AZHRARN : IL PRINCIPE IN NERO INNAMORATO DEL MONDO
di Franca B.
"Data la mia natura, non amo facilmente,
ma, una volta concesso, il mio amore é sicuro".
Azhrarn , il Bello
Insieme alla mia socia Rogiari e da sola, scrivo
abitualmente di principi in nero. Di uno in particolare, Angel/us, principe
oscuro che in qualche modo conoscevo già da prima, perfetta incarnazione delle
tante figure similari incontrate e immaginate nel corso del tempo.
Una figura come questa, ad esempio...
Lo
videro come un Signore. Un Signore delle Tenebre. Un Principe.
E il
suo popolo vide lui.
Alto,
vitale, sorprendente e immobile, li dominava: ognuno di loro. Ciascuno sentiva
un terrore che non era esattamente terrore, un piacere che non era affatto
piacere.
Alla
fine lui sorrise. Un sorriso crudele e anche pieno di meravigliosa tenerezza.
Sapeva essere un artista nella vendetta, un aristocratico nelle sue forme di
ironia.
Non ricorda forse un certo vampiro noto come il Flagello?
Era
Azhrarn, Principe dei Demoni. E dire che fosse avvenente é una sciocchezza, perché questa espressione
mortale, appartenente ad un mondo rotondo, é come un sasso davanti all'ingresso
di ciò che Azhrarn era davvero. A ragion veduta, comunque, lo chiamavano
"Il Bello", ma anche questo non era sufficiente. Era come dire
"Il mare é bagnato".
I suoi
capelli erano nero-azzurri, diversi da tutti gli altri, simili al pelo di
qualche bestia favolosa o al pezzo di un cielo notturno pieno di stelle
tramutato in acqua e seta. I suoi occhi, che avevano visto secoli morire in un
batter di ciglia, erano impossibili: due cose fatte di luce nera, due fiamme
brucianti, ombra in un'oscurità implacabile.
Era
anche vestito di nero, ma di un nero che aveva in sé tutte le possibili
sfumature di colore. Camminava con sembianze umane, ma aveva anche i tratti del
lupo, della pantera, dell'uccello rapace. E, credetemi, la sua voce, si
accordava con tutto il resto.
Sì, a me ricorda decisamente il vampiro in questione.
Per quanto mi é dato sapere (o perlomeno questi sono i
libri in mio possesso), Il Ciclo dei Signori delle Tenebre della scrittrice
inglese Tanith Lee é composto da tre romanzi, dedicati al Signore della Notte
(Azhrarn, appunto), al Signore della Morte (Uhlume) e al Signore delle
Illusioni (Chuz), anche se, indubitabilmente, la presenza di Azhrarn aleggia
sull'intero trittico.
Incantevole, la narrazione di Tanith Lee, nello stile
esotico e orientaleggiante delle Mille e una Notte, ambientata in un'epoca
fantastica in cui la Terra é quadrata e piatta e galleggia nel caos, popolata
di re e regine, principesse mascherate, fanciulle create dai fiori, anime
divise a metà, ermafroditi, cantastorie ciechi, maghi e vergini a cui rubare la
virtù.
Lo splendido (in tutti i sensi) Azhrarn é il Signore dei
Vazdru, i bellissimi principi demoni che vivono nella strabiliante città
sotterranea di Druhim Vanashta e rifuggono, naturalmente, dalla luce del sole.
Secondo le cronache, Azhrarn ha inventato l'amore carnale, i gatti e le
più profonde complicazioni del male, e non ci si può non appassionare alle
sue gesta, ai suoi capricci di essere superiore, al suo orgoglio, alla sua
vanità, alle sue passioni, consumate indistintamente con uomini e con donne.
Si
potrebbero fare interi inventari dei legami di Azhrarn, alcuni superficiali,
molti casuali, della durata di un anno dei mortali ma di un giorno a Druhim
Vanashta. Però l'amore ha molte case, molti paesi. Tutti durano, allora come
ora, tanto a lungo quanto la vita può vedere, sentire, pensare. Perché anche
l'amore é frutto di pensiero. Per quanto sembri che distrugga la ragione,
tuttavia nulla può mai amare se non può in qualche modo ragionare.
