YOU AND ME

AUTRICE:spike's fan 4ever

 

Rating: NC17

 

Coppie: Spike-Dawn, Spike-Buffy

 

Disclaimer: è tutto di joss…ecc..ecc… sapete già che non scrivo a scopo di lucro, ma solo per puro piacere personale.

 

Riassunto: Dawn e Buffy, due sorelle inseparabili… Spike… l’uomo di Dawn tanto odiato da Buffy… Ma cosa riserverà loro il destino?

 

Capitolo 1

 

Sfoglio svogliatamente una rivista scandalistica osservando di tanto in tanto l'orologio quando la porta si apre di scatto rivelando il viso stanco e pallido di Dawn.

Dawn è mia sorella, la minore ovviamente. Viviamo insieme praticamente da una vita, e ciò mi ha reso iperprottetiva nei suoi confronti. E vedere il suo terribile aspetto non fa che preoccuparmi. Mi alzo di scatto dalla sedia andandole incontro quando il suo dolce sorriso illumina anche solo per un momento il suo volto.

 

- Dawnie, cosa hai? stai male? - chiedo allarmata accarezzandole il viso.

 

Mi fa cenno di no con la testa e getta la borsa sul divano per poi lasciarsi cadere sopra esso. Sbuffa continuando a sorridere e afferra il telecomando della televisione. Eh no, ho già capito il suo intento. Non rispondere volutamente alle mie domande pensando che io la lasci stare. Ma anni di convivenza non le hanno fatto capire che non fa parte del mio carattere preoccuparmi e poi sorvolare sull'accaduto.

 

- è per Spike? - chiedo arrabbiata e quando la sua espressione si fa dura continuo - avete litigato??- chiedo quasi urlando mentre l'odio viscerale che provo per quest'uomo aumenta.

 

Spike è il ragazzo di mia sorella. Stanno insieme da pochi mesi, ma per me sono già abbastanza per odiarlo. E' arrogante, stupido, presuntuoso e... irritante! Odio lui e le sue battutine idiote, e odio che mia sorella sia così condiscendente con lui. Odio che mia sorella stia con uno così più grande di lei...

 

- smettila di dar sempre la colpa a Spike! - sbotta lei e io sospiro scoraggiata.

 

- scusa. Allora non hai voglia di dirmi cosa succede? - le chiedo sedendomi accanto a lei, accarezzandole i capelli.

 

Annuisce lentamente e si stiracchia soffocando uno sbadiglio con la mano. - non è niente Buffy, oggi ho solo lavorato più del dovuto. Quel mostro del Sig. Giles non mi lascia un attimo di tregua - risponde Dawn e la sua espressione si fa più dura.

 

Sorrido genuinamente e la abbraccio, stampandole un molle bacio sui capelli. Mi rendo conto di sbagliare mettendo sempre in mezzo quell’idiota di un ossigenato ma non posso farne a meno. Mia sorella mi stringe avvolgendo le braccia attorno al mio corpo e nasconde il volto nell’incavo del mio collo, emettendo poi un sospiro. La cullo dolcemente per pochi minuti. La amo profondamente. E’ l’unica persona al mondo di cui mi fido, l’unica persona al mondo che amerò per tutta la vita.

All’improvviso il campanello suona, ridestandoci. Costrette a sciogliere il nostro abbraccio Dawn mi sorride indicandomi con un cenno della testa la porta principale.

 

-Dovrebbe essere Spike – afferma ed io annuisco trattenendo un ringhio.

 

Apro la porta svogliatamente e la chioma platinata dell’idiota si presenta davanti ai miei occhi. Solo Dio sa quanto in questo momento vorrei sbattergli l’uscio in faccia. Ma mi sforzo. Mi stampo un finto sorriso di circostanza e mi faccio da parte per farlo passare.

 

-Ciao Spike – cinguetto con voce, forse un po’ volutamente, falsa.

 

-Ciao Betty – mi risponde lui ed io digrigno i denti furiosa.

 

-E’ Buffy – sbotto sbattendo con violenza la porta facendo voltare di scatto Dawn che mi guarda accigliata.

 

Spike mi osserva facendo spallucce per poi sedersi accanto a Dawn, sorridendole dolcemente. Improvvisamente il suo sguardo si fa preoccupato e lo vedo accarezzarle i capelli amorevolmente.

 

-Tesoro come stai? Sembri piuttosto stanca… - inizia lui, ma mia sorella lo interrompe con un lieve bacio sulle labbra.

Li guardo un’ultima volta per poi voltarmi, dirigendomi verso la cucina. Penso che se rimarrò ancora un minuto di più in questa stanza, mi verrà una carie ai denti.

 

 

*********************

 

Un leggero rumore arriva alle mie orecchie, ma decido di non voltarmi, riconoscerei quei passi ovunque. Continuo ad asciugare i piatti che ho appena lavato. Spike è rimasto per cena e il sorriso sul volto pallido di Dawn mi ha fermato dal riempire la sua pietanza di peperoncino. Sospiro asciugando le mani sul mio grembiule e finalmente la voce di mia sorella si fa sentire.

 

-Pensavo avresti fatto come al solito con Spike oggi. Ma a parte il battibecco iniziale ti sei comportata bene – afferma scrutandomi sospettosa.

 

Sorrido, rimanendo voltata, ridacchiando internamente. Se sapesse tutte le cose che mi passano per la testa ogni volta che quell’uomo entra in questa casa Dawn mi decapiterebbe. Ama Spike e odia il fatto che tra me e lui non corra buon sangue. Ma non possiamo farci nulla. Ci odiamo, è un dato di fatto. E dubito che un giorno possa cambiare.

 

-Deve imparare il mio nome – sbotto voltandomi verso di lei con un cipiglio sul volto.

 

Ridacchia divertita mentre io alzo giocosamente un sopracciglio, fingendomi irritata.

 

-Piuttosto, è andato via? – le chiedo sperando che la sua risposta sia affermativa, e quando la vedo annuire canto gioia internamente sforzandomi di non sorridere entusiasta.

 

-Che ne dici di un film? – mi chiede lei ed io annuisco, sorridendo sincera questa volta.

 

Entrambe ci avviamo verso il soggiorno e dopo aver scelto il dvd da vedere ci accoccoliamo sul divano godendoci del buon sano tempo tra sorelle. Quando Dawn poggia la testa sulla mia spalla mi volto leggermente, scendendo con il volto ad inspirare il dolce profumo dei suoi capelli.

Ricordo che quando era ancora una bambina amava guardare i cartoni animati sul divano insieme a me perché sapeva che una volta addormentata l’avrei presa tra le braccia e trasportata nel suo lettino, rimboccandole le coperte.

Adesso la guardo e sento un grande orgoglio nascere dentro. La mia Dawn è una donna ormai. Il pensiero corre verso nostra madre. E la rivedo sorriderci mentre cerchiamo invano di preparale la cena per la festa della mamma, la vedo piangere quando nostro padre quel giorno ci abbandonò. Oggi sarebbe stata fiera di lei. Della splendida sorella, figlia, donna che è diventata. Ma mi chiedo se potrà esserlo di me. Se dopo la sua morte io sia stata in grado di accudire quel tesoro prezioso che è Dawn.

Mia sorella.

L’unica che amerò per tutta la vita.

 

Capitolo 2

 

-Dawn, sono a casa – strillo chiudendo la porta d’ingresso alle mie spalle.

 

Sento dei rumori provenire dal piano di sopra e poco dopo vedo scendere mia sorella dalle scale con un sorriso, a mio parere, leggermente forzato. Si avvicina, stampandomi un lieve bacio sulla guancia.

 

-Ciao sorellina – mi saluta per poi dirigersi in cucina e aprire il frigorifero. – succo? – chiede mostrandomi la caraffa che contiene il liquido.

 

Scuoto la testa e mi siedo sulla sedia, poggiando con un sospiro la testa sopra il tavolo. Chi pensava che il lavoro da consulente sarebbe stato così faticoso? Ho la testa piena di nomi di studenti e di mille situazioni strambe che ho dovuto ascoltare durante tutta la mattinata. Un ragazzo è addirittura venuto solo per chiedermi di uscire. Ovviamente ho declinato l’offerta nel migliore dei modi, Avrei rischiato il licenziamento. Sento la mano di Dawn accarezzare i miei capelli e sorrido, sospirando nuovamente.

 

-Giornata dura? – mi chiede ed io annuisco, non trovando la forza di alzare la testa.

 

-Milioni di studenti con milioni di problemi – bofonchio continuando a godere delle sue carezze.

 

La sento ridacchiare e decido finalmente di alzare la testa incontrando il suo sguardo. Sorseggia il succo d’arancia con espressione soddisfatta ed io le faccio la linguaccia rubandole il bicchiere dalle mani.

 

-Mi hai fatto venir voglia di berlo – ridacchio finendo la bevanda per poi poggiare il bicchiere sul tavolo.

 

Alzo le sopracciglia e guardo l’orologio. Mi chiedo come mai mister ossigenato non sia ancora qui. Forse non è potuto venire, o forse gli è venuta l’orticaria. Storco il naso per quest’ultimo pensiero e mi viene quasi da ridere. Dawn mi scruta, non capendo i miei continui cambi di espressione ed io le sorrido alzandomi e portando il bicchiere nel lavandino.

 

-Spike non viene oggi? – chiedo finalmente e la sento sbuffare.

 

-Lo sapevo! – sbotta alzandosi di scatto ed io indietreggio in riflesso.

 

Mi punta un dito contro ed io sbatto più volte le palpebre non capendo il perché di questa strana reazione. Dawn nonostante tutto non mi ha mai parlato così.

 

-Dawn, tesoro. Calmati… che ho detto? – le chiedo avvicinandomi lentamente.

 

Scuote la testa e la sua espressione cambia. I tratti del suo viso si distendono, così come i miei. Una parvenza di sorriso si disegna sul suo volto ed io tiro un sospiro di sollievo, chiedendomi però cosa le sia preso.

 

-No, non credo venga. Aveva una riunione – mi risponde finalmente ed io mi limito ad annuire.

 

Ancora scossa dalla sua improvvisa reazione la osservo abbandonare la cucina e dirigersi a passo spedito verso il piano di sopra. E mi chiedo cosa abbia detto di sbagliato. Cosa abbia fatto di sbagliato.

L’istinto da sorella maggiore mi sussurra di salire le scale e raggiungerla, ma i miei piedi si rifiutano di muoversi. Sento lo stesso rumore di poco prima provenire dal bagno e aggrotto le sopracciglia confusa.

Lo squillo del telefono mi fa sussultare e quando alzo la cornetta arriva alle mie orecchie la voce tanto odiata.

 

-Buffy – quasi mi stupisco che abbia azzeccato il mio nome.

 

Stringo la cornetta del telefono mentre l’istinto di spaccargliela in testa prende il sopravvento. Calma Buffy,

 

-Spike – rispondo alzando gli occhi al cielo. Odio questo silenzio.

 

-Passami Dawn – sbotta ed io non gli rispondo, lasciando penzolare la cornetta del telefono dirigendomi al piano di sopra.

 

Apro lentamente la porta del bagno con timore e vedo Dawn indietreggiare di scatto ansimando.

 

-Mi hai spaventata… - sussurra per poi chiudere di scatto un cassetto del mobiletto.

 

-C’è Spike al telefono – affermo e le sorrido dolcemente.

 

Annuisce lasciandomi sola in bagno per poi scendere al piano di sotto. Mi avvicino lentamente al cassetto appena chiuso e sto per aprirlo quando Dawn rientra facendomi voltare con un sussulto

 

-Buffy scusami per poco fa – mi dice ed io mi limito ad annuire sorridendole.

 

Avanza verso di me e mi abbraccia forte. Sento il suo corpo tremare e mentre avvolgo le braccia attorno a lei l’istinto di sciogliere il contatto e aprire quel cassetto cerca di prendere il sopravvento. Ma non lo lascio fare.

 

**********************************

 

Durante la notte mille pensieri mi tengono sveglia. Il caldo soffocante mi opprime e sento la morbida stoffa del cuscino cuocere sulla mia guancia.Mi alzo di scatto sbuffando, voltando il cuscino dall’altra parte, sperando con tutta me stessa di trovare il lato fresco.

Il silenzio che regna non mi fa più paura. Sento i battiti del mio cuore lenti e regolari.

Ripenso a questo pomeriggio, alla reazione di Dawn e al modo in cui ha chiuso quel cassetto. Come se lì ci fosse qualcosa da nascondere. E ancora una volta l’istinto di andarlo ad aprire si fa sentire. E allora combatto con me stessa. Tra la mia coscienza che mi dice di non invadere la privacy di mia sorella, e il mio lato iperprotettivo che urla di correre in bagno.

Che urla che qualcosa non va.

Mi alzo lentamente dal letto e infilo i piedi nelle ciabatte con un sospiro. Lentamente mi dirigo verso il corridoio fermandomi dinanzi la porta del bagno. Poggio una mano sopra essa chiudendo gli occhi.

I battiti del mio cuore non sono più lenti e regolari.

Il mio cuore galoppa.

Il sudore imperla la mia fronte.

Apro di scatto la porta entrando e chiudendola velocemente a chiave. Allo stesso modo apro il cassetto iniziando a frugare tra le tovaglie. Quando le mie mani toccano qualcosa di rigido posto sotto l’ultima asciugamano. Lo afferro e sgrano gli occhi riconoscendo la scatola di un medicinale.

Lo fisso per pochi minuti sentendo l’aria venir meno.

Le mani mi tremano.

Quando decido di aprire lo scatolo e leggere il foglietto illustrativo mi impongo di ritrovare la calma. E lo faccio. I miei occhi scorrono sul foglio di carta appena aperto, mi blocco leggendo le indicazioni teraupetiche.

Il respiro scompare un’altra volta, solo un rantolo soffocato fuoriesce dalla mia bocca.

 

to be continued...

 

 

 

 

 

 

Capitolo 3

 

Osservo allo specchio i miei occhi cerchiati e mi abbasso sul lavandino, bagnandomi il viso con dell’acqua fredda. Sto utilizzando il bagno della mia camera. Da ieri sera mi rifiuto di entrare in quello degli ospiti, ne di passarci accanto. Non so di preciso quanto tempo sono rimasta lì a fissare il pezzo di carta tra le mie mani.

Non lo ricordo.

I miei occhi continuano a leggere quelle frasi assurde e senza alcun senso.

Perché non è possibile.

Scuoto la testa e lentamente mi spoglio, lasciando cadere i vestiti a terra, e con loro un pezzo della mia anima. Apro il box della doccia e dopo pochi secondi l’acqua fredda colpisce il mio corpo facendomi boccheggiare.

Senza rendermene conto le lacrime iniziano a mischiarsi con l’acqua e i singhiozzi che non riesco a controllare mi scuotono il torace. Porto una mano al viso, copro i miei occhi, cerco di cancellare quelle frasi. Ma allo stesso tempo mi rendo conto che è impossibile. Mi accascio, stringendo le ginocchia al petto, mentre l’acqua continua a colpire il mio corpo. Ma non mi lava. Non toglie via il dolore che provo dentro.

Il dolore che mi soffoca.

Piano piano prendo consapevolezza di ciò che ieri sera ha distrutto il mio mondo. Tutte le mie certezze.

