LA NOTTE PRIMA DELL’ALBA

AUTORE: the gift,

RAITING: NC-17, credo...fate un po' voi..

COPPIE: e c'è da chiederlo???

DISCLAIMER: tt i personaggi appartengono a Joss Whedon, la Mutant Enemy, la Fox, la UPN, ecc ecc

Questa ff è stata scritta non a scopo di lucro ma per puro piacere personale.

NOTE: è un viaggio mentale e non verso i confini del sogno e della realtà...

 

 

 

Il vicolo poteva appartenere alla metropoli più sconfinata o ad un paesello sperduto sul cucuzzolo di un monte… non saprei davvero dirlo con certezza. L’unico particolare nitido nel mio ricordo, è quella luna che maligna mi spiava da dietro una sola nuvola….

Avevo freddo, ma non era la rigidità tipica dei mesi invernali..

No piuttosto, un lungo intenso brivido che mi restava appiccicato addosso come una seconda pelle e che mi intorpidiva le ossa.

Il fumo che fuoriusciva dalle mie labbra socchiuse dal leggero ansimare del mio respiro, mi accompagnava e mi teneva compagnia…

Ogni tanto mi voltavo indietro, cercando di capire da dove fossi venuta e dove stessi andando. Ma il buio attorno a me era simile a quello che avevo nella mente.

Non ricordavo niente, nessun messaggio, neppure confuso fra le mie sinapsi intrecciate che mi riconducesse a casa.

Solo il vuoto e poi niente.

Sapevo, ero cosciente che dovevo avanzare, attraverso quel vicolo di cui non scorgevo la fine. Ai lati si stagliavano palazzi vecchi e cadenti. L’odore della muffa, quello acre mischiato alla polvere, saturava le mie narici, obbligandomi a starnutire e a tossire.

A dire il vero non so se fosse quel pulviscolo o il freddo. E credo non lo saprò mai.

Portavo un paio di scarpe da ginnastica, morbide e avvolgenti. Razionalmente, il loro poggiarsi a terra non avrebbe dovuto causare alcunché di rumore, invece ogni volta il piede toccava il suolo, un rumore sordo si scagliava sulle mura e mi tornava addosso violentemente, come un boomerang impazzito.

A tratti getti di aria mi congelavano il viso. Potevo sentire nitidamente il mio naso diventare di ghiaccio, insieme alle mie mani e ai piedi.

Dopo tante lacrime versate senza provarne pietà nell’immediato, gli occhi bruciavano e molteplici spilli li trafiggevano. Spesso mi ritrovai a sbattere le palpebre, cercando di far affluire liquido sopra le mie iridi. A lenire il dolore.

Il cappotto mi era rimasto piccolo e mi stringeva sulle spalle. I calzoni della tuta invece erano ampi e pregni della foschia che galleggiava sopra di me. L’umidità mi aveva bagnato il corpo e si cristallizzava su di me.

Non sapendo niente oltre a quello che mi accompagnava in quel lento cammino, neppure il mio nome, ad un tratto decisi di fermarmi. Provai a chiamare qualcuno. La mia voce uscì atona e lontana. Come se appartenesse a qualcun altro. Eppure al contempo, potevo anche sentirla dentro di me. Mi rimbombava nelle orecchie e giù nella trachea. E mi diceva, ripeteva che ero sola.

In quella notte di piombo fuso, io ero sola.

 

Ora che ci ragiono, mi chiedo come avessi fatto a non inciampare, visto che l’unica luce proveniva da quel pianeta pallido che brillava di luce riflessa.

Fissai il mio sguardo su di essa: la luna era così lontana, ma se solo avessi potuto allungare una mano e coglierla….come una mela bianca. E così mi accorsi di un’altra cosa. Avevo fame.

O meglio , era una sorta di languore al basso ventre, che mi ricordava di essere viva. E di avere dei bisogni.

Frugai dentro le tasche, alla ricerca di qualsiasi cosa: una briciola, una gomma da masticare, una caramella.

Invece trovai un foglietto. Bloccai la mia andatura e lo scartai. La cosa sorprendente fu che mi accorsi di vederci bene. I miei occhi scorgevano tutto. La spazzatura ai bordi della strada, i ciottoli chiari, le crepe lungo i muri, le ragnatele ricamate e brillanti di goccioline, i riflessi sinuosi dei raggi lunari lungo gli edifici. La foschia si era alzata, e mi sentivo più asciutta. Meno fredda.

L’alito non si trasformava in vapore argentato, e nelle mani il sangue affluiva potente.

I piedi si piegavano senza dolore e il cappotto era tornato comodo e tiepido come era sempre stato.

Sorridendo a me stessa, mi chinai verso il foglio e guardai curiosa.

La calligrafia era ben curata e stilata con inchiostro nero, che spiccava come oro sul foglio stropicciato e candido.

Le parole che vidi risvegliarono in me un vago ricordo, come quando si ascolta una musica non ben definita ma familiare. Sapevo che era l’inizio della conoscenza, che ben presto tutto sarebbe diventato nitido. E forse avrei trovato anche l’uscita di quel tunnel di pareti e cielo.

Così, piena di speranza, lessi.

 

< Ti ho chiesto di amare, e me lo hai rifiutato. Ti ho chiesto di provare, ma ti sei tirata indietro. Ti ho chiesto di ascoltare, e ti sei nascosta nei tuoi silenzi. Ora non ti chiedo più niente. Attenderò che sia tu a trovare le risposte verso tutte le parole versate come le mie lacrime. Io, nel frattempo, resterò nell’ombra della notte. Sai dove trovarmi. W. >

 

Il sentimento che dapprima mi aveva fatta esultare, mi abbandonò. Quelle poche righe mi avevano confusa come niente al mondo. Cercai al mio interno un segnale, solo uno, che mi riconducesse al volto di quella doppia V scritta come un punto indelebile.

Chi era l’autore della lettera? Cosa voleva dirmi? Ero forse scappata per tutto ciò? Avevo pianto a causa di quelle parole? E per dio, dove stavo andando?????

Chi ero io??

Senza conferme o smentite, senza chiarimenti, riposi il foglietto nella tasca e ripresi il mio cammino. È vero, non sapevo niente, ma non sarei restata immobile. Avrei avanzato nel nulla. Tutto purchè non restare in quella inquietante stabilità che mi metteva paura.

Ed ecco che il freddo era passato. Ora faceva caldo. Molto caldo.

Mi sfilai il cappotto e vidi al collo un ciondolo che mi ricadeva sulla maglia di acetato.

Era circolare, dai bordi frastagliati, del colore dell’oro, e al centro raccoglieva una pietra violetta. Al suo interno v’era una sorta di luce, che si emanava timida e che mi pigiava sulla pelle sottostante.

Lo presi con una mano e mi pizzicò il palmo. Lo strappai così da dosso e lo fissai. Nel suo specchio, potei scorgere la mia immagine riflessa.

Mi toccai i capelli e il volto. Ero bella. Avevo gli occhi verdi, le labbra rosse, lunghi fili gialli come grano a ricadermi sulle spalle e ad incorniciarmi le guance rosate.

Ma rimanevo sola.

Così, riposi anche il ciondolo nella stessa tasca del foglietto e ripresi il mio cammino.

 

Fino ad allora non avevo provato paura. Ne ansia, ne frenesie, ne altri sentimenti all’infuori dell’incoscienza. Avevo messo un piede dopo l’altro come un’ automa, affrontando dapprima il freddo e poi il caldo, lo sguardo algido della luna, l’umidità dell’aria, il tanfo della muffa, il silenzio squarciato dai colpi martellanti dei mie passi.

Avevo continuato perché sentivo che dovevo farlo.

Ma quando udii un ringhio basso e cupo provenire da un luogo non definito davanti a me avvolto nella penombra, ebbi paura. Mi immobilizzai all’istante. Con uno scatto rapido, girai la testa attorno per cercare una via di fuga. Mi voltai cosciente del fatto che avrei sempre potuto indietreggiare, ma gelai quando vidi alle mie spalle un muro altissimo che mi chiudeva la vita lì.

Stavo per morire.

La cosa che sopraggiungeva verso di me, non era amichevole. Mi avrebbe uccisa. Avrebbe strappato il mio cuore con un morso, ed avrebbe banchettato con il mio cadavere.

Mi strinsi le braccia attorno al corpo, e un vento gelido si rimpossessò della mia pelle. Presi a tremare convulsamente. Il rumore era minaccioso. Letale. Si avvicinava lentamente.

Capii che mi stava studiando, che tastava il terreno prima di sventare un attacco.

Lui era il cacciatore ed io la preda. Feci istintivamente alcuni passi indietro e mi ritrovai ad appoggiare le spalle al muro. Ora la sensazione di terrore era amplificata.

Il ringhio continuò, senza mai interrompersi. Mi entrava nella testa con la stessa potenza di una sega elettrica, e mi fracassava le orecchie.

Restrinsi gli occhi per vedere meglio, ma era come se all’improvviso tutti i miei sensi si fossero intorpiditi.

