THE RESURRECTION DAY

AUTHOR:THE FIERCE

 

 

RESURRECTION DAY (THE FINALE)

(MUSIC BY DAVID DEFEIS & EDWARD PURSINO)

 

ORESTES' SPIRIT:

Fire and Water, victims change

Seasons learning, nothing's gained

Now the time has come... Apparition waiting

Before the Hours of Doom approaching lies...

In these Hallowed Halls Sanctuary reach me

Before the Hour of Doom's approaching Lights...

 

ATHENA:

And the Dark Gods awaken into the Sun

And Their Darkness is frozen fortunate one

They will not heal, they now will follow

The Sacred Light and Sound!

 

ATHENA:

Angry now but you are not beaten down

Whispered Wind the Verdict leaves him un-bound

In the flowing course of Time a greater Honour for thee

Will be found on the Shores of my Country

Power surge echoes down from the Sky

Raise your fist, cultivate Noble Lives

Clothe Them now in garments dyed

Matching Gold of the Sky

Bold enough to sleep where They lie

 

ATHENA & CAST:

Rise up rise again after the RING OF FIRE

You'll see Them recover Their Honour and Grace

Rise up ride the Wind this is the End of Violence

Believe in the Sunlight on this Chosen Night

 

ORESTES:

I'm returning slowly to the ground (It's RESURRECTION DAY)

Returning slowly to the ground!

 

(All):

Rise up rise again after the Reign of Terror

The Skies are proclaiming the City is Blest

Rise up ride the Wind after the RING OF FIRE

The Moment of Never on this Frozen Night.

The Curse Walks among you.

 

Rise up rise again after the Reign of Terror

You'll see Them recover the Garden of Life

Rise up ride the Wind after the RING OF FIRE

The Bond of the Goddess Guards this Chosen Night

 

Rise up ride the Wind after the RING OF FIRE

The Skies are proclaiming the City is Blest

Rise up ride the Wind after the Reign of Terrord

With Fortune inside us on this Dawn of Night

 

(Citizens of Athens):

We're Alive the Gods arrive, the Cracks of Doom roll by

Steer the course that Pallas walks don't let the Violence fall

Under the Spell of Darkness or Light

We are proven now Fortune rides on Our Side.

Descend to Paradise it's narrow, Virgin Bright - Endless Night

(Erynes):

Guide the Rings of the Sun, now We are All Forms in One !!!

 

(All):

Victory in the Sunlight of Union Above and Below

 

(Athena):

Sacrosanct Lords of the Skies, Revere the Queen of Remorse

Wielding the Signs of Grace, the Signs of Faith

And Their Darkness Aligns with Your Rays !!!

 

(All):

Victory, in the Sunlight of Union We Stand !!!

 

(Orestes' Spirit & Cast):

I'm returning slowly to the ground (It's Resurrection Day)

Returning slowly to the ground !

To the Ground !!!

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Il cimitero sembrava senza fine. Si trovava in città già da una settimana, eppure non era ancora riuscita a perlustrare come avrebbe voluto tutti i luoghi di sepoltura. Le sembrava impossibile che un posto come quello, un' insignificante punto su una carta geografica, potesse avere un tasso di mortalità così alto da giustificare la presenza di tanti cimiteri. Ma probabilmente era per questo che l' avevano mandata. La sagoma della giovane, eccezzionalmente alta e possente per una donna, si stagliò per un attimo allla luce della luna. Non si sentiva pronta per Sunnydale, nonostante tutti gli insegnamenti del consiglio, l' addestramento, e il resto. Non erano i suoi nemici a spaventarla, ma piuttosto i suoi amici. Sapeva di essere forte, più forte di tutte le cacciatrici che l' avevano preceduta, sia fisicamente che mentalmente. Lei non avrebbe commesso errori, sottovalutato il suo dovere. La sua missione non sarebbe diventata di dominio pubblico, rendendola un facile bersaglio. Nessuno avrebbe saputo chi era, dove abitava, come renderla vulnerabile. Non avrebbe avuto amici da prendere in ostaggio, nè avrebbe ceduto a rabbia o provocazioni. Aveva impiegato anni ad acquisire il necessario distacco, sotto la guida, paziente ma inflessivibile, di Quentin Travers e degli altri. Eppure non capiva quella città. Il suo ossevatore le dava i brividi. Quel Rupert Giles era imprevedibile, apparentemente pacato e tranquillo, ma capace di scoppi di violenza tali da lasciarla interdetta. Era un osservatore in fondo, non un uomo d' azione. Ma i ragazzi di cui si circondava erano ancora più strani ed incomprensibili. Streghe, ex-demoni, tipi comuni. E vampiri. Chissa perchè si erano tanto arrabbiati quando aveva incenerito quello Spike. Era un vampiro, forse momentaneamente innocuo, ma per quanto? Invece di ucciderlo finchè ne avevano la possibilità lo consideravano un alleato, forse anche un amico. Per lei era incomprensibile quel comportamento. Quando l' aveva eliminato aveva letto sui loro visi espressioni di rimprovero, rancore nei suoi confronti, ma non riusciva a spiegarsi il motivo. La spaventava non riuscire a capire come agiva e pensava quella gente. Eppure Quentin le aveva consigliato, con il suo tipico tono che sottintendeva un ordine, di collaborare con loro. Si fermò un secondo guardandosi attorno. E non capiva perchè idolatrassero in quel modo la memoria della slayer di cui aveva preso il posto. Ai suoi occhi non aveva fatto che commettere errori. Invece di concentrarsi sul dovere aveva perso tempo a socializzare con dei ragazzini, trascinandoli in un mondo pericoloso che aveva sconvolto le loro vite. Aveva avuto contrasti con tutti, l' osservatore, il consiglio, l' altra cacciatrice che avrebbe dovuto affiancarla. E poi si era innamorata di un vampiro, finendo per diventare tenera verso la loro stirpe come testimoniava anche il suo ambiguo rapporto con quello Spike. Tutte cose imperdonabili, rese se possibile ancora più gravi dal suo "sacrificio".

