PER UNA SERA, SOLO PER UNA SERA

AUTRICE:BUFF4EVER80

Guardandosi allo specchio, Buffy si scoprì ansiosa. Le mani le tremavano e le gambe la reggevano a stento. Lo stomaco aveva chiaramente ingaggiato una lotta con il resto del suo corpo e, dai rumori che stava facendo, sembrava anche che stesse vincendo.

Forse avrebbe fatto meglio a lasciar perdere tutto. Avrebbe dovuto svestirsi, infilarsi il pigiama e dormire. Dormire fino a che il sole non fosse sorto, cancellando quella serata, che non aveva senso di esistere. Era la decisione più giusta.

Non si sarebbe scatenata l’apocalisse, se per una sera, solo per una sera, avesse saltato la ronda. Giusto?

Ma se poi non fosse uscita, avrebbe significato dare un valore a quel giorno particolare.

E non lo aveva.

No, decisamente no.

Nessun valore.

Forse avrebbe fatto meglio ad andare a caccia e dimostrare a tutti che quella era una sera come tante.

Si, avrebbe fatto così!

Buffy, annuì vigorosamente davanti allo specchio, soddisfatta del compresso a cui la sua mente era arrivata. Poi osservò il vestito che stava indossando e storse la bocca.

Ma quel vestito le piaceva sul serio?

Si spogliò velocemente, gettando nel mucchio l’abito rosa, e indossò una gonna longhette nera stretta sui fianchi, con un lungo spacco sul ginocchio, ed una camicia nera semitrasparente.

Di nuovo.

“La prima scelta è sempre la migliore!” pensò mentre lasciava qualche bottone strategicamente aperto. Si bloccò. E se, poi, lui si fosse fatto qualche strana idea? Se avesse pensato che dietro quel suo abbigliamento ci fosse un secondo fine?

Forse una maglietta più castigata sarebbe andata meglio.

Poi si ricordò di aver già fatto quel pensiero, all’incirca un ora prima quando aveva provato quello stesso completo per la quarta volta e si era resa conto che la camicia nera semitrasparente era l’indumento più castigato che avesse nel guardaroba. Si maledì di non aver accompagnato Anya a fare shopping. Avrebbe potuto comprare anche lei qualcosa di adatto all’occasione.

Alt…lei non aveva nessuna occasione. Da dove le era venuta quella parola?

Era una sera come tante, punto e basta. Una serata di ronda. Non era un appuntamento.

No, decisamente no.

Era solo un vedersi casualmente, allo stesso posto, allo stesso orario. Era semplicemente questo.

E nulla significava che il luogo in questione fosse casa sua.

Lui non stava andando a prenderla per portarla fuori e quello non era un appuntamento.

Niente romanticherie, solo lavoro.

Come sempre.

Buffy sospirò rassegnata.

Forse avrebbe dovuto indossare i pantaloni di pelle?

“Meglio di no. Mi fanno cattiva ragazza e so bene come lui reagisce al solo pensiero !” si disse, mentre alzava e abbassava le gambe alternativamente per scegliere la scarpa più adatta da indossare.

Dopo mezz’ora di quello strano balletto, quando ormai i muscoli cominciavano a dolerle, optò per il decoltè nero a punta tonda e tacco alto. Sorrise allo specchio, appagata della scelta.

Quelle scarpe erano decisamente più appropriate del decoltè nero a punta quadrata e tacco alto.

Ecco la riprova che per lei quello non era un appuntamento. Aveva impiegato solo due ore e mezza per scegliere cosa indossare. In pratica aveva presa la prima cosa che le era capitato sotto mano.

E, forse, non sarebbe scesa nemmeno “molto” in ritardo a dimostrazione ulteriore che realmente quella serata non aveva alcun significato.

Ma se poi lui l’avesse trovata poco curata?

Il panico, che da quel pomeriggio la tormentava, tornò farsi sentire. Buffy si precipitò verso la scrivania dove vi era appoggiato un sacchetto di carta e cominciò a soffiarvi dentro. Il respiro si placò ed il cuore riprese il normale battito “accelerato” che aveva dalla mattina, ma che nulla aveva a che fare con quella serata.

No. Assolutamente niente.

Era normale per lei soffrire di tachicardia qualche volta.

E nulla centrava che tutto era cominciato quando lui le aveva espressamente chiesto di uscire per una ronda con un tono di voce che faceva pensare a tutt’altro.

Era un puro caso che il battito aumentasse ogni qualvolta pensasse ai suoi occhi, alla sua bocca…al suo corpo. Il cuore accelerò ancora una volta la sua corsa. Buffy tornò a soffiare nella busta.

Ma poi di cosa si preoccupava?

In fin dei conti ricordava bene l’effetto che aveva avuto l’ultima volta quella camicia. Lui le aveva dimostrato di apprezzare e anche molto.

Ma molto molto.

Non che le interessasse.

Nessun interesse per Buffy.

No, assolutamente no.

Semplicemente non voleva sembrare sciatta. Ecco era solo questo. Era una semplice attenzione per il proprio aspetto. A proposito di questo, doveva truccarsi. Sembrava decisamente pallida ed emaciata.

Stanca.

Sembrava che tutte le preoccupazioni di quei mesi le si fossero manifestate sul viso. Attraverso ogni piccola ruga Buffy riusciva a vedere le bollette da pagare, la casa da pulire, la cleptomania della sorella, l’assistente sociale, Willow e la sua dipendenza dalla magia. Attraverso la pelle rovinata riusciva a sentire quel puzzo continuo di fritto e di hamburger che, per altro, le aveva tolto definitivamente l’appetito con il conseguente dimagrimento di altri cinque chili, che di certo non aiutava il suo colorito o le sue forme già scheletriche. E per quanto ci provasse, il correttore, il fondotinta o il fard non potevano restituirle il riposo di cui aveva estremamente bisogno.

