Lilith: quando il demone è donna
di FranzJoseph

31 Marzo 2004

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Il romanzo di Bram Stoker ha introdotto per la prima volta la figura del vampiro “urbanizzato” ma non è da trascurare anche il lavoro di trasformazione che ha fatto con le donne, in particolare con Lucy, la quale dalla passiva posizione di donna angelo, quella di tutti i romanzi gotici, è passata a quella di demone assetato di sangue soprattutto infantile. Si tratta di una rivoluzione nell’ambito letterario ma, contemporaneamente, possiamo parlare anche di un percorso a ritroso con la conseguente scoperta di una figura mitica che è giunta fino a noi passando attraverso successive elaborazioni soprattutto appartenenti all’ambito del fiabesco. L’infanzia di Bram Stoker è stata fortemente segnata dalle fiabe e dalle leggende raccontategli dalla madre, inoltre anche lui ha scritto testi destinati ad un pubblico infantile, testi in cui si parla di morte e di orrore accanto a preziose virtù cristiane.
Le rappresentazioni mitiche del femminile sono strettamente legate alle bipolarità delle rappresentazioni infantili della donna, intesa come colei che nutre e ama ma anche come colei che può uccidere e usare il prossimo come nutrimento.
Le prime testimonianze archeologiche e testuali sull’esistenza di divinità femminili malevole le abbiamo proprio nella “culla” della civiltà: in Mesopotamia, regione dell’Iraq situata tra i deserti dell’Arabia e le montagne della Persia. È percorsa dai fiumi Tigri ed Eufrate. Circa nel 4000 a.C., quando le prime popolazioni si spostavano dall’Asia verso Ovest, l’abbondanza d’acqua data dai fiumi e la fertilità del terreno favorirono la nascita della civiltà Sumerica. Intorno al 2000 a.C. i Sumeri si unirono alla vicina tribù degli Amorrei dando vita all’Impero Babilonese. I primi invasori furono gli Ittiti che giunsero dalla Turchia, che furono sconfitti dagli Assiri provenienti dall’est che conquistarono la Siria e la Palestina. Babilonesi ed ebrei cercarono l’aiuto di altri popoli vicini, i Persiani, che riuscirono a vincere gli Assiri e unirono la Mesopotamia all’impero Persiano. Due secoli più tardi sarà Alessandro Magno a sottomettere l’impero Persiano.
In questa civiltà il Pantheon è presieduto dal dio del cielo An (accadico Anu) che sovrintende alle stagioni indicate dalle stelle. Al suo fianco siedono Enki (accadico Ea) che è il dio delle acque dolci e della discendenza dell’uomo; Ninhursang è la dea del suolo e delle bestie e della nascita; Enlil invece è il dio dei venti e dell’agricoltura. Enlil genererà il dio della Luna, da cui discenderà il dio del Sole, e il dio della pioggia che genererà la dea Inanna (accadico Ishtar) dea dell’amore e della guerra.
Accanto a queste divinità “benevole” esistevano alcune schiere di demoni ritratti in forma ibrida con alcune parti umane e altre animali, la loro origine mitologica non ci è pervenuta dai reperti archeologici il che fa supporre che si trattasse di entità di minore importanza che hanno fatto “arrabbiare” gli dei principali e da cui sono state punite come nel caso della Lamashtu che fu considerata da An troppo malvagia per abitare il regno dei cieli, mentre Lilitu e l’Ardat Lili compaiono già come serve di una divinità femminile che regnava nelle tenebre dell’oltretomba e per esorcizzarle le donne praticavano la prostituzione sacra (intesa come celebrazione della vita) offrendo i guadagni al tempio.
