IL SENTIERO DELLE ANIME

AUTRICE:VERDENYA

Soggetti: Angelus/Darla, Spike/Drusilla.

 

Autrice: Verdenya

 

Mese di produzione: Marzo 2005

 

Limiti di età: Nessuno, tranne per qualche scena in cui il sangue è protagonista. (Solo un bollino giallo.)

 

Spoiler: Nessuno.

 

Riassunto: I quattro vampiri percorrono terre selvagge, i Carpazi, luoghi di superstizioni e mistero. Le due coppie di non morti incappano in una bambina dai capelli di fuoco e gli occhi di lupo, eredità di una famiglia, che dai tempi antichi, ha il compito di guidare i vampiri…

 

Disclaimer: Questa fanfiction non è a scopo di lucro. I personaggi di BTV e ATS non mi appartengono. (In caso contrario, terrei Spike per me e venderei gli altri…)

 

 

 

 

Il sentiero delle anime

(Verdenya)

 

 

 

Dicembre 1898, Romania, Carpazi meridionali.

 

 

 

Quattro figure avanzavano tra le povere abitazioni del villaggio di Lupeni.

 

Al loro passaggio le persiane si chiudevano di scatto, sprangate dall’interno. Chi non le possedeva accostava mobili alle finestre, per bloccare le aperture

 

Ovunque, un salmodiare di preghiere nel dialetto locale.

 

 

 

Un’ironica voce femminile tagliò il silenzio, stizzita: « Stupidi villici… Noi siamo gente civile; non entriamo senza invito. »

 

« Darla, siamo nella patria di Dracula. Quell’idiota racconta un sacco di stronzate su di noi! Questi poveracci non possono conoscere quel che siamo! » rispose un’altra voce, molto più roca, inequivocabilmente inglese.

 

« Andiamocene da qui. Questo luogo puzza di degrado… c’è un altro villaggio più a nord… » sbottò nervosamente la guida, l’Angelo.

 

« I morti lasciano una traccia pura; vaga tra le ombre della notte e sale, simile al vento… » bisbigliò un’altra voce di donna, evanescente come l’aria gelida che li sferzava.

 

Spike si strinse il mantello addosso, rabbrividendo: « Dru, amore, non è il momento di fare certi discorsi… troviamo una stalla calda… e sangue caldo. Qua fuori si gela. »

 

« Scommetto che anche i topi si metteranno a pregare, se li succhiamo! » sbottò il vampiro moro, diffidente.

 

« Io non ho intenzione di succhiare quegli esseri disgustosi! » replicò Darla, con un dono di aperta disapprovazione. I due vampiri si sfidarono con gli occhi, per qualche secondo.

 

« Siamo vampiri sanguinari. Troviamo il primo ubriaco e lo dissanguiamo fino al midollo! » decretò Darla.

 

« Sì… cerchiamo un vigoroso contadino… » rispose l’altra vampira, eccitata.

 

L’inglese sbottò: « Drusilla, non ti allargare… è meglio una giovane prostituta… nessuna conseguenza per noi, o contadini che ci inseguono con i forconi! »

 

« William, la tua propensione per le donne perdute ti creerà problemi! » lo stuzzicò Darla, il viso pallido e freddo, illuminato dalla luna.

 

« È una discussione, questa? Ho freddo e sono affamato. E dannazione, mancano due ore all’alba. Prendiamo una vittima a caso, uomo o donna! »

 

Una mano pesante gli serrò la spalla in una presa ferrea: « Sono io che decido. Troveremo un posto per passare il giorno, e solo allora, se ci sarà tempo, metteremo qualcosa sotto i denti. »

 

« Qualcuno, Angelus. Qualcuno da mettere sotto i denti! » lo contraddisse Darla con uno sguardo acuto, leccandosi le labbra vermiglie.

 

Il vampiro moro avanzò oltre, ignorando l’ultimo commento.

 

« Prendiamo quella via. Una strada grande porta a un villaggio grande! » suggerì il moro, indicando un ampio percorso sterrato che s’inerpicava verso la montagna.

 

L’altro vampiro lo fissò di sbieco: « Perché salire più in alto? Siamo già dei pezzi di ghiaccio. Non ho intenzione di ibernare su un monte! Torniamo indietro. Abbiamo sfilato alcune stalle con dei cavalli. Sicuramente nessuno uscirà a difenderli. Nelle scuderie avremo una protezione dal sole e sangue equino, per ogni evenienza. »

 

Drusilla si mise a nitrire, approvando l’idea.

 

« Oh, che schifo… sangue equino… Siamo vampiri o cosa? Voglio un collo umano! Non affonderò i miei canini in un manto puzzolente! » si lamentò Darla. Superò il suo compagno, mettendosi a capo del gruppo.

 

Avanzò di qualche metro, a passo svelto, salvo poi voltarsi verso i tre.

 

Darla li studiò con aria critica, l’espressione di un sergente che osservando le sue reclute, le giudicava mediocri. Si aggiustò l’orlo del vestito verde, con grazia studiata, come a sottolineare la propria superiorità.

 

Dopo un forzato sospiro, inutile per una vampira, parlò: « Cuccioli. Sono la più vecchia tra voi e deciderò per tutti. Il freddo e la fame vi annullano il cervello. Ora, torniamo in quella piccola stalla che abbiamo superato, quella alla locanda. Non avremo bisogno d’invito… »

 

« Ed entreremo nella bettola? Troppi credenti… ho paura di loro… moriremo » piagnucolò Dru.

 

« No, piccola, non entreremo. La gente di qui sa che siamo vampiri. Potrebbe impalettarci nel sonno. Prendiamo solo dei cavalli e risaliamo la montagna. In groppa a quattro bei purosangue avremo un’aria meno sospetta. Di fronte a persone ricche, si aprono molte porte… »

 

Gli altri tre sorrisero.

 

E Drusilla esultò: « Nonnina ha sempre delle ottime idee. »

 

 

 

Dopo avere preso i cavalli, i quattro vampiri superarono l’ultima casa, abbandonando il borgo.

 

Molti sospirarono di sollievo.

 

Il villaggio di Lupeni era salvo.

 

Quattro cavalli erano un bottino alto, ma accettabile, se paragonato ad altrettante vite umane. Gli isolani si fecero grandi segni di croce, togliendo l’aglio appeso alle porte.

 

Gli uomini si riunirono alla taverna, radunando un discreto armamento, con rudimentali paletti di legno, forche e vanghe. Le donne corsero alla chiesa, raccogliendo bottigliette di acqua santa.

 

La volta successiva non li avrebbero colti impreparati.

 

 

 

Il vampiro moro avanzava davanti a tutti, sul suo nero stallone, fissando la strada con espressione grave e assorta.

 

I lunghi capelli scuri gli cadevano scomposti sul viso, mossi dalle raffiche gelide. In più occasioni, li allontanò dal viso con scatti nervosi.

 

Erano molti mesi che Angelus era strano, riflessivo e introverso come non lo era mai stato.

 

I Carpazi e la loro atmosfera fanatica lo avevano cambiato. Troppa fede, troppe croci… troppa stupidità.

 

Spike e Drusilla se n’erano resi conto… soprattutto dopo una notte turbolenta un cui i quattro avevano sterminato un’intera famiglia di persone, nella terra rumena, poco lontano da dov’erano ora.