Ed infatti anche ad Azhrarn toccherà in sorte un grande
amore: la giovane, eterea sacerdotessa Dunizel ("anima della luna"),
figlia...di una cometa. L'ennesima rappresentazione di un'unione all'insegna
della legge degli opposti, della rondine e della sera.
Come
era strano. Il sole avrebbe potuto ridurlo in cenere e Dunizel era la figlia di
una cometa solare. Forse, non era del tutto strano.
Le scene fra loro sono tutte squisite. Dunizel, tra i
tanti amanti di Azhrarn che il lettore ha conosciuto pagina dopo pagina, pare
l'unica in grado di tenere testa alla dialettica inoppugnabile del Principe,
l'unica capace di vedere oltre la potenza oscura con cui lui é solito sottomettere
chiunque. L'unica che riesce ad agitarlo e a turbarlo.
"Io
non presto fede alla tua malvagità", disse lei. "Hai dei millenni
davanti a te. Adesso hai soltanto la malizia della tua infanzia. La tua infanzia é più saggia di qualsiasi
saggezza sulla terra. Ma giungerai ad altre cose. Durante la loro vita, tutti
gli alberi devono crescere".
L'epilogo della vicenda é tragico e poetico.
Dunizel dà ad Azhrarn una figlia, Azhriaz, ma gli uomini
della città-tempio di cui lei é sacerdotessa non accettano il suo legame con un
Signore delle Tenebre e decidono di lapidarla. Eppure niente può nuocerle,
protetta com'é dai gioielli demoniaci con cui Azhrarn l'ha adornata...Niente
tranne una piccola, minuscola goccia cristallizzata di sangue Vazdru. Una
goccia del sangue di Azhrarn, caduta tanto tempo prima, raccolta per caso
insieme ad una manciata di banale terriccio.
"La
goccia adamantina roteò e volò. La trafisse proprio sotto il seno, con una
traiettoria alta, fermandosi nel suo cuore. Vi fu una sorta di terribile
giustizia in questo. Lei cadde all' istante, senza un grido, senza neppure
mutare espressione o aprire gli occhi. Fu rapidissimo, completo. Si é detto che
forse non soffrì, nell'essere trafitta dal sangue di lui, ma provò piacere,
come un bacio stregato che uccide. O forse il dolore fu insopportabile, come se
lui stesso fosse venuto ad ammazzarla. Ma fu tutto fatto e finito
rapidamente".
Il sangue. Sempre alla fonte. Sempre all'origine e alla
fine. Alpha e omega.
Ma la storia più
bella raccontata su Azhrarn é un'altra. Una storia che ha il sapore della fiaba
e della parabola, quasi scritta apposta per chi, fra noi, del Whedonverse, ha
amato soprattutto le creature delle notte, con tutte le loro contraddizioni e
le loro ambiguità, con il sangue sulle mani, ma, inaspettatamente, anche con la
capacità di amare più profondamente di molti altri cosiddetti innocenti.
Accade infatti che un giorno, l'odio, per una serie di
avvenimenti troppo complicati da descrivere in questa sede, cominci a crescere
nel mondo. Non l'odio di sempre, ma l'Odio, qualcosa che aumenta, che si
alimenta dei cattivi pensieri e ugualmente li trasmette, in un circolo vizioso.
Prende così il via una nuova era, il Tempo dell'Odio.
Guerre, ecatombi di massa, violenza, fuoco e ferro,
ovunque. E la Terra stessa ne soffre, scatenando terremoti ed eruzioni
vulcaniche. Il mondo é prossimo all'annullamento.
Incredibilmente di questo, tranne che in un remoto
passato, Azhrarn non ha alcuna responsabilità.
Ed é terrorizzato. Perché anche una stella scura non può vivere senza un cielo che la contenga.
E se c'é qualcosa senza cui il Signore della Notte non può vivere sono gli
uomini.