Le sembrava di aver visto un' ombra muoversi, in lontananza.

Ecco perchè aveva dovuto tener segreto il lavoretto che aveva fatto a quella caricatura di sorella della cara estinta. Uccidere Dawn era stato uno scherzo, il difficile era stato sistemare il corpo. Non voleva che Giles e gli altri capissero. Avrebbero potuto prendere provvedimenti, e non voleva affrontare quelle streghe. Era stato disgustoso, ma aveva dovuto farlo, per il bene dell' umanità. Si era presentata a casa, e lei l' aveva accolta con quella sua ironia pungente, tentando di ferirla. Ovviamente non c' era riuscita, ma aveva apprezzato la cosa, le aveva reso il compito più semplice. Sapeva che non c' era nessuno in casa, così l' aveva spinta dentro e strangolata in pochi istanti. Poi l' aveva portata in bagno, e lì l' aveva fatta a pezzi nella vasca, gettandola in un grosso sacco della spazzatura. Aveva dato una ripulita, portato via un po' della sua roba e inscenato la fuga da casa. La ragazzina era ancora sconvolta per la morte della sorella e tutti l' avevano bevuta. Tre giorni dopo la sua scomparsa aveva "ritrovato" la sua giacca in un tana di vampiri, e con questo aveva chiuso la faccenda, anche se, in un certo senso, il fossato che la divideva da quei ragazzi era diventato ancora più fondo. La rimproveravano per aver ucciso Spike che secondo loro avrebbe protetto Dawn, e le rinfacciavano anche di aver trovato la prova defintiva della sua morte.

Udì un ramo spezzarsi.

Intravide una la sagoma al limitare del suo campo visivo.

Finse di non essersi accorta di nulla. Certamente il vampiro voleva tenderle un agguato, e gli avrebbe lasciato credere di averla colta alla sprovvista finchè non fosse stato troppo tardi. Inaspettatamente il suo avversario si fece avanti, provenendo però da una direzione diversa da quella che si sarebbe aspettata. Si trattava di una giovane donna, una ragazza della sua età probabilmete, ma lo sguardo tradiva l' aspetto giovanile, una finestra sugli abissi del tempo che l' avevano generata. Era certa che si fosse lasciata scoprire di proposito, spezzando il ramoscello e tutto il resto, per poi comparire in una posizione diversa e acquisire un vantaggio psicologico e al tempo stesso studiare le sue reazioni. Un' avversaria pericolosa ed esperta, ma non si preoccupava. Quei giochetti erano inutili con lei, e poi poteva contare su un' innegabile supremazia fisica. La vampira non superava il metro e sessanta, era snella ed atletica. Una corporatura da ginnasta. Lei invece era alta 1.90 m e pesava circa 90 kg pur conservando una notevole agilità. Merito degli allenamenti e delle cure mediche a cui era stata sottoposta fin dalla più tenera età. Il risultato era che visto che la forza sovrumana delle cacciatrici è sempre proporzionale alla massa muscolare e allo stato di forma fisica, lei era in possesso di un potere inimmaginabile per tutte le slayer vecchio stile. La sua avversaria fece qualche passo verso di lei, entrando in una zona ben illuminata. Fu allora che la cacciatrice si accorse che era nuda, e questo la stupì un poco.