 

Quella famosa notte Angelus li aveva abbandonati ed era stato via per ben tre mesi.

 

A novembre aveva fatto ritorno nella Famiglia, accolto dalle “amorevoli” braccia di Darla.

 

E l’ordine di Aurelius si era rinsaldato, forte ed equilibrato come un tempo. (O almeno così era parso.)

 

 

 

Il comodo sentiero s’interruppe bruscamente; da esso partiva una misera mulattiera che spariva nella foresta.

 

« Inferno maledetto, una dannata strada senza uscita… per quale ragione hanno creato un percorso così largo, se s’interrompe nel nulla? »

 

« Ci sono molte cose stupide in questo posto! » ribatté Darla, con sufficienza.

 

« Forse volevano solo del legname! » aggiunse Angelus, pratico, indicando la fosca foresta di pini, proprio di fronte a loro.

 

William cercò di fermare il suo cavallo, che stava per inoltrarsi nel bosco, come se conoscesse il percorso. Tirò le redini, ma questi non accennò a fermarsi. Allora gli accarezzò la criniera, pettinando le ciocche crespe. L’animale nitrì soddisfatto e finalmente si bloccò.

 

« Il tuo cavallino si è innamorato, William! » bisbigliò Drusilla, con il suo sguardo cristallino. « Ha occhi dolci come il miele, e una bella criniera dorata… »

 

« In effetti è grazioso… Mi piacerebbe avere dei capelli di quel colore… forse più corti, i capelli lunghi mi danno noia! » rispose lui, assorto, accarezzandosi l’ingarbugliata coda color nocciola.

 

« È un posto strano questo… c’è molto buio… Troppo. » aggiunse Dru, fissando il sentiero.

 

« Senza dubbio non ci entrerei se fossi umano… non di notte! » ammise lui, indicando l’intrico di alberi che lasciavano poca libertà di fuga.

 

« Ragazzi? Mi dispiace disturbare la vostra conversazione bucolica sulla foresta cattiva, ma abbiamo un serio problema. Manca solo un’ora all’alba e non vedo case e villici sprovveduti che si aggirano qua intorno… » mormorò la vampira bionda, seccata.

 

Drusilla annusò l’aria e disse, sorridente: « Niente villici… ma un profumo di pelle fresca… »

 

Detto questo diede una forte scossa ai fianchi del suo cavallo pezzato, inoltrandosi sulla mulattiera.

 

I tre vampiri la videro cavalcare veloce, una fiamma rossa che avanzava nel buio, incurante di rami o sassi sporgenti e della foresta che la sovrastava totalmente, minacciosa.

 

« Quella donna è pazza! » sbottò il vampiro moro, contrariato.

 

« Hai fatto un ottimo lavoro con lei, mio angelo! » lo adulò Darla.

 

« Drusilla non è pazza… è eccentrica! Dovete leggere tra le righe per capirla!!! » li corresse Spike. I due vampiri gli regalarono un’occhiata scettica.

 

Poi si decisero ad inseguire Drusilla, inquieti.

 

 

 

« Siamo sul fianco nord. Il sole potrebbe risparmiarci per un’altra mezz’ora! » dedusse Darla, inseguendo Angelus, che cavalcava sollevato dalla sella.

 

« Ma quando il sole arriverà, filtrerà tra gli aghi di pino e andremo in fiamme! » le rispose William, l’ultimo del gruppo.

 

Era stanco di cavalcare, stanco del freddo, stanco di tutte quelle maledette preghiere.

 

Sembravano appestati, isolati dalla società. Nessuna prospettiva di gloria demoniaca.

 

« Questi Carpazi mi hanno rotto il caz… »

 

 

 

« Guardate! » indicò il vampiro moro. Con uno strappo alle redini fermò il suo cavallo.

 

Darla rischiò di centrarlo in pieno, e dovette deviare di scatto. La sua cavalla chiara, presa di sprovvista, sfregò il fianco contro un albero. L’animale protestò, impennandosi.

 

« Dannata bestia. Giuro che ti taglierò la gola e berrò il tuo sangue! » sbottò la sua padrona.

 

A quella minaccia il cavallo si acquietò di colpo, in una reazione per niente animale.

 

« Oh, sei una cavallina intelligente, dopo tutto… » disse Darla, accarezzandole un orecchio con la mano inguantata.

 

William smontò da cavallo, per sgranchirsi le gambe; poi disse: « La tua cavalla non mi piace Darla, hai visto come si è fermata? »

 

« È come se ti ascoltasse! » aggiunse il vampiro moro, scendendo dal suo stallone. Afferrò il muso del proprio animale, fissandolo attento. Questi nitrì, alitandogli un soffio caldo sul viso gelido.

 

« Mmh… anche i suoi occhi neri mi fissano… il mio cavallo ha uno sguardo cosciente… »

 

« A differenza del padrone! Ultimamente sei più morto del solito! » lo stuzzicò Spike, sarcastico.

 

« Andiamo, non c’è tempo per le battute. Dovresti ringraziare la tua adorata mammina, che ha risolto tutti i nostri problemi in un colpo solo! » e il moro indicò uno spiazzo erboso.

 

La mulattiera aveva condotto i vampiri a una modesta casa di legno e pietre, circondata da una fitta foresta d’abeti.

 

Angelus si avvicinò a Drusilla, che li attendeva sulla porta, stretta nel suo mantello porpora.

 

Aveva legato il suo cavallo ad un albero, parsimoniosa.

 

L’animale era muto e immobile adesso, come gli altri tre.

 

Un silenzio innaturale regnava nella foresta. Anche il vento taceva e questo era molto strano in aperta montagna.

 

William fu l’unico che osò parlare: « Voi non avete ascoltato il sottoscritto e adesso siamo davanti a una dannata cascina immersa nel nulla… e l’eremita che ci vive potrebbe lasciarci fuori… A quest’ora potevamo essere in una calda stalla, con del sangue caldo in gola… »

 

« Shh… non disturbare questo silenzio. Lui regna… » mormorò la vampira dagli occhi violetti. Spike alzò gli occhi al cielo, esasperato: « Oh, Drusilla, riusciresti a spaventare il diavolo in persona! »

 

Poi si guardò intorno, preoccupato.

 

La donna dai capelli neri si abbassò il cappuccio sulle spalle e bussò alla porta.

 

« Chi è là? » chiese una voce infantile, dall’altra parte, in rumeno.

 

E Drusilla, in inglese: « Sono una fata dei boschi, bambina, e porto con me i miei amici elfi. »

 

« Siete stranieri? » chiese allora la bimba, al di là della porta, in uno stentato inglese.

 

I quattro vampiri si fissarono confusi; era davvero raro che qualcuno conoscesse la lingua anglosassone in un posto così sperduto.

 

Ma il rumore di un chiavistello arrugginito solleticò le orecchie dei quattro. Una potenziale vittima era a un passo da loro.

 

In ogni caso, la barriera invisibile costituiva il vero problema.

 

 

 

La porta si aprì e la piccola padrona di casa alzò lo sguardo, incrociando gli occhi viola della vampira.

 

« Voi non siete una fata, signora. Mia nonna me le ha descritte. Dice che questo sentiero è percorso soltanto dai morti. »

 

E Spike non poté trattenersi dal rispondere: « Tua nonna ha ragione, bambina! »

 

Una rude gomitata da parte dell’altro vampiro lo costrinse al silenzio.