Scivolai così a terra e mi accucciai come una bambina. Presi a recitare una vecchia preghiera insegnatami nell’infanzia, sperando in essa, nel suo potere salvifico.

Ma non accadde.

Il suono si fece vicino. Molto vicino. E finalmente ne vidi il fautore.

Spalancai gli occhi dalla sorpresa. Non avevo davanti una fiera, ne un animale selvatico, ne una creatura aliena.

Era un uomo, neppure molto alto. Vestito persino male a dirla tutta. Lo squadrai da capo a piedi e scossi il capo come per capire…

Quando il mio sguardo di posò sul suo viso, compresi.

Era un vampiro.

 

La paura svanì. Il terrore si dissolse, come la nebbia precedente. Il sangue mi pulsò impetuoso nelle tempie e il cuore accelerò. Gettai il cappotto al suolo e le gambe diventarono fasci di muscoli e acciaio.

Mi tirai in piedi con rapidità. Con un movimento repentino, non appartenente a me. Ne alla mia natura umana.

Percepivo distintamente energia pura lungo le vene. Dentro le fibre del mio essere. Fra i miei neuroni tesi al massimo, lungo i nervi ottici, nello stomaco, sui tendini, nei polmoni, attraverso le scosse elettriche del midollo osseo, fino al sistema nervoso centrale.

Ero in procinto di combattere. La situazione si era invertita.

Io ero divenuta la cacciatrice.

 

 

La nuova preda mi si parava davanti con sfida, digrignando i denti e fissandomi con gli occhi tinti di un giallo acido. La cresta che gli sfigurava la fronte, innalzando gli zigomi e rendendo il volto simile a quello affilato di un serpente, infondevano pericolo. Minaccia. Morte.

Una strana risata mi fuoriuscì dalle labbra. Un ghigno quasi, malvagio e colmo di potenza.

Non mi ero mai sentita così. Prima di allora, non avevo mai pensato di essere unica. O speciale. Ma in quel momento mi ricredetti.

Ero forte. Ero un’eletta.

Ci trovammo uno di fronte all’altra. Strinsi i pugni con rabbia e urlai sentendo montare l’eccitazione.

Mi scaraventai sul vampiro colpendolo in pieno volto, facendolo ricadere a carponi sul terreno. Ghignai di nuovo e mi preparai a lottare.

Dio mio, quella era adrenalina pura. Mi sentivo come in alto mare. Ma non ero in pericolo. Non ero su una maledetta nave.

Ero il mare stesso, immenso, capace di tormente e bufere.

Io avevo in mano la situazione.

Il mostro si rialzò e asciugò con la manica un rivolo di sangue che gli colava dall’angolo della bocca. Lo assaggiò soddisfatto ed io emisi un gemito di ribrezzo.

Ci guardammo ancora negli occhi e compresi che quella era la mia ultima battaglia. La nostra danza riprese ed io volteggiai sotto la luna come una guerriera celtica.

Non posso dire con certezza quanto restammo a combattere.. sarebbero potuti essere minuti come giorni.

Fu un combattimento duro ed estenuante, anche se ad ogni colpo mi sembrava di tornare a casa. Un pugno equivaleva ad un ricordo.

Quando finalmente raccolsi un pezzo di legno e lo conficcai con violenza nel petto del vampiro, la mia vita si srotolò davanti ai miei occhi come un soffice tappeto persiano.

Tutto divenne chiaro. Come la polvere che ricadeva leggera sulla terra sotto ai miei occhi.

Mi chiamavo Buffy. Ero una liceale non molto volenterosa nello studio. Alquanto ottusa alle volte. Portavo esuberanti push-up per aumentare la taglia modesta del mio seno, amavo le minigonne e cerchiavo di nero i miei occhi chiari per risaltarne così il colore cristallino. Avevo degli amici, a cui volevo bene come a fratelli. Una sorella, creata dal mio stesso sangue per mano di alcuni monaci mistici. Mia madre era la cosa più bella e stabile della mia vita. Mio padre, invece, non c’era. Ma il suo posto era stato occupato egregiamente dall’Osservatore datomi dal Consiglio. Ed ero una slayer.

Uccidevo i vampiri.

Ero la prescelta.

Eppure una strana sensazione mi portava a detestare tutto ciò. Gravava sulle mie spalle un peso troppo grande. Soffocante. Terribile.

Ero in gabbia, senza via di fuga. L’angoscia mi riempiva i tessuti come un attacco di claustrofobia.

Ed ero innamorata. O forse, lo ero stata un tempo. E ironia della sorte, proprio di un vampiro. Ma non uno qualsiasi. Un vampiro con l’anima. Un campione. Un angelo.

Che mi aveva spezzato il cuore lasciandomi sanguinante e disperata.

Che quelle parole scritte sul foglietto fossero state sue? Che io avessi pianto e fossi arrivata in quella realtà distorta a causa del dolore che lui mi aveva inflitto???

No, non era così. La verità piena ancora mi sfuggiva. C’era dolore, c’era pianto, ma non era per amore.

Forse per la concezione della vita. Della mia vita.

Forse per il suo peso incommensurabile che mi portavo appreso come una chiocciola.

Forse per colpa del guscio che mi soffocava nelle sue spire di dovere, di leggi, bonismo e ipocrisia.

La firma in fondo, quella V doppia, a chi apparteneva allora?

C’era qualcun altro, molto più importante di tutto ciò, persino del mio destino. Qualcuno che mi aveva condotta lì, in quel vicolo immaginario, a combattere contro le mie paure..

Ma chi era??

 

Raccolsi il cappotto e me lo infilai di nuovo. Il freddo era tornato. Alzando gli occhi verso il cielo, notai come la luna fosse scesa leggermente nell’arcata celeste, segno che ben presto avrebbe fatto giorno. Sarebbe sopraggiunto il sole. Ma lo avrei voluto dopo una notte come questa? Lo avrei accolto come una delizia, o sarebbe stata la mia ulteriore croce?

Volevo davvero continuare a vivere fingendo che tutto andasse bene? E che fosse il sole la stella che io desiderassi in cuor mio vedere risplendere sopra la testa??

Non cercavo forse solo il freddo pallore della luna e degli astri notturni?

Ripresi il passo e concentrai i miei pensieri verso di lui. Verso la firma sconosciuta che mi aveva risucchiata nella notte… nella mia notte.

 

Il sogno si dissolse…e con esso, anche la tenebra nella quale avevo vissuto per ben ventuno anni.

Da qui, tutto ebbe inizio davvero.

Non posso dire con certezza quanto restammo a combattere.. sarebbero potuti essere minuti come giorni.

Fu un combattimento duro ed estenuante, anche se ad ogni colpo mi sembrava di tornare a casa. Un pugno equivaleva ad un ricordo.

Quando finalmente raccolsi un pezzo di legno e lo conficcai con violenza nel petto del vampiro, la mia vita si srotolò davanti ai miei occhi come un soffice tappeto persiano.

Tutto divenne chiaro. Come la polvere che ricadeva leggera sulla terra sotto ai miei occhi.

Mi chiamavo Buffy. Ero una liceale non molto volenterosa nello studio. Alquanto ottusa alle volte. Portavo esuberanti push-up per aumentare la taglia modesta del mio seno, amavo le minigonne e cerchiavo di nero i miei occhi chiari per risaltarne così il colore cristallino. Avevo degli amici, a cui volevo bene come a fratelli. Una sorella, creata dal mio stesso sangue per mano di alcuni monaci mistici. Mia madre era la cosa più bella e stabile della mia vita. Mio padre, invece, non c’era. Ma il suo posto era stato occupato egregiamente dall’Osservatore datomi dal Consiglio. Ed ero una slayer.

Uccidevo i vampiri.

Ero la prescelta.

Eppure una strana sensazione mi portava a detestare tutto ciò. Gravava sulle mie spalle un peso troppo grande. Soffocante. Terribile.

Ero in gabbia, senza via di fuga. L’angoscia mi riempiva i tessuti come un attacco di claustrofobia.

Ed ero innamorata. O forse, lo ero stata un tempo. E ironia della sorte, proprio di un vampiro. Ma non uno qualsiasi. Un vampiro con l’anima. Un campione. Un angelo.

Che mi aveva spezzato il cuore lasciandomi sanguinante e disperata.

Che quelle parole scritte sul foglietto fossero state sue? Che io avessi pianto e fossi arrivata in quella realtà distorta a causa del dolore che lui mi aveva inflitto???

No, non era così. La verità piena ancora mi sfuggiva. C’era dolore, c’era pianto, ma non era per amore.

Forse per la concezione della vita. Della mia vita.

Forse per il suo peso incommensurabile che mi portavo appreso come una chiocciola.

Forse per colpa del guscio che mi soffocava nelle sue spire di dovere, di leggi, bonismo e ipocrisia.

La firma in fondo, quella V doppia, a chi apparteneva allora?