Buffy pensò che un rossetto più acceso avrebbe potuto almeno distogliere l’attenzione dalle occhiaie. Scelse, tra la sua ormai scarna collezione, uno lipgloss rosso passione. Lo passò sulle labbra e, sporgendole all’infuori, mimò un bacio allo specchio.

Si, così poteva andare.

Con quel colore, nel momento in cui avrebbe messo il broncio, lui sarebbe impazzito.

Non che lei lo volesse. Chiariamoci. Non stava in nessun modo pensando di provocarlo.

No, assolutamente no.

Era una semplice arma di difesa. Se lui avesse detto o fatto qualcosa che a lei dava fastidio avrebbe messo il broncio e lui si sarebbe sciolto, lasciandola vincere.

Era solo quello. Una questione di potere e supremazia.

“Buffy! Spike è qui!” urlò, dal fondo delle scale, Dawn.

La cacciatrice andò in iperventilazione un'altra volta.

Perché era già lì? Perché diavolo era arrivato maledettamente puntuale? E perché stava parlando come lui?

“Calmati, calmati…calmati!” si ripeté cercando di placare il cuore, le mani, le gambe e lo stomaco.

Non aveva nessun motivo per essere nervosa.

Quella era una sera come tante. Non aveva nessun significato.

E non aveva alcuna importanza che fosse il giorno di San Valentino.

Lei stava andando a caccia, vestita come se stesse andando ad un appuntamento, ma non c’era nessun appuntamento. Era una semplice uscita tra amici.

Anzi tra meno che amici.

Tra colleghi.

Conoscenti.

Conoscenti che ultimamente facevano sesso insieme.

Ma solo conoscenti.

Certo facevano molto sesso insieme.

Ma sempre solo conoscenti.

Ecco cosa erano lei e Spike.

Nessuna relazione. Nessun appuntamento. Nessun festeggiamento tra innamorati.

Perché loro non erano innamorati. Era vero che lui le ripeteva una continuazione che l’amava, ma non significa nulla.

Non era amore.

Niente amore per la cacciatrice e il vampiro.

“Buffy!” urlò ancora la sorella.

“Arrivo!” rispose, cercando di superare il battito ormai impazzito del proprio cuore.

Ma perché stava reagendo così? Non era come se non fosse mai uscita di ronda il giorno di San Valentino. Aveva cacciato e polverizzato altre volte quel giorno. Non lo aveva mai fatto vestita in quel modo e con un accompagnatore, bello e sexy, con il quale faceva tanto sesso, ma questo sicuramente non poteva portarle tutto quel nervosismo. Aveva detto sexy?

Spike non era sexy.

Era arrogante, presuntuoso, irritante, ossessivo e malato, ma non sexy.

Decisamente no.

“Buffy!” altro urlo.

Ok…era solo un pochino sexy.

Ma poco poco.

E questo non era il momento di pensarci.

In fondo alle scale vi era l’oggetto in questione che la stava aspettando per fare una semplice ronda il giorno di San Valentino e lei aveva ancora i capelli che erano un disastro. Forse sarebbe stato meglio tirarli su.

No giù.

SU.

GIU’.

SU.

Definitivamente Giù.

Buffy si pettinò i capelli lasciandoli sciolti, pensando che fosse la decisione più giusta.

E non era stato per nulla determinante il fatto che a Spike piacessero più in quel modo.

E solo perché si stava pentendo di essersi tagliata i capelli per fargli un dispetto mesi prima, non significava che lei avesse in alcuna considerazione l’opinione del vampiro.

Lui non aveva questo potere su di lei. Non aveva la capacità di determinare le sue scelte o azioni.

Non influenzava i suoi stati d’animo, e men che meno il battito del suo cuore.

Erano solo coincidenze.

Stupide, piccole coincidenze.

Ed era vero che di solito lei non credeva alle coincidenze, ma in quel caso si.

Decisamente si.

Per una sera, solo per una sera, lei avrebbe creduto alle coincidenze.

E magari anche ai folletti.

“Buffy…ci sei ancora o sei morta davanti lo specchio?!” urlò ancora Dawn.

La cacciatrice sgranò gli occhi.

Battuta infelice.

Decisamente infelice. Sentì le lacrime salirle agli occhi e quello non era proprio il momento più adatto per piangere. Sarebbe calato tutto il mascara e sarebbe sembrata poi un mostro.

Ma non era quello che era? In che altro modo definire quel corpo vuoto e senza emozione?

“Dawn!” fu il rimprovero di Spike.

La voce arrabbiata, ma decisa del vampiro le arrivò dritta al cervello e in un attimo la calmò.

I pensieri cupi scivolarono via, prima ancora di potersi formare e, di questo, lo ringraziò mentalmente. Tamponando qualche goccia furtiva, fece un ultimo sorriso allo specchio, uscì dalla sua camera e si avviò verso le scale.

Appena arrivata nell’ottica del vampiro, fermo alla base della scalinata, abbassò gli occhi, improvvisamente interessata alle sue belle scarpe.

“Forse avrei fatto meglio a mettere quelle con la punta quadrata!” pensò scendendo lentamente i gradini. In realtà era nervosa.

Maledettamente nervosa e spaventata.

Aveva paura di incrociare lo sguardo di Spike e leggervi dentro le sue emozioni. E non sapeva se l’atterriva di più una possibile indifferenza o ammirazione. Perché l’indifferenza del vampiro l’avrebbe sicuramente offesa, ma un suo eventuale apprezzamento le avrebbe dimostrato senza ombra di dubbio, che quella era più che una semplice uscita tra conoscenti, come continuava a ripetersi. Le avrebbe confermato che quello era un appuntamento.

Un appuntamento per San Valentino.

Il suo primo appuntamento per San Valentino.