E sono proprio questi demoni ad essere accusati di vampirismo e lussuria, il demone maschile Lilu (presso i sumeri Lil) approfittava delle donne durante il sonno, Lilitu e l’Ardat Lili invece erano demoni femminili che approfittavano del corpo degli uomini senza rimanere fecondate e lasciandoli insoddisfatti e malati, sono ritratte con le caratteristiche di pericolosi animali quali le pantere e i serpenti e compaiono in numerose litanie insieme ad altri demoni che causavano patologie di vario tipo, il che lascia supporre che il loro scopo principale fosse distruggere le famiglie impossessandosi di uno dei membri, in particolare l’uomo che non poteva così più lavorare.
La Lamashtu invece agiva sulle donne interrompendone la gravidanza o uccidendone i neonati, si manifestava sotto forma di succubo o di febbre perniciosa, l’iconografia la rappresenta come una donna nuda con le membra inferiori che terminano ad artiglio d’uccello, testa e orecchie di leonessa o, talvolta, d’avvoltoio. È il peggiore di tutti i demoni della Mesopotamia non solo attacca le puerpere uccidendone la prole ma aggredisce anche gli uomini nutrendosi del loro sangue.
Se ne deduce, quindi, che non si può parlare di una Lilith mesopotamica ma di più entità maligne che venivano a turbare l’equilibrio familiare provocando piaceri infecondi e conseguente spossatezza soprattutto durante il sonno notturno e nella siesta pomeridiana, spesso erano associati al vento del sud-ovest, un vento caldo proveniente dai deserti dell’Arabia che salendo verso nord influiva negativamente sul clima e spesso causava decessi dopo un periodo di prostrazione.
Agendo come gli incubi e i succubi solevano appoggiarsi sul torace delle vittime ostacolandone la respirazione ed eccitandone i sensi, qualora la vittima si accorgeva dell’inganno non era in grado di sottrarvisi e il suo organismo ne usciva terribilmente debilitato e, considerato il timore che le popolazioni mesopotamiche avevano delle malattie, è ovvio che le associassero alle creature malvagie e che ideassero diversi rituali esorcistici in assenza di adeguate terapie.
Le schiere di demoni notturni della Mesopotamia (escludendo il maschile Lilu) vengono, presso gli ebrei (i cui progenitori - tribù agropastorali di lingua aramaica - vissero in Mesopotamia, assimilando alcuni elementi delle locali mitologie, intorno al secondo millennio a.C. fin verso il 1760 quando un gruppo di loro si stabilirono nella terra di Canaan, dove adottarono anche la lingua locale: l’ebraico) ad essere indicati col solo nome di Lilith che troviamo citata una sola volta nell’Antico Testamento ma più spesso negli ebraici Talmud (il commento ai testi biblici) e Libro degli Splendori (un testo che spiega i significati mistici di quanto scritto nella Bibbia).
Le caratteristiche fisiche della Lilith ebraica sono i lunghi capelli, rimane la presenza di ali (anche se probabilmente si tratta di un’elaborazione successiva per avvicinarla alla schiera dei demoni), la predilezione per la notte e, ovviamente, la lussuria e la sete di sangue di bambini.
In testi non canonici o dottrinali Lilith compare subito come prima compagna di Adamo, anche lei plasmata da materiale fangoso, non lo stesso che servì per l’uomo, ma sozzura. Per soddisfare la sua solitudine ed impedire abominevoli accoppiamenti con animali che sarebbero stati infruttuosi (riferendosi probabilmente alla divinità babilonese Enkidu che prima di conoscere la sua compagna pare avesse un certo debole per le gazzelle), Lilith e Adamo furono creati il sesto giorno, insieme ai rettili e alle anime dei demoni (il cui corpo però non fu creato) e l’aspetto della donna non è definito, il Libro degli splendori riferisce che Lilith è una creatura coperta di sangue e di saliva rendendola inevitabilmente più simile ad un Demone che a una donna, quindi incompiuta.
Quando si trattò di consumare il primo rapporto sessuale ovviamente fu un’esplosione di sensazioni estatiche per entrambi ma quando Lilith cominciò a dimostrarsi insofferente per la posizione che Dio aveva imposto (la donna sotto e l’uomo sopra) l’idillio fra i due finì, Adamo voleva imporre la sua superiorità, in quanto uomo, nei confronti della donna che doveva stendersi sotto di lui e Lilith fuggì nel Mar Rosso.
