SHADOWS

Autore: buffy_thevampireslayer oppure se preferite Martina (è più corto )

Rating: NC17

Inizio: durante la battaglia finale (l'ultimo episodio, per intenderci)

Riassunto: ho sempre odiato la morte di Spike, quindi mi sono chiesta... e se Spike non fosse morto? La Scooby Gang si trasferisce a Cleveland, e tutto sembra andare per il verso giusto, ma ovviamente la felicità non può durare molto, ed è proprio quando... beh leggete e scoprirete

Coppie: Buffy/Spike, ( ovviamente ) Willow/Kennedy, Faith/nuovo personaggio ( non potevo lasciarla da sola )

Feedback: sempre ben accetti! martina2096@hotmail.it

 

 

 

 

PROLOGO

 

«Spike vieni via! Hai fatto abbastanza!» urlò Buffy in preda al panico. Il vampiro scosse la testa. «no, tu li hai battuti, e io farò pulizia» disse deciso. Buffy prese la sua mano e chiuse gli occhi, noncurante delle fiamme che l’avvolgevano. Doveva dirglielo, così non l’avrebbe lasciata andare via. O almeno sperava che non l’avrebbe fatto. «ti amo» mormorò con le lacrime agli occhi. Lui sorrise compiaciuto. «grazie di averlo detto, anche se non è vero». Lei stava per controbattere quando la voce di Faith spezzò quel momento. «Buffy andiamo!» urlò. Lei a ignorò completamente e si concentrò sugli occhi di Spike, affondando il quel blu oceano e allo stesso tempo cercando di assumere uno sguardo determinato. «io non mi muovo di qui senza di te». Spike distolse lo sguardo. Non si rendeva conto di quanto fosse difficile per lui? «corri via». La cacciatrice gli tirò un pugno che lo fece vacillare. Almeno non aveva più quel sorriso stupido sulle labbra. «idiota!» strillò. La terra cominciava a tremare sul serio, facendo sprofondare parte delle fondamenta nella voragine da dove provenivano gli UberVamp. Buffy si guardò attorno: Faith se ne era già andata via. Era incredibile l’istinto di conservazione di quella ragazza! L’aveva lasciata là senza manco pensarci! A pensarci bene era ancora più incredibile che lei stesse cercando di salvare la vita a Spike. Solo due anni prima non l’avrebbe mai fatto. Una trave cadde a pochi metri da lei. Un barlume di lucidità illuminò la sua mente: Dawn. Se fosse morta in quel modo stupido non gliel’avrebbe mai perdonato. Diede un ultimo sguardo al vampiro ossigenato, trattenendo con tutta la forza che le rimaneva le lacrime. «ti amo» ripeté. «ti amo cacciatrice». Uno sguardo così dolce e pieno d’affetto non l’aveva mai visto nei suoi occhi. «Non deludermi Spike, non farlo» implorò. Lui non capiva. Credeva che volesse qualcuno che salvasse il mondo, che si sacrificasse. No, lei voleva solo qualcuno che le stesse vicino, e che la volesse in un modo così egoistico andarsene via con lei da quel posto. Per Spike era troppo tardi per capirlo?

Buffy iniziò a correre. Le gambe si muovevano meccaniche lontano da lì. Oltrepassato il liceo vide con orrore che tutto iniziava a franare nella bocca dell’inferno. Scorse in lontananza il pullman giallo che stavano usando i suoi amici per scappare e una morsa di ferro le serrò il cuore. Chissà chi era sopravvissuto. Spike. Lottò con tutta se stessa contro il desiderio irrefrenabile di andare a scavare tra le macerie. «Ma perché non l’ ho ucciso quando era ancora malvagio? Sarebbe stato tutto più stramaledettamente facile!» Continuò a correre, falcata dopo falcata, dandosi lo slancio con le braccia. Dietro di lei sentiva chiaramente la terra sgretolarsi e le case cadere. Se solo si fosse fermata per un riprendere fiato sarebbe stata spacciata, e questa volta Willow non l’avrebbe riportata indietro. Mancavano poche centinaia di metri al cartello malandato “welcome to Sunnydale”,e a rigor di logica dopo il confine sarebbe stata salva. Peccato che l’esperienza le aveva insegnato che quelle cose non seguivano le banali leggi della logica. Maledì per la prima volta nella sua vita Giles. Non gli era mai venuto in mente che le sarebbe stata utile un po’ di resistenza in più mentre correva e non solo imparare a tirare pugni e calci – tra l’altro cosa che sapeva fare benissimo - ? Si ripromise che se fosse sopravvissuta gli avrebbe certamente dato qualche consiglio a proposito del suo allenamento. Il cuore le martellava nel petto e la milza le stava per scoppiare. Era esausta. Non ce la faceva più neanche a muovere un muscolo. Cominciò a rallentare senza neanche accorgersene. «non credevo che fossi così debole cacciatrice» disse una voce alle sue spalle. Quel sarcasmo così malcelato poteva provenire solo da una persona. Poco dopo si trovò di fianco Spike che la prese per il braccio e cominciò a strattonarla. Lo stupore le avrebbe fatto prendere un colpo al cuore in una qualsiasi altra situazione. Lo dava già per perso. In quei pochi minuti aveva provato il dolore lancinante, capace di distruggerle l’anima, che lui aveva dovuto sopportare per mesi quando lei era morta. Che scema. Lui non aveva un anima allora. Però sapeva che aveva sofferto, forse più di tutti. Costretto a stare con persone che lo disprezzavano, a consolare Dawn e all’idea di condividere la sua eternità con quella sofferenza.

Si adattò facilmente al suo passo, chiedendosi come avesse fatto ad uscire di lì e a raggiungerla così in fretta. Lui intuì cosa stesse pensando, ma non voleva distrarla. Sorrise debolmente. Anche con la morte dietro di lei aveva la forza di farsi domande stupide. Calcolò che mancavano una cinquantina di metri al confine. Ormai stava letteralmente trascinando Buffy, che procedeva arrancando. L’asfalto davanti a loro era segnata da crepe e solchi, che man mano che il tempo passava diventavano sempre più profondi. Attraversarono la frontiera e si fermarono stremati vicino al pullman giallo. Buffy non voleva girarsi. Non voleva vedere quello che era rimasto di Sunnydale. D’altro canto non voleva nemmeno sapere chi c’era là dentro. Alle sue spalle sentì la presenza fredda di Spike. «com’è che ora vaghi indisturbato anche di giorno?» chiese acida. La sua domanda lo fece rimanere spiazzato per qualche secondo. «è questo gingillo». Si risparmiò la sua solita ironia. Riusciva a vedere nei suoi occhi l’ansia, il desiderio che qualcuno la stringesse e le dicesse che andava tutto bene. Fece per avvicinarsi a lei ma le porte del bus si aprirono con un cigolio rumoroso. Prima scesero tutte le potenziali, o per lo meno le sopravvissute. Poi ecco Giles, Willow, Xander… «Dawn!» esclamò Buffy vedendo sua sorella. Le corse incontro zoppicante. In proporzione Dawn era messa molto meglio: oltre a qualche graffio non arrecava nessuna ferita grave. «Buffy» sorrise lei. Solo quando si abbracciarono Buffy sentì una fitta fastidiosa allo stomaco. Si allontanò dolcemente, facendo finta che andasse tutto bene. Istintivamente si girò e portò una mano alla ferita che aveva sulla pancia. Deglutì rumorosamente. Avrebbe dovuto disinfettarla al più presto. Si rivolse a Faith. «stai bene?» domandò. Faith allargò le braccia e si stiracchiò. «io si, ma Robin...cioè...il preside Wood è malconcio, ma niente che non possa curare» disse ammiccando. Non poté evitare un ghigno. La solita vecchia Faith. Era un inutile fantasia sperare che un giorno sarebbe maturata, anche se da un certo punto di vista era bello sapere che certe cose non sarebbero mai cambiate. «Buffy». Xander. Fece per avvicinarsi ed abbracciarlo ma lui la respinse. «...Anya è morta» annunciò senza tanti preamboli. Incassò quel colpo a fatica. «mi dispiace» mormorò. Digrignò i denti combattuta. Lui aveva pagato il prezzo più caro. Non lei, la cacciatrice, non Willow, la strega, non Giles, l’osservatore, non Spike, il vampiro...non loro, loro che avrebbero potuto difendersi. Lui, l’unica persona che si armava solo di grinta, coraggio ed una buona dose di acqua santa. Xander si allontanò impercettibilmente, mettendo tra loro una distanza di una decina di centimetri. Buffy colse il messaggio subliminale. Pensava che fosse colpa sua se gli era capitato tutto quello. Si costrinse a pensare che fosse solo lo shock, non poteva crederlo davvero. «mi dispiace. C’è qualcosa che posso fare per aiutarti?». «le dispiaceva? Non sapeva neanche quello che provava» pensò furioso Xander. «...ho sentito che ce ne è un'altra a Cleveland...» disse Giles. Buffy alzò gli occhi al cielo. Finita una battaglia ne cominciava di già un'altra. Si diresse verso Spike ma Willow le si parò davanti. Si guardarono per un momento negli occhi, poi cedettero e si abbracciarono. «oh Will!» mormorò Buffy. Sentiva la sicurezza dell’amica infondersi anche in lei. Che stesse provando qualche incantesimo? In ogni caso non le dispiaceva per niente quella sensazione. «Kennedy?» chiese. La strega assunse un aria fiera. «si è battuta bene, proprio come una vera cacciatrice... Hai sentito Giles?». «io ora voglio dormire per una settimana intera» s’intromise Faith, anche se Buffy aveva i suoi dubbi a riguardo. Sospettava che avrebbe trovato molte altre cose più interessanti che dormire. Giles si aggiunse alla conversazione, dicendo che aveva ancora degli agganci a Cleveland, e che potevano procurarsi una casa in poco tempo. «e le potenziali? Anzi, mi correggo. E le altre cacciatrici?» chiese Willow. Giles rifletté qualche secondo. «suppongo che molte torneranno da dove sono venute, sebbene chiunque volesse restare sarà la benvenuta». Buffy ne approfittò per lasciare quei tre al loro discorso. Cercò Spike con lo sguardo. Stava parlando con Dawn. «...Briciola le nostre vite non saranno mai normali» disse con delicatezza. «per quanto tua sorella si sforzi di assicurarti un futuro migliore del suo... devi ammettere che saremo sempre coinvolti in qualche cosa come quella» disse indicando il cratere. «Spike non traumatizzare mia sorella» sbuffò Buffy comparendo da dietro il pullman. Il vampiro si girò di scatto. «non ti hanno mai detto che è maleducazione origliare?» disse col suo solito fare da strafottente. Subito dopo si tirò una manata sulla testa. «Briciola io e tua sorella dobbiamo parlare». Dawn gli sorrise, facendo un segno di incoraggiamento probabilmente riferito a qualche loro precedente conversazione. «sta passando troppo tempo con Spike».

Rimasero immobili, uno di fronte all’altra. Lei con le braccia conserte e le labbra serrate, forse più nervosa di quanto Spike potesse sospettare. Lui, col fuoco che gli bruciava negli occhi. Sarebbe mai stata sua? Nessuno dei due sembrava intenzionato a parlare. Dopo un minuto di interminabile silenzio Spike si decise a fare il primo passo. «Buffy io...». «muovetevi a salire!» sbottò Andrew dal finestrino. Non si erano accorti che erano rimasti solo loro a terra. Quando le passò vicino le disse una semplice parola. «dopo». Appena salì emise un ringhio verso Andrew. Perché non riuscivano mai a stare soli?

 

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Il viaggio fu stressante. Nel Pullman l’aria era stantia e puzzava di disinfettante. Oppure era solo una sua impressione. Medicarono i feriti più gravi con i kit di pronto soccorso che trovarono, ma come le aveva già anticipato Faith oltre al preside e un altro paio di cacciatrici nessun altro correva il rischio di morire dissanguato. Buffy si sistemo sul fondo dell’autobus per fasciare come meglio poteva la ferita. Non voleva allarmare nessuno, «dopotutto le cacciatrici guariscono in fretta» si disse. Finalmente dopo giorni di notti insonni si addormentò senza preoccupazioni. Era sopravvissuta anche a quella. Robin non riusciva a guidare, così prese il suo posto Spike. «appena posso mi libero di questo gingillo» sbottò polemico. Non era più abituato alla luce del sole, e non ne sentiva neanche la necessità. Erano due secoli che dormiva di giorno e cacciava di notte,e di certo un affare da mercatino dell’usato non gli avrebbe sconvolto le abitudini.

 

 

To Be Continued...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CLEVELAND

 

Arrivarono a Cleveland la mattina del giorno seguente. Era una città caotica, in confronto Sunnydale poteva passare per un paese d’alta montagna. Il centro era pieno di grattacieli e centri commerciali che svettavano verso l’alto. A quella vista Buffy rabbrividì. Era riuscita a scappare da Sunnydale grazie alle costruzioni basse, se ci fossero stati grattacieli come quello sarebbe stata spacciata.

Tutte le potenziali decisero di tornare da dove erano venute, una scelta più che comprensibile. Tutte meno Kennedy, che a quanto pareva non aveva intenzione di andarsene tanto presto. La prima tappa fu l’aereo porto, dove salutarono le neo cacciatrici. Giles passò più di mezz’ora a fare raccomandazioni che nessuna di quelle ragazze ascoltò. Alla fine intervenne Faith, liberandole da quella tortura. «Giles,Giles lasci stare quelle ragazze. Hanno appena sventato un Apocalisse, non la staranno neanche ascoltando». Buffy ne approfittò per affiancare l’altra cacciatrice. «cosa intendi fare ora?» chiese. Le era difficile ammetterlo, ma durante quei mesi si era riavvicinata a Faith. L’assassina che voleva prendere il suo posto era parzialmente scomparsa, anche se ogni volta che la guardava c’era una punta di gelosia. La bruna strinse le spalle. «non so. Non ho una casa, non ho una meta. Sono libera come l’aria...come al solito» mormorò con un sorriso amaro sulle labbra. «rimani da noi» propose Buffy. Sapeva che aspettava solo un invito per rimanere. «potrei. Dopotutto...siamo a Cleveland. Benvenuti alla bocca dell’inferno» disse esaltata. Dopo quella breve conversazione ripartirono per un azienda immobiliare di un amico di Giles. Parcheggiarono là davanti. Buffy si guardò intorno. Ormai rimaneva solo la vecchia banda, più qualche nuova aggiunta. L’osservatore richiamò l’attenzione tossendo. C’era ancora “l’inconveniente casa” da affrontare.

«Andrew si accontenterà del divano letto» disse l’osservatore, ignorando il suo disappunto.

«siamo numerosi. Ci servirà una casa simile a quella di Joyce». Sentire il nome di sua madre fu come una pugnalata al cuore per Dawn. Buffy sembrava insensibile e lei non riusciva proprio a capire come ci riuscisse: era insopportabile.

«...uno scantinato per Spike, uno studio per me...».

«sig. Giles tutti i suoi libri sono andati distrutti» gli ricordò il preside Wood, che fino ad allora era rimasto seduto su un sedile, sospeso tra la dormiveglia e il sonno. Giles si tolse gli occhiali e li pulì freneticamente con l’orlo del maglione.

«anni e anni di ricerche buttati al vento. Chiederò al consiglio di inviarmene degli altri» sospirò. Willow scattò in piedi. «oppure posso fare una magia per recuperarli!».

Giles la guardò severamente, ma dovette fare i conti con lo sguardo di Kennedy. Quella ragazzina era troppo protettiva nei confronti di Willow. Non le piaceva per niente.

«ciò non toglie che ci servirà una casa spaziosa, a meno che non decidiamo di dividerci».

«NO». Tutti si girarono verso Dawn, che fino ad allora era rimasta in silenzio. I suoi occhi azzurri tremavano come il resto del suo corpo. Si sedette sulla poltrona di fianco al preside.

«se ci dividiamo saremo un bersaglio più facile». La frase era semplice e di poco impatto, però riuscì a catturare l’attenzione di tutti grazie al tono che usò: autoritario, che non ammetteva repliche, così simile a quello che usava tanto spesso Buffy. Aspettò qualche secondo perché la frase facesse effetto e continuò.

«avanti! Abbiamo appena salvato il mondo! Comprare una casa che vada bene per tutti non sarà un impresa più complicata di quello che abbiamo fatto due giorni fa!». Willow si lasciò scappare un sorriso. La piccola, solita Dawnie.

Mentre gli altri continuavano a discutere, Spike si avvicinò a Buffy posando le labbra vicino al suo collo. Per tutta risposta lei alzò gli occhi al cielo, ma non si ritrasse. Non dopo aver creduto che la sua dannata sfacciataggine l’avrebbe abbandonata per sempre. Le cose sarebbero cambiate.

«dobbiamo parlare cacciatrice».

«te l’ ho detto. Non è un argomento che si può affrontare qui, William».

Emise un rantolo sordo e si allontanò. «Spike. Ti avevo detto che ora non potevamo parlare, non di andare via» disse dispotica. Voleva avere tutto sotto controllo, e se faceva vedere che nei confronti di Spike si era raddolcita...beh l’idea non le piaceva. Si sedettero uno di fianco all’altra, facendo finta di ascoltare. Buffy portò le ginocchia sul sedile, sedendosi di traverso. Impercettibilmente Spike le si avvicinò, iniziando a tracciare dei cerchi sulla sua mano. Era il massimo del contatto che si potevano permettere. Più volte i loro sguardi si agganciarono, cercando di capire cosa stesse pensando l’altro, un’impresa più che complicata. Entrambi erano guerrieri, e la prima regola per sopravvivere era non far capire cosa ti passava per la testa.

Giles uscì dal pullman e si diresse verso il centro della trafficata città.

Dopo quell’attimo di distrazione Spike cercò di nuovo di inchiodare Buffy con lo sguardo. Buffy. I suoi occhi verdi fronteggiavano l’azzurro penetrante dei suoi senza voler cedere, combattendo una lotta taciturna per determinare finalmente chi dei due fosse il più forte.

 

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Mezz’ora dopo il sig. Giles ritornò con in mano un mazzo di chiavi. «ma come ha fatto?» chiese Willow stupita. Kennedy le si avvicinò e le cinse le spalle col braccio. «per quanto ne so io che le tengo la contabilità il suo conto corrente è vuoto» continuò. Giles prese una cartina dal cruscotto, noncurante della sua domanda. Una volta individuata la via accese il motore. «sig. Giles?» disse facendosi insistente. «vedi Willow, ci sono rari casi, come questo per esempio - abbiamo salvato il mondo e ora siamo dei nomadi – in cui usare la magia per trarre qualche vantaggio non è poi così sbagliato» disse asciugandosi il sudore dalla fronte. «dov’è finita la sua perfezione da bravo inglese, Giles?» lo sfotté Spike, imitando il suo accento. Non ribatté per non dilungarsi su quel discorso. L’importante era che stesse bene con la sua coscienza: non aveva rubato una casa, l’aveva presa in prestito.

La villa di “Union Road”, in un quartiere residenziale di Cleveland, non era squallida come tutti si immaginavano. Era relativamente piccola per tutti loro, si sarebbero dovuti arrangiare. All’esterno c’era con un piccolo giardino, tipico delle case americane, cosparso di fiori selvatici ed attraversato da un breve vialetto in roccia che portava all’entrata. Il piano terra era composto da un ampio salone, tutt’uno con la cucina, e da un bagno. Dawn stava già per avere un collasso all’idea di un solo bagno, fortunatamente Giles annunciò che al piano di sopra ogni camera ne aveva uno proprio. C’erano due scale, una affianco all’altra. La prima portava al piano di sopra, dove c’erano le camere, la seconda allo scantinato. «l’unico difetto di questa casa è che Buffy dovrà dormire con Dawn. Al momento non c’erano altre sistemazioni disponibili, e questa era la più economica. Se...». «Giles, non è un problema. Va benissimo così» disse sorridente Buffy, troppo di buonumore per farsi rovinare la giornata. Le stanze erano accoglienti, arredate con mobili il legno scuro. Appena gli si presentò l’occasione il sig. Giles prese da parte Buffy. Era irrequieto e teso, e per di più continuava a sudare. Da quando le cacciatrici mettevano in soggezione gli osservatori?

«quando io ho detto che dormirai con Dawn...beh spero che tu abbia preso alla lettera il significato delle mie parole,intesi?».

Buffy deglutì nervosa. Se Giles se ne era accorto, allora doveva essere una cosa pubblica.

«me l’ ha fatto notare Faith. Vi ha visto alla fine della battaglia» aggiunse. L’istinto di rompere qualche mobile sulla testa vuota di quell’impicciona si fece irrefrenabile. Affondò le unghie nei palmi della mano ed irrigidì i muscoli dello stomaco. Il dolore la distraeva.

«sig. Giles, so che Spike non le va a genio, ma credo di essere abbastanza grande da scegliere in che camera stare» rispose asciutta, con un tono più duro e distaccato di quanto volesse. «non intendevo intromettermi» si affrettò ad aggiungere Giles. «lo so, e gliene sono grata. In questi anni lei è stato come un padre, e sappia che io l’ascolterò sempre, è solo che...» non riusciva a trovare le parole per terminare la frase e allo stesso tempo non sembrare fredda.

«...è solo che io non ho voce in capitolo» concluse. Buffy assentì.

 

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Mentre il resto della banda faceva il giro turistico del primo piano, Buffy andò a visitare lo scantinato. Non era umido come quello della sua vecchia casa, - sebbene fosse più piccolo - anzi, era confortevole. Anche se privo di finestre era fresco grazie ad una grata sul soffitto che collegava anche quella stanza al condotto di aerazione e all’impianto di riscaldamento. Al contrario di quello che si aspettava era arredato. Nel progetto originale doveva essere utilizzato come taverna. Le scale costeggiavano un intera parete, terminate c’era una piccola porzione di parquet, perché quasi tutto il resto era coperto da un imitazione di un tappeto persiano. Gli unici mobili presenti erano un divano e una cassettiera. Non c’era neanche una televisione. Sorrise al pensiero di uno Spike senza le sue telenovele. Per quell’aspetto sembrava un vecchio di ottant’anni. Sentì scendere le scale cigolanti il legno. Non aveva bisogno di guardare chi fosse, riconosceva il suo passo deciso e il forte odore di pelle della sua giacca. «Buffy». La sua voce era bruciante e profonda. Appena la sentì venne scossa da un brivido lungo tutto il corpo. Spike. Percepì il suo respiro fresco sul collo, e si abbandonò a quella sensazione rassicurante. Se solo si fosse voltata avrebbe visto il terrore che dilaniava il bel vampiro, lo stesso vampiro che fino a tre anni prima credeva fosse privo di sentimenti. «io devo saperlo. Non posso aspettare ancora» disse calmo, anche se il tremolio delle mani tradiva la sua sicurezza. «cosa devi sapere?» chiese lei innocentemente. Spike sbuffò. L’afferrò per le braccia e la voltò verso di lui, in modo che potesse guardarlo negli occhi. Era stanco di quei giochetti. Basta false speranze,basta tira e molla,basta tutto. «mi ami?». Lei non capiva perché fosse così difficile parlargli in quel momento. L’aveva sempre ritenuto l’unico con cui si potesse sfogare, l’unico che fosse mai riuscito a tenerle testa, l’unico così forte da poterla capire, l’unico con cui condividere l’enorme macigno che la teneva legata ai suoi doveri. «Spike...». Delicatamente Buffy sfuggì dalla sua presa, sedendosi sul letto. Prese un respiro prima di buttare tutto fuori. «...prima Angel...poi Riley. Tutte le storie della mia vita sono finite in modo catastrofico o nel migliore dei casi con un abbandono. Io... ho paura. Non so se riesco a fidarmi anche di te». A quelle parole gli occhi di Spike la guardarono con disprezzo, un disprezzo che Buffy aveva visto in lui solo quando voleva ucciderla. «non ti fidi di me» disse scandendo ogni parola, assimilandone il significato. Iniziò a girare per la stanza gesticolando ed imprecando. «non ti fidi di me!» ringhiò. Le saltò addosso, bloccandola col suo peso. Buffy provò a divincolarsi, sapendo già da subito che non ci sarebbe riuscita, che non avrebbe voluto. Assunse il volto della caccia, digrignandole i denti contro. «il capellone e il soldatino andavano bene,eh? Loro si che andavano bene! Oh Spike, loro hanno un anima! Ecco qual’era il ritornello! Va bene cacciatrice! È un anima quella che vuoi? Perfetto! Eccoti un anima!». Prese la sua mano e se la portò al medaglione che aveva ancora indosso, costringendola a stringerlo fino a graffiarle i palmi della mano. «brucia Buffy! Brucia! Non puoi neanche immaginare quanto! Ma ho sopportato, per te! Non ti sei mai resa conto che ti amavo anche senza questa? A differenza del tuo adorato Angelus, che senz’anima era un benemerito bastardo! Io anche senz’anima ero pronto a morire per te! Lo capisci? Morire Buffy, morire! Perché quando ti ho vista lì, per terra, senza vita... quando ho capito che non ti avrei più rivisto sorridere...». Riprese fiato, riordinando i pensieri. «quello era l’inferno per me. Volevo tanto raggiungerti» disse, scrollando la testa e riacquistando il suo vero volto. Addolcì lo sguardo che fino ad allora l’aveva squadrata truce. Quell’espressione durò solo per pochi secondi perché fu subito sostituita da un aspra rassegnatezza. «ma questo non ti è bastato. Cos’altro vuoi cacciatrice?». Lo fissò, cercando un segno del demone che la stava guardando poco prima. Era scomparso, ora c’era solo il suo Spike lacerato da un dolore mal nascosto. Cos’altro voleva? L’aveva sempre negato a se stessa, ma lei aveva bisogno di Spike. C’era un problema, da chi andava? Spike. Aveva bisogno di qualcuno, chi le era sempre vicino? Spike. Tutti le avevano voltato le spalle, chi era rimasto? Spike. Il suo non era solo un bisogno fisico, ma anche interiore, perché finché lui era lì, niente sarebbe andato storto. Perché? Perché c’era Spike. Si era vietata la felicità. L’ultimo anno era cambiato tutto irrimediabilmente. Senza che se ne accorgesse si era innamorata di quel vampiro che l’amava da morire. Una lacrima calda le scese sulla guancia, seguita rapidamente da altre. Si sentì orribile.

Perché l’aveva fatto soffrire tanto?

Appena si accorse che stava piangendo Spike si ritrasse subito, facendo per andarsene. Per ogni lacrima che piangeva riceveva cento paletti nel cuore, non poteva rimanere lì a guardarla star male. «Spike» mormorò con voce roca e sguardo implorante. «resta».

 

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La sua voce gli fece capire che non avrebbe ammesso un “no” come risposta. Il vampiro rimase a metà tra Buffy e la porta. Orgoglio ,dignità,fierezza. Se fosse tornato da lei avrebbe perso tutto. Eppure, se avesse varcato quella soglia proprio quando era lei a chiedergli di restare, non se lo sarebbe mai perdonato. Si avvicinò cauto, sedendosi al suo fianco senza toccarla. Un istinto più forte della sua stessa natura lo indusse ad abbracciarla, a dirle che andava tutto bene, che finché c’era lui, non avrebbe più dovuto aver paura di niente. La cacciatrice scomparve e la sedicenne impaurita costretta ad affrontare la morte prese il sopravvento. Buffy si sedette sulle sue ginocchia, lasciandosi accarezzare la guancia. Si rannicchiò tra le sue braccia, desiderando solo qualcuno che la proteggesse, che la facesse sentire al sicuro, esattamente come stava facendo lui, come aveva sempre fatto senza che se ne accorgesse.

Lasciò che si sfogasse senza dirle una parola, cullandola e sfiorandola di tanto in tanto per farle capire che c’era e che non se ne sarebbe andato via. Quando smise di piangere la fece sdraiare sul divano, senza lasciarle la mano. Si accasciò di fianco a lei, accarezzandole i capelli. Lei affondò il viso sul suo petto muscoloso, toccando il ciondolo. Il ciondolo che l’aveva quasi ucciso. E se Angel sapeva cosa sarebbe successo? No, non poteva essere. Altrimenti non si sarebbe mai offerto di indossarlo. Non poté evitare un’espressione contrita al solo pensiero. «mi vuoi Buffy?» sussurrò Spike. Lei sospirò, lasciandosi andare, incapace di pensare. La mano di lui, con una calcolata lentezza, raggiunse l’interno delle sue cosce, accarezzandola, mandandola su di giri. Il suo viso affondò nel suo collo, annusando avidamente il suo profumo, per poi darvi baci sempre più brucianti, assaporando la sua pelle con la lingua, mordicchiandola con i denti aguzzi. Appena la sentì ansimare si fermò, alzando lo sguardo, incontrando quello contrariato di Buffy. La sua mano stava continuando ad infliggerle ininterrotti supplizi, questa volta lisciandole il fianco. Il suo era uno sguardo di sfida. Non doveva essere poi così difficile se lo facevano tutti. Si avvicinò alle sue labbra, creando una situazione di stallo insopportabile per entrambi. Quando socchiuse gli occhi Buffy ne approfittò per adagiarsi su di lui, constatando il piacevole effetto che riusciva a fargli. Si accostò al suo orecchio, coprendogli il viso coi suo capelli dorati. «ti voglio» ansimò. Spike fletté la schiena, facendo aderire la cacciatrice al suo corpo. «ci sei quasi dolcezza» disse con enfasi. Si riavvicinò e gli morse l’orecchio, stiracchiandosi come un felino. Affondò le unghie sui suoi avambracci. «ti amo, razza di idiota che non sei altro» disse tutto d’un fiato, come se le parole fossero così ustionanti che doveva a qualsiasi costo buttarle fuori. Dapprima provò una sensazione liberatoria, poi quel formicolio nel basso ventre che le veniva quando era eccitata. Spike la fece rotolare su se stessa, ottenendo così il controllo della situazione. Si mise a cavalcioni su di lei, scosso da quello sguardo pieno di desiderio col quale lo guardava per la prima volta. Chiuse gli occhi e ripercorse con la sua mano ghiacciata il profilo della sua cacciatrice. Guidato dal suo profumo cercò le sue labbra, sfiorandole appena, con delicatezza, come se dovesse esplorare quel corpo che conosceva già così bene. Fu lei, soffocata dalla libidine, a pretendere di più di quel semplice contatto. Socchiuse le labbra, le loro lingue si toccarono, si assaggiarono, e cercarono di prevalere l’una sull’altra. Spike la sentì sorridere. «possibile che anche quando mi baci vuoi avere la meglio? Vampiro, io sono la cacciatrice, ricordatelo» sospirò con affanno. «e io sono un vampiro, cacciatrice». Posò i canini affilati sulla sua giugulare senza però trasformarsi. «ricordatelo». La baciò di nuovo, con più ardore. Ogni volta che si dividevano per farle riprendere fiato lui la baciava sul collo, soddisfatto nel sentire il sangue che pulsava all’impazzata. Si appoggiò su di lei, stringendola a se. Buffy gemette di nuovo, ma questo non era un gemito di piacere. Spike si distaccò un momento. Notò una macchia di sangue sulla maglietta. Gliela sfilò delicatamente, cercando di non farle male. «ah già» mormorò Buffy. Si era completamente dimenticata della ferita. La fissò preoccupato. «devi farti vedere subito dalla rossa». «non ce ne è bisogno. Basta disinfettarla e fasciarla. Ne ho avute tante di ferite così». Le mani esperte di Spike iniziarono a sciogliere la benda che l’avvolgeva rozzamente. Il processo di guarigione era già cominciato, però tutto intorno era rossa e sporca. L’aiutò a togliersi completamente la maglietta, facendo un enorme sforzo di autocontrollo per non mandare al diavolo la medicazione.

