CIAO CLAUS SANTA

AUTRICE:SPUFFY4EVER80

Raiting: NC17

Paring: Spuffy…ovviamente

Timeline: Circa otto, nove anni dopo la sesta serie di Buffy. Ve la ricordate? Beh dimenticatela. In questo mondo le cose sono andate in maniera diversa e la vita si è evoluta di conseguenza.

I personaggi non mi appartengono…ecc.

 

La ragazzina, esasperata, sbuffò. Poggiò la testolina bionda sul tavolo e poi la sbatté contro la ruvida superficie di legno. Una volta. Due. Tre.

“Ahi!” disse massaggiandosi la fronte.

Chiuse per un momento gli occhi, aspettando un miracolo.

“Ti prego, ti prego, ti prego!”

Li riaprì piano speranzosa. Con mano tremante, prese il foglio davanti a sé e lo guardò.

Sbuffò ancora.

Niente da fare, nulla era cambiato.

Quelle parole erano sempre lì e non accennavano a sparire.

Non aveva altra alternativa che affrontare quella nuova sfida.

Si raddrizzò sulla sedia alla ricerca di tutto il coraggio necessario. Prese un grosso respiro.

“Ce la puoi fare!” disse all’immagine di sé nello specchio.

In fin dei conti, aveva incontrato di peggio nella sua breve vita; nonostante la giovane età, sapeva bene cosa si annidasse nella notte più nera, quanto male aleggiasse tra le ombre di ogni giorno. Le avevano insegnato a non indietreggiare mai ed a fronteggiare il nemico a testa alta.

Lo avrebbe fatto anche ora.

Scricchiolò le dita e prese la penna.

Ce la poteva fare. Bastava ripeterselo e crederci.

Era pronta.

Ma, purtroppo, il suo cervello no.

Non voleva collaborare.

La penna rimaneva sospesa su quel foglio bianco che annichiliva la mente.

Le parole erano sparite, volatilizzate nel vuoto dell’accecante bianco della carta.

Sbatté nuovamente il capo sul tavolo.

Non ce la poteva fare.

Questa volta era spacciata.

Una voce dal corridoio attirò la sua attenzione.

Forse che qualcuno stesse venendo a salvarla? Sorrise riconoscendo la voce della madre.

Lei l’avrebbe aiutata, ne era sicura. Ogni volta che era in pericolo, la madre correva a salvarla.

E lei era in pericolo quasi tutte le settimane.

La verità è che di solito i rischi se li andava proprio a cercare, ma era troppo indomita, testarda e tenace per non mettersi puntualmente in qualche pasticcio. Non era colpa sua, del resto.

Era colpa dei geni, come ripeteva sempre il nonno.

Tale madre, tale figlia. Per non parlare del padre.

Il rumore dei passi si fece più intenso. La madre si stava avvicinando.

Doveva agire.

Scompigliò un po’ i capelli, sporse il labbro inferiore, facendolo tremolare leggermente e cercò di pensare alla cosa più triste che conoscesse per inumidire i grandi occhi blu.

A quell’espressione disperata nessuno avrebbe resistito!

 

Buffy entrò nella stanza e trovò la figlia seduta alla scrivania, con un espressione di puro sconforto in viso: i capelli scompigliati, le lacrime pronte a fuoriuscire e il labbro imbronciato.

Roteò gli occhi.

Conosceva abbastanza bene quei trucchi per non cascarci. Li aveva inventati lei e ora la sua piccola la imitava.

Sorrise.

Tale madre, tale figlia.

“Ann, che succede?!” chiese.

La figlia con mano insicura le mostrò il foglio bianco, lanciandole lo sguardo più triste che Buffy avesse mai visto.

“E’ decisamente più brava di me!” pensò.

Guardò il foglio.

Un foglio bianco con un intestazione a capo.

Lesse.

“Il Natale è ormai prossimo. Cosa chiederai quest’anno a Santa Claus?” aggrottò le sopracciglia, mentre la figlia sospirava rassegnata.

“Ann…non capisco…Qual è il problema?”

“Ma, mamma, come qual è il problema? Ma hai letto cosa devo fare?”

“Beh…si devi scrivere una lettera di natale…e allora?”

“E allora? E allora?...ma maledizione…”

”Ann Summer Shelby, quante volte ti ho detto di non usare certe espressioni!” urlò Buffy, decisamente alterata.