Il cuore, che non aveva smesso un attimo di correre all’impazzata, minacciò di uscirle fuori dal petto. Il sangue le ribollì nelle vene ed un rossore le colorò le guance. Maledisse quello stupido organo che non voleva seguire il cervello e che non faceva altro che battere sempre più forte, come se fosse stata un adolescente alla prima cotta. Non che lei avesse una cotta per qualcuno.

Questo no.

Assolutamente no.

“Perché sei vestita in quel modo? Non dovete andare a caccia?” chiese sospettosa Dawn.

Buffy alzò gli occhi di scatto ed un ondata di panico la sommerse.

E ora cosa avrebbe dovuto rispondere? Perché si era vestita in quel modo?

Ma perché la sorella doveva essere sempre così irritante?

E perché quel maledetto vampiro se la stava ghignando in quel modo?

“E’…è perché…dopo ho un appuntamento!” disse in un lampo di genio, congratulandosi con se stessa.

La soddisfazione aumentò quando notò lo sguardo innervosito di Spike.

“ E con chi? Non mi ha detto nulla!” contrattaccò Dawn.

“Ed ora cosa le rispondo? Con chi ho un appuntamento? Come si chiamava quello stupido amico di Xander?”

“E tu, Spike, perché porti lo spolverino abbottonato fino al collo? Non soffochi?” chiese ancora la sorella, cambiando l’oggetto delle suo interrogatorio.

“Vampiro qui, ricordi? Io non soffoco!” le rispose prontamente l’ossigenato.

“Si…ma.. perché…”

“E tu perchè non ti fai un po’ gli affari tuoi!” la interruppe Buffy, ormai innervosita da quel interminabile terzo grado.

“Andiamo!” disse, infilando la giacca coordinata alla gonna ed trascinando fuori la porta il vampiro inerme. Accelerò il passo per allontanarsi dalla casa e soprattutto dalle inevitabili domande di Spike, che presto sarebbero arrivate.

“E con chi hai un appuntamento?” disse con un tono acido lui, mentre cercava di tenere il passo.

“Non sono affari tuoi!” gli urlò Buffy.

Era arrabbiata.

Era arrabbiata con Dawn e la sua maledetta curiosità.

Era arrabbiata con se stessa e quella linguaccia che l’aveva messa in quel pasticcio.

Era arrabbiata con Spike che era uno ottuso che non capiva mai nulla.

“Non dirmi che è quell’idiota della tuo compleanno?”gridò a sua volta il vampiro.

“Chi è il fortunato? Un altro capitan america tutto muscoli e niente cervello?” continuò.

“Non ho nessuno appuntamento…ok? Nessun maledettissimo appuntamento!” rispose infine Buffy esasperata. Ricominciò a camminare, mentre sentiva le lacrime fare capolinea tra le ciglia. In quel momento si sentiva una stupida. Una stupida che aveva sperato che per una sera, solo per una sera, la sua vita potesse essere diversa. Una stupida che aveva impiegato tre ore a vestirsi per un vampiro che odiava perché non aveva mostrato nemmeno il minimo interesse per il suo abbigliamento, troppo impegnato a fare il geloso nei confronti del nulla.

“Sei bellissima!” le disse improvvisamente Spike, raggiungendola e afferrandole un braccio. La bloccò e guardandola fissa negli occhi ripeté con voce roca.

“Sei bellissima, Buffy!”

Lei arrossì ed il nervosismo svanì di incanto al suono di quel piccolo complimento. Non le aveva detto che “stava bene” come avevano balbettato per il passato i ragazzi con i quali era uscita. Non si era espresso in termini di “maledettamente sexy” come spesso le sussurrava nell’orecchio durante i loro amplessi. E non aveva neppure specificato “stasera” o “ con quel vestito”

Spike l’aveva guardata negli occhi e aveva pronunciato, con tutta la dolcezza di cui era capace, una semplice constatazione. E Buffy attraverso il blu del suo sguardo poteva stabilire che era vero.

Lei era bellissima. Riusciva a sentirlo.

Per la prima volta, da quando era uscita da quella tomba, riusciva a sentirsi bella.

Sorrise.

Forse, per una sera, solo per una sera, si sarebbe potuta permettere il lusso di crederci veramente.

“Sarebbe meglio saltare la ronda stanotte. Che ne pensi, pet?” chiese Spike.

Buffy si irrigidì consapevole che il momento della verità era ormai arrivato.

Se ora avesse assentito, avrebbe dimostrato a se stessa e al vampiro che effettivamente lei si era vestita in quel modo per lui e gli avrebbe fatto capire che considerava quell’uscita un appuntamento. Un grosso cartello di pericolo si materializzò nel suo cervello.

“Perché non possiamo andare a fare la ronda? Credi che io non possa cacciare con i tacchi e la gonna? Io posso polverizzare te e la tua razza con qualsiasi abbigliamento!” contrattaccò lei, fingendosi alterata.

Ecco la parola d’ordine. Fingere.

Fingere di ridere, fingere di arrabbiarsi, fingere di piangere e di essere felice.

Fingere di mangiare e di respirare.

Era quello che faceva ormai da mesi e la sua maschera era diventata talmente tanto perfetta che lei stessa a volte faceva a fatica a distinguere dove iniziasse la bugia e finisse la realtà.

“In realtà, luv, pensavo l’esatto contrario!” disse Spike con aria divertita, per nulla toccato dalla risposta acida che lei gli aveva dato.

“Stasera, così vestita, faresti una strage. Sono sicuro che cadrebbero tutti ai tuoi piedi!” continuò, scherzando, lui. E allora successe.

Un suono che il cervello di Buffy non riuscì subito a decifrare le fuoriuscì dalle labbra e lei si ritrovò a ridere scioccamente, senza nemmeno averne intenzione. Si rese conto che per quanto si sforzasse, con Spike la messinscena proprio non funzionava. Lui sapeva sempre cosa dire e cosa fare per farle vacillare la maschera e svelarla. Come in quell’esatto momento.

Lui aveva fatto una sciocca battuta galante e lei aveva riso come una ragazzina.