 

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Giles continuava a blaterare su quanto sarebbe stato difficile adattarsi alla frenetica vita di una città come quella. «andiamo la smetta!» implorò Willow in silenzio. Cercò lo sguardo di Kennedy che non l’aveva abbandonata nemmeno per un attimo. Dai suoi occhi neri trapelava il suo stesso desiderio. Era diventato sempre più complicato trovare il tempo per rimanere sole. «...Willow? mi stai sentendo?» la voce di Giles la distrasse dai suoi pensieri. Accadeva troppo spesso. Quel vecchio doveva imparare a starsene al suo posto. No! scosse freneticamente la testa, facendo ondeggiare i suoi capelli rossi. Ogni tanto la sua parte più tenebrosa prendeva il sopravvento, ma era solo per poco. Era abbastanza forte da dominare i suoi istinti. «si,si mi dica» sospirò annoiata. Giles la guardò torvo. Non doveva perdere la concentrazione, era di vitale importanza, soprattutto per lei: così giovane, e così potente. Fino ad allora era stata l’unica oltre a Spike capace di tener testa a Buffy. Tutti gli altri erano caduti penosamente. «dicevo che dobbiamo sbarazzarci del pullman e procurarci una macchina. La vita non è gratis, dobbiamo trovare un lavoro». Ci rifletté. Aveva ragione. «a Sunnydale il magic-shop ci permetteva di andare avanti. Potremmo organizzare qualcosa di simile qui». Si pentì all’istante di aver tirato in ballo il magic-shop. La faccia di Xander venne attraversata da un fremito straziante. «Oh ti capisco Xander, non sai come ti capisco». Da quando stava con Kennedy aveva avuto il buonsenso di non parlare più di Tara, ma nel suo cuore ci sarebbe sempre stato posto per lei, strappatale così ingiustamente.

«no, così attireremmo solo l’attenzione, ed è l’ultima cosa che vogliamo».

«allora cosa possiamo fare?» chiese esasperata.

«provare a fare una vita...normale, sempre basandoci sui nostri standard».

«Dawn aveva ragione: se ci separiamo sarà sempre più difficile. Se Buffy va a lavorare dall’altra parte della città, se lei rimane qui, se io trovo lavoro addirittura in un altro posto...sarà tutto più complicato. L’anonimato non ha mai fatto per noi, prima o poi si accorgeranno che la cacciatrice è arrivata».

«avviare un attività non è gratuito, ci vorrà una bella cifra per avviare il tutto».

Se continuava a darle contro non avrebbero mai trovato una soluzione. Andrew si avvicinò.

«una volta venduto il pullman possiamo usare la differenza» propose. Giles ci pensò su, poi annuì. «dovrò ordinare delle erbe, degli amuleti...devo assolutamente andare a fare una visita al mercato nero».

«mercato nero?». «si, è una sorta di mercato demoniaco». La strega avvertì che l’osservatore era stato titubante nel dirglielo. Non aveva ancora dimenticato il suo incidente, neanche dopo aver non aver perso il controllo durante la battaglia. «Un errore dettato dal dolore può segnare tutta un esistenza» pensò afflitta. Avrebbe mai riconquistato la sua fiducia?

«credo che per ora possa bastare. Io esco fuori a guardarmi in giro, riprenderemo l’argomento stasera a cena» disse Giles. Finalmente. Lo stretto corridoio dove fin’ora avevano parlato portava a sei stanze. Erano riusciti a trovare una sistemazione anche per Andrew. A dire il vero era uno sgabuzzino, ma il ragazzo si accontentava: sempre meglio del divano. Dawn si buttò nella prima e si sdraiò sul letto. Povera piccola. Non aveva mai combattuto durante un Apocalisse. Si ricordò quando appena alla sua età aveva aiutato Buffy a sconfiggere il maestro. Quando Buffy aveva sconfitto il maestro. Arricciò il naso. A quel tempo si sentiva inutile, mentre ora...ora si sentiva forse troppo utile. Xander, senza dire neanche una parola, aprì la stanza davanti a quella di Dawn. Prima che chiunque potesse fare qualcosa la richiuse subito. «oh Xander». Faith trascinò il preside in un'altra stanza. Kennedy si chiese, come quasi tutti del resto, quando la bruna si sarebbe stancata di lui. Solo allora la strega si rese conto che Buffy non c’era. Non poté trattenere un sorriso, uno di quelli che farebbero sembrare un ebete perfino la persona più colta al mondo. Se lo meritava, dopo mesi in cui aveva negato più a se stessa che agli altri quello che provava per Spike, ora poteva assaporare davvero cosa voleva dire baciare le tenebre. Riusciva a percepire il calore che emanava quando lo vedeva, più dell’eccitazione e dell’amore stesso. Fiducia, cieca ed incondizionata. Per quanto riguardava il vampiro non si faceva problemi. Poteva avere tutti i difetti del mondo – disonesto, giocatore d’azzardo, alcolizzato, strafottente, fumatore, indebitato...- ma quando si trattava di Buffy diventava il suo schiavo, fedele fino alla morte. E benché fosse chiaro che non l’avrebbe mai ammesso, si era accorta che col tempo si era affezionato a tutti loro, soprattutto alla piccola Dawn, non solo perché era sua sorella, ma perché lo trattava con rispetto ed ammirazione, e questo gli bastava per prenderla in simpatia.

Kennedy la prese per mano e la guidò in camera, richiudendo la porta dietro di se, ed iniziò a baciarla, come solo lei sapeva fare. La buttò sul letto con foga, slacciando i bottoni della camicia con un entusiasmo unico. Si liberò della maglietta, un inutile ostacolo per arrivare a Willow. Si adagiò su di lei, strusciando i seni sui suoi. Lentamente fece correre le sue dite sul ventre della strega, fino ad insinuarsi nei suoi pantaloni. Gemette di piacere. Da quel momento la bramosia le offuscò la mente. L’ultimo ricordo che ha di quel pomeriggio è il suo odore piacevolmente forte sulla pelle.

Circa un ora dopo qualcuno bussò alla porta. Willow era sdraiata sul petto di Kennedy, che le arricciava i capelli con la mano. «non andare» propose. Ci pensò su un attimo. Avrebbe accettato se il rompiscatole dall’altra parte della porta non avesse insistito. Prese il lenzuolo e se lo avvolse addosso, nella speranza che il messaggio arrivasse forte e chiaro. Aprì e si ritrovò davanti Spike. Inarcò un sopracciglio. «che c’è?» chiese mezza assonnata. Lui non fece una piega riguardo al suo abbigliamento. Quanto volte che ci era passato. «dov’è il borsone di Buffy? Quello con dentro i vestiti e il suo arsenale portatile». Era forzatamente rilassato, ma non ci badò più di tanto. Aveva preso lei la borsa di Buffy, tanto per non lasciarla in mezzo al corridoio che era già piccolo di suo. Entrò nella stanza, facendogli cenno di rimanere fuori, prese la borsa e gliela passò. Stava per andarsene quando lo fermò. Forse quello era il momento migliore per parlargli. Apparve piuttosto scocciato, come se avesse fretta. Immaginava di fare cosa. Non poteva sapere che nello scantinato c’era Buffy che agonizzava dal dolore.

«sbrigati rossa, che ho di meglio da fare». Socchiuse la porta, escludendo Kennedy da tutto quello che si sarebbero detti.

«ti ricordi com’ero io quando ho quasi distrutto il mondo?». Lui scosse la testa.

«all’epoca ero in Africa, a patire le pene dell’inferno» disse sarcastico. Willow lo squadrò.

«prova a far soffrire Buffy ed avrai un anteprima alquanto spiacevole della rossa, intesi?».

«sai che non torcerei neanche un capello a Buffy. E chiunque provi anche solo a toccare lei o sua sorella, può già incidere l’epitaffio». Un rantolo gli uscì al solo pensiero. La rossa sorrise soddisfatta. «era quello che volevo sentire».

 

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Scese in fretta nello scantinato. «sei patetico Spike. Vivi con loro, non potrai evitarli per sempre!». La minaccia della rossa era più che sensata, considerando che Buffy aveva già avuto un crollo nervoso. La raggiunse rapidamente. Era sdraiata sul divano, con indosso solo un paio di jeans sporchi ed il reggiseno. Le poggiò la mano sulla guancia fresca. Non aveva febbre, il che voleva dire che per il momento non aveva alcuna infezione. Aprì gli occhi disorientata. Reagì a quel tocco così rassicurante strusciandosi contro il palmo della sua mano. Nessuno l’aveva mai toccata così. Riusciva ad essere un attimo prima passionale, poi dolce, e poi di nuovo riemergeva l’impulso irrefrenabile di strapparle i vestiti. Quello era il suo Spike. L’aiutò a sedersi, ignorando le sue poteste. «non sono mica un invalida» sbottò. «no Buffy,sei solo stata infilzata come uno spiedino». Aprì il borsone, rimanendo sconcertato: si sarebbe aspettato riserve di paletti, balestre, pugnali... là dentro c’erano per lo più vestiti. «guarda in fondo. Ci deve essere della garza, dell’ovatta e del disinfettante». Appena li trovò iniziò a tamponarla. Buffy strinse i denti e serrò i pugni. Lui cercò di distrarla, in previsione del peggio: doveva ancora ripulire la ferita. «non sapevo che Faith e il preside stessero insieme. Una perfetta coppia di assassini» disse acido. Il ricordo della notte in cui aveva cercato di ucciderlo era ancora vivo dentro di lui, e sembrava che non volesse andarsene. «rimarranno qui per molto?». Smise di tamponare per darle il tempo di rispondere. «ci serve Faith» disse risoluta. Per lei finiva lì il problema. Purtroppo non era Faith che gli dava fastidio. Anzi,lei gli piaceva. Non nel senso in cui le piaceva Buffy, era solamente una che sapeva come godersi la vita. Pure il preside Wood non era male quando se ne stava zitto. «Dawn come sta? ». Le sue chiacchiere da caffè subirono l’effetto desiderato. Buffy non si contorceva più da dolore. Sempre tamponandola levò i residui che si erano accumulati ai bordi. «è più forte di quanto mi sarei mai aspettata. Credo che ora abbia solo voglia di dormire» disse compiaciuta. «ha preso da te» disse lui sorridendo. Prese due cerotti bianchi ed unì i lembi, per accelerare la rigenerazione dei tessuti, poi le fasciò il torace con la garza. Lei si distese sul divano. Le doleva appena, ma i muscoli erano ancora deboli. Si adagiò accanto a lei, che si accoccolò tra le sue braccia. Il divano era spazioso quando un letto ad una piazza, ma per due persone era sempre troppo piccolo. L’avvolse con le sue braccia forti, attento a non toccarle la pancia. Si era sistemata in modo che le loro gambe fossero intrecciate in un groviglio unico, così come le loro braccia. Alzando la testa dal suo torace poteva guardargli gli occhi azzurri, gli stessi che l’avrebbero risvegliata dopo un brutto sogno e che l’avrebbero rasserenata. Lei si addormentò sotto l’influsso rilassante delle sue carezze sui capelli. Dopo qualche minuto anche lui si abbandonò, stando attento a non far pesare il suo corpo su quello apparentemente così fragile di lei. Lottò con tutto se stesso per rimanere sveglio e vivere a pieno quel momento, però con la consapevolezza che ne avrebbe avuti tanti altri più intensi si lasciò trasportare dal suo odore delicato, giocherellando con le punte dei suoi capelli biondi.

Lei adorava stare tra le sue braccia. Erano forti, in grado di proteggerla dal mondo. Solo con lui si sentiva realmente difesa, nessun altro sapeva infonderle quella sensazione, quella sicurezza così possessiva. Aveva paura, perché sapeva che se si fosse abituata alla sua presenza costante, non sarebbe più riuscita a farne a meno. La strinse con appena un po’ più di vigore, accarezzandole la schiena e il fianco. Mugugnò qualcosa, poi sorrise serena, concedendosi un sonno profondo e privo di incubi.

 

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Si svegliò quando il sole era già tramontato. Si stiracchiò sorridente. «dormito bene?». La sua voce profonda la fece sussultare. Non era più abituata a svegliarsi con accanto qualcuno. Era sdraiato su un fianco, col viso appoggiato sulla mano chiusa a pugno. «molto...come non mi capitava da mesi» disse con la voce ancora impastata dal sonno. «sei ancora stanca?». «no, però non ho voglia di andare di sopra». Fece scorrere le mani sul suo viso, sfiorandolo con tenerezza. Lui vide i graffi, ed un senso di rimorso lo assalì. «mi dispiace per prima...non intendevo farti male» disse piano. Lei fece cenno di diniego. «sono stata orribile con te, ti ho...». Non volle farle finire la frase. Quella notte c’erano stati troppi chiarimenti per i suoi gusti. Le sue labbra morbide premettero avide su quelle della cacciatrice, le lingue si scontrarono e ricominciarono la battaglia interrotta bruscamente qualche ora prima. Cominciò a baciarle l’incavo del collo, sentendo il pulsare del sangue. Era rimasta senza maglietta, quindi gli fu facile liberarsi anche dell’ultimo ostacolo per arrivare a lei. Scese pian piano, gustando ogni centimetro di pelle che gli mise a disposizione. Quando arrivò al seno lei trasalì, lasciandosi completamente in balia della sua bocca che la mordeva e la succhiava. Ovunque passassero le sue dita gelide la sua pelle ardeva, agitandosi in cerca sempre di più. Mentre lui continuava a torturare uno dei suoi seni, la mano di lei gli scivolò sui fianchi, slacciando i jeans neri ed insinuandosi nei suoi boxer. Sospirò compiaciuto. Tutto quello che avevano accumulato in più di un anno esplose, facendo sembrare anche una semplice carezza qualcosa di proibito ed eccitante. Si lasciò palpare per un po’, poi la scostò bruscamente e le salì sopra, sfilandole i pantaloni, dimenticandosi di proposito che aveva a che fare con una Buffy in convalescenza. Le strappò letteralmente la biancheria di dosso e, nonostante si fosse ripetuto più volte che non avevano fretta, la sua indole prese il sopravvento, e a lei non sembrò dispiacere. Gli tolse il fretta i boxer e cercò ansante le sue labbra troppo lontane. Si accontentò di gustare la pelle del suo petto, leccandogli i capezzoli. Gemettero rumorosamente, lasciandoci scappare qualche grido di goduria. Si guardarono negli occhi, persi l’uno nell’altra. «ti amo Buffy» ansimò. Si poggiò sui gomiti, spingendo i seni sul suo petto e gettando la testa all’indietro. Le accarezzò i boccoli biondi, attendendo la sua risposta. «ti amo Spike» disse guidandolo al suo interno. Quando entrarono in contatto fu come ritrovare il paradiso, il paradiso che lei aveva perso e che lui non aveva mai trovato. Iniziò a muoversi, e lei lo assecondò sinuosa, affondando le unghie nella sua schiena. Si baciarono violentemente, dell’amorevolezza di poco prima non ne era rimasta traccia. La cosa non dispiaceva a nessuno dei due.

 

 

UN POSTO PER DAWN

 

La stanza era immersa nella penombra. Sul letto una figura minuta si agitava senza sosta. «Dawn svegliati, Dawn!». I capelli fulvi di Willow le pizzicavano le guance. «Willow? Ma cosa...». «il sig. Giles vuole vederci...crede che sia il caso di riaffrontare l’argomento di qualche ora fa» tagliò corto. Dawn sbuffò rumorosamente e si alzò controvoglia dal letto. «proprio ora?» domandò scocciata. La strega fece cenno di si, cercando di trattenere oltre a quella di Dawn anche la sua di irritazione. Dawn si accorse che fuori pioveva, e anche se era piena estate il suo top non era sufficientemente caldo, per cui prese un golf e se lo infilò. Seguì Willow giù per le scale. Notò che avevano cambiato la disposizione dei mobili: al centro della sala c’era un tavolo spazioso, dalla parte opposta un divano a due posti, una poltrona ed una televisione. Erano in tanti là dentro, e per una tele dipendente come lei - e come Spike, Faith e Kennedy del resto – rimanere un pomeriggio senza guardare i suoi programmi sarebbe stato un tormento. Aveva già intuito che avrebbe dovuto risparmiare parte della sua paghetta per comprarsi un televisore tutto suo, anche perché mettersi contro un vampiro e due cacciatrici non era il massimo. Giles era indaffarato a fare il casalingo. Le parve molto buffo: era ricurvo sul lavandino della cucina, che seguiva il profilo di tutta la pareti. I banconi erano sporchi di qualcosa di non ben identificato, forse sugo. Si sentiva un persistente odore di bruciato proveniente dal forno vuoto. «sig. Giles, ma cosa a provato a fare?» disse Dawn col suo solito tono scherzoso. Si avvicinò ed iniziò a pulire le pentole. «dove ha comprato tutte queste cose?» chiese Willow perplessa. Giles si slacciò il grembiule rassegnato e si rivolse alla strega. «avevo dei fondi su un altro conto. Ora non ce ne sono più» disse amareggiato. Aveva salvato il mondo e per di più faceva fatica a tirare la fine della giornata. «però ho delle buone notizie: ho trovato lavoro come commesso in una libreria, ed è ben pagato». Erano rimaste entrambe scioccate. «come ha fatto in così poco tempo?» chiesero all’unisono. Lui si sfilò il maglione, evidentemente accaldato, ed iniziò ad alitare sugli occhiali per lucidarli. «il consiglio ha voluto darci una mano. Mi hanno trovato questo lavoro così ben pagato cosicché Buffy non si distragga. Lo stesso vale anche per te Willow. La tua energia ha bisogno di essere ridimensionata ed incanalata...». Kennedy si fece avanti protettiva, interrompendolo. «incanalata? Ha paura che il suo lato oscuro riemerga?» disse acida. Giles deglutì a fatica. «Ragazzina» pensò con disprezzo. «no, ripongo la mia totale fiducia nel suo autocontrollo, ma lei è la custode di una così potente forza mistica, che sarebbe davvero un sacrilegio sottovalutarla». Willow si rilassò appena. L’idea di lavorare non l’attirava, anche se le dispiaceva far pesare tutto a Giles. Avrebbe preferito dare il suo contributo, ma dal discorso ispirato dell’osservatore aveva capito che era meglio che rimanesse a casa, per vedere se l’incantesimo non avesse avuto effetti collaterali. Kennedy si sedette sul bracciolo della poltrona, cingendole le spalle e guardando che razza di piatto stava cercando di preparare Dawn. «non sei mai stata gran che in cucina». Tutti si voltarono verso una Buffy raggiante. I capelli biondi erano stati raccolti in fretta in una coda, i jeans attillati erano semi coperti dalla maglietta chiara a mezze maniche, abbinata agli stivali bianchi in falsa pelle. La solita Buffy, solo più felice. E non era poi così difficile intuire il motivo di questo suo cambiamento umorale. Era proprio dietro di lei, col suo sguardo adorante - riservato esclusivamente a lei - e i capelli ossigenati scompigliati. Cercarono di essere indifferenti. Willow glielo doveva: lei era stata la prima ad accettare il suo “cambiamento”. Tutti gli altri, anche se cercavano in tutti i modi di non farglielo capire, i primi tempi erano in imbarazzo di fronte a lei e Tara. Tara. Dawn la guardò male e continuò imperterrita a mescolare la salsa. Lei si mosse flessuosamente verso la poltrona, dove si sedette perfettamente riposata, portando le ginocchia al petto. Spike la seguì come un ombra, ma memore della riservatezza che aveva sempre avuto coi suoi amici si appoggiò allo stipite della porta. I suoi occhi verdi cercarono i suoi, ringraziandolo con uno dei loro soliti sguardi silenziosi. Ormai era inutile nasconderlo, però le piaceva avere il possesso più totale e privato possibile del loro rapporto. «Le abitudini sono dure a morire» pensò lui, accennando un sorriso di risposta.

«allora, che novità ci sono? Giles, Willow?».

«e io non vengo neanche considerata?» sbottò Dawn. Buffy sbuffò spazientita. No, non era cambiata per niente. «avanti Dawn. Hai delle novità?». Aveva detto quella frase solo per orgoglio, non credeva che le avrebbe chiesto qualcosa. Aspettarono per qualche secondo una risposta pungente che non arrivò. Evidentemente aveva finito il suo inventario. Willow intervenne. «nessuna presenza demoniaca abbastanza forte da essere percepita. Credo che qui intorno ci siano solo vampiri». Mentre loro continuavano a blaterare sull’organizzazione della ronda la sorella della cacciatrice gettò la padella nel lavandino e lo riempì d’acqua. Aprì il congelatore e notò con piacere delle pizze surgelate che mise nel forno. Perché Giles si complicava la vita? Avrebbe dovuto procurarsi tutti i numeri dei ristoranti d’asporto nei paraggi. Scivolò lungo le pareti e salì le scale. L’unico lato positivo era che durante le riunioni diventava invisibile. A metà corridoio incrociò Andrew. Il ragazzo le sorrise come faceva di solito, anche quando continuava a ricordargli che aveva il permesso di ucciderlo. «hey Dawn. Stanno discutendo su come uccidere qualche super cattivo?» chiese allegro. Andrew, Andrew, Andrew, tu hai visto troppi film di fantascienza. «qualcosa del genere». Rimasero impalati uno davanti all’altra senza dirsi una parola. Dopo la battaglia aveva riscontrato una sorta di imbarazzo nei suoi confronti. Xander stava male per la morte di Anya, ed Anya era morta per difendere Andrew. Di conseguenza Xander stava male per colpa di Andrew. O almeno credeva fosse per quello. Il pensiero che dopo tanto tempo passato a fare giochi da tavolo con lui, lei, la sorella di quella che fino a poco prima era la sua nemica mortale, potesse essersi affezionata a quell’imbranato non la sfiorava minimamente. «Spike e Buffy?». La domanda la spiazzò. «in che senso?». Non sapeva che lui sapesse. A dire il vero nessuno avrebbe dovuto sapere, ma era così esplicito che era come se fosse una cosa di dominio pubblico. Lui avvampò. «beh, credevo che dopo la grande lotta l’eroina e il bel tenebroso potessero finalmente...». «Andrew!». Non era abituata a sentir parlare di sua sorella come se fosse un fumetto. «quello che succede tra Buffy e Spike sono affari loro» mentì. Sapeva che quello che succedeva tra quei due era affare di tutti. Se uno dei due soffriva le conseguenze erano due: nella migliore delle ipotesi avrebbe sfogato tutto prendendo a calci tutti i demoni a portata di mano, nella peggiore...addio concentrazione, addio determinazione, addio coordinazione... addio guerriero infallibile. «vuoi visitare il mio sgabuzzino?» disse elettrizzato. Lei arricciò il naso. «non mi piacciono i posti al chiuso». Le sembrò così deluso che quasi si intenerì. «Dawn! Per Dio! È Andrew! Ti ricordi? Uno di quei tre pazzi che hanno quasi scatenato la fine del mondo!». Nonostante il suo buon senso, non si sentì di lasciarlo da solo. Si sedette a gambe incrociate sul parquet e cominciò a fargli domande a raffica sulla battaglia, malgrado l’unica che le interessasse fosse l’ultima. «come è morta Anya?». Lui deglutì a fatica, evidentemente a disagio. «vuoi i dettagli più impressionanti o ti va bene la versione per quattordicenni?». Apprezzò il suo tentativo di sdrammatizzare. «quattordicenni». «aveva appena ucciso un portatore quando un altro le sbucò dietro, pugnalandola dalla spalla fino alla vita. Quegli esseri hanno una forza incredibile». Una smorfia a metà tra il disgusto e la paura si dipinse sul suo volto ancora così giovane. La consapevolezza che quello era il suo posto e che non sarebbe potuta scappare lontano la investì, lasciandola boccheggiante vicino alla finestra in cerca di aria fresca.

 

 

Questo era abbastanza introspettivo, infatti non capita niente di memorabile -tranne l'entrata triofale di Buffy

 

 

SCELTE

 

Xander scostò l’orecchio dalla porta. E così era stata trafitta, era morta agonizzante senza che lui potesse fare qualcosa. Si sentiva morto dentro, vuoto, scarno, esattamente come quando aveva perso Buffy. Un lampo gli balenò negli occhi. Buffy. Non era arrabbiato con lei, ma doveva pur scaricare il suo rancore su qualcuno. «No! Lei non se lo merita» urlò a denti stretti. Quei mesi senza di lei erano stati terribili. Era riuscito a sopportarli solo grazie ad Anya, ed ora pure lei non c’era più. La sua Anya se ne era andata via per sempre, senza che gli potesse dare la possibilità di rimediare agli errori, anzi, agli orrori che aveva commesso «Ancora per poco» promise a se stesso. «ancora per poco...».

 

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«è quasi l’alba» mormorò lui con voce roca. Buffy strusciò la sua testa bionda sul suo petto. «come fai a saperlo?» mugugnò con gli occhi socchiusi, abbastanza da poter scorgere gli occhi azzurri di Spike che fissavano un punto sulla parete. «in genere noi vampiri avvertiamo il sorgere del sole, ma in questo caso ho semplicemente controllato l’orologio». Non poté trattenere una risata. Era circa la terza volta che si svegliava quella notte, non perché fosse agitata, anzi, in tutta la sua vita non era mai stata tanto tranquilla. Nessuno sarebbe riuscito a convincerla a rinunciare al suo vampiro. Rise di se stessa. Aveva sempre lasciato a Spike l’esclusiva sulla gelosia possessiva. Seguì il profilo dei suoi bicipiti in direzione del suo collo. Sapeva, per ironia della sorte, quanto fosse sensibile sul collo. Si soffermò, succhiandolo e mordendolo, strappandogli gemiti di piacere e dolore, movendosi su di lui sperando che perdesse il controllo come qualche ora prima. Delle mani gelide l’afferrarono per gli avambracci, facendola sdraiare sul suo torace. Girò la testa, cercando desiderosa un contatto. Lo baciò, con più tenerezza. Si separò all’improvviso, cadendo quasi dal divano. «Xander!» esclamò. Spike spalancò gli occhi. «che centra Harris?!» chiese senza trattenere il suo tono scocciato. «oddio che idiota che sono stata! Lui è lì, da solo e noi non...». Si fece subito più comprensivo, posandole un dito sulla bocca. «dolcezza ti posso assicurare che l’ultima cosa che vuole Harris è la scooby gang al suo fianco» disse porgendole la mano. Appena l’afferrò lui l’attirò verso di se, stringendola forte e baciandola. Buffy si allontanò di qualche centimetro, rivedendo negli occhi lo stesso Spike che anni prima l’aveva vista scendere le scale dopo 148 giorni sotto terra. «147, oggi non conta». Respiravano entrambi a fatica, scambiandosi l’aria che alitavano l’uno sull’altra. «cosa hai provato...» non riusciva neanche a finire la frase. Per quei pochi minuti in cui aveva creduto di non sentire più quel suo dannato tono strafottente aveva provato un dolore straziante: le sue barriere si erano sgretolate, la maschera che aveva costruito con così tanta cura era stata buttata via, i sentimenti così a lungo nascosti erano riemersi. Aveva solo voglia di rimanere lì, aspettando l’inevitabile. «dire che mi sono sentito morire non rende l’idea. La morte in confronto sarebbe stata dolce». Si avvicinò ancora di più a lui, accarezzandogli il petto nudo. Lui gli mise una mano sotto il mento, senza però smettere di stringerle la vita, costringendola a guardarlo. «non c’è niente che possiate fare per farlo sentire meglio. Neanche la rossa» aggiunse, vedendo in Buffy della speranza che subito svanì. Condusse la tua testa piena di boccoli biondi sulla sua spalla, toccandole i capelli con fare rassicurante. La cacciatrice cominciò a singhiozzare. Dov’era finito il suo orgoglio? «Buffy, sei un essere umano, non puoi tenerti dentro tutto...». Lei si irrigidì. Non era ancora riuscita a capire come facesse ad indovinare a cosa stesse pensando. Lui interpretò male quel gesto, credendo di averla messa a disagio cercò di alleggerire la situazione. «non ti devi preoccupare. Anche se mi costa ammetterlo Harris è forte». Buffy si rilassò nuovamente, asciugandosi gli occhi con il lembo della maglietta. Non sapeva se maledirlo o baciarlo. Alla fine optò per la seconda. Le dava i nervi sapere che qualcuno, che lui, avesse un effetto così totalizzante su di lei. Sapeva come e cosa dirle per rassicurarla, ma anche per farla arrabbiare, per ferirla o...per farle perdere completamente la testa. D’un tratto si staccò e gli tirò un pugno sul braccio. «Dannazione cacciatrice! Ma che ti prende?!». Si allontanò di qualche metro con fare accusatorio, puntandogli un dito contro. «tu! Tu non puoi farlo!» sbraitò. Il vampiro si sedette sul letto e cercò di capire se fosse impazzita totalmente o se fosse sotto l’effetto di qualche incantesimo. «fare cosa?!». Lo prese per il braccio e lo trascinò in piedi, spingendolo contro il muro. «tutto per Dio! Tutto!» gli urlò in faccia. Cercò di divincolarsi ma la sua stretta era ferrea. Per qualche ora si era dimenticato di avere a che fare con la cacciatrice. «non ti seguo dolcezza» ammise. Buffy ringhiò frustrata. Non trovava le parole per farglielo capire. Allora provò a spiegarglielo a gesti. Tenendolo sempre bel saldo alla parete divaricò leggermente le gambe, incastrandosi nel suo bacino e strusciandosi piano, mordendogli senza pietà le labbra e passandogli la lingua sopra, assaporando quella freschezza unica. Esattamente come era iniziato finì. Si separò bruscamente, soffocando i gemiti che lottavano per uscire dalla sua gola. «questo» disse con voce rovente. Lui comprese tutto e sorrise malizioso. Oh no, non gliel’avrebbe data vinta. Favorì della sua momentanea spossatezza per invertire le parti. Afferrò i suoi polsi e la sbatté contro il muro a sua volta. Meccanicamente Buffy gli cinse la vita con le sue gambe, rimanendo sorretta solo dalle sue braccia. «per cui non posso fare neanche questo» ansimò mentre catturava le sue labbra, imitando il suo comportamento di poco prima. «o questo». Le sue mani furono dappertutto, insinuandosi nei suoi punti più nascosti, seguite dalla lingua. «oppure... questo». Il suo membro si era indurito e lottava per uscire dai suoi pantaloni. Lo accostò a lei, facendogli sentire che stramaledette sensazioni gli stava facendo provare. Si avvicinò al suo orecchio ansimando, forse anche più di quanto il suo corpo gli dicesse realmente, ma sapeva la reazione di Buffy quando lo sentiva esaltato. «ancora convinta?». Certo che non ne era convinta, perché non era davvero quello che intendeva. «al diavolo» ansò, lasciando uscire i rantoli spezzati che aveva trattenuto fino ad allora, attaccandosi a quel corpo così perfetto che l’accolse malizioso. Sapeva che avrebbe ceduto, ne era più che certo.

