TRE PERSONAGGI IN “CACCIA” D’AUTORE

AUTRICE:BUFFY4EVER80

 

 

Subject: Buffyverse come al solito...l'ambientazione la scoprirete leggendo.

Warning for: penso nessuno, se non per un leggero accenno di amore saffico che spero non offenda nessuno e per qualche offesa ad una certa persona che tanto non credo nessuno si senta di difendere

Raiting: questo non lo so...diciamo...NC17...forse il secondo capitolo sarà qui e lì un pò esplicito...

Genere: demenziale..o quasi!

Paring: nessuno in particolare...ma comunque sempre e solo spuffy!

Summary: e se Buffy dicesse basta?

Disclaimer: Appartiene tutto a Joss Whedon & Co....ma forse avrebbe preferito di no....

 

 

Riapro gli occhi di scatto, sobbalzando in mezzo al letto. Ho il fiato corto, la fronte madida di sudore ed il cuore martella all’impazzata rimbombando nel petto.

“E’ stato un sogno. E’ stato un sogno. E’ stato solo un sogno!”

Cerco di calmarmi, ma è tutto inutile. Le immagini dell’incubo continuano a tormentarmi scuotendo il mio corpo. Un senso di nausea mi attanaglia e lo stomaco si ribella.

Corro in bagno e mi accascio sul water.

Vomito. Una volta. Due. Tre.

Maledetta cucina cinese.

Nell’acqua intravedo i resti della cena e quei dannatissimi involtini primavera che Dawn si ostina a comprare, nonostante le abbia ripetuto un milione di volte che non riesco a digerirli.

Ed ecco il risultato.

Una notte di inferno ed uno stomaco in subbuglio.

Mi alzo a fatica e mi guardo allo specchio. Il volto è stanco ed ho brutte occhiaie sotto gli occhi.

Le gambe sembrano non sorreggermi ed io mi aggrappo al lavandino per non cadere rovinosamente a terra. Ferma in questa posizione, respiro forte per alcuni minuti, prendendo aria a pieni polmoni.

Comincio a sentirmi meglio, mentre le scene dell’incubo diventano sempre più fioche. Mi sciacquo il viso e lascio che l’acqua rinfreschi le idee, eliminando gli ultimi residui del sonno.

Alzo la testa e mi osservo ancora. Improvvisamente mi vedo più vecchia, nonostante il mio aspetto sia cristallizzato da un disegno sempre uguale, che per altro trovo poco somigliante alla me stessa di un tempo. Cosa mi toccherà oggi?Quale mostro o demone dovrò affrontare?

A volte ho l’impressione che la mia vita sia scandita solo da drammi e tragedie.

Scuoto la testa, cancellando questi tristi pensieri. E poi, a che scopo tormentarsi?

Qualcuno dall’alto ha deciso che doveva andare così ed io non posso fare altro che continuare a lottare. Questo è il mio destino.

Questo è il destino della cacciatrice.

Sospiro e mi faccio forza per uscire dal bagno.

Spero di riuscire a dormire qualche altra ora senza stupidi sogni ad agitarmi.

Rientro in camera e noto le lenzuola stropicciate sul letto.

Devo essermi agitata tanto stanotte per averle ridotte in quella maniera.

Ribadisco, maledetta cucina cinese!

Passo davanti la grande specchiera al lato dell’armadio e l’attenzione viene attratta dalla mia immagine intera. Sono nuda. Decisamente nuda.

Ma come…quando...cioè?

“Tesoro, tutto bene?”

Una voce proveniente dalle mie spalle interrompe qualsiasi pensiero stessi per formulare.

Atterrita, gelo e chiudo gli occhi.

“E’ solo un incubo. E’ solo incubo. E’ solo incubo!” Ripeto mentalmente, cercando di convincermi che tutto ciò è frutto della la mia immaginazione.

In fin dei conti come potrebbe essere il contrario? Devo essere sicuramente impazzita.

Non ci può essere altra spiegazione. In caso contrario significherebbe che l’incubo che ho fatto non è stato affatto un incubo e questo non è concepibile. No.

Non è possibile.

LUI non mi farebbe mai una cosa del genere. No.

E’ solo un allucinazione. Punto.

Riapro una palpebra, senza avere il coraggio di voltarmi ed osservo lo specchio.

C’è solo mio riflesso ed io sospiro di sollievo.

Chiudo gli occhi, mentre un sorriso di compiacimento si disegna sulle mie labbra.

Solo un brutto incubo come avevo immaginato. Sto solo impazzendo, non sono andata a letto con…

“Buffy?”

La voce si fa risentire.

Spalanco gli occhi.

Lo stupore si fonde con la confusione.

Nello specchio compare una figura.

Una figura che non dovrebbe esserci.

“E’ solo un altra allucinazione, è solo un allucinazione!”

“Cosa stai dicendo?”

Mi giro, lentamente, attaccandomi all’ultima flebile speranza.

Meglio la pazzia che….

Satsu.

Richiudo le palpebre, mentre la consapevolezza prende il sopravvento delle mie emozioni.

Li riapro, e lei è sempre lì. Nel mio letto.

Coperta solo da un lenzuolo.

Il mio lenzuolo.

Ed è nuda.

Anche lei.

Satsu, nuda, nel mio letto, tra la mie lenzuola.

Mi gira la testa, mentre le scene di quel sogno, che sogno non era, si confondono con la realtà.

Satsu che mi bacia.

Satsu che mi carezza.

Satsu che mi spoglia e mi fa stendere sul letto.

Satsu che scende sul mio corpo.

Satsu con la testa tra le mie gam…

Corro in bagno e vomito ancora.

E non conto neanche le volte. Credo di aver rigettando i pranzi e le cene dell’ultimo mese, se questo può essere possibile. Lacrime di frustrazione e sofferenza si formano inconsapevolmente tra le mie ciglia. E prima di potermene rendere conto sto singhiozzando.

“Non può avermi fatto questo”.

“Non può avermi fatto questo”.

“Non può avermi fatto questo”.

Ancora accasciata a terra, tiro un pugno al pavimento. Due piastrelle vanno in pezzi facendo saltare, per effetto domino, le adiacenti. La rabbia si fa largo tra le gocce salate.

Questo è troppo.

Adesso basta.

Caricata da una nuova energica furia, mi rialzo, rientro in camera e senza nemmeno guardare la ragazza, che inerme mi osserva ancora dalla sua posizione, indosso alla velocità della luce le mutandine ed un paio di jeans.

Ho gli occhi rossi ed iniettati di sangue e nella testa un unico pensiero.

“Adesso basta”

“Buffy, ma che succede?”

La voce di Satsu mi arriva attutita dai miei stessi pensieri.

Questa volta il gioco è andato decisamente oltre ed io non sono più disposta a starmene in silenzio.

Nono sono più disposta a sopportare. Non anche questa ulteriore umiliazione.

“Adesso basta”.

Giro convulsamente per la stanza alla ricerca della maglietta, ma dove diavolo sarà finita?

Mi butto a terra per cercarla sotto il letto e sotto il divano, ignorando il livido che si sta già formando sulle mie nocche. Niente, non la trovo.

Al diavolo!

Apro l’armadio ed afferro la prima camicetta bianca che trovo, infilandola senza nemmeno sbottonarla. L’urgenza è più forte del mio istinto modaiolo e non faccio neppure caso a come mi sta.

Nella mente non c’è spazio per altri pensieri. Solo uno.

“Adesso basta”

“Buffy?” mi chiama ancora sempre più preoccupata.

E fa bene ad esserlo, perché ho intenzione di scatenare l’inferno. Ho intenzione di provocare la più grande apocalisse che ci sia mai stata, peggiore di tutte le altre.

Anche il Primo e Glory impallidiranno al confronto.

Perché è venuto il momento che la cacciatrice dica basta.

Prendo la spazzola dal comò e mi liscio i capelli con una calma che va in netto contrato con la furia violenta che agita ogni mia cellula e sistemo le ciocche ribelle. Mi osservo allo specchio soddisfatta di quello che vedo e sorrido. Sono pronta.

Uno … Due … Tre. Che inizi lo show.

“BASTAAAAAAAAAAA!” urlo con tutto il fiato che ho in gola.

“Mi hai sentito? Ho detto BASTAAAAA!” continuo alzando gli occhi furenti al cielo .

“Buffy Ann Summers si è scocciata! Non ci sto più! HAI CAPITO? Trovatene un'altra da tormentare” Continuo a gridare come una pazza in mezzo alla stanza.

Satsu spaventata e incosciente di ciò che sta accadendo si stringe al lenzuolo. Mi dispiace terrorizzarla in questo modo, ma è venuto il momento che il sadico essere che è dietro a tutto ciò sappia per filo e per segno cosa penso di lui e della sua malvagità.

”Ho sopportato di tutto e di più, senza mai lamentarmi. Sempre zitta e tu…TU MALDETTO NANO DAI DENTI MESSI A CASACCIO, come mi ripaghi? CON QUESTO?” strillo indicando il letto disfatto.

“MA COSA DIAVOLO HO FATTO DI MALE? MI VUOI RISPONDERE!” urlo ancora, sapendo già che il vigliacco non avrà mai il coraggio di affrontarmi a viso aperto. Non l’ha mai fatto, troppo spaventato dalla sua stessa creatura. E’ un pusillanime senza spina dorsale buono solo a pugnalare alle spalle.

“Pusillanime? L’ho pensato realmente io, questo termine?”

“Sono stato un buon personaggio! Non ti ho mai dato motivo di lamentarti, ho sempre fatto quello che volevi tu, senza recriminare anche quando lo avrei dovuto fare e non credo di meritarmi questo trattamento!” La rabbia si carica di tutta la sofferenza provata in questi lunghi otto anni lasciando fluire libere le parole sempre taciute.

“Mi hai strappato dal tranquillo anonimato della mia adolescenza e mi hai trasformato in una cacciatrice, perché avevi deciso di rivoluzionare la televisione e ribaltare i canoni maschilisti del genere horror, ed io senza dire una parola ti ho seguito. Mi hai dato prima le sembianze di una gallina bionda senza nessuna classe e senza nessun stile ed io sempre zitta. Poi hai deciso che, per i tuoi complessi, ero troppo alta e non andavo bene e mi hai dato nuove fattezze, non solo creandomi un grave disturbo di personalità, ma facendomi pure bassa. Bionda, gallina e bassa. Peggio di così. Ma io ho detto qualcosa? Ricordi di qualche volta che mi sia lamentata? No! Sempre muta! Ho accettato il nuovo viso e me lo so sono fatto piacere!” dico tutto di un fiato, cercando di non incespicare nel mio stesso sfogo.

“Mi hai trascinato in un posto inesistente e sconosciuto anche a Google Earth, che guarda caso sorgeva proprio su una bocca dell’inferno. Che culo! Mi hai scaraventato contro ogni genere di vampiro e demone che quella mente contorta e malata, che ti ritrovi, potesse generare ed io zitta. Mi hai costretta a lottare con tacchi e minigonna per poi farmi puntualmente strappare e sporcare i miei bei vestiti alla moda, ed io sempre muta. Mi hai fatto morire per alcuni secondi, giusto per crearmi i primi squilibri mentali e svariati problemi sociali ed io sempre niente. Ma tu hai una vaga idea di cosa significhi morire? Magari se lo sperimentassi? Ti do una mano se vuoi!”

Ed alzo un pugno verso il soffitto, minacciandolo. La voglia di collaudare il nuovo calcio volante sulla sua mandibola si fa largo nella mia mente. Deve ringraziare qualche dio che a separarci vi sia questo pezzo di carta bianca, se no a quest’ora neanche CSI riuscirebbe a ricostruire i suoi resti.

“Mi hai affiancato un belloccio alto e tenebroso, di cui mi hai fatto pure innamorare, per poi scoprire che non solo è un vampiro, ma che ha anche un piccolissimo problema di controllo dell’anima appena fa sesso. Hai reso la mia priva volta traumatica e costellata da senso di colpa grande come una casa, che mi ha accompagnato per anni. Non sono più riuscita ad avere un rapporto normale con nessuno. Ma tu lo sai cosa significa per un adolescente non avere un ragazzo con cui poter sfogare i propri ormoni? Ma che te lo chiedo a fare. Tu una ragazza non l’hai mai avuta, con quella faccia da Topo Gigio che ti ritrovi! E quando poi mi sono rassegnata ad avere un rapporto platonico con Angel pur di avere qualcuno che mi portasse fuori, anche se fuori significa di ronda al cimitero, tu intervieni ancora una volta e che fai? Decidi che il vampiro con l’anima è un personaggio troppo interessante per continuare a fare da spalla a me e gli affidi un show tutto suo. Al di là della sofferenza di aver perso l’unico ragazzo che mi avesse realmente calcolato, ti rendi conto dell’ umiliazione che mi hai inflitto? Ad Angel lo mandi a Los Angeles a fare la bella vita tra attrici e vallette, mentre a me mi releghi in una cittadina di cartapesta con un solo pidocchiosissimo locale, di una noia mortale e in cui non si mangiava neanche granché. Non che io sia mai stata interessata al cibo, visto che a causa di tutti i traumi che mi hai provocato, mi hai fatto diventare pure anoressica.” Mi fermo e riprendo fiato.

“Pure l’università mi hai costretto a frequentare a SunnyHell. Maledetto!”

Comincio a camminare convulsamente per la stanza, mentre i pensieri si affollano nella testa tentando di fuoriuscire tutti insieme.

“Dopo Angel, giustamente non potevi lasciarmi in pace e permettere che io mi scegliessi un ragazzo per fatti miei. No, era troppa grazia da chiedere. Parker, che era caruccio e che mi piaceva, me lo hai trasformato in uno stronzo megagalattico e invece mi hai fatto fidanzare con quel coso…come si chiamava? Insomma lui, hai capito Capitan America detto anche carciofo. Io mi sono lamentata? Ricordi che io abbia proferito parola? No, ancora zitta. E mi hai costretto anche a farci sesso! Una noia! Ma per il bene dello show mi sono tenuta anche questo. E per fortuna che ti sei reso conto relativamente presto che non solo non piaceva a me, ma praticamente non piaceva a nessuno e te ne sei liberato, perché se avessi dovuto baciarlo per una puntata in più credo realmente che mi sarei fatta suora.”

Il mio corpo trema solo al ricordo ed il senso di nausea torna a farsi sentire. Mi getto sul divanetto improvvisamente esausta e per alcuni secondi rimango in silenzio.

Ho la gola secca ed ho bisogno di riordinare i pensieri.

“La sai la cosa divertente? A quei tempi credevo che tu peggio di così non mi potessi trattare. Ho pensato realmente di aver provato già tutta la sofferenza che un essere sadico può infliggere alla sua povera vittima sacrificale. Che sciocca, vero? Quello era solo l’inizio ed io non lo avevo capito.”

Gli eventi di quel tragico anno tornano a galla e l’amarezza mai superata mi fa scattare nuovamente in piedi. Sono stanca, ma non posso fermarmi.

Ho ancora tanto veleno da sputare e tanto dolore da ripagare.

“Hai ucciso Joyce! Hai fatto morire l’unica persona che mi amava incondizionatamente. Ed io ero veramente arrivata a volerle bene come una madre! Perché hai dovuto farmi questo? Non ti era bastato cacciare dal nulla una sorella rompiscatole con la capacità di distruggere il mondo? Non ti era bastato farmi picchiare da quella pazza di Glory dalle acconciature improbabili? Perché? Perché? PERCHE’?” urlò tutto il mio rancore.

Satsu chiusa nel suo angolo piange e non so se lo fa per quello che ho passato oppure perché crede che sia del tutto impazzita. Non ha importanza. In questo momento niente altro ha importanza.

Solo la mia missione di ammutinamento ne ha.

“ Ho pianto come mai ho fatto in tutta la mia vita. Eppure non ti ho detto nulla, sono rimasta in silenzio, nella convinzione che la fine fosse ormai vicina! Ancora una volta sei stato bravo ad illudermi” E batto le mani per complimentarmi con quel diavolo malefico travestito da sceneggiatore che il mondo interno crede pure un genio.

“Mi hai ucciso una seconda volta e mi hai spedito in paradiso!”sussurro quasi, come se il dirlo a voce alta potessi farmi rivivere quel baratro di depressione in cui precipitai all’epoca.

“Ero finalmente in pace. Ho creduto che quella fosse veramente la mia ricompensa per aver reso lo show un successo e te ricco e famoso. Ma non potevi accontentarti, vero? Tu dovevi ancora sperimentare, andare al di là degli schemi precostituiti del piccolo schermo! Dovevi scioccare tutti quanti facendomi risuscitare nel peggiore dei modi e creando la serie più cupa e nera che la televisione americana avessi mai visto! Toglimi una curiosità, ti sei almeno divertito? Ti sei divertito a fare a pezzi me e quei tre amici sfigati che mi avevi messi a fianco? Ti sei divertito a distruggere la nostra dignità ed il nostro amor proprio? SI? Beh, NOI NO!” E tiro un altro pugno al muro.

Una scarica di dolore mi va dritta al cervello, ma non riesce neppure a scalfire la sofferenza dei ricordi di quell’anno. Mi osservo la mano, sta sanguinando.

Sorrido in una nuova consapevolezza. Questa è l’ultima volta.

Perché dopo oggi in poi non sanguinerò più.

Non soffrirò più.

Non lo permetterò.ù

Parola di Buffy Summersi

“Sei riuscito a distruggere anche l’unico conforto che fossi riuscita a trovare in quel mega caos che avevi creato. Si, sai benissimo di chi sto parlando. Proprio di Spike! Cos’è credevi che me ne fossi dimenticata? Ha paura a parlare di lui? Tremi?”

La mia risata malefica riecheggia nella stanza.

“Hai sempre avuto paura di Spike, vero? Perché non sei mai riuscito a controllarlo del tutto e questo ti mandava in crisi. Era nato per essere un personaggio usa e getta e invece lui si impone e ti domina la seconda serie. Lo fai tornare giusto per darmi fastidio e lui ancora una volta non solo riesce a ritagliarsi un proprio spazio, ma comincia a mostrare anche un certo interesse per me, mandando all’aria tutti i tuoi progetti e le tue sceneggiature. Hai provato a trasformare il suo interesse in un ossessione malata e invece lui si innamora sinceramente di me, riuscendo a fare breccia anche tra i miei mille complessi e problemi. Ti bruciava vero? Ogni cosa che facevi ti si rivoltava contro con lui. Quando in quella pantomina canterina che hai messo su, poi, ti sei reso conto che, forse, potevo ricambiare i sentimenti di Spike, hai gettato entrambi in un rapporto degradante ed umiliante fatto di sesso e violenza!”

Il ricordo delle notti infuocate con Spike mi riscalda il corpo e mi fa sorridere inconsapevolmente.

Cerco di scacciare quei pensieri e di concentrarmi sulle mie stesse parole. Impresa difficile quando la mente è invasa da immagini sconce ed ad alto contenuto erotico.

“ Anche allora, sono rimasta zitta! Ho seguito alla lettera tutto quello che mi dicevi di fare, senza dire nulla. Mi hai costretta anche a picchiarlo a sangue. Mi hai trasformata in una stronza senza cuore ed io te l’ho lasciato fare. Hai fatto impazzire Spike e lo hai costretto al peggiore dei gesti….”

Un brivido.

“Buffy non pensarci!” mi impongo, cercando di bloccare il flashback.

Prendo un respiro profondo e poi ricomincio.