“Scusa, mamma…ma il fatto è che non posso fare quel tema!” si scusò la figlia.

“Non sono più una bambina che fa certe cose!” sbuffò mettendo nuovamente il broncio e incrociando le braccia al petto a sottolineare la sua contrarietà.

“Ann…ma tu sei una bambina…hai solo otto anni. Io alla tua età le scrivevo ancora le letterine…”

cercò di rabbonirla Buffy.

“Già…ma tu, alla mia età, non avevi visto di persona il signor Claus Santa. Ignoravi il fatto che invece di essere un simpatico vecchietto vestito di rosso, fosse in realtà un troll bavoso dalla barba e dai denti gialli, che indossa pantaloni e cappello verde a punta decisamente ridicoli e che non porta doni ai bimbi buoni, ma fa regali particolarmente macabri alle demoni di cui si innamora!” la interruppe Ann, sottolineando il proprio punto di vista.

“Maledetta Anya e i suoi strampalati Natali…!” sbuffò in risposta Buffy.

“Ah..ah…hai detto la parola incriminata!” la beccò la figlia.

“Beh…io la posso dire…sono grande e poi il concetto non cambia. Se Anya non avesse invitato quel suo vecchio spasimante al party dell’anno scorso per farti una sorpresa…ora crederesti come tutti gli altri bambini all’esistenza del vecchietto vestito di rosso e bianco e alle sue renne volanti!” finì, alterata da quella situazione.

Scoprire che neanche in quella piccola e insignificante cosa la sua bambina fosse uguale agli altri, la preoccupò. Sembrava che tutto remasse contro la normalità della vita. Gli eventi, gli amici, il marito e la stessa figlia rifuggivano l’ordinario a cui invece lei anelava.

“Mamma, in realtà, neanche prima ci credevo!” le rispose soddisfatta la bambina.

“Ah, no?”

“Diciamo che zio Andrew è veramente poco credibile come Babbo Natale e tu e papà non siete particolarmente silenziosi nel mettere i regali nelle calze…!”

Buffy sospirò rassegnata.

“Comunque, questo non c’entra con il compito che la maestra ti ha assegnato.” Continuò, poi, con tono autorevole.

“Ma come faccio? Come faccio a scrivere una lettera a quell’orripilante Troll?”

“Non pensare a lui. Immagina di indirizzarla a me e a papà. Lasciati contagiare dall’atmosfera natalizia e scrivi cosa desideri trovare sotto l’albero quest’anno”

“Uff…va bene…ma è difficile…io non lo so cosa voglio per Natale.”

“Allora questa è l’occasione buona per pensarci!” le sorrise la madre, carezzandole i ricci biondi.

“Tu, mamma, cosa desideri?” le chiese Ann a sorpresa.

Buffy ci pensò.

Cosa desiderava?

La sua mente non riusciva ad elaborare nulla.

Nulla che avesse realmente importanza, almeno.

Aveva visto un bel vestito in quella vetrina costosa del centro, ma non è che lo desiderasse.

Ricordava di aver voluto così tante cose per il passato, che non le sarebbe bastato un intero elenco. In cima a tutte, una vita normale. Ma ora?

Quella vita stramba che per tanti anni aveva rinnegato le aveva regalato la cosa più preziosa che potesse immaginare: sua figlia, quel piccolo miracolo dai ricci biondi e gli occhi azzurri.

E allora il resto non contava.

La bimba aspettava una risposta con ansia.

“Non voglio niente…per me… voglio solo che tu sia felice…tu sei una bambina felice?” le chiese Buffy, con voce tremante, temendo la risposta, come ogni qual volta le faceva quella domanda.

Questa era l’unica cosa che si augurava: che sua figlia avesse una vita felice.

Il resto non contava.

La normalità o la straordinarietà alla fine erano solo aggettivi senza reale significato.

“Si!” rispose noncurante Ann, non riuscendo a capire perchè la madre glielo domandasse di continuo.

“Ma comunque il mio problema rimane. Io non so cosa scrivere e tu non mi hai aiutato!” continuò.

“Spetta a te pensarsi...su...impegnati. E mi raccomando, Ann, cerca di finire prima di ora di cena se no niente passeggiata serale!”

“No…mamma…anche questo no…dai…ti prego!”

“Termina i compiti e non piagnucolare. Io, comunque sono giù in cucina. Chiamami se hai bisogno…realmente bisogno!” disse Buffy, uscendo dalla stanza.