E allora sgrano gli occhi, un dolore sordo mi attanaglia e cerco a tentoni di alzarmi, di correre da Dawn, di chiederle spiegazioni. Ma allo stesso tempo la paura viscerale che provo mi urla di non farlo, perché se mi specchierò negli occhi castani di mia sorella e leggerò in essi la verità, allora io non esisterò più.

Io smetterò di vivere.

Con un gesto secco chiudo la manopola dell’acqua rimanendo immobile. Rivedo i miei quindici anni, quando Dawn era ancora una bambina e si arrabbiava quando per farle un dispetto le nascondevo le bambole. Rivedo mia sorella entrare timidamente nella mia stanza, non sapendo come confidarmi di aver dato il suo primo bacio.

Un lieve bussare alla porta mi ridesta, e torno alla realtà.

Pesa.

Pesa come un grosso macigno.

 

-Buffy? – sento la voce di Dawn chiamarmi e istintivamente le lacrime offuscano di nuovo i miei occhi.

 

Le scaccio via in un gesto secco con il dorso della mano e tiro su col naso, aprendo la porta del box della doccia.

 

-Arrivo subito Dawn – sbotto accoccolandomi nel mio accappatoio.

 

-Volevo solo dirti di non aspettarmi per cena. Passa Spike a prendermi a lavoro. Farò tardi, dormi pure. –

 

Annuisco da sola nel bagno, rendendomi conto solo dopo che lei non può vedermi.

 

-Oh, ok. – rispondo e dopo aver risposto al saluto di Dawn mi lascio andare ai singhiozzi.

 

Come vorrei che la mamma fosse qui.

Essere cullata dal suo dolce abbraccio.

Affrontare questa situazione con il suo appoggio, con il suo amore.

Mi vesto lentamente, con disinteresse, e quando sono pronta scendo al piano di sotto. Mi siedo sul divano e stringo le mani sulle ginocchia, aspettando che si faccia sera.

Aspettando di chiudere gli occhi per non sentire, almeno per un po’, questo dolore che non mi fa respirare.

 

 

**************************************

 

Sobbalzo aprendo di scatto gli occhi quando la porta principale si chiude con un leggero cigolio. Mi guardo intorno e mi rendo conto di essermi addormentata sul divano. Mi volto lentamente, quasi terrorizzata, ritrovandomi davanti Dawn, mi sorride con amore.

 

-Ancora sveglia? – mi chiede ed io scuoto la testa voltando lo sguardo da un’altra parte.

 

Sono orribile. Non riesco a guardare negli occhi mia sorella. Il mio stesso sangue. Il mio cuore riprende a battere velocemente. E sono lì, vicino la mamma che tiene in braccio un piccolo fagottino. Ed io le chiedo se da ora in poi vorrà più bene a lei che a me. Il sorriso della mamma sembra scaldarmi ancora adesso il cuore.

Forse non è accaduto nulla. Io non sono andata a frugare nei cassetti del bagno. Non ho trovato quelle maledette medicine.

Dawn non è malata.

Dawn non ha un cancro.

Dawn non fa la chemio.

Dawn non sta per morire.

Scuoto la testa portandomi le mani ai capelli, mentre le lacrime inondano il mio viso ed io non ho il coraggio di guardare in viso mia sorella. Io non ho il coraggio di affrontare niente di tutto ciò.

Sento le sue mani sulle mie spalle, mi costringono a voltarmi ed io non voglio. Combatto, ma lei sembra più forte. Quando incontro i suoi occhi boccheggio portandomi una mano a coprire la bocca.

Sono un mostro.

 

-Perché? – sussurro.

 

Dawn mi guarda confusa ed io mi accascio senza forze sul pavimento.

 

-Perché? – urlo adesso facendola indietreggiare dallo spavento.

 

Si inginocchia davanti a me ed io continuo a singhiozzare. Riesco a scorgere la sua figura, le lacrime offuscano la mia vista.

 

-Cosa Buffy? Parla! – mi scuote leggermente dalle spalle ed io continuo a singhiozzare senza tregua.

 

-Le medicine… la chemio… dimmi di no ti prego… dimmelo… dimmelo! – urlo quasi senza fiato.

 

La vedo aprire la bocca sconvolta e staccarsi da me. Indietreggia scuotendo la testa e la sento piangere.

 

-È vero. Ma non volevo lo sapessi così. Starò bene Buffy. Sto combattendo. – mi risponde tra le lacrime ed io annuisco.

 

Mi sto appigliando all’unica speranza che ho. Perché non penso di aver la forza di vedere Dawn morire.

Non penso di avere la forza di continuare a vivere senza lei al mio fianco.

Dawn è mia sorella.

Il mio sangue.

Sangue dei Summers.

Mi alzo lentamente e la abbraccio forte.

Per non farla mai andare via.

Per tenerla sempre con me.

Per sempre.

 

 

 

 

 

 

Capitolo 4

 

Da piccola Dawn diceva di voler fare il medico. Si arrabbiava quando io ridevo, affermando che una volta grande avrebbe cambiato milioni di volte idea. Metteva il broncio fino a quando non l’abbracciavo e le dicevo che sarebbe diventata la dottoressa più in gamba della California. Allora la mamma ci guardava, fiera di noi, del nostro stupendo rapporto.

Quando a sedici anni Angel diventò il mio ragazzo lasciavo Dawn libera di trascorrere tutto il tempo che voleva in nostra compagnia. Non mi ha mai infastidito la sua presenza, ma Angel non era dello stesso parere. Per questo lo lasciai.

Oggi Dawn non è un dottore, non trascorre il tempo con me ed il mio ragazzo, per il semplice fatto che non ne ho uno.

Oggi Dawn ha un tumore.

Al cervello mi ha detto.

Mi ha raccontato tutto quella sera. Sono rimasta ad ascoltare continuando a piangere ma mia sorella mi ha assicurato che guarirà. Ed io le credo.

O forse voglio crederci.

E’ l’unico scoglio che intravedo.

E’ passata solamente una settimana da quando ho scoperto tutto, e tre volte a settimana l’accompagno a fare la chemio. Dalla quella maledetta stanza d’ospedale esce sempre più pallida e stanca, ma guarirà.

La porta si spalanca all’improvviso, distogliendomi dai miei pensieri. Vedo Dawn con un enorme sorriso in volto entrare tenendo a braccetto Spike ed io stringo le mani a pugno, fino a far sbiancare le nocche.

Vedo mia sorella sventolare un qualcosa davanti ai miei occhi continuando a sorridere raggiante ed io sbatto le palpebre confusa.

 

-Che c’è? – le chiedo sorridendole.

 

Mi sono ripromessa che niente deve cambiare, Dawn guarirà. Ciò vuol dire che potrò continuare a comportami come sempre con lei e con…Spike. Potrò continuare ad odiarlo visceralmente e prenderlo in giro per quei ridicoli capelli che si ritrova.

 

-Partiamo! – esulta Dawn ed io sgrano gli occhi incredula.

 

-Cosa??- quasi urlo avvicinandomi di un passo.

 

-Si! Vuoi venire? – mi chiede facendomi gli occhi da cucciolo e sia io che l’ossigenato sgraniamo gli occhi.

 

-Cosa????? – ripeto io e lui mi segue a ruota.

 

Comincia a scuotere la testa e a divincolarsi dalla presa di Dawn per poi puntarmi un dito contro.

 

-Io non partirò con Barbie! – esclama ed io ringhio.

 

Come osa? Barbie! Mi ha chiamata Barbie!

 

-Tu…razza di idiota ossigenato!! – inizio dirigendomi verso di lui con aria minacciosa.

 

Per risposta lui continua a guardarmi a mento alzato facendomi infuriare ancora di più. Alza il sopracciglio e ghigna schioccando la lingua nel palato.

 

-Che c’è la verità fa male? Finta biondina –

 

Dawn sgrana gli occhi ed io non so dove colpirlo prima. Non so se assestargli un calcio nel sedere oppure dargli un pugno nella mascella. Fatto sta che alzo il braccio pronto a colpirlo e mia sorella mi ferma dal commettere un omicidio. La guardo e in un attimo mi sciolgo. Il suo sguardo comprensivo mi fa tornare in me e con un sospiro mi allontano dall’idiota che continua a fissarmi nervoso.

 

-Dawn io non partirò con tua sorella. Può benissimo rimanere qui a Sunnydale. Infondo lavora… non puoi costringerla… - inizia ma io lo interrompo con un finto sorriso stampato in volto.

 

-Invece verrò! – esclamo e Dawn mi sorride raggiante abbracciandomi.

 

Osservo Spike che mi guarda in cagnesco ed io canto vittoria internamente. Dawn mi bacia la guancia con dolcezza ed io mi lascio cullare dal suo abbraccio.

Improvvisamente un’ombra cala sui miei occhi e la stringo più forte.

 

 

************************************

 

 

Spike è andato via mezzora fa e Dawn è ancora qui eccitata a spiegarmi con minuziosità tutti i dettagli del viaggio. Andremo a Santa Monica al mare. Sono riuscita ad afferrare solo questa parte del discorso.

Mi chiedo se il viaggio per lei sarà stancante, come farà per la chemio…

 

-Buffy mi ascolti? – mi chiede ed io mi ridesto, decidendo di dar voce alle mie preoccupazioni.

 

-Dawn… non sarà… duro il viaggio…? Insomma…tu… - ancora non riesco a dirlo.

 

Riesco a pensarlo, a soffrirne, ma non riesco a pronunciarlo. Ogni volta sento le parole morire in gola e mi fermo sentendo l’aria venir meno. Ma Dawn guarirà e poi potrò dirlo.

 

-Buffy mi serve questa vacanza… al contrario mi riposerò. Al mare. – mi sorride dolcemente ed io annuisco, incapace di dirle di no.

 

Incapace di oppormi e costringerla a rimanere qui e a curarsi.

Forse ha ragione, ha bisogno di riposo.

E guarirà.

 

 

 

 

Capitolo 5

 

Sbuffo portandomi una mano alla fronte asciugando un rivolo di sudore. E’ da circa dieci minuti che provo imperterrita a chiudere questa maledetta valigia, ma non ci riesco! Devo ammettere che ogni volta che parto esagero con i vestiti da portare con me, ma non posso farci niente.

Dawn sicuramente mi rimprovererà dicendomi che non stiamo trasferendoci, ma stiamo solamente andando in vacanza. Mi chiedo come saranno questi giorni, mentre un filo d’ansia mi attanaglia. Non ricordo di essere andata ultimamente fuori città.

L’ultima volta è stato tre anni fa se non sbaglio. Io e Dawn siamo andati a trovare papà a New York. Ma le cose erano diverse allora.

Scuoto la testa e abbandono la mia camera dirigendomi verso quella di mia sorella. La trovo seduta sul letto a contemplare il vuoto e lentamente mi avvicino a lei sedendomici accanto. Sfioro la sua mano con la mia e improvvisamente si ridesta, voltandosi verso di me.

Mi sorride.

E’ stupendo il suo sorriso.

Lo sapevo già, ma oggi sembra diverso. Angelico.

 

-Perché mi hai chiesto di venire con voi? – le chiedo improvvisamente.

 

Dawn scrolla le spalle e continua a sorridermi, per poi alzarsi e darmi le spalle.

 

-Volevo avervi con me, entrambi. – sussurra ed io ingoio il groppo che mi si è formato in gola.

 

Gli occhi mi si riempiono di lacrime, ma le scaccio via. Mi sono imposta di essere forte, per Dawn. Perché non posso trascinarla con me nel mio dolore.

Il mio dolore è come una malattia, e a Dawn non serve anche questa. Le sue parole mi rimbombano nelle orecchie e il loro significato mi stordisce.

 

-Capisco – mi limito ad affermare abbassando lo sguardo.

 

Stringo forte le mani sul tessuto della mia gonna e sento la voglia improvvisa di ridere. E non so cosa sia. L’isteria si impossessa di me mentre tremo, e mi trattengo. Tremo e non so fermarmi. Vorrei urlare, urlare fino a perdere la voce. Vorrei arrabbiarmi con questo Dio che ha fatto si che Dawn si ammalasse. Questo Dio che vuole portarmi via il mio angelo.

 

-Ci divertiremo – afferma ma io non la sento.

 

Non voglio sentire. Dawn mi ha detto che guarirà. E’ forte. Ed io non rimarrò sola, io non proverò il desiderio di seguirla.

 

-Si – rispondo come un automa.

 

Un silenzio assordante cala nella stanza. Sento solo il suo respiro, perchè io non ne ho uno, e il fruscìo della sua gonna quando si decide finalmente a voltarsi.

 

-Spike lo sa? – le chiedo improvvisamente e la vedo irrigidirsi.

 

Scuote la testa in senso di diniego e sospira tornando a sedersi accanto a me.

 

-Devi dirglielo Dawn – continuo voltandomi verso di lei.

 

Osservo i suoi occhi colmarsi di lacrime e le accarezzo i capelli, spingendola poi tra le mie braccia. Annuso il dolce profumo e le bacio delicatamente la chioma stringendola a me.

 

-Lui ti vuole bene, ha il diritto di saperlo. –

 

La sento annuire e poi i singhiozzi iniziano a scuotere il suo torace. E la realtà mi piomba addosso. Il grosso macigno torna ad opprimermi. La verità si fa chiara davanti ai miei occhi. Ed io non respiro più. Non vivo più.

Cullo Dawn tra le mie braccia e rimango in silenzio, lasciando scivolare libere le lacrime dai miei occhi.

 

 

***************

 

Quando il campanello di casa suona siamo entrambe pronte a partire. Spike è venuto a prenderci con la sua desoto nera ed io faccio una smorfia di disgusto osservando l’auto ormai d’epoca.

 

-Cos’è questo carretto? – chiedo e vedo Dawn ridacchiare stringendo il braccio di Spike.

 

Quest’ultimo mi guarda in cagnesco e mi lascia sbattere aprendo la portiera per Dawn per poi salire a bordo lasciandomi fuori. Depongo la valigia nel cofano e lo chiudo un po’ troppo forte con un tonfo. Ghigno aprendo lo sportello posteriore e una volta dentro l’occhiata che mi regala Spike mi fa gongolare.

 

-Scusami – borbotto sorridendo falsamente mentre lui annuisce. Guarda Dawn per poi baciarle lievemente le labbra.

 

-Sei bellissima tesoro – le sussurra ed io indosso immediatamente gli occhiali da sole.

 

Mi chiedo quando Dawn si deciderà a dirgli la verità. Per quanto io possa odiare Spike mi rendo conto che mia sorella avrà bisogno di lui durante la malattia. Tremo e mi chiedo quando smetterò di farlo. Quando questa sensazione opprimente mi abbandonerà lasciandomi godere la serenità.

E allora chiudo gli occhi. Impedisco alle lacrime di scendere, e mi estraneo da loro. Lentamente mi abbandono alle braccia di morfeo, ma il mio sonno è popolato dagli incubi. E nemmeno lì il dolore mi lascia respirare.

 

Sembra sia passata un’eternità quando riapro gli occhi. Mi stiracchio leggermente e sbadiglio per poi togliermi gli occhiali da sole. Metto a fuoco la vista e mi rendo conto di trovarmi in macchina da sola con Spike.

 

-Dov’è Dawn? – chiedo e vedo Spike sussultare e voltarsi verso di me.

 

-Finalmente Summers, pensavamo fossi morta lì – afferma ed io sgrano gli occhi.

 

E sento il freddo congelarmi le ossa. Spike osserva la mia reazione e abbassa lo sguardo.