“Ma lui ti ha fregato ancora una volta. Invece che andare in Africa per farsi togliere il chip come tu avevi programmato lui si fa restituire l’anima. Quante risate mi sono fatta quando ti sei reso conto di quello che aveva fatto. Urlavi come un ossesso per tutti gli Studios, lanciando fogli per aria. Avrei voluto avere io il coraggio di Spike e seguire il suo esempio, e invece no. Non ho fatto nulla, nella convinzione che un personaggio deve seguire sempre e comunque il suo creatore. Beh adesso credo che sia venuto il momento di dire basta! Ho sopportato troppo e non ci sto più!” ribadisco, sputando fuori tutto l’odio che ho per quel puffo dai capelli rossi.

“Ho sopportato anche che tu uccidessi Spike, proprio quando avevo preso il coraggio di confessargli i miei sentimenti…maledetto! Ma cos’è questo? Un modo per sfogare la frustrazione per una vita infelice e da perdente? Si…sei un PERDENTE!”strillo, nonostante la voce stia venendo ormai meno.

“ Sono stata in silenzio anche quando mi hai trasformato in un fumetto senza seno e con un naso a patata ancora peggio di quello che avevo prima. Mi sono fatta trascinare in questo maledetto castello sperduto della Scozia senza dire una parola. AHHHHHHH!” urlo di rabbia.

“Ma adesso basta, la mia pazienza si è esaurita! L’avermi fatto andare a letto con Sastu è la goccia che ha fatto traboccare il vaso!”

La diretta interessata sussulta.

“Scusa, non ho nulla contro di te, sei una ragazza carina e credo anche che tu sia simpatica, ma realmente non sei il mio tipo!” le dico, cercando di addolcire il tono della voce. Poi rialzo gli occhi al cielo.

“Hai capito cosa ho detto? Non è il mio tipo! Io sono troppo ETEROSESSUALE per essere Lesbica! Non ho nulla contro le lesbiche, beninteso, Willow lo è ed è fantastica, ma io non lo sono e NON VOGLIO ESSERLO. Farmi andare a letto con Satsu…peggio di così non potevi umiliarmi…è stato un colpo basso, senza offesa!” concludo rivolgendomi ancora alla ragazza.

“Hai qualche turba sessuale? Ti ecciti a vedere due donne farlo? Beh io a dare vita alle tue fantasie erotiche non ci sto, anzi non ci sto più a fare niente di quello che tu hai deciso. Io mi licenzio, me ne vado, trovatene un'altra! ADDIO! ADIEU! AUFWIEDERSEHEN!”

Lo saluto con la mano e senza aggiungere un'altra parola, indosso le scarpe ed esco dalla camera.

In corridoio, cammino velocemente, quasi a voler mettere più distanza possibile tra me quel malefico nano. Nonostante lo sfogo, sono ancora arrabbiata e forse lo sono anche più di prima. Improvvisamente ricordo qualcosa. Mi fermo e torno indietro.

Rientro nella camera e Satsu è ancora lì, sul letto, stretta al lenzuolo. Ma sarà di pietra?

Scuoto la testa ed alzo di nuovo gli occhi al cielo.

“E non pensare che sia finita qui! Non è che adesso mi sono sfogata e amici come prima! No, questa me la paghi, me la paghi cara e amara, sappilo” lo minaccio.

Poi mi giro verso lo specchio, e mi agito tutta finchè questo colore troppo saturo da fumetto di quarto ordine non mi si è scrollato da dosso ed il disegno a matita sparito.

Mi osservo, mentre riacquisto tridimensionalità e le fattezze umane che mi hanno accompagnato per sette anni. Respiro a fondo. Sono finalmente tornata!

“Finchè sei in tempo, scappa. E’ un sadico nano. Ti ucciderà!” dico laconicamente alla ragazza, che mi guarda stupita della mia trasformazione. La saluto e vado verso la finestra.

La apro e mi sporgo.

“Noooooooo!” urla Satsu.

Ma non l’ascolto e con un unico gesto mi butto giù.

E mentre cado fuori dal disegno, nella mia testa un unico pensiero.

Vendetta. Tremenda vendetta.

Atterro nel mondo reale con sorriso sulle labbra.

Sono libera.

Rido.

Come non facevo da tanto.

Da troppo.

Prendo un grosso respiro e poi mi incammino.

Adesso ho una missione da compiere e non permetterò a nessuno di fermarmi.

Joss Whedon finalmente capirà cosa significa mettersi contro una cacciatrice.

 

 

Dopo un eternità eccomi tornata...

Cavolo e questo è perchè avevo promesso che avrei finito questa ff nel giro di un paio di giorni....forse mi conviene non promettere. Comunque adesso eccolo qui il secondo capitolo ( lo ricordo ce ne sarà ancora un altro e poi l'epilogo), dedicato a Kiki che mi ha fatto sentire in colpa per tutto questa mese. Grazie.

Un avvertenza. Io non seguo proprio gli avvenimenti dei fumetti, ma li utilizzo a mio uso e consumo.

Buona lettura!

 

TRE PERSONAGGI IN “CACCIA” D’AUTORE

 

Secondo capitolo

 

 

La porta si chiude, con un rumore sordo, ed io riapro finalmente gli occhi, potendo smettere di fingere. Allargo le braccia, guadagnandomi l’intero letto e tiro un sospiro di sollievo, mentre osservo lo squallore di questo soffitto crepato, che avrebbe realmente bisogno di una mano di vernice. Che colore potrei utilizzare?

Un occhio vola alla camera e al disastro che mi circonda. Una sedia, malamente poggiata al muro per la mancanza di un piede, è coperta da una montagna di vestiti sporchi, che, giorno dopo giorno diventa sempre più alta, mentre l’armadio, privo di un anta, mostra la desolazione del mio sopravvivere. Bicchieri rotti e bottiglie vuote sono sparse un po’ ovunque, come suppellettili dimenticate da un ricordo senza oblio. Uno specchio inutilizzato mostra i segni di un rabbioso orgoglio, la cui unica vera conseguenza è la cicatrice che decora la mia mano destra. Una lampadina spoglia penzola tra i fiori sbiaditi di un parato sbriciolato dal tempo.

Forse, la tinta è l’ultimo dei miei problemi.

Comincio a tossire, sentendo il bolo che mi ostruisce la gola, pizzicarmi le corde vocali. Mi sporgo dal letto e, senza alcuna accortezza, sputo a terra.

Ragnatele.

Maledettissime ragnatele!

Mi pulisco la bocca con una mano, impiastricciandomela con residui di saliva e grovigli di seta. Lo stomaco si ribella e mi costringe verso il bagno per sciacquarmi. Fermo davanti al lavabo, osservo lo scorrere dell’acqua e per un attimo ne rimango incantato, riducendo tutto il mio mondo a quel vortice rotante che, girando su stesso, trascina la sostanza informe verso il tubo di scarico. Fisso la scomparsa dell’ultimo filo e sorrido soddisfatto. Sono pulito.

Sono libero.

Libero dalle ragnatele.

Libero dai segni della mia debolezza.

Libero da Spider.

I graffi che ricoprono le mie spalle iniziano a bruciare ed il sorriso si smorza, piegandosi in una smorfia amara. Quando alzo lo sguardo verso la mia assenza di riflesso, la bugia della mente svanisce mostrandosi per quello che realmente è. Un illusione.

Solo una sciocca illusione.

Come quella di questo specchio vuoto, che per quanto si ostini a non riflettermi, non può cancellare la mia presenza. Spider esiste e non sarà eliminandone le tracce che mi libererò di lei.

Chiudo gli occhi, sperando di ricacciare sotto strati di rassegnazione e stanchezza il moto di rabbia e schifo che mi sta salendo su per lo stomaco, ma il disgusto che provo verso me stesso e per la mia esistenza sembra più forte e, in un attimo, mi ritrovo la bocca amara di bile verde.

Ho voglia di vomitare.

Ma non lo faccio.

Non me lo posso permettere.

Afferro i bordi di porcellana con tutta la forza che ho e costringo ancora un po’di più le palpebre. Un rumore privo di sonorità mi avverte della crepa che si sta formando lungo il lavandino. Prima di romperlo del tutto, mollo la presa, mentre la maschera di indifferenza, dietro la quale mi sono nascosto, si ricompone.

Mi sento meglio. E’ passata.

Anche questa volta.

E senza pugni.

Apro gli occhi e fisso ancora lo specchio.

Vuoto, come sempre. Non si è accorto di nulla, impassibile, come è, ai moti della mia anima.

Immobile nella sua ostinata ignoranza.

Incurante della mia presenza.

Il senso di angoscia e di rabbia torna a farsi sentire. Le mani si agitano.

Ho bisogno di bere.

Di fumare, anche.

Esco dal bagno in preda ad una drogata frenesia e mi precipito verso il mobiletto in mogano rosso in cui conservo le bottiglie di bourbon. Ne afferro una, stappandola con un unico gesto agitato e, senza preoccuparmi di cercare un bicchiere, ne ingurgito direttamente una bella quantità finché il bruciore del whisky non copre il dolore del mio cuore immoto.

Un senso di vertigine mi travolge.

La dimenticanza alcolica sta iniziando a fare effetto ed io già mi faccio un po’ meno schifo, mentre scuse indulgenti coprono le mie colpe. Nelle tasche di un pantalone dimenticato in un angolo, trovo un accendino ed un pacchetto stritolato di Marlboro. Ne tiro fuori una, stirandola con delicatezza tra le dita, e l’accendo. Aspiro un paio di tiri, uno dietro l’altro, con gli occhi chiusi e la testa leggermente alzata, aspettando che la nicotina calmi i nervi, in un rituale sempre uguale a se stesso da più di cento anni a questa parte.

Io, per fortuna, non mi devo preoccupare della salute dei miei polmoni.

Ancora nudo, senza alcuna intenzione di vestirmi, mi sposto verso la finestra e, appoggiandomi con i gomiti al davanzale, rimango ad osservare attraverso i cerchi di fumo, la notte di Beverly Hills. Incendi e fuochi sparsi rischiarano le strade buie in cui orde di demoni, galvanizzati da una vittoria non loro, stanno dettando legge. Le luci dei lampioni e delle case appartengono ad un ricordo, che, ora come ora, sembra lontano. Gli umani rimangono nascosti dietro le loro porte serrate, pregando un dio in cui non hanno mai creduto, per una salvezza che molto probabilmente non arriverà. Anche le stelle non si fanno vedere, celate da nuvole fumose, che ricoprono come una coperta ingombrante questo pezzo di cielo dimenticato. Un urlo straziante invade il silenzio, mentre una allarme, in lontananza, denuncia, con il suo suono ripetitivo, l’ennesimo furto che nessuno punirà. Boccheggio creando un piccolo cerchio dentro il quale poi soffio la mia scia di fumo.

Questo squallore senza alcuna speranza è il mio regno.

E non ne sono per nulla orgoglioso.

L’anima, per quanto stordita dall’alcol, si fa sentire, pizzicandomi nonostante tutto e costringendomi a fare i conti con i miei stessi pensieri. In qualche angolo della mente ancora alberga quell’esigenza di ribellione che mi urla di uscire da questa topaia e versare un po’ di sangue marcio. Di lottare in nome dell’umanità e del Manchester United. Di combattere per la salvezza del mondo, per il natale e per altre stronzate simili. Di fare l’eroe, insomma.

Eroe.

Buffa espressione.

Butto giù una dose di bourbon, mettendo a tacere la mia coscienza. A che pro tormentarmi?

Io non sono un eroe e non lo sono mai stato. Che alla difesa del mondo ci pensi qualcun altro.

Non posso più permettermi di disubbidire.

Il copione prevede che io me ne stia qui a ubriacarmi di alcol e di sesso con una ragnetta in calore e me ne devo fare una ragione. Anzi credo che lo abbia già fatto.

Ho ingoiato da un bel pezzo l’orgoglio ed rispetto per me stesso e sto imparando a conviverci. Nonostante lo stomaco e l’anima.

E, poi, maledetto inferno, sono stanco di lottare contro le decisioni altrui.

Non ho fatto altro nella mia lunga esistenza e cosa ho ottenuto? Nulla.

Solo dolore.

Il mio cuore martoriato non può più a sopportare il bruciore delle ferite.

Abbasso lo sguardo sulla sigaretta, che mi penzola tra le dita, ed osservo la cenere che vi rimane attaccata in una lotta testarda per non cadere. Che stronzata!

Do un colpo al filtro e la scia svanisce dissipandosi al vento come era prevedibile.

Sorrido. Amaramente, perché non so fare altro ormai.

Forse non centra la stanchezza. Forse, semplicemente, non ho più alcun motivo per combattere ancora. L’unica ragione per cui mi sono ostinato per tanti anni si è dissolta al vento come questa cenere, mostrando, con quella parola non prevista, tutta la menzogna della mia stessa esistenza.

Ti amo

No, non lo fai, ma grazie per averlo detto.

Il mozzicone della sigaretta si spegne definitivamente, bagnato da una lacrima venuta da chissà dove ed io mi risveglio di colpo, cancellando il ricordo di quell’ultima ferita.

Prendo un altro sorso di whisky, finche non svuoto del tutto la bottiglia.

Ne osservo l’etichetta.

Un tacchino selvatico del Kentucky, orgoglioso della sua origine, mi dice di bere responsabilmente. Ipocrita! Fregandomene di eventuali danni, lancio la bottiglia per la finestra, ascoltandone il suono quando si frantuma in mille pezzi, quindici metri più giù.

Peccato non aver colpito nessuno. Forse sarò più fortunato con la prossima.

Perché a dispetto del tacchino, ho voglia di bere ancora.

Ho voglia di bere fino a stare male, fino a non sentire le gambe e a perdere coscienza.

Voglio perdere la mia identità.

Voglio dimenticare.

Chi sono.

Chi ero

Lei.

Tutto.

Un battere improvviso alla porta di ingresso, mi distoglie dai miei intenti ed attira la mia attenzione.

Chi maledettamente può essere a quest’ora della…? Sarà giorno o notte?

Da quando è calato il buio in città non si capisce più nulla.

Lo sconosciuto diventa insistente, per nulla scoraggiato dal mio silenzio.

Certamente non può essere Spider, che, di solito, non bussa.

Anzi non usa nemmeno la porta preferendo la finestra per fare le sue entrate d’effetto.

I demoni hanno sempre questa esigenza dell’entrate trionfali, chissà come mai.

Io non ho…

Ok, ora sto mentendo a me stesso.

I mie sottoposti non si azzarderebbero neppure a venirmi a cercare. Ho detto loro di non disturbarmi nemmeno se arrivasse un manipolo di cacciatrici a prendere a calci i loro culi rugosi, cosa che per altro non mi dispiacerebbe per nulla. Ma allora chi diavolo è?

“Spike, cavolo, vuoi aprire questa maledetta porta!” urla lo sconosciuto, facendomi gelare di colpo, mentre la mia mente trova la sua risposta.

Questa voce…

Non può essere.

Non può essere.

Non può essere.

“SPIKEEEE! Se non apri immediatamente, la butto giù e ti assicuro che non ci metto proprio nulla!” continua, alzando sempre di più il tono, e bussando con più forza.

Nel momento esatto in cui le sue parole arrivano nella zona periferica del mio cervello, ogni negazione scompare, mentre una comprensione incredula si fa largo.

Maledetto inferno è lei.

E’ proprio lei.

La porta trema leggermente e sembra che stia per crollare da un momento all’altro.

Con la mente ancora confusa e stordita, mi muovo lentamente. Un passo avanti all’altro, mentre osservo le venatura della superficie di legno che mi separa dalla voce.

Se il mio cuore potesse battere, ora starebbe scoppiando.

Giro con cautela il pomello, mentre un morsa ferrea mi stringe lo stomaco.

Sono terrorizzato.

Come lo sono stato solo una volta nella mia lunga non vita.

Ho paura che sia solo un sogno.

Uno di quelli che mi illudono di felicità e da cui, invece, mi risveglio più depresso e triste di prima.

E, considerando che più giù di così non posso proprio andare, non credo di potermelo permettere.

Prendo un respiro non necessario ed apro la porta così piano che sembra che l’intera scena sia stata rallentata per aumentare l’enfasi del momento.

“Oh, finalmente!” commenta lei quando ci ritroviamo di nuovo occhi negli occhi.

E in un attimo tutto scompare.

Scompare questa porta, questa stanza, questo mondo.

Tutto.

Rimaniamo solo io e lei, che immobili ci guardiamo.

O almeno io lo faccio, troppo impegnato ad ubriacarmi, come un alcolista in astinenza, di tutti quei piccolissimi dettagli che sono sempre stati solo suoi e che, solo ora me ne rendo conto, mi sono mancati da morire. Il mio sguardo sbarrato indugia sul suo volto, sulla curva sottile, ma decisa, delle labbra, sull’incarnato leggermente pallido che sa di sole e vaniglia, sul carattere di quel naso a patata di cui si è sempre lamentata. Sui i suoi occhi.

Oh.

I suoi occhi.

Gli occhi di Buffy.

Gli occhi della mia Buffy.

Improvvisamente, un particolare mi colpisce e mi distoglie dalla mia adorante contemplazione.

Ma lei non è…

“Andiamo non abbiamo tempo!” dice, interrompendo i miei pensieri e strattonandomi senza alcuna delicatezza per il corridoio spoglio di questo squallido edificio.

Decisamente è Lei.

“Aspetta un attimo!” mi oppongo io, senza alcun risultato mentre continua a trascinarmi imperterrita.

“MALEDIZIONE CACCIATRICE, TI VUOI FERMARE!” le urlo, riuscendo finalmente a puntare i piedi per terra. Lei si gira con uno sguardo arrabbiato e mi fissa pronta a chiedermi qual è il problema, ma prima di poter formulare la sua domanda, intuisce da sola la questione e la sua espressione cambia di botto. Arrossisce ed è decisamente deliziosa.

“Ma..ma…sei nudo?” balbetta stupidamente, mentre abbassa gli occhi vergognosa.

Mi ripeto.

Deliziosa.

“Beh, non so tu, ma tra le mie perversioni sessuali ancora non è compresa quella di farmi vedere come mamma mi ha fatto da tutta la città!” ribatto, sfoderando la mia migliore faccia di schiaffi.

Lei, come previsto, rotea gli occhi verso l’alto, fingendosi innervosita dalla mia battuta.

“Allora rivestiti!”

“Sicura?” le chiedo, arricciando la lingua tra i denti in quella smorfia maliziosa che, lo so, le è sempre piaciuta tanto. Buffy non mi risponde, mi da un leggero pugno sulla spalla e poi mi supera tornando verso il mio appartamento. Io la seguo come un cagnolino obbediente, senza porle domande che pure affollano la mia mente. Per ora mi voglio solo godere la sua presenza, pregando quel dio, che ho rinnegato secoli addietro, che realmente non sia solo frutto della mia immaginazione. Una volta entrata nella stanza, lei si blocca, sembrando improvvisamente a disagio. Gira lo sguardo alla ricerca di un posto dove sedersi ed io di riflesso provo vergogna per questa fogna in cui mi sono ridotto a vivere. Per non prolungare più del necessario questa imbarazzante situazione, mi dirigo diritto verso l’armadio, afferrando l’ultimo jeans nero pulito che vi è rimasto. Dovrò fare rifornimento di nuovi se non voglio ritrovarmi domani con detersivo e smacchiante in mano.

Li indosso, dandole le spalle e chiedendomi perché sia venuta a cercarmi.

A quanto ne so io, non era prevista una cosa del genere.

Non dovrebbe starsene in Scozia ad allenare le nuove leve ? E’ accaduto qualcosa?

Forse un nuova apocalisse intercontinentale?

Bah! Ormai non mi stupirei se quel coso avesse ideato una stronzata simile.

Mi giro desideroso di avere una spiegazione.

“Sono pronto!” le dico richiamando la sua attenzione.

Quando alza lo sguardo su di me ha una espressione strana.

Quasi compassionevole.

Merda.

Mi ci mancava anche la pietà di Buffy per rendere la mia vita ancora più miserevole.

