l’effetto della codeina.


Per qualche istante, si permise di meravigliarsi per l’architettura del palazzo.

Dall’esterno non si poteva comprendere appieno quanto fosse complesso.

Non era descrivibile a parole. Un labirinto, forse. Un labirinto di pesanti blocchi di pietra scolpita e delicati ferro battuto filigranato, cristallo e fuoco.

La grande sala era tanto articolata che era come essere all’interno di una serie di solidi geometrici intersecati, da cui si partivano diramavano corridoi, logge, scalinate.

Le vetrate enormi non erano solo normali finestre. Erano interi angoli di cristallo, intere pareti. Erano vuoti sull’esterno, tramiti che facevano della casa un tutt’uno con l’esterno.

Sembrava una cosa viva ed era piena di luce.

Non la cruda e feroce luce che usavano gli esseri umani. Luci indirette, schermate da nicchie e paraventi. Candele. Il fuoco del camino nel salone e in altri camini più piccoli.

A Angel piaceva la luce e amava illuminare la sua casa con le luci più forti che poteva sopportare anche se, per gli standard degli umani, quella che considerava una forte illuminazione sarebbe sembrata, al massimo, una debole penombra. Per lei era chiaro come in pieno giorno.

Poteva capire il perché lui aveva voluto vivere qui, in mezzo a luce e spazio, ma perché gli altri lo avevano seguito, invece di nascondersi in qualche buco, non riusciva ad immaginarlo.

O forse si.

Forse ‘nascondersi’ era la parola chiave. Ora non si nascondevano più.


Afferrò un vaso di pietra e lo scagliò contro una delle finestrature più grandi, una che comprendeva uno degli angoli superiori e parte del soffitto, causando una pioggia di frammenti di vetro e arcobaleni.


Prese una lampada dal lungo stelo di ferro battuto. La soppesò fra le mani, bilanciandola, poi, usandola come una mazza, distrusse tutto ciò che le sembrava possibile, soprammobili, piante ornamentali, cristalli, interrompendosi solo per squarciare i divani con il coltello.


Fece quasi fatica a fermarsi, ma il tempo correva e loro potevano rientrare in ogni momento.


Chissà se Angel sarebbe tornato, adesso.


Ancora una volta, si chiese se non gli fosse successo qualcosa.

Sentiva ancora il frangersi delle onde e non capiva da dove provenisse quel suono.



VII

December 19 2005, 12:17 AM




Giles si svegliò di soprassalto.

Non capiva cosa avesse causato il suo risveglio, ma si sentiva vulnerabile. Aveva la sensazione che ci fosse qualcuno, lì con lui.

Rimase immobile, cercando inconsciamente di trattenere persino il respiro. Una specie di ritorno momentaneo all’infanzia, quando era certo che strane creature strisciassero nel buio della sua camera, e si tirava le coperte sulla testa per tenerle lontane. Solo che, questa volta, non si nascose sotto le coperte e i mostri della notte potevano essere più che reali.

Si sforzò di rilassarsi. Forse si era svegliato solo a causa di un sogno. A quel punto, sentì il suono, una specie di fruscio prolungato.

Annaspò nel buio, sorpreso e spaventato.

In realtà non era così buio.

Era immerso in una nebbia, non nell’oscurità completa.

Cercò a tentoni gli occhiali e, quando li infilò, si rese conto che dalla porta proveniva un vago chiarore.

Aveva spento tutte le luci prima di andare a dormire, di questo era sicuro. Controllare luci e gas era un’abitudine che faceva parte di lui e se c’era una cosa di cui non dubitava, era la sua meticolosità.

Quindi, se vedeva una luce, significava che qualcuno aveva acceso una luce. Non era stato solo un incubo non ricordato, il suo. C’era qualcosa, in casa sua. Qualcosa di materiale.

Questo era facile da affrontare. Prese la balestra appoggiata al tavolino e uscì dalla camera. Arrivato alla sommità della scala, poté guardare giù.

La luce accesa al piano inferiore era solo la piccola lampada sul tavolo della sala. L’illuminazione era scarsa, ma era sufficiente a riconoscere l’intruso.


Buffy.

Era seduta a gambe incrociate sul tavolo del soggiorno, con il volto chino e i capelli flosci che le ricadevano sul volto.

Stava giocherellando con quello che pareva uno straccio nero.


Giles scese le scale, incollerito.


Buffy voltò la testa nella sua direzione. Intanto, strappò un brandello dalla cosa che aveva in mano e lo gettò via.

Solo in quel momento Giles si accorse che c’erano brandelli di quella roba sparpagliati un po’ da tutte le parti.


Ecco cosa aveva prodotto il suono sentito prima. Era stata lei che faceva a pezzi quella cosa.


La rabbia che aveva provato nel vedere la ragazza scomparve.

Con cautela, perché non capiva di cosa si trattava, prese e subito lasciò uno di quei frammenti. Era pelle, morbida come quella di un capo d’abbigliamento.


Perché Buffy era entrata in casa sua, di notte?

Era forse una stupida forma di ripicca nei suoi confronti?


Fece qualche passo verso la ragazza e fu colpito dalla zaffata di un odore penetrante e fin troppo familiare.

Subito scordò la spiegazione che voleva esigere.

Accese la luce principale e lei sussultò e chiuse gli occhi per un attimo, abbagliata.

Indossava abiti neri, e tra quelli, la poca luce e la lontananza, Giles non aveva potuto accorgersi delle sue condizioni, ma, adesso, vedeva bene.

Buffy aveva petto e braccia ricoperti di sangue. E le mani… Anche quelle erano imbrattate di sangue semicoagulato.

Era nero quasi quanto gli abiti, con solo una sfumatura rosso violaceo dove era meno addensato, ma l’odore non lasciava nessun dubbio.


Sei ferita?” chiese allarmato.


No. Troppo scuro per essere sangue umano. Ma doveva sentirselo dire.


Buffy si guardò perplessa.

No… neanche un graffio…”

E quel sangue?”

Non è mio.” disse lei. Intanto, strappò un’altra striscia di pelle dalla cosa che teneva in mano.


Era una giacca. I resti di una giacca di pelle.

Strappava una giacca di pelle con le mani, apparentemente senza il minimo sforzo.


Buffy, che cosa hai fatto?”

Spero… qualcosa che serva.”


Giles non riusciva a smettere di fissarle le mani, dove il sangue si era rappreso in grumi ai bordi e sotto le unghie.

Lei sembrava non farci caso. Continuava solo a giocare con i resti della giacca.


Avrebbe dovuto tirarla su ed esigere una spiegazione sul perché era qui, in casa sua, senza permesso. Sarebbe stata quella la reazione più ovvia.

Ma ora era davvero spaventato, molto più spaventato di quanto lo era stato prima, quando non sapeva chi fosse entrato in casa sua.


Servire a cosa?”


Buffy lo guardò stolidamente, aggrottando la fronte, come se non capisse bene il motivo della domanda, poi indicò con un gesto della testa la balestra carica che lui teneva ancora in mano.

A disagio, Giles la disarmò e la posò a terra, quindi si avvicinò ancora a lei e fu investito in pieno dalla puzza nauseante di sangue.

(Fai schifo, Buffy)

Ma non poteva dirglielo. Aveva l’impressione che in quel momento gli avrebbe riservato lo stesso trattamento di quel pezzo di pelle.

Però lei ora lo fissava

Stava respirando a brevi ansiti rapidi e affannosi.

Sembrava stare male. Giles allungò una mano per toccarle la fronte, ma si fermò prima di farlo.

Temeva che in quel momento non sarebbe stata una cosa prudente, toccarla. Non sapeva neanche se avrebbe avuto lo stomaco di fare una cosa simile. Gli veniva da vomitare solo a guardarla. Toccarla… no, quello era impossibile.


Buffy, che cosa hai fatto?”

Spero di avere risolto il problema di tutti questi attacchi.” mormorò lei in tono paziente.


Persino i capelli erano sporchi. Le punte si erano arricciate e irrigidite per il sangue secco.

Ma anche le dita di Giles erano macchiate. Il pezzo di pelle che aveva toccato… era stato quello.


Hai preso Spike?”

Buffy scosse la testa.

Ho ucciso Drusilla.”


Per un attimo, Giles provò una vera e propria repulsione per la ragazza.

Eppure, non era la prima volta che faceva cose simili. Ogni tanto Buffy si accaniva senza necessità sulle sue vittime.

Inizialmente, aveva cercato di modificare questi suoi eccessi, ma si era accorto che accadeva solo quando era troppo nervosa, e, se glielo impediva, lei finiva per compensare con scatti d’ira rabbiosa diretti verso chiunque le stesse intorno, quindi aveva preferito lasciare perdere.

Probabilmente questa volta non era stata diversa dalle altre. Buffy era incollerita a causa degli eventi dei giorni scorsi e, probabilmente, ancora sofferente, e si era sfogata con la caccia.


Sarai stanca…” le disse, cercando di mantenere un tono rilassato.


Lei lo fissava con quegli occhi troppo lucidi e fissi, con un’espressione che Giles non le aveva mai visto e che non riusciva assolutamente a decifrare. Avrebbe potuto essere sul punto di attaccarlo o di svenire. Lui non lo sapeva proprio.

Dopo qualche istante, la ragazza annuì svogliatamente.


Si… certo. Adesso vado a casa.”

No… E’ pericoloso avventurarsi per le strade in quello stato.”

Buffy sorrise.

Non credo che i vampiri mi attaccheranno. Questa notte hanno altro a cui pensare.”

Giles si sentì a disagio, a quelle parole, ma non chiese nulla. Avrebbe dovuto chiedere. Era suo compito chiedere e sapere

Ci sono le altre cose.” disse invece “Resti qui!”


Quello sembrò scuotere Buffy dalla sua apatia, o qualsiasi strano stato d’animo in cui si trovava, anche se per un solo istante.

Era la prima volta che le dava un ordine così diretto. Non ‘dovresti’ o ‘sarebbe meglio’. Un imperativo.


Ho un camera per gli ospiti. Hai bisogno di fare un bagno. Io intanto ti preparo il letto.”


Lei annuì di nuovo, e scese dal tavolo, lasciando giù la giacca di pelle.

Si… Si, hai ragione.”


Giles non guardava realmente il volto della donna. Non poteva vedere le pupille contratte all’inverosimile, nonostante l’illuminazione ridotta.

Buffy lo seguì docilmente al piano superiore e lasciò che le mettesse in mano degli asciugamani puliti e alcuni degli abiti che lei, così come gli altri ragazzi, teneva in casa sua come ricambio d’emergenza.


L’Osservatore aspettò che la ragazza si chiudesse nel bagno, quindi discese nuovamente in sala.

Spostò con un piede la giacca di pelle lacerata e rabbrividì.


Come un gatto che portava le prede al padrone.

Si sentì sollevato al pensare che, fortunatamente, i vampiri morti si incenerivano.


Andò a prendere un sacco dell’immondizia e gettò via tutti i pezzi di pelle, prima di tornare nella stanza degli ospiti per cercare di renderla agibile.

Era solo una cameretta dall’arredamento rimediato. Un letto che altro non era se non una rete con un materasso e qualche mobile, resti di arredamenti precedenti. E un po’ di polvere.

D’altra parte, lui non aveva l’abitudine di ospitare gente in casa sua.


L’uomo aveva preparato il letto, quando si voltò e la vide sulla porta. Non sapeva da quanto era lì.

Aveva addosso gli abiti di scorta e, per la prima volta dopo anni, Giles si permise di guardarla con attenzione. Guardare lei, non la Cacciatrice.

Buffy non era cambiata molto.

A diciannove anni, era cresciuta solo di qualche centimetro da quando l’aveva vista la prima volta. Non era in grado di quantificare con esattezza la sua taglia, ma dubitava che superasse il metro e sessanta.

Il corpo aveva perso quasi completamente la morbidezza dell’infanzia. Era magra e muscolosa come una ginnasta, il seno piatto, le natiche appena accennate, ma, come molta gente bassa, aveva arti non molto allungati che la facevano sembrare più robusta di quanto non fosse in realtà. La pelle olivastra sembrava perennemente abbronzata, e quello era un tratto comune a gran parte delle potenziali Cacciatrici che aveva incontrato, anche se lei non si esponeva mai al Sole e certe volte sembrava provare fastidio anche a uscire durante il giorno. Occhi dalle palpebre un po’ pesanti, un po’ piegati all’ingiù. E un volto bambinesco che riusciva a diventare sinistro, proprio come quello di una bambina capace di strappare le ali agli insetti.

Obiettivamente, non era bella. Graziosa. Certo non brutta.

In quel momento, gli sembrava di trovarsi di fronte uno scorpione.


Buffy sembrò percepire la sua repulsione. Fece uno strano movimento con la testa, come per ascoltare meglio un suono che aveva appena percepito e che aveva attratto la sua attenzione.


C’è qualcosa che non va?”


Qualcosa non andava?

No. Certo che no. Andava tutto bene.

A parte essere entrata di soppiatto in casa sua, in piena notte.

A parte essere qui venuta coperta di sangue come qualche assurda abominazione da film splatter.

A parte sembrare a pieno titolo una degli abitanti, i veri abitanti, di Sunnydale.


No… niente.”


Buffy non disse nulla. Rimase solo sulla soglia della porta, a guardarlo fissamente.


Giles trovò insopportabile quel silenzio. Anche più della surreale conversazione di prima.

Conversazione… Uno scambio di monosillabi, più che altro. Ma, onestamente, non sapeva che dire.


Sono solo stanco.” mormorò “Prima mi hai svegliato. Tutto qui. Io non sono giovane come te.”

Perché fa così?”

Io non sto facendo niente.”


Buffy non lo stava ascoltando e lui stesso si rendeva conto che le sue erano parole insensate. Poteva dire quello che voleva. Buffy si sarebbe accorta del suo stato d’animo. Lui non riusciva a definirlo, ma lei sembrava capirlo benissimo.


Giles si tolse gli occhiali e strinse lievemente fra pollice e indice la radice del naso, quella sella ossea che recava ormai indelebile il segno delle lenti.


E’ meglio se non diciamo agli altri quello che hai fatto.”

Perché?

Loro non capirebbero.”

Buffy sorrise appena.

Oh, Cordelia capirebbe benissimo.” Buffy scrollò le spalle, imitando un gesto che Cordelia faceva spesso “Se una cosa funziona, per lei va bene. Xander non ci penserebbe neppure. Non gli importerebbe niente di capire. Vorrebbe solo essere stato presente.”

E Willow?”


Buffy sgranò lievemente gli occhi.


Willow capirebbe?” le chiese di nuovo.


La ragazza sembrò quasi ritrarsi in sé stessa.


Ho fatto quello che voleva.”


Lei si era messa in difesa. Stava cercando di giustificarsi. Ora se ne rendeva conto


Buffy… Io non lo so cosa hai fatto.”


La Cacciatrice lo guardò con un freddo sguardo indagatore.


Non mi ha chiesto niente.”

Ora è tardi.”


Decisamente troppo tardi.

Ma lasciarla uscire in quelle condizioni era davvero troppo pericoloso e accompagnarla a casa voleva dire affrontare Joyce…


Uccidere Drusilla è stato per Spike, poi ne ho lasciato uno per gli altri. Il sangue era suo. Non l’ho ucciso, gli ho cavato gli occhi. Da quello non possono riprendersi. Quando i suoi familiari lo troveranno, dovranno ucciderlo con le loro mani, perché la sola alternativa che hanno è lasciarlo vivere come un invalido e questo non lo faranno mai.”


Sembrava fissarlo negli occhi, ma non era così. Gli occhi erano solo il punto dove il suo sguardo si focalizzava, ma lei era concentrata su qualcosa al di là degli occhi.

Ora non c’erano più tracce di sangue su di lei, eppure continuava a sentirle addosso quello strano odore. Immaginazione, senz’altro. Non poteva sentire l’odore di qualcosa che non c’era più. Lui era solo umano.


Tu capisci?” chiese la giovane.

Si… Io ti capisco. Ma non lo diciamo agli altri…”


Buffy lo stava baciando, prima ancora che si accorgesse che si era mossa. E lui ricambiava.

Lei gli aveva passato una mano dietro la nuca per abbassargli la testa perché fosse alla sua altezza, e lo teneva fermo con una forza che gli avrebbe impedito qualsiasi movimento, se anche si fosse opposto. Ma non si stava opponendo affatto.

Era stato preso di sorpresa e, forse, c’era stato il tempo per qualche confuso e caotico pensiero, ma persino per uno come lui non era facile mettersi a riflettere, con la ragazza che gli si sfregava addosso e la sua lingua in bocca.

C’era un sapore strano dove il labbro era ferito. Insistette a tormentare quel punto e lei sussultò, tirandosi lievemente indietro. Subito Giles la strinse per impedirle di allontanarsi, nella risposta riflessa a quello che aveva interpretato come un tentativo di sfuggirgli.

Già il suo corpo esisteva in un momento successivo al presente, e aveva acquisito una volontà autonoma, ben superiore a quella che di, solito, governava la sua vita.


* * *



Giles aveva voluto spegnere tutte le luci.

Buffy si chiese se l’uomo lo avesse fatto perché effettivamente preferiva il buio, per non vedere, o per non farsi vedere.

Se era quest’ultima l’ipotesi giusta, aveva sbagliato sistema.

Lei aveva un’ottima visione notturna. Non paragonabile a quella di vampiri, felini o rapaci notturni, ma molto buona. In effetti, le condizioni di luce in cui si trovava più a suo agio erano quelle del crepuscolo. Ora, le luci provenienti dai segnali di stand-by della tv e del videoregistratore (e chissà da quando Giles aveva scoperto l’esistenza dei videoregistratori), e il riflesso dei lampioni che filtrava attraverso le tende dall’esterno, le fornivano una quantità di luce più che sufficiente.

Quasi come se fosse giorno, ma più confortevole.


Giles non dormiva. Non si muoveva, ma era sveglio. Il ritmo respiratorio non era di chi dormiva.

Una novità. I suoi compagni di letto, almeno quelli umani, si addormentavano sempre.

Nemmeno lei si era addormentata, ma questo era normale. Non era più riuscita a addormentarsi accanto a nessuno, dopo Angel.


Appoggiò una mano al torace dell’uomo. Lui ancora non si mosse, ma il cuore accelerò un poco.


Era strano, il corpo nudo di Giles. Diverso da tutti quelli che aveva visto e toccato. Era diversa la grana della pelle ed era come se tra essa e i muscoli mancasse qualcosa, uno strato di sostegno, che forse si era prosciugato con gli anni. E i muscoli mancavano di densità.

I suoi amanti erano sempre stati giovani o, comunque, con corpi di inalterabile giovinezza. In realtà, non aveva mai toccato in modo prolungato un uomo, un umano, che non fosse giovane. Mai una sola volta. I suoi genitori, sì, ma, per qualche inesplicabile ragione, loro non sembrava invecchiare e la loro carne era consistente quasi quanto quella di un giovane. Qualche volta aveva avuto altri contatti, ma troppo brevi e in situazioni tali da non lasciarle alcun ricordo.


Che strano. Conosceva la sensazione che dava l’epidermide di innumerevoli esseri diversi. Pelle coperta di piume, pelo, scaglie, squame, di strati cornei, corteccia. La pelle serica e fredda dei vampiri e quella ruvida e grinzosa di una quantità di demoni. Pelle asciutta o stillante umore. Pelle soda o flaccida o vischiosa…

Eppure, di tutte, la più aliena era la pelle dei suoi stessi simili.

E la sua.

Calda e scura e lievemente umida come quella umana, ma morbida e compatta e inumanamente liscia, tesa su carne solida, con mani incongruentemente privi di callosità. Come la ‘loro’.


Era stata stupida a venire qui. Avrebbe dovuto tacere tutta la faccenda, far finta di nulla.

Adesso doveva trovare una spiegazione credibile per quello che aveva fatto. Per come e dove lo aveva fatto.

Non voleva dire che conosceva l’abitazione di Angel, ma non era pensabile che Giles non indagasse sull’accaduto.


Lui non aveva chiesto nulla, non con l’insistenza e la meticolosità delle altre volte. Anzi, sembrava non volere neppure ascoltare quel poco che gli aveva detto.

Aveva paura.

Aveva paura… di quello che aveva fatto? Di quello che poteva fare?

Aveva paura di lei?


Era una cosa nuova, quella. Importante. La paura era sempre importante.


Nella casa, di fronte al vampiro ferito, aveva esitato, finché la paura di lui non l’aveva fatta agire.

Possibile che agisse automaticamente in risposta a un impulso così elementare? Quello era preoccupante, perché significava che la paura di chi le stava di fronte la controllava.

Una specie di imperativo mentale. Attacca chi ha paura.

Aveva attaccato anche Giles. In modo diverso, ma era stato un attacco.

L’Osservatore aveva paura di lei, della sua stessa presenza. Allora, non aveva visto nulla di meglio per nutrire quella paura che imporgli la sua presenza nel modo più prepotente.

Non era stato difficile. Giles era attratto da lei.


Un Osservatore attratto da una Cacciatrice, qualcuno (qualcosa?) verso cui serbare sempre il più rigoroso controllo.

Ma Giles non aveva idea di cosa fosse il controllo. Quello che lui considerava controllo si era dissolto in un istante, per una cosa simile, poi.

Non era controllo, il suo. In quel momento lo aveva capito. Era ancora paura. Paura di agire.

Se avesse avuto controllo, non avrebbe ceduto.

Se non avesse avuto paura, non avrebbe avuto bisogno di un controllo che non possedeva.

Non solo Giles non sapeva tutto. Non era neanche inattaccabile.


Lei forse perdeva il controllo quando percepiva la paura nel nemico (Giles, un nemico?) ma lui aveva semplicemente perso sé stesso.


Ma era lei che doveva avere paura di Giles. L’inverso non era previsto.

Prima o poi, anche l’Osservatore se ne sarebbe reso conto. La paura aveva cambiato il loro equilibrio, ma la paura sarebbe passata e lui avrebbe fatto domande, domande a cui non voleva rispondere.


Non avrebbe detto che aveva fatto irruzione nel palazzo. Giles e gli altri non sapevano dove si trovava e non lo avrebbero saputo. Non da lei. Mai.

Giles aveva saputo della vecchia fabbrica e, nonostante ciò, non aveva fatto nulla, ma il pericolo era troppo grande. Inutile rischiare.

Il palazzo e i suoi abitanti appartenevano a lei. Nessuno altro poteva toccarli.

Nemmeno si rese conto che, seppur per un attimo, aveva pensato che avrebbe ucciso chiunque si fosse azzardato a farlo.


Si alzò dal letto.

L’uomo sussultò quando lei si mosse, ma non fece altro. Buffy lo ignorò, sicura che non l’avrebbe fermata né seguita, e scese nel soggiorno.

Il divano era abbastanza grande per lei. Ci si raggomitolò e chiuse gli occhi, rilassandosi di sollievo. Per una volta, aveva realmente sonno.


In quello Giles aveva avuto ragione, anche se per poco non gli aveva riso in faccia, nel sentirlo.

Stanca…

Aveva fatto a pezzi qualcuno, alla lettera, e tutto quello che sapeva suggerirle lui era di farsi una bella dormita. E magari anche una buona colazione.


Chissà perché la finestra che dava all’esterno era sbarrata. Come se Drusilla fosse stata prigioniera.

Forse era davvero così. Forse la donna aveva fatto qualcosa per cui era stata imprigionata e condannata a lasciata a morire di fame. Era uno scheletro.

Però la porta d’ingresso era aperta, i due non l’avevano sfondata per entrare. E, francamente, non riusciva a immaginarsi Angel o Spike fare una cosa del genere proprio a Drusilla.


Malata…

La vampira le era sembrata malata.

Che era debole, lo aveva saputo, ma non si era mai soffermata a pensarci. In fin dei conti, Drusilla era debole anche quando era arrivata a Sunnydale.

Ma, ora, la cosa la disturbarla. Non aveva smesso di tormentarla dal momento in cui l’aveva vista.

C’era qualcosa di… scorretto, in questo.


Appena prima di addormentarsi, per un istante, ebbe in mente l’immagine di una snella e pallida mano maschile, una ferita che avrebbe dovuto essere insignificante, ma che non si rimarginava.

Però il ricordo si era presentato nel momento stesso in cui lei stava per cadere nel sonno. Il momento più sbagliato, perché fu subito perso nei recessi del sonnolenza, prima di essere realmente considerato.

Ignorata, l’immagine tornò a riposare negli abissi nella sua mente, dove rimase dormiente, in paziente attesa di essere ridestata e riconosciuta per i suoi impliciti.

Quando, alla fine, questo accadde, erano passati anni e il ricordo era diventato solo un’ulteriore prova di fatti ormai scontati.



VIII

January 7 2006, 7:11 PM




La donna si fermò ansimando.

Era quasi arrivata sulla cima della collina, ma gli ultimi metri erano sempre i più difficili. Non aveva più fiato e le dolevano tutti i muscoli.