 

-Scusami – sussurra. – Dawn è andata a fare pipì – continua indicandomi con un cenno il bar della piazzola di sosta dove ci siamo fermati.

 

Annuisco a distolgo lo sguardo. Ho paura che possa leggere in esso quello che ancora non sa, mentre il freddo continua ad attanagliarmi. E il dolore, fedele compagno di vita, continua a ricordarmi il motivo di questa assurda vacanza.

 

To be continued...

 

 

Capitolo 6

 

Non ricordavo che Santa Monica fosse così bella.

In silenzio scendo dalla macchina e guardo il panorama attorno a me.

Mi volto lentamente e vedo il sorriso di Dawn.

E solo questo basta per rendermi felice.

 

 

***

 

La piccola casa che abbiamo affittato è quasi in riva al mare. Entro titubante ma quando un leggero profumo di pulito arriva alle mie narici mi rilasso. Almeno non dovremo perdere la maggior parte del tempo a nostra disposizione a ripulirla. Osservo Dawn correre in camera per disfare la sua valigia e ridacchio seguita da Spike, che la guarda dolcemente.

Distolgo lo sguardo e inizio ad ispezionare la casa. La cucina è piccola, ma confortevole. Al centro di essa spicca un tavolo in legno con quattro sedie e vicino la finestra il piano cottura e un piccolo frigo.

Sussulto quando la voce di mia sorella arriva improvvisamente alle mie orecchie.

 

-Buffy! – strilla facendomi voltare di scatto.

 

Ha il costume indosso e un piccolo pareo annodato alla vita. Le sorrido voltandomi poi ad aprire il frigorifero ed ispezionarlo.

 

-Vieni con noi in spiaggia? – mi chiede felice ed io scuoto la testa.

 

 

-Forse dopo. Andate pure. – rispondo e so già che si è imbronciata.

 

Anche se voltata riesco a vedere il suo labbro inferiore sporgere, caratteristica ereditata da me.

 

-Dawn è inutile che fai la faccia da cucciolo smarrito – le dico.

 

Inizia a ridere abbracciandomi da dietro ed io mi godo la sua stretta, unendomi alla sua risata.

 

-Ok! Allora verrai dopo? –

 

-Si, verrò dopo. – rispondo e poi mi volto, guardandola negli occhi. – Dawn… sei sicura ch –

 

Mi da un veloce bacio sulla guancia interrompendomi ed io sospiro, osservandola abbandonare la stanza.

 

 

***

 

 

Quando la sabbia cocente viene a contatto con i miei piedi sussulto leggermente. Ma non fa tanto male. Niente può essere paragonato al dolore che mi sta divorando dentro. Scorgo da lontano Dawn scherzare in acqua con Spike e sorrido. Quel ragazzo la fa davvero felice ed io non voglio altro per la mia piccola sorellina. Penso che, forse, fino a quando lei guarirà, potrò deporre l’ascia di guerra contro l’idiota e fingere di trovarlo almeno un tantino simpatico.

Mi chiedo cosa accadrà quando lui saprà.

Quando saprà che la mia Dawn ha un tumore.

Mi incammino nella sabbia e poso la borsa accanto alle loro tovaglie. Lentamente mi spoglio, rimanendo in bikini e osservo ancora una volta Dawn ridere come una matta insieme a Spike. E penso che potrei vivere di questo per tutta la vita. Delle risa gioiose e dei sorrisi di mia sorella. Della sua felicità.

 

-Buffy! – Dawn mi ha vista.

 

La conosco abbastanza da sapere che adesso mi obbligherà a fare il bagno. Precedendola, mi alzo di scatto dalla tovaglia sulla quale mi ero seduta, e corro raggiungendoli.

Le risa di Dawn si fanno più forti e sento il mio cuore scaldarsi di felicità.

Ma è solo un attimo.

Perché sento che non durerà per sempre.

 

 

***

 

E’ ormai sera quando esausti raggiungiamo casa. Abbiamo passato il pomeriggio a prendere il sole dopo aver fatto il bagno. E adesso la mia pelle è leggermente ustionata. Lancio la borsa sul pavimento, dirigendomi a passi stanchi verso il bagno. Chiudo a chiave la porta per poi osservare allo specchio le mie gote rosse. Sorrido leggermente pensando alla giornata appena trascorsa. Dawn sembra aver capito che mi sto sforzando di accettare Spike come il suo ragazzo e ha apprezzato. Quest’ultimo sembra aver deposto anche lui l’ascia di guerra. Ha imparato il mio nome e non mi ha preso in giro per cinque ore intere.

Apro il box della doccia e lascio che l’acqua lavi via la salsedine. Chiudo gli occhi pensando a quando da piccole io e Dawn, una volta tornate dal mare, facevamo a gara a chi la mamma doveva lavare per prima.

Vinceva sempre lei, perché la più piccola, ed io mi imbronciavo fino a quando nostra madre non mi preparava una tazza enorme di cioccolata calda, dicendomi di averla fatta solo per me per non scatenare la mia gelosia.

Ma io sapevo che una volta avermi rimboccato le coperte, ne portava di nascosto una tazza anche a Dawn.

Sorrido al triste ricordo e chiudo la manopola dell’acqua. Un lieve bussare mi mette fretta e una volta indossato l’accappatoio apro la porta ritrovandomi davanti il viso pallido di Dawn.

Sussulto prendendola tra le braccia.

 

-Dawn! Cos’hai?? – quasi urlo mentre lei si scosta per guardarmi in volto.

 

-Shht… vuoi per caso farlo sentire a Spike?- mi intima di fare silenzio.

 

Scuoto la testa e chiudo la porta nuovamente a chiave.

 

-Ho solo un tremendo mal di testa. Volevo solo sapere dove hai messo le medicine – continua, toccandosi la fronte.

 

La osservo incapace di proferire parola e mi appoggio al lavandino. Sudo freddo.

 

-Sono… sono nel mio borsone… - inizio guardando il pavimento. – non volevo che qualcuno le trovasse –

 

Dawn poggia una mano sulla mia ed io alzo lentamente lo sguardo. Mi sorride dolcemente e stringe la presa come a volermi confortare. Ma non sa che niente adesso può farmi stare meglio.

Che non esiste medicina per il mio dolore.

 

-Grazie Buffy – sussurra.

 

Il lieve tonfo della porta appena chiusa mi fa capire che Dawn è andata via. Mi volto, poggiando le spalle contro il muro, e mi lascio scivolare lentamente sul pavimento, stringendomi al mio accappatoio.

E c’è freddo nonostante sia agosto e abbia la pelle cocente.

Una lacrima solca la mia guancia.

Avrò fatto bene a permettere questa vacanza?

 

 

 

 

 

Capitolo 7 (prima parte)

 

La stessa sera decido di scendere giù in spiaggia. Mi ha sempre rilassato inalare il dolce profumo della salsedine. Quando la sabbia umida viene a contatto con la mia pelle sospiro, quasi di piacere, incamminandomi verso la riva del mare. Mi siedo pochi metri prima di essa e ascolto il rumore delle onde, perdendomi in esso.

Mi stringo le ginocchia al petto, poggiando il mento su di esse per poi sospirare nuovamente. Non sento il vento che fa muovere il mare questa sera. Non riesco a pensare a nient’altro che a Dawn.

E’ andata a letto subito dopo aver preso la medicina, le ho dato un bacio sulla fronte prima di lasciarla andare a riposare, ma non ho parlato.

Sono rimasta in silenzio, osservandola. Mentre il dolore dentro me cresceva e avevo solo voglia di urlare.

Un rumore improvviso mi fa sussultare e mi volto di scatto, trovandomi davanti il viso di Spike.

 

-Buffy – mi saluta con un cenno della testa, per poi sedersi accanto a me.

 

Volto lo sguardo verso il mare, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. Ho paura che possa leggere la verità in essi.

Impossibile, penso.

 

-Spike – ricambio il saluto annuendo leggermente.

 

-Cosa ci fai qui? – mi chiede continuando a fissarmi.

 

Sento il suo sguardo addosso.

 

-Potrei farti la stessa domanda – ribatto e lo sento sospirare.

 

-Come non detto. Non hai voglia di parlare. – risponde e lo sento alzarsi di scatto.

 

Chiudo gli occhi e stringo i pugni, fino a far sbiancare le nocche.

 

-Mi piace il mare – affermo e lo sento fermarsi di scatto.

 

Torna a sedersi accanto a me ed io mi decido a voltarmi. Lo guardo e un accenno di sorriso si fa strada nel mio volto.

 

-Quando eravamo piccole io e Dawn amavamo andarci – continuo e lo vedo sorridere.

 

Torno a guardare il mare e con un sospiro inizio a tracciare con il dito delle linee senza senso sulla sabbia.

 

-Anche a me piace il mare – lo sento parlare e mi volto a fissarlo.

 

Continua a sorridere, incurante della battaglia che avviene in questo momento dentro me. E vorrei urlarglielo che deve starle vicino, che non deve abbandonarla mai.

 

-La ami? – chiedo improvvisamente e vedo il suo sguardo farsi confuso.

 

Lo abbassa torturandosi le mani per poi alzare gli occhi e incontrare i miei.

 

-Si – mi risponde ed io mi limito ad annuire.

 

E smetto di nuovo di parlare. Rimaniamo lì, ad ascoltare il rumore delle onde in silenzio, ed io non respiro.

Ho imparato a non farlo.

 

 

***

 

-Dawn!! – urla Spike mentre io apro la porta di casa trasportando la mia valigia.

 

Sorrido pensando che mia sorella non cambierà mai. E’ sempre costantemente in ritardo.

 

-Dawn!!! – urla di nuovo alzando gli occhi al cielo ed io scoppio a ridere facendolo voltare di scatto.

 

-Scusa – borbotto continuando a ridacchiare e lui sbuffa per poi voltarsi e ritrovarsi davanti una Dawn sorridente .

 

-Mi chiamavi? – chiede lei con finta innocenza e lui digrigna i denti.

 

-Per l’inferno maledetto donna! Cosa pensi abbia fatto nell’ultimo quarto d’ora? – sbotta ed io sgrano gli occhi per poi continuare a ridacchiare.

 

Ho imparato a conoscere Spike in questa vacanza, e ad accettarlo. Non è un cattivo uomo, e mia sorella insieme a lui è felice. Questo non può che aiutarla a guarire.

Si volta nuovamente verso di me, sentendo la mia risata ed io mi fingo seria osservando poi il ghigno di Dawn. Quest’ultima gli schiocca un leggero bacio sulle labbra e viene verso di me.

Insieme ci incamminiamo verso la macchina e quando Spike ci raggiunge ci aiuta a mettere i bagagli nel cofano. Questa volta anche a me.

La nostra vacanza è finita. Stiamo per tornare a Sunnydale. Alla vita di sempre, quella un po’ più complicata.

Osservo Dawn e non c’è traccia di stanchezza nel suo volto. Sorrido mentre sento la speranza riaffiorare in me

E mi scalda.

Metto gli occhiali da sole ed entro in macchina con un leggero sorriso, guardando un’ultima volta la casa davanti a noi e Santa Monica.

 

E improvvisamente non ho più freddo.

 

Perchè Dawn guarirà, vero?

 

 

 

 

 

Capitolo 7 (seconda parte)

 

 

-Quindi lo hai chiamato… e lui ti ha riattaccato il telefono in faccia. Capisco… -

 

E così tornata a Sunnydale è tornato anche il mio lavoro. Guardo la ragazza davanti a me sbuffare spazientita e sorrido inconsciamente. Vorrei tanto avere i suoi stessi problemi. Avere una cotta per un ragazzo e non essere ricambiata, i brutti voti a scuola… Adesso lei pensa che questi siano problemi insormontabili, ma quando si ritroverà alla mia età allora capirà. Capirà e sorriderà ripensando alla sua giovinezza. Capirà di aver creduto che le situazioni in cui si trovava erano le peggiori, quando non era affatto così. Quando arriverà un licenziamento, una malattia, la morte, allora sì che avrà affrontato i problemi ‘veri’ della vita.

Improvvisamente il telefono squilla facendomi sussultare. Mi scuso con la ragazza e alzo la cornetta.

 

-Pronto? –

 

-Buffy – è Spike.

 

Tremo. Non respiro. Vedo la ragazza davanti a me roteare gli occhi impaziente. Stringo più forte la cornetta del telefono.

 

-S-Spike? – mi manca la voce.

 

L’assordante silenzio dall’altra parte mi sta divorando. Sento gli occhi colmarsi di lacrime.

 

-Devi… devi venire all’ospedale. –

 

E allora accade. Tutte le mie illusioni crollano. Il castello di sabbia accuratamente costruito da me crolla. Lascio cadere la cornetta del telefono sul pavimento e la fisso, senza realmente capire.

 

-Signorina Summers? – mi chiama la ragazza avvicinandosi, scuotendomi leggermente dalla spalla.

 

Mi volto a guardarla con lo sguardo perso, sbatto le palpebre. Perché lo faccio se in questo momento vorrei solo chiudere gli occhi e non sentire questo accecante dolore?

Guardo nuovamente la cornetta per terra e mi accascio raccogliendola.

 

-Spike? – sussurro e sento un rumore.

 

-Si. Sono ancora qui. Dawn stava male...diceva di aver mal di testa...e poi... e poi è svenuta ed io... –

 

-Io… io arrivo subito. Arriverò. Si… - lo interrompo e senza aspettare risposta chiudo la conversazione.

 

Come un automa mi alzo e afferro il giubbotto per poi indossarlo. La ragazza continua a guardarmi, non capisce. Non capirà mai.

Lascio la stanza e l’edificio senza dir niente a nessuno. Entro in macchina e metto in moto ingranando la marcia. Accendo lo stereo, e mentre le note di una canzone che non conosco arrivano alle mie orecchie, sgrano gli occhi stringendo più forte il volante.

Dawn. Dawn. Dawn.

Il mio unico pensiero adesso.

Lascio scivolare le lacrime che premono furiose nei miei occhi e piango spingendo il piede sull’acceleratore.

 

Quando finalmente arrivo in sala d’aspetto trovo Spike seduto su una sedia con la testa tra le mani. La alza di scatto quando si accorge della mia presenza e nota i miei occhi gonfi di pianto.

Si alza e si avvicina, aspettando un poco prima di stringermi leggermente.

Vedo il dottore avvicinarsi a noi e sciolgo l’abbraccio asciugandomi poi le lacrime con il dorso della mano.

 

-La signorina Summers? – mi chiede ed io annuisco senza proferire parola.

 

L’uomo dinanzi a me mi fa cenno di sedermi ed io scuoto la testa risoluta.

 

-No, preferisco stare in piedi. – affermo e guardo Spike osservare l’uomo, impaziente di sapere qualcosa.

 

-Sua sorella momentaneamente sta bene –

 

Spike avanza di un passo e guarda confuso il dottore. E allora capisco che è arrivato il momento che Spike sappia.

 

-Cosa? Che vuol dire momentaneamente? – quasi urla, ed io afferro il suo braccio costringendolo ad indietreggiare.

 

Il dottore mi fissa e ignorando il commento di Spike continua a parlare.

 

-Il tumore si è sviluppato purtroppo. – afferma ed io sgrano gli occhi.

 

Tutto sembra fermarsi intorno a me. Le lacrime ricominciano a solcare le mie guance. Ho la vista appannata, riesco solo a scorgere i contorni della persona davanti a me.

 

-La chemio non ha sortito i risultati sperati – continua ed io mi siedo sulla sedia, sentendo le gambe cedere.