'Dannazione, è solo uno squallido trucchetto per mettermi in agitazione'

Le due contendenti erano ormai vicinissime.

La vampira prese l' iniziativa, cercando di colpirla al viso.

'Hai del fegato per tentare un attacco diretto' pensò la cacciatrice senza scomporsi e rimanendo in guardia 'Questo combattimento è già vinto, basta non commettere errori, non andare a vuoto con troppi colpi e sfruttare il mio allungo maggiore' Attese l' impatto che non arrivò trovandosi invece a terra senza rendersi ben conto di come c' era arrivata. 'Finta?' riuscì a pensare mentre crollava al suolo, notando con la coda dell' occhio il movimento dell' avversaria.

Era caduta supina, con la gamba destra insensibile fino al ginocchio, ed in fiamme da lì all' inguine. Tentò di rialzarsi, ma fu colpita da un calcio al viso che la rischiacciò al suolo. Provò ad aproffittare della ridotta distanza che le separava, sferrando un pugno, ma si accorse con orrore della facilità con cui veniva stornato, accompagnato con apparente gentilezza, reso innocquo. L' orrore crebbe quando si accorse del brusco cambio di direzione e udì un' agghiacciante schiocco, rendendosi conto dall' innaturale posizione della sua mano che il polso era spezzato, ben prima di provare qualsiasi dolore. Fu colpita ancora, poi tirata, sempre per il braccio, in modo così violento da strapparle un urlo, mentre cadeva a faccia in giù sul terreno umido.

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Era così facile. La sua avversaria aveva l' aspetto di un carro armato, ma in ogni armatura si può trovare una falla, bastava saper cercare. Non lo udì con le orecchie, ma sentì ugualmente i tendini lacerarsi, i muscoli strapparsi, l' articolazione uscire dalla sede nel braccio della donna. Era così pateticamente lenta. Non nei movinenti, nè tantomeno nei riflessi propriamente detti, ma cercava di pensare. Doveva riflettere, pensare alla mossa successiva, valutare la situazione. Altrementi non riusciva a combattere. Le sembrava di sentire le rotelline girare in quella grossa testa, in modo tanto inadeguato. Poteva immedesimarsi in lei, prevedere le sue prossime mosse, senza rimanere però imprigionata nella sua previsione. Lei non pensava al combattimento, non coscientemente almeno. Il suo corpo sapeva cosa doveva fare, e lei lo lasciava fare senza interferire. Non che escludesse in cervello, certo. Solo la coscienza. Osservò l' ammasso di carne ai suoi piedi. Non avvertiva più vita in quel corpo, ed iniziò ad intuire il suo errore. Appoggiò il ramo che aveva strappato e che fungeva da paletto. Istintivamente l' aveva considerata una vampira, continuando a colpirla senza cercare inutilmente di finirla. Sarebbe morta molto prima se avesse capito subito di aver affrontato un' umana.

Aveva ucciso una cacciatrice.

Buffy proruppe in una risata, pensando all' ironia della sorte.

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Rinascita.

Battaglia.

Vittoria.

Erano trascorsi solo pochi istanti dal suo ritorno, ma le aveva già sperimentate tutte. Era rinata a pochi centimetri dalla sua lapide, ed aveva già ucciso. Una cacciatrice per di più. Sentiva che un tempo quel pensiero le sarebbe stato intollerabile. Il rimorso avrebbe dovuto bruciare la sua anima, tormentare il suo spirito. Ricordava come si era sentita quando Faith aveva ucciso per sbaglio il vice-sindaco. Allora lei non aveva fatto nulla, eppure si era sentita male per giorni, finchè l' accusa infamante rivoltale dalla sua collega non aveva sostituito il rimorso con la rabbia, l' indignazione e, infine, la compassione che deriva dalla superiorità che provava nei confronti della sua compagna.

Ora non provava nulla. Eppure avrebbe dovuto.

Si sentiva strana, cambiata. Non fisicamente, di questo era certa. Le sembrava di essere cambiata dentro. Più cinica, più distaccata, forse anche crudele. Aveva l' impressione di non ricordare qualcosa, qualcosa di importante. Eppure era certa di rammentare ogni giorno della sua vita, se possibile con più chiarezza di prima. Ma forse il punto era proprio quello. Forse i ricordi mancanti non riguardavano la vita, ma la morte. Ma non era il tempo per porsi quelle domande. Non aveva tempo per interrogarsi su cosa la fosse accaduto.