 

I quattro vampiri osservarono la ragazzina. Doveva avere più o meno otto anni… nessuna traccia di occhi e capelli scuri. Non era rumena, questo era certo, ma la cosa non li sconvolse più di tanto; i rapimenti erano all’ordine del giorno, in quelle terre zingare.

 

I tratti erano slavi, la pelle bianca e i capelli rossi e lunghissimi, che le arrivavano fino alla vita.

 

Vestiva una rozza tunica marrone, logora, ma quell’abbigliamento non la faceva sfigurare.

 

Gli occhi della piccola, grigi e limpidi, ricordavano quelli di un lupo.

 

La bambina era diversa. Lo sentivano.

 

Eppure avvertivano la sua effettiva umanità, rivelata da un battito sotto pelle.

 

 

 

« I morti non bussano mai alla nostra porta. »

 

Angelus s’inginocchiò, parlando alla bimba con aria benevola: « Noi non siamo morti. Siamo solo… diversi e veniamo a chiederti aiuto. È tutta la notte che cavalchiamo. Abbiamo bisogno di un tetto sulla testa e di un giaciglio per riposare. Niente di più. »

 

Darla gli diede un leggero calcio, con il suo scarponcino pesante. Angelus gemette di dolore.

 

« Voi siete i primi che vengono a chiedere qualcosa… La nonna mi ha avvisato anche di questo. Dice che prima o poi arriveranno tutti e le rivorranno indietro, ma sarà troppo tardi. Loro saranno già salite e nessuno potrà riaverle. »

 

« Di cosa parli, bambina? » chiese la vampira mora.

 

« Delle anime, signora. »

 

La piccola scrutava Drusilla con uno sguardo serio, da adulta.

 

Spike fissò la bambina turbato e disse: « Forse potresti cederci la stalla. Non è necessario entrare… vero, ragazzi? Là fuori c’è una costruzione solida e riparata… » provò lui, fissando gli altri, inquieto.

 

Ma nessuno gli badò.

 

Soprattutto Darla era impaziente. Scrutava la giugulare di Miss Mistero, con aria famelica.

 

« Come ti chiami? » domandò subito, incuriosita.

 

Era una delle sue tattiche preferite… chiedeva il nome della bambina, ascoltava la sua triste storia per qualche minuto, poi abbracciava la piccola creatura, come per consolarla…

 

Ma il finale era sempre lo stesso: i bambini cadevano a terra, senza vita, con gli occhi inondati di lacrime.

 

Darla non faceva distinzioni di sorta. Il sangue era la vita. I corpi erano solo calici da svuotare. Semplice.

 

La piccola osservò gli occhi della vampira bionda e disse: « Anche per te potrebbe essere tardi… ma se corri, sei ancora in tempo. Prendi il sentiero vicino alla mia casa e sali. Potresti trovarla. »

 

« Non hai risposto alla mia domanda, come ti chiami? » provò ancora la bionda, stringendo gli occhi. La pazienza stava svanendo.

 

Drusilla parlò con un filo di aggressività dovuta alla fame: « Ci fai entrare o no, scoiattolino? »

 

E la piccola: « La stalla è più calda. C’è della paglia secca e una capretta. Potete mungerla, se volete. »

 

« Mi piaci, ragazzina! » esclamò Spike, osservandola compiaciuto.

 

La nonna l’aveva istruita bene… niente a che fare con quegli idioti di Lupeni, che annegavano nella superstizione. In quella casa non c’erano simboli religiosi appesi sulla porta o sulle pareti, ma la piccola era prudente e coraggiosa.

 

Lui avvertiva il battito della bimba: sempre regolare. Nessuna paura le accelerava le pulsazioni.

 

« Grazie per la tua generosa offerta. Mungerò la capretta di persona e lascerò anche un’abbondante tazza di latte fuori dalla porta, per te! »

 

Spike si avviò verso la stalla, sotto gli occhi furiosi di Darla e lo sguardo vigile di Angelus e Dru.

 

La porta si richiuse di scatto, di fronte ai tre vampiri.

 

 

 

« Idiota! Potevamo fare un vero pasto e dormire in un comodo letto, invece, siamo sdraiati nella paglia, in un buco che puzza di letame! »

 

« Il sole sta sorgendo, Darla. Mi dispiace ammetterlo, ma questa volta William ha fatto bene! » disse il vampiro moro.

 

Spike fissò il suo gransire, perplesso, e parlò: « Tu sei d’accordo con me? Da quando? Inferno maledetto, questi luoghi sconvolgono tutte le leggi naturali… Comunque ti ho già detto di chiamarmi Spike!!! »

 

L’altro vampiro lo ammonì con lo sguardo e disse: « è un nome stupido, per un uomo stupido… forse dovrei davvero chiamarti così… Sprite*! » e gli strattonò un orecchio aguzzo.

 

« Spike!!! » ringhiò l’altro, in risposta, strappandosi alla presa. Afferrò una manciata di paglia lanciandola sulla testa del vampiro moro. Angelus la respinse subito, scotendo i capelli, per ripulirsi.

 

« Forse era meglio se restavi dov’eri… io e le ragazze stavamo benissimo senza il tuo muso lungo, Angstlus**!!! »

 

E il moro sbottò: « Ricorda che sono sempre io il leader, qui! Rispetta chi ha vissuto più di te, novellino! E, per la cronaca, Drusilla e Darla sono donne, non ragazze! E sono MIE! »

 

E Dru bisbigliò: « Sì… donne mature, Will; io sono la tua mammina, Angelus è il nonnino e Darla è la tua dolce bisnonna… »

 

L’interessata lanciò un’occhiata aggressiva all’altra vampira. Quei continui riferimenti all’età non le piacevano molto.

 

« Pff… le donne sono MIE… le cravatte di seta sono MIE… i pettini sono MIEI!!! » continuò Spike, strafottente, simulando un tono effeminato.

 

« Parla ancora con quel tono e ti ritroverai un pettine infilato su per il posteriore! » ribatté l’altro, rabbioso.

 

« Smettetela di litigare come bambini! Con lo stomaco pieno, saremo tutti più tranquilli! Domani notte avremo il sangue, a costo di incendiare la casa e costringere la piccola ad uscire! » s’impuntò Darla, sistemando la paglia sotto il capo, con gesti rabbiosi.

 

« La bambina non morirà. Ha uno scopo. Noi non possiamo interferire… » bisbigliò Drusilla, stringendosi contro il suo compagno. Spike ricambiò la stretta, annusando la fragranza dei capelli neri della SUA donna.

 

Un sottile belato interruppe i discorsi. Una capretta uscì da un angolo buio e li osservò curiosa, puntando Angelus.

 

Arrivò davanti al vampiro e gli annusò la mano.

 

Darla aspettò che il suo childe afferrasse l’animale, uccidendolo con crudeltà, per nutrirsi. Ma non fu così: Angelus, o quello che ne restava, accarezzò il vello nero dell’animale, senza intenti omicidi.

 

« Odio questo posto e odio questa terra! » sostenne ancora Darla, allontanando la capretta con un leggero calcio. Subito si accostò al vampiro moro, che se la spinse addosso, nella sua famigliare stretta possessiva.

 

La vampira sorrise.

 

Il carattere del suo childe poteva essere cambiato dopo quella maledetta notte, ma il desiderio sarebbe rimasto lo stesso.