Cercò di equilibrarsi al meglio e di non scivolare sulle pietre taglienti, e rimase immobile, sforzandosi di non respirare troppo affannosamente l’aria gelida e sottile.

Le ci volle quasi mezz’ora per riprendersi a sufficienza da arrivare alla vetta. Poi bastò un breve cammino su un terreno quasi pianeggiante e finalmente raggiunse la parete dell’altura che cadeva a picco sul mare.

Si sedette sul bordo dello strapiombo, rimirando l’oceano sotto di lei, e distese le ali membranose.


Ogni volta che veniva qui provava il desiderio di lasciarsi cadere dal precipizio.

Lanciarsi in quel vuoto, spiegare le ali e scoprire se erano di nuovo qualcosa di più di un pesante fardello. Se le correnti ascensionali le avrebbero fornito una spinta verticale sufficiente, se la portanza l’avrebbe sostenuta.

Ma l’atmosfera era troppo rarefatta e la gravità troppo elevata per permetterle il volo.

Quindi veniva qui, nonostante la fatica che comportava muoversi in quest’aria così povera d’ossigeno e con questo peso schiacciante, si affacciava sul crinale e desiderava lanciarsi e volare ancora, fosse anche solo per quel breve volo che la separava dal mare.

Probabilmente, una notte o l’altra lo avrebbe fatto.

Di sicuro a casa non sarebbe mai tornata e non poteva andare da nessun altra parte.


Questo punto era il confine. Le sarebbe bastato scendere il versante opposto a quello da cui era arrivata e avrebbe abbandonato la valle, entrando nel mondo esterno.

Ma pensare di andarsene era solo una fantasia. Al di fuori, sarebbe morta al primo incontro con uno degli abitanti del pianeta.


Però continuava a venire qui, sul confine dell’abisso. Il confine di due diversi abissi, a nessuno dei quali poteva sopravvivere.

Fletté lievemente le ali e quel semplice movimento esaurì le sue forze.


Non aveva mai provato prima l’impulso di farsi del male.

Non aveva mai neppure concepito la possibilità di compiere un’azione che procurasse dolore, o danno, neppure nel modo più lieve.


Questo mondo la infettava con la sua ferocia.

Questo mondo era una trappola mortale. Una trappola che non smetteva mai di fare vittime.

Anche ora, da qui, sentiva la trappola serrare i suoi denti per stritolare un nuovo malcapitato.


Lei era già nell’abisso e la sola cosa a cui riusciva a pensare era volare di nuovo


* * * * * * *




Buffy fissò distrattamente la serie di daghe e coltelli esposti sul tavolo davanti a lei. Giles sembrava tenere a quelle cose almeno quanto teneva ai suoi libri, ma al fine pratico erano tutte inutilizzabili. Mal bilanciate, a filo ottuso, di metallo troppo tenero… qualcuno persino ossidata, nonostante le cure.

Quanto a lei, li aveva presi senza una vera ragione e, adesso, non sapeva bene cosa farne.


All’Osservatore non erano servite spiegazioni complicate. Ne era stato compiaciuto. Rassicurato, anzi. Era la conferma alle sue teorie.

Lui stesso aveva formulato la spiegazione che cercava. La sola che avrebbe accettato.

Lei aveva ucciso Drusilla e inferto così un colpo mortale a Spike. Costui era scomparso a sua volta e senza Spike e Drusilla il gruppo si era disgregato.


Sebbene Giles si rifiutasse di riconoscere ai vampiri una complessità emotiva e di relazione paragonabili a quelle umane, non aveva difficoltà a credere Spike sconvolto per la fine della compagna.

Non era necessario fargli notare che, se lui avesse avuto davvero ragione, Spike se ne sarebbe infischiato della morte di Drusilla e non sarebbe cambiato nulla.


Non era neppure necessario fargli notare che se la stragrande maggioranza dei vampiri fossero stati realmente solo macchine inconsapevoli agli ordini dei pochi individui capaci di pensiero, il gruppo nel suo insieme non sarebbe stato colpito dalla mancanza di Spike e Drusilla, visto che Angel era ricomparso subito dopo l’irruzione, senza neppure lasciar passare qualche giorno.

A pensarci bene, anche questo ragionamento era paradossalmente minato alla base, visto che Giles dava una connotazione morale a quello che i vampiri facevano. Ma come incolpare qualcosa privo di volontà? Non avrebbe avuto più senso che incolpare una forbice di tagliare se le lame venivano chiuse.


Qualche volta, Giles era davvero un tipo strano.


Era sempre stato capace di vedere le cose solo dal suo punto di vista. Nulla di strano in questo. In fondo lo facevano tutti. Ma l’Osservatore sembrava del tutto incapace persino di considerare la possibilità di altri punti di vista.


(Ottuso?)


Non le piaceva quel pensiero, perché voleva bene a Giles ed era sicura che fosse sinceramente ricambiata. Ma era lei, l’ottusa, se pensava che l’affetto personale avesse qualcosa a che fare con un tratto caratteriale. Era peggio che ottusa, se si rifiutava di considerare qualcosa solo per affetto personale.

Doveva valutare la possibilità che l’uomo fosse realmente e seriamente limitato.

In realtà, non aveva motivo di credere altrimenti. Giles non aveva mai dato prova di particolari capacità intellettive, eccetto una sorta di memoria eidetica selettiva e frammentata, e questo non aveva nulla a che fare con l’intelligenza.


Lui si era convinto che il suo mondo fosse fatto in un certo modo e non aveva importanza quante dimostrazioni aveva a provare il contrario. Non avrebbe cambiato idea. Probabilmente non ne era in grado.

Se questo valeva per una cosa, poteva valere per tutto. Poteva essere solo l’espressione di un problema (Ottusità?!) fondamentale di Giles.

L’incapacità di seguire coerentemente le conseguenze delle sue stesse idee.


Ma erano particolari che non avevano bisogno di essere messi sotto gli occhi dell’Osservatore. In fin dei conti, avrebbe potuto benissimo pensarci da solo.

Poi, stasera aveva altro da fare con lui.


* * *



Da diversi minuti, Giles osservava attentamente Buffy.


La ragazza stava studiando alcune delle armi che lui aveva in casa, una serie di lame di media lunghezza. Sembrava del tutto concentrata in quello che faceva, mentre osservava le armi, le soppesava, le posava di nuovo sul tavolo.

Le aveva prese senza chiedere alcun permesso.

Da un po’, Buffy si comportava come se la casa di Giles e tutto quello che conteneva appartenesse a lei.

Se n’era accorto solo con la sua ultima azione, quando era entrata in casa in piena notte, ma, a ben pensarci, era un comportamento iniziato molto tempo prima.


L’uomo sospirò.

Una settimana. Era passata una settimana. Anzi, otto giorni esatti questa sera. E lui non aveva avuto ancora il coraggio di parlare. Chiarire che quello era stato un evento eccezionale. Qualcosa che non si sarebbe mai ripetuto.


Aveva vagamente sperato che per lei significasse qualcosa di importante. Aveva sperato che formasse un legame più solido di quello che avesse avuto finora, ma sembrava che per Buffy la cosa avesse avuto un’importanza molto relativa. Tanto relativa che non ne aveva neppure accennato. Trattandosi di Buffy, non poteva essere a causa di paura o imbarazzo.

Nel suo caso, invece…

Assurdo che si sentisse intimorito di fronte a una ragazza con quarant’anni di meno.

Non era un ragazzino inesperto. Poteva anche recitare la parte del timido bibliotecario, così come Buffy poteva recitare la parte della biondina svampita. Identità fasulle entrambe. Comode e fasulle.

Però non aveva il coraggio.

Cominciava a dubitare che lo avrebbe mai trovato, il coraggio.


E, in fondo, Buffy non aveva cercato di sedurlo e non aveva giocato. Aveva solo risposto a qualcosa che ci si aspettava da lei, come sempre.

Era sua, quindi, la colpa.


Buffy sembrò finalmente scuotersi e cominciò a rimettere a posto tutte le armi tirate fuori.


Giles cominciava ad anelare al momento in cui la scuola sarebbe stata riaperta e loro avrebbero potuto ricominciare a incontrarsi in biblioteca.

Perlomeno non doveva preoccuparsi particolarmente di attirare l’attenzione dei vicini e della comunità. La sola cosa buona del vivere a Sunnydale. In qualsiasi altro luogo al mondo, probabilmente l’avere in casa ragazzi così giovani di sera o a notte fonda gli avrebbe causato problemi.


Buffy finì di rimettere a posto le armi, quindi si appoggiò alla scrivania, di fronte a lui.


Vuoi uscire con me, stanotte?” gli chiese.


Questo lo stupì.

Non gli aveva mai chiesto di accompagnarla nella caccia.

Talvolta lui lo faceva di sua volontà, e in quei casi Buffy non aveva mai fatto nulla per fermarlo, ma neppure gli aveva mai chiesto di andare.


Come mai questa richiesta?”

Lei gli sorrise.

Ho una meta precisa.”

Cioè?”

Due demoni.”

Individui problematici?”

Naturalmente sì. Attaccano esseri umani.”

Quando è successo?”

Io li ho scoperti qualche settimana prima di essere ferita.”


Giles rimase inebetito.


Sai tutta la gente che viene ricoverata per aggressioni da parte di animali o di sconosciuti?” continuò allegramente Buffy “Ecco, questi due sono responsabili di qualcuna di queste aggressioni. Magari va avanti da parecchio, ma non credo. Non li avevo mai visti prima.”


La notizia arrivava inaspettata.

Non si illudeva che riuscissero sempre a trovare ed eliminare il responsabile di ogni attacco e ferimento e uccisione fatta a danno della popolazione. Della maggior parte di esse, il colpevole restava sconosciuto.

Quel che era strano era che Buffy avesse risolto uno dei tanti ‘casi’ e che non si fosse premurata di avvertirlo.


Non me lo hai detto…”

Me ne sono dimenticata. Tanto non ho avuto il tempo di occuparmene con tutto il casino, con tutto il casino che c’è stato. Poi sono anche stata ferita e tu stesso mi avevi detto di riposare. Adesso mi sento in forza e i vampiri si sono dati una calmata, quindi ho tempo di occuparmi anche di questi. Ora, vuoi venire con me?”


Logico. Molto logico e ragionevole. Bisognava dare la giusta priorità ai casi.

Ma in questi otto giorni l’attività dei vampiri era diminuita drasticamente, ben al di sotto dei livelli di guardia, e lei poteva dedicarsi anche di quello che aveva dovuto trascurare.


Che cosa sono?”

Non lo so. Non ho idea di come si chiamino. Ho dato un’occhiata ai tuoi libri, ma non li ho trovati. Forse non sono niente di tanto importante da meritare un’annotazione.”


Questa era un’altra cosa strana. Che lei non gli avesse chiesto di consultare i suoi libri (Suoi! Non di Buffy, per quanto una volta adulta non le avesse mai impedito di accedervi).


E allora come mai vai così diretta?”

Non essere compresi nell’elenco degli Osservatori non significa che non siano pericolosi. Ci sono cose che gli Osservatori non hanno mai visto, quindi non possono averle documentate. Questi due non hanno ancora ucciso nessuno, a quanto ne so, però hanno ferito diverse persone e credo proprio sia solo questione di tempo.”

Vuoi scontrarti con qualcosa di cui non sai nulla?”

Non ho detto che non so nulla di loro. Non vado alla cieca, Rupert. Vogliamo passare qualche notte e approfondire la ricerca? Tanto anche sapere il loro nome non cambierà niente, tu non sai mai dove si trova quello che serve e comunque tutto si riduce sempre a un sistema. Io e una mazza ferrata.”


Lui stava diventando inutile, privo di scopo.

L’Osservatore doveva guidare la Cacciatrice… però Buffy era molto più efficiente quando lavorava da sola, più capace strategicamente.

Lui stava perdendo la sua funzione.

Peggio. Stava cominciando a capire che la sua presenza costituiva un ostacolo a Buffy. Se solo lo avesse capito lei…


La ragazza prese un elastico che teneva intorno a un polso e si legò i capelli, sbuffando innervosita quando non riuscì a fermare alcune ciocche.


Mi hai detto di dirti quello che faccio. Okay, te l’ho detto. Vuoi venire con me per accertarti che non mi faccia male?”

Se vuoi…” mormorò Giles, perplesso. Buffy stava insistendo troppo.

Sì, voglio. Non te lo avrei detto, altrimenti.”

Sai dove trovarli?”

Sì. Altrimenti non sarei così diretta, non ti pare? Sono diurni e a quest’ora dovrebbero essere a casa.”


* * *



Non l’avrebbe più accompagnata.


Aveva visto in che stato era ridotta quando, solo poche notti prima, era arrivata a casa sua. Aveva sentito quello che lei gli aveva detto e non aveva chiesto particolari. Per una volta, chiedere particolari e rapporti non gli sembrava doveroso. Gli sembrava morboso.


Ma niente poteva prepararlo alla vista di una ragazza diciannovenne, quella stessa ragazza diciannovenne che appena prima di uscire si era attardata perché non riusciva a legarsi i capelli con un elastico, che immobilizzava quello che sembrava un suo coetaneo e con tutta calma lo decapitava di fronte alla madre con la schiena spezzata, impotente.


Questi due demoni non erano vampiri, ma condividevano con essi una caratteristica. Appartenevano di una specie fin troppo umanoide.

Avevano strani occhi, con pupille che tagliavano orizzontalmente iridi di un azzurro chiaro e luminoso come quello dei cani da slitta, e le proporzioni fisiche non erano esattamente umane.

Ma Giles non vedeva i loro occhi e le loro proporzioni.

Se almeno Buffy avesse scelto qualcosa di forma e aspetto meno umano, non sarebbe stato così brutto. Qualcosa con scaglie e corna.

Qualcosa dal sangue meno rosso, qualcosa di muto.


Alla fine aveva ucciso lui la donna, prima che potesse vedere la fine del ragazzo.

Si era vergognato della debolezza mostrata di fronte a Buffy, ma lei non sembrava averci fatto caso. Non lo aveva fermato, non lo aveva neppure guardato.


Buffy non era sadica. Quello che faceva aveva una ben precisa ragione. Una volta ottenuto il suo scopo, non si interessava d’altro.

Ridotti i vampiri a più miti consigli, ora stava lasciando avvertimenti per il resto della comunità demoniaca. Anche questo era logico.

Ma lui non l’avrebbe più accompagnata. Di questo era sicuro.



* * * * * * *



Il continente era coperto da un intricato dedalo di corsi d’acqua.

Poco per volta, i canali si allargavano, i lembi di terra fra l’uno e l’altro diventavano isole e il continente si sgranava in un arcipelago in un caldo, basso mare grigio, dalle acque come specchi che riflettevano il cielo di madreperla.


Un’imbarcazione dal fondo piatto discendeva uno dei fiumi. Colui che la governava aveva iniziato il viaggio molto tempo prima, e su quei fiumi aveva visto alternarsi tutte le stagioni.


Era un viaggio che prima o poi quasi tutti compivano nella loro vita e anelava dal desiderio di raggiungere la meta. E diventava sempre più complicato perché, avvicinandosi al mare, si moltiplicavano i punti di contatto fra i canali, i fiumi diventavano solo maglie di una fitta rete. Occorreva studiare con attenzione la rotta, attento a non imboccare un canale sbagliato, uno che, forse, avrebbe potuto portarlo in uno stagno cieco. O allungargli il viaggio. O, peggio di tutto, portarlo a contatto con altra gente.


Mise la prora al vento e lascò le vele composite, lasciandole sventagliare. Non appena la barca fu ferma, gettò l’ormeggio e disarmò. Saltò nell’acqua bassa e camminò sino alla riva del canale, ricoperta da lunghe erbe.

Qui si sarebbe riposato e sfamato e avrebbe studiato la prossima tappa del viaggio.

Il mare era ancora lontano. Lontanissimo.




* * * * * * * * * * * * * * *




P.S. L’idea che Giles non sappia mai con precisione dove si trova la notizia che gli serve è di Silea. Per essere esatti la faccenda era ‘lui sa sempre che c'è scritto qualcosa in proposito, ma non ricorda mai cosa né dove.’ D

Silea, scusa per la citazione, ma è troppo bella e vera per non usarla.


IX

January 15 2006, 3:31 PM




I vampiri non erano corridori.

Erano veloci, velocissimi, ma solo su distanze piuttosto brevi. Brevi per Buffy, almeno, visto che, con ogni probabilità, avrebbero sfiancato anche un fondista.

A tutta la loro velocità e forza non corrispondeva un’uguale resistenza.

Avevano un punto di rottura improvviso. Non si stancavano in modo graduale. Potevano sostenere sforzi fisici estremi senza mostrare nessun apprezzabile indebolimento, poi, improvvisamente, crollavano come se esaurissero le riserve energetiche.


In genere cercavano di sfuggirle mescolandosi fra la folla, arrampicandosi sugli edifici o usando espedienti simili. Nei grandi spazi aperti erano svantaggiati.

Questo si era fatto sorprendere in una zona residenziale di villette sparse tra i parchi, e ora scontava il suo errore. Era fuggito, ritrovandosi in campo anche più aperto, dove lei era riuscita a tenerlo in vista e inseguirlo fino a farlo collassare.

Il combattimento seguito era stato brevissimo. La creatura era troppo stanca per difendersi validamente ed era caduto subito.

Ora, tutto quello che doveva fare era finirlo. Alzò il paletto.


Buffy!”


Lei si fermò prima di sferrare il colpo mortale, sbalordita.

Angel la fissava, a diverse decine di metri di distanza.


Aveva un bambino fra le mani. Lo stringeva a sé tenendogli un braccio intorno alla vita e alla braccia immobilizzate lungo i fianchi. Il ragazzino era vivo. Teneva la testa eretta, ma era incongruentemente silenzioso e immobile. Con ogni probabilità era sotto shock.

Buffy non avrebbe mai smesso di stupirsi per la stupidità degli abitanti di Sunnydale. Non solo restavano a viverci, ma c’era sempre qualcuno che lasciava i propri figli piccoli fuori casa. Il modo migliore di invitare a cena ospiti indesiderati.


I vampiri avevano l’abitudine di cercare un luogo sicuro per nutrirsi. Quelli che non lo facevano, a volte erano obbligati ad abbandonare la preda a esseri più forti o numerosi.

Angel doveva avere deciso che questa specie di steppa era il posto adatto per mangiare senza essere disturbato, dove non c’era la possibilità di avvicinarlo di sorpresa.


però lei era stata presa di sorpresa. Erano in mezzo ad una specie di prateria, senza niente dove nascondersi, eppure era riuscito ad avvicinarla senza che lei se ne accorgesse…


Ma per quale motivo si era mostrato invece di approfittarne per andarsene via con la sua cena, non lo capiva.

Le azioni di Angel erano, nel migliore dei casi, imprevedibili. Sperò che non avesse voglia di trascinarla in uno dei suoi giochi. Comunque, ignorarlo era una scelta impossibile.


E c’era ancora l’altro vampiro. Si stava riprendendo rapidamente e lei doveva ucciderlo.

Nel momento stesso in cui la sua attenzione abbandonò Angel, sentì un rumore, come uno schiocco, e uno strillo acuto.

Si girò allarmata. Angel aveva spezzato un braccio del ragazzo.


Giochi con i bambini?” chiese Buffy precipitosamente.

Siamo in due. Lascialo andare.”


Per un attimo, la giovane fu certa di non avere capito bene. Oppure che lui stesse scherzando. Non poteva credere che intendesse davvero una cosa simile.


Se lo uccidi, io uccido lui.” disse Angel, eliminando ogni possibilità di fraintendimento.


Non stava scherzando per niente, e non stava lasciando spazio a nessuna trattativa.

Automaticamente, Buffy afferrò più saldamente il suo prigioniero.


Il pianto disperato del bambino si interruppe con uno strano grido gorgogliate.

Angel si era messo a stringere la presa intorno al torace del piccolo, che adesso boccheggiava per riuscire a respirare.


Buffy, ci devi pensare?”


Passò la mano libera sul volto del ragazzino, come se lo carezzasse, e sotto le sue dita sgorgò subito del sangue. Non molto, ma abbastanza da cominciare a gocciolare a terra.


Se lo uccidi…” cominciò Buffy.


Già, cosa avrebbe fatto?

Non aveva senso minacciarlo, se poi non intendeva mettere in atto la sua minaccia. Angel non ascoltava le sue parole, percepiva gli intenti. In questo momento non aveva paura di lei. In realtà, si chiese se ne avesse mai avuta.

Inutile stare a mentirsi. Non erano loro a rischiare. Giocavano la partita sulla pelle altrui, non sulla propria.

Lei non avrebbe fatto realmente del male a Angel, non avrebbe mai barattato la sua vita per quella di sconosciuti, quando non l’aveva fatto per gente che amava, ed era ragionevolmente sicura che la cosa fosse reciproca.

Le minacce… erano stupide. Lui non l’aveva minacciata. L’aveva semplicemente informata di quello che sarebbe accaduto se lei non avesse fatto quello che le aveva chiesto.


E ora?


Lei non aveva possibilità di salvare il bambino.

Era una semplice faccenda di velocità. Non era in grado di raggiungerlo in un tempo inferiore a quello che Angel avrebbe impiegato per ucciderlo.


La situazione non era affatto equivalente.

Non aveva nulla che lui volesse. Il vampiro, certo. Ma, sicuramente, Angel partiva dal presupposto che fosse già morto. Per lo stesso motivo, non aveva senso che lei si mettesse a seviziarlo davanti ai suoi occhi. Dubitava che la cosa avrebbe scosso Angel che, con ogni probabilità, si sarebbe limitato a fare lo stesso con la sua preda.

Avrebbero finito per fare a gara su chi era più bravo a massacrare la propria vittima senza ucciderla e Buffy non era affatto sicura di essere in grado di vincere in quel campo.

Quanto al bambino, nel momento stesso in cui si era fatto vedere, come pasto era perduto. Angel si rendeva sicuramente conto che lei non gli avrebbe certo permesso di divorarlo sul posto, e non poteva portarlo via, perché il peso supplementare lo avrebbe rallentato al punto che sarebbe riuscita a raggiungerlo. Che lo liberasse o lo uccidesse, era la stessa cosa.

Lui non aveva nulla da perdere più di quanto non avesse gia perduto. Quando non aveva niente da perdere, ogni cosa ottenuta era un guadagno.


E lei? Che aveva da guadagnare?

Era abbastanza sicura che, se avesse lasciato il vampiro, Angel avrebbe lasciato la sua preda… per andare a cercarne subito un’altra.


(Questo lo farà in ogni caso)


Lei non salvava tutti. Solo quelli che vedeva. E, al momento, vedeva quel bambino.

La sola cosa sicura che poteva guadagnarci, era un vampiro morto.

Era abbastanza?


Odiava dovere sempre fare simili ragionamenti. Le piacevano i nemici semplici. Il Maestro, ad esempio. Facile, esplicito, trasparente. Non c’erano ambiguità con il Maestro. Lui voleva ucciderla, lei voleva uccidere lui. Era stato il rapporto più onesto che avesse mai avuto con qualcuno.

Ma con Angel non era possibile. Ogni sua azione, ogni sua parola, poteva essere solo quello che sembrava, oppure sottintendere infinite diverse possibilità.

La obbligava a pensare, a valutare. La obbligava a reprimere le azioni istintive. Quelle più facili.


Allora? E’ tanto difficile decidere se preferisci lui morto o questo vivo? Posso farlo a pezzi poco alla volta, un pezzo ogni volta che tu cerchi di ucciderlo. Posso sgozzarlo anche se tu ormai lo hai ucciso. Nel tempo che ci metti a raggiungermi, posso strappargli gli occhi e rompergli la schiena e lasciartelo riportare così ai suoi genitori, giusto per vedere come decidono di comportarsi.”

Non ci guadagneresti niente.”

Da quando in qua devo avere un motivo per fare quello che faccio, a parte il solo gusto di farlo? Anche se non ho nulla da guadagnarci. Anche se ho solo da perderci. Non è forse nella mia natura fare cose simili?”


Questo la colpì sgradevolmente. Sembrava volere sottintendere che lei faceva la stessa cosa. Ma stava davvero valutando la possibilità di vedere uccidere il ragazzo pur di non rinunciare al piacere di finire la sua preda?

E, in quel caso, la differenza dov’era?


Angel afferrò il bambino per la nuca, scrollandolo.


Adesso che ci penso, una volta cresciuto questo animale potrebbe diventare uno di quelli che vengono a ucciderci per sport o per difesa preventiva. Sai che non è una cattiva idea? Potrei farlo anch’io. Eliminare ogni essere umano che incontro, giusto per ridurre il pericolo potenziale. Che ne dici? Scommetto che riuscirei facilmente a convincere altri a darmi una mano. Potremmo cominciare subito. Lavoro pieno. Il solstizio è passato, le nottate si allungano. Tra un po’ avremo un sacco di ore disponibili.”