Forse per una sera, solo per una sera , poteva lasciar perdere il teatro e abbandonarsi a quegli sprazzi di vita e di emozioni che lui solo sapeva regalarle.

“ E allora che facciamo?” rispose, con ancora il sorriso stampato sulle labbra che non riusciva più a mandare via.

“Ti fidi di me?” chiese lui, porgendole una mano.

Il sorriso svanì in un lampo.

Buffy rimase in silenzio, non sapendo questa volta realmente cosa rispondere.

Ma perché glielo domandava ancora una volta? Non gli era già abbastanza chiaro che non lei non poteva fidarsi di lui? Insomma tra una cacciatrice ed un vampiro non era prevista la fiducia.

Proprio no.

Lei avrebbe dovuto impalettarlo e trasformarlo in polvere.

Basta, solo questo.

Nessuna relazione e fiducia.

Non era previsto.

Non era previsto che lottassero l’uno affianco all’altro in una sorta di alleanza temporanea per salvare il mondo da un apocalisse annunciata.

Non era previsto che lei gli affidasse la vita della madre e della sorella o che lui si innamorasse di lei e rischiasse la pelle per salvaguardare il segreto di Dawn.

Non era previsto che lo volesse al suo fianco per la battaglia finale contro un dio infernale. E neppure che lo trovasse con gli occhi commossi alla base di quelle scale, a ricordarle quanti giorni era stata via. Non era previsto che si sentisse a sua agio più con lui che con chiunque altro.

Non era previsto che lei si fidasse di lui.

Eppure lo faceva. Nonostante tutto lo faceva.

Gli aveva affidato la madre.

Gli aveva affidato la sorella e la sua stessa vita.

Ma era pronta ad affidargli anche il suo povero cuore, ormai malandato e morente?

Spike scacciò lo sguardo di delusione che chiaramente gli si era dipinto sul viso al silenzio di lei, e le afferrò la mano.

“Andiamo!” le disse prima di trascinarla di corsa per la strada.

A Buffy bastarono pochi minuti per capire dove la stesse portando: erano diretti alla sua cripta.

Si irritò con se stessa.

Lei lo sapeva che sarebbe andata a finire così. Lei sapeva che lui avrebbe frainteso il suo abbigliamento ed i segnali confusi ed ambigui che gli aveva finora lanciato. Ed ora sarebbe stata costretta a fermarlo e a fargli capire che non avrebbe fatto sesso con lui.

Basta con il sesso.

Era stato solo un errore l’ultima volta.

E anche la volta precedente.

E quella ancora prima.

Ma reggeva ancora quella scusa? Dopo tre mesi poteva avere ancora un valore quella menzogna che urlava a lui e a se stessa? Ma se non era uno sbaglio, allora che cos’era? Come definire lo strano rapporto che avevano instaurato? La poteva chiamare relazione?

No. Assolutamente no.

Lei era una cacciatrice e lui un vampiro senza anima.

Niente relazione tra di loro.

Ma allora perché non riusciva a fermare i propri piedi?

Arrivati all’ingresso della cripta, lui la bloccò improvvisamente.

“Aspettami un attimo qui!” e prima di fuggire all’interno, le diede un leggero bacio sulle labbra.

Buffy rimase inebetita ad osservare la pesante porta di pietra, mentre con le dita ridisegnava la traccia di quel piccolo gesto. Lui ancora una volta l’aveva spiazzata.

E quella sera non stava facendo altro.

Quel singolo bacio soffiato l’aveva lasciata tremolante e confusa come mai nella sua vita. Non era nemmeno paragonabile al puro fuoco che lui riusciva a trasmetterle quando lottava con la sua lingua e le sue labbra per il predominio, eppure non si era mai sentita così. Perché quella carezza a fior di labbra sapeva di una banale quotidianità, di un’intimità profonda e di una connessione di spirito che mai si era concessa di provare.

Quello non era un gesto da amante.

Quello era un gesto da fidanzato.

Spike era il suo fidanzato? Poteva considerare Spike il suo ragazzo?

E se lo avesse fatto, per una sera, solo per una sera?

Il vampiro uscì dopo pochi secondi e non indossava più lo spolverino nero.

“Ora sono pronto…possiamo andare!” disse lui.

“Ti..ti..sei cambiato?” balbettò banalmente Buffy, osservando la giacca nera che indossava al di sopra dei soliti jeans, che però non sembravano proprio gli stessi. Avevano qualcosa di diverso. Erano nuovi?

“E’ una camicia bianca quella?” continuò ancora lei, strabuzzando gli occhi.

Spike portava una camicia bianca.

Niente nero o rosso o altro colore scuro.

Una semplice camicia bianca di ottima fattura.

Ed era bellissimo.

“Sai volevo cambiare un po’…so che non è un granchè…” cominciò lui, mettendosi le mani in tasca. Buffy si ritrovò davanti un uomo timido ed imbarazzato che non aveva nulla a che fare con il big bad che tanto bene conosceva. Spike quella sera le stava mostrando qualcosa che non le aveva mai permesso di vedere prima. L’uomo al di là del demone.

“Stai…benissimo!” gli disse lei. E nel momento esatto in cui le parole le vennero fuori con voce tremante, si maledì. Si sentì come una di quelle adolescenti imbranate che balbettavano ed arrossivano davanti al più bello della scuola. Ed era sicura che se loro due fossero stati solo un ragazzo ed una ragazza normali, Spike sarebbe stato sicuramente il più bello di tutti. Soprattutto con quello sguardo commosso e quel sorriso grato che aveva disegnato sul volto perfetto.

Lui fece un piccolo inchino e poi le offrì il braccio, in un gesto galante che sapeva di un'altra epoca.

Buffy rimase allibita e confusa.

Le avevano mai offerto il braccio?

No, era sicura di no.

Ed accettarlo cosa avrebbe significato?