Ann sbatté nuovamente la testa sulla scrivania.

Era spacciata.

 

Buffy entrò in salotto e, mentre i suoi occhi venivano catturati dal gioco di luci del grande albero che ornava la stanza, pensò alla domanda fattele pochi minuti prima dalla figlia.

Era così. Lei non desiderava niente.

Aveva già tutto.

Una casa confortevole, una famiglia su cui contare, un lavoro che le dava da vivere.

E soprattutto aveva un marito che amava e che l’amava con la stessa intensità se non di più. Un marito che le aveva regalato la cosa più importante di tutta la sua vita.: Ann.

Il resto non contava.

Lei era felice.

E, per ironia della sorte, doveva tutto ad Anya.

La mente volò a quel pomeriggio di tanti anni fa.

Aveva da poco lasciato Spike, sperando che la sua vita incasinata ritrovasse una sua normalità.

Aveva pensato che fosse l’unica decisione giusta da prendere e allora perchè le mancava?

Per altro, per quanto se lo volesse negare, scoprire di poter essere sostituita facilmente almeno nel suo letto, le bruciava. La innervosiva.

L’idea che lui potesse toccare qualsiasi altra donna come aveva fatto con lei, la faceva arrabbiare come mai niente in precedenza.

Ecco perché si era recata al magic box quel pomeriggio.

Anya era stata appena mollata sull’altare da Xander ed era arrabbiata e ferita come lei. Buffy era sicura che l’avrebbe capita e che sarebbe stata una perfetta compagna di sfoghi contro gli uomini.

“Xander è uno stupido…ecco…questa è la verità!” le aveva detto, ormai mezza ubriaca, buttando giù l’ennesimo bicchiere di quella strana sostanza ambrata che le aveva offerto l’amica.

“E quindi desideri che lui…” l’aveva incitata Anya.

“Ma mai come Spike…!” aveva continuato invece Buffy.

“No, torniamo su Xander…un attimo che c’entra Spike?”

“E’ uno stupido, insensibile…che non ha aspettato nemmeno un attimo per prendersi un’altra…ahahaha!” aveva urlato buttando il bicchiere per terra.

“Ma tu e Spike…?” aveva chiesto stupita l’altra.

Buffy non aveva risposto, abbassando lo sguardo e vergognandosi improvvisamente.

“Lo sapevo…io lo sapevo…l’avevo sempre detto che tra voi c’era troppa tensione sessuale…io ho fiuto per certe cose…!” era saltata giù dal tavolo, urlando Anya.

“Ma ci siamo lasciati!” aveva ribattuto Buffy quasi a volersi difendere.

“Perché?”

“Come perché? Spike è un vampiro e…”

“Ma è sexy e scommetto che con lui il sesso è grandioso…come è, come è?” l’aveva interrotta ancora l’amica. Buffy si era messa a piangere, indebolita emotivamente dai ricordi e dall’alcool.

“Era bello…bellissimo…ma era sbagliato…lo capisci?!” aveva singhiozzato.

“Eravamo perfetti insieme…ma insomma lui è un vampiro, gli altri non avrebbero capito…o se fosse stato un uomo!”

“Beh…mi sembra che sia già fin troppo uomo…” aveva scherzato Anya.

Buffy aveva alzato lo sguardo e le aveva sorriso.

Non la stava giudicando e questo era confortante.

Ma non era sufficiente. Il problema rimaneva e lei non ne vedeva via di uscita. In qualche strano momento della loro relazione si era innamorata di Spike e ora le mancava e lo voleva indietro. Ma semplicemente non poteva. Perché era sbagliato.

Quanto odiava quella parola.

“A volte desidero che Spike non sia un vampiro…che possa tornare umano...e allora io non mi sentirei più in colpa. Mi piacerebbe che conservasse la sua forza per potermi aiutare nella caccia come già fa, ma che potesse anche venire al mare con me, potesse stare al sole e invecchiare con me. Desidero che possa essere un compagno per me…in tutto…nella vita e nella missione…che assurdità no?” aveva parlato a raffica Buffy con lo sguardo perso nella sua immaginazione.

“Fatto!”

Era stato solo quando Anyanka aveva pronunciato quelle parole che Buffy si era resa conto di quello che era realmente successo.

Aveva espresso un desiderio e da allora tutto era cambiato.

Sorrise al ricordo.

Era felice o almeno ora ne era cosciente.