 

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Il preside sgranò gli occhi, scostando bruscamente il corpo caldo e vivido che ondeggiava su di lui. «ma che diavolo...» sbottò Faith. «non toccarmi più» ringhiò lui. Si alzò di scatto, ancora completamente nudo, e si allontanò dal letto. La ragazza si sedette poggiando la schiena alla spalliera del letto, coi capelli bruni appiccicati alla fronte. «cosa ti prende?» chiese irritata. Era arrivata così vicina all’amplesso, che le era stato duramente negato, tanto che ora non poteva di certo mantenere la calma. Lui strinse i pugni e serrò la mascella. «vattene via mostro» urlò. La cacciatrice sentì l’impulso di coprirsi, una sensazione totalmente nuova per lei. Prese il lenzuolo e si alzò, avvertendo il pavimento freddo sotto i piedi che le gelò le viscere. «come scusa?!». Le si avvicinò aggressivo, portandole la mano alla gola, ma prima che potesse anche solo sfiorarla lei gli prese il braccio e glielo stortò dietro alla schiena. «allontanati puttana!» sbraitò. Faith lasciò subito la presa, consapevole del fatto che lui non poteva neanche toccarla senza il suo permesso. «si può sapere che ti prende?!». Lui indietreggiò. Sembrava schifato da quel tocco. «v-a-t-t-e-n-e» sillabò. Per la prima volta nella sua vita Faith obbedì, non tanto per l’azione in se, ma perché voleva andarsene al più presto da quel posto per pensare ad un modo per fargliela pagare. Oh si, gliel’avrebbe fatta pagare, e ad un prezzo molto alto. Gli lanciò il lenzuolo, intimandogli di coprirsi, poi infilò i pantaloni e la maglietta ed uscì dalla stanza a piedi nudi. Sbatté la porta dietro di se, fregandosene della coppia di gay che sembrava molto occupata al momento. Rimase ferma davanti a quella dannata porta. Da quando in qua si lasciava dare della puttana senza reagire? «stare con questa banda di rammolliti mi fa male» sbottò, tirando un calcio al muro e lasciandoci un impronta. Scese le scale, sperando che non ci fosse nessuno in soggiorno, e puntò già da subito al divano, afferrando il bordo e saltando dall’altra parte. Atterrò su qualcosa di morbido, davvero morbido. Troppo morbido per essere l’imbottitura di un divano. Ne ebbe la conferma quando sentì qualcuno rantolare sotto di lei. Si alzò di scatto in piedi, togliendo la coperta che ricopriva il corpo da lei spiccicato. «Dawn!» sbraitò la cacciatrice. La ragazzina si mise a sedere stupefatta. «sei tu che mi sei saltata addosso! Non puoi sgridarmi!» urlò sulla difensiva. Faith scoppiò a ridere fragorosamente, come non le capitava da tanto. Quella ragazzina riusciva a farsi detestare e allo stesso tempo a suscitare in lei un senso di tenerezza fraterno, sebbene sapesse perfettamente che non era sua sorella, ma di Buffy. «ma per chi mi hai preso? Per Buffy?» disse tirandole un pugno amichevole sulla spalla. Dawn le fece spazio sul divano. In tutta sincerità non aveva mai capito se considerarla la quasi assassina di sua sorella, o semplicemente un estranea, oppure – tanto per complicarsi la vita – una fattispecie di amica. Per un certo periodo aveva optato per la seconda, dopo il tentato omicidio... anzi, forse era più corretto dire vampiricidio di Angel, per la prima, ed ora che era tornata... beh era a metà tra la seconda e la terza. Il rapporto che avrebbe potuto avere con quella cacciatrice bruna non sarebbe neanche andato lontanamente vicino a quello che aveva con Willow o con Xander, si sarebbe limitata a parlarci qualche volta: le sembrava una soluzione più che equa. «allora baby B, che mi racconti?» bofonchiò mettendo i piedi sul tavolino da caffè davanti a loro. Dawn la imitò, stendendo i muscoli delle gambe ancora indolenziti. «una cacciatrice mi è appena saltata sopra, per il resto niente di interessante». La frase le uscì più secca di quanto avrebbe voluto farla sembrare. Irrigidì i muscoli, in attesa di un pugno che non arrivò. «ho appena sventato un Apocalisse e mi è venuta un improvvisa voglia di un massacro di adolescenti» scherzò Faith. Rimasero zitte, contribuendo a creare un silenzio imbarazzante. Ancora più imbarazzante fu il modo in cui si ruppe. Dallo scantinato provenivano gridi e gemiti mal celati. «Dannazione Buffy! Non puoi essere un po’ più discreta?!». La battutina acida di Faith arrivò a scoppio ritardato. Dovette prima assimilare il colpo, deglutire e ricominciare a respirare e, per ultima cosa ma non meno importante, scacciare quella pessima espressione di invidia che aveva sul volto. Nessuno di questi passaggi sfuggì agli occhi grigi e attenti di Dawn. «si danno da fare quei due» sbottò sarcastica la bruna. Dawn sorrise, nonostante non fosse abituata a sentire parlare così di sua sorella. «già...». Poi capì il perché di quell’invidia. «col preside come vanno le cose?» chiese arguta. Faith assunse la sua solita maschera. «bene». La bruna si trattenne a stento dall’essere volgare ed offensiva. «Ok, cambiamo tecnica» pensò Dawn. «sono contenta. Le sue ferite come vanno?». A quel punto Faith si tradì da sola. «è uno stupido umano. E gli stupidi umani guariscono lentamente». Certe parole fece fatica a capirle a causa della mascella serrata. Sin da quel segno di debolezza Dawn si lasciò sopraffare dall’istinto. Quello non l’aveva mai tradita. Le mise una mano sulla spalla, che si irrigidì. Subito dopo, con molta calma, iniziò a parlarle, usando le parole più dolci ed innocenti che le venivano in mente. «se ha fatto qualcosa che non va dovresti parlargli. In fondo non è un uomo cattivo, e credo che ci tenga...». La cacciatrice non le lasciò finire la frase. «ci sono cose che tu non puoi capire, mocciosa» disse aspra. Senza perdere la pazienza Dawn continuò. «cerca di spiegarmele». La bruna sbuffò scocciata. Non sapeva se usare termini scurrili, o se tener presente che davanti a lei c’era una minorenne. « Si è comportato da stronzo». Gli occhi della mocciosa si fecero più comprensivi. «e questo cambia le cose? Il rapporto che c’è tra di voi...». Le parole di baby B si fecero solo un ronzio nella testa di Faith, affollata da migliaia di altri pensieri. Aveva un rapporto col preside Wood? No. Per quando le riguardava era solo sesso, e credeva fosse chiaro a tutti. «a tutti meno che a lui». Di conseguenza non c’era nessun Noi. Lei lo stava usando, come aveva usato tutti i ragazzi che le erano capitati a tiro, senza alcun riguardo, solo per trarne piacere. Si alzò dal divano, ritrovando il suo solito menefreghismo. «mi hai aperto gli occhi Dawn» disse strappandole un sorriso compiaciuto. Salì le scale due gradini alla volta e spalancò la porta. Lui era sdraiato a pancia in giù, con la testa sul cuscino. Appena si accorse che era entrata si alzò e fece per andarle in contro, ma lei lo fermò. «dobbiamo parlare» disse riluttante. «mi pare ovvio» ribatté lei con un tono di voce neutrale. Si sedette sul suo letto, perché quello era suo, e non del preside. «prima tu» gli disse, sempre con una voce che non lasciava tradire alcuna emozione. Robin si massaggiò gli avambracci scuri, evidentemente nervoso. «io...prima non volevo comportarmi così. È solo che ho pensato che se fossi diventato più stronzo la nostra separazione sarebbe stata meno dolorosa. O almeno per te. Faith, mi hanno offerto un posto di lavoro a New York e io voglio che tu venga con me» disse tutto d’un fiato. La cacciatrice rimase impassibile. Si alzò e lo fronteggiò. Oh si, gliel’avrebbe fatta pagare. «tu ti stai sbagliando, e anche tanto. Tra di noi c’era solo sesso, e non era neanche un gran che. Mi dispiace che tu abbia frainteso». Voleva restarsene lì a guardarlo star male, ma lui la precedette. Prese la valigia ancora intatta ed uscì dalla stanza. Non lo rivide mai più.

 

 

ROUTINE CLEVELANDIANA

 

Dalle tende semitrasparenti filtravano le prime luci del mattino. Faith ed il preside non potevano trovare un momento peggiore per litigare. Sapeva che lui non sarebbe più tornato, emanava un’energia così negativa da poter essere scambiato per un vampiro alle prime armi. Poco le importava. Tutti lo davano per scontato tranne lui. Il che era anche abbastanza buffo. Il suono fastidioso di tre sveglie che suonavano contemporaneamente in tre stanze diverse la fece alzare dal letto definitivamente. Ovviamente era un idea di Giles, che da buon inglese pensava che fare la colazione insieme fosse un rito. Pettinò in fretta i suoi lunghi capelli rossi ed infilò le ciabatte. «lo sai che sei adorabile con quel pigiama?» osservò Kennedy. Willow le sorrise. Di certo non era gran che con dei pantaloni bianchi, larghi e sformati ed una canotta grigia, ma apprezzava il suo sforzo. La mora ancora stesa sul letto scostò il piumone e si alzò controvoglia. Lei si che era uno spettacolo: i pantaloncini corti, la camicetta semiaperta e quei capelli scompigliati che le davano un’aria assolutamente innocente per essere un killer. Si svestì e si infilò una tuta da ginnastica. Adorabile lo stesso. «come mai in tuta?» chiese la strega. La cacciatrice cominciò a fare stretching per sciogliere i muscoli. «Giles». Mano destra sul piede sinistro. «ha detto». Mano sinistra sul piede destro. «che mi devo». Mano destra sul piede sinistro. «allenare». Mano sinistra sul piede destro. «con Buffy». Salto a piedi uniti. «questa mattina». Willow prese dall’armadio una gonna lunga e rossa, con ricamati dei disegni tribali. «non te l’ ho mai vista addosso» disse Kennedy mentre stendeva le gambe appoggiandosi alla scrivania. Le labbra sottili della rossa si incresparono in una smorfia malinconica. Non l’aveva più messa da quando Tara se ne era andata. Fece per toglierla ma Kennedy la fermò. «mi piace» le disse all’orecchio. Dei brividi le percorsero la colonna vertebrale, le gambe divennero molli e la mente si offuscò. Scosse la testa, recuperando il senno. «forse è meglio se anche io mi metto una tuta» biascicò laconica. Kennedy si lasciò cadere a peso morto sul letto. «come vuoi». Subito dopo si diede lo slancio con le gambe e saltò di fianco a lei. «sto morendo di fame, andiamo mettere qualcosa sotto i denti?» propose Willow, scacciando via la nostalgia di poco prima. Prese Kennedy sotto braccio, sfoggiando un sorriso a trentadue denti e scese le scale.

 

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Annusò avido l’odore dei suoi capelli. Dio non poteva crederci. Era sua. Non di quel capellone, non del marin. Sua. Le accarezzò la schiena, seguendo il profilo dei suoi muscoli asciutti. Sembrava così esile e fragile...così debole. In cerca di protezione. E lui le offriva tutta la protezione che voleva. «...e chiunque provi anche solo a toccare lei o sua sorella, può già incidere l’epitaffio». In realtà aveva davanti la prescelta, colei che aveva sventato tre Apocalissi. O forse quattro, una di più, una di meno. Il rumore squillante di una sveglia lo fece sussultare. Non era nello scantinato, dovevano essere al piano di sopra. «dannato inferno chi è così demente da svegliarsi alle...nove del mattino?». Non si era neanche accorto che fosse giorno. Senza farci caso scosse Buffy, che si svegliò. Si stropicciò gli occhi, facendo sbavare tutto il trucco. «che ore sono?» biascicò confusamente. A malincuore la lasciò dalla sua stretta, accompagnandola nei movimenti. Quella mattina faceva ancora fatica a muoversi. «forse è meglio che ti cambi quella fasciature» disse lui mentre già slegava il nodo. «dammi tempo un paio di giorni e sarà solo una delle tante cicatrici» bofonchiò ancora insonnolita. «comunque sono quasi le nove» precisò lui. Buffy scatto in piedi come una molla, raccattando i vestiti da terra e lanciandogli sul letto i suoi. Vedendo che non muoveva neanche un muscolo lo sollecitò. «Spike muoviti! Giles ci aspetta di sopra tra cinque minuti!». Lui si infilò i pantaloni e lanciò un occhiataccia alla sua maglietta. Buffy lo guardò esasperata. «non avrai intenzione di salire senza maglietta, spero!». «non credo abbia tante alternative» disse facendo un cenno a quello che restava della sua maglia. «credo che tu ci abbia messo un po’ troppa violenza» ghignò. Ripensando a quella notte le venne un fremito. «non hai altre magliette?» disse girandosi mentre si infilava la felpa. Dietro di lei sentì chiaramente una risata strozzata. «che hai da ridere?» chiese scocciata. Le si avvicinò, impossessandosi prepotentemente dei suoi seni. Buffy gettò la testa all’indietro, appoggiandosi sulla sua spalla. «non c’è niente che non abbia già visto» bisbigliò prima di allontanarsi dolcemente, inspirando l’odore di eccitazione che a quel punto sarebbe arrivato anche alle narici di un umano. «dovrei avere un'altra maglietta. In ogni caso avrei fatto un opera di bene» disse inarcando il sopracciglio destro. Buffy lo guardo stordita. «in che senso?». Sorrise. Sperava che glielo chiedesse. «non credo che alle donne di casa dispiaccia avermi per casa senza...». Un calcio nello stomaco non gli permise di finire la frase. Atterrò contro la parete, e se non fosse stato un vampiro si sarebbe ritrovato con vari lividi e contusioni. «calma dolcezza, lo dicevo tanto per scherzare» disse senza togliersi dalla faccia quel riso provocatorio. La bionda roteò gli occhi e si infilò le scarpe da ginnastica. «comunque mi fa piacere» precisò intanto che fissava il fondoschiena della cacciatrice. «rise di se stessa. Aveva sempre lasciato a Spike l’esclusiva sulla gelosia possessiva». Si girò fulminea, e mosse un paio di passi verso di lui. «che cosa ti fa piacere?». Anche lui contribuì ad accorciare le distanze. «mai sentito parlare di un mostro verde?». Lei tirò un calcio in aria, sondando la potenza ritrovata nel suo corpo. «mi sento infallibile. Dove lo trovo?». Tirò un altro calcio nel vuoto, ma lui le bloccò la gamba, stando attento a non farle perdere l’equilibrio. «gelosia Buffy, gelosia». Le lasciò andare il piede e lei con un movimento fluido ritornò dritta. «con mister Punta si può uccidere anche quella» lo avvertì. Se non fosse stato per l’oggetto in questione avrebbe trovato infantile e allo stesso tempo dolce il fatto che lei attribuisse un nome ad un arsene di distruzione. Ma quello era un paletto, e lui ed il frassino non andavano molto d’accordo. «la cacciatrice sei tu» ribadì scherzando. «sei davvero impossibile» sbottò la ragazza mentre lo guardava mettersi una maglia nera esattamente uguale a quella che aveva stracciato quella notte. «paghi uno prendi due?». Lui annuì. «a dire il vero era un uccidi il commesso e svaligia il negozio» ironizzò. Lei la prese come una presa in giro, e Spike non insisté tanto. Dopotutto era sempre la cacciatrice. Gli fece strada salendo per prima le scale ed aprendo la porta con cautela, constatando che Dawn aveva serrato le tende. Non voleva più fargli indossare quel medaglione, e anche se poteva risultare comodo di certo non avrebbe rischiato di perderlo per averlo alla luce del sole. Medaglione o no lui apparteneva alle tenebre. «...e tu appartieni alle tenebre cacciatrice. Come me». Willow e Kennedy se ne stavano sedute sul divano a parlare con Dawn, che mangiava una ciambella glassata. Giles era in piedi davanti a loro, ad ascoltare i loro discorsi superflui e a sorseggiare tè. Buffy e Spike presero le loro solite posizioni: lei sulla poltrona e lui appoggiato allo stipite della porta. Faith scese dalle scale il quel momento, seguita da Andrew. «te l’ ho già detto piccoletto: fammi un'altra domanda e ti tolgo le budella e te le faccio mangiare» sbottò seccata la bruna. Il ragazzo perse tutto il suo entusiasmo e si andò a rintanare in un angolo, allungando di tanto in tanto la mano per prendere qualche biscotto. Giles cercò di ristabilire l’ordine. «bene, siamo qui riuniti per...». «celebrare il tuo funerale. Oh,quanto mi dispiace Rupert» disse secco Spike. L’osservatore lo incenerì con lo sguardo, e fece altrettanto Buffy, facendogli intendere che se diceva ancora qualcosa di storto si sarebbe sognato un'altra notte in bianco. «dicevo...ah si. Allora, io tra poco incomincerò a lavorare. Ecco, gradirei alquanto che si stabilisse una routine quotidiana da rispettare. Io avrei preparato questi pratici, ed utili, programmi». Detto questo tirò fuori dalla tasca dei foglietti che distribuì. Al suo pubblico non parve piacere l’idea. «Giles sa che non ci atterremo mai a questi orari» disse Buffy. «neanche a Sunnydale seguivamo uno schema ben preciso» obbiettò Dawn. Giles gesticolò, riattirando l’attenzione. «ora che viviamo tutti sotto lo stesso tetto, delle regole per una convivenza civile sono fondamentali, e non mi sembra neanche che vi stia chiedendo chissà cosa. Ore 9.00 colazione, ore 13.30 pranzo, ore 19.45 cena, ore 23.00 ronda. Tutto qua. Ho definito solo l’orario dei pasti e della ronda, cosicché ognuno di voi si impegnerà ad essere a casa per l’ora prestabilita». Inglesi. Ogni battaglia iniziata con Rupert finiva per essere già persa di partenza. Dopo qualche discussione tutti concordarono. Ora rimaneva solo da spartirsi le varie zone della città, ma quello era un lavoro tra cacciatrici. Finito di mangiare le tre prescelte presero una Cartina di Cleveland. «B, a te e mister denti aguzzi il cimitero». Un ringhio minaccioso avvertì Faith che stava esagerando. «Kennedy, hai familiarità coi bassifondi?». La mora sorrise. «ho ucciso il mio primo vampiro là». «quindi a te e a Willow le topaie di Cleveland. Io mi occuperò della zona centrale» decise Faith. Buffy non ci trovò nulla da obbiettare: era un ottima strategia che gli permetteva di coprire quasi tutta la città. «e tu non avrai un compagno?» domandò Kennedy. Faith si accasciò sul divano, incrociando le gambe. Rise, cogliendo l’ambiguità della frase che stava per dire. «io lavoro meglio da sola». Con sollievo si accorse che solo lei aveva notato il doppio senso.

«questione di scelte» penso la bruna, divertita dal fatto che avrebbe sempre potuto trovare il tempo di spassarsela in qualche locale dopo la ronda. O prima. O forse anche durante. Per Dio, si era guadagnata l’icona di ribelle, e ora avrebbe pur dovuto fare qualcosa per mantenerla?

 

RICONGIUNGERSI

 

Un rumore sordo ed echeggiante, come quello di qualcosa che scoppia, proveniente dal piano di sopra, fece sussultare tutta la sala. Prima ancora che qualcuno potesse alzarsi dal divano Buffy era già al piano di sopra, davanti alla camera di Xander. Provò ad aprire la porta, ma era chiusa a chiave. «allontanatevi» ordinò all’orda di persone dietro di lei. Diede una spallata alla porta che sotto la forza della sua spinta cedette facilmente. Era pronta a tutto, ma non a quello che vide. Il corpo di Xander giaceva sul pavimento cosparso di cenere, al fianco di un simbolo. L’odore acre di candele al sandalo risvegliò in Willow un ricordo, lontano ed oramai opaco, ma allo stesso tempo vivo, davanti a lei. «Buffy non...». La cacciatrice venne scaraventata dall’altra parte della stanza. Spike cercò di attutire il suo impatto contro la parete, senza riuscire a muovere un solo passo dentro la stanza a causa della luce. La bionda si alzò tremante. «...toccarlo» terminò. Willow si avvicinò cauta e pronunciò delle frasi confuse. Quando finì lo sfiorò. Non c’era battito. «almal het en oog». Scandì le parole una ad una, assicurandosi che l’incantesimo avesse l’effetto desiderato. «andiamo Xander». «opstaan uit die duisternis». Continuò a dire formule contorte, farfugliando convulsamente. «rossa...» Spike rimase nel buio. «Terug». «rossa allontanati da lì». «Terug...na...die...lewe!». Una luce verde illuminò la salma insanguinata. «no» sibilò Buffy. La camera cadde nell’oscurità. Si avventò sulla strega, strappandola dal corpo, cercando di bloccarla. «verwyader» ringhiò la strega. Per la seconda volta Buffy venne sbattuta in aria. Grazie al buio Spike riuscì ad afferrare la ragazza per la vita e bloccare la sua caduta rovinosa. La tenne stretta, e facendo in modo che lei non se ne rendesse conto seguì l’odore del suo sangue, per vedere dove fosse ferita. «Ok, è solo un graffio». Si alzò in piedi, mostrando il volto da caccia. «hai esagerato rossa» disse mostrandole i denti. Con un ampio gesto della mano la rossa creò una barriera tra loro e il corpo. Gli occhi si scurirono, i capelli assunsero una tinta diversa, sul viso si intravidero le vene scure e pulsanti. Buffy afferrò l’anta dell’armadio e si sollevò affaticata, come se avesse appena bevuto un litro di rum. «Dawn vattene» rantolò, con la voce spezzata. La ragazza era immobile, con gli occhi sgranati che fissavano Xander. «Giles!» urlò in cerca di aiuto. Lui prese di peso Dawn e la portò nel corridoio, dove poteva chiaramente vedere l’evoluzione dei fatti. «slui aan» disse atona. Buffy e Spike finirono contro la parete, immobilizzati. Faith tirò un pugno contro la barriera. Non si scalfì minimante, in compenso si sentì un “crack”. «porca p...» sbraitò Faith portandosi la mano al ventre. «BASTA». Kennedy. La cacciatrice si fece avanti molto piano. «Willow, lasciali andare» mormorò titubante, come se neanche lei sapesse cosa dire. Dark Willow – o quasi – si voltò verso Kennedy, guardandola truce. «Will» riprese più decisa «lasciali andare». Buffy sentì la presa allentarsi, fino a che le sue gambe penzolanti nel vuoto non urtarono pesantemente sul pavimento. «Buffy». Le braccia di Spike la circondarono. «stai bene?» chiese apprensivo. «si, credo di si». Fece per alzarsi ma le gambe cedettero e si ritrovò di nuovo a terra. Spike l’aiutò a sollevarsi e la sorresse finché lei non recuperò totalmente le sue funzioni motorie. «brava Willow, brava. Ora abbassa la barriera...si, brava, così». La barriera divenne dapprima trasparente, poi vibrò e scomparve. I suoi capelli ritornarono rossi, gli occhi del loro consueto castano/verde e le vene diminuirono di gonfiore. La consapevolezza di quello che aveva fatto – o che stava per fare – la investì tutta d’un colpo. I riflessi di Kennedy furono abbastanza pronti da prenderla al volo poco prima che cadesse al suolo svenuta. Sbilenca e dolorante Buffy si avvicinò alla sua scrivania e prese tra le mani tremanti un foglio a quadretti scritto con la sua calligrafia chiara e delineata.

 

Ricongiunto a lei per sempre.

 

 

OBLIO

 

Il cimitero era immerso nell’oscurità più totale, ad eccezione di qualche lampione che illuminava sporadicamente il vialetto. La ragazza si accovacciò di fianco alla lastra di marmo posata di recente. L’accarezzò, saggiando la consistenza fredda e liscia che aveva. «hey Xander» mormorò, in attesa di una risposta che ovviamente non arrivò. Sospirò, alzandosi e dando un ultima occhiata alla tomba. Rimase immobile per qualche secondo. Sfilò dalla tasca della giacca in pelle un paletto. «nessuno ti ha mai insegnato che non è buona educazione origliare?» chiese atona. Una vampira sbucò da dietro i cespugli, ringhiando. La cacciatrice aspettò pazientemente che la neonata facesse il primo passo, accecata dalla fame. Percepì un’altra presenza alle sue spalle. Si voltò tenendo sempre sotto controllo la vampira. Un altro paio di figure si distinsero tra gli alberi. Uno di loro si avventò su di lei, che lo polverizzo conficcandogli il paletto nel cuore. La vampira puntò al suo collo mentre l’altro le tirava un calcio. Incassò l’affondo, cadendo in malo modo a terra. «ora mi avete stancato» sbottò saltando in piedi. Saltò addosso al vampiro, afferrandogli i fianci con le cosce. Con un movimento rapido e fluido gli torse la testa, staccandogliela dal collo. «la cacciatrice» sibilò la vampira cominciando a correre lontano. «la sola ed unica» disse secca Buffy, ricordandosi che ora quella profezia sulla prescelta – the chosen one – non era più così attendibile. Raccolse la balestra da terra e dopo aver preso la mira scagliò una freccia. Polvere. La cacciatrice si alzò tossendo, allontanandosi dalla nube di pulviscolo che il vento trasportava. Un battito di mani la fece sussultare. «esemplare» disse una voce profonda, a lei così ben conosciuta. «ad un certo punto credevo sarei dovuto intervenire... poi non so come non c’erano più» ghignò il vampiro ossigenato compiaciuto. Si avvicinò a lui, sfiorando il giubbotto che arrivava fino a terra. «dalle mie parti si usa salutare» bisbigliò facendo finta di lagnarsi. Sorrise maligno. L’afferrò per gli avambracci e la sollevò di qualche centimetro, catturandole le labbra senza un minimo di riguardo, fino a che non sentì il sapore salato delle lacrime sulla lingua. Si soffermò sulle sue guance arrossate dal caldo, leccando le lacrime che scendevano a fiotti. Era la prima volta che piangeva per Harris, o almeno che lui la vedeva piangere per Harris. Fino ad allora si era sfogata allenandosi con lui, intensificando il suo programma da cacciatrice e tutte quelle altre cose da organizzare in cui Giles era tanto bravo. Si accasciò sull’erba, facendo accomodare Buffy di fianco a lui. «sei stanca?» chiese. Usava sempre quella dannata voce che le faceva venire voglia di saltargli addosso. Annuì passiva. «Buffy ti fa male venire qui» disse risoluto. Non aveva neanche bisogno di seguire il suo profumo, sapeva di già dove trovarla. Buffy distolse lo sguardo, asciugandosi le lacrime con la manica della giacca. «non riesco a rimanere a casa, sembra un manicomio» biascicò stordita. Aveva ragione. In quell’ultima settimana tutti si comportavano in un modo assurdo. Si evitavano a vicenda, non si scambiavano più di un paio di frasi al giorno e, senza preavviso, si abbracciavano e rimanevano appiccicati per qualche minuto, poi si davano qualche pacca sulla schiena e se ne andavano ognuno per la sua strada. Doveva essere il loro modo di reagire alla morte di quell’idiota di Harris. «non riesco a capire perché l’ ha fatto» disse lei sottovoce, più come una sua riflessione. La sollevò e la poggiò sulle sue gambe, stringendola. «mi ami?». Lei aggrottò le sopracciglia confusa. «che diamine centra?». «rispondi e basta». La bionda sbuffò stanca. Aveva solo voglia di ritornare nello scantinato a dormire. «sai già la risposta». Spike rise fragorosamente, sdraiandosi per terra e trasportando Buffy sul suo petto, in modo che potesse guardare quegli splendidi occhi verdi, sebbene quella venatura persistente di malinconia non li rendesse vivaci e lucenti come al solito. «maledizione puoi darmi una risposta che non sia evasiva?». Lei alzò gli occhi al cielo. «si Spike, si. E mi sembrava che ormai l’avessi capito». La fece rotolare sul fianco e si stese su di lei, semi coprendola con la giacca nera. «se io, in questo preciso istante venissi polverizzato, tu cosa faresti?». Ecco dove voleva andare a parare. Gli buttò le braccia al collo, attirandolo a se. Rise di nuovo, più rilassato e sciolto. «è solo che mi manca. Non sai quanto» disse piano, accoccolandosi sotto di lui.

Si era resa conto di avere bisogno di quel contatto che lui gli offriva, senza mezze misure. Il loro non era di certo un rapporto delicato, tutt’altro. Era violento, lussurioso, passionale... dolce, imprevisto e liberatorio. La sorprendeva sempre coi suoi continui cambi di umore che riusciva a stento a prevedere. Neanche i suoi sensi super sviluppati da cacciatrice le permettevano ad avvertire quando diventava pericoloso. Non era come gli altri vampiri, era imprevedibile per lei. Una volta ne aveva parlato con Faith, e lei le aveva assicurato di non avere nessun problema a percepire Spike. Non si spiegava perché con lui i suoi sensi andassero a farsi benedire. Improvvisamente lui si irrigidì. Annusò cautamente l’aria, sentendo l’odore acre del sangue. Riluttante si alzò. «un gruppo di vampiri... a giudicare dalla traccia dovrebbero essere nelle cripte nell’ala nord». La bionda si sollevò da terra, a sua volta infastidita. Prese il paletto e lo fece roteare prima di infilarlo nella tasca della giacca. Gli fece cenno di farle strada. «il lavoro mi aspetta».

 

 

 

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Sembrava che gli unici momenti in cui riuscisse a trovare la tranquillità fossero mentre dormiva. Fino al giorno prima ogni suo risveglio era un tormento al cuore. Piangeva, urlava, singhiozzava e sbraitava. Aveva anche provato a farsi del male, graffiandosi con le sue stesse unghie. La cosa che più faceva star male Kennedy era quella sensazione di inutilità che non riusciva a scrollarsi di dosso. Non poteva far altro che starle vicina. «quando glielo permetteva» pensò amaramente. Dopo il suo “quasi ritorno” aveva voluto limitare i contatti con tutti, soprattutto con lei. Era totalmente terrorizzata: solo lei sapeva cosa provava quando era in quello stato, cosa era capace di fare. Una volta aveva provato a spiegarle cosa aveva provato ad uccidere un uomo, il gusto perverso nel vedere la pelle che si staccava, nel sentire le sue urla di dolore, nelle vane scuse, nel sentire la sua sete di vendetta prosciugata.