“Buffy, non significa nulla…è per una sera…è solo per una sera!” le rispose lui, come se avesse percepito nello sbigottimento del suo sguardo quella muta domanda.

Era per una sera.

Solo per una sera.

Aveva ragione. Lei poteva smettere di fingere. Smettere di controllare ogni azione e movimento. Poteva rilassarsi.

Poteva permettersi di essere la ragazza al di là della cacciatrice.

Con un gesto timido, gli afferrò il braccio, poggiò la testa sulla sua spalla e lasciò che lui la conducesse per le strade silenziose di Sunnydale.

Non si dissero una parola, perché niente c’era da dirsi.

C’era solo da godere della bellezza di quella notte stellata, di una passeggiata e delle presenza reciproca. Come avrebbe fatto una coppia normale.

Perché per una sera, solo per una sera, loro lo erano. Una coppia.

“Siamo arrivati!” disse Spike indicando la discreta insegna luminosa.

Buffy la osservò e spalancò gli occhi riconoscendo il posto: l’aveva portata da Mario’s, il ristorante più costoso di tutta Sunnydale.

“Ho pensato che per una sera avremmo potuto anche lasciar perdere quei soliti hamburger, decisamente poco appetitosi, o la solita sacca di sangue di maiale nel mio caso!” disse lui, con un sorriso ed una voce incoraggiante. Se non fosse sembrata completamente impazzita, Buffy, in quel momento, avrebbe voluto piangere. Piangere di quel ulteriore conferma che il vampiro le stava dando quella sera. Pur avendo percepito i suoi problemi con il cibo e la sua ormai evidente incapacità a gestire se stessa, Spike non l’aveva giudicata né colpevolizzata nemmeno una volta. Non l’aveva spinta a parlare né a fare alcunché.

Eppure, ora, le stava offrendo un occasione concreta per risolvere i propri conflitti . Le stava mostrando, con gentilezza ed eleganza, che un alternativa era possibile. Le stava porgendo il suo aiuto senza nemmeno rivendicarlo.

Non le stava dicendo di amarla.

Glielo stava dimostrando.

Buffy gli fece un piccolo cenno e si lasciò condurre all’interno del locale.

Afferrando la sua mano, si lasciò il buio alle spalle, per camminare verso una nuova luce.

 

“Se avessi saputo che avresti mangiato così tanto, non ti avrei mai portato nel ristorante più costoso di Sunnydale” scherzò Spike, uscendo dal locale.

“Ma stai zitto!” gli rispose Buffy, ridendo scioccamente e dandogli una lieve pacca sulla spalla. La leggerezza di quel momento le rischiarò l’animo ed un sentimento di felicità la pervase, incollandole sul viso un sorriso sincero, come di quelli che da troppo tempo non riconosceva. Godendo della aria fresca della notte, ebbe l’impressione di star tornando a respirare dopo mesi di apnea e di star riaffiorando in superficie, dopo aver provato la profondità degli abissi. E di tutto questo non sapeva se dover ringraziare la serotonina che il soufflé al cioccolato le aveva messo in circolo, il leggero stordimento del vino o semplicemente il vampiro che le passeggiava affianco, tendendola per mano.

Buffy si strinse un po’ di più al suo braccio.

Solo due ore prima, si era seduta al tavolo, che Spike aveva prenotato, con la mente in subbuglio e l’animo inquieto, spaventata dalla serata e ancora di più del non riuscire a superare il proprio disagio nei confronti del cibo. Lui le aveva allora afferrato la mano e non aveva mai smesso di carezzarle il dorso, tranquillizzandola all’istante. Il resto poi lo avevano fatto la vista di quelle prelibate pietanze, il loro profumo e l’esplosione di gusto che l’aveva investita al primo assaggio.

I pensieri negativi erano scivolati via e lei si era ritrovata a godere di quella cena come mai avrebbe potuto immaginare. Spike aveva fatto di tutto per rendere ulteriormente piacevole quella serata, rivelandosi un perfetto accompagnatore. Avevano conversato per tutta la cena amabilmente, chiacchierando di tutto e di niente, dal cinema alla letteratura, dalla politica alla religione, passando per i viaggi di lui e le aspirazioni di lei. E mai una volta avevano parlato di demoni, magia o cose del genere.

Per una sera, solo per una sera, Buffy aveva potuto dimenticare l’esistenza della cacciatrice e assaporare la vita di una ragazza normale.

“Nemmeno tu ti sei minimamente risparmiato e sei un vampiro!” contrattaccò lei, rimanendo incollata a lui.

“E che c’entra questo?”

“Beh…si presuppone che i vampiri non mangino altro che sangue!”

“Quello ci fa sopravvivere pet, ma godersi una buona cena è un'altra cosa!” rispose lui, con un tono allusivo, che provocò in lei immagini sconce.

“E allora perché non ti avevo mai visto mangiare prima?” chiese lei.

Ma poi aveva mai trascorso tanto tempo con Spike per scoprilo effettivamente?

Prima di quella sera gli aveva mai dato la possibilità di farsi conoscere?

“Se avessi i soldi per potarti a cena tutte le sera, allora si che mi vedresti mangiare più spesso!” commentò lui, scoppiando in una risata cristallina che contagiò per un attimo anche Buffy.

Improvvisamente si irrigidì.

“Dove li hai presi?”

“Cosa?” domandò Spike, accorgendosi un secondo in ritardo che lei si era fermata.

“Dove hai preso i soldi per tutto ciò?” ripeté, mantenendo lo sguardo lontano da lui, nel buio del vicolo.

“Segreto!” scherzò, non riuscendo ancora a vedere il nervosismo di lei.

“Dimmi dove li hai presi!” ordinò con un tono di voce più alto.

“Buffy, non è un grande affare…credimi…!” cercò di giustificarsi lui.