Sono sicuro che questa è un'altra delle manovre di quell’essere innominabile.

Anche se proprio non mi spiego perché lei non sia…

Oh al diavolo!

“Perché sei qui!” le chiedo senza mezzi termini, mentre sento la rabbia impossessarmi di ogni fibra.

“E’ una lunga storia. Te la racconto mentre andiamo…”

“No!” la interrompo io.

“Adesso. Se no, non vengo da nessuna diavolo di parte!”

Lei, con lo sguardo basso, sposta il peso da un piede all’altro mentre soppesa le parole. Rimane per alcuni secondi in silenzio, facendomi agitare sempre di più. Deve esserci sotto qualcosa di veramente grosso per farla reagire in questo modo.

“OK! Però così non ci riesco!” mi dice quando rialza di nuovo la testa. Poi con decisione si dirige verso di me, lasciandomi spiazzato. Nei suoi occhi c’è una determinazione che, per un attimo, mi lascia perplesso e mi fa arretrare fino a sbattere contro l’unica anta sopravvissuta dell’armadio.

Buffy mi raggiunge, mi afferra le spalle e mi scuote come se fossi un vecchio tappeto.

Prima ancora di capire cosa stia accadendo, sento la polvere di colore che mi ricopre svanire ed il mio corpo riprendere la tridimensionalità che gli era, un tempo, consona. La linea decisa che demarca i miei tratti scompare mentre i miei lineamenti si addolciscono riacquistando un aspetto più naturale.

Più umano.

Anche i miei muscoli si risvegliano da quel torpore di penna ed inchiostro in cui erano stati costretti nell’ultimo mese.

“Molto meglio!” commenta lei, facendomi un sorriso.

Ma cosa diavolo…

“Non mi spiego perché con tutti i soldi che gli abbiamo fatto guadagnare, quel nano malefico non abbia ingaggiato dei disegnatori più talentuosi. Insomma ci hanno disegnato un schifo, non trovi?” domanda incrociando le braccia in una posa determinata che ha sempre caratterizzato la cacciatrice che in lei. Io mi limito, ancora una volta, a sbarrare gli occhi, mentre realizzo le sue parole.

Possibile che lei…

Insomma ogni cosa acquisterebbe un'altra prospettiva se…

Ma il mio cervello si rifiuta anche di prendere in considerazione un ipotesi del genere.

“Spike?” mi richiama Buffy dopo alcuni secondi, preoccupata evidentemente del mio mutismo.

“Ma…ma…tu…tu sai di Joss?” balbetto alla fine come un idiota. Lo stomaco è ancora chiuso e in questo momento ringrazio il cielo di non dover respirare perché se no sarei già morto. Ho dovuto fare ricorso a tutto il coraggio rimastomi per farle questa domanda che apre nuovi scenari e nuove possibilità del tutto inaspettate.

“Si!” mi risponde laconica lei.

“Da…da quando?” balbetto ancora e devo essere proprio un mezza sega se non riesco a fermare il tremore della voce.

“Beh…più o meno da sempre!”

“DA SEMPRE?” urlo questa volta.

Ok , di male in peggio.

Comincio a camminare avanti e indietro per la stanza, riattivando i muscoli e le sinapsi di questo corpo, fatto nuovamente di carne e ossa. Mentre la testa gira vorticosamente per assimilare questa nuova informazione, gli occhi vagano per la camera notando il netto contrato tra la mia tridimensionalità ed il contorno bidimensionale di carta che mi circonda. E’ tutto assurdo.

Assurda questa camera saturata di grigio e giallo.

Assurda la sedia senza profondità.

Assurda la scenografia di cartapesta che chiude la mia finestra.

Improvvisamente mi sento come Eddie Valiant a Toontown.

E mi manca l’aria.

Non che ne abbia realmente bisogno.

Più che altro dovrei calmarmi, ma è difficile con tutto il turbinio di pensieri che ho nella testa.

“Ma allora, se tu sapevi di Joss, perché…?” chiedo senza riuscire a finire la frase, bloccandomi e guardandola negli occhi. Spero che lei capisca la mia domanda perché realmente non riesco a fare di meglio in questo momento.

E’ stato tutto troppo veloce.

Un attimo prima mi stavo piangendo addosso in un fumetto di quarto ordine senza avere la forza di fare altro, una attimo dopo mi ritrovo di nuovo me stesso, a tu per tu con Buffy che mi tira questa bomba addosso.

Ho sempre creduto che fossi solo io quello conscio della mia natura ed ora...

“Perché ero un suo personaggio e credevo che seguire il suo script fosse un mio compito. Pensavo che se mi fossi comportata bene e avessi obbedito, alla fine sarei stata ricompensata e invece...”

“E invece?”

“Avevi ragione tu! Quello è solo un sadico nano votato al male che non ha fatto altro che tormentarci per tutto questi anni e che avrebbe voluto continuare a farci soffrire per chissà quanto tempo ancora. Ma adesso basta. Ho decisi di ribellarmi!”

“Ribellarti?” ripeto come un idiota, trovando realmente incredibile tutto ciò.

“Si, ho deciso di fargli pagare tutto il male che mi ha fatto!” conclude lei soddisfatta di se stessa, mentre negli occhi scintilla una luce che riconosco immediatamente.

E’ la luce della vendetta pregustata.

E’ la luce del male.

Per un attimo sorrido, immaginandomi quello che questa piccola donna potrebbe fare a quell’omuncolo senza spina dorsale che si è nascosto per tanti anni dietro un foglio di carta.

Poi un pensiero mi fa riflettere.

Cosa diavolo ha fatto quell’idiota a Buffy per farla reagire così?

Deve averla fatta realmente grossa per spingerla a ribellarsi. Ma cosa?

Un apocalisse? No, non è nulla di nuovo che la cacciatrice non abbia già affrontato.

Le ha ucciso qualcuno di caro?Dawn?

No, non credo. Si è sempre troppo divertito a creare un rapporto conflittuale tra le due sorelle e non penso che vi rinunci così facilmente, soprattutto sapendo quanto questa cosa la irriti

Che l’abbia fatta innamorare di qualche altro demone?

Magari ha rispolverato quella vecchia storia dell’Immortale?.

Tremo al pensiero, mentre la gelosia, nonostante tutto, mi infetta le vene.

“Cosa ti ha fatto?” le chiedo, cercando di nascondere il mio stato d’animo.

Buffy sgrana gli occhi, stupita dalla domanda, ma non mi risponde. Poi, vergognandosi, abbassa lo sguardo e rimane ad osservare i buchi disegnati su questo pavimento senza consistenza.

La mia gelosia diventa rabbia, mentre prefiguro gli scenari più abominevoli. Il sangue ribolle e vorrei farle mille domande, ma prima di poterla incalzare, me la ritrovo piangente tra le braccia.

“Oh, Spike è stato terribile!” singhiozza, chiudendosi sul mio petto nudo.

L’ira si scioglie immediatamente al calore del suo corpo ed io mi ritrovo a sorridere come una checca innamorata. Che poi è quello che sono.

Le carezzo i capelli, mentre la cullo cercando di calmarla.

“Mi ha…mi.ha…, non riesco a dirlo” piange ancora più forte.

“Shh, Luv, è passato,ora sei qui…” le sussurro baciandole la testa. Sembra così piccola in questo momento che sembra quasi incredibile che sia la stessa ragazza che ha combattuto in sette apocalissi.

“Lui…mi…mi sono risvegliata con una donna” alla fine sputa fuori tra le lacrime.

Ascolto senza capire, troppo preso dal godermi la tenerezza del nostro abbraccio.

Poi realizzo.

“COSA?” grido stupito allontanandola e guardandola negli occhi per assicurarmi che non mi stia prendendo in giro.

“Si, mi ha fatto fare sesso con una ragazza e…” continua, abbassando la testa.

Io non mi trattengo più e prima di poter razionalizzare comincio a ridere.

Forte.

Fragorosamente.

Buffy mi guarda stupita e anche leggermente innervosita.

“Che hai da ridere? E’ una cosa seria!”

“Direi piuttosto assurda, passerotto!” ribatto io, mentre il corpo viene scosso da questa ilarità che non riesco a fermare.

“Sei troppo eterosessuale Buffy per certe cose, ed io lo so fin troppo bene!” commento tra una risata e un'altra.

“E’ quello che ho detto anche io!” mi dice, mettendo un broncio che immediatamente mi fa placare il divertimento che la scena ha suscitato. Nella mia mente pensieri di altra natura si fanno largo, ma li tengo a bada, perché realmente non sarebbe il momento per mostrare Willie alla signora.

“E’ per questo che vuoi vendicarti?”

“Più che altro è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Insomma una cosa è combattere contro demoni e vampiri ed un'altra cosa è diventare la protagonista delle fantasie erotiche di quel pervertito!” risponde, mentre si asciugale lacrime e riacquista il cipiglio da cacciatrice.

Ripenso agli ultimi giorni della mia vita da fumetto e alla quantità di sesso che quel coso mi ha costretto a fare con la ragnetta ed i miei entusiasmi scemano in un attimo. Inoltre comincio a pensare che il nano debba essere particolarmente frustrato in questo periodo e così ha cercato di sfogare su di noi. Forse la moglie ha finalmente aperto gli occhi e lo ha mollato.

“Allora sei con me?”

“Cosa?” chiedo non avendo realmente ascoltato quello che ha detto, perso nei miei stessi pensieri.

“Vieni con me?” mi domanda.

“Dove?”

“Ma come dove? A farla pagare a Joss, no?” mi spiega come se fossi un idiota. E forse lo devo essere o almeno lo devo apparire. Perché, sono sicuro, che in questo momento la mia espressione non sta sprigionando intelligenza. Più che altro sono confuso, stupito e perplesso.

Perché per quanto non possa negare che l’idea di fare del male a quel cespuglio rosso vagante mi alletti e non poco, una parte di me, però, sa bene che non mi farebbe sentire meglio.

Non servirebbe a nulla.

“Passeretto, io…non so…” comincio, cercando di spiegarle le mie ragioni.

“Ma come non sai? Proprio tu non vuoi fargliela pagare? Non vuoi vendicarti? Tu sei sempre ribellato ed ora?” mi chiede, stupita evidentemente da questa mia defezione.

“Appunto, mi sono sempre ribellato e cosa ho ottenuto? Nulla! A che mi servirebbe la vendetta?”

“ Ma, ma…potresti essere finalmente felice. Potremmo essere felici!” dice, cercando di convincermi, ma io non sono convinto. Scuoto la testa, non trovando in queste parole una ragione valida per tornare a soffrire come ho fatto per anni.

“ Tu forse, ma io non ho speranze” le dico, abbassando lo sguardo sconfitto. Ed in questo momento mi sento realmente una checca. Nemmeno Angel sarebbe riuscito ad apparire così patetico.

Lei continua a guardarmi con quei suoi grandi occhi verdi così profondi ed immensi, che io, mi illudo sempre di leggervi qualcosa che non è mai esistito.

“Io… intendevo… potremmo essere felici insieme…io e te!” balbetta lei.

Io gelo ancora una volta.

Questa deve essere proprio la serata delle sorprese e dei colpi di scena, perché proprio questa non me la aspettavo. Una flebile speranza si riaccende nella mia anima.

Ma la luce dura un secondo. Il cuore che non si è mai mosso, si calma, mentre la mente razionalizza e capisce.

“Luv, non esiste nessun io e te!” le rispondo con tutta la rassegnazione che mi porto ormai da anni appresso. La ferita di quell’ultimo ricordo mi brucia, ma cerco di trattenere la smorfia di dolore.

“Tu non mi ami più?” mi chiede con un tono flebile. Sembra quasi spaventata.

Possibile?

“Ma cosa diavolo stai dicendo?” reagisco io arrabbiato per l’assurdità di quella domanda.

“Certo che ti amo…io sto parlando di te” continuo, distogliendo lo sguardo dal suo.

“Ma…”

“No, Buffy, tu non mi ami. I sentimenti che credi di provare sono sempre frutto di quella mente malata che…” la blocco io, non volendo prolungare ancora questo supplizio del cuore.

La ferita sanguina senza ritegno.

“No!” mi interrompe a sua volta.

I miei occhi tornano nei suoi. E mi ritrovo perso in quel prato verde che per tanti anni ha rappresentato il mio paradiso ed il mio martirio.

“Io…lo intendevo sul serio!” mi dice laconicamente.

Ed io, di nuovo, dopo un centoventotto anni, muoio.

Muoio per quella speranza che mi era sempre stata negata.

Muoio di una felicità che non pensavo mi fosse destinata.

Muoio di un incendio che mi brucia l’anima ed il corpo senza farmi provare dolore.

“Ammetto che se Joss non avesse pensato di avvicinarci, forse non sarebbe mai successo niente tra noi…o comunque non lo so…ma io…io…mi sono innamorata veramente di te e quando ti ho detto che…lo intendevo…ero seria!” farnetica lei una serie di parole timide che però io non ascolto realmente. Le mie orecchie sono ottuse dall’assordante rumore di questo battito cardiaco che non sono più sicuro se sia il suo o il mio. I miei occhi sono immersi nel sentimento che brilla così chiaro in quelli di lei che mi sembra quasi assurdo non averlo visto prima o averlo confuso solo con il riflesso del mio. Lei mi ama ed ora posso vederlo. Ora posso sentirlo.

“So che avrei dovuto dirtelo prima, ma mi sono comportata da vigliacca e…”

Non la faccio finire, perchè il tempo delle parole è finito. Senza darle il tempo di reagire, la afferro e la bacio. Come ho sempre desiderato.

Come non ho mai osato fare.

Dandole tutto me stesso e prendendo tutto.

Fondendomi in lei e con lei.

Buffy si stringe a me, chiudendo le mani attorno ai miei capelli, ed io intensifico se è possibile la pressione sulle sue labbra. Le nostre lingue tornano a duellare in quel ballo che è sempre stato solo nostro. Le mie dita scivolano sulla schiena, incendiandosi di un desiderio mai stato così forte.

Io non devo respirare, ma purtroppo lei si e a malincuore mi distacco, osservandola mentre riapre gli occhi, chiusi per la passione travolgente che ci ha avvinti.

Quando lo fa, nelle sue iridi leggo la nebbia del piacere, la confusione del distacco e l’esigenza del avere di più. Il mio cuore esplode.

Ancora.

Ancora,

Io ti..” mi sussura lei.

Io la zittisco, sfiorandole la bocca con la mia.

Come ho già detto, questo non è il momento delle parole.

“Non ora. Avremo tutto il tempo dopo”

“Me lo prometti?”

“Si, questa volta te lo prometto”

E la bacio ancora.

E sono sicuro, questo è il paradiso.

E’ questa stanza di cartapesta immersa nel profumo della nostra passione e nella musicalità del nostro piacere. Il mio corpo reagisce all’intensità del nostro legame e, da quello che posso avvertire, anche quello di Buffy. Mi distacco ancora una volta, poggiando la mia fronte sulla sua e cercando disperatamente di calmarmi. So che se non lo faccio, potrei saltarle addosso da un momento all’altro e poi altro che distruggere un edificio. Qui, stasera saremmo capaci di buttare giù l’intera città. Che poi essendo fatta di carata non sarebbe tanto difficile.

“Allora dimmi qual’è il tuo piano contro Joss!” le chiedo senza allontanare il contatto visivo.

Lei, prima fa un broncio, poi, evidentemente, intuisce i mie pensieri, e mi sorride, alzandosi sulle punte e sussurrandomi la sua idea all’orecchio.

Io sogghigno in riposta.

Il piano è semplice.

Efficace.

Sadico.

“Mi piace!” commento.

“Allora andiamo?” mi chiede lei, guardandomi negli occhi.

Io la bacio ancora, più che altro per assicurarmi che sia tutto reale.

E maledizione se lo è.

Annuisco, mentre mi allontano ed afferro una maglietta, l’ultima, dall’armadio, chiudendo bene l’anta sopravvissuta. Non mi servirà più.

Come non mi servirà più questa stanza disegnata.

“Si, andiamo!” le conformo quando sono pronto.

Mi prende una mano e per un attimo rimaniamo ad osservare le nostre dita incrociate.

Non succede nulla.

Non prendono fuoco.

Sorridiamo insieme.

Perché questa volta non c’è nessuna apocalisse ad aspettarci.

Questa volta non ci attende una fine, ma un inizio.

Il nostro.

Apro la porta, stringendo ancora Buffy a me, quando dall’altro lato compare Spider.

“Chi è questa?” chiedono all’unisono le due donne.

Io non mi scompongo, carezzando il palmo della cacciatrice. Mi giro e le lancio uno dei miei famosi sorrisi, quelli che sono l’hanno sempre fatta sciogliere al di là della sceneggiatura.

“Nessuno, solo un'altra cosa per cui farla pagare a Joss!” rispondo, superando la ragnetta e trascinando con me Buffy lungo il corridoio.

Spider urla qualcosa che risuona tra questa pareti di carta ed inchiostro, ma io non la ascolto.

I miei pensieri sono concentrati su un unico obbiettivo.

“Sicura che non posso morderlo?” chiedo facendo un espressione innocente.

La cacciatrice mi lancia un espressione di monito, poi si scioglie.

“Vedremo, se fai il buono!” mi dice mimando una espressione seria.

Io faccio la mia solita faccia da schiaffi ed aggiungo.

“Impossibile, luv, io sono un big bad!”

E rido, mentre già la mia anima ed il mio demone si pregustano la vendetta.

Ah, La dolce vendetta.

Ahahahahahahah!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo un altra eternità, eccomi qui a postare la terza parte di questa storia, che come avrte già capito è dedicata ad un terzo personaggio.

Mi scuso per l'attesa, ma è stato ababstanza difficoltoso scrivere questo capitolo, anche perchè mi sono resa conto di non essere in grado di scrivere di questo personaggio. Non è nelle mie corde...non lo sento....e quindi credo che inevitabilmente di essere andata fuori character. Ma questo me lo potrà dire meglio Tania, visto che lei è la massima esperta. Mi era ad uncerto punto venuta anche l'idea di far scrivere a qualcun altro questo capitolo. Ma poi ho deciso che mi dovevo mettere alla prova. Il risultato non è proprio ottimo. Ma io ho fatto del mio meglio.

Inoltre non vi fate ingannare dal carattere melodrammatico di questa parte...la storia è e rimande demenziale....

Infine...la struttura del "risveglio" che anche qui ripropongo è volutamente ripetuta sui tre capitoli...per formare un unità...non mi sono completamente rincretinita che ancora non mi rendo conto di scrivere sempre la stessa cosa....

Buona lettura adesso e scusatemi ancora per l'attesa...

Mi sto già mettendo a lavoro per la seconda parte di questo capitolo....

 

Un ultima cosa....dedicato a Lala, perchè non pianga...mai più...

 

TRE PERSONAGGI IN "CACCIA" DI AUTORE

terzo capitolo (prima parte)

 

 

Sbatto le palpebre un paio di volte, lottando contro una luce fastidiosa che, risvegliando i sensi, mi costringe ad abbandonare il torpore in cui ero sprofondato, mio malgrado. A fatica, metto a fuoco la vista su di un muro di mattoni ammuffiti. Nel bel mezzo, riesco a distinguere un poster strappato che mostra le bellezze delle Bahamas e mi invita, attraverso il sorriso di una donna ammiccante, a raggiungere il paradiso.

Osservo senza capire. Dove sono?

Giro lo sguardo alla ricerca di una risposta, ma la mia percezione della notte non è più quella di un tempo e l’unica cosa che riesco ad ottenere è solo maggiore confusione. Il lampione rotto che illumina ad intermittenza il buio non mi aiuta e la memoria sembra essersi persa in una nebbia di ricordi senza chiarezza. Provo a concentrarmi, ma ogni mio tentativo viene annullato dal dolore sordo proveniente dalla spalla destra. Una fitta costantemente silenziosa mi indolenzisce il braccio e mi fa stringere i denti nella vana speranza di qualche forma di sollievo.