 

Sbatto gli occhi e mi volto a guardare Spike. Ha gli occhi sgranati, e sembra che anche lui abbia smesso di respirare. Si volta a guardarmi e un singhiozzo mi sfugge.

 

-Tumore? Cosa diavolo… - si interrompe iniziando a scuotere la testa sedendosi accanto a me. – non può essere…- afferma risoluto.

 

-Spike… - cerco di parlargli.

 

Ma mi mancano le parole.

 

-Non può essere. Dawn non ha un tumore. – non mi ascolta.

 

-Spike… -ripeto senza guardarlo.

 

-No… me lo avrebbe detto… -

 

-Spike! – urlo stavolta e un silenzio assordante cala nella stanza.

 

Si blocca a fissarmi e un rantolo soffocato fuoriesce dalla mia bocca.

 

-Dawn ha un tumore. E’ vero. – affermo mentre un singhiozzo mi scuote.

 

E la mia anima urla. Vorrebbe non avere mai ammesso questo. Spike sgrana gli occhi nuovamente e inizia a tremare scuotendo la testa.

 

-Non voleva dirtelo… nemmeno io lo sapevo. L’ho scoperto…per caso. – continuo e lui mi guarda sbigottito.

 

Il dottore si schiarisce la voce riprendendo la nostra attenzione.

 

-È sveglia. Se volete potete vederla…ha chiesto di entrambi. – dice e si volta a guardare tristemente Spike prima di allontanarsi.

 

Quest’ultimo è ancora in silenzio, ha abbassato lo sguardo. So che ha gli occhi colmi di lacrime. Dividiamo lo stesso dolore. Gli stringo la spalla e si volta a guardarmi. Cerco di sorridergli, ma un orribile smorfia ne è scaturita.

 

-Vai prima tu – gli dico e lui annuisce alzandosi.

 

Non parli Spike? Nemmeno io vorrei farlo, e mi è sembrato di poterlo fare per un po’. Ma è stato solo un attimo.

Si alza e si incammina verso la stanza dove si trova la mia Dawn, la nostra Dawn.

 

-Spike? – lo chiamo e lo vedo fermarsi per poi voltarsi lentamente verso di me.

 

-Non essere arrabbiato con lei –

 

Senza rispondermi continua il suo cammino mentre io sento il mondo crollarmi addosso.

Dawn hai perso le forze?

Mi avevi detto che stavi combattendo…

Mi avevi detto che saresti guarita.

Mi avevi detto di non preoccuparmi.

Eppure sono qui adesso, e il dolore che sento non si può descrivere.

 

 

 

 

 

Capitolo 8

 

Ci sono momenti nella vita che vorresti ricordare per sempre, e altri che vorresti dimenticare. Forse così facendo potrei convincermi che niente di tutto ciò è accaduto.

Apro lentamente la porta della camera che ospita Dawn, trattengo involontariamente il respiro, fino a quando i miei occhi incontrano i suoi.

E sono stanchi e cerchiati. Un singhiozzo mi sfugge, insieme ad un sorriso che Dawn ricambia.

Avanzo lentamente e mi siedo sulla sedia posta accanto al suo letto. Le stringo la mano e solo ora noto che i suoi occhi sono velati di lacrime. Non ho osato levare lo sguardo su Spike quando è uscito, ed io non ho sentito il suo addosso.

 

-Mi avevi detto che saresti guarita – sussurro e lei abbassa lo sguardo, quasi colpevole.

 

Quasi sapesse di avermi detto una menzogna.

Stringo più forte la presa e le accarezzo con l’altra mano la guancia pallida. I suoi occhi si chiudono ed i miei si colmano nuovamente di lacrime.

Le lascio cadere giù, ormai le lascio vincere senza nemmeno oppormi. La forza non ce l’ho. Insieme alla voglia di vedere tutto questo.

Di sentire tutto questo.

 

-Ti voglio bene – esclama Dawn d’improvviso riaprendo gli occhi ed io lascio cadere il volto sul suo petto.

 

Mentre il mio è scosso dai singhiozzi. Ansimo continuando a piangere, lamentandomi, cercando di urlare a volte. Ma la voce si rifiuta di fuoriuscire, quello avverrà dopo, forse.

Dawn mi accarezza i capelli, anche lei piange, ma in silenzio.

Io non ce la faccio, i singhiozzi continuano a scuotere il mio torace e mi sento quasi mancare l’aria. Alzo il viso rigato di lacrime incontrando gli occhi di Dawn e allora piango più forte.

 

-Non mi lasciare – riesco a dire tra i rantoli soffocati.

 

Lei non mi risponde ed io lascio vincere il mio dolore. E ancora una volta vedo il mio castello di sabbia sgretolarsi, è bastato un niente, un leggero battito di ciglia, un lieve sospiro, ed è caduto giù. Lasciandomi inerme ad osservarlo, senza poter far niente per poter evitare tutto ciò.

Quando mi calmo emetto un lungo sospiro e mi asciugo le lacrime con il dorso della mano. Dawn mi fissa tristemente ed io le regalo un piccolo sorriso.

 

-Odio questa stanza – afferma e mi verrebbe quasi da ridere. – odio gli ospedali – continua cercando di ricambiare il mio sorriso.

 

-Te l’avevo detto che non saresti diventata dottoressa – rispondo e adesso ridacchia leggermente per poi abbassare lo sguardo, tornato a farsi cupo.

 

-Non volevo che lo scoprisse così – so già a cosa si riferisce.

 

Le stringo la mano e le accarezzo leggermente il dorso di essa con il pollice.

 

-Lo so. Ma è successo. –

 

-Era distrutto – afferma mentre io mi limito ad annuire.

 

So com’era. So quello che sente perché lo sento anch’io. Questo dolore accecante che non ti lascia respirare. Questa continua speranza che va e viene, che forse ti inganna, che ti fa soffrire di più.

 

-Stagli vicino Buffy, promettilo. – sgrano gli occhi mentre lei mi fissa.

 

-Te lo prometto –

 

***

 

 

-Spike – lo chiamo e lui alza il volto di scatto per poi distogliere nuovamente lo sguardo.

 

Mi siedo accanto a lui con un sospiro e stringo le mani sulle ginocchia, senza sapere come comportarmi o cosa dire. Ma mi precede, aiutandomi nell’ardua impresa.

 

-Perché? –

 

Bella domanda Spike. Me lo chiedo tutti i giorni anch’io. Mi chiedo perché al mondo debba esistere tutto ciò. Mi chiedo perché mia sorella debba soffrire questo male. Mi chiedo tante cose.

 

-Non lo so – rispondo sincera e mi volto a guardarlo.

 

Anche lui lo fa e insieme sospiriamo. Vorrei poter dire che tutto andrà bene, che tutto si risolverà per il meglio ma oggi ho imparato a fare il contrario.

Spike lentamente prende la mia mano e la stringe. Sgrano gli occhi, non aspettandomi quel contatto e ricambio la stretta leggermente, sorridendogli tra le lacrime trattenute.

I suoi occhi sono gonfi, così come i miei e quelli di Dawn.

Osservo la sua mano intrecciata con la mia e mi viene in mente la promessa fatta a Dawn. Rialzo lo sguardo ed incontro il suo, disperato.

E ci lasciamo andare contro le spalliere delle sedie su cui siamo seduti. Rimaniamo lì, in silenzio, mentre io tremo.

Chiudo gli occhi sperando di addormentarmi, nonostante la posizione scomoda, ma rivedo gli occhi di Dawn. E solo adesso mi rendo conto che sono uguali a quelli di mamma.

La mamma vive in Dawn, ma lei in chi vivrà quando andrà via?

Tremo nuovamente.

E’ agosto, ed io sento un inspiegabile freddo.

 

 

 

 

 

Capitolo 9

 

Apro lentamente gli occhi soffocando uno sbadiglio e la prima cosa che vedo è Dawn che mi sorride radiosa. Il volto stanco di pochi giorni fa adesso è rosato e non più pallido.

Sbatto più volte le palpebre e mi alzo, raggiungendola con una muta domanda.

 

-Il dottore ha detto che posso tornare a casa – si limita ad affermare, ed il mio primo istinto è quello di abbracciarla.

 

Lo faccio. La stringo, quasi soffocandola e la sento ridere. Improvvisamente la sua risata cessa e la sento irrigidirsi tra le mie braccia. Sciolgo lentamente il contatto e mi volto incontrando gli occhi stanchi di Spike. Sorride tristemente guardandoci, mentre Dawn si avvicina titubante a lui.

Indietreggio decidendo di concedere loro un momento di privacy. Non so cosa si siano detti in questi giorni, ma so che Spike non l’abbandonerà.

In pochi attimi sono fuori l’ospedale e respiro a fondo rendendomi conto solo adesso di non vedere e respirare l’aria della città da circa una settimana. Mi sono rifiutata categoricamente di abbandonare Dawn e sono ancora vestita come il giorno in cui Spike mi ha chiamata sconvolto.

Mi siedo su una panchina sospirando e mi guardo intorno. Osservo i volti stanchi di donne e uomini, cerco di immaginare la loro storia. Magari è simile alla mia.

Ho vissuto di lacrime e odore di disinfettante per pochi giorni, ma è sembrata un’eternità. Adesso voglio solo ricominciare a vivere, farlo insieme a Dawn.

Perché ogni attimo trascorso con lei potrebbe essere l’ultimo, e voglio viverlo fino in fondo.

Improvvisamente qualcuno si siede accanto a me facendomi sussultare. Ero persa nei meandri dei miei pensieri.

Gli occhi blu di Spike incontrano i miei ed un leggero sorriso incurva le mie labbra.

 

-Betty – mi saluta ed io ghigno fingendomi furiosa.

 

-William – ribatto. In questi giorni trascorsi insieme ho scoperto il suo vero nome e adesso ho un motivo in più per prenderlo in giro.

 

Sorride anche lui e si lascia cadere contro lo schienale della panchina con un sospiro, grattandosi la testa.

Ho imparato a non odiarlo, e lui a non odiare me. Ci sopportiamo.

Questo e altro per Dawn, ci siamo detti giorni fa stringendoci la mano, depondendo l’ascia di guerra.

 

-Dawn? -

 

-Sta firmando il foglio per uscire da questo maledetto posto. – risponde ed io annuisco sorridendo inconsciamente.

 

E la vedo. Viene verso di noi. Stupenda. Bella come il sole.

 

-Andiamo? – esclama fermandosi davanti a noi.

 

Mi alzo ed annuisco. A braccetto ci incamminiamo, abbandonando l’ospedale, e Spike ci segue.

Riesco quasi a sentire il suo sorriso.

 

 

****

 

 

 

 

-Willow non puoi prendere le patatine e poi il gelato al cioccolato, ti verrà un’indigestione! –

 

Osservo Dawn e Willow discutere animatamente sul cibo da ordinare e sorrido. Sono davvero buffe. Willow è la mia migliore amica dai tempi del liceo. Da timida e imbranata ragazzina si è trasformata in una pazza ed esuberante donna. Lei è l’unica a sapere della malattia di mia sorella, a parte me e Spike.

Novembre è ormai alle porte ed il caldo sole estivo di Sunnydale si è nascosto dietro le poche nuvole che riempiono il cielo.

 

-Buffy diglielo anche tu! – sbotta Dawn ed io mi volto a guardarla ghignando.

 

Willow alza il sopracciglio, sfidandomi. Sa che al liceo entrambe avevamo l’abitudine di ingozzarci di patatine e gelato al cioccolato.

Sbuffo alzando gli occhi al cielo, ridendo.

 

-Al diavolo Dawn! Queste cose si fanno una volta nella vita! – esclamo e Willow ride insieme a me.

 

Mia sorella ci fissa per un attimo per poi scrollare le spalle. Osserviamo il cameriere avvicinarsi e sto per parlare quando Dawn mi precede.

 

-Tre porzioni di patatine fritte, tre gelati al cioccolato e tre bicchieri di cocacola. –

 

Sgrano gli occhi osservandola mentre Willow ghigna dandole leggeri colpetti sulla spalla.

 

-Che c’è? – mi chiede ed io boccheggio. Non credevo l’avrebbe fatto sul serio. - lo hai detto tu! Queste cose si fanno una sola volta nella vita! – continua e Willow mi colpisce giocosamente il braccio.

 

-Dov’è finita la Buffy che trangugiava kili di patatine fritte e gelato al cioccolato? – mi chiede ed io scoppio a ridere.

 

Mi sento leggera. Come se fossi tornata ai miei anni più belli. Come se non esistessero problemi nella mia vita. E mai come adesso ho sentito il bisogno di fermare il tempo, di godere di questi attimi. Per sempre.

Finiamo le nostre porzioni di cibo e mi massaggio lo stomaco con aria soddisfatta. Osservo Dawn con la mia stessa espressione sul viso e sorrido.

Willow improvvisamente si alza di scatto sorridendo e mi volto, seguendo il suo sguardo.

 

-Riley! – esclama mentre io osservo il ragazzo avvicinarsi a noi.

 

E’ alto e con un fisico massiccio. I suoi occhi nocciola si voltano a scrutarci e si soffermano sui miei, mettendomi a disagio. Mi volto di scatto osservando Dawn ghignare. La conosco fin troppo bene.

 

-Ciao Willow – sento la sua voce e mi volto nuovamente. - ciao – saluta anche noi ed io ricambio con un cenno della testa mentre Dawn gli stringe la mano entusiasta.

 

-Riley! Che ci fai da queste parti? – chiede Willow abbracciandolo.

 

Osservo la scena ricordandomi improvvisamente che Riley è il cugino di Willow. Me ne ha parlato tanto tempo fa, al liceo. MI raccontò che aveva visto una mia foto insieme a lei e diceva di volermi conoscere assolutamente. Scuoto la testa, perdendomi nei miei pensieri, non accorgendomi che il ragazzo ci ha salutate ed è andato via.

Mi alzo afferrando la borsa con un sospiro e Dawn mi imita.

 

-Sarà meglio andare – esclamo e Willow annuisce indossando la giacca.

 

Ci salutiamo prendendo appuntamento per la sera stessa e quando io e Dawn iniziamo a camminare mi stringo le braccia al petto rabbrividendo leggermente. Sento il suo sguardo addosso. Alzo gli occhi al cielo e mi fermo di scatto guardandola.

 

-Cosa c’è? –

 

La vedo sogghignare divertita ed io sospiro, incrociando le braccia al petto.

 

-Non osare dire che quello lì mi fa il filo, perché anche se fosse a me non interessa. – sbotto quasi irritata, continuando la mia corsa.

 

Sento Dawn dietro di me ridere e sorrido. Vorrei poterla tener stretta a me per sempre.

 

 

 

 

Capitolo 10

 

Non mi ero accorta fosse arrivato già Dicembre. Il nostro mite clima californiano ha confuso anche un po’ le idee.

La vita è stata frenetica ultimamente.

Chiudo il rubinetto dell’acqua fredda con un gesto secco e mi volto a guardare Dawn seduta sullo sgabello della cucina.

Mi sforzo di sorriderle mentre vedo la vita piano piano scivolarle via.

Le medicine non fanno più effetto. E’ peggiorata.

Cerco di starle accanto il più possibile, ma a volte desidero solamente chiudermi nel silenzio della mia stanza. E dimenticare, dimenticare e dimenticare.

Tornare indietro nel tempo, seppur con la mente. Ma mi farebbe stare bene.