Vi ucciderebbero tutti…”

Oh, non essere idiota. Tenterebbero, esattamente come tentano ora. Cosa cambierebbe, per noi? Pensaci bene, Buff. Ogni essere umano che ci capita a tiro, e andare anche a braccarli. Cercare dove si rintanano di notte e sterminarli ovunque li si trovi. Bruciarli nelle loro case, mentre dormono. Se decidessimo di farlo, quanti credi che riusciremmo ad ammazzarne prima di venire fermati? Sempre che qualcuno riuscisse a fermarci. Sempre che ‘restasse’ qualcuno per fermarci.”

Ci aveva già provato il Maesto…”

No, cara. Niente piani complicati. Io parlo di una semplice, pulita condizione di reciprocità. Quello che viene fatto a noi, sarà restituito. Non siete sempre dietro a sproloquiare di equilibri cosmici tra forze in gioco? Questo fa tanto equilibrio cosmico, non trovi?”


Buffy rabbrividì.

C’era una caratteristica del tutto asimmetrica, nella complicata relazione preda predatore che legava umanità e vampiri. Questi ultimi erano capaci di camminare fra gli uomini senza intenzioni ostili, ma il contrario sembrava impossibile. Gli esseri umani cercavano immediatamente di uccidere o imprigionare qualsiasi vampiro con cui venivano a contatto.

Se Angel e i suoi avessero deciso di far proprio quel comportamento, forse avrebbero davvero potuto decimare la popolazione umana.

Buffy aveva un gran paura di non sapere per niente cosa sarebbero stati capaci di fare, volendo.


Sbuffò e lasciò andare il vampiro, che guizzò subito via.

Angel non degnò il suo simile di uno sguardo, però aspettò che lo raggiungesse e si allontanasse. Quando il giovane fu tanto lontano da essere fuori portata di Buffy, mise a terra il bambino, sempre tenendolo per il collo.


Ha due costole e un braccio rotti, lesioni interne e perde sangue. Non ti conviene lasciarlo qui solo per inseguire noi, o avrai fatto tutto per niente.”


La ragazza annuì, sconfitta, ma Angel non aveva ancora finito con lei.


Buffy, quello che ti ho detto, non è solo per stasera. Vale da ora in poi.”

Lei boccheggiò.

Non puoi dire sul serio!”

Angel aggrottò la fronte in un gesto paradossalmente umano.

No?”

Io non ti tocco! E’ più di quanto…”

Io non tocco te ‘e’ non tocco i tuoi. Reciprocità, Buffy. Non pretendere di ottenere concessioni senza farne altrettante, perché io non mi adeguerò alle tue esigenze. Non voglio che tu tocchi i membri del mio gruppo. Li conosci, no?”

Quasi in stato stuporoso, Buffy annuì ancora impercettibilmente. Angel strinse gli occhi.

Bene. Ci sono un sacco di altri esseri a cui dare la caccia, se vuoi. E, se proprio devi uccidere la mia gente, ci sono quelli che vengono dall’esterno. Non mi riguardano. Sempre che, naturalmente, non decida di lasciare che si uniscano a noi. O quelli tanto idioti da lasciare i loro pargoli a scavarsi la strada al cimitero. Tu difendi la tua famiglia, io difendo la mia. Quello che fanno i tuoi umani non mi importa e a te non deve importare cosa fanno i miei al tuo gruppo. Ti considero responsabile solo di quello che fai tu, e quello che farai tu, farò io. Tanto per cominciare, ho un conto aperto con un gruppo di umani. Ho memorizzato il loro odore. Potrei mettermi a cercarli in qualsiasi momento.”


Se aveva maledetto l’ambiguità di Angel, ora si ritrovò a rimpiangerla, perché questo era parlare chiaro e senza possibilità di fraintendimenti.


Mi hai seguita!”

Per un istante, Angel sembrò guardarla con odio.

Non dire sciocchezze. E’ stato un caso. E’ stato un caso stasera, ma non andare in crisi. Te lo avrei detto comunque. Così ci siamo tolti il pensiero, non credi? Sii felice che sia successo oggi. Qualche giorno fa hai ucciso Drusilla.”


Aveva dato le sue condizioni e non avrebbe aggiunto altro. Ora era lei a dovere decidere.

Si incamminò cautamente. Angel rimase a guardarla solo qualche istante. Appena si fu avvicinata di alcuni metri, lui lasciò il ragazzo e corse via.


Il bambino si era afflosciato a terra. Buffy gli si accostò si chinò per esaminarlo.

Sul torace, la faccia e sotto la gola aveva profondi e sottili solchi paralleli che sanguinavano abbondantemente, inzuppando la maglietta ridotta a una matassa di strisce di stoffa.

Respirava male, con una specie di sibilo rantolante, perdeva sangue anche da bocca e naso. Le mani erano gelate e coperte di sudore viscido.

Era già fortunato a essere ancora vivo. In genere i vampiri uccidevano le proprie prede prima di nutrirsi. Forse perché questo non urlava e non era in grado di opporre resistenza, non si era preoccupato di dargli il colpo di grazia. Oppure chissà che voleva farne. Onestamente, non le interessava.


Il ragazzino doveva essere accompagnato in un posto sicuro, possibilmente dove potesse essere soccorso.

Le ferite gli erano state inferte intenzionalmente. Non tanto gravi da essere immediatamente mortali, ma abbastanza da avere bisogno di cure il prima possibile. Non poteva solo nasconderlo, doveva portarlo in ospedale. Così non poteva resistere a lungo, e tra le grida e l’odore del sangue, presto avrebbe attratto qualche predatore. A restare qui, si metteva in pericolo anche lei.

Per stanotte, Buffy aveva finito di cacciare.

E non era neanche certa che sarebbe sopravvissuto, conciato com’era.


Si passò le mani sul volto e fra i capelli. La sua pelle era caldissima e lei tremava da quanto era furiosa.


Come deve sentirsi un animale caduto in trappola, con la zampa stritolata dalla tagliola? E’ ancore vivo, il cacciatore non è ancora arrivato. La situazione è disperata, ma non è ancora arrivata al peggio, eppure, non c’è scampo. La sola scelta è strapparsi la zampa a morsi e morire dissanguato, o aspettare il cacciatore che gli spaccherà la testa con il calcio del fucile…


D’un tratto, si mise a piangere.

Era un pianto di pura rabbia e la cosa più strana era che non si sentiva affatto infuriata con Angel. Provava rabbia verso il bambino che l’aveva costretta a rinunciare alla sua preda. Verso i suoi genitori, tanto stupidi e sconsiderati da lasciarlo dove aveva potuto essere catturato.

E che l’aveva messa nella situazione di scoprire che doveva pensare, per fare una scelta simile.

Perché, le piacesse o meno, aveva davvero pensato che valeva la pena fare una scelta.



X

February 26 2006, 9:39 PM




Talvolta Buffy diventava frenetica, in ogni senso.

In quei momenti, era come se vivesse a velocità accelerata. Sembrava che la cosa non le piacesse per niente e che volesse farla scontare a chiunque le capitava intorno. Si agitava, parlava a raffica, non era d’accordo in niente e con nessuno, come se usasse il disaccordo per creare e alimentare una situazione di conflitto dove si trovava a suo agio.

Giles aveva imparato bene quali erano i sintomi premonitori di questi momenti.


La notte precedente, in piena notte, Buffy lo aveva chiamato dicendo che era all’ospedale dove aveva accompagnato un bambino, che lei stava bene, era stanca, tornava a casa e si sarebbero visti il giorno dopo.

Nel pomeriggio.

Tardi.

E aveva riattaccato.


Quando era così, Giles aveva capito che avere un aiuto per gestirla poteva rendergli la vita molto più facile.

Per questo aveva chiesto a Willow di essere presente, questa sera, e aveva pregato che Xander non si facesse vedere. Gestire Buffy nervosa era difficile, avere a che fare contemporaneamente anche con il ragazzo sarebbe stato impossibile.

Ma Willow aveva sempre avuto un effetto calmante, su di lei. Anche nei momenti peggiori, la presenza di Willow assorbiva il malumore e la rabbia che parevano un tratto connaturato di Buffy. La Cacciatrice cercava sempre di mostrarsi al meglio, solo nel suo aspetto più civile e ‘normale’, davanti alla sua amica.


Eppure, questa volta Giles aveva commesso un errore. Arrivata a casa sua, Buffy non era nervosa. Appariva, invece, insicura e remissiva. E, man mano che raccontava quello che era accaduto la notte precedente, il suo smarrimento si trasformava in una specie di rassegnata depressione.


Questo Giles riusciva a comprenderlo. Angel l’aveva ricattata, costringendola a lasciare andare un nemico. Per lei doveva essere intollerabile.

Buffy aveva un solo modo per affrontare un avversario. Lo combatteva fisicamente. Lo distruggeva. Questa volta aveva dovuto trattarci, ed era una situazione nuova e inaspettata.

In realtà, lei non era mai scesa a patti con Angel. Semplicemente, aveva deciso di non affrontarlo. Non seriamente, almeno.


Mi chiedo perché lo ha fatto. Non si è mai preoccupato della sorte dei suoi. Probabilmente voleva solo mettere te in difficoltà.” disse, alla fine, l’Osservatore.

Non è vero.” intervenne Willow.


Fino a quel momento, non aveva fiatato. Si era limitata ad ascoltare attenta tutto ciò che Buffy aveva da dire.


Che cosa?”

Non è vero che non si è mai preoccupato. Anzi, credo che la loro sorte sia una delle sue maggiori preoccupazione. Se vivono, se muoiono, quelli che gli conviene far vivere e morire… Forse Angel non lo fa spesso di persona, ma i vampiri cercano i loro compagni che spariscono.”


A un tratto, Giles ebbe tutto chiaro.

La cosa che non riusciva a focalizzare. Quella sensazione di fastidio che avvertiva ormai da tempo, in occasioni diverse ma sempre più frequenti. La sensazione di una qualche strana coincidenza. Di troppo coincidenze.


E se li trovano, che fanno?”

Se li trovano, li soccorrono.”

Vuoi dire che hanno una specie di… solidarietà di gruppo?”

Ma certo. Per quale motivo credi che vivano insieme?”


Buffy…

Buffy stava ascoltando e non era sorpresa. Non era interessata.

Ma certo. Non si era sorpresi da quello che già si sapeva.


Giles aveva voglio di sedersi. E di bere. E di prendere le due ragazze a schiaffi.

Non necessariamente in quest’ordine.

Perché Willow aveva bisogno di ripetute verifiche prima di affermare che una cosa ‘era’, e allora questo significava che dovevano averli osservati. A lungo. Senza interferire.

E perché Willow gli aveva offerto la soluzione, ma era a Buffy che si applicava, soprattutto a lei.


Ecco come aveva scoperto la casa della vampira che l’aveva ferita, dei due demoni che avevano ucciso insieme…


Le implicazioni erano sconvolgenti.

Da Willow poteva anche aspettarselo.

Lei era di indole piuttosto gentile. Probabilmente non se la sentiva di attaccare dei nemici feriti, o quelli che cercavano di soccorrerli.

Ma Buffy era un’altra faccenda. Nel suo caso non poteva trattarsi di pietà.


Non voleva fare capire quanto fosse frastornato, e furioso per non essersene reso conto, nonostante la soluzione non gli fosse mai stata nascosta.


Buffy se ne sarebbe accorta. Lei si accorgeva sempre dello stato d’animo di chi la circondava.

Ma la Cacciatrice, accasciata sul divano, nemmeno li stava ascoltando.


Tu credi che questo posto sia caotico?” gli chiese Willow.

Questo posto è la Bocca dell’Inferno. Il regno del caos.”


Willow lo fissava con una strana espressione. Incuriosita e un po’ divertita.


C’è una specie di… ordine, qui. Non lo vedi?”

No. Io no.”

C’è. L’attività delle creature che ci vivono segue degli schemi. Non è ordine, questo?”

Vuoi dire che c’è un senso in tutto ciò?”

No, non un senso. Solo un ordine. Non c’è bisogno di senso per questo.”

Cosa intendi?”


La ragazza fece un irritante sorriso di derisione. Un istante soltanto, ma Giles era sicuro di non sbagliare. Willow rideva di lui.


All’inizio, anch’io credevo che tutto quello che capitava fosse casuale.” rispose la ragazza “Non cercavo di trovare niente. Poi mi sono accorta di certe… ripetizioni. Certe correlazioni. Alcuni tipi di demoni compaiono con frequenza ciclica. I nuovi vampiri risorgono soprattutto alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno e durante i mesi più caldi sono poco attivi. Questi sono schemi d’ordine, quindi deve esserci una causa.”

Potrebbero essere solo coincidenze.”

Sì, è vero. Non abbiamo poi una casistica così vasta da essere significativa. Però è una coincidenza ben strana che, venendo trasformati in quella stagione, i nuovi vampiri si ritrovano ad avere il maggior numero possibile di ore di buio a disposizione proprio nel primo periodo della loro vita, quando sono più inesperti e vulnerabili.”

Cioè, tu credi che essi facciano queste valutazioni? Che ci sia una scelta consapevole dietro al loro comportamento?”

Non so se ne sono consapevoli. Non è necessario. Anche molti dei nostri comportamenti hanno una base istintiva di cui non abbiamo consapevolezza. Però credo che ci sia un motivo. Non sono un guazzabuglio di individui tenuti insieme solo dalla violenza immotivata o da un rigido sistema di caste immutabili. Hanno comportamenti sociali determinati, elementi di coesione. E di alcuni si capisce subito la coerenza. Ad esempio, sembra che fra loro non ci siano differenze di ruolo fra i sessi come succede fra noi. Lo abbiamo sempre saputo, ma tu hai mai pensato quanto sia logico? Maschi e femmine hanno la stessa forza, le stesse capacità e nessuna differenza biologica. Non avrebbe senso se ci fossero disparità.”

Questa ti sembra una cosa importante?”

Importantissima. Vuol dire che il loro modo di comportarsi è riconducibile a presupposti naturali. Che non è casuale. E non è limitato come credi tu. Sono diversi l’uno dall’altro.”

Lo so anch’io. Se non fossero diversi, non avremmo tanti problemi con quelli come Angel e Spike.”

Tu sai quello che ti dicono i tuoi libri, e non dicono altro se non che quello appartiene a un certo clan o a una certa setta e che quindi è più o meno pericoloso di quell’altro, come se appartenere a una categoria definisse interamente quello che sono. Io intendo che sono diversi di carattere, di personalità. Anche molto diversi. E la loro personalità non è separata a compartimenti stagni da quella umana. Guarda Angel. Puoi pensare che ci sia uno stacco netto fra quello che era e quello che è adesso. Invece, sostanzialmente, è rimasto lo stesso.”

Willow, è l’esatto opposto. Ora è un sadico…”

Lo è sempre stato. Notiamo la differenza solo perché ora se la prende anche con gli umani, ma non fa nulla di diverso da quando massacrava in nostro favore. In certe cose i tuoi libri sbagliano. Non ci sono diversi tipi di vampiri… classi demoniache, se preferisci. Le differenze sono quelle che puoi ritrovare in un gruppo di umani. Alcuni sono aggressivi, altri tranquilli. Ci sono quelli molto intelligenti e quelli molto stupidi. Oppure quelli intelligenti in certe cose e stupidi in altre. Tutto dipende da come è l’individuo, come fra noi, ma non c’entra con la discendenza. Naturalmente, i discendenti di individui forti hanno maggior possibilità di sopravvivere, ma questo solo perché la loro famiglia gli può offrire una protezione più efficiente, però questo non garantisce che siano superiori agli altri, in nessun senso. Abbiamo visto vagabondi senza nessun blasone tanto intelligenti e capaci da avere il rispetto di tutti gli altri. E poi non è affatto vero che il rango è dovuto all’età o alla forza o all’aggressività. In realtà, non sono neppure sicura che abbiano davvero una gerarchia e se c’è, non riesco a capirla. Non è come quella che esiste fra i lupi o gli esseri umani. Voglio dire, questo è superiore a quello che è superiore a quell’altro. La tradizione dice che sono gerarchici, ma non credo sia vero. Credo sia solo l’interpretazione data da esseri umani, perché gli esseri umani invece sono gerarchici, lo sono molto, e non possono fare a meno di giudicare tutti secondo il loro metro.”

Angel è il discendente del Maestro.”

Vero. Però, se questo bastasse, non si darebbe tanto da fare per controllare il suo gruppo. Voi stessi mi avete detto che ha avuto problemi, quest’estate. D’altra parte, non è molto vecchio, non è un guerriero particolarmente capace ed è poco aggressivo.”

Anche i sovrani umani, persino nelle società più rigide, dove erano ritenuti di ascendenza divina, sono talvolta stati spodestati nelle insurrezioni.”

Esatto. Tra gli umani.”


La voce di Willow era priva di qualsiasi esitazione. Aveva la tendenza a balbettare e confondersi, quando parlava alla gente, eccetto che in una circostanza. Una circostanza come questa.


E allora, se non è la sua ascendenza e non è la sua forza, perché gli altri non lo uccidono?”

Tu potresti prendere un fucile, uscire di casa e ammazzare tutti quelli che ti stanno antipatici. Lo fai?”

No, ma io…”

No, e non lo fai perché prima o poi ti fermerebbero e probabilmente ti farebbero del male. Ora, puoi dire che è coscienza, ma in realtà ti comporti secondo schemi di convenienza. Noi abbiamo regole che ci impongono un determinato comportamento e che ci condizionano a seguirlo fin dall’infanzia. Tu, quando decidi di non uccidere tutti quelli che ti stanno antipatici, valuti, consciamente o meno, le conseguenze e se ne vale la pena. Per loro deve essere lo stesso. Te l’ho detto. Non pensano solo a scannarsi l’uno con l’altro.”

Sappiamo che sono molto violenti, fra loro.”

Come nel caso delle leggi che ci impediscono di uccidere chi ci sta antipatico, è sempre un atto di costrizione che regola il comportamento. Qualsiasi costrizione è violenza. E, comunque, sono sicuramente violenti per il nostro modo di considerare le cose, ma non è detto che lo siano per loro. Prendi il rapporto che hanno con i loro discendenti. E’ normale che un sire si comporti brutalmente con la propria progenie, obbligandola a obbedirgli con la forza, ma sta di fatto che bisogna vedere se essi la considerano violenza. Anche perché quale altro sistema avrebbero per farsi obbedire? Sappiamo che un vampiro ha una soglia di resistenza al dolore altissima, che è difficilissimo procurargli veri danni fisici, che guarisce a velocità estrema e che è spaventosamente testardo… In fin dei conti, nemmeno noi consideriamo uno scapaccione dato a un bambino come vera violenza, ma pensa se un’azione simile fosse giudicata dal punto di vista di una farfalla. Ci giudicherebbe dei bruti. Ma quello che conta è se il nostro sistema di vita va bene a noi, non ad altri.”

Ed è lo stesso per i vampiri?”

Sì. Noi possiamo considerarli come vogliamo, ma sta di fatto che, sul loro modo di comportarsi, la sola opinione che conta è la loro. E la cosiddetta violenza è a favore dei giovani, non dei loro creatori. Per essi sarebbe molto più facile lasciare che i loro figli se la cavassero da soli, ma i giovani non hanno cervello. Ne sopravvivrebbero ben pochi se i loro familiari non fossero attenti.”

A Angel non è importato neppure che Buffy abbia ucciso Drusilla.”

Magari la considerava persa in ogni caso. Magari, dopo un certo numero di anni, termina il senso di responsabilità del sire. O forse Angel è un padre snaturato… Non lo so. Non lo conosco abbastanza.”


Giles sospirò. Doveva ribattere a Willow, in qualche modo.


Eppure, tutto quello che mi hai detto adesso contraddice la tua affermazione precedente, secondo cui esistono schemi nel comportamento degli esseri di Sunnydale. Quello che tu mi hai descritto è una situazione caotica e imprevedibile. Invece, è proprio il sistema che io riconosco che determina degli schemi.”

Schemi innaturali. Schemi troppo inflessibili e semplici per essere reali. Proprio per questo sono convinta che siano immaginari. Se fossero meno rigidi, potrei crederci. Ma così no.”

Da quello che dici, sembra un branco di animali.”

Questa sarebbe solo una conferma, visto che gli animali seguono una funzionalità estrema nel loro comportamento. Non ho la pretesa di capire come funzioni, però, evidentemente, funziona. In realtà, hanno un sacco di caratteristiche che gli esseri umani ammirano… finché non sono altri a possederle. Hai presente i lupi e le tigri? Sono coraggiosi, tenaci, intelligenti. Sono esattamente quello che noi vorremmo essere e non siamo sempre. Così, diciamo che il loro coraggio è ferocia, che la tenacia è ostinazione, che l’intelligenza è astuzia diabolica.”

Ma non per te.”

Devono sopravvivere e lo fanno con i mezzi che hanno.”

Non parlo di lupi e tigri.”

E’ la stessa cosa.”


(Ti stai innamorando di loro…)


Non era certo una sorpresa. Anzi, a pensarci bene era strano che non fosse capitato prima. Era intrinseco nell’indole di Willow.

Lei aveva sempre avuto un debole per Angel. Non si era interessata a lui quando lo credeva solo uno strano ragazzo attratto da Buffy, ma il suo atteggiamento era immediatamente cambiato non appena aveva saputo cosa fosse.

Senza esitazione, si era schierata con Angel. Non con Buffy, che aveva avuto dubbi e paure e incertezze (che era stata debole e vulnerabile e disarmata, per un breve tempo…), ma con lui.

Willow non aveva trovato la loro relazione assurda e innaturale, e non aveva mai avuto paura di Angel. Ne era stata logicamente spaventata, quando l’aveva minacciata direttamente, ma era una paura concreta. La paura che avrebbe provato per chiunque con la possibilità e la volontà di farle del male, non l’orrore per un essere aberrante.

Non aveva cominciato a odiarlo neppure dopo che lui aveva ucciso Jenny, ed era stata la prima a volere tentare di salvarlo. Nulla di quello che aveva tentato aveva funzionato, ma lei non aveva smesso di provare.

Per Buffy, diceva. Per Buffy e per tutti loro.

Eppure, Giles non poteva evitare di pensare che il vero motivo fosse un altro, qualunque cosa potesse dire o pensare Willow.

Willow non era attratta da Angel come individuo, di questo Giles era sicuro. Era affascinata da quello che era.


Oltre un certo limite, studiare senza influire su ciò che si studiava era impossibile. Impossibile quanto studiare senza essere influenzati da quello che si studiava e Willow… non riconosceva limiti. Per lei, probabilmente, le cose si dividevano solo fra ‘sconosciute quindi bisognose di studio’ e ‘già capite’.

Ne aveva incontrate, di persone simili.

Persone che discutevano dell’etica di estinguere organismi patogeni, come virus e batteri.

Persone che salvaguardavano vita e libertà di creature letali, belve, rettili velenosi, squali, indifferenti a quello che avrebbero potuto fare.

Persone che finivano per adottare le cose che avevano imparato a conoscere o per farsi adottare da esse. Che attraversavano il confine.


E Buffy continuava a non fare caso a loro, isolata com’era nel suo personale mondo di avvilimento.


Buffy, hai agito nel solo modo in cui mi sarei aspettato da te e hai salvato quel bambino. Non hai ragione di essere così demoralizzata.” mormorò Giles.

La giovane si scosse e si sfregò stancamente una tempia.

Ci ho messo un sacco di tempo per decidere,”

Questo è comprensibile.”

Tu lo capisci?”

Lasciare vivere un vampiro… è sempre una decisione da valutare con attenzione. Quello che hai lasciato andare ucciderà altra gente, forse in gran numero. E’ naturale che tu abbia avuto dei dubbi.”


Buffy si voltò verso Willow, come in cerca di un sostegno, ma la ragazza sedeva rigidamente, a occhi spalancati.


Sarebbe stato giusto lasciare che lo uccidesse?”

Sarebbe stato… giustificabile. Probabilmente, da un punto di vista strettamente utilitaristico, sarebbe stata la cosa più conveniente. D’altra parte, è naturale non agire sempre secondo ragione, ma secondo emotività. Fa parte della natura umana. Buffy, non puoi pretendere che le cose siano sempre in bianco o nero. Alcune volte è facile sapere qual è la cosa giusta da fare. In altre occasioni… in un caso come questo… i vantaggi di quello che puoi ottenere a lungo termine non sono così chiari e non hanno la valenza emotiva di quello che ottieni nell’immediato.”


Buffy scosse la testa e si strinse nelle spalle.


* * * * * * *



La casa di Giles era fresca, ma fuori l’aria era soffocante, calda e umida.

Sembrava di essere immersi in uno sciroppo riscaldato. La pelle si copriva subito di sudore che non evaporava nell’aria satura di umidità.