 

Come ogni sera la cacciatrice bruna rimaneva lì a fissarla, sforzandosi – o per meglio dire obbligandosi – a scorgere qualche miglioramento, almeno a livello fisico. La pelle cinerea in corrispondenza degli zigomi pareva più rosea, o probabilmente era solo una sua impressione. Accarezzò quei lineamenti dolci, seguendo il profilo della mandibola e scostando dei ciuffi ramati che le coprivano il viso. Un pensiero si fece prepotentemente spazio nella testa della ragazza, un pensiero a cui dedicava tante notti insonne e tante sfuriate per il semplice fatto che sarebbe rimasto un pensiero e niente di più. Scosse il capo, facendo ondeggiare la folta chioma bruna. Ora non poteva tormentarla pure di giorno. Eppure più cercava di concentrarsi su qualcos’altro per non vederla più i contorni della figura si facevano più nitidi e distinti. E alla fine eccola lì. Piccola che si poteva tenere in braccio con una mano sola. Folti boccoli rossastri e scompigliati incorniciavano quel viso perfettamente tondo e paffuto, le labbra sottili erano aperte in un sorriso innocente, tipico di chi scopre il mondo per la prima volta. Se non fosse stato per gli occhi, così incredibilmente grandi e scuri, avrebbe giurato che quella era Willow.

 

Batté violentemente un pugno a terra, lasciando un impronta nel parquet. Doveva smetterla.

 

Non sarebbe mai successo, non tanto per gli ovvi motivi, quanto per la vita che conducevano. Avere un figlio mentre si combattono demoni, vampiri, entità primordiali... non sarebbe l’ambiente adatto neanche per tenere un pesce rosso, figuriamoci per crescere un bambino.

 

Da quando tre mesi addietro aveva fatto per la prima volta quel sogno aveva vagliato ogni possibilità che aveva davanti. Il problema era che non c’erano possibilità. Anche se ipoteticamente fosse nata una bambina non era sicura che l’essere cacciatrice o strega si trasmettesse di madre in figlia. Mettendo che, per una fortunata combinazione di eventi, la bambina nascesse con una forza sovrumana, non l’avrebbe manifestata già da subito. Sarebbe stata più forte dei suoi coetanei, ma fino all’adolescenza non sarebbe stata in grado di stendere un vampiro o un qualsiasi altro demone. Quello rimaneva uno stupido, insensato dolce delirio.

 

 

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Come le notti precedenti, prima di addormentarsi, mormorò a denti stretti la formula per non farsi sentire da Kennedy. In quella dimensione il tempo aveva una durata differente, per parlare con lui pochi minuti doveva dormire per ore. «nuce maf duruk». Fece un sorriso distratto alla bruna e poi chiuse gli occhi. Appena le palpebre si ricongiunsero cadde in un sonno profondo.

 

Oblio. Eccola, una sensazione di vuoto e di freddo che si perpetuava in tutto il corpo, dandole la sensazione di morire assiderata. Ma lei era viva, altrimenti non avrebbe potuto fare queste considerazioni. Poco alla volta un tepore si propagò annebbiandole la mente, lasciandola in uno stato di semicoscienza. Lì era tutto limpido, in un certo senso accecante. A perdita d’occhio non riusciva a scorgere niente. Era nell’oblio. Non quello buio che fino ad allora si era immaginata, era un enorme spazio completamente bianco e vuoto. Si mise a gambe incrociate, ad aspettare pazientemente come aveva fatto ripetutamente in quei giorni. Xander non tardò ad arrivare. Radioso. Era l’unico aggettivo che gli si addiceva. «Willow» salutò, porgendole la mano aperta a ventaglio. Non aveva consistenza, ed era estremamente doloroso averlo là, davanti a lei, senza poterlo nemmeno sfiorare. Congiunse la mano con la sua. «lo sai che non posso rimanere qui a lungo» disse rimproverandola. Lei sorrise imbarazzata, alzandosi. «è che manchi a tutti» mormorò. Lui le sorrise comprensivo. «lo so, ma io qui sono felice... c’è pure uno strip club». La strega strabuzzò gli occhi incredula. «stai scherzando?». Fece cenno di si. «era solo per sdrammatizzare. A parte la mancanza di cosce nude io sto bene. Davvero». La ragazza sospirò, stanca. Xander si passò una mano tra i capelli neri, scompigliandoli. «Will, questo è in nostro ultimo incontro». Lei si tirò in piedi e fece per avvicinarsi, ma poi si ricordò che era incorporeo. «mi mancherai». Sorrise di nuovo, più luminoso di prima. «io ci sarò sempre, anche quando non mi vedete. Ti voglio bene Willow, per sempre». Prima che potesse controbattere un turbine d’aria gelida la investì di nuovo, riportandola indietro con un senso di nausea nel basso ventre. Sotto di se sentì il materasso morbido ed il contatto vellutato delle braccia di Kennedy attorno a lei. «...Will? Will ci sei?». Si scostò quanto bastava per guardarla. «ti amo Kennedy». La lasciò sbigottita per un attimo, poi sorrise dolcemente. I suoi occhi. Leggermente lucidi, solcati da qualche lacrima, ma vivi. Finalmente vivi. «ti amo, Willow».

 

Non strega. Mai più avrebbe perso il controllo. Da ora, solo Willow.

 

 

OSSERVATI

 

Quel gruppo di vampiri l’aveva quasi azzoppata. Erano più forti di quanto pensasse, dovevano avere un bel po’ di decenni. Gli ultimi due sembravano non voler morire. Gli tirò un calcio all’addome e lei indietreggiò di qualche metro. Un paio di lapidi più in là sentì un ringhio soffocato. Si alzò in piedi ed irrigidì i muscoli, facendo un rapido controllo su tutto il suo corpo per vedere che non ci fosse niente di rotto. «Oddio il paletto». Non trovava più il paletto. Tastò l’erba vicino a se, cercandolo ansiosamente. «al diavolo!». Rotolò sul fianco, evitando un pugno. Appena riuscì a rimettersi a sedere gli sferrò un calcio al ginocchio, facendolo vacillare. Cadendo il vampiro batté la testa su una lapide e perse momentaneamente i sensi. La cacciatrice gli saltò addosso e senza fare troppe scene gli staccò la testa. La cosa che più le dava fastidio quando uccideva un vampiro era che diventava polvere, odiosa polvere che le faceva lacrimare gli occhi e la faceva tossire incessantemente. Non poteva dissolversi e basta? Si alzò da terrà, lisciandosi i jeans. L’altro vampiro stava dando del filo da torcere a Spike. Si appoggiò ad una lapide per fissarlo ed incrociò le braccia cercando di imitare la sua aria strafottente. Dopotutto lui aveva fatto lo stesso qualche ora prima.

 

L’ossigenato schivò un calcio. Ora quella brunetta l’aveva proprio fatto arrabbiare. Entrò nel volto della caccia e le ringhiò contro. William il Sanguinario scattò verso l’altra vampira. L’atterrò senza difficoltà. Estrasse dalla giacca un paletto, e prima di conficcarglielo dritto nel petto ghignò compiaciuto. Era a pochi centimetri dalla sua gelida pelle quando la vampira aprì gli occhi gialli, liberò le mani e bloccò il suo affondo. Senza che lui se ne accorgesse le era sotto. «mi dispiace. Avrei potuto divertirmi con te» disse rassegnata. Una scintilla le illuminò gli occhi. «basta legarti» mormorò tra se e se. Si chinò su di lui e gli leccò la guancia. Spike emise un latrato rumoroso e cercò di divincolarsi. Sentì Buffy ridere a qualche metro di distanza. «vediamo come te la cavi con questa ninfomane» disse tra una risata e l’altra. La guardò torvo e continuò a ringhiare contro la vampira. Sembravano due cani che si abbaiavano contro. «quanti anni hai ragazzina? Quindici? Sedici?» sbottò acido. Proruppe in una risata ancora più chiassosa. «cinquecentodiciassette. Ma chi li conta più». Ora si spiegava il perché della sua forza. Gli bloccò le braccia con le ginocchia, avendo così il pieno uso delle mani. Sfilò il guanto nero che nascondeva una mano ben curata. Fece scivolare le unghie affilate sul suo collo, per poi graffiarlo senza troppo riguardo. Intinse il dito nel sangue e se lo portò alla bocca, facendo una smorfia d’apprezzamento. Seccato le afferrò i capelli e allontanò il viso dal suo. Sollevò la gamba e prese il paletto che gli era scivolato lì. Invertì le posizioni, mettendosi a cavalcioni sopra di lei. «mi dispiace dolcezza. Avrei potuto divertirmi con te». Conficcò il paletto nel cuore. Cadde a terra sulle ginocchia con un tonfo sordo. Alzò lo sguardo verso Buffy. «almeno tu ti sei divertita». Era ancora piegata in due dalle risate. Sbuffò e si girò, facendo per andarsene. «no dai... ahah... aspetta... ahah... S-Spike... ahah». Si spostò dalla tomba e lo raggiunse. «dai! Ammetti che è stato divertente». Sta volta cercò di soffocare le risate. Gli afferrò il braccio, costringendolo a fermarsi. Lui si girò, sospirando esasperato. «è bello sapere che non te ne frega niente. Quella lì avrebbe anche potuto ammazzarmi». Buffy fece un risolino isterico, stringendo la presa sul braccio. «non fare lo scemo Spike, sai benissimo che non ti avrebbe toccato neanche con un dito». Lui si voltò completamente, sovrastandola. Non aveva lo sguardo risentito che si aspettava, piuttosto era... divertito. «ma con i denti si?» disse inarcando il sopracciglio sfregiato. Lei sgranò gli occhi disgustata. «ti ha morso?» chiese minacciosa. Spike allargò le braccia e fece un giro su se stesso, sarcastico. «prima di lasciarmi nelle mani di una vampira arrapata vai a farti controllare la vista» sbottò scettico. Buffy si autodefinì un idiota. Sul collo pallido del vampiro c’era il segno fresco di un morso. Un rivolo si sangue scendeva lentamente giù per il torace, sporcandogli la maglia nera. Mosse qualche passo nella sua direzione. Un istinto più forte della sua ragione le imponeva di assaggiare quel liquido scarlatto. Avvicinò lentamente le labbra al suo collo, mettendosi in punta di piedi. «ma che...». «Sssht» lo zittì. Poggiò le labbra sulla sua maglia, annusando l’odore penetrante della sua pelle mischiato a qualcosa che le faceva ricordare la ruggine della vecchia Chevrolet di suo padre. Risalì lungo la scia, leccandolo e cercando di assaporare il gusto ferroso del liquido. Sentì le sue labbra inumidirsi ulteriormente. Avvertì la pelle delicata del collo fremere. La fece indietreggiare fino a che la sua schiena non sbatté contro il tronco di un albero. La alzò perché avesse un accesso più facilitato alla sua gola. Fece scorrere una mano sul suo fianco, scendendo ancora più giù per prenderle con forza le cosce e sollevarle, agganciandole dietro alla schiena, togliendo la minima distanza che separava i loro bacini. Delusa Buffy smise si bere dalla ferita che si era quasi completamente rimarginata. Dannata guarigione accelerata. La sua concentrazione fu catturata dalle labbra sottili del vampiro scosse da spasmi. Risalì il viso seguendo il suo profilo squadrato fino ad arrivare all'obbiettivo predestinato, soffocando sul nascere un ringhio che lottava per risalire lungo la gola del vampiro. Gli portò le braccia dietro al collo e cominciò a strusciarsi. Improvvisamente i pantaloni si fecero di troppo, gli dolevano e lo stringevano, ne avrebbe volentieri fatto a meno. Non la credeva così perversa da farlo in un cimitero... in effetti non la credeva neanche così perversa da bere il suo sangue, quindi chi poteva dire cosa fosse in grado di fare? Si staccò dalle labbra della ragazza e discese sul suo collo, succhiando avido la pelle candida. La cacciatrice si lasciò scappare degli ansiti così rumorosi da sembrare quasi imbarazzanti. Lei lavorava là dentro, non era il caso di lasciarsi andare a certi... istinti. Eppure come ogni volta che stava con Spike il suo corpo si muoveva da solo, le si annebbiava la mente e la libido la pervadeva. «credevo che a voi vampiri piacesse mordere, non essere morsi» ansimò, riacquistando un briciolo di lucidità. Alzò la testa dal collo e la fissò. Se non avesse saputo con chi aveva a che fare avrebbe potuto pensare che quello era uno sguardo innocente. «se vuoi provare... a me non dispiace» disse con voce grave. Ci pensò per un attimo, solo per un attimo. Poi... diamine lei era la cacciatrice, non poteva. Non gli diede una risposta. Scese seguendo il flusso pulsante delle vene, fino ad incontrare l'unica cosa che odiava del corpo di Buffy. Ringhiò piano alla vista di quella cicatrice rosea. Avrebbe voluto morderla in quel punto, eliminando la sua presenza da Buffy. Lei se ne accorse. «non devi» mormorò. Risalì il collo, dandole qualche bacio sfuggente sulle gote. «fare cosa?». Voltò appena il viso, mordendogli il labbro inferiore. «se avessi scelto lui a quest'ora sarei a Los Angeles». Sentì il suo petto vibrare e l'allontanò quanto bastava per guardarla negli occhi. «lo ami ancora?» chiese cercando di mascherare la rabbia. «no». Deglutì, cercando in ogni modo di continuare. «ma lui fa parte della tua vita» affermò. Lei rise, scettica. «se ne è andato dalla mia vita tanto tempo fa» rispose dura. «e dal tuo cuore? Da quello se ne è andato» disse sprezzante. Gli strinse le mani sulle spalle, affondando le unghie nella carne. «è stato il mio primo amore» mormorò cercando di essere comprensiva. «ora ci sei tu» disse posandogi una mano sulla guancia. «e anche se quello che c'è tra noi è diverso, praticamente in tutto e per tutto...». Prese un respiro e calò la mano sul suo cuore fermo. «quello che c'è tra noi». Sorrise nel notare l'enfasi coi cui aveva pronunciato quel noi. «ha tanti difetti. Ci saranno tanti ostacoli, non lo nego, anche uno stupido se ne accorgerebbe, ma ha tanti pregi e...». Si strinse ancora più forte al suo bacino, premendo contro di lui facendolo sussultare. «...tanti pregi». Prese a baciarlo di nuovo, accompagandosi con movimenti disarticolati del corpo. Insinuò le mani sotto la sua maglietta percorrendo il profilo dei suoi muscoli tonici. Posò i palmi delle mani sul suo torace per poi strappargli la maglia. Si staccò dalle sue labbra e si incurvò per baciargli il petto. Il rumore di un ramo spezzato li fece staccare all'istante. «ci mancava un pò d'azione» disse sarcastico Spike. «io la preferivo di un altro tipo» mormorò Buffy adirata.

 

 

 

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Dal suo ufficio vedeva la viva Los Angel. Di giorno era ancora più frenetica. Si rilassò, accasciandosi sulla poltrona imbottita. Prese ansioso il telefono e compose il numero di Lorne. «avanti... rispondi». Strinse troppo la presa. Si ritrovò con in mano i resti del suo cellulare. Imprecò ad alta voce, troppo alta, e buttò il telefono nel cestino. Prese quello sulla sua scrivania e ricompose con pazienza e precisione il numero. Sta volta si costrinse a mettere in viva voce la conversazione. Erano già quattro telefoni che faceva fuori in quel modo. «Pronto?». Angel sospirò, un po' più calmo. «come sta?» domandò nervoso. Dall'altra parte sentì un grugnito ambiguo. «fin troppo bene». La voce era fredda e distaccata, fin troppo per il demone verde. Ma non aveva altra scelta. Da quella distanza non poteva captare cosa provasse Angel. «in che senso?» disse perplesso l'altro. Silenzio. «nel senso che non è sola come pensavi. Alto, slanciato, ossigenato, piuttosto bravino a combattere. Angel lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e serrò i pugni. «Spike». Prese un respiro per cercare di recuperare la calma. «è... è felice?» balbettò incerto. La risposta arrivò subito, tagliente come un rasoio. «se è felice... beh non so dirti. Dubito che cacciando i vampiri una donna si senta felice. Era eccitata, e...». Ponderò velocemente le opzioni che aveva davanti: dirgli tutta la verità, senza filtri, o dire una bugia. No! Che gli saltava in mente? Era un omissione. «credo che ami quel vampiro. O forse mi sbaglio, è probabile che l'eccellente intesa fisica tra loro due mi abbia ingannato. Non sarebbe la prima volta» concluse il demone agitato. Le mezze verità non gli erano mai andate a genio. D'altra parte come poteva dirgli che se non fosse stato per un neonato maldestro avrebbero mandato all'inferno la decenza? Non poteva. Ma Angel non era uno stupido, e conosceva Spike. Poteva già immaginare il bel quadretto. Digrignò i denti, imponendosi di non rompere niente. Almeno non durante la comunicazione. «Lorne» mormorò con voce implorante. «dimmi ciò che hai visto» ordinò, riprendendo il contegno. «Angel... io non posso dirti più di quanto non ti abbia già detto. Più di questo non posso fare. Mi hai chiesto di vedere se fosse felice, beh lei lo è per quanto la sua vita glielo possa permettere». «Ottimo modo di dire che se la intende col vampiro, Lorne, davvero, sei un genio!» si rimproverò. Angel sbatté schiacciò il tasto rosso ed interruppe la conversazione. Non poteva crederci. Buffy e Spike. Spike! Lei era un biscotto e non era ancora pronto! Si rabbuiò. Non era pronta per lui. Per Spike era più che pronta. La porta si spalancò ed entrò Fred, con in braccio delle scartoffie che buttò disordinatamente sulla scrivania. «Non è un buon momento?» domandò vedendolo cupo. Lui le sorrise di rimando. «no, no. Devo solo fare una cosa» disse alzandosi dalla poltrona. Si fermò sulla soglia della porta. «Fred?». La ragazza si girò e lo guardò interrogativa. «puoi farmi un favore?». Lei prese le carte e le ammucchiò in una pila per poi dedicarsi totalmente al suo capo. «certo». «prenota un biglietto andata e ritorno per Cleveland per... diciamo la settimana prossima».

 

 

 

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La cacciatrice bruna si allacciò il mini vestito. Ci mise un po’, con tutti quei fili sottili. Alla fine della lunga procedura si ammirò allo specchio. Sul suo corpo c’era un gioco “vedo non vedo” che avrebbe fatto perdere la testa a chiunque. Si infilò gli stivali ed uscì dalla stanza. Scorse l’ossigenato e B sul vialetto. Quei due stavano fuori troppo tempo per andare solo a caccia. Cleveland, rispetto a Sunnydale, poteva sembrare addirittura una città sicura. Meglio per lei, B aveva bisogno di un po’ di divertimento e lei aveva bisogno di un po’ di tempo libero. Uscì dalla porta e si ricordò troppo tardi che il venerdì sera aveva la ronda. «Faith?». Si girò irritata, con un sorrisetto arrogante stampato sul viso. «No Buffy, la mia gemella buona» ribadì sarcastica. La bionda alzò gli occhi al cielo esasperata. «stasera non avevi la zona sud da perlustrare?». Oh certo che aveva la zona sud da perlustrare, ma di certo non a caccia di vampiri. «avanti Buff, abbiamo bisogno tutti di un po' di svago...». Non osò continuare la frase. Buffy arrabbiata uguale doppio turno la settimana dopo. «Ok, ok mamma» sbottò guardandoli astiosa. Si girò e proseguì a passo svelto verso la Wolkswagen che si erano procurati. Buffy la guardò mentre sgommava dal vialetto, perfettamente conscia che quella sera i vampiri sarebbero andati in giro indisturbati.

 

Girò la chiave nella serratura con la maggiore accortezza possibile e sgusciò in casa. Buio totale. Allargò le braccia e cercò a tentoni la luce. Avanzò qualche passo in direzione della cucina, dimenticandosi del tavolino di fianco all’entrata. Urtò il ginocchio contro il comodino e vacillò, stringendo i denti per evitare di urlare da dolore. Un paio di mani l’afferrarono poco prima che cadesse rovinosamente. «se ti vuoi spaccare qualcosa questo è il modo migliore» disse divertito. Strinse la presa sui suo avambracci, cercando di soffocare le fitte al ginocchio. «non capisco che vantaggi ci sono ad essere una cacciatrice se le mie ossa sono così fragili» bofonchiò saltando su un piede. Sentì che sospirava sul suo collo prima di prenderla di peso e trascinarla davanti alla porta del seminterrato senza incappare in niente. «dovresti sapere che al buio mi oriento meglio di te» disse aprendo la porta ed accendendo la luce. Scese le scale e si buttò sul divano togliendosi i pantaloni e massaggiandosi la gamba facendo smorfie di dolore. Il gesto che seguì fu quasi automatico per lui, noncurante del fatto che tutti credevano fosse una leggenda. Prese da sotto il letto un pugnale e si graffio il polso, porgendoglielo. Buffy sgranò gli occhi stupita e lo fissò, arricciando il naso per l’odore fin troppo forte. Qualche ora prima, all’aria aperta, non le sembrava che fosse ripugnante. «che stai facendo?» sibilò sconcertata, guardando le gocce di sangue che fuoriuscivano dalla ferita. Colto alla sprovvista indietreggiò di qualche passo. Recuperò quasi subito un aria sarcastica scoppiando a ridere. «non la sai?» disse cercando di recuperare un po’ di contegno. Gli occhi della cacciatrice si ridussero a due fessure che lo squadrarono severe. Vedendola così seria smise di ridere. Ciò che per lui era scontato evidentemente non lo era anche per lei. Leccò la ferita per bloccare lo sgorgare del sangue e si sedette sul letto a fianco a lei. «ti sei mai chiesta perché noi vampiri guariamo così velocemente?» chiese. Buffy aggrottò le sopracciglia perplessa. In effetti non si era mai posta quella domanda, per il lavoro che faceva non le era mai sembrato indispensabile saperlo. Scosse la testa. Spike continuò. «non so come funzioni, non sono mai andato alla ricerca delle mie origini, per quello c’era Angel, però so che seguendo il mito antico il sangue è vita, quindi grazie al sangue che abbiamo in circolo le nostre ferite si rimarginano più velocemente. Ed è lo stesso per gli umani. Se gli ospedali fossero pieni di fiale di sangue di vampiro le ferite mortali non sarebbero più un problema» ironizzò, cercando di sdrammatizzare. Buffy accennò un sorriso, ma la sua mente era altrove. Perché Giles non gliel’aveva mai accennato? Magari non lo sapeva. Allora avrebbe dovuto dirglielo, poteva essere importante. Prima di uccidere un vampiro potevano dissanguarlo per ottenere il sangue miracoloso. Scacciò via quei pensieri da insensibile. In ogni caso erano esseri viventi, non si meritavano quel trattamento. Avrebbe fatto gli stessi orrori dell’organizzazione. «non ne avevo idea» riuscì solo a dire. Lui strinse le spalle e gli porse nuovamente il polso. Lo assaggiò con la punta della lingua per poi ritrarsi. «non c’è nessun effetto collaterale, Buffy. Solo una gamba più sana» le assicurò. Buffy si mordicchiò il labbro inferiore, ancora indecisa sul da farsi. «preferisco non usarlo per un livido alla gamba» mormorò pensierosa, appoggiandosi allo schienale del divano. Spike seguì il suo esempio, sfoderando un sorriso da depravato. «prima non ti dispiaceva» disse maligno. Lei lo spintonò scherzosa, facendolo cadere sul tappeto. Rimase di proposito sdraiato per terra. «i tuoi rovesci non sono più quelli di una volta cacciatrice» disse, sperando che avrebbe preso quel pretesto per salirgli sopra. L’ingenua Buffy cascò nella trappola del vampiro. Scattò in piedi e gli saltò addosso, sedendosi su di lui. «mi sembra che ora abbia io il controllo della situazione» gli bisbigliò all’orecchio soddisfatta, afferrandogli con foga le labbra. Si staccò bruscamente, asciugandosi la saliva che le bagnava il mento. Guardò con aria di scherno l’insoddisfazione nei suoi occhi – e nei suoi pantaloni – e sorrise compiaciuta. «se volevi farlo bastava chiedere. Questi trucchetti non attaccano con me» sospirò con aria saccente. Lui sbuffò rassegnato. Quella notte si preannunciava molto lunga.

CAPPA NERA

 

Si sentiva a suo agio in quella stanza color lavanda. Era rassicurante. Per di più non era arredata come quella di una bambina. Era più da adulta. Non c’erano più quei mobili rosa confetto, quel letto col piumone morbido con dei cuori rossi, tutti quei pupazzi che decoravano in un modo così allegro la sua cameretta a Sunnydale. Strinse i denti al pensiero... «Dawnie mi farai spendere un capitale!» disse affettuosamente la donna dai riccioli biondi, sapendo perfettamente che alla fine avrebbe ceduto. «dai mamma! Per favore per favore! Quel coniglietto rosa è così tenero!» squittì Dawn saltellando e sporgendo il labbro inferiore, sfoggiando una delle sue migliori espressioni da cucciolo smarrito. Joyce sbuffò, e controvoglia afferrò l’ennesimo peluche, reduce delle loro uscite pomeridiane. La ragazzina ghignò felice, abbracciando quel batuffolo rosa mentre sua madre... di come erano stati acquistati quei giocattoli. Raccolse i lunghi capelli castani e prese due batuffoli di cotone intinti di struccante che strofinò pazientemente sul viso. Finito il procedimento si lasciò cadere a peso morto sul letto, coprendosi fin sopra la testa col lenzuolo. Si raggomitolò, premendo il cuscino sulla testa per scacciare quei pensieri. Joyce era morta. Buffy era morta. Tara era morta. Xander era morto. Chi sarebbe stato il prossimo? Sarebbe potuta essere lei. Perché no? Ci era già andata così terribilmente vicino una volta, poteva succederle ancora.

Il vuoto opprimente che la soffocava si fece più pesante. Cominciò a singhiozzare, cercando di soffocare i gemiti perché nessuno la sentisse. «Oh Xander quanto mi manchi!» mugugnò strofinandosi gli occhi con la manica del pigiama. Le mancavano le sue risate, le sue battute, il modo in cui la consolava...

«ci sono dentro da tanto tempo ormai, quasi sette anni. Ho visto i miei amici diventare sempre più potenti: streghe, lupi mannari, cacciatrici... e io sono quello che ripara finestre. Loro non sapranno mai quanto è dure, Dawnie, a essere quello che non è stato prescelto, a vivere vicino alle luci della ribalta senza essere mai illuminato. Ma io lo so, e lo vedo più di chiunque altri. perché nessuno vede me»

...la sua forza inarrestabile, la sua tenacia nell’andare avanti... «la sua tenacia nell’andare avanti» ripeté tra sé e sé. Riprese lucidità, tirandosi in piedi. Qualcosa non le quadrava. Il suo suicidio non era verosimile, non era da lui. Nessuno si era soffermato sul perché di quel gesto, erano tutti troppo impegnati ad affogare nel dolore, come se ci fosse una barriera che gli impedisse di ragionare. Sgusciò fuori dal letto e con passo felpato si avviò fuori dalla camera, cercando di evitare lo scricchiolio del parquet sotto il suo peso. Aprì l’ultima porta in fondo, entrando silenziosamente e cercando di non scivolare sul tappeto. Cercò alla cieca l’orlo del letto e non appena tastò la trapunta cercò il corpo disteso sul letto. Gli tappò la bocca e iniziò a scuoterlo. «Andrew! Andrew svegliati! Andrew!» biascicò sotto voce. Il ragazzo si irrigidì e spalancò gli occhi. Quando si accorse che era solo Dawn si rilassò e si divincolò, sedendosi sul letto. Dawn si accomodò sul tappeto a gambe incrociate, aggiustandosi una ciocca di capelli dietro all’orecchio. «Dawn questa è la quinta volta questa settimana» bofonchiò il ragazzo assonnato, stiracchiandosi la schiena. Dawn scattò in piedi e si mise a camminare per lo stanzino. «non ti sembra strano che lui se ne si andato così?» domandò fin troppo direttamente. Andrew fece una smorfia, cercando di trattenere un qualsiasi riferimento a delle serie televisive. Gli doleva ancora il braccio dall’ultima volta che aveva paragonato Willow a... non si ricordava a chi, il dolore che era seguito gli aveva fatto dimenticare gli ultimi tre minuti di conversazione. Annuì debolmente. «è strano... ma non così strano» precisò. Lei sbuffò adirata. «non capisco» ammise. «lui non l’avrebbe mai fatto. Non da solo almeno». Fu immediatamente travolta dal significato delle sue parole. Il corpo di Xander giaceva sul pavimento cosparso di cenere, al fianco di un simbolo. «MA CERTO!» esclamò bloccandosi di colpo. «il simbolo, Andrew!» disse strattonandolo. «ti ricordi qual’era il simbolo? È importante Andrew!». Il ragazzo la guardo confuso, spingendosi contro la parete. «Dawn, di che simbolo stai parlando?» chiese cauto. «quello nella camera di Xander!» sbraitò lei afferrandolo con più foga per le braccia. «...se eviti di sgretolarmi il braccio!» sbottò irritato. Lei lasciò all’istante la presa. Non si rendeva conto di quello che faceva quando aveva quegli scatti. Lui si massaggiò per qualche istante il gomito e si concentrò, cercando di ricordare i dettagli di quella mattina che aveva fatto di tutto per dimenticare. C’era quell’odore così forte e penetrante, che ti lasciava una sensazione nauseante. Poi c’era Xander, il suo corpo intatto, l’espressione rilassata. E di fianco a lui, eccolo. Inciso nel parquet scuro c’era quella strana stella a tre punte, sporca di una polvere gialla. Spalancò gli occhi. «vuoi dire che...». «credo di si» disse Dawn abbassando lo sguardo rabbiosa, stringendo i pugni. «è esattamente come in Star Trek, nell’episodio in cui...» non finì la frase. Dawn si era portata le mani al viso, per nascondere le lacrime che le rigavano copiosamente il viso. Col suo solito fare ingenuo ed innocente le passò un braccio dietro le spalle e le diede e le sfregò il braccio affettuosamente. Prese un respiro. Quello che le stava per dire non sapeva se l’avrebbe consolata o se l’avrebbe fatta arrabbiare ancora di più. «Dawnie...» cominciò incerto. «io mi sono sentito in colpa. Davvero. Non sai quanto. Se solo fossi stato più attento non sarebbe successo niente. Forse...» mormorò assente. «però» continuò speranzoso. «se davvero è come la pensi tu, io non centro niente. Vero?». La ragazza prese un respiro per placare i singhiozzi. «credo... credo di si» disse in un soffio, cercando di darsi un contegno. «seguimi» borbottò uscendo fuori dalla stanza. Ancora mezzo stordito per il sonno interrotto così bruscamente seguì Dawn, afferrandola per il lembo della maglietta slabbrata che usava per dormire per non cadere nel corridoio buio. Lei si fermò davanti alla stanza di Xander, che non era stata toccata dal giorno... da quel giorno. Aprì la porta scricchiolante ed accese la luce. Era rimasto tutto uguale, l’odore, l’ordine così perfetto, i vestiti ancora nella valigia. Solo una cosa era scomparsa. «dannazione!» esclamarono all’unisono. La stella a tre punte era scomparsa. «Andrew, pensa a svegliare Giles, io vado da Willow e Kennedy» disse risoluta, riacquistando il tono tipico delle sorelle Summers.