“Spike, dove cazzo ha i preso tutti questi soldi, dimmelo o se no…”

“Cosa? O se no cosa? Mi picchierai a sangue, come l’ultima volta?” urlò il vampiro, prima di allontanarsi di colpo da lei e accendersi una sigaretta.

“Ma maledizione cacciatrice, una dannatissima sera potresti essere meno pesante!”

Qualcosa nel petto di Buffy si ruppe. Lui l’aveva appena chiamata cacciatrice e non lo aveva mai fatto per tutta la sera. L’illusione era finita.

“Dimmelo!” urlò arrabbiandosi sempre di più, mentre lottava per tenere le lacrime ferme.

“Sto giocando a Poker!” disse lui alla fine esasperato.

“I gattini!” sussurò lei portandosi una mano alla bocca.

“No, nessun maledetto gattino. Hai reso abbastanza chiaro cosa ne pensassi l’ultima volta. Non sto giocando con i demoni!” la interruppe lui.

“C’è una bisca giù al porto, dove stupidi stracolmi di soldi vengono per assaggiare il sapore dei bassifondi. Io ne approfitto semplicemente...insomma non è come se rubassi!”

“E’ l’unica cosa più onesta che sono riuscito a trovare per adesso!” confessò in sussurro appena udibile alla fine lui, con un tono di voce stanco e rassegnato.

Buffy si sentì una stronza.

Lui le aveva regalato una bellissima serata e lei gliela aveva rigetta addosso. Spike si stava sforzando di essere migliore e lei non faceva altro che ripetergli che era solo una cosa senza anima.

Lui la ricopriva di mille attenzione tenerezze e lei continuava a calpestarlo e distruggerlo.

Chi era il mostro senza cuore, ora?

Lei non era più sicura.

E adesso cosa avrebbe fatto? Sarebbe fuggita come faceva di solito? Lo avrebbe colpito e se ne sarebbe andata, lasciandolo solo e afflitto in quel vicolo?

Qualcosa scattò dentro di lei.

Fece un passo verso di lui e prendendogli una mano lo guardò.

“Spike, andiamo!” gli disse invitandolo con lo sguardo a seguirla per salvare quella serata che fino a pochi attimi prima era stata perfetta e che lei stava rischiando di rovinare.

“Buffy, non dobbiamo..!” le rispose lui, con un tono di voce stanca e rassegnata.

“Hai ragione, non dobbiamo. Ma lo vogliamo!” gli disse seducente, strusciandosi sul suo corpo.

“Tu mi vuoi, mi vuoi veramente?” le chiese dubbioso lui, inclinando la testa e restringendo gli occhi su di lei. Buffy lo guardò allibita cercando di capire perché glielo stesse domandando.

Non era abbastanza chiaro che lo desiderava?

Poi ripensò ai loro ultimi incontri e capì.

No, non era chiaro.

Perché lei lo aveva sempre trattato come il suo giocattolo sessuale, da prendere e lasciare a piacimento. Perché ogni volta, dopo l’amplesso, aveva urlato e gridato la sua virtù. Perché anche quando gli aveva lasciato il controllo, si era sempre mostrata ritrosa e riluttante. Perché gli aveva fatto capire che doveva essere convinta, di qualcosa che in realtà voleva anche lei.

E allora non era chiaro.

Lei glielo doveva dire.

Per una sera, solo per una sera, lui aveva bisogno di ascoltare un si.

Annuì lentamente, senza mai lasciare i suoi occhi, non ancora pronta a dare voce ai propri sentimenti, sperando nel proprio cuore che questo piccolo passo a Spike bastasse.

E a lui bastò.

In un attimo la bocca di lui fu su quella di lei.

Labbra contro labbra, lingua contro lingua, in un abbraccio indissolubile che trasportò Buffy in altra dimensione. Niente di quello che aveva provato in precedenza poté essere paragonato al turbinio di sensazioni ed emozione che improvvisamente invasero ogni cellula del suo corpo.

Quel bacio divenne improvvisamente tutto.

Divenne aria, acqua e fuoco.

Fu il centro del mondo.

Il centro del loro mondo, in cui non esisteva null’altro.

E non ci fu ansia, depressione, desiderio di conforto o rabbia.

Solo quel bacio, che sapeva di promesse passate e incantesimi falliti.

Il vicolo svanì, e Buffy si ritrovò nella cripta del vampiro senza riuscire a capire come e quando ci fossero arrivati. Ma non ebbe importanza. Quel groviglio di mani, labbra, corpi, desideri, ansiti ed amore fu l’unica cosa che in quel momento contava.

“Aspettami un attimo qui!” disse improvvisamente lui, allontanandosi da lei con grande sforzo.

Poi ancora ansimando, scese le scale lasciando Buffy, sconvolta e tremante per il senso di perdita.

Cosa le stava accadendo?

Perché era tutto così intenso? Perché improvvisamente il mondo aveva riacquistato i propri colori?

Lei ora riusciva a vederli, riusciva a sentirli. E tutto questo lo doveva ancora una volta a Spike.

Lui le era diventato essenziale. Come l’aria, come l’acqua, come il fuoco e forse anche di più.

Una parte del suo cervello continuava a dirle di scappare.

Di scappare ora che era ancora in tempo, prima di farsi male inesorabilmente.

Perché stava bruciando e presto di lei non sarebbe rimasto più nulla.

Perché la perfezione non poteva esistere e prima o poi l’inferno sarebbe tornato e lei non sarebbe sopravvissuta ancora.

Eppure il suo corpo non voleva muoversi.

Il suo cuore non voleva muoversi.

Lei voleva bruciarsi.

Per una sera, solo per una sera, voleva che lui la bruciasse.

La facesse sua, completamente.

Per una sera, solo per una sera, voleva sapere cosa avrebbe significato amare Spike.

La voce del vampiro la richiamò e Buffy, con una lentezza esasperante, fece un passo davanti l’altro e scese quelle scale.

Ma quanti passi stava facendo quella sera, dopo essere rimasta immobile per mesi?

