AZHRARN : IL PRINCIPE IN NERO INNAMORATO DEL MONDO
"Riflessioni e Teorie"

29 Giugno 2005

 

AZHRARN : IL PRINCIPE IN NERO INNAMORATO DEL MONDO
di Franca B.

 

 

"Data la mia natura, non amo facilmente,

ma, una volta concesso, il mio amore é sicuro".

Azhrarn , il Bello

 

Insieme alla mia socia Rogiari e da sola, scrivo abitualmente di principi in nero. Di uno in particolare, Angel/us, principe oscuro che in qualche modo conoscevo già da prima, perfetta incarnazione delle tante figure similari incontrate e immaginate nel corso del tempo.

Una figura come questa, ad esempio...

 

Lo videro come un Signore. Un Signore delle Tenebre. Un Principe.

E il suo popolo vide lui.

Alto, vitale, sorprendente e immobile, li dominava: ognuno di loro. Ciascuno sentiva un terrore che non era esattamente terrore, un piacere che non era affatto piacere.

Alla fine lui sorrise. Un sorriso crudele e anche pieno di meravigliosa tenerezza. Sapeva essere un artista nella vendetta, un aristocratico nelle sue forme di ironia.

 

Non ricorda forse un certo vampiro noto come il Flagello?

 

Era Azhrarn, Principe dei Demoni. E dire che fosse avvenente é  una sciocchezza, perché questa espressione mortale, appartenente ad un mondo rotondo, é come un sasso davanti all'ingresso di ciò che Azhrarn era davvero. A ragion veduta, comunque, lo chiamavano "Il Bello", ma anche questo non era sufficiente. Era come dire "Il mare é bagnato".

I suoi capelli erano nero-azzurri, diversi da tutti gli altri, simili al pelo di qualche bestia favolosa o al pezzo di un cielo notturno pieno di stelle tramutato in acqua e seta. I suoi occhi, che avevano visto secoli morire in un batter di ciglia, erano impossibili: due cose fatte di luce nera, due fiamme brucianti, ombra in un'oscurità implacabile.

Era anche vestito di nero, ma di un nero che aveva in sé tutte le possibili sfumature di colore. Camminava con sembianze umane, ma aveva anche i tratti del lupo, della pantera, dell'uccello rapace. E, credetemi, la sua voce, si accordava con tutto il resto.

 

Sì, a me ricorda decisamente il vampiro in questione.

Per quanto mi é dato sapere (o perlomeno questi sono i libri in mio possesso), Il Ciclo dei Signori delle Tenebre della scrittrice inglese Tanith Lee é composto da tre romanzi, dedicati al Signore della Notte (Azhrarn, appunto), al Signore della Morte (Uhlume) e al Signore delle Illusioni (Chuz), anche se, indubitabilmente, la presenza di Azhrarn aleggia sull'intero trittico.

Incantevole, la narrazione di Tanith Lee, nello stile esotico e orientaleggiante delle Mille e una Notte, ambientata in un'epoca fantastica in cui la Terra é quadrata e piatta e galleggia nel caos, popolata di re e regine, principesse mascherate, fanciulle create dai fiori, anime divise a metà, ermafroditi, cantastorie ciechi, maghi e vergini a cui rubare la virtù.

Lo splendido (in tutti i sensi) Azhrarn é il Signore dei Vazdru, i bellissimi principi demoni che vivono nella strabiliante città sotterranea di Druhim Vanashta e rifuggono, naturalmente, dalla luce del sole. Secondo le cronache, Azhrarn  ha inventato l'amore carnale, i gatti e le più profonde complicazioni del male, e non ci si può non appassionare alle sue gesta, ai suoi capricci di essere superiore, al suo orgoglio, alla sua vanità, alle sue passioni, consumate indistintamente con uomini e con donne.