Il suo viso più scarno e i suoi occhi cerchiati mi ricordano continuamente cosa sto vivendo. La disgrazia che mi ha colpita.

E Dawn mi lascerà sola?

Quasi non mi sono accorta di stare fissando il suo volto da circa due minuti. Mi riscuoto non appena accenna una smorfia e mi avvicino a lei quasi correndo.

 

-Cosa c’è? – le chiedo e lei scuote la testa sorridendomi.

 

-Nulla – mente Dawn.

 

Ma non capisce che io me ne andrò con lei.

Improvvisamente il campanello suona facendomi sussultare. Mi dirigo verso la porta principale sapendo già che mi troverò davanti il volto abbattuto di Spike. E quando incontro i suoi occhi cerco di sorridergli, ma è solo un accenno. Mi è impossibile farlo adesso.

 

-È in cucina – affermo spostandomi di lato, facendolo passare.

 

Annuisce senza proferire parola, e lo vedo dirigersi verso Dawn. Osservo i suoi occhi scrutarla dolcemente, le sue mani accarezzarle i capelli. E vedo mia sorella sorridergli, appoggiare il capo contro il petto di lui e sospirare.

Chissà cosa pensa.

Chissà.

Ho parlato con un medico specializzato in oncologia stamattina. Pensavo alla possibilità di fare operare Dawn fuori dall’America. Sperando nelle capacità di qualcun altro.

Perché questo Dio che veglia su di noi non mi ha lasciato speranza. Vuole strapparmi via il mio angelo e lasciarmi morire lentamente in questa terra.

Forse Dawn si opererà in Francia e guarirà.

Un istinto irrefrenabile di ridere si impossessa di me. Forse ho perso il lume della ragione. Continuo a prendermi in giro da sola. A convincermi delle cose più indicibili.

Osservo nuovamente Spike e Dawn. Mi avvicino a loro titubante per poi aprire il frigorifero e versarmi dell’acqua fresca in un bicchiere.

Stanno parlando entrambi, ma non li ascolto realmente. Mi estraneo da questo mondo che mi vuole solo male e quando l’acqua fresca raggiunge la mia gola, sto per deporre il bicchiere vuoto dentro il lavandino.

 

-Voi sapete che… voi sapete che io sto per andare via. Che non ce la farò. – ecco la voce di Dawn. Ora arriva chiara alle mie orecchie.

 

Sento venir meno la presa sul bicchiere, e lo vedo scivolare lentamente sul pavimento, infrangersi in mille pezzi. Lo osservo come in trance mentre sento gli occhi colmarsi di lacrime. Le mie mani tremano mentre mi abbasso a raccogliere i cocci di vetro che continuano a sfuggirmi, tanto è il mio tremore.

 

-Dawn, per favore – è la voce di Spike. Trema anche lui.

 

Sa cosa vuol dire.

 

-No. Fermatevi. – quasi urla ed io sobbalzo, continuando a raccogliere il vetro, ignorando la sua richesta. – continuate a vivere convincendovi che io guarirò, ma vi fate del male, perchè non è così. Ormai è chiaro, è palese. – continua indicando il suo viso con la mano.

 

La guardo e inizio a scuotere la testa tenendo in mano i cocci del bicchiere. Sento gocce salate scivolare giù per le mie guance.

 

-Non è così – ripete - e quando… quando io morirò… - la sua voce si incrina mentre osservo i suoi occhi colmarsi anch’essi di lacrime.

 

Mi avvicino di un passo osservando poi Spike guardarla con gli occhi sgranati, trattenendo il pianto.

 

-No! – mi ferma lei con un solo cenno della mano. – quando io morirò….vivete per me. Vivete quello che io non ho potuto vivere. – continua con più convinzione ed io mi volto di scatto continuando a piangere.

 

Lascio cadere i cocci di vetro dentro il cestino e rivolgo nuovamente la mia attenzione a loro.

 

-Scusatemi – borbotto aprendo poi di scatto la porta sul retro e rifugiandomi in giardino.

 

Non voglio sentire altro. Mi tappo le orecchie con le mani quasi a voler scacciare via l’eco di quelle parole tanto brutali quanto vere.

In cuor mio lo so, ma non me ne capacito.

Sento la porta del retro aprirsi e chiudersi alle mie spalle e chiudo gli occhi di scatto.

Una mano, forte ma allo stesso tempo leggera, si posa sulla mia spalla ed io mi rilasso leggermente mentre mi volto e mi lancio tra le braccia di Spike.

Affondo il viso sul suo petto e lascio che le lacrime prendano completamente il sopravvento, che i singhiozzi mi scuotano il torace e che il mio respiro diventi corto.

Le sue braccia mi stringono forte e le sue mani accarezzano la mia schiena con lenti movimenti circolari, facendomi rilassare ulteriormente.

Le sue labbra si poggiano lievemente sui miei capelli ed io sussulto staccandomi, asciugandomi accuratamente le guance e gli occhi gonfi di pianto.

 

-Scusami – sussurro abbassando lo sguardo, e quando lo rialzo lo vedo sorridermi gentilmente.

 

-Non c’è bisogno che ti scusi, Buffy – risponde sedendosi nei gradini del portico.

 

Lo imito rilasciando un lieve sospiro e alzo gli occhi verso il cielo, scrutandolo. Improvvisamente la sua voce mi riscuote.

 

-Fa male –

 

Mi volto a fissarlo, aspettando che continui la sua frase. Con un gesto secco afferra il pacchetto di sigarette dalla tasca della sua giacca di pelle ed io prontamente glielo rubo dalle mani.

 

-Fa male quello che ha detto Dawn – continua, sorridendomi lievemente.

 

Annuisco abbassando lo sguardo, sentendo gli occhi colmarsi di lacrime.

 

-Non c’è niente che io possa dirti che possa farti stare meglio – afferma ed io sgrano gli occhi.

 

E’ la verità. E lui lo sa.

 

-Posso solo dirti che non sarai sola – la sua voce trema e quando mi volto vedo le lacrime nei suoi occhi.

 

Si alza di scatto ed io lo seguo con lo sguardo. Con un leggero cenno mi saluta e inizia ad allontanarsi. I miei occhi si posano sul pacchetto di sigarette che stringo ancora tra le mani.

 

-Spike – lo chiamo e lui si volta a scrutarmi.

 

Gli lancio il pacchetto di sigarette che lui afferra prontamente ed accenno un sorriso.

 

-Anche quelle fanno male. Prometti che smetterai, fallo per Dawn – esclamo alzandomi dagli scalini del portico.

 

Annuisce sorridendo e si allontana nuovamente mentre io mi chiudo la porta alle spalle.

E il grosso macigno torna a pesare.

 

 

 

 

 

Capitolo 11

 

-Cosa diavolo …? Come Dawn non potrà operarsi in Francia? Ma lei… no no no! Lei aveva detto che… mi faccia finire di parlare! Lei mi aveva assicurato che ce l’avrebbe fatta! Ah non è così? Bene allora, vada al diavolo! – urlo sbattendo la cornetta del telefono con un tonfo.

 

-Brutte notizie riguardo la Francia? – mi volto di scatto osservando Spike guardarmi tristemente.

 

Mi limito ad annuire, afferrando una pezza, strofinandola poi contro l’isola della cucina. Era l’ultima possibilità per Dawn ed è bastata una sola telefonata a distruggerla in mille pezzi. Sento lo sguardo di Spike addosso mentre continuo a pulire in modo maniacale la superficie in muratura. Gli occhi mi si colmano di lacrime mentre osservo con la coda dell’occhio l’uomo di mia sorella abbassare lo sguardo.

Decido così di dare sfogo alla mia frustrazione.

Sbatto con violenza la pezzuola che ho tra le mani e lo faccio sussultare. Alza di scatto lo sguardo e punta gli occhi dentro i miei.

 

-Dannazione Spike! Che diavolo ti prende?? – urlo e lo vedo guardarmi perplesso.

 

-Cosa? –

 

-Non sei d’aiuto!!! Continui a piangerti addosso, mentre Dawn di sopra ha bisogno di te! Ha bisogno di noi! – continuo e adesso lui boccheggia indignato.

 

Si avvicina lentamente stringendo i pugni ed io indietreggio in riflesso, mi rendo conto di avere esagerato, ma ormai sono un fiume in piena.

 

-Ah si? Davvero?? – urla anche lui, questa volta sono io a sobbalzare –mi sembra che finora quella che ha passato la maggior parte del tempo a versare lacrime sia stata tu! –

 

Subisco il colpo e mi limito a rimanere in silenzio. So che entrambi stiamo scaricando le frustrazioni accumulate finora l’uno contro l’altra. Ma va bene così.

 

-Ti sono stato vicino Buffy. Sono stato vicino a Dawn. Ma non puoi chiedermi di non star male al pensiero che la donna che amo sta per morire ed io non posso fare niente per evitarlo. – continua, questa volta sottovoce.

 

E il mio cuore smette improvvisamente di battere. Perché lo ha detto. Questa volta non è stata Dawn a dirlo… è stato lui. Ha detto quello che io finora non sono mai riuscita a dire, ma solo a pensare. Boccheggio e subito dopo un rantolo soffocato rompe il silenzio opprimente che è calato nella stanza.

Porto una mano davanti alla bocca, mentre con l’altra mi aggrappo all’isola.

Spike indietreggia di scatto coprendosi gli occhi con il dorso della mano. Sospira mentre io sgrano gli occhi e afferro nuovamente la pezza voltandomi verso il lavello, lasciandogliela cadere dentro. Poi lo stringo, fino a far sbiancare le nocche, sento Spike avvicinarsi lentamente a me.

 

-Buffy…-

 

-Va via. – riesco a sussurrare.

 

E lo fa veramente. Mi lascia sola, non sento più la sua presenza. Sgrano nuovamente gli occhi, aumentando la presa sul lavandino.

Da quando sento la presenza di Spike?

 

 

***

 

 

 

 

Raggiungo la camera di Dawn in punta di piedi per paura di svegliarla. Dopo il duro confronto con Spike sono rimasta a fissare il vuoto per circa mezzora, ignorando volutamente la domanda che mi sono posta con sgomento.

Quando apro la porta la chioma platinata dell’uomo che in questo momento non vorrei vedere per niente al mondo, arriva alla mia visuale e sospiro decidendo che forse è il caso che io chieda scusa per il mio atteggiamento burbero.

Osservo il volto rilassato di Dawn, ha gli occhi chiusi, sembra dormire serenamente. Spike si accorge di me e si alza dalla poltrona, infilando le mani dentro le tasche dei jeans. Con fare imbarazzato mi osserva ed io abbasso lo sguardo torcendomi nervosamente le mani.

 

-Volevo chiederti scusa – inizio senza guardarlo.

 

Lo sento sospirare e avvicinarsi a me. Lentamente mi stringe fra le braccia ed io mi lascio cullare dal suo abbraccio aspirando l’odore della sua camicia.

 

-Sono io che devo chiederti scusa, Buffy. Ti ho spiattellato la realtà in faccia senza mezzi termini. E’ stato… ingiusto. So come ti senti e non so nemmeno io dove ho trovato il coraggio di… di dirlo. – sento la sua voce spezzarsi e mi limito ad annuire.

 

Ho ancora il volto poggiato sul suo petto. Vorrei solo che tutto questo finisse. Che questa sensazione opprimente mi abbandonasse.

 

-Spike, Buffy – è stata Dawn a parlare.

 

Sussulto staccandomi con violenza da Spike ed osservo Dawn. Ci sorride stancamente e riesce, seppur con un po’ di difficoltà, a stiracchiarsi lievemente i muscoli del corpo. Ha iniziato da poco a prendere la morfina, per attenuare il dolore, e quando si risveglia è sempre stordita e priva di forze. Mi avvicino lentamente a lei, aiutandola a mettersi seduta. Le accarezzo il volto per poi baciarle la fronte e mi siedo in un angolo del letto, cercando di sorriderle.

 

-Ti abbiamo svegliato, scusa – le dico voltandomi poi verso Spike, è rimasto a guardarci sorridendo lievemente.

 

Lui sa fingere bene, io ormai non riesco più a farlo.

Dawn scuote la testa e mi stringe la mano lievemente.

 

-No, non preoccuparti. Mi è sembrato di aver interrotto qualcosa. – afferma ed io sussulto.

 

Mi volto di scatto a guardare Spike mentre il panico mi prende. Ma dura solo un attimo. Mentre mi convinco che non c’è motivo di esserlo. Perchè non sento la presenza di Spike e non ho inspirato il profumo della sua camicia.

 

-Abbiamo solo avuto un battibecco – viene lui in mio aiuto ed io sorrido a Dawn annuendo.

 

-Tutto ok. Abbiamo chiarito e ci siamo scusati a vicenda. – continuo io, rassicurandola.

 

Dawn ci osserva e chiude lentamente gli occhi lasciandosi cadere nuovamente supina sul letto.

 

-Mi fa piacere che voi due abbiate sotterrato l’ascia di guerra – biascica chiudendo nuovamente gli occhi. – vi dispiace se riposo un altro po’? – continua prima di scivolare nuovamente nel sonno.

 

E lei non sa quanto vorrei dormire fino a quando tutto questo non sarà finito. Mi volto verso Spike che riprende di nuovo posto nella poltrona e con un cenno della testa lo saluto per poi abbandonare la stanza.

Osservo la foto appesa al muro della mamma. Mi sorride ed io non posso non ricambiare. L’accarezzo lievemente e sospiro.

 

-Mamma. Non fare più soffrire Dawn, ti prego. –

 

 

 

Capitolo 12

 

Osservo come un’automa l’infermiera inniettare nelle vene di mia sorella l’ennesima dose di morfina. Forse la mamma ha preso alla lettera la mia richiesta, quella di non fare più soffrire Dawn.

O forse no.

E allora perché vedo quella piccola fiamma che alimentava la mia speranza affievolirsi sempre più?

Febbraio è arrivato e la vita di mia sorella sta andando via. Lo vedo nei suoi occhi, è sempre più stanca e la morfina non fa quasi più effetto. La dose è aumentata e questa non fa che stordirla ancora di più, portandomi via mia sorella e lasciandomi dinanzi solo una sua piccola parvenza.

La sua pelle sembrerebbe di porcellana se non fosse per i grossi cerchi scuri sotto gli occhi. Ogni tanto sorride ancora la mia piccola Dawn e io sorrido con lei. Perché so che quando non lo potrà più fare smetterò anch’io.

 

-Signorina, può rimanere un altro po’ se vuole – la voce dell’infermiera mi riscuote dai miei pensieri.

 

Mi volto a guardarla e annuisco lasciandomi scivolare sulla sedia accanto al letto. Sospiro prendendo la mano di Dawn tra le mie, mi stringe leggermente prima di scivolare nell’incoscienza; la osservo per lunghi minuti.

Ore forse.

Non so definire con precisione il tempo che trascorre in questa stanza, per me l’eternità andrebbe bene, mi basta che il cuore di mia sorella batta ancora. Che io possa guardare i suoi occhi aperti e sentire il suo respiro regolare.

La porta si apre improvvisamente, ma non mi volto a guardare. Non importa, so già che non sarà mai mio padre.

Che non si degnerà di ascoltare la segreteria telefonica.

Si, mi sono decisa a contattarlo. Di rovinare la sua stupenda vacanza con la segretaria, di condividere con lui questo mio enorme dolore. Ma sua figlia sta morendo e lui non è qui insieme a lei.