1…2…3…4...

Respiro lentamente e conto i numeri, adottando quel piccolo trucco che, da bambino, mi aveva insegnato mia madre. Mi ripeteva che ogni sofferenza ha un inizio ed una fine e quantificarla ci aiuta ad accettarla come prova mandataci dal Signore. A quel tempo, realmente non riuscivo a vedere nelle botte inflittami da mio padre un segno divino e quel metodo non serviva assolutamente a nulla. Adesso, però, sembra funzionare ed avverto il dolore alleggerirsi mano a mano che il conteggio va avanti. Dopo alcuni secondi la mente recupera anche la lucidità necessaria per farmi capire dove mi trovo.

Sono steso a terra in un vicolo maleodorante circondato da spazzatura.

Bravo Angel, di male in peggio.

Mentre un allarme risuona in lontananza, scatto in piedi per recuperare un minimo di dignità. Ma le mie gambe, evidentemente, non sono interessate al mio decoro personale e traballano, incapaci di reggermi in piedi, facendomi cadere nuovamente tra sacchetti neri e bucce di banane abbandonate. La ferita torna a farsi sentire con uno spasmo di dolore più forte ed intenso di prima. Trattengo tra le labbra un urlo, mentre il battito cardiaco aumenta ed il respiro si fa corto.

1…2…3…4…5…6…

Ripeto l’espediente sperando nuovamente nell’effetto placebo, ma questa volta non sembra funzionare. Il dolore si fa sempre più intenso mentre si diffonde per tutto il corpo. Le mani cominciano a formicolare ed il petto mi fa male. Tremo senza capirne il motivo, scosso da brividi freddi che mi imperlano la fronte. Devo calmarmi.

Devo calmarmi.

Devo calmarmi.

Stringo i denti con più forza e serro la mascella, cercando di concentrarmi sui rumori provenienti dalla strada principale, alla ricerca di una distrazione. Ma non so se siano i mie sensi fallaci o l’effettivo silenzio, ma non riesco a sentire nulla. Anche l’allarme sembra aver cessato il suo richiamo, lasciandomi solo nel mio abbandono. Solo.

Sono solo.

Un improvviso attacco di panico mi fa agitare spasmodicamente come un naufrago in mezzo al mare. Ho la sensazione di star affogando.

Affogando tra l’immondizia.

Con tutta la forza che mi rimane, mi costringo ad alzarmi per uscire da questo vicolo e, facendo leva su un mattone sporgente, mi rimetto in piedi. Mi appoggio alla parete, respiro profondamente e mi carico di tutta l’aria necessaria per riuscire a fare qualche passo. Un nuovo spasmo, più forte, mi fa piegare, ma questa volta la presa alla parete mi tiene in piedi.

Non posso cadere.

Non di nuovo.

Non ancora.

Porto una mano alla spalla , facendo pressione, per cercare di lenire la fitta.

1..2..3..4..5…6…7…8….9….10……11…….

Meglio.

Va meglio.

Il dolore si sta attutendo ed il braccio mi fa meno male.

Respiro lentamente, facendo entrare la brezza fredda della notte nei polmoni a darmi sollievo.

Appoggiato alla parete di mattoni ammuffiti, mi godo questa sensazione di benessere.

Ho l’impressione anche di star recuperando un po’ di forza.

Sorrido. O almeno è quello che cerco di fare.

In fin dei conti la situazione non è tanto nera.

Forse la ferita non è nemmeno tanto profonda.

Adesso basterebbe riuscire ad arrivare ad un ambulatorio e sarebbe fatta.

Faccio un passo avanti, mentre lascio la presa sulla spalla ed osservo la mia mano.

Improvvisamente ricomincio a tremare.

Ciò che vedo mi fa tremare.

Il mio palmo è completamente insanguinato.

Troppo insanguinato.

Il velo della menzogna si squarcia e la verità mi crolla addosso con tutto il suo carico. In unico flash, la memoria riacquista forma, cancellando qualsiasi illusione, e ricordo.

Ricordo Gunn.

La lotta.

Il suo attacco .

Il suo sguardo.

Quello sguardo carico di odio e rancore che mi ha lanciato prima di abbandonarmi in questo vicolo.

E capisco il perché non mi abbia ucciso.

Non per umanità.

Non per una lontana reminiscenza di un amicizia che, nel bene o nel male, ci ha visti dallo stesso lato della barricata. Non per compassione.

Non mi ha ucciso, perché non ne aveva bisogno.

Perchè sapeva cosa sarebbe accaduto.

Sapeva che sarei comunque morto.

Lo sapeva.

Ed ora lo so anche io.

Sto morendo.

Sto morendo di una morte lenta e dolorosa.

Sto morendo in un vicolo puzzolente.

Sto morendo circondato da ratti e immondizia.

Sto morendo.

La consapevolezza non mi fa ragionare più.

I pensieri si confondono.

La testa gira vorticosamente.

Il cuore galoppa come un cavallo impazzito.

Ma correre è inutile. Non posso più scappare.

Non riesco neppure a respirare.

L’aria è troppo densa, satura di fumi e di odori putrescenti.

E’ impregnata di sangue.

Il mio.

Senza più in briciolo di forza, mi lascio scivolare lungo il muro e crollo a terra.

Chiudo gli occhi e per alcuni minuti non penso a nulla.

Mi concentro solo sul lento ma inesorabile intorpidimento che sta conquistando il mio corpo.

Piano, sale dai piedi lungo le gambe, su per le ginocchia fino a alle cosce.

Sguscia tra le dita, sul palmo, verso il polso e corre per le braccia.

Una lacrima sfugge alle mie palpebre serrate.

Ho paura.

Per la prima ho paura.

Non della morte.

Quella non mi ha mai spaventato.

In nessuna delle mie vite.

Ho paura del dopo.

Ho vissuto più di duecento anni nella convinzione che sarei morto polverizzato e che sarei stato dannato per l’eternità per i miei misfatti, come spetta ad ogni demone. Come in fin dei conti mi è già capitato. Ma adesso? Ora che ho un cuore che batte, ora che il mio corpo non è più invulnerabile, ora che sto morendo da umano, cosa accadrà? Non ne ho idea e questo mi spaventa. Se almeno avessi ascoltato i sermoni domenicali di mio padre, adesso avrei una risposta. E’ pur vero che se lo avessi seguito, non mi ritroverei a quest’ora a morire in questo vicolo. Probabilmente sarei morto di vecchiaia duecento anni fa, in un letto di paglia circondato da una nidiata di figli senza futuro ed da una moglie consumata dal tempo e dall’odio. O forse no. Forse sarei comunque morto giovane, in un vicolo, ubriaco di vino e di sesso. Non so.

Una seconda lacrima scende lungo le guance.

Poi un'altra ed un'altra ancora.

E per la prima volta non le fermo.

Perché ho bisogno di piangere.

Ho bisogno che queste gocce salate puliscano la sofferenza del mio cuore.

Puliscano le mie colpe.

I miei peccati.

Morire pulito sarebbe già una grande soddisfazione.

La puzza di immondizia mi fa constatare l’assurdità di questa frase. Un sorriso senza senso si fa largo tra il pianto e la sofferenza, e si mischia con le lacrime in una smorfia amara. In questo momento ci vorrebbe Spike. Lui si che riuscirebbe con la sua proverbiale sincerità a mettere in risalto l’ironia della vita. Riesco anche a sentirlo con quel suo accento fastidioso mentre mi schernisce.

“Ma come, il grande Angelus ridotto a piangere come una femminuccia tra ratti e spazzatura? In questi ultimi sette anni, hai fatto di tutto per tornare umano ed ora che sei riuscito a esaudire il tuo desiderio, muori nei più squallidi dei modi. Sei solo una checca!”

Direbbe una cosa del genere, ne sono sicuro.

Ne sono…

L’oblio invade la mia mente e non riesco più a pensare.

Non riesco a fare più nulla.

Ormai la mia ora è arrivata.

Sto morendo.

Una luce bianca, improvvisamente, investe i miei occhi.

Una figura si avvicina, ma io non riesco a distinguerla.

Non subito almeno.

Ma non ha importanza.

So già chi è.

E’ Cordelia.

La mia Cordy.

E’ venuta prendermi.

Sorrido.

Sono pronto.

O forse semplicemente sono troppo stanco.

Lei stende la sua mano ed io voglio afferrarla disperatamente.

Perché non ho più la forza ed il coraggio per resistere.

Perché, nonostante i miei sforzi, non sono riuscito a salvare il mondo come le avevo promesso.

Non sono riuscito nemmeno a salvare Gunn.

Perché in tutti questi anni, non ho capito nulla ed ho lasciato che le cose importanti mi sfuggissero di mano. Ho inseguito i desideri dei poteri che sono, invece che inseguire i miei.

Ed ho fallito su tutti i piani.

Come padre.

Come amico.

Come uomo.

Con Connor, Wesley e Lorne.

Ho sbagliato con te, amore mio.

Oh Cordelia, mi potrai perdonare?

Lei muove le labbra.

Parlami.

Parlami.

Dimmi che tutto andrà bene.

Dimmi che finalmente saremo felici.

Mentimi.

“Eccolo lì!” risponde ed io rimango perplesso, perché non è la sua voce.

Sembra quella di…

“Ma come diavolo facevi a sapere dove trovarlo?”

Spike?

Cordelia mi sorride e poi svanisce. E con lei svanisce il bianco accecante ed io mi ritrovo di nuovo immerso nel buio.

“Ti avevo detto che fermarci all’edicola era una buona idea!”

Riapro gli occhi a fatica, mentre ormai avverto il cuore battere sempre più lentamente. Tra i fumi della sofferenza riesco a intravedere Buffy e Spike chinati su di me. Sono qui per salvarmi? Non si rendono conto che ormai è troppo tardi? Lasciatemi tornare da Cordelia, vi prego. Lasciatemi morire.

“Sta fermo, maledizione! Siamo qui per aiutarti!” urla il mio childe, mentre si avvicina alla mia spalla. A fatica metto a fuoco il suo guardo e nei suoi occhi blu leggo la verità. Non mi farà del male. Non è qui per accanirsi su di un uomo morente. Non è il tipo. Lui è migliore di me. Lo è sempre stato.

E finalmente sono riuscito ad ammetterlo. Chiudo le palpebre e mi affido al suo tocco. Posso fidarmi. Lo so. Sento qualcosa sfregare contro la mia ferita e trattengo un urlo di dolore.

“Ancora un attimo e abbiamo finito!” mi rincuora Buffy, stringendomi la mano. Sembrano così convinti di potermi salvare che io non oppongo resistenza e li lascio fare.

Improvvisamente qualcosa accade.

Come d’incanto non sento più il dolore alla spalla ed i miei arti sembrano recuperare sensibilità. Il cuore recupera il proprio ritmo naturale ed i polmoni prendono aria senza fatica. Mi sento meglio. Decisamente meglio.

“Sembra aver funzionato!” commenta Spike.

“Ne dubitavi?” ribatte beffarda Buffy.

Riapro gli occhi giusto in tempo per vedere il sorriso soddisfatto che entrambi hanno disegnato sul volto. Porto una mano alla ferita e con mia grande sorpresa scopro che non sanguina più. Anzi sembra essersi rimarginata. Ma cosa diavolo è accaduto?

Buffy mi porge una mano e mi aiuta a tirarmi su.

“Ti senti meglio?” mi chiede.

Io annuisco, incapace di parlare. Faccio qualche passo recuperando stabilità e forza. Mi guardo attorno disorientato. Che fosse stato solo un brutto sogno?Eppure siamo ancora nel vicolo puzzolente ed il poster strappato è sempre al suo posto. Non capisco.

“Come avete fatto a salvarmi? Una magia?” chiedo non riuscendo veramente a trovare altra spiegazione plausibile.

“No, solo questa!” risponde Buffy, indicandomi quella che sembra essere una gomma.

Una gomma?

Una gomma per cancellare?

Lei ride, divertita dall’espressione confusa che ho disegnata sul volto. La osservo e senza rendermene conto, sorrido con lei. In fin dei conti sono vivo e questo conta. Non ho capito come, ma è chiaro che il merito sia della piccola cacciatrice che ho davanti agli occhi. Al di là della mia stessa volontà, mi ritrovo a fare un passo avanti nella sua direzione.

Devo ringraziarla.

Chiudo le palpebre e chino la testa per baciarla.

Perché in tutti questi anni, noi così ci siamo dimostrati gratitudine.

“Ma cosa diavolo fai?” urla Spike, afferrandomi per un braccio ed allontanandomi dalla ragazza.

Riapro gli occhi e mi giro per affrontarlo, innervosito dall’intromissione.

“Cosa credi che stia facendo? Sto salutando Buffy?” gli rispondo con aria ovvia.

“ E devi farlo per forza infilandole la tua lingua in bocca!” contrattacca sempre più furente.

Scuoto la testa, ignorandolo. Non c’è niente da fare. Non capirà mai.

Mi volto verso Buffy, cercando in lei man forte per spiegare a questo testone quale sia la verità dei fatti. Ma, quando la osservo negli occhi, l’espressione confusa che vi vedo riflessa, mi fa vacillare.

“Buffy, cara, vuoi dire a questo vampiro illuso perchè ci stavamo baciano?” La invito dolcemente.

Lei non reagisce, ma continua a guardarmi come se non sapesse neppure lei a cosa mi stia riferendo. Il che, diciamolo, è molto strano.

“Amore, vuoi dire a Spike che siamo anime gemelle e che…?”

“Perché?” mi interrompe lei.

Io strabuzzo gli occhi. Decisamente c’è qualcosa che non va.

“Che significa perché? Perché lo siamo!” continuo ostinato.

Spike comincia a ridacchiare ed io mi innervosisco.

“Da quando?” chiede Buffy.

“Ma come da quando? Da sempre! Io e te siamo destinati a stare insieme. Nonostante tutti gli ostacoli e le sofferenze abbiamo continuato ad amarci al di là dello spazio e del tempo. I nostri cuori si sono sempre appartenuti. Ed ora finalmente il nostro sogno d’amore si può realizzare. Ora sono un uomo, Buffy, e potrò amarti come meriti!” dico tutto di un fiato, soddisfatto di me stesso. Credo di essere stato abbastanza convincente e decisamente commovente.

“Pet, credo che Peaches qui, non abbia idea di cosa stia accadendo!” si intromette Spike.

“Già credo anche io!” Gli risponde Buffy, facendogli un sorriso ed ignorando completamente tutto il mio discorso. Ed ora quello confuso sono io.

Molto confuso.

“Forse, Angel è meglio se ti siedi, dobbiamo parlarti!”mi dice lei con espressione seria disegnata sul volto. Mi correggo.

Sono confuso e preoccupato.

Molto preoccupato.

“Che cosa?” urlo, spalancando gli occhi dallo stupore. Il mio corpo si agita leggermente e la panchina sulla quale sono seduto sembra improvvisamente piccola. Buffy e Spike mi hanno condotto mezz’ora fa in questo parco, perché dovevano parlarmi di “qualcosa di fondamentale importanza”. O almeno è quello che hanno detto. Ma finora, quello che ho ascoltato in silenzioso rispetto, sembra solo un immensa farneticazione senza senso.

Comincio a credere che siano entrambi impazziti.

“Che significa che sono un fumetto?” ripeto la domanda, sperando che l’insensatezza di questa affermazione colpisca i miei interlocutori. Sono stanco e non ho più voglia di ascoltare sciocchezze su telefilm, cartoni e strani personaggi. Voglio solo tornare nel mio appartamento e riposare fino a dimenticare tutta questa notte. All’apocalisse e alla salvezza di Los Angeles ci penserò domani.

“Significa esattamente quello che hai capito. Sei un fumetto!” risponde Spike, che evidentemente rimane convinto della sua affermazione.

Poverino.

Deve essere più grave di quanto immaginassi.

Sul mio volto si deve essere disegnata un espressione di commiserazione, perché il vampiro ossigenato, improvvisamente si innervosisce e mi lancia uno sguardo omicida. Ed ho anche la netta sensazione che mi stia per saltare addosso. Istintivamente contraggo i muscoli preparandomi. Posso essere un umano, ma di certo non mi tiro indietro davanti una bella scazzottata. Soprattutto se questa coinvolge il mio gran childe. Ma quando ormai sembra che lo scontro sia inevitabile, l’intervento silenzioso di Buffy blocca il vampiro e lo costringe e ripiegare sull’ennesima sigaretta della serata. Tossisco rumorosamente. Ha mai sentito parlare di fumo passivo?

Queste sono cose di cui ora devo preoccuparmi.

Io.

E mentalmente mi faccio una risata.

Alla facciaccia sua.

“Angel” mi chiama la cacciatrice, attirando la mia attenzione.

“Osserva bene. Non vedi nulla di strano in te?” mi chiede con un tono di voce eccessivamente paziente che, in un attimo, mi infastidisce. Nel suo sguardo c’è un espressione di amorevole remissività come se si stesse rivolgendo ad un bambino o ancora peggio ad un idiota.

Spike ghigna ed io mi innervosisco sempre di più.

“No!” mento più per dispetto che per convinzione. Effettivamente non posso negare che ci sia qualcosa di strano. Ma in loro, non in me.

E non parlo solo dell’evidente pazzia. No.

Osservandoli bene sembrano diversi dall’ultima volta che li ho visti.

Soprattutto Spike. Buffy non ricordo bene. Però sembrano più…più…più…tondi?

“Oh, bloody hell, ma allora sei veramente ottuso!” grida il vampiro, buttando il mozzicone per aria.

“Sei bidimensionale, disegnato male e troppo colorato!” conclude perentorio. Poi comincia a camminare nervosamente davanti al mio sguardo allibito. La fiamma del nervosismo continua a bruciare appena sotto pelle e sento che da un momento all’altro potrei esplodere. Se avessi ancora i miei denti, gli sarei già saltato addosso per azzannarlo, ma purtroppo la mia nuova natura non me lo permette. Comincio anche a sentirmi frustrato. Accidenti allo shanshu. E proprio mentre sono concentrato su questi pensieri accade una cosa strana. Buffy, in silenzio, prende una mano nella sua e la stringe. Mi giro ad osservarla senza capire. Vorrei dire qualcosa, ma la rabbia che avverto provenire da Spike per quel semplice gesto, mi convince a star zitto e a godermi semplicemente questa piccola vittoria. Le sorrido per un attimo, ma lo sguardo serio, che mi rivolge, mi costringe a cancellare la soddisfazione dal mio volto. Ho quasi l’impressione che mi voglia dire qualcosa, ma ancora non capisco. Abbasso gli occhi ed osservo le nostre dita intrecciate.

E, in quel momento, le vedo.

Le differenze.

Lampanti.

Fin troppo anche.

La sua pelle è pallida, di un colore indefinito ma naturale.

La mia è rosa. Eccessivamente rosa, con macchie più scure di ombre inesistenti.

La sua è morbida, calda, viva.

Nei movimenti delle dita riesco a distinguere il guizzo di muscoli e dei tendini.

La mia è invece priva di calore e ruvida.

E’ statica. Immobile quasi.

Il dubbio comincia a solleticarmi il cervello.

E poi le lo fa.

Gira le nostre mani, ancora intrecciate, e quello che vedo mi sconvolge.

Spike ha ragione.

Sono bidimensionale.

Mi stacco dalla presa di Buffy, come se mi fossi improvvisamente scottato e mi allontano da lei.

Osservo ancora il mio palmo piatto e poi il braccio senza dimensioni, chiedendomi come abbia fatto a non accorgermene prima. Deve essere un incantesimo. Di certo non può esserci altra spiegazione. Come quando diventai un pupazzo. Il ricordo di quella esperienza mi fa rabbrividire.