Voleva vivere, ora più che in ogni altro momento della sua vita. Mai aveva provato tanta gioia per il semplice fatto di respirare, camminare, esistere. Si guardò attorno, cercando di impremersi nella mente quello che vedeva. Fu allora che si accorse della lapide accanto alla sua. Accanto a quella che, istintivamente, sapeva essere la sua tomba, ce n' era un' altra. Incuriosita (spaventata) si avvicinò cautamente. Lesse il nome inciso nella fredda pietra e un grido silenzioso proruppe dalla sua anima.

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La decisione si era fatta strada nella sua mente con naturalezza, chiara e semplice, ovvio coronamento del suo ragionamento: guerra al consiglio. Non per vendetta, no. Aveva sofferto per Dawn e, in un certo senso, anche per Spike, ma il dolore non la imprigionava più in una morsa come aveva fatto un tempo, rendendola una creatura patetica e apatica, capace solo di sporadici momenti d' ira. Ora il dolore veniva affrontato e superato immediatamente, estrapolato dal contesto, privato di agganci e, quindi, di ogni potere. Eppure la sua decisione di eliminare gli osservatori non era per questo meno sentita. Mentre leggeva i diari della sua defunta collega nel buio della stanza d' albergo che era stata la sua casa, alla debole luce della torcia elettrica che aveva scovato a tentoni nell' asettico ordine della camera, rifletteva sulle sue possibiltà. Poteva fuggire, senza rivelare a nessuno il suo ritorno. Se la sarebbe cavata, ma non poteva accettarlo. Avrebbe dovuto abbandonare la caccia, vivere come una fuggiasca. Non faceva per lei. Non poteva più concepire la sua vita priva di violenza. Altrementi avrebbe dovuto in un qualche modo avere dei contatti con loro. Sapeva che erano una minaccia. Le cacciatrici erano state ingannate, le loro forze incanalate verso i loro scopi, intrappolate e sfruttate in modo osceno da uno sparuto gruppo di uomini troppo pigri e codardi da agire in prima persona. Le slayer non erano state create per combattere il male. Non erana state create, punto. Le favolette erano per gli stupidi, e lei lo era stata, per molto tempo. C' era voluta la morte per aprirle gli occhi sulla sua vita. Di recente, come testimoniava il cadavere dell' ultima collega, avevano iniziato a fare di peggio. Leggendo i diari di quella povera sfortunata aveva compreso la portata della minaccia che rappresentavano per lei, e soprattutto quello di cui era capace Travers pur di procurarsi la sua fetta di potere. Esasperare il fisico delle cacciattrici con massicci interventi farmacologici triplicandone la massa muscolare e indottrinarle fin da piccolissime con la particolare ideologia del consiglio poteva sembrare un' idea intelligente, ma invece non aveva fatto che svilire il loro vero potenziale, privandole dell' inventiva, dell' adattabilità che le contraddistingueva. Senza contare che per ogni canditata individuata che effettivamente diventava cacciatrice altre dieci subivano inutilmente il trattamento. I segni erano difficili da interpretare, e poi non garantivano alcuna certezza. E in fondo tutto dipendeva dalla sopravvivenza della cacciatrice attiva in quel periodo, visto che spesso le ragazze crescevano troppo senza attivarsi uscendo dall' età critica e diventando solo pesi. Sapevano troppo ed erano state addestrate troppo bene per scordarsi di loro. Probabilmente le riunivano in qualche commando per missioni suicide o quasi, in gran parte inutili. Senza contare i danni terribili causati dall' abuso di farmaci, danni che la cacciatrice poteva (forse) sopportare, ma che si rivelavano devastanti a lungo termine sul fisico di ragazzine sedicenni. Se avesse avuto ancora un' etica si sarebbe certamente indignata leggendo tutti gli orrori contenuti in quel libro, orrori compiuti, ma soprattutto subiti, dalla giovane che aveva ucciso in quel cimitero. Ma tutto questo era alle sue spalle ormai, e rimaneva solo un animale privo delle ipocresie proprie degli esseri umani, pronto a fare ciò che doveva essere fatto, e ciò che voleva. Quest'ultima considerazione la colpì profondamente. Un frammento di memoria si liberò, squarciando il velo di oscurità che le sembrava pervadere la sua esistenza.

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Camminava, ma la sensazione che provava era di galleggiare. Attorno a lei un candore immenso, abbacinante, e un vuoto completo. Capì di essere morta, ma non provava pena, nè rabbia alcuna. I rimpianti erano svaniti, portati via da una misteriosa corrente. Sentiva che quella era una grossa occasione per lei.