Nemmeno la notte aveva portato un po’ di frescura. Anzi, si placavano anche quelle poche brezze provenienti dal mare, sostituite da un’immobilità dell’aria o da deboli venti caldi e polverosi provenienti dall’interno, che portavano solo altro caldo e il tanfo delle pozze di bitume.

Una tempo buono solo per le cicale. Dovevano essercene a centinaia, e il loro gracidare metallico era un frastuono assordante.


Buffy aveva sempre amato l’estate, eppure quest’anno si sentiva insofferente. Non vedeva l’ora che arrivasse l’autunno.


(Ancora troppo presto)


Almeno per un altro mese doveva rassegnarsi a queste temperature, sempre se era fortunata.


Vorrei che si mettesse a piovere.”

Buffy, questa primavera ha piovuto tantissimo.”

Sì, ma fa caldo. In questo posto fa sempre troppo caldo.”


A parte lei e Willow, non c’era nessuno per la strada.

Non che riuscisse a vedere a grande distanza. Anche la sua vista aveva limiti. Soprattutto in condizioni simili.

La strada era una lunga alternanza di luci e buio, da una parte e dall’altra. Una linea retta, segnata dai lampioni, una panchina sotto ogni lampione. Buio, luce, buio, luce. E nugoli di moscerini e zanzare e falene a volteggiare intorno alle lampade.

Era disturbante. La differenza fra zone illuminate e buie era troppo netta, le luci dei lampioni troppo forti e concentrate. Non riusciva a adattare la vista in tempo utile, mentre passava da una condizione all’altra.

I suoni erano altrettanto sgradevoli.

Il rumore dei passi di Willow rimbombava e il frinire delle cicale le faceva quasi venire il mal di testa.


Buffy si sedette su una delle panchine. Quasi non si accorse che Willow le si sedette accanto.


Hai mai visto la neve, Willow?”

Dal vero? No.”

Io una volta, da piccola. Ero andata in montagna con i miei genitori. E’ stata la sola volta che l’ho vista.”

Tu sai pattinare. Pensavo…”

Ho imparato sulle piste artificiali, in città. Io parlo di neve e ghiaccio veri. La neve è bellissima, e rende tutto silenzioso. Sembra assorbire i rumori.”

Buffy, non stai bene?” la voce della ragazza umana era preoccupata.

Sì… No. Non tanto, a dire la verità.”


Non aveva avuto il coraggio di dire tutto a Giles. Mancava ancora la cosa fondamentale.

Forse, se Willow non fosse stata presente, ci sarebbe riuscita. Ma non così. Sapeva bene cosa sarebbe successo e non voleva che Willow assistesse.


Cominciò a tormentare l’orlo della maglietta.


Mi dispiace, Willow. Avevo tanta voglia di rivederti, e poi, da quando sei tornata, non ho avuto il coraggio di parlare.”


Willow era stata via a lungo, abbastanza da avere evitato tutti gli eventi verificatisi in quella primavera infernale. Poi era tornata e Buffy l’aveva evitata. Non che si fosse rifiutata di incontrarla, quello no, ma evitava di parlare d’altro che di futilità.


Di cosa?”

Ti assicuro che gli argomenti non sarebbero mancati.”

Lo so.”


Willow sapeva tutto, naturalmente. Almeno, sapeva quello che le era stato raccontato.

Alla fine, avevano fatto come voluto da Giles. Si erano limitati a dire ai ragazzi che Buffy aveva attaccato i capi del gruppo e li aveva uccisi. Fine della storia.

Era la verità, in fin dei conti. Era abbastanza verità da essere credibile.


Un movimento.

Qualcosa strisciava lungo il bordo della strada. Un topo, in apparenza. Anche se i topi non avevano occhi peduncolati come quelli delle chiocciole.

Senza perderlo di vista, Buffy raccolse un sasso.

Willow alzò una mano. Non la toccò, ma con quel gesto riuscì ad attirare la sua attenzione.

La Cacciatrice la guardò.

Willow scosse la testa. Ora aveva un’espressione quasi allarmata.


Giles diceva che non avrebbe capito… Si sbagliava. Willow avrebbe capito e, proprio per quello, avrebbe cercato ogni modo per biasimarsi proprio.


Buffy scagliò la pietra. Un tiro svogliato, senza intenzione di colpire. Il sasso cadde con un tonfo e la cosa-topo fuggì spaventata nel buio oltre il cerchio di luce del lampione.


Ti dirò, è stato bello viaggiare, ma avevo voglia di tornarmene a Sunnydale.” mormorò Willow.

Come potevi avere voglia di tornare qui…”


Lei avrebbe fatto di tutto per andarsene, ma Willow non aveva mai conosciuto una vita diversa. Forse era per quello.


Sotto le luci artificiali, i capelli rossi della ragazza diventavano di uno sgradevole color fango e, sul viso, le efelidi sembravano macchie grigiastre, effetto di una qualche bizzarra malattia.

Aveva la tentazione di toccarla, ma aveva paura di scoprire che anche la sua carne era molle e flaccida come quella di Giles. Come quella di un morto una volta trascorsa la rigidità cadaverica.


Giles dice di capire, ma non ha capito niente, Willow. Crede che mi preoccupavo per le vittime potenziali di quel vampiro… Io non ho neppure pensato a una cosa simile. La sola cosa a cui pensavo era che non volevo lasciarlo andare. Non perché avrebbe ucciso qualcuno, domani o dopo… ma perché apparteneva a me. Ho pensato che… avevo fatto una gran fatica per catturarlo e, proprio quando stavo finalmente per ucciderlo, dovevo rinunciare… Valeva la pena di lasciar uccidere quel ragazzino, purché non mi venisse sottratta la mia preda.”

Alla fine però…”

No! Non ho deciso in quel senso. E’ che… a un certo punto, ho pensato che se io uccidevo il vampiro, ed Angel il bambino, sarebbe stata la cosa migliore… No, non è vero neppure questo. In realtà, ho pensato che la cosa migliore sarebbe stata che Angel si fosse portato via quel bambino senza farsi vedere da me. Ero furiosa, ma la solo rabbia che provavo nei suoi riguardi era perché non lo aveva fatto. Eppure sarebbe stata la cosa giusta per tutti e due, perché immagino che lui doveva stare altrettanto male a lasciare la sua preda, e così non riuscivo più a distinguere me da lui. Solo che lui si era fatto vedere, senza che nessuno lo obbligasse, senza essere forzato a farlo. Era disposto a rinunciare per salvare il suo uomo, mentre io non me la sentivo di fare lo stesso. Mi ha dato fastidio accorgermi che era in grado di fare qualcosa… che io invece non riuscivo a fare. Willow, non è stato altro che… competitività.”


Willow era perplessa.

La spiegazione non aveva senso. Solo che lei non riusciva a trovare le parole giuste per spiegare il senso di rabbia, impotenza, ingiustizia che aveva provato. La rabbia che aveva sentito per il ragazzo, responsabile di essere stato l’arma di ricatto. Il disgusto verso sé stessa per quello che aveva sentito, e il disgusto più profondo per avere ceduto.

Willow non poteva capire.


Buffy, mi dispiace…”

La Cacciatrice si sedette di nuovo. Prese la mano della ragazza e rabbrividì nel toccare di quella carne e quelle ossa così cedevoli.

Non è mica colpa tua.”


Anzi, Willow era una delle poche cose che per lei non erano cambiate. Il suo faro di navigazione. Anche se non capiva, almeno non pretendeva di essere la sola ad avere la risposta giusta.


Che cosa sono, Willow?”

La Cacciatrice.”

Buffy sorrise.

E che vuol dire?”

Buffy…”

Tu non te lo sei mai chiesto? Sì, vero? Devi essertelo chiesto per forza.”


Willow annuì quasi impercettibilmente.

Certo che se lo era chiesto. Non sarebbe stata Willow, altrimenti.


Secondo te, io salvo o uccido?” chiese ancora Buffy.


Willow sospirò e chinò il capo


Per ottenere una cosa, devi fare l’altra.”

Non è quello che intendo. Qual è la mia priorità? Uccido per salvare oppure, incidentalmente, salvo vite umane solo come conseguenza al fatto che uccido?”

Non…”

Perché vedi, fino a ora le due cose corrispondevano. Però la fortuna è finita, e ho dovuto scegliere quale delle due cose ha priorità. E, ti dirò, non so se rifarei sempre la stessa scelta.”

No, Buffy, tu non…”

Buffy si rialzò, incollerita.

Risparmiati le frasi consolatorie. Quelle vanno bene per Giles. Io so quello che sento.”


La ragazza non cercò neppure di ribattere e lei non sapeva che altro dire. Dopo qualche minuto di deliberato silenzio fra loro, Buffy ne ebbe abbastanza.

Non aveva senso restarsene qui, assordate dal gracchiare delle cicale e divorate vive dalle zanzare.


Avanti, Willow. Ti accompagno a casa, poi vado anch’io a dormire. Stasera sono stanca.”


C’era sempre quell’altra cosa a cui pensare. Quella che non aveva avuto il coraggio di riferire a Giles. Quella che doveva valutare bene, e capire come trattare, perché era certa, certissima, di quale sarebbe stata la reazione dell’Osservatore.

Certo, c’erano gli altri demoni, molti dei quali decisamente più pericolosi e voraci dei vampiri, ma per un Osservatore essi rappresentavano un bersaglio secondario, quasi accidentale. I veri nemici, quelli su cui concentrarsi, erano solo i vampiri.

Come faceva a dirgli che, d’ora in poi, finché Angel era vivo, lei aveva finito di dare loro caccia?

Per Giles la soluzione sarebbe stata persino fin troppo ovvia.



XI

May 8 2006, 11:21 PM




Buffy, c'è qualcos'altro riguardo a quello che è successo l’altra sera, vero? Non mi hai detto tutto.”


La ragazza scosse la testa.

Era nuovamente rannicchiata sul divano, proprio come la sera prima. E, proprio come la sera prima, si mostrava esitante.


Cosa non mi hai voluto dire?” insistette Giles.


La giovane tirò un profondo sospiro prima di parlare.


Angel non vuole più che uccida i suoi.”

In che senso?”

In senso letterale. Non vuole più che dia loro la caccia.”

Stava scherzando, spero.”

No. Non l'ho mai visto tanto deciso.”


In altre circostanze, Giles non avrebbe neppure pensato di considerare seriamente una cosa simile. L’avrebbe ascoltata e classificata come un non senso. Forse se la sarebbe anche dimenticata.

Però c’era l’atteggiamento di Buffy a rovinare tutto.


D’accordo. Lui può anche volerlo. E come crede di poter imporre una cosa simile?”

Mi ha detto che… ha detto che mi ripagherà con la mia stessa moneta. Che se io non smetterò di dare la caccia ai suoi, lui comincerà a fare lo stesso con gli esseri umani.”

E’ quello che fa già, mi pare.”


Buffy scosse la testa.


Non in questo modo. Lui non uccide mica tutti gli esseri umani che trova.”


Giles sentì le prime avvisaglie di un’emicrania saettargli nelle tempie.


Quello che hai fatto non lo ha impressionato molto.”

Ti aspettavi che diventasse vegetariano?”

No. Ma almeno che cominciasse ad avere paura di te.”


La ragazza si ritrasse ancora più in sé stessa.


Buffy, non starai valutando seriamente di fare quello che ti ha detto?”

E’ colpa mia. L'ultimatum di Angel... E’ tutta colpa mia.”


L’uomo non replicò. Ovviamente, la responsabilità della sfrontatezza di Angel era di lei. Il vampiro non temeva le ombre e le ipotesi. Se sapeva di non essere in pericolo, non aveva paura.


Sai quanti vampiri ci sono al momento in città?” chiese Buffy.

Non ne ho idea. Cinquanta, sessanta…”

Non più di sei o sette, contando anche Angel.”

Così pochi?”

Non sono numerosi come credi. Forse sono stati cinquanta ai tempi del Maestro, quando erano davvero numerosi, ma credo che fosse una situazione anomala. Dopo di allora, non sono mai arrivati a quel numero. Prima che io li colpissi, non arrivavano a trenta e quello è più o meno il numero in cui sono sempre. Ognuno è importante, quando si fa parte di un gruppo così piccolo. La notte in cui ho ucciso Drusilla... non ho fatto solo quello. Non mi hai mai chiesto davvero quello che ho fatto. Perché no?”

Mi sembravi sconvolta, quella sera.”


Buffy lo guardò in tralice.


Sono andata a caccia dei loro figli. Ho ucciso tutti quelli che ho trovato. Ne ho uccisi davvero tanti, in una volta sola. Il Maestro usava i suoi come carne da macello e abbiamo sempre pensato che sarebbe stato lo stesso con tutti loro, invece non è così. Sono importanti, per loro. Non li lasciano neppure più seppellire. Se li portano via, a casa, credo. Sai come sono strutturati? Soli o in gruppi familiari piuttosto piccoli. Poi le famiglie vivono anche insieme, ma penso sia più che altro per una questione di sicurezza. Credo che la cosa che li tiene realmente insieme sono i rapporti fra gli individui delle famiglie. E ognuno di loro forma legami con altri e via così. In questo modo si forma una struttura. Loro non hanno necessità come le nostre. Noi siamo connessi l’uno all’altro da una rete di dipendenze. Ci serve il panettiere, il carpentiere, il poliziotto… Abbiamo una specie di struttura coloniale, dove ogni persona è specializzata. Loro no. Ogni vampiro è autonomo. Stanno insieme perché possono sopravvivere meglio, ma non fa parte della loro natura. Quindi devono volerlo con una forza maggiore di quella che li spingerebbe a restare soli. Sono uniti dal fatto che vogliono essere uniti e i legami sono gli individui, non il loro ruolo. Io ho reciso i legami. Quasi tutte le famiglie hanno perso un loro membro, quella notte e il gruppo si è disgregato.”


Giles era stupefatto. Da quando Buffy usava parole come ‘struttura coloniale’ e le usava in un contesto simile?


Hai ucciso i loro capi...”

Come vuoi. Sta di fatto che quasi tutti i superstiti se ne sono andati e Angel si è trovato quasi solo. E' ovvio che voglia proteggere i suoi. Gli servono. Se dovesse restare ferito, e restare feriti qui è facile, cosa farebbe? Andrebbe al pronto soccorso, o verrebbe da noi per essere aiutato?”

Vuole serbare le sue forze residue, quindi.”

Sì, ma… c’è un’altra cosa. Ho commesso un errore, un errore gravissimo. Adesso i vampiri più esperti se ne sono andati tutti. A parte Angel, quelli rimasti sono quasi tutti dei ragazzini.”

Una buona cosa, direi.”

Buona? No, non è buona. Non è buona per niente. Avere a che fare con un gruppo di vampiri composto solo da giovani è quanto di meno buono ci sia per noi. Willow ha ragione, il loro comportamento non è casuale. Difficile da capire, ma non privo di ragione. Ma lei non si rende conto di cosa significa. Willow non pensa alle conseguenze pratiche. I vampiri non aumentano le loro file se non c'è spazio per i nuovi. E' difficile che trasformino qualcuno, e non lo fanno mai se non c'è spazio. La maggior parte di quelli nati qui è stata trasformata dopo la fine del Maestro e dei suoi, quando non c'era più nessuno. Poi, solo ogni tanto, se qualcuno del gruppo se ne andava o veniva ucciso. Altrimenti no.”

Vuoi dire che si limitano a rimpiazzare le perdite?”

Sì. Forse non vogliono un rischio di sovrappopolazione. Non lo so. Qualche volta mantengono il loro numero accettando uno di quelli che arrivano da fuori, ma qualche volta no, e trasformano uno nuovo. Ora Angel è quasi del tutto solo. Troverà il modo di ricostruire il suo gruppo. Con ogni probabilità, arriverà qualcuno da fuori, ma se non saranno abbastanza trasformerà qualcuno, e, a loro volta, quelli che arrivano trasformeranno qualcuno, e noi ci ritroveremmo con parecchi novizi con cui fare i conti.”

Continuo a non capire perché per noi sarebbe peggio se i vampiri di Sunnydale fossero dei giovani, invece che gli anziani, che sono molto più forti e pericolosi.”

Perché in ogni caso i vampiri predano gli esseri umani, che siano giovani e inesperti o vecchi e capaci. Però i giovani uccidono di più. Uccidono anche solo per imparare a cacciare, o perché non si controllano, e i loro familiari uccidono anche solo per insegnargli. E poi i vampiri inesperti semplicemente si fanno sfuggire più facilmente le prede, ma questo non vuol dire che esse si salvino. Hai mai pensato di scoprire che fine fanno quelli che sfuggono ai loro assalti o che noi salviamo in extremis? Da un'occhiata alle statistiche ospedaliere, e guarda quanti sopravvivono ad attacchi di animali ignoti. Molti di essi sono così malridotti da non sopravvivere. Gli anziani soli, invece, uccidono quasi unicamente per nutrirsi o per difendersi. E’ vero, sono più abili, si fanno sfuggire meno le vittime. Ma sta di fatto che numericamente uccidono meno persone.”

Quindi adesso ti aspetti una nuova serie di trasformazioni e omicidi?”

Magari mi sbaglio. Magari non succederà nulla… Alcuni mesi fa c'è stato una specie di esodo e parecchi membri del gruppo se ne sono andati. A quel punto, ho creduto che avrebbero ripreso a trasformare la gente per riempire i vuoti. Ma non è stato così. Hanno trasformato pochissime persone. Ci deve essere qualcosa che non ho capito. Forse solo il fatto che in ogni caso erano rimasti in tanti. Adesso, però, sono davvero andati via quasi tutti. Sono molto vulnerabili, così. In genere non sono molto interessati a quello che capita ai loro simili, se non sono parenti o amici, però questo non vuol dire che non siano capaci di farlo, se vogliono. Ma ormai non posso più farci niente. In un modo o nell’altro, adesso le cose sono solo in mano loro. E’ per questo che dico di avere fatto un errore grave. Quello che dobbiamo è evitare il più possibile la presenza di giovani e io, invece, ho sempre cercato di uccidere i membri della comunità e questo lasciava spazio per i nuovi.”

Se adesso sono così vulnerabili, potremmo eliminarli tutti.”


In un istante Buffy gli era di fronte, gli occhi ridotti a due fessure.


Ma non mi ascolti, quando ti parlo? Mi dai mai retta una volta?”


Giles si ritrasse, spaventato da quell’improvvisa esplosione di collera. La giovane donna proseguì senza dargli il tempo di replicare.


Anche se li uccidessi tutti, non farei che ripresentare il problema, perché a quel punto il territorio rimarrebbe vuoto e sicuramente qualcuno lo verrebbe a reclamare, deciderebbero di trasformare qualcuno per fondare un loro clan e chi ci rimetterebbe saremmo noi. Anche indebolire troppo il gruppo di Angel potrebbe avere lo stesso effetto. Prima o poi arriverebbe qualcuno che riuscirebbe a sconfiggerli, prenderebbe il loro posto e noi saremmo punto e a capo. Se potessimo sterminare tutti i vampiri del mondo, allora non avremmo più problemi, ma così… Potrebbe persino peggiorare la situazione. Potrebbe arrivare qualcuno peggiore di lui.”

Il Consiglio...”

Il Consiglio non sa un cazzo! Te l'ho già detto, ma forse tu non riesci a capire. Il Consiglio non lo ha neppure mai visto un vampiro, se non quelli che si diverte a chiudere in gabbia con le Cacciatrici di diciotto anni. Che vuoi che ne sappia?”


L’Osservatore sospirò e si sedette al tavolo.

Adesso l’emicrania non era più solo un’impressione. E non era che l’inizio.


Con tutto questo, vuoi dire che davvero non darai più loro la caccia e stai cercando di convincermi che è la cosa giusta da fare?”

Ti sto solo dicendo che non è una mossa saggia cercare di ucciderli indiscriminatamente e che l'idea del Consiglio, quella di eliminare o destabilizzare le comunità, non solo è stupida e pericolosa. E' controproducente. La cosa migliore sarebbe avere un gruppo il più stabile e forte possibile, con pochi nuovi arrivi, piuttosto che dare loro continuamente il motivo di avvicendamenti avendo sempre una forte presenza di giovani o un gruppo di teste calde che cercano di farsi la pelle l'uno con l'altro. Quindi, la cosa migliore è dare la caccia a quelli che arrivano qui e non vengono inglobati nella comunità e lasciare stare i residenti.”

E tu vorresti il mio benestare per fare una cosa simile?”

E’ la cosa più logica. Tu stesso mi hai detto che talvolta occorre ragionare da un punto di vista utilitaristico, come sarebbe stato se avessi lasciato uccidere quel bambino.”


Giles si maledisse da solo. Avrebbe dovuto chiederle subito cosa gli stava nascondendo, perché fin da subito aveva capito che gli nascondeva qualcosa. E invece aveva aspettato un giorno intero, tutto a causa di quella sua abitudine a ponderare, a pensare bene, a esitare.

Le aveva lasciato tempo per prepararsi.

Solo in modo vago si rese conto che, per la prima volta, pensava consapevolmente a Buffy come a qualcosa di antagonista a lui.


So a che stai pensando, ora.” continuò la ragazza, in tono concitato “Vorresti che le cose non fossero mai cambiate, che io potessi ancora andarmene in giro per i cimiteri cacciando senza criterio. Però le cose sono cambiate, ti piaccia o meno, piaccia o meno al Consiglio. Piaccia o meno anche a me. E’ meglio che ci adattiamo. Angel non è più quello che salta fuori dai tuoi diari, ammesso che lo sia mai stato, perché vorrei proprio incontrare un umano che è stato capace di intervistarlo e uscirne vivo. E non è neppure più l'ossesso risvegliatosi dopo un secolo. Noi abbiamo fatto l'errore di credere che quello che sappiamo su di lui sia un'immagine della sua… personalità definitiva. Non è vero. Quello che riportano i tuoi diari sono il comportamento di un vampiro molto più giovane, in condizioni del tutto diverse. Ma è passato tanto tempo e ha dovuto sopravvivere a tante cose, probabilmente peggiori di quelle che tu, io e il Consiglio per intero potremmo anche solo immaginarci. Credo che abbia imparato tanto, che stia imparando ancora. Guarda solo come è cambiato in questi due anni. All'inizio ci stava intorno, ci provocava stupidamente. Adesso non lo fa più, la sua attenzione è su altro. Credo che anche lui stia cercando di capire cosa fare. Che stia procedendo un po' per prove ed errori. Ha incominciato in modo confuso, sbagliando un sacco di volte, ma sbaglia sempre di meno, te lo assicuro. Diventa sempre meno confuso, sempre meno insicuro. E un'altra cosa. Quelli che sono con lui. Anche loro contano. Questi non sono il Maestro e la sua congrega di matti. Sono ragazzi che vogliono solo trovare qualcosa da mangiare ed essere lasciati in pace. Se ne fregano del destino del mondo e delle profezie. Non andiamo a stuzzicarli troppo, perché altrimenti a qualcuno di loro verrà in mente che una fucilata o una macchina esplosa fanno più danni di qualsiasi apocalisse annunciata. E non basarti troppo sul fatto che Angel mi protegga. Accettano la sua guida perché fa loro comodo, perché sanno che lui è quello con maggiore esperienza. Se quello che dice dovesse andare contro i loro interessi, lo estrometterebbero o lo farebbero fuori e lui lo sa bene. Gli è quasi successo appena poco tempo fa, quindi non si metterebbe in una situazione troppo compromettente. E’ vero. Non vuole uccidermi. Ma ricorda che se dovesse arrivare a scegliere fra la sua vita e la mia, non ci penserebbe un istante. Quello che ho fatto è stato un colpo di fortuna. Non mi riuscirà più, perché ora non saranno più così disattenti e a Angel non sarà più permesso di lasciarmi fare. Il Consiglio non sa nulla e non sai nulla nemmeno tu e non so nulla io, ma io so qualcosa più di tutti voi messi insieme. Se vogliamo evitare di non svegliarci, vediamo di mantenere un equilibrio accettabile per tutti. Il che vuol dire morti da entrambi i lati. In numero gestibile.”

Allora hai davvero paura di lui…”

Adesso sì. Adesso ne sono terrorizzata.”


Incredibile. Angel era riuscito a ritagliarsi una nicchia di tutta sicurezza nel dominio di una Cacciatrice. Proprio per via della Cacciatrice.

Doveva essere un fatto storico.


Buffy si accovacciò sui talloni proprio davanti a lui e gli sfiorò un braccio. Non la mano, ma il braccio, dove la pelle era coperta dalla stoffa della camicia.


Rupert, per favore... non costringermi a fare qualcosa che non voglio e forse riusciremo a cavarcela tutti quanti. Non spingiamo oltre questa corsa agli armamenti. Davvero, credimi, potremmo trovarci di fronte qualcosa che non possiamo controllare. Mi ha offerto la possibilità di uno stallo. Accettiamolo, perché non credo di poter vincere.”


Giles si sfregò stancamente il volto.