Quello che vide appena alzò gli occhi la meravigliò.

Il buio della cripta inferiore era illuminato da decine di candele danzanti, che rendevano l’ambiente caldo e romantico. L‘aria era intrisa di un inebriante profumo di incenso e altro che lei non riuscì a definire. Rose rosse in ogni luogo coloravano d’amore il pavimento e le pareti.

E al centro di quella visione, semplicemente William.

“So che non è una suite di un albergo, so che è solo una squallida cripta e vorrei realmente poterti dare di più. Tu meriti il meglio, Buffy…!” cominciò lui con quella voce timida ed imbarazzata alla quale mai lei si sarebbe abituata. Il cuore già gonfio di emozione, le scoppiò e parlò.

“E’ perfetta. E’ perfetta per me e per te!” lo interruppe lei questa volta.

E prima che lui potesse aggiungere altro, corse tra le sue braccia e lo baciò.

E si lasciò bruciare.

Spike la strinse forte a se, mentre approfondiva il bacio, divorandola con una passione che mai era stata così intensa. Le mani di lei si unirono attorno ai capelli di lui, rispondendo con lo stesso disarmante desiderio alle sue labbra. E quando sentì l’ erezione premerle sulla pancia, divenne frenetica. Senza staccare il contatto, iniziò a vagare sul suo corpo, nel tentativo di togliergli la giacca, la camicia ed i pantaloni, contemporaneamente.

Aveva bisogno di sentirlo.

Aveva bisogno di sentire Spike.

Lui le bloccò le mani e poi staccandosi, leggermente da lei, prese un respiro non necessario.

“Fai fare a me. Per una sera, fai fare a me, pet!” le sussurrò nell’orecchio, facendola tremare di anticipazione. Non disse niente, ma si abbandonò semplicemente al suo tocco esperto.

Quello che successe dopo, Buffy non riuscì a determinarlo con precisione. Le sue labbra scesero a baciarle il collo, mordicchiandoglielo dolcemente, mentre le mani le scoprivano la pelle, bottone dopo bottone, gettandola in vortice di piacere. Non riusciva più a capire dove finisse lei e iniziasse lui. L’unica cosa che riusciva a fare era ansimare in una muta preghiera di averne di più.

Ancora.

Sempre di più.

Si ritrovò nuda stesa tra le lenzuola di seta nera, senza sapere come, con Spike che la guardava con un espressione di pura estasi e meraviglia dipinta sul volto. Gli occhi di lui, scuriti dalla passione, le parlavano di promesse d’amore eterno.

E lei le accettò.

Per una sera, solo per una sera, lei avrebbe accettato quell’amore come il più prezioso dei doni.

Lui le aprì dolcemente le gambe, e si tuffò in lei, assaggiandola e bevendola come un assetato nel deserto. Buffy afferrò le lenzuola, mentre la lingua di lui turbinava sulla sua femminilità.

Era troppo.

Semplicemente troppo.

Eppure ne voleva di più.

Ancora.

Sempre di più.

Stava impazzendo.

La voglia di urlare il proprio piacere fu più forte di qualsiasi reticenza. Spike alzò un attimo la testa, senza mai smettere di toccarla e stuzzicarla con le dita. La guardò e le ghignò soddisfatto delle sue reazione, che mai erano state così libere.

Il vampiro malizioso ed impertinente era tornato, ma non le importò.

Se quello era il prezzo per la felicità che stava provando, allora lo avrebbe pagato volentieri.

Una, dieci cento volte.

Per l’eternità.

E non aveva importanza che fosse lui ad avere il controllo.

Per una sera, solo per una sera, non glielo stava concedendo. Glielo stava donando.

Quando la lingua di Spike tornò a farla vibrare, Buffy si ritrovò persa tra paradiso ed inferno.

Ad ogni bacio, ad ogni tocco, il suo corpo bruciava tra le fiamme del desiderio, mentre il suo cuore si librava verso le porte dell’eden. Un attimo prima che il tutto scoppiasse in un esplosione di colori e suoni, lui si spinse in lei con unico colpo. Un gemito di sorpresa le fuoriuscì dalle labbra, mentre per l’ennesima volta affogava negli occhi di Spike. E non seppe se a farla tremare fino alle lacrime fu la sensazione di completezza che l’averlo dentro di lei le procurava, o lo sguardo innamorato che lui le donò. Lui le baciò le gocce salate sulle guance, attestandosi su un ritmo lento e cadenzato.

Normalmente lo avrebbe spinto ad essere più veloce, più violento e forte.

Ma quella sera no.

Perché per una sera, solo per una sera, lei voleva provare tutto.

Voleva godere della pelle di lui, contro la propria pelle.

Voleva assaggiare il suo sudore.

Voleva sentire i suoi gemiti.

Voleva fondersi con lui, in unico essere

Essere lui, mentre lui era lei.

Voleva sentire la sua virilità mentre la penetrava più affondo, sempre più affondo.

Più vicino al suo cuore.

Perché quella sera Spike non stava riempiendo quel vuoto emozionale, che la faceva sentire solo un corpo morto, senza sentimenti. Quella sera lui le stava lenendo il cuore.

La stava guarendo.

Le stava restituendo la vita.

Ed in quel momento, Buffy per la prima volta capì cosa significasse fare l’amore con Spike.

O forse cosa significasse fare l’amore in senso assoluto.

Perchè mai era stato così completo e perfetto nella sua vita.

Con Angel c’era stata l’imbarazzo e la dolcezza. Con Parker c’era stato l’inganno e l’egoismo. Con Riley un caldo affetto.

Con Spike c’era tutto. Amore, dolcezza, passione, possesso, desiderio.

Era questo che lui le regalava.

Se stesso.

E lei decise di fare lo stesso.