C’era qualcun altro, molto più importante di tutto ciò, persino del mio destino. Qualcuno che mi aveva condotta lì, in quel vicolo immaginario, a combattere contro le mie paure..

Ma chi era??

 

Raccolsi il cappotto e me lo infilai di nuovo. Il freddo era tornato. Alzando gli occhi verso il cielo, notai come la luna fosse scesa leggermente nell’arcata celeste, segno che ben presto avrebbe fatto giorno. Sarebbe sopraggiunto il sole. Ma lo avrei voluto dopo una notte come questa? Lo avrei accolto come una delizia, o sarebbe stata la mia ulteriore croce?

Volevo davvero continuare a vivere fingendo che tutto andasse bene? E che fosse il sole la stella che io desiderassi in cuor mio vedere risplendere sopra la testa??

Non cercavo forse solo il freddo pallore della luna e degli astri notturni?

Ripresi il passo e concentrai i miei pensieri verso di lui. Verso la firma sconosciuta che mi aveva risucchiata nella notte… nella mia notte.

 

Il sogno si dissolse…e con esso, anche la tenebra nella quale avevo vissuto per ben ventuno anni.

Da qui, tutto ebbe inizio davvero.

Mi chiamò ed io riaprii gli occhi. Il suo torace era nudo e perlaceo. Sembrava marmo inespugnabile. Una fortezza così languida e desiderabile che mi fece aumentare la salivazione. La mia pelle formicolò e sentii aumentare il desiderio che avevo di lui. Che avevo sempre avuto. Ma che avevo taciuto. Distrutto. Allontanato. Per paura. Timore di affrontare le tenebre che erano in me. Che facevano parte di me in maniera invadente. Ingombrante. E che mi imponevano di guardarmi dentro, per almeno una volta nella mia vita.

Dovevo essere disposta a frugare fra le mie cose nascoste, sepolte. A quel tempo era troppo. Anche per me. Anche per una cacciatrice. L’essere più forte e coraggioso della terra.

 

Ma ora, questo, era il momento della verità. Della liberazione.

 

Sbattei le ciglia come un gattino che fa le fusa. Come un gattino in calore. E quello che scorsi, mi ripagò di tutto il viaggio fatto per arrivare lì.

Mi sbagliai, o vidi davvero amore nei suoi occhi??

No, fu proprio così.

E questo mi rese felice.

Tornarono alla mente parole lontane, pronunciate da me stessa in una notte come quella: << i vampiri non possono amare. Loro non possono provare emozioni…sono mostri senza sentimenti. Sono cose morte. >> L’inettitudine della mia vita mi colpì in faccia. Tutte le bugie dette, le verità taciute, gli sbagli compiuti, tutto mi ricadde addosso come un corpo morto.

Per troppo tempo avevo rinnegato la vera parte di me. Avevo cercato il bello in ogni cosa, eliminando il brutto e il cattivo. Mi ero innamorata di un vampiro con l’anima, come se questo mi avrebbe assolta alla fine. Amavo la morte, ma con una fiammella di vita.

O forse no?

Forse tutto il mio essere, quello che ero pienamente nel mio interno, voleva cedere al buio. Voleva distaccarsi dalla vita. Perché era dolorosa, meschina, ignobile.

E così intesi di aver fatto finalmente la cosa giusta.

Ma il dolore mi catturò nuovamente. Gemetti. La creatura meravigliosa che mi sfiorava il viso a pochi centimetri con la sua presenza immortale, capì prima ancora di me. Intese il mio bisogno primordiale.

Dopo avermi baciato ancora la punta tesa dei seni, gettò il suo mare burrascoso fin dentro il mio nucleo. Mi trapassò come lui solo sa guardarmi.

E mi disse:

<< Fallo! >> Non ci fu bisogno di altro. La parte esterna di me, quella legata ancora all’ umanità, non comprese, troppo avvinghiata alla stoltezza della precarietà terrena.

Ma quella nuova, intima, cosciente e acuta, emerse impetuosa.

Il richiamo sortì l’effetto sperato.

Ormai ero un cucciolo sotto il suo potere. Ma non ero soggiogata. Condividevo questo trono con lui. E mi sentivo un dio.

Un rumore di ossa spostate mi fece rabbrividire.

Un ultimo sguardo verso di lui, prima di sentire strane punte crescermi in bocca.

William piegò la testa di lato, invitandomi al banchetto di nozze.

La vera Buffy accettò leggiadra. Una nuova vita mi si apriva dinanzi. E lui me la stava donando.

A dire il vero, l’aveva già fatto giorni prima regalandomi la morte per poi rigenerarmi.

Io glielo avevo chiesto.

Io avevo scelto.

Lui mi aveva solo dato un’opportunità in più.

Mi tuffai su di lui e affondai le mie zanne sulla pelle tesa e liscia del suo collo. Senza preliminari. Senza quella spaventosa dolcezza che lui aveva usato con me.

Ero troppo inesperta, ancora. E il languore aumentava inesorabile…non avrei potuto fare di meglio. E non mi sarei voluta controllare. Lui mi si offriva sereno.

Non chiesi di meglio.

Un attimo prima di inghiottire il plasma, rimembrai l’ultimo pensiero della mia mente umana: << sto fuggendo dalla mia vita o da me stessa? >> Non stavo fuggendo, ma rincorrevo qualcuno. Lo cercavo. Lo bramavo. Come il giorno desidera la notte, come la luna cerca le stelle. Per sentirsi completa. Appagata. Ed ora il mio tesoro mi si offriva su un piatto d’argento. Spalancai la bocca e succhiai voracemente.

Tutto era compiuto.

Aspirai il liquido vermiglio con ampie boccate che scesero giù fluide lungo l’esofago, implosero nel mio stomaco raggiungendo anche l’angolo più remoto del mio corpo.

Il suo sangue mi donò una sferzata di piacere paragonabile a cento orgasmi tutti assieme e il suo sapore metallico mi rinfrancò l’anima..

Quell’ anima che non avevo più.

Questa era la risposta a tutte le mie domande. La ricompensa per le mie fatiche.

Vivere in eterno, come un essere superiore.

Insieme a lui.

A William, il mio sire.

La morte non è che il principio.

Ma se questo fosse stato tutto un sogno, dove inizierebbe la mia realtà?

Ma soprattutto, chi sarei davvero io?

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Apro le palpebre con enorme sforzo. Il corpo mi sembra distaccato dalla testa.

Ogni movimento mi pesa come alzare una tonnellata di cemento a mani nude.

Sono distesa su un letto e sono coperta con lenzuola calde.

Ho la bocca secca ed il collo mi fa male.

Ieri sera ho affrontato un brutto demone, che sperava di farmi fuori. Ovviamente non gli ho dato la soddisfazione, ma ho dovuto stringere i denti e ripescare tutta la forza che mi distingue dagli altri umani.

Ho vinto alla fine. Sono sopravvissuta.

Mi guardo attorno circospetta. Riesco a intravedere una luce tiepida, sfumata come un alone.

Intendo sia una finestra. Sta trattenendo fuori della camera la luce del giorno.

Annuso l’aria e riconosco l’odore della mia casa.

Grazie a Dio sono al sicuro.

Però ho un strana sensazione addosso. Ed è irritante.

Un languore mi sconquassa lo stomaco e mi obbliga a mettermi seduta.

Mi piego in due e vomito a terra. Dalla mia bocca fuoriesce del sangue. Ho paura.

Il cuore prende a correre come un velocista, e il ricordo del sogno torna improvviso, facendomi male. Anzi, il ricordo di entrambi gli incubi.

Ho fatto un sogno dentro un sogno. Sono veramente da manicomio…

Le mani prendono a tremare, le iridi vengono sommerse da calde lacrime salate. Sento un nodo che mi soffoca la gola e che impedisce così al mio cuore di fuoriuscire dall’angoscia.

I flash di quello che il mio inconscio ha prodotto tornano abbagliandomi la vista.

Chiudo gli occhi, e le palpebre cadono sopra le gocce di pianto che aspettano qui, facendole scivolare sulle mie guance arrossate. Sono spaventata. Terribilmente.

Mi alzo e cerco un fazzoletto per raccogliere il liquido vermiglio che giace come un colore rovesciato sul pavimento. Pulisco il tutto e torno a fissare il letto dove prima riposavo. E lo vedo.

William dorme beato. Il suo viso è pacifico. Sospiro avvolta dal calore che l’averlo qui mi procura.

È bellissimo, il mio uomo. Già, il mio uomo. Mio marito. Il mio ex vampiro con l’anima. Il padre di nostra figlia, la piccola Anne.

Faccio il giro del letto e mi affianco al bordo dove lui è disteso. Appoggio delicatamente una mano sul suo torace e sento il battito leggero e dosato del suo cuore.

Lui mugola appena e ringhia piano. Nonostante sia umano ora, non ha mai smesso di farlo. Mi chino e gli bacio la fronte.

Ora va un po’ meglio. La paura sta scemando, ma l’ansia rimane. E come una bestia feroce, gira in cerchio attorno al perno della mia ragione. Aspettando il momento giusto per fagocitarmi.