Si trovava in quella situazione da un tempo apparentemente interminabile quando udì per la prima volta la voce. Una voce al tempo stesso aliena ed familiare.

"Cosa accadrebbe se il principio del piacere e quello della realtà coincidessero, per una persona?"

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Ora sapeva come era cambiata. Non sapeva che risposta si fosse data nell' "aldilà", ma lei credeva che la voce non fosse che una manifestazione della sua psiche. Probabilmente, quando l' attività psichica era cessata, lei aveva continuato a vagare per sempre in un limbo generato dalla sua stessa mente. In realtà era meglio dire che aveva creduto di vagare in un limbo, visto che le sua coscenza aveva cessato di esistere. Dunque la fonte di quei massicci cambiamenti della personalità che l' affliggevano e che lei trovava personalmente deliziosi erano dovuti a deliri postmortem analoghi a quello che aveva appena ricordato. Non le importava. Si sentiva migliore, e qualunque cosa ne fosse la causa, era pronta ad accettarla con gioia. Certo era una spiegazione un po' riduttiva considerando che per anni aveva spiegato i fenomeni più disperati attraverso il soprannaturale, la magia e l' occultismo. Eppure era certa si trattasse di un fenomeno di quel genere, del resto molti neurologi avevano ipotizzato che l' ultimo evento della vita si ripettesse apparentemente all' infinito, per un defunto. Non aveva cercato una risposta alle sue domande, pure alcune di loro erano state sodiisfatte. Ora doveva mettersi in moto, e sapeva da dove cominciare.

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Rannicchiata nell' ombra aspetta, seguendo il ritmo silenzioso del trascorrere della vita dell' uomo che sta spiando. Non può vederlo, ma nel silenzio assoluto riesce a percepirlo come se per lei le pareti della sua casa fossero delle lastre trasparenti. Non c' è nulla di esoterico nelle sue capacità, si tratta solo di mettere insieme tutte le informazioni percepite, di vedere la trama che formano, di scartare le miriadi di disturbi che popolano la notte. Nella sua mente c' è il vuoto, nessun pensiero che possa distrarla. E' fondamentale entrare nel momento giusto per dominare il suo interlocutore, perchè, per fare ciò che deve, ha bisogno del sua aiuto.

Ecco, un' incrinatura nella sua corazza, un momento di debolezza in cui l' uomo si abbandona ai ricordi, un' istante di vulnerabilità. Entra silenziosamnete mentre l' uomo è voltato e si siede con noncuranza sul grosso sofà. Quando l' uomo si gira dopo aver riposto il libro la vede e sbianca in volto.

"Buona sera signor Giles" esclama la ragazza con naturalezza "Dobbiamo parlare"

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"Mio Dio, Buffy"

"Non c' è bisogno di scomodare qualosa che non esiste"

"Ma tu sei...?"

"Viva? Si certo. Ma sono qui per parlare di questo"

Getta sul tavolino un grosso quaderno. Il diario Renè Trelane. La cacciatrice che aveva ucciso.

"Dove l' hai trovato?" chiese Giles sorpreso.

"A casa sua, dove sono andata dopo averla uccisa, dopo aver controllato l' indirizzo sui documenti" lo disse con una tale naturalezza che Giles non ne comprese il significato per alcuni secondi.

La guardò con attenzione, come per scrutare la sua anima

"Che ti è successo?"

"Me lo chiedo anch' io, ma non ha importanza" fece una breve pausa, poi continuò:

"Legga dove ho lasciato il segno"

Giles obbedì, e dopo alcuni istanti alzò gli occhi dal libro per guardare Buffy. Stava leggendo la cronaca dell' esecuzione di Dawn.

"Tu sapevi?"

"No, sì è trattata di una fortunata coincidenza" Il tono cambiò, diventando quasi supplice, ma il suo sguardo non tradiva la vulnerabilità implicita nella voce. Anzi, sembrava quasi irridente.

"Lei deve aiutarmi, ho bisogno del suo aiuto per fare quello che deve essere fatto"

Giles rabbrividì. Davanti a lui non sedeva la sua Buffy, ma una creatura spietata, dallo sgurdo di piombo e con il cuore d' acciaio. Ebbe la netta sensazione che, se non l' avessa aiutata, lei lo avrebbe costretto in qualche modo, cercando di piegarlo alla sua volontà.

Non aveva altra scelta che assecondarla, aiutarla forse.