Il respiro si fa corto e rischio di andare in iperventilazione da un momento all’altro.

“Angel?” mi chiama preoccupata la cacciatrice, ma io non la sento.

Il mio cervello è fermo su unica consapevolezza.

Sono un fumetto.

Un dannato fumetto.

Bidimensionale, disegnato male e troppo colorato.

Mi giro verso Buffy alla ricerca di qualche spiegazione.

“Ma come è potuto accadere? E’ qualche altra stregoneria dei Senior Parteners?” domando senza riuscire ad esplicitare meglio la mia perplessità. Ho quasi l’impressione che se lo dicessi ad alta voce, sarei costretto ad ammettere che anche io sto impazzendo.

“Io ci rinuncio! Ma hai ascoltato una parola di quello che ti abbiamo detto finora?” improvvisamente sbotta il vampiro, alzando le braccia al cielo rassegnato.

“Calmati Spike!” lo rimprovera la cacciatrice.

“Non possono essere tutti perspicaci come noi!”

“Esatto, non possono essere...HEI!”urlo quando mi accorgo dell’offesa.

Buffy non se ne cura e riprende a parlare imperturbabilmente.

“Allora ricominciamo. Angel, tu sei un fumetto e, fino a poche ore fa, lo eravamo anche noi. Tutto questo mondo che vedi nasce dalla mente malata di Joss Whedon, il nostro creatore, che, ad un certo punto, ha deciso che si sarebbe divertito di più a tormentarci così!”

Lei ripete ancora una volta questo strano nome e la storia del creatore, come se in qualche modo adesso la cosa mi dovesse essere più chiara rispetto a mezz’ora fa, ma io continuo a non capire.

Che significa che lui è il nostro creatore? Io sono stato vampirizzato da Darla, mica da questo Joss o come si chiama lui.

“Hai capito adesso?” chiede Buffy.

Io non parlo ma mi limito a scuotere la testa e devo avere un espressione realmente stupida perché Spike sbuffa un'altra volta e si accende un'altra sigaretta.

“Sarà una lunga notte, questa!” borbotta prima di continuare il suo andirivieni. Il nervosismo torna a farsi sentire e quando la cacciatrice mi ripete per l’ennesima volta, con parole diverse, la storia dello sceneggiatore e dei suoi personaggi con un tono di voce fintamente accondiscendente, sbotto.

“Basta!” urlo esasperato, alzandomi dalla panchina.

“Non sono stupido. So cosa è uno sceneggiatore, un fumetto e tutto il resto e non hai bisogno di continuare a spiegarmelo come se fossi un ritardato mentale!”

Buffy abbassa la testa come se si vergognasse, mentre Spike rimane fermo ad osservarmi.

E ha smesso di ghignare. Finalmente.

“Io non volevo trattarti da stupido…”

“E’ quello che state facendo entrambi da più di mezz’ora. Ho capito che sono diventato un fumetto e non so bene ancora come, ma non venite a propinarmi questa storia dei personaggi creati da chissà quale mente malata, perché non ci posso credere!” dico ribadendo la mia posizione e deciso a farmi rispettare nonostante il mio colore fin troppo saturo. Sono sempre Angel, io.

“Non sono un personaggio punto e basta. Insomma lo saprei se lo fossi.” Concludo sperando di aver raggiunto il mio obbiettivo. Ma quando mi giro ad osservarli, quello che vedo è solo un espressione di commiserazione. Mi stanno compiangendo? La rabbia mi fa ribollire il sangue. Sono sicuro che se fossi ancora un vampiro, in questo momento indosserei il volto della caccia.

Allora altro che compassione.

“Smettetela! Io sono reale e non sono nessun maledetto personaggio di nessun maledetto fumetto!”

“Sei sicuro di essere reale?”interviene Spike, per nulla colpito dal mio viso trasfigurato dalla collera.

“Guardati intorno Angel” continua, posizionandosi di fronte a me.

“Guarda questa realtà e dimmi se questo ti sembra reale!Vampiri, demoni, draghi, cacciatrici, magia e cose di questo genere ti sembrano reali? E se lo fossero, perché, oltre noi, nessuno ne è a conoscenza? Perché gli umani non si accorgono di quello che si agita attorno a loro?” prosegue ininterrottamente ponendo tutta una serie di domande che non posso negare abbiano un senso logico. Effettivamente è più di un mese che mi chiedo perché, oltre me e la mia squadra, nessuno è intervenuto a Los Angeles. Che fine ha fatto il governo? Dove sono i militari o comunque le forze umane? Possibile che il resto del mondo continui a vivere in santa pace, ignorando completamente la catastrofe infernale in cui siamo caduti?

“E poi, come è possibile che ovunque arriviamo noi, ci siano apocalissi e forze del male?” conclude Spike, alzando un sopracciglio e costringendomi a prendere in considerazione l’ipotesi che forse queste domande hanno una spiegazione diversa da quella del puro caso. La testa comincia a scoppiarmi. Mi massaggio le tempie, prima di trovare il coraggio o la forza di aprire bocca.

“Quindi…volete dirmi…che tutto questo è stato creato apposta da qualcuno?” chiedo ancora titubante. Eppure per quanto continui a pensare che tutta questa storia sia in realtà solo un immensa pazzia, una parte del mio cervello comincia crederci. Sospiro rassegnato. Sto impazzendo anche io.

“Si…da Joss!” rispondono in coro, soddisfatti.

Ed io torno a innervosirmi.

“E questo Joss sarebbe lo sceneggiatore?” chiedo, già sapendo la risposta.

“Esatto!” ripetono loro. I muscoli si agitano sempre di più.

“ E lui ci avrebbe creato, perché noi siamo dei suoi personaggi!” concludo ripetendo la loro verità e sperando che non mi sembri così assurda. Ma è inutile e quando Buffy e Spike si lanciano l’ennesimo sguardo di intesa, scoppio un'altra volta.

“Ma come diavolo è possibile? Insomma io non posso essere un personaggio. Io ho dei ricordi!” grido esasperato mentre, non volendo, comincio a camminare avanti e indietro nervosamente. Devo sfogarmi in qualche modo e dal momento in cui sono impossibilitato a picchiare o a fumare, non mi resta che muovere le gambe.

“Ricordo quando sono nato, mio padre, mia madre…” esito un attimo mentre mi rendo conto per la prima volta che di quest’ultima ho un immagine solo nebulosa e poco definita. Scuoto la testa.

Sarà la vecchiaia..non significa nulla.

“Ho un bellissimo ricordo di mia sorella!” continuo non volendo in nessun modo dare spazio a pensieri che non hanno senso di esistere. Io non sono un personaggio. Io sono reale.

“Ricordo perfettamente la sera in cui sono stato vampirizzato da Darla e… e…quello che ho fatto subito dopo!” L’immagine di mio padre agonizzante che mi prega di non ucciderlo mi colpisce il cervello e fa tremare il mio corpo adesso come allora, mentre mi rendo conto di quanto avesse ragione la mia sire.

Lui ha vinto su di me.

Per sempre.

Sento una lacrima premere ai lati del mio occhio destro e prima che possa cadere mi costringo a recuperare un po’ di razionalità.

“Insomma tutto questo come può essere stato creato da una persona…da questo Joss… di cui parlate…” ribadisco cercando di sembrare convinto. Come potrebbero non essere reali questi sentimenti che provo? No, non è possibile. Io non sono un personaggio.

“Ricordi quello che Joss ha deciso che tu ricordassi. Lui ha costruito la tua memoria come tutto il resto. Al di fuori di lui e di quello che ha scritto tu non sei neppure esistito!” mi contrattacca Spike con una sincerità talmente tanto disarmante che mi fa vacillare.

“Cosa ricordi della tua infanzia?” mi chiede improvvisamente Buffy.

“Le botte di mio padre!”rispondo di istinto.

“E cosa altro?”

Per qualche secondo rimango in silenzio, cercando di mettere a fuoco qualche altra memoria, ma il mio cervello non vuole collaborare. Sembra che abbia fatto tabula rasa.

“E’ passato tanto tempo…” me ne esco, attaccandomi con tutte le mie forze a questa convinzione per non dargliela vinta anche su questa cosa. Insomma va bene essere un fumetto per qualche strana magia. Va bene la realtà che non è reale per effetto di chissà quale volere. Ma anche i ricordi costruiti non posso proprio accettarlo.

“E dopo che sei stato maledetto?” interrompe i mie pensieri Spike, senza muoversi dalla sua posizione statica. Quando ha acceso di nuovo la sigaretta?

“Sono andato a New York e…” rispondo facilmente questa volta.

“Intendo prima. In America sei arrivato nel 1996 e invece sei stato maledetto dagli zingari nel 1898. Cosa hai fatto per un secolo?” mi domanda ancora e sul suo viso c’è un ghigno compiaciuto come di qualcuno che la sa lunga. Mi sento sempre più traballante, come un condannato a morte che cammini su di un trampolino di legno sospeso al di sopra di una decina di squali affamati.

Li riesco anche a vedere.

Gli squali.

Ed assomigliano incredibilmente a Buffy e a Spike

“Sono rimasto per un po’ con Darla e poi…e poi…”

“E poi?” incalzano in coro, avvicinandosi entrambi a me. Io faccio un passo indietro, sentendomi improvvisamente in trappola. Mi sforzo di ricordare qualcosa, qualunque cosa, pur di avere ancora un appiglio, ma la mia mente rimane vuota. Inesorabilmente vuota.

E, dopo alcuni minuti di silenzio, non posso che accettare rassegnato la sconfitta.

In linea generale so che mi sono tormentato e sentito in colpa per tanto tempo, ma dove sia andato, chi abbia incontrato, cosa io abbia fatto non lo so. E non è che non lo ricordo.

Non lo so proprio. Come se non avessi fatto nulla. Come se avessi saltato un intero secolo di vita.

“Non lo sai perché Joss non ha mai avuto interesse a specificare certi aspetti del tuo passato e se ci rifletti troverai tanti altri buchi!” mi spiega Buffy con calma.

Io comincio a tremare e la stanchezza è troppo più forte di qualsiasi capacità di resistenza. Faccio un passo e mi butto a peso morto sulla panchina. Poi, alzo lo sguardo e li osservo con una faccia sfiancata.

“Forse sto invecchiando e …!” provo a ribattere per un ultima volta più che altro per non ammettere la resa. E’ così difficile accettare tutto ciò. Ma inevitabilmente è impossibile anche negare la verità dei fatti. Abbasso la testa sconfitto.

“Sono un personaggio di un fumetto!” sussurro più a me stesso che a loro. E nello stesso momento in cui lo ammetto, mi sento improvvisamente più leggero. Come se un velo di finzione si fosse in un tratto squarciato e mi permettesse di vedere e respirare con più facilità.

“Da quando?” chiedo, con un tono di fiacca curiosità.

“Da circa un anno!” risponde Buffy laconicamente, ma i suoi occhi dicono tutto quello che la sua voce non fa. Lei sa cosa sto provando e mi capisce. E in qualche modo questa cosa mi conforta.

Mi fa sentire meno solo in tutta questa immensa pazzia, che minuto dopo minuto sto imparando a comprendere e ad accettare.

“E prima?” domando ancora

“Prima eri il protagonista di un telefilm tutto tuo!” interviene Spike, che, pur a distanza, osserva e studia ogni mio movimento. E’ preoccupato.

E’ evidente. Lo è per me?

“E prima ancora eri un personaggio del mio telefilm!” continua Buffy.

Io giro lo sguardo dall’uno all’altro, cercando di assimilare il più velocemente possibile tutte queste informazioni in una volta sola. Ma ancora non è così semplice.

“Joss ti ha creato per essere l’amore impossibile della cacciatrice, ma quando poi si è accorto che con la storia della anima maledetta non si arrivava da nessuna parte, allora ti ha fatto lasciare Sunnydale, ti ha portato qui a Los Angeles ed ha creato una serie che portava il tuo nome!” spiega Spike contribuendo al mio mal di testa.

“Sai cosa, penso che più che altro Joss abbia visto in Angel il potenziale del protagonista…!” interviene Buffy.

“Ma dai...e allora io? Sono sempre stato un personaggio con uno spessore molto più grande di Peaches eppure non ho mai avuto un telefilm tutto mio. No…io credo che sia per la storia dell’anima e della maledizione. La vostro rapporto era arrivato ad un punto morto e si doveva sbarazzare di lui e poiché mister occhi tenebrosi qui aveva qualche fun di troppo ha deciso di creare uno spinoff!”

Io giro la testa da un lato all’altro seguendo interdetto questo discorso surreale che si sta svolgendo come un incontro di tennis tra Buffy e Spike.

“Scusate…” provo ad intervenire, ma i due sembra non sentirmi nemmeno.

“Ma se Angel non avesse avuto il carattere del leader la serie non sarebbe andata avanti per cinque stagioni…”

“Oh che c’entra anche Passioni va avanti da dieci anni e non mi sembra questo grande capolavoro della televisione..!”

“Parla quello che non si è perso nemmeno una puntata”

“Ero costretto a vederlo!”

“Scusate” provo ancora inutilmente.

“La verità è che Joss sapeva che se avesse creato un telefilm su di me avrebbe dovuto risolvere in qualche modo la situazione del nostro rapporto e non voleva. Sapeva che non avrei accettato ancora allungo il fatto di non farti sapere che ero tornato…”

“Non mi sembra però che quando ti abbia dato una serie animata tutta incentrata su di te, tu ti fossi precipitato!”

“Ero bloccato qui, maledizione!”

“BASTA!” urlo improvvisamente.

“Smettetela!” continuo perentorio, cercando di bloccarli definitivamente.

“Vi pare questo il momento di parlare di queste stronzate?”

“Alleluia, Alleluia!” interviene Spike, alzando le braccia al cielo, in una pantomima di una preghiera. Io la guardo perplesso.

Forse l’ipotesi che fossero matti, non è poi tanto lontana dalla realtà

“Finalmente Angel si sta liberando dall’influenza di Joss!”

Continuo ad osservarlo senza capire.

“Hai detto una parolaccia! La tua prima parolaccia per altro. Nemmeno Angelus hai mai usato il turpiloquio!” mi spiega il vampiro, abbassando le braccia e tornando serio.

Io comincio a riflettere e, passando in rassegna tutti i miei ricordi, mi rendo conto che ha ragione.

Io non ho mai detto una parolaccia. Mai. Forse qualche volta l’ho pensata, ma mai pronunciata.

Il che sembra una sciocchezza, ma è incredibile. Insomma quasi impossibile. Eppure è così.

Improvvisamente si concretizza una consapevolezza.

“Mi vuoi dire che questo Joss controllava anche il mio modo di parlare?” chiedo per conferma, già conoscendo la risposta e al tempo stesso temendola.

“Più che una forma di controllo, possiamo chiamarla una specie di asservimento inconsapevole da parte tua. Joss ha deciso su carta chi fosse “Angel”, il suo passato, il suo modo di comportarsi e anche quello di parlare. Tu, per tanti anni, non hai fatto altro che seguirlo pedissequamente senza porti domande. Non è colpa tua. E’ il destino dei personaggi!” interviene ancora Buffy.

“Siamo costretti a fare quello che gli autori hanno deciso per noi!”.

“Ma adesso ti stai liberando dal suo giogo!”dice Spike sorridendo. Io mi sento sempre più confuso, anche se in qualche modo comincio a capire tutta questa storia dei personaggi. E più la capisco, più mi sento confuso. Sono come un cane che si morde la coda. Destinato ad inseguirla perl’eternità.

“Ma…se tutto questo che state dicendo è vero…come è possibile che io riesca a…e voi come avete fatto?” balbetto una domanda senza oggetto, non riuscendo nemmeno a dare concretezza ai miei stessi pensieri in questo momento.

“E’ questione di consapevolezza!” risponde Spike, che, nonostante la mia incertezza, ha capito senza problemi cosa stessi chiedendo.

“Noi, in qualche modo, abbiamo sempre saputo di essere personaggi e ci siamo più o meno adeguati alle direttive dall’alto per quieto vivere, ma la consapevolezza della nostra vera natura non è mai venuta meno. Ecco perché siamo riusciti a ribellarci!” continua per lui Buffy.

“Ribellarvi?”

“E’ il motivo per cui siamo qui! Abbiamo deciso di farla pagare a Joss per tutto quello che ci ha costretto a subire. Per tutto quello che ci ha obbligato a fare, volente o nolente. Per tutte le ferite che ci ha inflitto!”

“E’ venuto il momento di presentargli il conto!” conclude Spike.

“Tutto quello che “ci” ha inflitto?” ripeto come un automa sempre più stordito.

“Beh…si…anche a te…” mi risponde Buffy. Ed io in realtà non vorrei ascoltare. Perché, nonostante, minuto dopo minuto la cognizione si stia facendo largo dentro me, non voglio ascoltare la verità sulla mia stessa esistenza. Non voglio sapere che ogni cosa che ho fatto, nel bene o nel male, sia stato frutto della mente malata di un altro piuttosto che risultato della mia stessa volontà. Non voglio pensare di aver vissuto di sensi di colpa e di sofferenze autoinflittemi solo per il divertimento di uno sceneggiatore pazzo. Non voglio, e non posso, accettare di aver perso le persone che amo per l’estro creativo di un omuncolo che non ho mai visto.

Non voglio.

Eppure non posso sottrarmi alla verità.

Non più.

“Non vuoi farla pagare a Joss Whedon per aver gettato Los Angeles in questo inferno e poi aver fatto ricadere la colpa su di te?” chiede Spike.

“Oppure della vampirizzazione di Gunn o la morte di Wesley!” continua a sua volta Buffy.

“Per averti dato e tolto un figlio a suo piacimento, facendo soffrire te e Connor solo per intricare una trama che rischiava di annoiare i telespettatori!” ribatte ancora Spike. E mentre la loro voce mi arriva attutita dai miei stessi pensieri, frase dopo frase la maschera si sgretola definitivamente, ed io vedo con estrema chiarezza cosa sono stato fino a questo momento.

Una marionetta.

Una marionetta costretta a vivere di bugie.

“Per tutte le decisioni sbagliate che ti ha costretto a prendere…”

Bugie sulla mia esistenza.

Sulla mia nascita e sulla mia vampirizzazione.

Bugie sulle mie azioni.

“Per averti condannato ad una vita infelice con una maledizione che ti ha tolto il piacere del sesso…”

Bugie sulla mia anima, sulla mia missione, sulla mia espiazione.

“Per averti costretto ad una vita senza amore!”

Bugie su…

“Cordelia!” sussurro io ed il mio cuore si ferma. Di nuovo.

Una lacrima esce prepotentemente senza darmi il tempo nemmeno di trattenerla.

“E’ stato lui?!” chiedo con un filo di voce.

“Si!” bisbiglia dopo alcuni secondi Buffy, abbassando però lo sguardo, non riuscendo a sostenere il mio. Contraggo la mascella, mentre mi obbligo a non piangere come un bambino davanti alla mia ex e al mio gran childe. E più mi trattengo e più la rabbia mi cresce dentro. Le mani si agitano ed io mi alzo dalla panchina incapace ormai di star fermo. Ricomincio a camminare avanti e indietro nella speranza di calmarmi, ma questa volta sembra inutile. Ogni mio pensiero è concentrato su unica consapevolezza. Cordelia è morta per colpa di questo Joss. Lei è morta perché lui ha deciso che fosse così. E’ stato lui che me l’ha tolta. Perché?

Perché?

“Perché?”

“Perché è un sadico infelice che ama vedere soffrire le sue stesse creature!” risponde senza mezze misure Spike. Respiro nervosamente, colpito dalla sua schiettezza.

Un dolore sordo al cuore me lo fa sanguinare. Ed io vorrei urlare. Picchiare. Uccidere.