Era difficile ora ricordare il motivo per cui aveva permesso a Angel a restare con loro. Il motivo per cui gli aveva permesso di vivere, invece di ucciderlo l'attimo stesso in cui aveva saputo cos'era. Buffy ne avrebbe sofferto, ma a quest'ora la sofferenza sarebbe passata da anni e si sarebbe evitata tutta quella venuta in seguito.

In realtà, non avrebbe nemmeno dovuto sapere cosa ne era stato di lui. Angel stesso le aveva detto che la lasciava. Non lo aveva fatto, naturalmente, ma per un po' lei non lo aveva saputo. Quello era il momento giusto, quando si era presentato di fronte a lui in biblioteca, senza nessuno a testimoniare. Quella volta, o subito dopo, in quel periodo in cui si incontravano da soli in biblioteca o, che Dio lo proteggesse, in casa sua.

Non c'erano testimoni, nessuno sapeva niente, nessuno avrebbe mai saputo nulla.

Aveva pensato di farlo. Non ricordava bene quando, ma doveva averci pensato, oppure ora non avrebbe ricordato che non ne aveva avuto il coraggio.

Però Angel li aveva aiutati contro il Maestro e aiutava Buffy. L'aiutava a restare in vita e questo era molto. Questo bastava.


Adesso, alla fine, Giles si ritrovava a tirare le somme di quello che aveva fatto.


(Volenti o nolenti, quella maledetta creatura è diventata l’arbitro delle nostre azioni)


Buffy, se davvero devo, chiamerò il Consiglio. Lo farò se non mi lascia altra scelta, per quanto questo possa costarmi con te. Io sono un Osservatore, anche se entrambi talvolta ce ne dimentichiamo.”

Io non lo dimentico di sicuro, Rupert. Io non dimentico che quando si è trattato di scegliere fra me e il Consiglio, tu hai scelto il Consiglio.”

E’ questo, allora? Una vendetta? Mi dispiace, Buffy. Te l’ho detto centinaia di volte. Mi dispiace, ma quello che è stato fatto non posso cambiarlo e non puoi cambiarlo neppure tu, qualsiasi cosa tu faccia. Ma dimmi una cosa. Se tu dovessi scegliere fra noi e Angel, cosa faresti?”

Io scelgo ogni giorno, e non credere che sia sempre così facile scegliere voi.”

Non è stato difficile, quando si è trattato di Jenny.”


Per una volta, quelle parole non ridussero Buffy al silenzio. E non la fecero reagire come aveva sempre reagito, con lacrime e colpa.


Vendetta, Rupert? Adesso dove è finita la storia che la vendetta non rimedia a quello che è successo? Jenny era morta. Uccidere Angel non l'avrebbe riportata in vita.”

E tutti quelli che ha ucciso da allora? Tutti quelli che ucciderà? Non lascerò che prenda il controllo della città. Questa volta non è una minaccia. C'è un limite oltre al quale non ho intenzione di spingermi, Buffy. E ci siamo davvero molto vicini.”

Me lo dici sempre. Me lo dici un po' troppo. Perché non lo hai fatto, finora?”

Il Consiglio non sa niente di Angel.”


La cosa sembrò disorientare Buffy. Spaventarla, anche.


Niente... quanto?”

Niente. Niente fin dall'inizio. Non ho mai detto loro nulla. Non sanno neppure della sua esistenza. Se avessero saputo qualcosa, quanto credi che ci avrebbero messo ad arrivare? Se avessero saputo della vostra relazione... La vita di una Cacciatrice non conta molto più di quella di un vampiro. Che sia viva o morta, non ha importanza. Quello che importa è il suo compito. Nel momento in cui lei non è in grado di sostenerlo, ne occorre un’altra. Non sono i mostri che tu credi, ma c’è un solo modo per avere una Cacciatrice.”


La ragazza si allontanò da lui. Restò in silenzio per qualche istante, pensierosa, poi sedette sul bracciolo del divano.


Quindi, se dovessero venire a saperlo ora, anche tu saresti in pericolo.”

Sì, anch'io. Se venissero qui, quanto credi che ci metterebbero a scoprire la storia? Basterebbe che parlassero con qualcuno dei ragazzi, e come potrei impedire loro di farlo? O impedire a Xander di raccontare tutto?”

Allora questo dovrebbe mettermi al sicuro, no? Non chiameresti gente che potrebbe nuocerti.”

Ne sei sicura? E’ davvero colpa tua. E’ colpa tua anche se esiste. E’ colpa tua se continua a esistere.”


Buffy lo studiava attenta. Si attorcigliava una ciocca dei lunghi capelli chiari intorno a un dito e ne mordicchiava la punta. Pareva che stesse cercando di leggergli nel pensiero. O, almeno, questa era l'impressione che dava. Anche se le Cacciatrici non erano telepatiche, Giles sapeva che erano molto sensibili. Forse addirittura empatiche, o forse solo capaci di percepire le variazioni umorali, non diversamente dagli animali.

Il risultato non cambiava, perché in questo momento Giles stesso non avrebbe saputo dire se il suo era l'ennesimo bluff o diceva sul serio.

Il telefono sembrava invitarlo e l’Inghilterra era distante solo poche ore.

La reazione arrogante di Buffy lo aveva fatto infuriare.


(Se lo facessi davvero...)


Che il cielo li salvasse dal giorno in cui si sarebbe infuriato al punto da fare davvero quello che minacciava, perché era sempre più difficile controllarsi.


Senza preavviso, Buffy si alzò e si diresse alla porta.


Dove vai?” le chiese.

E’ inutile continuare a discutere. Quello che dovevo dirti, te l’ho detto. Tanto, credo che per ora non arriveremmo a niente. Adesso vado fuori.”

A questo punto, a fare cosa?”

Buffy si strinse appena nelle spalle, prima di scappare via.

Non mancano mai le cose a cui dare la caccia.”


* * * * * * *



Il Sole era tramontato da poco, ma, in piena estate e a quella latitudine, il buio era già profondo.

La donna stava tornando a casa.

Si stringeva negli abiti fastidiosamente ingombranti. Non le piaceva portarli e la sua anatomia li rendeva delle vere trappole, ma il clima gelido ne faceva una necessità.


Qualcuno si stava avvicinando. Camminava sulla sua stessa strada, proveniente dalla direzione opposta. Era veloce e presto si sarebbero incrociati.


All’inizio, non capì di cosa si trattava.


I suoi sensi principali, udito e olfatto, si erano evoluti per condizioni diverse e non era in grado di percepire bene in quest’atmosfera così rarefatta, dove i suoni si propagavano diversamente e le molecole si disperdevano nell’aria turbolenta prima che riuscisse a identificarle. La sua vista, in così scarse condizioni di luce, era mediocre.

La forma sembrava quella di uno degli abitanti del pianeta, ma cosa, fra essi, ancora non era in grado di dirlo.

Le razze intellettualmente dominanti del sistema erano tre specie sorelle sorprendentemente simili l'una all'altra, benché di derivazione filogenetica differente, e non le era facile distinguerle se non a distanza ravvicinata.

Comunque, se davvero era uno dei terrestri, non faceva la minima differenza di quale si trattava.

Nessuno di essi aveva un motivo concreto per aggredirla. Non rappresentava un pericolo per nessuno, in nessun modo possibile, e non potevano nutrirsi di lei, ma questo non significava molto. Tutti loro erano spaventosamente aggressivi, persino per la media di questo mondo, e spesso uccidevano senza ragione. O con ragioni che per lei erano inesistenti.


Poteva girarsi e cercare un’altra strada, ma, a questo punto, allontanarsi al massimo era un modo per peggiorare le cose.

Avrebbe potuto spingere la creatura a darle la caccia per gioco o per riflesso di caccia e, in ogni caso, non sarebbe mai stata in grado di sfuggirle. Se avesse voluto prenderla, poteva farlo senza la minima difficoltà. Lei era impacciata dal peso e tutti loro, invece, erano dotati della sorprendente grazia, forza e agilità dei figli di questo pianeta a gravità così spiacevolmente elevata. Anche se per essi, naturalmente, non era affatto elevata.

Purtroppo, sfuggire alla sua attenzione non era possibile. L’aveva sicuramente già vista.

Era più sicuro proseguire con tutta la calma che riusciva a mostrare.


Finalmente, la creatura fu tanto vicina da permetterle di identificarla.


Rabbrividì.


Adesso avrebbe davvero voluto avere preso un’altra strada, una che le avesse permesso di arrivare a casa senza passarle accanto.

La conosceva bene e le faceva paura. La malevolenza che emanava era sufficiente a stordirla.

Ma quell’essere odiava chiunque non fosse umano e anche molti degli umani. Era una condizione naturale, per esso, e non per questo le aveva mai fatto del male.

Così, si strinse nelle braccia e andò avanti.



XII

June 5 2006, 11:02 PM




Willow se ne stava in silenzio, seduta al tavolo della cucina, sorseggiando quell’abominevole intruglio che gli americani consideravano caffè.

Teneva la tazza con due mani e, in quel modo, finiva per nascondere quasi del tutto il volto. Ma gli occhi erano visibili al di sopra dell’orlo della tazza, ed erano in continuo movimento.


Non era nervosa quando Giles l’aveva chiamata chiedendole di raggiungerlo. E non lo era quando era arrivata a casa di lui. Non era strano che la chiamasse, neppure a ore ben più avanzate. Quando aveva bisogno di aiuto, oppure quando Xander e Buffy si trovavano insieme.


Poi l’Osservatore aveva chiarito subito.

Buffy non c’era e non avrebbe dovuto essere informata della conversazione.

Questo a Willow non piaceva. Non le piaceva tacere e nascondere.

Il silenzio che era seguito non aveva fatto altro che far aumentare il disagio della ragazza.


Inutile aspettare ancora.


Willow...”

Lei abbassò subito la tazza.

Dimmi?”

Perché avete cominciato a seguire i vampiri senza fermarli?”


A giudicare dall’espressione, solo in quel momento Willow si rese conto che quello che lei e Buffy gli avevano detto nei giorni scorsi, avrebbe rivelato qualcosa sulle loro attività.


Giles doveva ammetterlo, lui non aveva mai dato prova di abilità deduttiva e probabilmente le ragazze si erano abituate a considerarlo un soggetto che assimilava le nozioni passivamente. In effetti, si era stupito lui stesso di avere capito una cosa simile.


Willow era intelligente, ma, quando cominciava a parlare, era interessata solo spiegare i fatti. Se aveva taciuto qualcosa, doveva averlo fatto solo perché Buffy le aveva detto di farlo o, semplicemente, perché non era ancora capitato di parlare di quel particolare argomento. Non concepiva la necessità di tacere informazioni e, con ogni probabilità, mentire l’azione più difficile che potesse compiere.

Per questo era tanto nervosa all’idea di nascondere il loro incontro a Buffy.


Non è che... che io abbia mai cercato davvero di fermarli. Voglio dire, ne ho ucciso qualcuno se c'erano altri con me ad aiutarmi, ma non ho mai provato a mettermi da sola contro uno di loro.”

Certo, fai bene. Però quello che mi hai detto sul loro conto non può essere qualcosa che hai osservato casualmente. Puoi averlo appreso solo seguendoli per parecchio tempo, studiandoli attentamente, e non solo mentre li stavate combattendo.”


La ragazza stringeva le mani intorno alla tazza e non lo guardava.

Intrappolata fra due diverse menzogne, si dibatteva in preda alla più totale confusione.

Alla fine, fece quello che Giles sapeva avrebbe fatto.

Sembrò persino sollevata di poter parlare.


E' che quello che facevo mi sembrava una cosa così irrilevante... Persino Cordelia è più attiva di me. Però, se avessi capito qualcosa sul loro conto, qualcosa di utile... Allora ho cominciato a studiarli per vedere se riuscivo a capire i loro punti deboli. In questo modo sarai stata d'aiuto, anche senza essere in grado di ucciderli personalmente.”


Sì, un buon motivo.

No, Giles non credeva a questa versione. Willow continuava a tenere gli occhi bassi, come se si vergognasse e, se fosse stata la verità, non ci sarebbe stato nulla di cui vergognarsi.

Comunque, non gli aveva risposto.

Poi c'era quella relazione al plurale che lo disturbava. Quel ‘avete’ riferito a Buffy che Willow non aveva negato.


Ti rendi conto di quanto sia pericoloso?”


Lei si strinse nelle spalle.


Non se ne rendeva conto, oppure se ne rendeva conto e pensava che ne valesse la pena, ma, probabilmente, non ci aveva neanche pensato.

Era qualcosa che poteva fare e lo faceva.


Non quanto credi. Per la maggior parte del tempo, non badano agli umani. Gli interessiamo come fonte di cibo, o come possibile pericolo, ma se non sono a caccia o non sono minacciati, non vivono certo in funzione nostra. Poi hanno un po' paura di noi. Intendo di quelli del nostro gruppo. Quando possono, non ci si avvicinano mai. Sai, credo che il fatto di essere amici di Buffy li spaventi. Mi hanno vista spesso che li studiavo, ma non li ho mai minacciati e non mi sono mai nascosta quindi... mi tollerano.”

Sanno di te?”

Lei annuì.

E’ difficile osservarli senza che se ne accorgano. Non si interessano degli umani, ma questo non vuol dire che non stiano attenti a quello che fanno gli umani. Tanto, quando non vogliono essere osservati, ti spariscono sotto gli occhi. Comunque, guarda che non faccio niente di speciale. Non li seguo da sola in un vicolo buio quando sono a caccia. Mi limito solo a stare attenta a quello che fanno.”


(E c’è Buffy con te, non è vero, Willow?)


Buffy, che doveva avere cominciato ad accompagnare la sua amica per proteggerla. Che, veniva sempre più condizionata dal modo di fare e pensare di Willow.

Perché, come tutte le Cacciatrici, assimilava la prospettiva di coloro a cui si sentiva legata e, di tutti loro, Giles se ne rendeva conto a malincuore, Buffy era legata solo a Willow.


Quanti anni hai, Willow?”

Diciotto. Lo sa, no? Quasi diciannove. A settembre.”

Sei vecchia…”


La ragazza si accigliò, risentita, ma chiaramente sollevata dal cambio improvviso di argomento.


Vecchia?”

Hai mai pensato di fare parte, un giorno, del Consiglio?”

Per la verità, a questo punto pensavo che la cosa…”

Che sarebbe stato automatico?”

Qualcosa del genere.”

E per quale motivo?”

Vi aiuto da anni. Spesso sono io a trovare la soluzione. Senza di me, forse sareste già morti tutti.”


Suo malgrado, Giles sorrise.


Nella storia, molti ci hanno aiutato e ci siamo serviti di molta gente. Non tutti loro sono diventati parte di noi. Molto pochi, anzi.”


Willow lo fissava con lo sguardo di un assetato messo di fronte all'acqua sottrattagli all’ultimo secondo.


No, Willow. Non è automatico.”

E tu, invece… volevi farmi entrare fra gli Osservatori?”

Ogni tanto ci penso. Tu sei molto intelligente. Ci saresti di aiuto.”

Però?”

Sei troppo vecchia. Alla tua età, non credo che accetteranno.”

Non sono vecchia.”

La maggior parte degli Osservatori nasce tale. Lo è perché i suoi genitori, o uno di essi, di solito la madre, appartiene al Consiglio. La maggior parte… ma non tutti. Non è cosa comune, ma non è neppure un evento talmente raro da rappresentare una singolarità, qualche volta individui provenienti dall’esterno vengono inseriti tra le nostre file. Sono ragazzi molto giovani, e i motivi possono essere svariati.”

Giovani quanto?”

Dieci, quindici anni.”

Nessun ventenne?”

Pochi.”

Però qualcuno sì?”

Qualcuno sì.”

Allora io non sarei un’eccezione.”

Questo ti sembra importante?”

Credo che sia importante per voi. Credo che voialtri non amiate troppo fare cose che, in qualche modo, non sono mai state fatte.”

Sì, hai ragione. Willow, il Consiglio ha... i suoi difetti. Sono i miei stessi difetti, solo che loro non hanno mai imparato a venire a patti con essi. Sono... tradizionalisti, al punto da essere irragionevoli. Forse accetterebbero una come te, anche se non ne sono sicuro. Ma tu accetteresti di lavorare secondo i loro principi?”

Io non sono un'estranea. So cosa vuol dire.”

No, non lo sai. Essere un Osservatore non è solo aiutarci. Anzi, per una come te quello è davvero il meno. Dovresti cambiare tutto il tuo modo di vivere e di pensare. Dovresti cambiarlo in modo radicale.”

Fammi un esempio.”

Dovresti allontanarti dei tuoi amici. Smettere di seguirli nelle cacce, smettere di uscire di ronda.”

Tanto, per quello che faccio…”

Dovresti accettare l'ingerenza del Consiglio in ogni aspetto della tua vita, anche quelli... quelli più privati.”


Willow aggrottò la fronte, sconcertata, quando capì il significato delle sue parole. Ma durò solo pochi istanti e, inaspettatamente, sorrise.


Non mi vorrai dire che il Consiglio si preoccuperebbe dei miei affari sentimentali?”

Non dico che sarebbe così per forza. Però è possibile che accada. Noi cresciamo abituati a questa idea, ma tu...”

Conosci i miei genitori? Sono fissati. Mio padre è un ortodosso. Si arrabbia anche se festeggio il Natale. Avevo messo in preventivo l'interferenza nel caso di Oz. Non sarà poi tanto diverso.”

Sarebbe molto diverso. Con tuo padre puoi litigare, ma non sei obbligata a seguire quello che lui decide per te. Con il Consiglio non è così. Soprattutto nel caso delle donne, e per una buona ragione.”

E se non lo faccio?”

Questo già è un argomento contro di te.”


Non gli credeva. O meglio, credeva che lui fosse convinto di quello che aveva detto, ma era una cosa talmente avulsa dal suo modo di pensare da farle supporre che simili provvedimenti non venissero mai applicati.

Ma d’altra parte, Giles dubitava che la cosa l’avrebbe fermata. Dubitava che una cosa simile rivestiva una vera importanza, agli occhi di una come Willow.


Willlow, un’altra cosa. Dovresti separarti dalla tua famiglia e trovarti una casa da sola.”

Cosa?!”


Stavolta la ragazza aveva quasi urlato.

Incredibile.

Avrebbe accettato l’idea di obbedire a estranei su quello che riguardava la sua vita, e invece era sconvolta da quella cosa che, secondo la cultura americana, sarebbe stata la più giusta e normale. Andarsene da casa appena raggiunta l'età giusta e finito il liceo.

Ma a Sunnydale i giovani restavano con i genitori e nessuno viveva solo, se appena poteva evitarlo. Avevano anche la tendenza a muoversi in gruppo molto più di quanto non facessero altrove. Gli abitanti di Sunnydale erano forse i più gregari di tutta la razza umana. Paradossalmente, questo ne faceva facili prede, perché quando capitava loro di trovarsi soli, accettavano immancabilmente la compagnia, anche quella di uno sconosciuto. L’importante era che fosse umano, o che lo sembrasse, e i vampiri approfittavano spietatamente del loro aspetto. Oppure attaccavano quelli che si muovevano in gruppo che, una volta separati, cadevano in preda al panico e non sapevano più come comportarsi.

Tutti loro vivevano ancora con le famiglie. Eppure non erano più bambini. Ma restare soli... a Sunnydale in genere ci si allontanava dalla famiglia solo quando si formava la propria.

Non da soli.

Mai da soli.


Sunnydale avrebbe fatto la felicità di un antropologo.

Un'isola culturale, qualcosa che aveva evoluto o stava evolvendo una società propria, diversa dal mare in cui era immersa.


Ancora una volta, Willow si riprese.


Stai cercando di convincermi a non pensarci più?”

No. Voglio solo cercare di farti capire. Ma, d'altra parte, è solo una conversazione, visto che non è assolutamente certo che verrai accettata.”

La ragazza si sporse verso di lui.

Glielo hai già chiesto?”

No.”

E non... non vuoi provare?”

Volevo prima parlartene. La maggior parte di noi non ha la possibilità di scegliere cosa diventare. Non voglio che sia così anche per te.”


La giovane sospirò. Riuscì quasi a dare l’impressione di avere dei dubbi.


E c’è Buffy.” continuò Giles “Per te è un’amica, e così come sei va bene che sia solo un’amica. Come Osservatore, dovresti cominciare a considerarla, soprattutto, una Cacciatrice.”

E’ per questo che non vuoi che Buffy lo sappia?”

Se verrai accettata, Buffy sarà una delle prima a venirne informata. Se non lo sarai, potrai dirle quello che preferisci. Ma adesso devi decidere da sola. Nessuno deve influenzarti. Non lei. Cercherebbe di farti cambiare idea.”


Willow tornò a fissare il fondo della propria tazza. La stringeva così forte che le dita le si erano sbiancate.


Buffy teme il Consiglio.” mormorò “Ha ragione. Quello che le hanno fatto è orribile. Il modo con cui credono di disporre della sua esistenza è orribile.”

Facciamo quello che è necessario.”

No, non è vero. Non è necessario fare così.”


Giles non replicò.

Era arrogante, Willow. A modo suo, non nel modo di Xander, o di Buffy. Ma non meno di loro. Credeva che la sua intelligenza le dava sempre le risposte giuste. E aveva l’intransigenza dei giovani.


Non è necessario che gli Osservatori le trattino così.” continuò la ragazza “Tu sei nel Consiglio, eppure sei suo amico.”


Amico… Non si era mai considerato un ‘amico’ per Buffy e meno che mai adesso.

Evidentemente, Willow non era al corrente degli sviluppi dei loro rapporti e dei loro attriti.

Per un po’ aveva temuto che Buffy le raccontasse della loro relazione. Aveva paura della reazione della ragazza, che non aveva idea di quale poteva essere. Ma Willow non aveva mai dato segno di sapere niente. Perlomeno il suo comportamento verso di lui non era cambiato.

Però, se era pensabile che Buffy non le aveva detto niente di quel fatto, era molto più difficile credere che non le avesse parlato dei contrasti che avevano avuto su come gestire la sua vita come Cacciatrice.


Giles…”

Dimmi.”

Io non potrei mai fare del male a Buffy.”

Lo so.”

Credi che Buffy potrebbe mai avere paura di me?”

Non ne ho idea.”


La ragazza drizzò la schiena.


Non potrebbe mai avere paura di me.”


Stava cercava di convincersi. Non di quello che voleva. Quello lo sapeva già e lo sapeva bene.

Lei voleva soddisfare la sua curiosità.

Quello che stava facendo ora era cercare il modo per convincersi che era anche qualcosa che poteva considerare giusto. O, almeno, qualcosa che poteva non considerare sbagliato.


Willow, sei sicura? Sei davvero sicura che è quello che vuoi? Dimmi di no, e non te lo chiederò mai più.”


* * * * * * *



Angel si chino sul corpo straziato.

La donna aliena, che eretta era stata anche più alta di lui, ora, raggomitolata in un groviglio scomposto, appariva penosamente piccola.


L’aveva vista molte volte, ma solo ora poteva osservare bene quella che era la sua caratteristica più evidente.


Le scapole si prolungavano in due strutture lunghe circa mezzo metro, con una specie di snodo fibroso dove si collegavano al corpo. Al di sotto, un'altra struttura, una serie di coste rigide che sostenevano la membrana dell'ala vera e propria.

Prese uno degli arti, sollevandolo di qualche centimetro. La membrana translucida e variopinta si spiegò con un fruscio, liberata dall'elitra vestigiale.


Le coste delle ali erano spezzate, le membrane lacerate, e i vasi che le percorrevano stillavano ancora il liquido quasi incolore che le era servito da sangue, che solo ossidandosi a contatto dell'aria assumeva una pallida sfumatura bluastra.

Il resto del corpo era in condizioni simili. Una massa di fratture, carne maciullata e fluidi organici. Alcune ossa spezzate fuoriuscivano con le loro punte acuminate dalla pelle. Il torace era completamente sfondato, con le costole sbriciolate.

Solo il volto, bizzarramente umanoide al di sopra della bocca, era intatto.


Nessun battito di mani avrebbe rimediato a questo.


L’odore dell’uccisore era chiaro, anche se mischiato ai disorientanti odori alieni che permeavano la carne stessa della donna. Solo il suo odore, e nessuno di quello dei suoi compagni.


Che cosa anomala, che l’avesse attaccata.


Questa creatura era del tutto inoffensiva, per chiunque e per qualunque cosa. Eppure l'aveva uccisa, infierendo su di lei come talvolta aveva fatto con i vampiri e con le creature più forti, senza alcun bisogno. Probabilmente, lei non aveva neanche fatto il tentativo di difendersi. Per quanto ne sapeva, non aveva nemmeno il concetto di difesa e, in ogni caso, non era proprio strutturata per combattere.