Esco dalla stanza e mi dirigo verso la culla di Anne.

Dorme il mio angelo. Ha i capelli castani e un buffo ricciolo in cima alla testolina. Il leggero russare che emette, mi fa tenerezza.

Lascio i suoi sogni vagare lungo le stelle dorate e vado in camera di mia sorella e mia madre. Dormono anche loro. Tranquille.

Scendo in cucina e accendo la luce. Un buon bicchiere di latte mi toglierà il sapore metallico del sangue dalla bocca e dalla gola.

Ed ecco che ritorna l’incubo…io che mi trasformo in vampiro. Io che scelgo la tenebra. La notte. La morte.

Scuoto energicamente la testa, come a scrollarmi di dosso anche quelle immagini.

Allungo lo sguardo sulle mie braccia scoperte dalla camicia da notte e vedo i lividi. Mi tocco l’ingresso dello stomaco e mi fa male. Il vomito di prima era di certo dovuto da una piccola emorragia interna. Ma non me ne preoccupo. La mia stazza da cacciatrice rimetterà tutto a posto prima dell’alba.

Bevo il denso nettare bianco e mi lascio scivolare sul divano in sala. Resto nella penombra.

Devo riflettere.

Prendo il ciondolo tra la mano e lo stringo leggermente.

Chiudo gli occhi e mi abbandono ai ricordi.

È da circa una settimana che sono in crisi circa il mio destino.

Mi ha sempre pesato essere la cacciatrice. Combattere da sola ogni notte, rischiando la vita per gente che nemmeno conosce la mia leggenda.

Non ho mai avuto tempo per trascorrere serate serene, in discoteca o in compagnia, senza udire qualche richiesta d’aiuto.

Non mi sono goduta la giovinezza. Sono dovuta crescere tutto d’un botto.

Ma come una piantina costretta ad affrontare una chioma voluminosa e pesante, storce il tronco e si piega ad ogni colpo di vento, così accade a me.

I miei dubbi emergono a cicli.

Ora mi pesa il fatto di non poter stare di più con Anne.

Anche se molto è cambiato da quando lui è apparso nella mia vita.

La prima volta che ci siamo incontrati mi voleva uccidere.

La seconda idem.

La terza pure.

Poi il destino ha permesso che le cose cambiassero.

Si è innamorato di me ed io l’ho respinto con tutta me stessa. Ho calpestato il suo io, l’ho denigrato. Ho affermato che lui non mi avrebbe mai potuta amare.

L’ho definito una < cosa morta >.

Ma una notte, lui mi lasciò un foglietto sul davanzale della finestra. Vi aveva appoggiato sopra un sasso di fiume, rotondo e levigato, per non farlo portar via dal vento.

Era un bel sasso, ora che ci ripenso. In quel momento non ci feci caso, era più importante leggere il messaggio. Ma con il senno del poi, mi rendo conto che anche quell’oggetto usato come ferma carte, non era stato messo a caso.

Era una pietra rotonda, come l’infinito. I colori che la solcavano, passavano dal marrone nocciola al verde campo….erano sfumati, e racchiudevano le tonalità della terra.

Con essa, lui voleva infondermi sicurezza. Stabilità. Come le radici di un albero secolare.

Anche lui lo era. Secolare, intendo. Ed il suo amore, anche allora, per quanto non lo credessi, era immortale. Infinito.

Ricordo che lessi il foglietto e piansi. Lo infilai a forza nella tasca del cappotto ed uscì alla ricerca del suo autore.

La verità mi era apparsa splendente come un astro.

Amavo William. Nonostante fosse un vampiro senza anima. E non me ne importava. Non volevo più scendere a compromessi. Ne con lui, ne con gli altri, ne con me stessa.

Percorsi tutta la città con passo concitato, sbuffando dalla fatica.

Raggiunsi la sua cripta ed entrai come un tornado. Ero troppo emozionata e tesa per cercare di essere più gentile. Lui era in piedi, come se mi aspettasse.

Mi avvicinai e lo fissai intensamente.

Lui mi guardò perplesso.

Gli sorrisi teneramente.

Lui ringhiò. A dire il vero, il suono che emise assomigliò di più a delle fusa.

Io riuscii solo a dire questo:

<< Fallo! >> Lui alzò il sopracciglio sfregiato ed io tremai internamente. Un’eccitazione indescrivibile mi consumò. Era adrenalina pura. Dolorosa. Unica. E mi scorreva lungo il petto e il ventre come una lingua incandescente.

Piegai la testa leggermente e socchiusi le labbra. Lui leccò la sua bocca con lascivia, e arricciò la lingua sul palato. Aveva uno sguardo malandrino, quello che riesce ad accendermi come niente al mondo. Quello che tutt’ora mi rende liquida come lava, che brucia tutto ciò che incontra.

I suoi mari erano distese di acqua dolce. Io mi immergevo in esse senza paura.

Racchiudeva in se l’immensità degli elementi più primitivi e indispensabili alla sopravvivenza: fuoco ed acqua, calore e brillantezza.

Si avvicinò. Il mio ansimare invitante lo colpì in pieno viso facendolo gemere.

Presi una sua mano e me la appoggiai al petto.

Poté sentire il mio cuore che sussultava come un cucciolo impazzito.

Poté sentire ciò che provavo: l’esaltante sensazione di essere infine giunta alla meta. Dopo un percorso lungo ed accidentato.

Sgranò gli occhi dall’emozione e terminò il suo cammino.

Non aggiungemmo altro. Non ci furono parole, solo un lungo profondo sospiro che mi fece rientrare in me stessa, dove finalmente affrontai tutti i fantasmi e i mostri, distruggendoli….

Quel bacio fu il primo. E mi marchiò l’anima e lo spirito. Si incastrò in me come un pezzo preciso e indispensabile. Mi fuse in esso come un metallo prezioso. E non permise a nessun dubbio o domanda di intromettersi fra esso e noi.

La sua lingua trovò ampio accesso. Si intrufolò leggiadra dentro la mia grotta, scovò tutti i mie segreti e saccheggiò i miei tesori. Mi fece divenire una regina, mi trascinò verso mondi e piaceri mai esplorati, mi fece assaporare il gusto degli dei.

Quando terminò, provai dolore.

Mi ritrovai aggrappata a lui con le braccia e col cuore.

E nei suoi occhi lessi amore.

Infinito, vero, totale.

Strano, no? Per me, sempre sicura dei miei pensieri, delle mie regole, delle mie idee….

Mi ricordai le parole che gli avevo detto tempo prima sul fatto che i vampiri non potessero amare.

Ne ero ancora convinta, in una parte di me stessa, anche se quello che stavo scoprendo tentennava le mie certezze.

E in quel momento capii che lui non era simile agli altri. Era speciale.

Una parte dell’uomo che era stato, rimaneva in lui. E guidava i suoi sentimenti.

Ci guardammo ancora a lungo, muti. In fondo, non c’era bisogno di dire niente. Non più.

Per troppo tempo tutto era stato analizzato, rivoltato, giudicato, represso. Ora non avevamo bisogno di altro.

 

Quello era il momento della verità. Della liberazione.

 

Ci eravamo ritrovati. E tutto si compiva lì.

Poi lui mi prese sottobraccio e mi accompagnò verso casa. Vidi la luce delle stelle riflessa nelle sue pupille chiare. Vidi il calore del sole, la languidezza della luna. E l’infinito del cosmo. Oltre alla polvere magica dei pianeti sperduti…

Una nuova vita mi stava porgendo. La scoperta di un nuovo sentimento, oltre l’amore terreno. Era rivelazione pura. Quasi mistica. Come un’ estasi.

Lui mi dava se stesso e tutti gli anni vissuti. Mi donava una cosa mai avuta prima di allora.

La sua vita. E la sua non-vita.

Questo capii.

Mi salutò con un altro bacio, più piccolo del precedente, ma carico di promesse.

Mi disse che se ne sarebbe andato per un po’. Ma che sarebbe tornato.

Gli credetti e non mi allarmai. Perché sorrise. E la sincerità sbocciò tra i suoi lineamenti aristocratici.

Gli chiesi dove stesse andando.

Lui mi rispose solo che voleva essere degno di me.

Mi consegnò il ciondolo e disse che era magico. Se io avessi avuto bisogno di lui, lo avrei solo dovuto sfregare e lui sarebbe apparso.

Era tipo una lampada di Aladino, risi io. E lui era il mio unico desiderio.

Dopo quindici giorni tornò da me. Con un mazzo di rose rosse e un’anima. Per me.

Dopo quindici giorni tornò da me. Con un mazzo di rose rosse e un’anima. Per me.

 

Mi rialzo dal divano e non ho più dubbi. Ne crisi in cui arrovellarmi il cervello. L’ansia se ne è andata. La belva che mi ronzava attorno, stanotte tornerà casa con i morsi della fame. Perché non mi avrà. Mai più.