Vorrei saltare addosso al vampiro solo per aver osato dire una cosa del genere e spaccargli la faccia a furia di pugni per non essere più costretto a vedere quella sua espressione sfacciatamente crudele. Ma quando lo osservo meglio, leggo nei suoi occhi blu la verità di questa riflessione. E capisco. Non è con Spike che me la devo prendere.

E’ con questo Joss Whedon.

E’ lui il malato che mi ha costretto a vedere morire la donna che amo.

E’ lui il pazzo che mi ha fatto dannare il cuore per un amore che non si sarebbe mai più realizzato.

E’ lui il pazzo malato che la deve pagare.

Mentre la mia rabbia cresce di secondo in secondo sempre di più, qualcosa accade.

Il mio corpo è scosso da improvvisi brividi.

Le mie mani cominciano a gonfiarsi e allo stesso modo le braccia e le gambe.

Il colore rosa comincia a dissolversi come cenere al vento.

E prima di riuscire a capire cosa sia realmente accaduto, mi rendo conto di non essere più bidimensionale. Sono solido.

“Che è successo?” chiedo confuso, mentre avverto sotto i polpastrelli il caldo calore della mia pelle.

“Hai finalmente acquisito consapevolezza di te e della situazione!” comincia Spike.

“E sei riuscito a liberarti definitivamente dall’influenza di Joss, tornando un essere umano!” conclude Buffy. E se in questo momento non fossi ancora stordito per la trasformazione, avvertirei un senso di fastidio per questo loro modo parlare. Ma devono per forza continuare a esprimersi in simultanea concludendo l’uno le frasi dell’altro? Si è capito che sono in perfetta sintonia, quale è la necessità sottolinearlo in continuazione?

“Siamo pronti, allora?” afferma la cacciatrice, sfregandosi le mani e ghignando perfidamente. Il suo sguardo mi lascia interdetto e anche leggermente preoccupato. Non l’ho mai visto così.

“Pronti?” domando.

“Per la nostra vendetta!” rispondono all’unisono i nuovi Bonnie e Clyde del ventunesimo secolo.

Nei loro occhi splende la stessa folle determinazione ed io non so cosa aspettarmi.

Poi, quasi bisbigliando, come se temessero che qualcuno possa ascoltarci, mi spiegano dettagliatamente il loro piano. Parola dopo parola, idea dopo idea, istintivamente, sulla mia faccia si disegna un sorriso.

Un sorriso che da troppo tempo non colorava il mio viso.

Un sorriso che non ha nulla a che fare con l’uomo che sono stato o che sono ora.

Un sorriso che sa di diabolica bellezza.

Che sa di Angelus.

E nonostante il mio nuovo cuore palpitante, sento il vecchio demone agitarsi dentro di me, mentre un insana voglia di versare un po’ di sangue malato cancella ogni residuo di stanchezza.

Un improvviso pensiero colpisce il mio cervello.

“Un ultima domanda!” li blocco prima di avviarci chissà dove.

“Anche la storia dei biscotti era opera di Joss?”

“No…quello credo che sia opera di Jane Espenson…ha sempre visto di mal occhio il mio rapporto con Spike e avrebbe voluto che tornassimo insieme!” mi risponde Buffy con estrema leggerezza. Io rimango per qualche minuto perplesso. Ma non per la sua frase, quanto per la mia reazione.

Mi sarei aspettato che in qualche modo la cosa mi colpisse e invece…niente.

Io non provo niente.

“Quindi non era vero!?” affermo in una domanda retorica.

“Angel…noi…ci siamo voluti bene, però…non ci amiamo da un bel po’…e, credo che lo sappia anche tu…” balbetta lei, di colpo imbarazzata da questa discussione. Io, ripresomi dallo shock, sorrido, finalmente libero da un pensiero, che solo ora mi rendo conto, non essere stato mai mio.

“Si lo so…”le rispondo carezzandole una guancia e obbligandola a guardarmi negli occhi. Ho vissuto gli ultimi cinque anni con la convinzione mai del tutto accettata che lei fosse la mia anima gemella e che prima o poi saremmo dovuti tornare insieme per un destino voluto da altri.

Ora so che non era così. Ora so che Buffy appartiene al mio passato e che il mio cuore batte per un'altra donna. Lo so e sono libero di pensarlo, senza ulteriori costrizioni. E la cosa è decisamente liberatoria.

“Bene…lo spazio Bangel è finto, quindi basta a farvi gli occhi dolci!” interviene Spike mettendosi in mezzo a noi e separandoci. E’ geloso il povero vampirello! Mi verrebbe quasi voglia di stuzzicarlo ancora un po’. Ma poi, ci penso e preferisco lasciar perdere. A che scopo tormentarlo?

“Non ci stavamo facendo gli occhi dolci!” rispondiamo all’unisono, trattenendo, non troppo bene, una risata divertita.

“Si va beh…lasciamo perdere e andiamo che ho voglia di far soffrire un bel po’ quello sceneggiatore delle mie scarpe…anche per tutto questo!” afferma Spike, invitandoci a seguirlo nella notte buia di Los Angeles che rimane immota e inconsapevole in un presente senza tempo. Ed ora capisco anche il perché. E’ solo un fumetto. Un dannato fumetto. Scuoto le testa e mi incammino seguendo fiducioso i mie due compagni di avventura.

Per la prima volta, nella mia vita, mi trovo d’accordo con il mio gran childe.

Chiunque sia questo Joss, la pagherà.

La pagherà cara.

Per tutto.

Per l’anima.

Per le apocalissi.

Per Connor.

Per il fumetto.

Per Cordelia.

Cordelia…

Il mio cuore sanguina ancora un po’ e la mia rabbia di riattiva.

Si…la pagherà.

Parola di Angelus.

 

 

 

 

 

 

 

 

TRE PERSONAGGI IN "CACCIA" DI AUTORE

 

EPILOGO

 

 

 

Il sole di aprile splende alto nel cielo della California, mentre, negli uffici della Downtown, manager rampanti, dai muscoli scolpiti e la pelle abbronzata, piangono per una crisi che non riescono a gestire. Da una radio privata, il discorso del Presidente viene interrotto dalla voce di uno speaker troppo allegro, che non sa contenere il proprio entusiasmo per parole che non comprende. Un barbone, senza età, da Sunset Boulevard urla ad una Pretty Woman, che neanche oggi incontrerà il suo Edward, che Hollywood è la terra dei sogni e non si deve smettere di sperare. Sulla spiaggia di Santa Monica, avventori fortunati e disoccupati ottimisti si godono i primi raggi caldi, dopo un inverno particolarmente rigido, nell’aspettativa di una tintarella di inizio stagione. Una giovane donna, dal corpo fin troppo minuto per la sua età, stesa su di un lettino, osserva cinque ragazzi, che giocano con uno frisbee incontrollabile. Accanto a lei, rannicchiato sotto un ombrellone blu, un uomo dai capelli ossigenati bofonchia con una faccia imbronciata.

“Smettila di lamentarti, Spike!” dice la ragazza, girandosi appena ed abbassando i voluminosi occhiali Gucci, di cui va particolarmente orgogliosa. Le sono costati più di quanto potesse permettersi, ma era troppo tempo che non si viziava con qualcosa di così frivolo e ne aveva un disperato bisogno, soprattutto dopo ciò che era stata costretta ad affrontare nell’ultimo mese. Quell’acquisto, senza esitazioni, è stato un modo per ritrovare un pezzo di se stessa.

Un altro passo verso la propria felicità.

“Sono autorizzato a farlo. Vorrei vedere te con un ustione di terzo grado su tutto il corpo.”

Le risponde l’uomo innervosito, che mai avrebbe immaginato di trascorrere il secondo giorno della sua nuova esistenza in quel modo. Costretto all’ombra. Come sempre.

Per lui non è cambiato proprio nulla.

Solo che ora si ritrova in più la pelle completamente arrossata ed il naso spellato.

La vita è proprio uno schifo. Pensa.

“Hai chiesto tu di poterti esporre al sole. E poi, ti avevo avvertito di mettere la crema!”

“Puah! La prossima volta sarò più esplicito e domanderò di essere “immune” ai raggi UVA!”

“La prossima volta? Ma quanti autori abbiamo ancora da punire?” chiede la ragazza, non riuscendo a trattenere la propria ilarità per quella buffa situazione. Eppure, mentre lo osserva, pensa che il suo uomo è adorabile anche con quella brutta scottatura. Anche con l’eritema ed il broncio capriccioso.

“Uff!” sbuffa Spike, incrociando le braccia al petto. Il contatto acuisce il dolore ed il conseguente nervosismo per l’ustione. Si, la vita è decisamente uno schifo.

“E non ridere!”

“Vuoi che ti spalmi un po’ di Aloe?” gli domanda dolcemente Buffy, mentre tenta di smorzare il sorriso e cerca un modo per alleviargli le sofferenze. Lui rimane per qualche secondo in silenzio, portando una mano al mento e mimando un espressione riflessiva.

“Cosa?” chiede dubbiosa la ragazza.

“Stavo pensando alle tue mani sulla mia pelle, luv. Proposta allettante, anche se, in questo momento, avrei in mente qualcosa di più piacevole” ribatte Spike, osservandola con fare allusivo.

Beh…forse la vita non è proprio uno schifo.

“Sei un porco!” ridacchia lei, fingendosi offesa.

“Si e ti piace. Infatti non mi sembra che ieri sera te ne lamentassi!”

“Se non la smetti, ti lascio solo e dolorante e raggiungo gli altri!”

“Va bene…faccio il buono!” le dice lui, sollevando le braccia in senso di resa.

“Ma tu riuscirai a fare lo stesso?” aggiunge poi con voce roca.

Buffy rotea gli occhi, mentre mette a tacere il proprio corpo, risvegliatosi improvvisamente al ricordo della notte precedente. Poi si alza e, senza dire una parola, si siede accanto a Spike per applicare la lozione lenitiva sulle parti più irritate. Le mani untuose formano piccoli cerchi sulle spalle dell’uomo, per poi scendere lungo la schiena. Il vampiro chiude gli occhi ed emette un gemito di piacere e lei non sa se è per l’unguento e per le sue dita. Ma le gambe cominciano a formicolarle pericolosamente ed un calore, non dovuto al sole, la incendia. Abbassa le palpebre, cercando di scacciare le immagine erotiche che le si stanno formando nella mente. Se non si calma, potrebbe saltargli addosso da un momento all’altro e sicuramente al bagnino, che li osserva da lontano, non farebbe piacere assistere ad atti osceni in luogo pubblico. Prende un profondo respiro ed alza la testa, osservando il bagnasciuga.

“Sono felici…vero?” chiede dopo qualche secondo, quando riesce a recuperare un po’ di forza di volontà. Spike, non ha bisogno di spiegazioni per sapere a chi si stia riferendo. Anche i suoi occhi sono fissi sul gruppo di amici che gioca spensierato poco distante. Ha deciso, un attimo prima di saltare addosso alla propria ragazza, che forse sarebbe stato meglio concentrarsi sulla goffaggine di Xander e sulle risate di Willow.

“Si, pet. Lo sono!” constata, mentre la passione sfuma in un sentimento di calore ed affetto per il sorriso dipinto sul viso di Dawn. No…la vita non è uno schifo.

La vita è una cosa meravigliosa. Ora.

“Ed è tutto merito tuo e dell’idea di riscrivere la sceneggiatura del nano malefico!” ghigna, ricordando lo spavento e le urla dello sceneggiatore.

“Diciamo che siamo stati fortunati a trovare gli script delle ultime stagioni, dopo tutto questo tempo!” afferma Buffy, orgogliosa di quel lampo di genio estemporaneo. Il suo piano originario prevedeva solo di punire Joss per tutte le sofferenze inflitte loro, con un po’ di sana e vecchia violenza da cacciatrice. Ma una volta arrivata davanti al proprio creatore e al suo sguardo stupefatto, aveva capito che non le sarebbe bastata la vendetta. Quella non le avrebbe restituito tutto ciò che in quegli anni aveva perso. Non l’avrebbe ripagata di tutto il dolore patito.

Non le avrebbe ridato la felicità.

E lei voleva essere felice.

Voleva che i suoi amici lo fossero.

“Certo, il fatto che Joss piangesse come una femminuccia e ci abbia detto dove trovarli senza problemi, ci ha aiutato!” ride spudoratamente Spike,crogiolandosi nella memoria. Un pensiero improvviso fa capolinea nella sua mente e cancella di colpo il suo sorriso.

“Perché ti sei limitata solo a riscrivere certe scene?”

La ragazza, con lo sguardo ancora fisso sul bagnasciuga, si gira di scatto e aggrotta le sopracciglia. “Avresti potuto scrivere tutto daccapo. Cambiare molte altre cose e invece hai preferito solo concentrarti su alcune scelte narrative di Joss. Perché?”

“E cosa altro potevo migliorare?” domanda lei, ancora incerta, togliendosi gli occhiali.

“Non so…però eri libera di inventare completamente. Avresti potuto scegliere di non essere una cacciatrice…ad esempio!”

“Io amo essere una cacciatrice!” ribatte Buffy, cominciando a capire il senso di quelle parole.

“E da quando?”

“Da un po’!” si limita a rispondere laconica, facendo spallucce.

“Però…non so…avresti potuto evitarti tante sofferenze…avresti potuto annullare il mio tentativo di…di…!” continua lui prima di bloccarsi, ancora incapace di dire semplicemente quella parola. Nonostante il tempo, nonostante il perdono e la certezza della non volontarietà del gesto, trema ancora al solo pensiero.

“Spike, ascolta. Tutto quello che Joss ci ha costretto a fare negli ultimi anni, in qualche modo, ci ha portato qui. Ad oggi. Su questa spiaggia. Ed io realmente non desidero altro. Quando ho preteso gli script era solo per mettere apposto alcune cose che proprio non mi erano andate giù, non per stravolgere il passato. Il passato è ciò che configura il presente. Ed io sono veramente felice del mio…del nostro presente!” afferma decisa Buffy, mentre una mano dolcemente carezza il braccio di lui. Il vampiro la osserva per un attimo meravigliato. Lo sguardo intercetta distrattamente il movimento delle sue dita per poi concentrasi sugli occhi.

E in quei prati verdi, in cui lui ha sempre amato perdersi, legge la verità.

Per la prima volta, da tanto tempo, non ha più dubbi.

Nè su di lei, né sul suo amore.

Nè su se stesso ed i propri sentimenti.

Non su di loro.

“Ti ho mai detto che ti amo?” le domanda, afferrandole le mani e portandosele alla bocca.

“Negli ultimi dieci minuti no!” borbotta la ragazza, fingendo un piccolo broncio infelice.

In realtà è tutt’altro che triste. Mai la vita le è apparsa tanto meravigliosa e lei è intenzionata a goderne appieno, senza più sprecare un attimo.

“E non mi hai dato neanche un bacio!”

“Ah…allora provvediamo subito!” le sorride Spike, prima di avvicinare le proprie labbra alle sue.

Il tocco è delicato, dolce, senza nessuna pressione o pretesa. Non c’è alcuna intenzionalità sessuale, perché in questo momento le vuole solo dimostrare la profondità del suo cuore, che, anche se non ha pulsazioni, batte all’impazzata. Vuole solo darle amore.

Solo quello.

Ma quando le mani di Buffy, risalgono dalle spalle per intrecciarsi tra i suoi capelli, le buone intenzioni svaniscono come neve al sole. Perché, in fin dei conti, tra loro non c’è mai stato solo amore. C’è stato odio, rabbia, amicizia, comprensione, affetto, passione, bisogno, lotta.

E amore.

Tra loro c’è sempre stato tutto. Di più.

E allora il bacio si intensifica. Le lingue si cercano, si bramano ed il fuoco li incendia.

“Ehi! Cercatevi una stanza!” li interrompe la voce cristallina di Dawn, che ridacchia allegramente.

I due si staccano a fatica, per osservare, tra i fumi della passione ancora accesa, i loro amici che se stanno in piedi a godersi lo spettacolo senza alcun imbarazzo. Buffy si allontana dal suo uomo per recuperare un po’ di contegno, mentre una mano sale a carezzare le labbra ancora gonfie. Il movimento non sfugge a Spike, che le lancia uno sguardo carico di allusione e promesse.

“La volete smettere di fare i conigli!” continua la ragazzina dai capelli castani.

“ Ahhh! Ancora questi maledetti conigli! Ma perché una cosa tanto piacevole come il sesso deve essere associata a quegli strani roditori saltellanti. Non si può scegliere un altro animale…che ne so, un camaleonte o un lemuri!” interviene Anya, con il suo solito tono di voce, un po’ troppo alto per i gusti del vampiro, che si getta alla ricerca del suo pacchetto di sigarette. Nonostante gli ultimi avvenimenti, ancora non riesce a sentirsi pienamente a proprio agio in mezzo a quella piccola folla ed ha bisogno del sostegno della sua vecchia e cara nicotina. Ha promesso a Buffy che avrebbe smesso, ma di certo non può pretendere che lo faccia da un giorno all’altro, mentre è ancora dolorante per l’ustione e bloccato sotto un ombrellone blu.

“An, i camaleonti non sono famosi per le loro capacità riproduttive” interviene Xander, imbarazzato dalle riflessioni della sua ragazza.

“E per quanto riguarda i lemuri…beh…cos’è un lemuri?” domanda infine suscitando la risata spontanea delle amiche. Anya, mette il broncio per essere stata, come al solito, ripresa ed è pronta a controbattere qualcosa, quando viene interrotta nervosamente da Spike.

“Non capisco perché dovessimo riportare indietro anche lei!” sbotta il vampiro, soffiando una generosa dose di fumo in faccia ai propri interlocutori ed ignorando le occhiatacce di Buffy.

“Capisco Glinda qui, ma l’ex demone ce lo potevamo anche risparmiare!”

“Ehi! Io sarò anche un ex demone della vendetta, ma un paletto lo so ancora utilizzare, quindi sta attento!” risponde piccata Anya, portando le mani alla vita e posizionandosi in atteggiamento autoritario.

“Mi piacerebbe che ci provassi!”

“A tua disposizione!”

“Dai, smettetela di litigare!” interviene dolcemente Tara, interponendosi tra i due contendenti e cercando di mettere fine ad una lotta che realmente non comprende. Da quando è tornata, improvvisamente, ritrovandosi in un letto di ospedale in coma, non ha fatto altro che cercare di sanare le piccole litigiosità e le grandi incomprensioni del gruppo per creare un atmosfera serena attorno a Buffy e a Spike. Pensa che questo possa essere il suo modo per dimostrare la propria gratitudine silenziosa. Perché se anche i due hanno preferito tacere, lei sa che il merito del suo ritorno è loro. Ed è felice che siano riusciti, anche se non sa in che modo, a convincere lo sceneggiatore a cambiare idea. Aveva sempre saputo, fin dalla prima apparizione, grazie alla particolare sensibilità di cui l’aveva dotata Joss, quale fosse la natura della sua esistenza e quale sarebbe stato il suo ruolo all’interno del telefilm. Era ben consapevole di essere stata creata appositamente per esaltare ed enfatizzare la maturazione di Willow. Niente di più.

Eppure, quando era morta, il suo cuore aveva pianto.

Non per la morte. Quella non l’aveva toccata.

Morire per un personaggio significa tornare nel tranquillo anonimato di un mondo privo di parole e non spaventa di per se. Lei aveva sofferto per i suoi amici.

Per aver perso l’unica famiglia che avesse mai conosciuto.

Perché, in qualche modo, lei aveva imparato a considerare quel gruppo eterogeneo di caratteri la sua famiglia. Anche se insolita e fuori dal comune.

Ma poi, cos’è comune per un personaggio di un telefilm horror adolescenziale?