Uno scheletro formato da una sostanza più simile alla chitina che all'osso, e per di più cavo. Ali ingombranti e inutili. Muscoli leggeri e spugnosi. Niente denti, unghie, pungiglioni, veleni. Nessuna arma di offesa e neppure di difesa. Probabilmente a casa sua le ali erano funzionali. Sulla Terra, non erano altro che un pesante fardello che le impedivano persino di fuggire. Se attaccata, non faceva altro che rannicchiarsi di fronte al pericolo come un coniglio abbagliato dei fari.

Che razza di mondo doveva essere quello che aveva dato vita a una creatura così inerme, non riusciva neppure a immaginarlo.

Magari in quel mondo era considerata un essere micidiale, ma qui la sua struttura fragilissima non avrebbe potuto resistere all'assalto di un bambino umano. Sotto i colpi di un adulto, era stata annichilita.


Non aveva neppure idea di come fosse sopravissuta fin’ora.


I vampiri, lui compreso, non le badavano. Il suo sangue conteneva emocianina e di quello non si nutrivano. Qualche volta aveva visto i più giovani stuzzicarla, cercando di spingerla fuggire o a reagire, ma poi, immancabilmente, la lasciavano in pace quando si rendevano conto che non avrebbero ottenuto niente.

Forse era così anche per altri, o era sopravvissuta per caso.

In ogni modo, nessuno le aveva mai fatto del male, almeno fino a poche ore prima.


Questo riportava all’aggressore.


Non aveva mai fatto una cosa simile. Talvolta aveva ucciso esseri del tutto sconosciuti senza sapere se essi fossero o meno un pericolo, però costei non era sconosciuta. Viveva a Sunnydale da parecchio, e non si nascondeva. Con quell’aspetto, non sarebbe neppure stato facile nascondersi.

Bastava avere una conoscenza appena superficiale della fauna aliena e senziente della valle per sapere di lei e delle sue abitudini.


C’era un’altra cosa insolita. Questa era una zona dove l’uccisore non si era quasi mai avventurato. Dove nessuno di loro si avventurava quasi mai.

Non c’era nulla a interessargli, qui, e non era nemmeno una via di passaggio per i luoghi che frequentava.

E invece questa volta era venuto qui, da solo.


Lasciò andare l'ala membranosa.


Non l’aveva trovata. L’aveva cercata. Lei o qualcuno come lei.

Era stato un assassinio programmato, questo.


Sarebbe stato interessante sapere se era un caso isolato oppure solo un inizio.



XIII

September 26 2006, 9:01 PM




Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando si era trovato qui.

Il concetto di tempo era andato in frantumi insieme al resto della sua sanità mentale.


Stava finalmente per giungere al mare dopo il lungo viaggio attraverso i canali, e pregustava i giorni in cui avrebbe navigato liberamente, senza più necessità di approdare, traendo nutrimento dalle distese di alghe. Aveva anticipato le mattine, quando la superficie delle acque era coperta dalla nebbia bianca e calda, e ammirare il sole che appariva da quello strato lanuginoso.

Mancava poco. Doveva solo superare ancora una piccola isola coperta dai canneti.

Invece di passare subito oltre, era approdato su quell’isola, niente più che un frammento fra i canali, perché voleva vedere l’oceano dalla terra per l’ultima volta.

Il chiaro cielo notturno era una composizione di stelle e nebulose.

Si era incamminato, sapendo che, appena attraversato il canneto, il mare gli si sarebbe spalancato davanti.

Ed era stato così.

Ma la luce era cambiata, il mare che aveva visto non era una liscia superficie specchiante e la spiaggia dove era sceso era una distesa di nude pietre e sabbia.

Le stelle e le nebulose che illuminavano la notte erano state spazzate via. Ora il cielo sopra di lui era un vuoto privo di luci.

Quando si era girato per tornare sui suoi passi, si era reso conto che la strada si era chiusa e lui era perso.

Adesso dietro di lui si innalzavano le pendici rocciose di colline che non dovevano esistere.


Non capiva cosa era successo e non capiva dove si trovava.

La mancanza di un qualunque indizio di variazione, di una qualsiasi sensazione di transizione, non aveva fatto altro che rendere l’intera esperienza più spaventosa e confusa.

Per un tempo indefinito aveva vagato su quella terra incognita, sempre più terrorizzato, mentre il cielo diventava man mano più luminoso, senza allontanarsi realmente, perché non faceva altro che girare in quel piccolo spazio che aveva già percorso, fino a che non aveva trovato una spaccature fra le rocce alla base della collina e vi si era rifugiato.


Solo di una cosa era sicuro. Questo era un altro luogo. Un luogo che era distorta parodia del suo.


C'era il mare. Ma il mare aveva i colori e la mobilità del delirio. Le onde si frangevano in esplosioni di acqua, invece che ondeggiare in un moto lento e costante. La viscosità del liquido di cui era fatto quel mare era troppo bassa.


C'erano giorno e notte, ma il cielo del giorno era un distesa abbacinante e il sole una rabbiosa fornace emanante radiazioni velenose, invece di una stella rosata schermata dalla nebbia.

La notte era oscurità ottenebrante, spezzata solo dal biancore di una luna gigantesca, non una penombra illuminata dalla luce delle nebulose.

Il vento soffiava in raffiche sferzanti, invece che essere una dolce brezza costante.

E tutto era fragore.


Un altro luogo.

Un altro mondo. Un altro universo.

Un paradosso.


Non aveva la minima concezioni di altri universi, altre realtà, altri mondi. Per quello che lo riguardava, il suo era il solo universo.

Così doveva essere.

Così non era.

L’evidenza era che questo era un altro universo e l’esistenza di altri universi era impossibile.


Allora, incapace di accettare il paradosso, la sua mente si era ripiegata e richiusa in sé stessa e aveva smesso di pensare.


Era rimasto a lungo nascosto fra le rocce, inebetito e perversamente affascinato dal mutare del paesaggio nell’alternarsi troppo veloce del giorno e della notte e dal frangersi delle onde, fino a quando le necessità fisiologiche non scossero quel poco che restava della sua volontà cosciente e non lo costrinsero a muoversi.

A restare qui sarebbe morto. Si sarebbe pietrificato nell’osservare il mare, o si sarebbe perso nella follia e gettato fra le onde (e quel mare era troppo, troppo liquido per sostenerlo).

Faticosamente, si era trascinato lontano da quel mare che lo seduceva.

Riusciva persino a ragionare, con lucidità.

Bastava solo limitarsi alle azioni concrete. Camminare, cercare un punto elevato di osservazione, definire le caratteristiche dell’area.

Bastava ignorare tutto il resto. Bastava negare l’evidenza.


Aveva camminato nella notte, abbandonando la linea della costa. Aveva risalito la collina fra le cui pendici era rimasto nascosto per trovare un punto di osservazione elevato, finché la vegetazione erbosa, confortante nella sua somiglianza a quella che conosceva, non aveva lasciato il posto a orrori contorti e spinosi, e poi mostri altissimi, in gruppi fitti come le canne degli acquitrini. Non sarebbe mai riuscito ad attraversare quella massa colonnare e neppure voleva provarci.

Però al di sotto c’era la valle, e c’erano luci, una galassia legata alla terra, come nel cielo di casa sua.

Aveva cominciato a discendere la cima.


* * * * * * *



Il caldo non passava. Se possibile, ogni giorno era più rovente di quello precedente.

Con il passare del tempo, Buffy trovava questo clima sempre più fastidioso.


Willow se ne stava seduta in silenzio, fissandola.

Non aveva ancora quasi parlato, dopo che era stata proprio lei a chiederle di raggiungerla.

Inizialmente, Buffy aveva pensato che fosse solo per avere un po’ di compagnia. Adesso però cominciava a credere che la ragione di quest’incontro era dovuto a qualcosa di diverso che il desiderio di passare un pomeriggio insieme a un’amica.


Scostò una tenda. Al di fuori il cielo era abbacinante. Neppure azzurro. Solo bianco.

Uscì un istante sul balcone e venne investita da una massa di calore soffocante che pareva esercitare un proprio peso e una propria pressione sulla sua pelle.

Sulla strada, l’aria tremolava e l’asfalto rifletteva un’illusoria superficie d’acqua.

Rientrò subito nell’ambiente climatizzato della stanza.


E’ un periodo tranquillo, questo.” disse Willow.

Buffy sospirò, continuando a guardare l’esterno.

Già. Il numero di morti e dispersi è calato di parecchio.”

Non me lo aspettavo proprio.”


Buffy si irrigidì.

Finalmente la questione usciva allo scoperto.

Se lo aspettava da giorni, dal momento in cui aveva parlato non solo a Giles, ma anche agli altri del gruppo. D’altra parte, non aveva modo di nascondere la faccenda a lungo. I ragazzi la seguivano spesso, avrebbero visto il suo cambio di comportamento, e allora tutto sarebbe stato molto più difficile. Meglio parlarne spontaneamente.

Almeno sarebbe stato solo informarli di una sua decisione. Non giustificarsi.


Se stai cercando di dirmi che non dovevo accettare il ricatto di Angel, dimmelo in faccia senza fare allusioni o girarci intorno.”


Willow dilatò gli occhi e si ritrasse un po’.


Buffy, voglio solo dire che si sono verificati pochi attacchi. Non alludo a niente.”


Buffy lasciò ricadere la tenda e si avvicinò di qualche passo alla sua amica, osservandola oziosamente.

La ragazza fingeva. Il suo voler apparire indifesa e intimorita era deliberato.

Chissà cosa avrebbe fatto Willow se le avesse rivelato quello che lei cominciava a credere su sé stessa. Che la paura, la vera paura, rappresentava uno stimolo irresistibile all’attacco.

Chissà se anche allora avrebbe voluto apparire spaventata.

Chissà se allora non si sarebbe spaventata sul serio, chiudendo il cerchio. E chissà, a quel punto, cosa avrebbe fatto lei.


Scusami. E’ che Giles mi sta facendo diventare matta.”

Non puoi biasimarlo.”


E perché no? Chissà per quale strano motivo tutti pensavano che lei non potesse biasimare Giles.

Se c’era qualcuno che poteva biasimare Giles, era proprio Buffy.

Ma era inutile discutere. Le sembrava in qualche modo offensivo dover discutere per far comprendere una cosa simile, così evidente.


Ma Willow, evidentemente, dovette capire quello a cui stava pensando.


Si preoccupa per te.” mormorò la ragazza umana, stringendosi le mani.

Si preoccupa per la mia condizione, non per me. Si preoccupa che non sia più abbastanza utile.”

No, senti, questo proprio non è vero. Non è solo di quello. Ti rendi conto che se Giles si preoccupasse solo…”

Hai ragione.” esclamò Buffy, interrompendola “Non solo di quello. Sarebbe meglio se si preoccupasse solo di quello. Sarebbe più onesto.”


Willow non replicò, a disagio.


Quello che fate, tu ed Angel, non è giusto.” disse invece.

Buffy si lasciò cadere di schiena sul letto, allargando le braccia in modo melodrammatico.

Questo è il ritornello cantato da Xander. Ora cominci anche tu?”

Non voglio dire che è sbagliato in quel senso. E' sbagliato perché è pericoloso.”

Sei convinta anche tu che un giorno o l'altro mi attaccherà?”

E chi lo sa quello che pensa? Ma no, non è neanche questo. E’ che ti fidi di lui e stai perdendo al capacità di valutare quello che è.”

Guarda che io non mi fido per niente di lui. Io non mi fido di nessuno.”

Questo è qualcosa che ti piacerebbe credere.”

Questo è come stanno le cose.” replicò seccamente Buffy.

Di me non ti fidi?”


Buffy si sollevò sostenendosi su un gomito e fissò l’altra ragazza.


Willow...”

Non ti fidi di me?” chiese Willow “Se ti fidi di me, puoi fidarti di altri.”

Ma non puoi paragonarti a lui. Con te è diverso.”

Perché?”

Perché sei tu! Willow, mi sembri pazza a fare questi ragionamenti.”

Non è diverso per niente. Buffy, tu... tu hai la tendenza a dare la tua completa fiducia alla gente che ami. E' così, non dire di no. Ma questo non vuol dire che tu abbia ragione. Non vuol dire che coloro che ami faranno quello per cui tu dai loro fiducia. Tu ti fidi di Angel. Hai ucciso Drusilla e ti sei fidata che lui non ti avrebbe fatto del male per questo.”

Questa non è fiducia. E' che so che razza di bastardo a sangue freddo sia. Ero certa che non avrebbe messo in pericolo la sua preziosa esistenza per un'inezia come il fatto che ho ammazzato sua figlia.”

E' una forma di fiducia anche questa. Ti fidi del fatto che agirà in un certo modo, ti fidi della tua capacità di capirlo...”

Va bene. Vedi che allora torniamo al discorso di prima? Tu credi che prima o poi mi attaccherà, tradendo la mia… fiducia nei suoi riguardi.”

No. Io ho paura che potresti... potresti proiettare la fiducia che hai per lui ad altri vampiri.”

Non dire sciocchezze.”

E perché?”

Buffy rise seccamente.

Ma ti pare possibile che io vada a fidarmi di un vampiro? Non lo farei mai.”

Lo hai già fatto.”

No!”

Sì, invece. Angel è un vampiro. Lo è sempre stato e tu ti sei fidata di lui.”

Non lo sapevo!”

Ah, e come mai non lo sapevi?”


Buffy non rispose.

In realtà, non avrebbe saputo che rispondere. Se lo era chiesto anche lei, tante volte, ma non sapeva perché non era riuscita a capire la natura di Angel.

L'anima, aveva pensato all’inizio. L'anima lo rendeva simile a un umano.

Però, dal momento che lui si era rivelato, aveva cominciato a percepirlo come vampiro. Anche se aveva ancora l'anima. E una volta che l'aveva persa, la sua percezione di lui non si era intensificata o alterata in alcun modo. Era rimasta la stessa.


Perché non aveva riconosciuto Angel come vampiro?

Eppure gli era stata talmente vicina. Lo aveva persino toccato

L’anima non nascondeva temperatura corporea, colore della pelle, occhi, frequenza cardiaca e respiratoria, né qualsiasi altra differenza fisica, e i vampiri ‘erano’ diversi dagli esseri umani. Fisicamente diversi. Molto più di quanto non credessero Giles, Willow e gli altri.

Lei allora era giovane. Non si accorgeva di questi particolari. Doveva averli sempre percepiti, ma non si rendeva conto di percepirli. Per lei, semplicemente, chi aveva davanti era ‘sbagliato’.

Solo da poco aveva cominciato a riconoscere coscientemente quali erano le diversità che rilevava, o forse aveva solo cominciato a volere farci caso.

Aveva anche cominciato a pensare che, forse, erano molto più diversi di quello che persino lei sapeva.

Ma allora Angel si era comportato come un essere umano e lei aveva preso per scontato che fosse umano, perché non era possibile che un vampiro si comportasse come un uomo, le avevano detto che non era possibile, non fino a quel punto, e, anche se forse i suoi sensi avevano urlato, lei non li aveva ascoltati o non aveva creduto loro.


E' successo una volta. Potrebbe succedere ancora.” continuò Willow “Potresti incontrare un altro di loro che credi diverso e non vederlo come nemico.”

Le probabilità che un altro vampiro si trovi nelle condizioni di Angel sono parecchio scarse. E io non avrò mai più sedici anni.”

Pensa a questo, allora. E' pericoloso anche per lui.”

Questo sono io che lo decido, non ti pare?”

Per quello che riguarda te, forse. Però tu non sei tutti coloro che potrebbero o vorrebbero fargli del male.”

Ma sono probabilmente la peggiore. Avanti, dimmi come potrebbe essere un pericolo per lui il fatto di avere intorno una Cacciatrice che non cerca di ucciderlo appena lo vede.”

Potrebbe dargli un’eccessiva sicurezza, cosa di cui Angel non ha proprio bisogno. Viene da te, ti si avvicina nonostante quello che sei, certo che non gli farai nulla, che lui sarà sempre in grado di manipolarti a piacere… Non ti piace il termine fiducia. Chiamala confidenza, se preferisci. O imprudenza, ma il significato non cambia. Sta di fatto che entrambi avete rapporti con qualcuno verso cui invece dovreste nutrire solo paura e diffidenza. Voi due state perdendo la giusta prospettiva delle cose. Se un giorno tu dovessi fidarti di altri vampiri, o lui trovare degli esseri umani come noi e non essere prudente a sufficienza, potrebbe essere la vostra fine. Io non posso parlare a Angel, ma tu sì. E io posso parlare a te. Dovete smetterla. Dovete staccarvi l’una dall’altro. La vostra situazione è assurda.”

Ti preoccupi per Angel?”

Mi preoccupo per te. Buffy, quando si tratta di Angel, tu non ti comporti razionalmente. Ho visto come eri ridotta quanto ti ha lasciata. Non voglio neppure pensare a come reagiresti se venisse ucciso. Non voglio che tu ti ritrovi a combattere in stato confusionale. Se questo vuol dire preoccuparsi per lui, mi va bene. E comunque, che tu ci creda o no, non lo odio abbastanza da volerlo morto.”


Buffy si riabbandonò sul letto, le braccia aperte, i pugni stretti e gli occhi sbarrati e opachi fissi al soffitto.


Pare che da un po’ di tempo a questa parte tutti quanti si preoccupino per me, si preoccupino di non mettermi in pericolo. Pare anche che tutti quanti siano certi di sapere cosa devo fare e cosa non devo fare, e questo nonostante nessuno sia come me. Dimmi una cosa, Willow. Mi hai mai vista una volta pretendere di sapere cosa va bene per voi? Come voi dovreste comportarvi?”

No. Ma, come hai fatto notare, nessuno è come te e nessuno rischia la vita quanto te.”

E finora me la sono cavata piuttosto bene, nonostante tutto. Persino nonostante i consigli non richiesti.”

Buffy…”

Quello che stai dicendo è privo di senso.” continuò Buffy, ignorandola “Io non mi fiderò mai di un nemico. Ci siamo rivolti la parola l’altra notte dopo mesi e non è stato un incontro amichevole, te lo assicuro. Non è nemmeno stato un incontro. Ci siamo scontrati. Non ha importanza che siamo tornati a casa tutti interi. Non ha importanza quanto possiamo cercare di sopravvivere con meno danni reciproci possibili. Tra me e Angel le cose sono andate così, mi piaccia o no. Okay, è la realtà. Mi ci sono rassegnata da un pezzo, credimi.”


Willow sospirò.


Sei nemica di Angel? E lui è nemico tuo? Non lo so. Non ho idea di cosa siete l'uno per l'altra. Non mi sembrate nemici, ma cosa so io non ha importanza. La cosa peggiore è che non credo lo sappiate neppure voi.”


* * * * * * *



Bizzarre e incredibili formazioni di pietra sorgevano nella valle, formazioni di linee e angoli perfettamente retti e superfici levigate, alcune separate da vasti spazi, altre addossate l’una all’altra, oppure talmente vicine da lasciare solo stretti corridoi fra esse.

Non aveva mai visto strutture di forma simile, tanto regolari, e non riuscì a pensare che forse erano di origine artificiale, così come anche le strutture che emettevano luce, disseminate un po’ dovunque. Le novità di questo luogo scivolavano sulla sua coscienza senza fare presa, senza suscitare più paura o qualsiasi altra emozione che non fosse una passiva meraviglia.


Fino a quando qualcosa non aveva fatto breccia nella sua mente, penetrando il guscio stuporoso in cui si era ritratto.


Qualcosa si stava movendo nella sua direzione. Due cose.

Due creature.


Aveva visto altri esseri, nel tempo che era stato qui. Piccole creature che strisciavano per terra o che volavano, sostenuti da un numero variabile di arti. Nessuno di essi lo aveva avvicinato.

Ma questi si erano diretti verso di lui senza esitazione, emettendo una moltitudine di suoni articolati e modulati.

Orride creature bipedi che si muovevano con repulsivi movimenti a scatti su arti articolati. Esseri simili ai suoi simili quanto questo mare era simile al suo mare, tanto più spaventosi perché riconoscibili. Se fossero stati del tutto diversi, non sarebbero stati tanto mostruosi, così come non erano stati orribili i piccoli esseri striscianti e volanti che aveva già incontrato.


Si era ritratto, indietreggiando sino a trovarsi nell’angolo fra due delle strutture regolari, terrorizzato dall’idea che gli venissero vicini, facendo di tutto per mostrare la sua paura, ma le due creature continuarono a camminare.


Non poteva immaginare che il suo colore scuro si confondeva con il buio e che le due creature, prive di una buona visione notturna, non lo avevano visto.

Non aveva esperienza di esseri che non fossero in grado di percepire in qualsiasi situazione del proprio ambiente. Lui non conosceva una simile oscurità, però, se questo era il loro mondo, dovevano essere adattati alle sue condizioni, qualunque esse fossero.

Emise un suono di avvertimento per avvertire di non avvicinarlo, prima di essere costretto ad attaccare.

Fu come se non avesse fatto nulla.

Non poteva sapere che il suono emesso era a una frequenza troppo bassa per essere percepita dalle due creature.


Poi accadde quello che temeva. La sua sfera di territorio personale venne invasa.


In quel momento, una delle due creature lanciò un grido spaventoso che infranse definitivamente le barriere con cui si era protetto.

Per la prima volta da quando era qui, qualcosa che riconosceva. Nel suo mondo, molte creature usavano il suono per attaccare.

Si ritrasse, ferito e sofferente, ma le pareti della struttura dietro di lui lo bloccarono, impedendogli la fuga.

Il rumore era insopportabile.

Si strinse ancora più in sé stesso, nel futile tentativo di isolarsi dal frastuono.

Incurante del suo dolore, l’alieno continuò a stridere.


Istantaneamente, si attivò un modello difensivo in risposta alla mutate condizioni esterne. La sagoma che lo aveva aggredito con quel suono spaventoso venne classificata come 'attaccante' e, subito dopo, si formò un'associazione fra la 'cosa', l’evento e il comportamento opportuno da adottare.

Il suo cervello funzionava tramite comportamenti stereotipati di tale complessità e che coprivano un tale numero di condizioni da renderlo, per quanto paradossalmente, adattabile.


Afferrò il mostro. Le creste tattili aderirono facilmente e gli uncini retrattili penetrarono nel tegumento inaspettatamente privo di consistenza. Lo scosse, sperando di farlo tacere, invece la creatura intensificò la frequenza di quei suoni laceranti, ora imitato anche dall’altro.

Non ce la faceva davvero più a sopportare.

Inchiodò la cosa a terra, poi con le fauci gli afferrò uno degli arti scheletrici e lo tirò.

Ci fu una spruzzata quasi esplosiva di liquido scuro (sangue?) e l'arto si staccò dal torso con un suono strano, portando via parte dell’epidermide dell'essere. La cosa rimase a terra immobile, smembrata e finalmente ridotta al silenzio.


L’altro continuò ad urlare, emettendo suoni persino più acuti di quelli del suo compagno, fino a quando anch’esso non fu fatto a pezzi.


Aveva ucciso il primo alieno per paura e impulso. Non si era neppure reso conto di quello che stava facendo.

C’erano creature che sopravvivevano allo smembramento. Altre troppo forti per essere ferite. Lui non conosceva questo particolare essere e non sapeva quale risultato avrebbe ottenuto con le sue azioni.

Ma quando il secondo lo aveva attaccato, lo schema comportamentale innescato era stato rafforzato, e lui aveva saputo bene come agire.


Ora, la catatonia in cui era stato immerso negli ultimi giorni era stata spazzata via, ma lo schema appreso aveva mantenuto la sua integrità.

Quelle bestie lo avevano aggredito.

Erano pericolose.

Era necessario ucciderle. Tutte le bestie di questo mondo.



XIV

September 26 2006, 9:03 PM




C'era qualcosa di strano nella sala.

Le linee si erano lievemente incurvate, gli angoli ammorbiditi. La luce attenuata. Le pareti lisce erano adesso lievemente granulose, come se mostrassero la pietra grezza.

In qualche modo, appariva cavernosa.

Un antro organico. O un ventre oltre una bocca famelica.


Buffy non si era mai resa conto di quanto fosse opprimente quel luogo. Teneva lontana l'aria e la luce era solo artificiale, perché la luce vera non poteva conquistarla.


Eppure, al di là dei suoi confini, era una notte brillante di Luna quasi piena e stelle. Le stelle, anzi, apparivano fin troppo luminose e nitide. Una cosa rara, che capitava di raro e di solito in inverno, quando le tempeste di pioggia ripulivano per qualche ora il cielo dall’onnipresente strato d’afa e polvere


Ma la biblioteca era claustrofobica in modo quasi repulsivo e lei aveva voglia di correre fuori.


Willow era seduta al tavolo centrale con un libro davanti. Una posa così tipica di lei che Buffy faceva fatica a immaginarsi la ragazza seduta altrove o in altro modo, in quella sala. Però questa volta il libro di fronte a Willow era al contrario.

C'era Giles, in piedi accanto alla giovane donna.

Teneva fra le mani una piccola ciotola d'argento.

Entrambi fissavano la Cacciatrice, in silenzio.