 

Si potrebbero fare interi inventari dei legami di Azhrarn, alcuni superficiali, molti casuali, della durata di un anno dei mortali ma di un giorno a Druhim Vanashta. Però l'amore ha molte case, molti paesi. Tutti durano, allora come ora, tanto a lungo quanto la vita può vedere, sentire, pensare. Perché anche l'amore é frutto di pensiero. Per quanto sembri che distrugga la ragione, tuttavia nulla può mai amare se non può in qualche modo ragionare.

 

Ed infatti anche ad Azhrarn toccherà in sorte un grande amore: la giovane, eterea sacerdotessa Dunizel ("anima della luna"), figlia...di una cometa. L'ennesima rappresentazione di un'unione all'insegna della legge degli opposti, della rondine e della sera.

 

Come era strano. Il sole avrebbe potuto ridurlo in cenere e Dunizel era la figlia di una cometa solare. Forse, non era del tutto strano.

 

Le scene fra loro sono tutte squisite. Dunizel, tra i tanti amanti di Azhrarn che il lettore ha conosciuto pagina dopo pagina, pare l'unica in grado di tenere testa alla dialettica inoppugnabile del Principe, l'unica capace di vedere oltre la potenza oscura con cui lui é solito sottomettere chiunque. L'unica che riesce ad agitarlo e a turbarlo.

 

"Io non presto fede alla tua malvagità", disse lei. "Hai dei millenni davanti a te. Adesso hai soltanto la malizia della tua infanzia.  La tua infanzia é più saggia di qualsiasi saggezza sulla terra. Ma giungerai ad altre cose. Durante la loro vita, tutti gli alberi devono crescere".

 

L'epilogo della vicenda é tragico e poetico.

Dunizel dà ad Azhrarn una figlia, Azhriaz, ma gli uomini della città-tempio di cui lei é sacerdotessa non accettano il suo legame con un Signore delle Tenebre e decidono di lapidarla. Eppure niente può nuocerle, protetta com'é dai gioielli demoniaci con cui Azhrarn l'ha adornata...Niente tranne una piccola, minuscola goccia cristallizzata di sangue Vazdru. Una goccia del sangue di Azhrarn, caduta tanto tempo prima, raccolta per caso insieme ad una manciata di banale terriccio.

 

"La goccia adamantina roteò e volò. La trafisse proprio sotto il seno, con una traiettoria alta, fermandosi nel suo cuore. Vi fu una sorta di terribile giustizia in questo. Lei cadde all' istante, senza un grido, senza neppure mutare espressione o aprire gli occhi. Fu rapidissimo, completo. Si é detto che forse non soffrì, nell'essere trafitta dal sangue di lui, ma provò piacere, come un bacio stregato che uccide. O forse il dolore fu insopportabile, come se lui stesso fosse venuto ad ammazzarla. Ma fu tutto fatto e finito rapidamente".

 

Il sangue. Sempre alla fonte. Sempre all'origine e alla fine. Alpha e omega.

Ma la storia  più bella raccontata su Azhrarn é un'altra. Una storia che ha il sapore della fiaba e della parabola, quasi scritta apposta per chi, fra noi, del Whedonverse, ha amato soprattutto le creature delle notte, con tutte le loro contraddizioni e le loro ambiguità, con il sangue sulle mani, ma, inaspettatamente, anche con la capacità di amare più profondamente di molti altri cosiddetti innocenti.

Accade infatti che un giorno, l'odio, per una serie di avvenimenti troppo complicati da descrivere in questa sede, cominci a crescere nel mondo. Non l'odio di sempre, ma l'Odio, qualcosa che aumenta, che si alimenta dei cattivi pensieri e ugualmente li trasmette, in un circolo vizioso.

Prende così il via una nuova era, il Tempo dell'Odio.

Guerre, ecatombi di massa, violenza, fuoco e ferro, ovunque. E la Terra stessa ne soffre, scatenando terremoti ed eruzioni vulcaniche. Il mondo é prossimo all'annullamento.

Incredibilmente di questo, tranne che in un remoto passato, Azhrarn non ha alcuna responsabilità.

Ed é terrorizzato. Perché anche una stella scura non può vivere senza un cielo che la contenga. E se c'é qualcosa senza cui il Signore della Notte non può vivere sono gli uomini.