“E’ lei che ha iniziato!” si difende Spike.

“Ma non è vero, uomo peperone!” risponde Anya.

“Uomo peperone a chi?”

Tara li osserva rassegnata. Nonostante i suoi tentativi, ci sono alcune animosità che proprio non si possono controllare. Eppure è sicura che, se anche gli altri fossero consapevoli di ciò che hanno fatto Buffy e Spike per liberarli dal giogo di Joss, riuscirebbero sicuramente a tollerare meglio le idiosincrasie del vampiro e magari a dimostrargli maggiore amicizia. Tuttavia comprende le motivazioni del silenzio dei due ragazzi e ne condivide le preoccupazioni. Infatti nemmeno lei è certa di come potrebbero reagire gli altri nello scoprire la verità sulla loro natura. Forse con il tempo Willow riuscirebbe ad accettare questa rivelazione e a comprendere, ma sicuramente Xander e Dawn la prenderebbero molto male.

Come spiegare ad una ragazzina che ha impiegato due anni a convivere con l’idea di essere un ex chiave, che in realtà non è nemmeno quello?

Come far capire al giovane uomo, che ancora vede il mondo in bianco e nero, che niente di ciò in cui crede è reale?

Di sicuro non sarebbe difficile, invece, spiegare la situazione ad Anya, che si limiterebbe semplicemente a scrollare le spalle e magari a trovarne il risvolto economico.

“Adesso basta!” urla Dawn, interrompendo con la forza i battibecchi tra l’ex demone ed il vampiro, non trovandoli nemmeno più divertenti.

“Diamine sembrate due bambini, eppure insieme avete…” si blocca, mentre fa due conti con le dita.

“Circa 1200 anni?” domanda.

“E la maggior parte ce li mette lei, briciola!” precisa Spike, facendo un sorriso furbo.

“Ehi, non è carino rivelare gli anni di una signora!”

“La signora saresti tu?”

“Meglio che essere uno stupido vampiro!”

“Stupido a chi?”

“Di questo passo faremo notte!” sospira Xander, sventolando il cappello dei Dodgers per trovare un po’ di tregua al calore che da qualche giorno gli sembra più insopportabile che mai.

In realtà ha quasi l’impressione che, di colpo, tutto attorno a lui sia diventato più inteso.

Il sole più caldo, i colori più vividi, i sapori più forti.

Scrolla le spalle. Forse è solo la sua immaginazione.

Con la mano libera stropiccia l’occhio sinistro, seguendo un gesto istintivo che non sa spiegarsi.

“Perché non ci atteniamo al piano iniziale?” interviene Willow, cercando di allontanare l’attenzione del gruppo da quel litigio senza fine. Ha notato che Tara, ultimamente, è a disagio ogni qual volta c’è una discussione tra loro e che cerca in tutti i modi di alleviare le tensioni. Non sa spiegarsi il perché di quest’atteggiamento, ma ha deciso di darle una mano, sperando di aiutarla a stare meglio. Ogni tanto ha l’impressione che, da quando si è risvegliata da quel coma durato più di un anno, la sua ragazza le nasconda qualcosa. Come se avesse la mente lontana in un posto in cui lei non può arrivare. A volte ha la sensazione che sia lì per confessarle qualcosa, per poi cambiare idea, come se temesse che lei non possa capire. Il che è assurdo.

Insomma è una dea, dovrebbe essere in grado di comprendere tutto.

“Avevamo pensato di prendere una barca e di fare un giro della baia, vi volete unire a noi?” domanda la rossa rivolgendosi a Buffy, che per tutto il tempo se ne è stata il silenzio stupita dell’atteggiamento del vampiro.

“Grazie, ma non credo che Spike, ridotto come è, si possa esporre al sole!” le risponde la ragazza sorridendo, mentre la mente però è altrove.

“Beh, allora lascialo qui, tanto lui è abituato a rimanere all’ombra!” afferma acidamente Xander, pentendosi, un attimo dopo, della cattiveria appena detta.

Ecco un'altra fastidiosa sensazione.

A volte, ha il presentimento che alcune sue frasi siano frutto più di una vecchia abitudine che di una vera e propria volontà di ferire. Mah!

Decisamente deve smettere di riflettere troppo.

“Ehi, uomo attrezzo ora ti ci metti pure tu?”controbatte Spike, sempre più innervosito.

“Su, è meglio andare prima che qui si scateni un'altra diatriba!” interviene Willow cercando di bloccare un ulteriore discussione e guadagnandosi un sorriso di Tara.

“Ci vediamo dopo a casa?” chiede Dawn alla sorella.

“Si e non fare tardi!” annuisce Buffy, prima di augurale buon divertimento.

I cinque, facendo un cenno di saluto, si allontanano in silenzio, ognuno perso nelle proprie riflessioni, tranne, Anya che canticchia mentalmente una canzoncina rock di cui non ricorda l’origine. Forse è la sigla di un telefilm. Ma quale?

Improvvisamente la più giovane del gruppo si blocca e, girandosi, fa qualche passo indietro.

“Mi raccomando non fatevi arrestare per atti osceni in luogo pubblico!” urla ridendo, prima di tornare saltellando sui propri passi. Due sedicenni, dai bichini troppo succinti per le loro curve precocemente siliconate, si voltano ad osservare la scena con uno sguardo fintamente scandalizzato, mentre il bagnino si gode lo spettacolo che un chirurgo plastico ha creato appositamente per essere guardato.

“Ecco un'altra cosa che non capisco. Perché non si può fare sesso in pubblico? I cani e gli altri animali lo fanno e allora perché…” domanda Anya, mentre la sua voce si perde tra il chiacchiericcio di fondo e le urla allegre che animano la spiaggia. Due adolescenti dal viso brufoloso e dal corpo ancora immaturo hanno deciso di recuperare l’eredità del frisbee e di dare il loro personale spettacolo nella speranza, vana, di fare colpo su qualche coetanea. Uno dei due sta pensando a come sarebbe bello farsi baciare dalla ragazzina dai capelli castani e dal sorriso spontaneo che gli è appena passata davanti. L’altro semplicemente non pensa, ma ascolta il gorgoglio del proprio stomaco, stupito di quanta fame possa provare dopo un lavoro solitario di mano, consumato nel chiuso di una vecchia cabina abbandonata.

“Dove eravamo rimasti, pet?” domanda allusivo Spike, portando le proprie mani alla vita di Buffy e tirandosela più vicino. Lei non risponde, persa in un dubbio fastidioso che la tormenta

“Perché hai deciso di rimanere un vampiro?” gli domanda diretta, provocando uno stupore allarmato nell’uomo, che si allontana di scatto e la guarda, intensamente, cercando di trovare una spiegazione a quella richiesta improvvisa.

“Tu…tu…tu avresti voluto che… fossi tornato umano?” balbetta , smarrito dai suoi stessi timori. Brividi di incertezza scuotono il corpo e indeboliscono tutte le sue convinzioni. Quelle convinzioni che fino a pochi attimi prima lo avevano portato a pensare che la vita fosse meravigliosa.

Adesso non ne è più sicuro. Adesso non è più sicuro di nulla.

Ed è questo che lo sta facendo tremare. E lui odia tremare.

“No!” risponde lei animosamente, affrettandosi a tranquillizzarlo, mentre avverte un doloroso senso di colpa per il suo sguardo da cucciolo impaurito. Si maledice mentalmente. Dovrebbe realmente stare attenta alle proprie parole. A volte tende a dimenticare che sotto la maschera del vampiro cinico e malizioso, si nasconde un bambino vulnerabile alla ricerca continue di rassicurazioni.

“A me non importa!” continua, prendendogli le mani e recuperando un contatto con lui. Sa che il calore del suo corpo ha la capacità di calmarlo e di distrarlo dai fantasmi delle sue paure.

“Mi chiedevo se tu lo desiderassi…” spiega, dopo alcuni secondi, quando la tempesta in quegli occhi blu, profondi come il mare, sembra essere rientrata. Accenna un sorriso, mentre il cuore di lui, che per natura non dovrebbe battere, recupera il proprio ritmo. Spike, cullato dal tocco di lei e rinfrancato dalla sua risposta, mette a tacere le proprie angosce, recuperando la capacità di guardarla senza tremare. E in quel sorriso caldo, che gli sta rivolgendo, comprende il senso della domanda. Prende un respiro non necessario.

“Forse, fino a poco tempo fa, lo avrei voluto…!” sussurra, mentre mette ordine nella sua testa e cerca le parole più adatte a farle capire.

“Ma non per me. Lo volevo per te!”

“Per me?” ripete la ragazza stupidamente. Non dovrebbe essere sorpresa da quella confessione.

Ha compreso da molto tempo quanto il cuore di Spike sia immenso e come tutte le sue decisioni siano state influenzato da lei. Eppure, ogni volta, ne rimane ammirata.

Ammirata dalla sua capacità di amarla senza limiti.

Senza condizionamenti.

Di un amore così totale che a volte la spaventa.

La spaventa perché pensa di non meritarlo.

Perché teme di non essere in grado di amare in quel modo.

A volte ancora, teme addirittura, di non poter amare affatto.

“La mia natura non è mai stata un problema per me. Anzi, ho sempre adorato essere un vampiro. Amavo il senso di liberta e di potenza che mi dava il demone, la forza, la sicurezza. L’invincibilità” spiega lui, chiudendo gli occhi e ricordando un discorso simile fattole in uno squallido bar in un'altra vita che vita non era.

“Fin dalla mia comparsa, mi sono sentito inebriato da queste sensazioni. E pensavo che sarebbe stato per sempre così. Ma poi…” prende un altro respiro, prima di aprire gli occhi e puntarli in quelli di lei, che lo stanno guardando con un espressione tra il timoroso e l’ammirato.

“Poi mi sono innamorato di te. E in quel momento tutte le mie convinzioni sono cambiate. Ho cominciato a desiderare di essere alla tua altezza!”

“Spike…”

“Shh, non dire nulla, fammi finire. Pensavo che se avessi riacquistato un anima, se in qualche modo mi fossi riavvicinato a quell’umanità rinnegata per copione, allora sarei stato degno di essere amato da te, o meglio, speravo che Joss potesse farti innamorare di me. Ma, quando l’altro ieri sei entrata nel mio fumetto, ho capito!” continua lui, mentre si riavvicina alla ragazza e le prende nuovamente le mani tra le sue. Se le porta alle labbra e le bacia dolcemente.

“Ho capito che non era stata la mia anima ad innamorasi di te. Non l’uomo vissuto nell’Inghilterra vittoriana. Non il demone che aveva torturato le sue vittime con i chiodi da ferrovia. Ma io, per quello che sono. Spike, pacchetto completo, anima e denti aguzzi insieme. E’ perciò che non ho voluto rinunciare ad una parte di me. Io sono questo Buffy. Niente di più e niente di meno!”

“E lo sai che io amo la tua versione pacchetto completo?” gli chiede lei con una voce piccola e tremante in cerca di conferme.

“Si, pet, lo so”

E non aggiungere altro.

Non lo fa, perché non ne ha bisogno.

Perché lui lo sa.

Sa che lei lo ama.

Conosce il suo cuore.

Così come conosce le paure ed i dubbi che le agitano l’animo.

Conosce il timore che, nel silenzio della sua mente, la tortura di tanto in tanto.

Il timore di non essere capace di donarsi totalmente. Senza riserve.

La paura di non riuscire a recuperare quel distacco emotivo a cui l’ha costretta Joss per anni.

Il terrore di non essere in grado amarlo come lui stesso meriterebbe.

Spike sorride.

Perché sa anche che Buffy si sbaglia.

Lei ama.

Con tutto quello che può.

Con la sua anima da guerriera ed il cuore di ragazzina.

Quel cuore tante volte martoriato ma che insieme stanno guarendo.

E per lui è più che sufficiente.

E’ tutto quello che desidera.

E’ tutto quello che ha sempre sperato.

Ma lui, si sa, si sarebbe accontentato anche di un sorriso sincero, probabilmente.

Perché Joss una verità l’ha detta.

E’ la puttana dell’amore.

Ma è tanto uomo da ammetterlo.

“Se, però, me lo ridici, non mi dispiace” aggiunge poi scherzando, dopo alcuni secondi, cercando di smorzare la tensione che avverte in lei

“Io ti amo William Spike Ashford, anima e denti aguzzi compresi” gli risponde la ragazza, scandendo con lentezza il suo nome completo e trasmettendo in quelle poche parole tutta la verità del suo cuore.

“Ed io amo te, Buffy Ann Summers”

Si guardano per un attimo, occhi negli occhi, lasciando che sia quel battito unisono a parlare per loro. Poi, Spike, piega la testa e semplicemente la bacia, stringendola a se e godendo della delicata forza dei loro sentimenti. Improvvisamente, però, la cacciatrice sia allontana.

“Ma allora, se non è per la questione dell’umanità perché sei stato così sgarbato con gli altri?” gli chiede a bruciapelo.

“Ho pensato che l’essere un vampiro in qualche modo ti intimidisse nei confronti di…”

“E ti sembro il tipo da farmi intimidire da un bamboccio come Xander?” la blocca lui, ponendo una domanda retorica che non ha realmente bisogno di risposta.

“Effettivamente no. Ma allora?”

“Ok…lo ammetto sono stato scortese...è che…mi irritano” ammette infine il vampiro con reticenza. Ha ancora una certa difficoltà a confessare le proprie debolezze, soprattutto quando pensa che possano danneggiare la maschera da Big bad che lo ha contraddistinto per anni.

Ma lo è stato poi realmente un big bad? Comincia a dubitarne.

“Devi capire, Buffy, che io non sono abituato ad avere tutta questa folla attorno. Sono sempre stato un tipo solitario…”

“Mi sembra che tu abbia vissuto per più di un secolo con Drusilla!” controbatte lei, con un tono più acido del voluto. E’ solo che pensare alla vampira dagli occhi violetti, ogni volta, la innervosisce e le scatena un sentimento di fastidio irrazionale che non sa tenere a bada.

“Al di là del fatto che sai meglio di me, che non sono stato con Drusilla un secolo, ma solo due anni, e poi, vivere con quella pazza, significava la maggior parte del tempo, essere solo. Quando si perdeva nelle sue farneticazioni, chi la recuperava più!” spiega Spike, mantenendo un atteggiamento calmo. All’interno, in realtà, sta gongolando felice per l’evidente gelosia di lei.

“Capisco…ma…”

“E’ solo questione di tempo, pet” La rassicura lui, mentre il suo orgoglio da uomo innamorato si stempera nel più tenero dei sorrisi. A quella vista, l’animo di Buffy si placa immediatamente e si da mentalmente della sciocca. Lo deve essere, evidentemente, se ancora si sente insicura di un passato, che non è mai stato reale. Lo deve essere se confronta l’amore di Spike per lei con quello della vampira. Il paragone non sussiste neanche. Non è mai esistito.

“Prima o poi mi abituerò ad averli sempre tra i piedi e allora sarà più facile” continua l’uomo, prima di afferrarla per la vita e trascinarla più vicina a sé.

“Certo, se non si presentassero sempre nei momenti meno opportuni, interrompendoci sul più bello, sarebbe meglio!” conclude con un tono di rassegnato sarcasmo.

“Non mi sembra che però ora siano qui!” sottolinea maliziosa Buffy, strusciando il proprio corpo su quello di lui. Spike la stringe un po’ di più, ignorando il leggero fastidio che prova a causa delle ustioni e concentrandosi invece sull’eccitazione, che, secondo dopo secondo, sta crescendo tra loro.

E non solo la sua.

Anche quella di lei.

Riesce a sentirla.

Vantaggi di essere un vampiro.

“Stai suggerendo qualcosa, luv?” le chiede con una voce bassa e roca.

“Forse!” le risponde furba lei.

“Se questo forse, comprende me e te che ci rotoliamo sotto l’ombrellone, mi piace!”

“Spike!” lo rimprovera la ragazza con una finta espressione di biasimo, mentre una mano, scende a carezzargli distrattamente l’inguine. Il vampiro chiude gli occhi, mentre emette un piccolo ringhio.

“Se continui così, non so fino a che punto riuscirò a fare il bravo!”

“E se io ti volessi cattivo?” domanda lei sensualmente, ribaltando i ruoli di cacciatore e preda, mentre la mano si fa sempre più audace. L’uomo non resiste più e, senza darle il tempo di andare oltre con il suo piccolo gioco di provocazione, la stende con forza sul lettino e le attacca il collo, senza più pensare al decoro o all’eventuale pubblico. Che si godino pure lo spettacolo.

Non gli importa.

Adesso Willie ha una missione.

Deve punire una piccola cacciatrice impertinente ed istigatrice.

“Eccoli lì i piccioncini”

“Oh bloody hell! Ma cos’è una cospirazione?” urla Spike, rialzandosi di colpo, al suono della voce femminile che li ha interrotti nuovamente. Se continuano così, entro la fine della giornata morirà per autocombustione. E non di certo per colpa del sole.

Maledizione.

L’aveva detto lui che sarebbe stato meglio prendersi una lunga vacanza dall’altro capo del mondo, lontano da amici ficcanaso e visite inopportune.

“Mr Perossido è nervoso?” domanda una voce maschile.

“Devi scusarlo, Angel” afferma Buffy cercando di sembrare il più naturale possibile, mentre si sistema il costume alla men peggio, per evitare ulteriori scandali. Ma quando incrocia lo sguardo con quello furbo di Cordelia, non riesce a trattenere il rossore e l’imbarazzo.

Maledizione.

Forse avrebbe fatto meglio a dare retta a Spike ed accettare la proposta di una vacanza solitaria dall’altro capo del mondo. Almeno ora non si ritroverebbe in quella situazione.

“Io non devo essere scusato. Dovrebbero essere loro a farlo, invece” sbotta l’ossigenato, che incurante della sua evidente eccitazione, ancora pronunciata, si allunga alla ricerca dell’ennesima sigaretta. Di questo passo, non solo morirà di autocombustione, ma terminerà anche la sua scorta di nicotina. Allora si che saranno problemi.

“Ehm…stanotte non ha dormito bene!” spiega la ragazza, ignorando il commento del vampiro e lanciandogli un occhiataccia di avvertimento.

Angel e Cordelia si guardano complici sorridendo maliziosamente.

“A…a.. causa dell’ustione” balbetta Buffy, sempre più vergognosa

“Ma perché Mr. musone con i tacchi, non è nemmeno un po’ arrossato?” chiede Spike acidamente, facendo un cenno in direzione dell’ex vampiro. In realtà non gli interessa minimamente del perché il suo ex gran sire non sia un peperone come lui, ma ha avvertito l’imbarazzo della sua ragazza e preferisce distogliere l’attenzione dalle loro prestazioni sessuali.

Non che non gli piaccia vantare le proprie doti amatorie, anzi. Soprattutto davanti ad Angelus.

Ma Buffy non è per le ostentazioni e lui non vuole crearle altro disagio.

Più che altro perché sa che dopo gliela farebbe pagare.

Amaramente.

Non teme la violenza.

A quello è abituato. Lo eccita anche, diciamolo.

Quello che realmente teme è che lei decida, per punizione di cacciarlo dal loro letto.

Il solo pensiero lo fa tremare.

“Perché io, ieri, non ho fatto il bambino dispettoso” risponde prontamente Angel mettendo l’accento sul soggetto e ignorando contemporaneamente l’appellativo con cui lo ha chiamato il suo ex gran childe. Sa che Spike lo fa per innervosirlo, ma lui è superiore a questi piccoli giochetti.

Non ci bada nemmeno più.

E poi, se si fosse dovuto infastidire ogni volta, a quest’ora avrebbe avuto di sicuro un ulcera.

Può un ex vampiro, ex personaggio di un telefilm, ex fumetto, ammalarsi di ulcera?

Dovrebbe informarsi.