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Accucciata nell' oscurità attende, silenziosa e circospetta. Aspetta il momento giusto, il segnale di Giles. Ricorda con chiarezza lo stupore da lui provato nel rivederla, ma ancora di più lo sguardo perso e vagamente spaventato con il quale ha iniziato a guardarla dopo il suo racconto. Ascolta i suoni che giungono dall' altra stanza, ma lo fa distrattatamente, senza cogliere il significato delle parole. Si comporta così volutamente, attenta solo a cogliere il segnale convenuto o eventuali discrepanze nella trama dei suoni che più che sentire percepisce, attraverso tutto il corpo, mentre tutto il resto le scorre via, come la pioggia scivola sopra i finestrini di un' auto in corsa. Se qualcuno potesse leggere i suo pensieri vedrebbe solo un grande vuoto nero, un oceano scuro in cui galleggiano solitarie solo le proiezioni mentali dei suoi sensi, ricostruendo un affresco della realtà incredibilmente vivido, anche se non necessariamente veritiero.

"Quindi, in parole povere lei non ha la minima idea di quello che ci troviamo ad affrontare?" esclamò con il suo consueto tono compassato, che celava però un pesante rimprovero, Quentin Travers, uomo di punta del consiglio per quanto riguardava il lavoro sporco e la gestione della cacciatrici.

"So solo che il nostro avversario è estremamente pericoloso" rispose Giles per nulla desideroso di subire quel linciaggio verbale "Occorrerà certamente una cacciatrice molto ben preparata per fronteggiare questa emergenza"

Si irrgidì. Il segnale era stato dato. 'Una cacciatrice molto ben preparata'. L' aveva scelto lei, trovando adatto alla situazione. Ascoltò con ancora maggior attenzione, pronta a cogliere scalpiccii, sospiri e quant' altro potesse rivelare una tensione da parte dei suoi nemici. In fin dei conti Giles avrebbe potuto tradirla, costringendola ad una fuga precipitosa. Non avvertì nulla di insolito, poi udì aprirsi la porta principale del Magic Shop. Giles era uscito con un pretesto, come convenuto. Tutto sarebbe filato liscio, come aveva previsto.

Ora veniva la parte più difficile.

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La porta si aprì vomitando nella stanza un demonio biondo, dalla velocità accecante. Le cinque persone all' interno impiegarono un secondo per riconoscere la creatura che li stava assalendo con tanta ferocia. Per due di loro, morti ancora prima che il lampo del riconoscimento si facesse strada nelle loro menti paralizzate, un secondo di troppo. La squadra di Travers rifletteva i compiti che dovevano svolgere, proprio come si era aspettata. Non c' era spazio per i tranquilli intellettuali che componevano la maggior parte del consiglio, purtroppo generalmente relegati a compiti secondari come la ricerca d' archivio, ma neppure per le eminenze grigie, che ricoprivano ruoli più importanti, magari conquistati con l' inganno e l' ambizione, e che avrebbero potuto mettere in ombra la figura di Quentin Travers. Largo invece a tre robusti esecutori, ottusi e ignoranti paramilitari reclutati chissa dove, gente abbastanza stupida ed insensibile per eseguire gli ordini di un uomo del genere. E poi, naturalmente, la nuova cacciatrice. Una ragazzina dal viso paffuto da dodicenne, probabilmente gonfiato dai farmaci, una faccia innocente e sognante che tanto strideva con il fisico massiccio e muscoloso, da culturista. Proiettandosi fuori dal retrobottega Buffy aveva una chiara visione della posizione dei suoi avversari, colpendo il primo con un devastante diretto alla mandibola, tanto forte e veloce da sfondarla come un uovo. Il suo viso scoppio come un pomodoro maturo, causando una morte quasi istantanea per la massiccia emoraggia. Buffy pensò che probabilmente una scheggia d' osso avesse reciso una qualche arteria importante, forse la giugulare stessa. Coperta del sangue della sua prima vittima si avventò sulla successiva, che la fissava immobile, con gli ochhi sbarrati. Lo raggiunse e lo uccise istantaneamente, spezzandogli il collo con la stessa naturalezza, (e facilità) con cui avrebbe aperto un vasetto di sottaceti. Quentin, troppo cinico e calcolatore per provare autentico disgusto per qualcosa, rimase tuttavia colpito dal contrasto fra le due morti a cui aveva appena assistito, l' una ultra-violenta, l' altra così calma e quasi pacifica.