Spike si avvicina e lentamente poggia una mano sulla mia spalla. La stringe ed io alzo finalmente lo sguardo.

 

-Non voglio lasciarla sola – affermo – potrei chiedere all’infermiera di farmi rimanere qui? –

 

-Puoi. Ma non sono sicuro della risposta che ti darà – mi risponde ed io mi limito a sospirare.

 

Mi alzo lentametne dalla sedia e Spike prende il mio posto, stringe la mano di Dawn per me ed io li osservo. Li rivedo ridere e scherzare in riva al mare, a Santa Monica. Rivedo Dawn baciare Spike sulle labbra e guardarlo con amore.

Tremo e abbandono la stanza sperando che l’infermiera mi dia una risposta positiva.

 

 

***

 

 

 

 

E’ passato solamente un quarto d’ora da quando mi sono allontanata dalla camera di Dawn. L’infermiera mi ha guardata tristemente e poi ha annuito borbottando qualcosa sulla comprensione. A dire il vero non l’ho ascoltata, non ho bisogno di pietà.

Mi sono incamminata nuovamente verso la stanza di mia sorella fermandomi prima alla macchinetta del caffè che ho sorseggiato lentamente, appoggiata ad un muro di quest’orribile edificio. Sento le gambe molli e il mal di testa non accenna ad abbandonarmi.

Giro il pomello della porta per poi aprirla e richiuderla alle mie spalle. Non appena entrata un rumore sordo arriva alle mie orecchie e mi volto di scatto.

Osservo Spike guardare ad occhi sgranati il letto, è nella stessa posizione in cui l’ho lasciato, ha la mano di Dawn tra le sue.

E allora tutto accade. Comprendo.

I miei occhi corrono al display che segna i battiti cardiaci del cuore di Dawn, il rumore sordo rimbomba nelle mie orecchie insieme a quello incessante dei battiti accelerati del mio cuore. E ora non sento più le gambe molli.

Il medico entra quasi correndo mentre le infermiere afferrano Spike dalle spalle costringendolo ad abbandonare la sedia e la presa su Dawn. La mia retina è pregna della linea continua che è raffigurata nel monitor, lo osservo ad occhi sgranati, nelle mie orecchie è tutto un rimbombo.

Mi accascio a terra, poi alzo lo sguardo e incontro quello di Spike, è disperato. Un rantolo soffocato fuoriesce dalla mia bocca che copro prontamente con la mano.

Non vedo più, riesco solo a distinguere contorni, le lacrime impediscono tutto. Odo voci, non capisco cosa dicono.

Non li sento realmente.

Osservo in un istante il torace di mia sorella alzarsi di scatto per poi riabbassarsi. Il medico sospira e mi guarda con aria sconfitta.

Mi lamento e subito dopo un urlo lacerante rompe il silenzio creatosi nella stanza. Ed è il mio.

L’urlo che è seguito dalle lacrime. Tutti cercando di afferrarmi, ma io mi dibatto, li spingo, cerco di alzarmi ma le mie gambe cedono.

Così decido di trascinarmi in ginocchio accanto al mio angelo, continuando a singhiozzare disperata. Allungo la mano sfiorando la sua e poi la ritraggo di scatto, boccheggiando.

E’ fredda.

Qualcuno mi afferra per le spalle trascinandomi via, ed io questa volta lo lascio fare. Ad occhi sgranati mi allontano da mia sorella e sento il mondo piano piano crollarmi addosso. Quando mi ritrovo fuori la camera alzo lo sguardo verso Spike, vedo le sue lacrime, osservo le sue labbra muoversi, mi sta dicendo qualcosa.

Lascia le mie spalle ed io mi lascio scivolare nuovamente sul pavimento. Abbasso lo sguardo sulla mia mano, la stessa che pochi istanti fa ha sfiorato Dawn, sento ancora il gelo.

E ricomincio a piangere, sconfitta, disperata. Mi copro gli occhi con le mani pensando che non ho nemmeno avuto il tempo di dirle niente, di dirle che le volevo bene, che l’amavo con tutta me stessa.

E lei se n’è andata, mi ha lasciata sola.

E’ tutto un sogno vero? Io adesso aprirò gli occhi e Dawn mi guarderà, mi sorriderà tristemente e si limiterà a stringermi la mano.

Voglio svegliarmi.

Dawn, dove sei?

 

 

 

 

 

Capitolo 13 (prima parte)

 

Non posso fare a meno di fissarla.

Di fissare il suo corpo disteso e aspettare che apra gli occhi. Che muova una mano, che sbatta le ciglia.

Non so da quante ore sono qui, la percezione del tempo non esiste in questa stanza, non quando mia sorella non mi parla più, non mi guarda, non mi sorride.

Una singola lacrima lotta presuntuosa nei miei occhi e alla fine esulta la sua vittoria scivolando giù per la mia guancia.

Non la scaccio, la assaporo passando la lingua sulle labbra, stringendo ancora di più i pugni.

La porta si apre con un leggero cigolio ed io sussulto voltandomi di scatto. E’ Spike.

Mi rilasso nuovamente contro lo schienale della sedia e torno ad osservare Dawn. La mano di Spike si poggia sulla mia spalla ma io non oso emettere parola.

 

-Buffy – mi chiama, io mi limito a voltarmi, lo fisso aspettando che continui.

 

Lo vedo stringere le labbra e trattenere le lacrime, evita di osservare Dawn e mi chiedo il motivo. Io da un giorno aspetto con ansia che si svegli, lui non ha mai aspettato qui con me.

 

-Andiamo via. Torneremo dopo. Devi riposarti. – continua lui ed io scuoto la testa.

 

-Non posso andare via. Voglio essere qui quando si sveglierà. – sussurro e vedo i suoi occhi fissarmi disperati, ci scorgo un lampo di pietà. – tu non vuoi esserci? – gli chiedo indignata.

 

Di scatto ritrae la mano dalla mia spalla come se si fosse scottato e si volta, dirigendosi verso la finestra. Lo sento respirare a fatica e mi volto a fissare nuovamente Dawn. Mi alzo lentamente dalla sedia e con un lento gesto aggiusto la coperta che copre il suo corpo e torno a sedermi.

 

-Buffy, lei non si sveglierà. – la voce di Spike mi fa sussultare ed io stringo i pugni serrando le labbra.

 

-Si, invece. Cosa ti fa pensare il contrario? –

 

-È morta. –

 

Una nausea opprimente mi assale, trattengo un conato mentre una sensazione di disperazione totale si fa strada in me. E allora rivedo i medici afferrare Spike, la linea continua e sento il suono incessante di quel macchinario infernale.

Sento il freddo nella mia mano.

No.

Mi volto di scatto, furente, verso Spike. E’ ancora voltato verso la finestra.

 

-No, non lo è. – sussurro stringendo ancora i pugni fino a far sbiancare le nocche.

 

Lui finalmente si volta, mi guarda e mi accorgo che sta piangendo. Le lacrime imperlano il suo viso, e solo adesso mi accorgo dell’aria sconvolta che ha.

 

-Buffy, tua sorel –

 

-No! – lo interrompo, questa volta urlando.

 

-Toccala! – urla anche lui adesso ed io prendo a scuotere la testa.

 

Dawn non è morta, Dawn sta dormendo.

Presto si sveglierà, tornerà da me. Riuscirò a farla operare fuori l’america. Mi guarderà e mi donerà uno dei suoi sorrisi, di quelli senza i quali non potrei vivere.

 

-Toccala! – ripete Spike questa volta a bassa voce, avvicinandosi a me.

 

Indietreggio in riflesso e mi accorgo che sto tremando. Mi volto nuovamente verso mia sorella, osservo il suo volto più bianco che mai e le sua mani incrociate al petto. Improvvisamente vengo stretta nell’abbraccio di Spike e sgrano gli occhi tornando alla realtà.

Un rantolo fuoriesce dalla mia bocca mentre stringo con disperazione la maglietta di Spike tra le dita. Mi afferro alle sue spalle come se fossero il mio solo appiglio mentre sento le gambe cedere, insieme a tutte le mie inutili convinzioni.

Calde lacrime iniziano a inondarmi il volto, i singhiozzi mi scuotono il torace mentre ho solo voglia di urlare, di vomitare l’anima.

Ma non posso, Dawn se l’è portata via morendo.

Spike si allontana da me tenendomi per la spalle e mi guarda, piange anche lui come me. Le sue labbra sfiorano la mia fronte ed io subito dopo mi accascio a terra.

Lascio che i conati prendano il sopravvento e vomito, sentendo poi i sensi abbandonarmi.

E tutto diventa buio.

 

 

 

 

 

Capitolo 13

 

Non posso fare a meno di fissarla.

Di fissare il suo corpo disteso e aspettare che apra gli occhi. Che muova una mano, che sbatta le ciglia.

Non so da quante ore sono qui, la percezione del tempo non esiste in questa stanza, non quando mia sorella non mi parla più, non mi guarda, non mi sorride.

Una singola lacrima lotta presuntuosa nei miei occhi e alla fine esulta la sua vittoria scivolando giù per la mia guancia.

Non la scaccio, la assaporo passando la lingua sulle labbra, stringendo ancora di più i pugni.

La porta si apre con un leggero cigolio ed io sussulto voltandomi di scatto.

E’ Spike.

Mi rilasso nuovamente contro lo schienale della sedia e torno ad osservare Dawn. La mano di Spike si poggia sulla mia spalla ma io non oso emettere parola.

 

-Buffy – mi chiama, io mi limito a voltarmi, lo fisso aspettando che continui.

 

Lo vedo stringere le labbra e trattenere le lacrime, evita di osservare Dawn e mi chiedo il motivo. Io da un giorno aspetto con ansia che si svegli, lui non ha mai aspettato qui con me.

 

-Andiamo via. Torneremo dopo. Devi riposarti. – continua lui ed io scuoto la testa.

 

-Non posso andare via. Voglio essere qui quando si sveglierà. – sussurro e vedo i suoi occhi fissarmi disperati, ci scorgo un lampo di pietà. – tu non vuoi esserci? – gli chiedo indignata.

 

Di scatto ritrae la mano dalla mia spalla come se si fosse scottato e si volta, dirigendosi verso la finestra. Lo sento respirare a fatica e mi volto a fissare nuovamente Dawn. Mi alzo lentamente dalla sedia e con un lento gesto aggiusto la coperta che copre il suo corpo e torno a sedermi.

 

-Buffy, lei non si sveglierà. – la voce di Spike mi fa sussultare ed io stringo i pugni serrando le labbra.

 

-Si, invece. Cosa ti fa pensare il contrario? –

 

-È morta. –

 

Una nausea opprimente mi assale, trattengo un conato mentre una sensazione di disperazione totale si fa strada in me. E allora rivedo i medici afferrare Spike, la linea continua e sento il suono incessante di quel macchinario infernale.

Sento il freddo nella mia mano.

No.

Mi volto di scatto, furente, verso Spike. E’ ancora voltato verso la finestra.

 

-No, non lo è. – sussurro stringendo ancora i pugni fino a far sbiancare le nocche.

 

Lui finalmente si volta, mi guarda e mi accorgo che sta piangendo. Le lacrime imperlano il suo viso, e solo adesso mi accorgo dell’aria sconvolta che ha.

 

-Buffy, tua sorel –

 

-No! – lo interrompo, questa volta urlando.

 

-Toccala! – urla anche lui adesso ed io prendo a scuotere la testa.

 

Dawn non è morta, Dawn sta dormendo.

Presto si sveglierà, tornerà da me. Riuscirò a farla operare fuori l’america. Mi guarderà e mi donerà uno dei suoi sorrisi, di quelli senza i quali non potrei vivere.

 

-Toccala! – ripete Spike questa volta a bassa voce, avvicinandosi a me.

 

Indietreggio in riflesso e mi accorgo che sto tremando. Mi volto nuovamente verso mia sorella, osservo il suo volto più bianco che mai e le sua mani incrociate al petto. Improvvisamente vengo stretta nell’abbraccio di Spike e sgrano gli occhi tornando alla realtà.

Un rantolo fuoriesce dalla mia bocca mentre stringo con disperazione la maglietta di Spike tra le dita. Mi afferro alle sue spalle come se fossero il mio solo appiglio mentre sento le gambe cedere, insieme a tutte le mie inutili convinzioni.

Calde lacrime iniziano a inondarmi il volto, i singhiozzi mi scuotono il torace mentre ho solo voglia di urlare, di vomitare l’anima.

Ma non posso, Dawn se l’è portata via morendo.

Spike si allontana da me tenendomi per la spalle e mi guarda, piange anche lui come me. Le sue labbra sfiorano la mia fronte ed io subito dopo mi accascio a terra.

Lascio che i conati prendano il sopravvento e vomito, sentendo poi i sensi abbandonarmi.

E tutto diventa buio.

 

 

*~*~*~*~*~*

 

 

 

Ho ripreso conoscenza dopo circa un’ora. O almeno così mi hanno detto. I medici mi hanno visitata, ma dubito abbiano una cura per il mio dolore.

Osservo come un automa Spike parlare con degli uomini. Sono vestiti di nero e annuiscono alle sue parole con uno sguardo impassibile.

Quando Spike torna a sedersi accanto a me alzo lo sguardo lentamente aspettando che mi parli.

 

-Buffy, i signori con cui ho parlato si occuperanno del funerale di Dawn. –

 

Annuisco impercettibilmente. Mi volto nuovamente a guardare mia sorella per poi distogliere lo sguardo velocemente.

 

-Sarà domani mattina – continua ed io sgrano gli occhi iniziando a scuotere la testa.

 

Non domani. Non portatemi via Dawn. E’ troppo presto domani.

La sua mano corre ad accarezzare i miei capelli e poi mi prende per le spalle, scuotendomi leggermente.

 

-Buffy, parlami per favore. –

 

-No – sussurro – perché domani?-

 

-Buffy devi lasciarla andare. Dio, so che è maledettamente difficile ma… nemmeno io vorrei che fosse morta. Buffy la amavo. Era la mia donna. E la amo ancora. Ma le ho promesso delle cose prima che se ne andasse per sempre, e una di queste era di non lasciarmi affogare nel dolore. – risponde e mi lascia di sasso.

 

Sgrano gli occhi abbassando lo sguardo mentre una singola lacrima solca il mio volto pallido e scarno. Mi chiedo quali siano le altre promesse che Dawn ha strappato a Spike mentre mi rendo conto che io non ho mai parlato di niente con mia sorella. Non ho mai discusso con lei dell’eventualità che lei morisse. Lei non mi ha strappato promesse che sapevo sarebbe stato difficile mantenere.

Dawn sapeva che io l’amavo con tutta me stessa? Mi stringo nelle spalle e alzo lentamente lo sguardo. La mano di Spike corre al mio volto e mi accarezza le guance delicatamente. Chiudo gli occhi godendo di quel gesto inaspettato mentre il suo pollice scaccia via la lacrima dal mio viso. Quando riapro gli occhi le mie iridi incontrano il suo sorriso stanco ed io mi sforzo di ricambiare, ma ne esce un’orribile smorfia, mentre mi chiedo cosa proverò quando la bara di Dawn verrà chiusa ed io mi renderò conto che non la rivedrò mai più. Quando la terra ricoprirà la sua nuova casa e in una lapide di pietra leggerò il suo nome e cognome inciso. Quando mi ritroverò a parlare con lei aspettando che mi risponda ma non lo farà.