La sua vita non era perfetta, men che meno era normale, ma non aveva importanza perché ciò che realmente contava lei lo aveva: l’amore.

In realtà lo aveva sempre avuto, ma troppo presa dalle apocalissi e dalla depressione personale non se ne era resa conto fino a quel pomeriggio di tanti anni fa.

Lei era felice e non desiderava null’altro.

La puzza di bruciato la distolse bruscamente da quei vecchi ricordi.

Corse verso il forno, ma ormai era troppo tardi. Il tacchino era andato.

Buffy sospirò rassegnata.

La cucina non faceva proprio per lei.

Ecco cosa poteva desiderare: doti culinarie simili a quella della sorella.

Si sedette sulla sedia, poggiò la testa sul tavolo e poi la sbattete sulla ruvida superficie.

Una, due, tre volte.

“Ahi!” disse massaggiandosi la testa.

La porta di casa si aprì. Il marito era tornato. La cena non era pronta.

Lei era spacciata.

 

La prima cosa che colpì William nell’entrare in casa, fu la puzza di bruciato.

“Che novità!” pensò sarcasticamente mentre poggiava il cappotto sull’appendiabiti.

La seconda fu il corpo caldo di Buffy schiacciato contro il proprio.

“Oh, William, sono una pessima moglie, non sono riuscita neanche questa volta a fare il tacchino, ma io ci ho provato giuro…ma perché…!” disse tra le lacrime la ragazza, mentre si rannicchiava nell’abbraccio del marito.

“Su, Buffy non fare così…non piangere…non ha importanza!” la calmò lui, alzandole il volto e inchiodando i proprio occhi in quelli verdi di lei.

Poi le diede un bacio. Un piccolo bacio a fior di labbra che in un attimo lo incendiò.

Dopo tanti anni,quella donna riusciva sempre a fargli lo stesso effetto.

Amore e passione fusi insieme lo sopraffacevano ogni volta che la guardava.

Non riusciva a resisterle in nessun modo.

Era spacciato. Lo era sempre stato e per sempre lo sarebbe stato.

“Tu mi lascerai e cercherai qualcuno che sappia cucinare meglio!” continuò Buffy, sporgendo il labbro inferiore e mettendo il broncio.

William la guardò divertito: la moglie era in fase picciosa, alla ricerca di conforto.

Lui non si sarebbe di certo tirato indietro, soprattutto se lei usava quell’espressione che ogni volta lo faceva sciogliere.

“Lo sai che non è vero. Non ti ho sposato per le tue doti culinarie!”

“Ah, no…e allora per cosa?” chiese Buffy con un piccolo sorriso malizioso che non sfuggì a William.

“Ti ho sposato perché sei bella…” cominciò lui, stringendola a sé e baciandole dolcemente il collo.

“Sexy…forte…coraggiosa…” continuò, mentre le mani le carezzavano la schiena e le labbra vagavano tra la bocca e la clavicola.

A Buffy sfuggì un piccolo gemito.

William sorrise.

Era bello sapere di non aver perso ancora il proprio tocco. Lo riempiva di orgoglio capire di essere ancora capace di accendere la moglie con un semplice bacio dopo tanti anni.

“Ti ho sposata perché sono follemente innamorato di te!” le disse prima di catturarle la bocca in un bacio esigente. La sua lingua ansiosa le forzò leggermente le labbra e quando lei, gli diede il permesso di entrare e rispose con la stessa foga, furono entrambi persi nella loro particolarissima danza, immutata negli anni.

Il bacio divenne, in pochissimi attimi, ardente, ansioso, frenetico.

Il membro gli si indurì nei pantaloni.

Si staccarono l’uno dall’altro per respirare.

William osservò la cieca passione negli occhi della moglie.

Si allontanò lasciandola interdetta.

“Ti ho sposato perché eri incinta e mi avresti ucciso se non lo avessi fatto!” finì lui, ridendo e cercando di calmare i battiti del proprio cuore accelerati.

La passione si trasformò in rabbia e riuscì a evitare uno schiaffo della moglie giusto in tempo.

“Anzi dov’è mia figlia?” e corse sopra per le scale, lasciando Buffy furente con se stessa e con lui.

William sorrise pienamente soddisfatto.

Questa volta ce l’aveva fatta, era riuscito a resistere al suo labbro imbronciato ed era riuscito a rivoltare il gioco contro di lei.