 

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Willow se ne era appena andata quando la montatura crollò all’istante. Quell’infinito bianco venne sostituito a fiamme scottanti che serpeggiavano intorno a lui. La sua espressione pacifica venne sostituita con un ghigno maligno e perfido. «e così la piccola ci è quasi arrivata» bisbigliò con un tono grave. Rigirò tra le mani la sfera luminosa che fino a poco prima era servita ad illudere la strega. A volte la voglia di vedere le cose in un certo modo eclissava la verità. Avevano le ore contate.

 

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Un sorriso sfacciato gli si dipinse sulle labbra. «quello che mi hai fatto è illegale nel Wyoming e sono quasi sicuro lo sia anche nel Washington» le disse avvicinando le labbra al suo orecchio, prendendo a giochicchiare coi suoi capelli. «Potrei denunciarti, lo sai?» disse ironico e al tempo stesso felice di averla distratta. La ragazza guidò la sua mano lungo il fianco, stringendola. «primo: siamo in Ohio, e secondo: non credo che si possa fare una denuncia... per questo genere di cose» mormorò placida. Strinse appena la presa che aveva sulla sua coscia. «scherzi? È una molestia sessuale» ribatté. «eri consenziente». «ok, mi arrendo» sbuffò. Rimasero in silenzio, sfiorandosi l’un l’altra, assaporando quei momenti in cui potevano stare soli. Momenti che sapevano non sarebbero durati in eterno, prima o poi la nuova minaccia si sarebbe fatta avanti e quella tranquillità sarebbe scomparsa. «Buffy?». Si mosse appena nella sua stretta ferrea. «uhm?». «ti manca tanto, non è vero?» domandò. Lei prese una boccata d’aria. Riusciva a essere troppo schietto, ma in fondo era un bene. Né lei, né Giles, nemmeno Faith, erano riusciti a dire senza giri di parole che Xander era morto. «so che cosa si prova a stare là. E questo mi aiuta a sopportare» disse fredda, quasi meccanica. Le passò un braccio intorno alla vita, tenendola ancora più vicina, per ancorarla in quella realtà... –Vorrei farti sapere che ti ho salvata. Non quando contava ovviamente, ma... dopo la tua morte. Ogni notte dopo quel giorno. Rivivo tutto... e faccio sempre qualcosa di diverso. Qualcosa di più veloce e più furbo, capisci? Dozzine di volte, in tanti modi diversi... Ogni notte, io ti salvo – ...ancora spaventato dal solo pensiero di poterla perdere. Sarebbe bastato poco: un attimo di disattenzione, qualcosa di imprevisto, un demone troppo forte, un incantesimo mal riuscito... troppo poco.

«ti ricordi quello che mi hai detto quella notte?» bofonchiò Buffy. Capì al volo a cosa si stesse riferendo. Quella notte poteva essere solo quella. –Ascoltami. Sono vivo da un po' più di tempo di te, morto da molto di più... ho visto cose che non puoi immaginare e fatto cose che preferirei tu non immaginassi. Non ho esattamente la reputazione di essere un pensatore. Seguo il mio sangue che non va esattamente nella direzione del mio cervello quindi ho fatto molti errori, decisioni terribilmente sbagliate. In oltre cento anni c'è solo una cosa di cui sono stato sicuro... te. Non ti sto chiedendo nulla, quando dico che ti amo non è perchè ti voglio o perchè non posso averti. Non ha niente a che fare con me. Amo quello che sei, quello che fai, come vai avanti. Ho visto la tua gentilezza, e la tua forza. Ho visto il meglio e il peggio di te, e ho capito perfettamente ciò che sei. Sei un diavolo di donna. Sei unica, Buffy –.

«si» disse seriamente. Lei si voltò, nascondendo il viso sul suo petto, portando i palmi delle mani sulle sue palle mentre le braccia di lui l’avvolgevano possessivamente. «i-io non ne sono poi così sicura» balbettò ricacciando indietro le lacrime che lottavano per uscire. «avrei dovuto proteggerlo. Avrei dovuto capire cosa...». La girò violentemente inchiodandola con uno sguardo severo, che raramente usava con lei. «non è colpa tua, intesi?». Lei tentò invano di girare il volto per guardare in un'altra direzione, ma lui le prese con forza il mento e lo alzò. «se fossi stata una migliore cacciatrice...». Lui la scosse con più forza. «tu sei la migliore cacciatrice dell’ultimo secolo, va bene?... vuoi la prova?» aggiunse vedendo la sua espressione per niente convinta. Lei lo guardò con quegli occhi verdi, così sinceri e pieni di rimorso. Espressioni che non aveva mai riscontrato, che nessuno gli aveva mai concesso di vedere. Sorrise dolcemente, accarezzandole la guancia facendole socchiudere gli occhi. «sei sopravvissuta a me». – E tu chi sei? Avrai modo di scoprirlo sabato. E che succede Sabato? Io ti ucciderò –. Lei rise appena. Era l’unico che riusciva a distrarla. Certo il più delle volte con metodi poco puritani, però doveva ammettere che funzionavano alla perfezione. «non è stata un impresa facile» ammise lei, poggiando la guancia sul cuscino. Spike le scompigliò i capelli, dandole un bacio appena accennato sulle labbra. «non è colpa tua. Nessuno poteva prevederlo... sai che non lo ripeterò mai più?». «cosa?». Lui sbuffò scocciato, pensando che a stare con quella banda di rammolliti, senza un po’ di sana violenza, stava diventando una checca. Da quando faceva commenti positivi su Xander? E da quando lo chiamava Xander? Scosse la testa e prese un respiro per riordinare i pensieri che vagavano per la sua testa. Doveva consolarla, farla sentire meglio, al diavolo il suo orgoglio. «Xan... Harris, Harris» ripeté, più per costringersi a chiamarlo così.

«era una persona forte. Per essere un umano. » aggiunse subito, correggendosi. «comunque questo non è il punto. Hey, hey, guardami» mormorò più dolcemente, prendendole il viso tra le mani e asciugandole col pollice una lacrima che scendeva lungo la guancia. «Buffy, non è colpa tua. Questo non era un gesto che avresti potuto evitare. Se avesse voluto avrebbe trovato mille modi per farlo. Voi umani siete fragili». «Troppo fragili»pensò amaramente. Buffy parve calmarsi un po’. Aveva ragione. Non poteva salvare tutti. Eppure si sentiva in colpa. Probabilmente era normale, doveva essere così. Lacrime che scottano guariscono. Alzò il viso e portò le labbra sulle sue, socchiudendole e permettendo alle loro lingue di sfiorarsi. Incautamente si avvicinò troppo ai canini, graffiandosi la lingua. Provò a ritrarsi ma lui portò una mano dietro alla sua nuca, impedendole qualsiasi movimento. Non aveva mai bevuto il suo sangue. Aveva immaginato il sapore che potesse avere, sebbene non ne avesse mai avuto la certezza. Fino ad allora. Anche se era solo un graffio era più che sufficiente per assaggiarlo, per assaporare il gusto deciso e avvolgente, più buono di quello delle altre due. Doveva ammettere solo una cosa: andare a letto con una cacciatrice era senza dubbio meglio.

Dovette fare uno sforzo immane per non scivolare nel volto della caccia e per godersi a pieno quel breve attimo. Buffy non si ritrasse. Per un primo momento rimase immobile, poi lo assecondò. Non sapeva perché. Non trovava una buona ragione per farlo continuare. Ma non trovava nemmeno una buona ragione per farlo smettere. Si spostò prepotentemente su di lei, poggiandosi sui gomiti per non pesarle addosso. Le segnò il contorno delle labbra con la lingua, come ad avvisarla che faceva bene a prendere fiato, e si rinfilò autoritariamente nella sua bocca, accarezzandole la piccola ferita sulla lingua, leccandole i denti e rientrando di nuovo, facendole inclinare il capo per avere un migliore accesso. Buffy si scostò prendendo avidamente una boccata d’aria, ansimante e con le gambe molli. «se continui così diventerò una campionessa di apnea» disse mentre riprendeva a respirare regolarmente. Si rigirò su un fianco...

Fiamme. Fuoco. Un portatore si avvicina. Dawn! No! Lo pugnalo appena in tempo e quello cade morto a terra. «Xander! Vieni qui, presto!» una voce familiare distorta dal caos generale mi chiama. Non credevo fosse lì. Pensavo che Buffy avesse dato delle predisposizioni diverse. Ignaro di tutto mi avvicino. Seminascosto dall’oscurità c’è il corpo di Anya. Le cado al fianco portando le mani al viso. «no, no, no!» urlo disperato, mentre le lacrime escono a fiotti dagli occhi. La scuoto. È fredda. Priva di vita. «Anya!». Uno squarcio straziante mi spacca in due il cuore. Una mano bollente mi si posa sulla spalla. «non preoccuparti. Tra poco la raggiungerai» dice la voce, così sgradevole, diversa da come la ricordavo. Non capisco. Sento un improvvisa fitta al collo. È questione di secondi. Freddo. Tanto freddo. È come essere congelati. Un sonoro “crack” e sono morto. Mentre cado vedo gli occhi del mio assassino. Non ho la possibilità di dire niente. Le parole mi muoiono in gola. Non credevo la morte fosse così totale ed inequivocabile. Quasi limpida. Ed eccola lì, che mi tende la mano. Il suo viso ingenuo segnato da me. Dai miei errori. Ti amerò per sempre Anya.

 

«dannazione Buffy! Per favore, Buffy!». Il suo corpo giaceva tra le sue braccia. Era viva, il suo cuore batteva e il sangue pulsava velocemente, come quando si corre. Gli occhi. I suoi occhi, velati da una spessa patina grigia, rovesciati all’indietro. Il corpo tremava convulsamente, sconvolto da spasmi che ora sembravano diminuire. Così come era iniziato smise. La strinse, sollevandole la schiena e facendole appoggiare la testa per lei pesantissima sulla sua spalla. «maledizione cacciatrice! Non farmi più una cosa del genere!» urlò, beandosi della tipica sensazione che si ha dopo un forte spavento. «S-Spike» balbettò confusa, rintontita da quello che aveva visto. La poggiò a terra, tenendo il suo viso sulle gambe. «non... Xander non era lui... è morto» disse respirando faticosamente. Lui inclinò la testa confuso, scrutandola attentamente. «lo so. È morto». Le cercò di scuotere la testa ma le faceva troppo male, come quella volta che si era presa una sbornia. Pessimo segno. Quella volta era diventata una donna delle caverne. Fa cadere la mano che striscia vicino al suo polso. Non ha nemmeno la forza sollevare il braccio. «Spike» rantolò. Lui la fa sedere, divarica le gambe e la fa accomodare lì, usando il suo torace come schienale. Portò il polso ai canini e si graffiò. Le avvicinò il polso alla labbra. Buffy esitò. «per favore, Buffy» supplicò. Alzò lo sguardo, per vedere i suoi occhi cielo pieni di angoscia. Se non fosse stata certa che vedeva sfuocato avrebbe giurato che aveva pianto. Cercò con tutte le forze che aveva in corpo di avvicinarsi alla chiazza rosa che vedeva vagamente davanti. Appena lui vide quell’inutile tentativo le facilitò le cose, avvicinando il polso. Iniziò a succhiare faticosamente. Dopo qualche minuto la vista riacquistò nitidezza, riprese il controllo degli arti e la sua solita forza. Non volle andare avanti. Non capiva perché quel rimedio di certo sarebbe sempre stata l’ultima sponda. Spostò le labbra dal polso alle sue labbra, per fargli assaporare il gusto del suo stesso sangue. Poggiò la fronte davanti a quella di lui, sfiorandogli le labbra.

La prese per la vita e la issò sulle sue gambe, continuando a baciarla. «sul serio. Fammi un’altra volta uno scherzo del genere e altro che ti dono il mio sangue» sbraitò con falsa rabbia. La cacciatrice poggiò una mano sulla guancia del vampiro, che inclinò la testa strofinandosi contro il suo palmo, con un espressione di assoluta estasi. Lei si alzò in piedi barcollante, bloccandosi e cercando di riprendere l’equilibrio. «bisogno di aiuto?». Lei scosse la testa, intimandogli con un cenno di rimanere dov’era. Abbozzò qualche esercizio di stretching e si avvicinò al vampiro. Sapeva cosa aveva in mente. Si acquattò e digrignò i denti. «non mi sembra il caso» obbiettò squadrandola da capo a piedi. Lei non ci badò e prese la rincorsa, saltandogli addosso. Lui fu più veloce e sviò il colpo. La cacciatrice atterrò aggraziatamente alle sue spalle, rigirandosi fulminea e tirandogli un calcio che lo sbatté dall’altra parte della stanza. Lui rise maligno. «non dovevi» gorgogliò, avvicinandosi con fare minaccioso. «fatti avanti» lo sfidò con un sorriso provocatorio dipinto in faccia. «è troppo cacciatrice!». Si gettò in avanti, inchiodandola alla parete, portandole le mani sopra la testa e bloccandola. Accostò la testa alla sua giugulare pulsante e la leccò, seguendo il percorso dell’arteria. La ragazza si finse scocciata. Spike le sorrise seducente e piegò il viso fissandola con un espressione assolutamente innocente. «sono un po’ arrugginita. Niente che un po’ di allenamento non possa curare» sentenziò calma, scostandosi senza difficoltà dalla stretta del vampiro. Aprì l’armadio e lanciò i pantaloni e la maglietta a Spike – possibile che non cambiava mai abbigliamento? – e sfilò dalla stampella un completo di tuta da ginnastica per lei. Si infilò in fretta i vestiti e cominciò a salire le scale per riferire agli altri quello che aveva visto, senza sapere che Dawn aveva già intuito qualcosa di simile. «prima a che tipo di allenamento avevi in mente?» domandò scaltro. «porco» sbuffò Buffy prima di dargli un bacio schivo sulle labbra.

 

 

 

 

 

 

 

 

CHIARIMENTI

 

Dawn bussò ripetutamente alla porta. Sapeva che le due ragazze avevano il sonno tremendamente pesante. Non dovette aspettare molto. Willow aprì la porta sbadigliando, grattandosi la folta chioma rossa ingarbugliata. «cosa...». Dawn non la lascia finire che la prende per il braccio e la trascina fuori. «è urgente, Will!» dice correndo giù per le scale, precedendo Giles che stava inforcando gli occhiali insolitamente appannati. Con sollievo vide che Buffy era già in soggiorno, che faceva ampi giri intorno al tavolo. Sbarrò la strada a sua sorella. «Xander...» esordì. Buffy la zittì, afferrando una sedia e obbligandola a sedersi. «con calma» disse dando una fugace occhiata a Willow. La cosa che più temeva era una ricaduta della strega. Si avvicinò con un passo volutamente lento, con fare circospetto. «Willow, siediti sul divano» scandì con la voce più calma e controllata che potesse assumere in quel momento. Il volto della strega si indurì. «dì quello che devi dire Buffy» disse lei atona. Buffy indietreggia e va a poggiare la schiena contro la parete, alzando la gamba e poggiando il piede di fianco al ginocchio. Poi si da una spinta con la forza della gamba e ricominciò a fare degli ampi cerchi intorno al tavolo. Si bloccò all’istante. Cosa stava facendo? Da quando Elisabeth Anne Summers si faceva intimidire dai suoi amici? Ah già, da quando il suo migliore amico era morto. Disse tutto sulla sua visione, tralasciando lo stato penoso in cui si era risvegliata.

Giles dovette appoggiarsi allo stipite della porta. Sembrava che le sue gambe fossero delle stecche di liquirizia che non gli fornivano un sostegno in grado di mantenerlo in equilibrio. Questo doveva essere un incubo. Un terribile incubo dal quale si sarebbe presto svegliato. Oppure era morto. Lui, non Xander. «sei sicura?» riuscì infine a dire. «se non lo fossi stata non ve lo avrei mai detto». Spostò incerta lo sguardo sulla strega. Era come se il mondo le fosse crollato addosso. Ne sentiva distintamente il peso. Era stata una stupida, accecata dalla voglia di vederlo felice, ovunque lui fosse. Paradiso, inferno, oblio o qualsiasi altra dimensione. E per un po’ ne aveva avuto la certezza. Un illusione! «io... credo che andrò di sopra a riposarmi» mormorò prima di salire le scale. «Willow...». Kennedy le fu subito appresso. Quando sentirono la porta che si richiudeva tutti si irrigidirono. Inconsciamente si sedettero tutti intorno al tavolo, in silenzio, fissandosi a vicenda, cercando di intuire che cosa stessero pensando gli altri.

«Dawnie. Come lo sapevi?» domandò titubante alla sorella. E se anche lei avesse avuto la sua stessa visione? Come aveva fatto a uscirne illesa? Forse Willow... Dawn alzò lo sguardo. Gli occhi grigi un tempo vivaci ora erano come spenti. «intuito» sospirò stanca.

«ho solo pensato che Xander non ci avrebbe mai lasciato così».

Giles respirò rumorosamente. «Credo che ora dovremmo cercare di capirci un po’ di più. Se Buffy riuscisse ad avere un’altra visione...». Buffy sgranò gli occhi spaventata. La prima volta era stato terribile, come se le avessero conficcato un pugnale nel cervello e l’avessero rigirato per fare fuoriuscire la materia grigia. «non credo sia una cosa volontaria» disse deglutendo a fatica. «possiamo fare che lo sia». Buffy si girò di scatto verso Spike, fulminandolo con lo sguardo. «che ha in mente quell’idiota?! Ah, già, dimenticavo! Lui la mente non la usa!». Lui le ghignò contro pericolosamente criptico, sedendosi sul bracciolo della sedia che cigolò. «grazie per l’illuminante intervento, Spike» sbuffò l’osservatore. «ma non è possibile. Prima di tutto bisogna capire chi le ha inviato quella visione...».

«è stato Xander» disse piano Buffy con un tono distante, come se lei fosse estranea a quegli avvenimenti. Sopportò gli sguardi perplessi che la fissavano e andò avanti. «ne sono sicura» assicurò convinta. «non è un eventualità da escludere. Tuttavia la cosa più importante è ricostruire i fatti. Dawn, è meglio che tu vada insieme ad Andrew in camera tua». La ragazza in questione si alzò facendo cadere la sedia, e batté i pugni sul tavolo. «ho il diritto di sapere! Io tenevo a Xander quanto tutti voi!» strillò. «Dawn, per favore. Non renderci le cose più difficili di quanto non siano già» pregò Buffy. «oh, voi fate quello che volete. Io non mi muovo da qui» l’avvertì Dawn, incrociando le braccia al petto. Buffy chiuse gli occhi e respirò a fondo. «continui Giles» disse in fine. L’osservatore si alzò in piedi rammaricato. «mi servirebbero i miei libri per cercare di identificare il demone» spiegò.

«non l’ho visto. E in più la voce era familiare e allo stesso tempo storpiata. Come se qualcuno avesse cercato di censurarla» farfugliò sconfortata. Spike le passò un braccio dietro alle spalle e la strinse. Si ritrasse quasi subito, ricordandosi che non erano soli. «quindi credi che appartenga a qualcuno che conosciamo?» domandò Faith incredula. «potrebbe essere, come potrebbe essere che qualche demone ha imitato quella voce per attirarlo lì». Giles scosse la testa. «a mio avviso non esistono demoni con questo potere. Chiamerò subito Londra per avere informazioni a riguardo. C’è qualche altro particolare interessante?». Buffy si sforzò di ricordare la visione. Irrazionalmente cercò la gamba del vampiro a fianco a lei, e la strinse, ignorando le sue tacite proteste cariche di dolore. «il contatto. Quando mi ha toccato. La sua mano non era fredda. Il contatto era naturale. Come se fosse un umano, ma più forte. Abbastanza da rompergli l’osso del collo senza difficoltà». Giles parve farsi pensieroso. Borbottò qualcosa tra sé e sé e si avvicinò al telefono, componendo un numero. Appoggiò la cornetta all’orecchio e iniziò a discutere animatamente in un inglese stretto, quasi dialettale. «...no! devo parlargli ora, gli dica che è urgente...». Silenzio. «Giles, Rupert Giles... no, no, R - u - p - e - r - t, non Ruben!» urlò scocciato contro lo sfortunato segretario. «Mikaela! Finalmente! Ti consiglio di cambiare segretario, quello che hai ora non è molto sveglio!» si lamenta. Tutti si girarono verso le scale, dove si sentiva il rumore leggero dei passi di Willow. La strega coi capelli rossi aveva gli occhi gonfi per il pianto, ma si aggiunse lo stesso alla conversazione dopo aver abbracciato Buffy. Entrambe si lasciarono scappare qualche singhiozzo. Si distaccarono e si scambiarono un sorriso comprensivo e carico di affetto. Erano rimaste solo loro due del vecchio gruppo, oltre a Giles. «allora, muoviamoci e vediamo chi è il bastardo...» si zittì vedendo che Giles era al telefono. «certo, certo» continuò lui a voce più alta. «Ho bisogno di un grande favore: devi spedirmi i dettagli della morte di Gabe, lo so che ti chiedo molto ma... si è qui, te la passo». Diede un occhiata fiera a Willow e le porse la cornetta. «sono orgoglioso di te» le bisbigliò in modo che solo lei potesse sentire. Willow si sforzò di sorridere cordiale, ma le uscì una smorfia carica di dolore. «pronto?... Mikaela che bello sentirti!» disse con voce rauca tuttavia felice. «una settimana fa, però mi sono ripresa abbastanza facilmente. Lo so, è stato un risultato. Dopo la morte di...». Si bloccò, rendendosi conto che Kennedy era in quella stanza. – oh, andiamo Willow! Si vede che pensi sempre a lei, anche quando stai con me! E io non riesco più a sopportarlo!Kennedy, no, per favore, non è vero, lei non c’è più! Si, certo, ed io sono un rimpiazzo? NO! Kennedy devi smetterla con queste paranoie! Ti amo, perché devi complicare tutto? – «...dopo la sua morte nn avevo nessun altro. Questa volta è stato diverso». Annuì e sorrise, prima di guardare il gruppo in attesa con un fare soddisfatto. «grazie Mikaela, sei sempre molto gentile.... Non credo che ora possa venire fin lì... Si, sono migliorata nella meditazione, credo di riuscirci senza problemi» le assicurò. Dopo averla ringraziata ancora appese la cornetta al ricevitore. Si sedette di fianco a Kennedy. «ha detto che ci faxerà il tutto questo pomeriggio, appena ritorna a Londra. Nel frattempo io direi di cercare su internet qualche notizia, per portarci avanti» propose determinata Willow. «un momento, chi è Gabe?» domandò perplessa Faith. Giles si sedette, incrociando le mani tavolo. «la ragazza che ho chiamato ora è Mikaela, una strega che ha aiutato Willow durante la sua riabilitazione. Il suo compagno è stato ucciso durante un apocalisse. Il punto è che lei non lo ha scoperto subito. Beh, è una storia lunga» borbottò tra sé e sé, cercando di ricordare con precisione i fatti.

«fu quattro anni fa. Mikaela, Gabe e un gruppo di streghe bloccarono un Apocalisse che ebbe come epicentro York. Il prezzo fu altro per tutti loro. Due streghe prosciugarono totalmente la loro energia, una venne uccisa da un vampiro e un'altra perse il controllo. Rimasero solo Mikaela e sua figlia, che riuscirono comunque a chiudere il portale. Finito l’incantesimo nessuno si accorse che Gabe era rimasto sepolto nelle macerie, perché lui – o l’essere che si fingeva Gabe – ritornò a casa con Mikaela. Per due giorni l’essere si finse Gabe, poi si suicidò, lasciando entrambe col morale a pezzi. E proprio quando le loro difese erano basse, il demone nelle sue vere sembianze uccise brutalmente la figlia di Mikaela, che non poté fare niente per evitarlo. Scoprirono il corpo del vero Gabe due giorni dopo» concluse serio, alitando sugli occhiali e lucidandoli. «lei crede che sia successa la stessa cosa a Xander?» domandò sconvolto Andrew. Dawn gli tirò una gomitata. La risposta era ovvia. «ma no! Non l’avevamo capito» disse ironico Spike, che a sua volta si beccò un pugno sul braccio. «non è il momento di fare il sarcastico!» lo rimproverò Buffy, incenerendolo con lo sguardo.

«questo essere, demone, entità o come diavolo si chiama, come si ammazza? Un bel taglio di testa? Amputazione di arti vari? Macellazione?» disse Faith tentando di non far trasparire l’eccitazione perversa che provava all’idea di un combattimento del genere. Giles sospirò con un’aria visibilmente turbata. «non... non sappiamo neanche che aspetto abbia» ammise. Kennedy si alzò furente, scostando Willow che si era accoccolata sulle sue gambe. «se ha preso l’identità di Xander vuol dire che ritornerà, o no?». La domanda aleggiò nell’aria, lasciando un’aspra consapevolezza dentro la mente di tutti i presenti. «è... possibile» balbettò incerto Giles. «mi chiedo solo perché vuole far fuori uno di noi...». Spike non riuscì a trattenersi, e rise. Quando si accorse che gli altri lo guardavano smise all’istante. Era la cosa più ovvia del mondo, si stupiva che nemmeno briciola, la più sveglia – anche se amava Buffy doveva ammettere che sua sorella era abbastanza perspicace da capire che Riley fosse un carciofo – ci fosse arrivata. «oh, perdonatemi. Perché un demone vorrebbe uccidere tre cacciatrici, William il sanguinario redento, un osservatore, l’ex chiave, una strega e un totale idiota? Mmm, non mi viene proprio in mente una spiegazione plausibile!».

 

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Nel giro di pochi minuti Giles aveva dato ad ognuno qualcosa da fare: Kennedy e Faith si erano precipitate armate fino ai denti nelle topaie di Cleveland, a seminare terrore tra la popolazione demoniaca e a cercare di estorcere qualche informazione interessante; Willow, Dawn ed Andrew tentavano, con scarsi risultati, di separare i siti attendibili dai blog di adolescenti con troppa fantasia, sperando di riuscire a ricostruire un identikit quantomeno verosimile di quell’essere; lo stesso facevano Buffy, Spike e Giles sui pochi libri che quest’ultimo era riuscito a salvare dal disastro di Sunnydale. Tutti sembravano essersi ripresi dalla morte di Xander, così come avevano affrontato tutte le altre tragiche perdite.

 

Buffy estrasse dal microonde una tazza piena fino all’orlo di sangue tiepido. Con due falcate raggiunse il divano, dove Spike era seduto comodamente, immerso nella lettura di un libro su spiriti ed entità. Sorrise. Sembrava un bambino che cercava di studiare la lezione per il giorno dopo, anche se, dalla sua espressione confusa, si intuiva che non ci stesse capendo gran che. Eppure quell’aria così assorta lo faceva sembrare un angelo dai capelli ossigenati e gli occhi cielo. Oddio, quanto amava quegli occhi!

«è possibile che questi fottuti demoni hanno tutti dei nomi del cazzo?!» stridé seccato. Ok, incanto finito. Riecco il suo vampiro. Si sedette di fianco a lui e gli scompigliò affettuosamente i capelli. Lui l’afferrò per il braccio e, senza accorgersene, le distanze si azzerarono, il suo braccio le avvolse la vita e la testa finì sulla sua spalla. Per poco non rovesciò tutto il sangue. Si irrigidì, ma appena si accorse che lui non demordeva e che nessuno in quella stanza pareva far caso a loro si rilassò. Porse la tazza a Spike che iniziò a sorseggiare affamato il sangue di maiale, e ricominciò a leggere il tomo che – non si può dire a malincuore – aveva lasciato in sospeso. La mano gelida del vampiro iniziò a tracciare delicatamente delle linee, partendo dal suo fianco e scendendo giù, fino al ginocchio, per poi risalire lasciando dei cerchi bollenti vicino al linguine. Il respiro di Buffy si fece affannoso, e dovette mordersi il labbro per non lasciarsi scappare qualche gemito ben poco dignitoso. Intanto Spike era seduto pacatamente al suo fianco, che sorseggiava il suo sangue. Da quando aveva assaggiato il sangue di Buffy andava in estasi ogni volta che la baciava. Si ricordava di quel sapore così... unico. Non trovava altri aggettivi per descriverlo. Era più dolce di quello di qualsiasi altra cacciatrice, ne era certo. E aveva quel qualcosa in più, quel retrogusto... forse vaniglia? No, era più deciso della vaniglia. La prossima volta che si sarebbe avvicinata imprudentemente ai suoi canini avrebbe fatto più attenzione. L’unica cosa negativa dell’aver bevuto il suo sangue era che quello di maiale ora gli faceva ancora più schifo. Con una smorfia disgustata allontanò la tazza semivuota, poggiandola sul tavolino, e si immerse nuovamente in quel libro, deciso a scovare lo stronzo – il povero stronzo – che voleva mettersi contro la sua ragazza. Perché a suo modo lei era la sua ragazza. Un modo particolare, firmato Buffy Summers, d'altronde una cacciatrice e un vampiro non potevano avere una relazione normale. A stare alle regole non potevano proprio averla una relazione. Finì di leggere le ultime pagine di quel libro, lo chiuse rumorosamente e lo lanciò sul tavolino, sbuffando per la frustrazione. «niente?» chiese Buffy senza distogliere lo sguardo dal suo tomo. «niente» confermò lui. Dopo qualche minuto la bionda prese un foglio e una matita, e scarabocchiò sovrappensiero cinque scritte, poi chiuse a sua volta il libro ed appallottolò il foglio, lanciandolo verso Andrew e colpendolo in testa. «aprilo e passalo a Willow» ordinò. Il ragazzo lo aprì e rimase sbigottito. «Buffy ma è... è sumero!» esclamò colpito. Buffy si fece gongolante. «ho imparato qualche parola... Dawn, Willow, fate delle ricerche approfondite su quei quattro demoni. Sig. Giles?». L’uomo si strofinò gli occhi gonfi e poggiò la tazza di caffè vuota di fianco ad altre tre. Non riusciva più a sostenere quei ritmi, non era più il quarantenne spigliato che poteva passare ore e ore sui libri. «uhm, credo che questo demone Touruk possa avere i requisiti necessari... ah no. Lui è solo un sicario». All’improvviso si alzò dalla poltrona. «ma certo!» urlò vittorioso. «come avevo fatto a non arrivarci prima?». Prese dalla tasca un cellulare e compose un numero. «ehm... Sig. Giles di che sta parlando?» chiese Andrew. «è così semplice che... Mikaela? Non ho più bisogno dei dettagli, grazie comunque. Si, si lo so. Ti spiegherò più tardi, ora devo andare. Ah! Mikaela?». Giles si fece cupo in viso. «avrà quello che si merita» affermò determinato a squartare quel mostro. Riattaccò il telefono e sospirò. «povera donna» mormorò. Scacciò via quei pensieri. Avrebbe trovato un altro modo per aiutare Mikaela. La compassione non le era mai andata a genio. «il demone Touruk è un demone per niente intelligente, ma micidiale. Per questo molte entità, vampiri o anche umani lo invocano. Per fare il cosiddetto lavoro sporco». Diede in mano a Dawn il libro che stava sfogliando. «eww! Ma è ripugnante!» disse la ragazza schifata. Giles annuì. «è simile ad un rettile nelle sue vere sembianze. Il problema è che è famoso, oltre che per la brutalità con cui uccide, anche per il fatto che è un muta forma». Buffy si strinse ancora di più a Spike, affondando il viso nel suo collo. Questo spiegava il comportamento di Xander. Era stata una totale scema a non aver capito subito che qualcosa non andava. «io credo che sia andata così. Seguitemi: qualcuno, probabilmente colui che ha ingaggiato il demone, ha attirato Xander e l’ha ucciso». Deglutì. «non può essere stato direttamente il demone Touruk?» domandò Dawn. Giles fece cenno di diniego. «sono dei veri e propri ebeti. La mente che c’è dietro a tutto questo non avrebbe mai fatto una mossa così avventata. Dicevo... ah si. Durante la battaglia il Touruk deve aver preso il posto di Xander, cosicché nessuno sospettasse niente. E questo ci fa escludere un bersaglio: non è Dawn che vuole, altrimenti lei non sarebbe qui». La ragazza in questione rabbrividì, ma allo stesso tempo si sentì sollevata. «quando è arrivato qui avrà studiato la situazione. Non riesco a capire perché si sia tolto di mezzo così presto» confessò. In quel momento Giles si sentì un investigatore che stava indagando su un caso molto complesso. Se si aggiungeva l’incognita della magia il tutto diventava pressoché irrisolvibile. «deve aver trovato quello che cercava» disse buia Dawn. «ma che cosa cercava?» sollecitò Buffy, che era riuscita a capire il cinquanta percento della teoria di Giles. «se lo sapessimo a quest’ora quel bastardo sarebbe sotto terra» ringhiò Spike. «calmati»lo ammonì Buffy, portandogli una mano sul petto. Poi riprese il suo solito tono da cacciatrice. «quindi scoviamo il Touruk, lo torturiamo e lo costringiamo a dirci chi lo manda. Nel frattempo, se di grazia non ci ha fatto ancora una visitina, lo batteremo sul tempo» decise Buffy risoluta. La vendetta poteva non risolvere le cose, ma di certo l’avrebbe fatta sentire meglio. La porta principale si aprì rumorosamente, ed entrò un essere fumante che si rifugiò in cucina, la zona più vicina che non era stata investita dal sole. Buffy rimase immobile, incapace di dire anche solo una parola. Sentì che il suo compagno scivolava nel volto della caccia, ci rimaneva qualche secondo e poi si costringeva a tornare normale. Andrew corse a chiudere la porta, e la casa ritornò nella solita luce artificiale. Il vampiro si alzò, togliendosi la coperta di dosso e rivelando un completo formale bruciato qua e là. «scusate, sono venuto dritto dal lavoro» si giustificò, a disagio. Buffy si alzò in piedi, totalmente sconvolta. «Angel».