Ho trovato la pace, dopo quel bacio.

Avevo solo bisogno di ricordarmene.

So chi sono e so dove sto andando. Non sono sola e appartengo alla luce.

Ho scelto di vivere, nonostante alle volte sia stato veramente difficile. Nonostante alle volte abbia voluto solo addormentarmi e non pensare più a niente…

Ma amo e sono amata. E William è diventato un uomo. Graziato dalle Forze dell’Essere. Premiato. Il mio campione.

Mi volto per raggiungere le scale, quando me lo ritrovo davanti. È insonnolito e indossa un pigiama immenso. I riccioli biondi non hanno direzione e si intrecciano sulla sua testa come grappoli dorati. Si stroppiccia le palpebre e mi sembra di vedere Anne. Gli sorrido dolcemente e mi avvicino. Lui mi accoglie fra le sua braccia e mi culla. Sento il suo cuore che batte.

È meraviglioso. Molto meglio di mille orgasmi tutti assieme.

È pura poesia.

È vibrante.

È vivo.

 

“Fatto brutti sogni, love?” mi chiede preoccupato.

“No, solo qualche acciacco. Sai la lotta di ieri sera mi ha un po’ammaccata” gli rispondo continuando a strusciare il mio naso sulla stoffa della sua maglia. Profuma di detersivo, ma non solo. C’è una fragranza sconosciuta che lo rende unico.

È l’aroma della sua pelle ancora addormentata. È squisito. Delizioso. E mi riconduce a casa. Al sicuro.

“Niente di grave, giusto? Insomma niente che la fibra della cacciatrice non possa aggiustare, spero”

“Sarà tutto ok molto presto. Mi spiace che ti sia svegliato. Torniamo a letto” gli dico e lo prendo per mano.

William però non mi segue. Resta fermo e capisco che mi deve dire qualcosa. Di importante, vista l’ora.

“Ho fatto un sogno, Buffy. A dire il vero, ho rivissuto il passato.”

“Riguardo a..?” domando.

Anche se lo so già. Glielo leggo negli occhi. E me lo sento dentro.

“Il nostro primo bacio. La notte che tu diventasti mia.”

Oh mio Dio, mi ripeto, siamo legati anche in questo…anche il nostro inconscio si incatena, è in sintonia, e ci indica il cammino… e se io e lui fossimo la stessa persona?

Se fossimo un’entità unica?

Annuisco e sorrido. Ma lui resta immobile e continua a fissarmi. Non risponde alla mia felicità. Mi agito. E non capisco.

“Volevo dirti…. che davvero, io ti amo. E che ogni dannato giorno, ancora mi chiedo come diavolo tu abbia accettato me quando ancora ero un demone. Quando ancora non ero degno di te…ecco, l’ho detto!” si passa una mano frettolosa fra i capelli fino alla nuca e abbassa il viso. Sospira. Quelle parole devono avergli pesato.

Lo tiro verso di me.

“Guardami” gli dico con tono imposto. Lui obbedisce. E i suoi occhi brillano di lacrime nascoste. Vorrei solo baciarlo, ma prima gli devo delle parole.

“Io ho sempre lottato con questo, in me stessa. All’inizio non lo accettavo nemmeno io. Ma poi alla fine intesi che non amavo il demone, ma l’uomo. Ecco la cosa strana. In te c’era ancora un briciolo di umanità. Che implorava, chiedeva aiuto. Che cercava la luce, che voleva riemergere. Io ho solo udito quella voce. Lo sai sono brava ad aiutare le persone in difficoltà” ridacchio della mia battutina di terz’ordine e lui abbozza un sorriso. Non è ancora convinto.

Lo raggiungo e lo bacio con impeto. È passione, amore, desiderio. Mi allontano di poco, permettendo alle nostre fronti di toccarsi.

“Grazie William, grazie di aver scelto la luce per entrambi. Tu mi hai salvata da morte certa. E non parlo di quella fisica, ma di quella dell’anima. Tu mi hai strappata dal dolore della vita e mi hai insegnato ad amarla. Io ti amo, William. Sempre”.

Credo di averlo convinto perché ora ghigna perfido. Alza il sopracciglio e ammicca con la testa indicandomi il piano superiore.

“Che ne dici se ti facessi provare un altro po’ di vita sotto le coperte, pet?”

Annuisco con una risatina sciocca.

Corriamo su per le scale e ci chiudiamo in camera.

Scivoliamo sopra le lenzuola pulite. Mi distendo supina e lo guardo sopra di me.

Si sfila sensualmente la giacca del pigiama e ghigna. La luce dorata che attraversa i suoi occhi fa nascere una tempesta di brividi lungo la mia spina dorsale.

Resto ad ammirare la pianura del suo torace, leggermente abbronzata. Ha alcuni peli attorno ai capezzoli che lo rendono virile. Maschio.

Si piega sopra di me e mi bacia. Con passione e trasmettendomi la rivoluzione che prova dentro se stesso.

Passo le mani sulle sue scapole, graffiandole leggermente con le unghie, accarezzo la sua nuca e gliela massaggio sensualmente. So che adora queste carezze possessive, conosco la sua dolcissima violenza con la quale vuole possedermi ogni volta…e cortesemente, gliene dono altrettanta….perchè lo conosco, so che per niente al mondo mi farebbe del male….

Lui si struscia sul mio collo e me lo morde con gentilezza. La punta bagnata della sua lingua mi lecca in tondo, in una spirale di piacere.

Emette un ringhio basso, roco. È eccitato, e lo sento premere la sua spada sulla mia coscia.

Si tira su appena, e puntandosi sulle gambe, rende libere le mani per poter slacciare la mia camicia da notte. Cerco di aiutarlo per fare prima, ma lui mi blocca.

<< Faccio io. Sei la mia donna…. e questo è compito mio. >> Agilmente, sfila un bottone dopo l’altro, e ben presto il mio seno si manifesta nudo e carnoso sotto il suo sguardo affamato e assetato. Si riempie la vista e poi torna a guardarmi.

È serio. Concentrato. Teso. Vuole darmi piacere. E la sua mente diabolica sta studiando il modo migliore e più lento possibile.

È un vero maestro in questo. William mi fa provare sensazioni mai provate.

È come se io fossi una creatura primitiva e lui conoscesse i misteri del cosmo. Ha la stessa esperienza. E lo stesso amore.

Mi cedo a lui totalmente.

<< Fai di me quello che vuoi >> mormoro con la voce impastata.

<< Lo so.. >> sussurra lui con lentezza.

Si alza e mi spoglia completamente. Cattura il bordo della mie mutandine e le tira giù, lungo le mie gambe affusolate.

Si accorge che la mia pelle è colma di brividi. E l’intenso aroma che produco, gli fa intendere che io sia pronta. Ma non inizia. Non entra ancora in me.

Soffia sui miei riccioli umidi della mia rugiada, e mi guarda mentre mi contorco sotto il suo alito che sa di paradiso.

Gode nel vedermi così. Abbandonata. Eccitata. Fuori di me.

Mi passa l’indice sul clitoride con una leggera carezza. Velocemente. E interrompe subito il contatto. Mi sembra di cadere, cadere sempre più giù, negli abissi della terra.

<< Oddio…ti prego…fammi qualcosa, qualsiasi cosa….ma falla! >> lo imploro, ma lui non mi sta ad ascoltare.

Vuole farmi morire, prima…

Torna su di me, ed ora sa che prenderò io il comando. Non riesco a consumarmi di eccitazione mentre fa tutto lui.

Voglio ripagarlo con la stessa moneta.

Con una presa forte, capovolgo la situazione. Lui è disteso sotto di me ed io lo domino a cavalcioni, bloccandogli le gambe.

Rido furbescamente e con un dito solo, parto dalla sua gola, percorro a metà il suo petto e giungo all’ombelico, dove indugio. Seguo la scia della sua peluria bionda che scende giù e sparisce nell’elastico del pigiama. Lui ringhia di nuovo. Ed ansima. Mi vuole. Ma il gioco non è terminato.

Con entrambe le mani, allargo i bordi dei pantaloni e vi infilo le mani. La sua pelle sotto è calda. Le mie dita invece sono fresche. E a lui piace il contrasto che sto creando sulla sua epidermide eccitata.

Glieli sfilo con l’accuratezza di portarmi via anche i boxer. Il tessuto viene trattenuto appena dalla sua virilità tesa, ma delicatamente lo libero e compio la mia impresa.

William è nudo, sotto di me.

<< Fallo.. >> implora. Ma io scuoto la testa e sorrido perfida.

Lui non ci vede più.

Mi stringe le braccia e con impeto mi trascina al suo fianco e mi sale sopra.

Le nostre acrobazie sono appena iniziate.

Si schiaccia contro un seno e prende a succhiarlo come un bimbo affamato. Io gemo e getto la testa indietro.

Con la mano libera viaggia diretto verso la mia intimità, passando per la fessura dell’ombelico, dove si nasconde per un attimo.

