Favola in Nero ovvero la Perdita dell’Innocenza.di Carmilla

16 Febbraio 2004

Qualche tempo fa, su uno dei forum che frequento è stato proposto un sondaggio.
Non molto originale per la verità e, per chi è abituato a girellare per la Rete, risulta facile imbattersi in queste “pagelle”.
La domanda era: “Chi è il miglior ‘cattivo’ in assoluto in BTVS?”
Venivano offerte varie opzioni: Il Sindaco Wilkins, La Troika, Angelus, VampWillow, Glory,
Adam, Il Maestro e così via…
Tutto nella regola, dunque.
Se non fosse che avevo da poco terminato la lettura di alcuni capitoli di Favola in Nero di Franca
Bersanetti e Rogiari.
Il dito pronto a premere “send” si è fermato.
E, forse per una delle poche volte nella mia forumsiana vita ho deciso di andare off-topic.
E invece di votare ho deciso di scrivere questo breve messaggio:

“In controtendenza io voto..Buffy.
Perché la sua gentilezza (quando è gentile) è letale.
E perché la sua pietà uccide.”

Avranno pensato ad un attacco di follia.
Ma io ero seria.
Molto seria.
Favola in Nero è un viaggio.
Il viaggio di una ragazza speciale.
Dei suoi amici speciali.
Dei suoi nemici speciali.
Con una scrittura lucida, tesa, senza la minima sbavatura Rogiari e Bersanetti (che da questo momento chiamerò R&B per motivi di comodità (ed anche perché mi piace) mi hanno condotto per mano all’interno di un mondo solo apparentemente normale.
Dai contorni sfumati, chiaroscurali, che spesso avvince il lettore.
E che, altrettanto spesso, disturba.
Ha disturbato me poiché leggevo di una vita non come DOVEVA essere ma di come ERA.
E mi ha avvinto, perché si dice che spesso la vita non è giusta.
Ma è la VITA.
Assurdamente, e so che dirlo può farmi apparire una sorta di eretica, di apostata del Whedon-verse, io non avevo apprezzato la Buffy Televisiva. Non per le doti interpretative o per una mia personale antipatia nei confronti dell’attrice che interpretava il ruolo, bensì per il personaggio in sé.
Lo trovavo troppo…semplicistico in alcuni momenti.
E improvvisamente mi ritrovo a leggere una storia così.
Gesù, da restarci SECCHI.
E mano a mano che continuavo la lettura si sviluppava in me la convinzione che, se particolare cura delle due autrici doveva essere stata posta nel descrivere questo percorso di un’anima, i maggiori problemi e di per contro le più grandi soddisfazioni venivano proprio da come erano riuscite a rendere questo personaggio femminile così acerbo. Così difficile.
Chi scrive finisce sempre con lo sviluppare un’affezione particolare per un personaggio.
Ci si “specializza” quasi.
E’ naturale.
E’ umano.
Conoscendo (ed apprezzando) la produzione delle due scrittrici avevo ovviamente i mezzi per capire a chi fossero rivolte queste simpatie.
L’oscurità ammaliante di Angel/Angelus di Franca.
La vibrante vitalità del Rogiariano Spike.
Eppure, ne sono personalmente convinta, in Favola il lavoro più duro, più complesso, più letterario (nell’accezione comune del termine) era su Buffy.
E’ facile scrivere di ciò che piace.
Ma rendere Reale quello che in origine era solo VERISIMILE bè..ci vuole qualcosa in più.

Qualcosa.

C’è una breve dialogo che a mio parere riassume questa saga:

Quando fu tutto finito, Spike glielo chiese, mentre Buffy era sotto la doccia.
“Perché…non l’hai assaggiata? La bambina non aspettava altro”
Angelus, nudo e rilassato, si stese sul letto per tutta la sua lunghezza.
“Io non sono definito da un paio di denti, amico”.

E Favola e i suoi personaggi, non possono essere DEFINITI alla prima lettura.
E neppure alla seconda.

Forse alla centesima……

Carmilla