 

« Sono tua, Angelus? » lo provocò la vampira, strusciandosi contro il vampiro.

 

« Sempre, Darla! » rispose l’altro, con i suoi insondabili occhi scuri.

 

Lei lo baciò con passione e dopo qualche attimo di fuoco, chiuse gli occhi, per riposare.

 

 

 

Il sonno dei vampiri era profondo e cupo come la morte stessa. Ma non era un riposo. Non c’era riposo per quelli come loro.

 

Aprì un occhio, osservando i tre vampiri addormentati, immobili come cadaveri.

 

Si staccò a malincuore dalla sua compagna, scrutando la stalla con sguardo assonnato.

 

Fuori era mattina presto: una luce bluastra copriva tutte le cose con il suo velo freddo. La foschia avvolgeva la foresta, ma la radura era sgombra.

 

Sentiva dei lievi rumori provenire dalla casa. La bimba era già alzata e canticchiava una canzone in una lingua per lui sconosciuta.

 

Per evitare che entrasse nella stalla, mandando tutti in fumo, il vampiro si accinse a mungere la capretta. Era una cosa noiosa, poiché non era molto esperto. La capretta emise qualche vivace protesta, che lo spinse quasi a cedere alla fame.

 

Anche il sangue di capra era un’alternativa, specie per un vampiro a digiuno. E loro quattro erano digiuni da due giorni, ormai. Ma, all’ultimo, resistette alla tentazione.

 

Sospinse la capra fuori dalla stalla, attento a non far entrare il sole.

 

Lasciò il secchio con il latte all’esterno, sperando che la bambina lo portasse via.

 

 

 

La temeva.

 

 

 

C’era in lei qualcosa di più pauroso di croci e paletti… l’innocenza e uno spirito forte erano fusi insieme in un’unica personalità.

 

Anche lui aveva ucciso un giovane umano, in passato, ma era solo un adolescente. I bambini li lasciava a Darla. Accampava banali scuse, ma in realtà, uccidere bambini non gli piaceva. Gli lasciava un senso di inquietudine inspiegabile.

 

C’era solo una cosa a cui non poteva resistere: il sangue di una Cacciatrice. Dopo averlo assaggiato per la prima volta, in Cina, aveva scelto la sua strada: assaporare altro sangue di Prescelta ed entrare nella storia.

 

 

 

Gli occhi azzurri scrutarono l’esterno da una minuscola fessura nella porta e videro la piccola.

 

Era nello spiazzo erboso, intenta a nutrire i cavalli dei quattro ospiti, con della paglia secca. Accarezzava i musi degli animali, bisbigliando frasi senza senso; dal tono dolce parevano dei complimenti.

 

Si prodigò di attenzioni soprattutto per lo stallone nero.

 

Il vampiro era impressionato.

 

L’animale dal pelo raso e lucido era imponente, paragonato alla bimba. Se si fosse imbizzarrito l’avrebbe uccisa all’istante, con i suoi potenti zoccoli. Ma lui sapeva, dentro di sé, che quella bambina aveva il potere di rendere mansueto qualsiasi animale… persino i vampiri come lui.

 

Il cavallo nero sfiorò la manina bianca della bambina, dandole dei colpetti gentili.

 

La piccola aveva soggiogato l’animale, conquistando anche lui.

 

 

 

Un rumore dall’interno lo distolse da quello spettacolo: Drusilla si era rigirata, alla ricerca del suo compagno. Non trovandolo si appallottolò su se stessa, abbracciandosi.

 

Il vampiro sorrise. La SUA Drusilla, la SUA dea, lo cercava.

 

Riportò l’attenzione sull’esterno e sobbalzò.

 

Dall’altra parte della soglia stava la piccola, in piedi. Lo guardava con i suoi occhi da lupo, vigili, pieni di bontà e quindi spaventosi.

 

Era immersa nel primo sole, i capelli che ardevano come fiamme.

 

La piccola si avvicinò alla capretta ed emise uno strano verso. L’animale mosse il muso, fino a raccogliere il secchio di latte tra i denti, afferrando la maniglia arrugginita.

 

Spike non aveva mai visto un animale sollevare un secchio e portarlo al padrone.

 

C’era qualcosa di pagano in quella bambina.

 

 

 

All’improvviso seppe che la piccola lo aveva individuato. Un attimo dopo gli sorrise, scostandosi una ciocca di capelli fulvi.

 

Saltellò sui piedini due o tre volte, come un folletto, poi assunse un’espressione furba: « Tu la prenderai. Ma non qui. Devi affrontare un percorso diverso… »

 

« Come, piccola? » chiese lui, senza capire.

 

La bambina ignorò la domanda e si accostò alla soglia.

 

Con la sua piccola bocca, bisbigliò nella fessura: « Vermiglia. È il mio nome. »

 

« È particolare… » rispose lui, sottovoce.

 

« È per i capelli. Sono rossi. Ti piacciono? »

 

« Sì » rispose lui, stranamente incuriosito.

 

« Sono come quelli della mia mamma. È morta quando sono nata io. Ho il suo stesso sangue. »

 

Sentendo quella parola gli occhi del vampiro lampeggiarono, assumendo una sfumatura dorata. Spike scrutò il candore del collo, soffocando l’impulso di sfondare la porta e trascinarla dentro.

 

Vermiglia accostò gli occhi alla fessura, schermando la luce con le mani. Poi disse: « C’è troppa luce questa mattina. Il sole è caldo. »

 

Spike si morse le labbra. Il tono di lei suonava come un sottile avvertimento.

 

Poi si maledì. La piccola non poteva sapere chi fossero i suoi ospiti… era davvero assurdo.

 

La bambina si accucciò sul secchio e v’immerse un mestolo, prelevando un po’ di latte.

 

Lo assaporò e disse: « Mmh, buono… Grazie, William. »

 

Dall’altra parte il vampiro sorrise: « Non c’è di che. Buona giornata, piccola. »

 

Voltandosi, si sdraiò di nuovo, sicuro che la bambina non li avrebbe più disturbati.

 

Solo allora il sorriso gli sparì dal volto spigoloso.

 

Lo aveva chiamato per nome.

 

Quello vero.

 

 

 

La notte li chiamò a sé, assieme ai loro bisogni.

 

Troppo tempo era passato dall’ultimo pasto. Spike era disposto a mandare all’aria tutte le sue ritrosie, convincendo la bambina ad uscire allo scoperto, per dissanguarla.

 

Di nuovo, i quattro si presentarono alla porta, e di nuovo, la bimba rifiutò di farli entrare.

 

« Non è ancora il mio momento. Sono piccola. Ho solo otto anni… »

 

Il vampiro moro parlò: « Bene, grazie per avere custodito i nostri cavalli. Ho visto che hai dato loro del foraggio. »

 

« Sì, ma non avevano molta fame. Si erano già nutriti, da meno di un giorno. »

 

Gli occhi del moro si strinsero. La bambina aveva forse intuito qualcosa? Che pensasse che i cavalli non erano i loro? Forse aveva riconosciuto gli animali. Il villaggio di Lupeni distava solo quattro chilometri.

 

« Non vuoi farci entrare, bambina? » chiese Darla, mordendosi il labbro inferiore. Angelus osservò quel tic nervoso, attento. La sua sire aveva appetito.