Finalmente Buffy intravide una reazione. L' ultimo superstite del commando , che lei ricordava per averlo già affrontato durante la sua ultima prova gestita dal consiglio, quando avava combattuto bendata, si gettò su di lei. Un esperto di karate e jujitsu, un osso duro, all' apparenza. L' uomo sferrò un calcio per tenerla a distanza, mentre tentava di estrarre un coltello. Fu il suo ultimo errore. Buffy si avvicinò aggressiva, costringendolo a prendere l' iniziativa o subirla, impedendogli di prendere tempo dando modo così alla nuova, piccola, slayer di venire in suo aiuto. Cercò di colpirla con un affondo alla gola, attacco che fu stornato, la mano armata condotta gentilmente verso il basso, mentre il gomito della cacciatrice gli sfondava le costole. Non avvertì subito il dolore, anche se si trovò improvvisamente a terra, le membra pesanti ed impacciate, il coltello inutile nella sua mano. Non si sentiva male, solo poco lucido. Come se fosse ubriaco. E aveva freddo, un freddo intenso che si propagava dal fianco, che stranamente sentiva umido, come se il tessuto della sua giacca fosse stato zuppo d' acqua. Ma non era acqua. Cadde in una piccola pozza formata dal suo stesso sangue scuro.

Restavano solo in due. La cacciatrice ed il suo mentore (aguzzino).

La vide scattare, certa dei propri mezzi, incurante della morte che l' avversaria aveva seminato in una manciata di secondi, forte della falsa sicurezza inculcatele dall' anziano inglese dall' aria distinta che ora si nascondeva nella sua ombra. Buffy notò, con la coda dell' occhio, senza registrarlo coscientemente, ma tenendolo ben presente ad un livello di consapevolezza inferiore e più primitivo, il suo movimento. Vide la mano dell' uomo scomparire nella giacca, mentre si ritraeva, cercando freneticamente di guadagnare l' uscita.

La sua giovane avversaria (buffo come si sentisse più vecchia, considerato che non le separavano probabilemte più di cinque anni) si protese in avanti, attaccando con una serie di colpi piuttosto accademici, che, nelle sue intenzione, avrebbero dovuto probabilmente permetterle di capire qualcosa della sua sua avversaria. Grosso errore. Nel combattimento reale non esiste una fase di studio, non quando c' è la necessita di farla finita nel modo più rapido possibile, prima che un evento imprevisto possa mutare la situazione in modo disastroso. E poi non avrebbe ricavato nulla da quegli attacchi, neppure se l' avessa lasciata fare. Avrebbe capito solo ciò che lei avesse deciso di dirle. Ma non la lasciò fare. Il suo attacco fu spezzato, i suoi colpi incontrarono una resistenza improvvisa laddove, fino ad un istante prima, non c' era nulla. Buffy aproffittò del varco che aveva scavato nelle difese dell' avversario colpendola ripetutamente con estrema brutalità al torace, al viso, all' addome. Il tutto durò un paio di secondi, poi la sua antagonista le crollò tra le braccia.

Invece di scavalcarla e dirigersi contro il suo vero obiettivo la sostenne, sfrapponendola fra lei e Quentin. L' inglese la attendeva con la rivoltella in pugno. Sapeva che non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a sparare sulla sua creatura, ma era certa che la sua comprensione dello scontro fosse insufficiente per permettergli di prendere tale decisione. Con tutta probabilità non aveva ancora capito di essere l' ultimo rimasto in piedi. Lei daltronde non attese che lo comprendesse da sè. Afferrò la ragazza svenuta per i capelli e la cintura, la sollevò quel tanto che le bastava e la scaraventò contro l' osservatore.

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Quentin tentava disperatamente di emergere da sotto il corpo esanime della sua pupilla, maledicendo per la prima volta i trattamenti a cui l' aveva sottoposta e che l' avevano resa si più forte, ma ne avevano più che raddoppiato il peso. Finalmente riuscì ad uscire da quel groviglio di membra, trovandosela sopra, torreggiante sopra di lui. Cercò di alzare l' arma, puntandola freneticamente verso di lei mentre si rizzava in ginocchio, ma la mano sinistra della giovane si chiuse sul suo polso, tenendo la canna del revolver rivolta verso il pavimento, mentre quelle dita d' acciaio stringevano sempre più forte. La mano destra scattò, così rapida che l' osservatore potè solo intuire, più che percepire, il movimento, e lo afferrò alla gola, sollevandolo da terra mentre lo strangolava. Avrebbe potuto ucciderlo con un gesto, invece di soffocarlo con deliberata lentezza, osservando gli ochhi velarglisi mentre il viso si atteggiava in una smorfia di terrore. Non giocava con le sue vittime. Mai. Una lezione appresa ben prima della sua morte e del suo cambiamento. Eppure in quel caso era indispensabile, perchè non si trattava di un semplice omicidio. Era un' esecuzione rituale. Aveva brutalmente eliminato i tre esecutori, sconfitto la cacciatrice, ma il consiglio doveva sapere che non si trattava di un caso, dell' opera di un demone qualsiasi, ma che era una precisa dichiarazione di guerra.