 

 

 

 

 

 

PATTO Di SANGUE

 

Il vampiro bruno sorrise, sempre più imbarazzato. Non si aspettava un accoglienza del genere. Avrebbe preferito un “Angel!” e poi un abbraccio, oppure un “oddio Angel, sei tu?” e un sorriso smagliante alla Buffy Summers, reginetta del ballo. «già. Abbrustolito, ma pur sempre io» disse allargando le braccia. Buffy rimase a fissare il pavimento per attimi interminabili. Quando alzò il viso c’era un sorriso di cortesia stampatole addosso, da brava padrona di casa. «siediti pure» disse indicando uno sgabello. Lei si riaccomodò di fianco a Spike. Sapeva che non sarebbe stato zitto per tutto il tempo, l’idea di mettere in difficoltà il suo Sire era troppo allettante per non essere presa in considerazione, però sperava che almeno il fatto di averla di fianco lo calmasse un po’. Speranza che presto si dimostrò tale. «bene, bene. Mister Depresso Universale è tornato» latrò Spike, cercando di non mutare viso. Il falso sorriso sparì dalle labbra di Angel. «tranquillo Spikey, non rimarrò troppo a lungo. Volevo solo vedere come stava».

«bastava una telefonata» ribatté prontamente lui. «vedere, non sentire». Spike sorrise maligno. «videochiamata». Angel sbuffò. «è incredibile vedere come l’anima non ti abbia cambiato minimamente» disse scoccandogli un occhiata truce. L’ossigenato digrignò i denti. Sapeva dove andare a colpire. Quello che non si aspettava era che erano in due a poter giocare a quel gioco. Si lasciò andare sul divano, con un espressione beata in volto. «certo, se la mia mi giocasse quel brutto scherzo a quest’ora non ce l’avrei più da un pezzo» scandì con una punta di accusa nella voce. «Spike!». Fece finta di non sentire il rimprovero di Buffy, e continuò a squadrarlo. «ah, dimenticavo... io senz’anima non divento Jack lo Squartatore». Angel scivolò nel volto della caccia. «smettila cucciolo. Potrei farti male» gli intimò al limite della sopportazione. Spike si alzò dal divano ringhiando. «non aspetto altro». Spike spiccò un balzo in direzione di Angel, che si acquattò pronto ad incassare il colpo. Buffy sospirò. «pensavo peggio». Si alzò e si diresse verso la cucina, intenzionata a dividerli. Si gettò nella mischia, evitando pugni, calci e morsi. Finalmente riuscì a prendere Spike per la maglietta. Gli si buttò addosso, bloccandolo sul pavimento. «sarà meglio per voi che la smettiate di fare i bambini, oppure vi ritroverete a fare il bagno nell’acqua santa, intesi?». Entrambi grugnirono un «si» di risposta. Si alzò da terra e tese una mano a Spike, che l’afferrò e si tirò su. Rimasero a fissarsi in un modo così intenso che gli altri si sentirono di troppo. «Angel, cosa sei venuto a fare qui?» disse Buffy più acida di quanto volesse sembrare. «scusami Buffy, non volevo essere un problema». Lei gli sorrise comprensiva, però si trattenne anche solo dal dargli una pacca sulla spalla. «Angel, potrai essere mio ospite per tutto il tempo che vorrai. Ti dovrai accontentare del divano, perché la casa è già sovraffollata» si scusò, portandosi impercettibilmente davanti a Spike. Non voleva che quei due cercassero di scannarsi un’altra volta. Lui annuì pensieroso. «resterò per poco Buffy. Quando dicevo che volevo solo vedere come stavate non mentivo» disse sincero. Spike si bloccò, ingoiando quella sciocca frase melensa. «lo so. Non c’è altro?». Il viaggio New York – Cleveland non era una passeggiata. Angel annuì. «mi dichiaro colpevole» ghignò. Fece per avvicinarsi. Quello che successe dopo fu troppo veloce per impedirlo. Spike trascinò Buffy dietro di lui e snudò i canini ringhiando. «Spike! Smettila, per favore!» gli ordinò Buffy trattenendolo. Quando si calmò riuscì a ritrarre i canini, ma non permise a Buffy di avvicinarsi alla Checca. Dal canto suo Angel non ci provò nemmeno. Sapeva che quando Spike era in quello stato non ci andava per il sottile. «mi dispiace per Xander» mormorò veramente dispiaciuto. Gli occhi di Buffy si velarono. Spike la strinse, provocando un’ondata di repulsione nell’altro vampiro. «grande! era tutta la mattina che non pensava ad Harris, e ora arrivi tu a ricordarglielo! Perché tusei un depresso cronico non vuol dire che lo debbano essere tutti!» sibilò velenoso. Buffy si distaccò, sforzandosi di sorridere. «non preoccuparti. È tutto ok» disse rivolta ad Angel. Notando la sua espressione non troppo stupita si accorse con piacere che doveva risparmiarsi uno scomodo discorso. Vide che sotto la coperta era sepolta una valigia da viaggio, di quelle piccole che puoi portare come bagaglio a mano in aereo. «se ti vuoi sistemare puoi usare il bagno. Fai come se fosse casa tua» disse amichevolmente. «grazie Buffy, toglierò il disturbo il prima possibile. Avete delle notizie utili sulla sua morte?» domandò cercando di capirci un po’ di più. «qua non siamo a Los Angeles. Non sei tenuto a sapere tutto quello che capita» replicò Spike sempre più sprezzante. Buffy lo fulminò con lo sguardo. «stiamo seguendo una pista. Pensiamo sia stato un Touruk sotto il comando di qualcuno che ci vuole morti. Solite cose» bofonchiò lei per sdrammatizzare. Angel la fissò perplesso. «un che?». Lei roteò gli occhi. Credeva che tra demoni ci si conoscesse tutti. «è una storia lunga. Se vuoi i dettagli và da Giles, però ti avviso: metti in conto di avere un paio d’ore libere» ammiccò. Lui le fece un cenno col capo e sorrise, prese la borsa da terra ed entrò in bagno. Spike furioso scese nello scantinato sbattendo la porta dietro di se. «perfetto. Doveva scegliere proprio questo momento per fare il perfetto idiota?». Aprì la porta. Dopotutto quella era anche camera sua. Se lo seguiva non era per chiedergli scusa. E poi per cosa? Era lui che avrebbe dovuto supplicare perdono per essersi comportato da ossessionato. Scese le scale. D’altra parte che cosa avrebbe fatto lei se Drusilla avesse fatto un entrata del genere? Ma che andava a pensare! Drusilla la pazza era malvagia, Angel no! Si fermò a guardare la stanza. Lui era immerso nella penombra, erano chiaramente visibili solo gli occhi di ghiaccio. Provò a stabilire un contatto. Si avvicinò. Lui si scansò, come se avesse la peggiore delle malattie. Allora provò a guardarlo. I suoi occhi erano inchiodati al terreno. E le fu chiaro cosa doveva fare. Si tolse la felpa, lentamente. Poi sfilò anche i pantaloni e la maglia, rimanendo in biancheria. Raccolse i capelli in una coda alta e si lasciò cadere a terra, mettendo in vista la cicatrice di Angel. «fallo» ordinò. Il vampiro mosse un passo verso la cacciatrice. «pensi si risolva tutto così? Ho visto come lo difendi». Buffy sorrise scettica. «difenderlo? Sembravate due bambini che si litigano un giocattolo! Dannazione Spike, come te lo devo dire? Ho scelto te, cretino di un vampiro!» disse schernendolo. «e ora, se me lo permetti, vorrei dartene prova» mormorò alzandosi ed avvicinandosi con passo deciso. Lo inchiodò al muro, come lui aveva fatto tante volte con lei. «sai che non mi farò pregare, vero?» l’avvisò lui, pur sapendo che era esplicito. La bionda non rispose. Proprio per questo lo voleva. Lo baciò. Non uno dei loro baci ardenti. Questo era semplice, come quella volta. - Perché hai lasciato che Gloria ti facesse male? Voleva sapere chi è la chiave. Oh, posso dirglielo io, così tu non dovrai... No! Non lo fare mai. Gloria non deve mai saperlo. Perché? Perché Buffy, l'altra Buffy, non tanto piacevole... se dovesse succedere qualcosa a Dawn, ne sarebbe distrutta e non potrei vivere sapendo che soffre. Mi farei uccidere da Gloria prima. E l'ho quasi fatto – Posò la mano sulla sua nuca e guidò le labbra sul collo. Le baciò la giugulare pulsante, leccandola e pregustando il sapore del suo sangue. Voleva fare le cose con calma. Un odore distinto e pungente catturò l’attenzione di Spike. «cacciatrice... sei... eccitata» ansò tra un bacio e un altro. Quella di respirare gli era rimasta come abitudine. «sarebbe strano il contrario» gemette lei, avvinghiandosi ancora più stretta. «se proprio ci tieni ad essere bucata...» sussurrò lui arrogante. Le mordicchiò la pelle tenera del collo, leccandola lasciando un’abbondante scia di saliva. Dalla ruvidezza della lingua capì che era nel volto della caccia, e la cosa l’istigò ancora di più. Inavvertitamente si spinse troppo oltre e la graffiò. Accecato dalla bramosia affondò i suoi canini, che perforarono la carne senza difficoltà. Buffy sussultò, presa alla sprovvista. Succhiò piano il liquido cremisi, assaporando ogni singola goccia. Se ogni volta che veniva Angel lei gli permetteva di morderla... beh, la Checca sarebbe stata la benvenuta tutti i week and. Avvertì Buffy che si indeboliva, fino ad accasciarsi nella sua stretta ferrea. Estrasse i canini e leccò la ferita, cauterizzandola. Buffy gli sorrise, barcollando. L’ossigenato la prese saldamente per le spalle e la sollevò, prendendola in braccio come se fosse una bambina. La sdraiò sul letto, ammirandola estasiato. Si tolse la maglietta e la lanciò sul pavimento. Si mise a cavalcioni su di lei, chinandosi per baciarle la pancia. «di solito dicono di non fare attività fisica dopo una grossa perdita di sangue» obbiettò lei, cercando di divincolarsi, ma Spike la teneva ferma. «non voglio fare sesso» disse lui. «e che... oh...». Aveva calato gli slip. La sua bocca affondò nella sua femminilità, cominciando a muoversi esperta. «che cosa hai intenzione di fare?» boccheggiò in cerca d’aria. Dopo secondi che parvero ore sostituì la bocca con un dito. Risalì il corpo inerte della cacciatrice, fino a catturarle le labbra, permettendole di soffocare i gemiti. Dovette attendere poco per sospirare appagata, totalmente acquietata. Il vampiro si lasciò cadere su un fianco, trascinando Buffy di fianco a se e prendendo prepotentemente possesso di un suo seno. «non era sesso. Il sesso lo si fa in due e contemporaneamente» spiegò col fiato corto, con l’atteggiamento tipico di chi ha appena aggirato una regola. «ora immagino di essere in debito» borbottò lei riluttante, rinfilandosi gli slip. Lui prese a massaggiarle il seno, contorcendolo e giocando con la sottile stoffa che lo ricopriva. «non necessariamente».

 

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Faith e Kennedy avevano già setacciato metà città, senza ottenere niente di concreto. Dalle ultime telefonate a Willow avevano capito che Giles voleva che chiedessero di un demone Taruk, o qualcosa del genere. «sei sicura che sia di qua? A quest’ora avremmo dovuto trovarlo già da un pezzo» domandò Kennedy, rigirando la cartina tra le mani. In quel momento Faith non era sicura di niente, tranne che di una cosa: aveva una voglia impellente di pestare qualcuno. Oh, si! Eccome se lo voleva. Prese la cartina dalle mani di Kennedy e la strappò in due. «dividiamoci. Abbiamo il doppio delle possibilità di trovare quel Pub» propose Faith. Kennedy la guardò ammirata. «mi piace come ragioni» disse impugnando la balestra ed imboccando una strada secondaria. Faith continuò a camminare per quella via, con la spada ben stretta in mano. Non le faceva l’effetto della falce. Quella era potenza allo stato puro. Però era di Buffy. Nessuno gliel’aveva detto esplicitamente, ma lo sapeva. Non se la meritava nemmeno, lei aveva ceduto al male, aveva ucciso, e tutte quelle altre cose sbagliate che la notte la tormentavano. E vedere la sua vita, praticamente perfetta, la rendeva tutt’ora invidiosa. Il suo osservatore le aveva detto che essere cacciatrice voleva dire essere sola, e ci aveva creduto. Aveva allontanato le poche persone a cui teneva, quei pochi amici veri, e si era gettata a capofitto nelle compagnie sbagliate: sesso, droga, furti, pestaggi e poi ancora sesso. Tanto sesso. Quanto le mancava il sesso. Era poco più di una settimana che non lo faceva ed era praticamente a terra, in astinenza. Sesso buono intendeva, non quello che aveva fatto con tipo della discoteca. Sesso che ricordi anche dopo anni. Da quanto non faceva del sesso così? Da troppo. Era attraente, sexy e provocante, eppure questo non le aveva assicurato una famiglia, degli amici e un ragazzo. Non aveva nessuna di queste cose.

«tu hai me». Una voce alle sue spalle. Quella voce. Credeva di averla dimenticata. Credeva che il proprietario della voce l’avesse dimenticata. Ed invece ora alle sue spalle. Lasciò incautamente cadere la spada e si girò. Gli occhi sgranati, le lacrime ricacciate indietro forzatamente, le gambe tremanti. «Matt... io credevo te ne fossi...». Il ragazzo si avvicinò a lei con un sorriso smagliante. «si credono tante cose» disse calmo, abbracciandola. Faith si lasciò trasportare docilmente, singhiozzando. Poi si rese conto di chi, di cosa, stava abbracciando. Si scansò e gli tirò un calcio, facendolo indietreggiare. Afferrò la spada e la fece volteggiare. Lui rimase fermo, alzando le mani. «e tu te ne vai in giro con quella in centro Cleveland? Non sei cambiata per niente Lehane» mormorò sempre col sorriso sulle labbra. «vediamo se tu sei cambiato» ghignò lei, correndogli incontro ed affondando la spada nel suo stomaco. Appena tolse la lama i tessuti si rigenerarono ad una velocità sovrumana ed il sangue smise di sgorgare. «no, non sei cambiato» sospirò rassegnata. Lui fece una smorfia. «possibile che ogni volta che ti incontro devo portarmi dietro il cambio?» asserì indicando la maglia sporca. «cosa sei venuto a che fare qui? Nessuno ti ha invocato» sibilò. Lui si appoggiò al muro ed estrasse un pacchetto di sigarette, porgendogliene una. «tu non fumi» obbiettò lei. Le scoccò un’occhiata intensa. «ma tu si». La ragazza ne afferrò una e l’accese. La portò alla bocca ed aspirò profondamente. «allora, che diavolo ci fai qua?» ripeté. Lui fece un gesto vago con le mani, e si spostò una ciocca di ricci neri dalla fronte, scoprendo gli occhi castani. «volevo farti una visita. Quanto è passato dall’ultima volta che ci siamo visti?» chiese retorico. Faith fece un sorriso lascivo. «da quando credevo di averti ucciso o da quando ti ho ucciso sul serio?» domandò scettica. Matt si avvicinò cauto, abbassando la lama della spada che era minacciosamente puntata contro di lui. «prima di queste piccole incomprensioni» mormorò accarezzandole la guancia. Lei serrò la mascella, scacciando via quei ricordi. «bene. Ora mi hai visto. Vattene». Non poteva intromettersi ora, non ora che la sua vita si stava stabilizzando. «ma come siamo scontrosi Lehane. Prima ti sapevi godere la vita, che ti è successo?». Faith l’osservò cupa. «sono cresciuta, come dovresti fare tu».

«uhm... non credo. Se crescere vuol dire diventare noiosi allora preferisco rimanere nel limbo».

«accettalo Matt, il tuo corpo sta cambiando e me ne sono accorta anche io, una semplice cacciatrice. Qual è stato il prezzo del tuo ritorno?». Lui distolse lo sguardo, perdendo la spavalderia che l’aveva sempre caratterizzato. «ti credevo più sveglia». Faith gli portò la mano al collo, spingendolo contro il muro. «oh, io lo so perfettamente. Ma voglio sentirlo dire da te». Lui riprese a fissarla. «l’immortalità. E fa un effetto assurdo. Ogni giorno che passa sento il mio corpo invecchiare, diventare più debole. Non capisco come puoi sopportarlo».

«con tutta probabilità io verrò ricordata giovane e bella. Ho ventitré anni, non vivrò ancora a lungo» disse rassegnata. Lui la guardò spaventato. «gli umani possono vivere fino a cent’anni, vero? O quelli sono i vampiri...». Faith lasciò la presa sul suo collo e scosse la testa, nascondendo il viso coi capelli castani. «i vampiri sono immortali, e si. Un umano può arrivare anche fino ai cent’anni, ma dimentichi il mio lavoro? È stato un miracolo scampare quest’apocalisse. Non so se con la prossima sarò tanto fortunata» ammise fissando un punto imprecisato dietro le spalle di Matt. «stai fermo» gli intimò. Prima che potesse obbiettare lanciò la spada, che si conficcò nella parete di mattoni alle loro spalle. All’istante si aprì uno squarcio blu fluorescente. «trovato» disse atona. Estrasse il cellulare e chiamò Kennedy. Dopo due squilli rispose. «ritorna indietro, era qui... ok ti aspetto... no, dovrai andare da sola. Io devo portare un vecchio amico a casa» detto questo attaccò, senza darle la possibilità di ribattere. «e chi sarebbe questo tuo amico?» chiese Matt che aveva ascoltato con crescente interesse la breve conversazione. Lei lo guardò con un espressione arrogante. «questi giochi non attaccano con me. Hai un posto dove stare?» disse anche se la risposta la sapeva già. Lui scosse il capo, prendendole il mento e sollevandolo. «credo proprio che mi dovrai sopportare per un po’». Faith lo spintonò via. «lo faccio in memoria dei bei tempi» mentì. Tutto il discorso sul sesso che aveva pensato era ispirato da lui, l’unico che era riuscito a stancarla, a farle dire “basta”. «certo. Ti dimentichi che posso ancora sentire la frenesia nell’aria? Sarò uno stupido mortale, ma qualche trucchetto mi è rimasto». Sapeva come catturare la sua attenzione. «aggiornami, così nell’aria sentirai solo l’odore del tuo sangue» lo minacciò. «mmm... l’idea è così perversa che ci sto». L’afferrò e senza che lei potesse – o volesse – opporre resistenza la baciò, scontrò la lingua con la sua ed evitò di gemere di dolore quando lo morse. «uhm... bas... Matt!... eww!». Stanca di stare al gioco si liberò e gli diede un calcio, scaraventandolo contro il muro, a pochi metri dal portale. Ancheggiò sensualmente fino al corpo dolorante per terra, lo afferrò per l’orlo della maglietta e lo sollevò. «fallo un’altra volta e pregherai di ritornare all’inferno» sibilò. Il ragazzo le sorrise amabilmente. «sai, una cosa che purtroppo non mi è rimasta, è la forza fisica di prima. Ora sono poco più forte di un uomo ben allenato». «e con questo?» gridò lei, accentuando la presa. Lui gettò gli occhi al cielo. «proprio non ci arrivi Lehane? Avresti potuto sbattermi via appena mi sono avvicinato. Ma non l’hai fatto. Perché?» domandò malizioso. Faith si morse il labbro fino a farlo sanguinare. Diamine, lei era Faith Lehane, e nessun ragazzo la intimoriva. Alzò lo sguardo e lo inchiodò al muro. «perché sai scopare bene» disse schietta. Lui sospirò soddisfatto. «ci voleva tanto?». Lei lo lasciò andare e si allontanò di qualche passo. Aveva avvertito la presenza di Kennedy. Di fatti la ragazza svoltò l’angolo pochi secondi dopo.

 

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Il ragazzo di fianco a Faith si asciugò il sangue che colava dal naso e si alzò zoppicante. Doveva avergliele date di santa ragione. Eppure il suo istinto le diceva che nonostante le sembianze quello non era totalmente umano. Vampiro? No, che sciocca. Erano le due di pomeriggio. Puntò la balestra su di lui. «chi è?». Faith strinse le spalle. «una vecchia conoscenza» borbottò senza togliergli gli occhi dosso, come se dovesse soppesarlo. Kennedy dovette ammettere che era un bel ragazzo: alto, massiccio, con capelli mossi e neri che gli incorniciavano il viso squadrato e che mettevano in risalto gli occhi castani. Dietro di loro c’era il portale. «è là dentro?» domandò calma. L’altra cacciatrice annuì. Rapidamente prese di peso il ragazzo e lo rimise in piedi. «ci siamo capiti?» mormorò sinistramente. Lui sorrise beffardo. «c’era solo da chiedere». Si era persa la conversazione, ma conosceva bene quello sguardo. Di conseguenza era facile ricostruire il resto. Guardò la sua mentore, che intercettando il suo sguardo interrogativo fece cenno di si. Senza indugiare Kennedy oltrepassò il portale.

 

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Riposava appoggiato al suo petto. Riecco l’espressione innocente. Si era addormentato come un bimbo con doppia razione di dessert. Lei era il dessert. Doveva essere piuttosto buona, perché più volte si era leccato le labbra cercando l’aroma del suo sangue. Gli accarezzò i capelli, chiedendosi quale esattamente fosse il loro colore naturale. Assomigliava davvero a Billy Idol, non ce ne erano storie. Doveva essere stato insopportabile rivedere Angel. Lei non poteva cacciarlo di casa, o suggerirgli un Hotel. Dannazione era Angel! Lei lo aveva amato una vita, e nel suo cuore c’era ancora una fiammella per lui. Sovrastata da un incendio, che avvampava. Quando era stato appiccato quell’incendio? Non si ricordava. Forse quando era tornato con l’anima. Aveva riconquistato la scintilla per lei. Forse in quel momento. Di sicuro non dopo. Dopo il fuoco bruciava di già. Forse la prima volta che avevano fatto sesso. In quel momento la sterpaglia stava già prendendo fuoco. Forse quando fra tutti aveva scelto proprio lui per dirgli da dove era tornata. Oppure quando si era accorta della tenerezza che ci metteva nel fasciargli le mani graffiate. No, in quel momento in vento trasportava di già le scintille incandescenti. Forse quando aveva provato a fermarla. Quando l’aveva baciato. Quando aveva portato i fiori per sua madre. Quando l’aveva consolata. Quando era entrato nella casa di Giles il giorno del Ringraziamento... No, qui è decisamente troppo in là. Deve essere stato qualcosa dopo quella sera. –mi tratti come un uomo–. Dormiva profondamente. Ritornò a paragonarlo mentalmente ad un bambino. Istintivamente si chiese come fosse William l’umano. Un poeta. Si meravigliò di non avergli mai chiesto qualche sua poesia. Probabilmente erano tutte dedicate alla sua Cecil. Un moto di gelosia la pervase. Il vampiro si mosse appena. Strizzò gli occhi e sbadigliò. Quando riprese coscienza di quello che aveva intorno si sollevò sui gomiti e la guardò, ancora assonnato. «giorno» salutò con la voce impastata. Lei si avvicinò a lo baciò. «buon giorno, oserei dire». La ragazza diede un’occhiata fugace alla sveglia. «dovremmo alzarci» disse restia. Lui approfittò di questa sua incertezza. «hai detto bene. Dovremmo». Lei si alzò dal divano. «sei un porco Spike» mormorò. Arraffò dall’armadio un paio di pantaloni e una camicia. Aggiustò il colletto in modo che coprisse i segni. «te ne vergogni?» chiese abbracciandola da dietro, leccandole le due ferite. Lei sospirò, appoggiandosi a lui. «penserebbero male» spiegò placida. Lui le risistemò la camicia, slacciandole un bottone e guardandola perversamente. Buffy sorrise scettica, portando le mani ai fianchi. «certo, se vuoi che Angel...». Non finì la frase che Spike le aveva chiuso la camicia fino al collo.

 

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Non lo sopporto, non lo sopporto, non lo sopporto! Vederlo con la mia Buffy, anzi, mi correggo, ora è la sua Buffy... non posso neanche pensarci. È felice, dovrei essere felice anche io... andiamo Angel! A chi stai mentendo? Solo a te stesso. Sapere che sta con Spike in questo momento, a fare cose che è meglio non immaginare... basta Angel, basta. Non ci pensare. Si è rifatta una vita. Fallo anche tu. Devi smetterla di pensare a lei, non ti appartiene più. Andiamo! Non può appartenere a Spike! Lui è... Spike! Chi se ne frega! Potrebbe anche essere un porcospino, l’importante è che la renda felice. Su, Angel, guarda i fatti come stanno. Ha smesso di uccidere, ha recuperato l’anima, è quasi morto... Tutte cose che posso fare anche io! L’unica cosa che non posso offrirle è... il sesso. Da quando in qua il sesso è così importante per lei? Oh, basta! Mettiti l’anima in pace e resta a guardare. Poi deciderai cosa fare. E se lui è sempre malvagio ed avvicinandola spera di poterla finalmente ammazzare? No, l’avrebbe già fatto. Oddio Angel, smettila di fare questi pensieri, sono orrendi e...

Due ore dopo...

Ho fatto bene ad uscire. Ho fatto male a rimanere a guardare dalla finestra. Sembrano un’allegra famiglia. Giles legge e cerca di far tacere un ragazzino coi capelli biondi, Faith e quell’altra cacciatrice che affilano paletti, Willow cucina insieme a Buffy, Dawn che parla con Spike... Poi ecco Buffy e Willow che si avvicinano a Dawn. Le porgono un piatto pieno di patatine fritte. Buffy lo guarda. Spike la guarda. Non l’ho mai visto guardare qualcuno così. Riecco l’invidia. Furiosa si fa avanti, respinge il mio buon senso. La ricaccio indietro. Nonostante fosse entrato nelle loro vite cercando di uccidere Buffy, ora eccolo lì - a differenza di Angel -. Era riuscito dove avevo fallito. Aveva conquistato le sorelle Summers. Buffy lo ama, tanto. Più di quanto volessero dimostrare entrambi. Sotto la loro riservatezza, la loro apparente freddezza e il distacco che dimostrano in presenza degli altri c'è qualcosa di più profondo. Qualcosa che non sopporto. E Dawn! Dawn lo guarda come se fosse Dio sceso il terra. Prende ogni sua parola come oro colato... Dio non riesco a guardarli. Mi accorsi di essere di troppo. Decisi che il giorno dopo avrei tolto il disturbo. Ho appurato che sta bene, che non ha bisogno di me. È questo quello per cui sono venuto.

 

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Lo sfigato era appena entrato dalla porta con un espressione afflitta che gli provocò una soddisfazione malsana, che si trasformò in un ghigno arrogante. Giles posò il libro sul tavolo. «Andrew, te lo chiedo per favore: taci!» implorò stremato. Poi tossì per schiarire la voce. «ora che ci siamo tutti, vorrei mettervi al corrente di alcune cose interessanti che ho scoperto» disse assorto. «innanzitutto non è stato un demone ad evocare il Touruk, altrimenti Willow avrebbe avvertito un potente flusso di energia negativa. Ed un semplice umano non sarebbe stato in grado evocarlo. Quindi la scelta di restringe: o è stata una strega/stregone, o una cacciatrice». «che cosa?!» strillò Kennedy. «non sarebbe la prima volta che una cacciatrice impazzisce» mormorò sovrappensiero Faith. «non c'è un modo per capire chi l'ha evocato?» chiese Buffy. Giles scosse la testa. «non credo...».