Spike continua a guardarmi ed io rompo il contatto con la sua mano. Perché sto tremando ed è lui che mi fa sentire freddo.

 

Capitolo 14

 

 

La vita senza Dawn mi ha travolta senza che io me ne rendessi conto. E’ passato solamente un mese ma a me sembra di aver visto ieri il suo volto pallido e di aver toccato il suo corpo freddo. Il mio lavoro da consulente continua nonostante abbia fatto numerose assenze e, soprattutto, nonostante la mia leggera svogliatezza nell’ascoltare i problemi degli altri.

Ogni volta che qualche ragazzina petulante viene a lamentarsi di quanto si senta grassa e brutta mi verrebbe voglia di urlarle in faccia quanto io stia soffrendo perché sono rimasta sola e non c’è rimedio al mio male.

Nemmeno a quello di Dawn c’era.

Abbandono il divano su cui ero semisdraiata e mi incammino lentamente verso la cucina per mettere a tacere il mio stomaco che si lamenta, quando suona il campanello.

Alzo gli occhi al cielo, so già che mi ritroverò davanti lo sguardo severo di Spike. E mi rimprovererà perché mi troverà sempre più magra, ma io mi giustificherò facendogli vedere che stavo proprio per riempirmi lo stomaco di schifezze. E lui mi dirà che non sono quelle che mi nutriranno.

Apro la porta con un gesto svogliato ed ecco lo sguardo inquisitorio di mister sharlock holmes.

 

-Spike – esclamo fingendomi sorpresa.

 

Come se io non mi aspettassi la sua visita. Puntuale come sempre.

 

-Ciao Buffy – mi saluta ed io mi faccio da parte per farlo entrare. – come stai?- continua guardandomi dalla testa ai piedi.

 

Lo sapevo. Sorrido leggermente chiudendo la porta e inizio a scuotere la testa.

 

-Scommetto che ora mi dirai che stavi andando a rimpinzarti di schifezze – afferma ed io sgrano gli occhi boccheggiando.

 

-E tu mi dirai che non sono quelle che mi danno energia e bla bla bla – rispondo e lui inizia a ridacchiare facendo nascere un mio sorriso felice.

 

-Vedo che sappiamo già cosa ci diremo –

 

Annuisce e si guarda intorno quasi imbarazzato. Infila le mani nelle tasche anteriori dei jeans e prende a dondolarsi su e giù spingendosi con i piedi.

Il suo tentativo di starmi vicina mi rincuora, ma dentro penso che non sia giusto.

Spike non deve affogare con me.

 

-Allora … - inizia ed io abbasso subito lo sguardo. – cosa facciamo? –

 

Alzo lentamente gli occhi e prendo un sospiro prima di parlare. – Spike io… -

 

-Cosa? Tu cosa? – mi chiede con aria innocente.

 

So già che sarà dura convincerlo. Mi avvicino lentamente sorridendogli e mi siedo sul divano.

 

-Apprezzo quello che fai, veramente. Ma io credo che non sia giusto. –

 

-Non sia giusto cosa? –

 

-Che tu… che tu sacrifichi le tue giornate per passarle con me. – dico tutto d’un fiato e quando i suoi occhi cambiano espressione tremo leggermente.

 

Lo vedo stringere la mascella in un gesto nervoso e stringere le mani fino a far sbiancare le nocche. So già che dovrò assistere al suo sfogo e cerco di prepararmi psicologicamente al suo imminente rimprovero. Ma mi sorprende. Lentamente si avvicina e si siede sul divano accanto a me. I suoi occhi sono tornati azzurri e non blu come l’oceano in tempesta.

 

-Buffy io non sacrifico proprio nulla. E’ un piacere passare le giornate con te, e sai che io non mento mai. – ghigna in ricordo dei tempi passati, quando io e lui non avevamo ancora deposto l’ascia di guerra.

 

-Si, ne so qualcosa. – gli sorrido e la mia mano cerca la sua per stringerla leggermente. – grazie. –

 

-Non abbiamo appena detto che non c’è niente di cui tu debba ringraziarmi? Non hai afferrato il concetto? –

 

Alzo le mani in segno di resa continuando a sorridergli e mi metto più comoda sul divano. – certo, certo. Allora cosa facciamo? –

 

-Film? –

 

Annuisco e lui si alza andando a scegliere il dvd da vedere. Sa già che non sono ammessi film drammatici e strappalacrime. Lo osservo guardare con minuziosità uno per uno i dvd e mi viene in mente la sera in cui mi ha raggiunta in spiaggia, quando gli chiesi se amasse o meno mia sorella. Mi è sembrato di rivedere il mare di Santa Monica nei suoi occhi poco prima.

 

-Spike?-

 

-si?-

 

- Sai che quando ti arrabbi i tuoi occhi diventano di un altro colore? – affermo e mi pento quasi all’istante di averlo fatto.

 

Lo vedo voltarsi lentamente e guardarmi curioso. Arrossisco leggermente e mi volto cercando di far cadere l’argomento.

 

-Davvero? –

 

Annuisco timida e continuo a parlare, questa volta con lo sguardo basso.

 

-Quando ti arrabbi diventano blu. E’ una cosa strana. –

 

- Sei la prima persona che me lo dice. Forse sai leggere i miei occhi come nessun altro. – risponde ed io sento il cuore fermarsi per un attimo.

 

Rimango in silenzio, evitando di rispondere alla sua affermazione. Perché infondo so che è vero. Perché io e William abbiamo imparato a conoscerci a vicenda, e insieme stiamo risalendo, soffocando quell’atroce dolore che ti opprime il petto ogni volta che pensi a lei.

 

 

*~*~*~*~*~*

 

 

 

 

Chissà cosa pensa Dawn di me. Del modo in cui sto affrontando la vita senza di lei. Lo capisce che è tutto difficile e doloroso? Capisce che ogni volta che passo accanto alla sua stanza mi salgono le lacrime agli occhi e non riesco a smettere di piangere fino a quando non mi addormento stremata dal pianto? Lo sa quanto mi senta in colpa ogni volta che godo della compagnia di Spike, sapendo che lei non può?

E’ questo quello che mi chiedo mentre raggiungo il cimitero. Mi accovaccio dinanzi la sua lapide e accarezzo il suo nome inciso, come ho immaginato di fare tempo fa. Quando Dawn era ancora nel letto dell’ospedale, morta, ma accanto a me.

 

-Ciao Dawnie – sussurro cercando di sorriderle.

 

Rimango in silenzio per diversi minuti. Ci sarebbero così tante cose da dirle… ma la mia voce si rifiuta di fuoriuscire e per quanto mi sforzi non riesco a pronunciare una sola parola, ne a trattenere le lacrime.

Il loro gusto salato arriva alle mie labbra e un singhiozzo mi sfugge mentre a carponi mi avvicino alla lapide poggiandoci sopra le spalle.

 

-Mi manchi tanto… - riesco a dire tra i singhiozzi che mi scuotono il torace.

 

Cerco a tentoni un fazzoletto dentro la borsa e quando lo trovo lo stringo così forte tra le mie mani cercando di trattenere i singhiozzi violenti che seguono il pianto disperato a cui sto per arrivare.

Mentre mi rendo conto che sono rimasta sola al mondo, che non mi rimane più niente.

 

-C’eri solo tu… solo tu… - chiudo gli occhi abbandonandomi completamente al pianto.

 

Chissà se Dawn mi sta guardando. Chissà se sta piangendo anche lei. Chissà se mi sta abbracciando ed io non la sento. Quello che sento improvvisamente è il leggero tocco di una mano tra i miei capelli.

Apro di scatto gli occhi affogando in quelli di Spike.

Sono colmi di lacrime trattenute e di dolore intriso al mio. Intriso alla rabbia mia e sua.

 

-Spike… - sussurro mentre un’inspiegabile pace mi travolge.

 

Mi volto a guardare nuovamente la lapide di Dawn e la accarezzo accennando un sorriso triste.

 

-Scusami tesoro… sono la solita piagnucolona… - parlo con lei.

 

-Sei fatta così Buffy – mi risponde Spike ed io mi volto a guardarlo. – è quello che ti avrebbe risposto lei – continua facendo spallucce.

 

Annuisco impercettibilmente e facendo leva sulle braccia mi alzo, Spike mi segue a ruota. Sento i suoi occhi su di me ed io distolgo lo sguardo imbarazzata.

 

-Oh scusami, forse volevi restare sola… - balbetta.

 

-No! – quasi urlo afferrandolo per il braccio.

 

Non voglio che vada via.

 

-Non andrò via. - risponde. Ed io mi rendo conto di aver pensato a voce alta.

 

Arrosisco abbassando lo sguardo e lo sento avvicinarsi a me. Quando rialzo lo sguardo il suo viso è talmente vicino al mio che mi riesce quasi impossibile respirare. Si china lentamente ed io chiudo gli occhi sentendo i battiti del mio cuore accelerare vertiginosamente. Sento le sue labbra posarsi sulla mia chioma bionda e riprendo a respirare, riaprendo gli occhi.

Sconvolta boccheggio, voltandomi di scatto.

Non capisco queste strane emozioni, e provarle dinanzi alla tomba di Dawn mi sconvolge maggiormente. Al suo sguardo confuso scuoto la testa, non volendo rispondere a nessuna delle sue domande, e nemmeno alle mie. Mi limito ad incamminarmi al suo fianco, evitando di guardarlo.

Evitando di affogare.

 

 

 

 

Capitolo 14 ultima parte

 

 

-Buffy –

 

Mi volto di scatto e un sorriso sincero nasce spontaneo nel mio volto. Lentamente la mia mano corre ad accarezzare i suoi capelli e i miei occhi osservano i suoi illuminarsi di gioia.

Mi sembra quasi di non vederla da secoli. Presto le sue braccia mi circondano ed io sospiro inspirando forte il suo odore.

E’ quello di sempre.

 

-Buffy… come stai? – mi chiede ed io sciolgo l’abbraccio osservandola meglio.

 

Non le rispondo.

Le sue gote sono rosee e il suo volto un po’ più paffuto. Sorrido contenta e mi siedo ai piedi del suo letto. Mi guardo intorno sospirando. E’ tutto come l’ho lasciato.

Le infermiere di tanto in tanto entrano sbattendo forte l’uscio, ma Dawn non ha più le flebo attaccate e gli occhi cerchiati.

Improvvisamente il dottore entra, tenendo lo sguardo fisso sulla cartella medica che ha tra le mani.

 

-Dottore! Ha visto? Dawn sta bene! – esclamo ma lui non si volta a guardarmi, sembra non ascoltarmi e pochi attimi dopo abbandona nuovamente la stanza.

 

-Lui non può sentirti Buffy –

 

-Come? C..cosa? – chiedo confusa mentre un rumore assordante e fastidioso inizia a rimbombare nelle mie orecchie.

 

Spike fissa tramortito un cadavere su un letto e i dottori lo trascinano con la forza fuori dalla camera, insieme a me.

Io mi accascio a terra e vomito l’anima che mi sento strappare via lentamente.

 

Buffy lei non si sveglierà.

 

E’ morta.

 

Mi tappo le orecchie serrando gli occhi, stringendo il labbro inferiore tra i denti fino a farlo sanguinare. Apro di scatto gli occhi e li punto in quelli di Dawn. Annuisce mentre io mi lascio scivolare nuovamente seduta.

 

-Ti voglio bene Buffy. –

 

Lentamente apro gli occhi soffocando uno sbadiglio. Prendo coscienza di ciò che ho sognato solo dopo alcuni istanti. E così il mio corpo inizia a tremare.

Rivedere Dawn nel mio sogno è stato qualcosa di sconvolgente e allo stesso tempo stupendo.

Mi mancava.

Mi manca ancora adesso anche se l’ho appena rivista.

Adesso so che mia sorella è in un posto stupendo, che è felice. Che ha smesso di soffrire.

Sorrido tra le lacrime ripensando alle sue parole e vorrei tanto riaddormentarmi, dirle che mi manca, che penso a lei ogni minuto della mia giornata. Ma probabilmente queste cose le sa già.

Le direi, Dawn sai, Spike è davvero un bravo ragazzo.

Era quello giusto per te.

Mi sta aiutando a superare il dolore per la tua morte e io sono divorata dai sensi di colpa.

Mi alzo lentamente dal letto con un sospiro e dopo aver fatto una doccia decido improvvisamente di chiamare Riley.

Willow giorni fa mi ha dato il suo numero di telefono, insistendo nell’affermare che lui potrebbe rendermi felice, potrebbe riempire il vuoto che per ora sento dentro. Ma io, pur accettando l’offerta, sento che questo vuoto può colmarlo solo una persona in questo mondo.

Velocemente digito il suo numero di telefono, trattenendo il respiro, fino a quando una voce assonnata arriva alle mie orecchie.

 

-Riley scusami, pensavo fosse già tardi per dormire. Sono Buffy. –

 

-Buffy! – esclama sorpreso ed io alzo il sopracciglio in risposta. – si, hai ragione. In effetti è un po’ tardi. Ma non preoccuparti. Willow ti ha dato il mio numero? –

 

Sembra entusiasta di aver ricevuto la mia chiamata e sorrido istintivamente.

Forse ha ragione Willow, o forse no.

In realtà non mi importa poi così tanto.

Vorrei solo togliermi questo enorme macigno di dosso.

 

 

*~*~*~*~*~*

 

 

 

Sento lo stomaco contorcersi dal nervosismo mentre con una mano tremante cerco di mettere il rossetto audace che ho scelto di indossare. Guardo un’ultima volta il mio riflesso allo specchio e quello che vedo quasi mi fa ridere.

Vedo una donna depressa e complessata cercare di rendersi bella e affascinante per un uomo che neanche le interessa. La vedo stringere i denti e convincersi che andrà tutto bene.

Che quella luce in fondo al tunnel può salvarla. Deve salvarla.

Il suono del campanello mi fa ridestare dai miei assurdi pensieri e in un attimo sono già di sotto. Con un sospiro apro la porta di casa, non prima di stamparmi un finto sorriso di circostanza in faccia.

Muore quando gli occhi di Spike incontrano i miei.

Mi squadrano dalla testa ai piedi e velocemente un’espressione imbarazzata sostituisce la perplessità iniziale.

Quasi indietreggio di scatto e quando con la coda dell’occhio mi osservo nuovamente allo specchio vedo la vera me deridermi.

Mi sussurra imperterrita quanto io sia patetica…quanto io sia crudele…

 

-Stavi uscendo, scusa… -

 

Finalmente la sua voce arriva alle mie orecchie ed io mi limito a scuotere la testa facendomi spazio per farlo entrare.

Mi ritrovo ad osservare ogni minimo dettaglio del suo corpo, del suo abbigliamento. Come se lui fosse il mio appuntamento e non Riley.

Come se lui fosse la mia luce infondo al tunnel e non il baratro in cui rischio di sprofondare fino a perdermi.

E allora il mio cuore accelera i battiti. E allora mi chiedo che razza di persona sia quella che si sente in questo modo davanti al fidanzato della propria sorella… Mi chiedo perché.

 

-Si, ma non fa nulla. – mi ritrovo a rispondere senza rendermene conto.

 

Spike mi sorride timidamente ed io ricambio istintivamente quel sorriso. E’ carico di affetto e imbarazzo.

 

-Sei… - si interrompe abbassando lo sguardo ed io smetto quasi di respirare. Mi veniva facile farlo quando Dawn mi parlava della sua malattia, ma adesso mi sento quasi soffocare perché dentro vorrei solo scoppiare. – stai molto bene – continua.