Deciso a non perderli, Azhrarn sale nel regno dell'Etere,
il dominio degli Dei, dove, da un orizzonte all'altro, si estende un'enorme
distesa di scacchi di due colori, quello della profonda solitudine e quello
dell'estrema indipendenza. Gli Dei vi giacciono oziosi, in assoluta,
indifferente immobilità. Azhrarn fa loro notare che l'uomo, la loro creatura,
sta per estinguersi...Non muoveranno un dito? Non lo salveranno?
Gli dei gli rispondono che non hanno intenzione di
correggere il loro più grande errore.
"Se
desideri che l'uomo si salvi, Demone, dovrai farlo tu. Perché noi non lo
faremo".
Azhrarn torna sconfitto alla città dei Demoni. Si reca
malinconico sulle rive del Fiume del Sonno, dove i principi Vazdru
solevano andare a caccia delle anime
dei sognatori: adesso, nell'era dell'Odio, nessuno più sogna e quindi anziché
l'anima di un dormiente, vi trova quella di un defunto. Sivesh, un tempo -
molto tempo prima - amato e poi allontanato da Azhrarn e rimasto incatenato
alla dimensione dei vivi a causa della passione mai sopita per il suo Signore.
"Il
mondo sta per finire", gli disse l'anima del suo amante morto. "Ma di
tutte le cose del mondo, tu sei tutto quello che amo. Sono venuto a vedere se
salverai il mondo o lo lascerai morire. Infatti la morte del mondo é la tua
morte, Azhrarn. Anche se tu vivessi due milioni di volte un milione di anni,
senza la Terra tu saresti morto, vagheresti come faccio io, e saresti morto
come lo sono io e inutile".
Così Azhrarn va a cercare la fonte dell'Odio. Lui, come
demone, può scorgerne la forma, comunicarci come se fosse un essere senziente.
Si reca a fronteggiarlo armato...di un fiore. L'ultimo fiore cresciuto sulla
terra, dai petali azzurri e viola, i colori classificati dai saggi come i
colori dell'amore. Mentre l'Odio lo tenta offrendogli il male e il potere su
quanto rimane del mondo, Azhrarn pianta il fiore, che immediatamente diviene un
albero, e tranquillo e silenzioso, si appoggia al suo tronco, in attesa.
Troppo tardi l'Odio comprende cosa il Principe stia
aspettando.
L'alba.
"Ah,
ma questa é una sciocchezza!", disse l'Odio tremando. "Ti stai
immolando in sacrificio...ma cos'é il mondo per te? Lascia che finisca. Ce ne saranno altri.
Gli
Inferi sono freschi e ombrosi. Non puoi amare tanto la Terra da sacrificare la
tua vita eterna!".
Ma
Azhrarn era immobile, come lo erano stati la roccia e il cielo. Fissò diritto
il sole, come fa ancora l'aquila, in memoria del suo sguardo.
Il sole sorge e l'agonia di Azhrarn é tremenda. La luce
lo consuma e la sua cenere viene spazzata via dal vento, nella gola dell'Odio.
L'Odio
non poté sopportarlo: si cibava di odio e ora per forza doveva cibarsi d'amore,
e l'amore lo soffocò. Anche l'amore di Azhrarn, il più malvagio dei malvagi,
l'amore di un Demone per una terra a cui nessun Dio - essendo gli Dei superiori
a certe cose - teneva più. Ci fu un'esplosione di mille luci e tuoni mentre
l'amore del Demone per la Terra distruggeva l'Odio, così come il sole aveva
distrutto Azhrarn.
L'Odio
era morto e anche il Demone era perito. Ora poteva esservi un'età di assoluta
innocenza.
Durante questa lunga età dell'Innocenza, la città di
Druihm Vanashta é in lutto, privata del suo magnifico sovrano. I Principi
Vazdru sono addolorati e oltraggiati all'idea che il genere umano, per cui il
loro Signore si é sacrificato, non ricordi più il nome di colui che ha salvato
la Terra.