Raggiunge la collina umida e profumata e scende giù, attraversandola e cercando l’ingresso. Scivola come su ghiaccio bollente e olioso, ed entra. Senza contegno. Senza indugio.

Io mi inarco come un giunco giovane….lui è il vento impetuoso che mi sta soggiogando…e ad ogni sua sferzata mi inchino, piegata dal piacere…

Come una spada, il suo dito lungo si fa strada fra le pieghe del mio utero….e friziona, scende, risale, si struscia, aumenta per poi diminuire, continua il tormento, e batte contro le pareti, fino al nucleo, per fuoriuscire un’altra volta e ricominciare tutto da capo…

È bastato un solo dito, una sola minuscola parte del suo corpo per farmi partire di testa… chissà come terminerà questa nottata dopo che lui sarà entrato tutto in me..

Sospiro, gemo, lo chiamo…

Il mondo scompare e sono avvolta in un turbine di colori e melodie….

Siamo solo io e lui. Non esiste nient’altro…

Dopo avermi arrossato entrambi i capezzoli, torna a baciarmi con foga, ansimando e bagnandomi la pelle del viso col suo sudore.

Il suo corpo ha l’odore dei frutti marini….e mi intossica il cuore.

Riscende velocemente verso il mio collo e prende a mordicchiarlo…gli piace farlo, forse è una abitudine del vecchio io che gli è rimasta…

Succede una cosa strana, all’improvviso.

 

Torna in me il sogno. E la paura.

Mi blocco. Lui mi sente all’istante e mi guarda preoccupato. Percepisce tutto di me.

William detiene le chiavi del mio spirito.

Ed esce da me. Quasi con timore. Tremando impercettibilmente.

<< Honey….cosa c’è? Ti ho fatto male? >> indaga, anche se i suoi occhi sono ancora torbidi, velati di lussuria. Ma l’amore che nutre per me è più forte.

Annuisco debolmente, ma lo vedo accigliarsi. Non mi sto spiegando e lo sto ferendo.

<< No… >>

Mi accarezza dolcemente le guance con entrambe le mani e mi bacia la punta del naso.

<< Non vuoi farlo? Ne morirò, ma capirò… >> << Hai mai desiderato mordermi? >> glielo chiedo direttamente. Devo sapere. Altrimenti gli incubi non mi abbandoneranno mai. E forse non capirò mai neppure me stessa.

Lui si alza con uno scatto. È turbato. Raccoglie i boxer e se li infila. Io mi stringo attorno al lenzuolo e resto seduta sul letto.

Wiliam cammina su e giù, arricciando maggiormente i capelli con le mani.

Sta ragionando. Si sta chiedendo il perché di quella domanda. E non sa la risposta.

Si ferma e mi fissa. Non riesce a capire a quale gioco io stia giocando.

<< Non lo avrei mai fatto, lo sai Buffy.. ti amavo troppo per portarti nella tenebra con me. Perché me lo chiedi? >> è rattristato. Ma non posso fermarmi.

<< Non mi hai risposto. Quando eri un vampiro, hai mai voluto mordermi? >> il tono della mia voce è pacato ma deciso.

Lui si siede in fondo al letto ed abbassa il capo. Quando lo rialza, sento che è tutto per me. Che non mentirà. Che non mi negherà niente.

<< Sì. C’è stata una volta in cui avrei voluto morderti e renderti simile a me. Anche il mio demone ti voleva. Anche lui ti amava. E ti desiderava accanto a lui per l’eternità >>.

Si è confessato con la tristezza nel cuore.

Sospiro e prendo a fissare il lenzuolo che stringo fra le mani.

Allora è vero. Allora c’è stato davvero qualcosa…

William, preoccupato, si avvicina e mi prende il volto a coppa fra le mani. Mi obbliga a guardarlo negli occhi.

<< Questo non vuol dire niente, love. Io non lo avrei mai fatto. Io ero più forte di tutto ciò, io- >> Appoggio l’indice sulle sue labbra e lo metto a tacere. Mi interroga con lo sguardo e scuote la testa senza comprendere.

<< Anch’io l’ho voluto. Anch’io ho desiderato essere vampirizzata da te. Odiavo la mia vita e credevo… pensavo che questo mi avrebbe liberata.. ho creduto e me ne vergogno.. ma ho creduto che la morte fosse solo il principio…e questo mi rende impura, non degna della mia missino- >> ora è lui a farmi zittire. Ma non usa le dita. Mi bacia invece, con una dolcezza struggente.

<< Tu sei la donna più dannatamente degna della terra, Buffy! Tu sei la prescelta perché così doveva essere… perchè solo tu potevi esserlo. Non a caso sei la slayer più longeva della storia. Quello che tu hai voluto non significa niente. Più ci si avvicina alla luce e più la tenebra si fa intensa. Perché vuole riprenderci. Non ammette di aver perso un’ulteriore vittima. La tentazione è umana, honey. Ci rende vivi. E ci permette di combattere e di scegliere. Di essere liberi, in fondo. E tu hai scelto la luce…. Non importa il resto. Tu sei qui con me nella luce >> la sua mano resta sulla mia guancia mentre piango.

<< Ma io l’ho sognato anche stanotte! Ho sognato il sonno che precede la trasformazione ....eh ho sognato anche quella! E la volevo, dannazione, con tutta me stessa!! >> la mia voce esce disperata e alcuni singhiozzi fanno tremare il mio torace.

William mi stringe a se e, come mio salvatore, mi illumina con le sue parole e mi riscalda col suo amore.

<< Questo vuol dire che sei sempre più vicina alla fonte della luce…la morte non è il principio. E neppure la vita lo è, Buffy. È solo l’amore che dà il via alle cose, che fa girare il mondo attorno al sole, che crea, che spande… solo l’amore è l’artefice di tutto. E noi ce l’abbiamo. Abbiamo Anne, una famiglia, una vita felice. Che c’entra, il tuo lavoro non è proprio fra i più comuni, ma nessuno è perfetto… sei la mia cacciatrice. Sei la ragione di quello che sono. Non ti permetterei mai di scappare da me. E neppure dalla vita. Ti amo così tanto.. >> Mi stringe ancora più forte e finalmente tutto mi è chiaro. Ho desiderato la tenebra solo perché non avevo conosciuto l’amore.

Dopo William, la mia parte oscura riemerge solo di notte, quando sono senza difese. Ma non è un grido della mia anima. È la mia protezione, in un certo senso. Mi da il potere di confrontare le due cose: la morte e la vita. Ho il libero arbitrio.

E ringraziando Dio, scelgo la seconda.

Poter continuare così, fino alla fine.

Vivere ogni giorno, portando la sua pena e godendo della sua gioia.

Fino alla vecchiaia.

Assieme a lui.

A William, il mio amore.

 

Fuori splendono le prime schegge lucenti dell’alba.

Fra poco sarà giorno.

La luce entrerà in questa stanza che odora d’oceano, e ci bagnerà senza timore.

Io e William uniti, amanti, inseparabili, legati nell’intimità celata al male, al buio.

Una frase mi rimbomba nelle orecchie mentre avanzo verso il piacere assieme a lui.

<< L’amore è il principio. >>

E questa, grazie a Dio, è la realtà.

Mi riconosco allo specchio, rimembro il mio nome.

Buffy, mi chiamano. Ma per il destino, io sono la Prescelta.

Giunta all’orgasmo, grido. Assieme a lui.

Lui dentro me. Come una gemma piantata nell’utero della terra.

E una nuova vita scintilla in noi..

Grazie alla mia scelta. Grazie al suo indomito spirito.

<< L’amore è il principio….. >>

William ha sempre avuto ragione.

Ora lui è la mia guida.

Ora lui è il mio principio.

Tum-tum..tum-tum…tum-tum..

…il principio è l’amore…l’amore…la scelta…la luce…vita..vita….William..

tum-tum..tum-tum..tum-tum..

“Oddio, no..” le parole si soffocano dentro di me come un condannato a morte.

Sono sudata, ansante, triste…

Maledetto il mio inconscio.. sono qui, e non altrove.

Porto con uno scatto la mano sopra il petto, mettendomi seduta sul letto…mi volto sgranando gli occhi, cercando una sagoma accanto a me…i profili di una persona che non c’è….

Questa è la mia stanza. Tutto è esattamente al suo posto, come lo è sempre stato.

I poster che mi ricordano un’adolescenza mai vissuta, mister Gordo, l’unico amico dell’infanzia, la scrivania con sopra i trucchi….e quest’odore di legno ed erba che appartiene solo a me, alla Buffy privata, solitaria….

Le tende sono tirate e mi sento come una naufraga su di una zattera…sto galleggiando in un mondo che è mio, ma non mi appartiene….

Le lenzuola verdi, quelle che mia madre mi aveva regalato per un Natale anni fa, sono intrise dei miei sogni.. dei miei incubi…e sì, anche dei miei desideri.

Ho sognato una lotta, intensa, senza sapere chi fossi…..niente di nuovo sotto il sole, mi ripeto: ancora, tutt’oggi, mille domande attanagliano la mia sorte, il mio cammino rendendomi inquieta.