Per una sera, solo per una sera, lei sarebbe stata sua. Si aggrappò a lui, graffiandogli la schiena, mentre l’ambiente si riempiva dei suoi gemiti e dei sussurri d’amore di lui. Lui continuava a martellare dentro di lei, mentre una mano le stuzzicava un capezzolo e le labbra premute sul suo collo, le mandavano scariche di adrenalina ed eccitazione. E quando lui la morse dolcemente con i suoi denti normali, Buffy capì una grande verità.

Lei si fidava di lui. Totalmente.

Gli porgeva la giugulare, dove lui avrebbe potuto affondare in ogni momento, e non aveva nessuna paura. Perché lei di lui si fidava. E se un giorno l’avesse morsa era perché lo desideravano entrambi ne era ormai sicura.

La loro danza continuò per un tempo indeterminato, tra i movimenti lunghi e profondi di lui ed i baci di lei. Una danza che per una sera, solo per una sera, non era dettata dal bisogno, dall’urgenza, dalla rabbia o dalla depressione.

Per una sera, solo per una sera, c’era solo l’amore.

E poi improvvisamente non ci fu nemmeno più questo.

Fu solo fuoco.

I loro corpi reclamarono di più.

Lei gli agganciò le gambe dietro la schiena, mentre lui le afferrava i fianchi per stringerla più forte a se e penetrarla da una nuova angolazione alla ricerca di quel punto speciale.

“Spike!” sussurrò lei in un gemito soffocato, mentre sentiva la sua virilità completamente conficcata in lei. Strinse i muscoli vaginali istintivamente.

“Ti amo…ti amo…ti amo…oh dio.. Buffy!” mormorò lui convulsamente, mentre le spinte si facevano sempre più veloci ed intense.

La bocca di lui scese a succhiarle un capezzolo, mentre una mano di fece spazio tra i loro corpi per stuzzicarle il clitoride.

“Ti prego!” piagnucolò lei, ormai vicino al rilascio.

“Buffy!” ansimò lui, soffocando le urla nel collo di lei.

E poi, tutto si sciolse.

Il letto, la stanza, la cripta e l’intero mondo.

Il sole e la luna si mescolarono, cancellando la distinzione tra luce e buio.

Le stelle esplosero in migliaia di fuochi di artificio, dissipando l’universo.

Nulla più ci fu.

Solo due corpi, ancora sconvolti dalla passione, indissolubilmente abbracciati in una tenera morsa.

Solo Buffy e solo Spike.

Rimasero unti, senza muoversi, per un tempo indeterminato, godendo ad occhi chiusi semplicemente l’uno della pelle dell’altro. Respirandosi reciprocamente.

Poi il vampiro lentamente fuoriuscì da lei e senza dire una parola e senza guardarla, le si gettò al fianco con un espressione di pura sofferenza dipinta sul viso. Soffocando un gemito di dolore, portò il braccio destro a coprirsi gli occhi. Buffy lo osservò e per la prima volta riuscì a vedere distintamente le ferite che le sue fughe e le sue urla gli avevano inflitto.

Perché quello era di solito il momento in cui fuggiva dal suo letto, urlando la propria virtù.

Il momento in cui il senso di colpa, le responsabilità ed i problemi quotidiani tornavano a farsi sentire, gravandole sulle spalle. Il momento in cui la realtà reclamava il proprio peso.

Eppure in quell’istante nulla di questo stava accadendo.

Buffy si sentiva solo in pace, serena come non mai.

Lei era in paradiso.

Quel paradiso che gli amici le avevano strappato crudelmente e che Spike aveva ricostruito per lei. Solo per lei. E non da questa sera. Lui, azione dopo azione, attenzione dopo attenzione, le stava restituendo se stessa.

Forse per una sera, solo per una sera, allora, avrebbe potuto lasciare al di là della pesante porta di pietra, le bollette da pagare, la casa da pulire, l’assistente sociale, la puzza di frittura, la cleptomania della sorella ed i problemi di Willow.

Forse per una sera, solo per una sera, avrebbe potuto godere di quell’attimo di silenzio e pace.

Buffy si avvicinò a Spike, appoggiandosi sul suo petto.

Se avesse alzato gli occhi avrebbe potuto vedere nello sguardo del vampiro un espressione di pura meraviglia, mentre la stringeva a se con forza, spaventato che potesse sparire da un momento all’altro.

“Rimani?!” domandò in un sussurro incredulo lui, ma a Buffy sembrò un affermazione.

Perché lei, in quell’esatto momento capì di non aver scelta. Perché non si sarebbe voluta trovare in nessun altro luogo. Perché aveva trovato tra le sue braccia muscolose, il suo angolo di paradiso.

E allora glielo disse.

“Si!” e in quel semplice assentire, riversò tutti i "si" che si era negata da sempre di dirgli.

“Grazie!” mormorò lei un attimo dopo, sentendo il sonno ormai prossimo.

“Per cosa?” chiese lui stupito.

Con gli occhi chiusi, lei sorrise per quella domanda inutile.

Lei aveva mille motivi per ringraziarlo.

Perché era lì e non l’aveva mai lasciata nonostante le fughe e le botte.

Perché si era innamorato di lei, nonostante fosse un disastro.

Perché era suo amico e a volte ancora un nemico.

Perché era un compagno ed in alleato.

Perché era un confidente ed un amante.

Perché era dolce.

Perché era impertinente e presuntuoso.

Perché era se stesso.

Perché era Spike.

Tuttavia lei rimase in silenzio, non ancora pronta a dirgli tutto questo.

“Buon San Valentino, amore mio!” disse lui, baciandole i capelli, prima di chiudere gli occhi.

“Buon San Valentino, Spike!”rispose lei, scivolando definitivamente in un sonno placido senza sogni. Due parole a fior labbra si persero nell’oblio della mente ed una piccola frase svanì nel silenzio della cripta. Ma non ebbe importanza.

Perché quella sera, solo per una sera, lei lo aveva provato.

 

Ed un giorno glielo avrebbe detto.