Deciso a non perderli, Azhrarn sale nel regno dell'Etere, il dominio degli Dei, dove, da un orizzonte all'altro, si estende un'enorme distesa di scacchi di due colori, quello della profonda solitudine e quello dell'estrema indipendenza. Gli Dei vi giacciono oziosi, in assoluta, indifferente immobilità. Azhrarn fa loro notare che l'uomo, la loro creatura, sta per estinguersi...Non muoveranno un dito? Non lo salveranno?

Gli dei gli rispondono che non hanno intenzione di correggere il loro più grande errore.

 

"Se desideri che l'uomo si salvi, Demone, dovrai farlo tu. Perché noi non lo faremo".

 

Azhrarn torna sconfitto alla città dei Demoni. Si reca malinconico sulle rive del Fiume del Sonno, dove i principi Vazdru solevano  andare a caccia delle anime dei sognatori: adesso, nell'era dell'Odio, nessuno più sogna e quindi anziché l'anima di un dormiente, vi trova quella di un defunto. Sivesh, un tempo - molto tempo prima - amato e poi allontanato da Azhrarn e rimasto incatenato alla dimensione dei vivi a causa della passione mai sopita per il suo Signore.

 

"Il mondo sta per finire", gli disse l'anima del suo amante morto. "Ma di tutte le cose del mondo, tu sei tutto quello che amo. Sono venuto a vedere se salverai il mondo o lo lascerai morire. Infatti la morte del mondo é la tua morte, Azhrarn. Anche se tu vivessi due milioni di volte un milione di anni, senza la Terra tu saresti morto, vagheresti come faccio io, e saresti morto come lo sono io e inutile".

 

Così Azhrarn va a cercare la fonte dell'Odio. Lui, come demone, può scorgerne la forma, comunicarci come se fosse un essere senziente. Si reca a fronteggiarlo armato...di un fiore. L'ultimo fiore cresciuto sulla terra, dai petali azzurri e viola, i colori classificati dai saggi come i colori dell'amore. Mentre l'Odio lo tenta offrendogli il male e il potere su quanto rimane del mondo, Azhrarn pianta il fiore, che immediatamente diviene un albero, e tranquillo e silenzioso, si appoggia al suo tronco, in attesa.

Troppo tardi l'Odio comprende cosa il Principe stia aspettando.

L'alba.

 

"Ah, ma questa é una sciocchezza!", disse l'Odio tremando. "Ti stai immolando in sacrificio...ma cos'é il mondo per te?  Lascia che finisca. Ce ne saranno altri.

Gli Inferi sono freschi e ombrosi. Non puoi amare tanto la Terra da sacrificare la tua vita eterna!".

 

Ma Azhrarn era immobile, come lo erano stati la roccia e il cielo. Fissò diritto il sole, come fa ancora l'aquila, in memoria del suo sguardo.

 

Il sole sorge e l'agonia di Azhrarn é tremenda. La luce lo consuma e la sua cenere viene spazzata via dal vento, nella gola dell'Odio.

 

L'Odio non poté sopportarlo: si cibava di odio e ora per forza doveva cibarsi d'amore, e l'amore lo soffocò. Anche l'amore di Azhrarn, il più malvagio dei malvagi, l'amore di un Demone per una terra a cui nessun Dio - essendo gli Dei superiori a certe cose - teneva più. Ci fu un'esplosione di mille luci e tuoni mentre l'amore del Demone per la Terra distruggeva l'Odio, così come il sole aveva distrutto Azhrarn.

L'Odio era morto e anche il Demone era perito. Ora poteva esservi un'età di assoluta innocenza.

 

Durante questa lunga età dell'Innocenza, la città di Druihm Vanashta é in lutto, privata del suo magnifico sovrano. I Principi Vazdru sono addolorati e oltraggiati all'idea che il genere umano, per cui il loro Signore si é sacrificato, non ricordi più il nome di colui che ha salvato la Terra.