 

Lo ringrazio e sobbalzo quando il campanello suona nuovamente. Osservo la porta provando lo strano impulso di lasciare Riley fuori, far finta di non esserci e rimanere lì con Spike.

Non posso.

 

-Sarà il tuo appuntamento. E’ un appuntamento vero? – mi chiede ed io mi limito ad annuire afferrando la borsetta nera.

 

Quando apro la porta Riley fissa a bocca aperta il vestito di raso che mi fascia il corpo, seppur esile. Mi ritrovo a roteare gli occhi scocciata e Spike in un attimo è accanto a me. La sua espressione è cambiata improvvisamente ed io evito di guardarlo dritto negli occhi.

 

-Io andrei. Buona serata ragazzi – borbotta e prima che varchi la soglia lo faccio.

 

Affogo nei suoi occhi.

Tremo perché mi hanno lacerata dentro. Sono blu, sono in tempesta, e sono arrabbiati. Riley si volta a guardarlo facendo spallucce. Io sono incapace di muovermi, quello che vorrei fare non posso farlo.

 

-È un tuo amico? – mi chiede ed io mi volto a guardarlo.

 

-Una specie –

 

Ci allontaniamo a braccetto, ma gli occhi di Spike mi seguono per tutta la serata.

Mi seguono mentre ascolto annoiata i discorsi di Riley seduta al tavolo di un costosissimo ristorante, mi seguono mentre a testa bassa percorro il viale di casa desiderando solo di essere dentro, e mi seguono quando in un attimo di follia bacio Riley, volendo sentire quello che sento per un altro uomo.

Lo bacio e mi aggrappo al suo corpo sforzandomi di provare passione.

Ma loro sono lì, mi squadrano. Mi giudicano. Mi rimproverano.

E sono quegli occhi blu che mi impediscono di dormire questa notte.

 

 

 

 

 

Capitolo 15

 

 

Quando riapro gli occhi il mattino dopo la consapevolezza di ciò che è accaduto ieri sera mi piomba addosso. Sento l’impulso di strofinare con ferocia le mie labbra e cancellare il sapore di quelle di Riley.

Non so perché io l’abbia fatto. So solo che per tutta la sera ho pensato agli occhi di Spike in tempesta. Ho cercato di intuire i suoi pensieri, e il motivo della sua rabbia. Mi sono rimproverata milioni di volte per il pensare a lui, così l’ho fatto.

Ho concentrato la mia attenzione su Riley. L’ho baciato e me ne sono pentita il momento stesso in cui l’ho fatto. Il momento stesso in cui mi sono resa conto di sforzarmi con tutta l’anima di immaginare un’altra persona al posto suo.

Ricordo perfettamente lo sguardo confuso di Riley quando, dopo aver interrotto il bacio, mi sono letteralmente rinchiusa in casa sbattendogli la porta in faccia.

Mi porto una mano al viso al ricordo e sospiro alzandomi a fatica dal letto.

Di solito la mattina per me è il momento più brutto della giornata, mi sveglio con un macigno al cuore che passa solo nel momento in cui arrivo a lavoro e tengo la mente occupata. Oggi il macigno è scomparso lasciando posto al disgusto di me.

Sotto la doccia strofino la mia pelle fino ad arrossarla cercando di spazzare via i sensi di colpa che mi stanno divorando. La vergogna, la paura.

Può un semplice colpo di spugna cancellare via tutte queste cose?

Decido improvvisamente di recarmi da Spike. Non so di preciso il motivo, so solo che sento il bisogno di farlo. Indosso un paio di jeans e un leggero maglione nonostante sappia che fuori ci sia freddo.

Chiamo un taxi e solo adesso mi rendo conto di non essere mai andata a casa di Spike.

 

Abito a tre isolati da qui. Jackson road 315. Davvero non lo sapevi?

 

Ricordo ancora le sue esatte parole. Spike quel giorno mi raccontò della sua famiglia ed io mi ero ritrovata a fissarlo ascoltandolo attentamente, capendo quanto in realtà fossimo simili io e lui. Abbiamo sprecato tanto di quel tempo a farci la guerra quando potevamo semplicemente far felice Dawn.

Quando la vettura gialla arriva dinanzi ai miei occhi apro velocemente la portiera entrando.

 

-Jackson road per favore –

 

Cosa sto facendo? Perché sto andando da Spike. Quando mi aprirà la porta cosa gli dirò? E perché il mio cuore sta facendo le capriole?

 

-Chissà perché il tuo amico ha reagito in quel modo. Se tu non mi avessi spiegato che era il fidanzato di tua sorella avrei persino pensato che fosse geloso. –

-Già. –

-Oh scusami, forse non avrei dovuto parlare di tua sorella proprio ora. Mi dispiace Buffy. Sono un vero idiota. –

-Non preoccuparti. Non fa nulla, davvero. –

 

Le parole di Riley rimbombano nelle mie orecchie e adesso capisco perché l’ho fatto. Perché ho baciato Riley. Non mi sono preoccupata per il fatto che lui abbia nominato mia sorella. Ha fatto male, ma non quanto mi avrebbe fatto mesi fa. Ciò che mi ha trafitto come una lama è stato il commento su Spike. Il fatto che lui possa essersi ingelosito.

E io l’ho sperato.

Sgrano gli occhi stringendo i pugni, cercando di trattenere le lacrime. Abbasso il capo mentre la vergogna che provo per me stessa mi sovrasta, mi fa desiderare di tornare indietro, di non rivedere mai più Spike.

Improvvisamente la macchina si ferma e i battiti del mio cuore aumentano vertiginosamente. Con le mani tremanti pago il taxista e riapro la portiera, abbandonando il veicolo.

Lentamente mi avvicino alla casa di Spike e passo dopo passo capisco cosa dovrò dirgli una volta aperta la porta.

Lo guarderò un’ultima volta negli occhi e gli dirò addio. Non avrà spiegazioni, non gliele posso dare. Mi limiterò a nutrirmi della sua immagine un’ultima volta e forse domani mi sveglierò più leggera. Potrò osservare la foto di Dawn senza sentirmi divorare dentro, e non sentirò più disgusto per me stessa.

Suono il campanello e lentamente la porta si apre. Oppure sono io che la vedo aprirsi lentamente? Cosa è giusto per me? Mi chiedo mentre la visuale di Spike arriva ai miei occhi.

E’ giusto che metta fine a tutto questo. Ad un qualcosa che non è nemmeno cominciato.

Spike sembra sopreso di vedermi ed io mi ritrovo a sorridere timidamente.

 

-Ciao – esclamo continuando a sorridere.

 

-Ciao –

 

-Spike io… - inizio e la voce inizia a tremarmi.

 

-Entra. Prenderai freddo –

 

Mi fa spazio e velocemente varco la soglia sospirando. Avevo immaginato la sua casa diversa. Pensavo fosse spoglia e tipicamente maschile, con pochi sopramobili e con le pareti bianche.

Invece il loro colore azzurro quasi mi fa sorridere, mi ricordano tanto i suoi occhi.

Mi volto e li guardo. Mi scrutano curiosi, so già che Spike si starà chiedendo cosa sono venuta a fare a casa sua. Mi avvicino di un passo e provo ad accarezzare il suo petto, ma la mia mano si ferma a mezz’aria. Stringo ferocemente il labbro inferiore tra i denti e volgo lo sguardo, incontrando il sorriso di Dawn. Spike tiene una sua foto su un tavolo proprio accanto all’appendiabiti. Sgrano gli occhi stringendo ancora più forte la presa sul labbro. Lei è lì e assisterà a tutto questo, ed io non posso fare a meno di sentirmi male, di sentire il mio cuore spaccato a metà ancora una volta.

 

-Non hai ancora detto una parola da quando sei dentro –

 

-Lo so… - sussurro continuando ad osservare la foto di mia sorella.

 

La voce rifiuta di fuoriuscire dalla mia bocca. Sento come se ci fosse qualcosa che mi impedisca di parlare, di dare voce ai miei pensieri.

E allora rimango immobile, fisso la foto di Dawn e penso a quanto sia diventato importante per me Spike, e a quanto questo possa farmi male.

Ma adesso, Dawn, io non vedo male in Spike. Vedo il male in me, ma non in lui. E per fare le cose bisogna essere in due, e se lui non cadrà come me nel baratro allora potrò godere della sua vicinanza semplicemente, smetterò prima o poi di pensare a lui in modo diverso.

Smetterò, no?

Mi volto sorridendo, fissandolo negli occhi.

 

-Scusami. Mi ha colpita la foto di Dawn e mi sono imbambolata a fissarla. –

 

-Già. Succede anche a me. – mi risponde ed io trattengo il fiato abbassando nuovamente lo sguardo.

 

Cosa sono questi sentimenti contrastanti che mi portano a pensare mille cose diverse nello stesso momento, o nel giro di pochi attimi?

Devo andare via di qui. Sento lo sguardo di Spike addosso, sento i suoi occhi sul mio corpo e sulla mia anima. Mi sta leggendo dentro e questo non va bene. Questo è male.

 

-Devo andare via – affermo improvvisamente quasi fuggendo, ma la sua mano corre a circondare il mio polso, bloccandomi.

 

La osservo e mi sorprendo di quanto non faccia male, di quanto sia delicato e allo stesso tempo imponente il suo tocco.

Spike lasciami andare, non farti trasportare nel baratro da me.

 

-Perché devi andare via, sei appena arrivata. Cosa hai Lizzy? –

 

Trattengo nuovamente il respiro perché è la prima volta che mi chiama così e mi sembra semplicemente stupendo.

Mi ricorda l’essere bambina e perennemente coccolata dalla mamma.

 

-Nulla, io… -

 

-Dimmelo – mi interrompe lasciando la presa sul mio polso.

 

La sua espressione diviene più seria notando le lacrime che hanno riempito i miei occhi. Sono una dannata piagnucolona e ora più che mai mi pento di esserlo.

 

-Io… io… ieri sera tu… -

 

-Dimentica ieri sera. E’ andato bene il tuo appuntamento? –

 

Sgrano gli occhi annuendo d’istinto. Dimenticare? Perché farlo? Perché non alimentare ogni piccola probabilità che tu possa sentire ciò che sento io?

Hai ragione Spike. Dimentichiamo tutto quanto.

Per te, per me, per Dawn.

Soprattutto per Dawn.

 

-Bene. Mi fa piacere. – la sua espressione è cambiata ma io mi impongo di non dargli importanza. – Ti va di andare a fare un giro? – mi chiede improvvisamente sorridendo.

 

-Ok, va bene. – rispondo automaticamente e dopo aver indossato la giacca Spike mi apre la porta chiudendola poi dietro di noi.

 

Non so perché sto facendo questo e più di tutto non so cosa sia veramente giusto in questo momento. Oppure lo so, ma evidentemente ho deciso di dare retta al mio cuore.

 

 

*~*~*~*~*~*

 

 

 

 

Stupida.

Sono solamente una stupida.

Spike ed io siamo rimasti fuori per l’intera giornata. Abbiamo pranzato e cenato insieme e adesso sono davanti casa sua aspettando che lui mi dica qualcosa.

Lo osservo cercare le chiavi nella tasca dei jeans e quando apre la porta non mi saluta, entra in casa e la lascia aperta per me.

Abbasso lo sguardo e decido finalmente di entrare. Evito di osservare la foto di Dawn e mi dirigo velocemente verso quella che poi si rivela essere la cucina.

 

-Manca solo questo e la nostra giornata può ritenersi completa - mi volto al suono della sua voce e sorrido d’istinto quando vedo la bottiglia di vino che tiene in mano.

 

La posa sul tavolo e presto due bicchieri arrivano a farle compagnia. Mi siedo sullo sgabello e lo osservo aprire la bottiglia e versarne il contenuto nei due recipienti di vetro.

Ne alza uno verso di me sorridendo.

 

-Facciamo un brindisi? –

 

-E a cosa dovremmo brindare? – chiedo afferrando il bicchiere, ponendolo poi alla stessa altezza del suo.

 

-Non lo so. – la sua voce è diventata improvvisamente triste.

 

Osservo le sue mascelle serrarsi e la sua mano correre attraverso i suoi capelli.

 

-Per Dawn – sussurro alzando di più il bicchiere.

 

I suoi occhi si voltano velocemente nei miei e trattengo il respiro per l’intensità del suo sguardo. Una lacrima scende giù per la mia guancia e il suo sapore salato arriva velocemente alle mie labbra.

 

-Per Dawn – ripete lui imitandomi. – che ci manca tantissimo ma che ha ritrovato la serenità-

 

Velocemente bevo il contenuto del bicchiere e lo riempio nuovamente. Andiamo avanti così per un’ora. Parliamo, stiamo in silenzio, sorseggiamo il vino.

Ed io mi ritrovo la mente libera dai pensieri, dalle mille responsabilità della vita, dai miei sensi di colpa e dalle mie paure.

Avverto un tremendo giramento di testa, tutto attorno a me sembra vorticare senza sosta, ma non mi importa più di tanto.

 

-Sai una volta al liceo mi sono ubriacata – sbotto ridacchiando e Spike scoppia a ridere.

 

-Una volta? –

 

-Si. Perché, cosa c’è di strano? –

 

-Beh… una volta è… poco. Insomma, io mi sono ubriacato così tante volte che non ricordo esattamente il numero – afferma e scoppia nuovamente a ridere.

 

Storco la bocca mettendo il broncio e abbasso lo sguardo sul mio bicchiere per poi berne nuovamente l’intero contenuto.

Sento Spike ridacchiare di nuovo e alzo nuovamente gli occhi verso di lui.

 

-Che c’è? – replico offesa.

 

-Sei adorabile quando metti il broncio –

 

Rimango in silenzio, senza emettere un suono. E rivedo il volto di Dawn dinanzi ai miei occhi. Una volta Spike questi complimenti li faceva a lei. Perché adesso sono qui?

Perché è tornata quell’opprimente sensazione a farmi compagnia?

E’ in questi momenti che non vorrei aver conosciuto Spike. Forse tutto sarebbe stato più facile, forse.

 

-Io…. – inizio ma la sua mano arriva subito a coprire le mie labbra.

 

Sgrano gli occhi fissandolo e il suo sguardo è fisso sulle sue dite poggiate sulla mia bocca.

 

-Shtt… - mi sussurra ed io indietreggio di scatto voltandomi.

 

-Sono ubriaca – affermo alzandomi barcollando.

 

Mi appoggio alla sedia su cui ero seduta e chiudo gli occhi sospirando. Quando li riapro Spike è dinanzi a me ed io tremo. Tremo sotto l’intensità del suo sguardo. Tremo per la sua vicinanza e per quello che mi sta trasmettendo.

Felicità.

Paura.

Amore.

 

-Buffy… -

 

-Anche tu sei ubriaco…dovresti andare a letto –

 

I suoi occhi si spalancano e indietreggia di scatto voltando lo sguardo da un’altra parte. Incapace di rimanere lì un minuto di più afferro la borsa e con un cenno della testa vado via.

Prima di varcare la soglia i miei occhi indugiano solo un attimo sulla foto di Dawn e poco dopo la porta sbatte con un tonfo mentre l’aria fresca della notte raggiunge il mio volto.

Ed è così che ancora una volta mi chiedo cosa stia succedendo, mentre ripenso a Santa Monica, mentre ripenso al sorriso di Dawn.

 

to be continued...