Quentin Travers morì in quell' istante.

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Non sarebbero venuti a cercarla.

Nessuno sapeva chi aveva compiuto il massacro del Magic Shop, tranne Giles, che avrebbe taciuto. Le voleva troppo bene per venderla a quelli, che odiava tanto quanto lei. Al massimo avrebbe potuto intraprendere una qualche inziativa personale se l' avesse considerata troppo pericolosa, ma questa eventualità, oltre che improbabile, era una scarsa preoccupazione considerate le capacità e le risorse di entrambi.

Del consiglio non si preoccupava. Senza cacciatrice, senza un capo sul campo, senza profezie da interpretare, senza una minaccia cosmica a cui dare la colpa, erano meno di niente. Solo per organizzare una nuova squadra, per trovare un rimpiazzo di Travers sarebbero occorsi mesi. Poi avrebbero inviato sul posto qualcono ad investigare, qualcuno che avrebbe finito per confermare il rapporto di Giles. Sapeva come si muovevano, come funzionava la loro macchina amministrativa. La stessa struttura organizzativa vecchia di millenni che aveva garantito la loro sopravvivenza nei secoli più oscuri, quando un adepto poteva passare tutta la vita senza avere contatti con altri osservatori, ora impediva le rapide consultazioni che la situazione avrebbe richiesto.E soprattutto avrebbero speso le loro energie per ritrovare la cacciatrice. Ma non ce l' avrebbero mai fatta, e non avrebbero più avuto slayer con cui giocare per molto, molto tempo.

Aveva fatto evadere Faith, affidando questo compito a due vampiri che aveva appositamente risparmiato; le aveva poi mostrato cosa aveva fatto alla sua collega, lasciandole una scelta: sparire o finire come lei. Aveva accettato di fuggire, ovviamente, ma il suo comportamento l' aveva in qualche modo stupita. Aveva sempre fatto quello che voleva, usando poi la sua infanzia infelice come alibi per le sue nefandezze. Era questo che pensava del comportamento di Faith, che pensava delle sue azioni prima di morire. Ora, invece, non le sembravano poi così gravi. La nuova Faith, invece, soffocava le sue inclinazioni naturali sotto uno spesso strato di moralità, che proprio non le si addiceva, probabilmente instillatole da Angel.

Angel. L' unico che non aveva voluto vedere, l' unico abbastanza profondo da capire la portata del suo cambiamento e sufficientemente coraggioso da combatterla. Aveva ingannato Willow e Xander, soggiogato Giles, ma non avrebbe mai potuto evitare il confronto se lo avesse incontrato. Gli aveva telefonato per comunicarle il suo ritorno, sperando in tal modo di scoraggiare una sua visita a sorpresa, e fino ad allora aveva funzionato.

Si rigirò nel letto un tempo appartenuto a Spike, nella sua cripta, che aveva eletto a sua nuova residenza. Era strano che una cacciatrice vivesse in un cimitero, doveva convenirlo, ma non poteva certo tornare nella sua vecchia casa. E poi era al riparo degli sguardi indiscreti, quando combatteva, vivendo in pratica all' interno della sua riserva di caccia. Angel non avrebbe certo approvato la sua nuova sistemazione, ma non c' era bisogno che lo sapesse, e lei sperava di rinviare il più a lungo possibile il loro incontro. Era inevitabile, lo sapeva bene. Eppure non voleva ucciderlo.

Questi pensieri le rendevano impossibile dormire, così si alzò e decise di dare una controllatina al suo sotterraneo. Aprì la botola scendendo nell' altro buio che un tempo aveva ospitato il museo personale di Spike dedicato a lei stessa. Ora c' era ben altro. Collegata con varie apparrecchiature mediche c' era Lilian Merrick, l' attuale cacciatrice, in coma. Un coma indotto artificialmente, per tenerla in vita e fuori dai piedi. Come misura preventiva le aveva spezzato la schiena, per scongiurare un improvviso risveglio, come era accaduto con Faith. Alcuni l' avrebbero considerata molto crudele, ma lei preferiva considerarsi pragmatica.

Era tornata per restare, e poteva fare tutto quello che desiderava.

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