Dio, vedendo di nuovo l’uomo solo, tentò di richiamarla ma lei espresse di nuovo il suo rifiuto. Il secondo tentativo di Dio per dissuaderla fu quello di mandare tre angeli che la trovarono fra le acque circondata dagli altri demoni (secondo la tradizione ebraica nell’acqua si annidano le creature del male) e cosciente di essere una di loro, essi la minacciarono di morte se non fosse tornata dal suo sposo ma Lilith astutamente li dissuase rivendicando l’incarico affidatole da Dio stesso della custodia dei bambini maschi fino all’ottavo giorno di vita e delle femmine fino ai vent’anni d’età.
Gli Angeli tornano sconfitti in paradiso e Dio si vendica con Lilith uccidendole le centinaia di demoni (Lilim) che generava accoppiandosi con le creature del Mar Rosso. A tale affronto lei risponde aggirandosi nottetempo nelle contrade, orientandosi presso i crocicchi, per cercare e strangolare i neonati (a meno che non siano protetti da talismani recanti i nomi degli angeli che le erano apparsi) e per sorprendere gli uomini durante il sonno sfinendoli fino alla morte con abominevoli amplessi.
Ad Adamo fu data una nuova donna, Eva, della quale Lilith era gelosissima e cui uccise buona parte della prole, ed alcune versioni vogliono che fosse lei il serpente che la indusse a disobbedire all’uomo cogliendo il frutto proibito.
Per gli Ebrei Lilith passerà definitivamente al rango di Demone femminile raffigurata come donna il cui corpo termina in una coda di serpente. Nell’Antico Testamento i riferimenti a Lilith sono veramente molto pochi, probabilmente ad opera delle successive riscritture a scopo dottrinale e sacerdotale volte ad esaltare l’obbedienza che la donna deve dimostrare nei confronti dell’uomo, la citazione più esplicita si trova in Isaia 34,14: “I gatti selvatici si incontreranno con le iene, e I satiri si chiameranno l’un l’altro; vi farà sosta anche Lilith e vi troverà tranquilla dimora.” In questo testo è avvicinata agli animali predatori ricordando anche la sua parentela con gli uccelli notturni il cui urlo inquieta chi lo ascolta, infatti, quando Dio uccise il figli di Lilith, nella notte echeggiarono per molto tempo i suoi lamenti disperati.
Secondo la tarda iconografia cristiana Lilith governa l’inferno, ha l’aspetto di una donna nuda estremamente bella, ha i capelli blu e gli occhi rossi, la pelle è di un colore grigio argenteo; comanda le schiere di succubi e gli amplessi con lei portano alla follia.
La vendetta di Lilith nei confronti di Dio e di Eva, consistente nell’uccisione dei bambini, presto divenne uno spauracchio nei confronti di madri negligenti e di bambini disobbedienti, e tramandato in forma orale e poi scritta nelle fiabe e nei racconti popolari. Il riferimento a Lilith lo troviamo in tutte le matrigne come quella di Biancaneve (che non lesina certo a chiedere sangue e cuore della povera ragazza che abbandona nel bosco), nelle streghe che aspettano, in tuguri di marzapane nascosti nel bosco, l’arrivo di teneri piccoli visitatori di cui cibarsi, ma è anche la fanciulla che astutamente elimina la dama su cui il suo uomo ha messo gli occhi e le Carteriane donne che, rinunciano alle convenzioni e giacciono coi lupi perché magari è meglio.
Inutile dire che anche la letteratura destinata ad un pubblico adulto ha fatto suo proprio questo mito accentuandone la pericolosità nei confronti degli uomini, in particolare nell’età Romantica. Nel Faust di Goethe incontriamo Lilith nella notte di Valpurga:
FAUST: ma quella chi è?
MEFISTOFELE: quella è Lilith
FAUST: Chi?