«poveri sciocchi». Una voce profonda e grave tuonò dalle scale. Pochi secondi dopo scese l'imponente figura di Matt. Faith digrignò la mascella, soppesando il ragazzone da capo a piedi. Si appoggiò svogliatamente al muro, guardandosi le unghie e sfregandole contro la maglia. «cìè un semplice incantesimo. Magia nera» spiegò con noncuranza. Willow sobbalzò. «Giles, io non credo di poterci riuscire» balbettò mortificata. Matt si avvicinò a lei, scrutandola attentamente. Quando capì indietreggiò. «mi sbaglio o tu hai quasi distrutto il mondo?» domandò retorico, sogghignando malignamente. Willow distolse lo sguardo, mordendosi nervosamente il labbro inferiore, divorata dai rimorsi. «comunque, occorre solo qualcosa che sia entrata in contatto col Touruk» aggiunse. Giles gli porse un fazzoletto da taschino. «dopo la battaglia. Me lo ha raccolto» spiegò. Spike sospirò. «e questa è la dimostrazione della cretinaggine dei Touruk» ironizzò. Una cretinaggine che al momento li salvava. «il rito deve essere eseguito da un demone, e, guarda caso, ne avete uno qui davanti» aggiunse sfoggiando un sorriso smagliante. Faith scattò in piedi, andando al suo fianco e parandolo col suo corpo. «un demone molto incauto» lo sgridò. Si rivolse a Buffy, che fino ad allora non aveva tradito alcuna emozione. «Matt è un demone intrappolato nel corpo di un umano» riassunse, evitando di spiegare tutta la storia del ritorno dall'inferno. Kennedy si alzò sulla difensiva. «io non ci sto. Non mi fido di un demone» chiarì schiettamente. Faith arricciò le labbra carnose. «garantisco io per lui». «non si tratta di garantire Faith. O sei a favore o sei contro» affermò seria Kennedy, incrociando le braccia sotto il seno. La cacciatrice bruna fissò Buffy in cerca di aiuto. La bionda ccavallò le gambe ed inarcò le sopracciglia. Era abituata ad avere tutto il potere, ed ora si ritrovava a condividerlo con Kennedy e Faith. La cosa la lasciava ancora stranita, ma supponeva che ci si sarebbe abituata. «io dico di si. Al massimo possiamo sempre eliminarlo» asserì allegra, prendendo una patatina dal tavolo. Lo sguardo di Faith passò da Buffy a Spike. Lui strinse le spalle ed annuì. Giles scosse la testa. «sono daccordo con Kennedy. Non bisogna giocare con la magia nera». Rimaneva solo Willow. I suoi occhi ambrati guizzarono all'interno della stanza in cerca di aiuto. Non avrebbe esguito lei l'incantesimo, però c'era sempre il rischio che quella fosse una scusa per sovraccaricarla di magia nera, come aveva fatto Amy. Ma lei doveva sapere. «il mio è... è un si» farfugliò. Kennedy si voltò. Sul viso un'espressione schifata. «avrei dovuto saperlo» sputò tra i denti. Prese la giacca ed uscì di casa, sbattendo la porta. La strega gettò la testa all'indietro, sospirando. «le passerà» assicurò. Matt si portò al centro della stanza, afferrando un coltello. «lo facciamo subito?» sollecitò, dando idea di avere fretta. Giles si tolse gli occhiali e si massaggiò le tempie. Aveva quella fastidiosa emicranea che non sperimentava più dalla morte di Buffy. «si» decise Buffy, alzandosi. Rivolse uno sguardo dispiaciuto ad Angel. «Angel, credo sia meglio che tu vada via. Se vuoi stasera...». «no, Buffy. Ho preso un biglietto per Los Angeles per questa sera alle otto. Ero venuto per dirtelo» mentì. Lei non fece niente per fermarlo. Fu come quando lo uccise. Anzi, quello era ancora più doloroso. Si avvicinò a lei. Spike distolse lo sguardo, dandole il via libero. Lo abbracciò, dandogli pacche fraterne sulla schiena. «buon viaggio Angel. Chiamami quando arrivi» disse affettuosamente. Il vampiro platinato tossì infastidito. I due si staccarono, scambiandosi un sorriso. Spike si alzò, guardandolo torvo e porgendogli la mano, che strinse forte. «si spera che ci rivedremo il più tardi possibile» sibilò stringendo più rudemente la stretta. «qualcosa mi dice che non sarà così mister perossido» ribattè Angel. Sire e Childe si guardarono in cagnesco ancora qualche istante, fino a che non sentirono un dolore atroce in corrispondenza delle mani. Lasciarono la stretta e scossero le mani doloranti. «salutami Dawn» raccomandò a Buffy raccogliendo la borsa da terra e coprendosi con una coperta nuova.

 

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La notte era calata da un paio d'ore. Il demone/umano aveva detto che bisognava aspettare la mezzanotte per il rito. «quello che vi chiedo è semplice. Un pò del mio sangue in cambio di protezione. Là fuori ci sono tanti demoni che mi vorrebbero morto» spiegò Matt poggiando i piedi sul tavolino. Giles acconsetì riluttante. «bene, ora che siamo accordati datemi un coltello» ordinò porgendo la mano. Giles sfilò dal tagliere un coltello da macellaio e glielo mise in mano. Si tagliò il polso con una smorfia di dolore. Spike arricciò il naso, infastidito dall'odore. «se andavi più in profondità rischiavi di recidere la vena» lo avvertì il vampiro tappandosi il naso. «non sono ancora abituato a questo corpo fragile» sbottò nervoso. Faith gli tamponò la ferita dalla quale sgorgava più sangue del dovuto. Buffy non l'aveva mai vista cos' attenta alle esigenze di qualcun'altro, e la cosa la stupì. Aveva capito che lei lo conosceva da molto, ma non aveva avuto la possibilità di approfondire l'argomento. Si ripromise che appena l'avrebbe trovata da sola le avrebbe chiesto spiegazioni. «l'incantesimo è semplice: formula magica più sangue uguale ritratto di chi ha invocato il demone. È un pò macabro, ma efficace» assicurò. Tolse il kleneex e sorrise a Faith, che distole immediatamente lo sguardo, assumendo un'espressione neutrale. «bando alle ciance, iniziamo!» esortò l'osservatore. Matt sporse il polso verso il fazzoletto da taschino, facendo sanguinare la ferita. «en is, toon drudag». Non successe niente. Una pozza di sangue di raggrumò sul pezzo di stoffa. All'impovviso la pozza prese a dividersi in linee. Formò un ovale, abbozzò i tratti degli occhi e della bocca, fino a definirli sempre più. Tratteggiò i capelli, gli zigomi, la fronte, il naso.

«oh mio Dio».

 

 

 

 

 

 

TASSELLO MANCANTE

 

«non può essere! Ci deve essere un errore!» sbraitò Willow. Ormai erano venti minuti che misurava la stanza con lunghe falcate, ripetendo sempre la stessa frase. Al contrario di quanto tutti si aspettavano, non aveva neanche accennato a cedere. Era solo incredula, e molto arrabbiata. «Will, il viso era quello di Kennedy» disse dolcemente Buffy, posandole una mano sulla spalla. Spike era allerta, pronto a captare un qualsiasi segnale negativo e ad allontanare Buffy dalla sua migliore amica. La ragazza si voltò. I suoi occhi si erano fatti più intensi. «non ci può essere stato uno sbaglio?» chiese speranzosa mentre due lacrime le rigavano le guance pallide. «Willow, per favore, ragiona: appena Mattew...». «Matt» la corresse risentito il moro. Buffy sbuffò. Non era di certo il nome l'importante. «appena Matt ha proposto un sistema per trovare chi comanda il Touruk se ne è subito andata. E se ricordi, quando Giles ha detto che anche una cacciatrice poteva evocarlo lei ha cercato di smentire. Siamo stati degli idioti a non capirlo prima». La ragazza si lasciò cadere sul divano, coprendosi il viso con le mani. «allora tutto quello che abbiamo passato, tutto quello che mi diceva... in realtà chi era?». Il sig. Giles si avvicinò, posandole una mano sulla spalla con fare paterno. «era sempre lei. Non sappiamo cosa le sia successo. Potrebbe essere posseduta, in tal caso la vera Kennedy sarebbe intrappolata da qualche parte nel suo io più profondo, o può essere affetta da una specie di schizzofrenia, per cui il suo corpo è abitato dalla Kennedy che conosciamo e da uno spietato serial killer» ipotizzò Giles. «come in Psico!» si lasciò scappare Andrew. Al suo fianco Dawn fece roteare gli occhi. Ci aveva rinunciato: era una battaglia persa. Andrew avrebbe sempre fatto quei paragoni da sfigato fissato con Guerre Stellari. Nonostante ciò era l'unico amico che per il momento si poteva permettere. E doveva ammettere che passare del tempo con lui non era poi così male. Oh no, lo stava facendo di nuovo. Stava facendo un qualcosa che assomigliava ad un complimento. E soprattutto quel qualcosa era diretto ad Andrew. Non importava che a volte faceva delle battute decenti, la sua gang – Warren - aveva ucciso Tara. L'immagine del corpo dell'amica a terra e privo di vita alimentò di nuovo il disprezzo verso il biondo.

La rossa prese la mano dell'osservatore e la strinse. «grazie» mormorò riconoscente. Giles abbozzò un sorriso e ritornò alle sue teorie. Purtroppo nessuna di queste prevedeva una bella fine per la cacciatrice. «quindi dobbiamo catturarla viva» afferma Spike non troppo sicuro. «esattamente. Andrete tu, Buffy e Faith... non appena la localizzeremo. Ho già in mente un incantesimo che fa al caso nostro. Te la senti di farlo?» disse rivolgendosi a Willow. Lei annuì assente, con gli occhi persi nel vuoto. «perfetto. Domani notte recupererete Kennedy, e poi quando l'avremo qui vedremo il da farsi» decise Giles. «hey, hey un momento. È solo una cacciatrice, non dobbiamo mobilitare tutta la truppa al completo» obbiettò Spike. «è meglio se andate tutti e tre» ribadì Giles. I tre in questione annuirono. Sarebbe stato un gioco da ragazzi. Buffy guardò distrattamente l'orologio. Erano di già le tre passate. «com'è tardi» mormorò assonnata, lanciando un'occhiataccia a Dawn ed Andrew. «stasera la ronda è saltata» osservò Dawn, sperando di non ricevere una punizione per aver assistito fino a quell'ora alla riunione. Faith fece spallucce. «in tutto questo casino nessuno ha pensato ai vampiri che si aggirano liberi per i cimiteri». Tra qualche ora sarebbe sorta l'alba, ma non aveva sonno. Aveva dormito fino alle sei di quel pomeriggio, per cui poteva tirare tranquillamente fino alle cinque. Tutti la guardavano in attesa di una decisione. «Dawnie, Andrew, andate a dormire che domani aiuterete Willow con l'incantesimo» decretò infine. Si girò verso Willow e le sorrise amorevolmente. «tesoro, tu come stai?» domandò premurosa. Willow ricambiò il sorriso. «meglio di quanto pensiate. Sono un po’ stanca. Avete qualcosa da farmi fare o posso andare a dormire anche io?» disse prendendo in giro il tono autoritario che aveva usato poco prima. «permesso concesso. Ma non farci l'abitudine» biascicò Buffy stando al gioco. Il signor Giles si lisciò le pieghe dei pantaloni. «io avrei altre ricerche da fare, quindi credo proprio rimarrò qua in soggiorno». Buffy strinse le labbra imbarazzata. «non credo sia una buona idea. Faith e io pensavamo di allenarci e visto che lo scantinato è piccolo volevamo fare spazio qui» spiegò rammaricata. «oh, no, no, fa niente. Non preoccuparti Buffy» borbottò prendendo una pila di libri dal tavolo e facendo strada agli altri. L'ultima volta che aveva assistito ad un allenamento tra Buffy e Faith ci aveva rimesso la montatura degli occhiali. Le cacciatrici spostarono i mobili per fare spazio al centro della sala. «mi delizierete con lotta libera femminile?» ironizzò Spike mentre si stravaccava sul divano. Buffy lo guardò torva, poi si riconcentrò su Faith. «come ai vecchi tempi?» chiese atona. «come ai vecchi tempi» confermò l'altra con la stessa voce. Senza accorgersene si ritrovarono a schivare e ad infliggere colpi, cercando ad anticipare quella mossa che gli avrebbe permesso la meglio. Dopo una buona mezz'ora di combattimento si ritrovarono esauste ed ansimanti sul pavimento. «sei migliorata B» ammise Faith appena riuscì a formulare un pensiero sensato. «anche tu. Se la prigione fa questo effetto dovrei andarci anche io» farfugliò col fiatone la bionda, portandosi una mano sul petto ed avvertendo il frenetico battito del cuore. Quando il respiro si regolò si alzarono tremanti, appoggiandosi ai mobili che capitavano a tiro. «mi ero dimenticata com'era combattere contro una cacciatrice» gemé stremata la bruna. Buffy annuì concorde. «ora che siete stanche non mi diverto più» si lamentò Spike con voce cantilenante. Buffy fissò Faith con uno sguardo d'intesa. Le cacciatrici si girarono verso il vampiro con un'aria minacciosa. Spike indietreggiò, ammonendole con dei gesti. «due contro uno? Non è leale!» esclamò mentre si preparava ad atterrare Faith. «ti abbiamo mai assicurato di essere leali al cento per cento?» disse Faith sganciando un sinistro. Il vampiro indietreggiò massaggiandosi il mento. «ok, ora siete spacciate» disse con voce grave, sfilando la giacca e gettandola da parte. Un momento dopo gli era addosso. Passarono minuti, forse ore, e senza che nessuno dei migliori guerrieri del pianeta se ne accorgesse l'alba era sopraggiunta. Le ultime mosse furono dettate dalla voglia di finire l'allenamento. Il vampiro, che fino ad allora era stato atterrato più volte, diede un calcio e Faith, che venne scaraventata dall'altra parte della stanza. Dietro di lui Buffy lo atterrò prendendolo alla sprovvista, riuscendo finalmente a puntare il paletto finto sul suo cuore. «morto» disse soddisfatta. Lui l'afferro per la vita e la spostò, rialzandosi dolorante. «era una lotta impari» borbottò contrariato. Non gli andava mai giù perdere. «domani Kennedy non si farà di questi scrupoli. Non volevo essere pessimista davanti a Willow, ma non sappiamo esattamente a cosa andiamo incontro» fece osservare Faith, che nel frattempo si era alzata da terra e si stava versando un bicchiere di Whisky. «da quando sei così attenta a quello che provano gli altri?» domandò sarcastica Buffy. La cacciatrice bruna buttò giù in un solo sorso il liquido ambrato, beandosi della sua gola che bruciava. «una cosa bisogna ammetterla: quell'inglesino ha buon gusto in fatto di alcolici» disse la bruna, che aveva accuratamente evitato di rispondere alla domanda di Buffy. «ci puoi contare» concordò Spike afferrando dalla mensola una bottiglia di Bourbon. «ok, smettetela di fare gli alcolizzati, quello di domani dubito sarà uno scontro facile» rimproverò Buffy trascinando Spike verso lo scantinato. Chiuse dietro di se la porta e lo spintonò fino al pianerottolo, ricordandosi di una sua frase di quella mattina. Scese le scale squadrandolo come un predatore che ha appena individuato la preda. «e così farmi venire un'altra visione sarebbe una buona idea, vero?» chiese incrociando le braccia. Lui inclinò la testa e la fissò, spalancando gli occhi azzurri. «e perchè no? Non correresti nessun rischio». Buffy scosse la testa incredula, facendo ondeggiare i capelli biondi. «stavo per avere un emorragia celebrale!» strillò puntandogli contro un dito a mo accusatorio. Il vampiro posò una mano sulla sua guancia, accarezzandola col pollice. «Buffy lo sai che non farei mai niente che ti potesse fare del male» disse serio. Buffy si ritrasse, come scottata. «e allora perché l'hai detto?». Lui si accasciò sul tappeto, poggiando la schiena contro il divano e stappando il Bourbon. «per metterti in difficoltà. So che non vuoi che sappiano il nostro piccolo... legame di sangue» spiegò battendo la mano sul pavimento, invitandola a sedersi accanto a lui. La ragazza di sedette e gli strappò la bottiglia di mano. Sotto i suoi occhi increduli attaccò le labbra al vetro e sorseggiò l'alcolico. «credevo non bevessi» mormorò guardando intenerito le smorfie schifate che faceva. «mi ero dimenticata quanto facesse cagare» protestò pentita. «il secondo girò sarà meglio, fidati» assicurò il platinato poco prima di bere a sua volta. Buffy gettò la testa all'indietro, appoggiandola contro il bordo del letto. Proprio non lo reggeva l'alcool. Sentiva già tutto girare intorno a lei, e non aveva bevuto neanche un paio di bicchieri. «non riuscirai a farmi dimenticare della nostra conversazione» sbadigliò ritirando su la testa. Spike le porse nuovamente la bottiglia. «ammettilo» impose lui poco prima di sedersi a cavalcioni su di lei, così da poterla guardare negli occhi. Verde che si perdeva nel blu. Più volte si era chiesto cosa sarebbe successo se l'avesse conosciuta nella sua epoca. Probabilmente non avrebbe mai incontrato Dru, di conseguenza non sarebbe mai diventato un vampiro. E lui e la sua Elisabeth si sarebbero circondati di marmocchi frignanti dagli occhi blu e i capelli miele. -No, decisamente meglio averla conosciuta dopo.- Quella realtà parallela non lo allettava neanche un po´. «ammettere cosa?» disse altezzosamente, alzando il mento e sfidandolo con lo sguardo. «ti è piaciuto e la cosa ti spaventa, perché non dovrebbe piacerti». La ragazza deglutì ed inspirò a pieni polmoni, cercando di scacciare dal palato quel sapore insopportabile. Pensò bene alle parole da usare, per non tradirsi da sola. «è stato intenso» chiarì. Era sincera. Bere da lui era un gesto spontaneo, come se il suo sangue la richiamasse, e non se ne vergognava, però sapeva che non avrebbero approvato. L'avrebbero visto come un gioco erotico, si sarebbero soffermati sull'aspetto superficiale della cosa. E non l'avrebbe sopportato. «e a questa risposta te la sei cavata, ma prova a dire che non ti è piaciuto quando ti ho morsa» ghignò serrando le braccia attorno al suo collo, consapevole di averla in pugno. Buffy digrignò la mascella. «stronzo» disse acida. Lui sospirò e socchiuse gli occhi. «lo prendo per un si» bisbigliò afferrando il liquore. La ragazza fu più veloce. «vuoi proprio prenderti una bella sbornia?» la rimproverò scivolandole di fianco. Lei annuì. «il mio migliore amico è morto e la ragazza della mia migliore amica, nonché una nostra alleata, l'ha ucciso e ci ha tradito. Credo che ubriacarmi sia il minimo» mugugnò già meno lucida. Spike le scivolò di fianco. «sai cosa pensavo? Non voglio più fare "Buffy la cacciatrice che rischia la sua vita per sventare Apocalissi su Apocalissi". Ci sono tutte le altre potenziali per quello. Io non ho già dato abbastanza?» domandò con un sorriso tirato sulle labbra. L'alcool doveva già essere entrato in circolo, perché altrimenti non avrebbe mai parlato di quell'argomento. Spike estrasse dalla tasca dello spolverino un pacchetto di sigarette e ne accese una, che porto alla bocca. «per me puoi fare quello che vuoi dolcezza» disse aspirando il tabacco e passando il braccio dietro al collo sottile della cacciatrice. «così non mi aiuti Spike. Io dico sul serio. Sto davvero valutando la possibilità di andare in pensione». Lui la guardò. «potrebbero esserci anche duemila cacciatrici che il tuo ruolo non cambierebbe. Certo, con l'avanzare del tempo perderai responsabilità, ma non potrai mai uscirne del tutto» obbiettò duro. Non aveva mai sopportato le mezze verità. «potevi anche lasciarmi qualche speranza» sospirò acida, scrollandosi di dosso il suo braccio. Con l'avanzare del tempo. Un senso d'angoscia si impossessò della sua mente già offuscata. «Spike?» chiamò insicura. «dimmi amore». «e quando sarò vecchia? O comunque più grande? Tu sarai sempre così» indicò il suo viso e il suo corpo. «io cambierò, e diventerò brutta e floscia e debole e grassa. Cosa succederà?» . Lui le aggiustò un ricciolo dietro all'orecchio, soffermandosi qualche istante a guardarla. «invecchierò con te» disse come se fosse la cosa più naturale al mondo. «ci sarà qualche incantesimo per togliere l'immortalità, no?» chiese retorico. Buffy barcollò e si poggiò sulle ginocchia, cercando di abbracciarlo, ma perse l'equilibrio e cadde penosamente sul pavimento. «lo faresti?» domandò incredula, poggiandosi sui gomiti. Vedendo che non rispondeva ne approfittò per riprendere un contegno e trascinarsi vicino alla base del divano. «lo faresti davvero?» ripeté fissandolo negli occhi per capire se fosse sincero. Spike si chinò su di lei e le baciò la fronte. «si» promise solenne accarezzandole i capelli. «non subito però, quando anche tu avrai la mia età» precisò, lasciandola contrariata. «e quanti anni avresti, di grazia?» disse riprendendo a ridere senza nessun apparente motivo. Lui aggrottò le sopracciglia e fece un breve calcolo mentale. «mi resta ancora un anno e poi dovrò dire addio a queste» sentenziò lanciando il pacchetto di sigarette lontano. Buffy si tirò seduta di scatto, pentendosi immediatamente del gesto troppo avventato. «hai ventisei anni? Oddio sei giurassico!» mormorò ilare, cercando di reprimere un conato di vomito. "è l'ultima volta che bevi Buffy, l'ultima!". «hey ragazzina, porta rispetto» sghignazzò accomodandosi di fianco a lei. Poggiò una mano sul suo petto, che si alzava ed abbassava regolarmente. Gli piaceva sentire il suo battito, era come se quel continuo "tum, tum, tum" scandisse la sua giornata. E faceva ancora l'errore di crederla indifesa. Si abbassò su di lei e le baciò una guancia arrossata, rigata da un velo di sudore per l'allenamento appena fatto con Faith. «ti dovresti cambiare, sei fradicia» mormorò sfilandole la felpa. «lo farei volentieri, ma non mi sento più le gambe» ridacchiò Buffy stendendosi a terra, portando le mani alla fronte e strizzando gli occhi. Delicatamente le tolse anche i pantaloni e la maglia, asciugando con un fazzoletto le gocce che le imperlavano il ventre sodo. Si concesse un secondo per ammirarla. Da ubriaca era anche più bella, se possibile. Si alzò e fece per andare a prenderle una delle sue magliette che di solito usava per dormire. Buffy gli afferrò la caviglia. «non andartene» singhiozzò strisciando verso di lui e prendendo anche l'altra gamba. Effetto dell'alcool. Prese in considerazione l'idea di estorcerle qualche informazione ora che era semi cosciente, poi immaginò cosa gli avrebbe fatto dopo e cambiò subito idea. Non sarebbe rimasta ubriaca per sempre. Si curvò su di lei e sciolse gentilmente la presa che esercitava sulle sue caviglie. «non vado da nessuna parte» la rassicurò lisciandole i capelli. Si alzò di nuovo e prese velocemente una maglia nera. Si accovacciò di fianco a Buffy e l'aiuto a sedersi, sorreggendole la schiena e rivestendola. «va bene principessa, è ora della nanna» sospirò. Le sue braccia scivolarono sotto di lei e senza alcuna fatica la sollevarono. «che differenza c'è tra un tasso e una scrivania? Me lo sono sempre chiesta» borbottò festosamente, gettando la testa sulla spalla del vampiro e ridendo di gusto. «tra un corvo e una scrivania» precisò lui. Si ricordò quando Dawn lo aveva costretto ad andare al cinema a vedere "Alice nel paese delle meraviglie". Era una delle tante sere in cui Buffy faceva il doppio turno al Double Meat e lei si sentiva sola. Era passato per vedere di trovare Buffy, e invece c'era solo sua sorella. Sola ed annoiata. Gli aveva fatto pena, per questo aveva accettato. Non per secondi fini con Buffy, lei non lo sapeva neanche. Per pura e semplice compassione. «no, no. Un tasso e una scrivania» ripeté sicura. L'adagiò sul divano. Doveva procurarsi una borsa d'acqua calda e una bagnola ghiacciata per l'indomani. O per essere più corretti, per cinque ore dopo. La bionda alzò la testa e gli fece cenno di sedersi accanto a lei. Lui l'accontentò e le fece poggiare la testa sulle sue gambe. Prese ad arricciare distrattamente una ciocca di capelli, in attesa che perdesse i sensi per preparare una pentola di acqua bollente. Di solito lui per farsi passare una sbronza beveva -rimedio insolito che gli assicurava un ettolitro di Bourbon in circolo-, ma era quasi certo che il corpo di Buffy non avrebbe retto ad un'altra dose di alcool. Gli cascò l'occhio sulla bottiglia vuota a terra. Era stata una pessima idea lasciare che bevesse. L'indomani sera – tra meno di 24 ore – avrebbe dovuto combattere contro una cacciatrice e chissà quali altri demoni. Quella Kennedy aveva invocato un Touruk, che tra l'altro poteva benissimo essere ancora in circolazione, in che voleva dire che non era poi così sprovveduta nel campo della magia come aveva voluto fargli credere. Dannazione, era stata proprio una pessima idea. Buffy serviva al massimo della potenza, non coi postumi di una sbornia. Come poteva sapere che due o tre bicchierini di Bourbon potessero farle quell'effetto? Lui iniziava a vedere doppio dopo due bottiglie! «Spike... perché proprio Spike?» domandò placidamente accoccolata su divano. Lui si fermò un attimo. Non era una storia divertente. Dubitava le sarebbe piaciuta. «credevo lo sapessi» temporeggiò continuando a giocare con la sua folta chioma bionda. «se te lo chiedo vuol dire che non lo so» obbiettò ovvia, rigirandosi a pancia in giù. Fece un sospiro di sollievo. In quella posizione la testa non le pesava. Lui sospirò indeciso. «ero solito torturare le mie vittime con delle punte affilate. Da qui il nome Spike. E poi, andiamo, hai mai visto un vampiro che si chiama William?» ironizzò. Buffy non sembrò scioccata. Piuttosto era pensierosa. Aggrottò la fronte ed arricciò le labbra, come faceva quando le stava venendo in mente qualcosa. «allora io dovrei essere chiamata Sickle» mormorò infine, eccitata all'idea. Spike scoppiò a ridere. La sua ragazza sarebbe diventata la ragazza falce. L'idea non lo faceva impazzire. «Spike sarà un nome da cane, ma Sickle sembra quello di un criceto» la prese in giro. «meglio Buffy, anche se devi ammettere che non è uno dei soprannomi migliori» sghignazzò infine. Lei gli tirò un pugnò sulla coscia. «che ha che non va?». Lui strinse le spalle. Forse era un po’ all'antica, però per lui l'unica abbreviazione di Elisabeth sarebbe sempre rimasta Lizzy, al massimo Liz. «non lo so. Ma per te è perfetto» chiarì. Buffy non era né Lizzy né Liz. Era Buffy, e quel nome le si addiceva. La ragazza mugugnò qualcosa e sbadigliò, formando una "o" con la bocca e serrando le palpebre. Si avvicinò al suo orecchio. «Dormi amore, che domani notte si danza» disse in un soffio.

 

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Non la capiva. Non rientrava nella sua concezione delle cose il rifiuto del potere. E lei le poteva offrire tanto potere. In quei mesi aveva dovuto fingere, e le era costato tanto. Dopo aver ucciso il suo osservatore e aver occultato le prove il consiglio l'aveva spedita a Sunnydale. Proprio dove lei doveva essere. Era stato facile sbarazzarsi di Xander, anche se quell'incompetente del Touruk aveva detto qualcosa a proposito di residui del suo essere nel corpo. Forse era più forte di quanto pensasse. O forse aveva capito male. Non parlava la lingua di quel coglione. Era un ammasso di squame e fasci di muscoli, ergo le sue funzioni celebrali si riducevano al semplice concetto di uccidere. Le sarebbe servito per rallentarli. Se conosceva abbastanza la loro tattica avrebbero mandato Faith, Buffy e il vampiro con cui se la faceva. Sperava solo che Willow non si aggiungesse. Lei non poteva ucciderla. No, poteva. Ma non voleva. Quegli stupidi sentimenti che l'altra Kennedy provava erano rimasti ancorati nella sua mente in un modo morboso. Così aveva escogitato un modo perversamente geniale per aggirare quelle emozioni così... poco costruttive. Le avrebbe fatto un dono. Sorrise perfida. Sin dall'inizio aveva capito che l'unica che poteva ricevere il dono era lei. Nemmeno la cacciatrice l'avrebbe sopportato. Ma una strega... una strega poteva facilmente trovare il modo di uscire da quella situazione difficile. E allora sarebbe scattata la trappola. Perché l'energia può essere spostata o incanalata in qualche altro luogo, però non può essere distrutta. Non si può cancellare una massa di energia con un incantesimo. Esiste un solo modo per farlo: il sacrificio. Si aggiustò la toga blu cobalto sui fianchi. «è tutto pronto?» domandò ad alta voce. Una figura comparve alle sue spalle, inchinandosi zelante. «certo, mia signora. Portate il ragazzo!» ordinò, rivelando una voce nasale e squillante. Due vampiri entrarono nella caverna trascinando un corpo tumefatto. Kennedy ancheggiò fino ai due vampiri massicci che trasportavano il nero. «È bastato così poco per metterlo K.O.» sogghignò delusa prendendolo per il colletto della camicia. «andate via» ingiunse seria. I demoni si dileguarono, lasciando nella grotta un silenzio totale. Sollevò il ragazzo da terra e lo soppesò, cercando di appurare se fosse adeguato o meno per il rito. «Wood, Wood» sussurrò al suo orecchio scuotendolo per svegliarlo. Wood non accennò nessun segno vitale. Eppure il suo cuore batteva. Rassegnata colse il pugnale da terra e lo infilzò. La lama entrò nella carne come nel burro. I suoi occhi si spalancarono per un momento, increduli. Rimasero aperti, un muto urlo che non sarebbe mai uscito dalla sua bocca. Prese senza la minima cura il corpo e lo gettò nel cratere avvolto dalle fiamme. L'odore di benzina si stava facendo insopportabile. Pulì accuratamente il pugnale con la manica della toga, che si insudiciò del liquido vermiglio. Strappò la stoffa e recise la pelle olivastra, facendo sgocciolare il sangue nel cratere. «ci siamo».