Ogni tanto le faceva bene ricordare che non poteva manipolarlo come voleva. Era consapevole, in realtà di essere il suo schivo compiacente e che per Buffy avrebbe atto qualsiasi cosa, ma non gli piaceva quando lei ne approfittava in quella maniera spudorata.

Bussò alla porta ed entrò nella stanza della figlia.

Il suo sorriso si sciolse.

Ann era seduta alla scrivania, con un espressione di puro sconforto in viso, i capelli scompigliati, le lacrime pronte a fuoriuscire e il labbro imbronciato.

La preoccupazione prese il sopravvento.

Il pavimento della camera era ricoperto da un mare di fogli strappati e accartocciati.

“Ma cosa diavolo è successo?” si chiese.

La bimba gli si scaraventò addosso in lacrime.

“Papà…la maestra cattiva mi odia!” gli disse Ann, singhiozzando.

William si irrigidì, mentre prendeva in braccio la figlia.

Era fin troppo consapevole dell’atteggiamento della maestra nei confronti della sua piccolina. La vecchia donna arcigna e zitella aveva da subito avvertito la diversità di Ann dagli altri bambini e la trattava di conseguenza, cercando in tutti i modi di omologarla.

“Su…calmati…ora ci pensa papà!” le disse, mettendola a sedere sul letto.

Le diede un bacio sulla testa e poi prese uno dei fogli da terra e lo lesse.

“Il Natale è ormai prossimo. Cosa chiederai quest’anno a Santa Claus?” aggrottò il sopracciglio sfregiato dalla cicatrice.

“Svolgimento di Ann Summer Shelby. Ciao, Santa Claus, quest’anno vorrei un paletto nuovo come quello della mamma…” una cancellatura impediva di leggere il seguito.

William ne raccolse un altro ancora, mentre la comprensione sostituiva la preoccupazione.

“Ciao, Claus, quest’anno vorrei che zia Willow mi insegnasse qualche magia da poter…” anche questo era stato interrotto a metà. Lo gettò, mentre passava a quello che aveva nell’altra mano.

“Claus, perché non trasformi direttamente tu la maestra in una rana?”

“Ann Summer Shelby!” urlò questa volta William.

“Sono per questo compito le lacrime?” chiese irritato dall’essere stato ancora una volta gabbato.

Possibile che in nessun modo riuscisse a resistere alle sue due donne?

Possibile che fosse così debole di fronte le loro lacrime?

Possibile che ne dovessero approfittare entrambe in quella maniera?

Era realmente spacciato.

“Ma papà è veramente difficile e mamma non mi ha voluto aiutare e io non so che scrivere…tutto quello che desidero non è adatto..!” disse Ann, cercando di giustificarsi.

Il padre la guadò scettico.

“E quello che desideri per Natale sono queste cose? Paletti e magie? Tutto qua? Possibile che il tuo cuore questo desideri?”

Ann non capì.

“Mamma mi ha detto di fare un elenco ma..!” ribattete la bambina.

“E da quando tu vai da mamma per i compiti di scuola?” le domandò William, con un mezzo sorriso sornione, al quale la bimba rispose con una risatina. Poi abbassandosi all’altezza della figlia, continuò.

“Ascolta Ann, scrivere la letterina a Babbo Natale non significa solo elencare i giocattoli che desideri ricevere, significa altro…deve essere il tuo cuore a parlare!”

Ancora una volta la bimba non capì.

“ Ma papà, io non ci credo a Babbo Natale, come faccio a…!”

“Babbo Natale, Santa Claus, San Nicola o come tu lo voglia chiamare, è solo un simbolo. Non ha importanza che tu ci creda a o no. Quello che ha realmente importante è ciò che rappresentano. Rappresentano la speranza e l’amore. La speranza che le cose possano cambiare, che noi stessi possiamo migliorare e influenzare ciò che ci circonda in meglio. L’amore profondo verso se stessi e verso gli altri. E allora su quel foglio si riversano i propri desideri più profondi e i nostri sogni. Capito?”

Ann annuì, ancora poco convinta.

“Lascia che sia il tuo cuore a guidarti e a parlarti dei suoi desideri. Ascoltalo e sarà lui a dettarti le parole giuste.!” concluse William con un grande sorriso.

La figlia rimaneva perplessa, non avendo capito perfettamente il senso di quelle parole.

Cosa significava ascoltare il proprio cuore? Cosa le avrebbe mai dovuto dire?