 

« Non posso farvi entrare, signori. Ma posso chiamare mia nonna e sentire il suo parere. Tocca a lei parlare con i viaggiatori. »

 

« Tua nonna è con te? » chiese Drusilla, torcendosi le mani per il bisogno.

 

« Sì, ma è molto vecchia. Dice che presto morirà e il suo compito sta per scadere… »

 

« Allora corri a chiamarla, bambina. Avevo una nonna anziana e so come accudirla. »

 

La bimba annuì, ingenua, e rientrò nella casa, sparendo al loro cospetto.

 

« Darla sei terribile! » sbottò il vampiro moro. « Dobbiamo solo afferrare un cavallo, e bercelo. Poi andremo in un altro villaggio… là ci sarà sangue a volontà. Questo posto non fa per noi. Vorresti massacrare una bambina indifesa, che cura sua nonna? »

 

« Quanti scrupoli… ne abbiamo già parlato. Ti ho concesso di restare con noi ma solo se non mi ostacolerai! Lo hai promesso, ANGELUS! » e Darla scandì quel nome con una voce nitida.

 

Spike e Drusilla osservarono quello scambio di battute senza capire.

 

Il vampiro moro replicò: « Da quando ho visto quella bambina negli occhi ho notato qualcosa di strano. A differenza di te ho ascoltato le sue parole. Parlava di anime. È pericolosa per noi! »

 

« Pericolosa? Una bimba di otto anni? Stai impazzendo anche tu, come Drusilla! Questi luoghi ti hanno ottenebrato la mente, inculcandoti la convinzione che siamo esseri malvagi e disgustosi. E per cosa? Per degli spicchi d’aglio e qualche patetica invocazione in rumeno? Noi non rispondiamo a nessuna divinità. Rispondiamo a noi stessi!!! »

 

« Ciò che dici è giusto. Risponderete a voi stessi… per tutto. » Una voce giunse dall’interno della casa, flebile nel volume, ma decisa nei contenuti. Dal buio apparve una donna dal volto rugoso. 

 

La piccola avanzò, sorreggendo la nonna per un braccio, come fosse il suo bastone.

 

La vecchia aveva capelli candidi, lunghi e lisci. Il volto era segnato dalla semplice vita all’aria aperta, ma l’espressione era altera e nobile. Non era una contadina; c’era molto di più.

 

Drusilla fissò le dita della signora: esili, lunghe e scarne, con unghie traslucide, come quelle di una bambola.

 

« Edith… »

 

« È il mio nome. Come lo sai? » chiese la vecchia. Gli occhi di ghiaccio adesso erano spalancati e fissavano Dru, pieni di turbamento.

 

« Io ho letto il nome nel tuo viso… Hai una pelle di porcellana e occhi di vetro! »

 

La bambina guardò la vampira scontrosa e disse: « Sono veri! Sono uguali ai miei, vedi? » e la piccola spalancò gli occhi lupeschi.

 

« Mia nipote ed io abbiamo molto in comune, oltre agli occhi. Possediamo un intuito naturale per le cose strane. Si aggirano volti stranieri in Valacchia… molto pallidi. »

 

Drusilla tremò. Arretrando di un passo, urtò contro il torace del suo compagno. Questi gli mise le mani sulle spalle, per tranquillizzarla.

 

« Allora, signora, potrebbe ospitarci per una notte? » domandò Darla, con il tono più gentile possibile.

 

« Avete dormito tutto il giorno nella stalla. Siete ancora così stanchi? » controbatté la vecchia, acuta.

 

Spike scoppiò a ridere e disse: « Andiamocene ragazzi. è evidente che non siamo ben visti da queste parti. Infastidiamo la nonna… Addio, briciola! » disse, rivolto alla piccola.

 

Il vampiro fece per andare, e con lui, Drusilla. Ma la vecchia alzò un braccio e disse: « Aspettate. Vi accompagno sul giusto sentiero. »

 

« Possiamo fare da soli. Torneremo a Lupeni… » rispose Darla, quasi con rabbia.

 

« No, signori. Non è bene per voi andare là. Gli abitanti non si fidano degli estranei e spesso compiono gesti atroci nei loro confronti. Piantano oggetti di legno nei corpi dei morti. E tagliano le teste dei loro congiunti… »

 

« Non abbiamo paura della gente » ribatté Darla, fiera.

 

« No, datemi retta! Dovrete passare per forza dalla foresta… Ma è un labirinto per chi non la conosce. Verrò con voi! »

 

« Nonna, vuoi davvero accompagnarli? » chiese la bimba. E per la prima volta sembrava spaventata.

 

I vampiri sentirono il suo piccolo cuore aumentare i battiti.

 

« Sì, piccola. Devo farlo. »

 

« Posso venire con te? »

 

« No, torna a dormire. I bambini non devono uscire di notte, neppure per accompagnare la loro anziana nonna. »

 

« Io ti spetterò… » disse speranzosa.

 

« Non aspettarmi » ordinò l’altra, lapidaria.

 

« Ti voglio bene… » provò ancora la piccola, torturandosi il labbro inferiore con i denti.

 

« Anch’io. Da sempre e per sempre! » rispose la nonna e con un gesto affettuoso le baciò la fronte.

 

Gli occhi azzurri della piccola si fecero lucidi, le piccole labbra tremarono, poi, la manina bianca si allontanò dal braccio della nonna.

 

La vecchia signora avanzò, aggrappandosi ad Angelus, che impacciato, dovette sostenerla.

 

 

 

Per tutto il tempo i tre vampiri si aggirarono furtivi, attorno alla strana coppia.

 

Drusilla studiava gli occhi della donna, con insistenza ossessiva; Spike la guardava con sospetto, in attesa; e Darla fissava la gola dell’anziana donna, un’espressione famelica.

 

Nessuno dei tre, comunque, osava sfidare Angelus. Il rispetto delle gerarchie era innato nella Famiglia e se la Guida decideva di aspettare, loro avrebbero fatto lo stesso.

 

Spike sentì un rumore di zoccoli, alle loro spalle. Si voltò, diffidente, aspettandosi di vedere degli umani, ma non fu così: i quattro cavalli che li avevano condotti dall’anziana donna, li seguivano, come guidati da una forza sconosciuta.

 

Procedevano ordinati, in fila indiana, senza emettere fiato.

 

« Angelus? Guarda là! » disse Spike, indicando gli animali. Il vampiro fissò i cavalli per qualche istante, ma si lasciò condurre ugualmente da Edith, nel tortuoso sentiero.

 

A un tratto il panorama cambiò: la nebbia fitta come panna li ricoprì, pesante. Oltrepassata questa fascia innaturale s’imbatterono in un nuovo paesaggio, innevato di fresco.

 

« Questo posto non mi piace, Angelus; la vecchia vuole farci perdere nella neve. Lasciamola qui e proseguiamo da soli. »

 

« Non discutere, Darla! » rispose lui, freddo e distante come il manto nevoso.

 

L’anziana donna cominciò ad accusare la fatica, emettendo pesanti sospiri. Il percorso era ripido e l’avanzata, piuttosto gravosa. Solo gli altri quattro vampiri non davano segno di stanchezza. Loro non dovevano respirare.

 

« Di questo passo, nonna, troveremo i lupi! » sbottò Spike, accostando la coppia.