Ho sognato di essere vampirizzata da Spike…..e di averlo desiderato con ogni millimetro di me stessa, profondamente. Questo mi lascia davvero sconvolta: scegliere l’assenza di vita, di emozioni, per paura di vivere realmente, affrontando dolori e pene.

Sì, forse può essermi passato per la testa, ma è stato rapido. E soprattutto, irrazionale.

Infine, il sogno di un matrimonio, di una famiglia, di un nido. Anche per me, la cacciatrice.

E con chi? Con Spike, l’eterno nemico ora persino cotto di me, con un’anima, diventato umano e padre di nostra figlia…..

Una follia! Una cosa fuori dalla realtà, dalle dimensioni, una cosa da non poter credere, una cosa… bella, in fondo.

Dio mio, ero veramente felice…così soddisfatta, appagata, finita.

Io e lui che vivevamo qui, sotto lo stesso tetto, con Dawn e mia madre….

Un momento: mia madre….la dolcissima Joyce, sorridente, disponibile, comprensiva….

E’ morta mia madre. Me lo ricordo benissimo, adesso. È accaduto da così poco tempo…il suo corpo, disteso, freddo, gettato come una bambola di porcellano sul divano in salotto…ed io che non riuscivo a razionalizzare, a metabolizzare questo.

Combatto con la morte ogni giorno, o meglio, ogni notte…eppure, l’umanità che ci caratterizza ancora come creature, per me è sconosciuta. Non accetto questa debolezza…non la comprendo.

Inizio a piangere. Sì, piango lacrime immense, grosse come diamanti grezzi. Spero così di estirpare dal mio cuore un po’ di dolore….ne ho immenso bisogno.

L’orologio sul comodino mi avverte che è ora…

Stop. Il mio momento si è concluso. Qualcuno ha bisogno di me. Per quel qualcuno io lotterò fino alla fine.

Col dorso della mano asciugo le lacrime sopra la peluria soffice del mio viso senza troppa delicatezza, e tiro su col naso.

I sogni sono per gli stolti. Così come i desideri.

Io, sono chiamata solo a vivere la mia realtà. Il mio ruolo.

Ho un compito da svolgere. Quindi, come da copione, ricaccio indietro gli spilli dolenti dell’angoscia che ormai fa parte di me come le fibre della mia pelle, e scendo dal letto.

Mi getto in bagno, faccio una lunga doccia bollente e mi vesto.

Pantaloni grigi e maglia bianca. Scarpe nere, capelli sciolti. Niente trucco. Libera da tutto.

Devo potermi muovere. Non mi posso permette intralci.

Ne distrazioni.

Non stanotte.

Il riposino prima della battaglia è terminato.

E’ stata Willow ad obbligarmi a farlo. Mi ha dato una pozione per dormire. Non ce l’avrei fatta altrimenti.

Tutti mi stanno aspettando al Magic Box. Ci sono cose da decidere. Cose da sapere.

Anche se la verità è già presente in me.

So chi dovrò affrontare.

So contro chi dovrò lottare.

So che ci sarà una scelta….non chiedetemi come, ma lo so.

Ed ho paura. Non di venire sconfitta, ma di non riuscire a salvarla. Di perderla.

Basta ragionarci su. Esco in fretta e attraverso la città.

La mia Sunnydale….è piccola, ma è un bel posto, se non esci di sera. Chissà se la rivedrò ancora…

Nella foga di arrivare per tempo, opto per una scorciatoia.

Svolto a destra e mi infilo in un vicolo.

L’aria è fredda e i palazzi ai miei lati sono malandati. C’è persino un po’ di foschia.

I miei passi rimbombano sull’asfalto nero, mentre una densa nuvola plumbea trasforma il mio respiro concitato.

Prima ancora di udirlo con le orecchie, percepisco la sua presenza attraverso un formicolio al lato del collo. Proprio sopra la giugulare, strano no?

Poi, immancabilmente, arriva il ringhio.

Spettrale in questa oscurità. Forte. Decisamente gutturale.

Mi tendo.

Questo vampiro giunge al caso mio. Ho bisogno di scaldarmi un po’, di sfogare questa pressione che avverto al torace. Questa paura, questa rabbia di non avere altra scelta se non la lotta.

Mi si para davanti, la cosa, e punta i suoi occhi acidi verso i miei. Ghigna perfido, credendo di terrorizzarmi. Mi vede come una potenziale preda. Una vittima. Piccola e indifesa.

Ah, i vampiri d’oggi! Non riconoscono più nemmeno la loro cacciatrice…

Spike mi riconobbe subito, diamine! Ecco il vantaggio di essere secolare…

Lo percepì dentro. Così come io capto lui, la sua presenza. Ovunque sia, attorno a me.

“Ma guarda che tenera ragazzina che abbiamo qui.. è la mia notte fortunata!” sibila malefico.

Ti sbagli, amico…quelli come te sono cenere ancor prima di emettere suono…

Mi si getta addosso, ma lo schivo. Sono troppo concentrata. Non mi sfiorerà nemmeno un capello.

E così accade.

Ogni pugno, segna a vuoto. L’aria fischia e l’umidità viene fenduta come da lame.

Ma non mi tocca.

Mi sto divertendo. Sento l’adrenalina fluire come liquido frizzante dentro la rete delle mie vene.

Ma il ballo dura troppo e decido di darci un taglio.

Il paletto, è qui nella mia mano. Avverto la ruvidezza del legno, la sua linearità, la durezza, la potenza che esso emana dentro il mio stomaco.

Affondo l’arma dentro il torace della bestia, e attendo che la polvere si posi.

La guardo ancora una volta, così fragile e impalpabile ormai, e in me si concretizza un pensiero.

Questa è la mia ultima lotta.

 

Raggiungo il Magic Box come sempre in ritardo. Sono tutti lì, i miei amici.

La scoobie gang è al completo. Tara non sta affatto bene, ma non me ne preoccupo. C’è Willow con lei e non le accadrà niente. Non più.

C’è anche Spike, seduto sulle scale. In disparte, come sempre.

Gli sorrido quando lui non mi vede. Sarebbe impossibile spiegargli ora che…

Cosa? Quello che provo? Quello che ho sognato? Quello che ho creduto potesse essere normale???

< Normale >…. questa parola non mi appartiene più…e non la voglio. Non oggi.

Giles mi dice cose che mi feriscono.

Che mi immaginavo.

Ma che aumentano la mia convinzione.

Sono forte. Sono unica.

Potrei fallire, lo so…ma prima la salverò.

Al diavolo tutto il resto.

Elenca studi fatti, informazioni, regole e consigli. Devo fare la cosa giusta, sempre.

Ma stavolta non accadrà così. Farò di testa mia. Farò quello che mi detta il cuore e lo spirito.

Dopo una litigata, due battute di Anya e la scelta di un’arma *particolare*, ci dividiamo per un po’.

Spike viene con me. A casa mia. Mi segue come un cucciolo. Si fida. Non replica, non dice la sua.

Sta zitto. È pensieroso e serio.

Niente sarcasmo, non flirta, non ammicca.

I suoi occhi celesti sono più scuri del normale. E sono fissi in avanti. Seguono il tragitto della strada, senza curvare, senza spostarsi mai su di me.

Lui sente il mio dolore. La mia paura. La mia lotta.

Lui la sente… perché la conosce.

Non fa altro da quando mi ha incontrata.

Apro la porta ed entro. Lui resta indietro…gli ho tirato un bello scherzetto, quella volta.

L’incantesimo, gli insulti….è tutto qui, sai. Non ho scordato niente e mi dispiace..

I suoi occhi feriti allora non mi diedero rimorsi, ne ripensamenti. Ma oggi, stanotte, potrebbero uccidermi.

Ho bisogno del suo appoggio. Della sua fiducia. Della sua forza e del suo coraggio.

Spike mi è indispensabile. Saperlo vicino, aumenterebbe le mie probabilità di riuscita.

Lo invito e lui si intimorisce per un attimo…è timido, il mio big bad. Indugia appena, poi entra con la sua andatura molleggiata, passandomi davanti e lasciando una scia di profumo. Tabacco, pelle conciata e qualcos’altro….indefinibile, eppure riconducibile in me. Nel nucleo del mio essere.

Corre in sala, dove si trova il baule delle armi. Ne sceglie alcune e mi consiglia l’ascia più grande. Lo seguo con lo sguardo e rivivo la realtà onirica che mi ha lasciato un dolce languore agli arti….. lui che mi sfiora, che mi tocca, che mi parla, che lenisce i miei dubbi, la mia inettitudine.

Posso sognare ancora?? Posso beneficiare della luce riflessa dei desideri come se fossi la luna nel cielo??

Sì, stanotte posso.

Ma adesso non sopporto questa sua indifferenza.. so che lo fa per me, per non farmi pensare. Ma oggi dovremo combattere insieme. Per la prima volta, uniti, davvero.