Il suo faceva solo bum bum, mica le parlava?

“Ma quali sono i desideri del cuore?” chiese Ann.

“Non te li posso dire io. Cambiano da persona a persona!”

“Cosa desideri tu?” gli domandò ancora la bimba.

William si perse nel blu di due occhi così simili ai suoi, già conoscendo la risposta.

Lui aveva avuto molto più di quello che avrebbe mai potuto solo immaginare e sicuramente molto di più di quanto meritasse. Non poteva chiedere nient’altro. E se un dio esisteva lassù, lui non avrebbe mai smesso di ringraziarlo per il miracolo di vita che gli aveva regalato.

“Niente. Ho già tutto. Desidero solo la tua felicità. Sei felice?” le disse baciandole una guancia.

Ann si chiese dell’importanza di quella parola sulla quale i genitori insistevano tanto, non capendo fino infondo. Non era triste…ma allora perché glielo chiedevano di continuo?

Annuì ancora una volta.

“Sicuro che non desideri niente?” Buffy dalla soglia della porta intervenne.

William si girò ad osservare la moglie, che se ne stava mollemente appoggiata allo stipite, con quel vestitino leggero che lui tanto amava toglierle.

Sorrise. Era ancora accesa.

Aveva nello sguardo il fuoco della passione ed il suo corpo gli stava chiaramente sussurrando promesse di gemiti e sospiri.

“Io stavo andando giù nello scantinato a fare la lavatrice…vuoi venire?” gli chiese ammiccando Buffy.

William non resistette più. E nemmeno Spike.

Si girò verso la figlia e carezzandole la testa le disse.

“Dai finisci i compiti, mentre io aiuto mamma a fare il bucato, ok?”

Le diede un bacio sulla fronte e corse fuori dalla stanza inseguendo una Buffy urlante.

Ann sospirò e si buttò all’indietro sul letto.

“Si certo…il bucato!” disse alla stanza vuota.

“Come se non lo sapessi cosa fanno là sotto!” continuò.

Anni prima, Anya le aveva spiegato che quando due persone si volevano bene, si “univano”. Lei non aveva ben capito in cosa consistesse questa “unione” ma aveva l’impressione che in quello scantinato i suoi genitori si “unissero” fin troppo spesso.

Osservando il soffitto dipinto di blu, sospirò nuovamente.

La sua fantomatica espressione di convincimento aveva fallito.

Che avesse perso il tocco?

Il padre non solo non l’aveva aiutata, ma le aveva ancora di più confuso le idee.

“I desideri del cuore…ma cosa significherà?”

 

William, sbattendo la porta dello scantinato alle proprie spalle, si scaraventò sulla labbra della moglie come un assetato in un deserto, saccheggiandole la bocca con avidità. Per quanto strano fosse, quello era il posto in cui smettevano di essere due genitori e tornavano ad essere due amanti.

“Ti voglio!” le disse mentre sfregava la sua eccitazione senza pudore sul corpo di lei.

“Anche io!” riuscì a rispondergli Buffy, mentre la lingua di lui le tracciava disegni incomprensibili lungo la clavicola.

“Ma prima, mi devi prendere!” aggiunse, svincolandosi dal marito e correndo per le scale.

William scomparve, e al suo posto riapparve Spike, con un grosso ghigno sulle labbra.

Buffy aveva voglia di giocare alla cacciatrice e al vampiro e lui non si sarebbe tirato indietro.

Con un unico saltò, superò i gradini, e si lanciò sul corpo di lei, riuscendo a bloccarla contro se stesso.

“Devi affinare i sensi, cacciatrice…ti ho presa!” ghignò lui, schiacciandola con forza contro il muro.

“E ora che intenzioni hai…mio big bad?!” gli rispose lei con una piccola vocina maliziosa, che fece del tutto impazzire Spike. Riportò ancora una volta la propria bocca su quella di lei, mentre con le mani, la solleva per il sedere, facendole allacciare le gambe attorno alla sua vita.

Buffy sospirò di anticipazione sentendo il membro turgido, ancora chiuso nel denim, contro la propria femminilità completamente bagnata ricoperta da un sottile strato di cotone.

Mentre le loro lingue duellavano per il sopravvento, una mano di lui si fece spazio tra i loro corpi febbricitanti, alla ricerca del nocciolo del piacere della moglie.

Quando lo trovò, Buffy urlò nella sua bocca.