Il vecchio prese qualcosa dalla ciotola e lo mangiò. Buffy non capì di cosa si trattava. Poi, Giles porse la ciotola a Willow.

La ragazza sorrise, e anch'essa attinse al contenuto. Questa volta, Buffy vide che era qualcosa di piccolo e rosso, ma ancora non riuscì a distinguere.

Willow mise in bocca la cosa e la masticò lentamente e a lungo prima di ingoiarla. Poi sorrise di nuovo e ne prese ancora.


Buffy si avvicinò al tavolo. Giles allungò la ciotolina verso di lei e, finalmente, Buffy ne scoprì il contenuto.

Chicchi di melograno.

Ne prese alcuni. Giles le sorrise, annuendo, e anche Willow.

Sorrisi congelati e volti come maschere.

Buffy fece per mettersi in bocca la frutta. I chicchi erano umidi e viscidi e il loro odore leggermente putrido, come odore di fiori appassiti e acqua stagnante.

Non aveva davvero desiderio di mangiarli. Anzi, adesso aveva un lieve senso di nausea.

L'Osservatore continuava a fissarla, incoraggiante.


Vuoi farlo?


Scosse la testa e si portò di nuovo i chicchi alle labbra.


Vuoi farlo?


Prima di poterli mettere in bocca, si accorse di un’altra presenza.

Angel era seduto sul davanzale di una delle finestre, una di quelle in altro. Ignorava Willow e Giles, ma guardava lei con i suoi brillanti occhi gialli. Non diceva nulla.

Anche i due umani sembravano indifferenti alla presenza del loro mortale nemico.

Tutti fissavano lei. Tutti sembravano aspettare qualcosa.


Angel tese una mano.

Grondava sangue.

Rivoli di sangue che scorrevano lungo il dorso e il palmo della mano, si raccoglievano sulla punta delle dita e, alla fine, gocciolavano a terra.


Buffy si avvicinò alla finestra, tenendo la testa sollevata a guardarlo.

Le gocce di sangue si infrangevano sul pavimento proprio davanti a lei, schizzando e macchiandole le gambe e l'orlo del vestito.

Un liquido di un rosso tanto scuro da sembrare nero. Da essere nero nella semioscurità della biblioteca.


Il sangue era di Angel.

Un’incisione slabbrata e profonda gli tagliava trasversalmente il polso, e c’era un ritmo nel fluire del sangue, una specie di pulsazione con cui sgorgava dalle vene recise e si spandeva sul polso prima di cadere a terra, dove ora formava una pozza davanti ai suoi piedi.


Sentì qualcosa colare dalla sua stessa mano. Si guardò il pugno stretto, dove un denso fluido rosso filtrava tra le dita serrate.

Aprì il pugno.

Era il succo del melograno. Teneva ancora i chicchi e li aveva schiacciati fino a ridurli in una poltiglia appiccicosa, ma il liquido che ne fuoriusciva non era acquoso e scolorito come doveva essere il succo di un frutto.

Era denso e scuro, proprio come il sangue di Angel.


* * * * * * *



Buffy non credeva che esistesse qualcosa in grado di impressionarla. E infatti, anche in quest'occasione, non si scompose. Tuttavia, la vista di questi due corpi ci andava vicino. Molto vicino.

Una delle braccia del primo cadavere era staccata dal corpo. Strappata, era meglio dire, con filamenti biancastri che si stiravano sfilacciati dalle ferite. Parte della pelle del torso pendeva dal braccio e si adagiava flaccida sul tavolo. Sul bicipite c’era la chiara impronta di un morso lasciato da denti grossi come ditali e una serie di altre incisioni disposte in bizzarre conformazioni coprivano il torace e le braccia.

Quanto al secondo corpo, presentava gli stessi segni e poteva essere rimesso insieme da un maniaco di puzzle.


Xander emise un suono che pareva un conato represso, ma continuò a fissare i cadaveri smembrati.

Probabilmente, se fosse stato davanti ai corpi reali, con l’aggiunta dell’odore di carne e sangue, si sarebbe sentito davvero male, ma queste erano solo immagini fotografiche, che in qualche modo Giles aveva ottenuto, o ricevuto.


Chissà chi delle autorità comunali si era fatto comprare o ricattare dal Consiglio. Però, da qualche tempo a questa parte, ogni volta che accadeva qualcosa di realmente insolito, insolito persino per Sunnydale, Giles ne veniva prontamente informato e loro avevano guadagnato una quasi completa libertà di azione

In questo modo, erano terminate le gite di nascosto all’obitorio. Niente più escursioni di notte, cercando di sfuggire alla distratta sorveglianza dei guardiani. Bastava una telefonata da parte di Giles, e le porte dell’ospedale si aprivano per loro.

Nulla di ufficiale, naturalmente. Solo un far finta che loro non esistevano, come non esistevano molte altre cose. Facile per la gente di Sunnydale. Erano abituati a negare.


Oggi la relazione fra loro e gli abitanti della città aveva subito un’ulteriore evoluzione. Avevano ricevuto direttamente le immagini e i rapporti sulle vittime. Non lo avevano mai fatto prima, ma almeno questa volta diventava superfluo vedere con i propri occhi.

Bastavano le immagini.

Buffy non poteva certo dire di dispiacersene. Non sapeva perché tutti sembravano credere che lei si compiacesse di osservare e fiutare cadaveri, sangue e viscere, solo perché non ne provava disgusto come loro.


Peccato. Proprio adesso che il numero di vittime di demoni era diminuito.” disse Willow, spezzando il silenzio che era calato nell’appartamento dal momento in cui Giles aveva mostrato loro le foto.

Non sono diminuite.” esclamò Xander “Contale. Solo che adesso sono per la maggior parte vittime di vampiri.”

Questo non lo hanno fatto i vampiri.”

Non sarebbe la prima volta che fanno a pezzi le loro vittime.”

Tutte le volte che lo hanno fatto, però, le hanno anche divorate, almeno in parte. Queste no. E poi niente collo spezzato, niente morsi alla trachea o alla nuca, niente artigliate.”

Xander indicò le incisioni sull’avambraccio del primo cadavere.

Quello cos’è?”

Ma dai. La cosa che ha dato quel morso deve avere una bocca grande come quella di una tigre siberiana. E non ha denti appuntiti.”

Stai presumendo che uccidano le persone solo per mangiarsele, ma non è detto.”

E come lo avrebbero fatto, secondo te? Nemmeno se tutti i vampiri di Sunnydale si fossero messi a giocare al tiro alla fune con quei due disgraziati, avrebbero potuto ottenere un risultato simile. E se hanno usato un mezzo, allora quel mezzo avrebbe potuto essere usato da chiunque, compreso un essere umano. Atteniamoci ai fatti che abbiamo e cerchiamo di capire chi ha la struttura giusta per aver fatto questo, prima di pensare ad altro.”

E’ inutile che insisti, Xander. Tanto anche a ripeterti non hai ragione.” esclamò inaspettatamente Cordelia.


Xander scossa la testa, chiaramente infastidito, ma non replicò. Anche lui doveva sapere benissimo quanto fosse assurda l’ipotesi che aveva formulato. Era solo uno dei suoi soliti ritornelli diretti a Buffy.

Lei aveva deciso di non stare al suo gioco. Non sarebbe servito a nulla se non dare al ragazzo quello che voleva. Quando aveva raccontato loro della tregua con Angel, Xander non aveva fatto scenate, ma Buffy sapeva bene che non era una situazione destinata a durare. Tutt’altro.

Se persino Willow aveva avuto di che ridire, poteva solo immaginare cosa le avrebbe fatto passare Xander. Il giovane stava solo aspettando l’occasione giusta e lei non poteva fare nulla, se non aspettare l’arrivo della tempesta che di sicuro, prima o poi, le si sarebbe rovesciata addosso.


Magari i corpi sono stati usati come nidi o incubatrici.” chiese Cordelia.

Un parassitoide?”

Cordelia si strinse nelle spalle.

Dimmelo tu.”

No. Stesso discorso di prima. I corpi sarebbero stati divorati. Oppure, se fossero serviti solo da incubatrice, sarebbero dilaniati dall’interno. Questi sono solo stati fatti a pezzi. Strappati, come fogli di carta. I morsi non sono quelli che li hanno uccisi. Non hanno nemmeno fatto veri danni.”

E quei segni?” chiese Giles, indicando i segni che coprivano il torace del primo cadavere e anche gran parte del secondo.

Erano davvero strani. Una serie di strette incisioni lunghe un paio di centimetri, ognuna di esse angolata in modo diverso, ma che nell’insieme formavano complicate configurazioni simili a rosette disposte in file parallele.

Willow sospirò e allargò le mani in un gesto di totale impotenza.

Non lo so.”

Sembrano formare dei disegni.” disse Giles “Forse sono stati fatti con uno strumento. Forse un rituale o qualcosa del genere.”

Un essere senziente, quindi? Riduce il numero dei possibili responsabili.”


Buffy ascoltava distrattamente.

Sentire le voci di Willow e Giles insieme le aveva le aveva subito riportato alla mente il ricordo del sogno fatto quella notte non le permetteva di concentrarsi sul presente, i due cadaveri squartati, le parole dei suoi compagni.

Non esattamente un incubo, ma certo non qualcosa che le aveva lasciato una sensazione piacevole.


(Sogno profetico?!)


Di cosa, poi?

Nonostante la sicurezza di Giles di fidarsi dei suoi sogni, lei era sempre stata molto più dubbiosa.

Eppure quei sogni c’erano, e avevano collegamenti con quello che accadeva nella realtà, non negava questa evidenza. Solo non credeva che fossero immagini del futuro.

Forse era un fenomeno simile a quello con cui percepiva i vampiri. Lei avvertiva segnali che non era in grado di decifrare consapevolmente, ma quei segnali c’erano e restavano nel suo subconscio, comunicandole conclusioni a cui non arrivava consciamente.

Però, se poco per volta stava arrivando a riconoscere i vampiri per la loro realtà, forse poteva fare lo stesso con i sogni.


Non era certo il momento migliore, eppure non riusciva a smettere di pensarci. E di pensare a un altro sogno, vecchio di anni, che non era mai riuscita a dimenticare. L’unico altro sogno dove aveva visto Giles e Willow insieme.


Buffy si scosse e rilesse le schede che contenevano le identità dei due cadaveri. Un maschio e una femmina, entrambi diciassettenni.

A quell’età i maschi umani erano molto aggressivi, soprattutto se dovevano ostentarsi davanti alle ragazze o a coetanei. Ed erano anche del tutto privi di prudenza.


Magari hanno solo stuzzicato il tipo sbagliato.” mormorò “Qualcosa che di solito non attacca, ma che è capace di reagire.”

Vuoi dire che è colpa loro?” replicò subito Xander.

Non so neppure cosa è successo, come vuoi che sappia di chi è la colpa? Piantala di mettermi le parole in bocca. Voglio solo dire che è una possibilità.”

Pensi che due ragazzi si sarebbero messi a stuzzicare un demone?”

Gli esseri umani sono stupidi, Xander, fanno un sacco di cose stupide. Non sarebbero certo i primi a infastidire qualcosa che può fare loro del male. Ci sono quelli capaci di pagare un sacco di soldi e andare dall’altra parte del mondo per il gusto di uccidere un animale potenzialmente pericoloso. Credi che a nessuno dei nostri concittadini sia mai venuto in mente che in questo posto possono provare il brivido della caccia senza muoversi da casa e senza spendere un dollaro? La differenza è che qui si gioca ad armi pari.”


Una possibilità come un’altra. In realtà, lei non conosceva niente in grado di fare una cosa simile. C’erano molte creature che potevano e volevano uccidere gli esseri umani, ma non in questo modo.

La maggior parte degli esseri di Sunnydale erano piuttosto modesti per forza e capacità. Anche quelli più forti o rapidi degli umani, rimanevano quasi sempre nell’ordine di forza e rapidità di creature terrestri della stessa mole e struttura.

Se non si trattava di un’eccezione, e se il segno del morso forniva un’indicazione corretta delle sue dimensioni, allora l’uccisore era un essere gigantesco.

Ma se era così, come mai non lo avevano mai visto? A Buffy non veniva in mente nulla di abbastanza grande e robusto. Giles poteva avere visto giusto, le ferite sulla pelle delle vittime essere state inferte con uno strumento, e la creatura essere quindi più o meno senziente. Ma non bastava. Doveva essere anche abbastanza astuta da sfuggire all’attenzione umana. Le due cose non andavano necessariamente di pari passo.


Buffy può avere ragione.” disse Willow “Non è detto che sia stato un predatore o un assassino premeditato. Anche sulla Terra, alcune delle creature più aggressive sono vegetariani.”


La voce di Cordelia li sorprese tutti.


E’ inutile star qui a guardare questo schifo e fare ipotesi. Potrebbe essere qualcosa che non abbiamo mai incontrato e che non conosciamo perché è il primo del suo genere ed è appena arrivato.”


Buffy intercettò lo sguardo che Cordelia riservò a Xander, freddi occhi d’ambra che la luce tangenziale trasformava in laghi dorati, oscurati dalle lunghe ciglia nere.

Lo sguardo che poi rivolse a tutti loro, sfidandoli a contraddirla se ci riuscivano.


Cordelia era un enigma, più di chiunque altro.

Non poteva essere letta perché non aveva paure che lei potesse percepire.

Non poteva essere capita perché non aveva desideri di morte e dolore e sangue.

Non poteva essere temuta (odiata?) perché non aveva nulla che volesse da lei. Nulla di più di quello che affermava.

Diversa da tutti.

Forse per questo, fra loro, era l’anormale.


In qualche momento, dovranno pure arrivare qui per la prima volta, no?” continuò la ragazza, con un tono che affermava l’ovvio “E fino a quel momento… non possiamo averli visti.”


* * * * * * *



Le creature erano chiuse in una delle strutture regolari che tanto lo avevano stupito la prima volta che le aveva viste.

Le strutture erano artificiali. Ora lo aveva capito. Erano così regolari perché erano costruite.

Se mai avesse dubitato che quegli esseri erano mostri, questa scoperta avrebbe spazzato via ogni incertezza residua.

La sua gente costruiva, ma costruiva mezzi. Navi. Ponti. Tutto quello che occorreva per espandere lo spazio. Limitarlo era un concetto che non aveva mai neppure immaginato prima d’ora.

Invece di avere una sfera personale inviolabile, costoro cingevano lo spazio fisico con barriere artificiali, e non esitavano a profanare e invadere l’area vitale di altri individui.


Toccò la costruzione. La raspò.

Emise suoni che rimbalzarono sulla sua superficie, rimandandogli eco che davano informazioni sulla sostanza che la componeva, la sua densità, il suo spessore.

Erano troppo resistenti per lui.

Ma i suoi nemici erano all’interno. Le pareti non erano uno schermo alle sue capacità di percezione. Erano trasparenti alla giusta frequenza di suoni che usava per localizzare.

Ancora una volta, gli esseri erano due. Uno delle dimensioni paragonabili a quelle delle creature che aveva già ucciso, l’altro di una massa che era solo una piccola frazione di quella del primo.


Alle sue spalle, la stella del sistema sprofondava rapidamente verso l’orizzonte.

Il suo calore calcinante lo colpiva alla schiena.

Intollerabile. Come ogni altra cosa, qui.


Costeggiò la struttura, tastando, leccando, assaporando.

Dall’interno, provennero rumori sincopati, causati dal movimento delle due creature.


Un’irregolarità.

Una zona dove la sostanza cambiava in qualcosa di diverso, qualcosa di trasparente, fragile e sottile, che fluiva impercettibilmente, come un liquido denso fino quasi all’immobilità. Ma non immobile.

Picchiettò con delicatezza, provocando una vibrazione sorda.


La sostanza trasparente come acqua solida gli permise di vedere il nemico. L’essere più grosso che afferrava l’altro e lo stringeva e si muoveva rapido verso una delle pareti interne.

La vista del nemico così vicino rafforzò la sua decisione.


Picchiò ancora, stavolta senza contenere più la sua forza, e la superficie liscia si infranse in una pioggia di frammenti acuminati.


Mentre irrompeva nella costruzione, l’urlo ormai familiare delle cose all’interno lo travolse con tutta la sua piena potenza, ma ora non aveva importanza. Se si fosse mosso abbastanza in fretta, i mostri non avrebbero fatto tempo a ferirlo.


* * * * * * *



Xander...”

Il giovane sbatté le palpebre e la fissò con aria imbambolata.

Ehy! Ti sei addormentato?” chiese Cordelia, a voce più alta.

Finalmente, Xander la mise a fuoco e si scosse.

Scusa.” borbottò.


La ragazza allungò le gambe sul prato e si appoggiò all’indietro, ritrovandosi a fissare il cielo. Era sereno, con solo una minuscola nuvola simile a un fiocco di cotone, violacea nella luce della sera e troppo piccola in tutta quella distesa.

Tra un po’ sarebbe stato buio, ma erano nel giardino di casa sua. Abbastanza al sicuro da potersi permettere di restare fuori.

Accanto a lei, Xander non parlava e non si muoveva. Cordelia si chiese se si fosse addormentato di nuovo. Negli ultimi giorni, appariva spesso stanco e svogliato e non era la prima volta che Cordelia lo sorprendeva a sonnecchiare durante il giorno.


Lei sta bene. Grazie, Xander.”

Il ragazzo non dormiva, ma era stato preso di sorpresa dalle sue parole, perché sussultò, come se si fosse spaventato.

Cosa?!”

Buffy.”

Xander si sfregò gli occhi e si tirò su a sedere.

Cordy, dovresti imparare a introdurre i tuoi discorsi, invece di cominciarli a metà. Non siamo tutti tenuti a sapere quello che pensi.”

La ragazza lo degnò di uno sguardo di annoiato compatimento.

Invece tu dovresti imparare a capire le cose ovvie. C’è qualcosa che non va in Buffy, soprattutto fra lei e Giles. Non è proprio il caso di inasprire la cosa come fai tu.”

Io le faccio proprio niente.”

Non è vero. La tormenti in continuazione. Non vedi come è nervosa quando ci sei tu?”

Buffy è sempre stata nervosa. Io non c’entro.”

Tu cerchi di colpevolizzarla. E’ sempre stata la tua tecnica favorita un po’ con tutti quanti, solo che con lei funziona fin troppo bene. Te ne sei accorto e non fai altro che ripetere sempre lo stesso copione.

Cordy, Buffy sta combinando solo un sacco di casini. E’ diventata una stronza arrogante, piena di sé e chiusa come un riccio. E’ convinta che il mondo intero ruoti intorno a lei, fa solo quello che le pare e se ne frega di chi ci va di mezzo. Qualcuno deve pur farle capire come stanno le cose.”

Così forse si mette a fare quello che pare a te.”

Cosa?”

Se dovesse fare quello che pare a te, di sicuro non farebbe casini e non sarebbe né stronza né arrogante, giusto? Xander, ti prego, qualche volta ascoltati, perché sei davvero divertente. Fra noi sei proprio tu quello che ha il problema di egocentrismo più grave. Credimi, io me ne intendo. E poi di solito sei tu quello che comincia, anche quando non ne hai motivo. Come oggi. Mi vuoi dire perché hai fatto di tutto per litigare con lei?”

E tu come mai ti preoccupi tanto per Buffy? Non l’hai mai sopportata.” chiese il giovane, invece di rispondere.


Aveva cambiato argomento e si era messo in difesa.

Cordelia non insistette per avere risposta alla sua domanda lasciata in sospeso. Non avrebbe avuto problemi a discutere con Xander, o con chiunque altro, se fosse servito, ma conosceva il ragazzo abbastanza bene da sapere che così avrebbe finito solo con l’inasprire la cosa senza ottenere nulla. Né risposte, né risultati.

In una cosa Xander aveva ragione. Buffy non aveva mai avuto una grande capacità di controllare il suo umore, o di nasconderlo. Aveva sempre avuto scatti di collera improvvisi diretti verso chiunque e, a volte, realmente terrorizzanti. Ma, nonostante tutto, erano solo brevi istanti di furore che bastavano a bruciare a consumare la sua collera.

Molta gente aveva paura della sua collera. Cordelia no. La conosceva da troppi anni e troppe volte aveva assistito ai suoi scatti di rabbia, e l’aveva sempre vista esaurirli senza mai fare del male a nessuno di loro. Era fiduciosa che fosse più che capace in grado di controllare i suoi scatti emotivi.

Non credeva che Buffy l’avrebbe mai attaccata in preda alla rabbia. Peraltro, non era per niente sicura di quello che la Cacciatrice avrebbe potuto fare lucidamente.

Era quello il problema, perché Buffy era cambiata. Non era diventata meno collerica. Tutt’altro. Ma sembrava che la collera fosse diventata molto più interiorizzata. Qualcosa che si focalizzava, diventando sempre più precisa, piuttosto che esplodere.


Io non mi preoccupo per Buffy. Tanto prima o poi finirà sgozzata in qualche vicolo. Lo sappiamo bene tutti quanti, quindi è inutile preoccuparsi per lei. Mi preoccupo per noi. Xander, se tu parlassi a me come parli a lei, ti avrei già mandato al diavolo. A dire la verità, io avrei già mandato al diavolo tutti noi. Forse perché sono più stronza e arrogante di Buffy, ma probabilmente è solo perché sono più sveglia. Però cerca di non tirare troppo la corda nemmeno con lei. Non ci appartiene. Il giorno che se ne ricorda, siamo tutti fregati.”


Xander fissò sconvolto la ragazza e questa volta lei si irritò. La irritava sempre quel loro modo di fare.


Xander, voi potete fare quello che volete, ma a me non frega niente di recitare la parte della buona amica, visto che non lo sono. Lo so io e lo sa anche Buffy. Per questo al momento sono la sola persona con cui non si arrabbia mai. Perché da me non si aspetta nulla di buono.”

Da noi sì, invece?”

A voi ci tiene. Lo sai benissimo e per questo te ne approfitti. Io però sarei un po’ più cauta. Buffy è un'arrogante stronza piena di sé. Sì, è vero. E’ anche capace di romperti le ossa senza neppure farsi venire il fiatone. Darle continuamente buoni motivi per farlo, scusami tanto, a me sembra proprio un modo cretino di passare la giornata.”


Xander non ribatté, ma la cosa non sorprese Cordelia. Quando erano soli, Xander era molto meno ostinato di quanto non si mostrasse di fronte agli altri. Non che fosse arrendevole o remissivo, ma almeno non aveva abitudine di discutere anche quando non aveva proprio più nessun argomento a disposizione. O forse aveva capito che lei non era accomodante come gli altri, che con lei le sue scenate non funzionavano.


La ragazza si alzò dal prato e si stiracchiò, allungandosi in tutta la sua notevole altezza. Metodicamente, cominciò a togliersi i fili d’erba che le erano rimasti incollati alle gambe.

Era meglio che rientrassero.

Anche se erano passati solo pochi minuti dal tramonto, il buio era già fitto. Come se l’oscurarsi avesse subito un’accelerazione improvvisa, che aveva fatto sì che dal giorno pieno si passasse quasi direttamente alla notte, senza traversare il tempo intermedio del crepuscolo.


Xander si rialzò a sua volta e sospirò.

Io dovrei andare via. Ho certe cose da fare. Non mi ero neanche accorto che era così tardi.”

Cordelia smise di spolverarsi, stupita.

Non resti qui, stanotte? Non c’è nessuno, la casa è a nostra disposizione. E poi dove vuoi andare, da solo? Abbiamo appena finito di parlare di qualcosa che dilania le persone e che gira là fuori.”

Lui scosse la testa.

E che differenza fa con le altre sere?”

Come ha detto Willow? Tizi fatti a pezzi come fogli di carta.”

Fatti a pezzi o no, non cambia niente.” insistette lui.


Il giovane si guardò intorno, poi cominciò a fissare un punto indefinito al di là del giardino.

Aveva una strana espressione, come se ci fosse qualcosa che lo affascinasse. Anche se non c’era niente. Perlomeno, niente di diverso dal solito. Solo la strada, altre case, alberi. E al di là di tutto questo, oltre la zona residenziale di ville e giardini, cominciava la città. Ma quella non si poteva vedere.


Per un attimo, Cordelia avrebbe scommesso che Xander stesse fissando proprio la città, anche senza vederla. E fu altrettanto certa che il ragazzo avrebbe rifiutato di fermarsi.

In realtà, era lei a non avere nessuna voglia di restare sola. Avrebbe voluto trovare un modo per convincerlo, ma sapeva già che non gli avrebbe detto nulla. Gli aveva già chiesto di rimanere. Non si sarebbe ripetuta.

Lei poteva invitare. Poteva ordinare. Poteva dare ragioni per fare una certa cosa. Poteva anche fare appello a tutte le lusinghe di cui era capace. Ma non avrebbe mai pregato nessuno.

E stavolta, qualsiasi cosa gli avesse detto, sarebbe stata troppo simile a una preghiera.

Ma alla fine Xander le sorrise, sconfitto.


Va bene. Resto. Così va bene?”


