Commenti e riflessioni sulla "DONNA IN CATENE" (F.Bersanetti)

Spunti di riflessioni da “Lux libera nos” di FranzJoseph


19 Aprile 2004

Eschilo, dopo una vita passata a scrivere grandi tragedie, volle che sulla sua lapide fosse riportato il suo valore nel difendere la patria a Maratona, come unica cosa di cui gloriarsi. Io, che non scriverò mai grandi tragedie (e che non ho ancora intenzione di pensare al mio epitaffio), mi permetto spesso di gloriarmi di aver visto nascere -o quasi- quello, che nonostante la sua natura letteraria, è da tempo entrato nel Pantheon dei miei serial preferiti. La Donna In Catene.
Ricordo ancora quando mi giunse la prima parte e come fui subito colpito, impressionato e preso d'ammirazione per le righe dell'incipit, pezzo di una tecnica e di una potenza rare, netto ed incisivo come una epigrafe. Poi elogiai l'idea di questa saga, la fedele lettura del canone narrato da un nuovo punto di vista, colpito soprattutto da un aspetto "tecnico" senza poter neppure lontanamente immaginare il profluvio di emozioni e di stupore che mi avrebbe donato.
I mesi sono passati, ma l'entusiasmo, la curiosità e l'ammirazione per La Donna In Catene non sono mai venuti meno. Anche quando c'era qualcosa che non capivo, qualcosa che magari mi lasciava perplesso, non potevo mai non ammettere che quelle che leggevo non erano semplici parole. Erano emozioni rese visibili con i convenzionali segni del nostro alfabeto.
Chi mi conosce sa che molto, molto raramente la parte emotiva di una storia riesce ad appassionarmi: nove volte su dieci a mio gusto trovo che la rappresentazione dei sentimenti scivoli nel "melenso". Qui mai. Leggendo sempre, ancora prima di formulare un giudizio razionale, ancora prima di iniziare a decodificare, analizzare, incasellare e "dissezionare" un testo, con i nevrotici bisturi dello pseudocritico, venivo ammaliato dalla profondità e dall'estrema “realtà” (termine che potrebbe apparentemente apparire fuori luogo per una narrazione di genere fantastico) dei personaggi, delle loro psicologie e delle loro passioni.
Ma, al pari della rappresentazione dei sentimenti, io ho sempre trovato sia ammirevole e mi sono sempre entusiasmato per il sottile, garbato e quasi nascosto umorismo che l’Autrice instilla, umorismo che nasce in primo luogo dalle situazioni, secondo quella che a me pare la più pura osservazione del "sentimento del contrario", giusto per citare Bergson. Non tanto -o non solo- nella battuta puramente e chiaramente divertente quanto nel delicato e trattenuto sorriso che aleggia su certi momenti: Chains che rimprovera Darla perchè le beve i locandieri da cui vive, Maurice che discute di tonalità di maglioni con Angel, in questo episodio la dimessa ironia con cui Angel commenta la sua vita ("Dio del cielo...Un altro bel dono che ho lasciato in dote alla società..." oppure "Ah ... un masochista ... E' davvero sangue del mio sangue.") e tratteggia i sentimenti che lui e Chains provano o in talune circostanze che appaiono paradossalmente divertenti, come i problemi di due vampiri schiacciati dalla folla dei turisti o stretti in un'utilitaria.
Ma, parlando di sottile umorismo, non si può tacere dell'adorato e delizioso Maurice, che fin dalla sua prima apparizione, quando prendeva in giro Chians ("avverto dell'acidità in te... Che c'è ? Ti sei bevuta una zitella ?") ci ha deliziato sempre con le sue girandole scoppiettanti di paradossi e battute, dietro le quali far brillare verità e dolcezza. Perchè, come abbiamo appreso, egli è la versione "morbida" di Chains, quasi il fratello maggiore sensato e paziente che si diverte sicuramente a vedere cosa combina quella buffa e scervellata sorellina, ma che non fa mai mancare il suo sostegno e la sua presenza quando ce n'è bisogno. Maurice, che già alla prima comparsa, tra un lazzo e una battuta, quasi senza dargli importanza rivelava una grandi verità della vita di Chains: "Tu ... Tu stessa hai forgiato la tua catena". Mi accarezzò delicatamente una guancia. "E solo tu puoi decidere se trattenerlo o se lasciarlo andare"."
Perchè l’Autrice ha il dono raro e perfetto della sintesi, giacchè è di pochi aver la mano leggera capace di far dire molto in poche parole: se non mi trattenessi potrei dire che in lei cova neppure troppo latente un'attenta vena epigrammatica. Sparse per tutta la saga (o il serial ?) si trovano piccole e brillanti stelle di verità, da tenere a mente e ripetersi magari nell'incombenze quotidiane, come gli astri erano bussole per i naviganti. Qui, per i miei gusti, ho trovato magnificamente illuminante una riflessione di Chains. "E' il guaio della storia. E' come un filtro sporco. Lascia passare solo certi particolari e quasi tutte le verità si accumulano, ignorate, sui bordi." Ma si sa, da tutti i grandi telefilm si carpiscono grandi quotes. Questo, com’è chiaro, non è il solito commento che sono uso a scrivere per il motivo sopraccitato: perchè non ho voglia di analizzare il cambio di prospettiva da Chains ad Angel, oppure i toni estremamente pittorici con cui vengono descritti tutti gli ambienti, con sapiente pennellate che rendono in breve anche la “dimensione morale” di un particolare personaggio o di un suo stato d’animo. (Già, perché si potrebbe discutere a lungo, e con abbondanza di citazioni, di come spesso all’umore e al personaggio in questa saga si ricolleghi, completandolo, il luogo che lo circonda.)
No, tutto questo un'altra volta. Ora voglio solo godermi il sentimento, il pathos, l'amore (perchè è vero che l’Autrice sa descrivere l'amore, Cielo, com'è vero !), voglio solo bearmi di ciò che nel mio animo (e in tutti coloro che leggono le sue parole) produce la mente e il cuore di questa fanciulla. Con cui talvolta posso anche dissentire per opinioni ma che non mi ha mai lasciato indifferente e che con la “sua” Chains ha sempre destato la mia invidia. Sì, perché darei la mano e l'occhio destro per poter essere capace anch'io far smuovere tante sensazioni nell'anima di coloro che mi leggono. Perchè anch'io vorrei smodatamente saper accordare le parole come fa lei producendo la più dolce delle armonie.
A Franca, novella Orfeo delle parole, che rende reali i sentimenti.

Franz Joseph