“Spike ti prego!” disse, strofinandosi contro la mano di lui.

“Di cosa mi preghi cacciatrice?” le chiese, deciso a farla impazzire.

“Dimmi cosa vuoi!” le ordinò con una voce roca sussurrata nell’orecchio, mentre con due dita la penetrava senza ritegno.

Buffy, persa nelle sensazioni di puro piacere che le mani di lui le donavano, non riusciva ad elaborare nessuna frase di senso compiuto e si limitava a gemere sempre più forte, ma quando Spike le morse il collo il suo corpo si incendiò ed unica richiesta venne urlata dalle sue labbra.

“Spike…scopami…ora!”

L’ex vampiro non si fece pregare due volte.

Con un veloce movimento liberò il suo membro dai stretti jeans, con l’altro mano strappò le mutandine della moglie e la penetrò con unica poderosa spinta.

“Ahh!” urlò, sentendosi completamente riempita Buffy.

“Oh…si…urla…urla il mio nome…cacciatrice!” le disse Spike, cominciando a muoversi lentamente.

Ma “lento” non era l’opzione che in quel momento Buffy desiderava.

“Più veloce, ti prego, più veloce!” lo pregò incitandolo con i suoi stessi movimenti.

“E’ così che lo vuoi, cacciatrice?” gli chiese il marito, spingendo sempre più profondamente nel suo stretto canale e sempre più velocemente.

“William…Spike…ahhah!” gemette la ragazza, mentre la sensazione di calore cresceva nel proprio stomaco ad ogni affondo. Le piaceva da morire quando la prendeva così, rudemente, facendola gridare e godere senza freni. Meno male che anni prima avevano imbottito quella stanza.

“Oh…vieni per me cacciatrice….vieni per il mio cazzo…sul mio cazzo…!” ronfò il marito, sempre più vicino al rilascio.

Buffy, sentendolo parlare sporco, perse completamente il controllo.

“Spike…sto venendo…sto venendo!” gli annunciò, mentre l’orgasmo la sommergeva e nei suoi occhi miliardi di stelle scoppiavano con il suo stesso corpo.

William, sentendosi stringere dalle strette pareti vaginali della moglie, accelerò il ritmo delle spinte fino a esplodere dentro di lei e a riempirla di se stesso.

Cullati dai battiti accelerati dei loro cuori e dal respiro affannoso, entrambi appagati, si scambiarono un dolce bacio a fior di labbra.

“Ti amo!” disse semplicemente William, mentre rimaneva ancora immerso dentro lei.

“Ti amo anche io!” le rispose Buffy, ansimando.

Poi, tenendola sempre in braccio, il marito la scostò dal muro per farla adagiare sul grande letto che ammobiliava lo scantinato. Le diede un altro bacio e, fuoriuscendo da lei, si accasciò al suo fianco.

“E’ stato stupendo!” commentò Buffy, mentre scendeva man mano dai picchi dell’orgasmo e riacquistava lucidità.

“Come sempre!” le rispose William, portandosela sul suo petto.

Ed era la verità. In qualunque modo lo facessero era sempre incredibile: lento e dolce o veloce e violento era sempre un esplosione d’amore.

Rimasero così in silenzio, ancora mezzi vestiti, godendo l’uno della presenza dell’altro.

“Sai a cosa pensavo, oggi?” disse improvvisamente Buffy.

“Stavo ricordando quel giorno di nove anni fa…il pomeriggio del desiderio…”

“E cosa per l’esattezza? Quando mi ritrovai improvvisamente umano e corsi qui da te e tu mi saltasti addosso scopandomi per ore?”

”Ehi! Non è andata così!” lo interruppe Buffy, dandogli una leggera pacca sul petto, ancora ricoperto dalla maglietta.

“Io lo ricordo così…!” ghignò Spike, guadagnandosi un altro schiaffo.

“Oppure quando scoprii del tuo desiderio, e arrabbiato nero, me ne andai?” continuò lui.

“Stavo ricordando quando tornasti sei mesi dopo dicendomi che se pure ero una stronza che aveva giocato con il tuo destino, non potevi vivere senza di me e che mi amavi!” finì Buffy, dandogli un bacio all’altezza del cuore.

“Oh…si…il miglior Natale di tutta la mia vita. E pensare che non capii subito che eri incinta…quell’anno mi facesti il più bel regalo che io potessi immaginare!”