 

« Fidati di me. Ne vale la pena! » rispose l’umana, con il fiato corto. La mano bianca sfiorò l’avambraccio del giovane vampiro, poi, scese verso il polso.

 

Spike osservò quelle dita rugose e tiepide, coprire le sue. Quella stretta era stranamente rassicurante.

 

Fu l’anziana donna ad interrompere il contatto.

 

« Ok, come vuoi… ma fa freddino quassù! » disse lui, stringendosi il mantello nero, come fosse una coperta. Riportando l’attenzione al percorso, sussultò.

 

Il sentiero che i cinque avevano intrapreso s’immetteva in un nuovo percorso, dalla pendenza vertiginosa.

 

Ma non era la pendenza che attirava l’attenzione…

 

Dal nulla, di fronte a loro, si materializzò una marea di persone, che percorreva il nuovo sentiero, anch’esso coperto di neve.

 

Avvicinandosi sospettosi, arrivarono a un metro dalla folla e spalancarono gli occhi.

 

Quelle che credevano persone erano in realtà… spiriti.

 

 

 

Drusilla seguì quella silenziosa processione, come incantata.

 

Ad un tratto sobbalzò per la sorpresa: una donna vestita di bianco, del tutto simile a lei, avanzava tra gli altri spiriti.

 

Il vestito era inzuppato di sangue; l’espressione era congelata nell’orrore.

 

« Sono io… aspettami… » gridò la vampira, lanciandosi nella folla, per fermare il suo alter ego.

 

Ma appena la marea trasparente l’avviluppò, Drusilla dovette gettarsi a terra.

 

Allora si mise a gridare, sconvolta da un male invisibile. Pianse, sbraitò, si colpì il petto, si strappò i capelli. Alla fine rotolò nella neve, i capelli neri sparsi sul manto bianco.

 

Arretrò al di fuori dal sentiero, terrorizzata. Poi giacque immobile, sdraiata nella coltre bianca, incurante del ghiaccio, che le attraversava i vestiti.

 

La vampira osservò quell’essere surreale, che avanzava lento, trascinandosi. In pochi secondi le aveva mostrato qualcosa che il cuore aveva dimenticato: i volti delle sue vittime.

 

 

 

« Oh… fantastico! Una folla di fantasmi con vicende tragiche alle spalle… storie già viste! » sbottò Darla, avvolgendosi maggiormente nel mantello verde scuro.

 

« Non sono fantasmi. Sono anime! » disse la vecchia signora, seria.

 

I volti dei quattro vampiri abbandonarono la folla, puntando la vecchia, di scatto.

 

E il vampiro moro: « Anime? »

 

« Proprio così. Sono le anime dei non morti, dei vampiri. Risalgono il sentiero vertiginoso perché vorrebbero accedere al cielo… ma è un sentiero infinito e freddo. Le anime dei vampiri sono prive dei loro corpi, che sono a miglia di distanza, non morti. Le anime salgono e si perdono nell’aria gelida… vagano per tutta la montagna, senza pace. Sento i loro passi strascicati che riecheggiano sulle creste… »

 

« Wow… bella storia, davvero… E se un’anima arriva in cima, cosa fa? Pianta la bandiera? » chiese Spike, nascondendo l’inquietudine dietro l’ironia.

 

« Non posso saperlo, non sono mai salita in cima… » rispose la donna, tranquilla. « È un sentiero che solo gli spiriti possono percorrere. Noi umani moriremmo prima, per il freddo o per la sensazione di abbandono. »

 

« Fantastico, e noi cosa facciamo qui? » chiese ancora il vampiro allargando le braccia, confuso.

 

La vecchia parlò con voce ferma e solenne: « Voi potete riprendere la vostra anima, prima che salga troppo in alto e si perda. »

 

« Oh, ottima idea. Dru, corri a riprendere il tuo spiritello… sta andando via… Ma dov’è la tua anima, Angelus? Non vedo la tua! Oh, certo, sarà già in cima a sbandierare un lenzuolino sulla vetta e a gridare: Eccomi, sono arrivato io. Sono il primo! » recitò Spike, irritante.

 

Il vampiro moro non rispose alla provocazione, fissava la fiumana di spiriti con espressione cupa.

 

 

 

Spike seguì la folla, rivolgendosi ad una donna, con intento scherzoso: « Hey, signorina, aspetti… vedo che l’hanno morsa sul petto… posso farlo anch’io? No, è? Niente… »

 

L’anima non parve dargli retta, ma procedeva oltre.

 

Spike si rivolse a un altro spirito: « Fergus? Non posso crederci… sei diventato un vampiro anche tu? Un attimo, facciamo quattro chiacchiere… »

 

Nessuna risposta.

 

Lo strano gioco lo coinvolse per qualche minuto, ma il sorriso provocatorio sparì, appena scorse un’ombra familiare.

 

A pochi metri da sé un giovane spirito con il suo stesso volto saliva il sentiero della montagna. Distanziava di molto l’anima di Drusilla, come se dovesse ancora vivere notevoli crudeltà e fare parecchi sbagli, prima di toccare i livelli della sua sire.

 

In un certo senso ne era contento.

 

Fissò quel volto e sentì un forte peso all’altezza del cuore, una tensione che non aveva mai provato.

 

« Inferno maledetto, che stregoneria è mai questa? Sono io? Ero così brutto quando sono morto? Ho ancora quei dannati occhialini! Si è mai vista un’anima con gli occhiali? Forse è l’aria rarefatta che ci ha svuotato il cervello… come l’etere! »

 

Mentre parlava, l’anima procedeva nella neve, con un’andatura lenta e pesante, come se ogni passo le costasse uno sforzo sovrumano.

 

Quella era la sua anima, o meglio, la trasposizione fisica di un’entità metafisica.

 

Vestiva gli stessi abiti del giorno della sua morte e portava sul collo il segno del morso. Il sangue gli macchiava la camicia, color rosso vivo ma immobile, come coagulato.

 

Era l’anima di William. Non William Il Sanguinario, ma William, l’uomo.

 

Camminava, o meglio, scivolava sul sentiero, nella parodia dantesca di un’anima senza pace.

 

Quello che più lo impressionò fu l’espressione del viso, immobile, in bilico tra dolore e piacere. Era così che la vita lo aveva lasciato… nell’attimo in cui si era offerto a Drusilla e all’immortalità.

 

Stringendo gli occhi si avvicinò alla marea di anime, che lo circondavano ma, appena alcuni spiriti gli passarono attraverso, un dolore acuto e travolgente lo costrinse a cadere.

 

Centinaia di vittime gridavano nella sua testa. E non erano le sue vittime, ma quelle degli altri vampiri.

 

Ovunque c’erano sofferenza e lamenti, una piaga che lo annientava, portandolo al pianto.

 

 

 

Il vampiro strisciò indietro, disperato, sotto gli occhi stupiti di Angelus e Darla.

 

In fretta si asciugò le lacrime, come per proteggersi dal loro giudizio. Si alzò in piedi, ondeggiando sulle gambe malferme, ancora preda di violente emozioni.

 

« È orribile… tutte quelle grida… è disumano… »

 

« Voi siete disumani… » disse la vecchia, incisiva. « Ma se vorrete redimervi, anche solo per un istante… potrete riavere l’anima. Sarà di nuovo parte di voi, vi aprirà gli occhi sulla differenza tra bene e male… ma stravolgerà le vostre esistenze! È un fardello doloroso. Il rimorso vi consumerà… »

 

 

 

« Non sono pronto… è troppo! » gridò Spike, ancora scioccato dal dolore. Tremava come una foglia.