Andava più che bene, per Cordelia.

Era sempre una bella sensazione quando le cose andavano come voleva lei. E chissà che magari questa volta non aveva anche evitato una tragedia.



XV

November 23 2006, 1:31 AM



La muta percorreva le strade in cerca di cibo. Coloro che la componevano si muovevano in modo disperso e disordinato solo in apparenza. In realtà, non perdevano mai il contatto l’uno con l’altro ed erano sempre consapevoli di dov’erano e cosa facevano i loro compagni.

Esaminavano ogni centimetro di terreno attraversato, spazzando via qualsiasi cosa commestibile. Fino a quando si trattava di piccole cose, l’individuo che le trovava le mangiava senza far intervenire gli altri, ma nel momento in cui uno di essi scopriva qualcosa di sufficiente per tutti, o un avversario da affrontare, allora la muta agiva come un solo organismo formato da svariati elementi.

Quando sentirono l’urlo di un essere in preda all’agonia e l’odore che avevano imparato ad associare alla paura e al sangue, si riunirono subito per seguire quei richiami seducenti.

Raggiunsero l’obiettivo nel momento in cui il predatore stava terminando di uccidere la sua vittima.

A quel punto si fermarono.


Se fosse stato abbastanza piccolo o debole, avrebbero cercato di intimorirlo e allontanarlo dalla sua preda. Di ucciderlo, se fosse stato possibile, per divorare anche lui.

Non erano creature furtive o timorose. Non avrebbero mai potuto esserlo. Nel loro mondo, un luogo di savane polverose, terreni pietrosi, laghi grandi come piccoli mari e due soli che modificavano continuamente le condizioni di luce, erano nomadi. Con il loro passo pesante potevano muoversi senza stancarsi né perdere concentrazione per tempi lunghissimi. Per giorni e giorni vagavano nelle praterie senza riposare, seguendo pazientemente e apertamente i grandi predatori, in attesa che lasciassero loro gli avanzi, e sfidando quelli più deboli. Non avevano mai sviluppato la timidezza. Ma il loro mondo non conosceva esseri simili a quelli che vivevano qui, esseri capaci di costruire armi che uccidevano a distanza. Non si era mai evoluta un’intelligenza capace di tecnologia, neppure della più elementare.

In questo luogo, essere troppo coraggiosi o troppo imprudenti non era sempre conveniente.

Quando si trovavano qui, cercavano inizialmente di seguire le abitudini della loro specie e si muovevano senza paura in qualsiasi momento del giorno. Per loro giorno o notte non faceva differenza, non avevano problemi in nessuna condizione di luce, ma durante il giorno c’erano troppi nemici.

Di notte era difficile trovare esseri che si muovessero in gruppo e, anche se c’erano creature anche più feroci e aggressive dei diurni, erano molto meno numerose. Poi, era proprio di notte che era loro più facile trovare cibo.

I primi tempi nel nuovo ambiente erano difficili e molti venivano uccisi subito. Quelli che sopravvivevano imparavano presto a stare attenti e a uscire solo con il buio. In fondo, di tutti coloro che capitavano qui, erano tra i più fortunati. Erano essenzialmente divoratori di carogne e questo dava loro i privilegi dei necrofagi. Erano forti fisiologicamente, potevano trarre nutrimento da un’infinità di diversi elementi, erano resistenti agli organismi patogeni. Erano tenaci, intelligenti e sapevano adattarsi.

Ed erano in numero elevato. Non potevano nascere qui, ma arrivavano spesso nuovi individui dal loro mondo di origine e molti di essi si adattavano, sufficienti per mantenere un gruppo abbastanza numeroso da offrire forza e sostegno reciproco.

Dovevano solo imparare la prudenza.


Questa volta, anche se non avevano mai incontrato prima un essere simile, non tentarono neppure di farsi avanti. Faceva parte della loro natura capire quando il chi o il cosa si trovava di fronte a essi poteva essere sconfitto facilmente, quando potevano avere una ragionevole possibilità di successo, quando le probabilità erano remote. Questo era decisamente un avversario superiore alle loro capacità, così si prepararono ad attendere pazientemente che lasciasse loro gli avanzi.

Un’attesa che si rivelò molto più breve del previsto. Il cacciatore non divorò neppure un boccone della sua preda. Si ritirò nelle ombre subito dopo avere ucciso e lasciò loro campo libero.


* * * * * * *



Ho parlato con il Consiglio per chiedere loro il permesso di addestrarti.”

E… e cosa hanno detto?”

Non sono molto sicuri.”

Questo però vuol dire sì?”

No, non vuol dire sì. E non vuol dire no.”

Allora che significa?”

Lasciano a me la decisione.”

Non ne sei contento, vero?”

Di decidere del tuo futuro? No. Non ne sono contento.”

Non decidi tu. Decido io.”


* * * * * * *



Ad attirare l’attenzione di Buffy erano stati i suoni. Fischi, sbuffi e latrati che non erano esattamente né sbuffi né latrati né fischi, ma erano quelli i termini migliori per definirli.

Buffy sapeva chi erano gli esseri capaci di emettere quei versi e sapeva cosa aspettarsi.

Trovò il branco nello spiazzo di fronte a una piccola villa. Le creature si accalcavano insieme, mentre ognuna di esse cercava di strappare qualche boccone a qualcosa disteso a terra, quasi invisibile sotto la massa ribollente di schiene.

Buffy non riusciva a vedere di che si trattava, ma era abbastanza grande da essere un corpo umano.


La ragazza afferrò una pietra e la scagliò a piena forza contro uno di quegli esseri. La bestia si afflosciò con un verso inquietantemente simile al vagito di un neonato. Gli altri si dispersero subito, ma si allontanarono solo di qualche decina prima di fermarsi e voltarsi a osservarla.


Buffy si avvicinò al demone abbattuto. Nonostante la scarsità di illuminazione, insufficiente persino per lei, non aveva sbagliato il bersaglio e gli aveva sfondato il cranio posteriore con la sassata.

Si muoveva ancora. Le zampe si contraevano e spalancava e serrava le mascelle poderose, ma doveva essere solo qualche residuo di attività nervosa che perdurava dopo la morte.


Conosceva bene quella specie. Erano tra i demoni più numerosi e meglio adattati alla Terra. Essi stessi apparivano molto più simili alle creature terrestri di quanto non lo fosse la maggior parte dei demoni e non mostravano nessuna delle bizzarrie comportamentali così comuni negli altri esseri alieni.

Grossi quasi quanto lupi, singolarmente non erano avversari temibili, ma agivano sempre in gruppo e si coordinavano benissimo. Divoravano cadaveri oppure sottraevano il bottino a qualsiasi altro predatore, piuttosto che cacciare di proprio, ma all’occasione ne erano capaci e, se necessario, erano combattenti feroci.

Ne aveva uccisi diversi, i primi anni tempi, quando sterminava qualsiasi creatura estranea senza alcun criterio di selezione, purché fossero demoni. Qualche volta aveva addirittura pensato di mettersi seriamente a dare loro la caccia, ma poi aveva capito che non ne valeva la pena. Rispetto ad altri, non erano molto pericolosi, non aveva mai sentito di un umano ucciso da loro e, perlomeno, aiutavano a tenere pulite le strade del paese dalle carcasse aliene. Invece gli esseri umani li uccidevano spesso, come avrebbero fatto con volpi e coyote.

Gli umani temevano gli esseri d’aspetto troppo estraneo o troppo simile al loro o quelli dotati di capacità incomprensibili, ma non avevano gli stessi riguardi per creature che ricordavano fin troppo animali terrestri conosciuti e detestati, e che non avevano nessuna facoltà esotica e inquietante, nessuna arma spaventosa.


Il resto del branco, meno di una decina di individui, adesso la fissava con occhi brillanti. Sbattevano minacciosamente le mandibole, emettevano quei loro strani versi simili a fischi e raspavano terra con le zampe, e il loro pelo argenteo si sollevava in onde, brillante come se fosse coperto da un velo di mercurio.


Afferrò la carcassa per le zampe posteriori e la trascinò il più lontano possibile dal corpo che voleva esaminare, verso la muta in attesa. Gli animali corsero via per qualche metro, poi si fermarono di nuovo e ripresero a studiare le sue mosse.

Normalmente non l’avrebbero mai attaccata, ma ora erano stati scacciati dal loro pasto e dovevano essere affamati e furiosi.

Avrebbero cercato di riconquistare il bottino a tutti i costi e tenerli lontani mentre controllava il corpo sarebbe stato impossibile. L’avrebbero attaccata non appena avesse distolto l’attenzione da loro e l’avrebbero costretta a tenerli d’occhio, impedendole di fare quello che voleva. Ma se avevano la possibilità di nutrirsi senza rischiare di affrontare un avversario feroce e pericoloso come lei, l’avrebbero colta senza esitare.

Adesso aveva fornito loro l’alternativa.

E, infatti, non appena Buffy retrocedette, il più coraggioso o affamato della muta si avvicinò al suo simile ucciso. Cautamente, l’animale girò intorno al corpo. Camminava in modo strano, a zampe rigide e come al rallentatore, allungando la testa per fiutare il corpo e tirandosi subito indietro di scatto. Poi, improvvisamente, azzannò la carcassa. Subito tutti gli animali si gettarono a dilaniare il corpo e non badarono più a lei.

Ora che avevano di che mangiare, non l’avrebbero infastidita e lei poteva esaminare il cadavere con comodo. Anche se non restava molto da esaminare.


Ancora qualche minuto e sarebbe stato del tutto divorato. Quelle bestie erano capaci di consumare persino le ossa e se facevano sparire i corpi dei demoni, era ragionevole presumere che facessero lo stesso con quelli umani.

Il che lasciava solo supporre quante volte non si arrivava in tempo per ritrovare i resti di coloro che erano stati uccisi.


Buffy si inginocchio accanto al cadavere. Era ridotto a una poltiglia di carne, sangue e ossa. Sangue e carne che apparivano neri sotto le luci artificiali, ma che, per quanto ne sapeva lei, potevano anche essere verdi.

La sagoma era approssimativamente umana e c’erano resti di stoffa, ma questo non era certo un indizio significativo. L’odore le sembrava strano, però era anche confuso con la puzza di asfalto surriscaldato, l’odore dei demoni necrofagi, il tanfo di materia decomposta che sembrava impregnare la città stessa. Il suo olfatto, anche se acutissimo se paragonato a quello umano, non lo era abbastanza da esserle di aiuto in una simile circostanza.

Toccò la massa dilaniata, prima solo con la punta delle dita, poi con più decisione, e si portò le dita insanguinate appena sotto le narici, a pochi millimetri dalle labbra.

Qualche volta, quando l’olfatto non gli bastava, aveva visto Angel assaggiare quello che voleva identificare. Forse era un sistema che avrebbe funzionato anche per lei. Ne era quasi tentata, ma non si sentiva ancora pronta a mettere in bocca qualcosa che poteva essere sangue e carne umani, e si pulì le mani fregandole sull’erba.

Potevano essere i resti di un uomo, come di un qualsiasi demone appartenente a una delle innumerevoli specie di forma, dimensioni e caratteristiche più o meno umanoidi.

Buffy escludeva a priori una cosa sola. Non era un vampiro. A questo punto, si sarebbe incenerito da un pezzo.

Per il resto, non c’era nulla che permettesse di identificarlo. Avrebbe anche potuto lasciare in pace le iene.

Ma questa poteva essere un’altra vittima del mostro sconosciuto. Il luogo dell’uccisione glielo faceva sospettare. Una zona di villette che, sul retro, confinavano con i boschi.

Raramente i demoni si avvicinavano così ai quartieri residenziali e mai prima di quel momento avevano attaccato umani nelle loro case. Qualche volta lo facevano i vampiri, quando riuscivano a incantare qualche sventato fino al punto di farsi invitare, ma lo facevano molto meno spesso di quanto lei avrebbe considerato logico, visto che entrare nella casa della vittima avrebbe garantito loro cibo e un rifugio dove consumarlo.

Forse trovavano ripugnanti le case. Buffy aveva il sospetto che le trovassero maleodoranti.

D’altra parte, anche se gli umani si nutrivano di animali, quanti uomini si sarebbero messi a mangiare nella tana di una bestia?


A parte questi casi sporadici, e Buffy era ormai sicura che i vampiri appartenevano a una categoria differente rispetto a tutti gli altri, i demoni non entravano nelle case umane. Però quell’essere lo aveva fatto.

A poche ore dalle prime vittime, aveva fatto irruzione in una casa e ne aveva ucciso le occupanti, una donna e sua figlia, che erano state poi trovate dal marito, al ritorno dal lavoro, nelle identiche condizioni dei primi due.


Xander era sembrato quasi esultante.


Una donna e una bambina di tre anni. Nella loro casa. Adesso vienimi a dire che è stato provocato.”


Il ragazzo aveva ragione e lei era stata in errore.

La sua teoria era sbagliata. Clamorosamente sbagliata. A questo punto ormai era impossibile credere che il demone avesse ucciso per semplice casualità. I primi potevano essere un caso unico, ma non le altre due.

Aveva sperato di trarre qualche informazione da questo cadavere, visto che doveva essere stato ucciso da poco. Ma non c’era niente di utile.

Tanto valeva andarsene e lasciare finire il loro lavoro ai necrofagi. Gli abitanti della zona ne sarebbero stati felici. Almeno non avrebbero dovuto preoccuparsi di un fastidioso cadavere sulla porta di casa.

E nessuno aveva né avrebbe sentito nulla, naturalmente. Anche se le case distavano poche decine di metri l’una dall’altra e quelle specie di iene erano tutt’altro che silenziose.


Qualcosa si mosse nel suo campo visivo periferico.

Immediatamente, l’attenzione di Buffy si concentrò su essa e lei si rialzò.

Stava avvenendo uno strano fenomeno.

L’ombra sotto gli spioventi del tetto della villa sembrava gonfiarsi e muoversi.


No. Non sembrava. Lo faceva.

Si gonfiava e cresceva. Si schiudeva, anche, in un movimento che a Buffy ricordò quello di un crinoide, il lento spiegarsi dei tentacoli di un giglio di mare.


C’era qualcosa di indefinito, in quella cosa, e c’era qualcosa di strano anche in lei stessa.

Guardava affascinata, senza prepararsi a reagire.

Ogni volta che si trovava di fronte a un evento sconosciuto e potenzialmente pericoloso, in lei si attiva un sistema d’attacco e di difesa e il suo modo di rapportarsi al mondo subiva un cambiamento.

Lei ne era ben consapevole. Sapeva bene quando si trovava in modalità bellica. Sapeva che, in caso di necessità, poteva lasciarsi andare e far affidamento su essa.

Il fatto era che lei non vedeva solo con gli occhi. O meglio, non vedeva tanto con gli occhi. Se avesse dovuto basarsi solo sulla vista sarebbe stata nei guai, visto che, anche se aveva una buona visione notturna, al buio non vedeva e lei cacciava quasi sempre al buio.

Si affidava a un complesso di vista, udito, olfatto e chissà che altro. Ma questa cosa la percepiva solo con la vista, e neanche troppo bene.

Il suo schema d’attacco e di difesa non riusciva a innescarsi. Forse c’erano troppi pochi stimoli per attivarlo.


E lei restò a testimoniare di quell’evento, inebetita e innaturalmente passiva.


Un ultimo srotolarsi di membra guizzanti e l’ombra colò languidamente a terra, con la plastica facilità di una piovra che esce dal pertugio in una roccia.


Buffy retrocedette di qualche passo, mentre la cosa si sollevava e assumeva una forma riconoscibile.


Erano arti quelli che aveva, non tentacoli come aveva creduto, ed erano solo quattro. Ma talmente privi di articolazioni, o forse dotati di un tale numero di articolazioni, da piegarsi ad angoli impossibili.

Un corpo grosso, goffo e pesante.

E c’era una testa. Una testa ben riconoscibile, una testa da microcefalo, con un numero normale di occhi, bocca e persino qualcosa che poteva essere un naso. Non normali erano le proporzioni. La bocca si spalancò in gran parte della superficie della faccia, spingendo all’indietro il naso.


La ragazza impugnò le sue armi, il paletto che portava sempre con sé e il coltello, e si preparò all’attacco. Ma non voleva farlo. Era l’ultima cosa che voleva fare.


Qualche mese prima, quando aveva fatto irruzione nel palazzo dei vampiri, a un certo punto aveva voluto fuggire, perché si era resa conto che, se fossero tornati i famigliari dei ragazzi che lei aveva ucciso e seviziato, si sarebbe trovata a combattere avversari superiori alle sue possibilità. Prima di allora, non aveva mai riflettuto sulla concreta possibilità di perdere. Ci aveva pensato spesso, quando era sola e non aveva altro da fare che pensare, ma poi, sul campo, non si era mai tirata indietro. Fino a quella notte, quando aveva deciso che non aveva senso gettarsi in una battaglia sperando nella fortuna, che se fosse rimasta in quel palazzo sarebbe morta.

Era stata un’azione difficile in modo inaudito. Il suo istinto la spingeva a gettarsi contro il nemico. Così, per la prima volta, aveva forzato il suo istinto a sottomettersi a una ragione sgradita ed era scappata.

Era stata una decisione puramente razionale, quella.

Questa volta no. Questa volta sentiva lo stomaco serrarsi e qualcosa urlarle che questa cosa l’avrebbe fatta a pezzi come aveva fatto a pezzi tutte le sue altre vittime. Questa volta si sentiva come un naufrago solo nell’oceano che vede avvicinarsi la pinna di uno squalo.


Prima che potesse formulare qualsiasi altro pensiero, l’essere era già vicino a lei. Molto più vicino di quanto avrebbe dovuto.

Lo aveva mal valutato. Era veloce, velocissimo per la mole che aveva. Si ergeva davanti a lei come un monolite nero e per un istante Buffy si stupì di avere pensato a qualcosa di invertebrato.

Spalancò di nuovo quella bocca sproporzionata alle dimensioni della testa, mostrando una serie di denti appiattiti come macine di porcellana.


La ragazza si ritrovò a retrocedere freneticamente, cercando di allontanarsi da quella cosa.

Calpestò qualcosa di molle e viscido che quasi la fece scivolare. Si rese conto che era il cadavere, ma la cosa la lasciò del tutto indifferente. All’ultimo secondo, riuscì a saltare sgraziatamente l’ostacolo senza inciamparci.


Appena prima di fuggire, vide i demoni necrofagi intenti a divorare il loro compagno. Alcuni di essi avevano alzato le teste e osservavano la scena. Forse pregustavano un altro banchetto, a base di qualcosa di più soddisfacente della carne del loro simile.


* * * * * * *



L’ho visto, Giles. Ho visto la cosa che ha ucciso tutta quella gente.”


Giles e Willow sobbalzarono, spaventati dalla vera e propria irruzione di Buffy nella casa dell’Osservatore.

E ancor più del suo arrivo improvviso, erano le sue condizioni a stupirli.

Era sudata, respirava in rantoli affannosi e sembrava non riuscire a reggersi in piedi. I due rimasero a fissarla, mentre la giovane, invece di sedersi sul divano o una delle sedie, si appoggiava a una parete e si lasciava cadere pesantemente a terra.

Era stremata e né Giles né Willow avevano mai visto Buffy così stravolta dalla stanchezza. Ma se Giles aveva capito bene, allora quello che a Buffy aveva da dire era importante e lui aveva bisogno di saperlo.


Che cosa hai visto?” chiese.


La ragazza non gli rispose. Appoggiò solo la fronte sulle ginocchia e rimase lì ad ansimare.


Buffy, stai male? Sei ferita?” chiese Willow.


Buffy sollevò la testa e la guardò stranita. Solo in quel momento sembrò accorgersi della sua presenza e parve felice che le avesse fatto quella domanda, perché sorrise nervosamente e scosse la testa.


Buffy, per favore, rispondimi. Cosa è successo?” esclamò Giles.

L’essere che ha fatto quei macelli.” borbottò lei “L’ho visto.”

Lo hai incontrato?”

Buffy si leccò le labbra un paio di volte e annuì.

Sì. Forse ne ha ucciso anche un altro, ma non so se era umano.”

Va bene. Adesso calmati e dimmi cos’è.”

Non lo so. Non ne ho proprio idea.”

Dove lo hai visto, e come?”

Ho trovato un corpo. Era stato divorato quasi del tutto da quegli animali che sembrano iene grigie. Non sono sicura che fosse umano, e neppure chi l’ha ucciso. Stavo cercando di capirlo quando è arrivato quell’essere e mi ha assalita.”

Sei sicura che era il nostro mostro? Lo hai visto uccidere?” chiese Willow.

No, ma se non è lui, allora ne abbiamo due di grossi problemi in città. Mi ha attaccata prima che gli facessi qualsiasi cosa. Io non sapevo neppure che c’era. Non lo avevo visto.”


Buffy appoggiò nuovamente la testa alle ginocchia e la coprì con le braccia. Willow era certa che in quel momento la ragazza fosse sul punto di piangere e che non volesse farsi vedere.


Non mi ero accorta della sua presenza in nessun modo.” continuò la Cacciatrice “Mi ha presa del tutto di sprovvista. Non fa rumore, non ha odore. Niente che riuscissi a percepire, comunque. E’ come se fosse invisibile.”

Invisibile?”

E’ stato invisibile per me, fino a quando non si è fatto vedere.”

Non capisco.”

Non so come spiegare. Io mi accorgo sempre quando c’è qualcuno o qualcosa. Ma questo no. Non mi sono accorta di lui finché non si è mosso, ma anche dopo non lo sentivo. Potevo solo vederlo.”

Buffy, non è così…”

No. Non capisci.”


Quello era il modo con cui sempre più spesso Buffy chiudeva un discorso. Con un ‘Non capisci’.

Probabilmente era vero, ma Willow avrebbe almeno voluto provare a capire.

Era meglio non insistere su quell’argomento, prima di innervosirla più di quanto già non fosse.


Prova a descriverlo.” le disse.

Sembra…” Buffy si interruppe, e si mise a ridacchiare “Sembra un orso.”

Un orso?”

No, non assomiglia a un vero orso, per niente. Ma ha la forma generale di un orso. E’ grande, grosso, con una testa piccola in proporzione al corpo. E’ alto circa tre metri. Ha quattro arti, quelli posteriori sono grandi e corti, torso lungo. Sembra anche un po’ un vegetale. E’ ricoperto da qualcosa che sembra una corteccia. E le zampe anteriori sono stranissime. Sono lunghe e tutte snodate.”

Tentacoli?”

No. Non tentacoli.” la sua voce era bassa e resa poco chiara dal fatto che lei teneva la testa coperta dalle braccia, la bocca premuta sulla stoffa dei calzoni “E’ come se avessero un sacco di articolazioni doppie. Il muso è… più come la faccia di un uomo, se fosse stata stirata, con una bocca enorme e un po’ allungata, come un muso. E’ bipede, ma usa anche le zampe anteriori per muoversi, però non solo nel modo di un quadrupede. Si attacca anche alle pareti, come un insetto.”

Una cosa così grande?”

Sì. Non so come fa, però ci riesce. Ed è velocissimo. In un istante mi era quasi addosso. Mi spiace, non ho avuto troppo tempo per le osservazioni.”

Immagino che tu non sia riuscita a ucciderlo.” disse Giles.

La schiena della ragazza si sollevò mentre lei sospirava.

No… certo che no.”

Come combatte?” chiese l’Osservatore.


Buffy scosse la testa, per quanto poteva riuscirci in quella posizione.

Willow trovava fastidioso che Buffy continuava a non guardarli e a restarsene lì in quel modo. Sembrava volesse nascondersi. Era stata lei a raggiungerli, e ora cercava di escluderli e di isolarsi.


Non ne ho idea.”

Non l’hai affrontato?”

L’ho lasciato indietro.”


Giles non sapeva che dire. Era incredulo. Quello che Buffy sembrava voler dire era quasi inimmaginabile. Eppure, non c’era altro modo di interpretare la sua frase.


Sei scappata.”

Sì.”

Senza neppure provare a distruggerlo.”

E mi ritengo fortunata. Giles, è come una torre. Veloce come un cavallo da corsa. Se mi prendeva, mi faceva fare la fine di tutti gli altri. Io so quanto sono forte, e quel coso lo è molto più di me, e mi da i punti anche quanto a velocità. Sono riuscita a non farmi prendere solo perché sono corsa via appena mi sono accorta di lui, quando era ancora a parecchi metri.”


Willow si avvicinò e si inginocchiò accanto alla sua amica. Adesso, vicina com’era, si accorse che stava tremando. La toccò gentilmente e, finalmente, Buffy alzò la testa. Negli occhi chiari, le pupille completamente dilatate le conferivano un aspetto allucinato.


Mi ha inseguita per mezza città, Wil. Non riuscivo a tenerlo a distanza. Mi ha dato la caccia. E poi un’altra cosa. Ho avuto paura. Non ho mai avuto così paura in vita mia.”


(wip)