Ad una demonessa, Jaseve (creata dallo stesso Azhrarn in
un lontano passato) capita di sognare il luogo, metà nel mondo, metà fuori dal
mondo, dove é morto l'Odio e dove cresce un enorme albero dai fiori color
cenere. Jaseve si mette alla ricerca di questo luogo e dopo lunghe peregrinazioni,
finalmente lo scova e porta l'albero nel mondo reale, piantandolo in una fitta
ed antica foresta.
Sul limitare di quest'antica foresta, vive un fattore,
con sette bellissime giovani figlie, Flotta, Fiamma, Spuma, Ventaglio, Fontana,
Favore e Bella. Tutte vergini, ovviamente, dato che si é nell'Età
dell'Innocenza.
Con maestrìa demoniaca, notte dopo notte, Jaseve attira
le sette sorelle verso la foresta e verso l'albero. Le giovani vi danzano
intorno sino ad addormentarsi e mentre dormono Jaseve libera il vento dell'est,
che scuote l'albero facendo cadere la cenere grigia ,che colorava i fiori viola
e azzurri, sulle sette fanciulle. Ognuna di loro geme nel sonno.
E qualche mese dopo, il risultato di quella strana notte,
é evidente per tutti: le sette figlie vergini del fattore sono incinte.
L'ultimo
giorno del settimo mese, il sole tramontò ed ognuna delle sette sorelle gridò e
cadde sul suo letto. Per sette ore si udirono numerose urla. Nell'ultimo minuto
della settima ora, ognuna delle sette sorelle emise un urlo di trionfo.
La
vecchia serva di casa commentò: "Dichiaro che mai in tutta la mia lunga
vita, che sicuramente é stata accorciata da questo evento, ho visto una cosa
simile. Flotta ha partorito un braccio di bambino, Fiamma un altro braccino, e che
io cada morta a terra se Spuma non ha dato alla luce una gambina e Ventaglio
un'altra gambetta, mentre la povera Fontana un torace intero, e Favore il
capo".
"E
Bella?", gemette il padre.
"Beh",
disse la serva saggiamente, "non
so dire cosa abbia dato alla vita Bella, ma puoi star tranquillo che é
vigoroso e forte".
Riuniti insieme, i "pezzi" vanno a formare un
bambino vivo e sano, che con somma stupore di tutti, cresce a velocità
impressionante.
Fino a che...
Ora vi
era un uomo steso sul lenzuolo. Pareva fatto di luce scura ed era radiosamente
bello, e il suo corpo nudo pareva quello di un dio, o almeno quello che le
donne immaginavano dovesse essere il corpo di un dio, ed esse rabbrividirono di
meraviglia chine su di lui. Il suo volto addormentato le aveva fatte
ammutolire.
Bruscamente
Bella, la più giovane delle sette sorelle, si avvicinò furtivamente alla
finestra, e a oriente vide una sola spada gialla, il segno dell'arrivo del
sole. Senza sapere perché, si affrettò ad avvicinarsi al bellissimo uomo e
inginocchiata accanto a lui, gli baciò la bocca e bisbigliò: "Azhrarn,
svegliati! Il sole sta per sorgere e tu devi tornare al tuo regno!".
Allora
le palpebre dell'uomo si mossero e due fuochi scuri arsero improvvisamente tra
le ciglia, ed egli sorrise e toccò le labbra di Bella con le dita fresche. Poi
sparì.
La
stanza si riempì di urla, mentre un'aquila nera si librava verso il cielo e
sbattendo le enormi ali svaniva senza lasciare traccia.
Pochi
istanti più tardi sorse un bel sole.
Ma
ormai l'età dell'Innocenza era passata.
Già, già...Perché Azhrarn "il Bello", Principe
dei Demoni, é ritornato.
E per fortuna.
Perché cosa sarebbe il mondo, cosa sarebbero le storie o
i sogni e le fantasie...senza principi in nero?
Franca B.
NB. I brani riprodotti provengono da "Il Signore
della Notte", "Il Signore della Morte" e "Il Signore delle
Illusioni" di Tanith Lee, pubblicati nell'antologia "Storie di
Diavoli", edita dalla Newton Compton.