MEFISTOFELE: La prima moglie di Adamo,
Sta in guardia dai suoi bei capelli
Da quello splendore che solo la veste.
Fai che abbia avvinto un giovane con quelli,
E ce ne vuole prima che lo lasci.

Questo simbolismo dei capelli è presente nel folclore Tzigano dove Lilith è chiamata Lilyi, i suoi capelli penetrano nella carne dello sventurato amante dilaniandolo e assorbendone il sangue. Sempre di Goethe è “La nuova Melusina”, una riscrittura della fiaba della donna serpente che diventa, però, uno gnomo di sesso femminile conservando le caratteristiche seduttive.
In Francia abbiamo la Cecily dei Misteri di Parigi scritto da Eugene Sue:
“...Questa grande creola a volte slanciata e polposa, vigorosa e flessuosa come una pantera, era l’incarnazione della sensualità bruciante che s’accende solo al calore dei tropici. Tutti hanno sentito parlare di queste fanciulle di colore per poi aggiungere Mortali agli Europei, di queste vampire incantatrici che, snervano le loro vittime con amplessi terribili, succhiano fino all’ultima goccia d’oro e di sangue, e non gli lasciano altro, secondo l’espressione del paese, che le sue lacrime da bere e il suo cuore da rodere.”
Della stessa opinione era sembrato Gautier nel Fortunio quando parlava delle Giavanesi che bevono un uomo europeo in tre settimane. Vittime della discendenza di Lilith sono anche i poeti maledetti come Baudelaire e Rimbau; ed anche Rudyard Kipling, dopo aver visto il quadro del Burne Jones, ha fatto proprio il mito di Lilith nella poesia “Il Vampiro”.
La manifestazione letteraria più interessante l’abbiamo, però, in Italia con Primo Levi in “Lilith e altri racconti”, anche se lo scrittore italiano è conosciuto prevalentemente per il romanzo “Se questo è un uomo”. Anche in questo caso, come capita per la maggior parte degli scritti vampirici degli scrittori italiani di pregio, se ne parla poco e se ne pubblica meno; anche Lilith comunque è ambientato in un campo di concentramento nazista:
“Lilith abita precisamente nel Mar Rosso, ma tutte le notti si leva in volo, gira per il mondo, fruscia contro i vetri delle case dove ci sono dei bambini appena nati e cerca di soffocarli. (...) Altre volte entra in corpo a un uomo e l’uomo diventa spiritato. (...) Poi c’è la storia del seme. È golosa di seme d’uomo, e sta sempre in agguato dove il seme può andare sparso: specialmente fra le lenzuola. Tutto il seme che non va a finire nella matrice della moglie è suo: tutto il seme che ogni uomo ha sprecato nella sua vita per sogni o vizio o adulterio.
Ma qui viene il bello: Dio è rimasto solo; come succede a tanti, non ha saputo resistere alla tentazione e si è preso un’amante: sai chi? Lei Lilith, la diavolessa, e questo è stato uno scandalo inaudito. (...) Devi sapere che questa tresca indecente non è finita e non finirà tanto presto: per un verso è causa del male che avviene sulla terra; per un altro verso è il suo effetto. Finchè Dio continuerà a peccare con Lilith sulla terra ci saranno sangue e dolore (...).”
La nostra Lilith, nelle sue peregrinazioni notturne ha ormai lasciato testimonianze in moltissimi ambiti narrativi, compaiono apparizioni fugaci nella musica, nei fumetti e nei moderni romanzi di Anne Rice che ha rinvigorito l’origine tutta femminile del mito vampirico; da una molteplicità di divinità ambigue, Lilith è fuggita dalla tradizione religiosa per entrare a far parte del nostro patrimonio folclorico - immaginativo, diventando il simbolo della madre snaturata e dell’amante perversa e non cesserà mai di tormentare, col suo fascino irresistibile, i sogni di coloro che si trovano sul suo cammino.

A cura di Franz Joseph