“Inoltre mi sono protetto e non ho trascorso la giornata a correre come un idiota per tutta la spiaggia!” conclude soddisfatto con un espressione disegnata in viso di chi sa di aver avuto la meglio. Cordelia trattiene malamente una risata, mentre Spike sbuffa esasperato, non sapendo cosa controbattere. L’ex vampiro ha maledettamente ragione.

E lui odia quando Angel ha ragione.

Il giorno prima si è comportato come un idiota, è vero. Però era così felice di poter essere di nuovo al sole che non ha pensato alle conseguenze e non ha voluto sentir ragioni.

Maledizione. Maledizione. Maledizione.

Ora non solo è ustionato, ma deve anche subirsi la superiorità di Peaches.

“Avete letto il giornale stamattina?” chiede l’uomo dai capelli castani, cambiando argomento e riportando la concentrazione sul motivo della loro intrusione.

“Cosa dice?” domanda Buffy che finalmente può riprendere fiato. Ha trattenuto il respiro per tutto il tempo del piccolo battibecco per evitare di ridere in faccia al suo compagno. Ma un attimo in più e sarebbe crollata di certo, soprattutto dopo aver visto l’espressione imbronciata di Spike.

A volte è proprio un bambino.

Ma di quelli adorabili.

E lei lo ama anche per questo.

Cordelia tira fuori una copia del Los Angeles Times dalla grande borsa Dolce e Gabbana zebrata che porta sulla spalla con orgoglio. Ai piedi indossa le ciabattine abbinate, con un uno smalto sulle unghie rosso fuoco. Il costume, coperto strategicamente da un prendisole bianco, è al contrario molto semplice. Un bikini nero con cordoncini rossi. Perché osare va bene, ma senza esagerazioni.

Glielo ripete sempre la sua personal shopper, arrivata direttamente dall’Italia.

Le costa un bel po’, ma ne vale la pena.

E’ pur sempre la Queen C.

“Joss Whedon fa crack!” afferma Angel con voce grave, leggendo il titolo dell’articolo e prendendo poi una pausa ad effetto come un consumato attore da teatro. Anche la posa è da divo. Chissà se potrebbe avere una chance nel mondo dello spettacolo?

In fin dei conti ha sempre avuto un certo gusto drammatico.

Osserva i suoi uditori, aspettando una loro reazione, ma più dello sguardo attento di Buffy non riceve. Spike, invece, si è sdraiato sul lettino, con un braccio dietro la testa e sembra realmente incurante, mentre Cordelia, gioca con le punte dei suoi capelli e controlla lo smalto delle mani. Sbuffa deluso, prima di ricominciare a leggere.

“Due sere fa, Joss Whedon, noto sceneggiatore di Los Angeles, famoso per essere il creatore di serie televisive di successo, quali Buffy l’ammazzavampiri ed Angel, è stato trovato in stato confusionale nella sua villa di Beverly Hills. Le forze dell’ordine, accorse su segnalazione della moglie, hanno dovuto abbattere la porta dello studio, dentro il quale l’uomo si era serrato inspiegabilmente. Al momento dell’inchiesta, l’autore, che riportava sul corpo evidenti segni di violenza fisica ha affermato di essere stato minacciato e percosso dai suoi stessi personaggi. La risposta ha naturalmente allarmato gli agenti che hanno preferito trasferire lo sceneggiatore presso l’Istituto Psichiatrico dell’Ucla, dove gli è stato diagnosticato un grave esaurimento nervoso. I medici del dipartimento, temendo che il paziente possa essere pericoloso per se stesso e per gli altri, hanno preferito trattenerlo in cella di isolamento sotto stretta osservanza. In particolar modo hanno preoccupato gli specialisti le lesioni simili a morsi da vampiro che lo stesso uomo si sarebbe auto inflitto per avvalorare la storia dell’aggressione. Quanto siano grave le condizioni mentali dello sceneggiatore e quale sarà la sua permanenza nel Semel Institute attualmente non è dato sapere. Joss Whedon è solo l’ennesimo dei cosiddetti geni degli Studios a cadere vittima del proprio stesso talento…”

Il volto di Buffy si colora di un sorriso soddisfatto, mentre pensa, senza alcun rimorso, all’uomo rinchiuso ingiustamente in un manicomio. Dopo anni di torture psicologiche inflitte a tutti loro, Joss è stato ripagato con la sua stessa moneta. Con la sua stessa arma.

E lei non può fare a meno di goderne.

La sua anima ne sta godendo.

Il suo cuore.

Anche più di quanto potesse immaginare.

Anche più di quanto la decenza umana vorrebbe dinanzi la sofferenza altrui.

Ma, in fin dei conti, anche lei ha sempre avuto un lato sadico.

Tale padre, tale figlio.

Anche se in questo caso sarebbe tale autore, tale personaggio.

“Dovremmo festeggiare!” afferma allegramente Cordelia al termine della lettura. Anche se non ha partecipato all’azione punitiva nei confronti dell’uomo, è stata messa al corrente dagli altri del loro piano appena è stato chiaro che anche lei conosceva la verità sulla sua natura. La donna dai lunghi capelli castani, aveva spiegato di aver maturato la consapevolezza su cosa fosse proprio grazie a quel potere della preveggenza, datole da Joss, e che tanta sofferenza poi le aveva portato. Alla notizia, naturalmente Angel aveva messo il broncio, arrabbiato con se stesso per essere stato uno dei pochi a rimanere incosciente di tutto, gli altri due, invece, avevano semplicemente riso, facendosi allegramente beffe di lui.

“Stasera venite a casa mia. Ho invitato anche gli altri. Faremo una piccola rimpatriata!” risponde Buffy, eccitata all’idea di una festa improvvisata.

“Mamma sarà sicuramente felice di riabbracciarvi”

“Non so, pet! A che ricordo, Joyce non aveva una particolare simpatia per Peaches qui” interviene Spike, che ha ascoltato le parole dell’articolo con poco interesse, preferendo concentrarsi su un modo per vendicarsi del suo ex gran sire e della sua maledetta ragione.

“Ehi, io sono qui!”

“Ma sono passati anni. Lo odiava quando pensava che fosse il mio ragazzo” gli risponde distrattamente la bionda, mentre pensa a cosa potrebbe indossare per la serata. Magari potrebbe rispolverare quel prendisole di seta verde smeraldo che le enfatizza il colore degli occhi e che piace tanto al suo vampiro. Ma quali scarpe potrebbe abbinare? I sandali neri? O quelli gioiello?

Forse dovrebbe andare a fare shopping.

“Ora è tutto diverso e lei lo sa!” conclude, valutando, nel frattempo, quanto potrebbe spendere senza allarmare la banca e mettere in rosso il suo conto già esiguo.

“Più che altro lo ha sentito!” controbatte maliziosamente Spike, riferendosi alla notte precedente e al loro incontro tra le lenzuola non troppo silenzioso.

“Noi saremmo ancora qua!” urla Angel, non volendo realmente sapere nulla di più della vita sessuale della sua ex ragazza e del vampiro. Va bene che il suo cuore appartiene a Cordelia e che non prova più nulla per Buffy, ma c’è sempre un limite a quello che è tenuto a conoscere.

“Scusate!” balbetta di nuovo rossa la ragazza, riportando l’attenzione ai suoi interlocutori.

“Cosa sanno gli altri?” domanda l’altro, cercando di cambiare frettolosamente argomento.

“Niente…non sospettano nulla...ed è meglio così!”

“Tara però lo sa!” chiarisce Cordelia, guadagnandosi l’attenzione di tre paia di sguardi allibiti.

“Non mi guardate così. Sono sempre un emissario dei poteri che sono e so tutto!” spiega la donna, rispondendo ad una domanda non posta.

“Così come so, adesso, che io ed Angel siamo di troppo ed è meglio se ce ne andiamo!” conclude prima di prendere sotto braccio il suo compagno e trascinarlo via.

“No…” ribatte Buffy, cercando di fermarli.

“E invece si!” interviene Spike che non vede l’ora di riprendere il discorso interrotto con la sua donna. Il pensiero del suo corpo e delle sue piccole mani gli risveglia di colpo parti decisamente inopportune e gli fa dimenticare i suoi propositi di vendetta nei confronti dell’ex vampiro.

Avrà modo per fargliela pagare.

In seguito.

Ora deve riprendere la sua piccola missione.

Al più presto.

“Spike!” urla scandalizzata la cacciatrice.

“Cosa?” chiede lui.

“Abbiamo capito. Ce ne andiamo!” afferma più decisa Cordelia, facendo un passo indietro.

“No!”

“Si!”

“Ancora?” grida di nuovo Buffy, lanciando un occhiataccia a Spike, che la sta mettendo in imbarazzo più del dovuto. Se non la smette gliela farà pagare. E non di certo si sta riferendo alla violenza. Quello lo eccita. Beh…in verità ha scoperto che eccita anche lei.

“Mi porti a fare shopping?” domanda Cordelia, annoiata da quel battibecco inutile tra i due biondi. Sanno entrambi di volere la stessa cosa, quindi perché discutere?

E poi non le interessa assistere alle loro scaramucce. In realtà, non le interessa nulla quando non è lei la protagonista della situazione. E’ nata per essere una diva, mica una semplice comparsa?!

“Di nuovo, ma ci siamo stati ieri pomeriggio!” si lamenta Angel, che a trascorrere un'altra giornata per negozi proprio non ci sta.

“Ma io devo recuperare anni di oblio dimensionale” gli risponde la bruna, mettendo un broncio capriccioso ed incrociando le braccia al petto.

“Joss mi ha lasciato per troppo tempo in coma per poi farmi anche sparire, ed il mio guardaroba ne ha risentito parecchio. Non so più nemmeno quali siano le ultime tendenze” spiega seria.

“Decisamente una tragedia!” commenta Spike

“Certamente…potrei rischiare addirittura che Buffy sia più alla moda di me”

“Ehi!” grida offesa la diretta interessata.

“Non te la prendere, cara. Ognuno ha le sue doti. Tu sei forte. Io ho stile!”

“Continuo a ripetere, ehi!”

“Allora, andiamo?” chiede Cordelia, ignorando le proteste dell’altra. Angel lancia un ultimo sguardo sconsolato ai due biondi, sperando in un loro aiuto in extremis, ma quando nota il ghigno divertito sulla faccia del vampiro, capisce che non ha via di scampo. Abbassa la testa e si lascia trascinare silenziosamente via dalla sua bella compagna.

Povera carta di Credito, pensa tristemente, facendo un cenno di saluto a Buffy e a Spike.

Forse è ancora in tempo a chiedere, insieme alla Angel Investigation, anche una Visa Gold o magari uno stipendio milionario. Almeno riuscirebbe a reggere i ritmi di Cordelia senza temere le ripercussioni delle banche. Ma perché poi deve pagare lui?

“Hai visto li hai fatti scappare!” afferma innervosita la cacciatrice, quando ormai la coppia sembra essere sparita tra la sabbia ed il sole.

“Era ora, luv!” commenta semplicemente il vampiro, mentre si avvicina alla ragazza con fare predatorio. Lo sguardo riflesso negli occhi di lui, non sfugge a Buffy, che, improvvisamente, si sente nuovamente rapire da un calore interno.

“Sp…Spike!” sussurra debolmente nel tentativo vano di fermarlo. Non che in realtà voglia farlo, ma una parte di lei è ancora arrabbiata per il suo atteggiamento poco cortese nei confronti di Angel e Cordelia e vorrebbe punirlo. Ma in questo momento punire lui, significherebbe anche punire se stessa e lei non ha nemmeno più un briciolo di autocontrollo sul suo corpo e sulle sue gambe, che formicolano di anticipazione.

“Conserva il mio nome per quando lo urlerai!” le dice il vampiro con voce roca e suadente, prima di saltarle addosso.

“E adesso a noi due, cacciatrice”

I gridolini di Buffy si perdono tra i baci infiammati di Spike ed il suo assalto impetuoso.

Poco lontano una vecchia zitella li osserva da sotto la montatura madreperlata degli occhiali e ricorda quando anche lei era giovane e bella. Peccato che al suo tempo non fosse possibile lasciarsi andare a certe dimostrazioni di amore e passione in pubblico. Forse se la società non fosse stata, allora, così bigotta, si sarebbe potuta concedere a quello strano inglese che in una sera di maggio di oltre cinquanta anni prima le aveva rubato il cuore, facendola danzare nella sala del Riz a Parigi. Sospira rassegnata e lascia che la mente vaghi nei ricordi. Ormai solo quelli le sono rimasti.

Un uomo sulla quarantina, in pantaloncini e maglietta stampata con la frase “single è meglio”, sgrana gli occhi davanti alla coppietta evidentemente impegnata in carezze troppo audaci per essere praticate in una spiaggia pubblica. Per quanto i due innamorati siano coperti da un asciugamano, può facilmente intuire dove si trovi la mano del ragazzo. Sentendosi improvvisamente a disagio nei propri vestiti, prova ad allontanarsi, ma non ci riesce. E’ la sua vena voyeuristica, che tante volte gli ha creato dei problemi, ad impedirglielo. Forse dovrebbe rivedere i suoi programmi per la serata, dare buca agli amici e provare a richiamare la sua ex fidanzata. Chissà se gli darebbe un'altra opportunità, dopo quella brutta vicenda del video. Il grosso labrador, che porta al guinzaglio, lo strattona, distogliendolo dalla visione e riportandolo alla loro corsa. Le due sedicenni dalle curve precocemente siliconate, ridono maliziosamente all’ennesima battuta del bagnino e si lanciano sguardi di intesa per capire chi tra loro sarà la fortunata della serata. Il ragazzo dal canto suo, ignaro della giovane età delle due bellezze, si chiede se invece accetterebbero un bel menage a trois. In lontananza arrivano le urla promozionali di un gelataio, che pubblicizza le novità del suo carretto, indossando un cappello colorato che attira l’attenzione di una eccitata bambina a passeggio con la sua tata. La ragazza le tiene la mano distrattamente, mentre osserva la spiaggia con invidia. Se non avesse dovuto lavorare, sicuramente anche lei si sarebbe potuta dedicare all’abbronzatura come le sue amiche. Il gelataio sospira rassegnato, quando anche le due potenziali acquirenti si allontanano senza aver comprato nulla. Toglie il buffo copricapo, mentre spera che direttore di quella importante impresa di marketing, a cui ha mandato il curriculum, lo richiami al più presto. Proprio non ce la fa più a vendere gelati, mentre la sua laurea ammuffisce in un cassetto. Magari dovrebbe seguire l’esempio del ragazzo all’angolo della strada, che distribuisce le proprie referenze agli automobilisti fermi al semaforo. Ma considerando che è ormai lì da più di un mese, forse neanche il suo metodo è particolarmente adatto a superare la crisi lavorativa del momento. Alza la testa e lancia uno sguardo al di là della tendina bianca e rossa del carretto. Il sole sta iniziando il suo lento procedere verso il tramonto, mentre gli avventori della spiaggia, alla spicciolata, cominciano a recuperare le proprie borse e gli asciugamani, per tornare a casa. Solo un ombrellone blu rimane aperto, ma non ci fa particolarmente caso. Sta pensando che forse è il caso di chiudere, tanto ormai non farà più affari. E poi anche il venditore di magliette stampate e di borse false è già andato via. Sunset Boulevard è trafficata come al solito ed il barbone ha perso la voce a furia di urlare e si consola con una bottiglia di un liquore di pessima qualità. La Pretty Woman sale su una ricca auto di un rampante manager che però non sembra assomigliare per nulla a Richard Gere. Alla radio iniziano i programma serali, mentre lo speaker troppo allegro ha lasciato il posto ad una voce femminile decisamente suadente. Nel frattempo, dall’altro lato della città, in una stanza bianca, un uomo costretto in una camicia bianca, con le mani bloccate sul petto, oscilla avanti e indietro, piegato sulle sue stesse ginocchia, bofonchiando parole senza senso. Al di là del vetro, un dottore dai capelli brizzolati e dai grandi occhiali metallici, scuote il capo preoccupato. Non ha mai visto nulla del genere. Quei segni sul collo soprattutto lo lasciano particolarmente perplesso. Ma come se li sarà procurati il paziente? La porta si apre ed una donna dai lunghi capelli neri e gli occhi violetti fa il suo ingresso.

“Come sta?”

Lo psichiatra trasale improvvisamente, spaventato dalla voce. Poi si gira ad osservare la dottoressa.

Non l’ha sentita entrare.

Come al solito.

Da quando si è presentata la notte precedente nell’Istituto, lui non ha fatto altro che stupirsi della sua silenziosità e del suo muoversi leggiadro. Ha una particolare abilità nel sorprendere le persone alle spalle e sembra anche godere nello spaventarle. Se non sapesse che è una specialista titolata in materie di malattie mentali e visioni schizofreniche, realmente ne sarebbe intimorito.

“Stazionario, purtroppo!” le risponde sconsolato, riportando la propria attenzione sull’uomo chiuso nella stanza bianca. Sospira rassegnato.

Teme che non ci siano possibilità di guarigione.

“Vuole che provi a parlargli io?” chiede, dopo alcuni secondi la donna, facendo un sorriso malefico che il dottore non può vedere. Poi, ricomponendosi, si avvicina al vetro e lo sfiora con una mano.

Una lacrima le riga il volto.

“Forse è meglio di no” dice l’uomo, mentre osserva stupito il comportamento della dottoressa.

Ha quasi l’impressione di averla vista piangere. Possibile?

“Non penso che gli farebbe bene. Ieri ha reagito violentemente. Inoltre è convinto che anche lei sia un vampiro” chiarisce, abbassandosi gli occhiali e pulendoli con un gesto istintivo, che non sa chi gli ricorda.

“Ridicolo, no?” controbatte l’altra, prima di scoppiare a ridere.

L’uomo è sempre più perplesso. Che sia pazza anche lei?

Un bip ripetuto, proveniente dalla tasca del camice, lo distoglie dai suoi pensieri.

“E’ il mio cercapersone. Devo allontanarmi per fare un telefonata. Lei che fa?” le domanda, mentre cerca di capire a chi possa appartenere quel numero. Non ha famiglia, né amici ed i cellulari dei suoi colleghi di istituito psichiatrico li conosce tutti a memoria.

“Credo che rimarrò un altro po’ qui. Mi prenderò cura io del paziente, lei vada pure!”

Lo psichiatra le lancia un ultimo sguardo dubbioso, prima di assentire ed avviarsi verso la porta.

Ha una strana sensazione ed il suo istinto gli dice di non fidarsi.

Ma, forse, è solo la sua nota misantropia a farlo preoccupare.

Dovrebbe realmente cominciare ad uscire un po’ di più. Potrebbe chiederlo addirittura alla dottoressa, per scoprire qualcosa di più di lei e magari fugare i suoi timori.

Chissà se accetterebbe il suo invito a cena.

La donna dai lunghi capelli neri, rimasta sola, osserva per alcuni secondi lo spazio vuoto davanti a se, mentre allunga i propri sensi sul ritmo del cuore dell’uomo appena scomparso. Sorride.

Quello psichiatra deve essere veramente buono. Pensa.

Lo stomaco brontola. Ha fame. Ma non può pensarci adesso. Domani.

Domani.

Si gira e si avvicina nuovamente al vetro.

“Mi prenderò cura io di te, Joss!” dice ridendo di gusto.

I bei lineamenti si deformano in orribili creste e gli occhi violetti si caricano di una inquietante tonalità dorata, mentre la risata diventa sempre più malefica.

Il paziente con la camicia di forza comincia ad agitarsi.

E quando la porta della stanza bianca si apre urla.

Urla.

Urla.

Ma nessuno può sentirlo.

Neanche questa volta.

Ed il suo incubo ricomincia.

 

Mentre il nostro sogno si realizza.