“Wow…e pensare che credevo che fosse il tostapane a forma di Enterrprice, che ti ha regalato Andrew due anni fa, quello più bello!” disse ridendo Buffy, godendo delle dolci carezze del marito.

“Beh…quello è al secondo posto! E’ incredibile sapere che Ann è stata qui per nove mesi!” commentò William, carezzandole il ventre piatto.

“E se ci stesse nuovamente?” chiese con una voce improvvisamente tremolante Buffy.

Il marito alzò lo sguardo senza capire il senso di quella domanda, ma quando i loro occhi si incrociarono, la comprensione si fece spazio nella sua mente ancora annebbiata dal piacere.

“Buffy…vuoi dirmi…che tu…?” chiese, tremando lui questa volta.

“Non ne sono sicura…ho appuntamento con il medico dopo Natale…però si…credo di si!” gli rispose lei, con un grande sorriso sul volto.

William impazzito dalla felicità, le saltò addosso baciandola con foga.

“Oh…Buffy, adorata, dolce Buffy…amore mio…avremo un altro figlio…questa volta non voglio perdermi nemmeno un minuto!” sussurrò tra un bacio e l’altro, mentre le mani ricominciavano a spogliarla.

“Spike…aspetta…aspetta!” riuscì a dire lei, bloccando l’ impeto del marito.

“Voglio andare a controllare prima Ann, poi volevo ordinare qualcosa per la cena…non possiamo rifarlo!”

“E’ uscita!” disse lui, continuando con la sua dolce tortura.

Buffy lottò contro se stessa per riuscire a rimanere lucida, mentre i vestiti le venivano tolti e le labbra del marito si posavano sui seni nuovamente turgidi.

“Aspetta!” gli disse risoluta e liberandosi dalla sua presa.

William riusciva sempre a sentire la presenza della figlia, sapendo con esattezza dove si trovasse. Buffy non capiva come ci riuscisse, ma era una capacità che gli invidiava.

Invidiava quella speciale connessione che c’era tra padre e figlia e che con lei non esisteva.

Risistemandosi il vestito, si alzò dal letto, decisa a voler accertarsi di persona delle parole del marito. Risalì le scale ed uscì dallo scantinato, seguita da un mugugnate William.

Sul mobile nell’ingresso un biglietto faceva bella mostra di se.

“Sono andata da zia Anya per farmi aiutare con il compito. Da lì vado direttamente da zia Dawn; considerando il disastro che c’è in cucina, ceno da lei…e così voi due vi potete dedicare alla “lavatrice” con tutta calma! A più tardi. Un bacio Ann.

P.S: Ha chiamato nonno Rupert, vuole sapere quest’anno dove passiamo il giorno di Natale. Considerando le tue scarse doti culinarie e le disastrose amicizie di zia Anya, lui suggeriva o casa sua o quella di zia Dawn ed io sono pienamente d’accordo!”

“Che ti avevo detto?” intervenne William, abbracciando la moglie da dietro.

“Perché non seguiamo il suggerimento della nostra saggia figlia e non torniamo a dedicarci quello che stavamo facendo, magari in camera nostra?” chiese lui, spandendo baci sul retro del collo di lei.

“Non ti preoccupa che Ann se ne vada in giro da sola a quest’ora alla sua età? Gli altri bambini…!”

“Ann non è come gli altri bambini!” la interruppe William.

“E’ più forte e veloce della media. Ha i sensi più che sviluppati e quando tutti i suoi poteri saranno attivati sarà la cacciatrice più forte i tutti i tempi…anche più forte di te…non possiamo trattarla come tutti gli altri bambini. Ann sa difendersi e poi il tragitto da qui a casa di Dawn è sicuro…lo sai…!” continuò il marito, confortando la moglie preoccupata.

“Si…lo so, lo so…secondo te Ann è felice?” chiese Buffy, seguendo il tragitto dei propri pensieri.

“Certo che lo è!” disse con sicurezza William

“Come fai ad esserne certo?”

“Perché lo siamo noi, Buffy. Noi siamo felici e lo è anche nostra figlia!” le rispose con un caldo sorriso.

Buffy lo guardò nel profondo dei suoi occhi blu e vi lesse la verità.

Aveva ragione.

Loro erano felici.

E nient’altro aveva importanza.

Lo sarebbe stata anche loro figlia.

“Hai ragione…hai ragione tu…dai andiamo a finire quello che avevamo iniziato!” gli disse, sorridendogli e correndo su per le scale.