 

« Non si è mai pronti per la sofferenza. Meglio fingere di essere solo mostri, che accettare i propri delitti. Voi avete un’occasione. Siete gli unici che sono capitati qui, prima del tempo. Siete gli unici ad avere la possibilità di cambiare le cose. »

 

« Taci, vecchia. Come vedi la mia anima è già lontana. Non c’è speranza per creature come noi. Niente perdono, nessuna redenzione. Ma io ho accettato il mio destino e ho la mia coerenza. L’inferno dovrà sudare per avermi! » detto questo Darla scese il sentiero, in verso opposto alla fiumana di spiriti. Il suo passo era sicuro, un’aperta provocazione verso la vecchia custode, ma, al tempo stesso, la sua falcata verso il basso somigliava a una fuga…

 

« Hai scelto, Darla! » disse la donna, chiamandola per nome.

 

La vampira si fermò, voltandosi verso l’umana, con espressione sospettosa.

 

In pochi passi la raggiunse, sollevandola letteralmente da terra.

 

Il bel viso della vampira mutò in un secondo nel volto demoniaco. L’odio era ben visibile negli occhi gialli.

 

La vecchia non emise alcun lamento, non cambiò espressione. Rimase salda e fiera, a testa alta. La tal cosa fece infuriare la vampira ancora di più.

 

« Sai cosa ti farò, vero? Conosci quello che siamo e quello che chiediamo con insistenza. Sei umana, vecchia. Cosa ti ha spinto a lasciare la tua casa protetta per seguire noi? La tua morte sarà prematura, lo sai, questo? »

 

« Sì, è così per noi. è tutto stabilito. »

 

« Stabilito da chi? » chiese Spike, perplesso.

 

« Dal fato, William. Dal destino. Non si può combattere una cosa già scritta. »

 

« Noi siamo vivi contro ogni aspettativa. Sfuggiamo alle leggi dei mortali! » ribatté Darla, altera.

 

« Ti sbagli. Ogni creatura ha il suo percorso, compie le sue scelte, ed espia i suoi peccati. Anche tu, prima o poi, dovrai scontarli. »

 

« Scontare? Noi vampiri? Siamo liberi di fare quel che vogliamo. Vaghiamo per il mondo, senza legami terreni… »

 

« Oh, per essere una vampira molto antica sei piuttosto ottusa. »

 

« Non provocare un demone… » la minacciò l’altra, ringhiando.

 

« La mia non è provocazione. Affermi di non avere legami terreni… Questa è una frase così ottusa, detta da una creatura legata al sangue e al ciclo di notte e buio. Siete esseri prigionieri della vostra condizione. »

 

« Tu straparli! Prigioniera della mia condizione… capisci che non ha senso ciò che affermi? E dai a me dell’ottusa… Io sono libera di scegliere. Posso vivere nel lusso più sfrenato, assaporare forti passioni, viaggiare in tutto il mondo. Tutto questo è libertà assoluta. »

 

« Assoluta, dici? È per questo che fissi la mia gola con quei tuoi occhi disperati? È per questo che mi stringi tanto da soffocarmi? Tu vuoi solo il sangue, non mi ascolti nemmeno… e conti i minuti che ti separano dall’alba! »

 

« Ho le mie priorità… » ammise l’altra, circospetta. Il volto tornò umano e le mani inguantate smisero di stringere la vecchia.

 

Essa bisbigliò: « Bene, il mio compito è concluso. Potete uccidermi, come era previsto. Io ho vissuto troppe lune nella mia vita e sto morendo. Sento che presto me ne andrò. Ma devo strapparvi una sola promessa. »

 

« Non puoi ordinarci nulla, signora. Ti uccideremo e basta. »

 

La vecchia scosse la testa e disse: « Sono sicura che farete quel che vi chiedo… Lasciate vivere Vermiglia. »

 

« Chi? »

 

« La piccola. È l’erede del mio dono. L’ho istruita a dovere e sono fiera di lei. Ce la farà… Ma è troppo giovane per morire. Se la ucciderete, si scateneranno forze contro di voi, che neppure sognate. La natura è severa da queste parti. »

 

« Vuoi forse pregare? Invocare qualche maledizione zingara? » ironizzò la vampira bionda, portando le mani alla vita.

 

Il vampiro moro sussultò, guardandosi intorno, preoccupato. « Andiamo Darla. Sono stanco di tutti questi discorsi… »

 

La vecchia lo fissò, con i suoi occhi da lupo, così simili alla nipote: « Oh, Angel, hai ancora molto tempo prima di sentirti davvero stanco… »

 

« Se credi che inizi a cercare la mia anima in questa marea di spiriti, sei pazza! » sbottò il vampiro, cupo.

 

« Certo che no. Sappiamo bene che non la troverai. È vincolata, adesso… La terra di Valacchia ha scavato dentro di te, lasciandoti un peso sul cuore… »

 

Il vampiro arretrò, come spaventato.

 

« Tu sai troppe cose, vecchia. Forse Darla non ha tutti i torti… Forse dovrei… » e il vampiro moro si trasformò, minaccioso. Protese la mano, come per afferrarle il collo.

 

« Bravo, Angelus… uccidila tu, fai tacere quell’arpia. Odio le persone come lei… dispensano consigli a destra e a manca… Uccidila. Spezzale il collo!!! »

 

« Non posso farlo! » disse lui, ritornando umano in un secondo. E con quelle fattezze ricomparve l’espressione tormentata.

 

« Il mio Angelo… il vostro popolo lo ha rovinato!!! » mormorò Darla, aggressiva, rivolta alla vecchia.

 

« Andiamo, Angelus… fallo per Darla! » lo incalzò Spike, le mani alla vita e il volto trasformato.

 

« Non mi piace il sangue vecchio… » si giustificò il vampiro moro, gli occhi sfuggenti, nascosti dalle ombre notturne.

 

« Oh, per quanto tempo potrai accampare scuse? » domandò l’anziana, leggendogli dentro.

 

 

 

Darla sbuffò: « Quante frasi dette al vento… Io non mi faccio problemi. Ho lo stomaco vuoto e sono davvero furiosa. Solo queste due cose mi spingerebbero a morderti… C’è un piccolo postulato, miei signori; l’unico che una creatura come noi deve conoscere: un’umana indifesa e sola, in un posto isolato, è un pasto sicuro.”

 

Senza aggiungere altro balzò sull’anziana donna, spostandosi alle sue spalle.

 

Con una mano le piegò la testa, per poi affondare i canini, succhiando con una lentezza che contrastava con la fame. Prosciugò la vecchia per lunghi momenti, sotto lo sguardo altrettanto affamato dei suoi compagni, ma non offerse di condividere il pasto, nemmeno per un istante.

 

Dietro il volto della caccia Darla sorrise, compiaciuta.

 

Durante il tragico processo l’anziana signora era rimasta muta, in un’accettazione silenziosa del proprio destino.

 

Poi Darla mollò la presa e il corpo cadde sulla neve, scomposto e senza vita.

 

Drusilla si rialzò velocemente, catapultandosi sul cadavere. Dalle vesti rosse estrasse un coltello.