Voglio ci sia verità, anche se dura, cattiva, dolorosa.

Così, gli strappo una promessa.

Lui annuisce. Non solo, fa di più.

Mi dona la sua vita. Ne posso fare quello che voglio.

Me la dona. Per me, per Dawn, per il mondo.

Senza un’anima, lui mi sta amando.

Non aggiungo altro e salgo le scale. Ripenso ad Anne che dormiva beata, al cuore nel petto di lui che batteva forte, sicuro, caldo…alla tenerezza che leggevo nei suoi oceani prima dell’orgasmo. Non ho mai provato questo mare su di me. Dentro me. Mai.

Mi richiama. E sussulto internamente.

Mi dice che lo tratto come un uomo…anche se non lo amerò mai, a lui questo basta.

La creatura della notte più intrepida, indomita, temuta, letale della terra…colei che non indietreggia davanti a niente, si accontenta delle briciole che il mio cuore distante inconsapevolmente gli dona.

Lo guardo un’ultima volta annuendo leggermente.

Il sorriso lieve sul suo volto, lo illumina. Mi infonde tutto quello che mi serve.

E chissà, forse un giorno…

Raggiungo la mia camera e racimolo le armi restanti.

Ne ho davvero parecchie, penso. Un vero arsenale.

Mi accingo a riscendere con una sacca messa di traverso sulla spalla, quando lo vedo. E il mio cuore perde un battito. Anzi, ne immagazzina più di dieci, a dire il vero.

Mi sento tremare dentro…è una sensazione sconvolgente. Intensa, quasi dolorosa.. perché mi accorgo che parte di quello che ho sognato sta accadendo…come la lotta precedente lungo il vicolo. Accidenti, come ho fatto a non accorgermene prima???

Alle volte sono veramente ottusa…

Apro la finestra e raccolgo la pietra rotonda insieme al foglietto.

Mi sudano le mani, Dio mio…

La scarto e le parole scritte elegantemente, mi commuovono.

Sono le stesse, sempre quelle. E mi chiedo perché non me ne abbia parlato prima.

Lo metto in tasca e una luce argentata inonda le mie pupille.

Lo trovo sullo stesso posto dove l’ho lasciato. In piedi, accanto allo stipite della porta. Mi guarda velocemente e si appresta ad uscire.

Sono più rapida e lo trattengo per un braccio.

Si volta ed è perplesso, le sue labbra arricciate sono semplicemente belle.

“Perché non me l’hai detto?” gli chiedo porgendogli il foglio che tiro fuori dalla tasca.

Lui fa spallucce. Tenta di farsi superiore, ma so che è solo una facciata.

“Perché ero un poeta, ricordi? Alcune cose mi vengono meglio scrivendole” ghigna ora e si passa una mano frettolosa fra i capelli.

“Sì… - sorrido imbarazzata – quando finirà la battaglia, potremo affrontare questo e-“

Mi fa zittire. Non vuole che continui. Probabilmente è un film che ha già visto. Anche se stavolta la trama sarebbe diversa. Ma non lo sa. Lui non può nemmeno immaginare quello che io ho sognato…quello che ho desiderato.

E quello che sento si compirà. Fra noi, un domani.

Ma questo non è il momento, purtroppo.

Arriverà prima o poi un’era solo per me?

Per la mia felicità?

“Non ce ne è bisogno, pet. Volevo solo che sapessi che eri libera da me. Ma che comunque, ti resterò accanto. Da lontano.”

Appoggio una mano sulla sua guancia e annuisco. Lui piega il viso pigiando su quel contatto caldo. Finalmente, siamo noi stessi.

“Spike….accadrà. Accadrà.” Aspetto un attimo, traggo un respiro profondo e aggiungo:

“Anne è il mio secondo nome, lo sapevi?” gli dico e lui mi interroga con gli occhi.

“Bel nome love, ma cosa..?”

Gli passo davanti ed esco nell’aria fresca della notte.

Lui indugia ancora. Non ha inteso quello che gli ho appena detto.

“Allora vieni o devo trascinarti per tutto il tragitto?” lo richiamo scuotendolo dai pensieri che sta intrecciando nella sua mente per capirci qualcosa.

Eccomi, sono tornata. Buffy, the vampire’s slayer.

E sono pronta.

Ora lo sono davvero.

 

Prima di arrivare al luogo del rituale, mente il mio cuore è in subbuglio come il mio essere, Spike mi si avvicina. Stando attento che nessuno ci veda, mi prende una mano.

Abbozza un mezzo sorriso e lascia scivolare nel mio palmo un ciondolo dorato, dai contorni frastagliati. Al centro una pietra violetta brilla di luce propria. È lo stesso dei sogni.

“E’ un porta fortuna. Era di mia madre. Volevo fosse tuo. Sai per tutto il casino che fra poco qui scoppierà…” nella sua voce resa calda dall’accento inglese che riconoscerei fra mille, noto una punta di paura.

Temi il rifiuto, vero? O la mia fine?

Forse entrambe le cose.

Lo stringo nella mano riflettendo per un po’, e glielo lo ridò. Ma continuo a guardarlo negli occhi. Perché voglio che lui mi legga dentro.

Non c’è ribrezzo, ne disgusto, ne rinnegamento. C’è fiducia, affetto, accettazione…. E sento che l’amore potrebbe sopraggiungere, presto o tardi.

“Me lo darai quando tornerò” gli rispondo sorridendogli.

È una promessa Spike.

Lui annuisce e non è triste. Ha capito, grazie a dio.

Avanziamo e la grande guerra ha inizio.

“Sono al tuo fianco” mi ricorda mentre alcuni vampiri avanzano minacciosi verso di noi.

“Lo so” lo guardo un’ultima volta e i miei pugni iniziano a scorrere come un fiume in piena.

 

In cima all’impalcatura, sento solo il vento. E il volto rigato di sale di mia sorella.

La guardo negli occhi trattenendola per le spalle.

È così piccola, la mia massa d’energia. Così indifesa e vulnerabile…

Le parlo, cerco di calmarla, di spiegarle che ho deciso. Che tutto è infine chiaro.

E sì, non ho paura. Non più.

L’amore è il principio.

E per amore, morirò.

Il sole sta per sorgere e il buio sta diventando dorato all’orizzonte, tagliando in due la terra e il cielo con una lama di fuoco.

Inizia un nuovo giorno e il tempo sta per scadere.

Fatti forza Dawn…. Questo cammino era già segnato.

Come lampi vedo le immagini scorrere davanti alle mie iridi messe a dura prova: la prima cacciatrice che parla per enigmi e i sogni che ho fatto poche ore fa…

Tutte sono comprensibili, ora.

Tutte mi conducono qui.

 

Questa è la notte prima dell’alba.

 

E questa è la mia scelta. Voglio la vita e la luce.

E in essa salto, come un gabbiano dalle grandi ali bianche.

Nella frazione di secondo in cui i miei piedi si staccano dal ferro del ponte e cadono giù, sento che tornerò.

Che non è finita qui.

Che ritroverò tutti quelli che ho amato.

E Spike ci sarà. Mi offrirà la sua esistenza e una nuova anima.

Ed io l’accetterò, come un dono degli dei.

Combatterò sempre con me stessa, con le mie paure, i miei dubbi, le mie tentazioni.

Il mio destino sarà quello di essere la cacciatrice di questa generazione.

Adempirò il mio compito e vivrò.

Avrò una famiglia e dei figli. Un domani, oltre la nebulosa pesante dell’oggi.

E accanto a me, ora, mentre aghi elettrici mi penetrano nelle ossa, mentre mi stracciano la pelle e mi bruciano i neuroni, mentre il dolore è concreto, tangibile come una spada d’argento conficcata nei polmoni, non vedo altri che lui accanto a me.

Nel mio futuro che non termina con la mia morte… - < la morte non è che il principio > -….. io vedo solo lui. E sorrido…

L’unico in grado di darmi il pezzo mancante.

Di insegnarmi ad affrontare le tenebre.

Di guardarmi dentro senza scappare.

Di trovare il mio posto, e la mia intimità.

È lui il mio futuro. E lo ritroverò, in questa vita.

E sarà Spike, il vampiro, e sarà William, il poeta.

Entrambi.

Solo lui, sempre, in ogni realtà, in ogni dimensione, in ogni tempo, in ogni storia.

William, il mio tutto.

 

 

< Dawn, ascolta, io ti voglio bene, ti ho sempre voluto bene. È un compito che devo portare a termine. Dì a Giles, dì a Giles che ho capito e che sono felice, e dì ai miei amici che gli voglio bene. Adesso sei tu a doverti curare di loro, dovete prendervi cura l’uno dell’altro, dovete essere forti. Dawn, la cosa più difficile del mondo è viverci. Abbi coraggio, vivi, per me. >

 

 

 

BUFFY ANNE SUMMERS

1981-2001

AMATA SORELLA

AMICA DEVOTA

HA SALVATO IL MONDO

SPESSO

 

 

 

fine....