Ad una demonessa, Jaseve (creata dallo stesso Azhrarn in un lontano passato) capita di sognare il luogo, metà nel mondo, metà fuori dal mondo, dove é morto l'Odio e dove cresce un enorme albero dai fiori color cenere. Jaseve si mette alla ricerca di questo luogo e dopo lunghe peregrinazioni, finalmente lo scova e porta l'albero nel mondo reale, piantandolo in una fitta ed antica foresta.

Sul limitare di quest'antica foresta, vive un fattore, con sette bellissime giovani figlie, Flotta, Fiamma, Spuma, Ventaglio, Fontana, Favore e Bella. Tutte vergini, ovviamente, dato che si é nell'Età dell'Innocenza.

Con maestrìa demoniaca, notte dopo notte, Jaseve attira le sette sorelle verso la foresta e verso l'albero. Le giovani vi danzano intorno sino ad addormentarsi e mentre dormono Jaseve libera il vento dell'est, che scuote l'albero facendo cadere la cenere grigia ,che colorava i fiori viola e azzurri, sulle sette fanciulle. Ognuna di loro geme nel sonno.

E qualche mese dopo, il risultato di quella strana notte, é evidente per tutti: le sette figlie vergini del fattore sono incinte.

 

L'ultimo giorno del settimo mese, il sole tramontò ed ognuna delle sette sorelle gridò e cadde sul suo letto. Per sette ore si udirono numerose urla. Nell'ultimo minuto della settima ora, ognuna delle sette sorelle emise un urlo di trionfo.

La vecchia serva di casa commentò: "Dichiaro che mai in tutta la mia lunga vita, che sicuramente é stata accorciata da questo evento, ho visto una cosa simile. Flotta ha partorito un braccio di bambino, Fiamma un altro braccino, e che io cada morta a terra se Spuma non ha dato alla luce una gambina e Ventaglio un'altra gambetta, mentre la povera Fontana un torace intero, e Favore il capo".

"E Bella?", gemette il padre.

"Beh", disse la serva saggiamente, "non  so dire cosa abbia dato alla vita Bella, ma puoi star tranquillo che é vigoroso e forte".

 

Riuniti insieme, i "pezzi" vanno a formare un bambino vivo e sano, che con somma stupore di tutti, cresce a velocità impressionante.

Fino a che...

 

Ora vi era un uomo steso sul lenzuolo. Pareva fatto di luce scura ed era radiosamente bello, e il suo corpo nudo pareva quello di un dio, o almeno quello che le donne immaginavano dovesse essere il corpo di un dio, ed esse rabbrividirono di meraviglia chine su di lui. Il suo volto addormentato le aveva fatte ammutolire.

Bruscamente Bella, la più giovane delle sette sorelle, si avvicinò furtivamente alla finestra, e a oriente vide una sola spada gialla, il segno dell'arrivo del sole. Senza sapere perché, si affrettò ad avvicinarsi al bellissimo uomo e inginocchiata accanto a lui, gli baciò la bocca e bisbigliò: "Azhrarn, svegliati! Il sole sta per sorgere e tu devi tornare al tuo regno!".

Allora le palpebre dell'uomo si mossero e due fuochi scuri arsero improvvisamente tra le ciglia, ed egli sorrise e toccò le labbra di Bella con le dita fresche. Poi sparì.

La stanza si riempì di urla, mentre un'aquila nera si librava verso il cielo e sbattendo le enormi ali svaniva senza lasciare traccia.

Pochi istanti più tardi sorse un bel sole.

Ma ormai l'età dell'Innocenza era passata.

 

Già, già...Perché Azhrarn "il Bello", Principe dei Demoni, é ritornato.

E per fortuna.

Perché cosa sarebbe il mondo, cosa sarebbero le storie o i sogni e le fantasie...senza principi in nero?

 

 

Franca B.

 

 

 

NB. I brani riprodotti provengono da "Il Signore della Notte", "Il Signore della Morte" e "Il Signore delle Illusioni" di Tanith Lee, pubblicati nell'antologia "Storie di Diavoli", edita dalla Newton Compton.