 

Gli altri vampiri la videro compiere un macabro rito: Drusilla cavò gli occhi alla donna, nascondendoli in un fazzoletto bianco.

 

La candida stoffa si colorò di rosso in breve tempo, zuppa di sangue.

 

Angelus raggiunse il corpo e coprì il volto straziato con un lembo di tessuto nero, strappato dal proprio mantello.

 

Nessuno osò chiedere spiegazioni.

 

 

 

La bambina si risvegliò dal sonno, gridando.

 

Invocò il nome di colei che le aveva fatto da madre, sperando che il famigliare volto rugoso apparisse nella stanza.

 

Ma la casa rimase silenziosa.

 

Mai come in quel momento, la sua dimora le era sembrata così vuota.

 

Il gelo che le stringeva il cuore era un freddo nuovo e tagliente. Gli occhi si riempirono di lacrime non versate.

 

La nonna non c’era più. Adesso era sola.

 

La sua infanzia era finita. Il momento era arrivato: il suo destino doveva compiersi.

 

 

 

Quattro figure seguivano con gli occhi le anime degli altri vampiri che, ininterrottamente, continuavano a salire, con i loro volti traslucidi e gli occhi vacui.

 

« Andiamo, ragazzi… la Transilvania non fa per noi! » e levandosi il guanto, Darla si ripulì la bocca dalle tracce di sangue, scrutando Angelus con uno sguardo pieno di sfida. Il vampiro scosse la testa.

 

Spike osservò la propria ombra, salire sempre più, sparendo nel buio più totale.

 

La sua scelta era fatta.

 

Forse un giorno sarebbe tornato, ma adesso non era pronto. La sua vita di vampiro era appena agli inizi e un’altra missione lo assorbiva: trovare la nuova cacciatrice e ucciderla.

 

« Che ne dite di andare a Praga? È meravigliosa in questo periodo… » suggerì Darla, con gli occhi accesi.

 

« Praga, sì… » gioì Drusilla, euforica, succhiandosi le dita, macchiate di sangue.

 

 

 

Nel villaggio successivo…

 

Tre vampiri si avventarono sull’uomo, straziando la carne del collo in tre parti diverse.

 

Quasi non ebbe tempo di gridare… quasi.

 

Spike e Dru erano particolarmente affamati; Darla assaggiò appena, già sazia.

 

Dall’altra parte del villaggio, Angel viveva il suo tormento. La scintilla gli bruciava nel petto, consumandolo nello spirito.

 

La avvertiva, come una brace rossa, che covava da troppo tempo sotto la cenere.

 

Negli occhi aveva il volto della sua ultima vittima, la piccola rom che gli aveva fatto conoscere il disgusto di se stesso e dei propri crimini.

 

Accucciato in un angolo, uccise un piccolo ratto, succhiandogli il sangue, tra le lacrime.

 

 

 

 

 

Epilogo

 

 

 

Parcheggiò la modesta utilitaria che aveva noleggiato a Brasov.

 

Scese dall’auto e avanzò nella foresta, avvolta nella sua veste nera di velluto, un po’ fuori moda. Le mani pallide erano protette da guanti di pelliccia, per combattere il freddo pungente.

 

Il bosco di pini era diverso da come ricordava. Molti alberi non c’erano più e l’antica mulattiera era stata rimpiazzata da un sentiero più comodo, in terra battuta.

 

Drusilla proseguì a piedi, borbottando tra sé: “Avanza. Ci schiaccerà. La natura sta morendo e noi vivremo… solo cemento, presto…”

 

Alla fine del sentiero intravide una costruzione. Anche questa era diversa da come ricordava.

 

La casa di pietre e legno non c’era più, soppiantata da una modesta abitazione in muratura, tinteggiata di un giallo ocra, già eroso dal tempo.

 

La vampira bussò alla porta, in attesa. Si abbassò il cappuccio, come aveva fatto allora, in una sorta di rituale.

 

« Chi è là? » chiese una voce flebile, in rumeno.

 

« Sono qui per il sentiero… » rispose Drusilla, nella stessa lingua.

 

Aveva passato i due anni precedenti in quelle terre, imparando la lingua moldava.

 

La porta si aprì e un viso sconosciuto, eppure famigliare, le apparve di fronte.

 

« Loro l’hanno riavuta indietro. Io sono qui per questo! » disse subito.

 

« Lo so » rispose l’umana, pacata.

 

« Non sei Vermiglia… » mormorò la vampira.

 

« Era mia madre » affermò la donna, sorridendo dietro il volto stanco. Doveva avere circa ottant’anni, forse di più…

 

« È morta parecchi anni fa… è andata sul sentiero e non è più tornata. Ma ero preparata a questo… Non tutti riescono a percorrere la strada giusta. Loro sono deboli e spaventati… »

 

La vampira dagli occhi viola mormorò: « Siamo deboli e soli. Per lunghi anni, troppi… Ora desidero cambiare. Ho sentito che esiste una redenzione, anche per le creature empie come noi… »

 

« Sarai più infelice di adesso. Lo sai, vero? »

 

« Sì, ma devo provare… Voglio capire perché il mio childe e il mio sire hanno la scintilla… Sono cambiati adesso… Voglio cambiare anch’io… La testa mi esplode di voci. Ma non riesco ad ascoltarle… »

 

L’umana avanzò attraverso l’invisibile barriera della casa e raggiunse la vampira. « Vieni con me. Ti condurrò sul giusto sentiero. Se andremo veloci, forse, farai ancora a tempo. »

 

Dall’interno, la voce di un giovane uomo distolse la donna dal proseguire.

 

Un ragazzo sulla ventina apparve sulla soglia. Aveva folti capelli neri, sparsi sulle spalle. « Dove vai, nonna? »

 

« Sul sentiero, Dimitri. »

 

« Ti aspetto? »

 

« Non ne sono sicura… vai a dormire, e se non tornassi, non venire a cercarmi nella foresta. »

 

Gli occhi da lupo, che le generazioni non avevano cancellato, si fecero tristi.

 

Drusilla rivide l’espressione di quella strana bambina dai capelli fulvi, che tanti anni fa era rimasta sola, e rivide se stessa, con il coltello tra le mani, intenta a strappare gli occhi di Edith.

 

Un brivido orrendo la percorse tutta.

 

Per pochi attimi vide le proprie mani, impregnate di sangue.

 

Le parole di Edith le rimbombavano nelle orecchie:

 

Ogni creatura ha il suo percorso, compie le sue scelte, ed espia i suoi peccati.

 

 

 

Il giovane si morse un labbro. Poi, con un tono un po’ ruvido disse: « Ti voglio bene, nonna. »

 

La vecchia sorrise: « Anch’io. Da sempre e per sempre. »

 

Avanzò verso il giovane, si alzò in punta d piedi e gli baciò la fronte. Dimitri le accarezzò le spalle curve, come per proteggerla.

 

L’umana si staccò, asciugandosi una lacrima furtiva.

 

Poi seguì la vampira e il suo destino.

 

Le due donne sparirono nel buio verso il sentiero delle anime.

 

 

FINE

 

 

 

 

 

*Angelus storpia il nome "Spike" con il termine "Sprite", che significa "folletto", "elfo".

 

È un riferimento alle sue orecchie a punta.

 

 

 

**Spike storpia il nome "Angelus" con il termine "Angstlus"; in inglese "angst" significa "angoscia".