 

 

 

BATTAGLIA

 

Buffy salì con passo leggero le scale. Non incrociò nessuno. Il vestito leggero in cotone color lavanda le dava un’aria serena. Invece lei si sentiva sciocca. Era rimasta venti minuti davanti all’armadio per scegliere cosa dovesse mettere per andare al piano di sopra. Era imbarazzata. Si vergognava tremendamente del fatto che per una volta nella sua vita tutto stesse andando relativamente bene. Il rapporto con Dawn era nettamente migliorato, lo spettro del suo ritorno non aveva più seminato discordia tra di loro. Con Spike andava tutto stramaledettamente bene, più di quanto potesse immaginare. E poi la conversazione della sera prima... credeva di essersela immaginata, invece no. si bloccò davanti alla porta dell’amica. Si sistemò i capelli e bussò. «avanti» disse una voce smorzata all’interno. Buffy aprì la porta e fece capolino con un sorriso smagliante. «tutto bene questa mattina?» chiese poggiando una vaschetta di gelato vaniglia e cioccolato ancora congelata sul comodino. La rossa annuì, spostandosi al bordo del letto e battendo la mano sul materasso. Buffy si sedette sulla trapunta e si lasciò andare all'indietro. Da quant’era che non dormiva su un letto che potesse essere definito tale? Anzi, da quant’era che non dormiva per più di tre ore a notte? Dio Spike la stava sfiancando. «notte in bianco?» domandò maliziosa la strega, accennando alle sue occhiaie nascoste da chili di correttore. «più o meno» ammise. Per una volta non era rimasta sveglia per il sesso, ma per la nausea. Avrebbe preferito la prima opzione. «ci state dando dentro alla grande, eh?» osservò con una lieve amarezza nella voce. Le mancava Kennedy. Le mancava quello che Kennedy le faceva, quello che le diceva, il modo in cui si muoveva, in cui la consolava, in cui la spronava. Cercava di nasconderlo come poteva, però le mancava, e tanto. Ed erano solo 24 ore che aveva scoperto il suo tradimento. Si chiese come avrebbe sopportato un'intera vita in quel modo. Buffy le diede una pacca scherzosa sulla spalla, facendola ruzzolare sul letto. Si accomodarono a gambe incrociate, in modo che potessero guardarsi negli occhi. «beh, mi sembra che tu stia bene Buff, ed è questo quello che conta». La strega prese la mano della sua migliore amica e la strinse, guardandola con un affetto infinito. La bionda le accarezzò la guancia, sorridendole comprensiva. Non era quello l'argomento per cui era andata da lei.

«Will, mi dispiace tanto. Credimi, so quanto è difficile perdere la persona che si ama» mormorò. Il sorriso sul bel volto di Willow sparì, lasciando il posto ad un ghignò rassegnato. «non preoccuparti Buffy. Ho tutto sotto controllo. Non mi è neanche venuto in mente di usare...». Buffy aggrottò le sopracciglia e fece segno di fermarsi. «non intendevo quello. Volevo solo dirti che ti sono vicina, e che so cosa stai passando. Forse ora è un po' presto, però se vuoi parlarne... beh, io sono qui apposta» concluse sporgendosi dal letto ed afferrando il gelato. «cioccolato e vaniglia, il tuo preferito» disse porgendole un cucchiaio. La rossa lo afferrò ed abbozzò un sorriso non troppo convinto. «non so dirti perché, ma ieri, quando è comparso il suo viso, non sono stata troppo sorpresa. Era troppo bello per essere vero» sospirò immergendo il cucchiaio nel gelato morbido. Buffy seguì il suo esempio e si riempì la bocca del dolce. «uhm, potrebbe essere un tuo potere... super sesto senso» bofonchiò con la bocca piena. La ragazza sorrise. «sarebbe super se ci aggiungiamo anche la vista a raggi X e la telepatia» scherzò. E per un momento, entrambe si ritrovarono catapultate al liceo, quando quei discorsi erano all'ordine del giorno. «Buffy, prima di tutto, posso farti una domanda?» chiese incerta la ragazza, prendendo ad arricciarsi un nastrino che pendeva dal colletto del pigiama. Buffy annuì, con la bocca troppo piena di gelato alla vaniglia per poter rispondere. «Spike ti rende davvero felice?». Buffy ingoiò il gelato in una sola volta, provocandosi un fastidio insopportabile alla fronte. Alzò gli occhi verdi, guardando quelli dorati della strega. Aveva sempre ritenuto stupendi i suoi occhi. Variavano dal castano al verde nel giro di pochi minuti e questo l'aveva sempre affascinata.

Ecco la domanda che l'assillava da quando l'aveva visto nello scantinato. Lui l'avrebbe mai resa felice? Sapeva solo che quando vedeva quel dannato sorriso si scioglieva, e aveva solo voglia di farsi abbracciare e di sentire quel senso di appartenenza che le trasmetteva. «credo di si. Lui mi fa sentire... viva» concluse infine, soddisfatta della sua risposta. Willow sorrise sinceramente contenta. «era ora. È da quando se ne è andato Riley che non ti vedo così raggiante» osservò sdraiandosi sotto le coperte ed aggiustandosi la bretella della canotta che le era scesa sulla spalla. Buffy sfilò gli stivaletti neri e si mise sotto le coperte con l'amica, attendendo paziente. La strega continuò imperterrita a mangiare il gelato, cercando di trovare le parole per esprimere esattamente ciò che provava. Dalla loro prima notte al Bronze, al loro primo bacio, alla loro prima volta. Le passò tutto davanti così nitidamente che poteva sentire il suo profumo. Leccò la posata e la poggiò sulla trapunta. «Prima ho amato Tara, poi Kennedy, ed ora mi ritrovo ad amarle tutte e due insieme. E le loro persone si amalgamano, e nella mia mente diventano una cosa sola: amore. Ed ora, il mio unico desiderio è avere qualcosa che mi rammenti ogni giorno cosa significa mettere la vita di un'altra persona davanti alla propria». Abbassò lo sguardo. Buffy posò la mano sulla sua spalla nuda, accarezzandola col pollice. «la troverai, te lo prometto» la rassicurò. Willow scosse la testa tirando su col naso. «no Buffy. E mi fa male, fa male da morire» singhiozzò arrendendosi sul petto dell'amica, affondando nella stoffa leggera. La bionda la strinse delicatamente a se, stando attenta a non farle male, e le accarezzò i morbidi capelli rossi che le incorniciavano disordinatamente il viso bagnato di lacrime. La lasciò sfogare senza dire niente, aspettando che si placasse abbastanza da poterle rispondere. Le diede una scossa per farla alzare dalla spalla. «oddio scusa, ti ho inzuppato il vestito» singhiozzò tirandosi indietro. «non importa» sorrise l'altra, consolandola col solo sostegno dello sguardo. Willow iniziava a sentire il tepore che le provocavano quegli occhi. Tutti gli abitanti di quella casa erano la sua famiglia. Per meglio dire ciò che rimaneva della sua famiglia. Da quant'era che non faceva una chiamata a sua madre? Ah, già. Da quando le aveva detto di essere lesbica. Dopo quel giorno entrambe avevano scelto la via più facile: biglietti di auguri per Natale e per la Festa del Ringraziamento. La loro relazione si limitava a quello. «non c'è un modo facile per dirlo, per cui arrivo al sodo» disse Buffy cambiando improvvisamente sguardo. Ora era la cacciatrice. Willow sapeva perfettamente quello che le stava per dire, sperava solo che sarebbe stato più tardi. «Will, noi dobbiamo fermarla. E sai che questo il più delle volte...». «...implica la morte di una delle due» terminò per lei la frase. Buffy assentì. Sapevano fin troppo bene il ritornello. La rossa respirò a fondo, cercando di non scoppiare a piangere. «io non posso impedirlo. Quindi...» lasciò la frase in sospeso, la voce troppo tremante per continuare. Buffy le prese entrambe le mani e se le portò alle labbra, lasciandoci un bacio. Gli occhi in quel momento verde oliva della strega supplicarono un aiuto, una certezza, un qualcosa su cui aggrapparsi. Buffy la fece stendere e la coprì con la trapunta, rimanendo al suo fianco fino a quando, pochi minuti dopo, un sonno ovattato avvolse la fremente figura al suo fianco. Si alzò stando attenta a non svegliarla. Tirò fuori dal cassetto un pacchetto di Kleenex e lo poggiò sul comodino. Le rimboccò le coperte e le carezzò una guancia col dorso di una mano, con un sorriso sulle labbra carico di rimpianto. Si allontanò e si diresse verso la porta, indugiando qualche istante. Guardò ancora una volta la ragazza rannicchiata con le mani che avvolgevano le spalle. «te lo prometto» mormorò prima di uscire, lasciando socchiusa la porta per poter sentire se si lamentava o meno. Uscì dalla porta, accasciandosi di fianco alla parete con aria affrante. Aveva fallito, e su tutti i fronti.

 

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Salì le scale due gradini alla volta, facendo svolazzare lo spolverino. E la trovò dove si aspettava. Lì, a terra, davanti a lui, Buffy gli era sembrata sconfitta. E per la prima volta aveva colto quella sfumatura che la rendeva una semplice umana costretta a crescere troppo in fretta. Lei sembrò non accorgersi nemmeno della sua presenza. Le si accovacciò davanti, guardando gli occhi smeraldo velati dalle lacrime. Si assicurò che non ci fosse nessuno nei paraggi e la prese in braccio. Sapeva che le avrebbe dato fastidio un gesto del genere in pubblico. Il corpo snello di Buffy si adattò al suo petto muscoloso con naturalezza, come due tasselli di un puzzle. La testa di Buffy, che dondolava a destra e sinistra con una smorfia di pura tristezza, venne adagiata sulla spalla del vampiro. Spike scese al piano di sotto e si fece strada tra le cianfrusaglie disseminate per terra, fino ad arrivare alla poltrona. Si sedette e fece spazio alla ragazze tra le sue gambe. Inerte, Buffy si lasciò cadere sul suo petto. Il primo di tanti singhiozzi si fece prepotentemente strada mentre affondava il viso nell'incavo del suo collo. «ssht, tranquilla, va tutto bene» bisbigliò sfiorandole il viso. Vederla fragile era una tortura. Si sforzava così tanto di mantenere la sua corazza che a volte lui stesso si dimenticava chi aveva davvero davanti. «Buffy che ti è successo?» chiese preoccupato, provando a placare le sue convulsioni. Prese dei respiri profondi per calmarsi, annusando l'odore forte della sua pelle.

«n-niente, è stato solo u-un momento» balbettò stringendo la sua maglia, sentendosi finalmente più leggera. «scusa» farfugliò sedendosi ritta sulle sue gambe. Lui piegò la testa di lato. Non aveva bisogno di spiegazioni, quelle erano evidenti. «non piangere, non ne vale la pena. Quella puttana pagherà» ringhiò serrando i pugni. Buffy scosse la testa. «ci serve viva, e poi non è a me che ha fatto male, ma a Willow» precisò abbassando lo sguardo ed afferrandogli la mano, bisognosa di sentirlo vicino. «ma stai piangendo anche tu, e questo mi basta per farle fare una fine dolorosa» asserì gelido, facendo sussultare Buffy. Solo una volta aveva sentito quel tono. Così determinato e freddo. Da killer. «promettimi che non farai niente di avventato» disse la bionda inchiodandolo con gli occhi da cerbiatta. Lui fece roteare gli occhi e sbuffò. «dipende da che cosa intendi per “avventato”... ok, ok, quella stronza ne uscirà viva» si arrese. “viva ma non illesa” aggiunse mentalmente. Buffy avvicinò il volto, accostando la fronte alla sua. «grazie di tutto... grazie di esserci» riuscì a dire. Spike le afferrò il labbro inferiore tra i denti. «è la seconda volta che lo dici» osservò senza lasciarle andare la bocca. La cacciatrice si arrese, socchiuse le labbra ed accettò il bacio. «dico sul serio Spike» disse condendogli un ultimo bacio a fior di labbra. «e questo mi disorienta» ammise facendo una smorfia con le labbra. Il vampiro inclinò la testa di lato. «non devi» mormorò sorridendo. Buffy si mordicchiò il labbro nervosamente. «un attimo prima sei violento, quello dopo dolce e romantico e quello dopo ancora vuoi strapparmi di nuovo i vestiti di dosso! Io non capisco chi sei...». L'indice di Spike si posò sulle sue labbra, dandogli il tempo necessario per controbattere. «io sono io. Sono sia Spike che William, e ti posso assicurare che entrambi ti amano incondizionatamente. E con questo non voglio dire che quando sono come dici tu “dolce e romantico” non voglio strapparti i vestiti di dosso» ammiccò maliziosamente, facendo scorrere il dorso della mano sul suo fianco. Buffy gli spintonò il petto mettendo il broncio. «ninfomane» lo accusò stizzita. Spike sospirò divertito dalla reazione della sua compagna. «non è colpa mia se sei così sexy. Anche quando ero un Big Bad avevo in mente qualcosa di speciale per te» fremé con un sorriso vago. Buffy aggrottò le sopracciglia in attesa di una spiegazione più dettagliata, inarcando la schiena indolenzita. Spike si alzò mettendo la ragazza per in piedi ed andò ad aprire il frigo. «non ti avrei solo uccisa, no. Sai, quando la prima volta che abbiamo combattuto sei sopravvissuta ho deciso che con te avrei fatto qualcosa di diverso» spiegò versando del sangue fresco in un bicchiere. Buffy si appoggiò alla penisola della cucina, sfidandolo con lo sguardo. Bevve un lungo sorso di sangue, leccandosi le labbra. «ti avrei trasformato nella mia Childe» disse schioccando la lingua tra i denti. Buffy non parve troppo scossa. Inarcò le sopracciglia ed incrociò le braccia sotto al seno, evidenziando le curve. «e Drusilla?» domandò con noncuranza, prendendo in mano un accendino. Spike finì di bere il suo sangue. «Drusilla mi aveva mollato. Parlo del mio trionfale ritorno... quando mi hanno impiantato quel fottuto chip» precisò guardandola accendere e spegnere l'accendino. «insolito come desiderio per un vampiro» osservò atona, reprimendo una smorfia di dolore quando si scottò. «ho sempre avuto un debole per gli esperimenti» ammise sovrastandola con la sua figura. «una cacciatrice vampiro... una macchina per la distruzione». Alzò il viso facendo ricadere sulla schiena i lunghi capelli dorati. Spike le baciò la fronte e si allontanò, facendole avvertire una sensazione di vuoto. «l'idea era quella. Avrei aggiunto anche uno sterminio di massa» disse facendosi pensieroso. «mmm... prenderò in considerazione la proposta» ghignò sarcastica. Quando il vampiro si girò Buffy si accorse che era nel volto della caccia. «balliamo?» chiese mettendo in bella vista le zanne. La bionda, incapace di rifiutare una provocazione del genere, sfilò il maglioncino che le ricopriva le spalle. Schivò abilmente un suo affondo e tirò un calcio che non arrivò a segno. «balliamo» confermò con un sorriso perverso sulle labbra.

 

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Stava facendo finta di dormire. Era l'unico modo per lasciarla libera di fare ciò che voleva. Si era infilata la sua camicia, un'usanza umana per eccellenza. Chissà come mai, dopo aver fatto sesso, la donna doveva per forza mettersi un indumento del partner. E se lei era un peso massimo e lui un povero smilzo? Ma non era il suo caso. Faith era semplicemente perfetta. Quelle curve gli avevano sempre fatto girare la testa. Per non parlare delle labbra, carnose e rosee, fatte per essere baciate. Lo fissava. Sentiva il suo sguardo languido addosso. Avvertì una lieve pressione sul torace e il contatto col suo viso. «dormito bene?» domandò aprendo di scatto gli occhi. Faith sussultò. «eri sveglio?» disse scandalizzata allontanandosi. Lui fece spallucce, sistemandosi sotto le coperte. La bruna si accucciò accanto a lui, evitando il concetto di pudore come se fosse una cosa terribile. «correrai pericoli stasera?» chiese assente passandole un braccio intorno alle spalle e cominciando ad arricciarle i capelli. «non più del solito» miagolò Lehane. «non mi piace il tipo ossigenato» mormorò contrariato Matt. «mi sembra inaffidabile». Faith scoppiò in una risata fragorosa. «credo che lui sia l'ultima persona di cui ti devi preoccupare» ribatté ironica. Matt aggrottò la fronte. Non capiva quel riferimento. «lui e B stanno insieme» chiarì. «ma non è un vampiro? Insomma tra cacciatrici e vampiri non dovrebbe essere illegale o una cosa del genere?». La ragazza rise di nuovo sguaiatamente. A volte la sua ignoranza era più divertente di quanto si aspettasse. «non esistono leggi a riguardo. E poi Spike è...». Non se la sentì di definirlo buono. «diciamo che non ammazza più innocenti» terminò. Matt si fece pensieroso. Quella storia era decisamente interessante. Aveva sempre reputato i vampiri degli esseri inferiori, però da quello che sentiva l'ossigenato se la sapeva cavare bene. «come si sono conosciuti?» disse interessato. Faith sbadigliò, ricordando con piacere i tempi in cui le faceva il terzo grado. «lui cercava di ammazzarla, poi gli hanno impiantanto un cip nella testa, lui si è innamorato di lei e B ha ceduto al lato super sexy del vampiro... poi... ah si, si sono mollati, lui ha riavuto l'anima e si è quasi fatto ammazzare in quest'ultima Apocalisse. Alla fine si sono messi insieme» disse distrattamente numerando le frasi con le dita. Matt era sbigottito. A dire il vero si era perso dopo il punto tre. Un vampiro senz'anima poteva amare? «almeno combatte bene?» sospirò infine per sviare il discorso. Faith annuì energicamente, scattando sul letto come una molla. «vuoi scherzare? È l'unico che è sopravvissuto a quella furia che è Buffy. E dovresti vederli ora! Quando combattono sembrano una cosa sola» strillò Faith che chiaramente ammirava il loro feeling in battaglia. «e tu non hai un partner per questo genere di cose?». La mano scivolò sulla sua coscia seguendone il profilo. «sai che rendo meglio da sola» gemé contrariata non appena si allontanò. «beh amore, mi dispiace rovinarti la festa ma è tutto il pomeriggio che siamo rinchiusi qua dentro. Io ho fame, sete e credo che mi dovrò fare una... come la chiamate voi quella cosa con l'acqua?». «doccia, Matt, doccia» esclamò esasperata. «si ecco, una doccia». Faith si alzò dal letto storcendo il naso. Non aveva ancora cose basilari come quelle, e lei non era la persona migliore per insegnargliele. «io vado di sotto, vuoi qualcosa?» domandò la ragazza dopo essersi infilata una felpa lunga fino a metà coscia. Matt scese dal letto e si infilò un paio di jeans. «omelette con doppio formaggio fuso». Faith inarcò un sopracciglio guardandolo scettica. «sai che cos'è la biancheria?». Matt si ravvivò i capelli davanti allo specchio e poi si girò verso di lei, raggiungendola e dandole un bacio leggero sulle labbra. Quel semplice contatto contribuì la sua voglia di sbatterlo sul letto. Fottuto umano sexy. «la trovo poco pratica».

 

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L'aria fredda e pungente pizzicava le guance delle due cacciatrici. Il vampiro a malapena sentiva l'effetto della notte che avvolgeva la sua figura foderata dal suo immancabile spolverino in pelle. Accelerò il passo e raggiunse Buffy, più preoccupata di quanto volesse dare a vedere. Arrivarono davanti al luogo che Giles gli aveva indicato. «poco originale come nascondiglio» ghignò Buffy soffermandosi all'entrata della grotta. I tre impugnarono le armi e si addentrarono nel cunicolo buio facendosi guidare da Spike. Un odore stantio pervadeva quel luogo facendolo sembrare ancora più lugubre. Spike si bloccò. «non siamo soli» avvertì. Prima di proseguire diede un'occhiata fugace a Buffy. Lo preoccupava, dopo quella mattina dubitava che fosse davvero in grado di combattere. «Faith, va avanti, io e Buffy ti copriamo le spalle» disse senza distogliere lo sguardo da Buffy. La ragazza si mise con le spalle al muro e corse circospetta lungo il perimetro. Appena fu abbastanza lontana da non poterli sentire si girò verso Buffy. «sei sicura?» ripeté per l'ennesima volta. Buffy sbuffò e lo sorpassò, mostrandogli l'ascia. «sicura» confermò seguendo Faith con passo deciso. Un ruggito rimbombò tra le pareti. Si scambiarono uno sguardo d'intesa. «Faith» mormorano all'unisono cominciando a correre nella direzione in cui era scomparsa la ragazza. «possibile che è una calamita per i guai?» strillò la bionda aumentando il ritmo. Svoltando l'angolo videro la cacciatrice che continuava a trafiggere con la spada il Touruk senza nemmeno scalfirlo. Buffy accorse immediatamente in suo aiuto. Alzò la falce sopra alla testa e sferrò il colpo. Appena la lama toccò la spessa corazza del demone ritornò in indietro, facendo roteare la cacciatrice su se stessa, come se avesse colpito la roccia. Il Touruk, un essere dal corpo taurino, alto più di di due metri e ricoperto su tutto il corpo da un rivestimento protettivo sporco di sangue rappreso e terra, prese Faith per la maglia e la scagliò contro la parete opposta. Si girò e ringhiò contro Buffy, che stava annaspando per terra. Alzò la gamba muscolosa sul corpo sottile di lei e le sferrò un calcio. Buffy si raggomitolò in attesa di un colpo che non arrivò. Rotolò su un fianco ed alzò gli occhi. Il vampiro si era lanciato sul Touruk, impedendogli di fracassare lo sterno della ragazza. Lei scattò in piedi e lo attaccò a sua volta. «Buffy, Faith!» urlò evitando un destro. La cacciatrice si voltò verso la bruna, distesa per terra vicino ad una chiazza di sangue. «ce la fai da solo?» domandò facendo roteare la falce. Spike si accovaccio e sferrò un pugno, colpendo il mostro sul torace. Un colpo netto e ben assestato da parte di Buffy gli mozzò il braccio. Il Touruk indietreggiò guaendo, dando la possibilità a Spike di finire il lavoro iniziato da Buffy, decapitandolo con la spada. La carcasse cadde a terra con un tonfo sordo, sprigionando una puzza di putrefazione insopportabile. «Faith!» urlò Buffy dirigendosi verso la ragazza che si stava alzando gemendo di dolore. «brutto pezzo di merda» mugugnò portando entrambe le braccia al petto. Buffy la prese sottobraccio, trascinandola su una lastra di pietra facendola sedere. «tutto bene?» domandò controllando se avesse delle ferite gravi. Faith tossì, sputando gocce di sangue. «niente di rotto» assicurò pulendosi la faccia sporca di fuliggine. «Buffy, vieni qui un secondo» la chiamò Spike. Buffy strappò una striscia della camicia e legò il scorticato della bruna. Corse verso Spike che guardava preoccupato un punto indefinito. Seguì i suoi occhi azzurri e scorse un tavolo in pietra grondante di sangue. «oddio, sembra che hanno macellato un maiale» disse disgustata avvicinandosi all'altare. «non credo sia stato un maiale» borbottò il vampiro prendendola per il braccio e conducendola verso Faith. «ce la fai a correre» chiese alla castana. Lei fece cenno di si, alzandosi in piedi. «dobbiamo correre subito a casa» ringhiò battendo un pugno contro il muro. «siamo stati degli idioti. Questo era un diversivo». E Buffy capì. Tutto si fece chiaro. Kennedy non voleva lei, Spike e Faith. Non voleva proprio uccidere nessuno, altrimenti l'avrebbe già fatto. Aveva in mente qualcosa di più subdolo e perfido. «Willow!»

 

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Matt e Giles erano appena usciti a fare la spesa, mentre Andrew aveva praticamente obbligato Dawn sotto ricatto ad andare a vedere un remake di Guerre Stellari. Oramai quei due erano diventati inseparabili. Non pensava che il loro rapporto fosse a livello fisico. Dawn non era certo il tipo di Andrew. Anzi, Andrew non era il tipo di Dawn. Però tra di loro stava nascendo un intesa singolare. Come quella che avevano lei e Xander. Buffy aveva acconsentito a patto che alla fine si incontrassero tutti al centro commerciale. Non le andava che sua sorella andasse in giro di sera praticamente da sola. Bevve tutto d'un sorso il quarto di bicchiere che si era versata. Vino rosso, il suo preferito. «ho sempre saputo che sarebbe finita così». La strega non si spaventò. Aveva percepito la sua presenza già da un bel pezzo. Col calma si voltò, rimanendo immobile accanto al divano. «Kenny» salutò cordialmente. La cacciatrice rigirò tra le mani un pugnale argentato, che rifletteva la luce delle lampade. Fece una smorfia annoiata e si avvicinò alla rossa lentamente, calcolando ogni passo. Non si era dimenticata quanto potesse essere potente. «se vuoi farlo, fallo in fretta» ansimò cercando di non tradire il panico che si era impossessato di ogni cellula del suo corpo. «fare cosa, amore?» marcò quell'ultima parola come se fosse un insulto. Ormai era a pochi centimetri dal suo viso. Alzò il pugnale e poggiò la lama fredda contro la pelle incandescente del collo della strega, scostando i capelli. «uccidermi» mormorò Willow serrando gli occhi. Kennedy fece una giravolta e si allontanò, sedendosi aggraziatamente sul divano. «sai piccola, non posso. Non me lo permetterebbe. Ti amava, o almeno credo. Io non mi sono mai lasciata andare a questi sentimenti controproducenti» sospirò rialzandosi in piedi, andandole in contro. Una voce, una voce lontana si fece strada dentro alla strega. “scopri tutto quello che puoi Willow, temporeggia. Arriveranno presto”. La voce maschile e grave, allo stesso tempo serena. Sapeva a chi apparteneva. Era come se volesse mandarle un messaggio, ma fosse troppo debole per farlo. Che sciocca, le comunicazioni dall'Al di là non dovevano essere così semplici. Accolse il suggerimento. «lei chi?» Kennedy girò per la stanza fino a fermarsi davanti alla finestra, ammirando il chiaro di luna di quella notte. «ma Kennedy naturalmente. Era debole ed è morta. O quasi. È il ciclo della vita. In ogni caso questo corpo» mormorò massaggiandosi i fianchi e il ventre «mi piace. Ha un non so che di orientale ed esotico». Il rumore sonoro dei suoi stivali con tacco risuonava nella casa deserta. «comunque, ho in mente qualcosa di diverso per te» annunciò stabilendo un contatto oculare, senza spostarsi minimamente dal davanzale. «non so se sentirmi onorata o disgustata» sputò tra i denti Willow. Kennedy fece un risolino e spiccò un balzo, atterrando tre metri più in là, dietro alla strega. Il rumore delle chiavi che giravano nella serratura interruppe Kennedy dal suo intento. «non abbiamo trovato i fiocchi d'avena, però questi cereali al miele...». Dawn entrò nella stanza aprendo la porta con la schiena, con un sacchetto in cartone stracolmo della spesa. «oddio» esclamò facendo cadere il sacchetto e portando le mani sulla bocca, trattenedo un urlo agghiacciante. Giles spintonò Andrew fuori dalla porta e si parò davanti a Dawn. «Giles, Giles, Giles, il vecchio osservatore. Hai ammazzato qualche altra cacciatrice?» ghignò pungente, afferrando Willow per i capelli e passandole un braccio intorno alla gola e uno intorno alla pancia, smorzandole il fiato. Giles l'ammonì con dei gesti, cercando di ricordare mentalmente una formula che si sarebbe potuta rivelare utile in quella situazione. «oh, andiamo Rupert, non ci siamo mai sopportati. Ringrazia la mia clemenza, altrimenti saresti già morto» ringhiò potenziando la presa che esercitava sulla strega. «Willow!». Un urlo spezzato echeggiò nella casa. La finestra dietro a Kennedy si ruppe, schegge di vetro le perforarono la schiena, Buffy si lanciò nella stanza cercando di saltare addosso a Kennedy che sviò il suo colpo. Spike entrò dalla porta con Faith in braccio, che passò a Matt. Lui lo sapeva, se lo sentiva che si sarebbe fatta qualcosa. Gli occhi di Lehane erano vispi e vigili. Si divincolò, cercando di andare ad aiutare Buffy. Matt glielo impedì. «sei troppo debole, Lehane» la rimproverò tenendola stretta.

Kennedy aprì il palmo della mano, rivelando una sfera di energia fluorescente. «il mio regalo per te» bisbigliò nell'recchio di Willow, prima di far penetrare senza difficoltà la sfera nel ventre di Willow. Un brivido di calore la percorse. Sentì come se dentro di lei qualcosa di umido si espandesse e si contorcesse. Era... piacevole. Totalizzante. Simile all'eccitazione. Il sostegno di Kennedy scomparve, lasciandola in piedi sulle sue gambe molli. Prima che toccasse terra Buffy la stava sostenendo. «tesoro stai bene?» domandò scuotendola appena. Willow socchiuse gli occhi, ed annuì, lasciandosi andare in quella stretta sicura.

 

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Willow stava dormendo placidamente con un espressione serena sul volto, più bella del solito. Aveva vegliato il suo sonno fino ad allora. Uscì dalla stanza e si ritrovò tra le braccia di Spike.

«per oggi hai rischiato la vita abbastanza» mormorò dandole un bacio sui capelli. Lei si rilassò un po', stringendolo a sua volta. «mi sono spaventata. Credevo che Willow...» singhiozzò senza avere il coraggio di finire la frase. «non è successo, quindi non è il caso di preoccuparsi» disse in tono rassicurante. Buffy si asciugò le lacrime. Non avrebbe sopportato anche la perdita di Willow. «amore non preoccuparti, andrà tutto bene» la rassivurò dandole un buffetto sulla guancia. «come sempre»

 

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«io lo sapevo che ti facevi del male!» urlò continuando a spugnarla, sciacquandole via il sangue raggrumato. Faith sbuffò. «per la dodicesima volta, e giuro iddio che ho tenuto il conto, è il mio lavoro. Può succedere» sbottò adirata, alzandosi da terra ed asciugando il corpo umido con un asciugamano. Vederla così ridotta, con un occhio tumefatto e numerose contusioni su tutto il corpo gli fece venire i brividi. Istintivamente l'abbracciò. «Matt che stai facendo?» domandò confusa. «ti sto abbracciando» mormorò lui attirando a se le sue labbra. «credevo che ci fosse solo sesso» obbiettò tra un bacio e l'altro. Lui assunse un espressione corrucciata, conducendola delicatamente sul letto. L'avvolse protettivamente con le sue braccia muscolose. «pensa quello che vuoi Lehane. Io non cambio per te» disse atono portando la sua coscia sulle gambe, accarezzandola. «non te l'ho chiesto». Si meravigliò della sua voce arrochita dal desiderio. Cercò desiderosa le labbra che accettarono fameliche il contratto. «non te lo chiederei mai»

 

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si stiracchiò nel letto. Si sentiva terribilmente bene. Non volle alzarsi. Non aveva voglia. Se conosceva abbastanza Buffy le avrebbe portato frittelle alla banana e latte caldo a letto. Come al loro pigiama party. Sfiorò la pelle di pesca del viso che risentiva ancora degli effetti benefici del bagno della sera prima. Quasi si era dimenticata dell'incursione di Kennedy. Si ricordava solo dei frammenti della sera precedente. Aveva perso i sensi e si era risvegliata pulita e profumata nel letto, con la sua camicia da notte. Buffy e Dawn le erano a fianco. «come stai Will?» le aveva chiesto premurosa Dawnie. Quella ragazza era un tesoro. Avevano chiacchierato del più e del meno. Quando lei e Buffy erano rimaste sole le aveva raccontato tutto. Poi si era addormentata con lo sguardo attento di Buffy addosso. Si alzò riluttante dal letto. Non voleva far l'impressione di una sciattona. Tolse la vestaglia rimanendo con una leggera sottoveste in pizzo. Si bloccò davanti allo specchio. Tastò il ventre. «oh cazzo».

Tbc…